Vincoli di sangue

di Maty66
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Canzoni, foglie di cavolo ed inseguimenti ***
Capitolo 3: *** Attese ed incontri ***
Capitolo 4: *** Dubbi e sensazioni ***
Capitolo 5: *** Litigi e verità nascoste ***
Capitolo 6: *** Essere padre ***
Capitolo 7: *** Vecchi ricordi ***
Capitolo 8: *** Risposte inaspettate ***
Capitolo 9: *** Momento critico ***
Capitolo 10: *** Piani e strategie d'attacco ***
Capitolo 11: *** Persuasione ***
Capitolo 12: *** Spalle al muro ***
Capitolo 13: *** Il minore dei mali ***
Capitolo 14: *** Conseguenze ***
Capitolo 15: *** Troppo tardi? ***
Capitolo 16: *** Salvataggio imperfetto ***
Capitolo 17: *** Unica possibilità ***
Capitolo 18: *** A te la scelta ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Sentiva il sangue pulsargli nella testa ed il respiro aspro risuonava nelle sue orecchie.
Cercò di urlare con quanto fiato aveva in gola ma era tutto inutile. Scalciò si dimenò e si ribellò con quanta forza aveva mentre i due uomini lo trascinavano brutalmente sull’asfalto bollente verso il furgone. Ma era tutto inutile.
 Mentre si rassegnava all’inevitabile diede un ultimo sguardo alla BMW ormai ridotta ad un rottame.
“Semir… ti prego Semir non morire… ti prego” mormorò  disperato  mentre  guardava il suo amico steso a terra e la enorme pozza di sangue che si era formata sotto il suo corpo

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Capitolo 2
*** Canzoni, foglie di cavolo ed inseguimenti ***


Canzoni, foglie di cavolo ed inseguimenti

Ben tirò l‘ultimo accordo sulla chitarra
"Perfetto” si disse mentre riguardava il testo e la musica della nuova canzone. Aveva passato tutta la notte in bianco, ma ne era valsa la pena. La canzone era il regalo di bentornato per Laura, la sua ragazza. Non la vedeva da quasi sei mesi e fra due giorni sarebbe tornata da lui. “Ora però dovrei ripulire un po’” pensò ancora mentre guardava il campo di battaglia  che era il suo appartamento. Ma  non c’era tempo doveva prendere servizio.
 “Forse è meglio che domani chiami una ditta di pulizie” pensò mentre andava verso il bagno, aggirando i cumuli di vestiti, cartoni della pizza, fogli di musica e vario altro materiale che c’erano in giro. E dire che l’appartamento era stato completamente ristrutturato e pulito dopo l’incendio. Era tutto nuovo, mobili, tende, divani, tutto scelto con cura con l’aiuto di Andrea e di Julia. “L’appartamento giusto per  due sposini” aveva commentato malizioso Semir, che come al solito non mancava mai di lanciare i suoi appelli a favore dell’istituto matrimoniale. Il matrimonio… mentre faceva la doccia Ben non potè fare a meno di chiedersi se Laura si aspettasse  subito una proposta. Dopotutto aveva rinunciato al suo lavoro da ricercatrice per stare vicino a lui, quella era stata la sua ultima missione all’estero. Dal mese prossimo Laura avrebbe iniziato a lavorare presso l’Ospedale Universitario di Dusseldorf e Ben sapeva che questo era stato un grande sacrificio per lei; Laura era una ricercatrice, una infettivologa fra le migliori in Germania  nonostante la sua giovane età e si era piegata per amor suo ad un lavoro monotono e ripetitivo. E Ben l’amava moltissimo, ne avevano passate già tante insieme. Ma non sapeva se era pronto a questo passo. Tutte le ragazze con cui aveva immaginato di costruirsi una vita insieme non c’erano più… e lui aveva paura, semplicemente paura
“Non ci pensare Ben, goditi il momento per ora” si disse mentre usciva e saliva sulla sua Mercedes.
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Semir stava facendo colazione con tutta la famiglia. Gli piaceva particolarmente questo momento della giornata, la maggior parte dei giorni era l’unico momento in cui aveva tutta la famiglia riunita. A pranzo era quasi sempre fuori per lavoro e la sera spesso rientrava che moglie e figlie già stavano dormendo, invece la mattina erano  una vera famiglia, avevano  tutti l’abitudine di alzarsi un po’ prima per onorare questo rituale e fare colazione in pace. “Aida oggi la mamma viene a prenderti un po’ prima a scuola così andiamo da zia Sarah a conoscere il nuovo cuginetto” annunciò Andrea alla figlia di sette anni. Sarah era la cugina di Andrea ed aveva appena avuto un bambino.
 “Mamma zia Sarah ha fatto sesso per avere il bambino?” chiese a bruciapelo a bambina.
 A Semir andò di traverso il caffè che stava bevendo e lo sputò fuori platealmente facendo ridere sia Aida che Lily “Ma che…” borbottò Semir tossendo.  Andrea si nascose il viso sotto il tovagliolo per non farsi vedere ridere. “Ma  tesoro chi ti ha detto questa cosa… i bambini li porta la cicogna” tentò di mentire Semir, beccandosi un’occhiataccia di rimprovero dalla moglie. “Andrea che buona questa crostata” tentò poi di cambiare discorso sempre più rosso in volto.
Ma Aida continuò imperterrita. “Ma la maestra ha detto che i bambini nascono da due genitori quando si vogliono bene e fanno sesso” La bambina aveva  ereditato la testardaggine del padre, se fiutava una pista non la mollava facilmente “Ah… ha detto così la maestra” fece Semir stupefatto “Sì alla lezione di biologia” continuò Aida “La maestra ha ragione Aida, i bambini nascono da due genitori che si vogliono tanto bene” intervenne Andrea cercando di porre rimedio al disastro “Ora però è tardi, bisogna prepararsi per la scuola” continuò cercando di bloccare il discorso. Ma Aida era ben lungi dal mollare l’osso “Quindi se voglio un fratellino anche tu e papà dovete fare sesso” “Beh sì, ma queste cose le capirai meglio quando sarai più grande” laconicamente rispose Andrea prendendo Aida per mano e trascinandola sopra  a vestirsi.
Semir rimase bloccato al tavolo completamente esterrefatto. Com’è che il mondo era cambiato senza che lui se ne accorgesse? Lui aveva creduto che i bambini nascessero sotto una foglia di cavolo, come raccontava la nonna, sino a circa dodici anni, quando un amico l’aveva informato sui misteri della vita lasciandolo stupefatto. Ora invece  le insegnavano alla scuola elementare pubblica queste cose.  Guardò la figlia minore seduta nel seggiolone. “Tu  non andrai a scuola, studierai a casa” le disse, senza che ovviamente la piccolina capisse niente anche se Lily iniziò a piangere e lamentarsi “No..no scherzavo scherzavo” fece il padre prendendola in braccio   
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“Ma ti rendi conto? Da quand’è che insegnano ai bambini di sette anni queste cose?” Ben ascoltava divertito, mentre guidava lungo l‘autostrada, l’amico che rosso in volto si sfogava “Io ho creduto che i bambini nascessero sotto una foglia di cavolo fino  a dodici, dico dodici, anni” continuò “Foglia di cavolo??, al limite la cicogna, ma la foglia  di cavolo, come ci sarebbe finito un bambino sotto la foglia di cavolo?” chiese sempre più divertito Ben “Beh cicogna, foglia di cavolo,  l’importante è che sono troppo piccoli per queste cose. Ai miei tempi…” rispose l’amico “Appunto ai tuoi tempi… non vorrei fartelo notare socio, ma sei un po’… antiquato” “Antiquato? Io non sono antiquato e poi non è questione di essere antiquato, è che Aida è troppo piccola per sapere queste cose. I bambini devono essere protetti nella loro innocenza…  Un padre farebbe di tutto per proteggere il proprio figlio, capirai quando sarai padre anche tu”   rispose offeso Semir “Secondo me Aida ha capito benissimo e non è rimasta per niente turbata, sei tu che hai paura che stia crescendo troppo in fretta. Fra poco non sarà più la tua piccolina… si truccherà, andrà ai concerti, avrà un ragazzo” “Ragazzo??? Deve aspettare almeno fino a vent’anni per avere un ragazzo” fece  Semir “Seee come noooo, ma dove credi di vivere nel secolo scorso?”  rise Ben.

L’attenzione di Semir venne tuttavia catturata da altro “Ehi Ben guarda un po’ quel camion… non ti pare troppo basso sull’asse?” gli chiese indicandogli un grosso tir che li precedeva “Troppo carico?” chiese a sua volta Ben “Diamo un po’ un’occhiata” disse Semir mentre azionava il lampeggiante e si sporgeva con la paletta dal finestrino
“Ehi tu.. accosta un po’” fece all’autista, mentre Ben si affiancava con la Mercedes.
Ma l’uomo, sulla quarantina,  con le braccia completamente tatuate, proseguì nella sua marcia, ad anzi accelerò l’andatura. “Oh… ma sei sordo e cieco? Ti ho detto accosta” urlò Semir sporgendosi di più ed agitando la paletta.
Per tutta risposta il tir sterzò bruscamente verso sinistra tagliando la strada alla Mercedes; Ben a stento riuscì a frenare per non essere tamponato,  sentì i clacson degli automobilisti che lo seguivano unito allo stridore di freni “Ma questo è cretino” imprecò Semir, mentre Ben riprendeva l’inseguimento
“Cobra 11 a Comando. Stiamo inseguendo un tir sulla A 30 direzione Dusseldorf  altezza km 45, richiediamo assistenza” disse Semir nel microfono della vettura; neppure il tempo di udire  la risposta positiva di  Susanne che la porta posteriore del camion si aprì e mostrò un uomo  alto e muscoloso che imbracciava una mitraglietta
“Oh no, non di nuovo” mormorò Semir mentre impugnava la pistola  “Attento!!!” gridò  Ben mentre si abbassava e la scarica della mitraglietta colpiva il cofano della Mercedes “Ah no non possiamo perdere un’altra vettura di servizio” Semir si sporse e con mira recisa colpì la ruota posteriore del tir. Il camion sbandò  più volte fino a che non finì la sua corsa contro la cunetta a destra della carreggiata.
Dal camion scesero di corsa quattro uomini armati che sventagliarono proiettili sulla Mercedes.
 Ben e Semir scesero dall’auto riparandosi dietro le portiere, e rispondendo al fuoco, ma i quattro corsero verso la collinetta di fianco all’autostrada. Ben e Semir li inseguirono ma ben presto i quattro si divisero  e correndo verso la autostrada parallela fecero perdere le loro tracce.
Ben e Semir ansimando tornarono al camion.
Iniziarono a cercare all’interno del rimorchio, ma vi trovarono solo  materiale edile ordinatamente riposto. Anche i documenti del camion parevano in regola; il tir,  di proprietà di una ditta di import export proveniva dalla Ucraina ed era diretto a  Dusseldorf. Stavano quasi per arrendersi quando Semir udì un lamento flebile. “Shhh…” fece avvicinando l’orecchio al pavimento del tir. Poi diede alcuni colpi alle tavole “E’ vuoto qui sotto” disse a Ben “Aiutami” gli chiese mentre prendeva una sbarra.  Piano sollevarono la prima tavola dal pavimento. Si sprigionò un odore tremendo.
“Ma che c’è qua sotto?” disse Ben mentre sollevava altre tavole.
 Fino a che i due poliziotti non videro molte paia di occhi che li fissavano terrorizzati  

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Capitolo 3
*** Attese ed incontri ***


Grazie sempre alle mie fedeli  amiche ( orami possiamo definirci così) Sophie,Laura, Djaly e Iuccy che seguono con costanza i miei vaneggiamenti


Attese ed incontri

La ambulanze stavano prestando i primi soccorsi alle ragazze che Ben e Semir avevano scovato nel  doppio fondo del Tir. Erano tutte disidratate , con segni di soffocamento e tutte giovanissime, dai sedici ai venti anni. E della dieci ragazze richiuse, due non ce l’avevano fatta. Quando i soccorritori erano penetrati nel buco dove avevano viaggiato per circa due giorni, senza aria né cibo né acqua, erano già morte.
Ben guardò con tristezza le due bare  metalliche che venivano caricate sul furgone del medico legale. “Poverine… chissà cosa credevano di trovare venendo in Germania ed invece avevano trovato una morte atroce” pensò mentre raggiungeva Semir che stava interrogando le altre ragazze.
“Allora qualcuna di voi parla la nostra lingua?” chiese Semir  mentre  che erano ancora assistite dai sanitari che somministravano loro liquidi  ed integratori
Le ragazze rimasero in silenzio guardandosi spaventate fino a che una alzò la mano “Io… un po’…” disse una bella ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi “Magnifico” disse Semir avvicinandosi “Come si chiama signorina?” “Iryna… ora ci arresterete tutte?” rispose la ragazza spaventatissima. “Ma no, non ti preoccupare” le disse Ben sorridendole. La ragazza si calmò all’istante
“Ma cosa  farà alle donne… basta che sorrida e cadono come pere dall’albero” pensò Semir
“Allora Iryna, dicci cosa è successo” continuò Ben con il suo miglior sorriso. La ragazza iniziò il racconto con voce tremante “Siamo tutte di Lviv in Ucraina, avevamo tutte risposto ad un annuncio di una agenzia di lavoro interinale su di un giornale locale. Promettevano di farci trovare lavoro  in Germania come cameriere o baby- sitter. Avrebbero pensato loro a farci avere il permesso di soggiorno” “Ma come fanno a cascarci ancora” pensò Ben “ Ci hanno dato appuntamento tre giorni fa  alla piazza della città. Inizialmente sembrava tutto normale ci hanno fatto salire su di un autobus ma arrivati a pochi chilometri dalla frontiera ci hanno fatto scendere, ci hanno preso i passaporti e poi … ci hanno chiuso tutte in quel buco” la voce della ragazza si strozzò. “Faceva tanto caldo, avevamo sete, non c’era aria… è stato terribile… e poi Mariya  e Svetlana hanno iniziato a stare male…” La ragazza scoppiò in un pianto dirotto.  Ben le posò la mano sulla spalla per confortarla “Senti ti ricordi come si chiamavano le persone che vi hanno contattato?” “Noi abbiamo parlato tutte con Ivan, che diceva di essere il titolare della agenzia per il lavoro. Poi c’erano altre tre persone, ma non ne abbiamo mai saputo il nome. Parlavano pochissimo fra loro”
Il medico fece un cenno ai due poliziotti “Dobbiamo portarle in ospedale ora” “Va bene Iryna, ci vediamo domani in ospedale. Ora riposati” la salutò Ben e la ragazza lo ricambiò con un gran sorriso
Si era fatto tardi; Ben e Semir tornarono in ufficio per compilare il loro rapporto e riferire alla Kruger.
********************

Klaus Brandt guardò l’orologio appeso alla parete del suo nuovo ufficio. Le  nove e mezza della sera. Stava lavorando ininterrottamente dalle tre quando era tornato dalla pausa pranzo. Ma doveva riorganizzare tutto l’ufficio della Procura distrettuale. Il suo predecessore era stato un vero e proprio disastro da quel punto di vista.  Lui era stato nominato capo della Procura distrettuale di Colonia da meno di un mese e stava facendo del suo meglio per sistemare  l’ufficio, renderlo il migliore della Germania, sarebbe stato il suo ultimo lavoro, il suo canto del cigno.  E  aveva poco tempo
La segretaria, una bella donna bruna, bussò discretamente alla porta dell’ufficio. “Sig. Procuratore  è ancora qui…” disse meravigliata “Sì c’è molto lavoro da sbrigare Miriam. Cosa c’è?” le rispose leggermente infastidito “Nulla… è appena arrivato un rapporto dal Distretto autostradale di Neuss Colonia. Lo vuole subito o glielo protocollo per domani?” “Cosa riguarda?” chiese il procuratore “Un presunto traffico di ragazze dell’Est destinate alla prostituzione” rispose la segretaria “Beh allora mi pare urgente, me lo passi subito” La segretaria gli porse una cartellina  e subito dopo gli passò il file sul pc.
Brandt lesse attentamente il rapporto ma la sua attenzione fu catturata più che altro dalle firme che c’erano in calce allo stesso.
Subito dopo chiamò all’interfono la segretaria. “Miriam per favore mi mandi i file personali dei due ispettori del distretto che hanno redatto il rapporto”  Pochi minuti dopo erano sul  pc.
Brandt rimase a leggere e rileggere per circa un’ora, fissando intensamente una delle foto
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“Allora queste sono le chiavi di casa, mi raccomando ai fiori, a lei piacciono  le rose gialle. E la cena…” “Ho capito Ben, ho capito… quando torni stasera con lei trovi tutto come hai chiesto” sorrise Helga la corpulenta governante di casa Jager. Non avendo trovato una ditta di pulizie Ben si era rivolto all’unica  persona che poteva aiutarlo in quel momento: la storica governante di famiglia. Ben l’aveva sempre considerata a metà fra Mary Poppins ed una sorvegliante delle SS, ma la donna aveva cresciuto i due ragazzi Jager dopo la morte della madre con  tutto l’affetto possibile e i due fratelli la amavano come e più di una persona di famiglia. “Lo sai che ti amo vero?” le sorrise Ben mentre usciva di casa “Esci di qui brutto malandrino seduttore, fammi lavorare” rispose la donna facendo finta di essere imbronciata mentre  lo accompagnava all’ingresso. Ben si avviò alla Mercedes con un senso di euforia. Stasera avrebbe avuto di nuovo Laura fra le sue braccia

“Jager, Gerkan nel mio ufficio per favore” fece la Kruger. “Bene iniziamo presto stamattina. Hai combinato qualcosa?” chiese Semir mentre si alzava dalla scrivania. “Ma no, non sono neppure in ritardo . Non più del solito almeno” rispose Ben
Ma la comunicazione della Kruger li lasciò interdetti “Signori, ieri sera mi ha chiamato il procuratore Brandt. Ci vuole vedere tutti nel suo ufficio oggi pomeriggio alle quattro”  Ben si alterò immediatamente “Ma capo io oggi pomeriggio avevo preso un permesso, devo andare a prendere Laura in aeroporto… e poi noi che c’entriamo con il procuratore i rapporti ufficiali con il pm li tiene sempre lei” “Lo so ma Brandt ha espressamente richiesto la vostra presenza” rispose infastidita la Kruger. “Ma capo…” cercò di opporsi ancora Ben “Jager non è che a me faccia piacere più di tanto la sua presenza, le ripeto è una richiesta espressa del procuratore a cui non possiamo rispondere negativamente. Ci siamo capiti?” “Ma quanto è acida” pensò Semir mentre trascinava Ben fuori dall’ufficio prima che scoppiasse una rissa.
 “Dai Ben non ti preoccupare. L’aereo arriva alle otto  giusto? Quanto vuoi che ci trattenga il  procuratore? Per le sei al massimo siamo fuori e se necessario  ti scorto all’aeroporto a sirene spiegate”  gli disse cercando di calmarlo. “Ma io volevo passare dal barbiere e mettermi in ordine…” rispose lui imbronciato “Dal barbiere?? Mettere in ordine?? No, non ci posso credere. Wow… devi essere proprio cotto” lo prese in giro l’amico “Sì… sfotti tu. Ma secondo te perché poi questo Brandt ci vuole per forza vedere?” chiese Ben “Non lo so… è nuovo, l’hanno nominato da meno di un mese. Forse si vuole far conoscere” rispose Semir “Sarà il solito pallone gonfiato” sentenziò Ben “A me basta che non sia come gonna di ferro” rise l’amico.

La giornata passò tranquilla. I due poliziotti non avevano ricavato molto dall’interrogatorio delle ragazze in ospedale. Mentre stavano per salire in macchina per recarsi alla procura Semir si rivolse a Susanne “Mia dolce abbiamo le notizie che ti ho chiesto sulla ditta cui era diretto  il materiale sul tir?” “Non ancora, ma per quando torni le avrai sulla tua scrivania” “Ma grazie mia bella bionda” rise Semir.
Quando arrivarono alla procura la Kruger li stava già aspettando impaziente all’ingresso. “Finalmente!!” sibilò  mentre entravano nella portineria e si facevano annunciare “Ma capo sono le quattro in punto” le fece notare Ben rimediando una occhiataccia.

Entrando nello spazioso ufficio Ben si sentì immediatamente a disagio.  Il procuratore venne loro incontro e strinse con vigore la mano ad ognuno di loro, invitandoli a sedere. “Posso offrirvi qualcosa?” chiese amichevole “No grazie” risposero quasi all’unisono i tre. “Insisto, almeno un caffè” impose Brandt chiamando la segretaria.
Per tutto il tempo del colloquio Ben si sentì osservato, era come se quell’uomo gli volesse fare una radiografia con gli occhi. Anche se era sempre stato un “caffè-dipendente” e ne beveva almeno dieci al giorno, prese solo uno o due sorsi dalla tazza fumante che la segretaria gli porse. Non vedeva l’ora di andarsene di là ed il suo pensiero ogni tanto correva al momento in cui quella sera avrebbe rivisto Laura.
Non che la conversazione fosse interessante. Il procuratore si limitò a fare  delle domande su cose che già erano riportate nel rapporto, mostrandosi interessato solo quando la Kruger menzionò la città ucraina da cui erano partite le ragazze.
A Semir invece il procuratore suscitava strane sensazioni, era come se l’avesse già visto, aveva un che di familiare, anche se era certo di non averlo mai incontrato prima. Eppure gli sembrava che si muovesse, sorridesse e parlasse in un modo  che non gli era estraneo…
Finalmente dopo circa un’ora, con grande sollievo di tutti l’incontro finì. La Kruger e Brandt concordarono le prossime mosse dell’inchiesta e tutti uscirono dall’ufficio.

A Ben sembrò di respirare meglio una volta fuori.
“Ecco visto? In perfetto orario, ce la fai anche a passare dal barbiere” disse divertito Semir mentre accompagnava Ben  alla Mercedes. “Quell’uomo non mi piace” fece Ben “Ma no, solo una tua impressione, a me pare competente invece. Comunque non ci pensare, corri dalla tua Laura e divertiti stasera” Ben sorrise felice. “Già anche perché abbiamo solo stasera, domani purtroppo dobbiamo andare a cena da mio padre che vuole conoscere Laura” “Oh peccato! Andrea vi voleva anche lei a cena domani sera.. beh facciamo dopodomani allora” “Certo” rispose Ben mentre avviava il motore della macchina
“Allora  ci vediamo domani, sei autorizzato a far tardi, ti copro io con la Kruger. E bacia Laura per me” “Grazie Semir” sorrise il ragazzo  salutandolo

Semir tornò al Distretto ridacchiando fra sé e sé. Ben sembrava veramente innamorato, forse era la volta buona. Il ragazzo doveva solo convincersi che  poteva fare il grande passo. Anche se ripensando alle precedenti esperienze amorose di Ben a Semir corse un brivido lungo la schiena. “Stavolta andrà bene” pensò
Il suo buon umore venne però guastato appena tornato in ufficio. Susanne lo accolse con faccia scura “Semir ho le informazioni che mi avevi chiesto” gli disse porgendogli un foglio “Beh che c’è? Perchè quella faccia?”
Ma Semir capì immediatamente lo sconcerto della segretaria appena lesse il rapporto. Il tir  doveva avevano trovato le ragazze era diretto ad una società di Dusseldorf: la Jager Costruzioni

Klaus Brandt era ancora nel suo ufficio e stava  fissando dalla finestra il traffico di punta delle ore serali. Guardò ancora una volta l’orologio e poi prese dal porta pillole l’ennesima compressa della giornata, che ingoiò con un sorso d’acqua.  Lo sguardo gli cadde sulle tazze da caffè che ancora erano sulla sua scrivania. La segretaria aveva chiesto più volte se poteva portarle via, ma lui aveva sempre rifiutato.
Rimase in silenzio ancora un po’ e poi con un sospiro prese una delle tazze e la rinchiuse con cura in un sacchetto di plastica, sigillandola.

Ehm... vediamo se indovinate  cosa ha in mente Brandt. E cosa  ha a che fare il padre di Ben con questa storia. Un piccolo indizio: Semir ha quasi  doti paranormali, almeno nelle mie storie
Saluti e grazie sempre 

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Capitolo 4
*** Dubbi e sensazioni ***


Dubbi e sensazioni

Ben si svegliò con la luce che filtrava dalle persiane. Si voltò  verso la ragazza che pacifica dormiva rannicchiata accanto a lui e rimase perfettamente  in silenzio a guardarla. Era davvero bellissima.  Il corpo esile e perfetto era abbronzatissimo ed anche i capelli scuri con il sole avevano assunto delle tonalità castano chiare.
Ben rimase così in perfetto silenzio, per almeno venti minuti sino a quando Laura con un sospiro non aprì gli occhi azzurro intenso. “Buongiorno amore… ma mi stavi fissando?” gli disse stampandogli un bacio sulla bocca e strofinando il naso contro quello del ragazzo “Stavo solo ammirando la mia bellissima fidanzata” rispose lui carezzandole il viso con il dorso della mano “Beh, ma non sai che fissare è da maleducati” scherzò Laura “E allora  sarò maleducato per tutta la giornata perché ho intenzione di ammirarti per tutto  il tempo” “La cosa può sembrare un po’ inquietante” rise Laura mettendosi seduta al centro del letto.
La stanza, perfettamente in ordine quanto erano arrivati, si era ridotta in breve  in un disordine assoluto
A terra c’erano sparsi dappertutto borse, borsoni valigie mediche e tutto quello che Laura aveva portato con sé. Laura studiò con attenzione i particolari della stanza appena ristrutturata. “Mi piace come avete arredato l’appartamento” disse girandosi intorno, ma gli occhi azzurri si rabbuiarono immediatamente mentre  pensava alla ragione per cui tutta la casa era stata ristrutturata. “Che c’è amore?” chiese Ben  vedendo il cambio di umore. Laura lo abbracciò stretto “Se penso a quello che poteva succedere…” rispose  triste “Ma non è successo niente, questo è l’importante” fece Ben spensierato.

 Laura non rispose ma la sua mente corse ai discorsi che aveva fatto con Andrea prima della sua partenza per il Sudan su cosa comportava essere la compagna di un poliziotto. “Devi rassegnarti Laura a vivere con l’idea che quando escono la mattina dalla porta di casa non sai se la sera rientreranno”; aveva ancora in mente  le parole di Andrea e lei non era sicura di riuscire a convivere con questa situazione    

“Mi spiace per stasera ma non potuto rifiutare l’invito di mio padre” disse Ben mentre erano seduti al tavolo della cucina a fare colazione “Ma non mi dispiace, anzi,  sono contenta di conoscere tuo padre” Laura sfoderò uno dei suoi  migliori sorrisi nascondendo il fatto che in realtà era un po’ agitata per l’incontro “Aspetta di conoscerlo prima di parlare” fece caustico lui “ E che sarà mai, se ho convinto i capi tribù a far vaccinare i  bambini dei villaggi saprò di certo parlare anche con tuo padre” sorrise lei ironica. “Speriamo… ma non dire che non ti ho avvertita” concluse Ben mentre la baciava sul collo.
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Semir  aveva trascorso una notte insonne.
In realtà il fatto che il tir dove avevano trovato le ragazze fosse diretto alla società del padre di  Ben poteva non significare proprio nulla, ma Semir si chiedeva come doveva comportarsi con l’amico. Non voleva mentirgli né nascondergli nulla, ma non voleva nemmeno preoccuparlo senza motivo. E conosceva Ben, se veniva a sapere della cosa si sarebbe precipitato dal padre per chiedere spiegazioni e la cosa sarebbe finita in litigi furibondi, come la maggior parte delle volte in cui i due si incontravano.

Arrivato al Distretto venne convocato dalla Kruger che impaziente lo stava già aspettando- “Dov’è Jager?” chiese senza neppure dire buongiorno. “ Arriva un po’ più tardi. Recupera le ore di permesso perse ieri pomeriggio per quell’incontro del tutto inutile” rispose con una nota di acidità Semir “In effetti devo dire che neppure io ho capito perché il Procuratore Brandt ha voluto vederci di persona” fece la Kruger pensierosa “Cosa sa di lui?” chiese Semir “Non molto, solo che è uno dei procuratori più brillanti della Germania, qualsiasi ufficio abbia diretto è arrivato ai vertici di tutte le graduatorie di merito. E che è molto ricco, grazie alla sua precedente attività di avvocato”  “E come mai mostra tanto interesse per noi?” “La circostanza mi è più che oscura” rispose ironica Kim “Quell’uomo si comporta in modo anomalo, ieri fissava Ben in modo strano” “Gerkan che si mette a fare anche il paranoico? Veniamo a  noi. Cosa intende fare con Konrad Jager?” “ Per quanto  ne so da Ben chi si occupa attualmente della parte tecnica della società è Peter il marito di Julia. Julia ed il padre si occupano esclusivamente della parte finanziaria da quando la società è stata quotata in borsa” “Ok allora vada a sentire per primo Peter. Ha intenzione di dirlo a Ben?” “Non lo so commissario”

 Proprio in quel momento il cellulare di Semir si mise a squillare “Giorno socio” disse la voce allegra dall’altro lato della linea quando Semir rispose “Giorno Ben tutto bene? Laura?” fece lui guardando interrogativo la Kruger “ Benissimo, tutto a posto. Senti socio… mi chiedevo se oggi potevo… prendere un giorno di ferie” La voce di Ben sembrava quella di un bambino che chiede alla mamma di saltare la scuola “Un giorno di ferie?” ripetè Semir guardando la Kruger, che dopo alcuni secondi annuì “Beh penso di sì, non penso che il Commissario…“ Semir non ebbe il tempo di finire la frase “Grazie socio, sei un amico” disse Ben chiudendo la chiamata “Beh almeno per oggi il problema è rimandato” sospirò Semir “Io vado ad interrogare Peter” disse mentre usciva dall’ufficio
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Ben e Laura avevano deciso di trascorrere  la giornata a zonzo in completo relax in attesa della cena della sera. Avevano passeggiato mano nella mano lungo il Reno, pranzato in un piccolo ristorantino nei pressi della Cattedrale e prima di tornare a casa Ben si era fermato in un negozio di musica  a cercare qualche novità. Mentre lui e Laura bighellonavano fra gli scaffali Ben sentì una voce alle spalle
“Ispettore Jager anche lei qui…” Ben si voltò e rimase assolutamente stupefatto “Procuratore Brandt…” “Anche lei appassionato di musica?” chiese Klaus “Beh sì… molto in realtà” rispose Ben, mentre Laura gli si avvicinava “Salve” sorrise Klaus mentre guardava la ragazza “Procuratore Brandt lei è Laura Brawn, la mia fidanzata” Laura porse la mano orgogliosa, era la prima volta che Ben la presentava così a degli estranei
 Ma Ben era sempre più inquieto, quell’uomo li stava fissando esattamente come lo aveva fissato nel suo ufficio il giorno prima “Sa ispettore… quando era giovane suonavo in una band” disse Klaus continuando a guardare fisso Ben “Davvero? Anche Ben ha una sua band,  Ha una voce bellissima e compone canzoni magnifiche” disse Laura “Laura non tediare il procuratore con queste storie” intervenne Ben. Quell’uomo lo metteva a disagio e  voleva liberarsene il prima possibile “Non mi annoiano affetto, anzi” disse Klaus continuando a guardare la coppia. Ben però troncò la conversazione “Ora dobbiamo scappare. E’ stato un piacere incontrarla. Arrivederci”
Anche Brandt salutò ma rimase nel negozio a guardare la giovane coppia che usciva.
Ben si sentiva lo sguardo sulla nuca e per un lungo momento ebbe la netta sensazione che quell’incontro non fosse stato casuale.  Ma la sua attenzione vene presto distratta dal pensiero ancor più terrificante della cena che li aspettava a casa di suo padre
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Semir arrivò alla elegante costruzione alla periferia di Dusseldorf nel primo pomeriggio. La sede tecnica della Jager Costruzioni era gigantesca ed era stata ampliata da poco; Semir aveva saputo da Ben che dopo che la società aveva rischiato la bancarotta, negli ultimi due anni aveva subito un balzo enorme al punto di essere quotata in borsa. Impiegati e operari si aggiravano indaffarati nei vari cortili del palazzo. Semir si fece annunciare  dalla segretaria e non dovette attendere molto prima che Peter gli venisse incontro “Ispettore Gerkan, ma che sorpresa…” disse porgendogli la mano e cercando dietro di lui “Ma Ben non c’è?” gli chiese “No ingegnere non c’è… anzi le sarei grato se non gli facesse menzione per ora di quest’incontro” “Ok… va bene” si vedeva che Peter era perplesso. I due  entrarono nell’ufficio di Peter.
“Come posso aiutarla?” chiese subito Peter. Ora si vedeva che era preoccupato.
Semir gli raccontò brevemente del tir, di quello che avevano  trovato nel doppio fondo del pavimento. “Il tir era diretto a questa azienda” gli disse infine Semir mostrandogli la bolla di carico. “Certo, acquistiamo spesso materiale da questa società in Ucraina” rispose Peter guardando il documento.
Semir vide però che iniziava a diventare nervoso. ”Lei conosce quest’uomo?” gli chiese ancora Semir mentre gli mostrava l’identikit redatto sulla base delle indicazioni delle ragazze trovate nel tir.
Peter gli diede appena un’occhiata e poi sempre più nervoso rispose “No non l’ho mai visto. Chi dovrebbe essere?” “ Si chiama Ivan ed è  l’uomo che ha reclutato le ragazze in Ucraina  e le  ha rinchiuse nel doppio fondo del camion” “Mi dispiace non la posso aiutare” disse  Peter restituendogli il foglio “Lo sa che in quel camion sono morte due ragazze? Avevano meno di venti anni entrambe” chiese duro Semir “Certo me lo ha detto Ispettore” rispose Peter evitando di guardarlo in faccia.

