Megan Black

di Budicca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The big bang ***
Capitolo 2: *** Crash ***
Capitolo 3: *** hospital ***
Capitolo 4: *** Reborn ***
Capitolo 5: *** The beginning of the end ***
Capitolo 6: *** Fresh start ***
Capitolo 7: *** Collaps ***
Capitolo 8: *** Back to black ***



Capitolo 1
*** The big bang ***


Un turbinio di vento la avvolge, poi un rumore, un battito d'ali.
Delle braccia la stringono, vede delle enormi ali bianche sbattere, allunga la mano, immagina quanto siano soffici e leggere, speciali.
Tende il braccio e allunga le dita più che può fino a sfiorarle e poi tutto si ferma.
Il rumore della sveglia le rimbombava nelle orecchie, fastidioso e persistente allungò e schiacciò il pulsante per far cessare quell'insopportabile allarme .
Una chioma di capelli neri spuntò dalle coperte. Quell'ondata di capelli contornavano un viso ancora colmo di sonno e disorientato.
-Megan svegliati-
La ragazza si mise seduta sul letto e con gli occhi semi chiusi, ancora gonfi per il sonno cercò le ciabatte con i piedi, la sensazione del pavimento freddo la fece rabbrividire  fino a che non incontrò il calore del pelo delle sue ciabatte marroni.
Issandosi sulle braccia si alzò in piedi, sentiva il freddo scorrerle nelle ossa.
Rabbrividì e si strinse nella vestaglia di lana e scese le scale lentamente.
-ti devi ancora vestire!?- disse puntando il dito contro il pigiama che indossava, composto da una vecchia canottiera grigia e un paio di boxer verdi.
-mi faccio una doccia prima- fece Megan. Prese una brioche dal tavolo e se la mise in bocca, si versò del te e salì le scale, il rumore di un tuono riempì la casa. Accese l'aqua per riempire la vasca.
Megan si mise davanti allo specchio osservandosi accuratamente: i suoi grandi occhi verdi erano quasi sproporzionato rispetto al suo viso ambrato, aveva un anello al naso su cui spesso si incastravano i lunghissimi capelli corvini che le ricadevano con un'onda morbida giù per la schiena, si sfilò i vestiti e si diresse verso la vasca da bagno, affondò un piede in acqua, tutto il resto del corpo lo seguì, si lasciò scivolare facendosi avvolgere dal tepore, prese la tazza di te e ne bevve un sorso, questo le scese caldo giù per la gola.
Finito il bagno si rivestì, si truccò con un filo di matita e si infilò una felpa giusto per accontentare sua mamma.
 -Megan scendi c'è Chad- le urlò sua madre, la ragazza prese al volo la sua bosa preferita e volò giù dalle scale. -A che ora tornerai?- chiese la madre, -non lo so, dopo pranzo- rispose la figlia - ricorda che sta sera c'è la cena per il compleanno di tua sorella- disse la donna -ti prometto che non farò tardi- fece stampandole un bacio sulla guancia e sorridendole.
-ci vediamo dopo- le urlò mentre correva verso la macchina di Chad sorridendo e salutando con una mano, la madre le sorrise e richiuse la porta di casa.
-hei splendore- le diede un bacio sulle labbra -andiamo a prendere gli altri e ce ne andiamo alla spiaggia allora!?- domandò, Mengan annuì.
Passarono a prendere alcuni amici e guidarono fino alla spiaggia più vicina, il sole le baciava la pelle e bruciava, mentre il vento le spettinava i capelli, la faceva sentire libera, sorrideva assaporando ogni singolo attimo. -hei dammi un bacio- face Chad -ma stai guidando- ribattè -che te ne frega- la ragazza gli si avvicinò e cominciò a baciarlo con passione, le loro labbra si intrecciavano e le loro lingue si sfioravano - Chad guarda la strada- urlò Vicki, il ragazzo si staccò da Megan e guardò la strada -state tranquilli- rise il ragazzo.
In poco tempo raggiunsero il mare, le onde si infrangevano sulla spiaggia, Megan, le sue amiche e i suoi amici fecero il bagno e presero il sole.
I capelli castani di Chad erano spettinati dal vento, a Megan piaceva tutto di lui, le sue lentiggini, il suo naso all'insù, i suoi occhi cerulei -sono felice di essere qui con te- disse Megan stesa sulla spiaggia accanto a Chad -anche io, voglio aprofittare di questo momento per chiederti una cosa- si mise seduto, Megan lo imitò.
Il ragazzo si mise una mano nella tasca e le porse una scatolina, Megan la aprì, all'interno c'era un anello -Megan Black mi vuoi sposare?- la domanda era spiazzante -io, io ho solo sedici anni- ribattè -non dobbiamo sposarci adesso, possiamo farlo quando avrai finito la scuola- la ragazza sorrise -allora si- si baciarono.
