Il filo rosso

di __Panda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1984 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** 1984 ***


Il filo rosso.
 
Una giovane stava correndo la sera del 31 dicembre 1984.
Correva impaurita, piangendo, sconvolta, ma soprattutto dolorante.
Non aveva niente di rotto, né perdeva sangue, ma comunque provava dolore.
Un anno stava finendo, un altro stava per cominciare, e lei come tante altre persone voleva una svolta, un cambiamentoradicalenella propria vita. Anche lei però voleva aspettare, non era decisa a dare lei stessa quella svolta, proprio come tutti gli altri.
Un anno stava finendo, e lei stava scappando.
Un uomo la stava rincorrendo, ansimante.
Correva, continuava a mettere un piede avanti l’altro per raggiungere la giovane. Desiderava ardentemente che si fermasse, o almeno rallentasse.
E il suo desiderio fu esaudito.
La giovane si fermò, sconvolta. Guardava davanti a sé con gli occhi aperti.
L’uomo fece gli ultimi passi per trovarsi a suo fianco. La vide spaventata, e quasi capì che stava per piangere. 
-Lui è morto, fattene una ragione- furono le parole che le disse l’uomo.


 

Spazio autrice:

Questa è la prima storia che pubblico e che ho deciso di portare a termine... Quindi, oddio, non so cosa dire.
Sono molto emozionata.
Vorrei tanto sapere cosa pensate di questo piccolo prologo, anche con un messaggio. ç.ç
Ho deciso che aggiornerò una volta a settimana, anche se non riceverò nessuna recensione, perché io adoro scrivere. 
Detto ciò, mi dileguo e continuo a scrivere.
Ciau.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1.

 
 
 
 
 
 
Kristen si era appena svegliata, ma non voleva aprire gli occhi, e si girò su un fianco. Continuò a rigirarsi per altri due minuti e poi, passato il sonno, controllò l’ora sull’orologio bianco appeso alla parete di fronte al letto, che segnava le 4.57.
Decise di alzarsi e andare in bagno. Si bagnò il viso e continuava a fissare i suoi grandi occhi marroni allo specchio, il contorno del suo viso, i capelli lunghi, neri e ricci che ricadevano sul petto. Si passò una mano sulla guancia rosea: non poteva credere a ciò che era successo qualche giorno fa, era successo tutto così in fretta...

Si trovava nella sua stanza, in quella che era veramente casa sua, con sua madre e suo padre. Pioveva, le gocce scivolavano sul vetro della finestra, Kristen stava leggendo un libro regalatole dalla sua migliore amica, seduta sul suo letto. Pagina dopo pagina, parola dopo parola, continuava a leggere, assorta, immedesimandosi nel protagonista; le piaceva essere trasportata in un altro mondo, le piaceva poter allontanarsi per qualche ora dal mondo reale, dalla sua storia, e conoscere quella di un altro individuo. Il suo genere preferito era da sempre stato il fantasy, perché un mondo fatto di magie, leggende, battaglie, le permetteva di dare libero sfogo all’immaginazione.

Gli occhi azzurri di sua madre la guardavano, con gioia ed orgoglio. Kristen era stata ammessa all’università, il suo più grande sogno stava per avverarsi. Fin da piccola aveva desiderato viaggiare per il mondo, e, soprattutto, vivere nella città dove tutti i sogni diventano realtà: New York, la grande mela.

Da sola, in una città così grande, aveva mille dubbi per la testa, mille domande a cui non vi era risposta. Era sola. Completamente sola, in quella piccola parte di mondo. Senza nessuno che le dicesse cosa fare, era vero, ma non vi era nemmeno nessuno che la aiutasse. Nessuno con cui parlare.

Quella mattina avrebbe dovuto essere all’università, Kristen, per studiare finalmente lingua inglese. A New York sarebbe stato più facile trovare lavoro una volta terminati gli studi, rispetto all’Europa. Perciò aveva deciso di cambiare Continente.

Era ancora molto presto, e Kristen tornò a dormire. Ignara che qualcuno la stesse fissando.

Qualcuno che avrebbe dovuto aiutarla in quella città, così sola com’era.

Qualcuno che avrebbe dovuto stare con lei.

Sempre.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2.

 




Si sentivano dei passi calmi sulle nuvole. Tutto era calmo ed ordinato. Tutto procedeva come al solito, pacificamente.
Tutto sembrava essere al proprio posto, ma non qualcuno.
Qualcuno, da anni, esibiva il suo bel viso triste. Non ricordava niente, eccetto che il volto della sua amata. Quanto l’amava. E l’aveva lasciata lì, sola.
Quei passi si fermarono in un punto preciso, e un angelo dalle ali dorate cominciò a parlare al signor Qualcuno.