Semir rimase alcuni minuti in silenzio. Poi si alzò “Bene pare che non abbiamo più nulla da dirci” disse porgendo la mano a Peter
Semir uscì dall’ufficio con la netta sensazione,  che per lui era certezza, che Peter avesse mentito. E questo creava un enorme problema con Ben   
Peter guardò Semir uscire dalla palazzina e risalire sulla sua BMW. Nervosissimo prese il suo cellulare e compose un numero “Abbiamo un problema enorme” disse concitato all’interlocutore
 
Klaus Brandt era tornato in ufficio che era già sera. Stava per sedersi alla sua scrivania quando la fitta dolorosa lo prese come al solito all’improvviso. Sentiva come se l’intero corpo  fosse stretto in una maglia dolorosa, non riusciva a respirare. Con le mani tremanti prese il porta pillole ingoiò la compressa senza neppure bere acqua. Dopo alcuni minuti il dolore gradualmente scemò. Dannazione non c’era più molto tempo.
Si sedette ancora ansimando e iniziò a leggere i rapporti che gli avevano trasmesso. L’attenzione cadde sul primo della lista nelle sue email. Lo guardò a lungo.  Da quando era arrivato a Colonia sembrava quasi che tutta una serie di avvenimenti lo portassero in un’unica direzione. Eppure aveva cancellato quel pensiero dalla sua mente per tanti anni.
Poi chiamò la segretaria. “Miriam prepari subito un ordine di perquisizione per la Jager Costruzioni” le ordinò   
********************

Laura e Ben arrivarono alla grande villa di Dusseldorf in netto ritardo rispetto all’orario programmato.
Laura ad un certo punto  aveva iniziato a pensare che  Ben lo stesse facendo apposta a vestirsi con lentezza esasperante. Per non parlare di come aveva guidato: con una  velocità degna di un ottantenne  cui stanno ritirando la patente.
Comunque erano arrivati. Quando scese dalla autovettura Laura rimase per un attimo a bocca aperta. Sapeva che la famiglia di Ben era facoltosa,  ma una villa così l’aveva vista solo sulle riviste patinate. Non riusciva a credere che Ben fosse cresciuto lì.

Con un sorriso nervoso Ben la accompagnò alla porta e bussò. Venne  ad aprire Helga “Ohhh finalmente  il mio ragazzo bello… sei in ritardo” disse abbracciandolo. “Laura lei è Helga la mia tata e l’angelo di questa casa” fece Ben sorridendo “Ciao cara, benvenuta” Helga prese Laura in un abbraccio tempestoso “Piacere… Ben hai ancora la tata?” scherzò la dottoressa “ Lui ne avrebbe bisogno in eterno, ma attualmente non gli cambio più i pannolini da un po’” rispose la donna con un gran sorriso.
 “Tuo padre vi sta aspettando” disse infine indicandogli la sala da pranzo.

Le presentazioni furono alquanto imbarazzanti Ben saltellava da un piede all’altro come uno scolaretto. Per fortuna c’era Julia che già conosceva Laura e quindi fece da cuscinetto fra la ragazza sempre più imbarazzata e un Konrad che pareva la stesse sottoponendo ad un vero e proprio interrogatorio. “Peter si scusa ma è stato trattenuto  in ufficio” Ben ci rimase male; quando c’era Peter la conversazione dopo un po’ scivolava su questioni tecniche e lui per sua fortuna veniva tagliato fuori dalle discussioni fra cognato e padre.
Finalmente si sedettero a tavola. E Konrad riprese l’interrogatorio “Allora Laura come mai ha rinunciato alla ricerca all’estero sul campo?” chiese con tono inquisitorio “Beh, in realtà un po’ siamo stati costretti. Il governo ci ha lasciato senza fondi e senza fondi non si va da nessuna parte. E  poi volevo restare vicino a Ben per un po’”
Konrad sorrise “Bene vedo che sei una ragazza saggia, che sai fare rinunce per il bene della famiglia. Forse potresti trasmettere un po’ della tua saggezza a mio figlio” Ben posò rumorosamente la forchetta sul piatto sentendo arrivare la tempesta
 “Papà ti prego non stasera” intervenne Julia “E perché non stasera? Mi interessa sapere l’opinione di Laura sul fatto  che il suo fidanzato, senza averne alcuna necessità, mette in pericolo la sua vita ogni giorno. Hai pensato a cosa potrebbe succedere Laura? E se vi sposate? E i vostri figli?  Potrebbero rimanere presto orfani lo sai?”
Laura abbassò lo sguardo  “E’ il suo lavoro, lui lo ama” mormorò senza troppa convinzione
“E’ mai possibile che ogni volta, ogni volta che ci vediamo devi mettere in mezzo questa storia? Come te lo devo dire che non ho alcuna intenzione di lasciare il mio lavoro? E’ parte della mia vita e  tu non mi vedrai mai richiuso in un ufficio dietro ad una scrivania. Fattene una ragione!!” Ben quasi urlava “Hai chiesto alla tua ragazza cosa ne pensa? Lei ha fatto dei sacrifici per te” “Tu resta fuori dalla mia vita privata”  urlò il figlio.

La conversazione venne interrotta da Helga che entrò discretamente nella sala da pranzo “Sig Jager c’è l’ufficio in linea. Dice che è urgentissimo” Konrad si alzò ed andò nell’altra stanza.
Gli altri tre rimasero in perfetto silenzio. Neppure Julia aveva il coraggio di dire nulla.
“Dì a papà che siamo dovuti andare via” disse poi Ben alzandosi dalla sedia e facendo cenno a Laura di fare altrettanto.

Ma proprio in quel momento Konrad rientrò nella stanza da  pranzo.
Era sconvolto “Julia, dobbiamo andare. Il Procuratore Brandt  sta facendo una perquisizione nei nostri uffici” “Cosa? E perché mai?” chiese la figlia spaventata
“Cosa c’entri tu con Brandt? La sua procura non si occupa del distretto di Dusseldorf” chiese allarmato Ben
 Ma Konrad a qual punto si agitò ancor di più “Lo conosci? E come lo conosci??” chiese mentre impallidiva “L’ho incontrato ieri. E’ il nuovo procuratore del Distretto di Colonia”  rispose Ben completamente interdetto
“Non è possibile, quel maledetto. Cosa vuole ora?” fece Konrad  mentre sempre più pallido si accasciava sulla sedia allargandosi il nodo della cravatta

“Papà cosa hai?”  urlò Julia, mentre Laura si faceva strada verso Konrad “Fatemi vedere” disse mentre gli tastava il polso

“Devi stare lontano da lui, ti prego Ben, stai lontano da lui” mormorò Konrad mentre chiudeva gli occhi        

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Capitolo 5
*** Litigi e verità nascoste ***


Litigi e verità nascoste

Laura aveva somministrato a Konrad un leggero calmante trovato  in casa “Non c’è nulla di cui preoccuparsi… è solo un lieve rialzo di pressione. Una bella dormita e sarà a posto” disse poi a Ben e a Julia “Allora noi andiamo. Papà vuoi che passi a vedere in azienda cosa sta succedendo?” chiese  Ben che effettivamente si era preoccupato vedendo il padre così pallido “No no, c’è Peter può brigarsela lui” Il tono di  Konrad si rifece ansioso. “Ok va bene, allora noi andiamo a casa. Ci sentiamo domani” salutò Ben ripromettendosi però di indagare sulla faccenda l’indomani.

Appena Ben e Laura  salirono in macchina Konrad si alzò dalla poltrona riaggiustandosi i vestiti e la cravatta. “Papà che stai facendo?” chiese Julia stupita “Dobbiamo andare in azienda. Forza muoviti” “Ma Laura ha detto che ti devi riposare” protestò immediatamente la figlia “Riposerò più tardi, ora andiamo” disse il padre mentre si aggiustava i capelli “Ma non puoi…” protestò ancora Julia “Senti Julia… o mi accompagni tu o ci vado da solo. Decidi” Il tono del padre era così deciso che Julia prese le chiavi della auto e si avviò all’uscita.

Quando Julia e Konrad arrivarono era mezzanotte passata ma tutta la palazzina era completamente illuminata. Entrando nel cortile i due videro gli agenti della polizia che stavano mettendo scatoloni di carte e alcun pc  su un furgone. Konrad scese si corsa dall’auto e si avviò verso il suo ufficio. “Papà calmati, non correre” gli urlò dietro Julia.
Quando arrivò all’ultimo piano della palazzina Konrad ansimava come un mantice. Entrò nel suo ufficio che aveva le porte spalancate e per un momento  ebbe la tentazione di saltare al collo del  distinto signore che sedeva alla scrivania guardando il pc. Invece riuscì a dominarsi. “Buonasera Klaus” gli disse avvicinandosi. “Konrad da quanto tempo. Spiacevole rivedersi in questa situazione” gli rispose l’uomo sollevando lo sguardo sugli occhiali da vista, ma senza alzarsi dalla sedia
 “Posso sapere che succede?” chiese poi Konrad “Beh forse dovresti chiedere a tuo genero” sorrise ironico Klaus. Julia che nel frattempo era giunta alle spalle trasalì “Cosa c’entra Peter in questa situazione?”
“Julia ti presento il procuratore Brandt. Lei è mia figlia Julia” disse Konrad. Stavolta Klaus si alzò dalla scrivania per stringere la mano alla ragazza.
“Julia… perché non vai a chiamare Peter così chiariamo questa situazione” chiese Konrad “Sì mi pare una buona idea” concordò Klaus.
Quando Julia fu uscita dalla stanza  Klaus guardò fisso Konrad negli occhi “E’ una bella ragazza tua figlia. Somiglia molto alla nonna,  a tua madre” fece ironico

 “Cosa vuoi davvero Klaus? Cosa vuoi ora, dopo tanti anni?” “Nulla, da te personalmente proprio nulla. Sono qui  in veste professionale. La tua azienda è coinvolta in un traffico di ragazze dell’Est.” “Cosa??? Ma che stai dicendo?? Non puoi credere ad una cosa simile…” “Io credo solo alle prove che mi vengono portate. E a proposito tra gli altri è stato Ben a scoprire il camion che le stava portando in Germania” lo informò con una certa perfidia Klaus
 Konrad divenne rosso paonazzo “Lascia fuori mio figlio da questa storia” “Tuo figlio… già. L’ho conosciuto sai,  è identico a sua madre. Stessi occhi, stessa bocca…” “Tu sei un lurido bastardo… lascia in pace la mia famiglia altrimenti…”

 La conversazione venne bruscamente interrotta dall’arrivo di Julia e Peter. “Papà” chiamò Julia che aveva con evidenza sentito l’ultima frase.
“Peter entra, forza… dì al procuratore che non c’entriamo nulla con questa storia” disse furibondo Konrad al genero.
“Ma certo che non c’entriamo nulla. Come ho detto stamattina all’ispettore Gerkan acquistiamo spesso materiale da quella ditta in Ucraina e certo non possiamo sapere cosa c’è nel doppio fondo dei loro camion” Peter era visibilmente nervoso.
 “Peccato che dai vostri documenti contabili non risulti  lo scarico di  tutta quella merce che lei dice di aver acquistato in Ucraina. Né risulta la bolla di acquisto che accompagnava il carico del camion che hanno sequestrato ieri. Mi sa dare una spiegazione a questo?” “No… si tratta di errore contabile certamente…” balbettò Peter.
Konrad divenne violaceo. “Accerteremo anche questo non si preoccupi. Per ora penso sia tutto” concluse Klaus avviandosi verso la porta

Konrad lo seguì fuori. “Come puoi fare questo?  Avevi giurato… avevi giurato di stare fuori dalla nostra vita” gli balbettò sconsolato “Sono due cose separate Konrad. L’inchiesta non c’entra nulla con me o con te. E poi le cose cambiano…” la voce di Klaus si fece improvvisamente più triste. 
Konrad divenne invece improvvisamente furibondo  “Ti avverto Brandt. Sta’ lontano da mio figlio altrimenti giuro che sono capace di ammazzarti con le mie mani”
**********************

Ben e Laura erano rimasti in totale silenzio tornando in auto verso casa.  Quando erano quasi arrivati Laura si decise a rompere il ghiaccio “Sei preoccupato per la perquisizione?” chiese poggiandogli la mano sul braccio “Non lo so, è tutto così strano.. cosa può volere Brandt da mio padre? E poi hai visto la sua reazione quando l’ho nominato..” “Sì ma era anche molto scosso dal litigio precedente”  rispose lei “Beh hai visto il nostro consueto metodo di comunicazione. Succede così ogni volta che ci incontriamo. Proprio non riesce a capire che non cambierò mai lavoro” Laura si rattristò subito a quella affermazione “Lui ha solo paura che ti succeda qualcosa… in fondo lo posso capire Anche io ho paura” mormorò
 Ben la guardò perplesso “Cosa vuoi dire Laura?  Hai sempre saputo cosa comporta il mio lavoro…” “”Certo ma questo non mi impedisce di avere paura e di desiderare…” “Cosa Laura? Cosa desideri? Che lo lasci?” Ben si stava alterando “Ora non mettermi in bocca parole che non ho detto… “ rispose lei La conversazione stava prendendo una brutta piega “Però lo pensi…” Ben parcheggiò l’auto di fronte casa e  richiuse la portiera sbattendola “Non lo so cosa penso Ben, anzi sì, penso che forse è ora di cominciare a ragionare sul nostro futuro”

Il litigio continuò all’interno dell’appartamento “E pensare al nostro futuro implica che io lasci la Polizia…” alzò la voce Ben “Non ho detto questo” rispose  lei in tono adirato “Già Laura tu non dici nulla… allora dimmi cosa pensi?”  “Non lo so cosa pensare Ben… mi chiedi se ho paura? Ti rispondo sì ho paura. Mi chiedi se voglio un futuro con te? Ti rispondo ancora sì certo, voglio un futuro con te e voglio dei figli Ma se mi chiedi cosa voglio per i miei figli cosa ti dovrei rispondere? Che voglio che i  miei i nostri figli non rimangano orfani…” Laura ormai aveva le lacrime agli occhi “Laura sapevi benissimo che lavoro facevo. Ci siamo incontrati proprio grazie ad esso. Sai bene che questo lavoro è l’unico che ho sempre desiderato fare, non saprei e non voglio fare altro” “A volte si fanno rinunce per il bene dell’altro” disse sommessamente lei “Come hai fatto tu? Io non ti ho chiesto niente Laura, ora non puoi rinfacciarmelo” Fra i due  cadde il silenzio
“Chiudiamola qui per stasera. Andiamo a dormire” disse alla fine Ben avviandosi verso la camera da letto
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Semir aveva due occhiaie enormi. “Papà sembri un panda” esordì Aida appena lo vide “Tesoro ma ti senti bene?” gli chiese Andrea toccandogli la fronte “Sto bene moglie, è solo mancanza di sonno”
In effetti era la seconda notte che Semir passava in bianco, ma finalmente aveva preso la sua decisione. Doveva informare Ben di tutto non poteva continuare a tenerlo all’oscuro. “Oggi non posso fare colazione con voi, prendo solo un caffè”  disse prendendo la tazza ed ingurgitandone di fretta e furai il contenuto. “Ci vediamo stasera, donne” sorrise ed uscì di corsa da casa

Semir arrivò a casa di Ben che non erano neppure le sette. Si aspettava di dover bussare almeno cinque o sei volte per svegliarlo vista l’ora, ma invece Ben rispose dopo solo un colpo al citofono
“Ehi socio, buongiorno, ma che c’è?” Ben lo accolse in pantaloncini e maglietta “Parla piano Laura dorme ancora al piano di sopra”
Semir guardò il giovane compagno “Ohi ohi .. non hai proprio in bell’aspetto… notte in bianco ehhh?” scherzò  “Magari, in realtà abbiamo passato la notte a litigare. Anche tu non ha un bell’aspetto però” rispose lui “Ben ti devo parlare” Il ragazzo lo guardò e capì che la cosa era seria “Ok.. dimmi” gli rispose
Con difficoltà Semir raccontò a Ben l’esito delle indagini e il potenziale coinvolgimento di Peter in tutta la storia. “Ecco cosa voleva Brandt con la perquisizione di ieri sera” mormorò alla fine Ben “Perché ha fatto perquisire la società?” chiese Semir meravigliato “Sì ieri sera mentre eravamo a cena. A mio padre stava per venire un accidenti quando l’ha saputo”  “ Non sapevo nulla della perquisizione, Ben mi dispiace, ma non potevo fare altro con Peter” si scusò Semir “Lo capisco Semir.. Ora è meglio che mi vesta ed andiamo in ufficio” Ben salì di sopra e si vestì in fretta. Prima di scendere guardò Laura che ancora dormiva. Sulle guance aveva ancora il segno delle lacrime versate durane la notte. Le lasciò un biglietto ed uscì con Semir.
Poteva affrontare un solo problema per volta 

Arrivarono al Distretto in un orario assolutamente inusuale per Ben; ed infatti Susanne lo guardò stupefatta. “Ehi sei caduto dal letto?” scherzò, ma Ben non aveva voglia di scherzare e le rispose con un grugnito.

“Vi farà piacere sapere che il nuovo programma di riconoscimento facciale di Hartmut ha identificato  l’uomo dell’identikit” annunciò trionfante la segretaria
“Oh bene grazie” disse incuriosito Semir.  “Si chiama Ivan  Vaskovets” continuò Susanne mentre proiettava la foto sul grande display dell’ufficio  “Fa’ parte di una organizzazione mafiosa con base a Lviv in Ucraina, dedita per lo più allo spaccio e alle estorsioni. Recentemente hanno esteso i loro affari al campo della prostituzione e del traffico di ragazze dell’Est verso i paesi dell’Unione europea. Una volte giunte le ragazze, reclutate con i soliti metodi vengono rinchiuse nelle loro case e costrette a vendersi al migliore offerente”. “E ora vi presento il capo della organizzazione” disse ancora Susanne proiettando  un’altra foto sul display Comparve l’immagine di una donna anziana sulla settantina passata
“Madame Svetlana Urganova” Ben e Semir guardarono stupiti la foto “Ma chi la nonnina?” fece Semir “Non chiamarla nonnina. Ha sulla coscienza una serie infinita di omicidi, estorsioni e ricatti. Ha preso il controllo della organizzazione dopo la morte del marito ed è ben più determinata e crudele di lui”
“Bene, allora il commissario ha  già richiesto il mandato di cattura? A proposito dov’è?” chiese Semir  rendendosi conto che non era in ufficio “Arriva più tardi aveva un incontro con il Procuratore Brandt per fare il punto della situazione sulla perquisizione di ieri sera” Susanne si sarebbe morsa la lingua per aver detto quella frase mentre Ben era presente, ma lui non ci fece molto caso. Era rimasto per tutto il tempo silenzioso e pensieroso seduto alla sua scrivania.

“Ehi tutto bene socio?” chiese Semir mettendo una mano sulla spalla di Ben “Sì certo… stavo solo pensando che forse è meglio che faccia due chiacchiere con mio padre e Peter su questa situazione” disse il ragazzo “Ben… tu in realtà non puoi occuparti del caso, lo sai vero?” “Si lo so Semir, ma prima che la Kruger mi sbatta fuori dalle indagini devo parlare loro. A me diranno la verità, almeno lo spero”  Semir rimase interdetto, ma comunque annuì “Vuoi che venga con te?” “No è meglio di no” “Ok, allora io raggiungo la Kruger da Brandt. Vediamo se riesco a capire qualcosa di più” I due si avviarono alle rispettive auto
**********************

“Buongiorno commissario. A cosa devo la sua visita a quest’ora del mattino?”  Klaus era già in ufficio a quell’ora ma  non si aspettava certo la vista della donna. “Volevo notizie sulla perquisizione  di ieri sera. Lo sa vero che Konard Jager è il padre del mio ispettore?” “Certo Commissario, conosco bene Konrad Jager” La frase  confermò i sospetti di Kim.  Semir aveva ragione, quell’uomo nascondeva qualcosa. Comunque Klaus mise al corrente Kim delle sue scoperte che lasciarono il commissario inquieta. “Tuttavia in effetti non abbiamo ancora niente di serio contro Peter” concluse  Kim “Infatti non l’ho ancora arrestato” fece  Klaus.
“Ora invece le firmo il mandato di cattura per Ivan  Vaskovets. Speriamo di trovarlo presto. Venga con me nell’ufficio del cancelliere” le disse mentre l’accompagnava  nell’altro ufficio.
 
Semir chiamò la Kruger appena arrivato alla Procura, ma il cellulare risultava irraggiungibile. Decise di salire  comunque nell’ufficio di Brandt e la efficiente segretaria lo informò che presto Klaus e la Kruger sarebbero tornati. “Può aspettare in ufficio se vuole Ispettore” gli disse premurosa
Semir entrò nello spazioso ufficio. Tutto era molto ordinato, quasi asettico. Non c’erano quadri o  foto personali, ma la cosa  non gli destò meraviglia. Sapeva che Brandt non era sposato e conduceva vita molto solitaria. Doveva essere un uomo molto solo.
La vista dalla finestra era splendida,  l’ufficio affacciava direttamente sul Reno. Semir si avvicinò alla finestra per ammirarlo e nel girarsi il suo sguardo cadde sulla cartellina che c’era sulla scrivania di Brandt. Era aperta e  ne spuntava una fotografia di un ragazzino con  grandi occhi castani, di circa dieci anni, che orgoglioso mostrava alla camera l’enorme pesce che aveva pescato.  Semir  rimase di stucco. Lui conosceva bene  quella fotografia. L’aveva vista altre volte, sia a casa di Ben che a casa del padre.

Proprio in quel momento rientrò Brandt “Ispettore Gerkan, anche lei mattiniero stamattina?” chiese
Ma Semir non si dette cura di rispondergli “Posso sapere perché ha una foto del mio collega da bambino?”
 
“Non credo di essere tenuto a dare spiegazioni a lei” gli rispose acido Klaus. “Invece credo proprio di sì. Cosa vuole da Ben?” fece Semir senza alcun timore. Klaus lo guardò a lungo “Mi creda ispettore, qualsiasi sia la ragione per cui sono in possesso di quella foto, io non farei mai nulla contro Ben”
“Ed io dovrei crederle? Lei arriva magicamente qui, ci vuole conoscere per forza, fissa per tutto il tempo dell’incontro Ben in modo inquietante. E poi decide una perquisizione alla azienda del padre senza nessuna  prova concreta…” “Questo proprio non glielo permetto Gerkan” alzò la voce Klaus “Io sono un procuratore distrettuale, agisco secondo le norme, la perquisizione alla Jager Costruzioni non c’entra nulla. Prove concrete ne abbiamo eccome contro Peter Weiss”

 Klaus porse a Semir la cartellina che aveva in mano “Cosa sta succedendo qui?” la Kruger che aveva sentito le urla dal di fuori entrò di corsa nell’ufficio “Gerkan cosa ci fa qui??”
Ma Semir non le rispose, era troppo impegnato a leggere il contenuto della cartellina. “Il suo ispettore mi sta accusando di essere prevenuto contro Konrad Jager e suo genero”  disse stizzito  Klaus “Gerkan ma come si permette??” La Kruger era veramente furibonda
“A proposito di questo Procuratore abbiamo i tabulati del cellulare di Peter” continuò Kim porgendogli dei fogli. Dalla voce Semir capì immediatamente che c’erano cattive notizie “Negli ultimi sei mesi Peter ha chiamato spesso due numeri  in Ucraina. Uno di questi è rapportabile a Ivan Vaskovets, è intestato a sua moglie Mariana”  
“Porca ….” Imprecò Semir dentro di sé.

 Brandt rimase in silenzio.  Sospirando guardò Semir “Non posso farne a meno Gerkan anche  se, mi creda, mi dispiace.” Poi chiamò la segretaria all’interfono “Miriam prepari immediatamente un ordine di arresto per Peter Weiss”
********************

Ben bussò alla porta della villa di suo padre con il cuore che gli pareva diventato un macigno. Non poteva assolutamente credere che fosse implicato nella vicenda: nel corso degli anni gli aveva imputato tante cose, ma non aveva mai avuto alcun dubbio sulla sua assoluta correttezza ed onestà. Aveva rinunciato a tante buone occasioni pur di non cedere alla corruzione e questo era un lato del carattere del padre che ammirava.

Helga fece un sorriso stupito quando aprì la porta  “Ben… wow due volte qui in meno di ventiquattro ore… è un record” scherzò “Sei venuto a trovare tuo padre?” “Sì,  dov’è?” E’ nello studio con Julia e Peter, c’è maretta in giro” rispose la governante
In effetti già avvicinandosi alla porta dello studio Ben sentiva le voci concitate del padre e di Peter “Se scopro che tu c’entri qualcosa…” urlava Konrad  
Ben bussò alla porta, ma poi entrò senza attendere risposta  Konrad e Peter si bloccarono all’istante alla vista di Ben “Buongiorno -fece lui- continuate la discussione che mi interessa”
“Ben… sei qui in veste ufficiale?” chiese ironico il cognato.
Ben lo fissò. Peter non gli era mai stato particolarmente simpatico, ma Julia lo amava e questo era stato sufficiente per lui  per cercare di costruire un buon rapporto. Ma Ben in fondo non aveva  superato l’impressione iniziale che gli aveva dato, di  rampollo ricco e viziato.

“No Peter, io non posso occuparmi ufficialmente del caso. Ma mi farebbe piacere sapere cosa sta succedendo” “Ben tu non puoi credere che Peter…” intervenne Julia I rapporti fra i due coniugi erano tesi ultimamente, ma Julia era una ragazza estremamente leale e difendeva  sempre e comunque le persone cui voleva bene. “Io non credo nulla, Julia, sto solo chiedendo” rispose insolitamente duro Ben. Gli occhi della sorella si riempirono di lacrime, mai il fratello le aveva risposto in quel modo così distaccato
Inaspettatamente Konrad  venne in appoggio del figlio “Vorrei saperlo anch’io Peter. E’ la mia azienda, il frutto del lavoro di tutta la mia vita… io te l’ho affidata e ora voglio sapere se tu c’entri qualcosa con questa storia. Prima che sia troppo tardi” Konrad era sempre più rosso in volto
********************

Semir aveva insistito per accompagnare la Kruger e Brandt, sapeva che Ben era con Konrad e Peter e voleva proteggere l’amico, essergli vicino.
Arrivati alla grande villa di Dusseldorf fortunatamente Brandt fece cenno ai due agenti di scorta di aspettare fuori. Quando venne ad aprire alla porta la governante, Semir cercò di spiegare lui la ragione della visita ma Klaus si intromise chiedendo subito dove fosse Peter. Neppure il tempo di seguirlo verso lo studio che Klaus era già entrato
“Peter Weiss la dichiaro in arresto per concorso in omicidio e tratta di esseri umani” disse avvicinandosi a Peter e prendendolo per un braccio.
Julia emise un urlo soffocato, mentre Konrad e Ben guardavano la scena con gli occhi sbarrati “Semr ma che sta succedendo?” chiese Ben appena vide l’amico sull’uscio della porta. “Credimi Ben non se ne poteva fare a meno…” riuscì solo a balbettare l’amico “Ben… fa’ qualcosa, non puoi permettere una cosa del genere” lo implorò Julia, mentre la Kruger accompagnava Peter fuori dopo averlo ammanettato. Ma Ben rimase in silenzio come imbambolato mentre Julia seguiva in lacrime il marito e la Kruger fuori

Ora nella stanza erano rimasti solo Konrad Klaus Ben e Semir
“Tu maledetto lurido schifoso”  Konrad iniziò a imprecare contro Klaus
“Calmati papà” lo esortò Ben “No che non mi calmo, questa è solo una sua vendetta, me la vuole far pagare” Konrad aveva ormai perso completamente il controllo “Io non ti ho portato via  nulla lurido porco, sei tu che mi hai tradito. Il mio migliore amico, eri il mio migliore amico… e ti sei portato a letto la mia fidanzata, mia moglie, quindici giorni prima delle nozze” continuò con voce sempre più alta

Ben rimase di stucco  questa affermazione. Gli mancava il fiato.

Semir capì all’istante come sarebbe finito il discorso. Voleva portare via Ben da quella stanza, ma non ne trovava il modo e forse era anche giusto che sapesse la verità. Così si avvicinò all’amico e gli mise la mano sul braccio in attesa dell’inevitabile

“Io l’amavo, l’ho sempre amata… tu invece l’hai sempre trattata come un soprammobile, sempre freddo distante” sibilò Klaus
“Ma Elisabeth amava me… amava me… ha scelto me… mi ha sposato nonostante tutto. E tu le avevi giurato di stare fuori per sempre dalla nostra vita” urlò ancora Konrad
“E che scelta avevo? Me lo aveva chiesto lei ed io l’amavo. Avrei fatto qualsiasi cosa per lei. Ho dovuto assistere mentre tu, il potente Konrad Jager, ti portavi via tutto quello che avevo di importante nella vita, ti sei preso Beth e ti sei preso anche mio figlio”

Ps complimenti alla nostra Sophie, mi sa che aveva indovnato tutto meglio della chiromante

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Capitolo 6
*** Essere padre ***


Essere padre

Per un lungo attimo  Ben non comprese bene quello che aveva detto Klaus; era come se la cosa stesse succedendo ad un altro e lui stesse guardando la scena dall’esterno. L’unico contatto che aveva in quel momento  con il mondo reale era la mano di Semir sul suo  braccio e la sua stretta che si faceva sempre più forte.
Solo dopo essersi sfogati Klaus e Konrad si resero conto effettivamente che Ben aveva assistito a tutta la scena

“Oddio..Ben…” mormorò Konrad
Ben che finalmente era tornato alla realtà lo guardò e con voce sorprendentemente ferma chiese solo “E’ vero?” “Ben… io…” balbettò Konrad.  Ben lo guardò quasi con odio “Ti ho chiesto se è vero” “Io  .. sì, o meglio potrebbe” mormorò
Una lacrima scese sulla guancia di Konrad mentre la voce gli si spezzava “Che cazzo significa potrebbe??” urlò Ben.
Konrad  ansimò pallidissimo mentre le lacrime continuavano a scendergli sulle guance “Io… io e tua madre abbiamo deciso di non volerlo sapere in realtà. Anche se c’era questa possibilità abbiamo deciso che era meglio non saperlo. Ti prego perdonami figlio mio…”
Ben lo guardò gelido. Si sorprendeva del suo stesso atteggiamento. Non disse assolutamente nulla. Uscì di corsa dalla stanza, inseguito da Semir che gli urlava dietro “Ben aspettami dove vai?”
 
Julia stava ancora piangendo accanto alla macchina dove Peter era seduto sul sedile posteriore in attesa di essere portato al Distretto “Julia non piangere ti prego, vedrai si chiarirà tutto. Chiama l’avvocato Fitch, il numero  lo trovi sulla mia agenda nello studio” disse il marito mentre l’autovettura si metteva in moto
Julia annuì ma continuò a piangere disperatamente sino a quando l’auto scomparve nel vialetto di accesso alla villa.
Stava per avvicinarsi alla Kruger che aveva aspettato discreta in disparte, quando Ben uscì precipitosamente dalla villa inseguito da Semir “Ben ti ho detto aspettami, ti prego, parla con me…” La voce di Semir  era praticamente disperata, ma Ben montò in macchina e mise in moto sgommando.  Frenò solo quando vide che Semir  si era praticamente attaccato alla portiera, rischiando di essere investito.
“Ti prego Ben, parliamo, parla con me… non te ne andare, non  sei in grado di guidare” ansimò l’amico “Sto bene Semir non ti preoccupare, ma voglio stare da solo…” “No!!! Io non ti lascio da solo, parliamo, tutto andrà bene…” Semir quasi supplicava “Ti prego Semir, ti prego… devo stare da solo, cerca di capire” rispose Ben rimettendo in moto e  sgommando a tutta velocità lungo il vialetto.

