Apple's creed

di agfdetre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Apple’s Creed
Prologo
Faceva caldo.
Quel giorno il sole inondava di luce la Everfree Forest con una tale forza da illuminare persino il suolo schermato dalla folta coltre di alberi.
Mi svegliai disturbata dai raggi del sole che entravano nell’albero. Sbadigliai, e per quanto intontita dal sonno, decisi di andare a caccia sperando di trovare qualcosa da mangiare. Salii in cima all’albero in cui si trovava il mio rifugio per trovarmi di fronte uno spettacolo meraviglioso: il cielo era limpido ed il sole illuminava un enorme tappeto verde di rami e foglie che ondulava lentamente mosso da una leggera brezza. La distesa si allungava a perdita d’occhio e l’unica cosa che la interrompesse era un piccolo rilievo lontano qualche chilometro, che impediva la crescita dei poderosi arbusti a causa della ripidità dei suoi fianchi. Decisi di spostarmi in una radura ad est, dove il giorno prima avevo piazzato delle trappole, sperando di trovare qualcosa. Mi avvicinai cautamente evitando di fare rumore, e tirai un sospiro di sollievo: un cinghiale era rimasto intrappolato in una delle reti che avevo piazzato. Stranamente non si dimenava: probabilmente era lì da così tanto tempo che aveva deposto le sue paure e ora dormiva beatamente.
Presi il bastone e lo affondai nella sua gola: un guaito soffocato seguito da un copioso fiotto di sangue annunciò la morte dell’animale, che mi curai di liberare e trasportare fino a casa. Una volta arrivata, lo scuoiai e ne tagliai un cosciotto che misi a cuocere sul fuoco. Mentre la carne cuoceva, mi sedetti sull’uscio e iniziai a lavarmi via il sangue del cinghiale: in tutti gli anni in cui ero rimasta nella foresta, ero riuscita a trovare solo un piccolo ruscello che mi forniva una scarsa quantità d’acqua, ed ero perciò costretta a minimizzare le perdite, bagnandomi leggermente invece di vuotarmi il secchio addosso.
Terminata l’operazione di lavaggio presi il cosciotto dal girarrosto e lo poggiai su un rudimentale piatto che avevo ricavato scolpendolo da un masso. Iniziai a masticare lentamente, seduta sull’uscio dell’incavatura naturale che molti anni prima avevo scelto per casa: l’enorme albero secolare aveva inspiegabilmente un’enorme incavatura su un fianco, con un’apertura larga circa due metri ed alta quattro. L’apertura si trovava a qualche decina di metri da terra, ma grazie alle abilità che avevo sviluppato nel tempo ero perfettamente in grado di salire e scendere arrampicandomi su un albero accanto, un po’ più basso ma con una conformazione di rami che formavano una scala naturale.
Mentre mangiavo restai a guardare i raggi di sole che tentavano faticosamente di vincere le folte fronde per raggiungere la terra: il movimento del vento faceva comparire e scomparire la luce ad intermittenza. Improvvisamente udii una tremenda esplosione ed una colonna di fumo e fuoco cominciò ad ergersi dal suolo in lontananza.
“Ma che diavolo…”
Mi alzai e valutai la distanza: probabilmente si trovava a qualche chilometro e non ci avrei messo molto ad arrivare. Previ così il bastone in bocca e corsi sull’albero-scala per poi lanciarmi su quello vicino in direzione della colonna che oramai non riuscivo più a vedere. Correvo lungo gli alberi compiendo qualche acrobazia e lanciandomi da qualche ramo: in tutto quel tempo le mie abilità erano progredite.
Dopo pochi minuti di viaggio mi ritrovai accanto al letto di un terrente in secca: il fango era però ancora fresco, sinonimo che non era completamente seccato.  Scesi a terra per proseguire più comodamente a piedi, dato che il torrente sembrava apparentemente seguire la stessa direzione che avrei dovuto percorrere. Ma appena scesi a terra notai distrattamente qualcosa nel fango. Mi girai incuriosita, e quel che vidi mi fece congelare. Un brivido corse lungo la mia schiena e mi sentii incapace di muovere qualsiasi muscolo: migliaia di pensieri affollarono la mia mente, dato che quella lasciata nel fango, era l’orma di uno zoccolo.  Un misto di terrore e curiosità si impadronì di me: chi e perché era venuto nella foresta? Non vedevo un altro pony da…beh sicuramente più di quindici anni. L’unico modo che avevo avuto per calcolare il tempo, dato che non mi ero mai preoccupata di contare i giorni che passavano, era stato l’osservare la mia crescita fisica: da una piccola puledrina ero diventata una giovane e forte giumenta ormai matura.
Da quando ero rimasta a vivere da sola nella foresta, avevo cominciato a parlare da sola e ad avere amici immaginari o robe del genere, finché mi resi conto che la mia salute mentale stava diminuendo. Così cominciai a rannicchiarmi semplicemente sull’uscio e a pensare ai bei momenti che avevo vissuto durante la mia vita, ma col passare del tempo cominciai a pensare sempre meno al passato fino ad esserne completamente indenne e indifferente. Ma ora, in quel preciso istante, la barriera che mi ero costruita con fatica negli anni cedette e percepì nuovamente le sensazioni che avevo provato le prime notti: una tremenda pura unita ad una forte malinconia.
Una lacrima mi scivolò giù lungo la guancia, ma riuscii a trattenere il pianto e lentamente mi incamminai seguendo il letto del fiume colmo di quelle impronte. Dopo circa cinque minuti cominciai a percepire un forte odore di bruciato e una nuvola di fumo mi fece tossire. Poco dopo uscii dalla foresta per ritrovarmi in una radura familiare, al cui centro era presente una piccola capanna una cui metà era crollata a causa di un’esplosione e l’altra era avvolta dalle fiamme: ma si quella…quella era…era la casa di Zecora!
 Una quantità indefinita di immagini di avventure della mia infanzia che avevo vissuto in quel luogo mi balenò davanti agli occhi: non sapevo perché, ma sentii le mie zampe cedere e mi ritrovai a terra.
Lentamente e con una fatica immane mi trascinai tra le macerie non ancora incendiate, cercando di individuare l’origine dell’esplosione, ma subito dopo la vidi: una vecchia zebra distesa a terra tra le macerie. Aveva il pelo e la criniera anneriti dall’esplosione e riportava gravi ferite in tutto il corpo.
“Oh mio Dio!”
Urlai quando vidi l’enorme chiazza di sangue che si allargava di fronte a lei: dovevo trovare qualcosa per bloccare l’emorragia. Corsi tra i resti della capanna…
“Zecora tieni duro, non mollare!” urlai in preda alla disperazione mentre correvo verso di lei con delle bende. Appena mi chinai su di lei per fasciarla, emise un rantolo.
“Ap…”
“Zitta, cerca di rimanere in forze”
“Apple…”
“Diamine Zecora vuoi stare zitta!”
Finii di fasciarle le ferite, e appoggiai uno zoccolo sulla sua fronte sudata: aveva perso troppo sangue. Improvvisamente tutte le emozioni provate negli ultimi minuti si abbatterono su di me contemporaneamente, facendomi restare paralizzata a guardare la povera anziana zebra che tossiva in mezzo a quella pozza di sangue.
Fu in quel momento che cominciai a pensare: pensai a tutto ciò che avevo passato, pensai a mia sorella e alle sue amiche, alle mie amiche, al mio Cutie Mark che tardava ad apparire.
Tutta la mia felice infanzia mi scorse davanti agli occhi, fino a quel terribile incendio, in quella notte. Quella notte in cui avevo dovuto abbandonare la mia famiglia per scappare e mettermi in salvo, per poi vivere da sola per più di dieci anni!
Percepii i miei sensi allontanarsi dalla realtà: vedevo in quella zebra tutta la mia ragione di vita, l’ultima prova di una vita felice e spensierata, prima dell’incubo.
“Apple Bloom”
Sospirò con l’ultimo fiato rimasto e poi cadde definitivamente.
“Zecora! No no no no svegliati maledizione!”
Non riuscii più a trattenere il pianto mentre continuavo a urlare scuotendo l’ormai senza vita corpo della vecchia Zecora.
“Svegliati!”
Urlai stremata prima di perdere completamente i sensi e caddi in un profondo sonno intriso di paura.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Apple’s Creed
Capitolo 1
Mi svegliai.
Ero fradicia di sudore e tremavo in preda a degli spasmi continui. Mi alzai da terra, notando di avere il fianco sinistro completamente ricoperto di sangue: in quel momento mi ricordai della zebra, il cui corpo giaceva privo di vita accanto a me. La sensazione di tristezza si impossessò nuovamente di me, ma mi sforzai di non pensarci per cercare di ragionare lucidamente. Guardai in alto localizzando la posizione del sole: essendo circa le dieci del mattino, potevo dedurre di aver dormito poco meno di ventiquattr’ore, il che mi fece pensare che avessi passato buana parte del tempo svenuta e solo in seguito addormentata.
Ancora non riuscivo a spiegarmi il perché della perdita di sensi il giorno prima, ma ipotizzai fosse stata dovuta all’eccessivo fumo inalato, anche se era alquanto improbabile, e non ero nemmeno sicura che si potesse svenire per il fumo di un incendio.
Lentamente mi avviai verso la capanna ormai rasa al suolo, in cerca di qualcosa di utile: non trovai nulla. Vi erano solo bottiglie e barattoli vuoti, come se la zebra avesse esaurito tutte le sue scorte prima dell’esplosione. L’unica cosa che attirò la mia attenzione fu uno strano macchinario posto dietro ad una falsa parete crollata per l’esplosione: era costituito da un metallo molto resistente, talmente resistente da resistere a un botto di quelle dimensioni. Era costituito da un parallelepipedo collegato con dei cavi ad uno schermo di vetro di un colore nero su cui erano presenti delle scritte apparentemente quasi senza senso con una punteggiatura assurda. Davanti allo schermo era presente uno strumento costituito da una placca metallica su cui erano montati dei tasti con raffigurata sopra una lettera per ciascuno.
ACCESSO AL TERMINALE N°1234539563 COPYRIGHT N-P INDUSTRIES
 ******************************ACCESSO NEGATO******************************
RICHIESTA IMMISSIONE NOME UTENTE  ___
A quella richiesta rimasi un po’ scioccata, ma dopo qualche minuto di riflessione digitai “Zecora”.
NOME UTENTE CORRETTO
RICHIESTA IMMISSIONE PASSWORD ____
A quel punto rimasi spiazzata: non ero sicura di cosa fosse una password, ma immaginai si trattasse di una chiave di sicurezza.
Dopo qualche tentativo fallito sentii degli zoccoli calpestare le macerie pericolosamente vicino a me. Mi lanciai più veloce di un fulmine nello spazio fra il falso muro ed il muro che scoprii essere un magazzino in cui era riposto un vecchio baule di legno.
 Lo aprii: vuoto anche quello. Quella storia cominciò a farmi innervosire: com’era possibile che una delle case più stracolme di oggetti che avessi mai visto si fosse svuotata? Avevo escluso l’idea di una rapina: Zecora non era tipo da lasciare la propria casa incustodita o da non riuscire a difendersi da qualche ladruncolo.
Mentre rimuginavo su questi pensieri, il suono di una voce a pochi metri di distanza da me mi fece sobbalzare.
“Capitano, la detonazione pare andata a buon fine, stiamo accedendo alla struttura in questo istante”
Una voce metallica gracchiò
“Roger, individuate il cadavere del soggetto prima di procedere”
Mi sporsi lentamente: due pony camminavano lentamente scrutando le macerie. Erano sicuramente due militari, con indosso delle bardature nere con il cutie mark della principessa Luna disegnato nella stessa posizione del loro vero cutie mark. Il primo era un unicorno piuttosto massiccio con un manto blu scuro ed una criniera argentata, aveva un’espressione seria e determinata, e sul suo volto si potevano notare svariate cicatrici di tagli. Il secondo un pony di terra dal manto arancione e pressappoco della mia età.
Dopo aver attraversato i resti della capanna raggiunsero il cadavere di Zecora rimanendo a scrutarlo per qualche secondo.
“Abbiamo trovato l’obiettivo, è deceduto come previsto. C’è solo un problema signore”
“Quale?”
“L’obbiettivo presenta delle medicazioni”
Maledizione, le bende! Me n’ero totalmente dimenticata.
 “Non potrebbe essersi semplicemente medicata da sola o magari lo era già da prima dell’esplosione?”
“Probabilmente no: gli ultimi avvistamenti risalgono a tre ore prima della detonazione”
“Lasciate perdere l’obiettivo: l’importante è che sia deceduto. Procedete e se vedete qualcuno…o qualcosa in giro sparate”
Disse nervosamente il capitano attraverso quell’apparecchio metallico a forma di scatolina appeso al collo dell’unicorno blu.
Senza rispondere i due si girarono e tornarono lentamente verso la capanna controllando continuamente l’ambiente circostante. Una volta dentro si diressero verso l’apparato con lo schermo nero a cui avevo tentato di accedere.
“Signore, l’abbiamo trovato. A quanto pare è già stato immesso il nome utente”
“Bene, ciò faciliterà le cose. Inserite la seconda chiavetta”
Il terrestre tirò fuori una piccola scatoletta metallica con un estremità che andò ad incastrarsi perfettamente in una rientranza del cassone della macchina. Non riuscivo a vedere lo schermo, ma dagli sguardi compiaciuti dei due e dal rumore continuo dato dalla comparsa di lettere sullo schermo potevo solo immaginare che stessero scavalcando il sistema di sicurezza.
“E’ andata!”
Sorrise soddisfatto il pony terrestre.
“Bah, è l’unica cosa che sai fare. Non sai nemmeno tenere una pistola in mano, come diavolo hai fatto ad arruolarti devo ancora capirlo”
Il terrestre grugnì e stava per controbattere quando un suono metallico annunciò l’apertura di una botola accanto a me.
“Ehi, è successo qualcosa la dietro”
Riuscii miracolosamente ad entrare nel baule prima che girassero l’angolo per entrare nel ‘magazzino’.
“Ohohohoh, guarda quanto ben di Celestia! N’è valsa proprio la pena”
Riuscii ad aprirmi uno spiraglio microscopico, e vidi tre tubi di metallo lunghi circa un metro ciascuno che l’unicorno stava accuratamente spostando nelle proprie bisacce, per poi premere un pulsante su quella scatolina che serviva da comunicatore.
“Capitano, estrazione del pacco completata.”
“Molto bene, sapevo di poter contare su di voi. Ora portate il culo a Ponyville e prendete l’hellcat di stasera”
“Sissignore, ci spostiamo”
E fatto un cenno con la testa al compagno terrestre i due si avviarono fuori dalla capanna e poi verso la fitta coltre di alberi.
Uscii da qual baule dopo qualche secondo. Mi acquattai appena fuori dalla capanna per vedere il terrestre attivare uno strano strumento che portava sulla zampa anteriore sinistra.
Una volta che furono entrati negli alberi, corsi rapidamente su uno di essi nella laro direzione, per poi salirvici sopra e spiarli dall’alto.
Il ‘capitano’ nel suo ultimo discorso aveva menzionato una cosa che fece riaccendere la gioia dentro di me. Ponyville…dopo così tanti anni avrei potuto rincontrare mia sorella…le mie amiche! Non ero ovviamente sicura di ciò, ma già il fatto che il paese non fosse stato abbandonato dopo quel terribile incendio, mi dava nuova sicurezza.
Decisi di seguirli. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Apple’s Creed
Capitolo 3
Rimasi paralizzata a guardare la foto leggermente rovinata del draghetto viola: era identico a diciassette anni prima, ma d’altronde si sa: i draghi vivono centinaia di anni!
Ciò che mi fece preoccupare di più fu il motivo per cui la sua foto era piazzata la: sotto l’immagine era presente una scritta: RICERCATO e una ricompensa di qualche migliaio di pezzi a chi l’avesse consegnato alla ‘giustizia’, se così si potevano chiamare quei militari spietati. Fui serena dentro di me grazie alle parole pronunciate da Hammer poco prima circa il fatto che non fosse stato ancora preso.
Mi fiondai in fretta e furia dentro la cucina e svolsi velocemente il trasporto dei sacchi per poi dirigermi da Steve, che era nuovamente al bancone a servire altri clienti.
Mentre aspettavo, buttai un occhio su una copia del giornale lasciata sul bancone: Il Foal Free Press……il Foal Free Press? Ma che diavolo…
Quello era il giornalino della scuola, come diavolo aveva fatto a finire lì?
Lo presi in mano e feci un paio di controlli: la data era di quel giorno e le notizie presenti non potevano certo figurare su un giornale di una scuola! In prima pagina vi era la foto di degli strani esseri: avevano una pelle verde e squamosa come quella di una lucertola, protetti però da un guscio violaceo a mo’ di armatura, con degli artigli affilati e circa cinque occhi gialli. L’immagine li ritraeva mentre tentavano di scavalcare le mura perimetrali della città, ostacolati dai militari della torre, che a quanto pareva stavo sparando contro quelle creature. Il titolo recitava
ASSALTO ALLA PORTA SUD-OVEST: QUATTRO MORTI. IL CAPO DELLE F.A.L., TRIXIE, CHIUDE LA ZONA FINO A NUOVO ORDINE
Ecco chi era quell’unicorno familiare. Perfetto, ora Ponyville era governata da una maga unicorno completamente pazza e megalomane…grandioso!
“Brutta storia”
Alzai gli occhi dal giornale per ritrovarmi faccia a faccia con Steve
“Mh?”
“Quegli affari se ne sono sempre stati buoni nelle loro tane, e ora sono due mesi che attaccano incessantemente e senza motivo”
Divenne improvvisamente cupo
“Ma se dovessero arrivare qui sarò pronto ad accoglierli”
E così dicendo mi mostrò soddisfatto un grosso fucile a canne mozze posto in uno scompartimento sotto il bancone.
“Ehm…si….comunque ho finito”
Steve uscì dalla trance di compiacimento
“Oh si certo puoi andare”
E richiuse a chiave lo scompartimento.
Mi incamminai da sola nella notte: il mio unico obiettivo in quel momento era trovare Spike. Ma dove poteva essere, ammettendo che fosse ancora a Ponyville?
Pensando ad un modo per trovarlo, cominciai a camminare e mi diressi verso il luogo dove un tempo sorgeva la biblioteca di Twilight Sparkle. Quello che vidi fu davvero incredibile: l’albero della biblioteca c’era ancora, ed era stato perfettamente rimesso a nuovo dopo l’incendio. Avvicinandomi notai un’incisione sopra la porta che recitava BIBLIOTECA DI NEW PONYVILLE. Ovviamente a quell’ora era chiusa.
Mi girai e vidi una grossa statua, raffigurante mia sorella e le sue cinque amiche con una targa commemorativa. Non l’avevo notata prima poiché ero sbucata da una via secondaria. Lessi ad alta voce ciò che vi era scritto: ”Alle più grandi e valorose cittadine di Ponyville, che si sono battute il giorno del grande incendio per salvare la nostra città.”
“Davvero le più valorose”
Mi girai incuriosita da quell’inaspettato commento e vidi una figura nera appollaiata su un ramo dell’albero della biblioteca. Mi fissò qualche secondo per poi fuggire saltando su un tetto lì vicino.
“Ehi aspetta!”
Urlai e subito dopo cominciai ad inseguirlo sui tetti della città addormentata. Il figuro aveva una buona agilità, ma molto scarsa rispetto alla mia, e così in poco tempo gli fui alle calcagna. Improvvisamente scese in un vicolo abbastanza distante dalla zona centrale della città, ed io ovviamente lo seguì.
“Non muoverti!”
Urlò. Mi resi conto della scemenza che avevo fatto: ero bloccata in un vicolo con un tizio completamente vestito di nero che mi puntava una pistola addosso. Ovviamente mi resi subito conto che non si trattava di un pony: si ergeva su due zampe e non aveva zoccoli, ma mani, con una delle quali teneva la pistola.
“Cosa vuoi?”
Urlò nuovamente. Ero abbagliata dalle luci che provenivano dalla strada oltre il vicolo, e quelle unite all’abbigliamento completamente nero, mi impedirono totalmente di identificare anche la sola specie a cui apparteneva il tizio.
“Ti ho fatto una domanda!”
“Volevo chiederti una cosa”
Scoppiò a ridere come un pazzo buttandosi quasi a terra, ma tenendo sempre la pistola ben puntata.
“E mi stai dicendo che hai fatto tutto questo casino per chiedere una cosa ad uno sconosciuto di cui non conosci nemmeno il volto?”
Continuò a ridere.
“Per caso conosci un drago di nome Spike?”
Smise di colpo.
“Cosa hai con te?”
“Nulla”
Gli feci chiaramente vedere che non avevo né bisacce né altro.
“Bene”
Disse il figuro nero.
“Vorrà dire che dovrò controllare da me, addio”
Si sentì un forte botto: prima una luce accecante e poi il buio più totale.
Aprii gli occhi: mi trovavo in camera mia, nella fattoria degli Sweet Apple Acres. La prima cosa che mi venne in mente fu di catapultarmi fuori dalla porta per trovare Applejack e Big Macintosh, e così feci. Appena uscii mi resi conto che era notte fonda, ma il corridoio veniva illuminato da uno strano bagliore rossastro proveniente dall’esterno.
Scesi al piano di sotto e uscii fuori per vedere cosa stesse succedendo, ma subito mi pentii di averlo fatto: l’intero meleto era in fiamme, ed un’enorme coltre di fumo circondava la fattoria, impedendomi di vedere cosa ci fosse oltre. Improvvisamente udii degli urli strazianti, e subito dopo due pony incendiati sbucarono fuori dalle fiamme. Potrei dire che fossero fatti di carbone, per quanto il loro corpo era nero a causa delle ustioni. L’unica parte del corpo che non era nera erano gli occhi di un rosso acceso.
Una sensazione di terrore si impadronì di me, e cominciai a correre verso la fattoria, mentre quei due lanciavano urla strazianti. Rientrata corsi nel salone e vidi Granny Smith che dormicchiava sulla sedia a dondolo mentre fuori il meleto continuava a bruciare.
“Nonna!”
Mi buttai terrorizzata ed in lacrime su di lei, la quale si destò senza emettere alcun suono, e cominciò semplicemente ad accarezzarmi la criniera.
“Apple Bloom tesoro, so che hai paura, ma vedrai: presto ogni cosa prenderà un senso…ogni cosa”
Stavo per chiedergli cosa intendesse dire, ma d’improvviso tutto divenne scuro una seconda volta.
La prima cosa che avvertii fu un forte mal di testa ed un dolore molto forte alla tempia destra. Mi mossi leggermente emettendo un gemito: ero stesa su una superficie abbastanza dura, su cui pareva appoggiato uno strato di carta.
“Oh finalmente ti sei svegliata!”
Lentamente aprii gli occhi: la forte luce di una lampada da sala operatoria mi abbagliò, accrescendo il mio mal di testa. Con uno sforzo immane mi misi a sedere su quello che sembrava essere un lettino operatorio. Con qualche difficoltà gli occhi si aprirono, rivelando una sala operatoria semi distrutta con calcinacci a terra e pezzi di controsoffitto distrutti o sollevati da cui pendevano cavi elettrici di varia grandezza. Ciò su cui mi concentrai di più fu il draghetto viola che stava in piedi di fronte a me: aveva indosso una specie di giubbotto a chiazze tra il verde ed il marrone, nelle cui numerose tasche teneva oggetti metallici a me sconosciuti, oltre alla pistola che aveva il tizio che avevo inseguito quella notte.
“Cristo santo! Almeno dì chi sei quando uno ti punta una pistola alla testa. Ho fatto un casino pazzesco per riuscire a salvarti”
“S…Spike?
Dissi io senza forze.
Il draghetto annuì accennando un sorriso e mettendo le braccia conserte. Rispetto a diciassette anni prima era solo leggermente più alto, e una finissima barba curata gli occupava il volto.
Lentamente scesi dal lettino, completamente stremata, per poi abbracciarlo con tutte le mie forze e scoppiando a piangere. Ma non erano lacrime di tristezza: erano di gioia. Ero sicura che avendo ritrovato lui avrei rivisto mia sorella e tutti gli altri, che quel, per quanto breve, viaggio fosse finito: mi sbagliavo.
“Ehi, ehi calma”
Disse Spike ridendo
“Calma sono qui, sono preoccuparti”
Lo guardai sorridendogli, e lui fece lo stesso. Subito dopo svenni.
Mi risvegliai sullo stesso lettino, questa volta molto più in forze e lucida della prima. Mi alzai subito, vedendo Spike seduto in fondo alla stanza intento a fumarsi un sigaro. Tirai un sospiro di sollievo: per un attimo avevo avuto il dubbio che quello di Spike fosse stato solo un sogno.
“Quanto ho dormito?”
“Circa due ore. Nel frattempo ho recuperato qualcosa da mangiare”
Mi lanciò una mela, che per quanto non molto buona, divorai avidamente. Dopo essermi saziata rimasi così a fissarlo, come lui fissava me mentre fumava. Non sapevo cosa dire: in una situazione normale gli avrei chiesto di mia sorella e delle sue amiche, ma quando mi aveva guardato con quell’espressione fredda e seria, mi sentivo a disagio ed anche un po’ imbarazzata. Restammo così per qualche minuto, il tempo che gli permise di finire il sigaro.
“Immagino tu voglia sapere cosa sia successo in tutto questo tempo”
Sospirò continuando a guardarmi
“Quanto tempo è passato?”
“Dall’incendio? Diciassette anni”
Non mi stupii troppo di quell’affermazione: anche se il mio sistema di calcolo non era perfetto grossomodo c’ero arrivata anch’io.
“Cosa è successo Spike?”
L’altro mi guardò soddisfatto, si stiracchiò sbadigliando e si mise comodo.
“Bene. Allora, circa una settimana prima che scoppiasse l’incendio, Celestia si è ammalata di un male sconosciuto, che l’ha fatta cadere in coma.”
Strabuzzai gli occhi. Spike sorrise.
“Ovviamente nessuno divulgò la notizia per non fare casino, ma la situazione sembrava non migliorare e Celestia non si svegliava. Così il governo passò a Luna, la quale sembrò riuscire bene nel suo dovere.”
Lo fissavo concentrata e desiderosa di sapere, mentre lui man mano che avanzava diventava sempre più serio.
“Ma, dopo due settimane, le guardie reali giunsero a Ponyville e appiccarono l’incendio, arrestando poi Applejack, Twilight e le altre senza un apparente motivo.”
Si accese un nuovo sigaro, e dopo aver dato due abbondanti tirate continuò.
“Il giorno dopo Luna, o meglio, Nightmare Moon si è proclamata imperatrice d’Equestria, istituendo la dittatura che tutt’oggi regna sovrana”
Concluse il discorso con un’ennesima tirata del sigaro, fissando il vuoto.
“Oggi…quanto tempo è passato da quando…”
“Da quando ti ho sparato?”
Lo guardai con gli occhi sbarrati.
“Tu hai fatto cosa?!”
“Ehi ehi calmati. Non sapevo chi fossi, e in fondo non sei morta no”
“Non mi hai visto?”
“Avevi quella specie di coperta addosso!”
Pensai di mettermi una zampa in testa per annunciare il mio sospiro, e fu allora che mi resi conto di avere la testa fasciata. Tornai nuovamente a fissare il drago.
“Eh già, un bel lavoretto!”
Disse guardando qualcosa dietro di me. Quando mi girai vidi un carrello operatorio posto accanto al lettino, sul quale erano poste delle pinze e dei bisturi intrisi di sangue. Oltre ad essi era presente un affare nero sporco di sangue che macchiava tutto il ripiano del carrello. Capii si trattasse del proiettile che mi aveva estratto dalla tempia destra.
“Comunque è successo ieri notte. Sono le dieci del mattino”
Lo guardai malissimo
“Ieri ho visto Trixie parlare da quella torre che da sulla piazza”
“Oh, che cazzate ha raccontato questa volta?”
Bofonchiò lui.
Lo guardai con aria interrogativa. Lui sospirò dopo aver dato un’altra boccata al sigaro.
“Trixie è il capo delle FAL qui a New Ponyville, in pratica un emissario del governo di Canterlot.”
“FAL?”
“Forze Armate Lunari. In pratica l’esercito di Luna”
“Pensavo ci fosse l’esercito d’Equestria e basta”
Spike ridacchiò.
“Oh si, questo prima che Luna lo smantellasse. Niente più guardie reali o robe così. In questo modo evita che siano sotto fedeltà anche di Celestia, nel caso si svegliasse.”
“Aspetta…è ancora viva?”
“Si…anche se è più morta che viva”
“E’ ancora in coma?”
“Ovviamente! Gli unici che gli sono rimasti fedeli sono un gruppetto di medici che vivono perennemente nella sua camera da diciassette anni, ma si limitano solo a tenere in vigore i muscoli con un incantesimo”
“Che intendi?”
“Beh, prova a pensare se ti dovessi mettere a camminare dopo diciassette anni di fila che stai buttata su un letto!”
Rimasi a fissarlo mentre gettava anche il secondo sigaro. Migliaia di pensieri e domande affollavano la mia mente.
“Che fine hanno fatto mia sorella e le altre?”
Spike scrollò le spalle.
“Si sa solo che le hanno arrestate diciassette anni fa”
Sussultai sentendomi cedere le ginocchia.
“Oh ma scommetterei il mio braccio che non le hanno ammazzate”
Non so perché mi fidai cecamente del drago, ma mi sentii subito meglio dopo quella frase.
“Luna non ucciderebbe mai di nascosto degli elementi così importanti: come minimo inviterebbe tutta Canterlot all’esecuzione.”
“Ciò non spiega però perché le abbia tenute vive per tutto questo tempo”
Spike alzò un sopracciglio
“Beh si. Le cose sono due: o ha in mente qualcosa di grosso, o sono morte per incidente tipo cause naturali o torture finite male”
“Non dire cazzate!”
Urlai. Non potevo sopportare l’idea che mia sorella potessero essere state trattate così.
Sospirai riprendendo fiato, sotto lo sguardo impassibile di Spike che mi fissava a braccia conserte.
“Che ne è stato di Sweetie Belle e di Scootaloo?”
Spike scosse la testa sbuffando
“La notte dell’incendio ed il giorno dopo la città si è spopolata Apple Bloom. Sono partiti tutti, come era ovvio che accadesse”
“E…tu?”
Mi guardò con uno sguardo triste ed avvilito. Capii di aver toccato un tasto dolente.
“Io sono rimasto qui per tutto questo tempo. Ho visto questa città risorgere dalle ceneri ed espandersi sotto la guida di Trixie, per poi piombare nel caos della malavita”
Rimase a fissare il vuoto per una seconda volta.
“Immagino a che tipo di avventure ti sia dato”
Lui mi guardò accennando un sorriso
“Hai visto i volantini eh?”
Annuii.
“Beh non credergli più di tanto. Quei bastardi s’inventano di tutto e di più pur di acciuffare la gente che può essere un ostacolo. Come tua sorella e le altre d’altronde”
“Cosa?”
Lo guardai stupita.
“Secondo te perché Luna una volta salita al comando le ha fatte subito arrestare? E’ ovvio: per non avere problemi!”
Lo guardai capendoci sempre meno.
“Loro sono le uniche a poter usare gli Elementi dell’Armonia, e sarebbero state le prime ad opporsi al regime dittatoriale. Perciò incarcerandole non solo ha evitato che potessero scatenargli addosso gli elementi, ma ha anche tolto sei potenziali presidenti di una qualche opposizione”
Cominciò a girare in tondo per sgranchirsi le gambe.
“Così tutta Equestria si è ritrovata nel giro di due giorni con una dittatura e senza le tanto amate eroine che avrebbero risolto la situazione”
Tornò a sedersi. Rimanemmo a fissarci per qualche secondo, poi lentamente mi avviai verso la porta della stanza.
“Ehi cosa vuoi fare?”
“Recuperare mia sorella e le sue amiche”
Dissi io decisa. Evidentemente lo dissi con un tono così autoritario che Spike rimase spiazzato a guardarmi.
“Ma prima devo recuperare una cosa”
Spike mi guardò con aria interrogativa, mentre giravo la maniglia della porta.
“La capanna di Zecora è esplosa. Quei bastardi hanno preso dei tubi di metallo lunghi circa un metro, sembravano essere dei contenitori”
“Intendi le FAL?”
Annuii.
“Si, e abbiamo solo due ore prima che se ne partano con un hellcat”
Mi guardò come se avessi detto una grossa scemenza.
“Apple Bloom, come pensi che mai potremmo affrontarli?”
“Non lo so, ma non voglio lasciare quella roba di Zecora nelle loro sudice mani!”
Detto questo uscii per ritrovarmi nel corridoio dell’ospedale, ormai in rovina.
“Ehi fermati. Dove credi di andare? La fuori è pericoloso!”
Non lo degnai neanche di uno sguardo e mi avviai verso le scale per scendere al piano terra.
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


