The Orange Room.

di Loreparda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Typical Average. ***
Capitolo 2: *** I Love You. ***
Capitolo 3: *** Moody Ballad Of Ed. ***
Capitolo 4: *** Addicted. ***
Capitolo 5: *** Misery. ***



Capitolo 1
*** Typical Average. ***


TYPICAL AVERAGE.

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A volte, anzi spesso, mi chiedevo perché gli altri non capissero.
Tutti si aspettavano qualcosa in più da me, ma io ero semplicemente un adolescente con una chitarra in mano che voleva ubriacarsi la sera.
«È normale che la gente abbia delle aspettative su di te, Ed.»
La ragazza che mi stava parlando si chiamava Adele, l’avevo appena conosciuta e già mi sembrava fantastica, con i suoi capelli neri e i suoi occhi verdi.
«Ho paura di deluderli, io mi sento un tipico adolescente, scontroso, lunatico e incazzato con tutti.»
La guardai, lei sorrideva, era così bella quando lo faceva.
«Secondo te cosa dovrei fare?» le chiesi.
Lei, per tutta risposta, prese il bicchierino di vodka che aveva davanti e lo buttò giù in un solo colpo.
Le sorrisi a mia volta e la imitai.
Pochi bicchieri dopo, avevo la mente annebbiata e Adele stava ridendo come una matta.
«Siamo adolescenti!» urlò alzando il bicchiere, la gente del bar aveva iniziato a guardarci male ma, dato che la maggior parte erano ragazzi ubriachi quanto noi, non avrebbero ricordato molto.
«Sai che ti dico? Che non sto capendo più nulla. Sono così ubriaco che potrei anche baciarti.»
Ero totalmente fuori, sapevo che lo era anche lei e, se da una parte la cosa era eccitante, dall’altra mi spaventava.
Lei rise ancora di più si alzò e iniziò a ballare, anche se la musica non c’era, io mi alzai e danzai con lei.
Il gestore del bar, un tipo troppo irascibile a mio parere, ci buttò fuori e ci disse di non tornare fino a quando non avessimo smaltito la sbornia.
«E adesso dove andiamo?» chiesi ad Adele, nonostante non me ne importasse, per quello che valeva saremmo potuti rimanere lì per sempre.
«Vieni con me.» mi rispose lei ridendo.
Mi trascinò per un braccio e mi portò dietro al bar, dove c’era una casa di legno in rovina: lei aprì la porta cigolante ed entrò, io la seguii.
Dentro la casa c’era di tutto e di più, da alcuni vecchi utensili per cucinare rotti, ad un divano sfondato e un lavandino in cui era incrostato lo sporco.
A terra c’era anche una vecchia chitarra, la misi al collo e picchiettai dolcemente le corde.
«Le corde sono arrugginite ed è un po’ scordata, ma credo possa andare.»
Cercai di sistemarla come potevo, poi iniziai a suonare per Adele.
Lei mi guardava dal divano, con i suoi grandi occhi verdi, in religioso silenzio e un’espressione meravigliata in faccia.
«Non sapevo suonassi la chitarra.» mi disse.
«Beh, più che altro ci provo.» le risposi piuttosto imbarazzato.
«Gli adolescenti che conosco io non sono così bravi.»
«La maggior parte dei miei amici mi odia e non si fida di me, questo è l’unico modo che ho per sfogarmi.»
Non era bello ammettere di essere lo sfigato del gruppo, ma con lei volevo essere sincero.
«Come mai non si fidano di te?» mi chiese lei curiosa.
«Non lo so, probabilmente perché tutti cercano di essere qualcun altro rispetto a quello che sono, s’inventano storie sul loro conto… Io invece sono il solito rosso sfigato che non ha nulla di speciale. Sono un normalissimo adolescente e non ho intenzione di mentire su questo fatto.»
Dopo quelle parole, lei si avvicinò a me e posò delicatamente le sue labbra sulle mie.
Quello fu l’inizio della nostra storia d’amore.


WRITERS' CORNER.
Salve a tutti!
Ecco una nuova raccolta basata sulle cinque canzoni
che compongono l'EP "The Orange Room" di Ed Sheeran.
Oltre a lui, compariranno altri personaggi (in particolare Adele)
che sono frutto della nostra fantasia.
Sì, mia e di 
GingerHair_, perchè la storia
è scritta a quattro mani e pubblicata in entrambi gli account.
Aggiornamento ogni sabato!