-Avanti, Dave. Smettila di fare il bambino.
-Io non andrò sulla Terra. Mi fa schifo quel posto.
-Ancora mi chiedo perché sei qui...
-Senti, lei sa cosa era successo. Io non avevo idea che sarei morto quella notte. Non avevo idea che avrei passato l’eternità con un paio di ali che non posso usare per spiccare il volo qui, tra le nuvole, dove tutto è calmo, in pace... eterno. Non posso usarle. Sono come un uccellino in gabbia. Ma non ho intenzione di tornare sulla Terra a vedere come tutto sia cambiato. Mi dispiace.
-Beh Dave, in realtà avevamo intenzione di sfruttare il tuo talento nascosto.
-Signore, non capisco.
-Capirai a tempo debito. Ma soprattutto, capirai quando tornerai lì. Perché tu devi tornarci, Dave. Volente o nolente.
-Signore, non riuscirei a sopportare di rivederla felice con un altro. Davvero, almeno non lei.
-Ti manderemo a New York.

Dave sbuffò, e rimase solo. Pensava a tante cose. Guardava le nuvole e le vedeva fluttuare nella testa, non sapeva cosa fare, o pensare.
Era confuso, non riusciva a capire il motivo di una “missione” sulla Terra perch* in fondo era solo un angelo: se non poteva cambiare il suo mondo, non capiva come avrebbe cambiato quello di qualcun altro.
Pensava ancora a lei: la sua lei, quella con i bellissimi occhi azzurri, i capelli mossi, lucenti, il suo accento francese. Lei somigliava ad un angelo, lui no. Aveva occhi e capelli scuri, era un ragazzo come tanti.
Da lassù Dave si sarebbe dovuto sentire il padrone del mondo. Si sarebbe dovuto abituare alla sua eterna esistenza da angelo custode. Che cosa buffa, non è vero, che fosse morto in un incidente in cui nessun “angelo” l’avesse salvato?
Non aveva mai creduto in queste cose, fino a quando non vide le sue ali bianche. Le aveva osservate con stupore, ammirazione e un grande spavento.
Si accorse che erano più grandi di lui, e all’epoca non riusciva a controllarle bene: tante volte aveva ferito un altro angelo, o addirittura sé stesso.

In poco tempo si accorse delle differenze tra il suo aspetto umano e quello angelico, a parte le cose più evidenti ed ovvie, che sono le ali.
Gli angeli non respiravano. Dentro erano completamente vuoti, erano formati dal solo spirito. Lì, sulle nuvole, erano come dei fantasmi. Era una bella sensazione non provare più fame, sete, o sonno. Potevano rimanere svegli tutta la vita a pensare, a ricordare la loro vita passata. Ma Dave non poteva. Non ricordava nulla, al di fuori della sua amata e di due luci che velocemente si avvicinavano.
Passarono i giorni, e lui si decise a partire. Cominciò a salutare tutti gli altri angeli che ancora cercavano la persona da proteggere. Pensava a quanto fosse triste dover lasciare quella che per anni era stata la sua casa. Quel tetto di nuvole lo rendeva tranquillo e a volte dimenticava anche tutta la sofferenza che era costretto a patire a causa dei suoi ricordi, o meglio, ciò che non ricordava.

Era giunto il tempo di scoprire la verità, e Dave era un ragazzo coraggioso, ce l’avrebbe fatta a sopportare altre sofferenze.
 
Così si trovò a passeggiare per Central Park, pensando a quello che aveva scoperto.

Le persone non potevano vedere gli angeli custodi e quelli che si trovavano già sulla terra non potevano vedere i loro simili, ma la cosa che l’ aveva agitato di più era il fatto che lui potesse vedere... dei fili. Tutte le persone avevano legata al proprio mignolo sinistro una cordicella scarlatta molto sottile, quasi trasparente.
Cosa significava? Che senso avevano quei filamenti? Erano tutte domande a cui Dave desiderava avere una risposta, ma pensava che fosse normale. Pensava che tutti gli angeli potessero vederli.

Era strano camminare tra le persone senza essere notato, ma ciò che lo turbava di più era il fatto che si sentisse... solo. Completamente abbandonato.
In lontananza dalle persone e da tutto ciò che è materiale, il mondo sembrava più grande, infinito. Aveva tanto tempo per pensare e guardare New York, ma doveva sbrigarsi a trovare l’essere umano che gli era stato affidato.

