The Runaway

di Lynn Lawliet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Ginger - Ai lestrigoni non piacciono le pannocchie ***
Capitolo 3: *** Leo - Ginger Woods ha un'appuntamento con il ronzino ***
Capitolo 4: *** Nico - Ancora non si capisce che sta succedendo ***
Capitolo 5: *** Ginger - Tutti rimangono con un palmo di naso ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Carter deglutì con difficoltà, poi riprese ad respirare affannosamente, un po’ per la corsa un po’ per l’ansia.
Non avrebbe saputo dire da quanto tempo scappava, ma una cosa era certa: si era perso. Si era perso nel quartier generale del nemico, e aveva un intero esercito alle calcagna. Non aveva idea nemmeno di dove fossero Agatha e Melanie, le sue compagne di missione; in ogni caso, probabilmente, erano già morte da un pezzo. Cosa che tra poco sarebbe stato anche lui.
D’altronde sapeva come riconoscere una battaglia persa in partenza. Era solo, contro tutte le forze che Anteo aveva a disposizione, e aveva anche perso la spada nella fuga: quella era una battaglia persa in partenza.
Però c’era un’ultima cosa che doveva fare: avvisare il campo.
Si inginocchiò, tolse di spalla lo zaino e ne tirò fuori una bottiglia, una torcia elettrica e una dracma. Si ficcò tra i denti la torcia accesa, la puntò in basso, e iniziò a spruzzare piano l’acqua della borraccia, lasciandone il tappo semichiuso. Sulla superficie del liquido si formò un baluginio colorato che si poteva a malapena definire arcobaleno; Iride si sarebbe dovuta accontentare, però.
Carter gettò la dracma nel flusso d’acqua e mugugnò: “Chirone, Campo Mezosangue“, pregando mentalmente la dea di dargli ascolto.
Dopo qualche secondo comparve l’immagine sgranata del centauro; Carter si tirò fuori la torcia di bocca ed iniziò a parlare concitato, la voce spezzata dall‘agitazione:
“Chirone! Non dovete venire, sono troppi. Anteo è vivo, sta cercando di farla tornare … prima di…- Carter udì un rumore alle sue spalle- L’ha trovato, ha trovato colui che è fuggito, e vuole usarlo per farla tornare… - altro rumore, più forte, più vicino - Voi dovete…” Carter udì un terzo suono nel buio alle sue spalle, e poi una voce gutturale, ma dal significato piuttosto ovvio:
“laggiù!” e laggiù era chiaramente dove si trovava lui.
Un gruppo di dracene si riversò nella stanza dove si nascondeva il ragazzo e lo circondò in un attimo.
“Chirone! - gridò Carter all’immagine che stava ormai sparendo, mentre le dracene lo afferravano per le braccia- Non dovete venire, non-” un colpo di spada mozzò le parole in bocca al ragazzo, che si accasciò a terra perdendo sangue.
“non… venite…” sussurrò ancora, rivolto più a se stesso che a Chirone.
Poi chiuse gli occhi.
Dopotutto, fu l’ultima cosa che si disse Carter, morire era quasi come addormentarsi. Solo con un po’ di sangue in più.
 
 
Angolino della pazza:
Salve gente! Ed eccomi qui a ripostare questa fic! A questo proposito, vi devo delle scuse per l’improvvisa cancellazione dovuta a problemi tecnici vari…
detto questo, ribadisco alcune spiegazioni: il tizio morente qua sopra, è, come immagino avrete capito, un semidio del campo mezzosangue, e il nemico di cui si parla, Anteo, è proprio lo stesso Anteo che c’è nella battaglia del labirinto. Ora, questa fic è ambientata fra l’eroe perduto, e il romanzo seguente, il figlio di nettuno (che io ho già letto, ma, tranquilli, non ci saranno spoiler), quindi alcuni mostri e personaggi dei miti tornano dalla morte grazie a Gea… infatti andando avanti con la storia pensavo di inserirne qualcuno, se l‘idea vi ispira. Poi, in caso ve lo steste chiedendo, riguardo alle cose che nomina il povero, deceduto Carter (“colui che è scappato” e la storia del far ritornare in vita qualcuno) sarà tutto spiegato nei prossimi capitoli.
Ora, visto che come introduzione è proprio cortina, vado subito a caricare il primo capitolo!
Spero vi piaccia!
Lynn

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Capitolo 2
*** Ginger - Ai lestrigoni non piacciono le pannocchie ***


