Silent words.

di Teddy_bear
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Snow. ***
Capitolo 3: *** Loneness. ***
Capitolo 4: *** Night and day. ***
Capitolo 5: *** Just help. ***
Capitolo 6: *** Little time. ***
Capitolo 7: *** Goings on. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


Fama. Questa parola era quella che Nick Wilde preferiva nel suo dizionario. Ed oltre a saperla dire in ben otto lingue, lui faceva di tutto per ottenerla. A cinque anni aveva provato a disegnare la villa che avrebbe acquistato da adulto. Aveva immaginato che la sua futura casa era immensa; una piscina all'esterno ed una all'interno, il giardino grande e pieno di piante, il prato che doveva esser sempre perfetto ed una terrazza sempre baciata dal sole in estate per rilassarsi. A otto anni aveva incominciato a leggere i libri in lingue straniere ed anche così apprese il francese ed il tedesco. A dieci anni aveva già deciso che da adulto avrebbe girato il mondo. A dodici anni cambiò molte volte il suo insegnante privato, perchè non era qualificato secondo i suoi genitori. A quindici anni incominciò ad andare alle feste private di parenti ed amici, ovviamente solo per persone importanti. A diciott'anni si prese l'auto più costosa che potesse esserci, anche se la patente gli era stata data anni prima. A ventitre anni i genitori gli presentarono la ragazza che definivano adatta a lui, anche come possibile moglie, Christine Edwards. Ed adesso, a ventisei anni, Nick Wilde continuava ad esser il ragazzo dalle grandi ambizioni. Fama. La prima parola che si presumerebbe esser uscita dalle labbra di Nick quando era un bambino piccolo.

Silenzio. Questa, invece, era la parola che ostacolava ad Elena Todd di avere una vita normale. A cinque anni era già stata classificata come una bambina con problemi, nonostante il suo cervello funzionasse correttamente e nonostante provasse anche lei emozioni. A otto anni incominciò a scarabocchiare su carta i suoi pensieri, tramite dei disegni bellissimi come diceva sua madre. A dieci anni si fecero spazio le parole; scriveva ciò che non poteva dire, scriveva quando le si faceva una domanda in risposta e scriveva quando aveva voglia di parlare con qualcuno. A dodici anni fu vittima di bullismo, e dovette andar da uno psicologo per uscirne. A quindici anni, quando uscì del tutto dalla terapia, si dedicò completamente al disegno presso un buon istituto. A diciott'anni incontrò quella che poteva esser una sua amica. Ed ora, a diciannove anni, con la vita piena di matite e colori continuava a disegnare. Silenzio. La parola che presumibilmente descriveva bene la vita di Elena.

Nick Wilde che, grazie a lei, imparerà ad amare ancora le piccole cose.
Elena Todd che, grazie a lui, imparerà ad amare.
Silence words. Parole silenziose.


Spazio autrice:
spero vivamente che questa storia vi piaccia xD. Ho pensato da poco a quest'idea e boh, non so mi sembra parecchio strana o.o anyway, mi lasciate una recensioncina? Mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate ;). Love you xx.



 

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Capitolo 2
*** Snow. ***


Neve. Pura e candida neve cadeva dal cielo quella mattina di dicembre. Elena Todd pian piano aprì gli occhi, e stiracchiandosi, si alzò dal letto. Infilò i suoi piedi nelle ciabatte a fiori che la sua cara amica Jennifer le aveva regalato, per il suo diciannovasimo compleanno, ed andò verso la finestra.
Elena amava tantissimo la neve, sin da bambina la sua risata silenziosa usciva dalle sue labbra giocando con essa. Per Elena la neve era come dire la felicità di un bambino quando scarta i suoi regali a Natale. Si stropiccò un occhio e sbadigliò aprendo la porta di camera sua per dirigersi in cucina.
"Ciao tesoro."
La madre di Elena, Judith, era una donna davvero incredibile. Si dedicava alla sua unica figlia completamente, senza pretendere nulla. Suo marito, Arthur, era anch'egli un brav'uomo. Elena perciò, sotto l'aspetto famigliare, era stata davvero fortunata.
Salutò la madre con un cenno di mano ed un bacino sulla guancia e si sedette al tavolo della cucina, allungando leggermente la testa per vedere cosa bolliva nel pentolino.
"Latte e cereali stamattina El, può andare?" le chiese Judith cortesemente. Elena annuì con un sorriso, guardando fuori dalla finestra.
"Oggi verrà Jennifer, ha detto che ti vuole portare a fare un giretto per un pomeriggio da ragazze." Elena fu davvero felice di quell'affermazione. Jen era un'amica speciale, l'unica che avesse mai avuto.
"Inoltre ci dovrebbe esser una festa di beneficenza a cui potreste partecipare, ma credo te ne voglia parlare meglio Jen." la madre le servì la colazione. Elena svuotò piano la scatola dei cereali nella ciotola del latte. Judith osservò i movimenti della figlia sorridendo orgogliosa. Elena non poteva parlare, ma poteva ascoltare e capire ed a diciannove anni era ormai diventata molto autonoma. Elena le fece segno di prender carta e penna, muovendo lentamente la mano, mimando una persona che scrive. Judith annì passandole l'occorrente e guardò curiosa quello che voleva scrivere sua figlia.
"Hai visto che fuori nevica? Trovo che sia bellissimo." Elena scrisse delle semplici parole, proprio come se una persona normale dovesse parlare.
"Hai ragione; è bellissimo." concordò Judith sorridendo.
"Dovremmo dar una spuntatina a questi capelli biondi Elena, che ne dici?" prese una ciocca dei capelli della figlia e la guardò attentamente, notando qualche piccola doppia punta. Ed Elena scrisse, di nuovo, come era abituata a fare.
"Magari oggi ci vado con Jen." dopo di ciò alzò le spalle, facendosi una coda di cavallo parecchio disordinata e finendo la colazione.
"Sì dai, tanto li devi tagliare di poco."
Judith mise la scatola di cereali nel mobiletto della cucina e la ciotola nel lavello. Elena fermò le mani della madre, mentre cercava di lavare la ciotola, e annuì col capo come per dir 'tranquilla mamma, lo faccio io'.
"Sei davvero un tesoro. Poi cambiati però. Non vorrai che Jen ti vedesse con un pigiama con dei bruchi verdi." scherzò sua madre facendo scoppiare Elena in una impercettibile risata silenziosa. La bionda alzò le spalle ed indicò Judith come per dire 'me l'avete regalato tu e papà.' e sua madre sorrise andandose dalla cucina.
"Tanto lo so che ti piace." scherzò con un tono canzoniero Judith. Da Elena uscirono solo dei silenziosi sospiri. Questa era la sua risata.

Per Nick Wilde la panoramica mattiniera era del tutto differente. Si alzò sbuffando guardando fuori dalla finestra borbottando un: "merda. Nevica." e dirigendosi verso la cucina dove ad accoglierlo c'erano suo padre, sua madre e la sua ragazza con un giornale in mano.
"Grande figliolo, anche il Times adesso parla di te." il padre, Luke, ammiccò posandogli la rivista sotto il naso.
"Nevica, porca miseria." sbuffò nuovamente il ragazzo leggendo ciò che diceva quella famosa rivista su di lui. 'Nick Wilde segue le orme dei genitori. Ottimo futuro per il ventiseienne.' sbattè gli occhi con fare strafottente e sbuffò, di nuovo. Terza sbuffata matiniera.
"Sei di pessimo umore, tesoro?" gli chiese Christine, la sua ragazza. Che più che ad una persona sembrava una bambola. I capelli biondi tinti che eran talmente chiari da sembrare quasi bianchi, gli occhi azzurrissimi ed il seno rifatto.
"No. Sto benissimo. è solo che, dai, chissene frega se il Times parla di di me; la tv nazionale è più importante!" esclamò Nick guardando fuori dalla finestra.
Nick Wilde odiava la neve. Quando nevicava lui non poteva andare in giro con la sua macchina, da milioni di sterline, a farsi notare. Forse era questo l'unico motivo per cui non sopportava vedere quei fiocchi candidi cadere dal cielo.
"George ha detto che ti deve parlare, a proposito." disse sua madre, Kim, alzando gli occhi al cielo. Lei forse era l'unica presente, in quella casa, a cui non andava bene come era cresciuto il suo unico figlio. Troppo viziato, troppo menefreghista, troppo presuntuoso. Troppo tutto.
"Sì, ieri sera mi ha spedito un messaggio, adesso vado." sbuffò nuovamente. Quarta sbuffata mattiniera.