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Capitolo 2
*** I Love You. ***


I LOVE YOU.
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Le foglie secche dalle sfumature calde, in precedenza attaccate sui rami sfogli degli alberi attigui, scricchiolarono sotto le sue bianche converse consumate e sporche.
Avanzò di alcuni passi verso una direzione sconosciuta, seguendo un tragitto senza meta che percorreva da circa un’ora, allo scopo di scaricare la tensione dal suo corpo al terreno sottostante.
Fissò il quadrante dell’orologio che portava al polso, individuando la posizione delle lancette delle ore e dei minuti, e le scorse in modo da segnare le diciannove e cinquantacinque minuti.
Sospirando, interruppe la camminata e si sedette su una liscia pietra nera all’ombra di una quercia, nonostante il sole autunnale stesse già tramontato portando con sé i suoi tiepidi raggi luminosi.
Estrasse dalla tasca una cartina e adagiò su di essa una noce di tabacco, arrotolandola e aggiungendo dall’estremità destra il filtro.
Con gesti esperti accese la sigaretta servendosi dell’ausilio di un accendino, non prima di aver passato la lingua umida sulla striscia di colla per fissarla al meglio.
Il fumo gli annebbiò la mente e gli provocò una tale sensazione di piacere che sciolse i suoi muscoli contratti dal nervosismo: mancavano ancora cinque minuti all’orario dell’appuntamento, Adele si sarebbe presentata.
 
Alcuni chilometri più in là, anche una ragazza era impegnata a misurare il tempo.
Lei, però, tra le mani reggeva un calendario, su cui alcune caselle erano contrassegnate da una croce; trenta era il numero dei quadretti marcati con un pennarello nero e corrispondeva alla quantità di giorni trascorsi dalla sera al locale.
Adele ripose l’agenda sulla scrivania e sfiorò con un gesto quasi automatico il display del suo cellulare, che s’illuminò mostrando un messaggio non ancora visualizzato: “Devo parlarti: vediamoci alle venti al solito posto. - Ed” recitava.
La giovane osservò l’orologio da parete appeso di fianco alla libreria, colma di capolavori, che indicava le diciannove e cinquantacinque.
Per l’intero pomeriggio era rimasta raggomitolata sul letto, avvolta nella coperta leggera, sognando Ed e imponendosi di trovare le parole giuste, ma era arrivato il momento di reagire, mettere da parte i suoi timori e correre a prendere l’ultimo treno, al fine di confessargli ciò che attanagliava la sua anima.
 
Alla prima sigaretta, che giaceva ora solitaria sul prato di foglie, ne seguirono altre, mentre le lancette dello Swatch trasparente comprato da un venditore ambulante continuavano a progredire ininterrottamente.
Il cielo, invece, aveva assunto una colorazione scura che si era sostituita a quella rossiccia simile ai capelli del suo spettatore solitario, ma egli continuò a sperare ad attendere l’arrivo della fidanzata oltre l’orario concordato.
All’improvviso udì dei fruscii e si girò sorridente, sorriso che mutò in una smorfia di delusione quando apprese che a produrre il rumore era stato un piccolo animale.
 
Adele aumentò l’andatura, passando da passi rapidi a una corsa, i capelli legati in una coda spettinata con dei ciuffi cadenti sul volto e il sudore che sgorgava sulla fronte pallida, e rallentò soltanto quando intravide una figura familiare dal volto simile a quello di un bambino triste cui era stato negato il dolce preferito.
 
Ed udì di nuovo un rumore alle sue spalle, ma questa volta non si affaticò a capirne la causa, sicuro che si trattasse di un’altra bestia, fintantoché sentì una voce: «Ed?»
I muscoli tesi, il fiato corto, il cuore dai battiti accelerati, riuscì a rispondere: «Adele?
«Sì.» Confermò lei.
«Io…» Dissero entrambi, sorridendo poi imbarazzanti e concedendo sempre insieme: «Prima tu.»
«Ascoltami.» Si fece coraggio il rosso, monopolizzando la conversazione. «Ho preparato decine, centinaia, migliaia di frasi romantiche, ma adesso mi vengono in mente solo tre parole.»
«Tre parole?» Si stupì la mora.
«Io ti amo.» Mormorò sottovoce lui, intimidito dal sentimento comunemente identificato come amore che lo investiva come uno tsunami.
«Cosa?» Domandò lei, temendo che si trattasse di uno scherzo della sua immaginazione, frutto dei troppi libri sentimentali che leggeva la notte quando non riusciva a dormire.
«Io ti amo, io ti amo, io ti amo.» Ripeté Ed con tono crescente, convinto, per sentirsi rispondere: «Ti amo anch’io.»
Non era una scena da film, erano sommersi da foglie e non da fiori profumati e colorati, ma tutto ciò di cui avevano bisogno erano quelle tre parole: un bacio voglioso sigillò le confessioni.