Camminava e non sapeva dove si trovasse. Girava per le strade, osservava i nomi delle vie e ascoltava le persone che parlavano, ma non riusciva a trovare il quartiere di Brooklyn;
forse in vita aveva visitato la grande città, ma ormai... non lo sapeva più.
Aveva anche cercato di volare e di utilizzare qualche “potere speciale angelico” invano, eppure era rimasto tanto tempo sulle nuvole. Forse doveva arrivare dall’assegnato per diventare un angelo custode a tutti gli effetti e, quindi, non rimanere una creatura con ali inutilizzabili.
Dave si stava preoccupando, era inquieto e spaventato. Cosa sarebbe successo una volta trovata questa persona? Per proteggerla avrebbe dovuto morire di nuovo? No, impossibile. Era già morto. Forse era stupido, ma pensava che la sua morte gli avesse rovinato la vita. Sì, stava impazzendo. Eccome se stava impazzendo.

Girava la testa a destra e a sinistra, scrutando gli indirizzi e il numero civico di ogni casa. Prima o poi l’avrebbe trovata, sperava più prima che poi... nonostante fosse quasi buio. Confidava nel fatto che gli angeli fossero così luminosi da far luce avanti a sé anche se, in cuor suo, sapeva che non sarebbe stato così.

“Quartiere di Brooklyn” diceva un’insegna. Non ci credeva: ce l’aveva fatta! E rifletteva che finalmente era a tre quarti dell’opera, perché gli avevano detto che l’abitazione dell’assegnato sconosciuto si trovava all’inizio del quartiere.
Ancora continuava ad osservare le case. Vedeva persone che litigavano, che si baciavano, che guardavano un film. Adolescenti che piangevano, sul letto, al computer, al telefono. Gli mancava un po’ quella vita. Pensava a tutto ciò che gli era stato strappato, che aveva perso per sempre; in fondo aveva solo 24 anni quando morì.
Aveva sofferto tanto in cielo a causa dei suoi ricordi perduti. Fossero rimasti almeno quelli...

Nel corso della sua meditazione non si era reso conto che aveva superato la strada in cui si trovava lo sconosciuto, e continuava a camminare. Ad un certo punto, scontrò contro un muro invisibile e cadde a terra. Urlò dal dolore, ma questo subito passò. Si alzò strofinando la mano sulla testa, scompigliando i capelli, e tornò indietro accorgendosi dell’errore.
Trovò la casa. Era piccola, ma di buon gusto; aveva una porta di legno marrone, 2 finestre al piano inferiore e altrettante su quello superiore, ed era verniciata di rosso chiaro tendente al rosa. Pensò che fosse carina. Provò a bussare, ma non sentiva il rumore delle nocche sulla porta. Cercò di farlo nuovamente, una, due, tre volte. Niente.
Alla fine optò per entrare dalla finestra, ma scoprì che erano tutte chiuse tranne la prima al piano superiore. Dato che non poteva volare si arrampicò, ma cadde. Si sentiva davvero, davvero stupido, ma doveva riuscirci. Dopo vari tentativi, ecco che si siede sulla finestra e guarda all’interno della stanza.

C’erano un letto, un armadio, una scrivania piena di libri e fogli, su cui era poggiato un aggeggio elettronico molto strano: non c’era quando era vivo.
Notò anche un orologio bianco di fronte alla parete del letto... Oddio, erano quasi le cinque del mattino.
Finalmente vide lo sconosciuto. O meglio, la sconosciuta. Una bella ragazza... che somigliava tanto alla sua lei. Ma no, non poteva essere lei.
Continuava a guardarla, e c’erano più analogie di quanto avesse notato poco prima, ma ecco che trovò la differenza.

Aveva gli occhi castani. Quelli della sua amata erano chiari. Quelli non li aveva mai dimenticati.





*spazio autrice*
Allooora, questo capitolo l’ho scritto tutto di getto perché ero ispirata. E perché LolaMilka_97 mi ha chiesto di aggiornare.
Ah, a proposito, lei sta scrivendo due storie:
1. La prima su Harry Potter (
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2044881&i=1)
2. La seconda sui vampiri (
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2050076&i=1)
Se vi va, passate!
Qui il nostro Dave è un angioletto triste e smemorato, ma anche un piccolo sperduto in giro per New York xD
Purtroppo non ci sono mai stata, quindi sto facendo taaante ricerche su internet ç_ç... in effetti, ho scelto questa città come buon auspicio per farci un viaggio u.u
Spero che vi piaccia! Fatemi sapere con una piccola recensione se vi va.
 
__Panda (?)
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3.
 
La sveglia delle 6.30 rimbombava per la casa e sembrava che non volesse cessare di suonare. Kristen si era svegliata con i capelli che sembravano il nido di un uccello. Aveva cercato di districarli con le dita, ma si arrese e si disse che avrebbe fatto uno shampoo, quindi cominciò a fare colazione con latte e cereali.
Poi si diresse verso il bagno. Fece la doccia con la porta aperta, dato che in casa non c’era nessuno… o almeno, lei pensava che fosse così. Dave non era entrato per una questione di principio, la stava aspettando fuori. Era pur sempre un bravo ragazzo.
 
