Three Guitars Wet

di PassengerXX
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Yeah,I'm endlessly caving in and turning inside out ***
Capitolo 2: *** There's a fire starting in my heart Reaching a fever pitch And its bring me out the dark ***
Capitolo 3: *** I THINK I’M DROWNING, ASPHYXIATED, I WANNA BREAK THE SPELL YOU’VE CREATED ***
Capitolo 4: *** Look for the girl with the broken smile ***
Capitolo 5: *** It's time to begin, isn't it? I get a little bit bigger, but then I'll admit I'm just the same as I was ***
Capitolo 6: *** If there’s a future, we want it Now-ow-ow-ow-ow-ow-ow-ow ***
Capitolo 7: *** I, I tried so hard to let you go But some kind of Madness is swallowing me whole. ***
Capitolo 8: *** Come on baby, light my fire come on baby, light my fire try to set the night on fire ***
Capitolo 9: *** For the first time ***
Capitolo 10: *** Oh, darling I’ll kiss your eyes And lay you down on your rug Just give me some candy After my hug ***
Capitolo 11: *** Kiss me like you wanna be loved, Wanna be loved, Wanna be loved ***



Capitolo 1
*** Yeah,I'm endlessly caving in and turning inside out ***


                    The Three Guitars Wet

 
 

Capitolo 1.

Yeah, I’m Endlessing Caving in a Turning Iside Out

 
 
Ogni persona che ama definirsi normale, usa come sveglia il classico “Dinn”, o qualcosa che si avvicini a quest’ultimo. Be’, io non uso decisamente il classico “Dinn”, quindi suppongo di non essere propriamente molto normale.
Le note di Hysteria dei Muse, mi fracassano il cervello nel primo mattino… se così lo si poteva definire. Fatto sta che la sveglia suonò proprio come avevo stabilito la notte prima… ovvero poche ore prima, visto che mi ero ritirata alle quattro passate.
<< Cazzo >> affermai guardandomi intorno.
La mia stanza era un completo porcile: la coperta del letto giaceva a terra insieme ai vestiti che avevo indossato la sera precedente, ai piedi del letto vi erano le mie scarpe piene di fango, le quali erano anche le colpevoli delle impronte di un bel quaranta, ormai secche. Sì, portavo il quaranta e me ne vergognavo profondamente.
Sbadigliai rumorosamente e guardai la sveglia: le 7:30. Come un automa misi a fare il caffè, per poi infilarmi subito sotto la doccia, combattendo agguerritamente contro Morfeo. Mi scappò una risata sarcastica quando realizzai che ero entrata nella cabina con ancora l’intimo e i calzini.
Non appena l’acqua gelata si schiantò sul mio viso e sulla mia schiena, realizzai veramente la situazione: Luke mi aveva chiamato il giorno prima decisamente molto più eccitato del solito, ed è tutto dire se consideriamo che il suo umore era sempre talmente frizzante da dover essere considerato illegale.
Molti di quelli che mi vedevano in sua compagnia, non comprendevano il ruolo che aveva nella mia vita. Troppo giovane per essere mio padre, troppo grande per essere il mio ragazzo, troppo diverso per essere mio fratello. Era strano rispondere “è un mio amico” alla gente, perché effettivamente lo consideravo qualcosa di più. Uno zio, forse? Non mi era chiaro, ma lo era il sapere che lui era l’unica persona davvero importante nella mia vita, nonostante possa apparire davvero strano e inusuale che a diciotto anni l’unica persona importante della tua vita fosse un trentacinquenne, ma così era.
Non avevo mai conosciuto i miei genitori, avevo vissuto per diversi anni in un collegio, tuttavia, essendo una bambina, furono in molte le famiglie a lottare per la mia custodia, ma il destino ha voluto che fossero i Kennett ad adottarmi. In principio era andato anche bene, ma poi le cose cambiano… Fatto sta che cambiai una decina di famiglie, e devo ammettere che non fu sempre colpa di quest’ultime… Nonostante conoscessi Luke da poco più di due anni lui, era l’unica figura della mia vita che potevo accostare alla parola “famiglia”. Infatti era proprio Luke che mi aveva procurato un lavoro nell’ultimo anno (barista in uno dei suoi bar) e un piccolissimo appartamento, proprio sopra dove lavoravo.
Amavo il mio appartamento. Sarà perché non possedevo molte cose, sarà per il ritrovato senso di libertà e il poter vivere da sola, ma semplicemente amavo quel piccolo posto che amavo definire “casa mia”. Come dicevo, non era molto grande, giusto un piccolo salotto con un piccolo angolo cottura (inutilizzato, tra l’altro, dato il mio essere completamente negata ai fornelli), un divano blu che contrastava decisamente con le pareti accoglienti gialle scure della camera, e un’immensa libreria dove, oltre ai libri, vi era praticamente tutto quello che possedevo, DVD, cofanetti speciali di film, e la mia immensa collezione di dischi.
Nel caso in cui la mia totale passione per la musica non trapelasse da quella notevole collezione di CD, certo ciò non accadeva quando, guardando la stanza, si notavano la bellezza di tre strumenti musicali: una batteria, un basso e una chitarra elettrica. In aggiunta nella mia camera da letto, era possibile trovare la mia chitarra acustica.
Si potrebbe che, quando qualcosa mi piaceva, non esistevano limiti per me. Se da un certo punto di vista “vivi della tua passione”, non vuoi forse coltivarla al meglio?
Dopo aver indossato un jeans e una t-shirt nera, mi precipitai giù dalle scale, come al solito saltando la colazione. Mancavano cinque minuti alle otto, e il mio appuntamento con Luke era previsto proprio per le otto, nel suo ufficio agli studi della Island Records. Sì, perché dopo sedici anni di “merda più totale”, quella che in molti definiscono la “ruota della vita”, iniziò finalmente a girare in mio favore. Conobbi Luke nel periodo più buio della mia vita, ma fu proprio in quel momento che qualcosa iniziò ad andare bene, quando la ruota prese a girare dalla mia parte.
A cavallo della mia moto, sfrecciai alla velocità della luce per le strade di New York (per quanto fosse possibile, visto e considerato il traffico pazzesco con i taxi che tagliavano la strada). Parcheggiai nel mio solito posto, fuori dall’ingresso secondario vicino al colonnato, il posto dove, ormai, trascorrevo più tempo in assoluto.
Le otto erano passate da una decina di minuti, quindi feci una corsa fino all’ufficio del mio amico/zio/datore di lavoro, e riuscii stentatamente a salutare Mrs. Williams, la donna anziana che svolgeva il ruolo di segretaria da almeno cinquant’anni, a quanto dicevano.
<< Lo so, sono in fottuto ritardo ma ho avuto una nottataccia >> affermai, aprendo la porta ed entrando nella piccola stanza, portando il mio sguardo su Luke dall’altra parte della scrivania. Solo dopo qualche secondo realizzai che due ragazze mi stavano fissando dalle loro sedie. Una sembrava leggermente più grande di me, e mi guardava divertita. A occhio non era particolarmente alta, la pelle abbastanza abbronzata (nonostante fosse appena giugno), i capelli le cadevano lisci e lunghi sulle sue spalle… ma erano gli occhi a stupire: di un azzurro scuro mai visto, e mi stavano guardando, espressivi al punto da portarmi ad intuire che stava sorridendo, prima ancora di notarlo dalle sue labbra.
“L’ho già vista prima”, riflettei. “Amerian Idol? X factor? The voice?”
Tuttavia i miei occhi si posarono solo qualche secondo su di lei. La mia attenzione venne del tutto rapita dalla ragazza seduta a qualche metro da lei.
“Porca troia!” pensai non appena la riconobbi.
Cosa ci faceva in quella stanza Sammy Scottgerard?!
Io e Sammy avevamo frequentato la scuola insieme da bambine, stando nella stessa classe. L’immagine di quella bambina esile e bionda con le treccine e un libro sempre sotto il braccio, prese possesso della mia testa, rendendomi schiava di quel ricordo. Eravamo state nella stessa classe, per quanto? Quattro anni? Cinque, forse? Una volta andate alle superiori, non l’ho più rivista perché lei era tornata a Nashville nel suo paese di origine, con mio grandissimo sollievo.
Fatto sta che adesso mi fissava a dir poco stupita, rispecchiando forse quella che doveva essere stata la mia espressione nel riconoscerla. Anche se seduta, non ci voleva di certo un genio per capire che quella ragazza fosse altissima, i capelli biondi non erano più lunghi come me li ricordavo, e le ricadevano ondulati sulle esili spalle. Era cambiata, ma il suo sguardo era lo stesso di tanti anni prima. Seppur imbarazzata e rossa in viso, non distoglieva le sue iridi di quel colore così indefinito tra l’azzurro e il verde dal mio viso.
<< Jay, la puntualità non è mai stata il tuo forte >> sospirò Luke, prendendo la parola e scambiando probabilmente la mia reazione per pura e semplice sorpresa.
<< Sei impegnato, torno dopo >> dissi, ma Luke, ridendo, mi fece cenno di entrare.
Sebbene titubante, chiusi la porta alle mie spalle, e notai che tutti gli occhi dei presenti erano ancora puntati su di me.
<< Che succede? >> chiesi, cercando di focalizzarmi solo su Luke.
<< Perché non ti siedi? Stavo giusto iniziando a spiegare la mia idea alle tue colleghe! >>
“Colleghe? Che significa?”.
Trascinai la sedia vicino alla scrivania, sedendomi apposta il più lontano possibile dalle due ragazze. Appoggiai il casco a terra e mi passai nervosamente una mano fra i corti capelli neri.
<< Vic, Sammy, lei è Jay Wallas! >> affermò Luke, con un sorriso decisamente spiccato.
Vic, che era la più vicina a me, mi allungò immediatamente la mano, dicendo “Piacere”, e lo stesso lo fece subito Sammy, ma risposi unicamente con un cenno e le ragazze ritirarono le mani con somma confusione.
<< Allora >> iniziò Luke, prendendo immediatamente in mano la situazione. << Dopo la bellezza di cinque anni, sono riuscito a convincere finalmente la Island a intraprendere un progetto che maturavo nella mia testa da quando ero un ragazzo giovane come voi >> spiegò, facendo un occhiolino scherzoso. << Tre voci, tre chitarre, tre giovani ragazze alle prime armi >> concluse, gonfiando il petto per la soddisfazione.
Il mio primo pensiero fu quello che, dal quanto lo vedevo felice, potesse venirgli un infarto, ma poi realizzai ciò che aveva appena detto. Il mio sguardo si posò di nuovo sulle ragazze, che sembrano sorprese quanto me.
Sbarrai gli occhi. << Che cosa?! >>
  
NOTA  E PREMESSE AUTRICE :
Premetto dicendo che questa è la prima long-fic che pubblico su Efp. Ho deciso di intraprendere questa nuova avventura perché quando mi è venuta in mente la trama di questa storia ho capito subito che era un qualcosa che andava condiviso con voi altri. Questo diciamo che è un capitolo di passaggio, che serve a conoscere un po’ meglio il personaggio di Jay. Sono consapevole che più che presentare il personaggio ho solo fatto sorgere tanti dubbi e domande ma quando si parla di Jay d’altronde è invitabile.
Il nome del capitolo è una frase della canzone Hysteria dei Muse che cito anche nel capitolo, e ad ogni capitolo che posterò corrisponderà un pezzo di una canzone che se volete specificherò poi nelle note.
La storia si svilupperà in un crescendo, sarà incentrata sul tema del rendere possibile ciò che si crede impossibile questo aspetto non è legato unicamente al sogno di sfondare nella musica ma sarò anche la costante del rapporto tra Jay e Sammy, rapporto che crescerà sempre di più col svilupparsi della storia.
Non volevo cadere nel clichè descrivendo Jay ma i personaggi allegri e spensierati mi hanno sempre annoiato.
Non faccio promesse ma se vedo che la storia riscontra pubblico e recensioni cercherò di aggiornare anche due capitoli a settimana.
Mi scuso per gli eventuali errori ma non ho avuto il tempo di rileggere e vi chiedo solo di darmi un parere con una piccola recensione, vi abbraccio tutti per essere passati di qui!
Alla prossima ;)

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Capitolo 2
*** There's a fire starting in my heart Reaching a fever pitch And its bring me out the dark ***


There's a fire starting in my heart  Reaching a fever pitch  And its bring me out the dark 





< La Island vi propone un ottimo progetto discografico, partirete con un disco vero niente Ep. Ragazze insieme sono convinto che sfondate tutto! > Luke Davis era davvero su di giri.
L’impressione che mi aveva dato quel pomeriggio quando l’avevo conosciuto la settimana prima era quella di un adolescente alle prese con la prima guida, o con la prima volta.
Se Luke in quel momento era così euforico, le miei emozioni invece, erano in pieno subbuglio. Un disco, un gruppo tutto mio, Jay Wallas seduta accanto a me!
Davvero non ci stavo capendo più niente. Nonostante fossi sotto shock perché il sogno della mia vita stava prendendo forma davanti ai miei occhi, non riuscivo a credere che la ragazza che mi stava di fianco era proprio Jay Wallas. La stessa ragazza con cui avevo frequentato la scuola da bambina, quella ragazza che mi aveva reso la vita completamente impossibile a quei tempi. Non eravamo mai andate d’accordo, anzi lei insieme ai suoi “amici” si divertiva a prendermi in giro, subendo una tortura psicologica non indifferente per una bambina di appena sei anni. Non mi aveva stupito il suo cambiamento fisico, perché quella non era la prima volta che la vedevo da “adulta”. Nonostante tutto quello che ho subito da quella ragazza che ora faceva di tutto per non degnarmi di uno sguardo, ho sempre nutrito una malsana ammirazione per quella bambina. Non sono masochista e non soffro della sindrome di Stoccolma, ma quella ragazza mi ha sempre incuriosito al punto tale da averla cercata su Twitter e Facebook quando ho lasciato New York. Non so esattamente cosa mi spingeva a guardare la sua pagina almeno due volte a settimana, pur consapevole che pubblicava qualcosa ogni morte di Papa, e contando che adesso i Papi non muoiono ma si dimettono, ho detto tutto. Tuttavia capitava spesso che veniva taggata in qualche foto o qualche video, dove c’era lei che si esibiva la maggior parte delle volte chitarra/voce.
Mi vergogno profondamente nell’ammettere che conosco tutte quelle esibizioni a memoria, cover e pezzi suoi. Si, potrei essere definita semplicemente “psicopatica”.
Fatto sta che non potevo fare a meno di fissarla. La sua pelle era abbronzata come se si fosse addormentata ore e ore al sole, indossava un semplice paio di jeans e una t-shirt nera che lasciava scoperta un piccolo lembo di pelle della spalla che faceva solo intravedere due parole scritte in corsivo, un tatuaggio certo … Peccato che la mia miopia non mi facesse leggere quella scritta. Il mio sguardo attento si posò sul suo viso. Aveva i lineamenti delicati gli stessi di quando era bambina, ero consapevole che aveva la mia stessa età ma tutto di quel mio viso mi diceva “Ho quindici anni!”. Il naso piccolo, la bocca piccola ma le labbra carnose, la fossetta adorabile sul sopracciglio destro. Ho appena pensato “adorabile”? Scossi la testa in preda a uno spasmo che non passò per niente inosservato.
< Sammy qualcosa non va? > Chiese Luke interrompendo il suo discorso di cui non avevo sentito praticamente nulla. Ma si, in effetti si stava solo parlando del mio futuro, del sogno della mia vita e io sto pensando a Jay Wallas.
La stessa Jay Wallas che per la seconda volta fino a quel momento, mi fissava con il sopracciglio leggermente alzato. Aveva la faccia di chi aveva addosso solo tre o forse due ore di sonno e molto probabilmente un forte emicrania post-sbronza, ma aveva lo stesso quel non so che di affascinante.
< Va tutto bene, è che sono frastornata > Affermo schiarendomi la gola.
< Eh ci credo! Presto avrete folle di gente che urleranno il nome del vostro gruppo! > Fece Luke gongolante.
< Qual è questo nome? > Chiese Vic e la sua voce mi portò alla realtà.
< A questo sta a voi deciderlo > Afferma Luke sorridendo. < Ritornando al disco … Tredici tracce: sette inediti, quattro cover e due live. Non potevate aspirare a meglio >.
< Gli inediti li potremo scrivere noi? > Chiede Jay e la sua faccia diceva che per lei era quella la domanda da un milione di dollari.  Avevo ascoltato tutti i suoi inediti e i suoi testi erano tutti molto … profondi.
< Sia tu che Sammy nascete come cantautrici, quindi immagino che scriverete qualcosa insieme per il momento … Ma si, gli inediti potrete scriverli voi e poi proporli direttamente a me > Dice annuendo pensieroso.
Forse il mio viso era arrossito, perché avvertivo un leggero calore salirmi per le guancie e la mia carnagione lattea non aiutava per niente in quei momenti.
< Comunque voi due già vi conoscete > Fa Luke indicando me e Vic. < Mentre entrambe non conoscete Jay e lei non conosce voi >
< Io la conosco > Mi sorprendo quando scopro che quelle parole non sono uscite dalla mia bocca ma da quelle di Vic.
Per niente imbarazzata la ragazza bruna si schiarisce la voce e inizia a spiegare. < Sono una tua Follower su Twitter, lo ammetto e ho visto molti dei tuoi video, delle tue esibizioni > Fa alzando le spalle.
Perché Vic lo aveva detto con così disinvoltura mentre io solo al pensiero rabbrividivo dandomi della stolker psicopatica? Infondo è normale ammirare qualcuno che condivide la tua stessa passione, no?
Jay accennò un piccolo sorriso e mi scoprì a fissare la minuscola fossetta formatesi sulla guancia sinistra appena vicino al labbro superiore.
Vic ricambiò il sorriso azzardando un occhiolino. Non so per quale oscura ragione quel gesto non mi aveva trasmesso una bella sensazione.
< C’è una canzone “The dark side of myself” che mi ha colpita in un modo devastante > Afferma la mia migliore amica guardando come sua abitudine fissa negli occhi del suo interlocutore.
< Grazie … E’ una delle prime che ho scritto > Afferma Jay in un misto tra soddisfazione e imbarazzo. < Io credo di averti visto in tv, invece > Afferma la ragazza dai capelli corti dopo qualche istante.
< Oh, si Vic ha partecipato ad x factor cinque anni fa, quando era appena sedicenne > Fa Luke vantandosi della mia amica.
< Ero giovane, non interpretavo nulla avevo solo una gran voce leggermente infantile. Più che una cantante ero considerata un fenomeno da baraccone > Afferma Vic scuotendo le spalle. Quella di x factor era stata un’esperienza che l’aveva segnata nonostante la giovane età.
< Allora ragazze perché non passiamo alle cose davvero importanti e mi fate sentire le vostre voci insieme? Le ho già ascoltate unite su audio registrato in sala di incisione ma vorrei vedere qualcosa di live … > Fa Luke alzandosi dalla sedia e prendendo una chitarra acustica dall’altro lato della stanza.
< Chi suona? > Afferma con lo stesso tono di voce di un bambino a cui è stato promesso di andare a Disneyland.
< Io > Afferma Jay come se fosse una cosa ovvia. < Cosa devo suonare? > Chiede poi e ciò mi sorprende.
Crede davvero di possedere un repertorio così vasto da suonare qualsiasi cosa Luke le chieda?
< Non so pensavo a un qualcosa che anche i muri conoscono e che voi giovani ragazze avrete sicuramente cantato almeno una volta nella vita  … Che ne dite di “Rolling in the deep” di Adele? > Chiede incrociando le mani dietro la testa.
Vic esclamò subito un si, quasi urlando mentre io e Jay ci limitammo ad annuire.
Jay si portò una mano al collo sfiorandosi la catenina di  caucciu che aveva. Un secondo dopo stringeva fra le mani un peltro rosso scuro con dei filamenti gialli una nota musicale disegnata sopra.
Le sue dite iniziarono a scorrere rapide su quella chitarra come se non avessero fatto per tutta la sua vita. Le note di quella canzone che tutti abbiamo anche solo canticchiato sotto la doccia iniziano a riempire la stanza ma vengono subito sopraffatte da un voce bassa, leggermente roca, quasi grezza.
Wow. Avevo già ascoltato la sua voce, ma la registrazione non le rendeva davvero giustizia.
I suoi occhi erano chiusi e la sua espressione era completamente rilassata. Finita la strofa il suo sguardo si posa su di me esortandomi chiaramente a continuare. La mia voce seppur tremolante riesce perfettamente nella parte alta della canzone. Presto avrei fatto un disco certo, ma nella mia testa vi era una sola costante: Jay Wallas mi stava accompagnando con la chitarra.
Lei non mi ferma,mi fa anzi segno con la testa di continuare ma la sua voce si unisce a me nella parte bassa e in quel momento credo davvero di essere sopraffatta da una marea emozioni.
Dopo qualche secondo quando si sta per avvicinare il ritornello, Jay fa un piccolo gesto con la testa in direzione di Vic, che per il momento era rimasta allibita, fissando la sua migliore amica e quella strana ragazza.
La voce di Vic inonda al stanza con la sua potenza. E’ straordinaria davvero. La bellezza della sua voce supera addirittura la bellezza del suo corpo ed è tutto dire.
Fatto sta che concludiamo la canzone una frase a testa e Jay chiude proprio come aveva iniziato.
Per tutta la durata della canzone i miei occhi erano stati completamente catturati da quei pozzi scuri che erano gli occhi di Jay che di tanto in tanto mi fissavano. Mi sentivo come incastrata, in quel momento non c’era contatto tra noi, ma in un modo impercettibilmente assurdo era come se la sentissi.
< Wow, Wow, Wow! > Applaude Luke scattando in piedi.
Okay, se questo è un sogno che nessuno si azzardi a svegliami!
 