- su ti riporto a casa comincia già a fare buio- sorrise -hei ragazzi ce ne andiamo- urlò agli altri.
Quando tutti furono in macchina Chad la mise in moto e s'immise nella stada principale. A metà strada, quando tutti erano quasi addormentati Chad prese a spingere sull'accelleratore -Chad fermati che stai facendo- lo rimproverò Ruben - su, di che hai paura? ci divertiamo un pò caga sotto- rise il ragazzo, alzò il volume della radio che passava the big bang di rock mafia.
In un attimo tutto era diventato surreale, Chad aveva perso il contollo della macchina che era scivolata orizzontalmente in avanti, un camion correva a tutta birra e lo scontro fu inevitabile, Chad guardò il muso del camion arrivare contro l'auto e barrò gli occhi. Megan urlò con tutto il fiato che aveva in gola, gli ultimi rumori che sentì furono quelli delle ruote che slittavano sull'asfalto, l'ultimo disperato tentativo del camionista di bloccare la sua corsa, poi luce, una luce calda e rassicurante.

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Capitolo 2
*** Crash ***


Image and video hosting by TinyPic A poco a poco i rumori sebbene ovattati riaffioravano, i rimori dell'ambilanza, Rufus che urlava il suo nome e un ronzio che faceva da sottofondo al tutto. Non riusciva a muovere un muscolo e provava un dolore lancinante ovunque.
Aprì gli occhi e il secondo dipo si pentì di averlo fatto. Il sangue era ovunque, Chad aveva il viso rivolto verso di lei e una lacrima era come congelata sulla sua guancia, gli occhi fissi su di lei, ora senza alcna espressione, una spranga di ferro gli trapassava il petto.
I suoi occhi si riempirono di lacrime, si voltò verso Rufus che piangeva, tutto ad un tratto il ragazzo si fece da parte per fare spazio a degli infermieri che la presero con delicatezza e la poggiarono a terra. Mentre la spostavano il suo sguardo cadde sul sedile posteriore della macchina dove stava Vicki, anche quello completamente insanguinato. Le lacrime le presero a scendere come l'acqua da una cascata.
-é mia figlia! Vicki!- Vivien, la madre di Vicki urlava mentre trasportavano il corpo senza vita della figlia fuori dall'auto -per lei non c'è nulla da fare- dichiarò l'uomo, la donna cadde a terra e abbracciò la figlia urlando il suo nome.
Nel vedere quelle scene di disperazione la sua situazione sembrava la meno grave assieme a quella di Rufus, loro ancora respiravano, anche se avrebbe tanto voluto non fosse così, avrebbe voluto essere con Chad, se lui era dovuto andarsene perchè lei era ancora lì, non era giusto.
Le lacrime le scendevono silenziose sul volto, il dolore, sia fisico che mentale, era così forte  che non aveva nemmeno la forza di singhiozzare.
Il suo sangue era sparso ovunque, volse la testa verso l'ambulanza, un ragazzo stava in piedi, la fissava con il volto inespressivo, ma che nascondeva dolore immenso, era pallido e aveva gli occhi di un verde blu profondo come un lago alpino, aveva i capelli neri, corti e spettinati dal vento, i suoi lineameni erano di una perfezione quesi disumana.
Dietro di lui due donne e un uomo le lanciavano occhiate preoccupate e discutevano animatamente tra loro, anche se le parole non giungevano alle sue orecchie sembravano dover decidere qualche cosa di importante. Nessuno sembrava notarli, poi un uomo passò loro davanti e loro sparirono.
-Meg- si sentì chiamare dalla voce più femminile che conosceva. Sua madre e suo fratello stavano correndo verso di lei mentre la caricavano su una barella e trasportavano verso l'ambulanza. Sua madre piangeva tra le braccia del fratello, si avvicinarono a lei, la donna non aveva nemmeno la forza di guardarla, suo fratello le strinse la mano, lei sorrise, di quei sorrisi che portano dentro tutta la tristezza del mondo, poi sussurò -devi prenderti cura della mamma- anche il fratello scoppiò in lacrime.
-ce la farà?- chiese ad uno degli uomini che stavano salento in ambulanza, questo lo guardò con lo sguardo triste -faremo del nosto meglio ragazzo-.
Suo fratello kevin e sua madre salirono nell'ambulanza con lei, strinse la mano a quella del fratello e si lasciò andare.

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Capitolo 3
*** hospital ***


-Oh Kevin, com'è potuto succedere? Qualche ora prima dormiva nel suo letto o ora questo- Jo, la madre di Megan ancora non poteva credere che la vita lella figlia era stata stravolta in pochi attimi, e che ora poteva non esserci più niente a poterla portare indietro.