La ragazza dopo dieci minuti indossò l’accappatoio ed uscì dal bagno. Dave continuava a seguirla e ad osservarla. Entrarono di nuovo nella camera da letto, e…Kristen cominciò ad urlare come una forsennata davanti allo specchio e si girò spaventata, con gli occhi fuori dalle orbite. Dave da bravo angioletto era all’erta, preoccupandosi nel trovare il pericolo.
- Chi cazzo sei? Cosa vuoi? Come hai fatto ad entrare in casa mia? Lurido pezzo di…
Dave continuava a cercare il maniaco per dargli una lezione, ma sentì trapassarsi da un cuscino rosa antico.
L'angelo correva per tutta la casa in cerca dell’uomo pericoloso, saltando sui vari mobili, attraversando muri e volando. 
Dopo qualche minuto di ricerca tornò in camera di Kristen per controllare che stesse bene. La trovò seduta sul pavimento spaventata e con gli occhi lucidi, ma appena entrò gli occhi scuri della ragazza raggiunsero i suoi. Ad ogni movimento, essi si muovevano con loro.
Dave provò a camminare, e capì quello che stava accadendo.
L’angelo non riusciva a trovare le parole, era rimasto a bocca aperta e si sentiva un perfetto idiota. Che fosse solo una coincidenza? Continuava a guardarsi intorno, ma più scrutava la stanza, più si rendeva conto che non c’era nessuno e che la ragazza squadrava lui.
- Riesci a vedermi?
Dave non riusciva a capacitarsene. Nessuno poteva vederlo, ne era certo, un ragazzo vestito unicamente di bianco con un paio di ali non passa inosservato né a New York, né in qualunque altra città.
- Beh, ovvio che ci riesco! Cosa ci fai in casa mia? Vuoi dei soldi? Sono in quel cassetto, ma ti prego no…
- No, aspetta… Non puoi vedermi. Nessuno può.
- E ora che faccio? Chiamo la polizia? Sì, sì… E se si arrabbiasse ancora di più? E ora che faccio? - Kristen cominciò ad urlare.
- Kristen, vero? Senti, non sono un ladro o un lurido pezzo di qualcosa. In teoria sarei un pezzo di niente, capisci?
- Ma io non ti conosco, finiscila di farneticare ed esci subito da casa mia. Maniaco!
Kristen era più spaventata che mai da quell’individuo tutto vestito di bianco. Prese dei soldi e glieli lanciò, ma lui aveva una faccia confusa, che diventava sempre più buffa ad ogni secondo che passava.
Alla fine l’angelo si girò, accigliato, guardandola in faccia.
- Dovresti vestirti, non sono abituato a vedere ragazze… nude.
- Allora vattene! - E a queste parole la povera Kris si fiondò verso di lui con l’intenzione di spingerlo, ma cadde a terra, e con lei l'asciugamano che portava intorno al corpo.
- Ti avevo detto di vestirti! - Dave scappò via con una mano sugli occhi, chiudendo la porta.
 
 
Mezz’ora dopo
 
La ragazza si dirigeva con passo veloce in direzione dell’Università, ma si girava ogni 5 minuti per controllare che nessuno la seguisse. Dopo l’avvenimento della mattinata era spaventata in quanto Dave, dopo essere uscito dalla stanza, non si era fatto più vedere. “Tanto meglio”, pensava, “non voglio avere a che fare con dei maniaci in costume, forse quello era anche pazzo… Non voglio saperlo.”
Purtroppo per lei, l’angioletto la stava pedinando, quasi si sentiva uno stalker. Aveva ragione, le ali si erano “attivavate” dopo che aveva raggiunto l’abitazione: aveva sentito un formicolio per tutto il corpo e poi aveva avvertito una sensazione di leggerezza, ma in quel momento non ne aveva compreso il motivo.
Adesso si sentiva un uccellino libero, non più in gabbia. Poteva volare nel cielo, si sentiva invincibile. Però doveva controllare Kris. In fondo, era grazie a lei che adesso poteva farlo.
 
Arrivata a destinazione, la ragazza si diresse nell’aula in cui c’era lezione di letteratura inglese medioevale. Stavano studiando la ballata e tutte le sue caratteristiche in quel periodo.
Aprì la porta ancora controllando che non ci fosse il “maniaco” e poi si fiondò su una sedia al centro dell’aula. Il professore non era ancora arrivato, mancavano ancora 10 minuti all’inizio della lezione, quindi Kris prese i suoi appunti e i libri per un ripasso generale.
Intanto Dave aveva trapassato il muro.
Non era entrato dalla porta, era passato attraverso un muro.
 