Quando Jennifer Armstrong veniva accolta a casa Todd, era come se ci fosse una gran festa. Si ritrovava, infatti, davanti ai suoi occhi sempre qualche dolcetto preparato in casa.
Elena Todd sapeva, ed amava, cucinare. E farlo per le persone, a cui teneva di più, la rendeva ancora più felice. Come quando era piccola che mostrava i propri disegni ai suoi genitori e quest'ultimi li appendevano nella bacheca della cucina.
Ad Elena Todd, importavano solo queste piccole cose. Perciò quando l'amica entrò in casa e vide Elena mostrarle un vassoio pieno di paste fatte da lei non potè far altro che strabuzzare gli occhi e sorridere, chiedendosi come può una così brava persona non avere la parola.
"El, non devi farmi i dolci ogni volta che vengo a casa tua, lo sai che non resisto." scherzò Jen mettendosi una mano sulla pancia. Elena alzò le spalle sorridendo, facendo accomodare la sua cara amica a tavola e mettendogli il vassoio proprio davanti agli occhi.
"Il profumo è davvero invitante." affermò Jen inebriandosene le narici. Elena, che era in piedi, fece un piccolo inchino scherzoso facendo ridere Jennifer.
"Ti va di aiutarmi a mangiarli?" chiese la rossa. Elena scosse il capo in segno di negazione, indicandosi la pancia e picchiettando piano su di essa come dire 'sono a posto così'.
"D'accordo, peggio per te." ed Elena rise. Non c'erano risate comparabili alla sua. Ogni persona che soffriva di mutismo progressivo aveva una risata differente. Ed Elena Todd, infatti, aveva la propria.
"Ho saputo di un'evento di beneficenza che si terrà oggi pomeriggio di fronte al municipio, sarebbe carino se ci andassimo." Jen si voltò verso l'amica sorridendo. Elena acconsentì, in fondo era così che la bionda e la rossa si conobbero e diventarono amiche, proprio ad una festa di beneficenza.
"Dovremmo vestirci in un certo modo, hai qualche bel vestito in quell'armadio?" Elena aggrondò le sopracciglia confusa ed indicò fuori la neve, portandosi poi le mani alle braccia, sfregandole. Faceva troppo freddo per dei vestiti.
"E come vorresti venire? In jeans?" chiese, quindi, la sua amica. Elena si morse l'interno della guancia, come per rifletterci, e poi sorrise trionfante, annuendo energicamente.
"Sei strana El, davvero." Elena alzò le spalle sorridendo di poco. Come per dire che era fatta così e non ci si poteva far nulla.

Nick Wilde entrò nel suo ufficio con la quinta sbuffata mattiniera. O forse con la sesta, ma non è questo il punto. Il suo amico fidato, braccio destro, o come si preferisce, era lì davanti a lui con il Times in mano sorridendo orgoglioso.
"Che vuoi Finch?" erano poche, molto poche, le persone che avevano il privilegio di esser chiamate per nome da Nick Wilde. Secondo lui non erano abbastanza degne.
"Sei sul Times, Nick." a differenza del nominato in questa affermazione, George era una persona per bene, certo pur sempre quella che passava la maggior parte del tempo con Nick Wilde, ma era una persona abbastanza cortese.
"E allora?" chiese, strafottente, l'altro.
"Svegliati, è ottimo finire sul Times. Stiamo parlando del Times, porca miseria!" George era davvero su di giri. Finire su un giornale, così importante e così conosciuto, non era di certo cosa da poco. Ma non sembrò interessare molto al moro, che si stava togliendo il cappotto firmato.
"E va beh. Io punto alla televisione nazionale." infatti alzò le spalle.
"Hai la fama di uno che ha un cuore di ghiaccio, lo sai vero?" chiese l'amico leggendo qualche riga del giornale mentalmente. Nick sembrò come resuscitare da quello stato di strafottenza e strappò violentemente, dalle mani di George, il Times.
"Ma come si permettono quei deficenti? Senti qua -Nick Wilde non ha mai fatto un gesto altruistico da quando è entrato negli affari di famiglia, uomo importante nel suo lavoro quanto freddo nella vita quotidiana.- ma che diamine scrivono?" il moro lesse quelle poche righe scocciato. Nick Wilde voleva esser l'uomo perfetto in tutto. E di certo leggere queste cose non andava bene.
"Io un'idea ce l'avrei, per smentire queste voci." disse George sedendosi sulla sua poltrona.
"Ti ascolto." il moro incrociò le braccia al petto aspettando che il suo amico continuasse.
"Oggi pomeriggio di fronte al municipio c'è un evento di beneficenza, noi andiamo là, parli con una di quelle persone anormali, fai la tua bella figura e poi ce ne andiamo." George disse queste parole con tutta la tranquillità possibile, e Nick riflettendoci capì che non era una brutta idea.
"D'accordo, andiamo da quei poveri sfigati. Ma stiamo lì poco, ti prego." George rise alle parole del suo amico annuendo.

Nick Wilde non poteva sapere che alla festa di beneficenza avrebbe incontrato Elena Todd, la ragazza che gli avrebbe stravolto la vita.
Elena Todd non poteva sapere che alla festa di beneficenza avrebbe incontrato Nick Wilde, il ragazzo che le avrebbe stravolto la vita.


Spazio autrice:
ecco qui un nuovo capitolo, dove si incominciano a capire meglio le rispettive vite dei due protagonisti :). Beh, che dire, spero vi piaccia ^^.
Vorrei ringraziare TANTISSIMO le persone che hanno letto la mia storia sia recensendola, sia silenziosamente. Grazie di cuore carissime ;).
Love you xx.


 

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Capitolo 3
*** Loneness. ***


 
Solitudine. Spesso le persone attribuiscono a questa parola il fatto di esser soli, e non è sbagliato, ma è solo una definizione incompleta.
C'è differenza tra il 'esser soli' ed il 'sentirsi soli'.
Esser soli significa non aver nessuno, spesso per colpa propria, ed esser degli emarginati socialmente. E questo non lo merita alcuna persona.
Sentirsi soli, significa arrivare alla sera e sentirsi vuoti dentro, significa non avere un motivo per svegliarsi al mattino felici, significa non sentirsi mai abbastanza.
Nick Wilde era solo.
Elena Todd si sentiva sola.
Ecco un'altra differenza.

Quando, infatti, alla festa di beneficenza Jennifer lasciò un'attimo da sola la sua amica, per andare a salutare il suo ragazzo, Elena non potè far altro che sentirsi completamente sola. Si guardò intorno spaesata, con il suo bicchiere contenente aranciata in mano, si morse il labbro inferiore, l'interno della guancia e trovò improvvisamente molto interessante la punta della sua scarpa.
Elena Todd, si sentiva anche persa.

Nick Wilde, anch'egli, si guardò intorno, ma in modo notevolmente più sicuro.
Spavaldo, senza preoccupazioni, con accanto George. Il suo intento era quello di cercare una persona con dei problemi, parlare cortesemente con quest'ultima e poi andarsene facendo una bella figura.
Quando Nick vide il viso di Elena Todd pensò quale genere di problema potesse avere una ragazza così graziosa. Rimase, infatti, un attimo stupito guardando il suo viso delineato, il rossore sulle guance, a causa del freddo, e le labbra serrate.
"Hey, tutto bene?"
George lo risvegliò da quello stato di smarrimento, dovuto forse alla bellezza fine di quella ragazza. Nick indicò con un dito Elena.
"Lei. Scelgo di andare da lei." affermò poi convinto. Non capiva cosa gli stesse succedendo. Nick Wilde, per la prima volta, sentì il mondo fermarsi.
"Ottimo, io vado a mangiare qualcosa al buffet." ridacchiò George, dirigendosi verso la tavola fredda, riempita da cibi e stuzzichini vari. E Nick, come suo solito, sbuffò.
Pensando che quell'uomo non aveva in mente altro che mangiare.