-Mamma devi riposare, sono giorni che stai qui in ospedale giorno e notte, solo i dottori possono aiutare Meg, ma tu hai bisogno di dormire e anche Jill ne ha bisogno- i grandi occhi azzurri della donna si posarono sulla figlia piccola che dormiva in una delle poltrone -hai ragione, per questa notte sarà meglio tornare a casa-.
Presero le loro cose, Jo si avvicinò a Megan e le baciò la fronte -domani torno bambina mia- le susurrò ad un orecchio, dopo un ultimo sguardo si diressero verso la porta, mentre un medico stava entrando -La signora Black?- domandò, la donna annuì -sono qui per informarla che le condizioni della figlia non migliorano, se riusciremo a salvarla saranno necessari numerosi interventi chirurgici per far si che torni alla normalità- Jo annuì - quanto... quanto crede le ci vorrà per uscire dal coma?- chiese trattenendo la prepotente voglia di singhiozzare -potrebbe svegliarsi questa settimana, magari tra due o tra un mese o forse potrebbe non risvegliarsi più, signora, non voglio annientare le sue speranze ma voglio prepararla a questa eventualità- la donna si portò una mano alla bocca, mente gli occhi si riempivano di lacrime e annuì, il dottore fece un mezzo sorriso amaro e se ne andò.
Forse un medico come lui era abituato a dare notizie simili, ma certo Jo non era abituata a riceverle.
Era sempre stata una donna forte, lo era stata quando era rimasta incinta del suo primo figlio kevin ad appena diciassette anni, quando lo aveva cresciuto da sola e senza aiuto; lo era stata si era sposata con un uomo violento e anche dopo aver avuto due figlie con lui lo aveva lasciato. Jo era era una donna forte, una mamma forte, ma ora che sua figlia veniva minacciata da un demone così forte com'è la morte si sentiva debole, sentiva la terra mancarle sotto i piedi, come una foglia che cade e non può controllare la direzione del suo viaggio.
Ci aveva pensato molto quella notte, mentre sua figlia, in un letto d'ospedale giocava un'importante partita contro la morte.  Image and video hosting by TinyPic

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Capitolo 4
*** Reborn ***


-Non puoi interferire con le potenze che decideranno la sua sorte, salvarla non rientra nelle nostre competenze- disse una ragazza con i capelli corvini e gli occhi neri che stava seduta sulla poltrona dove qualche ora prima stava la madre di Megan. Erano apparsi dal nulla, quattro ragazzi all'apparenza normali, due ragazze e due ragazzi.
-Gabriel deve decidere, è lui il nostro capitano- disse un ragazzo che stava affacciato alla finestra rivolto alle due ragazze.
 -ti rendi conto che non lo puoi fare?- disse una alzandosi in piedi e appoggiando una mano al letto -ci metterai in pericolo tutti quanti, ci daranno la caccia e ci ammazzeranno uno ad uno, e poi toccherà a lei, non la salverai, le darai solo qualche giorno in più, o alla meglio una vita di tormenti, una persona senza angeli custodi non vive bene Gab- il ragazzo rimaneva zitto e ai piedi del letto fissava Megan con il viso corruciato -noi l'abbiamo fatta finire in quell'auto perchè non abbiamo compiuto il nostro dovere, è nostro compito fare si che viva- ribattè Gabriel brusco, la ragazza fece un passo in dietro - non sei costretta a rimanere, se non vuoi correre questo rischio puoi tornare al piani alti Eligor-.
-non la lascerò sola- rispose Eligor, Gabriel annuì in segno di approvazione -Azazel?- il ragazzo non alzò gli occhi dalla finestra -lo sai che non abbandonerei mai il mio posto- rispose. -Caim?- la ragazza dai capelli corvini alzò lo sguardo e piantò gli occhi dritti in quelli di Gabriel -non lo posso fare, significherebbe tradire l'intero ordine- così dicendo la sua immagine evaporò, come tante goccioline d'acqua e scomparve, Eligor corse  dove Caim stava sparendo per bloccarla -lasciala Eli, ha fatto la sua scelta- la bloccò Azazel.
-ora che si fa?- chiese Eligor, Gabriel si mise ad un lato del letto -la salviamo- i due ragazzi annuirono. Gabriel prese il viso della ragazza tra le mani, mentre Eligor e Azazel le presero le mani, gli occhi degli angeli si illuminarono completamente come i fanali di un'auto, poi quella stessa luce invase il corpo di Megan, qualche secondo dopo la ragazza aprì gli occhi inniettati di luce, lentamente tornarono normali e riprese la vista, mentre i tre angeli sparirono assieme alla luce.
