Magnolia

di Lully Cullen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Magnolia Bakery ***
Capitolo 2: *** Cassandra. ***
Capitolo 3: *** Kate-Cake ***
Capitolo 4: *** Stay the night ***



Capitolo 1
*** The Magnolia Bakery ***


 

E’ inutile dirvi quanto io sia dispiaciuta di avervi mollato in asso così.
Inutile, come cercare di fornire qualche scusa valida. Scuse non ne ho, ho passato momenti bui, come ne passate tutte, solo che alcune sono in grado di affrontarli, e vanno avanti, altre invece, come me,  si ritirano in religioso silenzio nella loro bolla.
Ho lasciato perdere la scrittura, dedicandomi allo studio, alle nuove amicizie, alle nuove esperienze, cose che a lungo andare mi hanno fatto diventare piatta.
Mi scuso con tutte voi, e anzi, vi ringrazio se leggendo il mio nome, avete aperto la storia.
Spero che mi seguirete in questa nuova avventura, e nel caso sparissi da un momento all’altro senza spiegazioni, avete tutti i diritti di prendermi a male parole.
Non so se, e quando riprenderò le altre storie. Spero possiate capirmi.
Lully.
- Smettila di mangiare dolci, o prima o poi sfoderai quella sedia – 
- Jeremy, qualcuno ha chiesto il tuo parere? – mormorai mettendo in bocca un pezzettino di cioccolata ripiena di mou e biscotto.
- Come se non sapessi le vostre paranoie, donna. Tutte che vi lamentate della prova costume imminente. – Sospirai, mentre Jeremy si apprestava ad infornare il pan di spagna che avrebbe poi utilizzato per la torta di ribes e lamponi.
Jeremy era uno dei pasticceri più bravi di New York, e aveva aiutato a migliorare la fama già nota della “ Magnolia Bakery “ , le sue creazioni erano tra le più apprezzate in tutta la grande mela, poteva starsene lì , ore intere , a mettere ingredienti a caso, assaggiare, e ricominciare nel caso che la sua nuova creatura non lo soddisfacesse, ma l’impegno e la passione lo ripagavano sempre con dolci che , a me , facevano tremare le ginocchia. Assaggiare uno dei suoi dolci era quasi qualcosa di extrasensoriale.
Jeremy Parker, è tutto il contrario di ciò che potrebbe sembrare; è sì un rockettaro, ma ha un cuore dolce come un cupcake, gli occhi azzurri e i capelli biondi lo rendono sexy, e la cosa più bella è vederlo mentre cucina cantando a squarciagola le canzoni della sua band. Si può quasi dire che oltre al suo aspetto, a renderlo sexy è anche il suo odore, è come se la sua pelle emanasse un costante odore di cannella, cacao e meringa. 
- Potresti smetterla di ronzarmi intorno? Anche se apprezzo il fatto che tu non sia immune al mio fascino,io dovrei comunque lavorare. – mormorò iniziando a sbattere con la frusta la crema ai lamponi.
- Smettila di fare lo spaccone Jerm, il mio turno inizia tra esattamente- guardai l’orologio appeso al muro color panna con striature marroni, e sospirai notando che erano già le cinque del pomeriggio – adesso. Beh, ci vediamo dopo Jerm, ciao ragazzi! – salutai il resto della truppa.
- Ciao Bella.
La Magnolia Bakery era molto accogliente e spaziosa, e mentre la cucina era sui toni del panna e del marrone, la sala interna era color corallo con sedie di vimini e divanetti, mentre i tavoli erano di vetro. 
- Bella – Angela spuntò con un vassoio pieno di dolci, con qualche tazza di caffè. – potresti andare a prendere le ordinazioni del tavolo cinque? – annuii e armata di block notes e penna, mi incamminai verso il tavolo cinque, al quale erano seduti una bambina, una donna dai capelli ramati, e un ragazzo dallo stesso colore di capelli.
- Salve, siete pronti per ordinare? – La donna spostò lo sguardo furioso dal ragazzo, e poi mi sorrise. 
- Si, grazie. Per me una fetta di cheesecake ai frutti di bosco, per te Edward? – lui per tutta risposta scosse il capo e iniziò a picchiettare l’indice sul vetro del tavolo. La donna si limitò a sospirare  e poi si rivolse alla bambina – Per te Cass? – la bambina guardò l’enorme vetrata di dolci e sorrise. –C’è quella buona torta alle fragole che quando poi la tagli esce quella montagna di cioccolata? – domandò iniziando a dondolare le gambe, con un’aria sognante. Quasi quasi mi fece venire l’acquolina in bocca.
- Certo che c’è, te la porto subito. Con permesso – mi congedai e tornai per preparare l’ordinazione.
- Bells, sai l’ultima? – Jessica si avvicinò a me e mi sorrise, posando le mani sul bancone e guardandosi intorno. Scossi il capo e afferrai il piattino bianco, pronta a sentire il suo ultimo pettegolezzo.- Ho sentito che Margaret e Alfred sono in crisi, oggi litigavano di brutto. Secondo me si lasciano.- decretò con nochalance scuotendo il capo.
- Smettila di spettegolare e vai a prendere i dolci che sono usciti, Jeremy ti sta chiamando da dieci minuti – Disse Angela guardandola in malo modo. Sospirai e guardai Jess che lasciava la sala, dirigendosi in cucina. 
- Stavo per prenderla a calci nel sedere – ringhiai. -Non ha rispetto per nessuno, diamine.- Afferrai i piattini e li portai al tavolo cinque.
- Devi smetterla di fare come vuoi tu, Edward. Ti metti sempre nei casini, un giorno fai una rissa, e il giorno dopo un’altra. Non capisci che ci fai preoccupare? Senza contare che prima o poi finirà male, se continui così. Smettila di frequentare quella compagnia.- Il ragazzo sorrise e si mise una mano tra i capelli.
- Scusate, ecco le vostre ordinazioni – mi intromisi, porgendo loro i dolci. Sorrisi e iniziai a sparecchiare il tavolo vicino al loro.
- Smettila mamma, ormai sono abbastanza grande da cavarmela da solo. –
- Così non lo riporterai in vita, Edward! Tuo padre non sarebbe fiero di te! – tuonò la donna, incenerendo il figlio con lo sguardo, mentre la sua voce si incrinava.
- Non capisci niente, mamma, niente! – strisciò la sedia, e se ne andò, chiudendo la porta con una botta secca, producendo un rumore assordande.
Non seppi con certezza se era stata la porta a produrre quel tonfo, o il cuore della donna.
- Io vado Bells, ci vediamo domani! Mi raccomando, chiudi tutto. – disse tirandomi un buffetto sulla testa.
- Certo, buonanotte Jerm! – lo salutai, mettendo l’ultima sedia a posto. Di sera la pasticceria era così silenziosa, che sembrava quasi inquietante, anche se io adoravo il silenzio. Beh, di certo in quel momento, mentre passavo l’aspirapolvere, non si poteva di certo dire che fosse proprio silenziosa.
- Ah, finito – mormorai togliendomi il grembiule e afferrando la torta con la ganache alla nocciola che mi aveva preparato Jeremy. Chiusi la porta di vetro, e poi la serranda, incamminandomi nella New York notturna. 
L’aria primaverile stava lasciando spazio al caldo estivo, nonostante fosse il cinque maggio, c’era un caldo veramente soffocante, sì, stanotte avrei dormito con la maglia di Charlie.
Sorrisi,vedendo che il posto dove avevo parcheggiato era sempre più vicino, ma il mio sorriso si spense, sentendo il rumore di una bottiglia che si rompeva, e degli insulti sputati.
 Affrettai il passo, iniziai quasi a correre e quando arrivai davanti al mio pick up impallidii, vedendo una figura seduta a terra e appoggiata con la schiena allo sportello.
Era il ragazzo di oggi, Edward.
Misi malamente la torta di Jeremy sulla cappotta e mi abbassai all’altezza del ragazzo, la sua faccia era piena di sangue, cercai di farlo rinvenire ma con scarsi risultati.
- Cazzo, ti porto all’ospedale .- Misi il suo braccio intorno alle mie spalle, e cercai di tirarlo su con forza.
- No, all’osp – Tossì e scosse il capo – all’ospedale no – continuò, fece un po’ di resistenza, cercando di allontanarsi, ma barcollò.
- Senti supereroe, cosa dovrei fare? – sbottai impaurita, in preda all’ansia. – Ti porto da me ,-  le mie mani andarono tra i miei capelli,tirandoli indietro, in preda al nervosismo – ma se succede qualcosa, ti ci porto a calci in culo all’ospedale.
Lo caricai in auto, domandandomi se portarlo nel mio appartamento fosse la cosa giusta e sospirai, prendendomi il naso tra l’indice e il pollice. Poi fissai il moribondo vicino a me e scossi il capo. Che Dio mi aiuti.