Perché poteva attraversare oggetti e non essere toccato dalle persone? Kristen era caduta dopo che aveva cercato di spingerlo fuori dalla sua camera. Voleva dire che gli angeli sulla Terra erano davvero come dei fantasmi? E perché Kristen poteva vederlo?
Dave andò a sedersi vicino alla ragazza, ma ella si spostò velocemente sulla sedia vicina.
L’angelo sbuffò.
- Possiamo almeno parlare? Non voglio farti del male, io devo proteggerti.
- Posso cavarmela da sola, grazie, non voglio alcun tipo di aiuto da uno sconosciuto che piomba in casa mia con un ridicolo costume da Halloween.
- Ok, ma ti faccio notare che qui l’unica che può vedermi… sei tu.
- Impossibile. Come si fa a non notarti?
- Senti, io non sono un essere umano. Non più. Io sono morto, sono tornato qui per…
- Invece senti tu, non voglio ascoltare le storie strampalate di uno psicopatico maniaco problematico, ok? Lasciami in pace!
Kristen quasi urlava dalla disperazione. I pochi studenti in aula la guardavano in modo strano, credevano che fosse impazzita, insomma, per loro parlava da sola.
- Se vuoi posso provarlo. Io sono un angelo, il tuo angelo custode. Ti sembrerà strano sentirlo, ma sono venuto dal Cielo sulla Terra per aiutarti.
- Non ci crederei comunque, non puoi mica volare.
- Invece posso! Guarda! – e spiegò le ali. Fece un giro dell’aula e tornò dalla ragazza, che quasi aveva la mascella sul pavimento dallo stupore. Se ne accorse dopo qualche secondo e si riprese con contegno. Continuò a fargli domande, con l’incredulità che cresceva di secondo in secondo.
- Sul serio? Sul serio sei un angelo? Pizzicami, può darsi che stia sognando, o meglio, avendo un incubo.
- Beh, diciamo che uno dei più grandi difetti è che non posso toccare gli oggetti e le persone. Sono… trapassabile. –
 
 
Dave si era seduto in un posto vuoto in fondo all’aula con i piedi sulla sedia frontale e le braccia incrociate. Il professore era entrato subito dopo la chiacchierata con Kristen e adesso la lezione era quasi giunta al termine.
In quell’ora la mente di Dave era stata pervasa da mille domande e altrettanti pensieri.
E se non sarebbe riuscito ad adempiere il suo compito da custode? Se fosse accaduto qualcosa a Kristen, sarebbe diventato un angelo malvagio… un demone?
Ne aveva sentito parlare parecchie volte durante la sua permanenza sulle nuvole.
 
 
 
-Esistono davvero, Altair? Con la pelle cadaverica, ali da pipistrello, corna e tutto il resto?
- Certo, mio caro ragazzo. – L’angelo dalle ali dorate aveva gli occhi lucidi, esprimevano dolore, compassione e rabbia nello stesso momento.
- I demoni solo creature malefiche, con un aspetto umano e non deformato, a differenza delle credenze terrene. I demoni sono angeli che si sono ribellati o custodi che non sono riusciti a proteggere le persone assegnate a loro. Quando questo accade, le ali diventano nere per poi scomparire e gli occhi divengono scarlatti come il sangue; per gli angeli ribelli, invece, le ali diventano rosse e la pelle muta fino a divenire color della cenere. Il fascino e la libidine trasudano dal loro sguardo, i loro movimenti esprimono forza e sensualità. Sulla Terra sono visti come dei comuni esseri umani, solo agli occhi degli angeli o di altre creature sovrannaturali si mostra il loro vero aspetto.
- Deve essere uno spettacolo agghiacciante. Cosa può esserci di bello nel desiderare una vita dannata? Cosa potrebbe darti più di una vita beata? La lussuria, la gloria, il desiderio, e altre cose superficiali?
- Magari tutti gli angeli la pensassero così… Comunque, ancora devo terminare.
Per finire ci sono gli Antichi. I demoni veri. Con la pelle bianca come perle, o nera come pece, occhi azzurro ghiaccio, ali di drago. Ma loro, loro offrono il peggio di sé stessi quando sono arrabbiati: spuntano lunghi artigli e lunghe corna, sono capaci di controllare le masse nuvolose e il fuoco con quell’aspetto. Per nostra fortuna, non possono lasciare il Mondo di Sotto. E’ un’antica regola promulgata durante l’Esecuzione.
- Che succede se viene infranta?
- Ovviamente, muori.
 