GINGER
 
Ginger Margaret Woods correva per salvarsi la vita.
O meglio, avrebbe corso per salvarsi la vita se solo fosse stata mortale. Cosa che non era. Con suo grande disappunto. Ma d’altronde non è così che funzionano le maledizioni: quando una scritta impressa a fuoco sul tuo braccio dice che non morirai finché non avrai portato a termine il tuo compito, tu non muori per nessun motivo al mondo, e non c’è nulla da fare.
Quindi, in effetti, più che per salvarsi la vita, Ginger Margaret Woods correva perché non aveva voglia che il gruppo di lestrigoni arrabbiati alle sua spalle la infilzasse. O spiaccicasse. O linciasse, o defenestrasse, o qualsiasi altro verbo che terminasse in -asse e comportasse in qualche modo del dolore. Perché, va bene che non l’avrebbero potuta uccidere, va bene sarebbe guarita subito, ma un spada nella pancia faceva comunque male, checché ne dicessero le parole sul suo braccio.
Perciò Ginger, la spada in pugno (fregandosene altamente della classica regola sul non correre con oggetti affilati in mano), e i capelli rossicci al vento (sul serio, ma quale madre snaturata aveva potuto chiamare una rossa “Ginger”?) procedeva spedita in mezzo alle piante di fragole, verso il campo Mezzosangue.
Le piaceva venirci, di tanto in tanto, a trovare i suoi fratelli, ma se quella volta era lì era solo perché l’aveva convocata Chirone, dannato centauro dagli opinabili gusti musicali.
Ginger non avrebbe voluto andare- stava seguendo una pista interessante riguardo al suo compito da portare a termine -ma nessun mezzosangue può ignorare una chiamata ufficiale. Così aveva mollato pista e tutto e si era diretta verso New York; peccato che negli ultimi chilometri si fosse imbattuta in sette lestrigoni raccolti intorno ad un fuoco e intenti a rosolare pannocchie.
Evidentemente, però, i lestrigoni non apprezzavano troppo i suddetti vegetali, perché al loro posto avevano tentato di mangiare Ginger e a lei la cosa non era andata a genio. Così si era messa a correre, sperando di riuscire ad arrivare al confine del campo prima che i lestrigoni la raggiungessero. Quei cosi, in effetti, correvano tre volte più veloce di quanto corresse lei (per forza, avevano le gambe tre volte più lunghe) ma scappare, e una volta essere stata raggiunta combattere, era decisamente l’alternativa migliore, perché in caso contrario sarebbe stata mangiata. Certo, sarebbe comunque sopravvissuta, ma sarebbe dovuta uscire da… insomma, le era già capitato qualche anno prima con un dragone, e non aveva la benché minima intenzione di ripetere l’esperienza.
Così Ginger aveva corso con tutte le sue forze fino a che i lestrigoni non l’avevano raggiunta e accerchiata, quando non era che a una decina di metri dall’ingresso del campo.
“Ottimo! -borbottò Ginger fra sé e sé.- Questa sì che è sfiga.”
Poi i lestrigoni si gettarono su di lei.
Ginger colpì il primo con un fendente laterale, mandandolo immediatamente (e letteralmente) in polvere. Sferrò un calcio alle gambe del secondo che lo sbilanciò in avanti e lo fece finire dritto sulla spada della ragazza. Al terzo tirò un coltello da lancio in fronte. Il quarto morì nello stesso modo. Il quinto si trasformò in polvere sotto una raffica di proiettili di bronzo celeste con cui era caricata una vecchia beretta 92Fs. Lo stesso trattamento, invece, scatenò nel sesto solo una crisi di risa: evidentemente era più esperto. Perciò Ginger gli corse in contro, gli saltò su un braccio e gli conficcò la spada direttamente in testa, per poi rotolare elegantemente a terra e alzarsi in piedi appena affannata, osservando soddisfatta la distruzione intorno a sé e gli scomposti mucchietti di polvere che una volta erano stati mostri.
Peccato si fosse completamente dimenticata del settimo lestrigone.
E se ne ricordò troppo tardi, quando la lancia di quest’ultimo le spuntava irrimediabilmente dalla pancia.
Ginger gridò di dolore e si allontanò barcollando, la lancia ancora conficcata all‘altezza dello stomaco, mentre il lestrigone ridacchiava incontrollatamente al vederla tossire sangue. Poi il dolore acuto si attenuò e Ginger riuscì a raddrizzarsi e strapparsi via la lancia, sotto gli occhi esterrefatti del lestrigone, fissi sul suo busto, dove la ferita si stava velocemente rimarginando, lasciando al suo posto pelle intatta e morbida.
“Non te l’aspettavi, eh?-ridacchiò Ginger.- Sono come Wolverine, io. Bah, non importa. Hai rovinato la mia maglietta preferita e pagherai per averlo fatto.”
Poi si lanciò addosso al lestrigone e gli conficcò nel cuore la sua stessa lancia, senza che questo reagisse minimamente, ancora troppo sorpreso.
“Ah! Mangiati la tua polvere, lestrigone!“ gridò Ginger ai resti del mostro, curiosamente somiglianti al contenuto di un aspirapolvere.
Poi si accorse che, appena dentro il confine del campo Mezzosangue, un ragazzo la stava osservando con la bocca spalancata. Aveva i capelli ricci castano scuro e occhi un po’ da pazzo, come accesi di febbrile eccitazione. Il naso all’insù gli dava un’aria da elfo. Era abbigliato con la classica armatura greca e portava legato in vita un martello con la testa lunga più di una spanna e l’aria letale.
Sette lestrigoni e un elfo munito di martello tutti nel giro di dieci minuti? Ottimo, la giornata procedeva di bene in meglio.
 