E’ inutile dirvi quanto io sia dispiaciuta di avervi mollato in asso così.Inutile, come cercare di fornire qualche scusa valida. Scuse non ne ho, ho passato momenti bui, come ne passate tutte, solo che alcune sono in grado di affrontarli, e vanno avanti, altre invece, come me,  si ritirano in religioso silenzio nella loro bolla.Ho lasciato perdere la scrittura, dedicandomi allo studio, alle nuove amicizie, alle nuove esperienze, cose che a lungo andare mi hanno fatto diventare piatta.Mi scuso con tutte voi, e anzi, vi ringrazio se leggendo il mio nome, avete aperto la storia.Spero che mi seguirete in questa nuova avventura, e nel caso sparissi da un momento all’altro senza spiegazioni, avete tutti i diritti di prendermi a male parole.Non so se, e quando riprenderò le altre storie. Spero possiate capirmi.
Lully.

 



MAGNOLIA

Capitolo 1.




- Smettila di mangiare dolci, o prima o poi sfoderai quella sedia – 

- Jeremy, qualcuno ha chiesto il tuo parere? – mormorai mettendo in bocca un pezzettino di cioccolata ripiena di mou e biscotto.

- Come se non sapessi le vostre paranoie, donna. Tutte che vi lamentate della prova costume imminente. – Sospirai, mentre Jeremy si apprestava ad infornare il pan di spagna che avrebbe poi utilizzato per la torta di ribes e lamponi.

Jeremy era uno dei pasticceri più bravi di New York, e aveva aiutato a migliorare la fama già nota della “ Magnolia Bakery “ , le sue creazioni erano tra le più apprezzate in tutta la grande mela, poteva starsene lì , ore intere , a mettere ingredienti a caso, assaggiare, e ricominciare nel caso che la sua nuova creatura non lo soddisfacesse, ma l’impegno e la passione lo ripagavano sempre con dolci che , a me , facevano tremare le ginocchia.

Assaggiare uno dei suoi dolci era quasi qualcosa di extrasensoriale.Jeremy Parker, è tutto il contrario di ciò che potrebbe sembrare; è sì un rockettaro, ma ha un cuore dolce come un cupcake, gli occhi azzurri e i capelli biondi lo rendono sexy, e la cosa più bella è vederlo mentre cucina cantando a squarciagola le canzoni della sua band. Si può quasi dire che oltre al suo aspetto, a renderlo sexy è anche il suo odore, è come se la sua pelle emanasse un costante odore di cannella, cacao e meringa.

 - Potresti smetterla di ronzarmi intorno? Anche se apprezzo il fatto che tu non sia immune al mio fascino,io dovrei comunque lavorare. – mormorò iniziando a sbattere con la frusta la crema ai lamponi.

- Smettila di fare lo spaccone Jerm, il mio turno inizia tra esattamente- guardai l’orologio appeso al muro color panna con striature marroni, e sospirai notando che erano già le cinque del pomeriggio – adesso. Beh, ci vediamo dopo Jerm, ciao ragazzi! – salutai il resto della truppa.

- Ciao Bella.

La Magnolia Bakery era molto accogliente e spaziosa, e mentre la cucina era sui toni del panna e del marrone, la sala interna era color corallo con sedie di vimini e divanetti, mentre i tavoli erano di vetro. 

- Bella – Angela spuntò con un vassoio pieno di dolci, con qualche tazza di caffè. – potresti andare a prendere le ordinazioni del tavolo cinque? – annuii e armata di block notes e penna, mi incamminai verso il tavolo cinque, al quale erano seduti una bambina, una donna dai capelli ramati, e un ragazzo dallo stesso colore di capelli.

- Salve, siete pronti per ordinare? – La donna spostò lo sguardo furioso dal ragazzo, e poi mi sorrise. - Si, grazie. Per me una fetta di cheesecake ai frutti di bosco, per te Edward? – lui per tutta risposta scosse il capo e iniziò a picchiettare l’indice sul vetro del tavolo. La donna si limitò a sospirare  e poi si rivolse alla bambina – Per te Cass? – la bambina guardò l’enorme vetrata di dolci e sorrise. –C’è quella buona torta alle fragole che quando poi la tagli esce quella montagna di cioccolata? – domandò iniziando a dondolare le gambe, con un’aria sognante. Quasi quasi mi fece venire l’acquolina in bocca.

- Certo che c’è, te la porto subito. Con permesso – mi congedai e tornai per preparare l’ordinazione.

- Bells, sai l’ultima? – Jessica si avvicinò a me e mi sorrise, posando le mani sul bancone e guardandosi intorno. Scossi il capo e afferrai il piattino bianco, pronta a sentire il suo ultimo pettegolezzo.- Ho sentito che Margaret e Alfred sono in crisi, oggi litigavano di brutto. Secondo me si lasciano.- decretò con nochalance scuotendo il capo.

- Smettila di spettegolare e vai a prendere i dolci che sono usciti, Jeremy ti sta chiamando da dieci minuti – Disse Angela guardandola in malo modo. Sospirai e guardai Jess che lasciava la sala, dirigendosi in cucina. 

- Stavo per prenderla a calci nel sedere – ringhiai. -Non ha rispetto per nessuno, diamine.- Afferrai i piattini e li portai al tavolo cinque.

- Devi smetterla di fare come vuoi tu, Edward. Ti metti sempre nei casini, un giorno fai una rissa, e il giorno dopo un’altra. Non capisci che ci fai preoccupare? Senza contare che prima o poi finirà male, se continui così. Smettila di frequentare quella compagnia.- Il ragazzo sorrise e si mise una mano tra i capelli.

- Scusate, ecco le vostre ordinazioni – mi intromisi, porgendo loro i dolci. Sorrisi e iniziai a sparecchiare il tavolo vicino al loro.- Smettila mamma, ormai sono abbastanza grande da cavarmela da solo. –

- Così non lo riporterai in vita, Edward! Tuo padre non sarebbe fiero di te! – tuonò la donna, incenerendo il figlio con lo sguardo, mentre la sua voce si incrinava.- Non capisci niente, mamma, niente! – strisciò la sedia, e se ne andò, chiudendo la porta con una botta secca, producendo un rumore assordande.

Non seppi con certezza se era stata la porta a produrre quel tonfo, o il cuore della donna.


- Io vado Bells, ci vediamo domani! Mi raccomando, chiudi tutto. – disse tirandomi un buffetto sulla testa.

- Certo, buonanotte Jerm! – lo salutai, mettendo l’ultima sedia a posto. Di sera la pasticceria era così silenziosa, che sembrava quasi inquietante, anche se io adoravo il silenzio. Beh, di certo in quel momento, mentre passavo l’aspirapolvere, non si poteva di certo dire che fosse proprio silenziosa.

- Ah, finito – mormorai togliendomi il grembiule e afferrando la torta con la ganache alla nocciola che mi aveva preparato Jeremy. Chiusi la porta di vetro, e poi la serranda, incamminandomi nella New York notturna.

 L’aria primaverile stava lasciando spazio al caldo estivo, nonostante fosse il cinque maggio, c’era un caldo veramente soffocante, sì, stanotte avrei dormito con la maglia di Charlie.Sorrisi,vedendo che il posto dove avevo parcheggiato era sempre più vicino, ma il mio sorriso si spense, sentendo il rumore di una bottiglia che si rompeva, e degli insulti sputati. Affrettai il passo, iniziai quasi a correre e quando arrivai davanti al mio pick up impallidii, vedendo una figura seduta a terra e appoggiata con la schiena allo sportello.

Era il ragazzo di oggi, Edward.

Misi malamente la torta di Jeremy sulla cappotta e mi abbassai all’altezza del ragazzo, la sua faccia era piena di sangue, cercai di farlo rinvenire ma con scarsi risultati.

- Cazzo, ti porto all’ospedale .- Misi il suo braccio intorno alle mie spalle, e cercai di tirarlo su con forza.

- No, all’osp – Tossì e scosse il capo – all’ospedale no – continuò, fece un po’ di resistenza, cercando di allontanarsi, ma barcollò.