 
 
 
NOTE AUTRICE:
Okay, forse questo capitolo è arrivato decisamente più in fretta di quanto avevo previsto! Anche se non ho tanto tempo in questi giorni sto scrivendo davvero tanto e sono tantissime le idee che ho in serbo per questa storia!
Personalmente sono solita scrivere capitoli molto più lunghi (come sarà d’altronde il terzo) ma questi due capitoli iniziali mi servivano per dare una sorta di introduzione alla storia … E’ stato divertente ironizzare sul lato stolker psicopatica di Sammy e vi avviso da subito che questo aspetto sarà una costante nella storia! Il Pov non seguirà esattamente un alternarsi sempre uguale tra i tre personaggi principali (ricordatevi che il sottotrama è il rapporto Sammy/Jay).
Vi avverto anche sul fatto che ci saranno molti momenti come quello descritto in questo capitolo (canzoni e emozioni delle ragazze).
Ringrazio immensamente chi di voi ha recensito e messo la storia tra le seguite, spero di sentire sempre di più il vostro pensiero sulla storia!
Piccolo spoiler: il prossimo capitolo avrà il pov di Jay, sarà decisamente lungo e alcune cose sul passato di quest’ultima troveranno una spiegazione. Ovviamente non mi sono dimenticata di Vic, ci saranno momenti molto divertenti per il suo personaggio !
Ora vi lascio aggiornerò nel fine settimana o forse prima! (Non prendetela come abitudine che il 16 settembre per me comune mortale si ri-scende nell’inferno :S )
Alla prossima ;) 

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Capitolo 3
*** I THINK I’M DROWNING, ASPHYXIATED, I WANNA BREAK THE SPELL YOU’VE CREATED ***


I THINK I’M DROWNING, ASPHYXIATED, I WANNA BREAK THE SPELL YOU’VE CREATED

 
 
 
< < Wow, wow, wow! > Conosco Luke da due anni e mai nella mia vita l’avevo visto in quello stato. Stavo in quella stanza da circa mezz’ora e il suo livello euforico cresceva sempre di più tanto che ogni minuto mi trovavo a pensare che aveva raggiunto il culmine, ma mi sbagliavo sempre di più.
Non potetti fare a meno di trattenere un piccolo sorriso quando Luke insistette per schiacciare il cinque con ognuna di noi.
< Sempre la solita violenta Jay! > Esclamò divertito quando i nostri palmi si incontrarono o meglio si schiantarono.
< Allora ragazze, anche se non aspetto altro che vedere i vostri nomi su questi pezzi di carta > Disse sbandierando i  contratti a un centimetro dai nostri nasi. < Avete tre giorni per decidere. Io suggerirei di iniziare sin da subito a lavorare insieme, trascorrete quanto più tempo a stretto contatto, confrontate le vostre idee, i vostri pensieri, e soprattutto conoscetevi meglio. Il segreto di ogni gruppo di successo è il legame tra i componenti > Luke finisce il suo breve discorso soffermandosi sul mio viso più del dovuto. D’altronde come dargli torto? Come avrete capito non sono un tipo particolarmente socievole, né particolarmente loquace, né particolarmente divertente, né particolarmente niente.
Tra me e il resto del mondo ho sempre innalzato una sorta di barriera forse per paura di affezionarmi troppo a qualcuno che inevitabilmente mi avrebbe poi deluso.
Trascorremmo il resto della mattinata parlando del contratto, Luke ci volle spiegare ogni parte di esso nei minimi dettagli. Quella che si dimostrava più presa da quella conversazione era Vic, ad ogni affermazione di Luke corrispondeva un suo immediato “perché” seguito subito dopo da una risatina da parte di Sammy. Dall’espressione che aveva fatto non appena ebbi varcato la soglia della porta avevo realizzato subito che mi aveva in qualche modo riconosciuto, poi con lo scorrere del tempo non ero poi tanto sicura. Ogni tanto la sorprendevo a fissarmi incuriosita e quando capiva che me ne accorgevo abbassava lo sguardo imbarazzata. Mi dava tanto l’impressione di una bambina colta con le dita nel barattolo della nutella.
< Non sei un tipo molto socievole, eh? > Una voce alla mia sinistra mi scosse da quei pensieri. Mi voltai e Vic mi stava fissando con un sorriso sincero. Mi stupì la sua schiettezza.
< Non particolarmente > Risposi secca ma molto tranquilla. Mi sono sempre piaciute le persone senza peli sulla la lingua e forse, pensai saremo potute anche andare d’accordo un giorno.
< Immagino che imparerete bene a conoscervi col tempo > Fece Luke poi rivolgendosi a Sammy fece  < Qui in mezzo sei la persona di cui mi fido di più tienimele d’occhio a queste due > Fece provocando una forte risata in Vic. Sammy si limitò ad annuire sorridendo anch’ella con un lieve rossore sulle guancie. Non appena finimmo di analizzare il contratto e parlare del progetto Luke ci accompagnò alla porta ma mentre stavo per uscire mi trattenne per la spalla.
< Posso parlarti un attimo? >
Io annuì socchiudendomi la porta alle spalle.
< Avuto una nottataccia? > Chiede preoccupato.
< Ne ho avute peggiori e non è come pensi … > Chiarì immediatamente sapendo già dove voleva andare a parare.
< Mi preoccupo per te lo sai > Afferma lui guardandomi negli occhi.
< Luke ho gli occhi rossi per il sonno > Affermo io dicendo l’assoluta verità. Si, è vero la sera prima avevo bevuto forse un po’ troppo, ma era stata una serata abbastanza tranquilla per i miei standard. Quando uscivo con la mia “compagnia” non sapevo mai in che condizione sarei tornata a casa, premettendo il “se” fossi ritornata.
< Jay che ne pensi del progetto? So perfettamente che non hai mai aspirato a stare in un gruppo ma penso fortemente che questa è la volta buona, credo davvero in voi. Credo moltissimo in te > Luke disse quelle parole e per la prima volta in quella mattinata le sue parole non erano solo spinte dall’euforia. Luke non mentiva su queste cose, lui era il mio fratellone/zio/amico e se affermava una cosa del genere significava che ci credeva sul serio.
< Ci penserò seriamente Luke, te lo prometto > Affermo con aria solenne.
< Ah, Jay > Fa catturando nuovamente la mia intenzione. < Sii socievole con quelle due, sono entrambe delle brave ragazze > Afferma facendomi l’occhiolino.
< Non ti assicuro niente, L. > Affermo con un piccolo ghigno, chiamandolo nel modo che lui odiava.
Una volta uscita dall’edificio mi infilai le mie Ray Ban Wayfarer infastidita dal troppo sole e mi diressi verso la mia moto ma una voce che stentai a riconoscere mi chiamò attirando la mia attenzione.
< Hey, Wallas! > Era stata Vic a parlare ma entrambe le ragazze mi stavano venendo incontro. < Hai bisogno di un passaggio? > Fece giocherellando con le chiavi della macchina.
< Sto con la moto, veramente > Dissi mostrando istintivamente le chiavi che stringevo fra le dita.
< Wow, posso vederla? > Si entusiasmò la mora con gli occhi azzurri sorridendo come una bambina.
< Ehm … certo > Dico presa alla sprovvista facendo segno di seguirmi.
Non appena arrivammo accanto alla mia Triumph Bonneville, le due ragazze sgranarono gli occhi.
< Dimmi che un giorno mi farai fare un giro ti prego! > Mi supplicò Vic mettendosi quasi in ginocchio.
< Quando vuoi > Risposi di rimando accennando un piccolo sorriso. Un amico di Luke me l’aveva venduta un anno prima a ottimo prezzo. Mi piacevano i motori quindi l’avevo messa a posto io stessa e in un paio di settimane me ne andavo in giro per New York con quello splendore.
< Comunque non ti stavamo aspettando solo per offrirti un passaggio, Sammy aveva notato il tuo casco … Volevamo chiederti se vuoi venire a casa da me. I miei non ci sono praticamente mai possiamo pranzare e poi non so provare a suonare qualcosa, confrontarci come diceva Luke … Che ne pensi? > Vic disse quelle parole tutte di un fiato, no perché fosse particolarmente agitata ma forse era proprio quello il suo modo di parlare. Metteva quasi ansia, ma fu impossibile sottrarsi alla sua richiesta quando incrociai i suoi occhi imploranti.
< Okay … > Risposi annuendo.
< Allora stai dietro alla mia macchina, ci vogliono una ventina di minuti > Affermò e per un secondo temetti che mi saltasse addosso per l’eccitazione.
Mi misi il mio casco e salì sulla mia “figlioccia”. Quella moto rientrava sicuramente nella mia top three delle cose che più tenevo al mondo. Luke, la moto e la chitarra acustica. L’ordine cambiava ogni giorno …
Salì in sella e dopo poco davanti alla mia Triumph Bonneville rossa e nera si parò una decapottabile di un verde elettrico. Poco appariscente pensai.
Dal modo in cui Vic uscì dal parcheggio capì che non era una grandissima pilota. Il mio istinto da motociclista o in questo caso direi di sopravvivenza mi diceva sempre di più di sorpassarla per non schiantarmici dentro. Dopo circa dieci minuti ormai esausta mi affiancai alla macchina verso il lato del passeggero e Sammy mi guardò con gli occhi sbarrati.
< Dimmi l’indirizzo che ci vediamo là > Urlai per farmi sentire. Non era decisamente consigliabile fare una cosa del genere andando ad alta velocità.
Sammy mi urlò l’indirizzo sempre con gli occhi sbarrati, forse temeva che mi sarei schiantata da un momento all’altro nella loro macchina. Colsi subito quelle parole al volo e accelerai notevolmente compiendo finalmente quel sorpasso.
Vic aveva detto che ci volevano venti minuti di macchina, beh dopo nemmeno cinque minuti mi trovavo esattamente sotto casa sua.
Quella che avevo davanti era un villa a tre piani e molto probabilmente alle spalle di quest’ultima vi era anche un piscina. Di rado frequentavo quella parte di New York però nell’ultimo periodo spesso mi ero ritrovata a qualche festa in case simili a quelle.
Scesi dalla moto e mi tolsi il casco. Traffico permettendo le due ragazze sarebbero arrivate nel giro di pochi minuti. Decisi di accendermi una sigaretta giusto per smorzare al tensione.
Dei vizi che ho il fumare è sicuramente il male minore. Ho iniziato all’età di quattordici anni e il passare agli spinelli fu all’epoca un evoluzione molto rapida e immediata. Per anni e anni non c’era praticamente stata differenza dalle due cose, ma devo ammettere anche grazie a Luke che le cose sono cambiate.
Non che adesso possa essere definita uno stinco di santa ma negli ultimi due anni sono cambiate tante cose nella mia vita.
< Ce l’hai fatta! > Esclamò Vic dalla macchina.
Annuì accennando un sorriso. Credeva forse che avrei fatto un incidente mortale?
Subito dopo Vic aprì il cancello col telecomando e mi fece parcheggiare all’interno vicino alla sua macchina.
< Fai come se fossi a casa tua > Fece la mora facendomi entrare.
Beh, era difficile fare come fossi a casa mia essendo conscia che casa mia era grande quanto l’ingresso di quella villa.
< Si, ai miei piace fare le cose in grande … Mi sono sempre chiesta il perché di una casa così enorme quando poi loro ci passano una notte a settimana e nemmeno > Fa la ragazza minuta alzando le spalle.
< Lui è tuo fratello? > Chiedo guardando le foto sul caminetto. Raffiguravano due bambini entrambi mori e con gli occhi azzurri.
< Si, lui è Michael sta ad Harvard. Studia medicina > Esclama la ragazza dimostrandosi orgogliosa del fratello. Non so perché ma questo mi fece sorridere.
< Vieni che ti mostro la casa > Vic mi prende per il polso io rabbrividisco visibilmente. Il mio primo istinto è quello di scansarmi di scatto ma la sua pelle non tocca direttamente la mia ma il polsino di cuoio che indossavo. Lunga storia quella dei polsi.
La casa se possibile risultava essere più grande ancora di ciò che avevo pensato. Il piano inferiore era composto da un grandissimo salotto, un immensa cucina ultra moderna, una camera da letto e un bagno. Al secondo piano invece vi erano la camera dei signori Finch, la camera del fratello di Vic e la camera di Vic stessa. Ma a sorprendermi più di tutto fu la mansarda.
< Questo è il posto dove trascorro più di dodici ore al giorno. Le pareti sono isolate e ho fatto di recente istallare un impianto per i suoni. E’ da provare sul serio! > Fece lei tutta gasata.
< Beh, allora proviamo! > Esclamo io contagiata da quell’entusiasmo quasi bambinesco. < Oh mio dio! > Esclamai quando il mio sguardo si soffermò in un angolo della mansarda. Tra librerie stracolme di cd, un piano e varie chitarre acustiche spiccava una fender stratocaster ultimo modello rosso fuoco.
< Ora posso anche morire > Sussurro avvicinandomi.
< Puoi anche toccarla, eh. Non morde mica > Fa Vic sorridendo. < Questo è l’ultimo regalo di mio padre … E’ talmente presente nella mia vita che non sa nemmeno che io una chitarra del genere non saprei nemmeno maneggiarla > Dice con voce rassegnata.
< Beh, posso insegnarti se ti va > Affermo sfiorando quelle corda durissime.
< Fammi sentire un po’ che sai fare > Esclama la mora buttandosi sul divano di pelle posto al centro della stanza.
Okay potevo di certo cancellare dalla lista delle cose da fare prima di morire il “suonare una fender stratocaster”. Trascorremmo non so quanto tempo in quella mansarda suonando e di tanto in tanto cantando qualche strofa qua e in là. Vic aveva la voce più potente che avessi mai sentito dal vivo. Come scoprì molto presto oltre al talento naturale c’erano più di quindici anni di studio alle spalle. A detta sua sapeva suonare solo la chitarra acustica. < Sono troppo pigra, non ho mai voluto imparare a suonare altro >. Tuttavia, da come disse Sammy suonava perfettamente anche il pianoforte.
La biondina, invece, restò quasi tutto il tempo in silenzio cantando di tanto in tanto e strimpellando qualche nota alla chitarra. La sua voce invece era particolare. Un qualcosa che non si riconosce facilmente e al col tempo ti colpisce dentro.  Con se aveva un notes e ogni tanto appuntava qualcosa. La curiosità di chiederle cosa scrivesse era davvero forte, ma non volevo essere invadente. In realtà non sapevo proprio come comportarmi. Ho trascorso anni e anni a rendere la vita di quella ragazza un inferno a scuola senza un reale motivo. Se penso poi che all’età di tredici/quattordici anni fu proprio grazie a lei che venni a conoscenza delle mie tendenze sessuali, non posso fare a meno di rabbrividire.
Certo, posso assicuravi che non fu proprio una passeggiata. Chissà forse il mio inconscio mi ha sempre mandato segnali su quella ragazza e forse c’era un motivo per cui la trattavo da schifo. Fatto sta che quando si trasferì ci stetti di merda, ma fu soprattutto un sollievo. Forse ero troppo giovane e immatura per affrontare quei sentimenti. No, che adesso ne sarei capace ovviamente.
 < Non dovresti fumare, sai? > Una voce a me troppo familiare mi giunge alle spalle. Voltai lentamente la testa per vedere Sammy avvicinarsi lentamente a me.
Avevamo suonato fino alle quattro del pomeriggio. Eravamo talmente prese dal conoscerci musicalmente parlando che quasi avevamo dimenticato i nostri bisogni fisiologici.
Quella stanza aveva davvero un impianto particolare, perché quando il mio stomaco brontolò sembrò quasi che da un momento all’altro un treno stesse per attraversare la stanza.
Così ora, mentre Vic stava preparando un po’ di pasta io me ne stavo immersa nei miei pensieri a bordo piscina fumandomi una sigaretta.
< Brutta abitudine > Rispondo ritornando a guardare l’acqua cristallina di quella piscina.
< Beh, non fa di certo bene alla tua voce > Rimarcò la dose Sammy sedendosi poco distante da me.
< Sei venuta a farmi la predica? > Chiedo sbuffando.
< No > Esclama subito lei. < E’ semplicemente la verità > Fa alzando le spalle.
< Prima quando Luke ti ha chiesto di restare in sala, ho involontariamente ascoltato parte della vostra conversazione … > Fa lei fissando la sigaretta che stringevo tra le dite della mano destra.
< Non è uno spinello questo > Faccio innervosita. Cosa voleva quella ragazza da me?
< Senti, Luke si sbagliava quando ha detto che né io né Vic ti conosciamo > Esclama e adesso capisco il perché della sua intrusione.
< Si, beh … E’ passato un po’ di tempo > Faccio io aspirando nervosamente. 
Passa qualche minuto e nessuna delle due dice una parola poi è proprio la biondina a interrompere il silenzio.
< Non aggiungi nient’altro? > Esclama e i suoi occhi che in quel momento riflettano il colore della piscina mi guardano irritati.
< Cosa vuoi che ti dica? > Chiedo guardandola accigliata.
< Beh, non lo so! > Fa lei alzando le spalle. < Forse semplicemente qualcosa > Dice infine nervosa quasi tremando.
< So cosa vuoi che ti dica, ma non ti chiederò scusa per ciò che è successo in passato > Faccio io non riuscendo a trattenermi alzandomi di scatto. < Ah, Sammy > Affermo fermandomi a metà strada guardandola negli occhi. < Non credere nemmeno per un istante di conoscermi >. Entro dentro casa sotto il suo sguardo allibito.
< Ehi, Jay! Brontola ancora lo stomaco? E’quasi pronto  > Mi dice Vic prendendo le posate.
< Ehm, Vic devo proprio andare > Affermo decisa prendendo il casco dalla sedia. < Ci sentiamo > Dico avviandomi.
< Ehi Jay! Dove scappi?! > Chiede lei rincorrendomi confusa.
< E’ meglio che vada, credimi > Affermo sospirando.
< Okay, d’accordo. Ma stasera ci si vede? > Chiede agitata.
< Stasera lavoro > Dico aprendo la porta di casa. < Mi faccio sentire io, okay? > Faccio Infilandomi il casco già in sella alla mia moto.
< D’accordo > Afferma la mora leggermente confusa. < Jay, ma non hai il mio numero! > Mi urla dietro ma ormai sono già troppo lontana.
 
 
NOTA AUTRICE:
Okay, ci siamo. Con questo capitolo inizia la vera storia! I precedenti erano stati una sorta di introduzione nella storia, da adesso i capitoli che seguiranno saranno un po’ come questo, molto più lunghi e pieni di avvenimenti. Per quanto riguarda la relationship Jay/Sammy sarà basata su un rapporto quasi di “Odi et amo “(non voglio fare la figa citando Catullo, ma non so come spiegarvelo meglio di così).
Onestamente? A me la classica storia: incontro, innamoramento, sesso stanca subito quindi vi vorrei proporre un qualcosa di più particolare (non che queste cose non ci saranno), un qualcosa che abbia i suoi tempi e anche diversi colpi di scena.
L’unica cosa che vi chiedo cari lettori è farmi sentire cose ne pensate della storia … Ringrazio sempre chi ha messo la storia nelle seguite, ricordate e preferite e confido in voi!
Cercherò di postare il prossimo capitolo entro lunedì prima che il vortice chiamato “liceo” mi risucchi.
Un bacione e come sempre
Alla prossima ;) 

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Capitolo 4
*** Look for the girl with the broken smile ***


I don't mind spending everyday Out on your corner in the pouring rain Look for the girl with the broken smile




 
 
 
< Ma cosa è successo? > Chiede Vic visibilmente agitata raggiungendomi a bordo piscina.
< Niente > Affermo alzandomi incazzata nera. < Un bel niente >.
E infondo era proprio quello che era successo. Cosa mi aspettavo andando lì da lei come se niente fosse? Chi ero io per farle la predica sul fumo? E soprattutto perché avevo pensato che fosse cambiata? Jay non era mai stata il tipo con cui avere una conversazione tantomeno stringere un rapporto.
Aveva reagito esattamente come avrebbe fatto da bambina, dandomi contro.
< Sammy ti conosco da più di dieci anni, non credi che me ne accorgerei se non fosse successo niente? > Chiede la mia migliore amica fissandomi dritta negli occhi.
< E’ complicato Vic > Affermo titubante.
< Allora entra dentro, lo sai che mi piace parlare mentre mangio > Afferma strappandomi un sorrisino.
Io e Vic ci conoscevamo da quando eravamo davvero piccole. Mio padre stufo di sentirmi cantare in giro per casa prese la decisione di iscrivermi alla scuola di canto proprio vicino alla casa che avevamo appena comprato a Brooklyn. Proprio lì conobbi Vic, che frequentava quella scuola dall’età di sei anni.
Nonostante i due anni di differenza io e la mora diventammo da subito inseparabili, fino al momento in cui i miei realizzarono che la vita frenetica classica Newyorkese non era il tipo di vita che volevano far condurre ai loro quattro figli: Io Vanessa, Marcus e Henry.
Ho sempre avuto un ottimo rapporto con la mia famiglia, in questo mi ritengo davvero fortunata. Anche se i miei hanno una mentalità un po’ provinciale, noi figli siamo cresciuti in un ambiente sano quale Nashville e siamo cresciuti con determinati valori.
Non so chi dei miei fratelli mi manchi di più in questo momento, se il mio fratellone Marcus o il più piccolo della famiglia Henry, ma una cosa è certa a mancarmi non è decisamente Vanessa.
Al contrario di come si possa pensare magari vedendoci e osservandoci da lontano, io e Vanessa non abbiamo un bellissimo rapporto. Anche se ha sette anni in più a me, la sua maturità è pari a quella di un criceto sottosviluppato.
Non siamo mai andate d’accordo da bambine e spesso litigavamo di brutto e questo astio che ci ha da sempre accompagnato invece di scemare col tempo è andato sempre più rafforzandosi.  
Forse per questo ho voluto bene a Vic sin da subito. L’ho sempre considerata quella sorella che per certi verso non hai avuto.
< Perché non me l’hai detto subito? > Chiede la ragazza con gli occhi azzurri sfiorandomi una mano. Gli avevo appena raccontato tutta la storia. Tutto quello che c’era stato tra me e Jay o meglio quello che non c’era mai stato. Non so perché mi ritrovo a fare quel pensiero. Poi realizzo che forse ho sempre voluto avvicinarmi in qualche modo a quella ragazza. Che strano effetto che ha su di me. Lei è come un magnete e io il pezzettino di ferro. L’ho sempre visto così il nostro rapporto/non rapporto,
< Sammy  se la cosa ti turba, non lo firmiamo il contratto > Afferma lei decisa.
< Ma che dici?! > Scatto io spalancando gli occhi. < E’ il sogno della tua vita e anche il mio! >.
< Si, lo so. Ho detto quello che ho appena detto solo perché dovevo in quanto tua migliore amica, ma non l’avrei mai permesso > Afferma lei con una finta espressione seria.
< Stronza > Dico alzandomi per mettere i piatti nel lavandino.
< Comunque Sammy, quella ragazza è chiaramente un po’ particolare e non so ne avrà passate forse tante nella sua vita ma c’è qualcosa in lei … Non so > Fa la mia amica sospirando.
 < Da bambina non frequentava proprio una bella compagnia …>
< Oh, andiamo Sammy! Avevate dieci anni! > Esclama la mia amica trattenendo le risate.
< Si, forse hai ragione ma ricordo il periodo prima che tornassi a Nashville, non frequentava ancora buona gente e ne aveva quattordici a quel tempo! > Affermo vagando con la mente in cerca di ricordi.
< A quel tempo non frequentavamo la stessa classe, ma seppi che non si presentò a scuola per un settimana perché era troppo fatta, anche se frequentava il primo anno i suoi “amici” erano tutti dell’ultimo e non erano persone molto raccomandabili. A quanto dicono in giro, a fine anno bruciò il suo compito di Latino in classe davanti a tutti, subito dopo aver saputo il voto >
< Cazzo, anche io ho sempre voluto fare una cosa del genere … > Fa Vic sovrappensiero. Sospirò di nuovo vedendo la faccia che avevo fatto. < Senti, Sammy. Prendi me ad esempio. Ti ricordi com’ero prima del liceo? >
Penso per un secondo alla Vic tredicenne e quasi scoppio a ridere. Scarpette sempre coordinate col frontino o il fermaglio, vestitini e camicie, gli occhiali a cerchietto in stile Harry Potter.
< Ecco > Afferma la mia migliore amica soddisfatta. < Guardami adesso. Non sono forse cambiata? > Fa lei accennando al suo corpo. E in effetti lo era e eccome. < Dalle almeno il beneficio del dubbio > Fa infine alzando le spalle.
< Ho sbagliato forse a farle la predica … > Dico infine rassegnata.
< Devi dirlo a lei mica a me > Afferma la bruna dandomi un buffetto sulla guancia.
 
Come se non bastasse la nottataccia della sera prima e la giornata stressante che stavo avendo, quella sera avrei dovuto lavorare.
Due volte a settimana avevo il turno di sera solitamente, ma nel periodo estivo il personale era sempre ridotto quindi mi ritrovavo quasi ogni notte in quel bar. Il Moon era un disco-bar molto in voga in quel quartiere di New York. Luke l’aveva aperto quando era molto giovane e ci trascorreva minimo una volta a settimana una serata. Spesso accadeva il venerdì, perché quel giorno della settimana avevamo la musica live. Era anche grazie a quel bar che alcune persone mi riconoscevano. Non dico di essere famosa o altro ma suono nei locali da più di tre anni e la mia pagina Twitter pullula di miei video fatti certo non da me stessa.
Ero rimasta totalmente spiazzata quando Vic aveva affermato che conosceva quasi tutte le mie canzoni. Non me l’aspettavo, davvero. Per quanto la maggior parte delle volte abbia un ego davvero sproporzionato ero rimasta totalmente sorpresa da quel particolare.
< Jay c’è qualcuno per te > Dice Carmen dall’altra parte del bancone. Mi guardo attorno e in un primo momento non vido nessuno poi il mio sguardo si posa sulla rossa che sta sorridendo proprio davanti a me.
< Come sta la mia rockstar preferita? > Chiede Dani non smettendo di sorridere.
< Come al solito > Affermo dandole un bacio sulla guancia. < E la mia universitaria preferita, invece, come sta? > Chiedo ricambiando il sorriso.
< Come al solito > Fa lei imitando la mia voce bassa. Conoscevo Dani da qualche anno, il nostro è sempre stato un rapporto indefinito. Lei di tre anni più grande di me frequentava il secondo anno alla Columbia. Ci eravamo conosciute per caso, una sera a casa di amici in comune. Non so come mi ero fatta coinvolgere nel cerchio di obbligo e verità, l’unica spiegazione razionale forse è che ero troppo ubriaca, e da cosa parte cosa mi ero ritrovata con la sua lingua in bocca.
Devo ammettere che di quella serata ricordo ben poco, ma non ho dimenticato di certo l’imbarazzo della mattina dopo quando mi svegliai in una camera a me sconosciuta con una ragazza nuda che mi dormiva accanto.
Da quel momento ciò che successe quella sera si è ripetuto svariate volte, ma tra me e Dani non è mai nato niente di serio. Lei su questo è un po’ come me quindi non abbiamo mai avuto in tre anni di rapporto pretese sull’altra.
< Ci sono novità? > Chiede lei per fare conversazione.
< Beh, in effetti ci sono novità ma non posso ancora parlarne … > Affermo servendo una Vodka liscia alla mai amica.
< A che ora stacchi? Hai ancora energie da consumare o sei troppo stanca? > Fa lei ammiccando e prendendomi chiaramente in giro.
< Stacco fra un ora e non sono mai stanca per certe attività e lo sai bene > Le dico facendole l’occhiolino.
 