Semir con un gesto rabbioso diede un calcio alla ghiaia del cortile “Merda merda e merda” imprecò
“Semir ma che diavolo sta succedendo?” chiese stupefatta la Kruger.
Ma Semir era troppo sconvolto per rispondere. La sua rabbia  si appuntò sui due uomini che erano usciti anche loro dalla villa
“Dov’è? Dove è andato??” chiese Konrad con la voce rotta dal pianto “ Se n’è andato. E’ partito a razzo. Cosa si aspettava?” rispose Semir  e per un attimo la Kruger ebbe la netta impressione che  l’Ispettore  stesse per mollare  un pugno al vecchio “Semir almeno lei mi deve credere, io non volevo…”  mormorò Konrad.
“Sinceramente non so chi di voi due mi disgusta di più” gli rispose lui mentre  guardava Konrad e Klaus con odio.

“Ma cosa cavolo è successo a Jager?” chiese Kim; per una volta Semir la vide seriamente preoccupata.
“Non posso spiegarglielo ora Commissario, ma devo trovarlo” disse Semir mentre saliva in macchina. Prima di mettere in moto prese però il cellulare e compose il numero d Laura.
*********************

Ben nonostante tutta l’amarezza e la concitazione aveva una meta precisa. Si sentiva come ubriaco o in un sogno; aveva vissuto delle scene, ma non era sicuro di  essere stato realmente lì. Durante il tragittò evitò per un pelo almeno due o tre incidenti tanto era distratto. La sua mente andava agli episodi della sua infanzia.
 Non si era mai identificato nel padre, anche vedendone le foto da bambino o da giovane non aveva mai ritrovato tratti comuni.
Ma lui somigliava a sua madre; Helga gli aveva sempre  raccontato che già appena nato, dopo un parto molto travagliato, era subito apparso come la copia identica di sua madre e questo  giustificava anche le evidenti differenze fisiche fra lui e Julia. Ma ora non poteva fare a meno di ripensare a tutte le volte in cui il padre in momenti di rabbia gli aveva urlato contro frasi tipo “non capisco come tu possa essere mio figlio” oppure “ siamo diversi io e te”. E ripensava a tutte le volte in cui da adolescente pieno di rabbia e di voglia di indipendenza aveva urlato a Konrad “vorrei che tu non fossi mio padre”. A quanto pare il suo desiderio di adolescente era stato esaudito constatò con amarezza

Fermò l’auto a margine del lungo viale di cipressi. Intorno era tutto silenzioso  e c’erano pochissime auto parcheggiate nelle vicinanze. Ben percorse il viale pavimentato di ghiaia lentamente, mentre una immensa tristezza di impadroniva di lui come sempre quando veniva in quel posto. Entrò nel giardino con il prato perfettamente curato e si sedette sulla panchina posta di fronte alla tomba di sua madre.
E lì iniziò a piangere.


Era quasi un’ora che era lì e ormai le lacrime erano finite e le guance si erano asciugate. Non aveva pensato a nulla in quell’ora, non aveva chiesto nulla mentalmente alla madre morta, ben consapevole che comunque  risposte non ne poteva dare più. Era rimasto semplicemente lì a ragionare sulla sua vita, capovolta nel giro di una mattinata.
Mentre stava per alzarsi ed andare via udì una presenza alle sua spalle e si voltò

“Ancora lei… ma cosa vuol da me?  Mi lascia in pace?”  Klaus lo stava guardando “Giuro che non ti ho seguito, sono venuto qui solo perché ne avevo bisogno” rispose quasi sussurrando
“Bene resti pure, non posso impedirglielo” gli disse rabbioso Ben mentre si voltava per andare via
“Ben aspetta ti prego, ti chiedo solo cinque minuti, cinque minuti della tua vita e poi se non vorrai vedermi più, sparirò” implorò Klaus “Ti devo una spiegazione, ti prego” implorò ancora
Ben avrebbe voluto dire di no, ma non se la sentiva, in fondo anche lui voleva una spiegazione.
Si sedettero sulla panchina di fronte alla tomba ben curata.

“Margherite… tua madre amava le margherite erano il suo fiore preferito” iniziò Klaus mentre guardava il vaso di fiori  accanto alla lapide “L’ho amata sai, è stata l’unica donna che ho amato nella mia vita”. Ben provò un forte senso di fastidio nel sentire un uomo, che non era suo padre, professare il suo amore per la madre. Beth era morta quando lui e Julia erano piccoli e Ben aveva sempre avuto difficoltà a ricordarla come una donna reale, per lui era una sorta di divinità astratta, una voce che gli  cantava la ninna nanna, un viso sfocato che gli faceva le coccole sulla panchina nel parco della villa,  una risata che risuonava  mentre giocavano a nascondino fra le margherite di mille colori che lei coltivava in quel giardino.
“Ma lei era la donna del mio migliore amico… ti potrà sembrare strano ma io e Konrad eravamo davvero amici, sin da quando eravamo a scuola insieme” continuò Klaus.
Ben evitava accuratamente di guardarlo in faccia. “Io però non potevo fare a meno di amarla. Era tutto il mio mondo, la amavo più di me stesso, ma lei… lei non mi amava.. Quella sera aveva litigato con Konrad, lui era stato molto spiacevole ed era partito per un viaggio di affari senza neppure salutarla. Non mi voglio giustificarmi Ben, ma eravamo entrambi un po’ ubriachi, lei  era convinta che Konrad l’avesse lasciata e che il matrimonio fosse saltato e così…”
Ben stavolta lo guardò con odio “Devo stare qui a sentire come si giustifica per  essersi portato  mia madre a letto prima del matrimonio?” gli urlò in faccia. Klaus sospirò “ No no, lo so che ho sbagliato ma….” Poi si bloccò per alcuni secondi.
“Io sono stato adottato sai… i miei genitori mi hanno preso da un orfanatrofio in Ucraina e mi hanno voluto bene esattamente come ai miei fratelli, forse di più. So bene quindi che l’amore  dei genitori può essere identico,  anche se un figlio non è stato generato da loro. Per questo quando Beth mi ha detto di essere incinta e che il figlio poteva essere mio, ma che lei e Konrad avevano deciso di averlo insieme, di crescerlo insieme fosse o non fosse figlio di Konrad, io ho accettato. Anche se sapevo dentro di me che tu eri mio figlio. Konrad era già un brillante giovane imprenditore ricchissimo, io un avvocato appena laureato e squattrinato; Beth amava Konrad e sarebbe rimasta con lui… che dovevo fare? Farti vivere in una doppia famiglia? Un po’ qui ed un po’ lì? Spingere Konrad a non considerarti suo figlio? Avevi diritto ad una famiglia regolare. E così ho ceduto. Ho giurato a tua madre che sarei sparito, che non mi sari più fatto vedere né avrei cercato di contattarti”
La rabbia di Ben andava scemando “All’inizio ho cercato di avere notizie di te, sempre senza farmi scoprire” Prese dalla tasca la foto di Ben da bambino e gliela mostrò “Questa è l’unica foto che ho di te… e sai come l’ho avuta?  L’ho rubata dal fotografo dove tua nonna l’aveva portata per lo sviluppo” Klaus sorrise amaramente “Poi quando stavi crescendo mi sono reso conto che ero comunque un estraneo, che il tempo passava ed io sarei rimasto un estraneo. Così ho cancellato il tuo pensiero dalla mia mente, mi sono annullato nel  lavoro. “

“Perché ora, perché ora dopo tanto tempo?” chiese Ben “Quando sono arrivato a Colonia neppure sapevo che eri nella Autostradale, Sapevo che eri diventato  un poliziotto e devo dire che la cosa mi aveva divertito molto pensando alle reazioni di Konrad” Klaus sorrise debolmente “Ti sapevo ancora nella LKA… poi è arrivato il rapporto sul tir sequestrato a tua firma… e non ho resistito, dovevo vederti”
“Si sta vendicando su mio padre?”  chiese ancora Ben “Assolutamente no, su questo almeno devi credermi. Leggi i rapporti vedrai che non ho fatto nulla che non avrebbe fatto qualsiasi altro procuratore”
Rimasero ancora un po’ in silenzio.  “Cosa vuole ora?”  sussurrò Ben. “Non lo so quello che vuoi tu” Klaus era sull’orlo delle lacrime.

Poi Ben si alzò “Mi dispiace, ma come ha detto, lei per me purtroppo è un estraneo…  e ora è tardi per cambiare . Mi rendo conto che forse non ha tutte le colpe ma è tardi… troppo tardi”  Poi se ne andò senza voltarsi mai indietro
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Andrea e Laura stavano passeggiando lungo la riva del Reno con Lily nel passeggino. Laura aveva chiamato Andrea disperata dopo che più volte aveva chiamato Ben sul cellulare senza ottenere risposta. Doveva parlare con qualcuno e non sapeva a chi rivolgersi. Sua sorella viveva a Norimberga e lei non aveva altri parenti stretti con cui confidarsi.
“Laura sta’ a sentire una che ha un po’ di anni e di esperienza più di te. Uno degli errori più gravi che spesso commettiamo noi donne è quello di cercare di cambiare i nostri uomini, credere che il loro amore per noi li farà diventare come noi vogliamo che siano” disse materna Andrea “Ma io non voglio cambiarlo, ho solo paura per lui…”  rispose la dottoressa. “E pensi che io non abbia paura ogni giorno ogni istante della vita? Semir e Ben però sono poliziotti, sono tali nella mente e nello spirito. Se chiedi a Ben di lasciare la Polizia gli chiedi di non essere più lui” “Ma come fai a resistere, come fai a vivere con questa paura?” le chiese ancora la giovane “Ti abitui, cerchi di non pensare, di non allarmarti ogni volta che fa’ tardi e non ti avverte, ogni volta che senti una edizione straordinaria del telegiornale o ricevi una telefonata inaspettata. E’ dura ma se lo ami ce la puoi fare”
Come a confermare le parole di Andrea in quel momento il cellulare di Laura si mise a squillare. Laura rimase interdetta quando vide il numero di Semir e impallidì “Semir cosa è successo? Ben sta bene?” disse concitata “Sì sta bene  almeno fisicamente ma ha bisogno di te… senti non te lo posso spiegare al telefono. Dove sei? Ti raggiungo” le rispose Semir
 

Laura aveva ascoltato il racconto di Semir con un misto di stupore e tristezza “Il mio povero amore, chissà come si sentirà ora” Laura praticamente piangeva al pensiero di quello che stava passando Ben “Dove può essere andato? Pensaci Laura, sono già stato in tutti i posti che conoscevo e ho chiamato tutti i suoi amici”
Laura pensò per lunghi momenti “La panchina vicino alla Cattedrale… hai visto lì? Ci va sempre quando deve pensare in pace” disse poi eccitata “No lì non visto, andiamoci subito” rispose Semir accendendo il motore della BMW
Con un sospiro di sollievo Semir notò la Mercedes di Ben parcheggiata lungo il viale e poi lui e Laura ne scorsero la figura seduta sulla panchina di fronte al fiume.
Semir fermò l’auto e stava per scendere ma Laura lo bloccò. “Vado io Semir… tu torna al Distretto. cerca di aiutare Peter” gli disse mentre scendeva “Sei sicura?” chiese Semir che in realtà avrebbe voluto precipitarsi verso l’amico. Ma capiva che la ragazza era l’unica persona al mondo in grado di confortare davvero Ben in quel momento “Sì sono sicura” rispose Laura avviandosi verso la panchina

Arrivata alla panchina Ben la guardò, ma non disse nulla. Neppure Laura disse nulla. Si sedette vicino a lui e lo tirò in un abbraccio lunghissimo
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Semir era tornato al Distretto.
Inaspettatamente la Kruger non gli aveva chiesto spiegazioni di dove era stato, né di dove fosse Ben. Gli aveva semplicemente passato la cartellina dell’arresto  di Peter “E’ meglio che lo interroghi lei per primo. Brandt è sparito da stamattina, e lei è comunque un amico. Veda se riesce a cavargli qualcosa di bocca. Nonostante gli indizi proprio non lo vedo come trafficante di  prostitute” gli disse mentre guardavano Peter dal vetro  unidirezionale.

Semir entrò nella stanza degli interrogatori e si sedette alla scrivania di fronte a Peter e al suo avvocato
“Bene ingegnere, vediamo di chiarire questa storia. Per il bene di tutti” disse calmo
“Io non c’entro nulla, chieda a Ben io sono sempre stato un uomo onesto” “Ben non è qui e lasciamolo fuori per favore” rispose Semir Poi porse a Peter il foglio del tabulato telefonico. “Mi sa spiegare perché ha chiamato questi due numeri in Ucraina per circa  venti  volte negli ultimi due mesi?  Tra l’altro l’ultima volta ieri poco dopo che avevo lasciato il suo ufficio”
“Questo numero qui- continuò Semir indicando una riga del foglio- è intestato a Maryana Vaskovets  la moglie di Ivan. Ovvero l’uomo che ha richiuso le ragazze nel doppio fondo del camion, dove due di loro sono morte in modo atroce”
Semir lasciò che Peter elaborasse la cosa “ Nella documentazione della azienda non c’è traccia del materiale che lei dice di aver acquistato dalla ditta in Ucraina né delle bolle di trasporto. Allora Peter si decide a dirmi  la verità? Ce n’è abbastanza per tenerla in galera a vita”
Peter aveva le lacrime agli occhi “E va bene…” disse

“La mia ditta, quella che mi ha lasciato mio padre stava andando a rotoli. Konrad mi aveva proposto una fusione ma per questo la società non poteva essere in perdita. Non potevo buttare a mare il lavoro di mio padre, non me lo sarei mai perdonato. Doveva essere una cosa semplice, mi avevano detto che si trattava solo di far entrare merce nella Unione Europea senza i diritti doganali, in modo da poterci guadagnare il trenta  quaranta per cento in più. Dovevo solo fornire le bolle di trasporto   e la copertura formale… Le giuro ispettore le giuro che non sapevo che in quei camion avrebbero nascosto quelle povere ragazze. Non lo sapevo…”
“Con chi ha parlato?” chiese Semir “Solo con Ivan, ma lui si rapportava ad una certa Madame, prendeva ordini da lei. Dopo che ieri lei è venuto ad interrogarmi ho chiamato Ivan e gli ho detto che volevo interrompere tutto, ma lui mi ha minacciato.  Ha detto che non potevo più tirarmene fuori” “Come siete rimasti?” “Che mi avrebbe richiamato per farmi sapere quando doveva recapitargli la prossima fattura”
Semir lo guardò cercando di organizzare mentalmente il piano. “Peter le conviene collaborare con noi. Bene… quando richiama lei gli dirà che lo vuole vedere personalmente per avere delle garanzie perché la polizia l’ha già interrogata e lei vuole essere sicuro, altrimenti non se ne fa nulla  Poi all’incontro ci saremo anche noi…”
Peter annuì ma il suo avvocato intervenne “Ma così lei mette la vita del mio cliente a rischio, e poi che garanzie ci sono che Peter avrà dei benefici da questa collaborazione?” “Lasci stare avvocato, lo voglio fare, ho già combinato troppi casini”  obiettò Peter sicuro
 

Semir uscì dalla stanza degli interrogatori e vi trovò la Kruger ancora in attesa “Molto bene Gerkan, ora dobbiamo parlare con Brandt che però sembra sparito dalla faccia della terra. Ma che è successo nella villa?” chiese “Questo proprio non posso dirglielo, ma quell’uomo è  un essere disgustoso, mi creda” rispose Semir con rabbia malcelata
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Klaus era rimasto per più di un’ora, dopo che Ben  era andato via, seduto sulla panchina accanto alla tomba. Beth, la bellissima Beth. La persona più allegra, serena e gioiosa che avesse mai visto. L’aveva amata nello stesso istante in cui l’aveva vista, al braccio di Konrad al consueto pic-nic organizzato dal liceo per gli ex alunni. E lui la esibiva, come si esibisce una macchina nuova o una bella casa, freddo distaccato senza sentimenti reali. Ma  Beth lo amava, lo amava al punto di essere rimasta con lui  nonostante tutto, nonostante le umiliazioni, la solitudine, la freddezza.
Ed ora questo… tutti i sacrifici che aveva fatto, il dolore che aveva provato nel vedere un proprio figlio cresciuto da un altro si concludevano così.  Dopo tanti anni finalmente la verità e suo figlio era stato di una freddezza crudele. Perché non glielo hai detto? Pensò fra sé e sè  Hai diritto almeno a che la fine della tua vita sia più serena. Ma si diede subito una risposta. Perché non voglio la sua pietà
Klaus si alzò dalla panchina e tornò all’unica cosa che gli rimaneva: il suo lavoro

Arrivato al Distretto dove la Kruger l’aveva chiamato,  Klaus incrociò subito Semir che lo accolse con uno sguardo di fuoco. Klaus era sicuro che se non fossero stati in pubblico gli sarebbe saltato addosso
“Dunque ora dobbiamo solo aspettare che Ivan richiami Peter e poi organizziamo il tutto.” Concluse il suo rapporto Semir “Molto bene ispettore. E’ preferibile comunque rimandare Weiss a casa. Non possiamo sapere se lo tengono d’occhio,. Mettiamo un nostro uomo lì e aspettiamo che venga chiamato”

Stavano per uscire tutti dalla stanza delle riunioni quando Klaus richiamò Semir “Gerkan… sa dov’è Ben?” chiese con un filo di voce “Ha preso un giorno di ferie.”  gli rispose beffardo lui avviandosi all’uscita senza neppure girarsi a guardarlo “Aspetti Semir… io non volevo fargli del male, mi creda”
A questo punto l’ispettore non si trattenne più Si girò e gli venne incontro minaccioso “Non voleva fargli del male?? Gli avete buttato in faccia la verità dopo trentaquattro anni così, gli avete sconvolto la vita litigando come due cani rabbiosi per un osso e non voleva fargli del male? E lei crede di essere suo padre?  Essere padre non è una questione di biologia o di genetica. La avverto Brandt, si avvicini ancora a lui, gli faccia ancora del male e se la vedrà con me” gli urlò in faccia rabbioso Semir prima di uscire dall’ufficio sbattendo la porta.   
 
Capitolo come vedete un po’ di transizione, ma getta le basi per i prossimi, di azione e mistero

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Capitolo 7
*** Vecchi ricordi ***


Vecchi ricordi

Ben si era addormentato ancora  vestito sul divano, con la testa in grembo a Laura. Non avevano parlato molto da quanto da quanto erano tornati a casa, e Laura  era stata impegnata a gestire le circa venti telefonate di Semir che all’incirca ogni mezz’ora chiamava per sapere come stava Ben. Lui non aveva voluto parlargli né aveva voluto cenare ed ad un certo punto si era addormentato mentre Laura gli carezzava i capelli. Anche Laura si era appisolata in quella scomoda posizione e sobbalzò quando   prima delle sette del mattino sentì il citofono.
Lentamente per non svegliare Ben si alzò per andare a rispondere dopo aver sostituito le proprie gambe con un cuscino sotto la testa del ragazzo.
Era Julia. Laura aprì la porta facendo segno di fare piano “Buongiorno Julia, è piuttosto presto. Ben sta ancora dormendo, è stata una giornata difficile ieri” mormorò  “Sì lo so, ma lo devo vedere, ti prego Laura” Si vedeva che anche lei non aveva passato una bella nottata, appariva trasandata e spettinata, lei che di solito era la perfezione fatta persona.
“Julia” fece Ben  venendole incontro con gli occhi ancora assonnati. Evidentemente si era svegliato.
“Che ne dite se faccio un bel caffè?’” propose Laura andando verso la cucina; era meglio lasciare i due fratelli soli
 “Ben io… non so cosa dire” esordì Julia
 “Non devi dire nulla Julia” Ben le sorrise; dopotutto lei era sempre la sua sorellina quella che la notte quando c’era il temporale correva ad infilarsi nel letto del fratello, quella a cui lui aveva letto tutto Moby Dick facendo le voci dei vari personaggi, quella che lo copriva con il padre quando marinava la scuola per andare ai concerti  e l’unica,  oltre Helga, della famiglia ad essere presente alla cerimonia di consegna dei diploma alla Accademia di Polizia 

“Ben… papà sta malissimo. Si è chiuso nella sua stanza da ieri e non vuole far entrare nessuno, neppure me. Helga dice che non ha voluto né pranzare né cenare. Ben vieni a parlare con lui”
Ben guardò la sorella… poverina, suo marito arrestato,  un segreto di famiglia che veniva fuori all’improvviso, suo padre che sta male… era troppo per qualsiasi persona. Ma lui in questo momento non ce la faceva
“Julia ti prego…. io non ce la faccio per ora. Proprio non ce la faccio” mormorò
Julia si lasciò cadere su di una sedia “Sono terrorizzata Ben… sai cosa succederà alla società quando gli investitori sapranno che Peter è stato arrestato? Ci sarà un crollo in borsa. Papà non sopporterà anche la perdita della società. E  Peter… lui ha confessato Ben… ha praticamente confessato, mi ha detto l’avvocato” Julia ormai  singhiozzava. “Come sarebbe a dire ha confessato?” chiese Ben
Julia gli raccontò quanto accaduto al Distretto la sera prima ed il piano di Semir per incastrare la banda degli ucraini. “Ho paura Ben, se succede qualcosa durante l’incontro?” “Non succederà nulla, ti devi fidare di Semir” rispose il fratello abbracciandola. “Ben… papà ti vuole bene, sei suo figlio. So che non te lo ha dimostrato abbastanza, ma non devi assolutamente credere…” “Io non so più cosa credere Julia. In effetti non so più nemmeno chi sono” la interruppe Ben

Laura era tornata con il caffè. Ben ne bevve un sorso e poi si avviò su per le scale “Scusatemi, ma ora devo andare a vestirmi e andare in ufficio Se non mi presento neanche oggi al lavoro va a finire che perdo anche quello” disse caustico
“Dagli tempo Julia, vedrai che tutto si aggiusterà” disse Laura mentre accompagnava la ragazza alla porta
********************

Ben arrivò in ufficio e si chiuse direttamente nella sua stanza.  Non voleva parlare con nessuno. Sapendo che non gli sarebbe stato consentito di partecipare alle indagini si dedicò alla montagna di rapporti che aveva in arretrato. Non alzò gli occhi dal pc neppure quando Semir entrò rumorosamente nella stanza “Giorno socio…” “Ciao Semir” gli rispose lui asettico. Seguirono alcuni minuti di silenzio in cui Ben, senza guardarlo, sentiva Semir aggirarsi nella stanza nervoso “Senti Ben…” iniziò poi
“No per favore Semir non ti ci mettere anche tu. Tutti a cercare di consolarmi, sto bene ok? Sto bene ma non voglio più parlare di questa storia…” disse stizzito
 “Veramente io volevo sapere solo se volevi una briosche” sorrise mostrandogli un sacchetto. Semir a volte era meravigliosamente abile nello sdrammatizzare  le cose
Ben sorrise anche lui “Sì grazie” rispose prendendo il sacchetto “Una sola però” intimò Semir E le cose sembrarono tornare magicamente a posto per un po’
 
“Commissario potrei stare io con Peter fino a che non lo chiamano, dopotutto sono  sua cognato e non desterei sospetti…” propose Ben nel corso della riunione mattutina. “Jager le ho già chiarito più volte che lei non può partecipare alle indagini. Già è troppo che è presente a questa riunione” “Ma capo io non parteciperei alla indagine. Starei lì solo per controllare fino a quando non chiamano. Le prometto che non mi intrometterò nell’operazione, ne starò fuori” si oppose ancora Ben. Voleva fare qualcosa per la sorella, e sapeva che se Julia lo vedeva vicino a Peter sarebbe stata più tranquilla. “Commissario in fondo Ben ha ragione. Lui è  il cognato non desterebbe sospetti. Mentre un altro agente se tengono Peter d’occhio potrebbe metterli in allarme.” Intervenne Semir in suo favore. Kim rimase pensierosa per un po’ “E va bene, per me va bene, ma bisogna avvisare Brandt. Per ora Ben accompagnerà Peter a casa e resterà lì con lui. I canali di comunicazione sono i consueti” concluse la Kruger alzandosi dalla scrivania
 

“NO!!! Assolutamente no!!! Come le è venuto in mente di autorizzare una cosa del genere??” Brandt era letteralmente furibondo con la Kruger. “Ma Procuratore, Jager non parteciperà alle indagini né alla successiva operazione… si limita  sorvegliare il cognato, così non si destano sospetti” si giustificò lei “Le pare normale che il parente stretto di un indiziato  sia coinvolto nella cosa? Ma nel vostro Distretto le regole non esistono??” “Sì certo ma le ripeto…” Kim era assolutamente stupefatta dalla reazione di Brandt, le pareva veramente esagerata. “Commissario lei ora ordina a Jager di tornare immediatamente al Distretto e lo destina a quello che vuole lei.. che ne so a compilare rapporti o a fare le fotocopie dei verbali. Non voglio che sia coinvolto in questo caso. Ci siamo capiti??!” urlò Klaus chiedendo il telefono in faccia alla Kruger e prima di accasciarsi sulla sedia colto da una violentissima fitta dolorosa. E stavolta la compressa ci mise molto più tempo per fare effetto
Ci mancava solo questa…. Il destino si stava veramente accanendo su di lui. Pensò e ripensò freneticamente a cosa doveva fare. Non gli era mai stata data la possibilità di essere un vero e proprio padre per Ben ma ora  era disposto a fare qualsiasi cosa per proteggerlo da quella donna.
Fosse l’ultima cosa che faceva nel poco tempo che gli era rimasto.
*********************

Ben scese dalla Mercedes con Peter. Durante il viaggio dal Distretto non si erano detti nemmeno una parola che non fosse strettamente necessaria. Per quanto si sforzasse di collaborare Ben non poteva dimenticare che Peter si era fatto coinvolgere in  loschi affari e che stesse facendo soffrire così Julia.
Helga venne ad aprire e prima ancora che Ben se ne accorgesse era già stato letteralmente stritolato nel suo abbraccio “Il mio bellissimo bambino…” mormorò con le lacrime agli occhi.  “Ciao Helga” rispose lui con un sorriso. Helga era la persona più vicina ad una madre che Ben ricordasse “Ciao sorellina” salutò poi Julia vedendola “Ti ho riportato il marito” tentò di scherzare “Ben, Oddio che bello….”  Julia aveva gli occhi che le brillavano “Chiariamo una cosa Julia. Sono qui in veste professionale e  per te, per farti stare più tranquilla. Non voglio parlare con papà, per favore, almeno non per ora” Era insolitamente duro.
“Ben….” mormorò Konrad dalla cima delle scale. Era completamente spettinato, con i vestiti in disordine e con la barba incolta. Ben provò una fitta di dispiacere nel vederlo così, ma poi la rabbia prevalse  e si avviò verso lo studio senza neppure salutarlo.

 “Senta Commissario, sinceramente non me importa nulla di quello che dice Brandt… sì ok le conosco anche io le regole. Bene, allora facciamo così mi prendo un paio di giorni di permesso e dato che non può impedirmi di stare a casa di mio padre, qui resto” Ben chiuse furibondo la chiamata
“Hai detto bene questa è casa di tuo padre, anzi è casa tua…” la voce di Konrad alle spalle lo fece quasi trasalire. Si era ripulito e messo in ordine e lo stava guardando sull’uscio della porta. Ben stava per lasciare la stanza quando Konrad gli disse con voce debolissima “Non te ne andare, ti scongiuro, non te ne andare. Solo un minuto, siediti solo un minuto con me” Era così pallido che Ben temette che gli stesse per venire un infarto. Quindi lo assecondò e si sedette sul divano.

“Quando sei nato avevi il cordone ombelicale legato attorno al collo. Hanno dovuto fare un cesareo di urgenza e sei nato completamente asfittico. Per giorni non abbiamo saputo se ce la avresti fatta oppure no, o se avresti riportato danni permanenti” Ben conosceva quella storia, Helga e la nonna gliela avevano raccontata tante volte
“Anche tua madre è stata male e così quando ti hanno tolto dall’incubatrice per la prima volta e hanno detto che eri perfettamente sano, ti hanno messo nelle mie braccia. Tua madre stava  dormendo ed era troppo debole. Non ti nego che fino al parto era intenzionato, nonostante quanto avevo promesso a tua madre, a  fare le analisi per stabilire se io ero o meno… tuo padre. Ma quando ti hanno messo nelle mie braccia… eri bellissimo sai… ti ho messo l’indice nella manina e tu l’hai stretta. Ed in quel momento ho capito che eri mio e che nessuna analisi avrebbe dimostrato il contrario. E così non ho mai più neppure pensato a fare quelle analisi: sei sempre stato mio figlio, so che non sono stato capace di  dimostrartelo, ma io sono tuo padre e ti ripeto nessuna indagine sul dna mi potrà dimostrare il contrario. Ma se ora tu la vuoi farle,  se vuoi sapere la verità io ti capisco… tanto a me non importa sapere il risultato, sono io tuo padre”      
Ben non sapeva cosa dire, era così confuso “Non hai pensato che avessi il diritto di sapere la verità?” gli chiese triste. “Sì l’ho pensato… ma avevo paura… quando  hai iniziato ad avere l’età giusta per capire ci stavamo allontanando  ed io ho avuto paura” rispose Konrad stringendosi ed ingobbendosi Solo allora Ben  vide Konrad per quello che era effettivamente… un vecchio fragile ed impaurito. Ma non ebbe il tempo di replicare
Julia entrò di corsa nella stanza “Ben… stanno chiamando”  disse eccitata.
 
Peter aveva fatto bene la sua parte, era stato anche convincente “Del resto  è sempre stato bravo a mentire” pensò Ben alla fine della chiamata.
“Semir… sì ci siamo… fra  due ore al vecchio macello. No, non resto qui vengo anche io. Ancora con questa storia… ho già detto che di quello che dice Brandt non me ne importa un tubo. Beh se per questo neanche lui potrebbe occuparsi del caso, visti i rapporti. Ci vediamo lì ” Ben chiuse  il telefono
“Coraggio andiamo Peter, ti aiuto con il microfono e il giubbotto antiproiettile. Dobbiamo arrivare almeno un’ora prima di loro”   “Andrà tutto bene vero?” chiese Julia spaventata “Ma certo, sorellina andrà tutto benissimo” la rassicurò lui
**********************

 Ben salì a bordo della BWM di Semir e gli fece un gran sorriso. “Sì ridi tu, Brandt è letteralmente furibondo per non dire isterico. La Kruger non ha potuto dirgli che ci sei anche tu… figurati adesso che ti vede…” “Te lo ripeto… non me ne frega nulla” rispose ironico il ragazzo “Ohhh quello è comunque il Procuratore vabbè che forse è anche tuo…” Semir  si sarebbe morso la lingua “Padre? Né lui né Konrad possono esserne sicuri. Diciamo che la mia paternità è…. alquanto incerta”  Ben era particolarmente caustico “Il che può avere i suoi vantaggi, puoi scegliere se avere uno, due padri o nessuno, come forse sarebbe preferibile” Ben faceva l’indisponente, ma Semir capì subito quanto la cosa lo amareggiasse. “Ben… io credo che tu nel tuo cuore la risposta la conosci. Ma sei vuoi… allora fai  l’analisi e togliti il dubbio” “Che vuoi dire?” chiese Ben “Che i figli sono di chi li cresce…  lo capirai anche tu quando ne avrai” “Beh se è vero allora sono figlio di Helga e della nonna, non si può proprio dire che Konrad mi abbia realmente cresciuto. Non c’era mai”

“Eccoli” mormorò  Semir. La BMW era ben celata ma posizionata in modo da scorgere tutti i movimenti del piazzale antistante la vecchia fabbrica Ben accese la radio
“Weiss cos’è questa storia?? Vuoi che ti facciamo saltare il cervello?” disse l’uomo muscoloso appena sceso dalla autovettura. Peter era fermo affianco alla sua autovettura “Senta Ivan  mi hanno già interrogato. E’ vero che in quel camion lei aveva nascosto dieci ragazze? Dicono che due sono morte. Io non voglio essere implicato in questa faccenda…”   “Quello che c’era nel camion non ti deve riguardare. Tu hai il tuo tornaconto giusto? E allora  taci e fai quello che ti è stato detto” “Ma possono scoprirci…”  “Nessuna delle ragazze parlerà te lo posso assicurare e poi  anche se parlassero di me non mi troveranno mai, non ti preoccupare. Ora consegnami la fattura per il prossimo trasporto che ti avevo chiesto. Dobbiamo cambiare la società di partenza per non destare sospetti”

“Ok ci siamo, potete intervenire” ordinò Semir alla SEC
La cosa si svolse molto in fretta e non fu sparato neppure un colpo. Gli uomini della SEC immobilizzarono Ivan e gli altri due uomini che erano con lui e li caricarono sulle vetture per portarli al Distretto
“Tutto liscio come l’olio, visto?” disse soddisfatto Ben.
 