Apple’s Creed
Capitolo 2
Interminabile.
E’ l’unico modo con cui posso descrivere quel terribile viaggio dalla capanna ormai distrutta di Zecora a Ponyville. Mentre i due camminavano attraversando le fronde grazie ad un enorme machete sorretto dall’unicorno, io li seguivo dalle cime degli alberi. Non riuscivo a capire come la casa di Zecora fosse così lontana, dato che da piccola ci venivo spesso: non ci volevano più di dieci minuti, ma ora il viaggio era durato più di quattro ore. Spesso il terrestre arancione controllava lo strumento che teneva sulla zampa, prendendo spesso una nuova direzione, non troppo diversa dalla precedente.
Arrivammo alla fine della foresta dopo circa cinque ore di viaggio, e una volta lì rimasi sbalordita da ciò che vidi: Ponyville non era cambiata molto da come era prima dell’incendio. Le case erano praticamente le stesse, solo più nuove e leggermente più grandi. Il piccolo paesino si era però col tempo trasformato in un grosso centro abitato stracolmo di pony che camminavano frettolosi tra le strade. Potei stimare che la vecchia Ponyville, centro del nuovo complesso urbano, occupasse circa un quarto di tutta la città, che a quanto pareva, aveva mantenuto lo stile architettonico senza sconvolgerlo con l’avanzare del tempo.
Scesi tra gli alberi e mi nascosi tra gli ultimi cespugli per guardare quello spettacolo, ma poco dopo mi venne la triste idea di guardare verso l’orizzonte per scorgere il castello di Canterlot. Per quanto la città fosse lontana, si potevano chiaramente distinguere le possenti grigie mura di cemento ed il castello divenuto più grande ma stranamente grigio. Non riuscivo a spiegarmi di questo cambiamento cromatico, dato che la città era troppo lontana perché potessi scorgerne i particolari. Quella visione fece scaturire dentro di me un senso di preoccupazione: sapevo che qualcosa non andava.
I due salirono su un ponte per attraversare il fiume che passava sotto di esso, per poi dirigersi verso Ponyville. Aspettai che fossero entrati nell’agglomerato di case per poi correre a nascondermi sul tetto della prima casa della città. Il sentiero di ghiaia venne rimpiazzato da un lastricato che decine e decine di pony calpestavano frettolosamente: non potevo certo dire che la città non si fosse ripresa.
Una volta all’interno della città potei tranquillamente scendere a terra tramite un vicolo, per poi mescolarmi tra la folla, non perdendo mai di vista i due. Dopo qualche svolta, ci riversammo nel viale principale della città: un lungo stradone alberato che partiva dalla piazza del municipio e si dirigeva verso la periferia. Lo percorremmo in direzione della piazza, che raggiungemmo dopo pochi minuti, accalcati tra un’enorme folla di gente che si stava radunando in piazza. Essa era sovrastata da due edifici: il municipio, leggermente più alto rispetto al vecchio, e uno nuovo che non avevo mai visto prima di allora. Era una struttura di cemento simile ad una torre con grosso basamento. Da dei grandi balconi pendevano dei lunghi drappi con disegnato sopra uno stemma che mi lascio molto dubbiosa: uno scudo nero splendente su cui era disegnato il cutie mark di Luna, lo stesso che i due tizi della capanna avevano sulle bardature!
 Ritornando alla realtà, potei vedere che stavano accedendo alla struttura, superando un grosso cancello di ferro che veniva aperto da altre guardie con bardature con lo stesso stemma. Ben presto persi la visuale dato che la piazza stava letteralmente per esplodere dalla quantità di pony che la occupavano. Regnava il caos più totale: la gente urlava e imprecava contro i militari impassibili ( o quasi) dietro il recinto di ferro che delimitava i confini della torre.
Ma tutto tacque, quando una robusta unicorno si affacciò da un’imponente balconata che dava sulla piazza. Aveva manto azzurro e criniera argentata, e indossava una bardatura simile a quella degli altri soldati: mentre le loro erano grigie e graffiate dalle mille peripezie che avevano affrontato, la sua era di un nero opaco e ornata da decine di medaglie militari. Ovviamente sul fianco era presente lo stemma, ma ora potevo vederlo chiaramente, mentre prima nelle altre bardature era spesso rovinato da qualche graffio.
“Cittadini di New Ponyville”
Incominciò: la sua voce era possente ma squillante allo stesso tempo…mi sembrava familiare…
“Le FAM sono perfettamente consapevoli della difficile situazione in cui siete costretti a vivere, ma facciamo ogni giorno del nostro meglio per regalare a questa città un futuro migliore”
“Tutte stronzate!”
Urlò un pony poco distante da me, poco prima che una guardia appostata da qualche parte lo colpisse con un ago di, suppongo, narcotico. Dopo essersi accasciato a terra venne immediatamente recuperato da altre due guardie e trasportato all’interno della struttura.
La giumenta sospirò
“Sono questi gli elementi che rallentano il nostro operato, per questo ci impegniamo al meglio per estrarli dalla società”
Nessuno osò parlare
“Abbiamo già fatto grandi progressi con il confinamento delle teste di metallo a sud ovest, e dopo l’attacco l’elettricità è stata ripristinata ovunque!”
Gioì soddisfatta, ma il popolo non sembrava condividere il suo stesso entusiasmo.
Teste di metallo? Cosa diavolo erano?
La pony ritornò seria
“Ad ogni modo, la porta sud ovest resterà chiusa fino a nuovo ordine”
Un vociare, dapprima leggero, cominciò ad aumentare di intensità
“Tutti i traffici saranno deviati sulla porta nord verso Canterlot. Buona giornata e che Luna ci protegga”
Detto questo rientrò nell’edificio, mentre la folla urlava
“E’ un ingiustizia!” “Non potete chiudere tutto!” “Mi ci vorranno ore per aggirare la città” “Ci farete perdere il nostro lavoro!”
 