< Sammy ma dove vai a quest’ora? > La voce di Vic impastata dal sonno mi fece quasi sentire in colpa.
Come al solito grazie alla mia infinita grazie mi ero appena schiantata nel mobiletto posto di fronte alla mia momentanea camera al piano superiore.
< Scusami per averti svegliato, Vic > Le dico con immenso dispiacere. Da quando c’era stata la novità del contratto vivevo praticamente da Vic. La casa era sempre vuota tranne che per il Tyler, il fidanzato di quest’ultima che veniva di tanto in tanto.
< Perché così di fretta? > Chiede sbadigliando rumorosamente.
< Ho pensato tutta la notte al nostro discorso di ieri. Okay, avevi completamente ragione sono stata una stupida, non dovevo comportarmi in quel modo e devo smettere di pensare a Jay come alla persona di otto anni fa, devo ammettere che in realtà non la conosco anche se conosco a me memoria ogni testo delle sue canzoni. Non manderemo a puttane questo disco solo perché da bambina il mio orgoglio è stato ferito. Devo semplicemente chiederle scusa  > Quelle parole iniziano a scorrere velocemente senza nemmeno che me ne rendessi conto dalla mia bocca.
< Ehi, Ehi calmati! Quanti caffè hai buttato giù da stamattina? > Chiede ridendo.
< Troppi > Dico agitata.
< Prendi la mia macchina e va da lei … Portala qui che magari lavoriamo un po’  > Mi dice la mora sorridendo.
< Prendo la metro e poi ho bisogno di camminare un po’ … Devo smaltire quest’adrenalina > Affermo rifiutando le chiavi dalla mia amica.
< Come vuoi > Fa lei alzando le spalle.
< Ah, Vic > Mi chiama prima che io richiuda la porta. Mi volto e mi sta guardando con un sorrisino compiaciuto. < Non fare cazzate >.
 
Arrivare al Moon non fu proprio difficile.
Il giorno prima mentre provavamo Jay aveva detto di abitare proprio nello stesso edificio dove lavora, quindi raggiungerla non fu esattamente difficile.
La parte difficile iniziò non appena mi trovai davanti a quel palazzo. Cosa diamine le avrei detto?
“Ciao, sono una persona estremamente masochista, adoro le persone che mi maltrattano … Facciamo un disco insieme?”. Okay, la situazione mi sta leggermente scappando di mano, lo ammetto.
Salgo le scale con gambe leggermente tremanti. Mi sporgo per guardare la targhetta al primo piano: Mr and Mrs Jenkis.
Salgo un altro piano e mi rendo conto che è l’ultimo. Faccio un respiro profondo neanche stessi per andare in apnea.
Con un piede ancora sul pianerottolo e uno sulle scale, la porta si spalanca. Quella che ne esce non è decisamente Jay. Una ragazza sulla ventina con i capelli di un rosso scuro e un sorriso stranamente obliquo esce da quella porta come se fosse la cosa più naturale del mondo. Subito dopo alle sue spalle appare anche Jay con le solita Ray Ban calate sugli occhi.  
< Cerchi qualcuno? > Fa la ragazza con un tono gentile ma infastidito.
< Ehm … Abita qui Jay Wallas? > Chiedo consapevole che la ragazza alle sue spalle non mi avesse ancora visto.
< Chi mi cerca? > Jay si sporge dalle spalle della rossa con espressione curiosa. < Come sei venuta qua? > Chiede presa alla sprovvista alzandosi gli occhiali nei capelli corti quasi come se non credesse ai suoi stessi occhi.
< Con la metro > Affermo avvampando. “Ma che razza di risposta è?!”.
< Volevo dire, perché sei qua? > Fa lei cercando i miei occhi.
“Sono un’idiota. Una completa idiota.”
< D-Dovrei parlarti > Affermo cercando di fare la voce decisa ma fallendo miseramente.
< Jay, io scappo, devo essere al campus per le dieci > Fa la rossa sporgendosi e dando un bacio sulla guancia decisamente vicino alle labbra alla ragazza dai capelli neri.
Forse per la prima volta da quando la conosco, Jay sembra arrossire.
< Ok, ci sentiamo > Afferma rispondendo al sorriso della rossa.
< Ehm … Jay, vedo che stai uscendo posso passare un’altra volta, se vuoi > Dico affogando nel mio profondo imbarazzo.
< Vieni scendiamo insieme > Dice chiudendo la porta a chiave.
Non appena ci troviamo giù, lei appoggia il casco sulla sua moto e incrocia le braccia in attesa di una spiegazione.
< Senti … Sono venuta qui perché dovevo dirti che mi … > Le parole mi si troncarono in gola. < Non sono nessuno per farti una predica … > Cerco di dire guardando un punto indefinito del suo viso ma non nei suoi occhi scuri. < Ieri mi sono comportata una … >
< Ho capito, non preoccuparti > Dice lei sciogliendo le braccia e appoggiando tutto il suo peso sulla moto.
< Sono anche io troppo impulsiva > Afferma passandosi una mano fra i capelli.
< No, sul serio fatti fare almeno delle scuse decenti > Dico ma lei mi interrompe di nuovo.
< Non c’è né bisogno, davvero > Dice giocherellando con un mazzetto di chiavi.
< Okay … > Dico accennando un piccolo sorriso. < Senti, molto probabilmente avrai da fare ma Vic ha insistito molto per vederci tutte e tre oggi … Non so appena ti liberi potresti passare per casa, no? > Chiedo cercando di fare un discorso coerente.
< Ok > Fa lei secca allacciandosi il casco. < Mi faccio viva io, allora >.
La devo salire sulla sua moto, così inizio ad incamminarmi anche io nella direzione opposta.
Dopo circa un minuto di passeggio sento il rumore della sua moto farsi più vicino.
< Guarda che la metro sta dall’altra parte della strada > Fa lei fermandosi con la moto accesa.
< Ah, si > Faccio io temendo in una combustione spontanea.
< Dai, sali > Fa lei sorridendo. E’ la prima volta che mi rivolge un sorriso, un sorriso vero.
< No, sul serio prendo la metro > Affermo io aggrappandomi a quel minimo di dignità che mi era rimasto.
< Insisto > Mi dice sempre sorridendo.
< Okay … > Rispondo dopo un poco. Mi avvicino alla moto e lei mette entrambi i piedi a terra per permettermi di salire.
< Tieni > Mi dice porgendomi il suo casco.
< Ma è il tuo casco > Protesto io.
< Il tuo viso terrorizzato mi dice che non sei mai salita su una moto, quindi prendilo. Poi ho la testa molto dura se mi schiantassi a cento chilometri orari mi farei solo qualche graffietto > Afferma strappandomi un sorriso incerto.
< Grazie > Dico infilandomi il casco per bene.
< Ti dispiace se facciamo una piccola variazione? Stavo andando a prendere il cellulare alla Island, l’ho lasciato lì ieri > Per colpa del casco la sua voce mi rimbomba nelle orecchie.
< Certo >.
< Reggiti > Mi ordina lei.
Afferro piano i lembi della sua felpa, leggermente impacciata.
La sento sbuffare rumorosamente e dopo poco mi afferra i polsi e porta le mie braccia a cingerle perfettamente la vita. Mi stupì quel suo gesto e ringraziai mentalmente Dio per il fatto che non potesse vedere la mia faccia in quel momento.
< Ah, Jay > Faccio io nervosa.
< Dimmi > Dice lei titubante.
< Scherzavi prima sui cento chilometri orari, vero? > Chiedo e la sua risata copre quasi il rumore del motore in partenza.
 
 
NOTA AUTRICE:
Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo. Ebbene si Sammy ha deciso di dare una possibilità a Jay e ha ammesso con se stessa che quella ragazza l’ha sempre attratta in un certo qual modo.
Piccolo spoiler: presto la biondina capirà il tipo di attrazione e andrà in uno stato a dir poco confusionale.
Per quanto riguarda invece, la nostra Rockstar, togliersi la corazza si sta rivelando davvero troppo semplice con la biondina … Lo vediamo chiaramente quando insegue la ragazza sulla moto e insiste per il passaggio e per la prima volta è proprio lei a cercare il contatto.
Beh, calarsi la maschera non è facile per Jay, ma la strada per farlo non è poi così lunga.
Ora la smetto di dire frasi senza senso nel vano tentativo di suscitare suspanse e passo direttamente alle cose serie.
Continuo a ringraziare infinitamente le persone che stanno seguendo questa storia (Siete davvero in tanti!) e sento il vostro supporto anche se silenzioso. Su questo aspetto volevo giusto dire due paroline.
Voglio.La.Vostra.Opinione.
No, sul serio e mi rivolgo a voi che state seguendo datemi un parere perché non so vale se a lungo andare vale la pena continuare a postare i capitoli. Ne ho già pronti due ma aspetterò il vostro parere per continuare a postare … 
Un bacione e come sempre
Alla prossima ;)  

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Capitolo 5
*** It's time to begin, isn't it? I get a little bit bigger, but then I'll admit I'm just the same as I was ***


It's time to begin, isn't it? I get a little bit bigger, but then I'll admit I'm just the same as I was 






 
 
 
< Guarda che siamo arrivate > Affermo non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso. Quella mattina si stava rivelando estremamente interessante. Reduce di una notte decisamente stancante, Sammy mi aveva completamente stravolto la mattinata. Si era presentata praticamente a casa mia e per poco non aveva sorpreso me e Dani insieme, in atteggiamenti davvero poco amichevoli.
Non che io abbia mai nascosto di gran lunga i miei gusti sessuali, ma non so perché non mi andava che la ragazza bionda lo venisse a sapere adesso, ne tantomeno in quel modo.
La cosa più assurda è il brivido che mi provocava ancora oggi il suo tocco. Quando le ho afferrato i polsi e le sue braccia hanno stretto la mia vita, ho sentito come una scossa, scuotermi tutto il corpo. Non è un classico cliché questo, il suo tocco ha scatenato una crisi epilettica dentro di me.
Qualche istante dopo che ho messo in moto e ho iniziato a prendere velocità la sua testa si è come riparata tra le mie scapole, ed è rimasta lì in quella posizione per tutto il tragitto riparandosi apparentemente dalla velocità, ma mi diede l’impressione come se si stesse riparando dal mondo intero. Le sue braccia poi si sono strette attorno alla mia vita in una morsa quasi mortale, facendomi mancare a tratti il fiato.
E proprio in quella posizione si trovava anche adesso, nonostante fossimo arrivate a destinazione.
Metto un piede a terra spegnendo la moto. < Sammy? Mi manca l’aria > La chiamo con voce più rauca del solito, ma solo dopo qualche secondo stacca il suo viso dalla mia schiena e allenta leggermente la presa intorno alla mia vita.
< T-Tu, tu sei completamente folle! > Esclama e le sue urla mi spaccano quasi un timpano, data la poca distanza.
Io non rispondo ma mi limito a ridere.
L’esile biondina si sfila il casco leggermente alterata e mentre scende perde l’equilibrio e sarebbe finita dritta a terra se io non l’avessi afferrata per una spalla. < E tu sei completamente priva di equilibrio > Le rispondo ridendo. Non ridevo così, di gusto, da una vita.
Forse è proprio per questo motivo che lei non mi manda a quel paese e un piccolo sorriso si disegna lentamente sulle sue labbra.
< Ah, vedo che avete già legato! > Afferma una voce a me esageratamente familiare. < Come mai qui, da zio Luke? > Afferma quell’uomo dal pizzetto biondiccio.
< Non siamo qui per te, non darti arie > Esclamo io scendendo dalla moto. < Ho lasciato il cellulare qui >.
< Si, lo so. Vallo a prendere pure tu. Sta nel primo cassetto della mia scrivania > Afferma accendendosi una sigaretta.
Conosco quei corridoi da due anni, ma camminarci adesso con la consapevolezza che ci fosse un contrato ad aspettarmi  era qualcosa di sorprendentemente figo.
< Conosci da parecchio tempo Luke? > Chiese Sammy seguendomi nel suo ufficio forse meravigliata dal fatto che potessi frugare nei cassetti del nostro “manager”.
< Da due anni > Affermo aprendo il suo cassetto. < Tu? > Chiesi alzando appena lo sguardo.
< Lavoro con lui da un paio di mesi ... > Risponde guardando i poster appesi ai muri. < Non sapevo che questa fosse la stessa casa discografica di Bob Marley > Dice pensierosa e ammirata.
< Beh, è stato lui che l’ha resa importate in un certo senso > Dico io avvicinandomi. Nonostante io sia abbastanza alta e potrei crescere ancora, in teoria, la ragazza al mio fianco è altissima. Supera di gran lunga il mio metro e settantatre.
Mi guarda dall’alto e per la prima volta avverto che tra noi non c’è tensione. I nostri occhi per un istante che sembra indefinito si incastrano perfettamente. < Andiamo? > Chiedo spezzando quel momento.
Non ci mettiamo molto per arrivare a casa di Vic, nonostante abbia deciso di rallentare notevolmente rispetto a prima per la felicità di Sammy e per la felicità anche dei miei polmoni così che potessero prendere aria. Non che mi sia dispiaciuto essere stretta in quel modo da lei, lo ammetto, ma molto probabilmente mi sarebbero rimasti i lividi.
Scendiamo dalla moto e cerco di sgranchirmi le ossa.
Non appena entriamo in casa, a tutto ero pronta ma non a l’ultrasuono che fuori esce dalla bocca di Vic non appena mi vede.
Di slancio mi abbraccia e io impacciata le do qualche buffetto sulle spalle. Non sono abituata a determinati slanci di affetto ma in quell’occasione sono costretta a ricambiare.
< Non ci speravo più ormai! > Afferma togliendomi il casco da mano e appendendolo nell’entrata.
< Jay, lui è Ty, il mio ragazzo > Fa la brunetta presentandomi il ragazzo dietro di lei. E’ decisamente alto e il colore della sua pelle mi induce a pensare che uno dei suoi genitori fosse orientale. I capelli neri leggermente lunghi ricadono sulle spalle muscolose.
< Piacere > Dico io non allungando mai la mano come mia abitudine.
< Piacere mio > Dice il ragazzo gentilmente. < Ragazze, allora io vado che vi lascio lavorare > Dice sorridendo contento come se fosse stato lui a dover firmare il contratto della sua vita.
< Ciao, amore > Fa la bruna dandogli un bacio a stampo, dimostrandosi più dolce di quanto avessi immaginato. Trattenni una risata vedendo Sammy al mio fianco fare un gesto in stile conato di vomito.
< La vuoi smettere? Solo perché hai deciso che non vuoi frequentare più ragazzi fino a che non sarai zitella! > Dice scherzosamente Vic facendo una linguaccia all’amica.
< Solo perché hai trovato l’unico bravo ragazzo sulla faccia della terra non puoi rinfacciarmelo sempre > Rispose Sammy ricambiando la linguaccia.
< Continuerete per molto? > Dico io per niente infastidita però. In effetti ad attirare la mia attenzione è proprio stata l’affermazione di Vic. Perché mai una ragazza come Sammy ha deciso di non frequentare più ragazzi? Chi era quello stronzo che l’aveva fatta soffrire?
Quei pensieri irrazionali iniziano ad invadere la mia testa lasciandomi decisamente sconcertata.
< No, scusaci > Dice Vic ridendo. < Di solito questi siparietti sono brevi ma molto intensi > Afferma ridendo.
Dopo poco tempo ci ritrovammo tutte e tre a tavola a pranzare. Vic aveva insistito tanto perché il pranzo del giorno prima era saltato e non faceva altro che ripetere che nessuno si sarebbe dovuto sottrarre alle sue doti culinarie.
< Sono ottimi > Affermo facendo la gentile alla prima forchettata di pasta. Io e la cucina non abbiamo un bellissimo rapporto quindi mangiare un piatto di pasta per me era un evento più unico che raro.
< Non alimentare il suo delirio di onnipotenza quando si parla di cucina, ti prego  > Dice Sammy con occhi imploranti.
< Sono negata con fornelli quindi qualsiasi cosa sia praticamente commestibile per me è buona > Affermo io alzando le spalle dando voce ai miei pensieri.
< Vivi da sola? > Chiede Vic curiosa.
Io annuisco, consapevole che a breve sarebbe arrivata la fatidica domanda “famiglia”.
< Come mai? Vai ancora a scuola giusto? > Chiede sempre la ragazza bruna. Guardo Sam senza farmene accorgere e noto che guarda il piatto davanti a se fingendosi impegnata.
< Si … > Affermo sperando che quella conversazione finisse là.
< Vic, come mai Ty non è rimasto a pranzo? Paura delle tue doti culinarie? > Fa Sammy con un sorriso ironico.
Vic le lancia un’occhiataccia ma il peggio è passato. Dopo qualche istante guardo Sammy e le faccio un piccolo sorriso per aver cambiato argomento. Aveva colto nel momento giusto il mio disagio e aveva posto abilmente l’attenzione su altro. Lei risponde al mio piccolo sorriso arrossendo leggermente.
Il resto del pomeriggio trascorre molto velocemente. La maggior parte del tempo lo trascorremmo parlando di musica e delle nostre influenza musicali. La cosa che ci stupì maggiormente furono proprio i nostri diversi e contrastanti gusti musicali.  
< Io amo il pop > Aveva detto tutto ad un tratto Vic. < Lo ammetto sono cresciuta ascoltando Madonna, quando avevo cinque anni conoscevo parola per parola “Baby one more time” di Britney Spears e avrò visto quel video talmente tante volte da conoscere passo per passo anche il balletto >. 
< Io invece amo la musica di autore, il soul e nell’ultimo periodo mi sono avvicinata al soft rock > Afferma Sammy accordando la sua chitarra.
< E tu Jay? > Vic mi guarda curiosa.
< Beh … Io sono più per il Rock and Roll > Affermo con un sorriso sghembo. < Il genere che ascolto e quindi che faccio è molto vicino a questo mondo. Il Rock ma quello classico > Dico alzando le spalle.
< Rolling Stones, Beatles … ? > Mi fa eco Vic.
< Guns N’Roses, Rem, Ramons > Continuo io particolarmente loquace. Non sono una ragazza che parla molto ma quando l’argomento è la musica, sono implacabile.
< Sono proprio curiosa > Afferma Vic ad un tratto.
< Di cosa? > Chiede Sammy alzando la testa dalla sua chitarra.
< Immaginavo una nostra canzone. Sono curiosa di vedervi insieme a scrivere testo e musica, sono curiosa delle nostre voci che si fondono, sono curiosa di vedere l’impatto con il pubblico, cosa ne penserà la critica … E’ tutto così … > Fa lei a corto di parole.
< Surreale? > Suggerisco io con un sorriso spezzato.
< Esatto! > Fa lei dandomi ragione. 
< Non dire cazzate … Non saresti mai arrivata ad una parola come “surreale”! Al massimo stavi per dire “figo” > Esclama Sammy lanciando il cuscino del divano in faccia a Vic.
< Che stronza che sei! > Esclama la mora lanciandole a sua volta il cuscino.
Sorrido ampiamente a quello scambio di battute. Stare con Sammy e Vic si stava rivelando stranamente divertente.
< Allora? Lo firmiamo o no questo contratto? > Chiede Sammy ad un certo punto facendosi seria.
< Facciamo così > Dico ad un tratto spegnendo la sigaretta che mi ero da poco accesa ( non mi era sfuggita l’occhiataccia di disapprovazione della biondina). < Prendiamoci queste ventiquattro ore per prendere questa decisione. Stiamo parlando della nostra carriera, del nostro sogno … Ieri non avevo ancora realizzato il tutto e non l’ho fatto nemmeno adesso. Ho bisogno di ventiquattro ore, solo ventiquattro ore > Affermo sospirando rumorosamente.
< Anche io ne ho bisogno > Afferma Sammy guardandomi negli occhi per istante lunghissimo.
< Ventiquattro ore > Dice Vic seria.
Guardai l’orologio, segnava le sette di sera.
< Mettiamola così: domani esattamente a quest’ora a Coney Island a Brooklyn > Affermo decisa. < Se ci saremo tutte e tre con le nostre chitarre firmiamo questo maledetto contratto >.
 