 
Angolino della scrittrice
Salve di nuovo… bah, ho detto tutto nel primo capitolo…
Ah! Una cosa: ho scritto coppia het, ma non sono ancora sicura di voler inserire una storia d’amore… comunque, in caso ci fosse, non sarebbe fra Ginger e Leo o Ginger e Nico, gli altri due protagonisti della storia, ma magari con un altro personaggio, inventato, giusto per non stridere troppo con quello che succede nel figlio di nettuno e nel sigillo di Atena, i due libri successivi.
Ciao ciao,
Lynn.
p.s. lo so che questo capitolo è un po’ cortino, ma man mano che la storia va avanti diventeranno sempre più lunghi :)
p.p.s. immagino che il titolo sia un po' ambiguo... ma si capirà più avanti, promesso! In caso qualcuno non lo sapesse “the runaway” significa “il fuggitivo”
p.p.p.s. (ancora?!) grazie mille a Effie Malcontenta Weasley, lei sa perché.

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Capitolo 3
*** Leo - Ginger Woods ha un'appuntamento con il ronzino ***


LEO
 
Leo non avrebbe voluto fare il turno di sorveglianza per nulla al mondo.
Sapeva che a rotazione toccava a tutti tenere d’occhio i confini, ma, cavolo, lui aveva una nave da finire! Aveva scongiurato Chirone e il signor D di evitargli la cosa, ma, come per il turno di lavaggio dei piatti, non c’era stato nulla da fare. E Leo si era quindi ritrovato con armi e armatura a girovagare più o meno a casaccio lungo il perimetro del campo.
Ma poi si era imbattuto nella ragazza.
Camminava tranquillo nel bosco quando aveva sentito rumori di lotta in lontananza, così era corso fino ai confini del campo ed era arrivato giusto in tempo per vedere una ragazza pesantemente armata infilzare un lestri-coso, o come diavolo si chiamavano. E sarebbe stato fantastico se fosse stato per il fatto che dopo era stata infilzata a sua volta. Leo aveva giustamente pensato di correre ad aiutarla ma lei lo aveva stupito di nuovo: si era strappata la lancia dallo stomaco e ne aveva ucciso il proprietario, apparentemente nemmeno un po’ affannata. Poi si era voltata e aveva piantato i propri occhi azzurro ghiaccio in quelli di Leo, che l’aveva squadrata da cima a fondo.
Portava un paio di jeans strappati sopra il ginocchio e una maglietta blu bucata e piena di sangue che ormai diceva solo “Non sono strana. Sono un’edizione limita…”. Aveva un caschetto corto e disordinato di un castano rossiccio, il naso affilato e lentigginoso, sopracciglia arcuate e un sorriso furbo, come se sapesse qualcosa che Leo non sapeva. O gli avesse appena infilato un petardo nella maglietta, in alternativa.
Cavoli- si disse Leo -. Questa tizia fa paura
Poi la ragazza gli si avvicinò a grandi falcate e gli sorrise allegra.
“ciao figlio di Efesto. È bello vederti qui. E io che pensavo che voialtri del campo ve ne steste tutto il giorno a poltrire. Invece ci sono addirittura delle sentinelle!”
“no. Cioè, sì- borbottò Leo -abbiamo delle sentinelle. Ma non ce ne stiamo tutto il giorno a poltrire. E poi come fai a sapere che sono figlio di Efesto?”
“me l’hai appena detto tu”
“non è vero! Sì, insomma, è vero, ma l’ho detto adesso, dopo che tu… ah, lascia perdere. Chi sei, e come mai sei qui?”
La ragazza gli tese la mano
“mi chiamo Ginger. E mi ha convocato Chirone. Potresti accompagnarmi alla casa grande…. Ehm, tizio,  non so come ti chiami.”
“Leo Valdez.- si presentò il ragazzo, avviandosi verso il campo - ma credo che prima dovresti fare un salto in infermeria. Adesso mi sembri a posto, ma prima quel lestri-coso ti ha più meno infilzata. Cioè, in realtà mi sembrava di aver visto che… ah, non importa è troppo assurdo.”
“lestri-coso?- considerò Ginger - wow, tu sì che hai un vocabolario forbito. Comunque dì pure quel che stavi per dire prima. Non c’è niente che sia troppo assurdo quando si parla di me.”
“ecco, vedi, ti sembrerà strano, ma mi è parso proprio che, subito dopo che il lestri-coso ti ha infilzata, tu fossi… come dire…”
“guarita subito?- concluse lei -sì, è proprio così. Io non posso morire.”
“cosa? Sei una dea?”
“oh, no. Sono una semidea. Figlia di Ermes. Però una maledizione mi rende immortale, almeno finché non avrò portato a termine il mio compito.”
“una maledizione?! Cavoli, a me sembra più una benedizione… e poi che compito intendi?”
“ah, è una lunga storia… devo trovare un tizio che… Un giorno magari te lo racconterò, Leo Valdez. Ora mi accompagneresti alla casa grande, da bravo gentiluomo? Ho un appuntamento con il ronzino.”
 