Ma appena sceso dall’auto venne investito dalla furia di Brandt che era appena arrivato con la Kruger
“Ti avevo detto di stare lontano da qui!!!  Ritorna immediatamente al Distretto!!!” urlò
 “Procuratore…” iniziò la Kruger “Le avevo specificamente ordinato di non far partecipare Jager a questa operazione” Brandt sembrava letteralmente fuori di senno
 “Ma è filato tutto liscio e Ben è rimasto in macchina con me” intervenne Semir
“Evidentemente non ho il dono di farmi comprendere. Ho ordinato che Jager stia fuori dall’operazione. E posto che non siete propensi a obbedire ai miei ordini lei Commissario Kruger sospenderà l’ispettore Jager dal servizio sino a chiusura di tutta l’indagine. Non voglio che si avvicini neppure da lontano a Vaskovets. E metta Weiss sotto protezione” Brandt urlava così forte che divenne violaceo. Poi si allontanò con passo malfermo lasciando tutti i presenti a bocca aperta
“Secondo te devo iniziare a preoccuparmi? Dicono che la pazzia sia ereditaria” chiese ironico Ben a Semir
 Ma Semir comprese tutta la tristezza che invece c’era nella sua voce
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Svetlana stava guardando fuori dalla finestra il traffico caotico della sua città. Come erano cambiate le cose da quando lei era giovane;  all’epoca c’era ancora il comunismo e le poche auto che c’erano in giro erano dei burocrati o dei militari. Ora invece c’era il consumismo e l’economia liberale, ognuno aveva la sua vettura con il risultato che ci si metteva molto più tempo per andare da un posto all’altro di quanto se ne impiegava prima a piedi o con i mezzi pubblici
Posò la tazza di the sul tavolo con la mano malferma. Maledetta artrite, la tormentava da tanti anni ma negli ultimi mesi era diventata insopportabile, ormai quasi non  articolava più le dita. Fortuna che non era  più costretta da tempo a fare i lavori sporchi, non avrebbe certo potuto maneggiare un’arma in quelle condizioni. Anche se poi pensò che alla sua età nessuno, con o senza artrite, avrebbe più maneggiato un’arma
Si guardò nello specchio e come al solito le parve di non riconoscersi. Chi era quella donna rugosa  di cui lo specchio rimandava l’immagine? Cosa ne era stato della prostituta più bella di Lviv? Aveva avuto clienti importantissimi, ministri, generali, burocrati del vecchio regime; avrebbero fatto follie per lei ed alcuni le avevano anche chiesto di lasciare la vita e sistemarsi a loro esclusivo servizio. Ma lei non aveva ceduto. Anche se guadagnati così erano comunque soldi suoi, non dipendeva da altri per sopravvivere . Ma questo le era anche costato molto, aveva rinunciato a molto, ad una parte importante della sua vita. Sino a che era arrivato lui… Denis Urganov il bel russo, il capo della cosca locale. Non poteva dire di essersene innamorata, era più una attrazione fatale e selvaggia. Ma per lui aveva lasciato la vita e Denis le aveva permesso di organizzare un suo giro di case, con ragazze sue, che lei gestiva in autonomia.
Povero Denis, Svetlana ancora provava dolore e ne sentiva la mancanza anche se aveva avuto altri uomini dopo la sua uccisione. Ora comandava lei, lei decideva con il suo intuito infallibile quale affare seguire. Ma sentiva che presto le forze le sarebbero mancate; aveva già settantasei anni anche se  ne dimostrava almeno dieci di meno. Ma era comunque vecchia. E non aveva eredi. “Eh  cara Svetlana, nessuno ti piangerà quando sarai morta” pensò aggiustandosi i capelli d’argento allo specchio.
Ma questo era il prezzo da pagare per le scelte, una in particolare, fatte in passato e non se rammaricava, non era nel suo stile.

“Madame…” fece la  cameriera entrando discretamente nella stanza “C’è Colonia al telefono” Svetlana alzò il ricevitore del telefono posto sulla scrivania.
Ascoltò quanto le veniva detto apparentemente senza alcuna emozione. “Quindi l’hanno arrestato…Mi meraviglio della tua incompetenza. Va bene come al solito devo risolvere io… Sì ti comunicherò a che ora arrivo a Colonia” posò il ricevitore.
Come era difficile trovare dei collaboratori efficienti. “Colonia in questo periodo è splendida però” pensò mentre chiamava la cameriera e dava istruzioni per il suo viaggio
       

Ed ecco Madame Svetlana... riserverà sorprese credetemi.

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Capitolo 8
*** Risposte inaspettate ***


 
Risposte inaspettate

Semir era tornato a casa che era notte fonda ma Andrea lo stava aspettando ancora sveglia guardando la tv sul divano nel salotto “Hai fame? Ho conservato il polpettone in forno per te” gli chiese premurosa mentre si sedeva accanto a lei “No grazie tesoro, ho mangiato qualcosa al Distretto. Le bambine?” “ Tutto a posto, dormono. E Ben?” chiese lei di rimando. Questo era quasi un rituale fra i due coniugi quando Semir tornava tardi Lui chiedeva delle bambine e la moglie gli chiedeva di Ben.
“Beh, non è  tutto a posto. Lui fa’ lo spavaldo ma la cosa lo ha sconvolto” rispose pensieroso il marito “Ci credo… mi dispiace così tanto, già i rapporti con Konrad non erano idilliaci ed ora questo” Andrea era affezionatissima a Ben “Non sai quanto detesto quei due… sono uno peggio dell’altro. Due egoisti, egocentrici e possessivi” La rabbia  di Semir era evidente. “E poi dovevi vedere Brandt stasera al termine dell’operazione, sembrava un folle, con gli occhi fuori dalla orbite. Pretendeva che Ben stesse fuori dall’operazione e anche se lui materialmente non ha fatto nulla, è rimasto in auto con me,  l’ha sospeso dal servizio”
“Ah… di bene in meglio E perché?” chiese Andrea stupefatta “Perché dice che non può essere coinvolto nell’indagine sul cognato E lui allora? Lui avrebbe molte più ragioni per astenersi visti i suoi rapporti personali con Konrad” Il carattere sanguigno di Semir iniziava a prendere il sopravvento “Fortuna che è filato tutto liscio e li abbiamo arrestati. Anche se dubito che tireremo fuori qualcosa dalla bocca di Vaskovets” “Beh avete sempre la testimonianza di Peter no? Tramite lui potete comunque collegare le ragazze a questa Urganova” “Speriamo bene, Questa storia deve finire al più presto, prima Brandt esce dalla mia vista meglio è” concluse Semir avviandosi verso la stanza da letto
*********************** 

Svetlana Urganova era atterrata con il jet privato in un piccolo areoporto privato nei pressi di Bonn. Lì la dogana era molto più semplice e il suo passaporto, uno dei tanti falsi di cui disponeva, non  destò alcun sospetto.
vetlana  respirò l’aria frizzantina del primo mattino, ormai l’estate stava finendo e presto  le foglie degli alberi sarebbero ingiallite. Tutte le  volte che era stata a Colonia aveva sempre ammirato gli alberi della città, così verdi, rigogliosi e ordinati
L’auto con i vetri oscurati si fermò all’ingresso della villa in stile vittoriano alla periferia di Colonia. Svetlana ne scese e si guardò attorno. Odiava quella casa, così fredda e lugubre,  le suscitava brutti ricordi, ma era un posto sicuro e lei faceva sempre base lì quando veniva a Colonia.
Anche se era mattina presto  i suoi collaboratori erano già lì ad attenderla
“Buongiorno Madame” fecero l’uno dopo l’altro mentre ossequiosi si inchinavano leggermente. Ma lei non rispose al saluto. Con la massima calma li scrutò uno per uno “Devo dire che non posso che confermare quanto avevo già pensato all’inizio di questa operazione. Siete degli inetti buoni a nulla. Io mi sono fidata  di voi vi ho fatto scegliere il gancio di cu servirci qui in Germania e questo è il risultato” La voce era fredda ma i tre uomini presenti iniziarono a tremare visibilmente. Sapevano bene che se non si giustificavano adeguatamente non  sarebbero arrivati vivi alla fine della settimana  “Madame noi non avevamo voce in capitolo. Ivan ha individuato Weiss come  gancio qui in Germania, non potevamo sapere che era il cognato di un poliziotto” disse uno di loro quasi sussurrando.  Svetlana sorrise “Fatemi capire… voi vi siete serviti per l’emissione delle fatture di trasporto del cognato di un poliziotto? Siete più che inetti e buoni a nulla, siete… decisamente un ramo secco da eliminare” Lo sguardo di Svetlana era gelido “Madame aspetti… non si poteva immaginare che il figlio del maggiore costruttore di Dusseldorf fosse un poliziotto”  continuò nella giustificazione l’uomo che ormai appariva sul punto di svenire. “Infatti non dovevate immaginare dovevate semplicemente informarvi!!!” ora la voce di Svetlana si era alzata ed appariva rabbiosa “Madame io non so cosa…” Svetlana lo zittì con un gesto. “Se non mi serviste per recuperare la situazione avreste già tutti e tre una pallottola in mezzo agli occhi” “Allora cosa hanno in mano? Solo la testimonianza di questo Weiss? Perché voglio sperare che Ivan non parlerà” “Sì la testimonianza di Weiss e quella di una delle ragazze che erano nel tir. E stia sicura Madame, Ivan non parlerà” rispose l’uomo.
“Devo pensare ed elaborare la cosa”  disse Svetlana sempre più gelida e determinata “Chi è il Procuratore che si occupa del caso?” chiese ancora “Un tale Klaus Brandt”

A sentire quel nome Svetlana impallidì.
Non era possibile…. la testa iniziò a girargli furiosamente fino a che non si accasciò su di una poltrona. “Madame… madame… tutto bene?” fece la guardia del corpo che le stava affianco “Prendete un bicchiere d’acqua presto” disse ancora  “No sto bene…” Svetlana aveva ripreso il  controllo di sé, non poteva mostrarsi debole di fronte ai collaboratori. “La stanchezza del viaggio…” si giustificò. “Ora andate devo pensare e vedere a come rimediare ai vostri disastri” ordinò con voce il più ferma possibile
Ma mentre stavano uscendo tutti un altro pensiero le balenò in mente “Aspettate…”  I tre uomini si girarono  immediatamente “Hai detto che il cognato di  Weiss è il figlio del maggiore costruttore di Dusseldorf. Qual’è il nome del poliziotto?” chiese cercando di non apparire ansiosa. “Ben … Jager se non sbaglio”
Svetlana congedò tutti con una mano, non aveva la forza di parlare.

Era incredibile, non riusciva a crederci davvero. Era sempre stata una donna razionale e fredda ma questo andava oltre le sue possibilità di comprensione. Era tutto così irreale. Fece dei lunghi respiri per calmarsi. “Calmati Svetlana- si disse- calmati e gioca bene le tue carte. Ora puoi avere ciò che hai sempre desiderato nella vita”
********************* 

Ben si svegliò di soprassalto mentre Laura lo scuoteva per le spalle. “Tesoro, Ben svegliati, stavi facendo un brutto sogno…”  gli disse rassicurante mentre gli carezzava la schiena. Ben era completamente sudato e si  sedette sul bordo del letto stropicciandosi gli occhi. “Tutto bene?” chiese la ragazza cingendolo con le braccia sottili “Sì, certo tutto bene” Ben si voltò per baciarla “Giorno comunque…” le sorrise “Giorno…” Laura amava quel sorriso era la prima cosa che aveva notato in Ben, ma ora era un sorriso triste, i suoi occhi erano tristi. “Cosa vuoi fare oggi? Sono a tua disposizione, sono stato sospeso dal servizio e quindi  praticamente disoccupato” Ben da un po’ aveva adottato la tattica della ironia per nascondere il suo stato d’animo. Ma Laura lo conosceva troppo bene per cascarci. Comunque stette al gioco. “Allora andiamo a fare la spesa, poi andiamo a zonzo per negozi, devo fare un po’ di compere, la moda in Sudan non era proprio aggiornata”  rispose Laura andando verso il bagno.

Mentre Laura era sotto la doccia Ben chiamò Semir al cellulare. “Buongiorno qui parla il tuo ex socio” fece alla risposta “Ben smettila di fare il  buffone per favore e goditi il giorno di sospensione. La Kruger ha ottenuto da Brandt che tu possa rientrare in servizio da domani quando trasferiamo Vaskovets alla prigione federale” rispose Semir. “Oh…che peccato ed io che già mi vedevo a vendere wurstel con un banchetto di fronte alla Cattedrale” scherzò  Ben “Sì così al posto di venderli te li mangiavi tutti tu” Anche Semir cercava di stare allo scherzo  “Beh almeno non morivo di fame… senti Semir e per Peter?” “Lo stanno per trasferire alla nostra  villa sorvegliata. Lui e Julia saranno al sicuro. Seguo io la vicenda su questo non ti devi preoccupare” rispose il compagno ”Allora a domani socio” “Ben… se hai bisogno di qualcosa….” La voce di Semir divenne seria “Certo… ciao ciao”

Appena attaccato il cellulare Ben chiamò il numero della sorella ma risultava irraggiungibile, evidentemente le avevano già tolto il telefono. Chissà se dopo poteva fare un salto da loro, i colleghi di guardia di certo non l’avrebbero tradito spifferando tutto a Brandt

“Amore… aspettami fammi posto…” disse poi togliendosi  maglietta e pantaloncini per infilarsi anche lui nella doccia


Ben e Laura avevano trascorso tutta la giornata a zonzo. Laura aveva una energia inesauribile e l’aveva trascinato in almeno venti negozi diversi, provando e riprovando vestiti, giacche, borse. Ben iniziò a temere che soffrisse di shopping compulsivo ma del resto Laura fra meno di un mese iniziava il nuovo lavoro, voleva fare bella figura. Lo shopping l’aveva comunque distratto, per tutta la giornata non aveva pensato né parlato della questione che lo assillava.  

A fine serata Ben si decise a fare un salto da Julia. Era la sua sorellina, non poteva fare a meno di vedere se stava bene, di preoccuparsi per lei,  anche se provava una infinita rabbia contro Peter che l’aveva trascinata in quella situazione.
Arrivato alla villa dove  venivano tenuti di solito i testimoni sotto protezione ci mise un po’ a convincere i colleghi a farlo passare, ma alla fine scongiurando e pregando riuscì nel suo intento. Julia gli venne incontro saltellando dalla gioia e gli aggrappò al collo come faceva da bambina quando Ben tornava dal campeggio o dai viaggi di studio  “Vieni facciamo una passeggiata” lo invitò

“Allora come stai piccola?” chiese Ben “Beh potrebbe andare peggio direi” Julia aveva un sorriso triste. “L’unica cosa è che abbiamo  lasciato papà a gestire da solo tutta la società e con i problemi che ci sono attualmente…” disse pensierosa “Konrad se la caverà, non ho dubbi sulle sue capacità di imprenditore” rispose Ben chiedendosi se mai Peter sarebbe tornato a gestire qualcosa.  “Non lo chiami più neppure papà?” chiese triste la sorella “Ma no… mi è uscito così” si giustificò il ragazzo pensando però che era vero, non lo aveva chiamato papà “Ben ti prego… sento che ti stai allontanando, questa storia ti sta allontanando anche da me” Julia lo guardava con gli occhi lucidi “Ma no che dici… tu sei la mia sorellina, lo sarai sempre” rispose abbracciandola
“Con Peter come va?” chiese cercando anche di cambiare discorso “Così… certo è difficile da perdonare, ma è mio marito. E’ un punto fermo. Ci siamo scelti ed io nonostante tutto lo amo ancora. Lui è una delle poche certezze nella mia vita” Ben in qual momento ammirò molto la sorella; sembrava così fragile eppure era straordinariamente forte “Penso che quando tutto questo sarà finito… riusciremo a ricominciare forse, anche se lui dovesse andare in prigione per un po’”  Nel pronunciare l’ultima frase la voce di Julia tremò.
“Dai sorellina non ti preoccupare vedrai che quando Peter avrà testimoniato il Procuratore sarà comprensivo” “Già così ci ha assicurato anche l’avvocato, ma non penso che papà sarà così indulgente” “In questo caso ho un banchetto di seconda mano per la vendita di wurstel di fronte alla Cattedrale. Glielo posso prestare” Julia non capì bene la battuta ma rise lo stesso

I due fratelli chiacchierarono ancora un po’ e poi Ben salutò Julia con un abbraccio.
Salendo in macchina Ben iniziò a ripensare alla conversazione avuta con la sorella; quelle poche parole gli avevano aperto la mente. Arrivato a casa aveva preso una decisione importante
**********************  

Svetlana aveva pensato per tutta la giornata al da farsi. Non poteva crederci, stava per realizzare in una sola volta il suo desiderio più nascosto e risolvere anche il problema  di Ivan
Dopo aver organizzato il tutto chiamò i suoi collaboratori  e spiegò loro ciò che dovevano fare esattamente. Stavolta non potevano esserci errori. Doveva essere tutto perfetto e loro sapevano che non ci sarebbero state altre occasioni

“E’ di vitale importanza che non gli torciate un capello. Portatelo qui con un solo graffio e siete morti” ordinò imperiosa “E che facciamo con quell’altro che è sempre con lui?” chiese uno degli uomini “Quello fatelo fuori” rispose gelida
*********************

Ben aprì la porta di casa e subito sentì il delizioso profumo che proveniva dalla cucina. Laura era anche un’ottima cuoca e evidentemente aveva dato sfoggio della sue capacità.  Entrò nella cucina e si mise ad osservare la ragazza silenzioso “Tesoro sei qui, la cena è quasi pronta. Bistecca con contorno di purè e  funghi” cinguettò allegra rigirando il contenuto di una pentola
“Laura vieni qui un attimo… siediti ti devo dire una cosa importante” Laura sorrise perplessa ma fece come gli era stato chiesto.
“Dunque…. poiché non sono bravo in queste cose e  mi sento anche un po’ ridicolo vengo subito al dunque… amore mi vuoi sposare?” chiese emozionato  

La riposta lo lasciò di stucco. Laura lo guardò con gli occhi che si riempivano di lacrime e dopo alcuni secondi di silenzio rispose “Mi dispiace Ben.. no”
 
 

Dunque vediamo… secondo voi  quale è il desiderio nascosto di Svetlana?
Povero Ben, non l’ho mandato in  ospedale ma gliene sto facendo comunque passare di tutti i colori Chi rifiuterebbe una sua proposta di matrimonio?
Nei prossimi giorni causa superlavoro gli aggiornamenti saranno un po’ più saltuari. Grazie sempre a chi recensisce. Fatemi sapere le vostre opinioni belle o brutte che siano

 

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Capitolo 9
*** Momento critico ***


Momento critico

Ben rimase per un attimo attonito
Poi si alzò dalla sedia con un timido “Ok… non è proprio la risposta che mi aspettavo…” Stava per uscire dalla cucina quando Laura lo richiamò “Aspetta Ben vieni qui per favore,  lascia che ti spieghi” “Non c’è nulla da spiegare, se non vuoi…” rispose lui “Non puoi davvero credere che io non voglia sposarti e vivere con te. Non desidero altro nella vita credimi” “E allora che c’è? E’ per il lavoro? Va bene vuol dire che lo lascio” propose lui completamente sconcertato.

 “Ma ti senti? Senti quello che dici? Solo tre giorni fa abbiamo litigato perché tu temevi che io ti chiedessi di lasciare il tuo lavoro” Laura aveva iniziato a piangere. “Embè? Non sei contenta che ho cambiato idea?” “Tu non hai cambiato idea tu sei solo in un momento particolare… hai perso i punti di riferimento e ora vuoi solo creartene degli altri. Tra noi non può iniziare così… io non voglio che il mio matrimonio inizi così” “Davvero pensi che io ti chieda di sposarmi solo per consolarmi? Ma perché non la finite tutti? Tu, Semir Andrea, julia mi guardate tutti come se fossi un ordigno pronto ad esplodere. Ma lo volete capire che alla fine  di chi sia l’uomo che mi ha generato non me ne frega nulla? Tanto io un padre non ce l’ho mai avuto!!!” urlò Ben.  Laura ormai piangeva a dirotto “Ben io ti amo, ti amo davvero….” sussurrò  “Ma non mi ritieni abbastanza lucido o maturo da prendere una decisione come il matrimonio coscientemente giusto?” “No è che in questo momento… poi ce ne pentiremmo” “Bene lasciamo perdere, argomento chiuso” Ben uscì dall’appartamento sbattendo la porta.
*********************

Klaus era seduto alla sua scrivania e non faceva altro che pensare e ripensare alla sua vita. Era un uomo ricco, affermato sul piano sociale ma in fondo non aveva nulla, nulla per cui valesse la pena lottare. Per questo quando il medico gli aveva proposto interventi chirurgici o cure sperimentali per allungare un po’ il tempo che gli restava aveva decisamente rifiutato.  Ma ora se ne pentiva, se solo avesse avuto più tempo, più tempo con  lui, più tempo per proteggerlo da lei. Certo il destino era stato beffardo, proprio ora tutti i nodi della sua esistenza venivano al pettine.

Guardò il mandato di cattura internazionale che aveva appena firmato e che era stato inviato all’Interpol. Svetlana Urganova, la madame di Lviv. Quanto anni poteva avere ora? Settantacinque, settantasei? Klaus si chiese  se era ancora bella come  quando l’aveva vista molti anni prima
 

Klaus era ancora sotto la doccia ed era infuriato. Quella mattina aveva fatto tardi, non si era svegliato anche perché Sarah aveva staccato la sveglia. Tanto lei  non si alzava mai prima delle undici  e la sveglia le dava fastidio. Klaus pensò che era  proprio ora di troncare quella storia, era durata già troppo tempo, quasi un anno, quasi il doppio delle sue relazioni abituali.
La cameriera bussò discreta   alla porta della stanza da letto che Klaus era ancora in accappatoio. “Avvocato c’è una signora alla porta. Dice che vuole parlare con lei” “Le dica di prendere un appuntamento come tutti” “Già fatto signore, ma ha insistito molto, è molto agitata. A me sembra straniera signore, forse russa” Kluas sospirò “Va bene la faccia aspettare nello studio, io scendo subito” disse infastidito
Klaus scese nello studio più seccato che mai Ci mancava solo una delle solite signore isteriche in cerca di aiuto. La sua fama di avvocato pronto a difendere  pro bono i casi dei più bisognosi comportava anche questo genere di fastidi, ma Klaus non sopportava di essere disturbato a casa. Entrò nello studio e scrutò la esile e perfetta figura che gli poneva davanti. Era  una donna veramente bella,  sui   cinquanta anni, bionda con grandi occhi verdi. Stava guardando  i libri sugli scaffali della libreria.
 “Buongiorno signora le devo dire subito che io ricevo solo su appuntamento e comunque mai a casa” disse subito Lei rimase a guardarlo con i suoi grandi occhi verdi senza dire nulla. “Signora mi ha capito?” insistette Klaus sempre più arrabbiato “Sì  ho capito ma io non voglio prendere un appuntamento…” rispose la donna con un forte accento russo “E allora cosa vuole?” “Io credo di essere sua… tua madre”
Ora erano seduti sulle poltrone accanto alla grande vetrata. Klaus era completamente stordito. Sapeva sin dalla più tenera età di essere stato adottato, che i suoi genitori l’avevano preso in un orfanatrofio ucraino e che l’avevano portato a vivere con loro prima nella Germania dell’Est e poi in quella Ovest. Ma non aveva mai sentito il bisogno di rintracciare i suoi veri genitori, non aveva mai sentito il richiamo alle vere origini. Era stato un figlio molto amato e questo gli bastava.
La donna continuava a guardarlo come se ne volesse scoprire i movimenti e riconoscerli in qualche modo familiari. Ma evidentemente Klaus, bruno alto e muscoloso somigliava quello che doveva essere il suo padre naturale “Avevo meno di sedici anni quando ti ho avuto, ero una bambina, non potevo tenerti. Ho provato, ho scongiurato la mia madame ti farti stare con me, ma non ha voluto sentire ragioni.  La mia famiglia era molto povera ed io dovevo… lavorare” La donna gli raccontò senza alcun timore della sua vita da prostituta. Klaus era sconvolto; la sua madre naturale lì davanti a lui dopo tanti anni e con un racconto sconvolgente.
Ma Klaus non  sentiva nulla per lei, era semplicemente una donna che gli parlava di un passato a lui estraneo. “Senta, io capisco, ma ormai le cose sono andate così, cosa può cambiare dopo tanti anni? Non ha pensato di rifarsi una vita, di avere altri figli?”  disse alla fine del racconto Klaus
“Non sono qui per me, ma per te. Per non farti fare i miei stessi errori.  Anche tu hai rinunciato ad un figlio, e non dovevi, sono qui per rimediare” disse la donna improvvisamente dura “Cosa ne sa lei di questa storia?” Klaus sbarrò gli occhi “Quando mi sono decisa a cercarti  ho anche preso informazioni. Klaus… io posso aiutarti a riavere il tuo bambino. L’ho visto sai? E’ bellissimo, vivace,  intelligente…” “Ma come si permette? Stia lontana dalla mia vita e da Ben…” Klaus era a metà fra spaventato e  furibondo  “Io posso aiutarti a riaverlo, te lo faccio riavere io, ho la possibilità di farlo” “Ma che sta dicendo??” “Sì non importa se il bambino è in un’altra famiglia,  io lo prendo anche con la forza e te lo porto e poi insieme andiamo in Ucraina. Lì possiamo essere felici, ti rifarai una vita insieme a lui” la donna ormai aveva una voce isterica  “Ma lei è pazza, ora chiamo la polizia e la faccio arrestare” Klaus era assolutamente sconcertato ma aveva capito che quella donna era pericolosa. Poi magicamente lei si calmò “Te ne pentirai Klaus, te ne pentirai te lo assicuro, quando  ti renderai conto che non ci sarà nessuno a piangere sulla tua tomba te ne pentirai” gli disse gelida mentre si avviava all’uscita     

 Klaus guardò ancora una volta il mandato di cattura ed il nome che c’era scritto: Svetlana Urganova, sua madre
*********************

Ben era rientrato a notte fonda ed aveva dormito poche ore sul divano. La mattina era uscito molto presto e non aveva lasciato  biglietti a Laura. Non era tanto il rifiuto a bruciare quanto piuttosto la sua convinzione che lui non fosse in quel momento  emotivamente in grado di prendere quella decisione.

“Giorno socio, finita la vacanza….” Gli disse Semir allegro quando lo vide entrare in ufficio. Ben rispose solo con un cenno della testa  “Ok… cosa altro è successo?” gli chiese l’amico; Semir lo conosceva troppo bene per non capirne all’istante gli umori “Lasciamo perdere… piuttosto avete trasferito Ivan?”  “Sì ieri notte. Fra   un paio di settimane ci sarà l’udienza per la convalida dell’arresto” “E Peter dovrà testimoniare suppongo…”  disse Ben; era preoccupato quella non era gente che si faceva  incastrare facilmente.
Come se avesse intuito i suoi pensieri Semir gli disse “Non ti devi preoccupare andrà tutto bene Peter e Julia sono al sicuro alla villa” “Speriamo ma io sono quasi sicuro che cercheranno di fare qualcosa prima” “Ma io terrò gli occhi aperti non ti devi preoccupare” gli ribadì Semir

I due poliziotti sbrigarono  un po’ di lavoro di ufficio  “Ragazzi c’è stato un furto di rame sul cantiere della A/30, ci andate voi?” annunciò Susanne “Certo mia bella bionda” rispose Semir, era contento  che Ben  tornasse alla normalità. Uscendo dal parcheggio nessuno dei due si accorse del furgone che li seguiva a distanza per non farsi scoprire

“Allora me lo dici cosa ti prende stamattina?” Semir tornò all’attacco. Se voleva sapere una cosa c’erano poche speranze di sfuggirli Così Ben si decise a raccontargli  quello che era accaduto la sera prima
“Beh che fai prima hai dato il tormento per sapere cosa era successo ed ora non dici nulla?”  Semir  effettivamente era rimasto in perfetto silenzio “Ah aspetta tu pensi che Laura abbia ragione giusto?” chiese Ben “No… è solo che forse sei stato un po’ precipitoso, queste cose si pensano bene e Laura è una ragazza abbastanza intelligente da capirlo” “Certo e io  glielo ho chiesto solo perché ho perso i punti di riferimento, giusto?” Ben iniziava a stizzirsi anche con Semir “Ben per favore dai non te la prendere anche con me ora...” “Senti è meglio che tronchiamo il discorso. Qui tutti pensano di sapere cosa provo” Ben era veramente incavolato  e Semir lasciò effettivamente cadere il discorso

“Che strana l’autostrada senza  veicoli…” mormorò Semir mentre entravano nel tratto di strada bloccato per il cantiere.
Dopo un  po’ Semir guardò nello specchietto retrovisore “Ma cosa vuole quel furgone? Non ha visto che la strada  è chiusa?” Non ebbe il tempo di finire la frase che il furgone accelerò e li tamponò violentemente
“Ehi ma questo è scemo” fece Ben, ma Semir aveva capito immediatamente che non era solo un pazzo “Tieniti forte” fece appena a tempo a dire all’amico prima che il furgone li tamponasse di nuovo ancor più violentemente.  Semir cercò di tenere il controllo ma il fondo era scivoloso per la pioggia della notte prima. La BMW sterzò verso destra e poi verso sinistra e poi con una giravolta finì contro il guard-rail laterale

“Ben.. Ben.. stai bene???” urlò Semir  vedendo l’amico accasciato sul sedile. “Ben si mosse con un gemito “Sì ma che botta” disse toccandosi le costole dove la cintura lo aveva bloccato  Anche Semir si sentiva  completamente intontito. Gli airbag gli era scoppiati in faccia.
Dallo specchietto retrovisore Semir vide due uomini scendere dal furgone  che nel frattempo si era fermato poco distante da loro.  Cercò di slacciare la cintura, ma in men che non si dica sentì il freddo della canna di una pistola puntata alla tempia. “Fermo non muovere”  gli disse uno degli uomini mentre l’altro apriva con difficoltà la portiera ammaccata dal lato passeggero e trascinava Ben fuori  “Ehi che state facendo?? Lasciatelo stare!!” urlò Semir, ma non poteva fare molto per difendere il compagno con una pistola puntata alla tempia.
 Ben  ancora intontito sentì l’uomo che lo afferrava e lo trascinava fuori dall’auto e poi gli toglieva la pistola dalla fondina. L’uomo lo spingeva verso il furgone, ma la testa gli girava, per cui cadde rovinosamente  in terra. L’uomo cercò di trascinarlo ma Ben iniziò a fare resistenza scalciando e dimenandosi
“Ehi vieni  a darmi una mano” urlò l’uomo al compagno che stava tenendo sotto controllo Semir. L’altro rimase un po’ perplesso ma sapeva che doveva trascinare il poliziotto indenne nel furgone per cui sempre tenendo l’auto sotto tiro si avviò verso l’amico ed afferrò con una mano Ben

Semir colse l’occasione.  Estrasse la fondina dalla pistola e slacciò la cintura. Poi scese improvvisamente dall’auto “Lasciatelo ho detto” urlò ai due che stavano trascinando Ben verso il furgone. Uno dei due lo guardò beffardo. Poi puntò la pistola alla tempia di Ben “Molla la pistola o gli pianto una pallottola in testa” Semir rimase congelato per alcuni secondi. Poi valutò la situazione. Non ce la poteva fare… poggiò lentamente la pistola a terra. 
Neppure il tempo di rialzarsi che sentì  lo sparo ed un enorme dolore alla parte destra del corpo. E tutto divenne nero

“Nooo” urlò Ben quando si rese conto di quello che stava succedendo. Il terrore si diffuse in lui mentre vedeva Semir che cadeva esamine in terra.
Sentiva il sangue pulsargli nella testa ed il respiro aspro risuonava nelle sue orecchie.
Cercò di urlare con quanto fiato aveva in gola ma era tutto inutile. Scalciò si dimenò e si ribellò con quanta forza aveva, mentre i due uomini lo trascinavano brutalmente sull’asfalto bollente verso il furgone. Ma era tutto inutile.
Mentre si rassegnava all’inevitabile diede un ultimo sguardo alla BMW ormai ridotta ad un rottame.