NOTA AUTRICE:
 
Ed eccomi qui con un nuovo capitolo! Il cambiamento è nell’aria gente … Il contratto sta per essere firmato? Forse si, forse no lo saprete a breve.
In questo capitolo volevo mostrarvi, oltre allo sviluppo della relazione Jay/Sammy, i gusti musicali delle ragazze, inevitabili per tracciare in pieno il profilo di e la personalità artistica di quest’ultime. Vi starete chiedendo come possono andare d’accordo due persone che ascoltano rispettivamente una Rolling Stones e l’altra Lady Gaga, beh credetemi non lo so ancora nemmeno io ma penso che lo scoprirò scrivendo! :P
Scuola permettendo penso di aggiornare giovedì sera o al massimo venerdì nel pomeriggio … Ringrazio sempre infinitamente tutti quelli che stanno seguendo la storia, che l’hanno inserita nei preferiti e in particolar modo chi sta recensendo la storia. Vi voglio bene gente! <3
Li volete qualche piccolo spoiler ?? beh :
Nel prossimo capitolo verrà finalmente presa la decisione riguardo il contratto.
Presto ci sarà una scena estremamente fluff tra Sammy e Jay.
Qualcosa sul passato delle tre verrà alla luce e ci saranno conseguenze irreparabili
 
Con questo vi lascio, confido in un vostro parere!
Alla prossima! ;)

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Capitolo 6
*** If there’s a future, we want it Now-ow-ow-ow-ow-ow-ow-ow ***


If there’s a future, we want it Now-ow-ow-ow-ow-ow-ow-ow 
 

 
 
 
Quando quella mattina mi svegliai il mio primo pensiero fu: “il contratto”. Anzi se proprio devo esser sincera quello fu il mio unico pensiero costante di tutta la giornata.
< Vic, come mai in piedi a quest’ora? Solitamente non ti alzi prima di mezzogiorno > Afferma la mia migliore amica entrando in soggiorno, trovandomi in pigiama alle otto del mattino a guardare i cartoni animati. Mi trovavo in quella posizione scomodissima e mangiavo cereali direttamente dal cartone come se fossero pop-corn.
< Non riesco a dormire … Sai non sapevo che alle otto del mattino facessero programmi interessanti! > Esclamo non distogliendo lo sguardo dal plasma a cinquanta pollici.
< Vic stai guardando “Hello Spank” > Esclama Sammy perplessa.
< Non guardavo qualcosa in tv per più di un quarto d’ora da anni > Dico io alzando le spalle.
Subito dopo questa mia affermazione Sammy si allontana borbottando qualcosa riguardo alla demenza senile e di come colpisce in giovane età.
Dopo poco la bionda mi raggiunge sul divano con una tazza a dir poco enorme di latte. < Mi passeresti i cereali? > Chiede sbadigliando.
< Se non sapessi che hai dormito nella camera affianco alla mia, già ti prenderei in giro per una probabile nottata movimentata … > Affermo guardando il suo viso a dir poco stanco.
< Non ho chiuso occhio > Dice lei sospirando. < E poi lo sai che non sono tipo da serate movimentate > Afferma lei risentita.
< Ho ragione dimenticavo di star parlando con “aspetto la persona giusta” > Dico io prendendola in giro.
< Ancora questo discorso? > Chiede lei dandomi una gomitata affettuosa.
< Dai perché domani sera non esci con me, Ty e Johnny? > Chiedo per l’ennesima volta quasi pregandola.
Ho sempre avuto una certa reputazione da “Cupido” e devo dire che nel corso del tempo ho sviluppato una certa bravura. Mi soddisfa vedere il sorriso sul volto delle persone che ho presentato quando diventano più che amici … Ci sono momenti in cui mi ritrovo a pensare “Lo vedi quel sorriso? L’ho creato io” …
Si lo so, spesso mi capita di avere deliri di onnipotenza, lo ammetto …
Beh, se proprio mi va male come cantante potrei aprirmi un’agenzia matrimoniale!
< Vic, perché devo ripetertelo tre volte al giorno? Non voglio iniziare a frequentare nessuno in questo momento > Afferma decisa Sammy sorseggiando il suo latte.
< Magari potresti solo provare, vedere come va … > Provo ad insistere.
< Vic >.
< Okay, lo so che lui ti ha fatto soffrire ma Sammy … A breve compirai diciannove anni, sei alta, bionda, hai due occhi verdi spettacolari, quando cammini in strada si girano tutti a guardare sia uomini che donne, non passi di certo inosservata … > Provo a convincerla ripetendole quel discorso che ormai lei conosceva a memoria.
Lei non risponde ma resta in silenzio con lo sguardo basso. < Non voglio vederti ancora triste per un stronzo che non ti ha mai meritata … > Dico infine cercando i suoi occhi,
< Lo apprezzo Vic … E credimi penso davvero di essere sulla buona strada per superare tutto ciò ma ora come ora voglio solo dedicarmi alla musica, sul serio > Dice infine e capisco che sta dicendo la verità.
Ho sempre considerato Sammy come la sorellina minore, quella di cui prendersi cura, quella da tenere lontano dai guai. Da quando l’ho conosciuta, l’essere figlia unica è una cosa che non mi è più pesata.
Abbiamo trascorso talmente tanti anni insieme, legate da un cordone ombelicale invisibile. I nostri compagni al conservatorio ci hanno sempre chiamato le “siamesi”, perché anche se tra noi non c’è nessun legame di sangue, lei risulta essere lo stesso una delle persona più importante della mia vita.
Quando Daniel l’ha ferita sono stata davvero male per lei. Sammy, essendo di per sé chiusa e riservata, si era completamente aperta a quel ragazzo per il quale aveva una cotta sin da bambina. All’età di quindici anni quest’ultimo si era fatto avanti e sono stati insieme per più di tre anni.
Sammy lo amava sul serio e forse all’inizio la cosa era reciproca ma poi lo stronzo ha deciso di tradirla con una sua compagna di scuola e la favola è finita.
Adesso la mia migliore amica ha da poco rimesso a posto i pezzi e ha ripreso a sorridere, ma per settimane ho temuto che quel sorriso così bello fosse in qualche modo scomparso per sempre dal suo viso. Questo perché la mia Sammy è fatta così. Lei si dà completamente, lei si abbandona alle emozioni, lei vive tutto in una maniera così intensa senza pensare spesso alle conseguenze. Lei non può fare a meno di amare.
 
Quanti giorni erano che non dormivo decentemente? Nell’ultima settimana avrò dormito di media circa tre ore a notte e il mio corpo ne iniziava a risentire.
Mi reggevo in piedi grazie all’ausilio della caffeina che ormai assumevo quasi come se fosse stata acqua.
Quella mattina non appena mi alzai presi una delle decisioni più dure della mia vita: sistemare casa.
Beh, quando presi quella decisione alle nove del mattino, non ero ancora consapevole che avrei impiegato più di due ore a stanza.
Così l’intera mattinata e buona parte del pomeriggio trascorse e a stento me ne resi conto. Avevo messo gli Imagine Drangons a un volume altissimo proprio per evitare di pensare a quello che sarebbe accaduto quella  sera alle sette a Coney Island.
E mentre canto “Radioactive” capisco che avevo preso la mia decisione tornando a casa sulla mia moto il giorno prima e avevo trascorso una notte insonne a pensarci senza sosta.
Certo, non avevo mai pensato di diventare un componente di un gruppo e mai l’avrei voluto fino al giorno prima. Sarà per il mio carattere di per se asociale e solitario, sarà perché ora che ci penso non ho mai pensato al mio futuro razionalmente, ma da quando avevo rivisto Sammy e avevo conosciuto Vic qualcosa stava iniziando a cambiare irrimediabilmente nella mia vita.
Non ho mai desiderato di trascorrere il mio tempo con qualcun altro, non ho mai desiderato condividere il mio piccolo palco con qualcuno, ma tutto questo stava decisamente cambiando.
Mi sentivo come spettatrice di un qualcosa che stava accadendo a me stessa e senza che me rendessi conto iniziavo ad incoraggiare irrazionalmente tutto questo.
In preda a quei pensieri folli prendo la chitarra e mi dirigo alla spiaggia pensando “Ecco ci siamo”.
 
< Vic, hai mai pensato all’eventualità che Jay non si presentasse? > Chiedo guardando l’orologio in preda ad una crisi di panico.
< Non faccio che pensare a ciò da quando ieri ha proposto questo > Fa alzando le mani al cielo.
Sono le sette e tre minuti e non c’è traccia della ragazza dai capelli corti. Mi guardo intorno cercando di scorgere la sua chioma ribelle da qualche parte ma di lei nessuna traccia.
Sette e cinque e il rumore della sua moto non squarcia l’aria come avevo immaginato. Fino a quel momento me ne ero stata seduta su quel tronco che faceva da panchina naturale ad aspettare o meglio sperare di scorgere quel visino da bambina con gli occhi troppo adulti e maturi per la sua età.
< Potrei anche impazzire > Afferma Vic a non riuscendo a stare ferma.
< Vic, tu stai facendo impazzire le mie pupille, ti prego fermati > Le dico pregandola per l’ennesima volta.
< Se quella ragazza non si presenta qui, giuro che … > Fa lei alterandosi venendo stoppata da una voce estremamente familiare.
< Mi vuoi pestare? > Chiede la ragazza avvicinandosi con un ghigno. La vedo avvicinarsi con la chitarra sulle spalle e il mio cuore perde un battito. Ma che sto dicendo … Perde tre battiti.
Con quel sorrisino appena accennato e l’aria sicura di sé, Jay si avvicina a noi senza batter ciglio.
A Vic venne quasi un colpo, le andò in contro e l’abbracciò di slancio urlando. Contro ogni mia previsione Jay ricambiò la stratta sorridendo. Non potevo credere ai miei occhi …
< Se tu non fossi etero ti sarei già saltata addosso! > Esclama Vic in preda all’euforia.
Jay si volta nella mia direzione e noto, nonostante la sua carnagione scura, che ha le guancie leggermente arrossate. Mi alzo anche io, rendendomi conto solo in quell’istante che le mie gambe tremavano come foglie in autunno. Nel momento in cui mi alzo, sento le mie gambe cedere ma una mano mi afferra saldamente il braccio destro. Perdo altri tre battiti quando vedo gli occhi di Jay incastrati nei miei.
< Lo firmiamo questo contratto allora? > Chiede ad un tratto Vic interrompendo il nostro gioco di sguardi.
< Assolutamente si > Rispondiamo in coro io e Jay e l’imbarazzo tra noi non fece che aumentare inevitabilmente.
< Dobbiamo pensare ad un nome allora! > Urlò Vic per sovrastare il rumore dei tuoni che squarciavano il cielo già da qualche minuto.
< Idee? > Chiedo riprendendomi.
< No … Però dovrebbe essere un qualcosa che rappresenti tutte > Afferma Jay, la sua mano stringeva ancora il mio braccio e quando notò il mio sguardo sulla sua mano a stretto contatto con la mia pelle, la staccò con estrema lentezza.
< Ho un idea! > Afferma ad un tratto Vic.
< Oh, no … > Sospiro con un po’ di paura.
< Non essere così di poca fede …. > Afferma Vic chiaramente divertita. < Saremo le “Lost Kittens” > Dice battendo le mani.
< Ma hai bevuto?! > Chiede Jay guardandola seriamente.
Scoppio a ridere, più tempo trascorre più mi rendo conto che la situazione ha dell’assurdo.
< Dai è bellissimo > Afferma Vic. Mentre la mora sta per finire la frase un fulmine illumina il cielo ormai quasi al tramonto. Subito dopo Sobbalzo per il seguente tuono. Mi hanno sempre terrorizzato i temporali …
< Non mi farò mai chiamare da nessuno “gattina” > Afferma Jay convinta, sempre con espressione seria.
< Ma ha del poetico … > Fa Vic cercando il mio appoggio. Io le sorriso scuotendo la testa.
Dopo nemmeno qualche secondo qualche gocciolina d’acqua inizia a scendere dal cielo bagnandoci lievemente.
< Forse è meglio che saliamo in macchina … > Suggerisco guardando per un istante il cielo.
Mi volto ma vedo Jay che è rimasta a fissare il cielo con espressione pensierosa.
 < Dai ragazze se non ci muoviamo si bagneranno anche le chitarre! > Dico io esortando le due ragazze che non accennavano assolutamente a muoversi.
Nel momento in cui inizia a piovere decisamente forte Jay anziché mettersi al riparo resta sotto la pioggia guardando dinanzi a se sorridendo.
< Ehi, ma che ti prende?! Andiamoci a mettere al riparo! > Esclamo confusa.
< C’è l’ho, Sammy! > Esclama sotto il mio sguardo preoccupato.
< Tu hai bevuto? > Chiede Vic spostandosi la frangia completamente zuppa dalla fronte.
Mi passo una mano fra i capelli e noto che i miei capelli sono diventati ormai ricci per la pioggia. < Cos’è che hai? > Chiedo quasi urlando per farmi sentire dato il rumore della pioggia e i tuoni.
< Il nome! > Urla di rimando Jay. I suoi capelli sono completamente zuppi e piccole gocce ricadono lungo il profilo del suo viso.
< Non ci siete arrivate? > Chiede lei indicando tutte e tre.
Io e Vic ci fissiamo per un istante confuse e puntiamo di nuovo lo sguardo sulla ragazza dai capelli corti.
< “Three Guitars Wet” > Afferma convinta sorridendo. < Ecco cosa siamo > Dice come se avesse appena fermato che il sole sorge ad ovest o che in Antartide fa freddo.
Non posso fare a meno di guardare il suo sorriso come imbambolata. Senza nemmeno rendermene conto sto sorridendo anche io e annuisco convinta fissando poi Vic. Lei pianta la chitarra nella sabbia sorridendo più che mai.
< Diamo ancora di più senso al nostro nome! > Dice e sia io che Jay sorridiamo entrambe alla parola “nostro”. Vedo Jay fissare Vic confusa ma senza perdere quel suo sorriso mai pieno come quella volta prima d’ora.
Poi ad un tratto mi distraggo per mezzo secondo e vedo la mia migliore amica correre verso il mare completamente vestita.
< Oh, mio dio > Faccio in tempo a dire che si butta di slancio in acqua. < Ha perso totalmente la testa … > Affermo quando la sua testa riemerge dall’acqua probabilmente congelata.
< Dai, che aspetti > Mi fa Jay guardandomi con il suo classico sorriso/ghigno.
< Non vorrai mica … > Faccio per dire cercando di capire le sue intenzioni.
< Se arrivi per ultima ti porto a casa con la moto > Mi dice minacciandomi e parte come un razzo verso l’acqua. Dopo mezzo secondo mi ritrovo a correre senza nemmeno pensarci e le mie gambe lunghe mi permettono di superarla proprio un secondo prima che si butti in acqua.
Nemmeno il tempo di essere in acqua che Vic mi spinge con la testa sotto. Il mio stato di euforia è talmente elevato che quasi non mi rendo conto che l’acqua è gelatissima. Non appena riemergo dall’acqua mi scontro con due occhi neri profondi. Per poco le nostre teste non si sfiorano, siamo talmente vicine che posso sentire il suo respiro sul mio viso. Io me resto lì immobile a fissarla e lei ricambia poi ad un certo punto abbassa lo sguardo e mi ritrovo investita da getti d’acqua.
Non so per quanto tempo dura quella battaglia di schizzi ma nessuna delle due compresa me sembra intenzionata a cedere.
Quando usciamo dall’acqua ci guardiamo attorno e vediamo che alcune persone ci stanno fissando increduli e altri addirittura indicando.
< Abituatevi alla fama, ragazze > Esclama Vic facendoci ridere entrambe.
< Quel tizio ci sta facendo foto da venti minuti > Afferma Jay scocciata.
Faccio in tempo a notare l’espressione di Vic che già la vedo correre verso l’uomo coreano indicatogli da Jay. La mia migliore amica ritorno dopo qualche secondo accompagnata dall’uomo e entrambi hanno due sorrisi sulle labbra.
< Ragazze, prendete le chitarre che si fa la prima foto da Three Guitars Wet > Afferma la mora mettendosi tra me e Jay.
< Ma stiamo in condizioni pessime > Faccio io notando che il jeans che indossavo mi era praticamente attaccato a dosso. Forse per toglierlo ci sarebbe voluto l’ausilio di un bisturi. Non appena ci mettiamo in posa l’uomo ci fa più scatti dopo di che saluta Vic e se ne va.
< Come te le farai dare queste foto?  > Chiede Jay chiudendo velocemente la chitarra nella custodia.
< Gli ho dato la mia email prima e gli ho detto di aggiungermi su face book e che a breve anche in Corea conosceranno il nostro nome! > Esclama Vic e io e Jay scoppiamo a ridere.
Zuppe dalla testa ai piedi ci dirigiamo verso la macchina di Vic.
< Ah, Jay > Faccio chiamando la ragazza dai capelli corti.
< Dimmi bionda > Fa lei e quasi arrossisco per via del soprannome. Perché mi comporto come una quattordicenne alla prima cotta? “Cotta?”
< Prima hai perso la scommessa … > Affermo ancora con la testa a quei pensieri di poco prima.
< Si lo so > Dice lei con un sorriso beffardo.
< Sai che significa? > Chiedo e lei scuote la testa lentamente.
< Che adesso potrei chiederti o farti fare qualsiasi cosa ..> Affermo accennando un sorriso.
 
 
NOTA AUTRICE:
Okay, lo so la puntualità non decisamente il mio forte! Purtroppo queste ultime settimane sono state talmente piene di impegni che ho avuto a stento il tempo di portare a termine questo capitolo e vi avviso che non l’ho revisionato attentamente!
Fatto sta che quando inizio a scrivere e mi parte l’ispirazione non mi fermo più quindi non dovrete aspettare tanto al prossimo capito che è già quasi ultimato! J
Come avete potuto osservare siamo finalmente giunti al “punto di non ritorno”. Le ragazze firmeranno il famigerato contratto e la fama come dice Vic è vicina!
Tuttavia la strada che hanno davanti non è di certo spianata (odio le cose facili) e quindi ne passeranno di belle ve lo assicuro … Come avrete notato, spero, Jay e Sammy si stanno man mano avvicinando e nel prossimo capito bruceranno qualche piccola tappa e … Non voglio spoilerarvi troppo ma scoprirete un lato inedito di Jay. La sua gelosia!!
Ora basta vi lascio che nello scrivere il capitolo che pubblicherò a breve ho lasciato le due ragazze in un momento non di certo “comodo”.
Vi lascio con la promessa che aggiornerò a breve e mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate che il vostro parere è FONDAMENTALE.
Alla prossima ;)
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** I, I tried so hard to let you go But some kind of Madness is swallowing me whole. ***


I, I tried so hard to let you go
But some kind of Madness is swallowing me whole.

 
 
< Three guitars wet? > Chiede Luke guardandoci con sguardo indecifrabile.
< Si > Risponde Vic sicura della sua risposta. Forse perché  lei è la più grande tra noi, ma in quelle situazioni  è sempre lei che prende la situazione in mano. A me non dispiace per niente … L’unica cosa che voglio è cantare, la parte “burocratica” preferisco lasciarla agli altri.
< A chi è venuta l’idea? > Chiede Luke e un sorriso inizia a dipingersi sul suo viso.
< A Jay > A parlare questa volta non era stata Vic ma proprio la bionda seduta accanto a me.
Nel momento in cui dalle sue labbra uscirono le lettere del mio nome sentì come se un cinghia mi stringesse la pancia. Quella situazione aveva dall’assurdo …
< E’ a dir poco … > Fa Luke guardandomi seriamente. < Geniale! > Dice infine con un sorriso a trentatre denti.
Avevamo appena scritto i nostri nomi e cognomi su tre pezzi di carta uguali. Eravamo state trenta minuti buoni a leggere quelle parole, io avevo dovuto leggere le clausole finali quattro volte. La mia testa era in sovraccarico di informazioni, leggevo un rigo e dimenticavo il precedente.
A darmi una mano era stata proprio Vic che in quella situazione inaspettatamente era quella che aveva mantenuto la testa più lucida. Proprio la sera prima, mentre le ragazze mi davano uno strappo con la macchina fino a casa lei mi aveva raccontato del contratto che aveva firmato quando era adolescente e della fregatura che ne era subito dopo susseguita.
Mi aveva spiegato che era meglio da una parte partire senza grandi aspettative così tutto quello che ne arrivava era qualcosa in più, qualcosa che mai ti saresti sognata.
Si era dimostrata matura, nonostante al primo impatto non mi avesse dato di certo questa impressione, nel momento giusto sapeva come essere seria.
Io non riuscivo ad applicare quella sua concezione delle no-aspettative. Almeno per quanto riguarda la musica. Nella mia vita ho sempre avuto una sola certezza: la musica.
Mai avrei smesso di crederci e mai avrei smesso di sognare in grande.
< Ragazze abbiamo questi tre mesi per creare qualcosa di produttivo … Vorrei far uscire il primo singolo per inizio settembre e prima di natale l’album … Che ne pensate per i tempi? > Chiede il nostro manager. Mi fa strano pensare a Luke coma al mio “manager” ma in realtà in questo momento, in questa stanza rappresenta proprio quello.
< Sono un po’ stretti, ma se lavoriamo tutti i giorni ce la faremo di sicuro … > Afferma Vic acquistando sempre più sicurezza.
< E voi che dite? Siete sempre d’accordo sullo scrivere i pezzi? > Chiede Luke guardando sia me che Sammy.
< Ne sono convinta > Affermo ricambiando lo sguardo e voltandomi per cercare una conferma nella ragazza bionda al mio fianco.
< Si, sono convinta che il risultato sarà positivo > Afferma la bionda ricambiando per un istante lo sguardo anche se noto, ormai ho imparato a conoscerla, un filo di imbarazzo nelle sue parole.
< Bene … Ragazze dovete lavorare quanto più tempo possibile, voi due confrontatevi su ciò che avete scritto in passato, annotate ogni cosa che ritenete importante, non fatemi le classiche canzoni d’amore che a scrivere cose del genere son capaci tutti … Stupitemi! > Afferma in fine sospirando.
Mi volto verso Sammy e la guardo cercando di non farmi notare. E’ a dir poco bellissima. Anche se ha il viso chiaramente stanco, forse anche lei come me ha dormito poco nelle ultime notti. Quella situazione ha dell’assurdo. La ragazza per cui ho da sempre una “cotta” è lì in quella stanza, farà parte del mio gruppo e dovremo scrivere canzoni insieme.
Se dieci anni fa mi avessero detto queste cose molto probabilmente mi sarei fratta grosse risate …
Ancora intenta nella contemplazione del suo viso, due pietre verdi mi folgorano e posso percepire il cuore pompare più sangue del dovuto e battere frenetico contro la cassa toracica.
Sammy mi osserva e scuote la testa chiedendomi un silenzioso “Che c’è?”.
Ecco, brava Jay. La prossima volta magari prova a tatuarti in fronte “Grazie a te ho capito di essere lesbica” vediamo che succede.
Mi volto bruscamente facendola restare molto probabilmente confusa  e intervengo nel discorso di Luke.
< Il cosa consiste esattamente questa promozione? > Chiedo rifacendomi al suo discorso.
< Beh ho già detto che aprirete qualche concerto di Big, suonerete in qualche locale di New York e una volta uscito il disco decideremo cosa fare … > Afferma Luke guardandomi negli occhi.
Da quando quella mattina ci eravamo presentate tutte e tre chiedendo di firmare quel “pezzo di carta” Luke non aveva smesso nemmeno per un secondo di fissarmi. Forse credeva che io lo stessi prendendo in giro o più semplicemente aspettava un mio probabile attacco di ira che avrebbe rovinato tutto.
Quell’attacco di ira fortunatamente non arrivò nemmeno quella giornata. Dopo circa un ora che trascorremmo a definire gli ultimi dettagli, Luke ci lasciò in sala prove dove suonammo perlopiù. Avevamo cantato solo una volta insieme una canzone dall’inizio fino alla fine … Non so perché non avevamo ancora ripetuto ciò forse era l’incredulità di tutta quella situazione così assurda, forse avevamo semplicemente paura di metterci in gioco.
< Stasera ci vediamo? > Chiede Sammy non appena usciamo dall’edificio.
< Stasera no, piccola > Esclama Vic dispiaciuta. < Oggi io e Ty facciamo cinque anni insieme e abbiamo intenzione di festeggiare … > Fa lei facendole un occhiolino.
< Io ho il turno a lavoro stasera > Affermo quando la bionda si era voltata nella mia direzione come se volesse essere lanciata un ancora di salvezza.
< Domani però dovremo vederci, provare cover e confrontarci > Esclamo infilandomi il casco per poi salire sulla moto.
< Decisamente > Annuisce Vic. < Sicura che non vuoi venire ora a casa mia? > Chiede per l’ennesima volta Vic facendo gli occhioni grandi.
< No, sul serio. Ho un impegno > Affermo e saluto le due ragazze con un cenno della mano.
Non avevo nessun impegno in realtà. Dovevo solo allontanarmi da Sammy. C’era stato un momento poco prima quando il mio sguardo si era soffermato più tempo del dovuto sul viso della ragazza bionda, in quel momento mi ero persa ad osservare con estrema attenzione ogni dettaglio anche quello più insignificante del suo viso.
In quel momento l’unico mio desiderio era stato girarla con violenza verso di me e baciarla. Scuoto la testa in preda a quel pensiero assurdo. Infondo tanto assurdo non era data la mia cotta per lei, ma rimaneva pur sempre un pensiero utopico dato che la ragazza in questione era etero.
In quel momento un altro pensiero inizia a formarsi nella mia testa. Lei non potrebbe stare con me non tanto per il fatto che lei sia chiaramente etero, ma soprattutto perché ciò che provo per lei è troppo forte e razionalmente sono consapevole che stare con me non le avrebbe di certo fatto bene.
 