Note dell’autrice
salve salve! Premetto, lo so che questo capitolo è talmente corto che nemmeno si può definire un vero e proprio capitolo, ma è di questa cortezza imbarazzante per un motivo preciso: mi serve (insieme al precedente e al prossimo) a introdurre e presentare i vari personaggi. I prossimi saranno più lunghi, lo giuro. Ora, come immagino avrete notato, il capitolo è scritto dal punto di vista di Leo, come il precedente era dal punto di vista di Ginger e il prossimo sarà da quello di Nico; diciamo solo che la struttura è simile a quella dei romanzi de gli eroi dell’olimpo: la narrazione cambia punto di vista di capitolo in capitolo!
Detto questo, mi dileguo. Dovrei riuscire ad aggiornare tra due giorni, se non addirittura domani.
Baci
Lynn

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Capitolo 4
*** Nico - Ancora non si capisce che sta succedendo ***


NICO

Nico Di Angelo affilava nervosamente la spada di ferro dello Stige, seduto sui gradini davanti all’ingresso della casa di Ade.
Da quando era tornato al campo, due giorni prima, dopo l’ennesimo tentativo fallito di trovare Percy, Clarisse della casa di Ares non aveva smesso un attimo di infastidirlo. “Ragazzo zombie” era la cosa più gentile che gli avesse mai detto e Nico, sebbene si trattasse di una ragazza, si era dovuto trattenere dal farla strangolare da un vero zombie.
Per questo, mentre sfogava la rabbia sulla spada (che in effetti non aveva nessuna colpa), era stato felice di sentire una voce famigliare alle spalle:
“ma guarda un po’ chi si vede! Non avrei mai pensato di trovarti qui, Di Angelo!”
“penso di poter dire la stessa cosa, Woods” rispose Nico voltandosi e trovandosi davanti una versione mezza insanguinata e sporca di terra della sua vecchia amica Ginger. Non la vedeva da mesi… per la precisione da quando lei gli aveva salvato la pelle con un basilisco.
Era un’amicizia strana, la loro; fatta di rari incontri più o meno casuali nei posti più disparati e di un reciproco salvarsi la vita a vicenda. Non che a Ginger servisse molto, in effetti, ma per lui aveva decisamente fatto la differenza.   
Nico si alzò e si avvicinò alla ragazza, notando solo in quel momento Leo Valdez, il nuovo capogruppo di Efesto, che spostava sbalordito lo sguardo da lui a Ginger.
“aspetta un attimo… voi due vi conoscete?!”
“certo!- esclamò Ginger, mettendo un braccio intorno alle spalle di Nico -i semidei vagabondi come noi si conoscono tutti in qualche modo! In effetti non sono sicura di sapere com’è che siamo diventati amici… alla corsa di bighe della route 66, forse?”
Nico sgusciò fuori dall’abbraccio della ragazza, ma, mentre stava per ribattere che no, di certo non si erano conosciuti così, Ginger era stata travolta da due tornado in miniatura con magliette arancioni del campo.
Si trattava di Peter e Jessica Brown, gemelli di otto anni della casa di Ermes e fratelli minori di Ginger.
Da come l’avevano placcata e abbracciata non ci voleva molto a capire che la adoravano. Era invece difficile capirne il motivo, visto che Nico, personalmente, pur da figlio di Ade, non avrebbe apprezzato molto il macabro spettacolino che Ginger aveva messo in piedi, inseguendo i due bambini con un coltello piantato in testa (un vero coltello, non uno di quei cerchietti di Halloween) e un’andatura da Frankenstein, biascicando qualcosa che somigliava vagamente a “mangerò i vostri cervelli”.
Fortunatamente, ad interrompere la scena, ci aveva pensato Chirone.
Il centauro era arrivato al trotto accanto ai ragazzi, un sorriso di circostanza sul viso, dal quale però traspariva una preoccupazione profonda, probabilmente dovuta alle sparizioni di Carter Jones, Agatha Miller e Melanie Rainold, tre semidei in missione di cui non si avevano notizie da circa una settimana. 
“salve Chirone!” disse allegra Ginger dopo averlo notato, per poi strapparsi con noncuranza il coltello dalla tempia destra.
“oh, ciao Ginger. Tutto bene?”
“non mi lamento. Voi qui al campo?”
“sì sì certo, stiamo bene… circa.” borbottò il centauro. Poi si rivolse ai fratelli Brown, che ancora ridevano per la storia del coltello:
“Jessica, Peter, vi spiacerebbe andare a chiamarmi i capigruppo? Istituiamo una riunione di emergenza. Ginger, Leo, Nico, voi invece venite con me: abbiamo un sacco di cose di cui discutere.”