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Capitolo 5
*** The beginning of the end ***


Aprendo gli occhi lo aveva intravisto, tra la luce che l'aveva invasa aveva visto, lo stesso ragazzo che l'aveva fissata dopo l'incidente.
Era ancora intontita, ma giàun drappello di medici controllavano le sue condizioni.
-sorprendente- ripetevano, Megan girava la testa a destra e a sinistra disorentata, non si sentiva male, solo stanca, senza energie, forse gli antidolorifici che aveva in corpo.
una mezzora dopo tutto si era calmanto e i medici se n'erano andati lasciando la sua stanza vuota e lei era rimasta immobile a fissare il muro.
-la signora black?- Jo aveva risposto al telefono che l'aveva buttata giù dal letto alle quattro della mattina -si sono io, con chi parlo?- domandò.
-sono il dottor Young- Jo di sedette, non sapeva che aspettarsi da una chiamata del dottore di sua figlia a quell'ora della mattina, di certo non una cosa buona date le condizioni in cui aveva lasciato la figlia il giorno prima che non erano delle migliori.
-volevo solo informarla che sua figlia ha ripreso conoscenza- la donna tirò un sospiro di sollievo e sorrise - sembra quasi completamente guarita, un miracolo, forse non serviranno nemmeno le operazioni di cui le ho parlato ieri- disse l'uomo palesemente contento di poter dare una buona notizia finalmente.
-sarò subito in ospedale, grazie dottore- rispose la donna, subito dopo riattaccò.
Jo si vestì velocemente e si mise in strada, sentiva l'enorme peso che la opprimeva andarsene via lentamente.
Arrivata in ospedale prese delle riviste e un muffin e salì nella camera di Meg.
-Megan!- disse con le lacrime agli occhi vedendo la figlia -mamma- fece la ragazza con un accenno di sorriso, le due si abbracciarono e giò non si trattenne più, scoppiò in un pianto isterico -temevo che non ti avrei più rivista!- disse tra le lacrime - tranquilla mamma, sono qui, ora sto bene- ripeteva la ragazza - chiunque ti protegga lassù ha fatto un buon lavoro- sorrise poi.
-ti ho portato tutto, i tuoi trucchi, la tua felpa preferita, le tue riviste preferite e un muffin-megan sorrise.
Passò la mattinata con lei, ad una certa ora Megan decise di truccarsi, prese lo specchio e osservò il suo viso, esattamente come aveva fatto il giorno dell'incidente, quando ancora era a casa e tutto quello che stava vivendo le sarebbe sembrato impossibile.
Aveva un taglio sulla fronte, uno su una guancia e uno sul labbro, aveva migliaia di altri tagliettini sulle braccia e sulle mani, aveva anche un ematoma sullo zigomo.
Mise del mascara e poi lo ripose nel beautycase.
Non si sentiva più bella, prima si sentiva carina e si osservava contenta di quello che vedeva allo specchio, ma ora no, si vedeva come un cadavere che non doveva essere vivo, sentiva che a quel viso si sarebbe addetta meglio la pace di un corpo morto e questo la feriva.
Nei giorni che seguirono sua madre la veniva a trovare e stava con lei tutto il pomeriggio per farle compagnia, poi la sera tornava a casa e Megan passava la notte da sola in qulla stanza di ospedale che odiava ogni giorno di più.
Una settimana dopo qualcuno bussò alla porta, non era sua madre: Rufus.
Alla sua vista fu come se un colpo rompesse la diga che aveva usato per confinare i ricordi, ma che ora infrangendosi lasciava libera un'onda che si infrangeva potente nella sua mente.
Una serie di immagini cominciarono a tornarle alla mente: lei che si guardava nello specchio di casa sua, poi salutava la madre e correva verso Chad, la sua proposta di matrimonio, Rufus e Vicky che correvano sulla spiaggia, Chad che accellerava, i fari del camion piantati addosso ed in fine lo sguardo vitreo di Chad. Si sentiva come se prima del giorno dell'incidente non avesse mai vissuto. 
-sono contento che tu stia bene- disse il ragazzo posando un mazzo di fiori sul suo comodino. Megan lo fissava come se fosse stato un fantasma, poi crollò in un pianto liberatorio, Rufus l'abbracciò stretta, sentendola  singhiozzare anche il ragazzo si abbandonò alle lacrime che parevano l'unica soluzione. Rimasero così per quasi un'ora, lui sapeva che non erìsistevano parole in grado di placare quel dolore.
-dimmi cos'è successo la notte dell'incidente- disse infine Megan asciugandosi le lacrime -dimmi di Chad!-.