Erano più di due ore che sfogliavo il raccoglitore dove tenevo la maggior parte delle mie canzoni. Più le leggevo più mi sembravano ridicole e banali. Come è possibile che abbia trascorso diciannove anni a scrivere maree di stronzate?! Come è possibile che al solo pensiero di mostrare quei testi a Jay quasi me la facevo sotto?
Quando avevo otto anni i miei fratelli mi portarono a fare un escursione insieme a loro. Ricordo che trascorsi mesi implorandoli di farmi partecipare alle loro escursioni, ne parlavano talmente tanto durante le cene famigliari che guardavo con ammirazione i loro volti appassionati. Volevo anche io qualcosa da raccontare, lo volevo a tutti i costi.
Fino a quella mattina volevo a tutti i costi mostrare i miei testi a Jay, desideravo ardentemente ascoltare la sua opinione, volevo vedere i suoi occhi impegnati a leggere quelle parole che raccontavano in un certo senso parti di me …
Ma esattamente come accadde undici anni fa poco prima di partire per l’escursione l’unica mio pensiero è “me la sto facendo addosso”.
Ecco, è esattamente quello il pensiero che mi sta tenendo compagnia da circa due ore, sotto all’insegna del “Moon” e che in un certo che mi costringe a rimanermene fuori al freddo con un sottile giacca a vento a ripararmi.
Non so esattamente quando decido di andarmene da lì, infondo sarei stata ancora in tempo per prendere la metropolitana e non mi sarei dovuta affannare per prendere l’ultima corsa.
Avevo appena attraversato la strada ma sento una voce che mi chiama. O meglio non sento “una voce” ma sento la voce che mi accorgo solo adesso desideravo sentire.
< Sammy! Che ci fai qui? > Chiede Jay attraversando anche lei la strada. Non indossava il grembiule forse era in pausa e i miei sospetti furono confermati quando vidi che stringeva fra le dita una sigaretta appena accesa.
< Ehi > La saluto sorridendo imbarazzata. < Passavo per qui … > Faccio pentendomi immediatamente della mia risposta.
< Cos’è quello? > Chiede lei allungando una mano per prendere il raccoglitore e nella mia più totale rincoglionaggine gli è lo faccio anche prendere!
< Ehm … Niente di che! > Affermo cercando di afferrare il raccoglitore.
Lei fa un passo indietro e portandosi le sigaretta alle labbra si libera le mani per sfogliare il raccoglitore con più attenzione.
La vedo sorridere, un sorriso distorto a causa della sigaretta che stringeva fra le labbra carnose.
In quel momento avrei tanto voluto una pala per iniziare a scavare oppure avrei voluto strapparle quel coso delle mani e iniziare a scappare, invece feci una cosa che rimase lei del tutto senza parole.
Mi avvicinai al suo viso e lei mi guardò disorientata per un piccolo istante. Approfittai di quell’istante per strapparle la sigaretta da bocca sfiorando leggermente con il pollice le sue labbra.
< Ma che … > Mi chiede lei confusa.
< Dammi il raccoglitore e te la restituisco > Affermo con tale sicurezza da meravigliarmi da sola.
Anche lei mi fissa quasi shoccata con gli occhi semichiusi. Dopo di che leggermente riluttante chiude il raccoglitore e me lo porge sospirando.
< Potrei riavere la mia sigaretta? > Chiede sempre sospirando ma particolarmente divertita.
< Ah, giusto > Dico io dimenticandomi che stringevo tra le mani la sua sigaretta.
La guardo per un istante poi decido che è giunto il momento di rischiare. In fondo facciamo parte sempre della stessa band no? Può mica picchiarmi?
Getto la sigaretta a terra e la schiaccio col mio piede sinistro sotto il suo sguardo allibito.
La sua bocca disegna un cerchio quasi perfetto sul suo viso conferendogli una vera e propria impressione da bambina.
Quando alza lo sguardo mi fissa dritta negli occhi in attesa di una spiegazione ma tiro un sospiro di sollievo quando mi accorgo che il suo viso non incazzato … forse un po’ nervoso, ma ci sta!
< Scusa è che sono un membro della campagna contro il fumo … Va contro ogni mio principio morale > Affermo alzando le spalle.
Lei mi osserva attentamente dopo di che scuote la testa con un sorrisino. Il peggio è passato.
Poi ad un tratto mentre stavo per proferire parola si volta e attraversa la strada intenta a ritornare al bar.
Io resto lì immobile e lei ad un certo punto si volta non abbandonano quel sorriso distorto che tanto la contraddistingue. < Che fai Bionda, non vieni? > Chiede guardandomi in lontananza.
 
Mai avrei potuto immaginare che trascorrere del tempo insieme a Jay fosse così.
Quando stavo con lei mi sentivo sempre in bilico. Come uno scarso equilibrista sospeso tra due palazzi su un filo sottilissimo. Prima o poi sarei dovuta cadere, stava a me decidere da che parte.
Jay mi fece sedere all’estremità del bancone, sull’ultimo sgabello. Quando non era impegnata a servire i clienti dietro al banco degli alcolici veniva da me e dava un occhiata al raccoglitore.
Infondo il motivo per cui ero lì era mostrarle i miei pezzi e anche se riluttante le avevo fatto leggere alcune delle mie ultime canzoni.
< Scrivi bene > Fa portandomi un gin tonic.
< Grazie > Affermo con un lieve rossore. < Preferisco non bere, grazie > Dico abbassando lo sguardo.
< Sei per la campagna al rogo i fumatori, non bevi, rispetti il codice stradale … Hai l’aureola per caso? > Mi chiede divertita abbassandomi lievemente per guardare oltre la mia testa.
Rido a quella battuta consapevole di essere completamente rossa in viso.
< Non sono una santa, credimi … > Affermo tornando questa volta a guardarla.
Lei alza le spalle e sparisce per ritornare tre minuti dopo con un bicchiere colmo di ghiaccio. < E’ completamente analcolico > Afferma quando prendo un po’ timorosa il bicchiere dalle sua mani.
< Non ti fidi di me? > Mi chiede con quel suo sorrisino.
< Beh … Non è che hai incollato anche questa sedia? > Chiedo riferendomi ad un episodio di quando eravamo bambine. Una mattina a lei e ai suoi amici venne la brillante idea di incollare  la mia sedia e quando mi alzai per andare al bagno si strappò tutto il grembiulino che indossavo. Ricordo quel momento come uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita … Risasi praticamente in mutande e tutti a scuola mi presero in giro per mesi e mesi.
A quella battuta non segui però la risatina che tanto avrei voluto ascoltare ma la ragazza dai capelli corti si allontanò bruscamente, urtando lo spigolo del bancone.
< Era una battuta, mi fido > Faccio per rassicurarla ma ciò non avviene. Un minuto prima scherzavamo e ci stuzzicavamo a vicenda ora lei si era completamente irrigidita e la sua corporatura esile quasi tremava per il nervosismo.
< Jay! C’è gente! > La voce dell’altra cameriera desta Jay da quel suo stato di nervosismo misto a imbarazzo.
Lei si allontana senza degnarmi di un ulteriore sguardo. Aspetto prima cinque, poi dieci minuti ma non la vedo ritornare.
Guardo l’orologio ero ancora in tempo per prendere l’ultima corsa della metro da lì a dieci minuti mi sarei dovuta avviare.
< Posso offrirti qualcosa? > Quella voce mi fa sobbalzare e quando mi volto vedo un uomo sulla trentina. Alto, abbastanza muscoloso e due braccia colme di tatuaggi. Lui mi sta sorridendo con un non so che di viscido e il suo sguardo è fermo sul mio seno come se invece dei capezzoli avessi due bei occhi verdi.
< No, grazie > Dico spostando il mio sguardo in un punto indefinito dietro il bancone.
< Due wiscky, uno doppio > Afferma il tizio e vedo Jay guardare dall’altra estremità del bancone la sua collega servire le bevande a me al tipo affianco a me.
< Comunque io sono Sean, con chi sto avendo il piacere di condividere questo drink? > Chiede provando a fare uno sguardo sexy ma quello che ne esce è uno sguardo da depravato.
< Non bevo, grazie > Ripeto respingendo il drink e senza dare una risposta reale alla sua domanda.
< Dai, bellezza uno soltanto poi giuro che non disturbo più > Afferma facendomi un occhiolino.
< Ti ha già detto di non volere niente > Afferma Jay sbucando lì improvvisamente, ponendosi praticamente di fronte a Sean.
< Non intrometterti ragazzo > Afferma il tipo guardando Jay stranamente. Nonostante l’aspetto quasi androgeno, capelli corti e l’abbigliamento non esattamente femminile, si vedeva lontano un miglio che Jay fosse una ragazza e anche una bella ragazza …
< Senti > Afferma Jay e noto per la prima volta una luce strana nei suoi occhi. La ragazza si appoggia al bancone in modo da trovarsi Sean ad una distanza davvero breve.
< Comportati da galantuomo, paga ed esci da questo locale > Intimò a voce bassissima la ragazza dagli occhi magnetici. Qualcosa nella sua espressione mi fece contrarre lo stomaco, mettendomi quasi paura.
< Sto forse disturbando la tua ragazza? > Chiede lui l’uomo con un sorriso quasi timoroso.
< Senti … > Esclama di nuovo Jay con una calma infinita. < Te lo ripeto, non è interessata puoi anche andartene > Dice continuando a fissare l’uomo dritto negli occhi come quando si spiega ad un bambino che due più due fa quattro e non cinque.
< Ma chi ti credi di essere? > Esclama Sean risentito offeso nella sua virilità. < Ehi, dolcezza tieni > Fa  porgendo il bicchiere colmo davanti a me ignorando la ragazza dietro al bancone.
La sua mano mi sfiora per un millesimo di secondo la guancia e credo di stare per vomitare.
Quel contatto dura meno di un secondo, chiudo per un piccolissimo istante gli occhi ma sono costretta a riaprirli per un tonfo micidiale che sento a pochi centimetri da me.
Sean è riverso a terra con espressione shoccata sul volto. Davanti a me c’è Jay e vedo chiaramente che si sta massaggiando il pugno destro.
< Brutta puttana! > Esclama l’uomo alzandosi e scaraventarsi contro l’esile ragazza.
Non so nemmeno come mi ritrovo ad urlare, prego qualcuno affinché li fermi. Vedo Jay sovrastata dal corpo enorme di quell’uomo  sconosciuto.
Quelli sono i secondi più lunghi della mia vita. Alla fine due camerieri trascinano l’uomo fuori dal locale, che continua ad inveire contro la ragazza dai capelli corti che da terra lo guarda con uno strano sguardo. Tra l’incazzato e il divertito.
Nonostante tutto quello che sia appena successo davanti ai miei occhi è proprio quell’espressione a spaventarmi più di ogni cosa.
< Ma sei impazzita?! > Le chiedo porgendole una mano per aiutarla ad alzare, mano che ovviamente non prende. < Poteva ucciderti a mani nude quel tipo! > Affermo preoccupata quando rialzandosi noto che il suo labbro inferiore sta sanguinando copiosamente.
Lei sembra rendersene conto solo dopo che il mio sguardo si posa qualche secondo in più sulla sua bocca e quando toccandosi il labbro vede il sangue torna a guardarmi senza aggiungere altro.
< Jay, ma cosa hai al posto del cervello?! > Chiede un uomo sulla quarantina sbattendo una mano sul bancone. < Vai a cambiarti, và! > Esclama irritato.
Il labbro di Jay continua a sanguinare si guarda attorno e nota che gli occhi di tutti sono puntati su noi due. Tamponandosi il labbro con il braccio esce in quello che credo sia lo spogliatoio. Resto lì imballata senza sapere minimamente che fare. Dopo qualche secondo apro la porta e la vedo mentre si sta infilando un jeans scuro e strappato.
< Mi starei cambiando > Afferma ma non è per niente imbarazzata. La guardo prendere una felpa nera dall’armadietto e se la infila da sopra alla maglia bianca davvero molto larga.
< Va meglio? > Chiedo avvicinandomi per guardare meglio la sua ferita.
Afferma sospirando rumorosamente.
< Ho notato > Affermo notando che il sangue non accenna a diminuire. Esclamo guardandomi attorno alla ricerca di una valigetta da pronto soccorso.
< Nah, non è niente di che …. Dopo ci metto del ghiaccio > Afferma lei alzando le spalle.
< Non c’è niente qui dentro? Me ne occupo io > Affermo decisa.
< Non devi preoccuparti, sul serio > Afferma lei scuotendo il capo.
< Beh, non credi che sia troppo tardi? > Quelle parole mi scappano dalla bocca e provoco una reazione strana in Jay. Prima resta sorpresa poi irritata e infine mi da una risposta che mi fa restare per un attimo interdetta. < Ho il disinfettante di sopra … > Afferma e non c’è bisogno di aggiungere altro. Mi aveva appena invitato a casa sua.
 
 
NOTA AUTRICE:
Scusate, scusate, scusate! Sono pessima avevo detto di aggiornare tipo una settimana e mezzo fa! Purtroppo ho avuto diversi impegni e non ho potuto mantenere la parola …
Con mio sommo piacere noto che le visualizzazioni aumentano sempre di più e siete davvero in tanti quelli che seguite la mia storia! Ringrazio come sempre chi recensisce mi stimolate sul serio..! Ne approfitto per invitarvi come sempre a darmi un parere che fa sempre piacere J
Non voglio fare promesse su quanto aggiornerò ma non passerà tanto tempo non aggiungo altro!
Piccoli spoiler: qualcosa nell’aria sta decisamente cambiando, chi si sbilancerà per prima? Sammy o Jay? Un letto verrà a breve condiviso e una certa persona non riesce proprio a restare nel suo spazio …
Basta non voglio aggiungere altro leggete il prossimo capitolo e recensite in tanti! Scusate gli eventuali errori e non vi fate problemi a segnalarli, non ho tenuto il tempo di supervisionare attentamente …
Alla prossima ;)

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Capitolo 8
*** Come on baby, light my fire come on baby, light my fire try to set the night on fire ***


Come on baby, light my fire come on baby, light my fire try to set the night on fire
 
 
 
Una volta salita al secondo piano mi fermo davanti alla porta di casa mia e cerco le chiavi nella tracolla.
< Ehm … Ti avviso, sono un po’ disordinata > Affermo leggermente imbarazzata.
< Non crearti problemi > Afferma Sammy accennandomi un sorriso.
Giro due volte la chiave nella toppa e non appena apro la porta l’odore familiare di casa mia mi assale. Vivo in quella casa da meno di due anni ma quando la definisco tale sento davvero il significato di quella parola.
< Il tuo appartamento è … >
< Piccolo? > Chiedo interrompendola.
< Figo > Conclude, invece, lei accennando un sorriso.
Io alzo le spalle e mi siedo sul mio divano di pelle. In effetti mi sento la testa leggermente pesante a causa probabilmente di quel caos avvenuto poco prima. Quando quell’uomo aveva sfiorato la guancia di Sammy non ci avevo visto più.
Non era mia intenzione attaccare briga con uno sconosciuto nel posto in cui lavoro per giunta! Erano finiti quei tempi, mi ero ripromessa di cambiare ma il fato ce l’aveva proprio con me …
Fatto sta che la visione di quelle mani luride sulla pelle candida della biondina mi aveva fatto salire letteralmente il sangue al cervello e in meno di un secondo il mio gancio destro aveva pensato al resto.
Come sempre quando mi facevo prendere “dal momento” non pensavo alle conseguenze. Non avevo minimamente pensato al fatto che quell’uomo era quattro volte pi grande di me, ma soprattutto non avevo pensato alla reazione che potesse avere avuto Sammy, successivamente al mio attacco di … Dire “gelosia” sarebbe corretto? Forse il termine adatto da utilizzare sarebbe stato “atteggiamento iperprotettivo”.
La causa del mio atteggiamento iperprotettivo adesso se ne andava in giro per il mio soggiorno soffermandosi accanto agli strumenti musicali e vicino alla mia collezione di dischi.
Non portavo molte persone a casa mia o meglio le poche persone che vi erano entrate non avevano visto più della camera da letto.
< Suoni anche la batteria? > Mi chiede la ragazza sfiorando lo strumento con la punta delle dita.
< E’ un amore recente > Affermo e ogni volta che apro la bocca sento il sapore di ruggine.
< Ah, cazzo! Dovevo disinfettarti il taglio! > Si agita lei avvicinandosi. < Dove hai la cassetta del pronto soccorso? > Chiede lei leggermente agitata.
< Nel bagno sotto il lavello > Affermo sospirando.
La ragazza si allontana facendo qualche passo poi ritorna indietro confusa. < Dov’è il bagno? > Chiede mentre la osservo e a stento riesco a trattenere le risate. Quella ragazza era comica.
< Aia > Affermo massaggiandomi la bocca. Già non ero un tipo che rideva tanto poi se quando lo facevo mi provocava anche dolore …
< Ben ti sta > Dice lei incrociando le braccia a petto. Sembrava proprio un cartone animato.
< La porta dove stavi andando è quella della mia camera da letto. La porta affianco è quella del bagno >.
Detto questo la ragazza sparì per qualche istante per ritornare poco dopo con il disinfettante, un po’ di garza e un tubetto di pomata che non ricordavo di possedere.
Appoggiò gli occorrenti sul divano e si diresse verso la piccola cucina nel lato est dell’appartamento. Estrasse dal congelatore del ghiaccio dopodiché mi si avvicinò.
< Dai faccio io, non preoccuparti > Faccio allungando la mano per prenderle il ghiaccio.
< No, sul serio. Lascia fare a me > Mi dice sicura di se. Così inginocchiandosi a terra ritrovo il suo viso molto vicino al mio e immobile aspetto la sua mossa successiva.
Non riesco a trattenere un piccolo gemito quando il mio labbro sanguinante viene a contatto con il ghiaccio.
< Brucia, eh? > Chiede lei ed è talmente vicina che posso sentire il suo profumo dolce.
Non rispondo mi limito ad arrossire mentalmente.
< Ora devo metterti dell’acqua ossigenata … Quella farà male, hai praticamente il labbro spaccato … > Afferma parlando come una che sapeva cosa diceva.
< Sei un infermiera per caso? > Chiedo preparandomi al peggio.
< No, ma avendo due fratelli più grandi ci sono abituata > Dice lei sospirando.
Come avrei voluto accorciare la distanza che c’era tra i nostri visi. Sentire il suo respiro sulla faccia e non potersi muovere era logorante.
< Vado? > Chiede e senza aspettare un mio cenno mi prende il mento con un mano e spruzza il disinfettante sopra facendomi sobbalzare.
< Porca puttana > Impreco senza riuscirmi a controllare. Cerco di ribellarmi ma la ragazza ha una presa davvero salda, tale da imprigionarmi. Il dolore fisico è tanto ma il sentimento predominante in quel momento è quello di invertire i ruoli, stringerla e baciarla fino stare male. Mi maledico mentalmente per quei pensieri.
< Spero che ci penserai due volte su prima di assestare un pugno in faccia ad un uomo quattro volte più grande di te … > Esclama con un cipiglio di incazzatura nella voce.
Mi sorprende vederla così nei miei confronti. Non capisco perché sia tanto arrabbiata dato il piccolo particolare che sono stata io quella pestata …
La vedo prendere il tubicino di pomata ma la fermo con un mano. < Questa la metto io dopo > Affermo consapevole che il mio autocontrollo sarebbe stato messo a dura prova con le sue dita sulle mie labbra.
< Va bene > Dice e per l’ennesima volta i nostri sguardi si incastrano. Non so spiegare esattamente la sensazione che mi assale ogni volta che succede. E’ la cosa più strana ma al col tempo più naturale del mondo … I nostri occhi sembrano fatti apposta per incastrarsi a vicenda come se fossimo piccoli pezzetti di un puzzle che hanno bisogno di essere uniti.
Lei è la prima a distogliere lo sguardo e noto con estremo piacere che le sue guancie si tingono di rosso.
< Oh, cavolo! > Afferma poi all’improvviso guardando alle mie spalle.
< Cosa c’è? > Chiedo allarmata voltandomi e in quel gesto repentino un dolore mi assale alla nuca. Deve essere stata bella forte la botta …
< E’ tardissimo ho perso l’ultima corsa della metro venti minuti fa > Dice sospirando.
< Non preoccuparti, ti accompagno io > Le dico cercando il suo sguardo.
< Non esiste! > Afferma alzandosi in piedi.
< Ancora non ti fidi della mia guida? > Chiedo divertita.
< Non è questo, e poi certo che non mi fido della tua guida > Afferma accennando un piccolo sorriso. < Non puoi guidare la moto hai preso una bella botta >
< Ma dai è solo un taglio sul labbro! > Le dico alzandomi, ma il mio lieve traballare non le sfugge.
Mi guarda con sguardo eloquente come a dire “te l’avevo detto”. < Chiamo un taxi >
< Ma che taxi! Ti accompagno io > Affermo iniziando ad irritarmi.
< Jay > Dice e il mio cuore rallenta di un battito non appena pronuncia il mio nome. < Uno: non voglio risalire su quella tua moto. Due: hai le vertigini e dovresti prenderti qualcosa prima che la testa ti esploda, ho notato come strizzi gli occhi. Tre: ti sei accorta che fuori sta diluviando? > Conclude alzando leggermente le braccia.
In effetti ero stata talmente presa da quello che stava accadendo in quella stanza che non mi ero minimamente accorta di ciò che accadeva fuori.
< Beh, non puoi andare da nessuna parte con quel tempo … > Dico a voce bassissima forse parlando con me stessa.
< Cosa? > Fa lei confusa.
< Ti va di restare qui, stanotte? > Chiedo con estrema difficoltà. Trascorrere un notte con la mia prima cotta maledettamente etero? Beh, non sarebbe di certo stata la notte più bella della mia vita.
Lei mi guarda leggermente shoccata. Forse quelle parole erano le ultime che si sarebbe mai aspettata e in effetti non pensavo che potessero uscire dalla mia bocca.
< Fuori effettivamente diluvia e non posso accompagnarti … O meglio potrei, ho guidato in condizioni peggiori ma non credo che se ti raccontassi di quella volta che sono andata in moto con un braccio ingessato e tre dita rotte del piede possa comunque convincerti … > Dico con un sorrisino lieve.
Lei mi guarda come si guardano i matti usciti dal manicomio.
< Sei la persona più folle che abbia mai conosciuto > Dice ad un tratto posando la borsa, che aveva preso per andarsene, sul divano.
< Lo prendo per un complimento? > Chiedo sempre con quel sorrisino.
< Decisamente no > Dice sospirando.
 