- Senti supereroe, cosa dovrei fare? – sbottai impaurita, in preda all’ansia. – Ti porto da me ,-  le mie mani andarono tra i miei capelli,tirandoli indietro, in preda al nervosismo – ma se succede qualcosa, ti ci porto a calci in culo all’ospedale.

Lo caricai in auto, domandandomi se portarlo nel mio appartamento fosse la cosa giusta e sospirai, prendendomi il naso tra l’indice e il pollice. Poi fissai il moribondo vicino a me e scossi il capo. Che Dio mi aiuti.

 

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Capitolo 2
*** Cassandra. ***


 

Buongiorno ragazze! 
Eccomi ad aggiornare " Magnolia ", come promesso, sono ancora qui. Le storie in sospeso saranno riprese dopo il 20, dato che ho un esame quel giorno.
Inizierò ad aggiornare " Love in Progress " ;)
Ringrazio le due persone che hanno recensito, e le numerose lettrici che hanno messo la storia tra le seguite e i preferiti.
Recensite, mi fa piacere se lo fate, davvero.
Ah, ho cambiato la narrazione dalla prima alla terza persona, mi trovo meglio così, posso farvi capire gli stati d'animo di Bella ed Edward contemporaneamente, a me piace come soluzione, non so se per voi va bene, fatemi sapere!
Buona lettura.
a Sabato\Domenica prossima.
Lully.
Isabella si svegliò all'alba, con un dolore lancinante alla spalla sinistra, la luce mattutina entrava nel salone, riflettendo sulle pareti un colore aranciato, quasi corallo. Dalle sue labbra uscì un borbottìo quasi indefinito e si stiracchiò, digrignando i denti. Sicuramente dormire sul divano non era stato di aiuto, dopo aver portato per quattro rampe di scale quel giovane ragazzo a peso morto. Ad Isabella era quasi venuto il voltastomaco quando aveva dovuto ripulirgli la faccia totalmente tumefatta, ogni strato di sangue che rimaneva sul cotone impregnato di alcool era un conato di vomito che Bella sopprimeva. Non era colpa sua, era proprio la vista del sangue a renderla una femminuccia, infatti le veniva sempre il batticuore e poi finiva per svenire, anzi, questa volta era fiera di se stessa, aveva soccorso il ragazzo, Edward, senza finire come una pappamolle sul pavimento. 
Si alzò dal divano e si diresse in cucina, prese una tazza e ci versò del latte, domandandosi che problemi potesse avere Edward. La mattina prima, al bar,le era sembrato uno di quei soliti attaccabrighe, poi per un momento, aveva scorto qualcosa in quegli occhi color giada, una sofferenza che era uscita nel momento in cui la madre aveva parlato del padre ormai defunto. Era logico che ogni figlio, alla pedita di uno dei suoi genitori, si sentisse smarrito, erano dei punti di riferimento, e Dio solo sa cosa aveva provato Isabella quando Renèe era morta a causa di un tumore al seno.
Si era ritrovata a dover andare avanti da sola, con il padre a distanza di chilometri. Certo, Charlie le aveva più volte proposto di tornare lì da lui, a Forks, ma ad Isabella quella piccola cittidina dispersa nello stato di Washington, non piaceva proprio, troppo piccola, umida e fredda, da poter sopportare.
Così, con il cuore a pezzi, si era rimboccata le maniche, e ora eccola lì, a New York, pronta per iniziare il suo primo anno di college. 
Posò la sua tazza all'interno del lavandino e si diresse nella sua camera da letto, che al momento ospitava il ragazzo dai capelli rossicci.
Lo trovò sveglio, a fissare l'alba dalla finestra.
- Come stai ? - domandò Isabella, guardando le ampie spalle del ragazzo. All'improvviso si domandò quanti anni avesse, di sicuro non poteva essere più grande di lei, perchè gli atteggiamenti che aveva rispecchiavano un adolescente immaturo.
- Bene. -  
Neanche un grazie, Bella non si aspettava molto, ma un minimo di cortesia gliela doveva! Si ritrovò a stringere i pugni fino a far sbiancare le nocche, con l'improvvisa voglia di farlo ruzzolare per tutte le quattro rampe di scale che ieri aveva fatto portandolo su.
- Grazie, ragazza sconosciuta che mi hai gentilmente salvato e medicato, ti devo la mia vita, ti ringrazio per esserti quasi slogata una spalla, portandomi a peso morto per quattro rampe di scale in questo palazzo senza ascensore, non so proprio come sdebitarmi - Ironizzò Isabella, dicendogli quello che si era aspettata da lui.
- Non ti devo nessun ringraziamento, nessuno ti ha detto di aiutarmi. - La voce di Edward era atona, come se non gli importasse che fosse vivo in quel momento, come se non gli importasse di nulla.
- E a te, nessuno ti ha detto di venirti ad accasciare davanti la mia macchina, se non lo avessi fatto, a quest'ora non dovrei arrabbiarmi con un ragazzino stupido e maleducato! - ribattè piccata. Altro che rampe di scale, lo avrebbe buttato giù dalla finestra.
- Bada a come parli, io non sono affatto un ragazzino. Per quanto ne so potresti essere una poppante in confronto a me. -
- Quanti anni hai? Sedici, diciassette? - Isabella non si sarebbe fatta di certo mettere i piedi in testa da un cretino con un dramma familiare, anche lei ne aveva avuti, eppure non si era messa ad imitare Roky Balboa in strada! Edward dal suo canto si stava innervosendo, se non fosse stata una ragazza, l'avrebbe già mandata al tappeto da un pezzo, anche se nelle condizioni in cui si trovava era piuttosto difficile che potesse centrare il bersaglio. 
- Diciannove - Abbaiò, in preda alla collera più nera. Ma perchè quella cretina non lo aveva lasciato a terra ed era andata via? Sarebbe stato meglio essere investito da un bus in corsa piuttosto che avere a che fare con lei. 
- Bene, complimenti! Non so se farti i complimenti per il fatto che non li dimostri mentalmente o se farti i complimenti perchè dalla tua faccia ora non si capisce. - Ironizzò Isabella, cavolo, era più grande di lei. Vabbè era più grande di lei di qualche mese, non era un problema.
- Senti, mi stai facendo perdere la pazienza. - Edward si voltò verso di lei e si diresse verso la porta, Isabella sentì solo un tonfo, segno che quello scorbutico aveva lasciato il suo appartamento, così si ritrovò a sospirare, mentre l'arancio dell'alba stava lasciando spazio a un colore più giallognolo. 
--
- Un cretino, davvero! - L'odore di cioccolato impregnava le mura della cucina della " Magnolia Bakery", mentre dai forni si estendeva un odore inebriante di pan di spagna, insomma, in quella cucina regnava la pace dei sensi, o almeno era questa l'atmosfera che Jeremy Parker sentiva ogni mattina mentre preparava le sue specialità. Quella mattina però a stonare con la dolcezza zuccherosa di quell'ambiente, c'era Isabella, che in quel momento di dolce non aveva proprio nulla.
- E a te chi ti ha detto di portarlo a casa? - Le dita di Jeremy erano impegnate a scrivere " Sacher " sulla torta, era talmente concentrato che Isabella si stupì che avesse ascoltato anche una delle sue parole.
- Cosa avrei dovuto fare, lasciarlo lì, ed essere preda dei sensi di colpa tutta la vita? - prese un altro cupcake alla fragola e lo morse, pensando a Edward e alla sua stronzaggine.
- Potresti smetterla di mangiare i miei cupcake? Non è mangiando che quel ragazzo ti diventerà più simpatico. - Isabella finì di mangiare il suo quarto cupcake e incenerì Jeremy con lo sguardo, afferrò la Sacher e si alzò pronta a portarla al bancone.
- Smettetela di farmi innervosire, ho il ciclo - sbottò,prima di tornare in sala.
La pasticceria era provvista anche di una grande libreria, che molti usavano, e ciò rendeva felice Isabella,anche lei adorava leggere libri, vivere situazioni e avventure che lei mai e poi mai avrebbe vissuto, così si accontentava di sfogliare migliaia di volte quelle pagine ormai ingiallite e sciupate.
- Buongiorno - una bambina con la coda da cavallo si sedette con non poca fatica al bancone, cercando di sedersi sullo sgabello. Isabella la riconobbe subito, era la stessa bambina che ieri era con quello spocchioso di Edward, avevano lo stesso colore di occhi, la stessa giada che caratterizzava gli occhi del fratello.
- Ciao - Un sorriso le nacque spontaneo, vedendo l'aria imbronciata della bambina. - Cosa posso portarti? - 
- Un cornetto pieno di cioccolata, ma proprio pieno, e poi un del latte freddo. -  Isabella prese un cornetto, e le versò in un bicchierone, mettendoglielo davanti, la bambina però continuava a guardare l'entrata, come se aspettasse con ansia qualcuno.
- Aspetti qualcuno ? - Non riuscì a tenere a freno la lingua, Bella non era impicciona, era solo genuinamente curiosa, ed inoltre era sinceramente interessata al motivo per cui la bambina era triste.
- Mio fratello, ma anche stamattina non verrà. - Cassandra afferrò il suo cornetto, e lo morse, mentre gli occhi le diventavano lucidi. Isabella ebbe una stretta al cuore e posò una sua mano su quella della bambina, così piccola rispetto alla sua.
- Sono sicura che arriverà a momenti - Disse per rincuorarla, anche se avendo avuto a che fare con il soggetto in questione, Isabella pensò che forse aveva ragione lei, e lui non si sarebbe fatto vedere. - Ma sei venuta da sola? -
- No, mi ha accompagnata Joseph - rispose lei, indicando un signore con il completo nero, che era fuori dalla porta come un bodyguard. - L'autista. - spiegò Cassandra vedendo l'espressione smarrita della cameriera.  
- Isabella, mi potresti preparare un caffè per il tavolo otto? - Isabella annuì e si scusò  con la bambina, afferrò una tazzina, e aspettò che il caffè fosse pronto, diede la tazzina ad Angela e sentì la bambina scoppiare a ridere. Si voltò e vide Edward farle il solletico, per poi stamparle un sonoro bacio sulla guancia.
- Eddi - disse contenta Cassandra con un enorme sorriso, sorriso che si spense vedendo la faccia tumefatta del fratello. - Hai fatto di nuovo a botte? - Edward sospirò e le scompigliò i capelli affettuosamente. - Avevi promesso che quella sarebbe stata l'ultima volta! - sbottò con le lacrime agli occhi.
- Cassie.. - Il ragazzo dai capelli ramati sospirò, cercando di trovare una scusa plausibile da poter dire alla sorellina.
- Avevi anche detto che non avresti fatto più ritardo quando era il tuo turno di accompagnarmi a scuola. - continuò, mentre le lacrime iniziavano a scendere copiose, - e che avresti aiutato la mamma. Sei un bugiardo, un bugiardo! - disse prima di scendere dalla sedia, e correre verso Joseph, fuori. 
Isabella osservò la scena, immobile, mentre Edward sospirava e si prendeva i capelli tra le dita innervosito, e forse arrabbiato con se stesso.
- Ti è piaciuto lo spettacolo? - domandò a Bella, immobile, nel suo angolino.
- Mi dispiace - non riuscì a dire altro, non riusciva a spiegarsi perchè quel ragazzo si comportasse così con le persone che gli volevano bene.
- Non me ne faccio niente del tuo dispiacere - Disse Edward lasciando una banconota da cinque dollari sul bancone, andandosene senza salutare, proprio come aveva fatto quella mattina a casa di Isabella.