Elena Todd, si sentì ancora in imbarazzo, quindi bevve un sorso della sua aranciata, e quando si sentì toccare lievemente la spalla, per poco non le andò di traverso. Ma appena si girò verso la figura, che aveva appena richiamato la sua attenzione, alzò gli occhi al cielo.
Nick Wilde, l'uomo che proprio non sopportava.
"Ciao." disse semplicemente quest'ultimo. Elena si mordicchiò un'unghia, pregando mentalmente il ritorno della sua amica Jen.
"Ho detto ciao." ripetè, impaziente e già scocciato, Nick. La testa di Elena sembrava scoppiare, non poteva star accadendo di nuovo, non ora che ne stava uscendo.
Tremante, posò il suo bicchiere su un tavolo lì vicino, e prese dalla sua borsa un taccuino ed una penna e scrisse nuovamente.
"Soffro di mutismo progressivo." la piccola mano tremolante scrisse tutto lentamente e quando Nick lesse quelle poche righe, strabuzzò gli occhi e sentì un tonfo al cuore.
"Oh, mi dispiace." riuscì solo a dire il moro. Elena scosse la testa e riscrisse, stavolta in maniera più concisa.
"No, non ti dispiace, sei uno senza sentimenti. Non può dispiacerti." quando Elena mostrò quanto scritto si tese ancora di più.
"Il Times dice un sacco di stronzate, in fondo, sono qui." Nick sorrise beffardo, tenendo testa a quella biondina che già gli sembrava troppo pesante da sopportare. Elena fece un versetto di disapprovazione scuotendo la testa, e scrisse, perchè non poteva far altro.
"Per la tua fama sei qui, non per altro. Appena vedo il tuo nome sui giornali penso che tu non abbia neanche un po' i piedi per terra, che tu sia un montato egocentrico."
Nick lesse quelle parole in modo abbastanza veloce, pensando che era andato proprio dalla persona sbagliata.
Si guardò intorno, alla ricerca di George, per andarsene. E quando vide il suo amico fidato, parlottare con una ragazza dai capelli corvini, capì che era rimasto solo.
Nick Wilde era solo.
"Tu non sia nulla di me, biondina."
Cominciò quindi a sentire l'ira scorrergli nelle vene, nessuno si poteva prendere gioco di lui. Tanto meno una povera sfigata come quella.
"Ho un nome, Nick." Elena, con la penna, sottolineò nella frase l'ultima parola che corrispondeva al nome del ragazzo. Nick strabuzzò gli occhi, guardandola confuso, chiedendosi se davvero quella pretendeva di esser chiamata per nome da uno come lui.
"Come ti chiami, allora?" era apparentemente calmo. Ma poteva chiaramente sentire dentro la rabbia, l'orgoglio ferito e la pazienza esaurirsi.
"Elena Todd." fu sorprendentemente cortese la risposta che la bionda diede al moro, come se si fosse pentita di ciò che aveva scritto in precedenza. Come se volesse ricominciare da capo.
Perchè sì, Elena Todd, era troppo buona.
"Oh, sei italiana?"
Una cosa in cui era esperto Nick era fingere. Sin da bambino si fingeva dispiaciuto per molte cose, si fingeva gentile e si fingeva interessato.
Ma se gli occhi di Nick Wilde potessero avere la parola, come le labbra di Elena, si capirebbe che non sta fingendo. Non del tutto, almeno.
Da quando era entrato in quel posto, i suoi occhi erano destinati ad incontrare quelli di Elena.
Quelle dolci stelle luminose potevano esser la via giusta, se lui si fosse smarrito in quella sua vita davvero troppo impegnativa.
"No, sono inglese come te. Ma ai miei genitori piaceva questo nome." gli mostrò ciò alzando le spalle, serrandosi le labbra il più possibile, quasi schiacciandole tra di loro.
"Capisco." stavolta Nick non fu di molte parole. Ma non perchè non sapeva cosa dire.
Elena Todd gli aveva appena sorriso. E quel sorriso, avrebbe far potuto incendiare l'oceano Pacifico. Era fievole, appena accennato, ma pur sempre un sorriso.

Elena Todd sorrideva spesso. Lo faceva perchè non le rimaneva nient'altro da fare con le sue labbra. Non poteva parlare, non poteva baciare. Poteva solo sorridere, e pensò che anche un montato come Nick Wilde meritava un sorriso.
"Dovresti imparare ad apprezzare ancora le piccole cose, lo sai vero?" era delicata, nella scrittura, Elena. Si prendeva cura di ogni singola lettera sul foglio, scrivendo con delicatezza ed in modo amorevole.
"Cosa intendi dire?" lo scetticismo di Nick fu nuovamente il padrone della situazione.
Elena stava per rispondergli sul pezzo di carta del suo taccuino, quando George interruppe il dialogo, intromettendosi tra loro.
"Nick, ci sono i giornalisti." con un cenno del capo indicò questi che stavano entrando alla festa di beneficenza, con tanto di microfono in mano con il logo della tv nazionale.
"La tv nazionale!" esclamò, infatti, Nick entusiasta. E George annuì, mentre Nick salutò Elena in maniera distaccata, e si diresse verso di loro per lasciare qualche dichiarazione sul perchè si trovava lì.

Nick Wilde era solo, perchè nessuno gli voleva bene.
Elena Todd si sentiva sola, perchè non si voleva bene.

Elena Todd, si chiese come poteva esser così materialista una persona.
Nick Wilde, non riuscì a togliersi dalla testa il sorriso di Elena Todd.

Spazio autrice:
ecco qui un nuovo capitolo e spero davvero con tutto il cuore che sia di vostro gradimento.

Scusate tanto per il ritardo.
Inoltre una nostra "carissima" prof ha fatto una verifica il secondo giorno di scuola, ripeto il SECONDO, vi rendete conto? è davvero da pazzi!
Detto questo, vorrei ringraziare tutte quante voi che mi sostenete in un modo piuttosto che in un'altro. Vi adoro dolcezze! Siete tutte meravigliose.
Siete la mia gioia, punto.
Ed un particolarissimo ringraziamento alla ragazza che mi ha creato il banner, grazie centomila e oltre.
Crediti banner:
http://ask.fm/Andrescrive
Baci a tutte.




 

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Capitolo 4
*** Night and day. ***



 
Notte.
Elena Todd pensava che la notte fosse il periodo più brutto della giornata. Tutto oscuro, tutto tenebroso e misterioso. Non le piaceva per niente. Eppure, si potrebbe paragonare alla notte, Elena Todd.
La notte è misteriosa, ad esempio. Ed Elena Todd, se non la si conosceva bene, lo era.
La notte è anche magica, ad esempio. Ed Elena Todd, era una persona magica.
Non perchè avesse poteri soprannaturali, no. Ma perchè aveva la dote di diffondere amore ed affetto ovunque andava, con un semplice sorriso. Elena Todd aveva quindi, anche, questo dono.
Ma tornando alla paura della notte di Elena, si potrebbero intuire i motivi di questo timore.
Ogni sera, prima di addormentarsi, si rannicchiava su se stessa in posizione fetale, stringeva accanto il leoncino di peluche e portava, tirando sopra la sua testa, tutte le coperte, talvolta scoprendosi anche i piedi.
Ma ad Elena Todd, questo, non importava. Aveva diciannove anni, era grande per avere paura. Ma lei aveva paura persino delle persone, quindi come poteva non averla della notte e dei misteri di essa?
Dormiva, inoltre, con il suo cane Nigel ai piedi del letto. E nonostante fosse un cane di piccola taglia, un cocker spaniel, lei si sentiva più protetta.
Le persone che hanno bisogno di protezione, come Elena, sono quelle che hanno bisogno di amore. Le persone che hanno bisogno di protezione, son quelle che, non hanno mai incontrato l'amore vero.
Elena Todd non aveva mai ricevuto l'amore da parte di qualcuno. Non era mai stata amata e non aveva mai amato. Proprio come la notte, che insegue sempre il giorno senza mai incontrarlo.
Perchè Elena doveva avere paura, quindi, di una cosa che le somiliava così tanto?
Se si vede la notte dall'aspetto positivo è, in fondo, molto romantica. Perchè avere paura del romanticismo, quindi?
La notte è il momento migliore per amare una persona. Perchè avere paura dell'amore?
Elena Todd, forse, aveva anche paura di innamorarsi.
Legarsi a qualcuno, esser presente, esserci per lui... Era tutto spaventoso nella sua mente.
Per questo motivo, Elena, stava distante dall'altro sesso. Nonostante fosse assolutamente eterosessuale ed impazzisse per Brad Pitt.
Strinse forte il cuscino, quella notte, Elena Todd. Fuori aveva appena cominciato a tuonare, si poteva chiaramente sentire la pioggia battere contro la finestra e l'indomani, sicuramente, la neve sarebbe diminuita di livello. Ma, alla fine, questo era proprio il tipico tempo di Londra.
Ed Elena sbuffò, sentendosi nuovamente sola.
Era strano, perchè le cose di cui Elena aveva paura, potevano esser paragonate a lei.