 

WRITERS' CORNER.
Aggiornamento settimanale!
Io e 
GingerHair_ ringraziamo le 7 persone che hanno recensito
e le 7 che hanno ricordato/preferito il primo capitolo.
Ovviamente, mi riferisco a questo account, 
perchè la storia è pubblicata su entrambi.
A sabato!

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Capitolo 3
*** Moody Ballad Of Ed. ***


MOODY BALLAD OF ED.

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«Ti sta usando, Ed, lei non ti ama veramente.»
Queste furono le parole che mi disse la prima volta che la conobbe.
Decisi di non darle molto peso, lo diceva solo perché non la conosceva.
«Adele ti ha tradito.» mi disse lei, guardandomi negli occhi. 
In quel momento mi sentivo come se stessi per svenire, non potevo crederci, la mia Adele aveva fatto una cosa simile?
«C-come lo sai?» le chiesi balbettando.
Lei mi rispose che l'aveva vista mentre si faceva il mio migliore amico in un’aula vuota della nostra scuola.
Andai da Adele furioso e le chiesi come avesse potuto farmi una cosa del genere.
Io l'amavo, la amavo come nessun'altra e lei mi aveva tradito.
Le urlai cose spiacevoli, mentre i suoi occhi mi guardavano senza capire.
La sera mi ubriacai con la mia migliore amica, affogando sempre i miei problemi nell'alcool.
«Devo confessarti una cosa.» ammise lei con tono colpevole, segno che qualsiasi cosa volesse dirmi non era di certo positiva.
Fece un respiro profondo, poi parlò.
«Non posso vederti ridotto così, per cui è arrivata l'ora che ti dica la verità: Adele non ha fatto nulla di male, mi sono inventata tutto io.» Si morse il labbro, come se si aspettasse un rimprovero da parte mia.
La verità, però, era che io non riuscivo a parlare, avevo solo un pensiero in testa: “Adele non mi ha mai tradito”, questo mi riempiva di allegria.
Poi venne la seconda fase, quella in cui mi accorsi di chi era la colpa di tutto: della mia infelicità, della mia voglia di bere, del mio pessimo comportamento... Era tutta colpa sua.
E io mi fidavo ciecamente di lei, ecco perché non avevo mai pensato di verificate le sue accuse, le volevo troppo bene per poter credere che fosse capace di una cosa simile.
«Perché l’hai fatto?» La mia sbronza sembrava passata, ora l’unica cosa che volevo conoscere erano le sue intenzioni.
«Mi dispiace così tanto! » esclamò, scoppiando a piangere.
Mi limitai a guardarla con freddezza, sicuro del fatto che avrei tagliato tutti i ponti con lei.
«Andiamo, asciugati gli occhi.» Le porsi un fazzoletto e lei si soffiò il naso.
«L’ho fatto perché ti voglio bene, Ed, perché lei è cattiva e tu non te ne rendi conto…»
«Basta cazzate!» la interruppi bruscamente «Voglio la verità, mi hai spezzato il cuore. Eri la mia migliore amica, mi fidavo totalmente di te; ora pretendo di sapere le tue vere intenzioni!» urlai.
«Non fare lo sciocco, io ci sono sempre stata per te.» cercò di farmi ragionare lei, ma era tutto inutile.
«Non mi lascerai mai, sei stata la mia prima migliore amica, non ti potrò scordare, ci sarei sempre dentro di me, anche se ormai non vali più nulla.» Non potevo mentirle, lei era stata sempre una parte importante di me, dopotutto.
«Io ti voglio bene! Non troverai un’altra come me!» Ora stava urlando anche lei.
«Cosa ti aspettavi? Che ti perdonassi? Che ti pregassi di continuare?Mi hai spezzato il cuore, non voglio più vederti.» Mi passai una mano fra i capelli e andai a prendere la mia giacca.
«È finita, non aspettarti che torni più da te.» aggiunsi uscendo.
«Ed, non puoi ignorarmi così.» mi pregò lei, aggrappandosi ad un mio braccio nel tentativo di trattenermi.
Io rifiutai quel contatto, avendo la sensazione che la sua mano poggiata sul mio corpo scottasse.
«Cancella il mio numero, non ti servirà più in futuro.»