Ero incredula.
Decisamente e irrimediabilmente incredula.
Chi era la ragazza che sorrideva guardandomi negli occhi in quella stanza? E soprattutto chi era quella ragazza stranamente gentile?
Non ricordo un momento, in tutta la mia infanzia o adolescenza, che quella ragazza sia stata gentile nei miei confronti o meglio verso i confronti di ogni altro comune mortale.
Jay Wallas è sempre stata la pecora nera della classe, anzi dell’intera scuola! Jay Wallas è sempre stata la ragazza strana, quella di cui nessuno sa niente, quella che non si lascia avvicinare ma che tutti in qualche modo distorto ammirano.
E adesso … Mi trovavo in casa sua, le avevo appena disinfettato un ferita che si era procurata per proteggermi. Per proteggere me!
Ero incredula, lo ribadisco.
< Vuoi sederti o restartene lì a fissarmi tutta la serata? > Mi chiede ad un tratto rompendo quel silenzio imbarazzante.
< Oh, scusa > Dico di impeto.
< Non devi scusarti >
< Si, giusto. Scusami >
< L’hai rifatto … > Dice accennando un sorriso.
< Lo so, scusa … Oh dannazione! > Esclamo battendo i palmi sulle ginocchia.
Il suono della sua risata riempie per un istante la stanza e ne rimango totalmente affascinata. E’ quasi come sentirla cantare …
< Perché non lo fai più spesso? > Chiedo e la parole escono troppo rapidamente dalla mia bocca.
< Cosa? > Chiede confusa.
< Ridere … Mi piace la tua risata > A quelle parole le sue guancie diventano bordeaux. Siamo certi che non abbia bevuto?! Ma cosa mi stava prendendo?.
I suoi occhi furono subito puntati verso il pavimento come a volersi nascondere. < Non ne ho quasi mai motivo >.
< Perché?> Chiedo imperterrita.
< Posso leggere altre tue canzoni? > Chiede alzando lo sguardo come se avesse resettato totalmente la conversazione di prima.
< Certo > Dico passandole il raccoglitore.
Nonostante sia mezzanotte passata trascorriamo un ora buona a parlare dei miei testi. Jay mi chiese di tutto, mi sembrava di stare in un talk show tante furono le domande.
“ Quanti anni avevi quando l’hai scritta?”. “ Quali erano le tue influenze musicali a quel tempo?”. “ Hai mai pensato di inciderla questa?”. Mi stava scoppiando la testa ma continuavo a risponderle e a parlare di musica con lei come se fosse la cosa più giusta e naturale del mondo. Era come se avessi aspettato quel momento per tutta la mia vita e ora che lo stavo vivendo non volevo minimante che cessasse.
< Mi fai sentire la base di questa? > Chiede lei soffermandosi su “Summer’s night”.
< Okay … > Dico e lei mi porge la sua chitarra in pochi istanti. < E’ stupenda > Dico accarezzando il manico di legno massiccio di un marrone così scuro da sembrare nero.
Lei sembra sul punto di stare per dire qualcosa ma si blocca.
Le note di quella canzone che scrissi a quattordici anni riempirono la stanza. Non cantai semplicemente suonai quella canzone scritta nell’estate del 2008 dopo il mio primo bacio. Quell’estate la trascorremmo in un piccolo villaggio a Portland e ricordo che presi una cotta colossale per un ragazzino del posto. Si chiamava Samuel e quella posso dire che fu la classica storiella estiva che hanno avuto quasi tutti nella vita.
Finito il mese ci salutammo con la promessa di scriverci almeno una volta a settimana e quella promessa fu mantenuta. Per il primo mese.
< Sapevo che mi sarebbe piaciuta … > Afferma passandosi una mano fra i capelli. < Posso darti un consiglio? > Chiede quasi timorosa. Quella versione gentile e per certi versi insicura di Jay mi piaceva da impazzire.
< Certo! > Esclamo io forse con troppa enfasi.
Lei prende la chitarra e con mio grande stupore riesce a riprodurre perfettamente alcuni dei pezzi da me eseguiti prima, per poi riprodurli una seconda volta con qualche piccola armonizzazione o qualche piccolo abbellimento. < Che ne pensi? >
< Sei eccezionale > Dico esterrefatta.
Lei ride di gusto. < Intendevo delle armonizzazioni … Comunque lo so > Dice facendomi l’occhiolino.
Scoppio anche io a ridere e mi verrebbe da darle uno spintone scherzoso ma mi trattengo.
< Non credi che forse sia meglio andare a dormire? > Chiede lei trattenendo uno sbadiglio. < Non dormo decentemente da giorni … > .
< Si, in effetti > Dico poi mentre lei sta per posare la chitarra la fermo trattenendola per un braccio.
Il contatto con la sua pelle mi fa perdere lucidità ma riesco comunque a continuare la frase. < Aspetta! Ricordi che hai perso una scommessa? > Le ricordo riferendomi a ciò che era accaduto ieri sulla spiaggia.
< Si … > Afferma lei timorosa.
< Beh … Voglio che mi suoni una canzone, chitarra voce. Voglio un piccolo live> Dico con un sorrisino soddisfatto. Sentire la sua voce era tutto quello che desideravo da quando l’avevo vista in quello stanza della Island o meglio da quando ero rimasta ipnotizzata guardando i video sulla sua pagina Twitter.
< Cosa vuoi che faccia? > Chiede guardandomi curiosa.
< Qualsiasi cosa tu voglia … Ciò che ti senti > .
Lei sembrò pensarci per alcuni istanti poi sussurrò un silenzioso “ma si” e le sue dita iniziarono a scorrere fluidamente sulla sua chitarra come solo lei sapeva fare.
Non riconobbi immediatamente la canzone dai primi accordi … Era una canzone famosissima ma molto probabilmente lei l’aveva modificata con qualche sua aggiunta che rendeva il tutto speciale.
Nel momento in cui la sua voce si andò ad aggiungere al suono della chitarra riconobbi immediatamente la canzone … E come non conoscere infondo “Light my fire” dei Doors?
La sua voce roca e bassa era pura melodia. Iniziò a cantare guardando le corde della sua chitarra ma su ritornello alzò la testa e i suoi occhi si incastrarono perfettamente nei miei. Potevo quasi sentire una sorta di contatto tra noi … No di quelli fisici ma di quelli che vanno al di là.
I suoi occhi così scuri e profondi mi stavano trasmettendo ogni singola parola di quella canzone, lettera per lettera senza interruzioni.
Per un attimo, ma solo un attimo, mi ritrovai a pensare che forse ero io la persona di cui parlava nella canzone. Forse voleva proprio che fossi io ad accendere il fuoco …
Quel pensiero si fece strada nella mia testa inevitabilmente. Perché quella ragazza è capace di ribaltare completamente il mio stato emotivo? Quella ragazza prendeva letteralmente a calci il mio stomaco tanto erano forti le emozioni che mi suscitava.
Un’altra cosa che non capivo era poi il suo comportamento nei miei confronti. Un giorno mi ignora, uno mi sorride, uno mi urla contro e l’altro mi dedica una canzone.
Non ci stavo davvero capendo niente.
Dopo diversi minuti concluse la canzone facendomi un occhiolino con il massimo della sfacciataggine.
Scossi la testa ricambiando il sorriso. < Questa potremo sul serio inciderla … E’ stupenda, anzi tu lo sei > Non appena mi rendo conto del doppio senso che avevano quelle parole sbianco totalmente. Per la milionesima volta nelle ultime due ore desiderai una pala con cui scavarmi la fossa.
< Sei sicura che per te non sia un problema che resti qui stanotte? > Chiedo del tutto incerta. Se da una parte la prospettiva di trascorrere l’intera notte con Jay mi entusiasmava e non poco, da una parte mi terrorizzava … E se avessi fatto qualcosa di insensato? Qualcosa che l’avesse messa a disagio?
< Non te lo avrei proposto se fosse stato un problema > Dice come se fosse il ragionamento più logico del mondo. < Vado a cambiarti le coperte > Afferma posando la chitarra sul divano per poi dirigersi nella camera da letto.
< Che intendi? > Chiedo confusa.
< Ti cambio le lenzuola del letto  > Ripete alzando le sopracciglia. Voleva che dormissi nel suo letto?
< Ma no! Dormo sul divano, non esiste che ci dorma tu > Mi alzo e la seguo nella camera subito dopo aver capito le sue intenzioni.  
< Sei mia ospite > Dice sulle punte dei piedi per prendere delle lenzuola pulite dentro un mobile.
< No, Jay, sul serio > Dico forse leggermente rossa in viso. < Il divano è comodissimo poi tu non stai nemmeno molto bene > Dico seria.
< Ho preso un cazzotto in faccia non sto morendo > Fa lei alzando le spalle.
< Secondo me, invece, hai preso una bella botta in testa e adesso ti starà scoppiando > Esclamo io. Prima avevo notato il suo strizzare gli occhi alla troppa luce e le vertigini che aveva avuto quando si era alzata di dal divano.
Lei sembra rendersi conto dei miei ragionamenti mentali ma non batte ciglio continuando a preparare il letto.
< Senti … Come vedi vivo da sola, non ho altri letti e non farei dormire mai un ospite sul divano, quindi per ragionamento logico stasera ti tocca dormire qui > Conclude lei non appena ebbe finito di fare il letto.
Per la prima volta da quando ero entrata guardai attentamente quel letto. Era a dir poco enorme, più grande forse di un letto matrimoniale classico.
< Se vivi da sola perché hai un letto così grande? > Chiesi sorpresa.
< Oh … Prendo tanto spazio quando dormo > Fa lei scrollando le spalle.
< Ragion in più perché non puoi dormire sul divano! Accetto di dormire in questa stanza anche se ci dormi anche tu > Dico infine pienamente convinta.
Lo so forse è un po’ stupido soffermarsi così tanto tempo su una decisione banale ma tra di noi era una vera e propria gara a “chi è la più cocciuta”.
< Vuoi che dorma a terra? > Chiede lei ironizzando.
< No, nel letto > Dico io con le guancie in fiamme.
Lei mi fissa per un istante di troppo e il suo sguardo è a dir poco indecifrabile. < Da che parte dormi? > Chiede infine rassegnata.
Io sorrido come una bambina che ha vinto un premio al luna park. < E’ uguale >.
< Vuoi qualcosa di comodo con cui dormire? > Chiede gentilmente.  
< Magari … > Dico pensando che in effetti non era molto comodo dormire in jeans  e camicia.
< Tieni > Mi dice passandomi un pantaloncino grigio e una maglia enorme dei Rolling Stones.
< Grazie di tutto, Jay > Le dico riconoscente.
Forse non è abituata a sentirsi dire grazie perché accenna un sorriso imbarazzato ed esce della camera per cambiarsi.
Mi guardo attorno. Come era possibile avere tanti dischi in una sola casa? Mensole intere di libreria erano occupati da una collezione infinita di cd. Mentre mi cambiavo detti un’occhiata fugace e c’era davvero musica di ogni genere!
< Posso? > Chiede Jay dall’altra parte della porta.
< Si, certo! > Dico e quando entra resto un tantino sorpresa. Indossa anche lei un pantaloncino grigio ma sopra indossa una canotta bianca e per la prima volta mi rendo conto dei tanti tatuaggi sparsi per tutto il corpo.
Avevo già notato qualche tatuaggio come ad esempio una nota musicale sull’avambraccio sinistro, una piccola stella sulla mano tra il pollice e l’indice.
Una scritta l’avevo notata la prima volta che l’avevo vista alla Island, appena dietro la spalla destra ma non riuscivo ancora a leggerla.
 Non avevo notato però l’enorme saetta posta accanto alla caviglia, una scritta abbastanza grande nell’interno del braccio sinistro e chissà quanti altri ancora aveva abilmente celati all’occhio comune.
< Cosa guardi? > Chiede lei sedendosi sul letto.
< Hai tantissimi tatuaggi … > Dico non riuscendo a trattenere quella sorpresa.
< Si, in effetti … > Fa lei alzando le spalle.
< Qual è stato il primo? > Chiedo e la voglia di conoscere ogni particolare di lei, anche quello più insignificante, si fa strada dentro di me.
< Beh … E’ una storia diciamo divertente > Fa lei accennando un sorriso. Si fa strada nel letto e poggia la schiena alla tastiera. < Avevo sedici anni ed ero reduce da una notte …. Direi movimentata >.
< Dai, racconta > La esorto sorridendo.
< La compagnia che frequentavo all’epoca non era esattamente l’ideale e beh ... Diciamo che non ero in me a fine serata, avevamo bevuto tutti e il ragazzo di una mia “amica” era un tatuatore … Non chiedermi il resto della storia so solo che mi svegliai con questa scritta sul braccio > Mi dice alzando leggermente il braccio per mostrarmi che al suo interno qualche centimetro sopra l’interno gomito vi era una scritta molto scura “Revolution is the only solution”.
< E’ assurdo … Come fai a non ricordarti una cosa del genere? > Le chiedo sbalordita. < Credevo che certe cose potessero accadere solo a Miley Cyrus > Esclamo ironizzando provocando la sua risata, quella risata bellissima.
< Non ero in me. Avevo bevuto e non solo > Dice lei spiazzandomi. < Ma non preoccuparti … Di solito non giro nuda su una palla da demolizione > Fa lei per smorzare la tensione.
Nonostante la battuta non posso fare a meno di notare la sua espressione subito aver detto “non solo”.
< Che intendi con “non solo”? > Chiedo e per un momento temo seriamente della sua risposta.
< Oh, lo sai già Sammy > Dice lei sospirando. < Sai benissimo dei miei problemi di droga, lo sapevano tutti a scuola > Continua con un nota triste nella voce.
Non riesco a rispondere. Si, lo sapevo ma per un’assurda ragione non volevo crederci. < Ed ora? Hai ancora questo problema? > Le chiedo guardandola negli occhi.
< Mi stai sul serio chiedendo se mi drogo? > Fa lei e per una frazione di secondo ritorna la Jay di sempre.
< No, cioè si. Scusami > Dico infine dispiaciuta sul serio. Non volevo metterla a disagio ne tantomeno allontanarla, ma quella domanda restava uno dei miei dubbi.
La tensione in quella stanza crebbe in pochissimi istanti. < Perché te lo sei tenuto alla fine? > Chiedo cercando di allentare la tensione.
< Mah … Nonostante tutto la frase “Revolution is the only solution” rappresenta in pieno quel momento della mia vita. Con questa frase non intendo una rivoluzione nel senso letterario della parola … Ma una rivoluzione spirituale > Dice lei facendo fatica ad esprimersi.
< Non avrei mai creduto che potesse esserci un significato dietro ad un tatuaggio fatto in stato d’ebbrezza > Dico accennando un sorriso.
< “In vino veritas”> Fa lei con quel suo sorriso sghembo.
Io annuisco ricambiando il sorriso. Per l’ennesima volta mi ritrovavo a chiedermi come si potesse cambiare umore tanto facilmente con quella ragazza. Eravamo forse bipolari? Lei di sicuro.
< Che dici proviamo a dormire? > Chiedo anche se il mio desiderio sarebbe parlare, parlare interrottamente tutta la notte.
Ma Jay annuisce esausta. Il labbro ha smesso ormai di sanguinare ma una bella spaccatura le segna tutto il contorno roseo.
< Spegni tu la luce? > Chiede la ragazza indicando il lume sul comodino affianco al mio cuscino.
< Certo > Faccio io armeggiando con il lume.
< Devi solo tirare la corda > Dice lei sbadigliando divertita.
Passano alcuni secondi e ancora non riesco a spegnere quel dannato lume. Poi ad un tratto sento la ragazza al mio fianco sospirare dopodiché mi ritrovo con il suo corpo a pochi centimetri dal mio.
Per spegnere il lume si era del tutto sporta verso di me, si manteneva con una mano sul materasso per non pesarmi addosso, il mio naso per pochi centimetri non sfiorava il suo collo.
In quel momento un pensiero del tutto irrazionale si fa strada in me. Sono costretta a restare inchiodata al letto con tutte le mie forze perché il mio unico desiderio è avvicinarmi e baciarla.
Spalanco gli occhi terrorizzata da quel pensiero. Ma cosa mi sta succedendo?
Una volta riuscita nell’impresa la ragazza si allontana lentamente facendo la minima attenzione in modo tale da non sfiorarmi.
Vedo il suo corpo allontanarsi mentre tutto il mio corpo non desidera altro che riavvicinarsi a lei.
Un tuono squarcia il rumore di quel silenzio stranamente imbarazzante  e non riesco a non trattenere un urlo.
< Ehi, era un tuono > Dice lei scattando a sedersi, nonostante si era appena distesa.
Riprendo fiato e impreco mentalmente per la figura di merda appena fatta. < Si, lo so. E’ che ho una specie di fobia … >.
< Ah.. E tu eri quella che voleva andarsene a casa sotto il temporale > Afferma lei nel tentativo di farmi ridere.
Sorriso e resto del tutto affascinata dal suo viso nell’oscurità.
< Ma i tuoi occhi …. > Esclamo shoccata.
< Lo so, sono grigi > Dice lei con tono normale, come se fosse una cosa che avesse detto moltissime volte nella vita.
< Ma se erano neri fino a poco fa > Dico io sbalordita.
< Più è buio e più si schiariscono … Lo, so è strano >.
< E’ bellissimo > Dico io per poi arrossire immediatamente e la ragazza al mio fianco notando questo particolare torna a distendersi ridendo.
La vedo poggiare la testa sul cuscino e così con quegli occhi tremendamente adulti chiusi, emerge in una maniera impressionante il suo viso da bambina che stona tantissimo con i tatuaggi che le ricoprono il corpo. Non so quanto tempo resto a fissarla e ad un certo punto lei se ne rende anche conto ma non dice niente, tornando subito dopo a chiudere gli occhi.
< Jay? > La chiamo dopo un po’.
< Mmm > Fa lei forse si era appena addormentata.
< Credi che ce la faremo? > Le chiedo e quella domanda vortica nella mia testa assumendo mille significati.
La sua risposta non arriva subito ma proprio quando credo che si sia addormentata e che non abbia sentito nulla la sua voce mi raggiunge.
< Si >.
 
 
NOTA AUTRICE:
Si lo so, lo so, ho aggiornato con un tremendo ritardo! Purtroppo ho saltato una settimana di scuola per un viaggio e al mio ritorno avevo nove materie da recuperare! Abbiate pietà di me :3
Alla fine ho comunque aggiornato e come vedete la situazione qui inizia a bruciare … Il passato di Jau pian piano sta venendo fuori, la relazione tra le due sta cambiando e a breve prenderà una direzione dalla quale è impossibile tornare indietro. Sammy inizia a fare pensieri strani sulla sua nuova “amica” e Jay, beh, forse qualcosa sta cambiando in lei …
Non mi sono dimenticata di Vic, anche se è un personaggio secondario nel prossimo capitolo avrà un ruolo decisamente importante … Capirà cosa sta succedendo e lo farà prima delle due dirette interessate!
Detto questo cosa ne pensate di questo capitolo? Vi piace la direzione che sta prendendo questa storia? Cosa ne pensate dello sviluppo dei personaggi?
Fatemi sapere cosa ne pensate, su!!
Ringrazio come sempre chi recensisce, anche con poche righe mi aiutate molto dandomi più ispirazione, stimolandomi.
Alla prossima ;)

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Capitolo 9
*** For the first time ***


Capitolo 9.
 