Lentamente la folla cominciò a defluire lungo il viale e le strade secondarie, mentre il sole cominciava ad abbassarsi sulle montagne lontane. Dopo tutte quelle ore di viaggio, finalmente ebbi un attimo di pace per riordinare le idee. Mi resi conto di non aver mangiato per più di ventiquattr’ore, e improvvisamente mi sentii priva di forze e con una fame terribile.
Non mi ci volle molto a trovare la locanda più vicina: un grosso locale situato proprio in piazza, in cui decine di pony occupavano i posti ai tavoli, chiacchierando tranquillamente.
Entrai. Il locale era molto accogliente, decorato interamente in legno. Mi sedetti davanti al lungo bancone, anch’esso in legno, e subito un unicorno dal manto giallo e capelli marroni vestito da cameriere mi si avvicinò dall’altra parte del bancone, mentre con la levitazione stava pulendo un boccale con un panno.
“Benvenuta al Ponyville Plaza, cosa desideri?”
Ero un po’ nervosa, dato che non avevo un dialogo con qualcuno da tempo immemore, e le mie parole non uscirono istantaneamente dalla mia bocca.
“Cosa avete da mangiare?”
“Oh, beh, abbiamo mele caramellate, frittelle di mele, torta di mele, fieno fritto…”
Da quanto non mangiavo una mela? Probabilmente dal giorno dell’incendio.
Ma subito mi balenò in mente la domanda giusta da porre al cameriere, cosa che non avevo assolutamente valutato.
“Una torta di mele quanto costa?”
“Sono 5 pezzi”
Disse soddisfatto l’altro mentre riponeva, sempre con la levitazione, il boccale insieme a tanti altri su un tavolo.
Dopo qualche secondo, la mia faccia pensosa indusse l’unicorno a sospirare
“Non li hai, vero?”
Annuii, senza dire nulla.
“Uff, ascolta posso darti la torta e un boccale di sidro, ma una volta terminato dovrai svolgere un lavoretto per il locale”
Alzai un sopracciglio, interessata. L’altro continuò
“Si tratta solo di lavare qualche piatto e portare fuori i sacchi della spazzatura: entro due ore hai finito. In fondo sono solo otto pezzi.”
“Accetto”
Dissi semplicemente. La fame aveva offuscato troppo la mia mente per permettermi di ragionare.
“Bene”
Sorrise l’altro
“Va pure a sederti, poi quando avrai finito torna qui”
E scomparve nella cucina.
Dopo essermi seduta ed aver atteso qualche minuto, un altro cameriere mi servì un’invitante fetta di torta ed un boccale di sidro che definirei decente.
Mentre placavo la mia fame, mi guardai intorno: il bar era quasi pieno, principalmente occupato da pony in giacca e cravatta muniti rigorosamente di giornale. Quei lavoratori che prima di tornare a casa passano una mezz’ora a bere qualcosa con gli amici e a leggere le notizie. Non feci comunque molto caso a ciò che mi accadeva attorno: la fame aveva oscurato completamente la ragione.
Finii la torta e il sidro in poco più di cinque minuti. Decisi di riposarmi un po’ prima di raggiungere il bancone. Improvvisamente mi balenò in mente una domanda: possibile che il barista si fosse fidato di me a tal punto da lasciarmi andare senza preoccuparsi di una mia possibile fuga? Mi girai verso l’ingresso e capii perché: due grosse guardie unicorno in giacca e cravatta con occhiali scuri stava a guardia della porta. Ciò che mi fece preoccupare di più furono le due pistole che stavano legate alla vita con un cinturone. Non effettuavano nessun controllo a chi entrava o usciva: si limitavano ad osservare in giro, probabilmente avvisati riguardo me. Decisi quindi di non fare idiozie, e mi diressi verso il bancone, ora molto più lucida e in forze.
L’unicorno di prima era tornato e stava servendo un altro cliente, che lo pagò con delle monete di rame: quelle dovevano essere i pezzi.
“Oh eccoti qui: seguimi”
Ci infilammo dietro la sala principale per entrare nella cucina, affollata da una decina di pony vestiti da cuochi che armeggiavano ai fornelli. Erano quasi tutti degli unicorni…ma c’erano solo unicorni a Ponyville? O almeno gli altri non svolgevano lavori di quel tipo.
Il cameriere si girò tendendomi la zampa
“Per prima cosa io sono Steve, piacere di conoscerti…”
“Apple Bloom”
L’altro annuì.
“Allora ci sono queste cataste di boccali da lavare”
Indicò due torri di boccali di vetro sporchi di sidro adagiate in due grossi lavandini
“Poi ci sono i sacchi”
Guardò un angolo della cucina in cui erano ammassati una mezza dozzina di sacchi della spazzatura.
“Quando hai finito torna da me e potrai andare”
 “Ok…grazie”
Steve annuì, e subito dopo si incamminò verso la porta della sala.
“Aspetta”
L’unicorno paglierino si girò con aria interrogativa
“Volevo chiederti…come mai hai accettato così facilmente che non avessi i soldi…e mi hai offerto questo posto?”
L’altro scrollò le spalle sbuffando
“Beh, qui ogni giorno passano un sacco di pony, e qualche volta ce ne capitano senza soldi: non è molto difficile di questi tempi…ma credo che tu lo sappia meglio di me”
Disse accennando una risata. Io rimasi ferma ad osservarlo. Poco dopo si ricompose
“Così ci siamo adeguati alla situazione: è sempre meglio che perdere dei clienti no?”
Annuii, mentre l’altro si avviava nuovamente verso la porta.
Dopo circa un’ora e mezza, finii di lavare l’enorme ammasso di boccali, che ora giacevano scintillanti su i tavoli ad asciugare. Subito dopo presi il primo di quei sei sacchi e lo portai fuori. Essendo molto pesante, e non avendo a disposizione alcun incantesimo, impiegai un bel po’ per farlo uscire dal retro: mi ritrovai in una piccola stradina che insieme ad altre formava un’intricata rete che si estendeva dietro la piazza.
Raggiunsi faticosamente i cassonetti all’angolo con un’altra stradina che con una curva sembrava dirigersi verso la torre dei militari.
“Porca di quella…”
Sobbalzai quando riconobbi quella voce, e corsi a nascondermi dietro ai cassonetti. L’unicorno blu e il terrestre arancione sbucarono da dietro l’angolo, sempre con indosso le loro bardature d’ordinanza.
Il terrestre sospirò
“ Hammer, non è colpa loro se quei pegasi rompono i coglioni con quel vento”
“Non me ne frega!”
Urlò l’altro
“Io voglio capire come cazzo è possibile che non li abbiano ancora localizzati: hanno bloccato due hellcat oggi, DUE! Non era mai successo!”
Il terrestre sbuffò
“Di questi tempi sembrano essere più attivi del solito”
“Già”
Annuì Hammer prima di fare un grosso sospiro
“Il capitano non sarà contento di questo”
“Potremmo andare su ruote!”
Hammer guardò il terrestre con occhi sbarrati
“Ma sei pazzo?! Con tutte quelle teste di metallo in giro? Non hai sentito il casino che è successo qualche giorno fa?”
“Ok ok calmati…era solo per dire”
L’unicorno scosse la testa sbuffando
“Torniamo dentro: se tutto va bene domani a mezzogiorno lasciamo questa merda di città”
Il terrestre annuì e si avviarono lentamene nella stessa direzione da cui erano venuti.
Improvvisamente Hammer si fermò indicando qualcosa appesa al muro che delimitava la strada
“Ehi, guarda questo: non era già ricercato tipo due mesi fa?”
“Evidentemente non l’hanno preso”
“Bah, un nanetto così…”
Dopo qualche minuto uscii dal mio nascondiglio e feci mente locale: avevo tempo fino a mezzogiorno per recuperare quei tubi di Zecora.
Decisi di girare l’angolo per vedere da dove fossero venuti: era un lungo vicolo che finiva con un cancello di ferro che sbarrava il passaggio verso la torre. Non c’era nulla né a terra né sulle pareti, a parte un foglio di carta appeso sulla parete destra accanto al cancello. Mi avvicinai incuriosita al cancello per vedere cosa vi fosse scritto.
Sobbalzai sorpresa alla vista del drago ritratto nella foto, ma quando lo riconobbi il mio cuore esplose di gioia.
Era…era Spike!