 
Dave ricordava bene quella conversazione. Da lì aveva cominciato a disprezzare i demoni, portatori di malaugurio, di morte, di malvagità. Aveva compreso fino in fondo che la sua natura e compito di angelo doveva restare pura per rimanere tale.
Se fosse diventato un demone contro la sua volontà, probabilmente si sarebbe diretto di propria volontà alla Morte. Almeno lì avrebbe potuto recuperare la memoria, così gli avevano spiegato, ma la sua era stata una morte violenta. Non l’avrebbe mai recuperata laggiù, ed inoltre lui amava aiutare qualcuno. Era una gioia per lui sapere che era utile, almeno da morto. E magari avrebbe avuto il tempo di fare qualche ricerca con i suoi superpoteri angelici.
 
Kris si era alzata, era finita la lezione. Dave si diresse subito da lei, non voleva lasciarla un attimo da sola.
- Che fai, mi segui? – La voce della ragazza tremava. Aveva… paura?
- Io non ti seguo, io cammino affianco a te, o dietro di te.
- Beh, allora perché non riesco a fidarmi di te se dici di…-
Kristen era inciampata sulle scale e stava per rompersi il naso, ed ecco Dave si interpose tra la ragazza e il pavimento, attutendo la caduta. Dopodiché, la fece alzare e non riusciva più a toccarla.
L’angelo si guardò le mani, incuriosito. E poi diresse lo sguardo su quelle di Kris. Gli sembravano lisce.
- Grazie… ora direi che posso fidarmi di te.
- Non ce n’è bisogno. E’ il mio compito, dopotutto.
 
I due continuarono a camminare vicini, in silenzio. Era piuttosto imbarazzante, in realtà.
L’angelo si guardava intorno, pensando a qualche argomento su cui discutere.
- Perché hai deciso di laurearti in lingua e letteratura inglese?
- Perché vorrei fare la scrittrice, da grande. Sai, in realtà vengo da Sheffield, nel South Yorkshire, ma qui a New York ci sono più possibilità che abbia successo. Per prepararmi al meglio ad ogni evenienza, però, farò l’insegnante. Non si sa mai, giusto?
- Sì… giusto.
 
Un'altra domanda si fece spazio nella mente di David.
Un altro punto interrogativo erano quei fili rossi.
Non riusciva ancora a capire a cosa servissero, perché fossero comuni a tutte le persone.
Osservava le loro mani, i loro mignoli sinistri, tutti con un filo invisibile al resto del mondo.

L’angelo si fermò in mezzo al corridoio. La ragazza si girò verso di lui con uno sguardo confuso e accigliato, chiedendogli perché si fosse fermato.
Dave si rese conto della verità. Aveva capito che la sua non era stata un’assegnazione casuale.
Quel filo lo indossavano tutte le persone, tranne una.
Kristen.







 
*spazio autrice*
Salve a tutti! Innanzitutto voglio scusarmi per l'assenza, ma ho avuto parecchi impegni tra volantinaggio, il bar di mio padre, il mare e un compleanno parecchio speciale.
Da oggi in poi non ci saranno più assenze così prolungate senza preavviso, prometto.
Questo capitolo l'avrò riscritto due volte perché non mi convinceva mai del tutto, adesso sono abbastanza soddisfatta. E' passabile, dai. Senza contare che è più lungo dei precedenti!
Direi che sia giusto, i capitoli "tranquilli" sono giunti al termine, ora si entra nella storia vera e propria! Avreste mai pensato che Kristen non avesse il filo?
Ah, per quanto riguarda quest'argomento, sappiate che la storia del filo non è di mia invenzione, mi sono ispirata ad una leggenda orientale.
Tornando a noi, perché la ragazza non ha il filo? Dai, vorrei sapere qual è la vostra supposizione u.u anche se avrete la risposta tra qualche capitolo...
Direi che ora debba dileguarmi, mi sono dilungata troppo xD

Saluto e ringrazio zaynsloudvoice (cugy, ti adoro), kekkogas, i love penguin (scrittrice bravissima, passate da lei se vi va!), LolaMilka97 (bradipa! <3) e saitou catcher (che è sempre gentile e mi fa sapere cosa pensa di ogni capitolo).


Un saluto a tutti!
 
__Panda

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4.
 
- Kristen... Conosci qualcosa riguardo dei fili rossi?
La domanda fu posta spontaneamente. Dave finalmente collegava alcuni dei diversi pezzi del puzzle che si era creato nel momento in cui gli era stato imposto di tornare sul mondo terreno.
 
-Beh Dave, in realtà avevamo intenzione di sfruttare il tuo talento nascosto.
-Signore, non capisco.
-Capirai a tempo debito. Ma soprattutto, capirai quando tornerai lì. Perché tu devi tornarci, Dave. Volente o nolente.