-L'impatto con il camion è stato spaventoso, così forte da far esplodere i finestrini, il camion è praticamente entrato nella fiancata sinistra, non riuscendo a frenare ha slittato fino a che la macchina non si è schiacciata contro un albero nella parte davanti, sei viva per miracolo Meg. Vicky è morta all'istante dell'impatto- si fermò unb attimo perchè sentiva gli occhi riempirsi nuovamente di lacrime -Chad... Chad aveva un pezzo del camion piantato del torace, appena l'ho visto ho capito che non ce l'avrebbe fatta, e lo aveva capito anche lui, ma era preoccupato per te, continuava a chiamare il tuo nome, eri messa male Meg, avevi sangue ovunque e la pancia aperta da chissà che pesso della macchina, pensavamo fossi morta, ti ha tenuto stretta la mano fino alla fine, è morto poco prima che tu aprissi gli occhi - ancora una volta Megan non riuscì a trattenersi e pianse il suo dolore.
-siamo quelli fortunati Megan! Guardaci siamo tutti interi, io me la sono cavata con un colpo di frusta, qualche graffio e un braccio rotto e tu hai avuto un miracolo! Dobbiamo essere riconoscenti- cercò di convincerla Rufus -I nostri corpi sono apposto, ma possiamo dire lo stesso della nostra anima e della nostra mente? Rufus io sono sull'orlo di un baratro- disse la ragazza -troveremo un modo per salvarci Megan, te lo prometto, insieme ne usciremo- i due ragazzi si abbracciarono, ne erano consapevoli, sarebbe stata una dura battaglia che dovevano vincere loro.
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Capitolo 6
*** Fresh start ***


Passarono ancora un paio di settimane prima che Megan potesse tornare a casa.
Rufus le faceva visita quasi ogni altro giorno,sembrava così sereno, riusciva a ridere e a fare battute. Megan avrebbe fatto di tutto per avere un quarto della sua pace,invece le sembrava di passare per un inferno le cui fiamme la bruciavano viva.
Ogni tanto sorrideva a sua madre per convincerla che prima o poi sarebbe stata bene, ma non riusciva nemmeno a convincere sestessa, stava ogni giorno peggio. Anche se le sue guance riprendevano colore e i tagli si rimarginavano, la voragine che le squarciava il petto non le dava pace.
-buon giorno piccola mia- disse Jo entrando dalla porta -non sei felice?- Megan aveva un'espressione spaesata -oggi ti dimettono!- disse la donna -te n'eri già dimenticata?- Megan chiuse la rivista -i  giorni qui si somigliano tutti- fece.
Jo sistemò tutte le sue cose in un borsone -vedrai, sarà tutto migliore una volta tornata a casa- disse la madre accarezzandole una guancia.
Megan uscì dal letto e si infilò i jeans e a maglietta, alzando il pigiama si guardò la pancia, una profonda cicatrice era disegnata in alto a  destra, la sfiorò con le dita.
Uscita dall'ospedale Jo la aiutò a salire in macchina e partirono verso casa -con il tempo tutto tornerà apposto, domani tornerai a scuola e rivedrai i tuoi amici- la incoraggiò, la ragazza guardava fuori dal finestrino gli alberi che scorrevano veloci - Vicky era mia amica- ci fu una pausa silenziosa, come una sorta di commemorazione per la ragazza.
-nessuno ti riporterà Chad e Vicky ma Rufus c'è e ti resterà accanto- disse Jo, un sorriso amaro si disegnò sulle labbra di Megan.
Il profumo di bosco così familiare la invase quando aprì la porta di casa. -ben tornata Meg- la assalirono suo fratello maggiore Kevin e la sorellina, lei li strinse forte a se - ciao ragazzi- fece. Finito di salutare tutti si infilò gli stivali e una felpa e uscì.
La sua casa era circondata da boschi, sin da quand'era piccola amava perdersi e camminare per ore quando non vedeva una luce alla fine del tunnel, perchè sua madre era depressa e di tutto si occupava Kevin, oquando c'erano problemi di soldi, o quando ancora i bulli loa prendevano di mira.
Il bosco sembrava assorbire tutto, c'era sempre per consolarla, ad asciugare le sue lacrime e a calmare i suoi pianti. Sempre.Quella sera non aveva voglia di parlare o stare in compagnia, in un certo senso la solitudine che provava in ospedale era diventata un'amica da cui rifugiarsi, così passò la serata nella sua camera, a leggere, a sistemare cd, a guardare vecchie foto, a piangere. Cercò di prepararsi mentalmente al ritorno a scuola, alle domande, alle occhiate di compassionevoli e pietose di tutti, sperava di poter avere spazio per se stessa. Si addormentò con quei pensieri e quelle preoccupazioni nella testa.
Lo squillo della sveglia si ripeteva martellante, Megan la gettò a terra.
Scese in cucina per la colazione, non mangiò molto, aveva lo stomaco chiuso, forse la paura.
Scesa dalla corriera venne travolta dalla vita frenetica della scuola, sospirò come per prendere una boccata di coraggio prima di buttarsi nella mischia.