Chirone si avviò verso la casa grande, seguito dai tre ragazzi.
Nico non capiva che stesse succedendo; insomma, era comprensibile che il centauro fosse preoccupato per gli eroi scomparsi, ma dopotutto ogni estate moriva qualche semidio: sono cose che succedono quando per i mostri profumi di chanel n°5.
No, doveva esserci qualcosa di più, qualcosa che Chirone non voleva dire, qualcosa di cui voleva si occupasse Ginger. E se la questo qualcosa lo preoccupava così tanto… beh, allora preoccupava anche Nico.
“Ginger Woods!” una voce alle sue spalle interruppe i pensieri di Nico. Apparteneva a Will Solace, capogruppo della casa di Apollo.
“Will!- rispose l’interpellata- come stai, amico?”
“Che?- intervenne Leo- conosci anche lui?”
“certo!- disse Will - una buona metà di questo campo le deve la vita, Valdez.”
“oh, via, non esagerare, Will. Io…”
“ora basta.” La voce di Chirone, di solito gentile e pacata, interruppe freddamente Ginger e fece piombare il silenzio nella stanza, che nel frattempo era stata riempita dai capigruppo.
Nico non aveva mai visto il vecchio centauro così serio, e la cosa lo fece preoccupare anche più di quanto non fosse già.
“sedetevi tutti- iniziò Chirone- dobbiamo discutere una faccenda estremamente importante. Si tratta dei tre eroi scomparsi la settimana scorsa: Agatha, Melanie e Carter. Erano stati mandati a controllare una zona di Yellowstone, dove sono stati individuati strani fenomeni: spirali di nuvole in cielo, interferenze radiofoniche, e altri avvenimenti di presunta natura divina o demoniaca." (“sono i visitors!”- bisbigliò Connor Stoll, facendo ridere suo fratello Travis- l’ho sempre detto che esistono, io!”)  
“Carter Jones- continuò imperterrito Chirone- ci ha spedito regolari rapporti con messaggi iride due vote al giorno fino al tredici aprile, giorno in cui non abbiamo avuto un solo messaggio, alle ventitre e dodici minuti. Queste- Chirone tirò fuori da un armadio uno strano foglio di pergamena (che, si ricordò Nico, aveva inventato proprio Leo Valdez con lo scopo di registrare messaggi)- sono probabilmente le sue ultime parole.”
Nico si sporse in avanti per vedere meglio assieme a Ginger, Leo e molti altri ragazzi. Riusciva a malapena a scorgere lo schermo, ma quello che sentì bastò a inquietarlo non poco.
“Chirone, non dovete venire, sono troppi - a parlare era un ragazzo sui diciotto anni, sporco, insanguinato e visibilmente nervoso; Carter Jones, probabilmente- Anteo è vivo, sta cercando di farla tornare… prima di… L’ha trovato, ha trovato colui che è fuggito, e vuole usarlo per farla tornare…”
A quel punto si iniziarono a sentire grida e rumori in sottofondo, e Carter strillare qualcosa di confuso, che Nico non capì. Poi la registrazione si interruppe.
I ragazzi si guardarono l’un l’altro senza proferire parola, il dubbio impresso sui volti. Nico vedeva i loro occhi formulare muti le stesse domande che si stava facendo lui. Che cosa era successo a Carter Jones? Perché, sebbene fosse evidentemente in pericolo, non voleva che nessuno venisse ad aiutarlo? Anteo era davvero tornato? Chi è che voleva risvegliare? E chi era colui che è fuggito?  
Nico cercò di incontrare lo sguardo di Ginger, ma lei aveva gli occhi sgranati fissi davanti a sé, e sul viso pallido come un lenzuolo un’espressione stralunata.
“io e il Signor D. -disse Chirone - abbiamo ascoltato questa registrazione parecchie volte e siamo giunti ad alcune conclusioni, tutte in via ipotetica, ovviamente. Uno, è molto probabile che Carter Jones, Agatha Miller e Melanie Rainolds siano morti; due, in caso lo fossero, sarebbe stato per mano del gigante Anteo, fino ad oggi ritenuto ancora fra i mostri non riformati; tre, Anteo ha intenzione di “far tornare qualcuno” e per farlo a bisogno di colui che è fuggito.”
“Ma, Chirone, - fece Katie Gartner - chi è colui che è fuggito?”
“ah, suppongo che a questa domanda possa rispondere la signorina Woods. Giusto, Ginger?”
Gli occhi di tutti i presenti, Nico compreso, si spostarono rapidamente sulla ragazza che alzò il volto ancora pallido e balbettò:
“sì. Immagino di sì”
Ma come diavolo era possibile, si disse Nico, che ovunque si presentasse quella ragazza inevitabilmente arrivassero anche dei guai?