Buongiorno ragazze! Eccomi ad aggiornare " Magnolia ", come promesso, sono ancora qui.

Le storie in sospeso saranno riprese dopo il 20, dato che ho un esame quel giorno.Inizierò ad aggiornare " Love in Progress " ;)

Ringrazio le due persone che hanno recensito, e le numerose lettrici che hanno messo la storia tra le ricordate, le seguite e i preferiti.Recensite, mi fa piacere se lo fate, davvero.

Ah, ho cambiato la narrazione dalla prima alla terza persona, mi trovo meglio così, posso farvi capire gli stati d'animo di Bella ed Edward contemporaneamente, a me piace come soluzione, non so se per voi va bene, fatemi sapere!

Buona lettura.

A Sabato\Domenica prossima.

Lully.





Isabella si svegliò all'alba, con un dolore lancinante alla spalla sinistra, la luce mattutina entrava nel salone, riflettendo sulle pareti un colore aranciato, quasi corallo. Dalle sue labbra uscì un borbottìo quasi indefinito e si stiracchiò, digrignando i denti. Sicuramente dormire sul divano non era stato di aiuto, dopo aver portato per quattro rampe di scale quel giovane ragazzo a peso morto.

Ad Isabella era quasi venuto il voltastomaco quando aveva dovuto ripulirgli la faccia totalmente tumefatta, ogni strato di sangue che rimaneva sul cotone impregnato di alcool era un conato di vomito che Bella sopprimeva. Non era colpa sua, era proprio la vista del sangue a renderla una femminuccia, infatti le veniva sempre il batticuore e poi finiva per svenire, anzi, questa volta era fiera di se stessa, aveva soccorso il ragazzo, Edward, senza finire come una pappamolle sul pavimento. Si alzò dal divano e si diresse in cucina, prese una tazza e ci versò del latte, domandandosi che problemi potesse avere Edward. La mattina prima, al bar,le era sembrato uno di quei soliti attaccabrighe, poi per un momento, aveva scorto qualcosa in quegli occhi color giada, una sofferenza che era uscita nel momento in cui la madre aveva parlato del padre ormai defunto.

Era logico che ogni figlio, alla pedita di uno dei suoi genitori, si sentisse smarrito, erano dei punti di riferimento, e Dio solo sa cosa aveva provato Isabella quando Renèe era morta a causa di un tumore al seno.Si era ritrovata a dover andare avanti da sola, con il padre a distanza di chilometri. Certo, Charlie le aveva più volte proposto di tornare lì da lui, a Forks, ma ad Isabella quella piccola cittidina dispersa nello stato di Washington, non piaceva proprio, troppo piccola, umida e fredda, da poter sopportare.Così, con il cuore a pezzi, si era rimboccata le maniche, e ora eccola lì, a New York, pronta per iniziare il suo primo anno di college. 

Posò la sua tazza all'interno del lavandino e si diresse nella sua camera da letto, che al momento ospitava il ragazzo dai capelli rossicci.Lo trovò sveglio, a fissare l'alba dalla finestra.

- Come stai ? - domandò Isabella, guardando le ampie spalle del ragazzo. All'improvviso si domandò quanti anni avesse, di sicuro non poteva essere più grande di lei, perchè gli atteggiamenti che aveva rispecchiavano un adolescente immaturo.

- Bene. -  Neanche un grazie, Bella non si aspettava molto, ma un minimo di cortesia gliela doveva! Si ritrovò a stringere i pugni fino a far sbiancare le nocche, con l'improvvisa voglia di farlo ruzzolare per tutte le quattro rampe di scale che ieri aveva fatto portandolo su.

- Grazie, ragazza sconosciuta che mi hai gentilmente salvato e medicato, ti devo la mia vita, ti ringrazio per esserti quasi slogata una spalla, portandomi a peso morto per quattro rampe di scale in questo palazzo senza ascensore, non so proprio come sdebitarmi - Ironizzò Isabella, dicendogli quello che si era aspettata da lui.

- Non ti devo nessun ringraziamento, nessuno ti ha detto di aiutarmi. - La voce di Edward era atona, come se non gli importasse che fosse vivo in quel momento, come se non gli importasse di nulla.

- E a te, nessuno ti ha detto di venirti ad accasciare davanti la mia macchina, se non lo avessi fatto, a quest'ora non dovrei arrabbiarmi con un ragazzino stupido e maleducato! - ribattè piccata. Altro che rampe di scale, lo avrebbe buttato giù dalla finestra.

- Bada a come parli, io non sono affatto un ragazzino. Per quanto ne so potresti essere una poppante in confronto a me. -

- Quanti anni hai? Sedici, diciassette? - Isabella non si sarebbe fatta di certo mettere i piedi in testa da un cretino con un dramma familiare, anche lei ne aveva avuti, eppure non si era messa ad imitare Roky Balboa in strada! Edward dal suo canto si stava innervosendo, se non fosse stata una ragazza, l'avrebbe già mandata al tappeto da un pezzo, anche se nelle condizioni in cui si trovava era piuttosto difficile che potesse centrare il bersaglio. 