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Apple’s Creed
Capitolo 4
TLANK
Il lucchetto di ferro, che chiudeva il cancello del vicolo dove avevo trovato il foglio della taglia di Spike la sera prima, si ruppe. A romperlo fu lo stesso drago con una grossa tenaglia di ferro arrugginito che si era portato dietro dall’ospedale. Con un suono metallico che mi fece venire la pelle d’oca, il cancello si aprì, rivelando un vicolo pieno di casse rotte e fogli strappati.
“Beh, devo dire che sono molto ordinati questi qua”
“Shhhhh”
Gli feci segno con lo zoccolo. Lui scrollò le spalle
“Oh andiamo chi vuoi che ci senta, siamo a tipo duecento metri dalla torre, e poi a quest’ora stanno preparando la pista d’atterraggio per l’hellcat”
Sospirai capendo che non sarei mai riuscita a farlo stare zitto.
“Uh, a proposito: cos’è un hellcat?”
“E’ un mezzo di trasporto volante”
“Un animale?”
“Oh no no. E’ una macchina, ma non te lo so spiegare. Poi non è che ne abbia visti così tanti eh!”
Nel frattempo ci addentravamo nel vicolo, e mano a mano che ci avvicinavamo alla torre, la sporcizia e il disordine diminuivano fino a scomparire del tutto. Giungemmo dinnanzi, dopo qualche minuto, al basamento della torre, sul quale muro era montata una grossa porta d’acciaio con stampato sopra lo stemma delle FAL. Sulla destra c’era un altro di quegli schermi, necessario sicuramente per aprire la porta.
“Ferma!”
Spike mi tirò dalla coda trascinandomi dietro una cassa a qualche metro di distanza dalla porta. Poi mi fissò indicando cercando di rimanere nascosto, un affare bianco che non avevo notato. Era montato sull’orlo del tetto, ben camuffato. Aveva una forma di parallelepipedo: da un’estremità (quella rivolta verso di noi) c’era un rettangolino di vetro da cui veniva una luce rossa, dall’altro invece usciva un cavo elettrico che entrava dentro l’edificio.
“Telecamera di sorveglianza”
Sibilò lui socchiudendo gli occhi ed osservandola da dietro la cassa.
“Quell’affare trasmette immagini in tempo reale di ciò che vede quel pezzo di vetro. Dall’altra parte c’è qualcuno che si occupa di sorvegliare l’ingresso”
“E di dare l’allarme se qualcuno non atteso si avvicina”
Spike annuì.
“Con quegli affari c’è poco da fare: se la rompiamo se ne accorgeranno. L’unica è aggirarla, ma non vedo, e non penso ci siano, altre vie.”
Scosse la testa sbuffando.
“Ma cosa sto facendo? Perché sono venuto con te? E’ una pazzia! Anche se riuscissimo ad entrare, con quali armi e con quale esercito affronteremmo le centinaia di guardie che ci si porrebbero davanti?”
“Non urlare idiota!”
Gli dissi io fissandolo male. Spike smise di imprecare e si limitò a fissarmi a sua volta mentre stringeva nervosamente la tenaglia.
“Non dovremo combattere: superiamo le guardie di nascosto, prendiamo i tubi e ce ne andiamo”
Era almeno la settima volta che gli ripetevo quella frase, ma era talmente testardo che non mi dava ascolto, e cominciava seriamente a darmi sui nervi.
“Si, e come pensi di superare quella porta?”
“Muoviti Snails o faremo tardi!”
Mi nascosi dentro la cassa portando con me Spike e tappandogli la bocca con lo zoccolo. Tramite gli spazi tra un’asse e l’altra che componevano la cassa vidi l’ombra di due pony in bardatura camminare verso di noi. Quando ci furono davanti riconobbi il terrestre giallognolo che avevo incontrato alla capanna di Zecora, ma quella volta era accompagnato da un pegaso dal manto grigio. Non riuscii a vedere in faccia lo sconosciuto, che dalla voce pareva essere una femmina, mentre si avvicinava alla porta blindata, seguito a ruota da Snails.
Snails…quel nome mi ricordava qualcosa, ma la mia mente era offuscata e la mia memoria corrotta dagli anni di solitudine e disperazione che avevo passato. Le immagini dei tempi prima della foresta erano sbiadite e senza senso: ricordi mescolati a casaccio per chissà quale motivo.
La pegaso grigia, barcollando come un ubriaco, raggiunse lo schermo accanto alla porta, e cominciò a pigiare dei tasti. Dopo qualche secondo si udì un forte stridio e la porta lentamente si aprì verso l’interno. Notai in quel momento la chioma bionda della pegaso, la quale stimolava la mia memoria, anch’essa senza riuscirci.
“Muoviamoci”
Per quanto potesse sembrare stupida dai movimenti, aveva una voce forte ed autoritaria che ispirava sicurezza. Subito Snails gli fu dietro, e velocemente oltrepassarono la porta, entrando.
Restammo lì per qualche minuto completamente in silenzio, interrotto solamente dai nostri respiri.
“Ascolta, forse un modo c’è”
Mi girai verso il draghetto viola, intento a maneggiare la tenaglia arrugginita.
“Ho visto come ti muovevi l’altra sera. Penso che le tue abilità ti possano permettere di salire la sopra”
Indicò con la tenaglia la cima della torre delle FAL. L’enorme parallelepipedo di cemento si slanciava verso l’alto per almeno duecento metri. Aveva una forma lineare nella parte centrale, mentre la cima andava a stringersi a gradoni fino a diventare una lunga antenna.
“Spike quanto è alto quell’affare?”
Non che fossi sicura di volerlo fare: era un misto tra il voler smentire Spike dimostrando l’impossibile riuscita dell’impresa e il voler informarsi per procedere davvero. Il drago prese seriamente quella domanda, e rispose secco senza mostrare nemmeno un pizzico di incredulità.
“Sono circa 430 metri”
Mi limitai a scuotere la testa.
“Quanto sidro hai bevuto prima di venire qui?”
Spike mi mandò a quel paese con il braccio destro prima di girarsi a scrutare l’enorme edificio. Considerando il basamento che vi era attorno, eravamo a circa 500 metri dalla torre vera e propria.
“Allora…”
Cominciò lui continuando a fissare la torre.
“Non sembra ci siano appigli decenti, a parte i drappi che però ti porterebbero solo all’incirca a metà”
Osservai i lunghi drappi stesi dalle balconate, raffiguranti l’ormai ben noto stemma delle Forze Armate Lunari.
Scossi la testa nuovamente.
“Spike, per l’amor di Celestia! E’ un piano senza alcuna probabilità di successo!”
L’altro mi fissò sogghignando.
“Anche se riuscissi a salire senza attirare l’attenzione, come diavolo pensi che possa arrivare illese in cima alla torre, per fare cosa poi?”
Il ghigno si trasformò in un’espressione di rabbia
“Ehi! Sei tu quella che si è catapultata qui senza un’arma né un piano adeguato. Per Celestia! Questa è la FAL Tower di New Ponyville, cosa pensavi di trovarci? Un cartello con scritto ‘entrate pure’?”
Spike continuò il discorso tra se e se mormorando bestemmie varie contro Luna.
“Io vado sul tetto”
Mi guardò di nuovo incuriosito
“Vedo di entrare da lì”
Senza aspettare una sua obiezione o un suo commento, presi la rincorsa da dietro la cassa e risalii il muro adiacente a quello della porta, su cui era installata la telecamera. Mi aggrappai con gli zoccoli al bordo del tetto e lo raggiunsi con un’ultima spinta. Mi ritrovai su un lungo terrazzamento che si estendeva su tutto il basamento della torre. Qua e la vi erano delle postazioni delle guardie per controllare la zona. Al centro del terrazzamento annesso agli altri su cui mi trovavo, vi era una specie di casotto.
Mi resi conto solo allora di quanto fossi stata stupida a pensare di poter passare di li tanto facilmente, e mi gettai istintivamente a terra aspettando spari, urli e allarmi. Non accadde nulla. Mi rialzai da dietro il casotto sporgendomi per osservare meglio la situazione: deserto. Non c’era nessuno, cosa che mi fece insospettire non poco. Come era possibile? Lentamente scivolai fuori dal mio nascondiglio, fino a rendermi conto della totale assenza di guardie sui terrazzamenti. Nonostante ciò, alcuni cecchini erano piazzati dietro delle feritoie scavate nelle pareti della torre: riuscivo a vederli tramite le canne dei fucili che si muovevano lentamente e scrutavano la zona. Erano comunque troppo lontani per poter individuarmi facilmente.
Sgattaiolai dentro il casotto, dove trovai una rampa di scale a chiocciola che scendeva all’interno del complesso. Sempre con moltissima cautela discesi lentamente le scale. Perché non c’erano guardie? Potevano davvero aver lasciato una così grande area senza copertura? Decine di domande affollavano la mia mente mentre scendevo quelle metalliche scale a chiocciola. Le scale portavano ad un lungo corridoio, che pareva anch’esso deserto: dove erano finiti Snails e quella misteriosa pegaso grigia?
Raggiunsi la porta più vicina, su cui era scritto SALA CONTROLLO. Era blindata, ma aperta, anzi socchiusa. Socchiusi lentamente la porta, per riuscire a scorgere un pony di terra seduto su una sedia davanti ad una parete piena di schermi ed una grossa pulsantiera. Il tizio era accasciato con le zampe anteriori e la testa sulla consolle e pareva dormire. Sempre molto lentamente mi avvicinai agli schermi, cercando di individuare Spike, ma urtai con il fianco la sedia da ufficio, che si spostò facendo cadere a terra il corpo del tizio con un tonfo sordo. In preda al panico, sia per il tizio, sia per il fatto che probabilmente qualcuno sarebbe venuto a controllare, cercai disperatamente con lo sguardo un possibile nascondiglio. Mi resi conto, però, che nonostante il forte rumore che aveva fatto il pony cadendo, non si udivano rumori di nessun tipo. Controllai il pony steso a terra, senza però toccarlo, ipotizzando che fosse svenuto.
Rilassandomi leggermente, ma rimanendo sempre all’erta osservai uno per uno tutti gli schermi, fino a che non trovai la telecamera che prima avevo visto dall’esterno: Spike era perfettamente nascosto dietro la cassa. Leggendo il codice della zona che visionava, riuscii ad individuare il pulsante che apriva la porta. Il cigolio ormai noto, ma impercettibile da me in quella posizione, fece strisciare il draghetto dal suo nascondiglio, con un’espressione interrogativa. Pregai che capisse, e fortunatamente dopo un paio di interminabili minuti attraversò la porta facendo un saluto militare alla telecamera. Tirai un sospiro di sollievo.
Rimasi in quella stanza, già sapendo che Spike sarebbe venuto lì, scrutando il corpo apparentemente senza vita del pony addetto alle telecamere. Pochi minuti dopo, la porta si spalancò e il mitico draghetto viola munito di tenaglia entrò nella stanza con disinvoltura.
“Ottimo lavoro AB, ma come mai non c’è nemmeno una guardia? Li hai per caso fatti fuo…oh!”
Rimase bloccato a fissare il pony a terra come me. Subito dopo si chinò sul suo corpo tastandogli il collo con un'aria cupa.
“E'...è morto?”
Spike rispose senza guardarmi, limitandosi a controllare accuratamente il pony.
“Si”
Non mi sentii troppo male, in fondo non lo conoscevo neanche, ma feci delle riflessioni che non avevo fatto alla capanna di Zecora; probabilmente ero troppo stanca o stressata per poter pensare lucidamente. Quel pony…aveva terminato i suoi giorni: non avrebbe più potuto parlare, camminare, vedere, ma soprattutto non sarebbe più potuto stare con i suoi cari, o magari i suoi amici! In quel momento odiai la morte con tutta me stessa, rendendomi conto di quanto fosse ingiusta, anche per un pony che probabilmente stava semplicemente svolgendo il suo lavoro. Il suo corpo sarebbe rimasto lì: nessuno si sarebbe curato di trasportarlo o di sotterrarlo da qualche parte. Sarebbe rimasto lì, a marcire, aspettando qualche topo che se lo sarebbe divorato.
Guardai Spike mentre ispezionava il corpo, e quasi mi spaventai a quella sua totale noncuranza del fatto accaduto.
“Non ha ferite: non è stato ucciso con un approccio fisico”
Si girò raccogliendo qualcosa dal pavimento.
“Ma suppongo sia stato avvelenato”
Tirò su una tazza con dentro qualche residuo di caffe: si era scheggiata per la caduta, e gran parte del caffè bagnava il pavimento della stanza.
“Per Celestia!”
 Pensai alla morte che poteva aver avuto: aveva gli occhi spalancati e la faccia contratta in un’espressione di dolore. Un brivido mi corse lungo la schiena, mentre facevo qualche passo indietro.
“Ora, dobbiamo capire chi, quando e perché l’ha fatto”
Si girò a guardare la porta.
“E soprattutto perché non c’è nemmeno una guardia”
Mi girai guardando il grosso orologio su schermo: ore 11:56:24.
“Cavolo Spike! L’hellcat!”
Lo presi da una scaglia della testa, e mentre lui si dimenava e urlava, correvo lungo il corridoio senza una meta precisa.
Dopo qualche secondo mi tirò un pugno sul muso e cadde a terra guardandomi malissimo.
“Non lo fare più”
Bisbigliò arrabbiato. Subito dopo si mise a correre attraverso il corridoio, seguito da me a ruota.
Dopo qualche minuto Spike si bloccò di colpo.
“L’addetto alla sorveglianza morto, nessuna guardia…per Celestia!”
Spike si mise a correre come un matto nella stessa direzione di prima; lo seguii credendolo pazzo.
“Spike…ma che cazzo fai?!”
“Ma non capisci? Niente addetti alla sorveglianza delle porte, niente guardie sui terrazzamenti…tutto ciò non è normale, e ciò può voler dire solo una cosa”
Si fermò davanti ad una lunga fila di armadietti. Presa la tenaglia ruppe il lucchetto di uno di essi, e subito i cadaveri di due soldati caddero sul pavimento ed un lago di sangue cominciò ad estendersi sul pavimento.
“Qualcuno ha teso un’imboscata”
Mi girai immediatamente in preda alla nausea, e pochi secondi dopo vomitai la mela che avevo mangiato poche ore prima. La testa dei due era esplosa in un mare di sangue e brandelli di carne, mentre il fianco era completamente crivellato di proiettili. Spike non sembrava, invece, presentare alcun sintomo difronte a quel macabro spettacolo. Si preoccupò solo di accasciare i due corpi contro gli armadietti.
“Chiunque sia stato, non scherza.”
Diede un colpo ad un altro armadietto, sentendo qualcosa muoversi all’interno.
“Hanno ucciso un plotone di sorveglianza intero, curando tutto nei minimi dettagli. E soprattutto senza essere scoperti”
Spike prese la sua fidata tenaglia da terra e riprese a camminare velocemente lungo il corridoio.
“Il che significa che ci troviamo in un settore completamente sgombro”
“Che probabilmente verrà attaccato tra poco da chissà chi”
Spike annuì con un’espressione mista fra il serio ed il preoccupato.
“Ma io ho paura che abbiano un mente un diverso tipo di attacco”
Subito dopo si mise a correre nuovamente.
Una piattaforma quadrangolare di cemento lunga almeno 20 metri dominava l’immenso cortile posteriore alla torre delle Forze Armate Lunari. Esso non era visibile dall’esterno, a causa del grosso basamento attorno a cui la torre si ergeva. Il piazzale era affollato da un centinaio di militari indaffarati nello spostare grossi pacchi o gruppi di armi imballate. Nella folla riconobbi Hammer e Snails, che attraversavano il piazzale guidati da quella pegaso grigia, che continuava a ricordarmi qualcuno…ma chi?
“Spike…chi è quella?”
“Mh?”
Indicai la pegaso con lo zoccolo.
“Quella pegaso che sta scortando quei due militari laggiù”
Eravamo acquattati dietro a delle casse nel fondo del piazzale, a pochi metri da una porta di servizio. Lungo la strada avevamo trovato altri gruppi di cadaveri, e Spike era sempre più nervoso e preoccupato; a differenza mia che ero in uno stato pietoso a causa della nausea che mi aveva colpito ogni singola volta che avevamo trovato dei cadaveri.
Spike sbirciò al di là della cassa, individuando subito il pegaso.
“Sembra…no non è possibile”
Si girò verso di me con un’espressione di puro stupore.
“E’ Derpy Hooves!”
“Chi?”
“La postina imbranata di Ponyville! Quella che volava come un’ubriaca e che andava sempre schiantandosi!”
Improvvisamente la mia mente si aprì e mi ritornano in mente tutte quelle volte che la simpatica pegaso aveva recapitato delle lettere alla fattoria. O di quando era entrata alla festa per i ritorno di Applejack dal rodeo, pensando che fosse la sua.
Mi sporsi per osservarla: era leggermente più alta rispetto a diciassette anni prima. Aveva il suo caratteristico modo ubriaco di camminare, ma i suoi occhi…mi trasmisero una sensazione che mi fece gelare il sangue. Quello sguardo…uno sguardo che avrei visto tante altre volte nei giorni seguenti, ma che quella prima volta non riuscii a comprendere. Non riuscii a comprendere quanto ciò possa essere anche più distruttivo della rabbia.
L’indifferenza.
Un’arma così forte che permette di superare qualunque limite, ed una volta appresa, non è possibile liberarsene. Quel pegaso aveva ‘contratto’ l’indifferenza. Ma è un concetto che mi appresterò a spiegare più avanti: difatti all’epoca non capii cosa avesse Derpy, ma percepì comunque paura. Una paura apparentemente inspiegabile che mi fece rabbrividire.
Spostai lo sguardo sugli ormai ben noti due militari che avevano rubato quei tubi dalla capanna di Zecora. Riuscii chiaramente a vedere le sagome dei tubi che deformavano leggermente il cuoio delle bisacce dell’unicorno Hammer.
Il trio si fermò in linea con gli altri attorno alla piattaforma. Poco dopo un rombo fortissimo inondò il piazzale, e un’ombra oscurò la piattaforma sotto gli occhi compiaciuti delle FAL.
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