“Semir… ti prego Semir non morire… ti prego” mormorò  disperato  mentre  guardava il suo amico steso a terra e la enorme pozza di sangue che si era formata sotto il suo corpo
 

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Capitolo 10
*** Piani e strategie d'attacco ***


Piani e strategie di attacco

In un ultimo disperato tentativo Ben mollò un calcio in faccia ad uno dei due scagnozzi che lo stavano issando sul retro del furgone. “Maledetto bastardo…” urlò l’uomo tenendosi il naso sanguinante. Poi colpì Ben con il calcio della pistola sulla tempia ed il ragazzo perse i sensi
“Che cazzo hai fatto? La Madame ha detto che ci  spella vivi se glielo portiamo anche solo con graffio” imprecò l’altro spaventato “Questo stronzo mi ha rotto il naso” rispose ansimando il compare mentre caricavano il poliziotto sul retro del furgone. I due lo  legarono con delle fascette mani e piedi e poi lo bendarono ed imbavagliarono prima di allontanarsi velocemente, mentre le sirene delle auto della polizia  si avvicinavano sempre più
 

Andrea  era in attesa della uscita della classe di Aida nel cortile della scuola. Frotte di bimbi allegri e chiassosi correvano di qua e di là e mettevano allegria al solo vederli. Andrea pensò che i bambini  avevano una energia davvero inesauribile; quasi tutto il giorno in classe  e all’uscita   sembravano cagnolini gioiosi lasciati liberi in un parco. Aida venne incontro alla madre e alla sorellina che dormiva nel passeggino correndo. Andrea non aveva timore di apparire di parte nel pensare che fosse una delle bimbe più belle scuola e soprattutto una delle più intelligenti. “Mamma, mamma oggi la maestra alla lezione di biologia ci ha spiegato  perchè i bambini nascono maschi o femmine” disse allegra e con la massima naturalezza “Che bello cara, ma è meglio che non  tu non lo spieghi anche papà, ne rimarrebbe sconvolto” rispose sorridendo la madre  “E’ vero lui crede che i bambini li porti la cicogna…” fece pensierosa la piccola. Andrea scoppiò a ridere mentre  la prendeva per mano e la conduceva verso l’auto.
Erano quasi arrivati a casa quando il cellulare di Andrea squillò. “Andrea… sono il commissario Kruger…” disse la donna  dall’altro lato della linea. Andrea capì immediatamente dal tono della voce che era successo qualcosa di grave “Commissario che è successo?” chiese con il cuore che iniziava a batterle furiosamente in gola. Andrea fermò l’auto ed ascoltò diventando sempre più pallida, ma cercò di non darlo a vedere alle bambine che la guardavano insospettite. “Va bene arrivo subito, lascio le bambine da mia madre e sono lì” disse alla fine chiudendo la chiamata. Poi con un sorriso nervoso disse alle figlie che avrebbero passato la serata e forse la notte dalla nonna.

Andrea arrivò alla accettazione dell’Ospedale  Universitario completamente trafelata. Chiese alla infermiera di turno dove fosse il marito e fu indirizzata al reparto chirurgia di urgenza. Ad attendere c’erano la Kruger e Susanne.
La bionda segretaria le venne incontro abbracciandola stretta “Allora come sta?” chiese Andrea con voce strozzata. “L’hanno appena portato in sala operatoria. Il medico  ha detto che sarà una cosa lunga” rispose l’amica con occhi compassionevoli. Andrea cercò di dominarsi e non scoppiare a piangere. Si sedette su una delle sedie e si guardò intorno

“Susanne…  ma dov’è Ben?” chiese dopo un po’. Solo in quel momento ne aveva notato l’assenza. Susanne e Kim si guardarono interdette. “Ma che cosa è successo realmente, al telefono mi ha detto solo che Semir era rimasto ferito da un colpo di pistola… perché Ben non è qui?” chiese Andrea alla Kruger, mentre uno strano presentimento si impadroniva di lei.   
“Gli operai di un cantiere sulla A30 ci hanno avvisato di aver assistito ad un incidente fra una BMW ed un furgone nero nel tratto di strada chiuso per lavori. Hanno detto che il furgone nero ha tamponato la BMW buttandola fuori strada  e che subito dopo mentre correvano in soccorso vedevano due uomini che  tentavano di trascinare uno dei passeggeri della BMW sul furgone. Poi hanno visto che sparavano al conducente. Quando siamo arrivati Semir era a terra e di Ben non c’era più traccia” riferì la Kruger
“O mio Dio… ma chi può essere stato?” chiese sempre più spaventata Andrea. Kim le prese la mano nel tentativo di confortarla “Non lo so Andrea, ma   temo proprio che c’entri  la storia del traffico di ragazze”

Le ore passavano senza che nessuno si decidesse a dare loro notizie. Infermiere e medici entravano ed uscivano dal reparto alcuni ignorando le tre donne sedute, altri con timidi sorrisi di consolazione, ma nessuno  dava loro notizie.

Andrea sentiva che stava per impazzire. Non riusciva a pensare che poteva perdere l’uomo della si vita, il compagno della sua esistenza, il padre delle sue figlie. Si costringeva a credere che tutto sarebbe andato bene e che il chirurgo sarebbe uscito presto da quella porta e le avrebbe detto che  l’intervento era andato bene e che Semir sarebbe ritornato presto a casa. Ma il tempo passava ed il suo desiderio non si avverava. Neppure si accorse dell’elegante uomo sulla sessantina che si era avvicinato alla Kruger  e le parlava accigliato.


“Ha fatto partire l’ordine di ricerca del furgone?” chiese Klaus al Commissario “Ma certo Procuratore…” rispose  Kim “Ha destinato tutti gli uomini che ha alla ricerca? Se non lo troviamo ora non lo rintracciamo più” incalzò lui “Ho messo tutti gli uomini che avevo a disposizione, ma oggi c’è anche un carico eccezionale da scortare sino a Bonn”  “ E lei ritiene che la scorta ad un carico sulla autostrada sia più importante   che rintracciare chi ha fatto questo?? Hanno ferito gravemente un poliziotto e rapito un altro” la voce di Klaus si era alzata
Kim iniziava ad essere infastidita… cosa credeva quell’uomo che lei non sapesse fare il suo lavoro? E poi sembrava agitatissimo quasi aver perso il controllo. “Procuratore le assicuro che tengo come e più di lei a rintracciare il furgone. Sono i miei uomini…” Klaus la guardò ancora con sospetto “Avete avvisato Konrad Jager?” chiese brusco “No questo ancora no, lo chiamo  subito” rispose Kim prendendo il cellulare “No… lo faccio io…” Il tono di Brandt era alquanto strano.  Kim non ebbe tempo di meravigliarsi ulteriormente. Il chirurgo uscì dal reparto togliendosi la cuffia e si avvicinò al gruppetto
********************

Svetlana continuava a guardare dalla finestra in attesa di vedere arrivare il furgone nero. Era eccitata e emozionata, ma cercava di non darlo a vedere alla guardia del copro che silenzioso come al solito aspettava in piedi  vicino alla porta.
Finalmente lo vide entrare nel cancello. Svetlana fece due o tre respiri profondi… finalmente dopo tanti anni, finalmente l’avrebbe rivisto. Una famiglia, ora poteva avere anche lei una famiglia. Perché lei ne era convinta. Non solo il ragazzo era la chiave per evitare problemi con la storia di Ivan ma lei l’avrebbe anche convinto: appena saputa la verità, non aveva dubbi,  suo nipote l’avrebbe seguita in Ucraina e  avrebbe preso il posto che gli spettava.  E lei avrebbe finalmente avuto la famiglia cui aveva diritto.
Prese il bastone che usava per aiutarsi a camminare nei giorni  umidi e scese eccitata nel seminterrato.

I due uomini avevano già portato Ben nella stanza preparata e l’avevano adagiato sul letto. Uno dei due  lo stava  slegando.
Svetlana si avvicinò con le gambe tremanti.
Era un uomo… non era più il bambino che aveva spiato di nascosto tanti anni prima, ormai era un uomo… bellissimo tra l’altro. A  Svetlana sembrò di  trovare una somiglianza con l’uomo con cui aveva concepito Klaus, ma non poteva essere sicura, erano passati troppi anni e poi era solo uno dei tanti clienti di cui aveva pochissima memoria.
Il ragazzo sembrava che dormisse. Delicatamente gli girò il viso verso di lei e la rabbia si impadronì di lei quando vide il grosso livido sulla tempia “Chi è stato?? Vi avevo specificamente ordinato di non toccarlo!!” urlò rabbiosa
 I due uomini sbiancarono istantaneamente “Ma Madame… si ribellava, mi ha dato un calcio e mi rotto il naso” si giustificò l’uomo che aveva colpito Ben “Maledetto idiota…” Svetlana iniziò a colpire con furia l’uomo con il bastone sino a che  questi non si rannicchiò gemendo in un angolo. “Ora vai a prendere del ghiaccio” gli ordinò. Quando tutti ebbero lasciato la stanza  si sedette sul letto accanto a Ben e con delicatezza gli accarezzò i capelli.


“Madame la prego mi lasci tenere il bambino” La ragazzina bionda piangeva rannicchiata sul letto del piccolo ospedale dove l’avevano portata il giorno prima. “Le prometto che baderò io a lui, non darà alcun fastidio e continuerò a lavorare, ma la prego me lo faccia tenere…” disse ancora con voce disperata Ma la corpulenta signor dai capelli rossi che le stava di fronte non mostrava il minimo segno di comprensione “Non essere ridicola Svetlana, come puoi pensare di tenere un bambino  nella casa. Chi baderebbe a  lui quando lavori?  E poi i pianti, le urla…  cosa direbbero i clienti vedendo un moccioso in giro?  Ho già trovato una buona  famiglia cui affidarlo, sono tedeschi, lo cureranno bene” La voce della  Madame era priva di emozione “Ma è mio figlio… il dottore ha detto che non ne potrò avere altri…” Svetlana piangeva a dirotto stingendo convulsamente le lenzuola. “Di questo ti dovresti rallegrare, meno problemi per il tuo lavoro” le disse ironica la Madame. “Ora riposati che da lunedì riprendi a lavorare” fece infine lasciando la stanza.
Svetlana si mise il cuscino sulla testa continuando a piangere “Ridatemi il mio bambino….” mormorò continuamente sino a che sfinita non si addormentò

Ma ora Svetlana aveva anche lei una famiglia, finalmente non era più sola
**********************

Andrea balzò in piedi non appena vide il medico uscire dal reparto
“Dottore solo la moglie.. come sta Semir?” chiese con le lacrime agli occhi. Il giovane chirurgo la guardò comprensivo
“Abbiamo avuto alcuni momenti critici, ma è andato tutto bene” rispose sorridendo. Andrea  emise un gemito soffocato tenendosi la mano sulla bocca. “O Signore grazie…” balbettò “La pallottola è penetrata sotto la scapola destra, l’abbiamo estratta e non pare abbia leso i nervi. La perdita di sangue è stata però massiccia. Il sig. Gerkan ha bisogno ora di assoluto riposo, è molto debole e non deve assolutamente avere emozioni. Ne va della sua salute.” Il medico aveva assunto un’aria molto seria Andrea annuì “Posso vederlo?” chiese poi “Certo, sta ancora dormendo, ma fra poco lo portano in stanza e una infermiera vi accompagnerà” rispose il medico allontanandosi
Andrea si sedette in attesa della infermiera. “Susanne… cosa gli dico quando si sveglia e mi chiede di Ben?” fece ad un certo punto pensierosa e preoccupata.
 
Laura aveva passato tutto il giorno in attesa di una telefonata che non era arrivata  
Per tenersi occupata aveva pulito e ripulito tutto l’appartamento, fatto la spesa ed il bucato e nel frattempo aveva chiamato almeno venti volte il numero del cellulare di Ben  dapprima senza risposta e poi con segnale irragiungibile.
Così si era rassegnata ad aspettare sempre più delusa… Ben era uscito all’alba  e non le aveva lasciato neppure un biglietto. Non aveva capito quanto lei lo amasse e la vera ragione del suo rifiuto. Evidentemente lei non era riuscita a spiegarglielo e lui non le dava neppure la possibilità di farlo.
Le ore passavano e a sera la delusione di Laura si era trasformata in preoccupazione. Aveva chiamato il numero del cellulare di Semir, ma anche quello era staccato. Così si decise a chiamare quello di Andrea.

Andrea  era seduta a fianco al letto dove il marito riposava tranquillo. La donna lo aveva già intravisto   mentre lo portavano  dentro; sembrava così pallido e debole, ma era contenta di averlo trovato già sveglio e cosciente, anche se confuso. Semir l’aveva guardata con occhi stanchi e le aveva sorriso mentre le infermiere lo sistemavano a letto con tutti i tubi e gli apparecchi da cui era circondato. Ora dormiva  pacifico e Andrea si costrinse a pensare positivo, anche se la spaventava molto l’inevitabile domanda che le avrebbe posto al risveglio. Il medico aveva ordinato assoluto riposo e tranquillità, ma lei sapeva fin troppo bene cosa sarebbe successo non appena Semir avesse saputo o ricordato la verità e temeva molto quel momento.
 E Semir non era l’unico cui rivelare la verità. Quando il telefono squillò Andrea guardò il nome che compariva sul display con un sospiro… Laura, lei ancora non sapeva nulla.  Si fece coraggio e rispose alla chiamata uscendo dalla stanza per non farsi ascoltare al marito
********************

Konrad era arrivato di corsa in ospedale dopo la telefonata di Klaus.
Quanto odiava quell’uomo, da quando era ricomparso la sua vita era andata letteralmente a rotoli. Prima la storia delle prostitute, poi   aveva  cercato di togliergli il figlio ed ora questo…
Konrad sentiva davvero di poterlo  uccidere con le sue mani. Dopo tanti anni stava ottenendo la sua vendetta, ma lui non avrebbe permesso  che Ben ne facesse le spese. Era stato un padre assente ma ora era disposto a qualsiasi cosa
Klaus lo stava aspettando nella caffetteria “Hai trovato mio figlio??” chiese Konrad con tono furibondo mentre gli veniva incontro
“Konrad siediti per favore, dobbiamo ragionare…” gli chiese calmo Klaus “Su cosa dobbiamo ragionare… lo hanno rapito e tu stai qui senza fare nulla. Cosa intendi fare?? Stare qui ad aspettare che lo uccidano?” Konrad era sempre più agitato, tutti si erano fermati a guardarlo “Konrad ti ho detto di sederti. Calmati e siediti, in questa storia dobbiamo essere alleati non nemici” gli sibilò Klaus
 Malvolentieri Konrad si sedette “Sai chi è stato?” chiese quando si fu un po’ calmato “Sono quasi certo che è stata la Urganova per costringermi a non portare avanti le accuse contro il suo uomo” rispose Klaus “Cosa??? E quella donna come sa dei tuoi rapporti con Ben??”  Konrad era sconcertato “Questo non posso spiegartelo ora… ti devi fidare di me” “Mi devo fidare di te?? Mi stai dicendo che per colpa tua mio figlio è  nelle mani di una  criminale spietata e non me lo puoi spiegare?” Konrad aveva ripreso ad urlare “Abbassa la voce!!” intimò Klaus  Dobbiamo stare calmi Konrad, dobbiamo studiare bene le prossime mosse, noi siamo gli unici che possono tirare fuori Ben da questa storia” continuò “E se lo uccide? Se  lo ha già fatto?” Konrad aveva iniziato a piangere sommessamente  “Mi devi credere Konrad  sono abbastanza sicuro che Svetlana Urganova non farà del male a Ben” gli disse Klaus guardandolo negli occhi.

“Cosa vuoi che faccia?” chiese alla fine Konrad mettendo da parte la rabbia. Non poteva fare altro, salvare Ben era la sua priorità. Klaus non ebbe però il tempo di rispondere, la Kruger stava venendo loro incontro
“Procuratore la stavo cercando.. sig. Jager anche lei qui?” disse avvicinandosi al tavolo dove i due erano seduti “Commissario ci sono novità? Come sta Semir?” chiese Konrad alzandosi. “Sta meglio, l’operazione è andata bene…” ripose Kim, comunque meravigliata di trovare i due intenti a parlottare “Procuratore  posso scambiare due parole con lei?” chiese poi.  Klaus si allontanò con Kim facendo cenno a Konrad di aspettarlo

Proprio quando Klaus era uscito dal suo  raggio visivo Konrad sentì il cellulare vibrare in tasca
“Noi abbiamo qualcuno che lei  vuole indietro. Se lo vuole vedere ancora vivo si faccia trovare fra mezz’ora davanti alla Cattedrale. Venga solo, altrimenti  suo figlio lo rivedrà  in una bara” La voce dall’altro lato della linea era  imperiosa e non ammetteva dubbi o repliche. Konrad sentì le gambe che gli venivano meno.
Poi si guardò intorno   ed uscì di corsa dall’ospedale senza essere visto.
*********************

Lo spiazzo davanti alla Cattedrale era affollato come al solito di turisti e passanti che si godevano le serate ancora tiepide di  fine estate. Konrad arrivò con un leggero ritardo subito iniziò a guardarsi intorno ansioso. Non sapeva però chi cercare così si mise a passeggiare nervosamente avanti ed indietro. Aveva spento il cellulare nel timore che Klaus  cercasse di raggiungerlo dopo che si era accorto della sua fuga. Non si fidava di quell’uomo anche se doveva ammettere che con  tutta probabilità anche lui avrebbe fatto di tutto per salvare Ben
Dopo circa mezz’ora, quando ormai Konrad era sull’orlo della  disperazione per l’ansia, gli si avvicinò un uomo sulla cinquantina, basso, dall’aria assolutamente innocua.
“Buonasera sig. Jager… venga facciamo due passi” gli disse invitandolo con un gesto della mano. Konrad lo seguì pallido “Dov’è mio  figlio?” chiese “In un posto sicuro e per ora sta bene non si preoccupi. Vedo che lei è un bravo padre che si preoccupa per i figli” rispose l’uomo con un sorriso falso “Cosa volete da me?” Konrad venne immediatamente al punto “Posso darvi tutti i soldi che volete, se è necessario vendo l’azienda mi dovete solo dare un po’ di tempo…”
“Sig. Jager  noi non vogliamo i suoi soldi… diciamo che invece ci è necessario il suo aiuto.. Vede ci sono dei momenti nella vita in cui si è costretti a scegliere e bisogna decidere cosa è  più importante nella vita. Mi rendo conto che può essere una scelta difficile a volte, ma tuttavia necessaria” disse l’uomo con estrema calma guardando Konrad negli occhi “Cosa intende?” Konrad era sempre più spaventato “Intendo che in questa storia purtroppo lei dovrà scegliere chi sacrificare. Mi dispiace ma sarà così.  O suo figlio o suo genero sig. Jager….”

“Mio genero?” Il terrore iniziò ad impadronirsi di Konrad “Sì purtroppo. Se vuole rivedere vivo suo figlio suo genero non deve arrivare a testimoniare alla udienza contro Vaskovets. Lei è uno dei pochi che ha accesso al posto dove l’hanno nascosto. Poche gocce di questo in un bicchiere e il problema sarà risolto, le assicuro senza alcun dolore da parte dell’interessato” gli disse ancora l’uomo porgendogli una boccettina.
Konrad rimase a fissare la bottiglietta con gli occhi sbarrati “Sig Jager mi rendo conto che la scelta può essere difficile, ma le persone per cui lavoro sono spietate. Se Peter arriva a testimoniare a quella udienza le posso garantire che le rispediranno il corpo di suo figlio un pezzo per volta. La prenda”  gli disse l’uomo porgendogli la boccetta
Konrad prese la bottiglietta con le mani tremanti. “Ha una  settimana per organizzarsi. E non parli con nessuno, soprattutto con Brandt se  vuole rivedere vivo il suo ragazzo. Si faccia coraggio, dopotutto un figlio è un figlio, mentre i generi… beh  non ci sono vincoli di sangue giusto?”

Konrad chiuse gli occhi per un attimo per vincere il senso di nausea e asfissia che  lo attanagliava. Quando li riaprì l’uomo era già sparito

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Capitolo 11
*** Persuasione ***


Avvertenza:  l'ultima parte del capitolo è un po' forte... ragion per cui ho cambiato il rating della storia. Recensioni gradite come sempre. E come sempre grazie a tutti i lettori


 
Persuasione

Ben si svegliò con la testa che gli pulsava e gli doleva in modo quasi insopportabile.
Aprì gli occhi infastidito dalla luce al neon che  era  sul soffitto. Quanto più lentamente poteva mosse la testa sul cuscino e si accorse che era su di un letto e qualcuno gli aveva anche messo una borsa  di ghiaccio sul viso.  La tenne vicino alla tempia godendo del freddo ancora presente e cercò di ricordare cosa era successo. Quando realizzò il terrore si impadronì di nuovo di lui. Semir…  cosa era successo a Semir…. Non l’aveva visto rialzarsi quando il bastardo gli aveva sparato. E se era morto? Il pensiero di perdere l’amico gli era semplicemente insopportabile. Con un groppo alla gola si mise a sedere con fatica sul letto. Ora vedeva che era in una stanza senza finestre arredata in modo spartano, ma con annesso  anche un piccolo bagno. Sul tavolo vicino alla parete c’era un vassoio con dei piatti coperti e due bottiglie d’acqua. Ben si alzò e bevve dalla bottiglia, ma non mangiò nulla del piatto con pollo e patate che c’era sul vassoio. Anche se non mangiava praticamente da un giorno intero aveva lo stomaco chiuso. Doveva uscire di lì e soprattutto doveva sapere come stava Semir.

Ben aveva urlato e scalciato contro la porta per almeno tre ore di seguito ma la porta della stanza era praticamente inespugnabile e gli avevano tolto l’orologio per cui non sapeva neppure se era notte o giorno. Guardò ancora una volta la stanza, il letto, il vassoio sul tavolo. Certo era un comportamento strano per dei rapitori. Solo allora guardando nell’angolo sopra la porta del bagno si accorse della piccola telecamera che lo fissava con il suo minaccioso occhio rosso “Ehi voi… si può sapere cosa volete da me??” urlò senza ottenere risposta. La testa gli doleva in modo atroce.
Si stese sul letto e si mise a pensare a Semir e a Laura. Chissà dove erano, se Semir stava bene e se Laura era preoccupata. Dopo un po’ si addormentò esausto
********************

Semir riemerse dal mondo ovattato in cui si trovava  sentendo la voce della moglie che lo chiamava piano. Aprì gli occhi  e si girò verso di lei ottenendo come ricompensa il sorriso più bello del mondo. Il sorriso di Andrea… Semir l’aveva sempre adorato, così come la sua risata. Aida aveva lo stesso sorriso.
“Non ti sforzare di parlare tesoro, va tutto bene, devi solo riposare ora” mormorò la moglie carezzandogli il braccio. Semir provò a muoversi ma subito sentì una fitta tremenda al lato destro del corpo. “Cosa è successo?” mormorò con una smorfia di dolore “Sei stato ferito…” rispose laconicamente Andrea.
Semir chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi e ricordare osa era successo.
Si ricordava solo di essere stato tamponato mentre era in macchina con Ben… Ben!!! Dov’era? Aprì gli occhi  e  girò lo sguardo nella stanza.
“Andrea dov’è Ben?” chiese con un filo di voce. Il ritmo dell’elettrocardiogramma iniziò ad aumentare a vista d’occhio  Andrea sorrise al marito “Non ti preoccupare va tutto bene, dormi ora” gli disse cercando di eludere la domanda Ma Semir era un tipo testardo e la paura lo stava invadendo.  “Dov’è? Dimmi dov’è” fece con voce sempre più  alta. “Semir non puoi agitarti, va tutto bene…” provò ancora la moglie “Perché non me lo vuoi dire?? Che cosa è successo?” A questo punto Semir era talmente agitato che ad Andrea non rimase scelta “Semir non sappiamo dove è Ben” A quelle parole a Semir tornò istantaneamente in mente tutto quello che era successo. “Oh mio Dio… e ora come lo troviamo…” mormorò disperato
*******************

Svetlana stava guardando il monitor di sorveglianza che aveva fatto installare direttamente nella sua stanza da letto. Seduta sul letto accarezzò sullo schermo la figura del giovane uomo che dormiva agitato.
Non sarebbe stato facile convincerlo. Aveva urlato imprecato e scalciato contro la porta per ore. Svetlana non sapeva neppure se qualcuno gli aveva detto la verità in tutti quegli anni sul suo vero padre e poi paradossalmente  era un poliziotto. Svetlana sorrise… suo nipote un poliziotto. Ma era sicura il richiamo del sangue, della sua vera famiglia si sarebbe presto fatto sentire. Magari all’inizio  poteva essere necessaria una qualche forma di costrizione, ma poi il ragazzo avrebbe capito e l’avrebbe seguita volontariamente.
Svetlana si alzò dal letto e andò in bagno per vestirsi. Doveva essere bella, era ora  che il suo unico nipote la conoscesse.

 Mentre metteva un filo di rossetto sulle labbra la cameriera bussò discretamente alla porta
“Madame… Sasha è qui… e poi scusi volevo sapere se devo portargli la colazione…” disse entrando la giovane ragazza. “Fai entrare Sasha e la colazione gliela porto io,  lascia il vassoio fuori dalla porta” “Va bene Madame” rispose la ragazza lasciando entrare l’uomo piccolino che stava aspettando fuori
“Buongiorno Madame” fece l’uomo inchinandosi leggermente appena entrato “Buongiorno Sasha, allora hai fatto?” chiese Svetlana “Certo Madame, ieri sera…”  “E secondo te lo farà o ci saranno problemi?” chiese ancora Svetlana “Non lo so Madame… mi è sembrato molto preoccupato per il figlio, ma quello che gli chiediamo non è roba da poco. Non so se ne avrà il coraggio…” rispose Sasha pensieroso
Svetlana provò una punta di comprensione per Konrad, doveva uccidere il genero e comunque non avrebbe più rivisto  quello che considerava suo figlio,  ma subito la soffocò: quell’uomo era un ladro e lei non faceva altro che riprendersi ciò che era suo.
“Credi sia necessario  convincerlo ulteriormente?” chiese Svetlana socchiudendo gli occhi “Non lo so Madame… forse sì, non penso che abbia il coraggio altrimenti” disse serio l’uomo “Bene e allora  fai come ti ho detto ieri” ordinò la Madame. Sasha sbiancò “Ma Madame… non c’è altro modo? In fondo…” “ Da quanto tempo lavori per me Sasha??” sibilò Svetlana “Da quasi venti anni Madame” rispose lui “Bene allora dovresti sapere che quando ordino una cosa non sopporto che la si  metta in discussione” gli sussurrò gelida in viso Svetlana “Bene Madame…” disse l’uomo uscendo dalla stanza
*********************

Andrea non riusciva proprio a calmare Semir. L’ispettore continuava ad agitarsi e la moglie era più che sicura che se non fosse stato  perché era fisicamente non in grado di farlo già si sarebbe alzato dal letto ed uscito dall’ospedale.
“Semir il medico ha detto che non puoi agitarti… stai buono, fallo per me e per la bambine…” scongiurò Andrea  “Ma come faccio a stare buono Andrea? L’hanno preso, chissà dove l’hanno portato…” Semir aveva le lacrime agli occhi “E cosa credi di fare in queste condizioni? La Kruger sta facendo di tutto per trovare quel furgone, e anche Brandt, dopo tutto  non c’è nessuno più di lui che ha a cuore le sorti di Ben” rispose Andrea non riuscendo però a nascondere la preoccupazione che provava anche lei. “Non mi fido di quell’uomo Andrea, sarà pure il padre di Ben ma io non mi fido, non mi piace più di quanto mi piaccia Konrad”. 

Come se   qualcuno l’avesse sentito si udirono alcuni colpi discreti alla porta e nella stanza entrarono La Kruger e Klaus. “Semir come sta, come si sente?” chiese subito Kim e ad Andrea sembrò di cogliere vera preoccupazione nella sua voce di solito dura e ferma “Meglio Commissario, grazie… capo la prego dobbiamo trovare Ben…” sospirò Semir “Certo Semir, stia calmo, stiamo facendo di tutto, vedrà che  lo troviamo” cercò di rassicurarlo Kim “A proposito di questo se la sente di rispondere ad alcune domande? Ci può essere d’aiuto”   “Ma certo Commissario tutto quello che vuole” Semir riferì  tutti i particolari che riusciva a ricordare. Klaus nel frattempo era rimasto in disparte tutto il tempo, continuando   a chiamare in continuazione qualcuno al cellulare che con evidenza non aveva alcuna intenzione di rispondergli

“Maledetto Konrad” imprecò mentre chiudeva l’ennesima telefonata andata a vuoto. Kim dopo il racconto di Semir era sempre più perplessa… dopotutto se in questa storia c’entravano quelli della tratta delle ragazze non riusciva a capire perché avessero rapito proprio Ben: anche se era il cognato di Peter era pur sempre un poliziotto il che complicava le cose per loro.  Espose subito i suoi dubbi e Semir e Klaus si scambiarono un’occhiata di intesa “Commissario… forse è  meglio che lei sappia una cosa… in realtà  loro vogliono soprattutto colpire me…” iniziò imbarazzato a spiegare Klaus
**********************

Ben si svegliò di colpo sentendo la porta della stanza aprirsi
Quando vide entrare l’anziana signora con i capelli argentati ci mise solo alcuni secondi a riconoscerla… era praticamente uguale alla foto segnaletica che aveva visto. Svetlana Urganova…
“Buongiorno Benjamin” gli disse la donna sorridendogli. Ben non rispose si limitò a guardarla torvo.  La donna prese una sedia e si  sedette di fronte a Ben, mentre  la robusta guardia del corpo poggiava un vassoio sul tavolo e si parava davanti alla porta dopo averla richiusa.
 “Sai chi sono io?” chiese lei fissando Ben con intensità.
“Certo che lo so, lei è una criminale,  ho visto la sua foto segnaletica signora Urganova” rispose lui beffardo. In queste situazioni diventava sempre indisponente. Lei ricambiò il sorriso apparentemente bonaria. “Cosa volete da me? Che cosa è successo al mio compagno???” chiese furibondo Ben vedendo la imperturbabilità della donna
Ma Svetlana non rispose  “Non hai mangiato nulla vedo” disse guardando il vassoio con la cena intatta. Si alzò dalla sedia e si avvicinò a Ben seduto sul letto “Devi mangiare…ti fa ancora male?” gli chiese cercando di toccargli la fronte dove era ancora ben visibile il livido
Ben scostò la mano della donna con un gesto stizzoso che provocò la reazione della guardia del corpo, prontamente bloccata da Svetlana con un cenno della mano “Si può sapere cosa vuole da me?” chiese ancora furibondo Il comportamento di quella donna era sempre più strano per Ben
“Io da te non voglio nulla… piuttosto io devo ridarti qualcosa… la vita che ti spettava e che ti è stata sottratta in tutti questi anni” disse calma lei con voce persino affettuosa
Un presentimento iniziò a farsi strada in Ben “Ma che sta dicendo? Lei è pazza…” sibilò Ben sempre più spaventato da quello che in realtà rappresentava l’anziana di fronte a lui
“Pazza? No ragazzo mio, non sono pazza. Piuttosto tuo padre è un pazzo, è stato un pazzo a rinunciare a te. Io l’avevo avvertito, ma lui non mi è stato a sentire…  ha rinunciato a te e ha costretto anche me a non avere la famiglia che mi spetta. Ma ora tutto cambierà Benjamin…” disse con occhi allucinati
Ben la guardò con gli occhi sbarrati “Non c’è dubbio lei è proprio pazza…” mormorò anche  se aveva capito dove stava andando a finire il discorso
“In tutti questi anni ti hanno fatto vivere nell’inganno solo perchè Klaus era troppo vigliacco per reclamare quello che era suo… ma ora ci ho pensato io. Io sono tua nonna Benjamin e tu sei la mia famiglia”  Pronunciando le ultime parole la voce di Svetlana si addolcì improvvisamente

“Signora, non so chi lei creda di essere e quali siano i suoi rapporti con Klaus… ma le posso assicurare che lei non è mia nonna” Ben stava iniziando a diventare furibondo. La figura di sua nonna Marianne si fece chiara nella sua mente. L’affetto della nonna oltre a quello di Helga  gli avevano donato una infanzia in fondo serena anche se sua madre era morta e suo padre non c’era mai e la morte di  Marianne era stato il più grande dolore della sua vita da adolescente. Sentire un’altra donna,  del tutto sconosciuta, una criminale per di più,  che si appropriava dell’appellativo di nonna lo faceva imbestialire  
Ma anche Svetlana iniziava a irritarsi “Capisco che tu sia un po’ confuso ora, ma presto capirai. Nel frattempo devi mangiare e metterti un po’ in ordine…” gli disse in tono perentorio, indicandogli i vestiti puliti che giacevano su uno degli scaffali del bagno
“Signora… non credo che lei possa dirmi cosa devo o non devo fare” rispose  Ben in tono di sfida
 Lampi di follia attraversarono gli occhi di Svetlana  “Tu mangerai e ti metterai in ordine…  lo farai di tua spontanea volontà o perché sarai costretto, scegli tu” gli disse  furiosa

Ma Ben non se ne curò “Cosa è successo a Semir??” chiese alzandosi in piedi  urlando mentre la donna stava uscendo dalla stanza.
 Svetlana si girò a guardarlo “Intendi il tuo compagno? Temo sia morto” gli disse con un sorriso soddisfatto.