- Diciannove - Abbaiò, in preda alla collera più nera. Ma perchè quella cretina non lo aveva lasciato a terra ed era andata via? Sarebbe stato meglio essere investito da un bus in corsa piuttosto che avere a che fare con lei. - Bene, complimenti! Non so se farti i complimenti per il fatto che non li dimostri mentalmente o se farti i complimenti perchè dalla tua faccia ora non si capisce. - Ironizzò Isabella, cavolo, era più grande di lei. Vabbè era più grande di lei di qualche mese, non era un problema.

- Senti, mi stai facendo perdere la pazienza. - Edward si voltò verso di lei e si diresse verso la porta, Isabella sentì solo un tonfo, segno che quello scorbutico aveva lasciato il suo appartamento, così si ritrovò a sospirare, mentre l'arancio dell'alba stava lasciando spazio a un colore più giallognolo.

 --

 

- Un cretino, davvero! - L'odore di cioccolato impregnava le mura della cucina della " Magnolia Bakery", mentre dai forni si estendeva un odore inebriante di pan di spagna, insomma, in quella cucina regnava la pace dei sensi, o almeno era questa l'atmosfera che Jeremy Parker sentiva ogni mattina mentre preparava le sue specialità. Quella mattina però a stonare con la dolcezza zuccherosa di quell'ambiente, c'era Isabella, che in quel momento di dolce non aveva proprio nulla.

- E a te chi ti ha detto di portarlo a casa? - Le dita di Jeremy erano impegnate a scrivere " Sacher " sulla torta, era talmente concentrato che Isabella si stupì che avesse ascoltato anche una delle sue parole.

- Cosa avrei dovuto fare, lasciarlo lì, ed essere preda dei sensi di colpa tutta la vita? - prese un altro cupcake alla fragola e lo morse, pensando a Edward e alla sua stronzaggine.

- Potresti smetterla di mangiare i miei cupcake? Non è mangiando che quel ragazzo ti diventerà più simpatico. - Isabella finì di mangiare il suo quarto cupcake e incenerì Jeremy con lo sguardo, afferrò la Sacher e si alzò pronta a portarla al bancone.

- Smettetela di farmi innervosire, ho il ciclo - sbottò,prima di tornare in sala.


La pasticceria era provvista anche di una grande libreria, che molti usavano, e ciò rendeva felice Isabella,anche lei adorava leggere libri, vivere situazioni e avventure che lei mai e poi mai avrebbe vissuto, così si accontentava di sfogliare migliaia di volte quelle pagine ormai ingiallite e sciupate.

- Buongiorno - una bambina con la coda da cavallo si sedette con non poca fatica al bancone, cercando di sedersi sullo sgabello. Isabella la riconobbe subito, era la stessa bambina che ieri era con quello spocchioso di Edward, avevano lo stesso colore di occhi, la stessa giada che caratterizzava gli occhi del fratello.

- Ciao - Un sorriso le nacque spontaneo, vedendo l'aria imbronciata della bambina. - Cosa posso portarti? -

 - Un cornetto pieno di cioccolata, ma proprio pieno, e poi un del latte freddo. -  Isabella prese un cornetto, e le versò in un bicchierone, mettendoglielo davanti, la bambina però continuava a guardare l'entrata, come se aspettasse con ansia qualcuno.

- Aspetti qualcuno ? - Non riuscì a tenere a freno la lingua, Bella non era impicciona, era solo genuinamente curiosa, ed inoltre era sinceramente interessata al motivo per cui la bambina era triste.

- Mio fratello, ma anche stamattina non verrà. - Cassandra afferrò il suo cornetto, e lo morse, mentre gli occhi le diventavano lucidi. Isabella ebbe una stretta al cuore e posò una sua mano su quella della bambina, così piccola rispetto alla sua.

- Sono sicura che arriverà a momenti - Disse per rincuorarla, anche se avendo avuto a che fare con il soggetto in questione, Isabella pensò che forse aveva ragione lei, e lui non si sarebbe fatto vedere. - Ma sei venuta da sola? -

- No, mi ha accompagnata Joseph - rispose lei, indicando un signore con il completo nero, che era fuori dalla porta come un bodyguard. - L'autista. - spiegò Cassandra vedendo l'espressione smarrita della cameriera.

 - Isabella, mi potresti preparare un caffè per il tavolo otto? - Isabella annuì e si scusò  con la bambina, afferrò una tazzina, e aspettò che il caffè fosse pronto, diede la tazzina ad Angela e sentì la bambina scoppiare a ridere. Si voltò e vide Edward farle il solletico, per poi stamparle un sonoro bacio sulla guancia.

- Eddi - disse contenta Cassandra con un enorme sorriso, sorriso che si spense vedendo la faccia tumefatta del fratello. - Hai fatto di nuovo a botte? - Edward sospirò e le scompigliò i capelli affettuosamente. - Avevi promesso che quella sarebbe stata l'ultima volta! - sbottò con le lacrime agli occhi.

- Cassie.. - Il ragazzo dai capelli ramati sospirò, cercando di trovare una scusa plausibile da poter dire alla sorellina.- Avevi anche detto che non avresti fatto più ritardo quando era il tuo turno di accompagnarmi a scuola. - continuò, mentre le lacrime iniziavano a scendere copiose, - e che avresti aiutato la mamma. Sei un bugiardo, un bugiardo! - disse prima di scendere dalla sedia, e correre verso Joseph, fuori. Isabella osservò la scena, immobile, mentre Edward sospirava e si prendeva i capelli tra le dita innervosito, e forse arrabbiato con se stesso.

- Ti è piaciuto lo spettacolo? - domandò a Bella, immobile, nel suo angolino.

- Mi dispiace - non riuscì a dire altro, non riusciva a spiegarsi perchè quel ragazzo si comportasse così con le persone che gli volevano bene.

- Non me ne faccio niente del tuo dispiacere - Disse Edward lasciando una banconota da cinque dollari sul bancone, andandosene senza salutare, proprio come aveva fatto quella mattina a casa di Isabella.

 

 

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Aspetto con ansia le vostre recensioni!

Vi ricordo che potete contattarmi su Facebook, sono Lully Efp.

Un bacio.

 

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Capitolo 3
*** Kate-Cake ***


 