Tutti la salutavano ed le sorridevano, anche persone che non conosceva, la trattavano con i guanti bianchi, e ne aveva bisogno, ma allo stesso tempolo odiava, odiava lo sguardo pietoso con cui la guardavano, tutti a fissarla con gli occhi tristi pensando "poverina, come soffrirà", come la dava fastidio!
Dopo il suono della seconda campanella, uscendo dalla classe vide rufis infondo al corridoio  che le veniva incontro salutandola con una mano.
-.fortuna che sei tornata- le sorrire -già, è così strano, intorno a noi non è cambiato niente- disse Meg guardandosi intorno , poi ritornò con lo sguardo a lui che stava mettendo in bocca una pastiglia -Rufus che cos'è?- lo rimproverò -tranquilla è solo un anti depressivo, ne devo prendere un bel  pò fino a che non starò meglio- rispose il ragazzo, in quel momento lla campanella suonò e i due si salutarono. Megan entrò in classe, non seguiva le lezioni, ma non veniva rimproverata, i professori pensavano che probabilmente quei luoghi facessero riaffiorare riordi di Chad e Vicky. 
Terminate le lezioni Megan uscì dalla classe come persa in un mondo che non le apparteneva.Un ragazzo con lo skate le sbattè contro, come svegliata da un meditazione alzò gli occhi e incontrò quelli profondi e blu del ragazzo -scusa- fece lui, rimasero a fissarsi negli occhi per qualche istante, poi lui montò sulla tavola e scomparve tra la folla.
Eligor era seduta fuori vicino ad Azazel, Gabriel arrivò vicino a loro e fermò lo skate. -l'ho vista- disse Gabriel -io invece ho visto l'angelo di Rufus- fece Azazel, Eligor si alzò in piedi -non possiamo occuparci anche di lui- ribattè secca - Rufus è a pezzi, non credo ce la farà, e se non ce la farà lui non ci riuscirà nemmeno Megan e dovreste sapere bene che non possiamo salvarla dal suicidio- continuò Azazel, Eligor e Gabriel rimasero zitti.
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Capitolo 7
*** Collaps ***


Nel silenzio della sua stanza Rufus si sentiva perso, nel suo cuore si faceva strada un sentimento di solitudine, non ce la faceva più, non ne aveva le forze, una ragazza dai lunghissimi capelli castani ricci, legati da una treccia gli apparve davanti mentre era seduto a terra -Rufus devi prendere e tue medicine- gli disse -non cambieranno quello che è successo! Sarà un peso che mi porterò dietro per il resto della mia vita Haniel-. 
La ragazza gli accarezzò una guancia e gli occhi le si riempirono di lacrime. -avrei voluto stare con te più tempo- disse Rufus accarezzandole i capelli - noi angeli possiamo metterci in contatto con i nostri protetti solo quando hanno davvro bisogno di noi- rispose Haniel.
Il ragazzo le asciugò una lacrima, poi presela confezione di tranquillanti, la ragazza era in lacrime -ti prego non lo fare- lo supplicò tra i singhiozzi, il ragazzo ingoiò tutte le pastiglie della confezione una ad una, strinse forte Haniel al suo petto mentre piangeva come una bambina, pian piano sentì le forze lasciarlo, con il polliceasciugò le lacrime della ragazza e le stampò un lungo e casto bacio sulle labbra. -non te ne andare- bisbigliò il ragazzo, Haniel gli prese la mano -rimarrò con te- lo rassicurò - fino alla fine-. A mano a mano che il suo battito cardiaco rallentava Haniel diventava sempre più evanescente fino a che il cuore del ragazzo si farmò e lei scomparve.
Megan si svegliò di soprassalto, ansimando e tossendo come se fosse uscita da una lunga apnea, strinse convulsamente la coperta, si alzò dal letto, fece alcuni passi e poi cadde a terra e riprese il fiato, prese il telefono, compose il numero di Rufus e lo chiamò, dall'altra parte intanto il telefono squillava a vuoto, nessuno rispondeva, lo squillo persistente svegliò la madre di Rufus che era nella stanza accanto -Rufus rispondi al telefono- urlò, lo squillo continuò.
La donna si alzò dal letto ed entrò in camera del figlio, in quell'istante Megan riattaccò pensando che forse Rufus aveva lasciato in lelefono in macchina. Il ragazzo era steso a terra privo di vita, la donna urlò e si gettò sul corpo del figlio scuotendolo per svegliarlo da quel sonno eterno.Il rumore svegliò tutta la casa, il padre entrò e le lacrime cominciarono a riempirgli gli occhi, sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma non si è mai pronti alla morte di un figlio.