WRITERS' CORNER.
Aggiornamento settimanale!
Io e  
GingerHair_ ringraziamo le 6 persone che hanno recensito il secondo capitolo
e quelle che hanno aggiunto la raccolta alle seguite/preferite/ricordate.
A sabato!

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Capitolo 4
*** Addicted. ***


ADDICTED.
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Gemiti di piacere echeggiavano al di là di una porta in legno di acero, dove una donna svestita stringeva le proprie gambe attorno alla vita di un uomo altrettanto denudato.
I due, schiavi dell’erotismo, non udirono né il rumore pesante dei passi di un ragazzo oltre la soglia né uno più lieve - quello del cuore spezzato dell’osservatore.
Quest’ultimo, silenzioso, fuggì via dopo aver scoperto la sua ragazza e il suo migliore amico impegnati in giochi carnali.
Intravista un’ombra allontanarsi, l’uomo scostò le sue labbra, occupate a ricoprire di baci avidi la pelle della donna, e le comunicò: «Adele, c’era qualcuno fuori.».
 
Ed entrò rapido nella sua stanza, si piegò - le ginocchia a sostenerlo sulle fredde mattonelle di terracotta - ed infilò la testa sotto il letto, da cui riemerse stringendo una valigia di piccole dimensioni.
La sollevò, poggiandola sul letto disfatto, ed iniziò a raccattare i suoi effetti personali sparsi qua e là tra la camera da letto e l’essenziale bagno annesso: alcuni maglioni ed un numero equivalente di paia di jeans, banchiera intima maschile, uno spazzolino ed un pettine dai denti larghi indicato per i suoi crespi cappelli color carota, l’immancabile chitarra classica compagna di relazioni complicati e notti insonni.
Da un quaderno contenente i suoi scritti, abbozzi di canzoni che nessuno avrebbe mai ascoltato, cadde una fotografia e si curvò in avanti a raccoglierla, notando così i due soggetti raffigurati in primo piano.
Osservò l’istantanea che ritraeva lui ed Adele durante una sera primaverile, ed il ricordo di quei momenti riaffiorò nella sua mente, sovrapponendosi a quello più vivido e recente del tradimento.
 
«Gioca con me.» Insistette per l’ennesima volta una ragazza dai lunghi capelli neri, sciolti sulle spalle e mossi dalla brezza.
Il ragazzo dai corti capelli rossi, cedette alle suppliche e al labbro inferiore sporto in avanti che le dava un’aria tanto infantile quanto sensuale, e si lasciò trascinare sull’erba verde del prato.
I due strinsero entrambi il filo trasparente di un oggetto a forma di rombo colorato e lo osservarono volare nel cielo tetro, attraversare le nuvole ed immaginando che raggiungesse la luna e le stelle.
Unirono poi le loro labbra in un unico bacio, perdendosi a vicenda negli occhi chiari dell’altro ed ebbero la sensazione che di aver trovato lei il suo marte e lui la sua venere.
Persi nelle loro emozioni, però, allentarono la presa sulla corda che sosteneva l’aquilone ed esso volò via, alto e libero.
 
Subito assunse nuovamente una posizione eretta, consapevole di aver sopportato troppo e prendendo la decisione di non piegarsi più davanti a lei o a cedere al suo tocco, per quanto delicato e consolatorio fosse.
Come quell’aquilone: era così che si sentiva Ed in quel momento, mentre, nell’intimità del luogo, si arrese alle lacrime che gli offuscavano la vista bramando di scendere e liberarlo dal peso della delusione e della vergogna.
Aveva la possibilità di andarsene prima che lei tornasse a casa ed essere libero.
Libero dalle sue bugie, libero dalle sue pretese, libero dalle sue vanità, libero da lei.
Ma una parte di lui, quella che di lei era innamorato, sperava che lei arrivasse in tempo per impedirglielo.

WRITER'S CORNER.
Aggiornamento anticipato!
Aggiungere questo capitolo è stato quasi impossibile, causa il nuovo editor.
Ringrazio le 6 persone che hanno recensito lo scorso capitolo, quelle che hanno seguito/ricordato/preferito la storia e la mia co-scrittrice per la pazienza.