Nick Wilde era appena tornato a casa, quella notte, da un Night Club. Aveva preso qualche alcolico, si era divertito e non aveva pensato a nulla.
Quando sentì un'altro tuono, proveniente da fuori, sobbalzò e si premette la testa per il forte dolore causato dal rumore esterno.
"Merda." imprecò con la bocca impastata a causa della sbronza appena presa.
Nick Wilde era, semplicemente, ubriaco.
Ma la sua vita era perfetta, giusto? Quindi, perchè diventare ebbri d'alcool?
La prima cosa, forse la più banale, potrebbe esser per dimenticare. Il punto è: che cosa? Non di certo la sua fantastica vita, no.
La seconda cosa potrebbe esser per svagarsi, e forse, questa è la più plausibile. Perciò vada per questa seconda scelta.
Quindi, Nick Wilde, voleva svagarsi e non pensare più a nulla. Nient'altro.
Quando si buttò sul suo materasso e cominciò a chiudere gli occhi, dalle sue labbra uscì sussurrata una parola, o meglio un nome, e non si sa il vero motivo.
"Elena."
La notte è il momento della giornata in cui tu sei realmente te stesso. Di notte non si può mentire.
Nick Wilde, non fu mai così sincero in tutti quei suoi ventisei anni.
Ma perchè sussurrare il nome di una persona, sconosciuta, in piena notte prima di addormentarsi?

Quando Elena Todd si svegliò il mattino seguente si poteva chiaramente vedere, sul suo viso, i segni di chi dorme poco o nulla.
"Che occhietti El, hai dormito?" commentò infatti suo padre, che sedeva a tavola con il giornale in mano. Elena scosse lievemente il capo, sedendosi e gettando la testa sul tavolo rabbrividendo.
"Hai freddo?" le chiese sua madre notandola tremare. Elena annuì piano, alzando di poco la testa dal tavolo.
"Mettiti su una felpa, quel pigiama è davvero troppo leggero per questo tempo." le disse il padre, Arthur, baciandole la fronte. Ed Elena annuì, sorridendo. Il suo sorriso poteva illuminare tutta Londra, a detta della madre.
"Guarda Judith, quel Wilde lì sta diventando molto importante." Arthur mostrò alla moglie il quotidiano, portandosi una mano alla fronte, rassegnato.
"Non c'è più religione." commentò Judith leggendo mentalmente quelle righe stampate. Elena incuriosita, si alzò dalla sedia dove accomodava, ed andò al lato opposto del tavolo per vedere cosa diceva l'articolo. Quando lesse della notte brava di Nick, storse la bocca, si fece uscire un piccolo sospiro dalle labbra e scosse la testa.
Quel ragazzo era decisamente troppo materialista.
"Oggi devo andare a far la spesa a proposito. El, vieni con me, ti va?" chiese gentilmente Judith, sorridendo alla figlia. Elena annuì, pensando già a cosa poteva comperare di buono.

Nick Wilde, la mattina seguente, si svegliò con un terribile mal di testa. Dovuto probabilmente alla notte precedente, ma pur sempre molto fastidioso. Pigramente si diresse in cucina, notando la sua ragazza che gli sorrise falsamente.
Nick Wilde odiava quel genere di sorrisi, sebbene lui fosse il primo a farli.
"Buongiorno tesoro."
La voce acuta e stridula di Christine risuonò come un fastidioso eco nella testa di Nick.
Egli dovette portarsi una mano alla fronte, e sfregarsela ripetute volte, per sentire un fievole sollievo.
"Non urlare, ti prego, Tina."
Tina era il diminutivo della sua ragazza. Era stata lei ad obbligarlo col tempo a chiamarla così, nonostante 'Tina' con 'Christine' non corrispondeva molto.
"Sto parlando normalmente, caro. Come al solito."
A differenza della sua ragazza, Nick odiava i nomignoli. Quelli smielati, sdolcinati, che ti facevano accapponare la pelle. Non gli piacevano davvero. Li detestava.
O forse, non aveva trovato la persona che li avrebbe resi persino piacevoli.
"Potresti andare a far la spesa, per favore?" chiese gentilmente Christine.
"Per qual morivo?" chiese a sua volta, seccato, il moro.
"Perchè in casa sta finendo il cibo, e tua madre ha detto che sarebbe meglio se ci andassi tu. Eccoti la lista."
Tina porse la lista in mano al suo ragazzo, che la guardò con riluttanza. Sul serio quella si aspettava che un uomo come lui si abbassasse a tanto? No, no e poi no.
Poi, però, ripensò alla buona impressione che aveva fatto l'ultima volta e si arrese, decidendo per un sì.
"Sarò di ritorno tra poco."
Quindi, avverì la sua ragazza che lo salutò con un bacio sulla guancia, sporcandola lievemente di rossetto rosso.
Così Nick Wilde salì in macchina sbuffando ed imprecando, mentalmente, cercando di mantenere la calma.
Quella non era proprio una bella mattina: la testa sembrava esplodergli, la vista leggermente appannata e la pelle impregnata dell'odore dell'alcool della sera precedente.
Poteva forse andare peggio?

Elena Todd entrò allegramente al supermercato, proprio come una bambina. Si guardò in giro, si diresse nei vari reparti e fece divertire anche sua madre.
Ad Elena Todd piacevano molto i biscotti. Di tutti i tipi. Quelli al cioccolato, quelli a forma di ciambella, quelli che sapevano di panna, quelli che si scioglievano in bocca e quelli con dentro la crema di mele.
"Elena puoi andare a prendere lo zucchero?" chiese cortesemente Judith, sorridendole. Elena annuì dolcemente, sapendo che lo zucchero è nello stesso reparto dei sui amati biscotti.
"Grazie." sorrise la madre proseguendo col carrello.
Quindi la bionda si diresse al reparto e prese il solito sacchetto di zucchero, poi spostò verso destra i suoi occhi e notò i suoi biscotti preferiti. L'ultimo pacco. Era davvero raro trovarli, perchè quando arrivavano li comperavano tutti subito. Andavano a ruba, come si usa dire.
Perciò camminò in direzione di essi, e mentre sollevava il braccio per prendere la confezione, una mano notevolmente più grande prese i biscotti in contemporaneità con la bionda.
"Elena." uscì solo questo impercettibile nome dalla bocca di Nick.
Elena aggrondò le sopracciglia, confusa. Non capendo cosa lui ci facesse lì.

La prima volta si incontrarono per destino, la seconda anche.
Elena Todd e Nick Wilde erano esattamente come la notte ed il giorno.
Elena la notte. Nick il giorno.
Loro due furono l'eccezione. Perchè è destino che, almeno per una volta, notte e giorno si incontrino.

Spazio autrice:
mi scuso ancora per il ritardo, sono imperdonabile, lo so. Spero che il capitolo vi piaccia e che lo leggiate con piacere ^^. Ad ogni modo, grazie a tutte voi per il vostro sostegno di ogni volta.
Siete incredibili. Vi adoro!
Alla prossima.
Un bacione x.