 
Cosa c’era di strano in Kristen? Perché proprio lei, e non il suo professore? Il suo vicino di banco? Un abitante del Kenya?
Era l’unica a non possedere quel filo?
Evidentemente era così, perché la consapevolezza lo stava travolgendo. Più guardava gli altri alunni del college, più si rendeva conto che era davvero così. Il suo dovere era aiutarla, quindi doveva aiutarla a cercare il suo filo anche in capo al mondo.

- Si usano per fare i vestiti. “Ago e filo”, mai sentito? Anche tu li indossi… Come hai detto che ti chiami?
- David. David Lewis, ma tutti mi chiamano Dave.
- Chiamano?
- Non sono l’unico custode, sai. Ti facevo più intelligente.
- Non insultarmi, sono riuscita ad entrare in un college americano con una borsa di studio dal valore non indifferente. Adesso ho un’altra lezione, vieni che entriamo in classe.
 
Come in precedenza, Dave si sedette in fondo alla stanza per pensare. Stessa scena, stesse domande che percorrevano la sua testa.
Poi si accese una lampadina. La biblioteca, piena di libri, enciclopedie, storie di ogni genere. Forse lì poteva trovare una risposta, lì poteva esserci qualcosa riguardante i filamenti scarlatti che in quel momento si trovavano tutti sul pavimento dell’aula e si dirigevano chissà dove.
Dave si alzò subito, dicendo a Kristen che sarebbe andato in biblioteca.
 
L’angelo si trovava ancora una volta a dover attraversare l’enorme città, questa volta con le sue immacolate ali. Era divertente per lui sentirsi in missione. Volava in direzione della Biblioteca Pubblica di Brooklyn, con l’adrenalina in corpo e le farfalle nello stomaco, anche se si sentiva uno stupido. In fondo, doveva solo svolgere una ricerca.
Arrivato in biblioteca, si annunciò senza essere né visto, né ascoltato. Ennesima conferma del suo essere invisibile. Allora, incurante di tutte le persone che si trovavano lì, cominciò a cercare il reparto “Sovrannaturale” o qualcosa di simile. Cercò di afferrare un libro sugli angeli, ma esso non si spostò dallo scaffale su cui si trovava. Continuava a trovarsi dov'era, immobile, con le mani del povero angioletto che cercava disperatamente di prenderlo. Provò svariate volte con scarsi risultati, che aveva ottenuto pensando fortemente che doveva aiutare Kristen. Dave, allora, si concentrò solo su questo pensiero, e una copia fantasma del libro si diresse autonomamente verso il tavolo. L’angelo, soddisfatto, sfogliava le pagine con attenzione. Ma lì non c’era niente riguardo l’argomento che cercava, quindi posò una mano tra i capelli per ravvivarli, gesto che faceva ogni qualvolta il nervosismo si faceva vivo dentro di sé. Continuò a cercare in tutto il reparto, consumando tre ore buone, senza aver risolto un granché.
 
Erano le undici del mattino, quindi passò il resto della mattinata a cercare in biblioteca. Ad ogni libro inutilmente sfogliato, la calma e la pazienza di David si spegnevano poco alla volta. Quando il ragazzo si arrese erano le due, quindi decise di volare fino all’università. Kristen lo aspettava sul marciapiede, con una borsa tutt’altro che leggera sulla spalla sinistra e dei libri sul braccio destro. Allora David le prese la borsa e volò verso casa, con lo sguardo stupefatto della ragazza addosso. La risata dell’angelo raggiunse l’orecchio di Kristen, che scosse la testa divertita, e che poi continuò a guardare il cielo durante tutto il tragitto. Dopotutto non era così male, quel Dave.
 