Ben sentì che le gambe gli cedevano, la testa iniziò a girargli… non poteva essere vero, non poteva essere vero. La porta si richiuse alle spalle della donna e della guardia del corpo, lasciando Ben che ansimava cercando di reprimere le lacrime.
Subito dopo però la porta si riaprì ed entrarono altri due scagnozzi che fissarono Ben con aria perfida
**********************

Konrad non era neppure andato a letto. Aveva passato tutta la notte  seduto sul divano  nello studio rigirando fra le mani la bottiglietta che quell’uomo gli aveva dato. Come poteva fare una cosa del genere? Peter era suo genero ed anche se l’aveva tradito,  anche  se aveva quasi trascinato la società sull’orlo del baratro, era pur sempre l’uomo che Julia amava. Ma se non lo faceva quelli avrebbero ucciso Ben.. come poteva consentire questo? Il suo bambino, Ben era il suo bambino… “Beth ti prego aiutami tu” Konrad  invocò la moglie morta mentre guardava la luce del sole che invadeva piano piano lo studio

Helga bussò discretamente alla porta. “Sig. Jager non vuole fare colazione? E’ da ieri che non mangia qualcosa”  chiese premurosa “No grazie Helga proprio non mi va…” rispose il vecchio pensieroso “signore.. c’è qualcosa che non va? E’ successo qualcosa? A Julia o a Peter?” chiese la donna con aria spaventata “No no Helga, Julia e Peter stanno bene” “E’ successo qualcosa a Ben?” chiese ancora più spaventata la governante. Aveva una specie di sesto senso quando si trattava di Ben. Aveva amato entrambi i ragazzi Jager moltissimo, ma con Ben aveva un rapporto particolare, era sempre stato il suo prediletto. “Non ti preoccupare Helga, risolverò tutto” le sorrise Konrad.

 Sospirando Helga si allontanò per andare ad aprire la porta dove avevano bussato. Poco dopo rientrò nello studio con un pacchetto “Sig. Jager era un corriere speciale, ha portato questo pacco per lei” gli disse porgendogli un piccolo pacchetto completamente imballato.
Konrad lesse il biglietto che lo accompagnava. Era scritto al pc “Questo solo per dimostrarti che facciamo sul serio” Konrad impallidì all’istante e con le mani  tremanti  aprì il pacchetto
Alla vista del contenuto emise un urlo terrorizzato accasciandosi

Era il dito mignolo di una mano.

PS Sono proprio cattivissima con Ben.... 
  

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Capitolo 12
*** Spalle al muro ***


Spalle al muro

Kim  era rimasta a dir poco sconcertata dal racconto di Klaus. Ecco cosa era successo alla villa quel giorno e perché Ben appariva così sconvolto Ma ora la situazione era ancor più grave di quanto si pensasse “Procuratore lei crede che la contatteranno?” chiese alla fine del racconto la Kruger “Quasi sicuramente…” mormorò Klaus. Era molto pallido e sudava abbondantemente “Procuratore si sente bene? Chiese  Kim vedendolo in quelle condizioni  “Sì certo ho solo bisogno d’aria” fece Klaus uscendo di corsa nel corridoio.
Quando fu fuori dalla vista degli altri prese la scatola delle pillole che portava sempre con sé e ne prese una che ingoiò in fretta. Ansimando attese che facesse effetto ma era quasi piegato in due quando sentì una voce alla sue spalle “Sig Brandt si sente bene?” chiese Laura

 Klaus si girò verso di lei “Laura….” La ragazza era pallida  e si vedeva che aveva pianto per molto tempo “Sono venuta da Semir….” Continuò con voce debole. “Certo…” ebbe appena il tempo di dire Klaus prima che le gambe gli cedessero
Laura si precipitò verso di lui e lo aiutò a sedersi sulla panca lì vicino “Chiamo aiuto…” disse mentre stava per allontanarsi “No no aspetti, ora mi passa, basta che prenda un’altra pillola” Klaus prese con mano tremante la scatola dalla tasca e Laura lo aiutò a metterla in bocca. Alla giovane dottoressa bastò uno sguardo per capire di che farmaco si trattava, era molto potente ed usato solo nelle fasi terminali delle patologie tumorali. Poco a poco le fitte di dolore si calmarono
“Ben lo sa?” chiese Laura restituendo la scatola a Klaus “No, e se è possibile vorrei che per ora non lo sapesse…” rispose lui triste  “Certo non si preoccupi ma forse…” disse Laura “No Laura la  prego non voglio la sua pietà” Klaus ansimava ancora “Va bene…” sussurrò Laura
Restarono alcuni secondi in silenzio “Lo troverò Laura, questo te lo giuro, lo troverò e te lo restituirò sano e salvo, su questo non devi avere dubbi” le disse  con aria risoluta Klaus Laura iniziò a piangere silenziosamente  “E se gli hanno fatto del male? E’ gente spietata… “ “Non ti preoccupare Laura, non gli farà del male, almeno per ora non gli farà del male” le rispose Klaus prendendole la mano
 
Semir aspettò che Klaus uscisse dalla stanza e poi tentò immediatamente di alzarsi, ma fu  bloccato da Andrea “Commissario non gli lasci gestire questa storia… quell’uomo non mi piace. Piomba qui dopo tanti anni e sconvolge la vita di Ben. Poi per colpa sua quella criminale della Urganova lo rapisce Come fa quella donna a sapere che Ben è il figlio di Brandt? Non ci possiamo fidare di lui…” Semir praticamente gridava mentre con  risolutezza cercava di vincere la stretta della moglie che lo teneva fermo a letto “Semir ora si deve calmare, basta, stia fermo lì o giuro che l’ammanetto al letto” gli occhi di Kim  fiammeggiavano e la  sua voce era una delle poche cose che facevano paura a Semir, che infatti si bloccò
“Capo io sto bene, mi creda” tentò di rabbonirla,  ma la sua faccia pallida e sudata diceva tutt’altro
“Semir ti scongiuro il dottore ha detto che non devi avere emozioni…” Andrea era praticamente disperata “Ma io sto bene!! Sto peggio a pensare che Ben è là fuori chissà dove ed io qui a non fare nulla” Semir   era sull’orlo di una crisi nervosa “Va bene facciamo così, se il medico lo consente domani lei esce e le consento di venire in ufficio a seguire dalla scrivania, e ripeto dalla scrivania, le indagini. Non  discuta  la cosa altrimenti mi rimangio la proposta” disse la Kruger. Kim era talmente dura che Semir non ebbe il coraggio di fiatare e si riadagiò tranquillo sul cuscino
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Konrad sentiva come se l’aria non gli entrasse nei polmoni. Udiva a stento Helga che lo scuoteva e lo chiamava piangendo
“Signor Jager mi risponda per favore… che sta succedendo…” la governante era terrorizzata “Vado a chiamare aiuto” disse poi alzandosi. Solo allora Konrad trovò la lucidità “No Helga no…” la richiamò “Ma signor Jager in quel pacchetto c’è.. c’è…” Helga non riuscì a finire la frase “Helga la prego non deve dire nulla a nessuno, la prego, la prego ne va della vita di Ben” supplicò Konrad
Helga sbarrò gli occhi “Vuole dire che il… che è di Ben?? No, il mio povero bambino, chi ha potuto fare una cosa del genere? Il mio povero piccolo” Helga piangeva a dirotto “Helga, io lo posso salvare ma se lei parla con qualcuno di questa storia lo uccideranno capisce? La scongiuro…” la supplicò ancora il vecchio Jager che era rimasto accasciato sul pavimento. Piano piano Helga si calmò “Cosa vuole che faccia?” chiese poi la governante “Nulla non deve parlare con nessuno di questa cosa e … faccia qualcosa con quel…” balbettò Konrad guardando verso il pacchetto. Helga annuì e si fece forza. Cercando di non guardare il contenuto richiuse  il pacchetto e lo portò fuori dalla stanza. Poi ricordandosi dei tanti documentari che aveva visto in televisione andò a metterlo nel frigorifero giù in cantina.
Infine si sedette sulla sedia in cucina e pianse disperatamente per ore
 
 Konrad si rialzò aggiustandosi  il vestito. Ora non aveva più scelta. Doveva farlo
Guardò il cellulare sul tavolo dello studio che vibrava per l’ennesima volta e stavolta rispose
“Sì scusa  Klaus, ma non mi sono sentito bene. Sì lo so… non ho sentito il telefono, ma ora sono qui. Farò tutto quello che mi dici, ho solo bisogno di un favore…  devo vedere Julia e Peter devo parlare loro da vicino. Ti prego ho bisogno di vedere almeno uno dei miei figli.  Sì  per me va  bene oggi pomeriggio… ok ci risentiamo” Konrad chiuse la telefonata e si accasciò sul divano fissando la bottiglietta sul tavolo.
 Ormai non riusciva più neppure a piangere
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Hartmut stava completando i rilevi sul tratto d strada dove era avvenuto il tamponamento. Aveva ricostruito l’esatta dinamica dello scontro e identificato dalle tracce il tipo di furgone usato, ma purtroppo era fra i più comuni in Germania. Stava per rimettere tutta l’attrezzatura  nella valigetta, deluso dal fatto di non aver cavato praticamente un ragno dal buco quando la sua attenzione fu attirata dal parafango della BMW di Semir. Sotto lo stesso appena visibili notò della macchie scure. Si avvicinò e le guardò da vicino. Poi prese una piccola  pinza e staccò delicatamente del materiale richiudendole in un sacchetto di plastica. “Perfetto…” si disse soddisfatto
 
Konrad  si preparò ad uscire. Si guardò allo specchio e si disse che da quella sera in poi la sua vita sarebbe stata diversa. Nulla sarebbe stato come prima. Lui sarebbe  diventato un assassino… l’assassino di suo genero. Forse era la giusta punizione che il Signore gli mandava per non aver fatto abbastanza per suo figlio. Era stato un padre assente ed a volte ostile, ed ora era costretto  sacrificare tutto, a sacrificare un altro membro della sua famiglia pur di salvare quel figlio.
 Aveva pensato molto a quello che avrebbe fatto dopo ed aveva deciso.
Non poteva continuare a vivere dopo quello che avrebbe fatto. 

“Signore dove sta andando?” chiese Helga mentre usciva dalla porta “Da Julia Helga, sto andando da Julia…” “Bene signore la baci per me” rispose Helga evidentemente sollevata. “Sì certo”
 Konrad stava uscendo dalla porta, ma poi si fermò e tornò indietro.
Abbracciò stretta la governante. “Helga.. grazie di tutto, grazie per tutto quello che ha fatto in questi anni. Starà sempre  vicino ai miei figli vero?” e chiese mentre la stringeva ancora.  Helga era evidentemente imbarazzata “Ma certo signore, loro sono i miei bambini, questo lei  lo sa” “Bene… grazie” mormorò Konrad  mentre usciva e saliva in  macchina lasciando Helga completamente interdetta 
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“Commissario questa storia non torna” Semir stava seduto al centro del letto con il braccio destro bloccato in una enorme fasciatura. “Se la Urganova vuole ricattare Brandt perché non lo contatta? E come sa dei rapporti fra Ben e  Brandt, le ripeto non mi fido di quell’uomo…” Semir era sempre più arrabbiato  ma si calmò quando vide rientrare nella stanza Andrea accompagnata da Laura
“Semir come stai? Il tuo medico dice che se non fai pazzie ti manda a casa domani…” gli sorrise affettuosa Laura “Già se non fa pazzie…” sottolineò Andrea “Commissario lei già conosce Laura la fidanzata di Ben vero?”  disse poi rivolta alla Kruger “Certo…” Kim sorrise alla ragazza. “Poverina” pensò il commissario;  Laura aveva uno sguardo triste e impaurito anche se cercava di non darlo a vedere  
“Sto bene Laura… piccola vedrai che lo troviamo, giusto commissario?” Semir cercò di incoraggiarla ma si vedeva che la ragazza era terrorizzata. Laura si limitò ad annuire

“Dov’è Brandt??” chiese ancora Semir alla moglie “Qui fuori, sta cercando di  chiamare il padre di Ben ma a quanto pare  non gli risponde” Proprio in quel momento Klaus bussò ed entrò anche lui nella stanza di ospedale “Procuratore…” salutò la Kruger
“Allora novità sul furgone?” chiese Klaus “Non proprio il mio tecnico mi ha appena chiamato dice di aver trovato della tracce di terreno sul parafanghi della BMW d Semir, dove è stata tamponata. Se le ha lasciate il furgone forse riesce a sapere qualcosa sui luoghi che ha percorso prima” riferì Kim “Beh sempre  meglio di niente” ragionò Klaus.
“Procuratore posso sapere perché pensa che la Urganova voglia ricattare proprio lei? Questo presuppone che quella donna sappia dei suoi rapporti con Ben…” iniziò Semir guardando Klaus in modo sospettoso  Brandt era visibilmente imbarazzato “In effetti non ne posso essere sicuro, per questo ho chiesto a Konrad Jager di avvisare se cercavano di contattare lui, ma i contatti sono diventati difficili, sono più le volte che non risponde alle mie chiamate che quelle in cui lo fa” ammise poi  “Provo io…  forse a me risponde” disse Semir ben conoscendo la ostilità fra i due.
Semir chiamò il numero del cellulare di Konrad ma la delusione si dipinse sul volto “Niente. Staccato” fece chiudendo la chiamata “Oggi doveva andare a trovare alla villa Julia e Peter” ricordò Klaus “Forse ancora non è partito. Provo sul fisso della villa” annunciò Semir aprendo di nuovo il suo cellulare
 
Helga  non era mai stata così spaventata. Sentiva che c’era qualcosa che non andava, Konrad l’aveva salutata come se fosse l’ultima volta che la vedeva. In quasi quaranta anni di servizio in casa non una sola volta era andato al di là di una semplice stretta di mano  o un saluto formale. Ed ora l’aveva abbracciata… e poi quel raccomandarle i figli… Sobbalzò quando sentì il telefono e corse a rispondere.
Helga conosceva bene l’affetto che legava Ben al suo compagno di lavoro, per questo fu enormemente sollevata quando ne  sentì la voce. Certo aveva promesso  Konrad di non dire nulla ma lei sapeva che la situazione stava precipitando. Ben era in pericolo e lei sarebbe venuta meno anche ad una promessa fatta al diavolo pur di proteggere il suo ragazzo. “Sig. Gerkan è  Dio che l’ha fatta chiamare…” esordì subito “Helga che sta succedendo?” chiese spaventato

Semir sbiancò mentre parlava al telefono Andrea andò immediatamente nel panico “Semir che succede??  Che ti sta dicendo Helga?” Anche Laura era balzata in piedi “Oddio, non può essere…” Semir si era fatto sfuggire il telefono dalle mani e stava iniziando a piangere  Prontamente la Kruger lo raccolse ma nel sentire il racconto di Helga anche lei sbiancò “Ok non si preoccupi comunque, mando subito una pattuglia da lei e troveremo Konrad” concluse la telefonata
Semir aveva il respiro affannato  e tutti gli allarmi degli apparecchi intorno a lui sembravano impazziti, gli altri tre nella stanza guardavano lui e la Kruger terrorizzati “Vado a chiamare il medico” fece Andrea spaventata uscendo dalla stanza “Qualcuno si decide a  parlare??” urlò Klaus

“Come ha potuto pensare che non gli avrebbero fatto del male??” urlò a sua volta disperato Semir che preso dal dolore  si dimenticò completamente che Laura era presente anche lei nella stanza
“Sa cosa ha fatto quella criminale? Lo sa??? Gli ha.. gli ha tagliato un dito e l’ha mandato a Konrad!!!” Semir  gridò contro Klaus con quanta forza aveva in corpo. Laura emise un urlo terrorizzato mentre il medico entrava nella stanza

Il medico aveva somministrato un potente calmante a Semir, mentre Andrea aveva trascinato una Laura piangente e terrorizzata in bagno
Klaus si era accasciato sullo stipite dalla porta e non faceva altro che mormorare “Non può averlo fatto, non può averlo fatto, non è possibile”
Kim era l’unica che sembrava aver conservato un minimo di lucidità nella situazione  ma anche lei appariva pallidissima “Procuratore  Brandt si decide a dirmi la verità?? Altrimenti  le assicuro che mi rivolgo al Procuratore nazionale e la faccio esonerare,  non le consentirò di nuovo di mettere in pericolo la vita dei miei uomini”
Klaus la guardò con gli occhi pieni di lacrime “Non può averlo fatto, non può aver fatto una cosa del genere al suo unico nipote” mormorò
 

Dunque… Konrad ce la farà  a trovare il coraggio per uccidere Peter? E poi si toglierà la vita?  Previsioni  aperte 

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Capitolo 13
*** Il minore dei mali ***


Il minore dei mali

Konrad arrivò alla villa dove erano sotto protezione Julia e Peter dopo aver guidato per le strade di Colonia praticamente in uno stato di trance.
Gli passavano in mente immagini confuse  del matrimonio di Julia, della prima volta in cui la ragazza gli aveva espresso il desiderio di sposare Peter e dei suoi progetti per il futuro, ripensò all’amore che vedeva nei suoi occhi quando parlava del marito, anche se gli ultimi tempi non erano stati facili e le tensioni erano evidenti. E poi gli venivano in mente  le immagini di quel figlio  tanto amato quanto incompreso,  del dolore che gli aveva letto negli occhi quando aveva saputo la verità su Klaus.  Si chiese con orrore se avrebbe potuto continuare a fare il poliziotto anche dopo la mutilazione subita e si disse che l’unica cosa che poteva fare ora era salvargli almeno la vita; non gli aveva dimostrato quanto lo amava prima, ma ora era disposto a tutto anche a diventare l’assassino della sua stessa famiglia. Aveva ragione l’uomo che gli aveva dato la bottiglietta: ormai era solo una questione di scelta, scegliere il minor dei mali. Lui sarebbe diventato un assassino ed avrebbe immediatamente pagato per il delitto commesso. Konrad accarezzò la pistola che prima di uscire aveva preso dalla cassaforte e messo nella tasca interna della giacca
 
Konrad arrivò al cancello della villa e venne immediatamente bloccato da uno degli uomini che discreti aspettavano all’ingresso. Riconosciutolo l’uomo lo fece passare e Konrad parcheggiò davanti al portoncino di ingresso della costruzione discreta sita a pochi chilometri da Colonia
Venne d aprire direttamene Julia con un gran sorriso sulle labbra; era evidente che non sapeva nulla del fratello e Konrad non voleva e non poteva informarla. Abbracciandola il vecchio si chiese cosa avrebbe pensato di suo padre dopo quello che avrebbe fatto e la sua unica speranza fu che la ragazza capisse che non aveva avuto altra scelta, e che  almeno in modo o l’altro trovasse il modo di non odiarlo per l’eternità.
“Papà che bello che sei qui…” esultò Julia stringendo il padre, soffriva molto nello stare lontana dalla famiglia, soprattutto in quel  momento di così profonda crisi “Come stai?” chiese poi preoccupata vedendo le profonde occhiaie che segnavano il viso di  Konrad “Bene piccola mia non ti preoccupare” mormorò  il padre, ma la risposta non convinse la figlia “Vieni a sederti in salotto” lo invitò Julia. “E tu come stai?” chiese Konrad guardando la figlia. Era così bella e dolce, la figlia migliore che si potesse desiderare. E lui stava per ucciderle il marito. “Beh… mi annoio…” rispose Julia cercando di sdrammatizzare
I due rimasero seduti vicini senza dirsi nulla. Poi finalmente Julia fece la domanda che aveva sulla punta della lingua da quando il padre era arrivato. “Hai parlato con Ben?” chiese dolcemente Gli occhi di Konrad si riempirono subito di lacrime, ma Julia ovviamente non ne capì la vera ragione. “No Julia… non gli ho parlato” sussurrò
“Papà lui ti vuole bene, credimi, sei tu suo padre e lui lo sa” disse sicuro però cercare di consolare il vecchio Konrad  la guardò intensamente “Sì, sono io suo padre Julia, e farei di tutto, qualsiasi cosa per dimostrarglielo” sospirò guardando a terra “Sai Julia un padre farebbe qualsiasi cosa per i suoi figli; è una cosa che si può capire solo quando si hanno dei figli. La tua vita ed il tuo benessere diventano relativi, conta solo quello che è bene per loro” continuò pensoso “Certo papà e Ben questo lo capirà vedrai che tornerà tutto come prima, ci vorrà forse un po’ di tempo, ma poi tornerà tutto come prima” disse Julia
 
Proprio in quel momento entrò Peter nella stanza “Konrad che piacere vedere una faccia familiare” disse avvicinandosi e porgendogli la mano. Konrad si sentì quasi venire meno: quei due ragazzi erano così contenti di vederlo, così fiducioso, non sospettavano nemmeno la reale ragione della sua visita.
Che ne dite se vado a fare un bel caffè?” propose gioiosa Julia. Subito dopo uscì dalla stanza
“Konrad senti… ti volevo dire che… mi dispiace davvero molto per quanto è successo” esordì il genero “Peter non è necessario…” rispose il vecchio “No invece è necessario. Sono stato uno stupido, ho tradito la tua fiducia, ho trascinato la società sull’orlo del baratro e non so se potrò mai fare qualcosa per scusarmi…” continuò Peter. Ormai non aveva più nulla dell’uomo sicuro di sé, quasi arrogante, che era sempre stato. Konrad lo guardò mentre sentiva le lacrime che gli salivano agli occhi. “Peter non ti preoccupare, qui l’unico colpevole per quello che è successo sono io” fece con aria triste
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Semir si sentiva completamente intontito. Il potente calmante che gli avevano messo nella flebo gli aveva offuscato i sensi e si sentiva debole e senza forze. Ma il dolore era ancora tutto lì e Semir ancora non riusciva a credere a quello che gli aveva detto fra le lacrime e i singhiozzi Helga. Non riusciva neppure ad immaginare che qualcuno avesse fatto una cosa così orribile al suo migliore amico; chissà come stava, chissà se avrebbe comunque potuto continuare a fare il poliziotto, chissà se quella pazza gli avrebbe mai permesso di tornare a casa.
Nell’offuscamento dato dal calmante ci mise un po’ a capire il racconto di Klaus, tanto che la Kruger dovette ripeterglielo più volte ma il sapere che quella pazza criminale era la madre di Brandt non lo calmò più di tanto. Voleva aggrapparsi alla idea che neppure lei avrebbe mai fatto del male al suo unico nipote, almeno  quello che lei credeva il suo unico nipote, ma non era né rassicurato nè tranquillo. Nella sua carriera aveva visto tante cose, anche padri e madri in preda alla follia che uccidevano i propri figli. E poi bisognava comunque trovare Ben e riportarlo a casa

“Dove pensa che sia andato Konrad Jager? L’avranno già contattato?” chiese Kim Kruger a Brandt che nel frattempo si era ricomposto  “Sicuramente, altrimenti non gli avrebbero mandato…” Klaus non riuscì a finire la frase Kim pensò per alcuni momenti e poi ebbe una strana intuizione “Ha detto che oggi Konrad sarebbe andato da Julia e Peter?” chiese ansiosa “Sì, gli ho procurato un permesso  per fargli incontrare la figlia… un momento non penserà mica che….” Klaus sbarrò gli occhi “Non lo so… io dico solo che un padre farebbe tutto per salvare la vita di un figlio” rispose  Kim
Klaus si ritrovò a pensare a mille cose; conosceva Konrad Jager,  l’aveva odiato e lo  odiava per quello che gli aveva portato via, ma proprio non riusciva a credere che potesse trasformarsi nell’assassino di suo genero. Ma poi si chiese cosa avrebbe fatto lui nelle stesse condizioni e si diede una risposta
“Dobbiamo correre alla villa Commissario” disse mentre si precipitava fuori dalla stanza
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Ben si svegliò completamente sudato ansimando. Aveva fatto un sogno orribile in cui Semir era minacciato da  due uomini incappucciati e continuava a chiamarlo  per chiedergli aiuto, ma lui non riusciva a muovere un passo, sino a che non aveva visto l’amico cadere colpito a  morte. Quando si svegliò si accorse che aveva gli occhi umidi, evidentemente aveva anche pianto nel sonno. Cercò di farsi forza e ricomporsi; dopo tutto quella pazza poteva aver mentito sulla sorte di Semir. Lui non poteva essere morto,  anzi non era morto si disse Ben cercando aiuto nella speranza. Chissà che ora era,  cosa stava facendo Laura e se stava piangendo per lui… l’aveva lasciata così male, avevano litigato tanto da quando era tornata in  Germania. Ma Ben l’amava, Laura costituiva con Semir   l’unica certezza della sua vita. Chissà se avrebbe mai rivisto entrambi.
“Coraggio Ben, datti da fare se vuoi uscire di qui…” si disse mentre si rimetteva in sesto. Guardò il vassoio che giaceva sul tavolo ancora intatto. Si sentiva debole, erano almeno tre giorni che non toccava nulla  e si rese conto che la politica dello sciopero della fame non dava molti  frutti in questa situazione. Se voleva uscire di lì doveva essere in forze Si avvicinò al tavolo ed iniziò a mangiare il polpettone che gli avevano lasciato “Ora basta compatirsi, devo uscire di qui e farla pagare  a questa pazza” si disse mentre masticava di malavoglia
Dopo mangiato andò anche in bagno a rinfrescarsi. Non riusciva a credere che quella folle avesse realmente mandato  due scagnozzi a fargli fare la doccia a forza. Era proprio una pazza e Ben non  aveva neppure  capito a perfezione i  farneticanti discorsi che faceva su Klaus e i  suoi rapporti con lei. Ma a Ben non interessava più di tanto il fatto che quella pazza si credesse sua nonna, l’unica cosa che voleva era uscire di lì
Si preparò ed attese con impazienza che la solita ragazza entrasse a portare via il vassoio e a sostituirlo con quello nuovo.  Era l’unica occasione che aveva per cercare di fuggire d quel posto
 
Konrad guardò con il cuore pesante Julia che portava nella stanza il vassoio con le tazze di caffè. Accarezzò con la mano la bottiglietta che aveva nella tasca.
Come se il destino lo volesse indirizzare la figlia fece all’improvviso : “Peter vieni un attimo fuori per favore, aiutami a  prendere  la valigia, voglio darla a papà per farci portare qualche altro vestito da casa” Entrambi uscirono dalla stanza.
Konrad tremava come una foglia Si sentiva diviso a metà , nella sua testa c’era una parte di lui che gli diceva “Non lo puoi fare, non lo puoi fare, è il marito di tua figlia, è Peter, tu non sei un assassino” e  un’altra parte che gli diceva “Lo uccideranno, uccideranno il tuo bambino, guarda cosa gli hanno già fatto”
“Devi scegliere Konrad” si disse e scelse. Con la mano tremante prese la fiala dalla tasca e ne versò il contenuto in una delle tazze
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Kim guidava  a velocità folle per le strade di Colonia con seduto a suo fianco Brandt. Il Procuratore sembrava sempre più pallido e ormai Kim aveva capito che  cera qualcosa che non andava con la salute, anche se per discrezione non aveva il coraggio di chiedere nulla.
“Crede davvero che potrebbe farlo, crede che Konrad ucciderebbe il genero?” chiese preoccupata il Commissario “Non lo so, le direi di no ma… beh non lo so cosa farei io nelle sue condizioni quindi non lo posso escludere” rispose Klaus
Arrivati alla villa Brandt, urlò alle guardie di aprire immediatamente i cancelli e Kim fermò l’auto sgommando dinanzi alla villa. I due si precipitarono all’interno non appena una delle guardie aprì loro la porta. Entrando la prima cosa che videro fu Konrad  accasciato sul pavimento vicino alla porta dello studio
Appariva sconvolto e piangente. Con lo sguardo fisso ripeteva “L’ho ucciso… l’ho  ucciso, mio Dio aiutami l’ho ucciso”
  

Ben vide aprirsi la porta della stanza e si nascose immediatamente dietro la stessa.
Entrata, la ragazza  guardò intorno meravigliata di non vedere Ben seduto sul letto o sulla sedia. Poggiò il vassoio sul tavolo e stava per avvicinarsi alla porta del bagno per controllare se Ben era lì quando questi con un balzo la afferrò e con al mossa che gli avevano insegnato al corso di autodifesa le fece perdere rapidamente i sensi. Mentre faceva scivolare la ragazza delicatamente a terra le sussurrò all’orecchio “Scusami”
 Poi più silenziosamente possibile si avvicinò alla porta e spiò l’uomo  che era davanti alla stessa a guardia. Con mossa fulminea lo colpì al collo e cominciò  correre più veloce che poteva lungo il corridoio illuminato al neon 

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Capitolo 14
*** Conseguenze ***


Conseguenze

Kim guardò inorridita Konrad che se ne stava rannicchiato in un angolo piagnucolando. Non aveva il coraggio di entrare nel piccolo salotto sentendo dall’esterno i singhiozzi disperati di Julia. Ma poi si fece forza ed entrò
Quello che vide tuttavia la meravigliò molto. Julia era seduta su di divano piangente e terrorizzata ma accanto a lei, che l’abbracciava e la consolava c’era il marito. A terra un vassoio ed in resti in frantumi di tazzine e piattini. Sul tappeto una larga macchia scura di caffè.
Kim sospirò di sollievo ma Julia la guardò disperata “E’ vero quello che dice papà? Lo uccideranno? Uccideranno Ben?” chiese fra i singhiozzi
Konrad continuava a piagnucolare dondolandosi avanti ed indietro incessantemente “L’ho ucciso, ho ucciso il mio bambino. Non ho avuto il coraggio di farlo …  e ora lo uccideranno Ed è come se l’avessi ucciso io” mormorava di continuo. Klaus si inginocchiò vicino a lui e lo prese per le spalle “Coraggio Konrad, vedrai che non lo uccideranno, andrà tutto bene” gli disse in tono rassicurante cercando di consolarlo. Per la prima volta dopo tanti anni i due si guardarono senza odio, accomunati da reciproco dolore e preoccupazione. “Klaus tu non sai… non sai cosa quelle bestie gli hanno già fatto.. io, io…” singhiozzò “Sì lo so Konrad ma non è ancora sicuro… io non riesco a pensare che possa davvero aver fatto una cosa del genere” disse pensieroso. E poi gli raccontò con calma  la sua storia
Peter uscì dal salotto e guardò Klaus e Kim che nel frattempo si era inginocchiata anche lei accanto a Konrad. “E ora che facciamo?” chiese preoccupato. “Non lo so aspettiamo, vediamo cosa ci può dire Hartmut e poi decidiamo” rispose sempre più perplessa Kim.
 
Semir si era addormentato, con ancora i singhiozzi di Laura nelle orecchie, anche se aveva cercato in tutti i modi di non farlo.  Aveva fatto sogni orribili con visioni di mani e piedi mozzati e si risvegliò all’improvviso  urlando e facendo saltare Andrea che nel frattempo si era anche lei appisolata su di un sedia. “Semir… che succede?” fece Andrea balzando in piedi “Nulla… che ore sono?” chiese Semir ansimando e vedendo che ormai il sole stava tramontando “Quasi le sei” rispose Andrea “Le sei?? Notizie di Peter? E dove  è Laura?” Semir  inondò la moglie di domande. Quelle maledette medicine, erano passate ore ormai e lui era rimasto lì a dormire “Peter sta bene non ti preoccupare, la Kruger mi ha telefonato poco fa. Laura sta dormendo un po’ in una stanza libera qui a fianco” rispose la moglie “Notizie di Ben?” chiese ancor quasi con paura ma Andrea scosse subito la testa
Semir rimase ancora un po’ steso cercando di riprendersi. Poi quando finalmente la stanza  smise di  girare in tondo mise le gambe fuori dal letto.
“Che cosa stai facendo??” disse subito Andrea  “Lo vedi…  esco di qui…” rispose stizzito il marito “Ma…” “Niente ma Andrea, ora io esco di qui. Puoi aiutarmi a vestirmi e a portarmi a villa Jager dove ho intenzione di andare con o senza il tuo aiuto, o stare lì a guardare mentre faccio tutto da solo” Semir era talmente deciso che Andrea non ebbe neppure il coraggio di fiatare. Aprì l’armadio e tirò fuori i vestiti di Semir. “E trova qualcuno che mi tolga questa cosa dal braccio” chiese ancora il marito  tirando il tubo della flebo


Hartmut era arrivato a villa Jager con un groppo alla gola.  Molte volte gli era capitato nella sua carriera di fare delle indagini difficili, esaminare resti di poveri corpi in tutte le condizioni immaginabili, ma quello che gli aveva chiesto la Kruger l’aveva sconvolto. Non riusciva a pensare che quei bastardi avessero mutilato il suo amico.
Quando bussò alla porta sembrava uno scolaretto che ha fatto tardi a scuola. “Buonasera signora” disse ad Helga quando questa comparve sulla porta “Sono venuto per… per…” fece costernato “Sì lo so perché è qui, prego si accomodi” disse la donna con gli occhi ancora gonfi di pianto  facendo un cenno verso lo studio di Konrad. “E’ lì… sul tavolo”  Hartmut entrò con la sua enorme valigetta nello studio ed iniziò il suo lavoro.