Note
Salve, gente! Ecco qui il nuovo capitolo! Spero vi piaccia, anche se ancora non si capisce troppo quel che sta succedendo XD non preoccupatevi, nel prossimo svelerò tutto…
Vi scongiuro in ginocchio di lasciarmi una recensione… sul serio, gente, le vostre recensioni sono la mia vitaaaaa!!!!
ciao ciao
Lynn
p.s. se qualcuno indovina in onore di chi sono i nomi di Jessica e Peter lo santifico. 

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Capitolo 5
*** Ginger - Tutti rimangono con un palmo di naso ***


GINGER
“Sì, immagino di sì.”
Ginger osservò a lungo i ragazzi del campo e Chirone, che, al piano terra della casa grande, tenevano gli occhi sbarrati piantati su di lei. Chi confuso, chi sorpreso, chi con aria comprensiva… d’altronde alcuni di loro, i più grandi probabilmente, sapevano. Sapevano di lei e della sua maledizione, della mortale scellerata che aveva osato sfidare la morte, e delle parche che avevano accettato il suo patto… quando la cosa era successa c’era stato parecchio scalpore nel mondo divino e semidivino, ma poi il tutto era stato messo a tacere; chi non sapeva viveva felicemente nell’ignoranza e chi sapeva tentava invano di dimenticare.
A loro, però, a tutti loro, Ginger doveva almeno la verità. Così si voltò verso il suo pubblico e iniziò a parlare con voce tremante: 
“Immagino lo sappiate, ma non sono un semidio come tutti gli altri: io non posso morire. Non c’è malattia o colpo che possa uccidermi: mi limiterei a guarire subito. Ma non sono sempre stata così. E il motivo per cui lo sono- disse scostandosi la manica dall’avambraccio destro- è questo.”
Come ogni volta, anche se erano passati anni, le lettere greche impresse sulla pelle pallida la fecero rabbrividire. Cercava di guardarle il meno possibile, ma a di tanto in tanto era inevitabile; e quelle non facevano che ricordarle una volta di più la sua solitudine e il sacrificio di sua madre. Ma un giorno Ginger le avrebbe cancellate, quelle maledette parole. E ora che aveva intravisto la strada per farlo nulla l’avrebbe fermata.
Così alzò il braccio, mostrando la maledizione ai capigruppo. Loro la guardarono incuriositi, cercando di trovare un senso alle parole impresse sul braccio della ragazza.
“Questa - disse lei - è una maledizione. E tradotta fa più o meno: un tempo le parche salvarono la tua vita, ed ora ad esse appartiene. Vagherai ramingo tra gli uomini e non avrai pace in terra finché il tuo debito non sarà saldato, e colui che è fuggito, catturato.”
Il gruppo di semidei la guardò attonito, senza aprire bocca, sussultando appena alle parole “colui che è fuggito”, mentre un silenzio pesante aleggiava nella stanzetta al piano terra della casa grande.
Ginger sospirò. Poi iniziò a raccontare.
 