  Apple’s Creed
Capitolo 5
Un’enorme macchina volante comparve sopra le nostre teste: era formata da tre grossi corpi posti in orizzontale uniti da delle barre di ferro. I due corpi laterali fungevano da reattori, mentre quello centrale fungeva da abitacolo; su di esso si poteva osservare lo stemma delle FAL. L’hellcat era grande almeno quanto due capanni degli Sweet Apple Acres.
Compiendo un giro attorno alla piattaforma, lentamente i due reattori ruotarono su se stessi fino a posizionarsi verso l’alto. L’hellcat atterrò verticalmente sull’enorme piattaforma con un tonfo pieno di scricchiolii metallici. Subito dopo i potenti motori si spensero, e svariate centinaia di soldati salirono sulla piattaforma.
Il portellone della stiva del velivolo si aprì, e le FAL iniziarono a caricare e scaricare armamenti vari e casse blindate dai contenuti sconosciuti. Io e Spike rimanemmo nascosti per qualche minuto dietro quell’enorme ammasso di casse, che lentamente stava venendo demolito dai vari trasportatori che caricavano le casse sull’hellcat.
“Incredibile!”
Sussurrò Spike a bocca aperta mentre osservava quell’enorme folla di pony armeggiare attorno e dentro l’enorme velivolo.
Quello spettacolo mi distrasse, però, dai miei tre obiettivi che si dispersero tra la folla.
“Cazzo…li ho persi!”
“Merda…”
Spike sollevò la testa cercando di individuarli, ma la folla era talmente spessa che sarebbe stato impossibile. Nel frattempo erano rimaste solo due casse prima della nostra, che era la più vicina al muro del basamento.
“Devono essere saliti. Dobbiamo andarcene da qui”
E mentre borbottava tra se e se qualche altra manciata di bestemmie, il draghetto viola uscì fuori dal nascondiglio dando un poderoso colpo di tenaglia sulla nuca dell’unicorno trasportatore che stava per sollevare la nostra cassa. Il pony cadde morto a terra, dopo un poderoso rumore di ossa spezzate, e Spike lo trascinò dietro la cassa.
“Apple Bloom andiamocene”
Mi girai verso di lui stupita della sua affermazione, ma vidi tutt’un tratto una faccia preoccupata.
“Apple Bloom…cazzo! Non capisci che qua ci rimaniamo secchi? Possibile che tu non abbia un minimo di buon senso?”
Spike aveva paura. Da quello che avevo visto prima avrei detto che l’assistente di Twilight Sparkle fosse un’indistruttibile macchina assassina.
“Spike…lo sai. Non possiamo andarcene così. Sarebbe tutta fatica sprecata”
“Non ci credo…cioè siamo riusciti ad entrare nella base delle FAL senza un piano e senza un’arma! Apple Bloom, non capisci? Questo è un miracolo! Dovremmo essere già morti da un pezzo!”
Lo fissai. Era davvero preoccupato.
“Ma tu…possibile che tu non sia minimamente preoccupata di quello che ti potrebbe succedere?”
Spike scosse la testa sospirando.
“Apple Bloom, quelle armi uccidono. La morte capito? Essere uccisi!”
“FERMI DOVE SIETE!”
Merda!
Mi irrigidii di colpo, girandomi per vedere che avesse pronunciato quelle parole. A pochi metri da noi, subito dopo il corpo dell’unicorno trasportatore, un gruppo di sei soldati unicorni ci stava puntando delle pistole addosso, tenendole grazie alla levitazione.
“Ma guarda chi abbiamo qui”
Borbotto quello che sembrava essere il capo.
“Portateli in cella”
Due unicorni si avvicinarono minacciosamente.
“Anzi no”
Si fermarono voltandosi.
“Portiamoli da Hooves, sono sicuro che troverà un modo migliore per sistemarli”
Dopo un ghigno terribile, i due unicorni ci ammanettarono, mentre Spike urlava insulti.
“Bastardi figli di ffffmmm”
“Sta zitto!”
Lo imbavagliarono.
Venimmo scortati fino sulla piattaforma, precisamente di fronte al portellone della stiva dell’hellcat. Nonostante la situazione, ero determinata a recuperare i tubi di Zecora, a costo di far saltare l’intera base. Non posso nascondere che non fossi preoccupata, ma non quanto un normale pony sarebbe stato in quel momento.
Quando ci fermammo ci venne incontro…Derpy! Rividi quello sguardo di pura durezza e odio che mi fece rabbrividire una seconda volta. E lì cominciai a preoccuparmi seriamente. Cominciai a tremare, a sudare e a respirare affannosamente, mentre nella mia mente pregavo Celestia con tutte le mie forze. Quella pegaso era malvagia, l’avevo capito dallo sguardo. Ma non una malvagità normale: qualcosa che andava oltre il semplice omicidio.
“Oh ma guarda è quello stronzetto!”
Disse sorridendo malvagiamente Derpy Hooves.
“E’ ricercato da sei anni signora”
Si affrettò a precisare uno dei due unicorni che ci avevano scortato. Avevo un atteggiamento abbastanza nervoso e preoccupato.
“Lo so idiota! Sono stata io a mettere la taglia su quella stupida testolina”
Girò leggermente la testa fissandomi negli occhi. Un ennesimo brivido percorse la mia schiena, e le mie gambe cominciarono a tremare fortemente, ma cercai di trattenermi.
“E questa chi cazzo è?”
Alzò la zampa sinistra: un fascio di luce verdastra mi colpì in volto, accecandomi. Pochi secondi dopo la mia vista ritornò nitida, e potei vedere Derpy osservare lo schermo di uno strano aggeggio posto sulla sua zampa sinistra. Era uguale a quello che avevo visto sulla zampa di Snails alla capanna di Zecora.
“Non è schedata”
Mi scrutò ancora più profondamente, mentre il povero Spike continuava ad emettere urla soffocate dal bavaglio che gli era stato messo.
“Fate tacere quel figlio di buona giumenta, per Celestia!”
Un colpo secco sulla nuca e Spike cadde a terra nella polvere, svenuto. Non reagii, nonostante le sarei saltata addosso molto volentieri, ero completamente rapita da quel terribile pegaso grigio che continuava a fissarmi, ora con più curiosità che malvagità.
“Dove li avete trovati?”
“Dietro le casse vicino ai muri, signora”
“Avete idea da dove siano venuti?”
“No signora”
L’altra mi guardò accennando un espressione di sufficienza.
 “Fosse per me la farei giustiziare immediatamente, ma viste le leggi imposte dall’imperatrice…”
Si avvicinò a me prendendomi per il collo, facendomi quasi soffocare. Tentai di dimenarmi, ma le catene me lo impedivano.
“…dovremo incarcerarla fino a nuovo ordine”
Con una violenta spinta mi lasciò, facendomi cadere violentemente all’indietro. Rimasi qualche secondo a tossire cercando di ripristinare la respirazione, mentre la vista si annebbiava.
Si voltò verso Spike.
“In quanto a questo sacco di pulci, l’esecuzione avverrà domani mattina”
“Si signora”
I due unicorni con un saluto militare si congedarono trascinandoci con loro.
Poco dopo salimmo nel cassone di uno strano veicolo a ruote, che uno dei due unicorni chiamò ‘camion’. Una volta dentro, io e Spike venimmo ammanettati a delle apposite maniglie che fuoriuscivano dal telaio del cassone. Insieme a noi due vi erano altri quattro pony vestiti di stracci, svenuti. Almeno credevo e speravo lo fossero.
Poco dopo il camion si mise in moto. Marciammo per una ventina di secondi, mentre il cassone sobbalzava violentemente, facendomi sbattere più volte contro la parete.
“Ma che cazzo!”
Il camion sterzò violentemente con un rumore terribile, facendo un testacoda. L’autista urlò parecchie bestemmie contro Celestia mentre scendeva dal mezzo, dirigendosi verso un altro pony terrestre, ovviamente in bardatura. Non riuscii a sentire bene il dialogo fino a che i due non comparvero davanti al retro del cassone.
“…trovato tutto il plotone di sicurezza eliminato!”
L’autista sobbalzò guardando incredulo.
“T-tutto?”
“Assolutamente si! La zona ovest è completamente sgombra e senza protezioni”
“Avvisate immediatamente Hooves! Qui ci rimettiamo la pelle! Muoviti cazzo!”
Il pony di terra si mese a correre come un forsennato insieme alla sua piccola squadra. L’autista rientrò borbottando tra se e se nervosamente, rimettendo subito in moto.
“Cos’è successo?”
“Hanno fatto fuori tutto il plotone: a ovest è tutto sgombro!”
“Cosa?!”
“Esattamente. Questa situazione è troppo pericolosa, dobbiamo tornare indietro.”
Si girò verso di noi, tenendo sempre le zampe su quel cerchio che usava per direzionare il mezzo.
“Questi stronzi li sistemiamo dopo”
Il camion fece inversione, dirigendosi nuovamente verso il grosso hellcat. Poco dopo udii delle forti esplosioni nelle vicinanze, e dopo qualche urlo la sirena cominciò a suonare.
“Ci stanno attaccando!”
I due scesero dal camion lasciandoci incatenati.
“Fermi cazzo! Siamo qui”
Urlai, ma non servì a nulla: probabilmente ci avevano lasciato lì di proposito. Cominciò un frastuono assordante: un misto tra urla, spari, esplosioni e la sirena. Quel fracasso assordante mi fece stressare ancor di più mentre tentavo di staccare le manette.
“Forza…”
Bisbigliavo tra me e me, poi un boato fortissimo e un bruciore lancinante al fianco sinistro. Quando riaprii gli occhi il fianco bruciava ancora da morire. Mi girai per guardarlo, e vidi che avevo una forte ustione all’attacco della zampa posteriore sinistra, che scendeva per circa cinque centimetri. Le manette si erano rotte,  ma un anello era ancora chiuso attorno alla mia zampa. Il frastuono non era affatto cessato, e potei chiaramente vedere come il camion su cui ci trovavamo fosse esploso grazie ad un missile lanciatogli contro. Ritrovai Spike ancora svenuto: incredibilmente non aveva subito ustioni, e le sue manette erano scomparse.
“Spike! Svegliati! Ci uccideranno! Spike!”
Scuotendolo vigorosamente, il drago viola aprì gli occhi di colpo, come se avesse dormito.
“Uh…cos’è successo? Ma che cazz…”
Un missile colpì un altro mezzo vicino a noi, che esplose in mille pezzi.
“Porca giumenta! Leviamoci dalle palle!”
Urlò Spike, e subito dopo si mise a correre. Alzai la testa: sopra di noi svolazzavano decine di pegasi con delle tute rosse, ed occhiali da aviatore gialli. Erano tutti muniti di bardature, a cui erano agganciati dei lanciagranate e lanciamissili. La cosa peggiore e che sparavano come pazzi su tutto ciò che si muoveva o assomigliava ad un mezzo di trasporto! Le bardature sui fianchi avevano un simbolo, che però non riuscii a vedere a causa dei loro continui spostamenti.
Corremmo fino a rintanarci dietro la carcassa di un altro camion esploso. Il fracasso di esplosioni ed urla era assordante.
“Porca Luna! Come cazzo ce ne andiamo di qui?”
Urlò Spike mentre una scarica di proiettili colpiva i resti del camion dietro di noi. Mi aprii uno spiraglio tra i pezzi di ferro, e vidi chiaramente che le FAL stavano semplicemente correndo a destra e a manca tentando di colpire i pegasi, i quali li facevano fuori a gruppi di tre o quattro con granate e missili.
“Spike…”
Il fianco mi procurava un dolore lancinante, e avevo un forte mal di testa che peggiorava il tutto.
“Non…ah…non possiamo andarcene..gnn”
“Apple Bloom, il tuo fianco! Merda!”
Spike si avvicinò per guardare l’ustione, ma mi tirai indietro non appena mi sfiorò. Subito dopo un’esplosione un po’ troppo vicina fece spostare i grossi rottami del camion, che si spinsero indietro, mentre volavano pezzi d’asfalto. Spike si acquattò nuovamente dietro la carcassa del mezzo, bestemmiando ancora contro Luna.
“Spike non possiamo andarcene!”
Nel casino generale mi guardò con odio.
“Adesso basta! Mi hai fracassato i coglioni con questa storia. Qua rischiamo di rimanerci secchi! Se vuoi andare a morire fa pure, ma non contare su di me!”
Fece per rintanarsi nuovamente quando una granata cadde dietro la nostra barricata. Riuscii ad acchiapparlo al volo dalle squame in testa per lanciarlo lontano. L’esplosione mi fece volare in aria e atterrare una decina di metri avanti. Rimasi qualche secondo senza fiato e con la vista annebbiata: persino il dolore al fianco sembrava svanito! Poco dopo mi ripresi: il frastuono non accennava a diminuire, ma ora la battaglia si era spostata verso l’hellcat, dove le FAL continuavano lentamente a morire un pony dopo l’altro. Per quanto i militari fossero addestrati, l’arsenale di quei misteriosi pegasi era molto più potente.
“Coffcoff…ripensandoci…”
Disse Spike con voce rauca, ancora steso a terra.
“Penso sia meglio se ci guardiamo le spalle a vicenda”
Con un grugnito si tirò su.
“Dobbiamo riuscire a salire sull’hellcat”
Spike annuì rassegnato, sapendo che non sarebbe riuscito a farmi cambiare idea. Scrutai attentamente l’imponente fiancata sinistra del mezzo, riuscendo ad individuare un portellone sollevato sulla fiancata.
“Spike, possiamo entrare da quel portellone laggiù”
Il drago annuì e si chinò in posizione per fare uno scatto.
“Oook…al mio tre. Uno…due…”
Partii a razzo seguita a ruota da Spike, gettandomi nella confusione generale, tra cadaveri e rottami in fiamme. I pegasi per fortuna non ci dedicarono molta attenzione, essendo impegnati con le ancora numerose FAL che si erano ammassate quasi tutte davanti al portellone della stiva dell’hellcat. Raggiungemmo dopo qualche minuto la fiancata dell’incrociatore, dove appunto un portellone di servizio era rimasto sollevato. Arrampicandoci riuscimmo ad entrare all’interno dell’enorme macchina. Mi resi conto di essere in un condotto di manutenzione dall’enorme quantità di tubi sul soffitto e dai grossi pannelli pieni di interruttori sui muri.
“Ok…e adesso?”
Mi girai a guardare lo stupefatto draghetto che ammirava i grossi complessi meccanici dell’hellcat.
“Adesso recuperiamo i tubi di Zecora”
L’unica uscita da quella stanza era un corridoio stretto e buio, completamente rivestito di cavi, sia a terra che sul pavimento. Circa ogni una decina di metri erano presenti delle piccole lampade che emanavano una debole luce rossastra, rendendo il passaggio ancora più difficile. Dubitai persino che quello fosse un corridoio adibito al passaggio di pony. Spike era dietro di me.
“Ok senti…no sul serio cosa diavolo c’è di così importante in quei tubi da farci rischiare più volte di morire?”
Smise qualche secondo di parlare, per poi riprendere con un tono arrabbiato.
“Ehi! Se c’è roba di valore voglio almeno il 50%, intesi?”
Sospirai per l’ennesima volta.
“Spike non lo so nemmeno io cosa c’è in quei tubi. Porca miseria! E’ la ventesima volta che te lo dico!”
“Allora dammi una valida ragione per cui siamo qua dentro e stiamo rischiando la vita per prendere quei cazzo di tubi!”
Urlò. Mi girai faticosamente all’interno dello stretto corridoio, fissandolo irata. Anche lui mi fissava arrabbiato con un accenno di soddisfazione, prevedendo che non avrei saputo rispondere: era vero. Perché stavo facendo tutto questo? Perché non avevo auto un minimo di preoccupazione a tentare di entrare in un centro militare? Ero sempre rimasta in una specie di trance, determinata a recuperare quei misteriosi tubi di metallo, che l’intera realtà attorno a me era scivolata via. Era come se non avessi percepito nessuna emozione per tutto quel tempo, tranne nei momenti peggiori.
“Perché…perché…”
Feci un forte sospiro, calmandomi.
“Perché Zecora è morta. E’ stata uccisa perché quei luridi soldati potessero mettere gli zoccoli su quei tubi, e una come lei non meritava di morire.”
Sentii scendere una grossa lacrima lungo il mio viso. Quella zebra era stata una grande amica per me, e il rivederla dopo tutto quel tempo mi avrebbe potuto dare una grandissima gioia, ma per colpa di quei soldati, dovetti subire un’ennesima perdita ed un’ennesima amarezza. Ma non era solo questo. Zecora era una mia grande amica. Una delle più saggie creature che avessi mai incontrato…e loro si permettevano di portarmela via?! Di provocarle una morte così terribile?! Ormai il mio obiettivo non era semplicemente quello di riprendere quei tubi: era ucciderli tutti.
Non l’avrei mai detto fino ad allora, ma provai un fortissimo istinto omicida nei confronti di ogni singolo pony che indossasse quella maledetta bardatura. Fu automatico: mi girai e ripresi a correre, seguita ovviamente da Spike, per qualche altro minuto, finché non giungemmo ad una grata sul soffitto del corridoio. La spalancai, non curante del pericolo, e mi ritrovai in un corridoio sorvegliato da due militari
“Hei ferm…ah!”
Con un poderoso calcio sbattei il primo contro il secondo facendo svenire entrambi. Cominciai a frugare tra le loro bisacce, trovando una pistola.
“E’ una 10 millimetri”
Annuii compiaciuta. La presi con la bocca, e mi diressi minacciosamente verso la porta.
“AB che pensi di fare con quella?”
Posai a terra l’arma girandomi verso Spike prima di aprire la porta.
“Ucciderli. Tutti”
Spike rimase spiazzato a guardarmi anche un po’ impaurito da quella mia situazione, mentre io mi giravo riprendendo la pistola in bocca. Premetti un pulsante a muro con una zampa e la porta si aprì: dentro tre altri unicorni stavano appoggiati al muro fissando il vuoto. Non avendo ancora esperienza, tentai di prendere la mira e premetti il grilletto con la lingua, ma riuscii solo a fare un foro nel muro a circa un metro dal pony bersaglio. Come se non bastasse, il rumore dello sparo li destò tutti e tre, che urlando qualche imprecazione si acquattarono alle pareti cercando di far levitare i fucili attraverso la tempesta di colpi a caso che stavo sparando. Fui costretta a gettarmi a terra rotolando verso destra, quando i tre ricambiarono i colpi, riducendo a brandelli il muro dietro di noi.
Continuarono a sparare ininterrottamente, mentre io e Spike rimanevamo acquattati ai lati della porta. Poco dopo il fuoco cessò, ed uno dei tre si fece avanti attraversando la porta. Un forte botto e la testa dell’unicorno esplose in un enorme quantità di sangue che schizzò ovunque, mentre il resto del corpo cadeva privo di vita sul ciglio della porta. Soddisfatta mi preparai per sparare il colpo successivo. Gli altri due unicorni ripresero a sparare all’impazzata, vomitando piombo ai lati della porta: il metallo resse tutti i colpi. Poi avvenne una cosa che potrei definire un colpo di fortuna…o meglio una ‘botta di culo’ per essere precisi; non so quanto fossero basse le probabilità che accadesse, ma accadde. Un proiettile si diresse verso l’ormai scoperta parete di cavi elettrici, e si conficco in quello che dava alimentazione alle lampade delle due stanze.
 Improvvisamente fu il buio. I due accesero dei fiochi incantesimi di luce, e si avvicinarono lentamente alla porta, tenendo ben saldi i fucili d’assalto con la levitazione.
“Venite fuori brutti pezzi di merda!”
Urlò uno dei due. Spike fu velocissimo: mi strappò l’arma dalla bocca e si catapultò davanti alla porta sparando due colpi. Andarono tutti e due a segno. Nonostante il buio Spike riuscì a colpire le teste dei due, che vennero traforate letalmente. I corpi caddero senza vita con un tonfo sordo, nel buio totale.
“Non si vede niente!”
Urlò Spike da qualche parte nella stanza.
“Ci deve pur essere qualche sistema di luci di emergenza o robe così”
“Eh, trovalo tu al buio! Aspetta questo ha una torcia!”
Improvvisamente la torcia si accese, mostrando uno Spike sporco di sangue chino su uno dei due cadaveri davanti alla porta.
“Come l’hai trovata così in fretta?”
“Aveva la zampa vicina: la stava per prendere”
Spike illuminò le pareti del corridoio macchiate di sangue, fino ad individuare la porta dal lato opposto, ancora chiusa.
“Dove hai imparato a sparare così?”
Gli chiesi mentre lui mi passava la pistola con ormai solo due proiettili nel caricatore.
“Ci sono cose che non devi mai chiedere AB”
Detto questo si avviò verso il pannello di apertura della porta seguente. Fortunatamente non erano presenti guardie nella nuova stanza, bensì una scala portava ad un piano superiore. Giungemmo poco dopo al di sotto di una grata posta sul pavimento di un corridoio.
“Muovetevi! Sapete cosa dovete fare”
Mi acquattai girandomi e facendo segno a Spike di non fare rumore. Il suono dei passi era sempre più forte, finché un gruppo di pony non paso sopra la grata, superandola. Dopo qualche secondo si udì il rumore di una porta meccanica chiudersi. Sollevai la grata con una poderosa zoccolata, scagliandola dall’altra parte del corridoio, essendo stata avvitata a terra. Uscì guardandomi intorno: avevamo finalmente raggiunto la zona adibita al passaggio di pony, lasciando quella delle sale macchine. Si poteva notare come ora il corridoio presentasse delle finestre, da cui si potevano osservare gli innumerevoli mezzi in fiamme ed i cadaveri scomposti in mille pezzi qua e la. Le urla e le esplosioni erano ancora udibili, anche se soffuse.
“Ma chi diavolo sono quei pegasi?”
“Non ne ho idea”
Rispose Spike continuando a camminare velocemente lungo il corridoio.
“Stanno facendo fuori l’intera base, per Celestia!”
“In effetti non pensavo che quei bastardi fossero così facili da abbattere”
“Penso che per chiunque sarebbe facile abbatterli con un esercito di pegasi armati di lanciagranate e lanciarazzi”
“In effetti…”
Spike sbuffò accennando una risata. Improvvisamente si udirono di forti suoni di spari continuati.
“Mitragliatrici”
Disse il drago sempre camminando lungo l’interminabile corridoio.
“Hanno tirato fuori l’armamento pesante”
Passò ancora qualche minuto prima che raggiungessimo la zona di comando dell’hellcat, costituita da più camere che si affacciavano sulla parte anteriore del corpo centrale dell’incrociatore. La zona era divisa dal lungo corridoio da una porta rinforzata in acciaio, con al lato un pannello bloccato da una password. Tentai più volte di accedervi, ma ovviamente non riuscii a identificarla.
“Apriti porta del…”
Alcune esplosioni attirarono la mia attenzione sulla cima della torre, dove la lunga antenna stava venendo bombardata dai quei pegasi distruttivi.
“Spike…”
Si girò anch’egli a guardare, mentre l’enorme struttura si piegava su un lato con un terrificante cigolio metallico.
“Oh porc…”
Riuscimmo in tempo a tiraci indietro, prima che la grossa antenna della FAL tower si conficcasse lateralmente nell’hellcat. ‘Tagliando’ per almeno sei o sette metri. La massiccia porta di metallo che fino a pochi secondi prima chiudeva l’accesso alla zona comandi, ora era accartocciata come una lattina d’alluminio in fondo ad un buco, schiacciata sotto il peso dell’antenna.
“Discreto!”
Decretò Spike sarcastico mentre scavalcava il buco e si avviava verso il nuovo corridoio. Diedi un occhiata fuori attraverso il gigantesco squarcio: la battaglia continuava ad infuriare. I misteriosi pegasi erano riusciti a eliminare gran parte delle FAL, e dopo aver distrutto il loro supporto radio, si stavano dedicando alle altre centinaia di soldati che stavano uscendo in quel momento, pesantemente corazzati, da alcuni edifici lontani. Solo allora mi resi conto di quanto fosse grande il complesso militare.
La parte anteriore dell’hellcat, che era stata quasi tranciata via dal resto della struttura a causa della caduta dell’antenna, aveva resistito ai colpi e all’antenna, e stava perfettamente in equilibrio come se nulla fosse accaduto. Potrei anche dubitare che i pochi pony che vi erano all’interno si fossero accorti dell’antenna. Vedemmo chiaramente che le due sale di comando laterali erano vuote, mentre la centrale aveva la porta socchiusa, a causa del malfunzionamento del meccanismo. Improvvisamente la struttura cominciò a tremare, e la parte anteriore dell’hellcat si piegò in avanti con un lamento metallico.
“Mia Celestia…sbrighiamoci prima che ci crolli tutto addosso”
Annuii mentre ci avvicinavamo all’ultima porta socchiusa. Decisi di sbirciare attraverso per osservare la situazione: Snails e Hammer si trovavano dietro Derpy Hooves, che armeggiava con le strumentazioni e gli dava le spalle.
“Pegasi figli di buona donna! Hanno fatto fuori mezza base per Luna!”
“Chiamiamo supporto”
Propose Snails leggermente preoccupato.
“Quei bastardi hanno fatto saltare l’antenna, siamo isolati!”
“La radio dell’hellcat?”
“Questo aggeggio sta per esplodere! E’ tutto danneggiato o rotto!”
Si ricompose.
“Ad ogni modo, la vostra è una missione della massima priorità, pertanto vi ho preparato la scialuppa numero 5, andate e tornate a Canterlot”
Un’altra esplosione fece tremare la cabina, mentre l’ala sinistra dell’incrociatore minacciava di cedere.
Derpy si girò di scatto, con un’espressione di terrore.
“L’ala! Per Luna andiamocene di qui”
Si avviò verso la porta, velocemente.
“Ferma dove sei!”
La pegaso si irrigidì di colpo, non appena sentì lo scatto di un otturatore provenire dalle sue spalle. Hammer teneva con la levitazione una grossa magnum puntata su di lei.
“Se provi a fare un passo ti trasformo in uno scolapasta”
Snails si riprese dallo shock.
“Hammer ma che cazzo…”
“Ti ringrazio per il tuo aiuto generale Hooves”
Continuò Hammer con un accenno di sarcasmo.
“Ma ormai non sei più utile a questa situazione”
BAM
Sparò un colpo dritto nel ventre della pegaso, che urlò di dolore accasciandosi a terra.
“Figlio di puttana…”
Ansimò mentre gemeva in un lago di sangue.
“Hammer che cazzo ti è preso!”
Altri due colpi, questa volta in testa, per Snails. La testa del pony esplose in un getto di sangue e grumi di cervella che macchiò Hammer e gran parte della cabina di comando.
“Povero ingenuo…”
Borbottò fra se ricaricando l’arma.
Mi voltai verso Spike, che era rimasto di sasso difronte a quella scena. Diedi un calcio alla porta, con già la mia 10 millimetri in bocca, finendo nella stanza. L’unicorno azzurro si girò con non curanza, fissandoci annoiato.
“E voi due chi sareste?”
“Metti subito giù quella pistola!”
Urlò Spike minaccioso. Hammer si lasciò andare in una leggera risata. Un’ennesima esplosione più forte delle altre fece nuovamente tremare terribilmente l’intero hellcat, mentre l’ala sinistra penzolava pericolosamente a svariati metri di altezza dal terreno. Spike perse l’equilibrio cadendo a terra, a causa dell’improvviso terremoto.
“Sentite bambini, non so chi voi siate o cosa ci fate qua, ma vi consiglio di starne fuori e di andarvene immediatamente prima che le cose possano mettersi male”
Indicò con un cenno della testa l’ala pericolante.
“Dacci immediatamente quei tubi bastardo!”
Hammer si voltò dandoci le spalle, mentre armeggiava con un drappo bianco attorno alla zampa sinistra.
“Ve lo ripeto per l’ultima volta: andatevene finché siete in tempo”
Con un gesto secco tolse il drappo, rivelando uno strano marchingegno con uno schermo verde, simile a quello che indossava Snails alla capanna di Zecora. Si girò di nuovo.
“No? Bene!”
Sparò un colpo nella mia zampa, poco più in alto dello zoccolo. Caddi a terra in preda ad un dolore lancinante. Urlai con tutte le mie forze, bestemmiando copiosamente contro sia Celestia che Luna.
“Apple Bloom, merda!”
Spike corse subito a cercare di sorreggermi. Quel maledetto unicorno restò a fissarmi qualche secondo con un sorrisetto stampato sulla faccia.
“Come vedete non mi faccio scrupoli. Ora se volete scusarmi”
Qualcosa sullo schermo dell’apparecchio cambiò, e dalla bardatura di Hammer fuoriuscirono un paio di ali in metallo, munite di mini reattori. Accese  motori, ma con le ultime mie forze riuscii a mordere le sue bisaccie, strappandogliele di dosso. L’unicorno non se ne accorse e volò via, rompendo i vetri frontali dell’hellcat.
“AB stai bene?”
Mi chiese Spike chino su di me mentre mi osservava la ferita.
“P-penso di si”
Un’ennesima scossa annunciò una serie di terribili rumori metallici, che mi costrinsero a sollevarmi da terra.
“Merda, via!”
Spike mi diede una forte spinta facendomi cadere fuori dall’hellcat. In quell’istante l’ala sinistra cadde a terra: un’enorme esplosione causata dai serbatoi presenti in essa trasformarono l’hellcat in una palla di fuoco. L’ultima cosa che avvertì fu un forte calore dietro di me, e poi il buio.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