Di solito ad Isabella non piaceva correre. A volte mentre ascoltava la sua band preferita, i Paramore, era colta da una improvvisa scossa di adrenalina, grazie alla quale, secondo la sua modesta opinione, avrebbe potuto percorrere intere miglia senza fermarsi un attimo. Nonostante avesse questa convinzione, Isabella non ci aveva mai provato, odiava correre, e la scarica di adrenalina che provava mentre la musica dei Paramore rimbombava tra le pareti di casa sua, la usava per pulire al meglio il suo appartamento.
Questo non faceva di lei una ragazza pigra, anzi, lei amava lo sport, solo che amava vederlo in tv, rilassata sul suo comodo divano con un pacchetto di pop corn al caramello tra le mani, le bastava lo " sport " che faceva alla Magnolia, andare avanti e indietro, quello si che era uno sport completo, portare i vassoi pieni di leccornie Isabella lo paragonava ad una specie di sollevamento pesi, e andare avanti e indietro era paragonabile al footing. Si insomma, lei stava bene così.
Solo che in quella occasione, Bella non poteva non correre.
Era il suo primo giorno di college alla City College of New York ed era trementamente in ritardo, come se non bastasse aveva perso tutte le coincidenze della metropolitana, e pioveva, anzi, diluviava.La pianta dei piedi era a fuoco, era come se in quel momento stesse camminando su una serie di carboni ardenti, il respiro iniziava a mancarle, e il suo aspetto non era dei migliori, non c'era modo migliore di iniziare il primo anno di college. 
Con uno scatto di adrenalina, uno di quelli che Isabella preferiva mentre puliva la casa, salì gli  ultimi tre gradini, entrò nell'atrio e si guardò un pò intorno, mentre cercava la sua aula, la individuò e si ci capultò dentro.
- Ed è quindi con mio sommo piacere che vi do il benvenuto, mie care matricole. - Un applauso partì dall'intera aula magna, Isabella si sedette sugli scalini, dato che tutti i posti erano occupati, e fissò l'uomo con il microfono in mano. Non c'era nulla da dire, era un gran bell'uomo, occhi azzurri, biondo...forse era per questo che nell'aula c'erano molte più ragazze che ragazzi. - Carlisle Cullen. Oh Dio, credo che durante le lezioni la mia mente sarà occupata a pianificare i modi in cui spogliarlo. - La voce di una ragazza seduta di fianco a lei le fece accapponare la pelle, era un bell'uomo,certo, ma era pur sempre un docente! Non che lei non avesse pensieri di  quel tipo, ma su un professore,per quanto bello, non ci sarebbe mai riuscita.
- La classica troietta - un'altra voce, la fece sobbalzare. Isabella si voltò alla sua sinistra e vide una ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi che le si era appena seduta accanto. La rossa dal suo canto sorrise mestamente, rendendosi conto della pessima figura appena fatta. - Scusa, non mi riferivo a te, parlavo della biondina - Isabella scosse il capo e scrollò le spalle, dicendole di non preoccuparsi. 
- Vedo delle signorine lì infondo sedute sui gradini, beh ragazzi, so che c'è la parità dei sessi, ma dov'è finita la cavalleria? Fate sedere quelle due ragazze - La voce del docente, Carlisle, rimbombò in tutta l'aula, e tutti i ragazzi presenti, si voltarono verso Isabella e la rossa, squadrandole da capo a piedi.
- Che figura di merda - mormorò Bella, sentendo le guance andare a fuoco.
- Non si preoccupi prof, c'è più libertà di movimento sui gradini - la voce della rossa si alzò di qualche ottava, facendo in modo che Carlisle, là infondo, la sentisse. Isabella annuì, e dopo un cenno affermativo del docente, si rilassò.
- Io sono Hayley - si presentò la rossa, porgendo la mano ad Isabella, che sorrise e si presentò a sua volta.
La mattinata passò tra le spiegazioni di Diritto commerciale e Diritto Privato. Isabella voleva diventare un avvocato, difendere coloro che spesso venivano ignorati dalla società e far valere i loro diritti.
- Sento le gambe che si rifiutano di muoversi - borbottò Hayley, muovendo qualche passo verso l'uscita. - Da domani ci organizziamo, in modo da prendere i posti. Scusa, faccio programmi anche per te, è che mi stai simpatica, mi piacerebbe fare amicizia con te.. - continò, sorridendo e mostrando una schiera di denti bianchi.
- Tranquilla Hayls, farebbe piacere anche a me! - Lo sguardo  di Isabella però, in quel momento fu catturato dal professore, che stava abbracciando una donna dai capelli ramati, la stessa donna che aveva visto qualche pomeriggio prima alla Magnolia, la mamma di Cass ed Edward.
Il cuore di Isabella iniziò a pompare più infretta, ecco perchè era arrabbiato con il mondo, pensò, si sentiva tradito dalla madre.. 
- Beh, allora a domani Bella! - Ricambiò il saluto di Hayley e si incamminò verso la metropolitana, doveva recarsi a lavoro, tra mezz'ora circa sarebbe iniziato il suo turno.
--
- Ebbè, ti piace? - Lo sguardo di Jeremy era puntato su Isabella, ansioso. Lei dal suo canto continuava a  tenere gli occhi chiusi, come se fosse in preda a una visione mistica. - Giuro che sento dei brividi di piacere che stanno ballando Waka-Waka. Che stregoneria è mai questa? - Isabella si voltò verso di lui, con gli occhi luccicanti, pieni di adorazione.
- E' la Kate-Cake. L'ho creata stamattina presto, è per Kate - spiegò, fissando la sua nuova creazione a base di cocco e cioccolato. 
- Perchè non fai mai qualcosa di carino per me? Perchè non crei una torta e le dai il mio nome? Pensa che raffinatezza : " la torta Isabella ". Attirerebbe miliardi di persone. - Mormorò Bella, prendendo un altro pezzetto della Kate-Cake. Amava i dolci che creava Jeremy, era un tipo creativo, gli piaceva sperimentare, soprattutto nella sua cucina, e rimaneva a provare fino ad orari impensabili, ma alla fine riusciva ad ottenere sempre il meglio.
- Quando inizierò a provare qualcosa per te, oltre che all'indifferenza che ora c'è nel mio cuore, ti dedicherò qualcosa. - Isabella si alzò stizzita, e se ne andò, non prima di averlo mandato a quel paese.
Quel pomeriggio il locale era pieno, anche a causa della terribile pioggia che inondava le strade di New York, quindi le persone preferivano rifugiarsi e rifocillarsi con una bella cioccolata calda e un pezzo di dolce.  Bella amava l'atmosfera che c'era in quel locale, era rilassante, e le piaceva lavorare lì. Adorava stare in quel posto.
- Ciao - Una voce la fece sobbalzare, si voltò e si ritrovò davanti quello scorbutico di Edward.
Ciao - Fredda e distaccata. Non voleva essere trattata come l'ultima volta, come una pezza per i piedi. Edward aveva i capelli che sgocciolavano, e la maglietta era bagnata, sicuramente era stato sotto l'acquazzone, si disse  la ragazza. Edward dal suo canto non sapeva come intraprendere la conversazione, sapeva di aver trattato malissimo quella ragazza, ma era stata lei ad istigarlo, nessuno le aveva chiesto di soccorrerlo, e tantomeno, nessuno le aveva chiesto di parlare con la sorellina, che si ostinava a non voler parlare con lui.
Mi servirebbero due fette di “ Foresta Rossa “, da portare via. -  Isabella annuì e prese un vassoio, dirigendosi al bancone dei dolci. Il ragazzo seduto al bancone, Edward, si sentiva irrequieto, quella cameriera lo metteva a disagio, non sapeva spiegarsi il motivo, eppure quando incrociava i suoi occhioni color menta, era sempre come se camminasse su una superficie instabile, come se potesse cadere da un momento all'altro.
- Va bene così? - 
Sì, grazie... - lasciò la frase in sospeso, in modo che lei gli dicesse il suo nome. Così Edward in futuro avrebbe potuto imprecare contro la ragazza usando il suo nome.
Isabella.- terminò lei, rivelandogli ciò che voleva sapere. Gli porse la bustina e afferrò la banconota da dieci dollari che Edward le stava porgendo, afferrò lo scontrino e il resto e lo mise sul bancone.
Beh, ci vediamo. - Edward scese dallo sgabello e la fissò un ultima volta. - Grazie per l'altra sera – finì con tono freddo. Isabella scrollò le spalle, lo vide uscire dal locale,mentre con nochalance si ributtava sotto la pioggia. Sospirò e prese a pulire il bancone, sperando di non rivedere tanto presto quel ragazzo cosìEccomi!maledettaEccomi!

 

 

Eccomi! 

Allora, inizio ringraziando tutte le ragazze che leggono la storia e tutte quelle che la recensiscono.

Ho visto che Magnolia è seguita da moltissime di voi, ma le recensioni sono pochine, mi chiedevo il perchè.. certo non vi costringo mica con il fucile a recensire, ma mi farebbe piacere leggere quello che ne pensate.

Comunque, spero che questo capitolo vi piaccia, Domenica inserirò il capitolo di LIP!

Ragazze, se volete potete seguirmi su Twitter : @Lu_paramore

e su facebook: Lully Efp.

Detto ciò, vi lascio al capitolo, un bacio!

 

 

 

Capitolo 3

 


Di solito ad Isabella non piaceva correre.

A volte mentre ascoltava la sua band preferita, i Paramore, era colta da una improvvisa scossa di adrenalina, grazie alla quale, secondo la sua modesta opinione, avrebbe potuto percorrere intere miglia senza fermarsi un attimo. Nonostante avesse questa convinzione, Isabella non ci aveva mai provato, odiava correre, e la scarica di adrenalina che provava mentre la musica dei Paramore rimbombava tra le pareti di casa sua, la usava per pulire al meglio il suo appartamento.

Questo non faceva di lei una ragazza pigra, anzi, lei amava lo sport, solo che amava vederlo in tv, rilassata sul suo comodo divano con un pacchetto di pop corn al caramello tra le mani, le bastava lo " sport " che faceva alla Magnolia, andare avanti e indietro, quello si che era uno sport completo, portare i vassoi pieni di leccornie Isabella lo paragonava ad una specie di sollevamento pesi, e andare avanti e indietro era paragonabile al footing. Si insomma, lei stava bene così.

Solo che in quella occasione, Bella non poteva non correre.Era il suo primo giorno di college alla City College of New York ed era trementamente in ritardo, come se non bastasse aveva perso tutte le coincidenze della metropolitana, e pioveva, anzi, diluviava.La pianta dei piedi era a fuoco, era come se in quel momento stesse camminando su una serie di carboni ardenti, il respiro iniziava a mancarle, e il suo aspetto non era dei migliori, non c'era modo migliore di iniziare il primo anno di college. Con uno scatto di adrenalina, uno di quelli che Isabella preferiva mentre puliva la casa, salì gli  ultimi tre gradini, entrò nell'atrio e si guardò un pò intorno, mentre cercava la sua aula, la individuò e si ci capultò dentro.