 

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Capitolo 5
*** Just help. ***



 
Sfiorarsi.
Quante volte al giorno ci si sfiora con delle persone senza accorgersene? Molte, davvero molte.
Ma quante volte ci si sfiora con delle persone sentendo i brividi lungo la colonna vertebrale, o provocando la cosidetta 'pelle d'oca'? Poche, davvero poche.
E solitamente questa sensazione la si prova con una persona in particolare, magari con qualcuno dal quale ci si sente inspiegabilmente attratti, o qualcuno che si sente vicino in qualche modo.
Nick Wilde ed Elena Todd non si conoscevano. Non bene, almeno.
Nick Wilde ed Elena Todd non erano amici. Non ancora, almeno.
Nick Wilde ed Elena Todd non provavano nulla l'uno per l'altra. Per adesso, almeno.
Quindi come spiegare i brividi lungo la schiena provocati dallo sfioramento, lieve, delle punte delle dita quando afferarono all'unisono la stessa confezione di biscotti?
Talvolta, ci sono cose inspiegabili.
Il destino è inspiegabile, ad esempio.
L'amore è inspiegabile, ad esempio.
E la pecca più grande dell'umanità è quella di esser attratta da questo 'inspiegabile'; talvolta si ferisce, ci si fa male, ma questo non ferma nessuno.
E, anche per questo motivo, Elena Todd e Nick Wilde non si fermarono.
Rimasero lì: bloccati, fermi, immobili, in attesa che il tempo andasse avanti da solo quando, invece, per loro due si era completamente fermato.
E continuarono a sfiorarsi, a sentirsi, a toccarsi fievolmente, semplicemente stringendo la stessa confezione di biscotti saldamente.
Le espressioni di stupore, le punte delle dita gelate di lei, il lieve sorriso di lui... Erano tutte piccole cose, piccoli dettagli, che facevano la differenza.
Ed Elena Todd, come si sa, amava le piccole cose.
E Nick Wilde, come si sa, non si accorgeva nemmeno della loro esistenza.
"Sei arrivata prima, è giusto che li prenda tu. Alla mia ragazza ne prenderò un altro genere, non ti preoccupare."
Per Nick la generosità era un termine ignoto ma, a volte, mostrava uno strano interesse nei confronti degli altri.
Elena abbassò lo sguardo sorridendo ed arrossendo, scuotendo il capo per poi mollare la presa, lasciando così la confezione di biscotti a Nick.
"No, davvero, è tua." insistette il ragazzo.
Ed Elena scosse il capo, di nuovo, sorridendo.
"Sicura?" chiese, quindi, lui incerto.
Elena tirò fuori dalla sua borsa il taccuino, ricoperto di parole, una biro ed incominciò a scrivere.
"Sono per la tua ragazza, è un gesto molto carino da fare." mostrò tutto ciò sorridendo, rivalutando Nick interiormente, nonostante una stana fitta al petto quando scrisse la parola 'ragazza'. Non poteva esser gelosia, no.
"Non è un mazzo di fiori, sono solo biscotti." ridacchiò il moro.
"Sono queste le piccole cose che intendevo." mostrò quanto scritto a Nick, che aggrondò le sopracciglia confuso.
"Che intendi dire?" chiese, ancora in stato confusionale, il ragazzo.
Ed Elena scosse nuovamente il capo, sorridendo.
"Lo scoprirai da solo, ora devo andare. Ci si vede."
Così Elena lasciò Nick ancora confuso, andandosene verso la madre con lo zucchero in mano ed un pacchetto di biscotti diverso da quello che voleva prendere inizialmente.
Nick la seguì con lo sguardo, finchè non la vide sparire tra la gente. Guardò la confezione di biscotti che aveva in mano ed allora collegò tutto.
"Le piccole cose! Ma certo!" 
Nick Wilde, quel sabato mattina, scoprì cosa intendeva Elena Todd con 'piccole cose'.
Scoprì, appunto. Non le amò subito, però.
E sospirò, guardandosi attorno cercando ciò che era ancora elencato nella lista della spesa.

Quel primo pomeriggio, Elena, stava mangiando i suoi biscotti. Non i suoi preferiti, certo, ma pur sempre un tipo di biscotti che le piacevano.
"El, che cosa stai guardando di bello?" le chiese Judith, alludendo alla televisione accesa.
Elena prese il pezzo di carta accanto a sè, la sua biro blu, e scrisse. Lentamente, docilmente, come faceva di solito.
"P.s I love you." mostrò il foglietto alla madre, sorridendo.
"Qualcosa di più allegro, no?" le domandò Judith, sarcasticamente.
Ed Elena scosse il capo, sorridendo fievolmente, perchè lei amava quel film.
Desiderava anche lei incontrare l'amore, quello vero.
Desiderava anche lei esser amata.
Desiderava anche lei amare.
Lo desiderava, ma le faceva paura.

Quel tardo pomeriggio, Nick Wilde stava camminando per le stradine di Londra.
Era il mese di dicembre, e si potevano notare per tutta la città le tipiche luci natalizie e gli alberi delle casa addobbati di decorazioni. L'atmosfera era magica.
E Nick Wilde guardò con malinconia quelle case, e quelle vie. I bambini che giocavano con la neve e ridevano, i fidanzati che si amavano sotto il vischio e gli amici che si divertivano tra loro.
Lui non sentiva la magia del Natale. Per lui, questa festività, non contava nulla. Era come se fosse un giorno normalissimo.
Si sedette sospirando su una panchina, guardandosi attorno.
Si sistemò la sciarpa e mise le mani, fredde, in tasca.
Il mondo di Nick Wilde era vuoto, proprio come i suoi sentimenti.

Ma, quello che Nick non sapeva, è che presto questo 'vuoto' si sarebbe colmato. E non da qualcosa, ma da qualcuno.
E, questo qualcuno, lo vide lì: solo, seduto sulla panchina, che si guardava in giro.
E, sempre questo qualcuno, si avvicinò a lui; mettendogli, successivamente, una mano sulla spalla.
Questa persona portava i capelli biondi, raccolti in una coda di cavallo, ed un paio di occhi azzurri capaci di far invidia all'Oceano.
"Elena. Che ci fai qui?"
Il moro guardò la ragazza confuso, incredulo e stupito.
La ragazza guardò il moro sorridendo, e si sedette accanto a lui.
Elena prese dalla sua tasca il cellulare e digitò qualcosa, per rispondere a Nick.
"Stavo semplicemente facendo un giro."
Gli mostrò il cellulare, alzando le spalle e sorridendo.
"Oh, capisco." rispose il moro.
"E tu?" si affrettò a digitare lei.
"Identica cosa."

Non parlò molto, quel tardo pomeriggio, Nick.
E ci si potrebbe chiedere chi era dei due che soffriva di mutismo progressivo, in realtà.
Elena era loquace, nonostante non potesse parlare.
Nick era silenzioso, nonostante potesse parlare.
Un controsenso; ecco cos'erano loro due.
"Ho bisogno del tuo aiuto." si ritrovò a dire, senza neanche rendersene conto, lui.
Ed Elena aggrondò le sopracciglia, non capendo il motivo di quell'affermazione.
"Aiutami Elena."
Nick Wilde stava implorando qualcuno.
Ed Elena non poteva crederci.
"Aiutami ad amare le piccole cose."
Nick Wilde si sentì togliere un grande peso dal petto.
Ed Elena Todd sorrise, soddisfatta.
"Lo farò con piacere."
Infatti, la bionda, rispose prontamente, digitando quei piccoli tasti del suo cellulare.

Nick Wilde ed Elena Todd, da quel giorno, diventarono amici.
Nick Wilde ed Elena Todd, da quel giorno, riempirono i loro giorni.
Le parole vuote di Nick Wilde, presero senso.
Le parole senza suono di Elena Todd, presero voce.
Nick Wilde divenne la voce di Elena Todd.
Elena Todd diede un senso alla voce di Nick Wilde.
Ed insieme, crearono una melodia perfetta.

Spazio autrice:
dunque, son tornata :). Ed ho scritto sto capitolo con la febbre .-.

so che è una schifezza, e non convince neanche me, ma sorvoliamo. Son dettagli xD ehehe.
Anyway, come state carissime? :). Tra poco è Halloween e.e yeeah!
Inoltre, inoltre, inoltre... Volevo fare pubblicitààà :D.
Allora, passate anche qui se volete:

- http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2159386 allora questa si intitola "It will be... Forever?" ed è di Shade Drac. è sui vampiri, e ve la consiglio perchè è STUPENDA. *-*
- http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2222412 questa, invece, è mia si intitola "Fear of our love." e vorrei capire come sta venendo perchè è la prima storia che faccio su quel genere di tematica e.e 
POI, UN'ULTIMA COSINA E MI DILEGUO (?)
SIETE FANTASTICHEEEEEE! ^^ LE MIE DOLCISSIME DOLCIOSE LETTRICI.
GRAZIE INFINITE A TUTTE VOI, CHE MI RIEMPITE LE GIORNATE :D.

Ok, ho finito xD.
Alla prossima dolcezze, vi adoro. 
Bacioni x.




 




 

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Capitolo 6
*** Little time. ***


 


Nove di mattina.
Quel quindici dicembre, alle nove di mattina, mentre la pioggia picchiava fievole sulle finestre di casa Todd, un cellulare prese a vibrare alla ricezione di un messaggio.
Elena si svegliò, piano piano, sentendo quello strano ronzio provenire dal suo comodino.
Ed appena lesse, sul suo Blackberry, il mittente, un sorriso appena accennato comparve sulle sue guance pallide.