Il fratellino di quasi quattro anni svegliato dal rumore entrò in camera del fratello maggiore rimase immobile sulla porta con lo sguardo spaesato, fisso sul ragazzo steso a terra, la madre lo prese in braccio e lo portò via, il padre chiamò l'ambilanza.
Intanto Megan aveva cominciato a piangere, un pianto colmo di rabbia e rancore, pianse così per circa un ora, senza apparente motivo, poi il telefono squillò, pensò subito a Rufus, ma appena prese in mano il telefono apparse la scritta "signora Doller", rispose subito cercando di mantenere un tono normale e non quello di qualcuno che ha appena pianto -signora Doller- rispose - Megan- disse la donna  che invece lasciava trasparire la tristazza che aveva dentro -c'è qualche problema?- domandò la ragazza -Rufus...- fece una pausa e prese un respiro per non piangere -... lui, ha preso un'intera confezione di tranquillanti e il suo cuore non ce l'ha fatta... ci ha lasciati-.
Megan rimase pietrificata,il telefono le cadde dalle mani finendo a pezzi a terra, subito lo seguì lasciandosi cadere sul pavimento, si mise poi in posizione fetale e cominciò tra i singhiozzi ad urlare la sua rabbia e il suo dolore. Jo svegliata da quelle urla si precipitò in camera della figlia -Megan!- urlò -Megan cosa c'è?- chiese, la mise in ginocchio e la scosse -Megan parlami!- urlò ancora la donna - Rufus si è suicidato- urlò Megan in risposta, anche gli occhi di Jo si riempirono di lacrime e strinse la figlia. 
MEgan non andò a scuola quel giorno, si sedette sulla sedia a dondolo della veranda, fissando il vuoto, seria in volto, il suo colorito abbronzato aveva alsciato posto ad un incarnato pallido che faceva risaltare le poche lentiggini che aveva e la faceva sembrare come fosse morta, immobile.
Nel pomeriggio si era fatta accompagnare da suo fratello all'obitorio, vedere Rufus sempre pieno di vita, gioioso ed estroverso steso li, imperturbabile, aveva trovato la pace, ma l'aveva lasciata in un inferno peggiore del precedente, sola! Cominciò a piangere, Kevin la prese prima che cadesse a terra -ti odio!- urlò contro il corpo di Rufus -mi hai lasciata sola! ti odio!- il fratello la trascinò via, la portò in un parco, si poteva ammirare lo splendore della primavera, i bambini giocavano felici, urlavano e ridevano.
-è tutto così diverso da quando eravamo piccoli, avresti mai immaginato tanto dolore fosse possibile?- chiese Megan al fratello -nessun dolore dura per sempre Meggy- la strinse forte tra le sue braccia e si sentì più vicino che mai a lei.
Eligor andò in obitorio, accarezzò in viso di Rufus -riposa in pace- disse, poi uscì. Gabriel la aspettava fuori appoggiato alla sua moto, con in suo solito sguardo tenebroso, portava un a canottiera bianca e un paio di jeans, fumava nervosamente una sigaretta. Eligor gli arrivò vicino e dopo brevi saluti fecero il punto della situazione -Rufus si è suicidato- disse Eligor -dovevamo aspettarcelo- disse ancora, Gabriel si accese un'altra sigaretta - non hai proprio niente da dire?- lo rimproverò la ragazza -sono molto in pensiero Eligor, credo che dovremmo avvicinarci a lei, ma per me è troppo pericoloso, devi farlo tu El, devi diventare sua amica prima che la solitudine la consumi- rispose - quindi ora che si fa?- chiese, il ragazzo le allungò il casco -raggiungiamo Azazel-. 
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Capitolo 8
*** Back to black ***


Il dolore la stava consumando, la solitudine che provava senza Rufus, senza qualcunoche poteva capire il suo dolore le aveva dato il colpo di grazia.
Qualsiasi cosa che potesse lontanamente ricordarlo la faceva scoppiare a piangere.
Camminava con lo sguardo fisso nel vuoto, il cuore perso e l'anima altrove, una ragazza le diede una spallata facendole cadere tutti i libri a terra, Megan la guardó spaesata, la ragazza si femó e la guardò con disprezzo.
-Che c'è?- sbottò, ora che la guardava meglio la riconosceva, era la migliore amica della ex ragazza di Rufus.
-Niente, non importa- disse Megan chinandosi per riprendere i libri -è inutile che fai l'innocentina, lo sappiamo tutti che te la facevi con Rufus- ringhiò.
-Questo non è vero!- ribattè rialzandosi, -probabilmente è colpa tua se anche Rufus è morto, sei sempre stata strana- continuó feroce, Megan sentì che stava per piangere ancora, ma non voleva darle la soddisfazione di farlo davanti a lei, poi come un raggio di speranza arrivò una ragazza.