 Apple’s Creed
Capitolo 6
 
Mi risvegliai, investita dall’odore acre della fogna. Immediatamente fui percorsa da un fortissimo dolore proveniente dalla zampa anteriore destra. Urlai. Girandomi vidi Spike che con una tenaglia arrugginita teneva in mano un proiettile sporco di sangue.
“E siamo a due”
Borbottò ridendo, e con un gesto secco lanciò il proiettile nel canale fognario a pochi metri da noi. Il suono della sua caduta in acqua provocò un eco molto lungo.
“Scusami se ti ho svegliato, ma pensavo che togliertelo nel sonno fosse la cosa migliore”
La zampa faceva ancora molto male. Spike si chinò su di me per fasciarmela. Oltre a quella vidi altre svariate ferite in tutto il corpo, ed il fianco sinistro fasciato.
“Per le altre non posso fare nulla”
Terminò di fasciare la zampa e le bende si tinsero di un colore rosato.
“Non abbiamo abbastanza medicinali per curarle, così ho pensato a quelle più importanti”
Mi sollevai dolorante da terra e guardandomi attorno: eravamo in un punto imprecisato di un canale fognario buio. L’unica cosa che faceva luce era la debole e tremolante fiamma di una lanterna, accanto alla quale si trovava una cassetta del pronto soccorso vuota.
“Tu stai bene?”
Dissi con voce tremante.
“Beh non del tutto”
Mi mostrò svariate ferite sulle braccia e sul petto.
“Quella caduta dall’hellcat è stata rovinosa”
Mi spiegò che dopo essere saltato giù dall’hellcat, mi aveva caricato in spalla ed era entrato in un buco nel terreno dove prima si trovava un tombino.
“Adesso si staranno mobilitando le FAL di mezza Equestria per trovare il responsabile di ciò che è accaduto”
“Un bel casino”
“Già”
Spike sfilò la 10 millimetri dalla cintura. Controllandone il caricatore.
“Ad ogni modo, è meglio se restiamo qui per un po’. Vediamo di far calmare le acque prima di uscire allo scoperto”
Mi lanciò la pistola.
“Non ci sono più colpi nel caricatore, ho dovuto usarli contro un pegaso che ci stava seguendo nella galleria”
Detto ciò, si sedette sulla cassetta medica, che rispose con un forte lamento metallico. Rimase a fissare la fiamma della lanterna mentre ondeggiava. Nel mentre notai una sacca bucherellata, posta all’angolo del canale, lontana qualche metro da noi. Mi misi in piedi con un lamento e mi avviai zoppicando verso la misteriosa sacca. Si rivelò essere la sacca dove Hammer aveva messo i tubi di Zecora, con fortunatamente ancora i tubi all’interno. La trascinai dolorante vicino al fuoco, mentre Spike lo fissava come in trance. Mi sedetti stremata dai dolori che provavo alle zampe, ansimando.
“Pensi mai a com’era prima?”
Osservai il drago rimanere a fissare il fuoco davanti a me.
“Voglio dire…prima di Luna e dell’incendio. A come eravamo spensierati e liberi da una qualunque preoccupazione”
Accennò una risata malinconica.
“E’ incredibile pensare come tutto possa cambiare in così poco tempo. Un paese che non ha mai conosciuto la guerra, il sangue, l’odio…diventa in pochi anni il posto più spietato che si possa trovare in questo mondo”
Si girò verso di me con uno sguardo misto tra il preoccupato e l’arrabbiato.
“I pony sono diventati degli involucri vuoti, senza veri sentimenti, che non siano odio, avidità e disprezzo”
Strinse i pugni delle mani
“E tutto questo per quella maledetta principessa”
Cominciò a singhiozzare leggermente. Mi avvicinai a lui.
“Principessa? Principessa dei miei coglioni!”
Saltò in piedi di colpo, irritato come non mai.
“Giurò sul mio nome che la ucciderò. La ucciderò nel modo più brutale possibile, facendola soffrire in un modo inimmaginabile”
Si accasciò nuovamente sulla cassetta, riprendendo il controllo di se.
“Scusa”
Borbottò. Rimanemmo in silenzio circa un minuto mentre mi riprendevo dal dolore alla zampa.
Lo avrei consolato, sarei andata a mettergli una zampa sulla spalla, ma non potevo. Non potevo per due motivi. Il primo, perché avevo un terrificante dolore alla zampa che mi invalidava. Il secondo, perché non c’ero stata. Non avevo visto il decadere di Equestria, non avevo perso lentamente tutti i miei amici per rimanere sola e braccata dalla polizia. Il mio era stato un distacco molto più veloce e diretto. Aveva fatto male, certo, ma sono sicura, mai quanto quello che aveva provato Spike in tutto quel tempo. Quegli anni nella foresta mi avevano cambiata, tanto: ero diventata praticamente indifferente a tutto; mi erano bastati due cadaveri perché la morte e il ponicidio divenissero una cosa normale per me. Non avevo ucciso, ma ci avevo provato, e se non fosse stato per la mia inesperienza con le armi da fuoco l’avrei fatto. All’epoca non pensai a tutto ciò, ma mi concentrai semplicemente sul cercare di resistere al dolore alla zampa. Non lo diedi comunque a vedere.
Dopo quella lunga pausa, Spike si ricompose e si girò verso di me. Il suo sguardo cercava disperatamente qualcosa per rompere il ghiaccio una volta per tutte con quella faccenda.
“Ehi, hai preso quei cosi”
Si avvicinò chinandosi sulla sacca bucherellata. Ne tirò fuori uno, porgendomelo.
“Direi che è arrivato il momento di capire per cosa ci siamo battuti”
Lo presi e me lo rigirai tra le zampe. Tentai di forzarlo o di trovare un qualche punto svitabile, ma fu tutto inutile.
“Ma per Celestia!”
Urlai gettandolo a terra. Il tubo cadde con un tonfo sordo. Spike mi lanciò uno sguardo inespressivo mentre lo raccoglievo. Mi risedetti rimanendo una ventina di secondi immobile per riprendermi dal dolore.
“E finisce così?”
Spike si avvicinò strappandomi il tubo dalla zampe.
“Dai qua”
Rimase circa cinque minuti a rigirarselo tra le mani, borbottando frasi del tipo “è assurdo” o “non ha senso”. Alla fine si sedette nuovamente sulla cassetta. Si batté i palmi delle mani.
“Oh…Bene! Grandioso!”
Stava per esplodere nuovamente. Ma all’improvviso notai qualcosa di strano: una piccola macchia opaca ostruiva la totale lucentezza della superficie del tubo. Mi avvicinai incuriosita, e lo osservai meglio: in un punto era presente un piccolo cerchio opaco con delle strane fessure. Feci cenno a Spike di tacere e di avvicinarsi. L’altro scrutò con attenzione lo strano cerchio.
“E’ una serratura meccanica”
Tastò delicatamente le fessure.
“Sono utilizzate nelle cassette di sicurezza o nelle casseforti. Per aprirle è necessaria la rispettiva chiave”
“Ma dai…”
Borbottai io seccata. Spike si girò innervosito.
“Il punto è che non esiste un modo per forzare quest’affare: o troviamo la chiave o possiamo infilarcelo su per il…”
“Ok ok basta”
Il drago posò il tubo, andando a prendere gli altri due. Annuì dopo averli esaminati: tutti avevano una serratura di quel tipo nel medesimo punto.
“Com’è possibile che non esista un modo per scassinarle?”
Spike scosse la testa.
“Si dice ne siano in possesso solo le FAL. Non ne avevo mai vista una prima d’ora”
Sbuffai restando seduta a guardarmi la zampa fasciata. Presi nuovamente un tubo e osservai attentamente la serratura, formata da tanti archetti concentrici. Improvvisamente qualcosa attirò la mia attenzione.
“Spike guarda!”
Nel centro della serratura era inciso qualcosa. Con molto sforzo mi avvicinai al fuoco, e lessi ciò che era inciso grazie alla riflessione. Due lettere: B e M incise nell’acciaio.
“Big Macintosh!”
Ok, quello era strano. Perché mai due tubi di cui era in possesso Zecora dovessero appartenere a mio fratello?
Spike mi fissò incuriosito, per poi avvicinarsi. Gli indicai con lo zoccolo il punto da controllare. Il drago viola prese il tubo scrutando attentamente la serratura. Lo posò a terra dopo un paio di minuti.
“E’ sicuramente una cosa strana…”
Si sedette sulla cassetta.
“…ma non possiamo sapere se quelle iniziali siano veramente di tuo fratello”
Aveva ragione, ma non mi importava molto: era un motivo in più per scoprire che fine avesse fatto un membro della mia famiglia.
“Tentar non nuoce”
Dissi alzandomi con un sorriso dolorante stampato sulla faccia.
“Beh, nella situazione in cui ci troviamo, direi invece di si, ed anche molto!”
“Può darsi”
Dissi mentre osservavo la galleria fognaria perdersi nel buio.
“Ma non abbiamo altre  piste da seguire, o sbaglio?”
Spike si zittì, rimanendo a fissare la fiamma della lanterna. Ero sicura che egli sapesse perfettamente dove trovare un’informazione del genere: non per niente era stato a bazzicare nella malavita per diciassette anni.
Poco dopo il draghetto viola si alzò borbottando un “seguimi” e recuperando da terra la tenaglia e la cintura. Dopo aver preso la lanterna, ci incamminammo lungo un canale fognario per almeno un’ora, svoltando ogni tanto a destra o a sinistra. Non parlammo mai, fino a quando Spike non si fermò davanti ad una scala di ferro arrugginito che portava verso un tombino, posto sopra di noi. Il drago si arrampicò cominciando ad armeggiare con la tenaglia. Continuai a non dire nulla, concentrandomi solo a riposarmi e ad alleviare il dolore alla zampa, che comunque era diminuito molto rispetto a prima. Dopo un paio di minuti, il drago riuscì ad aprire il pesante tombino di ghisa, che sollevò poi con un grugnito. Lo seguii su per la scala, per ritrovarmi in un vicolo buio. La visibilità era scarsissima a causa della fitta nebbia che ci circondava, e nell’aria era presente un forte tanfo di pesce marcio.
“Estrema periferia di Ponyville”
Rispose senza che glielo avessi chiesto. Ipotizzai dunque che eravamo molto vicini al quartiere delle rane. Il mio dubbio venne soddisfatto quando uscimmo dal vicolo, per ritrovarci nella ‘strada’ principale: una lunga lingua di cemento crepato  ai cui lati sorgevano numerose baracche di lamiera, tenute in piedi da dei paletti di legno marcio. In fondo alla strada si poteva notare l’enorme stagno che si estendeva oltre la coltre di nebbia, sulle cui rive alcuni poveracci erano intenti a pescare. L’aria era scossa da numerose voci incomprensibili, urli e anche qualche sparo provenienti dalle baraccopoli.
Deglutii continuando a seguire il drago, che imperterrito attraversava la strada, ricambiando le occhiate che ci rifilavano altri pony appoggiati ai muri. Notai con orrore, che quasi tutti avevano una pistola e dei coltelli con loro. Ci infilammo dentro un labirinto di baracche, con centinaia di pony che sostavano all’esterno, mangiavano e dei puledrini che giocavano a palla in uno spiazzo d’erba secca. Notai, infine, alcuni pony coperti completamente da dei mantelli neri, chiusi in delle gabbie abbastanza lontane dalle baracche: il percorso che conduceva ad esse era sbarrato da dei tipi poco raccomandabili.
Continuammo a camminare fino a giungere ad una baracca leggermente più piccola delle altre: anche qui la porta era insolitamente sbarrata da due delinquenti, pesantemente armati di mitragliatori. Spike si avvicinò tranquillo: i due lo scrutarono.
“Siamo qui per vederla”
Una delle guardie estrasse un pezzetto di carta con la levitazione e lo porse a Spike insieme ad una penna. Il drago, dopo aver scritto qualcosa, lo riconsegnò alla guardia, che dopo averlo letto, fece un cenno d’assenso.
“Quella chi è?”
“Sta con me”
Rispose schietto Spike. La guardia mi fissò per qualche secondo prima di aprire la porta e fare un cenno, invitandoci ad entrare. L’interno era forse anche più annebbiato dell’esterno, a causa delle canne che altri pony armati stavano fumando. Ci fecero un cenno ed aprirono una botola, invitandoci a scendere. Spike entrò senza esitazione, seguito a ruota da me, che ero messa davvero in soggezione da quel luogo sinistro. La scala ci portò in una stanza interrata scavata direttamente nella pietra: lo spazio era invaso da innumerevoli casse, anch’esse sorvegliate da unicorni armati. Il labirinto sotterraneo si diramava verso destra e verso sinistra, mentre di fronte a noi si trovava una massiccia porta in metallo. La guardia bussò quattro volte. Una squillante voce femminile rispose.
“Avanti”
La porta si aprì con un cigolio metallico: si rivelò una stanza di pietra molto simile a quella precedente. Una grossa scrivania era posta in fondo, dietro la quale era seduta una pegaso dal manto grigio e la criniera bionda, del tutto simile a Derpy Hooves. Sulla destra un fuoco vivace ardeva nel camino.
“Oh Spike!”
Disse la misteriosa pegaso.
“E’ da molto che non ti si vedeva in giro”
Il drago ricambiò il sorriso, trasformandolo poi in un’espressione cupa.
“Immagino tu sappia ciò che è successo poche ore fa”
La pegaso annuì.
“Un bel casino, ma mia sorella se lo meritava”
Scese dalla sedia avvicinandosi a noi.
“Avevo in mente di farla fuori io…dopo che aveva tentato di sgominare la mia vecchia base”
Si fermò di colpo, fissandomi.
“Lei sarebbe?”
Spike entrò in confusione per qualche secondo.
“Oh si certo. Apple Bloom lei è Ditzy Doo: la più grande contrabbandiera di New Ponyville. Ditzy, lei è Apple Bloom, la sorella minore di Applejack”
L’altra si irrigidì improvvisamente.
“Intendi quella Applejack? Che arrestarono dopo l’incendio?”
Spike annuì. Ditzy Doo rimase a fissarmi per qualche secondo, poi tornò sorridente e gioviale.
“Bene, sicuramente sarà di ottimo aiuto nella situazione attuale, visto ciò di cui è stata capace la sorella”
Non ebbi il tempo di riflettere su quest’ultima affermazione, che Spike ribatté.
“Sai quindi ciò che è successo”
“Ogni singolo dettaglio”
Confermò fieramente la pegaso grigia.
“Sono o non sono la migliore informatrice di tutta questa dannatissima città?”
“Ho bisogno che tu mi dia delle informazioni su un pony”
L’altra tornò a sedersi, stiracchiandosi sulla sedia.
“Spike, sai che siamo in ottimi rapporti…”
Si girò verso di noi.
“…ma ogni cosa al giorno d’oggi ha un prezzo”
Il draghetto si bloccò in un’espressione seccata.
“Ditzy…sai che non tratto quella merda”
L’altra sbuffò.
“Oh come sei antico! Lo spleef e la moneta del domani”
Si girò a guardare una grossa piantina della città, posta nel muro dietro di lei.
“Ormai qualsiasi cosa si commercia con lo spleef. E tu sai che devo tenere un giro”
“Sono certo che esistano altri modi per ripagarti”
“Forse…ma non in questa città e soprattutto non in un momento di crisi come questo”
Batté uno zoccolo sulla scrivania e subito tre guardie armate di mitragliatori si presentarono nella stanza.
“Sono felice che tu sia venuto a farmi visita, Spike”
Disse con sufficienza.
“E vi ringrazio per aver messo una pietra sopra sul problema di mia sorella”
Scese dalla sedia, raggiungendoci.
“Ma se volete parlare d’affari, tornate quando sarete in possesso di merce da contrattare”
Detto questo, fece un cenno con lo zoccolo e i tre ci spinsero a forza all’esterno dello studio. Poco dopo, eravamo nuovamente nel canale fognario.
“Chi è la sorella di cui parlava?”
“Derpy Hooves”
Se in un primo momento l’idea che Ditzy Doo volesse la sorella morta mi era sembrata assurda e malvagia, adesso cominciavo a comprenderla un po’ di più.
Continuammo a camminare, ma per tutto il viaggio mi rimase impressa una sola domanda: cosa fosse lo spleef. Il perché non lo chiesi immediatamente a Spike, non lo so esattamente: la sua reazione con Ditzy Doo era stata così forte ed inaspettata che quasi mi spaventava riprendere l’argomento.
Continuammo a camminare per qualche ora, fino a che Spike non decise di fermarsi per una sosta. Posò la lanterna a terra e si sedette stiracchiandosi.
“Dove stiamo andando?”
Sospirò.
“A cercare un po’ di spleef”
Non servì chiedere spiegazioni.
“Droga. Molto pesante”
Si distese.
“Ho sempre voluto starne fuori, sia per i danni che fa sia per ciò che comporta essere beccati con quella roba”
“Droga?”
Spike si mise una mano sulla fronte. Ma quanto diamine si era sviluppata Equestria in quei soli diciassette anni?
“Le droghe sono delle sostanze stupefacenti, che alterano le percezioni e la forza del corpo”
Continuò, mentre restavo sempre più stranita.
“Ce ne sono vari tipi. Quelle che danno una forza maggiore, quelle che fanno ragionare meglio”
Fece una breve pausa.
“Ma lo spleef è la peggiore della peggiore categoria: le sostanze allucinogene”
Non servì altro: era ovvio che i pony, disperati com’erano, utilizzassero questi tipi di sostanze per cercare di alleviare un po’ la triste situazione.
“Il punto è che hanno degli effetti collaterali terribili, lo spleef in primis. Provocano danni celebrali fino a ridurti un vegetale, atrofizzano gli arti, rendono sterili!”
Si rimise diritto. Aveva un’espressione terribilmente seria.
“E le FAL sopprimono istantaneamente chiunque ne sia in possesso, per poi bruciarla”
E noi stavamo andando a prenderne “un po’”!? Mi lasciai scappare un “per Celestia”.
“Ma d’altronde…”
Disse il drago mentre mi appisolavo, stendendomi sul duro cemento.
“…non abbiamo altre piste da seguire, o sbaglio?”
Feci un ultimo sospiro prima che il sonno si impadronisse di me.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Apple’s Creed
Capitolo 7
Spike bussò al grosso portone di ferro che dava sulle fogne: quando si aprì mi investì il forte odore di inchiostro ed il ritmico rumore di macchine in sottofondo. La sala era piena di scrivanie, dietro le quali lavoravano svariate decine di pony. I muri erano tappezzati di cornici con all’interno articoli ritagliati da giornali: ne riconobbi persino alcuni che parlavano dell’incendio di Ponyville. In fondo si trovava un’ennesima porta, questa volta in rovere. Sul muro sulla destra era presente una grossa insegna fatta con delle lettere in metallo: “Foal Free Press”.