 
Ginger Margaret, sette anni compiuti da poco, si era appena assopita fra le lenzuola azzurre del suo lettino. Sua madre, Hanna, posò su di lei uno sguardo intenerito; poi si alzò piano dal bordo del letto e, un libro di fiabe ancora in mano, le schioccò un bacio su una guancia paffuta, per poi avviarsi verso l’uscita della cameretta. Si voltò solo un attimo, appena prima di chiudere la porta, solo per guardarla un altro po’. Dei, è tale e quale a suo padre, si disse sorridendo dolcemente. Era tutto così perfetto…
Poi la finestra dall’altra parte della stanza esplose in una cascata di vetri affilati, e qualcosa di grande e scuro si catapultò nella camera.
Ginger si svegliò di soprassalto, strillando terrorizzata, e Hanna corse a frapporsi fra lei e la creatura appena entrata. Si trattava di un drago, verde e squamoso, si rese conto Hanna in quel momento; non era troppo grande per gli standard, al massimo un paio di metri, ma sicuramente era troppo grande per lei. Non aveva idea di che cosa fare per proteggere sua figlia.
Così afferrò la mazza da baseball di Ginger e la puntò contro il mostro. Questo nemmeno la degnò di uno sguardo e si lanciò in avanti, emettendo un ringhio sordo. Hanna venne colpita allo stomaco da una delle zampe del drago, che la mandò a sbattere contro una parete qualche metro più in là. La donna si puntellò sui gomiti e cercò inutilmente di alzarsi, la vista che tornava lentamente al proprio posto, il mondo che girava confuso intorno a lei. E, come nel peggiore degli incubi, vide Ginger correre verso di lei, il viso solcato da lacrime di terrore, e il drago dietro, che la sbatteva a terra con una zampata.
Ginger gridò, e gridò anche Hanna, quando il mostro affondò i denti nel collo della bambina, facendo schizzare il sangue sul pigiamino lezioso, sul pavimento, sulle pareti…
Lo strillo di Hanna le morì in gola, e lei guardò il drago, con gli occhi pieni di orrore, paura e dolore.
Ma Hanna non era mai stata una persona da perdersi d’animo, e non lo fu neanche in quel momento, anche se sua figlia, che giaceva scomposta in un lago di sangue, le era appena stata portata via. Dopotutto sapeva esattamente cosa fare ed era preparata all’evenienza.
Mentre il drago si voltava ringhiando e correva verso di lei, Hanna volse una preghiera alle parche, chiedendo una vita in cambio di un’altra, la sua anima in cambio di quella di Ginger. Era certa che le parche non avrebbero rifiutato; dopotutto, non lo facevano mai. Bastava guardare qualche vecchia storia: Trivio e Lavinia, Ascalafo e Penelope… avrebbero sicuramente accettato.
E infatti le parche accettarono.
Il drago, che si stava per gettare famelico su Hanna, svanì in riccioli di vapore, e Ginger, dal pavimento, si mosse lentamente mugugnando. Una vecchia avvolta in stracci scuri apparve sulla porta della stanza e disse con voce incorporea:
“Un tempo le parche salvarono la tua vita, ed ora ad esse appartiene. Vagherai ramingo tra gli uomini e non avrai pace in terra finché il tuo debito non sarà saldato, e colui che è fuggito, catturato”
E nel mentre, le stesse parole pronunciate dalla donna comparvero sul braccio sottile di Ginger, nere come inchiostro su un pagina bianca, quasi vi venissero scritte da una penna invisibile.
Poi tutto si fece confuso, e Hanna sprofondò nel buio.
 