"Hey, io ho l'ansia da ieri sera. Perciò, biondina, trovami un qualcosa da fare per togliermela."

Elena strabbuzzò gli occhi e scosse la testa, pensando che Nick Wilde era una causa persa.


"Che bello ricevere certi tipi di risvegli, sai? Buongiorno anche a te x."

Fece la sarcastica, ed inviò il messggio con un sorriso vittorioso, che le invadeva le guance, ed esaltava gli zigomi alti.

"Fa poco la spiritosa, Elena, cosa hai intenzione di farmi fare per imparare ad amare queste cosidette 'piccole cose'?! Oh, già, dimenticavo. Buongiorno."

Elena sbuffò, con fare seccato, e sentì il nervoso impossessarsi di lei.
Come poteva esser tanto acida, una persona?

"A quando risale, l'ultima volta, che hai preso una cioccolata calda in un bar?"

Elena Todd amava la cioccolata calda.
Quella densa, bollente, che ti scotta il palato e ti pizzica la lingua.
Era una delle cosa più semplici del mondo, ma che diventavano speciali, se si ha la compagnia giusta.
Ed Elena Todd, quella compagnia, l'aveva appena incontrata.
Ma non era la persona giusta con cui passare il tempo, Nick Wilde. Anzi, era proprio la persona sbagliata.
Ma è risaputo: la gente è attratta da tutto ciò che è sbagliato. E, forse, Nick Wilde sarebbe stato il giusto sbaglio di Elena Todd.

"Penso che risalga, più o meno, a qualche mese fa. Con Christine, mi aveva obbligato ad accompagnarla in giro per negozi, è stato terribile: te lo garantisco!"

Elena ridacchiò silenziosamente, e si affrettò a comporre una risposta decente.

"Perfetto. Allora alzati subito da dove sei seduto, o che ne so, e muoviti. Perchè, oggi, ti farò ricordare com'è buono, e piacevole, il sapore della cioccolata calda ;)."

Elena premette il tasto invio in una maniera insicura, mordendosi il labbro. Si sentì inferiore pensando a Nick Wilde, ed alla sua grande importanza, in tutto il Regno Unito.
Poteva mai esser alla sua altezza? Poteva mai esser, per lui, abbastanza?

"Va bene, signorina. La vengo a prendere a casa sua?"

Roteò gli occhi, lei. Pensando già alla sua ironica risposta.

"Non ti si addice il ruolo del gentiluomo, Nick. Continua a fare il politico, che è meglio ;). Come preferisci, comunque. Se vuoi ci possiamo incontrare direttamente nella piazzetta di fronte al municipio :)."

"Oh, qualcuno qui sta provocando. Sono un vero gentiluomo io, Elena. Ok, vediamoci lì che va benissimo! "

Elena sorrise, alla lettura del messaggio, e se Nick, in quel momento, avesse visto quel sorriso, avrebbe capito che quelle labbra non erano state fatte per parlare, ma bensì per sorridere.

"Va bene, tra mezz'ora lì. Cerca di esser puntuale, o non vorrai forse far aspettare tanto una donna? "

"Prendi pure in giro, Elena. A dopo! "

Lei sorrise di nuovo, digitando frettolosamente la risposta.

"A dopo :). "

E, così, Elena si alzò goffamente dal letto, stiracchiandosi e sbadigliando.
Si diresse in cucina, dove sua madre, già alle nove ed un quarto di mattina, era abbastanza indaffarata.
"Oh, El, buongiorno. Un po' di caffè?" alluse Judith, indicano la caffettiera.
Elena scosse piano la testa, prendendo un pezzo, mal ridotto, di carta ed una semplicissima biro.
"Stamani vado fuori a fare colazione." sorrise spontaneamente, la ragazza.
"Come preferisci, tesoro. Vai con Jen?" le domandò, quindi, la madre.
"No no, con un ragazzo." arrossì mostrando il foglietto, a sua madre, sentendosi in imbarazzo. Sul pezzo di carta, infatti, si poteva notare il modo insicuro in cui erano scritte le lettere.
"Oh, ma che cosa dolce! Mi nascondi qualcosa? Oh mio Dio, non dirmelo. Ti sei fidanzata? E' Dylan, vero? Lo sapevo che era pazzo di te!" esclamò Judith, euforicamente, stringendo la figlia in un caloroso abbraccio.
Dylan McPhee. Scozzese, biondo, occhi colore del cielo.
Conobbe Elena tramite Jennifer, si scambiarono i numeri di telefono, ma poi tutto finì lì.
Forse per colpa di lei, forse per colpa di lui.
Ma non fu nè amicizia, nè tanto meno amore.
"No, mamma. Grazie al cielo non è lui." si affrettò a scrivere, scuotendo la testa.
"Allora chi?" chiese, confusa, la donna.
"Mamma, fidati di me." le mostrò le parole sorridendo, dandole un bacio sulla guancia.
E Judith sbuffò, arrendendosi.
"Basta che non sia un criminale, ok?" le domandò, alla figlia, in maniera retorica.
Elena roteò gli occhi, per la seconda volta, quella mattina. Si portò una mano alla fronte, con fare rassegnato, scuotendo successivamente la testa, sospirando.
"Ok, ci siamo intese. Vestiti e vai, su." le disse scherzosamente Judith, guardando sua figlia esser davvero felice.
Chissà, magari ne valeva la pena.
E guardando il sorriso di Elena, quella mattina, sì. Ne valeva davvero la pena.

Nick Wilde si stava agghindando allo specchio, proprio come farebbe una ragazza al primo appuntamento. Si sentiva nervoso, e fuori posto, senza neanche un vero motivo.
"Ma come siamo belli." disse Christine, baciandolo.
"Devo uscire." alzò le spalle in risposta, lui.
"Affari?" gli chiese la sua ragazza.
"No, Tina, no. Mi vedo con Elena Todd. Hai presente? La muta." spiegò, senza mentirle, Nick.
Nick Wilde mentiva spesso, ma non a tutte le persone.
Mentiva, perchè gli faceva comodo. Mentiva, perchè non gli restava altro da fare.
Ma, quando si trattava di Elena Todd, non riusciva a dire nemmeno una menzogna.
"E per qual motivo, di grazia?" domandò, bruscamente, lei.
"Popolarità, soldi, fama... Quale preferisci?" le rispose.
"Ok, ho capito. Mi fido di te."
Faceva male, Christine Edwards, a fidarsi.
Anche se, in realtà, ciò che faceva più male erano i sentimenti, contrastati, di Nick WIlde.
Come può l'amore, quello vero, far così addolorare qualcuno?
Come può l'amore, quello vero, esser la sofferenza stessa?
Ma soprattutto come può, questo, definirsi amore?
"Ora devo andare. Ciao Tina." la salutò lui con un bacio.
"Ciao Nick, non fare tardi."
Era notevolmente più fredda, quella mattina, alle nove e venti, Christine Edwards.
C'era più freddo dentro di lei, che all'esterno con la pioggia.

Elena era arrivata, nella piazzetta di fronte al municipio, cinque minuti prima.
Non era puntuale e neppure in ritardo. Era, bensì, in anticipo.
Si misura quanto si tiene realmente ad una persona in base all'ora, in cui ci si presenta, quando ci si deve incontrare con la persona stessa.
Se ci si presenta in ritardo, a parte gli inconvenienti, la maggior parte delle volte è perchè non si è realmente interessati.
Se ci si presenta puntalmente, si è nella via di mezzo tra l'interesse e l'innamoramento.
Ma, se ci si presenta in anticipo, questa persona deve contare davvero molto. E, probabilmente, si è sulla via infinita per l'innamorarsi di lei.
Ma come poteva, Elena Todd, tenere così tanto ad un ragazzo che non conosceva nemmeno così apertamente?
Come poteva importarle così tanto di qualcuno che, fino a poco tempo prima, non poteva sopportare?