Attraversammo lentamente l’immenso studio, senza che nessuno dei tanti pony ci degnasse di uno sguardo, troppo impegnati a parlare tra loro e ticchettare sui luminescenti terminali. Notai come ognuna di quelle macchine avesse inciso un marchio della “N-P” sul fianco: le due lettere erano state incise con un carattere decisamente artistico, che dava l’idea di una firma veloce. Alcuni terminali avevano delle parti mancanti o delle grosse ammaccature, che mettevano in leggera difficoltà gli sventurati a cui capitavano.
Improvvisamente una porta in cima ad una rampa di scale posta dietro di noi si aprì ed una folla di giornalisti scese immediatamente nella sala: subito cominciarono a smistarsi tra le scrivanie, collegando macchine fotografiche ipertecnologiche e altri affari, simili a quello che aveva utilizzato Snails alla capanna di Zecora, ai terminali. Il trambusto creatosi ci invitò a muoverci velocemente, fino a raggiungere la porta in rovere. Spike bussò un paio di volte.
“Un secondo!”
Una voce matura e ben impostata rispose da dietro la porta. Nel mentre mi voltai ad osservare nuovamente l’immenso studio colmo di pony, fino a giungere con lo sguardo alla porta blindata d’acciaio che ci aveva fatto accedere alla struttura, la quale si era misteriosamente chiusa da sola. Non osai parlare, catturata dall’osservare i nervosi movimenti di quella densa folla, che nonostante il baccano, riusciva comunque ad essere perfettamente organizzata. Fu allora che notai che ogni terminale era collegato da un cavo abbastanza massiccio, ad un preciso punto della stanza nel quale si ammassavano tutti, dando vita ad un cavo gigantesco, di almeno due metri di diametro. Esso si dirigeva verso l’alto e poi all’interno della parete.
Finalmente la serratura della porta scattò alle mie spalle: mi girai e seguii il drago viola all’interno. Ci ritrovammo in un elegante ufficio, decisamente più accogliente di quello della contrabbandiera: sia il pavimento che il tetto erano in legno, mentre il muro era insolitamente costituito da uno strato di eleganti mattoni: ovviamente era privo di finestre. Dall’altra parte della stanza vi era un’elegante scrivania, anch’essa in elegante legno, su cui era presente, oltre a varie scartoffie, un terminale dal design decisamente migliore rispetto a quello degli altri pony: anch’esso aveva il marchio della N-P sul fianco del cassone. Seduto dietro la scrivania, vi era uno stallone abbastanza in carne, con una criniera arancione ed il manto azzurro; il suo cutie mark erano un paio di forbici. Aveva dei fogli tra le zampe, e cominciò a parlare continuando ad osservarli.
“Spike! Che piacere! Era molto che non ci ved…”
Alzò gli occhi, restando paralizzato con lo sguardo fisso su di me: i fogli caddero in parte sulla scrivania e in parte a terra, scivolando dalle sue zampe, che erano rimaste perfettamente immobili. Si rimise a sedere molto lentamente, non distogliendo mai lo sguardo da me: inutile dire che quella situazione mi mise parecchio in imbarazzo, e per poco non arrossii. Spike se ne stava di lato con le braccia conserte.
“E’…è…l-lei?”
Balbettò nervosamente, senza smettere di fissarmi. Spike annuì con la testa.
“Incredibile vero? Era scomparsa da parecchi anni…”
“APPLE BLOOM!”
Il misterioso unicorno mi si gettò addosso, abbracciandomi. Rimasi paralizzata, senza sapere cosa fare, mentre l’altro rideva e piangeva allo stesso tempo. Spike non si scompose per nulla, e si limitò ad esternare un sorriso fraterno. L’altro si staccò dopo un paio di minuti, mentre io dovevo ancora capire chi fosse.
“Sono così felice di rivederti! E’ passato tanto di quel tempo…credevo fossi morta!”
Mi fissò negli occhi: quello sguardo mi ricordò qualcosa, ma non riuscii ad identificarlo bene. La mia memoria era ancora misteriosamente bloccata. L’unicorno azzurro rimase una decina di secondi con un sorriso stampato sulle labbra in attesa di una mia reazione, che non arrivò. Si ricompose velocemente, guardandomi con fare serio.
“Non…non ti ricordi di me?”
Rimasi a fissarlo, cercando di ricordare.
“Apple Bloom…sono Snails, il tuo compagno di classe! Non ricordi nulla?”
Cercai di farfugliare qualcosa, ma non mi uscirono che dei balbetti.
“Celestia santissima…”
Borbottò l’unicorno, avvilito.
“Che fine hai fatto per tutto questo tempo?”
Sospirai sedendomi su una delle due poltrone poste difronte alla scrivania.
“Dopo l’incendio sono…sono fuggita nella foresta, ed ho vissuto lì…beh, praticamente fino a ieri”
Lo fissai dritto negli occhi.
“Molte cose di…prima…non le ricordo. Non so perché ma…sono come bloccata”
Rimase anche lui a guardarmi, per poi abbassare lo sguardo.
“Beh…in ogni caso…sono felice di rivederti e di sapere che stai bene”
Sospirò, guardando questa volta Spike.
“Ci serve spleef”
“No”
Rispose secco Snips: era incredibile come avesse cambiato atteggiamento in pochi secondi; la nuova vita lo aveva…plasmato. Come ogni altro pony…ovviamente.
“Non sarete anche voi fatti di quella merda?”
“Assolutamente no!”
Urlai io immediatamente, come offesa da quell’affermazione.
“Ci serve, e basta”
Precisò Spike, molto fermo e sicuro di se. Non capivo bene il perché non volesse confidare nulla nemmeno a Snips. L’altro scosse la testa in segno di disapprovazione.
“Ci serve per pagare un pegaso”
Snips si girò verso di me incuriosito; dallo sguardo che mi fece Spike…beh penso che mi avrebbe volentieri sparato in testa.
“Dobbiamo ottenere delle informazioni su mio fratello”
L’unicorno azzurrino rimase a fissarmi pensoso per qualche minuto, finchè non cedette sospirando.
“In effetti ho in mente qualcosa che potreste fare…”
Tornò alla scrivania e picchettò qualcosa sul suo terminale: dalla parete posteriore uscì uno schermo che visualizzava una mappa della struttura fognaria di Ponyville.
“Di recente abbiamo avuto segnalazioni da vari cittadini riguardo a misteriose apparizioni di teste di metallo, nonostante la chiusura della zona sud-ovest”
La mappa si ingrandì su un particolare punto, che si colorò di rosso. Snips si girò verso di essa.
“Analizzate le segnalazioni, i nostri tecnici hanno formulato un’accreditata ipotesi, secondo la quale ci sarebbe un nido di quegli esseri schifosi in questa giunzione, in fondo al canale 135”
Si sedette sulla poltrona da ufficio, facendo volteggiare una matita con la levitazione.
“Il vostro compito e andare la e scattare delle foto per accertarvi della presenza o meno delle teste di metallo”
“Non mi pare sia così difficile”
Snips sbuffò.
“In teoria non lo è…”
Pigiò dei tasti sulla tastiera, senza smettere di fissarci.
“…ma lo diventa se si prende in considerazione ciò che c’è prima”
La mappa si rimpicciolì un po’, mostrando delle bande rosse lampeggianti su ogni canale che raggiungeva il punto visto prima.
“Le FAL hanno messo delle postazioni di sorveglianza in ognuno di questi canali. Le telecamere di sorveglianza coprono ogni singolo punto”
Premette un tasto e lo schermo rientrò nel muro.
“In parole povere, dovremo menar gli zoccoli?”
Snips accennò un sorriso.
“Mi fa piacere che tu abbia subito capito come funziona il mondo oggi Apple Bloom”
Spike ridacchiò. Quell’affermazione mi lasciò alquanto interdetta, ma non ebbi il tempo di pensarci, che subito Snips premette un pulsante su un altro apparecchio, che cominciò ad emettere dei bib, fino a quando non giunse la voce di un altro pony.
“Stanno arrivando un drago viola ed una pony, vedi di armarli per bene”
L’altro rispose affermativamente e Snips tornò a sedersi sulla poltrona.
“Non posso accompagnarvi, ho delle faccende molto urgenti da sbrigare”
Premette un tasto e si aprì la porta alle nostre spalle.
“Vi basterà scendere le scale là in fondo”
Annuii. Snips si avvicinò a me.
“Spero ritornerai presto, Apple Bloom”
“Eh, si…certo”
Spike sbuffò infastidito, facendo riprendere Snips.
“Già! Non c’è tempo da perdere!”
Ci invitò ad uscire.
“Prima tornerete, prima avrete lo spleef”
Mentre varcavamo la soglia, un giornalista corse a razzo all’interno dell’ufficio.
“Capo! Ho una notizia sensazionale! Ieri l’intera base delle FAL è stata messa in subbuglio un’altra volta dai pegasi, ma con l’aiuto di un drago viola e di un pony paglierino!”
Non lo vidi, ma posso immaginarmi la faccia di Snips.
“Ma che ca…”
Non potetti sentirlo, dato che la porta si richiuse da sola. Risi sotto i baffi.
L’armeria del Foal Free Press era un luogo buio e umido, situato al di sotto della redazione. Al suo interno l’unica fonte di luce era la saldatrice utilizzata da un unicorno, il cui colore del manto ora mi sfugge, a causa del continuo buio e dei lampi di scintille. Parlò pochissimo; quel tanto che bastò a farci avere il nostro equipaggiamento: una semplice pistola semi automatica con qualche caricatore. Non che vedessi enormi mitragliatori appesi ai muri, ma mi stupii di un armamento così scarno. L’altro ci liquidò molto velocemente, consegnandoci una mappa dei canali fognari e sbattendoci il grosso portone di ferro in faccia.
Percorremmo quei bui canali per qualche ora, parlando poco o nulla: intrattenere un dialogo con Spike si stava rivelando molto difficile; tagliava subito le conversazioni con risposte sillabiche e spesso fingeva di non sentire ciò che dicevo. Quel povero draghetto era cambiato, tanto, troppo.
Continuammo a muoverci sotto la città seguendo la mappa fornitaci, fino al raggiungimento di un incrocio, dove Spike mi fece cenno di acquattarmi e star zitta. Si sporse per qualche secondo con la testa, scrutando nell’apparente oscurità. Si voltò subito dopo facendomi cenno con la mano violacea di avvicinarmi. Dopo essermi sporta vidi chiaramente che in fondo al lungo canale buio vi era una forte luce biancastra che impediva di scorgere ciò che vi era in fondo. Tornammo indietro di una ventina di metri, prima che Spike incominciasse a parlottare, mentre fissava l’angolo.
“Seguimi”
Mi passò una delle due pistole che fino a quel momento aveva tenuto lui, per poi fare cenno di tacere e seguirlo. Mi resi conto del perché avesse ripetutamente fatto cenno di stare zitta quando cominciò ad immergersi nel canale fognario, il cui odore continuava, anche se meno intensamente, a provocarmi dei leggeri conati di vomito.  Malgrado i miei tentativi di dissenso, fui costretta ad immergermi in quell’orrore fatte liquido. Cominciammo così a camminare verso la fonte di luce in fondo al canale, quasi totalmente immersi in quella melma orripilante. Giurai di fargliela pagare una volta usciti da lì.
Dopo circa cinque minuti potei vedere chiaramente che il canale era sbarrato da una parete di lamiere, alla sommità della quale si era ricavata una finestrella. Non riuscivo a vedere all’interno di essa, dato che la zona era inondata di una fortissima luce da due potenti riflettori posti ai lati della parete. Spike si fermò ancora nell’oscurità, a pochi metri dal raggio massimo dei riflettori. Mi fece cenno di immergermi, e così feci. Continuammo a camminare, molto lentamente, acquattati sul fondale ricoperto di muschio del canale fognario; man mano che ci avvicinavamo riducevamo sempre più la nostra velocità, fino a giungere ai piedi della parete. Fuoriuscimmo silenziosamente, con la schiena appoggiata alle lamiere arrugginite, cercando di non far emettere il più minimo scricchiolio. Le nostre ombre erano relativamente piccole, e si sperava, difficili da notare se qualcuno si fosse improvvisamente affacciato. In effetti…ora che ci pensavo, non si era udito alcun rumore dall’altro lato della barriera, ma pensai ad una qualche tecnica militare. Dopo circa un minuto di totale silenzio, decidemmo di sbirciare dalla finestrella, tenendo ben salda la pistola nella bocca. Mi sporsi lentamente, fino a che ciò che c’era al di là della barriera non si mise a fuoco davanti ai miei occhi: sobbalzai per un misto di sorpresa ed estremo disgusto, facendomi cadere nell’acqua putrida della fogna, mentre Spike, spaventato dalla mia reazione, aveva estratto la sua arma preparandosi al peggio. Finii per vomitare nella fogna dopo ciò che avevo visto, spiazzando Spike che corse a controllare a sua volta arrampicandosi. Anche lui non rimase per molto a guardare quello scempio, ma non cedette alla nausea tornando a terra borbottando robe incomprensibili. Mi feci coraggio rimanendo in apnea e scavalcai la finestrella entrando in quell’inferno: pareti, tetto e pavimento erano completamente coperti di sangue e pezzi di carne, mentre a terra giacevano i corpi di svariati soldati, tutti rigorosamente squartati fino alle ossa. Nel tappeto di sangue figuravano delle impronte di pavimento pulito che davano delle forme di zampe grosse e lunghe, apparentemente con poderosi artigli.
“Mia Celestia…”
Borbottò Spike sempre più stupito. Le pareti erano piene di poderosi graffi profondi anche qualche centimetro. Fu allora che cominciai a pensare che forse ci eravamo andati a infilare in qualcosa leggermente più difficile di quello che pensavamo.
“Spike…”
L’altro mi bloccò immediatamente, già sapendo ciò che avevo intenzione di dire.
“Ehi! Lo vuoi ritrovare tuo fratello o no?”
Quella domanda, seppur concisa e priva di chissà quale significato, mi riportò a ragionare. Spike fece un grosso sospiro chinandosi su uno di quei corpi devastati.
“E comunque il sangue è molto secco. Sarà successo minimo sei ore fa”
Si rialzò.
“Ormai potrebbero essere ovunque”
Mi girai, osservando il fortino in lamiera. Sulla parete opposta a quella dove ci trovavamo era stata posta una grossa console con svariati schermi sopra di essa. Capii che si trattava del controllo delle telecamere. Oltre ad avere la console distrutta, l’apparecchio riportava tutti gli schermi delle accozzaglie informi di punti e linee grigiastri che si muovevano in continuazione e producevano un brontolio soffuso parecchio fastidioso.
“Ma non è possibile”
Mi girai per vedere nuovamente Spike chino sui cadaveri.
“Manca il tecnico addetto alle telecamere: questi sono solo tre”
Subito dopo udii una specie di bip e il brusio si interruppe per lasciare il posto ad un violento ruggito che, seppur di basso volume, mi fece sobbalzare. Mi girai per vedere che uno degli schermi si era riattivato, e in esso una lunga coda artigliata strisciava sul pavimento del canale. Spike si avvicinò ad una leva e tentò lentamente di muovere la telecamera, ma il rumore del movimento non fu abbastanza silenzioso da non allertare il mostro: i suoni gutturali divennero sempre più forti, finché con un ultimo botto lo schermo esplose nuovamente in un ammasso di punti e linee. Rimanemmo impietriti a fissare gli schermi mentre questi continuavano a mostrare quell’impasto grigiastro. Dopo aver deglutito rumorosamente, Spike cominciò ad ispezionare gli armadietti adiacenti alla console.
“Le telecamere di una di queste stazioni non hanno un raggio molto ampio”
Mi girai, osservando uno per uno i corpi smembrati dei poveri soldati: effettivamente mancava uno i cui vestiti dessero l’aspetto di un tecnico in grado di gestire le telecamere. Tuttavia notai una lunga striscia di sangue che partiva dalla chiazza centrale e si dirigeva fuori dal capanno, ma dal lato opposto da cui eravamo entrati. La indicai con la zampa a Spike, che cominciava a mostrare i primi segni di instabilità.
“Beh, siamo nella merda”
Disse battendosi i palmi delle mani.
“A questo punto tanto vale proseguire “
Accennò una risata mentre prendeva un mitragliatore dall’armadietto. Me ne passò un altro uguale, preso da un altro armadietto. Gli feci notare che, non avendo la magia, ero impossibilitata ad utilizzarlo, ma mi disse comunque di tenerlo, per sicurezza.
Ci avventurammo nel canale dietro il fatiscente posto di blocco, cercando di seguire quella traccia di sangue. Dietro la barricata i segni del passaggio di quei mostri erano ben chiari, ma non mi spiegavo come mai non lo fossero dall’altro lato, nonostante avessero superato la barricata senza nessun problema. Ben presto ci rendemmo conto che la traccia di sangue lasciata dal tecnico seguiva la stessa direzione per il nostro obiettivo.
“Ci sono dei segni di lotta qui. Guarda i proiettili nel muro”
 Spike mi indicò svariati fori di proiettile nella parete fognaria.
“Quindi le FAL sapevano che c’erano teste di metallo qua dentro”
“Ma se ne sono accorti troppo tardi”
Lanciai uno sguardo indagatore a Spike che continuò a camminare rasente il muro, controllando la mappa.
“Pensaci un attimo…”
Si girò a fissare il muro.
“Non ti sembra assurdo che le FAL, sapendo di aver a che fare con quegli affari, abbiano innalzato difese così scarne?”
Diede due colpi con le nocche sui mattoni, che risuonarono echeggiando: dietro c’era qualcosa.
“Loro non erano qui per tenere dentro le teste di metallo”
 Si chinò per terra raccogliendo un pezzo di mattone scheggiato.
“Erano qui per tenere fuori i pony”
Detto ciò comincio a martellare pesantemente contro la parete di mattoni, che pian piano cominciò a cedere. Dopo circa un minuto un pezzo di muro cedette completamente, invadendo l’aria di una fittissima nube di polvere. Tossii più volte prima che la nube si diradasse e potessi vedere ciò che i mattoni nascondevano: un corridoio con pareti e tetto in acciaio, alla fine del quale si trovava una porta sfondata. Spike si asciugò la fronte soddisfatto, mentre io ero ancora sbalordita.
“Siamo esattamente nel punto contrassegnato dalla mappa”
“Ma…come hai…”
“Ho fatto una prova”
Rispose Spike secco.
“Ed ha funzionato”
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Apple’s Creed
Capitolo 8