For The First Time
 
Non sapevo esattamente che ore fossero, sapevo solo che a svegliarmi fu una leggera sensazione di solletico sul collo. Nel momento in cui presi consapevolezza d’essere ritornata alla realtà, mi accorsi immediatamente che quella sensazione era accompagnata da altre. Un piede che sfiorava il mio, delle gambe contro le mie, delle braccia che mi cingevano la vita da dietro, un corpo caldo che premeva contro la mia schiena, un respiro sul mio collo...
Cazzo! Quando mi resi conto di quella situazione, il mio cuore iniziò a pompare decisamente più sangue del dovuto e i battiti aumentarono in  maniera vertiginosa. Cercai con lo sguardo la sveglia, mancavano pochi minuti alle dieci. Non dormivo così tanto da una vita. Per la prima volta in mesi e mesi, avevo dormito bene, senza svegliarmi nemmeno una volta. Merito della ragazza che mi dormiva abbracciata?
Abbracciata... Sì, quella parola mi spaventava, anzi terrorizzava.
Che ci facevo io, Jay Wallas, fra le braccia di quella ragazza? E che ci faceva lei, la mia cotta storica, nel mio letto? Ovviamente sapevo come ci era finita, non soffro di qualche strano disturbo della personalità e nemmeno di Alzheimer, però non potevo fare a meno di constatare che quella situazione per me era del tutto nuova. Non che non abbia avuto altre pseudo storie o comunque rapporti sessuali. Non sono mai stata quella che comunemente sarebbe definita una “santa”, ma non ero preparata a quella situazione. Anche quando trascorrevo la notte con qualche ragazza, dopo il sesso non avevo mai permesso d’invadere quello che è il mio spazio personale. Eccetto a volte con Dani, ma al massimo le permettevo di dormire nel mio stesso letto, giacché era, a detta di tutti, enorme.
Tuttavia non mi ero mai svegliata in quello stato. Mai nessuno mi aveva stretta in quel modo. Mai nessuno mi aveva fatto sentire così prima d’allora.
Che mi stava succedendo? Perché mi comportavo così? Perché la mia mano era posata su quella della ragazza bionda che mi si stringeva addosso in una morsa a dir poco soffocante? Perché sarei voluta restare in quella morsa per tutto il giorno ed anche quello successivo? Perché la visione delle nostre mani quasi intrecciate mi sembrava la cosa più naturale del mondo?
Valutai mentalmente cosa fare.
Potevo provare ad allontanarmi e scrollarmela di dosso… No, non volevo.
Potevo svegliarla e fingermi indignata… No, non volevo.
Potevo smuoverla leggermente, in modo tale che si svegliasse, e poi fingere di stare io stessa dormendo... No, non volevo.
Mentre la mia mente ponderava queste diverse opzioni, quel calore che avevo dentro mi sussurrava di restare in quella posizione, immobile, chiudere gli occhi e godere di quel momento fino a quando sarebbe stato possibile… perché ero certa che mai sarebbe ritornato.
Solo in quel momento, stretta dalle sue braccia, realizzai per quanto tempo avevo desiderato qualcosa del genere. Nella mia vita non mi era mai stato dato tanto affetto, per questo fondamentalmente lo cercavo nei rapporti di una notte con sconosciute e, a volte, anche sconosciuti.
Avrei scambiato quel momento con tutto il sesso di questo mondo… niente era paragonabile a starsene lì immobile a sentire il corpo caldo di Sammy dietro di me. La ragazza per cui avevo da sempre una cotta adesso giaceva nel mio letto, e le sue braccia circondavano il mio corpo.
Dopo circa un’ora, la favola finì. Ad un certo punto non sentì più il suo respiro dietro la nuca, e il corpo dietro di me si irrigidì. Potevo quasi sentire le sue imprecazioni mentali…
Molto probabilmente, guardando la scena dall’esterno, avrei riso a più non posso, ma non volevo che Sammy si sentisse in difficoltà o a disagio. Io, Jay Wallas, la persona più asociale e menefreghista di questo mondo, non volevo che Sammy si sentisse in difficoltà.
Dopo alcuni istanti, la bionda iniziò ad allontanarsi con estrema lentezza e delicatezza, facendo la massima attenzione per cercare di non svegliarmi. Quando ebbe districato i piedi e poi le gambe, l’unica cosa che ancora mi cingeva era il suo braccio destro. Ce l’aveva quasi fatta, ma la mia parte irrazionale in quel momento prese il sopravvento.
<< Ben svegliata, principessa >> affermai.
 La ragazza sussultò ed allontanò il braccio di scatto.
<< Da quando tempo sei sveglia? >> la sentì chiedere, prima di decidermi a voltarmi.
Volevo vedere i suoi occhi verdi e sorrisi quando li vidi, rilassandomi e distendendomi ancora di più sul materasso.
<< Un’oretta >> ammisi.
<< Mi dispiace tantissimo, Jay >> disse subito, un’espressione mortificata in volto.
“A me no”. Furono quelle le parole che si formano nella mia mente e che tanto le avrei voluto dire, ma qualcosa mi frenò, ed io mi limitai così a sorriderle.
<< Credo che forse sia stato il temporale… Sai, lo spavento … >> mormorò, e giuro che non avevo mai visto una faccia così rossa in vita mia.
<< Sai, tre anni fa avevo il ciuffo dei capelli rosso… ma non tanto rosso quanto il tuo viso adesso >> le dissi, non riuscendo a trattenermi.
Lei restò per un mini secondo imbambolata e, se possibile, la sfumatura del suo viso si intensificò ancora di più.
<< Sei un po’ stronza sai… >> si finse offesa, tanto che per un secondo pensai lo fosse davvero, ma poi si girò e con estrema velocità prese il suo cuscino e me lo diede praticamente in faccia.
<< Sarei io la stronza?! >> chiesi fra le risate, ricambiando la cuscinata in faccia.
Ecco, un’altra cosa che mai, e sottolineo mai, avrei creduto di essere capace di fare. Vedevo Sammy ridere e non riuscivo a smettere di farla ridere… Non so se avete mai provato una sensazione del genere, ma… Be’, per me era di certo la prima volta che ciò accadeva.
Per la prima volta dei suoni così ilari riempivano la stanza, o meglio l’intera casa.
Ad un tratto mi fermai, ormai esausta, e Sammy continuò ad infierire per altri cinque minuti buoni.
<< Sai, sei proprio una rammollita, Jay Wallas! >> mi schernì la ragazza del Tennessie, non accennando a smettere.
<< Sì, lo ammetto, non ho molta resistenza fisica >> confessai, tenendomi le costole. Mi facevano male sul serio! Per la prima volta in vita mia, avevo dei dolori post-risata.
<< Che hai? >> chiese la biondina, con fare apprensivo.
<< Ridere fa male >> dissi, provocando la risata di Sammy.
<< Ed ecco di nuovo la cupa Jay Wallas! >> enfatizzò lei, imitando la voce di un presentatore che sta introducendo la star della serata. Come aveva fatto il nostro rapporto ad evolversi in otto ore, fra l’altro trascorse dormendo?
Credevo che non avrei mai saputo rispondere a quella domanda…
<< Oh, cavolo! >> esclamò all’improvviso, facendomi sobbalzare in allerta.
<< Che succede? >>
La ragazza era palesemente agitata. << Ti ho fatto uscire il sangue dal labbro… Sono una deficiente, una grandissima deficiente! >>
<< Dai, non preoccuparti >> cercai di rassicurarla, ma invano.
Sammy si voltò per prendere il pacchetto di fazzoletti dal comodino. Una volta estratto, lo piegò con cura e mi si avvicinò proprio come aveva fatto la sera precedente. Le sensazioni furono le stesse provate poche ore prima, quando lei mi aveva sfiorato il viso. Sentire le sue dita poggiate sul mio mento e il suo respiro di nuovo vicino alla mia pelle, mi elettrizzava. A scorrermi nelle vene non vi era più sangue, ma pura elettricità.
<< Posso chiederti una cosa? >> chiese la ragazza, quando ebbe finito.
<< Chiedi pure >> la incitai, incrociando i suoi occhi.
Lei era visibilmente imbarazzata, ma al tempo stesso era anche determinata, come se quella che stava per chiedermi fosse una cosa di vitale importanza.
<< Perché hai preso a pugni quel tipo, ieri sera? >> domandò, sostenendo il mio sguardo.
Non le risposi subito, poiché la mia mente si stava affannando in tutti i modi per trovare una spiegazione razionale al mio comportamento. Gelosia? Possessività? Senso di protezione?
<< Ho visto quell’uomo che ti stava importunando, e non so… >> cercai di spiegare, in chiara difficoltà. << Mi sono incazzata >>.
<< E t’incazzi spesso? >> chiese, parlando con estrema lentezza.
La guardai e mi passai nervosamente una mano fra i capelli, tentando di impedire alla parte più irrazionale che c’è in me di prendere il sopravvento.
<< Prima più di adesso >> risposi in parte a quella sua domanda.
Lei restò per qualche secondo a fissarmi, senza proferire parola.
<< Ho qualcosa in faccia? >> domandai ad un certo punto, con un certo impaccio.
Lei sembrò riprendersi da quello stato quasi catatonico, e scosse la testa con un accenno di sorriso.
Quella ragazza mi avrebbe fatta impazzire…
A rompere quella tensione, provocata dal nostro gioco di sguardi, fu un piccolo boato proveniente, come sempre, dal mio stomaco.
Lei guardò prima me, poi quest’ultimo, e la vidi lottare contro se stessa nella vana speranza di trattenere le risate.
<< La bomba ad Hiroshima fece meno rumore, credimi >> disse dopo qualche secondo, scoppiando a ridere.
<< Non ti facevo così… Tutta timida e perfettina, ma in realtà hai sempre la battutaccia pronta, eh? >> mi finsi offesa, massaggiandomi la pancia inesistente.
<< Be’, se mi credi timida e perfettina, non mi conosci affatto >> ribatté, voltandosi nella mia direzione e facendo incrociare i nostri sguardi.
E in quel momento un brivido mi attraversò la schiena. Entrambe eravamo distese nel mio letto, pochi centimetri a dividere i nostri corpi. Potevo sentire il calore della sua pelle a quella distanza, potevo contare le piccole lentiggini che le tingevano il naso e le guancie, lentiggini che a stento avevo notato prima. Potevo immergermi in quell’oceano che sono i suoi occhi, e affogarci dentro se necessario.
<< No, non ti conosco affatto >> dissi, in tono quasi dispiaciuto.
Lei schiuse le labbra, e quel momento, da spensierato e divertente che era, si trasformò in qualcosa di puramente magico. Non so nemmeno come il mio viso, il mio corpo, si sporsero verso di lei e la distanza tra noi divenne quasi nulla. L’immagine di quello che sarebbe potuto accadere, subito dopo quel bacio che stava diventando realtà, si pose inevitabilmente davanti ai miei occhi.
Dandomi mentalmente della stupida, tirai un sospiro che non fu decisamente di sollievo. Feci fuoriuscire l’aria dal naso, chiusi gli occhi, strizzandoli appena e, senza riaprirli, fuggì da quella posizione, alzandomi dal letto.
Cosa cazzo mi era passato per la testa?! Perché la visione di quegli occhi verdi mi faceva perdere la testa, portandomi a reagire senza un minimo di razionalità?!
<< Vuoi fare colazione? >> domandai, ritornando al mio tono freddo di sempre.
Le posi quella domanda girata di spalle, non ebbi il coraggio di incrociare il suo sguardo. Sono sincera quando dico che avevo paura di quello che avrei potuto vederci…
<< Sì, certo >> rispose, e dalla sua voce percepii la sua confusione.
D’altro canto, come non esserlo?
Ci dirigemmo in cucina, e il silenzio che incombeva su di noi era davvero imbarazzante. Aprii il frigo e, come sempre, non mi stupii nel trovarlo vuoto. Le mie doti culinarie sono pari a zero.
Chiusi il frigorifero con uno scatto secco, appena dopo aver preso il latte. << Mi dispiace, ho solo questo e dei cereali, se vuoi >> sospirai, poggiando il latte sul tavolo.
<< Va benissimo, non preoccuparti >>. Lo disse con una strana dolcezza nella voce… La intenerivo, forse?
Non sapevo perché, ma questo pensiero, in realtà, non fece altro che darmi fastidio.
Non so perché, ma vederla mangiare, mi mise nuovamente di buon umore.
<< Perché sorridi? >> chiese ad un tratto, con la bocca piena di cereali.
<< Sei buffa quando mangi >> risposi, cercando di trattenermi dal ridere.
Lei mi guardò con un’espressione comica, che sommata al mento e alla bocca sporchi di latte, scatenò le mie risa.
La situazione si era di nuovo allentata e anche lei aveva iniziato a ridere, ma proprio in quel mentre qualcuno bussò alla porta.
Scattai come se avessi preso la scossa, e Sammy mi guardò sorpresa. << Aspetti qualcuno? >> domandò, pulendosi con il tovagliolo.
Facci segno di no, e mi diressi alla porta con un pizzico d’ansia.
Non appena ebbi aperto, restai del tutto shoccata nel vedere Vic, in piedi e in un chiaro stato di angoscia.
<< Oh, Jay! Scusami per averti svegliata… >> esordì agitata. << Sono andata alla Island da Luke e mi sono fatta dare il tuo indirizzo... Sono seriamente preoccupata per Sammy! Mi sono accorta soltanto stamattina che non è tornata a casa, il letto era completamente intatto, e… Jay, ti prego, dì qualcosa! Sono in ansia! >>
Non avevo mai visto nessuno così agitato prima d’allora. Proprio come una mamma che ha perso suo figlio al centro commerciale, Vic se ne stava vicino allo stipite della mia porta, battendo il piede a terra con le lacrime in procinto di cadere.
<< Ehi, Vic, calmati, calmati... Sammy sta nel mio soggiorno >>.
La bruna si precipitò dentro e, senza molte spiegazioni, andò ad abbracciare una più che perplessa Sammy.
<< Ero preoccupatissima! >> la sentì dire, mentre mi chiudevo la porta alle spalle.
La scena che mi ritrovai davanti mi destabilizzò leggermente. Solo in quel momento mi resi conto che il legame fra quelle ragazze era davvero qualcosa di profondo.
Vic, considerava Sammy come una sorella più piccola, ed era palese dal comportamento che aveva nei suoi riguardi.
Subito dopo l’abbraccio, al quale Sammy rispose con delle pacche sulle spalle della ragazza bruna, quest’ultima incrociò le braccia al petto, guardando la bionda dritto negli occhi.
<< Per poco non mi facevi venire un infarto! Sammy, potevi almeno lasciarmi un messaggio! >> esclamò e, anche non potendo vedere la sua espressione, si capì lontano un miglio che era arrabbiata sul serio.
<< Sì, hai perfettamente ragione… Scusami >> mormorò la più piccola, realmente dispiaciuta.
Passarono alcuni istanti, e Vic parve tranquillizzarsi. Si guardò attorno, probabilmente stupita dalla mia collezione di strumenti.
<< Suoni anche la batteria? >> domandò all’improvviso, mentre sorseggiavo il mio bicchiere di latte.
<< Da poco >> ammisi, leggermente imbarazzata da tutta quella situazione.
<< Cos’hai fatto al labbro? >>.
La bruna mi si avvicinò con un fare premuroso. Fu strano. Nessuno, eccetto Luke in alcune occasioni, si era mai dimostrato premuroso nei miei confronti. Di solito, ciò era anche dato dal fatto che, apparentemente, potevo apparire molto forte…
In un primo momento non le risposi, poi con la coda dell’occhio vidi Sammy fissare la ciotola dei cereali, completamente rossa in viso.
<< Ho avuto una discussione al locale in cui lavoro >> risposi, omettendo gran parte della storia per via di Sammy.
Vic scosse la testa, in una chiara manifestazione di disapprovazione, ma nel suo gesto trasparve visibilmente che qualcosa la divertiva.
<< Scommetto che l’infermiera Scottgerard ti ha fatto dono delle sue cure! >> disse, trattenendo una risata per chissà quale ricordo.
Non so perché, ma quell’affermazione mi fece andare di traverso il latte che stavo bevendo, e per un istante pensai che fosse giunta seriamente la mia ora. Sammy mi guardò con gli occhi letteralmente fuori dalle orbite, per poi alzarsi di scatto e darmi delle botte dietro la schiena.
<< Vuoi uccidermi per caso?! >> protestai, scansandomi dal suo corpo.
Scorsi Vic guardare la scena divertita, con la bocca semiaperta, cercando di trattenere le risate. Sammy, dal canto suo, mi fissò in un mix tra preoccupazione e confusione.
<< Volevo aiutarti >> mormorò, sempre con quell’espressione adorabile.
<< Magari se all’incontro con i paramedici dell’ospedale, che facemmo in quinta elementare, fossi stata presente, adesso sapresti che fare quello che hai appena fatto poteva solo portarmi ad affogare di più >> tossii, guardandola di sottecchi.
Sammy mi guardò con le gote rosse, ma nei suoi occhi verdi colsi qualcosa di nuovo. << Come fai a ricordarti che non c’ero quel giorno a scuola? >>
Vic smise improvvisamente di ridere, e l’aria seria che aleggiò in quella camera non fece altro che mandarmi ancora più nel panico.
<< Io…. ehm… ho una buona memoria >> balbettai in difficoltà, sperando che le mie guancie non tingessero ulteriormente, causa del recente strozzamento.
<< Oh… >> la sentì dire, chiaramente in sovrappensiero. Dopodiché accennò un piccolissimo sorriso.
 
Non mi quadrava per niente quella situazione.
C’era qualcosa di strano in quelle due, un particolare che mi sfuggiva. Le guancie perennemente rosse di Jay, gli occhioni verdi di Sammy, sempre spalancati e attenti ad ogni spostamento della ragazza tatuata…
Ero stata la prima a dire che Jay nascondeva dentro di sé qualcosa di magnetico, qualcosa che non riusciva a farti smettere di fissarla, anche quando se ne stava di fronte a te in pantaloncini e canotta, con un bicchiere di latte in mano. Ma il modo in cui la fissava Sammy, era qualcosa di nuovo… Non avevo mai visto qualcosa del genere in vita mia, e non sapevo definire cosa celasse quello sguardo.
Mi guardai attorno, cercando di capire cosa fosse successo la sera prima in quella casa: una cassetta del pronto soccorso era stata poggiata sul tavolino di fronte al divano; una benda e qualche tampone, ancora sporchi di sangue, giacevano lì accanto; una chitarra se ne stava da sola sull’unico divano della casa, ma su quest’ultimo non vi erano né cuscini né coperte.
La casa non era abbastanza grande per contenere altre camere oltre a quelle che si potevano scorgere, quindi le due ragazze avevano sicuramente dormito insieme.
“Strano”, pensai. Certo, io e Sammy dormivamo spesso insieme nello stesso letto, lo facevamo da quando avevo dieci anni, ma immaginare Sammy nello stesso letto di Jay mi lasciava perplessa.
<< Avete suonato senza di me ieri sera? >> chiesi, accennando alla chitarra abbandonata sul divano.
Nessuna delle due mi rispose immediatamente, però non potei fare a meno di notare uno sguardo complice fra le due ragazze.
<< Giusto un paio di accordi >> rivelò Jay, posando il bicchiere, ormai vuoto, nel lavandino. Sammy seguì quel gesto come un automa, ormai non mi sorprendeva più.
<< A proposito di prove… Prima l’ho accennato, sono stata alla Island e Luke mi ha chiesto se nella tarda mattinata andavamo lì. Ha parlato di lezioni da seguire… >> affermai, cercando di ricordare il discorso fattomi nemmeno un’ora prima.
<< Lezioni?! >>
Pareva che dell’intero discorso, Jay avesse ascoltato solo quella parola.
Sammy la guardò e si mise a ridere. Non potei evitare di pensare, di nuovo, che qualcosa era cambiato nel loro rapporto. Chissà cosa si erano dette quella notte …
 
Siccome era già tardi, aspettai nel piccolo soggiorno di Jay che le due ragazze si vestissero.
<< Ehi, Jay! Non pensavo avessi tanti tatuaggi! >> osservai, non appena la vidi uscire dalla porta.
Mi ero infilata nel suo bagno, approfittando che la ragazza si fosse chiusa nella cabina. Era stranamente felice, canticchiava anche un motivetto di cui non ero minimamente a conoscenza, forse una sua canzone…
<< Oh, Cristo santo! >> esclamò presa alla sprovvista, sbarrando i grandi occhi scuri.
Era completamente nuda ed erano molti i tatuaggi che ricoprivano la sua pelle abbronzata.
<< C-Che cazzo… >> balbettò confusa, stringendosi nel telo bianco.
<< Volevo chiederti se posso prendere la tua chitarra per suonare nell’attesa >> spiegai, mentendo spudoratamente.
In realtà volevo metterla alla prova per vedere la sua reazione.
<< Ma sì, certo >> concesse lei, passandosi una mano tra i neri capelli bagnati.
Uscii dal bagno soddisfatta.
 
 
Jay afferrò il suo casco. << Prendo la moto >>.
<< Posso venire con te? >> le domandai sorridendole.
Lei mi lanciò uno sguardo stupito.
<< E io? >> protestò Sammy, triste che la sua migliore amica si fosse dimenticata di lei.
<< Non è la prima volta che ti lascio guidare la mia macchina! >> ammiccai, lanciandole le chiavi.
Lei mi abbracciò di slancio, con un sorriso a trentadue denti.
<< Dai, dille di sì, Jay! >> supplicò l’altra, voltandosi a guardarla.
Vedendo quella scena, Jay sospirò, alzandosi i Ray-Ban nei capelli. << Vado a prenderti un altro casco >>.
Non appena la ragazza uscì dal piccolo garage per dirigersi due piani sopra, al suo appartamento, mi voltai di scatto nella direzione di Sammy, guardandola di sottecchi.
<< Avete fatto amicizia >> .
<< Be’… Amicizia è una parola grossa… >> arrossì Sammy.
Non volevo insistere, ma… era davvero possibile che Sammy, la ragazzina un po’ troppo alta che conoscevo da più di dieci anni, avesse preso una sbandata per Jay Wallas?
<< Ecco >> s’intromise quest’ultima, porgendomi un semplice casco nero. << Sei sempre sicura di voler rischiare la tua vita? >>
Sorrisi. << Non chiedo altro >>.
 
Quando pochi attimi prima avevo accettato di “rischiare la vita”, mai avrei pensato che Jay avrebbe preso tanto alla lettera quelle sue parole.
Certo, era una bravissima motociclista, questo è indubbio, ma dubitavo seriamente che fosse possibile andare così veloci in città, o in una qualsiasi altra parte del mondo…
<< Jay! Perché non rallenti un po’? >> chiesi dopo un po’, con il cuore in gola.
Assorta com’era nella guida, non sembrava nemmeno accorgersi che io avessi parlato.
<< Jay… lei ti piace sul serio? >> le domandai, volendo capire se mi sentisse o no.
Ed ebbene sì: mi sentiva eccome.
La ragazza dai capelli corti decelerò davvero moltissimo, quasi fino a fermarsi. Rispetto alla velocità di dieci secondi prima, ora stavamo andando a passo di un bambino.
Jay si era irrigidita. << Che hai detto? >>
<< Ti ho chiesto se lei ti piace sul serio >> ripetei, conscia che stavo andando incontro ad un campo minato.
Impegnata com’ero in quelle mie assurde, ma non per questo infondate, congetture, non mi ero nemmeno accorta che eravamo quasi arrivate alla Island.
Jay scese dalla sua Thriump prima di me. Appena a terra, si voltò per guardarmi negli occhi. 
<< Cosa te lo fa pensare? >> chiese, sfilandosi il casco con mano tremante.
<< Il tuo sguardo, la mano che trema… >> risposi, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Jay mi fissò per qualche istante, che parve interminabile. << Non so di cosa tu stia parlando >>.
Lo disse guardandomi dritta negli occhi, immobile e con un tono quasi di sfida.
Proprio in quel momento, la mia decapottabile varcò il piccolo cancello, fino a giungere al fianco della moto di Jay.
<< Devi farmela guidare più spesso! >> affermò Sammy, in uno stato di completa euforia e porgendomi le chiavi.
<< Sì, come no >> ribattei, distogliendo lo sguardo dalla ragazza dai capelli corti. << Il giorno che deciderò di andare di nuovo in moto con Jay, magari >> aggiunsi, cercando di alleggerire la tensione.
Mi voltai ancora verso Jay, ed incrociai il suo sguardo. Non riuscivo a decifrarlo ma qualcosa mi diceva che presto ci sarebbero stati cambiamenti…
NOTA AUTRICE:
Dite la verità pensavate che vi avessi abbandonato?? Ebbene no! Cioè mi dispiace per voi ma le avventure delle Three Guitars Wet continuano!
Come vi avevo anticipato Vic è vicina ormai ad una verità di cui nemmeno le due protagoniste sono a conoscenza! Riuscirà Jay ad accettare quel sentimento che inizia a crescere inesorabilmente dentro di se ?
Riuscirà Sammy ad ammettere la sua innegabile attrazione verso Jay? Vic riuscirà a gestire la situazione?
E riuscirò io a pubblicare il prossimo capitolo entro questa settimana?
Beh, vi lascio con questi dubbi esistenziali :3
Prima di lasciarvi come sempre vanno i miei ringraziamenti a ha messo la storia tra le preferite, chi tra le seguite e chi recensisce! Mi date sempre più spunti gente! Ma il ringraziamento principale della serata va alla mia efficientissima beta e nuova socia: Ligan! Stai rendendo questa storia una vera storia! (non dire che sono ruffiana è la verità!) :D
Detto ciò come sempre
Alla prossima ;)

 

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Capitolo 10
*** Oh, darling I’ll kiss your eyes And lay you down on your rug Just give me some candy After my hug ***


Capitolo 10

Oh, darling I’ll kiss your eyes And lay you down on your rug Just give me some candy After my hug




<< Allora ragazze, ecco a voi il piano delle lezioni! >>
Come al solito, Luke riusciva ad essere sempre più euforico del sopportabile. Eravamo in quella sala da circa un’ora e aveva ripetuto la parola “lezione” una quarantina di volte.
<< Il lunedì, il mercoledì e il venerdì, dalla nove a mezzogiorno? >> chiese Vic, non so per quale motivo soddisfatta.
<< Questi sono gli orari ufficiali, ma pensate che nel momento delle registrazioni, ci dormirete anche in questa sala! >> esclamò l’omone biondo, con un sorriso che metteva soggezione.
<< E non fare questa faccia, Wallas! Giuro che non so come tu abbia fatto a prendere il diploma! >> disse, lanciandomi un’occhiataccia che provocò le risate delle mie due “compagne”.
Lo sapeva eccome come avevo fatto a prendermi il diploma! Qualche mese prima si era concluso, per mia profonda gioia, l’ultimo anno di superiori. Dopo la brutta esperienza del mio terzo anno e gli effetti dell’anno dopo, l’ultimo anno l’avevo trascorso studiando. Una vera e propria novità per me… anzi… forse una novità per tutti. Fu un vero e proprio shock per i miei professori scoprire che dietro a quel carattere irascibile, dietro a quei tatuaggi, ci fosse un cervellino niente male.
 
Il resto della mattinata trascorse molto lentamente. Sentivo lo sguardo di Vic fisso su di me, come una presenza che mi gravava addosso. Quella strana situazione iniziava a infastidirmi, proprio perché non sapevo come comportarmi. La maggior parte delle volte che il mio sguardo si posava su Sammy, seguiva subito un’occhiata o un battutina da parte della bruna. Sammy, invece, se ne stava tranquilla e sembrava particolarmente felice. Forse perché Vic le aveva concesso di guidare la sua bellissima decapottabile, fatto sta che questa sua pseudo felicità durò per tutta la settimana successiva.
Proprio come Luke ci aveva detto, iniziammo a frequentare le lezioni, e infondo mi ritrovai a realizzare che non erano proprio male. Era bello conoscere le mie due compagne sotto il lato artistico.
Vic, oltre a possedere una voce formidabile, era un abile pianista. Seppur per qualche assurda ragione non suonasse spesso, quando lo faceva e si accompagna con la voce, il risultato era formidabile.
Sammy, invece… Be’. Che dire di Sammy? Avevo letto ormai quasi tutti i suoi testi, trascorrevamo le ore intere a creare nuove melodie, mettendo insieme accordi su accordi, spesso perdevamo completamente la condizione del tempo. Di solito quando ci riunivamo tutte e tre, spesso a casa di Vic, dopo un certo orario quest’ultima si addormentava, ed era proprio in quei momenti che io e Sammy davamo il meglio. C’era una sorta di sintonia tra noi… Nonostante caratterialmente fossimo agli antipodi, nel momento in cui suonavamo insieme si creava un’alchimia impressionante.
A dispetto del tempo trascorso insieme, non parlavamo mai tantissimo di noi due. Ci limitavamo a confrontarci sul lato artistico. Suonavamo, cantavamo, componevamo nuove melodie, e avevamo anche buttato giù qualche frase per qualche futura canzone.
Tutto questo accadeva spesso sotto gli occhi maliziosi di Vic. Il suo sguardo fisso su di noi era diventato ormai una costante. Sammy se n’era di sicuro accorta, e spesso, ad alcune battute non esattamente innocenti dell’amica, arrossiva inevitabilmente e quelle guancie morbide restavano di quel colore per minuti interi.
Non mi ero mai ritrovata in una situazione del genere. Da una parte la trovavo davvero buffa e dall’altra provavo un’insensata paura. Il lavoro discografico, le lezioni, lavorare con le due ragazze… erano tutte cose che mi piacevano moltissimo.
Avevo scoperto un nuovo mondo, e non ero pronta per lasciarlo.
 