- Ed è quindi con mio sommo piacere che vi do il benvenuto, mie care matricole. - Un applauso partì dall'intera aula magna, Isabella si sedette sugli scalini, dato che tutti i posti erano occupati, e fissò l'uomo con il microfono in mano. Non c'era nulla da dire, era un gran bell'uomo, occhi azzurri, biondo...forse era per questo che nell'aula c'erano molte più ragazze che ragazzi. - Carlisle Cullen. Oh Dio, credo che durante le lezioni la mia mente sarà occupata a pianificare i modi in cui spogliarlo. - La voce di una ragazza seduta di fianco a lei le fece accapponare la pelle, era un bell'uomo,certo, ma era pur sempre un docente! Non che lei non avesse pensieri di  quel tipo, ma su un professore,per quanto bello, non ci sarebbe mai riuscita.

- La classica troietta - un'altra voce, la fece sobbalzare. Isabella si voltò alla sua sinistra e vide una ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi che le si era appena seduta accanto. La rossa dal suo canto sorrise mestamente, rendendosi conto della pessima figura appena fatta. - Scusa, non mi riferivo a te, parlavo della biondina - Isabella scosse il capo e scrollò le spalle, dicendole di non preoccuparsi. 

- Vedo delle signorine lì infondo sedute sui gradini, beh ragazzi, so che c'è la parità dei sessi, ma dov'è finita la cavalleria? Fate sedere quelle due ragazze - La voce del docente, Carlisle, rimbombò in tutta l'aula, e tutti i ragazzi presenti, si voltarono verso Isabella e la rossa, squadrandole da capo a piedi.- Che figura di merda - mormorò Bella, sentendo le guance andare a fuoco.- Non si preoccupi prof, c'è più libertà di movimento sui gradini - la voce della rossa si alzò di qualche ottava, facendo in modo che Carlisle, là infondo, la sentisse. Isabella annuì, e dopo un cenno affermativo del docente, si rilassò.

- Io sono Haley - si presentò la rossa, porgendo la mano ad Isabella, che sorrise e si presentò a sua volta.La mattinata passò tra le spiegazioni di Diritto commerciale e Diritto Privato. Isabella voleva diventare un avvocato, difendere coloro che spesso venivano ignorati dalla società e far valere i loro diritti.- Sento le gambe che si rifiutano di muoversi - borbottò Haley, muovendo qualche passo verso l'uscita.- Da domani ci organizziamo, in modo da prendere i posti. Scusa, faccio programmi anche per te, è che mi stai simpatica, mi piacerebbe fare amicizia con te.. - continò, sorridendo e mostrando una schiera di denti bianchi.

- Tranquilla Haley, farebbe piacere anche a me! - Lo sguardo  di Isabella però, in quel momento fu catturato dal professore, che stava abbracciando una donna dai capelli ramati, la stessa donna che aveva visto qualche pomeriggio prima alla Magnolia, la mamma di Cass ed Edward.Il cuore di Isabella iniziò a pompare più infretta, ecco perchè era arrabbiato con il mondo, pensò, si sentiva tradito dalla madre.. - Beh, allora a domani Bella! - Ricambiò il saluto di Haley e si incamminò verso la metropolitana, doveva recarsi a lavoro, tra mezz'ora circa sarebbe iniziato il suo turno.

--

- Ebbè, ti piace? - Lo sguardo di Jeremy era puntato su Isabella, ansioso. Lei dal suo canto continuava a  tenere gli occhi chiusi, come se fosse in preda a una visione mistica.

- Giuro che sento dei brividi di piacere che stanno ballando Waka-Waka. Che stregoneria è mai questa? - Isabella si voltò verso di lui, con gli occhi luccicanti, pieni di adorazione.

- E' la Kate-Cake. L'ho creata stamattina presto, è per Kate - spiegò, fissando la sua nuova creazione a base di cocco e cioccolato.

 - Perchè non fai mai qualcosa di carino per me? Perchè non crei una torta e le dai il mio nome? Pensa che raffinatezza : " la torta Isabella ". Attirerebbe miliardi di persone. - Mormorò Bella, prendendo un altro pezzetto della Kate-Cake. Amava i dolci che creava Jeremy, era un tipo creativo, gli piaceva sperimentare, soprattutto nella sua cucina, e rimaneva a provare fino ad orari impensabili, ma alla fine riusciva ad ottenere sempre il meglio.

- Quando inizierò a provare qualcosa per te, oltre che all'indifferenza che ora c'è nel mio cuore, ti dedicherò qualcosa. - Isabella si alzò stizzita, e se ne andò, non prima di averlo mandato a quel paese.Quel pomeriggio il locale era pieno, anche a causa della terribile pioggia che inondava le strade di New York, quindi le persone preferivano rifugiarsi e rifocillarsi con una bella cioccolata calda e un pezzo di dolce.  Bella amava l'atmosfera che c'era in quel locale, era rilassante, e le piaceva lavorare lì. Adorava stare in quel posto.

- Ciao - Una voce la fece sobbalzare, si voltò e si ritrovò davanti quello scorbutico di Edward.Ciao - Fredda e distaccata. Non voleva essere trattata come l'ultima volta, come una pezza per i piedi. Edward aveva i capelli che sgocciolavano, e la maglietta era bagnata, sicuramente era stato sotto l'acquazzone, si disse  la ragazza. Edward dal suo canto non sapeva come intraprendere la conversazione, sapeva di aver trattato malissimo quella ragazza, ma era stata lei ad istigarlo, nessuno le aveva chiesto di soccorrerlo, e tantomeno, nessuno le aveva chiesto di parlare con la sorellina, che si ostinava a non voler parlare con lui.

-Mi servirebbero due fette di “ Foresta Rossa “, da portare via. -  Isabella annuì e prese un vassoio, dirigendosi al bancone dei dolci. Il ragazzo seduto al bancone, Edward, si sentiva irrequieto, quella cameriera lo metteva a disagio, non sapeva spiegarsi il motivo, eppure quando incrociava i suoi occhioni color menta, era sempre come se camminasse su una superficie instabile, come se potesse cadere da un momento all'altro.

- Va bene così? -

- Sì, grazie... - lasciò la frase in sospeso, in modo che lei gli dicesse il suo nome. Così Edward in futuro avrebbe potuto imprecare contro la ragazza usando il suo nome.

-Isabella.- terminò lei, rivelandogli ciò che voleva sapere. Gli porse la bustina e afferrò la banconota da dieci dollari che Edward le stava porgendo, afferrò lo scontrino e il resto e lo mise sul bancone.Beh, ci vediamo. - Edward scese dallo sgabello e la fissò un ultima volta. - Grazie per l'altra sera – finì con tono freddo.

Isabella scrollò le spalle, lo vide uscire dal locale,mentre con nochalance si ributtava sotto la pioggia. Sospirò e prese a pulire il bancone, aspettando che il suo turno terminasse, per poi andarsi a fare una bella doccia.

- Dai Bella, sei ancora arrabbiata con me per la torta? - Jeremy si infilò il giubotto di pelle nera e scosse il capo, sconsolato. 

- Scusa, hai parlato? Di solito non sento quello che hanno da dirmi le persone nettamente irrilevanti - Isabella non degnò l'amico nemmeno di uno sguardo e continuò a passare il mocho per terra, dedicandosi minuziosamente alle gocce di cioccolato che facevano sembrare il parquet a pois.

- Scherzavo, insomma, davvero te la sei presa? - Jerm la seguì, passando sulla parte appena lucidata dalla sua amica, che non appena lo notò, represse un urlo di rabbia.

- Ci ho appena lavato, vai a posare quel grandissimo culo sulla sedia! - 

- Signorsì! - con la coda tra le gambe, il biondino si sedette su uno sgabello vicino al bancone. - Dai Bells,ti prometto che prima o poi creerò una torta con il tuo nome.- 

- Davverò? - un sorriso increspò immediatamente le labbra di Isabella, che si voltò di colpo verso di lui.

- Certo. Sai, magari sarà una torta natalizia. Potremmo chiamarla Jingle Bells, cosa ne pensi? - propose, nascose una risatina vedendo la faccia che aveva fatto la ragazza.

- Fottiti - mormorò lei, riprendendo a pulire e lucidare il pavimento.