Osservai la calce ancora fresca attaccata ai mattoni che Spike aveva buttato giù: era ovvio che
quella parete fosse stata eretta molto poco tempo prima. L’intero corridoio nascosto presentava
deformazioni a forma di zampe e lunghe artigliate, per poi terminare con quella porta di ferro
incrinata e sfondata. Avvicinandomi notai come fosse stata estratta dal basamento, strappando una
moltitudine di cavi e alcuni pistoni. Sulla parte ancora integra della porta si poteva leggere
 
SETTORE 1-5

Senza dire nulla scavalcammo i resti della porta per ritrovarci in una stanza completamente buia.
Spike accese la torcia mormorando di fare attenzione mentre si incamminava nel nuovo ambiente,
illuminandolo. Alle pareti erano fissati decine di apparecchiature prive di energia e strumenti
scientifici. 

“Co…cos’è questo posto?”

La risposta fu lo scatto di un grosso interruttore trovato da Spike sul muro: l’intera stanza si
illuminò, mostrando una parete a vetri, tramite la quale era possibile vedere ciò che era scritto sul
muro della stanza adiacente.
NEURONPON INDUSTRIES

Il volto di Spike si contrasse in un’espressione di stupore.

“Non può essere…”

Si avvicinò alla vetrata calpestando dei pezzi di metallo strappati dalle pareti: anche qui si poteva
notare chiaramente il passaggio di esseri poco raccomandabili. Puntò il dito leggermente tremante
verso il muro.

“Se quella roba non l’ha scritta uno di quei mostri, direi che ci troviamo in un laboratorio della N-P
praticamente vergine”

E così era quello il nome della misteriosa fabbrica di terminali. Prese in mano una delle tante
apparecchiature ancora intatte dopo il passaggio delle teste di metallo.

“Con tutta questa roba potremo farci un bel po’ di grana”

Lo lasciai a raccogliere quegli affari mentre osservavo un po’ in giro quel misterioso bunker.

“Ci credo che quegli stronzi volessero tenere nascosto un posto così: guarda che roba!”

Mi sventolò davanti un groviglio di cavi elettrici collegati a strani arnesi di metallo. Li abbassai con
una zampa guardandolo con aira severa.

“Sbaglio o dovevamo trovare delle teste di metallo?”

Sbuffò acconsentendo, ma non prima di essersi riempito le tasche di strane tessere verdi piene
pezzettini di metallo. Scossi la testa.“La Neuronpon era la più grande fabbrica di apparecchiature elettromagiche d’Equestria” 
Spike parlava seguendomi a ruota mentre io ispezionavo le altre stanze. Osservai il laboratorio
ridotto ad uno stato pietoso.

“ERA…appunto. Che diamine è successo poi?”

Spike si strinse nelle spalle.

“Nessuno lo sa. Da un giorno all’altro non ci furono più consegne ai negozi e non si ebbero più
notizie”

Un tubo si staccò scricchiolando e cadde con un tonfo sordo sul pavimento. Facemmo un salto
indietro.

“Che siano passati di qui è ovvio”

Mi indicò la parete di fronte a noi sporca di sangue.

“Il punto è capire quando”

Rabbrividii al pensiero di qualche povero pony rimasto la durante l’assalto, ma d’altronde quel
sangue da dove doveva provenire?

In ogni caso faceva davvero uno strano effetto camminare per quelle misteriose stanze piene di
chissà quali tecnologie che la nuova Equestria aveva creato. Più il tempo passava più la mia mente
si intasava di altre domande sulla sorte dei miei amici, su quella di Ponyville e su ogni altra cosa mi
capitasse a tiro e non riconoscessi: ero ancora lontana dal comprendere quel nuovo e strano mondo
che mi avrebbe radicalmente cambiata. 

Mi fermai di fronte ad una porta chiusa in preda ad un forte mal di testa, mentre Spike tendeva le
orecchie a dei possibili e soprattutto sospettabili rumori, che però non si fecero sentire. Il draghetto
mi spinse delicatamente accanto alla porta, e cominciò ad esaminarla. Appoggiò la mano su uno
schermo impolverato al lato, ed immediatamente si aprì.

Ci ritrovammo in quello che probabilmente era stato un ufficio: il pavimento era invaso da delle
mensole di ferro rotte e da fogli di ogni grandezza e le pareti erano classicamente piene di graffi
profondi; in fondo capeggiava una scrivania spezzata a metà. La debole e traballante luce del
corridoio non permetteva di vedere fino in fondo, e fui costretta ad avviarmi nell’oscurità insieme al
draghetto viola.

Lo spettacolo peggiorò esponenzialmente quando giunsi alla fine della stanza e accesi la mia torcia:
sobbalzai alla vista della parete imbrattata di sangue, e dell’orrendo cadavere che vi giaceva ai
piedi. Se i corpi dei soldati erano stati raccapriccianti…beh, quello era davvero qualcosa di assurdo:
riconoscerlo sarebbe stato impossibile, visto che praticamente della testa non era rimasto più nulla
di integro…e di certo l’orribile odore non aiutava.

Mi venne immediatamente la nausea, che riuscì a trattenere per miracolo voltandomi e
allontanandomi un po’; Spike, avendo già capito, si coprì pietosamente il naso con un lembo della
maglia e diede uno sguardo prima di tornare anche lui visibilmente disgustato.Dopo qualche imprecazione in preda alla nausea, Spike sollevò da terra uno dei tanti fogli
leggendolo attentamente.

“Sono rapporti di spedizioni minerarie”

Ipotizzai fossero per raccogliere i materiali di assemblaggio. Mi avvicinai nuovamente alla
scrivania, e vidi in mezzo al sangue una forma strana. Lo raccolsi preoccupata di ritrovarmi tipo con
un rene in mano, ma per fortuna si rivelò essere una scatoletta ovale di metallo.

“Uh un registratore! In queste fabbriche li usavano molto per archiviare velocemente i dati sulle
produzioni, le vendite e altre cose così. Potrebbe fruttarci un bel po’ se contenesse qualche cosa
interessante”

Senza pensarci due volte Spike lo prese dal mio zoccolo posandolo al centro della stanza: premette
delicatamente la parte superiore e con un cigolio strozzato il coperchio si aprì. Ne uscì fuori un
minuscolo affarino di metallo somigliante ad un tubò che proiettò immediatamente sul muro una
schermata di colore blu. Una scritta in caratteri bianchi recitava:
Registrazione nr.275698
Data non disponibile
Registrazione non archiviata, si prega di registrare il file il prima possibile

 
Subito dopo l’immagine perse la chiarezza di prima e cominciò a tremolare: il pony che comparì
sullo schermo mi fece pietrificare di colpo a fissarlo. Aveva un’espressione preoccupata e respirava
affannosamente.

Qui Big Macintosh, rapporto top secret per l’MC.

Si girò compulsivamente su se stesso, per poi tornare alla posizione normale.

Posso ufficialmente dire che il progetto è stato completato! Qui a Ponyville è arrivato solo ora, ma
negli altri centri già lo stanno utilizzando da tempo.


Inarcò le sopracciglia.

Tuttavia la situazione militare va sempre peggiorando: le FAL controllano ogni cosa ormai, e non
posso più garantire nessuna sicurezza.


Si sentirono delle urla provenire da qualche parte all’interno del video, e mio fratello pareva sempre
più preoccupato.

Ho dato il pacco a una zebra: vi potete fidare di lei. Vive nella foresta, vi allego le coordinate con
un file a questo video. 


Fece un forte sospiro.

Sono due tubi di acciaio con serratura meccanica a sestuplo scatto, le chiavi si trovano nella
cassetta di sicurezza 127 al municipio. Massima priorità, ripeto: massima priorità! E’
fondamentale che il pacco arrivi a Las Pegasus il più presto possibile. E…Ancora una volta si girò compulsivamente.


Le urla si facevano più vicine e dalla sua fronte
colavano gocce di sudore.

E mettetemi immediatamente in contatto con S. La mia posizione qui è davvero in bilico, non posso
restare a Ponyville per molto ancora.


La porta si spalancò di colpo, e una voce maschile vagamente familiare risuonò urlando.

Per Celestia Mac, quei figli di puttana hanno superato…

Sentii l’individuo galoppare via, e poco dopo l’urlo agghiacciante di quel pony ritornò a scuotermi
nel profondo.

Fermo dove sei lurido stronzo!

Derpy Hooves avanzò con cautela tenendo un mitragliatore puntato alla testa di Big Macintosh e
seguita a ruota da altri due pony. Il massiccio pony rossastro fissò un’ultima volta la telecamera con
uno sguardo omicida e raccolse con lo zoccolo una lama sul lato della scrivania.

Gloria a Celestia!

Fu un attimo: Big Mac si lanciò con la lama in mano verso il collo di Derpy, ma uno dei due soldati
sparò un assordante colpo di fucile, che scaraventò il corpo ormai senza vita del pony verso la
scrivania che si ruppe, facendo cadere a terra la telecamera. Il destino volle che cadesse esattamente
con l’inquadratura verso il corpo di mio fratello, che già stava inondando di sangue il pavimento. Le
lacrime e la disperazione mi invasero, realizzando finalmente di chi fosse quel cadavere distrutto
dietro la scrivania. Abbassai lo sguardo per al massimo un secondo, dato che quell’orrenda voce si
fece nuovamente sentire.

No!

Derpy si precipitò su Big Mac, cercando segnali di vita. Poco dopo si girò con uno sguardo carico di
odio verso la porta fuori campo.

Maledetto idiota l’hai ucciso.

Mi immaginai l’espressione di quel pony che indietreggiava. Mentre Derpy scompariva dal campo
della telecamera.

Io…signora stava per ucciderla!

Una zoccolata incredibilmente forte si udì insieme al suono di ossa rotte e di un altro agghiacciante
grido.

Grandissimo figlio di puttana! Davvero pensi che sia in grado di resistere ad un patetico attacco
come quello?


Nel frattempo continuavano ad udirsi urla e spari lontani.

Ci avrebbe fornito delle ottime informazioni su questa storia.

Come dobbiamo procedere signora?


La terza voce era sicuramente quella dell’altro militare. Sentii Derpy sospirare e riprendersi da quel
terrificante attacco di rabbia.

Non vale la pena portarsi quel pezzo di carne dietro: sarebbe solo una prova in più da eliminare.
Sentii i passi risuonare sul pavimento e la voce della pegaso grigia farsi sempre più lontana.
Era l’unico aggancio decente, non resta che sigillare questo posto. Trovatemi una radio: ho
bisogno di parlare con il generale Trixie.


Improvvisamente il video che era sempre rimasto sull’orrenda immagine del corpo martoriato di
mio fratello, cambiò in una schermata nera.
Memoria disponibile terminata
E’ necessario scaricare i file già presenti sul sistema per effettuare una nuova registrazione

 
La telecamerina si richiuse da sola con lo stesso leggero stridio metallico di prima, e la stanza calò
quasi completamente nel buio.

Per un tempo che non saprei definire, l’unico rumore fu il picchettare della torcia di Spike, mentre
noi due rimanevamo fermi. Il drago si girò a guardarmi, mentre io ero ancora a fissare quel punto
della parete, come se ancora ci fosse qualcosa proiettato. Non saprei definire la quantità e la
diversità di emozioni che mi assalivano in quel momento: rabbia, tristezza, paura, disperazione,
dubbio…mio fratello era morto. Morto! Non ci sarebbe stato più! Non lo avrei più visto arare i
campi con la sua poderosa forza, non l’avrei più visto tirare fuori dai guai me e le mie amiche, non
l’avrei più sentito pronunciare quei suoi “si” e “no” che risuonavano di possenza, convinzione e
sicurezza…no: tutto ciò che rimaneva di quel grande pony…era proprio come aveva detto Hooves:
un pezzo di carne.

Lentamente, e con incredibile sforzo, uscii da quella terribile stasi e lentamente raccolsi la capsula
della telecamera. Spike mi osservava senza dire nulla, illuminandomi con la torcia mentre posavo
l’oggetto in uno spazio non invaso dai detriti. Staccai una sbarra di metallo da una delle tante
mensole cadute. Restai in quella posizione per sicuramente per quasi un minuto, mentre Spike mi
illuminava con la torcia, perso in chissà quali pensieri. Devo in effetti soffermarmi su Spike, e su
come quel drago mi abbia sempre rispettata: non che avesse avuto un legame così stretto con Big
Mac, e comunque dopo aver visto ciò che aveva fatto non pensavo più che concepisse tanta pena
per la morte di qualcuno. Tuttavia, in quel silenzio rispettava mio fratello, e rispettava soprattutto
me. Era il suo modo di scusarsi, o forse di pregare…ma non saprò mai cosa si celava nella sua
intricata e distorta mente durante quei lunghi momenti.

Improvvisamente la rabbia prese il sopravvento, e cominciai a battere violentemente la sbarra sulla
capsula. Ad ogni colpo il suono metallico riecheggiava forte fuori dai corridoi, ad ogni colpo la
capsula cedeva sempre di più…e ad ogni colpo delle amare lacrime scendevano copiosamente dal
mio viso. Ben preso, il piccolo strumento cedette totalmente con una piccola fiammata di scintille, e
quell’orrendo filmato andò perso per sempre.Mi accasciai a terra continuando a piangere, ma poco dopo Spike mi raggiunse a piccoli passi,
poggiandomi una mano sulla spalla. Lo fissai: il suo sguardo freddo ma allo stesso tempo pieno di
sentimenti di bloccò. Nei suoi occhi vidi quanto aveva sofferto da solo per tanti anni, non sapendo
che fine avesse fatto la sua unica più grande amica.

“Andiamocene da qui”

Sibilai. Spike annuì semplicemente aiutandomi ad alzarmi. Una volta in piedi feci un forte sospiro,
chiudendo gli occhi per riprendermi. Ma fu li che mi accorsi che il peggio doveva ancora venire.
Sin da subito cominciai a sentire degli echi lontani…come dei colpi sul metallo, che aumentavano
sempre di più di intensità. Aprii gli occhi in preda al panico, fissando Spike.

“Oh mia Celestia sono qui!”

Uscimmo immediatamente da quell’orribile tomba ripercorrendo come dei forsennati i nostri passi.
I suoni, ormai a pochi metri da noi, erano alternati da lievi ruggiti. Sentivo che qualcosa stava
camminando sopra di noi. Improvvisamente il soffitto cedette poco d’avanti a noi, e la creatura
cadette sul pavimento con un ruggito.

Finalmente capivo perché quando quei pochi che avessero visto una testa di metallo l’avevano
sognata per parecchio tempo: un mostro simile ad una lucertola per forma, con 3 paia di occhi gialli
sui lati. La pelle era a scaglie verdi sul capo e sul collo, violacee sull’addome e nuovamente verdi
sulle quattro zampe. Le cinque dita delle zampe terminavano con dei lunghi e affilati artigli neri di
almeno quattro centimetri. Ma la cosa più raccapricciante era che l’intero corpo, ed in particolare
artigli e viso, erano macchiati da litri e litri di sangue incrostato.

L’essere ci ruggì immediatamente in faccia, preparando l’attacco: Spike, rapidissimo, estrasse la
pistola e sparò un proiettile dritto negli occhi destri della bestia. L’essere si ritirò un poco ruggendo
di dolore e portandosi una zampa alla faccia. 

“Ma…non dovrebbe essere morto dopo un colpo simile?”

“Se si chiamano teste di metallo ci sarà un motivo”

L’essere levò la zampa mostrando il buco che gli aveva squarciato tutti e tre gli occhi e rimasi a
bocca aperta: sotto la carne strappata, si poteva chiaramente vedere un osso di lucente metallo
macchiato di sangue e leggermente ammaccato.
La lucertola ovviamente non restò lì ad aspettare, e tentò un attacco frontale, che però Spike riuscì a
parare con il fucile d’assalto trovato nella torre di sorveglianza: essendo però il colpo troppo forte fu
scaraventato contro il muro, perdendo i sensi.

“Spike!”

Mi ritrovai faccia a faccia con quello che probabilmente era il mostro che aveva ridotto mio fratello
in un orribile ammasso di budella, e avrebbe fatto lo stesso con me…se non avessi agito in fretta.

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