 
“Mia madre- concluse Ginger - ha dato la sua vita per salvarmi. Quindi ora il minimo che io possa fare è onorare il suo sacrificio e portare a termine il mio compito. Trovare colui che è fuggito, anche se non ho alcuna idea di chi sia. Devo farlo per lei, capite?”
I presenti la guardarono attoniti, scossi dal racconto. Nessuno le rispose, ma Ginger seppe che sì, capivano. Chirone le posò una mano sulla spalla, e prese la parola, invitandola a sedersi.
“Non siamo del tutto certi che la persona a cui si riferiva Carter nel suo messaggio fosse la stessa della maledizione di Ginger, ma il tono con cui l’ha detto, come se si trattasse di un titolo, ci porta a pensare che sia così.”
Di nuovo, il silenzio cadde nella stanza. E fu Nico Di Angelo a romperlo, dopo qualche secondo.
“Chirone, immagino che abbiate ragione nel credere che si tratti della stessa persona… ma c’è ancora una cosa che non ci hai detto: chi è che Anteo vuole riportare in vita?”
“Ah- rispose Chirone - non che ci siano informazioni certe… ma supponiamo si tratti di Gea.”
Evidentemente, si disse Ginger, i silenzi sbalorditi quel pomeriggio erano diventati un’abitudine.
 
Gea? Chi se lo sarebbe mai aspettato? Certo, era molto che Ginger sapeva di tutta la storia del risveglio della dea… ma nessuno si aspettava di vederla ricomparire prima di qualche anno. E adesso invece veniva fuori che Anteo aveva trovato un modo per svegliare la cara mammina prima di quel che si aspettassero!
Già, un modo… che a quanto pareva comportava colui che era fuggito. Certo, poteva essere solo un caso, ma, come Chirone, neanche Ginger ci credeva per davvero. Perciò doveva andare: avrebbe potuto prendere due piccioni con una fava.
“Beh, mi sembra chiaro che qui sono quella con più motivazioni per partire. E anche con più possibilità, direi. Quindi per evitare casini credo sarebbe meglio se andassi da sola; dopotutto sono abituata a lavorare da s-…”
“Non credo proprio, Gertrude” la interruppe una voce; e, prima ancora di girarsi, Ginger seppe di chi si trattava.
“veramente sarebbe Ginger, Signor D.”
Il dio entrò a grandi passi nella stanza. Indossava un paio di bermuda e una camicia a fiori in stile hawaiano. I colori non centravano nulla l’uno con l’altro, ma di certo non sarebbe stata Ginger a farglielo notare.
“È uguale.- disse lui - ma, ad ogni modo, non ho intenzione di farti partire da sola. Dopotutto qui la matematica è una mia opinione, e tre idioti, per una missione, sono meglio di uno. Le probabilità di fallimento e morte potrebbero addirittura abbassarsi un po’. Certo, meno impiastri qui al campo significherebbe meno lavoro per me, ma… ad ogni modo, nemmeno io voglio che Gea si risvegli… quindi ho deciso: chi di voi - chiese rivolgendosi alla folla - vuole partire con la signorina Winslet?”
Ginger non fece neanche in tempo a precisare al Signor D. quale fosse il suo vero cognome che una voce atona si levò tra i ragazzi nella stanza; Ginger non si sorprese nel vedere che apparteneva a Nico Di Angelo: quel ragazzo non mancava mai all’appello quando c’era da divertirsi. 
“Io ci sono. - borbottò - ho un conto in sospeso con Anteo.”
E si avvicinò a Ginger, piazzandosi alla sua destra, con un ’espressione corrucciata in viso e la mano poggiata sull’elsa della spada.
Il Signor D., invece, si guardò intorno spiazzato.
“E allora? Non si offre nessun‘altro? Guardate che sennò ci toccherà fare a sorte, come per i turni di puliz…”
“Vengo io.” lo interruppe una voce. Ginger non riuscì a capire a chi appartenesse finchè alcuni eroi non si spostarono, rivelando un ragazzo dai tratti sudamericani, pallido e sudato, in mezzo ad un biondino e una ragazza bruna che lo guardavano stupiti. Ginger ricordò che era stato proprio il ragazzo propostosi a trovarla ai confini del campo e accompagnarla alla casa grande. Le pareva si chiamasse Leo Valdez, sempre che non stesse iniziando a perdere la memoria come il Signor D. (che infatti aveva appena sussurrato sorpreso qualcosa che somigliava vagamente a “Sanchez?”)
“Vengo io - ripeté Leo più sicuro, mentre Ginger e i ragazzi lo fissavano a bocca spalancata. - solo, vediamo di tornare tutti interi, perché io ho una nave da finire.”
 
 
Angolino della scrittrice
Salve gente! Tanto per cominciare, scusate il ritardo, ma con l’inizio della scuola e tutto ho avuto un po’ da fare… ma, ditemi, vi è piaciuto il capitolo? Si è finalmente capito per bene che sta succedendo? Spero di sì. Mi scuso anche per la terrificante mancanza di umorismo, ma sono depressa causa troppi compiti XD
Aggiornerò prima possibile, ora che ho in mente come continuare il tutto J
Lynn

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