 - Sono libera solo per il pranzo, dopo devo tornare al college.
- Grazie per l’informazione, quanto tempo abbiamo per parlare tranquillamente?
- Direi circa un’oretta. Devi dirmi qualcosa di importante?
Dirglielo o non dirglielo? Era il caso di fornire una preoccupazione a Kristen? Forse quei fili non avevano alcun significato, forse l’angelo si tormentava su una questione inutile, ma pensava che il fatto che la sua assegnata non possedesse la cordicella non fosse una semplice coincidenza.
Dirglielo o non dirglielo?
Dave pensava che sarebbe stato meglio cercare di contattare un altro Custode, o, ancora meglio, Altair. Lui aveva sempre una risposta.
Una volta gli avevano spiegato la procedura, ma era così complicata che non ricordava niente di importante al riguardo.
Allora, forse, era essenziale mettere al corrente Kristen.
Ma Dave voleva mettersi alla prova, in fondo era lui il suo protettore, e decise che quello sarebbe stato il suo primo vero compito da custode quale era.
- Niente in particolare, che ne dici di conoscerci meglio? Credo che dovremo passare il resto della tua vita insieme. Ma non ti preoccupare, se dovrai fare qualcosa di privato sarò più che lieto di andare a fare una passeggiata  o volata dell’isolato per un’oretta… Basta avvertirmi.
- Ma sei scemo?
- Ehi, non ho detto nulla di strano.- Il tono del ragazzo si era fatto più malizioso, quello della ragazza, invece, era divertito.
- Penso che dovremmo cercare di conoscerci poco alla volta. Che senso ha finire tutti gli argomenti adesso? Se abbiamo tutta una vita davanti…
- Giusto, ottima osservazione.
Arrivati in cucina, Kristen si accingeva a preparare il pranzo. Prese un’insalata e cominciò a lavarla, dopodiché dispose le foglie in due ciotole, in cui versò anche del mais e del tonno in scatola, per poi condirle.
- Perché prepari due ciotole?
- Non hai fame, Dave?
- No, noi angeli non abbiamo bisogno di mangiare. Credo che se provassi a mangiare, troveresti foglie, mais e tonno sulla sedia.
- Ah. Meglio, vorrà dire che avrò un’insalata intera tutta per me.
- Perché mangi come le pecore?
- Preferisco una sana insalata alle patatine fritte, e la frutta ai dolci. Non credo sia tanto strano voler mangiare sano.
- Come vuoi. Forse dovresti provare a dire “Beeeeh”, sai, per abituarti al pecorinismo.
- Molto simpatico, davvero.
Passarono qualche minuto in silenzio, in cui Kristen mangiava soddisfatta la sua insalata mista.
- Ok, la verità è che sono a dieta. Vorrei strafogare un’intera torta al cioccolato, ma devo dimagrire di qualche chilo prima dell’estate – dichiarò sbuffando la giovane.
 
Dopo un’ora passata a sorbirsi i discorsi di Dave sull’anoressia, Kristen si alzò dal tavolo e si diresse nella sua camera. Accese il computer con il suo custode alle spalle.
- Me lo chiedo da quando l’ho visto, cos’è quest’aggeggio?
- Davvero non sai cos’è? Da quanto tempo sei un angelo? A proposito… come si diventa angeli?
- Non è un processo altamente complesso. Di solito le persone che muoiono in modo violento, che lasciano dei conti in sospeso sulla Terra, o quelle dotate di un animo particolarmente buono diventano angeli. Quindi, in sostanza, bisogna morire.
La ragazza era visibilmente dispiaciuta per aver posto quella domanda, in quanto credeva di aver turbato Dave in qualche modo. Ma lui continuava a sorriderle, e questo la rincuorò.
- Suppongo che tu sia passato a miglior vita nel primo dopoguerra, dato che non sai cos’è un computer.
- Quello è un computer? Sul serio? Prima di morire, stavo vivendo gli anni ottanta. Ai miei tempi i computer somigliavano a delle scatole, invece questo sembra molto… moderno. Sottile, luminoso e di grande impatto.
- Allora non conosci nemmeno internet, suppongo.
-Supponi male stavolta, ai miei tempi esisteva, ma non era di pubblico dominio. Questo vuol dire che tutte le persone possono usare internet?
- Sì, esatto. Guarda, adesso sto facendo il log-in su Facebook. Sai cos’è un social network?
 
I due passarono il resto dell’ora di pranzo a parlare di Twitter, Facebook e dei nuovi smartphone. Dave si sentiva in imbarazzo, perché per Kris doveva essere normale il fatto che i ragazzi della sua età conoscessero a fondo ogni tipo di oggetto tecnologico.
 
Passata l’ora libera, Kristen e David tornarono in college assieme, l'una per studiare, l’altro per usare i computer dell’Università ad insaputa della ragazza.
Dave prese coraggio, pensò intensamente a Kristen e si materializzò una copia fantasma di un computer con tanto di scrivania.
Le dita del ragazzo presero a muovere il mouse, aprirono il browser di internet, e poi digitarono “filo rosso”.
Come per magia agli occhi dell’angelo, tutte le informazioni possibili e immaginabili si presentarono ai suoi occhi.
Dave scorreva tutti i risultati e i suoi occhi si posarono su uno in particolare, che diceva “filo rosso del destino”.
Forse la verità era più vicina di quanto potesse immaginare.



*spazio autrice*

Salve a tutti! Sono riuscita ad aggiornare in tempo stavolta. u.u
Questo è un capitolo di passaggio, in cui vediamo i due protagonisti che si conoscono meglio e Dave che fa una rivelazione scioccante del suo passato. 
Ed inoltre, la scoperta di internet. xD 
Prossimamente arriveranno altri personaggi, so che così la storia può rivelarsi un po' noiosa.
Spero che questo capitolo vi piaccia, fatemi sapere con una recensione!


__Panda

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