Sabato l'ultimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Misery. ***


MISERY.
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Una chiave arrugginita, girata con urgenza a sigillare una porta malandata, produsse un rumore sordo che echeggiò alle mie spalle.
Scossi la testa udendo quel suono a me oramai familiare e procedetti apparentemente incurante lungo la strada tortuosa.
Le mie scarpe - consumate per i troppi passi - continuarono a premere ad intervalli regolari sull’asfalto, che era andato trasformandosi da pulito a sporco di bottiglie vuote, sigarette fumate e preservativi usati, segnando così l’evidente confine tra città e periferia.
In qualsiasi via, corso o piazza, però, aleggiava quella sinfonia, creata da serrature e da lucchetti - chiusi allo scopo di costruire una barriera di protezione da me - che costituiva un sottofondo poco piacevole alla mia corsa.
Ma qualcosa appesantiva quella fuga verso l’ignoto, un peso diverso da quello fisico del mio corpo o dei miei indumenti.
Sapevo che non mi sarei dovuto fidare di lei, che non mi sarei dovuto fidare di nessuno.
Non era di certo un caso se tutti mi evitano, ma credevo che lei fosse diversa e che non avesse pregiudizi come tutti gli altri.
In quel momento, mi sentivo così tradito dentro da non avere voglia nemmeno di bere o di fumare e tutto ciò era parecchio strano.
Sapevo che lei mi tradiva carnalmente, che non poteva resistere all’eros e alla passione, ma non mi ero mai sentito veramente tradito per quello.
Intendevo il tradimento come un qualcosa di più che una sveltina a letto: per me il tradimento era quando non c’era più fiducia nell’altra persona, quando si cambiava tanto da non riconoscersi più.
Ecco perché avevo perdonato tutti i vizi di Adele, ma quella volta non l’avrei fatto, non ci sarei riuscito.
Non era più la ragazza che voleva che le suonassi la chitarra per dopo baciarmi, ora era diventata come tutti quelli che cercavano di evitarmi: scontrosa, dura, fredda.
Non era più la persona che avevo conosciuto, a questo punto non sapevo nemmeno se avesse una personalità del tutto sua o se si fosse omologata agli altri.
Sembravano passati anni da quella volta che mi aveva detto “io ti amo” e ormai non le credevo più.
«Sei cambiato, Ed.» Era vicina a me, eppure era lontana, non eravamo mai stati distanti come in quel momento.
«Non sono io ad essere cambiato, sei tu. Dov’è finita la ragazza a cui non importava nulla degli altri?» Pensavo di essere triste per quella che - ne ero certo - sarebbe stata la conversazione che avrebbe decretato la fine del nostro rapporto, eppure la mia voce era calma e tranquilla. O forse mi ero abituato tanto all’idea da non farci più caso.
Lei scrollò le spalle e non rispose alla mia domanda. «Forse avresti dovuto dare ascolto alla tua migliore amica, tempo fa, quando ti disse che non ero adatta a te.»
Uno spasmo di rabbia mi fece contrarre la mascella.
«Basta parlare di me, siamo qui per te! Stiamo discutendo del fatto che sei così falsa che le tue parole suonano a vuoto.» Sputai fuori le ultime parole come se mi bruciassero da qualche tempo sulla punta della lingua.
«È questo ciò che pensi di me?» Mi chiese lei.
«Sì.» Le risposi convinto.
«Allora forse non sei tu che dovresti fare l’offeso.» Mi rimproverò.
«Sai, mi sembri come un pesce rosso, loro non hanno la memoria. Non ricordano tutto ciò che ho dovuto sopportare per causa tua, tutto ciò che ho fatto per te, ma probabilmente non te ne importa niente. Addio, Adele.» Le accarezzai il viso con la punta delle dita e lei mi guardò negli occhi: le pupille erano dilatate e avevano inghiottito quasi tutto il verde, come la gente aveva inghiottito la mia Adele.
La guardai e seppi che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo facevo: con questa si chiudeva un capitolo della mia vita e se ne apriva un altro totalmente nuovo.
E così mi ero ritrovato di nuovo a camminare - anzi correre - per fuggire dai pregiudizi, da lei e, soprattutto, da me.
WRITERS' CORNER.
Ultimo capitolo!
Ringrazio le 3 persone che hanno recensito il capitolo precendete
e tutti coloro che hanno seguito/ricordato/preferito la raccolta.
Un ringraziamento speciale a GingerHair_, mia co-scrittrice,
con la quale spero di creare un sequel. <3

Alla prossima!

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