Nick, d'altro canto, arrivò puntualmente.
Sorrise inconsapevolmente, quando vide un'inconfondibile chioma bionda guardarsi attorno.
Osservò i lineamenti della ragazza e provò una grande dolcezza.
Sei così bella Elena, pensò.
Scosse la testa leggermente, scacciando via quell'inutile pensiero, dovuto forse alla bellezza elegante mattiniera della ragazza, e si avviò verso quest'ultima.
"Eccomi qui, son arrivato." le disse.
Elena si girò verso di lui, facendo un sorriso ironico, e si portò il dito indice sul suo orologio da polso, picchiettando poi piano su di esso, come dire: 'sei in ritardo.'.
Perdonami Elena, ma ero troppo occupato a contemplarti, pensò lui.
"Emh, scusa. Ma che ti aspettavi? Sono un uomo d'affari." alzò le spalle, noncurante, Nick.
Elena alzò gli occhi al cielo, sorridendo lievemente. Poi, con un cenno del capo, fece intendere al ragazzo se potevano dirigersi verso il bar.
"Oh, sì, giusto. La cioccolata. Andiamo." disse il moro, incamminandosi.
Durante il tragitto alcuni fiocchi di neve, mescolati ad alcune gocce d'acqua, caddero dal cielo mentre, tra loro due, regnava il silenzio. Fu Nick, infatti, a romperlo.
"Perchè hai scelto proprio una cioccolata calda? Insomma, non fraintendermi, ma non pensavo che tu ti riferissi a questo." disse.
Elena si affrettò a prendere il taccuino, nel suo cappotto, e la biro. E scrisse, come sempre.
"Per il semplice motivo che una cioccolata calda, in compagnia, è la cosa più semplice da fare in inverno. Come d'estate il gelato." sorrise Elena, mostrandogli le sue parole.
"Oh beh, in effetti, non fa una piega." acconsentì Nick, ridacchiando.
"Già." scrisse semplicemente, lei.
Nick rimase un attimo in silenzio, osservando il profilo di lei. Notò le guance arrossate a causa del freddo, così come la punta del naso ed i lobi delle orecchie. Poi notò, dettagliatamente, gli occhi; così azzurri da fare male. Ed i capelli, così morbidi all'apparenza, che le mani più ruvide potevano persino sentire sollievo al tocco.
Egli non capiva il perchè si soffermasse così tanto su questi dettagli, non capiva il perchè si soffermasse così tanto su queste piccole cose.
Piccole cose. Possibile che girava tutto attorno a loro?
Possibile che, da quel quindici dicembre, il mondo di Nick Wilde girò attorno Elena Todd?
Possibile che, da quel giorno, Elena Todd diventò il mondo di Nick Wilde?
D'un tratto lui si fermò, notando la porta d'ingresso del bar. La bionda gli sorrise, come per incoraggiarlo.
Poi avvenne di colpo: una domanda, diretta ad Elena. Quella domanda.
"Ti fa soffrire molto, vero?" chiese il moro, sentendo il tepore del locale invadergli le fibre del suo corpo.
Elena, invece, aggrondò le sopracciglia ed inclinò la testa, leggermente di lato, come un cucciolo.
"Intendo il fatto di non poter parlare... Ti fa soffrire, giusto?" chiese ancora lui, accomodandosi, insieme alla ragazza, in uno dei tavolini.
Elena mosse la mano, di poco, verso un segno approssimativo. Come per dire: 'così e così.'.
"Spiegati meglio." disse Nick, ordinando intanto le due cioccolate calde.
Elena, quindi, prendendo il suo solito taccuino e la penna, scrisse.
"Beh, ci sono abituata. Non mi hanno privata di una cosa che sapevo già fare; son già nata così. Penso sia bellissimo poter parlare ed avere una propria voce, ma io cosa ci posso fare se non ho questo dono? Nulla. Non è colpa mia, se la natura ha voluto così. Posso però comunque esprimermi in qualche modo, perciò, il resto non importa." scrisse velocemente, mostrando quelle frasi con un sorriso brillante.
"Io invece credo che tu abbia la parola." disse Nick.
"Madre Natura, però, te l'ha messa solo negli occhi." aggiunse poi.
Lei lo guardò stupita, aprendo di poco la bocca, in un'espressione sorpresa.
"Sei dolce." gli scrisse, infatti.
"Lo penso davvero. I tuoi occhi dicono molto di più di quanto non riesca a dire una persona con la propria voce." affermò il moro, con fare sicuro.
Elena sorrise, abbassando il capo, ed arrossì.

Tempo.
Le persone hanno, generalmente, bisogno di questo.
Quel quindici dicembre, alle dieci e venti di mattina, Nick Wilde ed Elena Todd capirono di aver bisogno di tempo.
Tempo per arrivare ed incontrarsi, tempo per avviarsi insieme verso un nuovo cammino e tempo per conoscersi meglio.
Nick Wilde non sapeva che avrebbe aspettato, tutto il tempo del mondo, Elena Todd.
Elena Todd non sapeva che avrebbe aspettato, tutto il tempo del mondo, Nick Wilde.
Ma si sa, per innamorarsi, non serve poi attendere così a lungo.

Spazio autrice:
sono tornata :) perdonatemi il ritardo ç-ç.
Ecco a voi, dunque, il nuovo capitolo di "Silence Words." gente :D.
Nick ed Elena si stanno dando una mossa, secondo voi? :)
Beh, ditemi cosa ne pensate! Ma, soprattutto, come vi sembra procedere la storia.
Passiamo ai ringraziamenti;
IO VI ADORO. GRAZIE MILLE, SIETE UNICHE. NON SAPREI COSA FARE SENZA DI VOI!
Ecco fatto xD.
Davvero grazie, grazie, grazie, grazie, grazie *-*.
Dolcissime sempre voi :3. Tenere!
Vi andrebbe di darmi un parerino (piccolo piccolo) tramite una recensione? :) ne sarei felicissima.
E se vi va, e non avete nulla da fare o che ne so, passate dall'altra mia fanfiction "Fear of our love." che sarei proprio curiosa di sapere cosa ne dite ;).
Beh, ho finito... Sì, ok, ho finito decisamente xD...
Bacioni a tutte voi x.












 

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Capitolo 7
*** Goings on. ***




Quando due persone camminano per strada, nessuno mai si sofferma su ciò che passa nella loro mente.
Perchè è spontaneo non chiedersi nulla, o non farsi delle domande.
Ma, anche un estraneo, se avesse visto Nick ed Elena, passeggiare tranquillamente, per le stradine di Londra, avrebbe capito che tra di loro c'era qualcosa.
Sintonia.
Molto probabilmente, si potrebbe attribuire questa parola a ciò che stava accadendo ai due. Era come se ci fosse una musica romantica di sottofondo, mentre camminavano, sorridendosi e sfuggendosi, per poi rincontrarsi, negli occhi, l'uno e l'altra.
Lui e lei. Nick ed Elena.
Lui e lei. Il silenzioso e la muta.
Lui, lei e le loro mille parole non dette.
"Ma ci pensi? Tra poco è Natale." sospirò lui.
Elena lo guardò, sorridendo, per poi ricominciare a scrivere.
"Già, amo il Natale." scrisse, mentre le luccicavano gli occhi azzurri.
"Sì, si nota." ridacchiò Nick.
"Da cosa?" gli chiese.
"Beh, dal modo il cui sorridi mentre scrivi quella parola." rispose Nick, alzando le spalle.
Elena sorrise, stringendosi, a causa del freddo, nel suo cappotto beige.
E Nick la contemplò, in silenzio, attento ai particolari.
Nick Wilde osservava Elena Todd, come se avesse paura che scomparisse da un momento all'altro.
Elena Todd osservava Nick Wilde, come se sapesse che lei poteva scomparire da un momento all'altro.
"Cosa fai a Natale?" domandò lui.
"Lo passo con la mia famiglia, come sempre. E tu?"
"Con la mia ragazza, i miei parenti... In sostanza un po' come lo passerai tu." spiegò lui, ridacchiando.
E tra loro due c'era, anche, tensione.
Una fievole, invisibile, tensione che stava facendo tremare loro, ma non di freddo.
"Capisco." sorrise lei.
"Cosa ti piace fare? Intendo le tue passioni." domandò il ragazzo.
Si sedettero su una panchina, mentre quella lieve pioggerellina ghiacciata non voleva cessare.
"Oh, amo disegnare." rispose la bionda.
Elena incominciava a sentirsi le mani intorpidite, a causa del freddo. Ed, in questi casi, scrivere diventava davvero difficile.
"Sul serio? Dai, mi disegni qualcosa?" Nick sporse il labbro inferiore in fuori, facendo il cosidetto 'labbruccio', procurando ad Elena una impercettibile risata silenziosa.
"Cosa dovrei disegnarti?" gli chiese, quindi.
"Non lo so, quello che vuoi." rispose lui, sorridendo sinceramente.
Elena scosse la testa ridacchiando, si sfregò le mani tra di loro, per scaldarle un pochino, e prendendo la sua biro blu, ed una pagina libera del suo taccuino, si mise a scarabocchiare qualcosa.
Nick guardò attentamente come Elena muoveva la sua mano destra, e capì che spostava la mano in un modo diverso, da quando scriveva le sue parole non dette.
Quando Elena scriveva era insicura, incerta, quasi spaventata dalle sue stesse parole; un po' come una persona che, quando parla, balbetta.
Quando Elena disegnava era sicura di sè, decisa, felice.
E Nick non potè non pensare a quanto ella fosse straordinaria.
Successivametne, dopo qualche minuto, Elena mostrò ad egli il suo disegno, con un sorriso accennato sulle labbra cianotiche dovute al gelo.
Nick, d'altro canto, strabbuzzò gli occhi guardando la bozza grafica.
"Ma è bellissimo... Wow." e fu lui a rimanere senza parole.
Un viale alberato, disegnato quasi alla perfezione, era riflesso negli occhi del ragazzo.
"Il tuo è un dono." disse, il moro, in un sussurro.
Elena mimò con le labbra un 'thank you' docile, mentre le luccicavano gli occhi azzurri.
"Te lo regalo." scrisse poi.
"Grazie, è davvero meraviglioso." e lui fu davvero felice.
Elena sfregò nuovamente le mani, cercando di scaldarle un'altra volta, senza successi.
"Credo che sia meglio se ti accompagno a casa." affermò lui.
Elena sorrise, annuendo, alzandosi dalla panchina dove sedevano.
"E le tue?" domandò la bionda.
"Le mie passioni, intendi? Mi piace girare con la mia Rolls Royce per Londra." ridacchiò Nick, mentre Elena scuoteva il capo con un accenno di sorriso.
"Incoreggibile." scrisse lei, semplicemente.