Semir arrivò a villa Jager dopo una serie  infiniti di rimproveri ad Andrea sulla sua guida da lumaca narcolettica.  Arrivati alla grande casa Semir notò immediatamente la Renault scassata di Hartmut parcheggiata davanti all’ingresso; sapeva perché il tecnico era lì e il cuore iniziò a  battergli sempre più veloce, ma si disse che sapere la verità era sempre meglio che restare in una orribile incertezza.
Andrea e Semir entrarono in casa accolti affettuosamente da Helga. ”Il suo collega è di là  ispettore” gli disse Helga cercando di nascondere il nervosismo “Gradite un po’ di caffè?” chiese la governante “Sì certo, grazie” rispose Andrea aiutando Semir a sedersi sul divano nel salotto. Era ancora  tremendamente pallido e si vedeva che ogni movimento brusco gli provocava dolore al braccio bloccato nella fasciatura stretta sul petto.

Proprio in quel momento entrò Hartmut che evidentemente aveva sentito le voci
 “Semir che ci fai fuori dall’ospedale?” chiese preoccupato “Sto bene e non avevo nulla  da fare lì” rispose lui stizzito. Ma in realtà quello che voleva  sapere era altro “Allora?” chiese con gli occhi impauriti Hartmut capì immediatamente a cosa si riferiva
 “Non è suo… non ti preoccupare” disse con un sorriso timido
 Semir sentì le lacrime salirgli agli occhi dal sollievo “Davvero?  Ma credevo che per l’analisi del dna ci volesse tempo” “Sì ma  non è stato necessaria, sono stati piuttosto superficiali. L’ex proprietario di quel dito non è dello stesso gruppo sanguigno di Ben” “O Signore ti ringrazio…” fece Helga che aveva ascoltato tutto  sulla porta mentre portava il vassoio con le tazze di caffè
“Ho grosse novità anche  sul terriccio che ho trovato sul parafanghi della tua BMW” continuò Hartmut mentre beveva con Andrea e Semir il caffè. “E cosa aspettavi a dirlo? Un invito ufficiale??” Semir era sempre più ansioso e nervoso. “Calma Semir, era impegnato con le analisi  su quel… beh ci siamo capiti. Comunque … il terriccio è torboso” disse soddisfatto il tecnico. “E’ cosa??” chiese Semir, odiava quando Hartmut si metteva a parlare in linguaggio scientifico “C’è molta torba, il che vuol dire solo una cosa” continuò soddisfatto il tecnico “Ovvero?? Che ti devo tirare le parole fuori con le pinze?” Semir ormai avrebbe strozzato Hartmut  se avesse avuto a disposizione tutt’e due le mani  “Proviene sicuramente da un posto vicino ad una cava di torba. Ovvero se vogliamo restare qui in zona…” “Vicino alla vecchia miniera…” concluse Semir balzando in piedi
******************

Ben correva lungo il corridoio poco illuminato del seminterrato. Cercò di intuire dove fosse la porta che dava all’esterno, ma  quel corridoio gli sembrava infinito. Poi finalmente vide la debole luce del tramonto che filtrava da un uscio.  Silenzioso si avvicinò alla porta e la socchiuse per guardare all’esterno.
Apparentemente non c’era nessuno in vista. Ben aprì la porta e cercò di capire in quale direzione fosse meglio andare, ma intorno vide solo una fitta  boscaglia oltre il muro di cinta Ed il muro era molto alto.
“Ok coraggio devi provarci. Se vuoi rivedere Laura devi provarci” si disse il ragazzo mentre correva vero il muro
 

Laura  fu svegliata  dal tocco leggero di una infermiera. Aveva dormito per alcune ore, aiutata dal sonnifero che uno dei medici le aveva dato, ma ora le era tornato tutto in mente.  E non era un incubo quello che aveva visto e sentito. Immediatamente la disperazione si impadronì di lei di nuovo. Laura si chiese perché era successo proprio a Ben, ne aveva passate tante in quei giorni. Si pentì amaramente della risposta che gli aveva dato alla proposta di matrimonio. Perché non gli aveva spiegato meglio? Perché non gli aveva detto che l’unica cosa che desiderava davvero nella vita era sposarlo ed avere dei figli da lui? Ed invece   si erano lasciati così male… chissà dove era, come stava ora; e se era vero che gli avevano fatto quello che Semir aveva urlato in preda alla disperazione se almeno quelle bestie avevano preso precauzioni. Laura da medico pensò a tutte le possibili complicazioni della ferita non trattata e sentì per la prima volta nella sua vita che poteva realmente impazzire. Ma si costrinse a rimanere calma. Si alzò dal letto ed andò in bagno a  lavarsi il viso,  quando sentì il cellulare squillare. E quello che Andrea le comunicò la fece immensamente felice, anche se iniziò comunque a piangere disperatamente  poggiata sul lavandino del bagno
**********************

Svetlana  era assorta nei suoi pensieri,  doveva organizzare tutto nel migliore dei modi, non poteva permettersi alcun errore. Bastava una semplice distrazione e avrebbe perso di nuovo la cosa che aveva più desiderato, la sua famiglia. Si alzò ed andò nella sua camera da letto giusto per dare una occhiata sul monitor al ragazzo, come aveva  già fatto per ore il giorno prima. Ma quello che vide stavolta la fece sobbalzare. La giovane cameriera era a terra e di Benjamin nella stanza non c’era alcuna traccia. Svetlana corse alla porta con il cuore in gola ed urlando chiamò le guardie.
 Non poteva perderlo di nuovo, era suo e non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via
 
Ben cercava  forsennatamente  di arrampicarsi quanto più velocemente poteva sul muro di cinta, ma non riusciva a trovare sufficienti appigli lungo la parete di cemento. Era sempre stato bravo nelle arrampicate ma  stavolta era davvero difficile. Cercò di non pensare alle voci che sentiva avvicinarsi sempre più e di continuare a salire. Ad un certo punto pensò anche di avercela fatta,  ma poi sentì qualcuno che gli afferrava un piede  e lo trascinava giù. Cercò di aggrapparsi e resistere ma fu tutto inutile e rovinò a terra sulla schiena. Per il colpo l’aria gli uscì completamente dai polmoni e sentì il respiro mancargli; quando riaprì gli occhi vide tre o quattro uomini che lo guardavano  sorridendo beffardi, mentre altri due gli bloccavano braccia e gambe. Poi lo presero per la maglietta e lo sollevarono in ginocchio tenendogli sempre le braccia bloccate.

Svetlana era davanti a lui  e lo guardava con sguardo di fuoco “Dove volevi andare Benjamin??” gli chiese con voce furibonda Ben non rispose, ormai la follia era evidente  negli occhi della donna “Tu sei mio nipote e devi stare con me, io sono la tua famiglia. Questo è il risultato della educazione che ti hanno dato qui. Ma le cose cambieranno quando saremo a casa nostra” continuò la vecchia quasi urlando Poi  all’improvviso gli diede un violento schiaffo. L’anello di diamanti che Svetlana aveva al dito spaccò il labbro di Ben che immediatamente incominciò a sanguinare “Guarda cosa mi hai fatto fare” fece sempre più isterica mentre prendeva un fazzoletto dalla tasca e tamponava il sangue  che colava
“Portatelo dentro” ordinò Svetlana. Ben non tentò neppure di ribellarsi mentre veniva trascinato di nuovo nel seminterrato . Il luogo era troppo isolato perché qualcuno lo sentisse   urlare e  gli uomini che lo trascinavano era almeno quattro. E lui invece era solo. Solo in mano ad una folle

“Ti sei procurato quello che ti ho chiesto?” chiese Svetlana a Shasha che nel  frattempo si era unito al gruppo “Sì madame tutto pronto” rispose l’uomo  “Bene allora partiamo stasera stessa” ordinò Svetlana prima di entrare anche lei nel seminterrato.
Le guardie avevano legato Ben al letto della stanza.  La giovane cameriera uscì tenendosi il collo dolorante “Passamela” ordinò Svetlana ad una delle guardie che subito le passò una siringa.
“Ora facciamo un po’ di nanna”  disse  con una voce assurdamente infantile mentre si avvicinava al letto. Ben stavolta cercò di ribellarsi ma non fece a tempo neppure d urlare che la vecchia gli aveva iniettato il  liquido nel braccio. Immediatamente sentì che tutto si oscurava; cercò disperatamente di restare cosciente ma in meno di un minuto tutto divenne nero intorno a lui
Svetlana si inginocchiò accanto al letto e carezzò i capelli scuri del ragazzo che ormai dormiva profondamente. “Andrà tutto bene,  quando ti sveglierai sarai a casa tua, nel tuo paese, e lì capirai molte cose. Saremo molto felici insieme” gli sussurrò mentre lo baciava sulla guancia
********************

“Capo io non resto fuori da questa cosa, non può chiedermelo e sa bene che non lo farò. Se è necessario ci arrivo a piedi o strisciando” Semir quasi gridava in faccia ala Kruger.
Lei Brandt e Konrad era appena tornati a villa Jager.  “Semir cosa pensa di fare in queste condizioni? Sta male, quasi non si regge in piedi” si oppose ancora il commissario, ben sapendo che era inutile cercare di tenere fuori Semir da qualsiasi cosa riguardasse Ben “Capo le prometto che me ne starò buono, ma non può escludermi, io devo venire con voi”   Semir quasi supplicava. Kim sospirò “E va bene ma deve stare in macchina e non muoversi da lì fino a che non è tutto finito” “ Va bene, grazie commissario” Semir quasi sorrise ma si contenne quando vide lo sguardo severo di disapprovazione di Andrea

“Allora ci sono solo tre case nelle vicinanze della miniera, almeno così vicine da giustificare la presenza della concentrazione di torba che ho rilevato nelle tracce sul parafanghi” disse sicuro Hartmut mostrando alcuni punti sulla mappa “Non dovrebbe essere difficile controllarle. La SEC ci aspetta lì” disse Brandt avviandosi alla  porta con Kim e Semir “Aspetta Klaus…” lo richiamò Konrad Brandt si girò verso di lui “Lo salverai vero? Non permetterai che  gli succeda qualcosa…”  mormorò il vecchio Jager Klaus gli sorrise “Ma certo. Te lo giuro Konrad  te lo riporto sano e salvo” gli disse  guardandolo negli occhi

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Capitolo 15
*** Troppo tardi? ***


La storia si avvia alla sua conclusione ( per il sollievo di qualcuno) Ma c'è ancora tempo per qualche sorpresa

Troppo tardi?

Kim guidava velocemente verso il sito della vecchia miniera  a metà strada fra Dusseldorf e Colonia. Al suo fianco c’era Semir e sul sedile posteriore Brandt. Dallo specchietto retrovisore lo vedeva sempre più pallido ed ansimante,  ingoiava pillole praticamente ogni ora e Kim sperò che non crollasse all’improvviso.
“Procuratore secondo lei cosa vuole fare la Urganova con Ben? Se non vuole ucciderlo…” chiese preoccupato Semir che dal canto suo non sembrava in condizioni fisiche migliori di  Brandt Klaus parlò continuando a guardare fuori  “Lei sa che Ben è il suo unico nipote… la sua unica speranza di avere una famiglia, non lo ucciderà e non gli farà del male, ma non lo lascerà neppure andare, di questo sono abbastanza sicuro” mormorò pensieroso “E quindi?” chiese Kim  “Quasi sicuramente cercherà di portarlo con lei in Ucraina… e se ci riesce diventerà tutto difficilissimo. Lì  può contare su una vasta rete di poliziotti e  politici corrotti. Conduce da anni i suoi traffici criminali senza che nessuno la disturbi, anzi è considerata un membro rispettabile della comunità” La voce di Klaus si fece sempre più debole. Semir si girò leggermente a guardarlo “Non lo permetteremo, Procuratore, non se lo porterà in Ucraina, la fermeremo” disse sicuro, ma  l’angoscia gli attanagliava il cuore.

Quando arrivarono nei pressi della miniera videro i mezzi della SEC che li aspettavano parcheggiati in un luogo appartato.
“Buonasera signori, io sono il capitano Marke, capo delle operazioni” salutò un uomo alto e muscoloso completamente vestito di nero. Kim salutò e presentò Brandt e Semir che si guadagnò lo sguardo meravigliato del capitano, che  con evidenza si chiedeva cosa ci facesse uno in quelle condizioni fisiche sul teatro di una operazione di polizia. “L’ispettore Gerkan è il compagno di servizio dell’ispettore Jager. Starà qui solo ad osservare senza minimamente interferire giusto?” ribadì Kim guardando Semir con sguardo di fuoco.
“Dunque due delle case sembrano completamente disabitate. Nella villa sulla destra sembra invece che ci sia qualcuno, anzi c’è molta agitazione. Stanno caricando pacchi su vari furgoni. Inizieremo da lì” relazionò il capo della SEC
Tutti gli uomini si avvicinarono silenziosamente al muro di cinta della villa. “Voi due aspettate qui!!!” ordinò Kim a Brandt e a Semir con un tono talmente duro che nessuno dei due osò fiatare; del resto entrambi sapevano di non essere in condizioni fisiche tali da poter aiutare, anzi la loro presenza avrebbe solo causato problemi in azione.   Quindi  si  sedettero lungo il muro di cinta ad attendere.

L’operazione fu fulminea. Gli uomini in nero fecero saltare la serratura del pesante cancello con una piccola carica esplosiva ed in un attimo erano dentro. Dall’esterno Semir e Klaus sentirono   per alcuni minuti le voci concitate degli agenti che ordinavano a quelli della banda di stendersi a terra e dopo meno di un quarto d’ora dall’inizio delle operazioni Kim uscì a chiamarli

Semir e Klaus la guardarono subito con sguardo preoccupato e speranzoso al tempo stesso, ma KIm scosse la testa.
Ben non c’era
******************** 

 “Allora dove è andata madame Urganova? Dove ha portato il mio collega??” Semir guardava con odio l’uomo seduto  sulla sedia davanti a lui. Aveva la mano destra completamente fasciata anche dalla fasciatura era penetrato il sangue ben visibile all’esterno. Avevano trovato a chi apparteneva il dito
Nella villa non avevano trovato Ben ma sicuramente era stato lì; Semir aveva trovato i vestiti che indossava il giorno del rapimento e nel seminterrato c’era la stanza dove sicuramente era stato tenuto prigioniero
L’uomo guardava Semir in silenzio, anche se il respiro era affannato. “Ti decidi a parlare?? Vuoi conservare lealtà ad una che ti ha fatto questo?” chiese ancora Semir afferrando la mano fasciata dell’uomo che emise un gemito di dolore Poi l’uomo lo guardò impaurito “Voi non sapete di cosa è capace… è potentissima e crudele, non potete nulla contro di lei!!” disse piano con voce terrorizzata “Senti stronzo se non mi dici subito dove ha portato Ben ti posso assicurare che quello che ti può fare la tua madame è nulla rispetto a quello che ti farò io” Semir diventava sempre più minaccioso e si aspettava che la Kruger lo bloccasse; invece  il commissario lo lasciò fare “Voi non la conoscete, dice che quello è suo nipote, non ve lo lascerà mai, piuttosto lo uccide” rispose l’uomo; la frase fece gelare il sangue nelle vene a Semir. “Dimmi dove l’ha portato!!!” urlò ancora l’ispettore. L’uomo rimase ancora un po’ in silenzio, poi  si decise “L’hanno caricato su di una limosine, sono diretti ad un piccolo aeroporto privato vicino Bonn. Sono partiti circa due ore fa” sussurrò. Semir guardò l’orologio e sentì una mano gelida sull’animo. Due ore. Probabilmente era troppo tardi per fermarli
 

Andrea era a casa con Laura e cercava di consolarla, impresa del tutto inutile. La ragazza continuava a piangere e quando per esaurimento le lacrime cessavano, non faceva altro che guardare nel vuoto. Sobbalzava ad ogni chiamata sul cellulare di Andrea,  e anche se era contenta che almeno avevano scoperto dove poteva essere Ben sentiva che questa storia non sarebbe finita così facilmente
“E se gli succede qualcosa? Non gli ho detto che l’amo,  abbiamo anche litigato la sera prima” Laura piangeva di nuovo “Laura tesoro, non c’è mica bisogno di dirlo, Ben lo sa che tu lo ami.” Andrea cercava di tenerla calma ma non sapeva neppure lei cosa avrebbe fatto al posto della ragazza. Quando il cellulare squillò per l’ennesima volta Laura vide la delusione dipingersi sulla faccia di Andrea “Non era lì vero?” chiese Laura quando la donna chiuse la telefonata con Semir  “No cara, quando sono arrivati l’avevano già portato via” sussurrò Andrea “Sanno almeno dove?” chiese ancora Laura che come per magia si era calmata. Andrea era titubante a risponderle, ma alla fine decise che non poteva nasconderle la verità “Semir dice che lo stanno portando verso un aeroporto privato di Bonn. Crede siano diretti in Ucraina” disse alla fine “Oddio, se riescono a portarlo lì come facciamo poi a trovarlo??” Laura aveva gli occhi terrorizzati. Poi si alzò di botto “Conosco entrambi gli aeroporti privati di Bonn, ci  spedivamo le attrezzature mediche per il Sudan. Io vado lì” disse con aria risoluta “Laura fermati cosa credi di fare?” Andrea quasi si mise davanti alla porta per impedirle di uscire. “Vado lì, posso essere utile, dopo tutto sono un medico. E poi  se resto qui a fare nulla divento pazza” fece la ragazza cercando di scostare Andrea. La donna la guardò e capiva che nulla poteva fermare  la ragazza. “Ok, ma  io vengo con te” disse mentre si avviava anche lei per le scale
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Svetlana aveva percorso tutta la strada verso Bonn  sul sedile posteriore della limosine con la testa di Ben sulle ginocchia. Il ragazzo aveva le mani ed i piedi legati  e dormiva ancora profondamente, anche se ogni tanto emetteva qualche gemito. Svetlana continuava ad accarezzargli i capelli cantando una ninna nanna in russo  “Vedrai quando ti sveglierai sarai a casa tua. E’ una casa bellissima sai, e sarà tutta tua. E poi anche la tua città Lviv è bellissima. Tu sarai il mio erede, tutto quello che ho costruito, tutto quello per cui ho lavorato sarà tuo… staremo sempre insieme” farneticava fra sé e sé
“Madame siamo quasi arrivati” le disse l’autista aprendo il vetro divisorio “Bene e l’ambulanza?” chiese Svetlana “Ci aspetta in una stradina poco prima dell’ingresso dell’aeroporto. I documenti per fingere un trasporto medico sono già dentro” rispose ancora l’autista- “Molto bene”  approvò Svetlana. Presto avrebbero lasciato questo paese schifoso. Ed in Ucraina tutto sarebbe stato più facile.
 

Kim guidava a velocità folle anche se sapeva che superare il distacco era quasi impossibile. “Non c’è modo di bloccare il decollo?” chiese  Semir sempre più agitato “Ci sto provando” rispose Brandt  che era al telefono cercando di contattate i due piccoli aeroporti nella zona di Bonn.

 “Cosa  crede di fare portandolo lì? Crede che smettiamo di cercarlo? Che io smetta di cercarlo? O che Ben si arrenda e decida di vivere con lei come un criminale??”  fece Semir angosciato “Non lo  so Semir, ma secondo me la Urganova non ragiona più lucidamente, il che mi preoccupa molto” disse la Kruger, subito pentendosi però perché aveva visto l’ispettore sbiancare ancora di più se possibile          
“Dunque… vicino Bonn ci sono due aeroporti privati; ho contattato le torri di controllo di entrambi ma è difficile bloccare tutti i voli, alcuni sono voli diplomatici ed altri voli medici urgenti….” disse Brandt attaccando il cellulare
“Chissenefrega dei voli diplomatici!!!” urlò Semir. “Ho detto loro che almeno ritardino la partenza con qualche scusa, ma non so se lo faranno per tutti” continuò Brandt che orami sembrava sull’orlo delle lacrime
“Un momento ha detto voli medici??” Sì c’è uno che parte fra venti minuti, non hanno ancora presentato il piano di volo quindi non sanno dove è diretto” rispose Brandt. “ Loro sanno che difficilmente  Ben salirebbe sull’aereo di sua spontanea volontà. Quindi devono averlo legato o sedato e se vogliono mascherare la cosa…” ragionò Semir “Devono fingere che sia un volo medico, questo giustifica anche la presentazione del piano di volo all’ultimo momento” si illuminò la Kruger
“Lo blocchi, blocchi quell’aereo!!!” urlò Semir ma Brandt si era già messo di nuovo al telefono “Quale dei due aeroporti è?” chiese Kim accelerando ancora di più
“Il Katrine Bolow” rispose Brandt
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La  giovane agente di polizia doganale guardò con compassione la vecchia signora che era accanto alla barella con il giovane disteso “Poverino così giovane…” pensò  guardando i documenti che certificavano che il ragazzo era senza speranze. “Signora mi dispiace molto per suo nipote” disse la giovane agente restituendo i documenti  alla anziana donna elegante e dai capelli argentati “Grazie agente, abbiamo tentato di tutto, ora non mi resta che portare il mio povero ragazzo a morire nel suo paese”  rispose Svetlana fingendo di asciugarsi  le lacrime
Poi si avviò con i suoi uomini, di cui due vestiti da paramedici, verso la pista di decollo.

Arrivati all’aereo privato gli uomini di Svetlava caricarono la barella a bordo e dopo essersi assicurato che  Ben  era legato ed immobilizzato  si sedettero al  loro posto. Svetlana salì per ultima. Diede un ultimo sguardo alla  città in lontananza  e pensò che quando pochi giorni prima era arrivata era una donna sola e disperata ed ora aveva quello che aveva sempre desiderato  Con un sorriso si sedette al suo posto vicino a Ben che dormiva ancora profondamente.

Le porte dell’aereo si chiusero ed il pilota accese i motori.
  

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Capitolo 16
*** Salvataggio imperfetto ***


Inizia il lungo salvataggio... se salvataggio sarà, perchè qualcuno purtroppo non ne uscirà vivo...
Salvataggio imperfetto

“Perché non decolliamo?” chiese ansiosa Svetlana dopo che erano già  fermi da dieci minuti sulla pista “Madame siamo in attesa dell’ok della torre di decollo” rispose tranquillo il pilota Ma Svetlana non era tranquilla, sentiva che c’era qualcosa che non andava.
“Se non ti danno il via libera fra dieci minuti parti lo stesso” ordinò la donna
 
Kim fermò la macchina al cancello di ingresso del piccolo aeroporto sgommando e sollevando polvere e ghiaia “Dov’è la SEC?” chiese ansioso Semir uscendo precipitosamente dall’auto “Sta arrivando” ansimò Klaus che lo seguiva a poca distanza. Tutti si diressero verso il piccolo edificio basso che circondava la torre di controllo. Quando arrivarono all’ingresso trovarono già due funzionari in attesa davanti all’ingresso
 “Procuratore  Brandt?” chiese uno dei due  Klaus ansimava pallido ed ebbe solo la forza di annuire “Abbiamo bloccato il volo, effettivamente pare che siano loro. Sono in attesa sulla pista di decollo, ma la torre non ha dato loro il via libera” Semir sospirò di sollievo, ma si rendeva anche conto che non sarebbe stato così facile tirare Ben fuori da quell’aereo.

“Questa è l’agente della dogana che ha imbarcato il volo” il funzionario presentò al terzetto la giovane donna  che con occhi bassi si avvicinò. “Quanti sono a bordo?” chiese subito Semir “Sei più il pilota la signora anziana ed il ragazzo in barella” rispose la ragazza Semir ebbe un sussulto, ma evitò di chiedere alla ragazza come  le era sembrato che stesse Ben; voleva credere  che quella pazza l’avesse solo sedato “ Mi spiace ma i documenti sembravano a posto e quella donna sembrava così infelice per le sorti del nipote” si scusò la giovane “Non si preoccupi, lei non poteva sapere” la consolò Semir
In quel momento l’attenzione di Semir venne richiamata da uno degli agenti di guardia “Ispettore Gerkan?” chiese “Sì cosa c’è?” rispose Semir anche leggermente infastidito “Al cancello ci sono due donne, una dice che è sua moglie e l’altra che è la fidanzata dell’ispettore Jager; stanno dando di matto per entrare qui…”

Semir guardò verso il cancello ed immediatamente riconobbe l’auto di Andrea. “Ma tu guarda queste due incoscienti…” imprecò mentre correva verso  di loro.
Arrivato verso il cancello  Semir iniziò ad urlare come un matto “Che cosa ci fate qui??? Siete impazzite?? Tornate immediatamente a  casa…” “E’ qui? Sono già partiti??” chiese disperata Laura correndo verso di lui. “No l’aereo è bloccato sulla pista, ma tu non  puoi stare qui; vedrai lo tireremo fuori, andrà tutto bene, ma ora devi andartene” La voce di Semir era particolarmente dura, ma non impressionò più di tanto Laura che approfittando delle poche guardie con uno scatto superò tutti e si mise a correre verso  l’edificio che fungeva da torre di controllo “Maledizione…” imprecò Semir mentre le correva dietro con scarsi risultati visto che Laura era fisicamente molto in forma e lui invece appena uscito da un ospedale con il braccio immobilizzato

“Laura!!” esclamarono quasi all’unisono  la Kruger e Klaus appena videro entrare di corsa la giovane donna seguita da un ansimante Semir e poi da Andrea sempre più indecisa.
 “Cosa è questa una riunione di famiglia?? Siete tutti impazziti?” urlò inviperita  Kim “Capo mi spiace non sono riuscita a bloccarla…” tentò di giustificarsi Semir
“Commissario la prego, starò qui buona non mi muoverò né dirò nulla, ma la prego… sono un medico posso essere utile. Io devo stare qui!!” implorò Laura guardando Klaus in cerca di comprensione “Non se ne parla proprio questa è una operazione di polizia, lei è una civile…” iniziò con il suo solito tono la Kruger, ma il Commissario non ebbe il tempo di finire la frase.

Uno dei controllori di volo si affacciò alla scaletta che  portava alla torre “Procuratore ci stanno chiamando… chiedono perché non diamo il via libera al decollo. Dicono che il paziente sta peggiorando e che se non gli diamo il via libera in cinque minuti partono lo stesso” fece concitato  il controllore
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Ben si era lentamente risvegliato  mentre strani suoni e molte voci che parlavano tra loro in russo gli risuonavano nelle orecchie. Aveva continuato a tenere gli occhi chiusi fingendo di dormire e cercando di capire dove si trovava. “I motori di un aereo che sta per decollare” realizzò dopo alcuni minuti, era proprio su di un aereo, ma steso in una specie di barella con le mani legate alle sbarre. Socchiuse appena gli occhi e vide accanto a sé, che si agitava  nervosa sul sedile, Svetlana. E poi contò gli altri uomini seduti ai vari posti “Maledizione, sono almeno sei- pensò- da solo non ce la faccio ad uscire da qui”

“Allora cosa ti hanno detto dalla torre di controllo?” chiese sempre più agitata l’anziana donna al pilota Questi dopo aver ascoltato dalle cuffie riferì, anche lui agitato “Che non ci danno il via libera perché c’è un atterraggio di emergenza in atto…”
Ma Svetlana  sentiva che la cosa puzzava. Guardò fuori dal finestrino e vide nella boscaglia avvicinarsi le luci di diversi mezzi e vari uomini vestiti  di nero. La SEC tedesca!!! “Parti lo stesso, ora!!” urlò al pilota “Ma Madame non possiamo senza l’ok della torre di controllo…” si oppose lo stesso “Ti ho detto parti o ti uccido seduta stante” urlò di nuovo Svetlana mentre ordinava con lo sguardo ad uno degli uomini di puntare la pistola contro il pilota  E lui riluttante diede gas ai motori ed azionò la leva della marcia avanti.
“Cosa hanno risposto?” chiese agitato Semir  al controllore “Nulla ispettore, ho fatto come mi ha detto ma non credo che mi abbiano creduto” rispose l’ufficiale “La SEC è arrivata” annunciò KIm, dopo aver chiuso il suo cellulare, ma appena finita la frase il controllore iniziò ad agitarsi come un pazzo
 “Hanno azionato i motori, vogliono decollare lo stesso” urlò spaventato
 
“Merda” imprecò Semir mentre si precipitava dalla scaletta della torre con Klaus e Kim.
Brandt guardò l’aereo che iniziava a muoversi verso la pista di decollo. Non poteva permettere questo, non poteva permettere che quella pazza si portasse via Ben chissà dove, chissà cosa gli avrebbe fatto e lui non l’avrebbe più rivisto, certo non nei pochi giorni di vita che gli rimanevano. Con la coda dell’occhio vide parcheggiato appena fuori dall’edificio,  a lato della pista di decollo, uno dei mezzi di solito usati per il trasporto bagagli.
D’istinto si buttò verso il mezzo e si mise al posto di guida. “Klaus dove va?? cosa sta facendo…” gli urlò dietro Semir che appena capì le intenzioni dell’uomo si buttò anche lui verso il piccolo mezzo, riuscendo appena in tempo a salire al posto a fianco al guidatore
Le persone all’interno dell’edificio rimasero a guardare   il piccolo rimorchio che si gettava all’inseguimento dell’aereo a bocca aperta “Quei due completamente sono pazzi!!” urlò la Kruger con rabbia  e preoccupazione.
 
Svetlana cercò di calmarsi quando vide che il pilota aveva iniziato il decollo. Ormai nessuno poteva più fermarla,  si sarebbe ripreso ciò che era sempre stato suo e che le avevano rubato.  Stese la mano a cercare quella di Benjamin, il suo Benjamin. Se non le avessero tolto la sua famiglia probabilmente suo nipote si sarebbe chiamato Mikail come il nonno, oppure Denis come il suo povero marito e Klaus… Klaus si sarebbe chiamato Nikolai; aveva scelto il nome del suo bambino, perché sapeva che era un maschio, appena saputo che era incinta ed invece non glielo  avevano fatto tenere neppure in braccio appena nato. A stento ne aveva visto il visino nella coperta. Ma ora tutto questo apparteneva al passato, lei avrebbe dato tutto l’affetto che aveva conservato negli anni  a questo suo nipote e lui avrebbe capito che alla fine l’unica famiglia che conta è quella di sangue

 Persa nei suoi pensieri Svetlana venne violentemente sbalzata in avanti, come tutti gli altri nell’aereo, dalla improvvisa  frenata del pilota “Che succede??” urlò la madame con voce isterica “Madame c’è un mezzo che si è messo di traverso sulla pista” rispose trafelato il pilota ancora spaventato dalla manovra che aveva compiuto “Parti lo stesso, passaci sopra se  necessario” Svetlana si era alzata dal suo posto e si era avvicinata alla cabina
 Da lì poteva vedere il mezzo fermo in mezzo alla pista “Ma come faccio Madame? Se lo travolgo moriamo tutti, non riusciremo mai a decollare…” il pilota era disperato “No no  no no” Svetlana aveva iniziato ad urlare come una matta, mentre all’esterno si sentivano  le sirene ed i vari mezzi della SEC che in pochi secondi circondarono completamente il piccolo aereo

“Klaus che vuole fare?” urlò Semir mentre il piccolo mezzo correva all’impazzata verso l’aereo. “Fermarli… non possiamo permettere che decollino…” Klaus aveva uno sguardo duro e determinato “Sì ma Klaus… attento…  se non si fermano ci rimettiamo la pelle tutti!!” urlò Semir, mentre Klaus si metteva d traverso sulla pista a pochi metri di distanza dall’aereo che avanzava
“Non si fermano…” urlò Semir mentre le luci dell’aereo  erano sempre più vicine “Sì che si fermano….” urlò a sua volta Klaus. Semir stava per spingere fuori Klaus e mettersi alla guida del furgoncino per portarlo fuori dalla traiettoria dell’aereo quando questo si fermò improvvisamente.

Come dal nulla spuntarono fuori diversi fuoristrada e furgoni neri con la scritta SEC che circondarono il piccolo  aereo illuminandolo completamente con la luce delle fotoelettriche. Poi una voce all’altoparlante gracchiò “Voi all’interno dell’aereo, arrendetevi, siete circondati!!”

Svetlana pensava freneticamente al da farsi
Non potevano toglierle di nuovo la sua famiglia il ragazzo era suo, nessuno poteva strapparlo a lei, solo la morte. All’esterno un altoparlante gridò “Voi all’interno dell’aereo, arrendetevi, siete circondati!!”e gli uomini all’interno iniziarono ad agitarsi. “Cazzo guarda quanti sono… non possiamo cavarcela questa volta” disse uno di loro guardando fuori dal finestrino.