- Obiettivamete, chiamare una torta " Isabella ", è un pò scomodo. Chi ordinerebbe una Isabella-cake? -

- Io, la ordinerei io. - 

- Ma tu sei di parte Bells, porta il tuo nome! - La risata di Jeremy risuonò nel locale, mentre Bella andava a cambiarsi nello spogliatoio, afferrò la borsa a tracolla con gli appunti della mattina e si recò verso l'uscita, dove l'aspettava Jerm.

- Sai, forse potremmo chiamarla " Bell's Cake " - continuò lui.

- No, voglio una torta che si chiami Isabella. -

- Magari te la farò quando ti sposerai - finì lui. - una torta Isabella è più in pompa magna, tipica per un matrimonio. Si,la farò per il tuo matrimonio, quando ti sposerai...Se ti sposerai.

- Fottiti. - Salutò l'amico che svoltò a sinistra, mentre lei si fermò al semaforo rosso.Mentre faceva vagare il suo sguardo a destra e a manca, lo vide, vide Edward che stava facendo a cazzotti con un ragazzo grande tre volte lui.

Sospirò e si disse di lasciarlo stare.

Il semaforo diventò verde, attraversò, e si voltò verso di lui.

Fece marcia indietro e scosse il capo, anche stanotte avrebbe dormito sul divano.

 

--

 

Cosa farà questa volta il nostro Edward?

Ps: Avete letto della protesta contro la Barilla a proposito degli omosessuali? Cosa ne pensate?

 


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Capitolo 4
*** Stay the night ***


Capitolo 4 - Stay the night.

 

Are you gonna stay the night?

Doesn’t mean we’re bound for life.



Isabella era distrutta, si era lasciata cadere sul divano della sua camera con tutto il cappotto addosso, quasi non riusciva a sentire i pensieri che le rimbombavano in testa, tanto era stanca.
' Complimenti Isabella, ti sei messa di nuovo nei pasticci. " Si maledì mentalmente e guardò il ragazzo malconcio sdraiato sul suo letto. Quasi non le prendeva anche lei per togliere dalla rissa quell'ingrato! Alla fine il colosso che stava pestando il rosso si limitò a dire "  non ti picchio perchè sei una femmina, e io non mi abbasso a tanto. " Femmina un par di zeppole, gli avrebbe conficcato volentieri un tacco nel bulbo oculare, certo, se non si fosse trovata tra le braccia un peso morto dalla chioma rossiccia.
Proprio come qualche sera prima Isabella lo trascinò privo di coscienza per qualche rampa di scale, fino alla camera da letto, su cui lo aveva malamente lasciato cadere.
Si slacciò il cappotto e si maledisse, forse stasera avrebbe dovuto dormire di nuovo su quel divano scomodo; scosse il capo e guardò l'ampio letto matrimoniale davanti a sè su cui giaceva il moribondo, era abbastanza grande da contenere entrambi, inoltre lui era svenuto, quindi non avrebbe creato nessun problema. Isabella si ritrovò ad annuire per la sua genialata e corse in bagno a cambiarsi e mettere la camicia da notte, dato che con i riscaldamenti condominiali sembrava di essere alle Bahamas. 
Si lavò e corse nel letto, tra le sue soffici coperte e il suo soffice piumone, chiudendo gli occhi e abbandonandosi a Morfeo.

Era notte inoltrata quando Edward aprì gli occhi, era in un luogo che aveva già visto, ma non era quello della sua camera, non di certo, quella era troppo luminosa.
Si voltò e vide una schiena, cazzo, non si ricordava di aver scopato con qualcuno la sera prima, ma aveva un tale mal di testa che non si sarebbe stupido se si fosse ubriacato e andato con la solita sgualdrinella da quattro soldi. Poi notò il suo corpo interamente vestito e abbandonò quell'idea, no, di sicuro non aveva scopato.
Poi come un flash gli vennero in mente un paio di occhi color cioccolato.
" Isabella " si ritrovò a mormorare tra sè e sè. 
Quella ragazza era veramente una stupida. Era la seconda volta che lo portava in casa sua senza nemmeno conoscerlo, e questo o era stupidità, o alruismo. Edward cercò di alzarsi per andare via, Isabella aprì gli occhi e  si scontrò con un paio di occhi verdi, verdi come solo le praterie irlandesi potevano esserlo.
" Vedo che andartene di soppiatto, oltre che farti tramortire a dovere, è una delle cose che ti riesce meglio " trovò a bisbigliare Isabella con la voce ancora impastata dal sonno. Edward si ritrovò a sorridere, senza però darlo a vedere.
" E a quanto pare, una delle cose che riesce meglio a te, è quella di impicciarti in affari che non sono tuoi " rispose il ragazzo, voltandosi verso di lei, trovandola ancora seppellita dalle coperte con la testa che sprofondavano nei bianchi cuscini, tanto che erano morbidi.
" Touchè. " 
" Sarà meglio che io vada " Edward si alzò con non poca fatica e preso da un capogiro dovette sedersi subito, Bella ridacchiò e lo fece stendere sul letto, mettendosi a cavalcioni su di lui.
" Dove credi di andare Superman? Sei debole. "
" Beh, se volevi saltarmi addosso bastava che me lo dicessi, per certe cose non mi tiro mai indietro. " Isabella arrossì, mentre sulle labbra di Edward si dipinse un sorrisetto malizioso.
" Scemo, non era mia intenzione. " Detto ciò, si portò dalla finestra,mentre un sorrisetto estasiato le increspava il volto, aprì la finestra e alzò il capo verso il cielo. " Sei pazza, hai due stracci addosso, ti prenderai una broncopolmonite! " Tuonò Edward che con fatica si alzò e la raggiunse, rimanendo spiazzato dal comportamento della ragazza, che stava girando su se stessa ridendo come una bambina. " Si può sapere cosa stai facendo? " mormorò, cercando di non scoppiarle a ridere in faccia.
" E' la prima neve Edward! E'... stupenda! " Isabella guardava gli enormi fiocchi, grandi come un cece, che continuavano a scendere dal cielo bianco come una nuvola. " Lo faccio sempre " Disse la ragazza, catturando l'attenzione di Edward  che fino a quel momento era rimasto in silenzio, " Quando c'è la prima neve, esco sempre. Non importa cosa io stia facendo, è... qualcosa che deve essere ammirato. "
" Non... non lo capisco " Ammise il ragazzo, cercando di capire cosa stesse cercando di dire la ragazza.
" Lo facevo sempre con mia madre. Quando ero piccola.. poi lei si è risposata, e sono rimasta da sola, con mio padre. Mi sono detta che vedere la prima neve senza di lei non sarebbe stato lo stesso, e invece mi sbagliavo. Le emozioni sono le stesse, perchè infondo, se una cosa ti trasmette delle emozioni, non può smettere di farlo da un momento all'altro. "  Edward si ritrovò a sorridere a quelle parole, alla logica contorta della ragazza. " Tu perchè lo fai, Edward? "
" Cosa? "
" A fuggire dalle emozioni... " Isabella si voltò verso di lui, con quella camicia da notte bianca come quei fiocchi di neve che si erano incastrati tra i suoi capelli.
" ... Perchè non merito nessuna emozione positiva , Bella. Dolore, ecco quello che merito. " Lei si avvicinò di qualche passo a lui, e lo abbracciò, immergendo il capo nel suo petto. " Non è vero... Tu... "
"Ssh, Bella. Non dirmi che non dovrei, tu non conosci la mia storia. "
" Non voglio saperla, se non vuoi dirmela. Piuttosto, ti va di fare qualcosa per me, stanotte? " Lui si ritrovò ad annuire, stringendo a sè quel corpicino completamente ghiacciato. " Dormi qui, non farmi stare in pena. " Edward annuì e si misero sotto le coperte, Bella si strinse a lui in cerca di calore e lui ricambiò la stretta, respirando quell'odore di cioccolata, cocco e neve.
E si addormentò sereno, forse per la prima volta in un anno intero.

 
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Sono qui con la mia tesana per l'insonnia, tra qualche giorno ho un esame importante e io non riesco a dormire.
Dopo Natale arriverà il capitolo di LIP.
Il capitolo è cortino, ma è di passaggio, quindi scusatemi!
Scusatemi se non mi dilungo, ma sto cercando di raccattare qualcuno per dormire da me, dato che sono sola a casa ._. ODIO stare sola a casa!
Buona notte!
Buon Natale!

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