Quando Elena tornò a casa era mezzogiorno; la madre stava apparecchiando la tavola, aiutata da Jennifer, mentre il padre guardava un programma televisivo.
"El, bentornata. Com'è andata la colazione?" le chiese Arthur.
Elena chiuse la mano a pugno e, successivamente, alzò il pollice.
"El, mi devi raccontare con chi sei uscita!" esclamò Jennifer, stringendo l'amica in un caloroso abbraccio.
"Sei gelata, lo sai?" ridacchiò Jen.
Elena annuì, ridacchiando anch'ella.
"Forza, vatti a cambiare, e mettiti quella felpa larga che indossi spesso." disse Judith, dalla cucina.
Elena annuì, prese l'amica per mano, portandosela in camera sua, con l'intenzione di raccontarle tutto.

Nick, quando tornò a casa, trovò la sua ragazza a dir poco furiosa con lui.
"Tre ore. Sei stato fuori tre ore con quella ragazza dislessica." affermò Christine, assottigliando gli occhi, mentre il moro entrava dalla porta d'ingresso.
"Ciao anche a te, Tina." sbuffò egli.
"Non fare il sarcastico con me, signorino!" la ragazza incominciò ad alzare la voce, mentre puntava un dito contro Nick.
"Mi hai tradita?!" gli domandò successivamente, arrabbiata.
"Prima di tutto la 'dislessica' soffre di mutismo, poi si chiama Elena. E no, non ti ho tradita." sbuffò Nick di nuovo, arrivando all'esasperazione.
"Ah certo; e tu pensi di cavartela con una risposta idiota del genere?!" richiese lei, indignata, alzando ancor più la voce.
"Calmati, porca miseria! Calmati, ok? Quella ragazza non sta facendo nulla di male. Io non sto facendo nulla di male, ok? Sei tu che hai dei problemi, Christine. Non rompere le palle a me! Io ho la coscienza a posto, non ti ho tradita." affermò lui, cercando di star tranquillo, invano.
"Se scopro che mi tradisci è la tua fine, capito?" domandò Tina, apparentemente forte.
"Vaffanculo, Christine, vaffanculo." disse lui, chiudendosi nel suo ufficio.
Egli sbuffò, passandosi una mano tra i capelli castani.
Poi prese il suo cellulare, e compose il numero del suo braccio destro.
"Finch, ho bisogno di te."

Jennifer Armstrong era sbalordita da ciò che le aveva appena racontato la sua amica; lo si poteva intuire dalla bocca leggermente spalancata, dagli occhi sbarrati ed il fatto di esser stata ammutolita.
"Non posso crederci. Nick Wilde? Quel Nick Wilde?" chiese più a sè, che ad Elena.
La bionda annuì, guardando sorridente la reazione della rossa.
"Oh mio Dio. Senti sposatelo, d'accordo?" domandò entusiasta.
L'altra, invece, rise scuotendo il capo, nonostante Elena Wilde, suonasse meglio di Elena Todd.

George si precipitò all'istante da Nick, chiudendosi nell'ufficio caldo di quest'ultimo, con un gran fiatone.
"Wow, Finch, hai corso?" chiese, sarcasticamente, il moro.
"Ah-ah-ah, divertente, davvero. Che succede, ad ogni modo?" domandò, di conseguenza, George.
"Ho litigato con Christine." affermò Nick, sospirando.
"Che novità! Discutete ogni giorno, voi due." disse l'altro, alzando le spalle.
"Stavolta è diverso; pensa che io l'abbia tradita perchè, stamani, mi sono visto per una colazione con Elena, la muta." spiegò il moro.
"Ahia. Ci hai fatto qualcosa?" chiese George.
"No! Ma che diamine." sbuffò, rassegnato, Nick.
"Allora perchè vi siete visti, di grazia?"
George cercava di capire, cosa stesse provando Nick, in quel momento.
Ma non trovava risposte nè complete, nè sincere. Come se fosse lo stesso Nick a farsi delle domande.
"Perchè..." egli abbassò lo sguardo, passandosi una mano tra i capelli mossi, rassegnato.
"A me Elena non piace, ok? Con una muta, capisci? Per l'amor di Dio!" esclamò, trovando delle false risposte in quelle confuse domande.
"Come vuoi." disse George.
"Esatto, come voglio. Ed io non voglio Elena." ribattè, il ragazzo.
"Ok, ho capito." annuì l'altro.
"Poi dai, con lei? Ma per favore." affermò, con fare sicuro, Nick.
"Nick, ok basta, ho capito."
George gli posò una mano sulla spalla, guardandolo come per dire 'fermati', e Nick si arrestò. Interruppe quei suoi pensieri caotici, e si rilassò, facendo un respiro profondo.
"Vado a chiarire con Tina, grazie Finch." disse poi.
George osservò egli uscire dalla porta del suo ufficio.
E pensò che, questo, sarebbe stato solo l'inizio.

Quando accadono degli avvenimenti che scombussolano l'esistenza di una persona, si tende a razionalizzarli.
Si prova a ridurre la gravità di essi, oppure sminuire l'effetto che questi comportano.
Talvolta si evitano molte domande, per paura delle risposte.
Nick Wilde si sarebbe fatto molte domande.
Elena Todd era colei che conosceva le giuste risposte.
Ma, com'è risaputo, Nick Wilde era troppo silenzioso per porre dei quesiti.
Però, si sa che, Elena Todd avrebbe ascoltato tutti i silenzi di Nick Wilde.

Spazio autrice:
ciao bellissime! Come state? Sono tornata :D.
Chiedo scusa per l'immenso ritardo, ma ho avuto parecchie cose a cui pensare ultimamente e.e scusatemi ancora, davvero. E chiedo scusa se sto capitolo è corto e fa schifo ç-ç.

Ad ogni modo ecco qui il nuovo capitolo di "Silence words." che ve ne pare? Ditemelo pure, apprezzo sempre le vostre tenere parole :3
Come sempre;
GRAZIE MILLE PER OGNI COSA CHE FATE PER ME, SIETE UNICHE!!
Vi adoro, garantito. E, se vi va, passate anche dalle altre mie storielle :3. Ne sarei onoratissima.
Se, invece, volete chiedermi qualcosa mi trovate qui:
http://ask.fm/Teddy_bear_efp 
Riempitemi di domandine daii xD.
Come sempre, grazie di tutto. Siete fantastiche.
La parola a voi.
Bacioni x.






 

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