“Madame, c’è la torre di controllo in linea vuole parlare con lei…” Svetlana si avvicinò sicura e prese in mano  la cuffia che il pilota le passò “Signora Urganova sono il commissario Kruger- disse la voce femminile con tono perentorio- Come può vedere siete circondati, arrendetevi, lasciate andare il mio ispettore  e non ci saranno problemi”

 Svetlana restò alcuni minuti in silenzio
 “Commissario lei non ha capito la situazione. Io non ho alcuna intenzione di arrendermi e se non posso averlo con me, nessuno avrà mio nipote, piuttosto lo uccido” rispose con voce completamente folle.

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Capitolo 17
*** Unica possibilità ***


Salvataggio fase due


Unica possibilità

Semir e Klaus erano tornati alla torre di controllo giusto in tempo per sentire la minaccia di Svetlana. Tutti si guardarono interdetti e Andrea abbracciò stretta Laura che aveva le lacrime agli occhi.
Kim guardò il capo delle operazioni SEC e chiese preoccupata “Cosa facciamo?”
“Potremmo intervenire ma lo spazio è molto piccolo e le porte dell’areo sono difficili da aprire dall’esterno, perderemmo  troppo tempo…” rispose l’uomo vestito di nero “Ma che alternative ci sono?” chiese  Semir agitatissimo. Sentiva che quella donna era una pazza, a questo punto poteva fare qualsiasi cosa se si sentiva in trappola,  compreso uccidere Ben pur credendolo il suo unico nipote

“Potremmo aspettare e sperare di prenderli per stanchezza. Ma visto il soggetto la cosa mi pare improbabile, tenterebbe certamente un colpo di mano…” rifletteva il capo della SEC “Oppure?” chiese ancora Kim
“Oppure possiamo usare il Fentanyl, immetterlo nei condotti di areazione dell’aereo e entrare quando sono tutti addormentati…” nel fare la proposta si vedeva che il funzionario era visibilmente imbarazzato
“No!!” urlò Laura “Assolutamente no, voi non sapete cosa significa usare il Fentanyl, è una sostanza tossica, provoca il blocco respiratorio. Se non riuscissimo a rianimare Ben entro cinque minuti morirebbe o comunque riporterebbe danni celebrali permanenti. Ti prego, Semir ti prego non consentire questo” Laura ormai urlava in preda ad una vera e propria crisi nervosa.
 Klaus si avvicinò alla ragazza e l’abbracciò “Capitano questa soluzione è esclusa è troppo pericolosa” ordinò
“Allora non ci resta altro che aspettare. Ma rendetevi conto che questa potrebbe restare l’unica soluzione praticabile” sentenziò il capo della SEC
E tutti si prepararono ad una lunga attesa
 

Nell’aereo Ben ormai si era completamente svegliato anche se continuava a tenere gli occhi chiusi. Sentiva gli uomini parlottare fra loro in russo ed anche se non capiva una parola, dai toni si intuiva che erano preoccupati e stavano tramando qualcosa contro la Madame
Poteva sfruttare la situazione ma prima di tutto doveva farsi liberare le mani.
Iniziò a gemere e a lamentarsi sommessamente e subito Svetlana si avvicinò “Benjamin tesoro cosa c’è?” chiese amorevole “Ho sete e mi fanno male le braccia” rispose Ben sommessamente e con voce volutamente lamentosa
“Sì lo so caro, ti libero appena decolliamo” rispose Svetlana accarezzandogli i capelli

Ben si decise  giocarsi la carta vincente “Ti prego nonna, mi fanno male le bracccia non ce la faccio più” fece con voce sempre più lamentosa, agitandosi
Gli occhi di Svetlana si illuminarono a sentirsi chiamare nonna al punto che Ben si sentì  anche un po’ in colpa per essere ricorso a questo stratagemma.
“Va bene ma mi prometti di stare buono? Non farai sciocchezze? Dobbiamo cercare di andarcene di qua, dobbiamo tornare a casa nostra” gli chiese  Svetalna guardandolo negli occhi “Certo nonna non ti preoccupare, starò buono” rispose cercando di  essere più convincente possibile.
Svetlana slacciò i legacci che tenevano le mani di Ben alle sbarre e lo aiutò a sedersi sulla barella
A quel punto il giovane iniziò a studiare la situazione mentre beveva l’acqua che Svetlana gli aveva portato . Sei… più il pilota e Svetlana, tutti armati. Dai finestrini Ben vedeva i mezzi della SEC fermi sulla pista tutt’intorno all’aereo. La situazione era in evidente stallo, non potevano intervenire, lo spazio era stretto e  quasi impossibile aprire il portellone dall’esterno.  L’unica era consentire loro l’accesso dall’interno.
 

Ormai erano passate più di due ore dall’ultimo contatto e tutti nella torre di controllo era quasi sfiniti dalla preoccupazione. Semir sembrava una tigre in gabbia e percorreva incessantemente avanti ed indietro la stanza mentre Laura e Andrea sedevano appartate con lo sguardo nel vuoto
“Perché non chiamiamo?” chiese Semir avvicinandosi a Klaus che continuava a guardare fuori dalle ampie vetrate “Perché non possiamo mostrarci deboli, l’unica è che ci chiamino loro e facciano le loro richieste…” Klaus era pallidissimo. “Procuratore perché non viene a sedersi un po’? Vuole  qualcosa da bere?” chiese Kim temendo che Klaus svenisse da un momento all’altro “No no sto bene, l’unica cos che voglio è  tirare fuori mio figlio da lì” mormorò lui con le lacrime agli occhi


Svetlana continuava a guardare agitata  la pista. Gli uomini dal canto loro erano sempre più nervosi. Senza i motori accesi l’aria all’interno stava diventando irrespirabile. “Madame… che facciamo?” chiese uno degli uomini  sudato ed ansimante
Svetlana pensò senza dire nulla “Va bene… accendi i  motori” disse all’improvviso al pilota.
Tutti la guardarono allibiti “Ma Madame…” fece il pilota spaventato
“Ho detto accendi i motori!!!” urlò Svetlana “Accendi i motori e inizia a muoverti!!” continuò  a gridare sempre più isterica
“Ma nonna… ci sono i mezzi sulla pista, non ci faranno decollare” intervenne Ben cercando di convincerla  
 “Non ti preoccupare caro, si sposteranno, ci sei tu su questo aereo, non  interverranno ci lasceranno partire. L’ho visto sai, qui fuori c’è anche tuo padre… lui non permetterà che ti succeda qualcosa, ti lascerà partire con me…”  gli rispose Svetlana sicura. “Accendi i motori!!” ordinò ancora al pilota

Ma  gli uomini  di Svetlana iniziarono a ribellarsi “Madame noi le siamo sempre stati fedeli, ma questa sua fissazione a tenersi il poliziotto…  scambiamolo con la nostra partenza…” disse concitato uno di loro “Tu sta’ zitto lurido verme!!” urlò ancora Svetlana “Madame, stavolta noi non possiamo seguirla, non possiamo decollare se non si spostano, moriremo tutti” fece un altro avvicinandosi minaccioso
Ma Svetlana fu più veloce strappò dalla fondina dell’uomo che le era accanto la pistola e la puntò verso quello che si stava avvicinando.
E poi sparò


Nella torre di controllo tutti erano in silenzio ormai.
Il capo della SEC guardava tutti con aria apparentemente neutra ma gli si leggeva in faccia il  pensiero “tanto prima o poi dovremo usare il gas… non c’è altra soluzione” All’improvviso in lontananza si udì un rumore secco; Semir e la Kruger spalancarono gli occhi capendo subito di cosa si trattava e subito la loro intuizione fu confermata.  Alla radio del capitano della SEC arrivò un messaggio gracchiante dagli uomini all’esterno “Capo c’è stato uno sparo… hanno sparato all’interno dell’aereo” disse la voce
“Oh mio Dio” urlò Laura balzando in piedi
“Ora dobbiamo intervenire con il gas Procuratore non c’è più tempo…” disse perentorio il capitano SEC
“No per favore no…” singhiozzò Laura rifugiandosi nelle braccia di Andrea
“Ok calma, calmiamoci tutti” intimò la Kruger che come al solito conservava freddezza. “Chiami l’aereo…” ordinò al controllore di volo seduto alla consolle


All’interno del piccolo aereo tutti guardavano scioccati il corpo dell’uomo disteso a terra con una grossa macchia di sangue sul petto che si allargava a vista d’occhio. Cautamente Ben si alzò dal suo posto e si inginocchiò  sentirgli il polso. Era morto.
“Questo è quello che succede quando mi disobbedite. Ricordate che a casa avete tutti una famiglia, sapete cosa succede loro se mi tradite, anche loro ci rimetterebbero la pelle. Se dobbiamo morire moriremo, meglio che finire in mani dei tedeschi” sibilò Svetlana
“Madame ci chiamano dalla torre di controllo…” “Dì loro che ora noi partiamo e che se non si tolgono dalla pista trascinerò mio nipote nella morte con me.” La voce della anziana donna era acuta e nessuno dubitava più della sua determinazione
“Madame dicono che prima di ogni cosa vogliono parlare con il poliziotto per sapere se sta bene…” Svetlana guardò Ben per alcuni momenti in silenzio, poi gli fece cenno di avvicinarsi al pilota e Ben prese la cuffia “Qui Jager” disse nel microfono


“Voglio parlare con il mio uomo, devo sapere se sta bene. E ci voglio parlare subito” disse Kim nel microfono al pilota Dopo alcuni secondi si sentì un voce familiare  “Sì qui Jager” A sentire la voce Semir strappò letteralmente  la cuffia dalle mani della Kruger “Ben, Dio sia ringraziato, stai bene??? Che sta succedendo?” Dall’altro lato si sentì chiaramente l’emozione del ragazzo “Semir!!! Sei vivo…” “Sì certo, dimmi come stai…” rispose il collega “Bene, sto bene.” Ben fece appena a tempo a rispondere che si sentì qualcuno che gli strappava la cuffia

“Bene ora l’avete sentito. Liberate la pista immediatamente. Klaus so che sei lì, fa’ liberare la pista. Hai cinque minuti.  Puoi scegliere o tuo figlio viene con me in Ucraina o viene con me all’altro mondo” urlò Svetlana chiudendo la conversazione

Tutti i presenti nella torre di controllo si guardarono. Laura aveva grossi lacrimoni che le scendevano sul volto, ma cercò di dominarsi e pensare razionalmente
“Procuratore se non vuole che l’ispettore Jager muoia o  che quella folle se la svigni non abbiamo altra scelta…” disse per  l’ennesima volt il capo della SEC
“Un momento…” intervenne Laura “Quello è un  tupolev  russo giusto?” chiese indicando l’aereo, colpita da una improvvisa illuminazione. “Sì certo” rispose il capitano  “Allora dovrebbe avere il portello di emergenza sotto il vano del motore posteriore, quello si apre dall’esterno” disse sicura la dottoressa. Tutti la guardarono stupiti “Lo so perché cinque anni fa durante un trasporto di medicinali l’aereo su cui ero fu costretto ad un atterraggio di emergenza in Sudan. Ci siamo salvati solo perchè qualcuno dall’esterno riuscì ad aprire quel portello. Dà direttamente nella stiva e poi ad una botola nella parte posteriore della cabina” continuò Laura

“Se è così possiamo entrare da lì e coglierli di sorpresa” disse ansiosa la Kruger “Sì ma ci vuole un diversivo” ragionò Semir
“A questo ci penso io” rispose sicuro Klaus
 

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Capitolo 18
*** A te la scelta ***


A te la scelta

Gli uomini della SEC si stavano preparando e controllavano con cura le loro armi e tutto l’equipaggiamento
“Capo… io vado con loro” bisbigliò Semir alla Kruger cercando di non farsi sentire da Andrea, seduta poco distante con Laura.
“Cosa? Ma non se ne parla proprio, ha un braccio inutilizzabile, è appena uscito da un ospedale… dove crede di andare?” rispose stupefatta ed arrabbiata “Capo io non mi fido di quella della SEC, si credono tutti dei superuomini, non esiterebbero a mettere in pericolo la vita di Ben pur di stanare quella gente…” continuò a bisbigliare Semir “E poi sono piccolo, entro meglio negli spazi  ristretti”  continuò cercando di sorridere. “Sì e cosa farà là fuori con tutta quella gente armata, lei che non può neppure sparare??” la Kruger aveva alzato il tono della voce e Andrea si era immediatamente insospettita. “Shhh,  capo la prego non facciamoci sentire da mia moglie. Io li seguo e mi assicuro solo che vada tutto bene, prendo Ben e lo porto qui, niente altro, non farò imprudenze….”
Semir stava sfoderando tutto il suo fascino da stallone turco, ma la Kruger non era facile  a  cedere “Ho detto no, Semir è pericoloso, lei non sta bene sarebbe solo di intralcio” rispose stizzita “ ”Tanto ci vado lo stesso e lei non può impedirmelo!” si inalberò Semir. Kim sapeva bene che quando faceva così Semir era irremovibile e niente o nessuno poteva fargli cambiare idea “Va bene ma lei resta dietro gli agenti e si limita a prendere Ben appena lo fanno uscire di lì, non entrerà nell’aereo, ci siamo capiti?” gli disse stringendo gli occhi “Ok  capo ci siamo intesi” rispose Semir allontanandosi di soppiatto nella speranza che Andrea non lo notasse.

Klaus indossò il microfono che il capo della SEC gli passò ma allontanò con un gesto il giubbotto antiproiettile che gli porgevano “No se mi vede con quello addosso si spaventa…” disse sicuro “Ma signor Procuratore è pericoloso…” Klaus non rispose nulla si limitò a guardarlo fisso con sguardo che non ammetteva repliche.
“Ok chiamatela” disse poi al controllore di volo Quando il tecnico  gli passò la cuffia si limitò a dire “Sono Klaus. Sto venendo lì e tu mi aprirai il portello, dobbiamo parlare”. Poi staccò la comunicazione senza attendere risposta e si avviò giù per le scale verso l’uscita.
 

Ormai albeggiava. Ben era ancora stordito e al tempo stesso quasi euforico, nonostante la situazione, per aver sentito la voce di Semir… era vivo, era vivo e se stava lì doveva stare anche ragionevolmente bene. Gli uomini di Svetlana  erano esausti per il caldo e la mancanza d’aria, ma lei era ancora ben vigile e lo guardava fisso . Continuava a chiedere al pilota se c’erano contatti con la torre e ad ogni risposta negativa diventava sempre più nervosa
Ben si decise a provare ancora una volta la carta della convinzione “Nonna…” chiamò “Sì dimmi caro”  rispose Svetlana con un sorriso “Nonna stammi a sentire non c’è via di uscita, perché non usciamo di qui, vedrai ti aiuterò io,  ti starò vicino….” Fece Ben cercando di apparire convincente “No caro non possiamo, ci dividerebbero, ti porterebbero via e noi dobbiamo stare sempre insieme, siamo  una famiglia nessuno ci può dividere”  rispose lei fissando nel vuoto. “Ma nonna non c’è altra possibilità… ti prego…” “Invece sì,  ti farò vedere, tuo  padre libererà la pista, anche lui capisce che tu devi stare con me…” la voce di Svetlana si stava facendo sempre più acuta “ Ma Madame -intervenne uno degli uomini lei- non può condannarci tutti a morte per una sua stupida fissazione”
Svetlana divenne quasi violacea “Voi farete quello che io dico… se sarà necessario morire, moriremo, sempre meglio che  finire  nelle mani  questi luridi capitalisti tedeschi, nelle loro prigioni!!!” urlò isterica. Poi puntò la pistola  contro gli uomini e  urlò al pilota  “Inizia a muoverti!!! “

Tutti nell’aereo si guardarono terrorizzati quando il pilota annunciò “Madame c’è la torre di controllo in linea… un certo Klaus”
Svetlana sempre tenendo la pistola spianata presa la cuffia. Dopo poco la porse di nuovo al pilota sorridendo “Visto? Te lo avevo detto, tuo padre sta venendo qui… ci lascerà partire” disse rivolta a Ben con un largo sorriso


 Andrea era seduta sulle scomode poltrone di plastica della sala di controllo accanto ad una agitatissima Laura “Andrea ti prego dimmi che andrà tutto bene” le disse la ragazza quasi supplicandola “Ma certo Laura andrà tutto benissimo, fra poco riavremo Ben qui con noi sano e salvo” le disse la donna con affetto materno. Con gli occhi cercava però il marito che sembrava sparito dalla stanza. Intuendo cosa stava per succedere Andrea si alzò e scese al piano di sotto giusto in tempo per vedere Semir che si avviava con la squadra della SEC verso l’uscita “Dove credi andare??” gli urlò dietro Semir tornò sui suoi passi e l’abbraccio “Devo andare Andrea, non posso non farlo” le disse senza che la moglie potesse replicare
 
 
Klaus si avvicina a passi lenti verso l’aereo. In quei momenti l’unica cosa che sperava era rivedere  Ben e portarlo via, poi di quello che sarebbe successo gli importava poco. La sua vita era comunque al termine.
Arrivò a pochi metri dall’aereo senza che dall’interno ci fossero segnali di alcun tipo. Si fermò a poca distanza dal portellone ed attese con le braccia alzate. Con la coda dell’occhio poteva vedere gli uomini della SEC che sgusciavano sotto l’aereo nella parte in cui non c’erano finestrini, per non essere visti.
Dopo minuti che gli parvero secoli, il portellone si aprì  e la scaletta scese automaticamente. Sempre a braccia alzate Kluas salì ed entrò nell’aereo. L’aria era irrespirabile e tutti erano sudati ed ansimanti
Klaus cercò subito con gli occhi Ben e quando lo vide non potè fare a meno di gioire dentro di sé. Era sul fondo dell’aereo e a parte un grosso livido sulla tempia ed il labbro spaccato pareva incolume.

Poi rivolse la sua attenzione a Svetlana. Era ancora molto bella nonostante l‘età e l’aria scompigliata. Klaus studiò attentamente le parole, notando la pistola  spianata che aveva in mano 
“Mamma,   devi far uscire Ben di qui….” disse con voce calma Negli occhi di  Svetlana passò un lampo di furore “Sei venuto qui per dirmi questo?? Vuoi che io lasci qui la mia famiglia? Tu hai fatto questo, tu l’hai abbandonato, io non farò lo stesso….” “Mamma  è necessario, verrò io con te, lascia andare lui….”
Svetlana gli sorrise ironica “Io e te siamo già vecchi Klaus, la famiglia ha bisogno di sangue giovane…lui  sarà il mio erede, sarà tutto suo e porterà avanti ciò che io ho costruito” gli disse socchiudendo gli occhi “Ora dai l’ordine di liberare la pista, dobbiamo partire, oppure moriremo tutti qui, staremo insieme in un modo o nell’altro…” continuò con voce gelida
Klaus  si rese conto che Svetlana era assolutamente decisa nella sua follia. E si decise ad usare l’arma del bluff e mentire. “Ben non è mio figlio mamma, lui è figlio di Konrad Jager”
 
 
Gli uomini della SEC procedevano silenziosi, seguiti a stretta distanza da Semir che cercava di essere veloce come loro ma aveva grandi difficoltà. Il braccio iniziava a fargli molto male, ma strinse i denti cercando di pensare che presto sarebbe finita e avrebbe rivisto Ben sano e salvo
Giunti sotto la  fusoliera aspettarono che Klaus salisse sulla scaletta ed entrasse nel portellone. Poi febbrilmente uno degli uomini vestiti in nero cercò l’accesso al portello e in breve lo trovò. Pochi minuti e fece cenno agli altri; subito dopo  il piccolo accesso si aprì e due degli ufficiali sparirono nella pancia dell’aereo.
 Semir si costrinse ad aspettare sotto la fusoliera mandando preghiere al cielo che tutto andasse bene
 
Svetlana rimase congelata alle parole di Klaus “Non è vero, stai mentendo!!” urlò  isterica “Lui è mio nipote!!” Ben approfittò della situazione per avvicinarsi a Klaus e a Svetlana
“Ci sono io, mamma, resterò io con te” disse Klaus cercando di calmarla mentre l’anziana donna  ondeggiava fra le mani tremanti la pistola

Poi successe tutto molto in fretta.
Con un piccolo tonfo  il sedile sul fondo dell’aereo si ribaltò e spuntò da una botola un uomo armato e vestito di nero che con un balzo fulmineo entrò completamente nella cabina, subito seguito da un altro “Polizia fermi tutti, incrociate le mani sulla testa!!!” urlarono
Klaus approfittò dell’effetto sorpresa e con un gesto improvviso fece cadere la pistola dalle mani di Svetlana. Ma nel fare ciò non si accorse dei due uomini che stavano vicino a Ben e che, appena videro entrare gli uomini armati della SEC, sfoderarono le loro pistole; uno di loro afferrò il ragazzo per il collo puntandogli l’arma alla tempia

“Fermi!! state fermi o l’ammazzo” urlò quello che puntava l’arma contro Ben
Tutti si congelarono  all’istante. “State lontani, abbassate le armi” continuò ad urlare l’uomo mentre nervosamente agitava la pistola puntata  su Ben
 “Ok ma state calmi” disse Klaus facendo segno agli altri di abbassare le armi I due si avviarono verso l’uscita “Vogliamo un’auto, portate qui un’auto e lasciatela qui davanti con le portiere aperte. Poi liberate la strada o vi ripeto l’ammazzo seduta stante”  urlò ancora l’uomo Klaus annuì verso l’uomo della SEC che riferì gli ordini al walkie-talkie che aveva con sé
 
Semir stava ancora aspettando sotto la fusoliera. Perché  ci mettevano tanto? Dall’esterno sentiva solo voci concitate  ma non riusciva a capire le parole
Poi vide arrivare un’auto  scura che si fermò poco distante con le portiere aperte “Che cazzo sta succedendo??” sibilò fra sé e sé.
Neppure il tempo di finire il pensiero che vide due uomini scendere a marcia indietro la scaletta. Uno di loro teneva Ben per il colletto della camicia e gli puntava una pistola alla tempia
“Merda” imprecò Semir facendosi più vicino e cercando di non farsi notare

La cosa fu fulminea
Mentre i due si avviavano a marcia indietro vero la macchina con Ben, Semir vide Svetlana precipitarsi giù dalla scaletta pistola in pugno, seguita da Kluas.
“Voi non porterete via mio nipote, è mio!!” urlò completamente folle. Senza dire nulla prese la mira tenendo la pistola con le mani nodose; sparò colpendo l’uomo che teneva Ben per il collo giusto in mezzo agli occhi. Semir non riuscì ad impedire a sé stesso di urlare spaventato.
L’uomo crollò a terra come una marionetta cui avevano spezzato i fili, mentre Ben si teneva le orecchie ancora intontito per il rumore del colpo.
Svetlana guardò Ben con occhi allucinati “Benjamin, vieni qui, vieni qui dalla nonna, ora ce ne andiamo” fece con voce infantile puntandogli però la pistola addosso. Ma Ben rimase immobile, con Klaus vicino a pochi metri di distanza.
 “Signora butti la pistola, è finita” ordinò la Kruger che nel  frattempo era arrivata con molti altri agenti vicino all’aereo
 “No!!! non è  finita, se non posso averlo con me, non lo avrà nessuno” disse mentre premeva il grilletto
Klaus vide come al rallentatore le dita nodose di Svetlana che premevano il grilletto.
 Non pensò a nulla, solo a spingere via Ben dalla linea di fuoco. Doveva salvare il suo unico figlio, non aveva altra scelta.
Gettò Ben a terra pochi istanti prima che la pallottola lo colpisse come un pugno enorme proprio in mezzo al petto.
Semir vide Svetlana sparare e per alcuni istanti il cuore si fermò. Poi di istinto si gettò sulla donna anziana e la buttò a terra, togliendole la pistola di mano mentre lei continuava ad urlare folle e senza più connessione con la realtà

Ben  si sentì spingere a terra con forza tale che per alcuni istanti rimase senza respiro e ad occhi chiusi. Quando riaprì gli occhi realizzò quello che era successo  e si mise in ginocchio. Accanto a lui immobile c’era Klaus. Sotto di lui si era già formata una grossa macchia di sangue.
“Oddio no!!” mormorò Ben mentre delicatamente girava Klaus e  lo prendeva fra le braccia tenendo la testa sulle ginocchia. Magicamente apparve accanto a lui Laura “Laura ma che….” ebbe appena il tempo di mormorare meravigliato, ma la ragazza era già impegnata ad esaminare la ferita “Chiamate una ambulanza” urlò Semir avvicinandosi anche lui.
Ma lo sguardo  triste che gli lanciò Laura fu più che eloquente
Ben cercò di mettersi in contatto con Klaus accarezzandogli i capelli ed il viso.  “Coraggio, ora arriva aiuto, andrà tutto bene, te la caverai” gli mormorò ma anche lui, dopo tanti anni in polizia, si  rendeva conto della situazione. Appena notò Svetlana che urlante veniva trascinata via in manette con gli altri uomini
Klaus aprì stancamente gli occhi e sorrise vedendo il viso di  Ben su di lui. Sentiva che le forze gli stavano venendo meno e cercò la mano del ragazzo stringendola  nella sua
“Non ti preoccupare Ben, va tutto bene, doveva andare così, e poi non andrà sprecato molto credimi…” disse con voce appena udibile “Te la caverai vedrai, basta che resti sveglio, devi restare sveglio” lo incitò Ben, ma Klaus gli fece uno stanco sorriso. Con la mano insanguinata  accarezzò la guancia di Ben
“Chiamami papà, ti prego fallo almeno una volta” chiese debole mentre  gli occhi iniziavano ad appannarsi
“Papà…” mormorò Ben, ma non fu sicuro che Klaus l’avesse sentito prima  che l’uomo chiudesse gli occhi e si accasciasse completamente fra le sue braccia.
*********************

Il funerale era affollatissimo. C’erano moltissime persone ed un mucchio di autorità, ma Ben pensò che in fondo era comunque un funerale solitario. Non c’era nessun parente stretto, almeno ufficialmente, vicino a quella tomba
Konrad aveva insistito per organizzare tutto lui e tenere anche l’orazione funebre. Parlò del valore della amicizia e di come questa  può passare anche attraverso periodi difficili, dell’eroismo e della generosità di Klaus e di quanto gli fosse grato per aver salvato suo figlio.
 Ma tutti erano un po’ annoiati, pensò Ben, nessuno provava reale affetto per Klaus, ad eccezione di Ben stesso e ora di Konrad.
Al termine tutti si allontanarono subito, i politici e le autorità non prima di aver rilasciato dichiarazioni alla tv presenti sull’eroismo  del procuratore e sulla necessità di un più efficace controllo sulla criminalità proveniente della ex Unione sovietica
Svetlana era stata  ricoverata in un manicomio criminale e tutti  i sui uomini erano finiti  in prigione. L’organizzazione criminale era stata completamente sgominata anche in Ucraina. Il nuovo Procuratore aveva patteggiato con Peter una pena lieve da scontare ai servizi sociali in  cambio della testimonianza.
Insomma era tutto a posto, ma Ben si sentiva a disagio mentre si allontanava dal piccolo cimitero, lo stesso dove era sepolta Beth, percorrendo il viale tenendo Laura per mano.  Non si erano detti molto da quando era tuto finito, avevano trascorso la maggior parte del tempo abbracciati e grati della presenza l’una dell’altro.
L’unica cosa di cui avevano discusso  e concordato era  che potevano decidere con calma “quando” sposarsi, perché sul “se” sposarsi era già tutto chiaro: lo avrebbero fatto

“Ispettore Jager… aspetti” Ben sentì una voce femminile che lo chiamava alle spalle  Era la segretaria di Klaus, che lo raggiunse trafelata. “Ispettore devo consegnarle questa” gli disse porgendogli una busta. Era indirizzata a lui e la grafia era di Klaus. “Alcuni giorni fa il Procuratore me l’ha data dicendomi di consegnarla a lei se gli succedeva qualcosa” disse triste la segretaria prima di salutare ed andare via

“Allora venite a casa nostra? Stiamo un po’ insieme? Le bambine vogliono stare con lo zio Ben…” chiese Semir, che li seguiva poco distante sul viale, vedendo l’espressione di Ben.  Aveva ancora il braccio fasciato e appeso al collo, ma l’aspetto era molto migliorato
“Certo” rispose il socio con aria triste. “Ehi stai bene?” chiese preoccupato  Semir prendendolo in disparte “Sì ma Klaus ha lasciato questa…” disse il ragazzo mostrandogli la lettera “ E non la leggi?” chiese ancora Semir intuendo il tormento dell’amico “Non lo so” disse Ben  Forse aveva paura di quello che c’era scritto.

Dopo cena Ben si sedette  sul divano del salotto di casa Gerkan  Fuori si udivano le risate felici della bambine che giocavano con Semir e Laura a nascondino mentre Andrea stava in cucina a preparare il caffè
Ben tirò fuori la lettera di Klaus dalla tasca e dopo averla guardata a lungo si decisa ad aprirla. Dentro c’erano un foglio ed altre due buste chiuse. Ben con le mani leggermente tremanti aprì il foglio

Caro Ben
avrei voluto scrivere caro figlio mio, ma  mi  è sembrato inopportuno, anche se tu sei questo per me: mio figlio.
Se stai leggendo questa lettera allora io non ci sono più. In un modo e nell’altro sono morto, ma che questo sarebbe successo presto lo sapevo  da molti mesi.  Ti avranno detto che non mi restava molto da vivere, ma di questa circostanza non me ne sono fatto un problema, credimi, avrei solo aver avuto più tempo con te.
Quando sai di dover morire inizi a ripensare alla tua vita e alle cose fatte e soprattutto a quelle che avresti potuto fare. L’unica cosa di cui mi sono pentito è non aver lottato per te. Ho cercato l’alibi  di averlo fatto per il tuo bene e vedendo la tua vita, l’uomo che sei  diventato,  mi sono anche convinto di aver fatto la scelta giusta. Ma in fondo né io né Konrad avevamo il diritto di decidere al posto tuo; spetta unicamente  te decidere, hai il diritto di conoscere, se vuoi,  la verità. Oppure di scegliere tu  chi considerare tuo padre a prescindere  dalla semplice genetica.
Quando ti ho incontrato per la prima volta, quando ti ho visto era già sicuro che tu fossi mio figlio,  lo sapevo prima e l’ho saputo dopo nel mio cuore
 Ma, come ti ho detto, tu hai il diritto di conoscere la verità oggettiva. Così ho fatto  prelevare dalla tazzina da cui avevi bevuto il dna. Allegata troverai la busta con il risultato delle analisi. Come vedi non l’ho aperta, perché  in questo Konrad ha ragione; nessuna analisi clinica potrà dimostrarmi che io non sono tuo padre. A te la scelta.
Nell’altra busta c’è il mio testamento. Potevo lasciarti tutto, come era giusto, ma ti conosco, conosco li tuo disprezzo per il denaro ed in fondo il mio non ti serve neppure. E così ho deciso che qualcosa di giusto da quello che ho costruito in una vita solitaria poteva nascere; l’unica beneficiaria come potrai leggere è l’associazione no profit di Laura. Potrà così continuare le sue ricerche mediche e salvare vite.
 E’ una ragazza splendida, sposala figlio mio, non farle mai mancare il tuo amore, e se necessario lotta per lei. L’amore e la famiglia sono l’unica cosa che veramente conta nella vita.
E non essere mai triste per me. In fondo anche se per poco tempo  ho avuto quello che avevo sempre desiderato ed è molto di più di quello che tanti altri hanno avuto.
Con amore
                                                                                  Klaus  
 

Ben rimase per molti minuti in silenzio rigirando la busta con il risultato delle analisi fra le mani. La tentazione di aprirla era forte, ma davanti agli occhi gli passavano le immagini della sua infanzia. Stranamente non gli tornarono in mente quelle dei litigi o delle sfuriate con il padre, ma solo quelle  dei momenti felici, le gite al lago, le vacanze in Italia, il Natale. E si rese conto che in fondo erano molti quei momenti belli
“Quello che conta è l’amore” aveva scritto  Klaus.
E Ben prese la sua decisione. Si  alzò e prese dalla scrivania  l’accendino, poi bruciò la  busta con il risultato delle analisi nel posacenere.
Rimase a guardare  la busta bruciare sino a che  Laura  non lo richiamò “Ben, c’è Konrad al telefono”  gli disse porgendogli il cellulare
“Ciao papà dimmi….” rispose Ben
                                                                                                   FINE

Allora questa lunga storia è finalmente finita. Stavolta il ringraziamento per chi è riuscito ad arrivare sino in fondo è doppio, vista la lunghezza dei capitoli e della storia in sé Un ringraziamento particolare va alle mie ormai fedeli amiche e consigliere Laura, Iuccy, Sophie e Djaly che imperterrite continuano a recensire le sciocchezze che scrivo.. Grazie a alla prossima

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