-Smetti di sputare veleno Martha- ruggì.
Aveva il corpo esile e i capelli e i capelli lunghi colore del miele,a sua pelle era perfetta come anche i suoi lineamenti, i suoi occhi verde giada erano fissi su Martha che batteva in ritirata con il suo sguardo minaccioso piantato addosso.
La ragazza raccolse un paio di libri di Megan che erano rimasti sul pavimento e glieli porse con un sorriso.
-Grazie- disse Megan timidamente, lei sorrise -sto andando in mensa, vuoi venire con me?- le chiese -va bene- rispose, si sentiva spiazzata, tutti la guardavano con pena, a volte con tristezza, alcuni con curiosità, Martha l'aveva addirittura affrontata, ma nessuno l'aveva addirittura affrontata, ma nessuno l'aveva mai davvero aiutata.
-Ti devo davvero ringraziare, se non fossi arrivata tu non so come avrei fatto e... non so neanche il tuo nome, la ragazza sorrise -mi chiamo Eligor, saró il tuo angelo custode d'ora in poi- rise la ragazza.
Megan si sentiva strana con lei come se potesse raccontarle tutto la conosceva da appena un paio di minuti ma avrebbe voluto stringerla a se e raccontarle tutto e sapeva che in qualche modo avrebbe capito.
Durante il pranzo le raccontò tutto quello che le era successo dopo l'incidente, le parole le scivolavano dalla bocca e nemmeno se ne accorgeva, ma sentiva il peso che portava sule spalle alleggerirsi poco a poco mentre Eligor sedeva comodamente davanti a lei ascoltando ogni singola parola e ricordando quei momenti dalla sua prospettiva.
-Scusa- disse ad un tratto fermandosi -non l'ho mai raccontato a nessuno- disse fermandosi a guardare Eligor che tentava di camuffare parte della sua desolazione.
Il giorno dopo senza nemmeno sapere con che forza andò al funerale di Rufus.
Piovviginava ed era pieno di persone tra parenti e amici, si sentiva come se stesse marcendo dentro, nel profondo.
Per prima parlò sua madre che spiegò come il figlio l'avesse cambiata in meglio e come fosse il figlio migliore che una madre potesse desiderare, poi altre persone parlarono, Megan parlò per ultima.
A metà del suo discorso crollò, cominciò a piangere, Eligor arrivò e prontamente la prese e la portò via da quella situazione.
-Va tutto bene- cercò di consolarla, anche se riusciva a vedere la desolazione che la mangiava viva.
-No! Non va bene per niente Eligor- disse Megan riprendendo fiato - quell'incidente ci ha uccisi tutti! Il destino ha solo deciso di prolungare la mia sofferenza, ma alla fine ci prendrà tutti!- non si capiva se nella sua voce ci fosse più rancore, tristezza o paura.
Eligor la strinse forte a se cercando di attirare a se tutte quelle energie negative, ma sembravano ancorate saldamente alla sua anima.
-A volte quello che non ti uccide ti fa desiderare che l'avesse fatto- disse Megan in un soffio, una lacrima argentata che sembrava argento fuso scese sulla guancia di Eligor "gli angeli non piangono Eli" le ricordó la voce di azazel nella sua testa, la ragazza si asciugó quell'unica lacrima innaturale prima che qualcuno potesse vederla.
Le due ragazza si alzarono e tornarono alla cerimonia ormai conclusa, la bara era già stata calata nella buca ed era ricoperta di rose bianche che erano state fatte cadere da amici e parenti.
Eligor si avvicinò alla buca e gettó una rosa bianca che andò a confondersi con le altre, Megan invece lanció una rosa nera che si distinse, Eligor le prese la mano e camminarono oltre, la ragazza si fermò sul cancello del cimitero e guardó indietro con gli occhi ancora gonfi per il pianto.
Un ragazzo si era avvicinato alla tomba, non aveva l'ombrello, solo un cappuccio.
Gabriel lasció cadere una rosa nera che andò a cadere vicino a quella della raggazza, si voltò verso di loro e dopo qualche passo entró nel boschetto lì vicino e si dissolse nel nulla.
Anche Eligor l'aveva visto, strinse piú forte la mano di Megan -vieni, i tuoi genitori ti staranno aspettando-. 
Accompagnò la ragazza alla sua macchina - ti chiamerò, ricordati che non sei da sola in tutto questo- Megan annuì debolmente, l'angelo le baciò la fronte e chiuse la porta della macchina, rimase li fino a che la macchina non si allontanò, poi tornò nel cimitero in cerca di Gabriel, ma lui non c'era, uscì di nuovo e lui era appena fuori ad aspettarla -torniamo a casa disse ed Eligor prese il casco dalle sue mani e se lo infiló. Image and video hosting by TinyPic

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