 
Me ne stavo distesa sul divano, nella sala della mia casa discografica, con la chitarra fra le braccia suonando una cover dei King of Lion. Era sera ed ero stremata dalla giornata appena trascorsa, tra l’altro non ancora terminata.
Quel giorno avevamo provato tantissimo, ore e ore ininterrotte di prove. Questo perché Luke, all’ultimo minuto, ci aveva avvisato che la sera seguente ci saremo dovute esibire al Pete’s candy store.
Le reazioni erano state diverse per tutte e tre: Vic era incontenibile, non riusciva a trattenere la sua gioia, tanto che ad un certo punto iniziò ad abbracciare tutti quelli che aveva a tiro; Sammy, invece, quasi paralizzata, aveva ascoltato il tutto con incredulità, e nel suo sguardo ci si poteva cogliere paura ed eccitazione. Infine, io non avevo reagito. Colta totalmente alla sprovvista, ero sprofondata in uno stato di totale immobilità.
Suonare al Pete’s candy store, era qualcosa che desideravo da tempo. Nonostante abbia suonato in diversi locali della zona, in svariate serate, raggiungendo così un minimo di popolarità tra i veterani, non ero ancora riuscita a garantirmi un’esibizione al Pete’s, che era considerato uno dei locali più importanti proprio per le band emergenti.
<< Adoro questa canzone, sono convinta che potremo farla bene >> disse Vic, sedendosi sui miei piedi. << Accorcia queste zampacce, Wallas! >> continuò, sistemandosi meglio.
<< Te l’hanno mai detto che sei insopportabile? >> le ringhiai, mettendomi seduta.
Io e Vic non facevamo altro che punzecchiarci. Non avrei mai detto di poter istaurare un rapporto del genere con una persona, sembrava quasi che fossimo fatte apposta per quello. Nell’ultima settimana, scene del genere si ripetevano a intervalli brevissimi.
<< Credimi, glielo ripeto tutti i giorni >> sospirò la bionda, con un’espressione quasi rassegnata. << Non so ancora come faccio a sopportarla ventiquattro ore su ventiquattro >>.
<< Eh, sì. La convivenza è una brutta bestia >> mormorai, ricordando per qualche istante il periodo dove avevo ospitato Dani a casa mia. Era stato per circa due mesi. Lei aveva avuto una brutta discussione con i suoi genitori, e se n’era andata di casa. Fortunatamente, proprio quando la mia pazienza era giunta ormai al limite, la ragazza dovette trasferirsi al campus universitario …
<< Come farai una settimana senza di me? >> le chiese la bruna dal divano.
<< Perché, dove vai? >> m’intromisi, aprendo bene le orecchie.
<< Io? Da nessuna parte >> si affrettò a dire Vic, sorridendomi.
Ok, ormai conoscevo quel sorriso. Mi preparai psicologicamente a un suo intervento malizioso.
<< Torno a Nashville per una settimana. Approfitto del weekend e mi prendo un paio di giorni di pausa, ora che possiamo ancora… Se il progetto continua così, mi sa che vedrò i miei a Natale! >> affermò con una nota felice ma triste al tempo stesso.
<< Ah… >> dissi io, incapace di aggiungere altro.
Non sapevo l’effetto che potesse avere su di me un’informazione del genere, se non dopo averla ricevuta. Qualcosa nel mio stomaco si contorse al solo pensiero che per sette giorni non avrei rivisto i suoi occhi verdi e quella sensazione mi spaventò. Era normale provare qualcosa del genere? Perché quella ragazza faceva su di me un effetto così devastante? Per un secondo mi persi a un novembre di otto anni prima, quando Sammy tenne la varicella e non si presentò a scuola per più di venti giorni. All’epoca non capivo perché una volta arrivata a scuola la prima cosa che i miei occhi individuavano era la sua treccia bionda. Anche se con lei mi comportavo tremendamente, quando non c’era il mio cuore batteva più lentamente.
<< Jay, tutto bene? >>
La voce della protagonista dei miei pensieri mi fece rinsavire.
<< Hai perso la voce, Wallas? >> domandò Vic, facendomi dono di una delle sue occhiate colme di malizia.
Colpita nel vivo, appoggiai la chitarra a terra e mi alzai, allontanandomi dalle mie compagne.
Erano quasi le nove di sera, era tutto il giorno che provavamo ininterrottamente. Uscii all’aperto e per prima cosa estrassi una sigaretta dal pacchetto, accendendomela.
Non riuscire a capire il perché della mia reazione era la cosa più frustrante. Che diritto avevo per sentire la mancanza di una persona, se io non ero niente per lei? Sammy non era la mia ragazza, non era una mia amica, non era niente per me.
Non era niente per me… peccato che quella frase mi sembrava la più grande cavolata del mondo.
<< Pausa sigaretta? >>
Colei su cui rimuginavo, ruppe il silenzio ed io annuì senza guardarla in viso. Non volevo vi leggesse quello che stavo provando in quel momento: il mix perfetto tra confusione, rabbia e tristezza.
<< Sai… nella mia vita non ho mai fatto nemmeno un tiro >> affermò la ragazza, forse per iniziare una conversazione.
Io aspirai impassibile, senza proferir parola.
<< Ho sempre avuto dei buoni amici, ma non uscivo molto di casa… Sai, sono sempre stata il tipo di ragazza che alle feste preferisce starsene nell’angolo con una Coca-Cola anziché un drink >> continuò la bionda, appoggiandosi al muro di fianco a me.
Ascoltavo in silenzio. Me ne stavo appoggiata a quel muro, fissandomi le scarpe, proprio perché non sapevo in che modo avrei potuto reagire incrociando i suoi occhi verdi.
Dopo alcuni istanti, mi chiese:
<< Jay… cosa c’è che non va? >>
Gettai a terra la sigaretta, giunta ormai al filtro. << Nulla >> risposi alzando la testa, ma evitando di incrociare il suo sguardo.
<< Non mi sembra così… >> mi contraddisse, sicura di quell’affermazione.
Drizzai la schiena, colta nel vivo un’altra volta. Perché quella ragazza era capace di destabilizzarmi, gettando a terra ogni barriera innalzata apposta per difendermi dal mondo esterno? Perché, anche quando non era presente fisicamente, il pensiero di lei s’insinuava nella mia testa, invadendola inevitabilmente?
In quel momento feci la cosa che mi riusciva meglio. << Credi sempre di sapere cosa sto pensando, ma non è così >> ribattei con irritazione, eludendo come sempre i suoi occhi.
Dette quelle parole, come se fosse stata la cosa più normale del mondo, me ne andai via da lì… via da lei.
 
<< E Jay? >>
Non appena entrai all’interno della sala, Vic si rese conto che dietro di me non c’era il motivo per il quale pochi minuti prima ero uscita.
<< Se n’è andata >> dissi, lasciandomi cadere esausta nella poltrona.
<< E non le sei corsa dietro? >> chiese la mia amica, come se niente fosse.
Presa dall’esasperazione, scattai dicendo:
<< Perché avrei dovuto?! >>. Non riuscivo a credere alle sue parole.
<< Non l’hai ancora capito, eh? >> esclamò lei, per la prima volta seria in volto. << Ti sei diplomata con il massimo dei voti, sei sempre stata la migliore della classe, ma a volte sei proprio tonta… >> continuò, scuotendo la testa.
<< Sul serio, non ti seguo… Poi, perché prendi le sue parti? Che motivo c’era per reagire così? >> cercai di farla ragionare.
Non era la prima volta che una scena del genere si ripeteva.
<< Non prendo le sue parti, Sammy… E davvero non capisci perché ha reagito così? >> domandò infine, insicura se continuare.
Io, paralizzata, la guardai e le feci cenno di andare avanti.
<< Stasera ha reagito così perché tu partirai per una settimana… Credo che le abbia dato fastidio saperlo così >> spiegò, con fare meditabondo.
<< Vic, sul serio, non ti seguo >> continuai, testarda. << Perché mai gli dovrebbe interessare una cosa del genere? Parliamo di Jay, se il mondo finisse domani, a lei non fregherebbe niente! >>
Il suo sbuffare riempì la camera. << Oh, sveglia Sammy! Le piaci! >> esclamò felice, forse di essersi liberata di quel peso.
Nel momento in cui Vic pronunciò quelle parole, capii che molto probabilmente non ero ancora pronta per quella realtà. Certo avevo intuito i gusti di Jay, non era difficile farlo date le voci che giravano a scuola, le foto su Twitter, ma soprattutto le sue canzoni. In quella settimana io e Jay avevamo condiviso momenti davvero profondi. I più belli erano proprio quelli in cui restavamo per ore e ore, anche a notte inoltrata, a leggere le nostre canzoni. Non avevo mai pensato che si potesse conoscere una persona in maniera così profonda dal testo di una canzone… Ogni parola che leggevo mi permetteva di conoscere sempre più quella ragazza misteriosa, ed erano proprio quelle parole che me la facevano piacere ancora di più ed era proprio questa la cosa che più mi sconcertava. Come era possibile una cosa del genere? Perché proprio Jay? Perché proprio lei?
<< Questa è una follia >> sussurrai, ma quelle parole suonarono false persino a me.
<< Sammy, quanti anni sono che ti conosco? Dieci? Forse undici? Certo, probabilmente non avrei mai detto che ti potessero piacere le ragazze, ma è chiaro che provi qualcosa per Jay >> affermò. Se prima era sembrata titubante, ora era del tutto sicura di sé.
Probabilmente le mie guancie erano diventate più rosse delle fiamme di un incendio, e la saliva mi si era sicuramente seccata in gola. Dalla mia bocca non usciva nemmeno una parola, perché tutto quello che volevo fare era negare, negare e ancora negare quanto appena detto dalla mia amica… ma non potevo farlo.
Perché una parte di me sapeva che negare equivaleva a mentire.
 
Ancora una manciata di minuti, e poi saremmo salite sul palco. Prima della mia fuga dalla sala prove il giorno prima, non aveva fatto altro che prepararci per quella serata.
Stavamo per salire sul palco del Pete’s candy store, questo piccolo locale alternativo di Brooklyn, nel quale erano anni che andavo a sentire gruppi su gruppi suonare, sperando che un giorno ci sarei potuta salire anch’io.
Mancavano davvero una manciata di minuti. Vedevo Vic davanti a me, stranamente serena e alle prese con alcuni esercizi vocali. Io me ne stavo in un angolo, intenta ad accordare la mia chitarra già accordata, giusto per mascherare l’agitazione. Non capivo però, a cosa quest’ultima fosse dovuta? Era ansia da prestazione pre-esibizione? Oppure ero in ansia perché Sammy ancora non c’era?  Dov’era finita quella ragazza? Da quando la conoscevo, non aveva mai tardato nemmeno una volta. Era la puntualità fatta persona quella ragazza, tanto era pignola.
Avevo saputo da Vic che il mattino dopo avrebbe dovuto prendere l’aereo per ritornare dai suoi genitori.
Non potevo ancora credere alla mia reazione del giorno prima… Mai mi ero comportata così, mai ero stata così infantile.
<< Vic, sono quasi le nove! Perché non la richiami?! >> chiesi per la terza volta in due minuti.
<< Ah, non ne uscirò viva con voi due >> esclamò lei in risposta, sospirando rumorosamente.
Stanca da quella situazione, mi alzai di scatto e inizia a comporre il suo numero. Uscì fuori e non appena aprì la porta con il telefono all’orecchio, mi scontrai con qualcuno.
Feci un passo indietro per vedere chi fosse la persona che mi aveva appena “investito” e…
<< Scusami >> mormorò Sammy, indietreggiando.
<< Scusami tu >> dissi, presa alla sprovvista.
Rimasi del tutto impalata davanti a lei, incapace di toglierle gli occhi di dosso: indossava un semplice vestito grigio perla, una cintura di pelle le stringeva la vita, mettendo in risalto il suo fisico asciutto e ben proporzionato, i capelli biondi, leggermente ricci, le cadevano morbidi sulle spalle, e… come sempre i suoi occhi brillavano come due smeraldi preziosi.
Ogni volta che il mio sguardo si soffermava sui suoi occhi, dopo mi risultava impossibile distoglierlo. Erano a dir poco magnetici, avrei potuto restarmene lì in piedi a fissarli per giorni interi.
<< Jay, ma sei tu che mi stai chiamando?! >> esclamò lei, guardando il display del suo cellulare.
<< Oh, scusami >>.
Immediatamente chiusi la chiamata, ma quando mi girai non potei fare a meno di notare lo sguardo di Vic che sogghignava spudoratamente.
Guadai l’orario: non avevo nemmeno il tempo di una sigaretta.
<< Allora, confermata la scaletta? >> chiese Sammy, chiaramente fissando Vic.
Da quando era entrata, non aveva ancora incrociato il mio sguardo.
<< Sì, sì. Iniziamo con i classici e finiamo con “Candy” >>.
Candy era la canzone di Paolo Nutini che avevamo provato il giorno prima. L’idea era stata di Sammy, le piaceva particolarmente quel cantate.
La voce del microfonista interruppe i miei pensieri. << Ragazze: trenta secondi! >>
In meno di un minuto di ritrovammo su quel piccolo palco, e sotto gli occhi dei ragazzi e delle ragazze presenti in sala, ci sedemmo sugli sgabelli al centro della scena.
Non so quanto tempo sarei riuscita a stare seduta, visto che odiavo suonare da seduta, ma ci avrei provato lo stesso.
Vic prese posizione tra me e Sammy, che analogamente a me, prese posizione sullo sgabello. Fissavo il profilo del suo viso, sotto quella luce fioca che le conferiva un’aria ancora più attraente del solito… sempre ammesso che fosse possibile.
Qualcosa l’avevo anche scritta quella settimana, ma Luke ci aveva consigliato di cantare solo cover. Nonostante tra noi si fosse istaurata subito un’ottima alchimia, era meglio se ci limitavamo a suonare dei classici.
Così ci esibimmo con alcune canzoni dei Rolling Stones, Pink Floyd e anche cover più recenti come alcune canzoni di Adele o dei King of Lion. Tranne per l’agitazione iniziale, le nostri esibizioni furono impeccabili. Luke ci guardava e i suoi occhi sorridevano tanto era felice. L’intesa tra noi tre era davvero formidabile, e il riscontro con il pubblico fu davvero positivo. Dopo la quarta esibizione, mi resi conto che mentre cantavo cercavo lo sguardo di Sammy, ma mai ero riuscita a incrociare i suoi occhi.
Lei guardava davanti a sé, senza mai distogliere lo sguardo dal pubblico, e non sembrava nemmeno accorgersi del mio cercarla. Non sapevo cosa fosse che mi spingesse a fissarla, forse davvero era semplicemente magnetica.
Quella serata era finita, mancava l’ultima canzone. Ci fermammo giusto un paio di secondi, il tempo che mi permise di prendere la chitarra elettrica all’ultimo momento.
<< Che stai facendo? >> chiese Sammy, non appena mi vide con quello strumento in mano.
<< Lo vedrai presto >> risposi, accennandole un sorriso.
Vic invece di farmi domande, si limitò a sorridermi incoraggiandomi.
Mentre cantavo, suonavo quella melodia bellissima, e pronunciavo le prime parole della canzone, non potei fare a meno di guardare Sammy. Questa volta, però, gli occhi verdi della mia compagna erano puntati nei miei, e vi potevo leggere mille emozioni diverse. Fu proprio questo mix di emozioni che mi sospinse a cantare il resto della canzone continuando a guardarla negli occhi. Il momento che stavamo vivendo era magico, ogni parola che pronunciavo era come una lama tagliente che mi lacerava lo stomaco provocandomi un piacevole dolore. Forse quel piacevole dolore lo stava vivendo anche Sammy, perché nonostante tutto i suoi occhi erano puntanti nei miei, non distogliendo così lo sguardo nemmeno una volta. La sensazione che avvertivo era quasi quella che di stare in una bolla, la nostra bolla.
“Oh, darling I’ll kiss your eyes” e avrei sul serio baciato i suoi occhi, forse l’avrei fatto senza interruzioni per ore intere, “And lay you down on your rug” le avrei sul serio rimboccato la coperta prima di andare a dormire, magari le avrei anche posato un bacio sulla fronte, “Just give me some candy after my hug” perché volevo davvero stringerla a me per non lasciarla più andar via.
Questi pensieri accompagnavano senza sosta le mie parole, ed ero consapevole che sul mio viso si potesse leggere la verità dentro di esse, ciò lo capivo dallo sguardo consapevole di Sammy, che nonostante tutto però non accennava a distogliere gli occhi dai miei.
Forse era semplicemente la canzone, ma per la prima volta, sul suo viso potevo cogliere lo stesso desiderio che era presente in me.
“Oh I’ll be there waiting for you”. Quanto erano vere quelle parole. L’avrei aspettata, non sapevo cosa avrebbero significato, ma mi resi conto solo in quel momento che ci credevo sul serio.
Non appena la canzone fu terminata, fummo letteralmente sommerse dagli applausi delle persone in sala. Luke dall’angolo delle sala aveva assistito a tutto lo spettacolo, e lo potevo guardare sorridere soddisfatto.
Ricambiai il suo sorriso, dopo di che il leggero abbraccio di Vic, che sorrideva anche lei orgogliosa. Mi voltai verso Sammy, per condividere questo momento anche con lei, ma quando mi girai non la vidi più.
Mi voltai di scatto nella sala in cerca della sua chioma bionda non difficilmente individuabile. Tanto vero che la vidi dirigersi verso una porta del locale ad altissima velocità e prima ancora di pensare razionalmente a quello che stavo facendo, mi ritrovai intenta a seguirla, o meglio, a correrle dietro. Solo quando giunsi davanti a quella porta realizzai che era il bagno del locale.
Non appena entrai la trovai davanti allo specchio intenta a strofinarsi gli occhi, asciugandosi probabilmente delle lacrime.
<< Sammy… Perché piangi? >> le chiesi, facendo un passo verso la sua direzione.
<< Non sto piangendo >> disse, ma la sua voce era rotta, segno che stava per scoppiare.
Non sapevo che fare. Non mi ero mai ritrovata in una situazione del genere, non ero brava a consolare le persone… Non ero semplicemente brava con le persone. Così non dissi nulla, mi limitai ad avvicinarmi di un altro passo e feci una cosa che non avevo mai fatto in vita mia: l’abbracciai.
In un primo momento il corpo di Sammy divenne rigido al contatto con il mio, ma dopo pochi istanti la sentì completamente abbandonarsi a me, e la sua testa si conficcò nel mio collo.
Non sapevo che fare, non sapevo come comportarmi, quel gesto era partito da me e non me ne capacitavo. Non so quanto tempo trascorremmo in quella posizione, i singhiozzi di Sammy che erano stati soffocati dal mio collo si erano adesso attutiti, e il suo respiro era tornato lentamente regolare.
<< Va meglio? >> chiesi titubante.
Il suo respiro si era attutito, ma il mio cuore batteva ad intervalli troppo veloci, e temevo seriamente che potesse uscirmi dal petto da un momento all’altro.
<< Sì >> rispose, allontanando il viso di qualche centimetro. << Grazie, Jay >> .
Fu proprio in quel momento, quando pronunciò il mio nome a pochi centimetri dal mio viso che non resistetti: senza darle nemmeno il tempo di capire quello che stava accadendo le sue labbra si ritrovarono a contatto con le mie.
Durò pochi secondi, non era stato un bacio, ma uno scontro. Lei mi guardò con occhi spalancati, in un chiaro stato di shock. Non ci misi molto a realizzare quello che avevo appena fatto.
<< Scusami >> boccheggiai con voce spezzata, prima di scappare via.
 
 
 
 
NOTE AUTRICE :
 
Ed ecco qui il decimo capitolo! Scommetto che molti di voi avevano perso ormai le speranze..!
Questo capitolo è stato un po’ sofferto rispetto a gli altri, nei giorni passati l’ispirazione aveva deciso di abbandonarmi a me stessa (cosa non buona) ;/ Fortunatamente è ritornata da poco e già sono a lavoro per un prossimo capitolo.
La storia è entrata ormai nel vivo. Nel prossimo capitolo ci sarà la tanto attesa “svolta”.. Spero che vi piaccia la direzione che ha preso la storia.
Come sempre ringrazio a chi ma inserito la storia tra le preferite, ricordate e seguite. Siete davvero in tanti :3
Un grande ringraziamento va a chi recensisce, perché con semplici parole mi spronate e stimolate a pubblicare più velocemente. Ma un ringraziamento speciale va alla mia Beta che con tanta pazienza sta donando a questa storia quel qualcosa in più di cui aveva bisogno.
Colgo l’occasione per dirvi che i primi capitoli verranno sostituiti da versioni leggermente modificate e corrette, quindi se volete darci un’occhiata … ;)
Non voglio annoiarvi più del solito vi mando un bacione.
Alla prossima ;)


 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Kiss me like you wanna be loved, Wanna be loved, Wanna be loved ***


CAPITOLO 11

Kiss me like you wanna be loved, Wanna be loved, Wanna be loved


Non so quanto tempo era trascorso dal chiudersi di quella porta. 
Era accaduto tutto così velocemente, che quasi facevo fatica a credere che fosse accaduto realmente. 
Noi tre, le nostre voci, le nostre chitarre, gli applausi del pubblico, il sorriso compiaciuto di Luke … Poi il suono della chitarra elettrica di Jay, la sua voce, il suoi occhi che per la poca luce erano diventati grigi, il suo sguardo su di me mentre cantava quelle parole. 
Ero andata in tilt. In completo tilt.
 Il cuore mi era salito fin sopra la gola, nelle mie vene scorreva adrenalina pura, mi sentivo come se stessi per esplodere da un momento all’altro. 
Poi la mia corsa verso il bagno, quelle lacrime calde che non cessavano di scendere, la voce di Jay di nuovo vicina, la sua espressione confusa ma terrorizzata, le sue braccia esili ma forti al tempo stesso intorno a me e infine le sue labbra. 
Era durato un attimo. Non so valutarlo in termini di tempo. Poteva essere stato un secondo quanto un minuto. 
Le nostre labbra si erano inevitabilmente scontrate, in uno scontro voluto da entrambe. 
Solo in quel momento mi resi conto di quello che avevo implicitamente ammesso. 
Solo in quel momento realizzai che io, quello scontro, l’avevo desiderato eccome … Non riuscivo a credere a quanto appena ammesso, mai nella mia vita avevo creduto possibile una cosa del genere. 
La verità però a quanto pare, era diventata troppo opprimente. Non riuscivo più a mascherare quella realtà che cercava di emergere inesorabilmente. 
Perché quel momento lo attendevo da tempo. Forse più di quello che pensavo. 

“Che cazzo ho fatto?!”
Quel pensiero non smetteva di tormentarmi. Aveva invaso la mia testa un secondo dopo che le mie labbra si erano posate sulle sue. Le sue. 
No, no. Come era possibile? Potevo essere stata così stupida?
La risposta purtroppo era chiara e semplice. Si. 
Si, lo ero stata. Molto probabilmente in tre dannati secondi avevo buttato al vento il mio rapporto con Sammy, la mia carriera da musicista, quella del nostro gruppo, la felicità di Luke e una bellissima serata. 
E poi la gente ancora si chiedeva che problemi avesse Jay Wallas … 
Ero uscita da quel locale ad una velocità impressionante. Uscendo mi ero scontrata con un Luke confuso da quella situazione. Lui mi aveva sorriso e aveva teso la mano aspettando che gli battessi il cinque, ma io avevo la testa troppo sovraccarica anche solo per battere un cinque. 
In quel frastuono più totale ero a stento riuscita a prendere la mia chitarra per poi uscire da quel locale. Erano in molti i ragazzi e le ragazze che mi avevano fermata per farmi i complimenti e per chiedere informazioni sulle prossime date e sull’eventuale progetto in corso. 
Io avevo risposto utilizzando per lo più monosillabi, il desiderio di fuggire da lì era troppo forte. 
Fortunatamente avevo deciso all’ultimo momento di recarmi al locale con la moto, così dopo essermi messa la chitarra sulle spalle non ci misi molto a mettere in moto ed andarmene via da lì. 
Sapevo già dove andare. 



<< Luke! >> Finalmente una faccia familiare. Ci avevo messo un po’ per uscire da quel bagno, ma non appena lo feci fui sommersa da gente che mai avevo visto in vita mia, gente che mi riempiva di complimenti e domande. 
<< Ehi, piccola! Dove eri finita? >> Chiese il nostro manager leggermente preoccupato. Mi guardai attorno con espressione sicuramente confusa. 
Alle spalle dell’uomo davanti a me, c’era la mia migliore amica attorniata da gente. << Sia tu che Jay avete lasciato solo Vic sul palco! >> Disse l’uomo confuso. 
<< Si, lo so >> Feci infastidita dalla musica ad alto volume che avevano da poco messo. << Scusami Luke, dov’è andata Jay? >> Chiesi con una notevole accelerazione cardiaca. 
<< Bella domanda! E’ uscita prima di te ed è corsa via >> Affermò perplesso. 
<< Okay, grazie Luke! >> Gli dissi prima di andare via anche io. 
Non mi soffermai nemmeno a salutare Vic e non mi soffermai nemmeno a prendere la mia chitarra acustica, sperando che ci avesse pensato la mia amica. 
In meno di trenta secondi mi ritrovai fuori al locale. Mi guardai intorno ma della ragazza dai capelli corti non c’era traccia. 
Una parte di me era terrorizzata all’idea di rivederla, di parlarci mentre l’altra parte di me non desiderava altro che poterla anche solo sfiorare. 
Non so come, ma all’improvviso mi ritrovai a sorridere da sola come un ebete. Non potevo credere a quanto appena accaduto. Fino al giorno prima quei pensieri che ora mi invadevano la testa mi sarebbero apparsi vere e proprie assurdità. Adesso invece non potevo fare a meno di sorridere.
Mentre la mia testa era impegnata in quel trip tutto suo, il mio corpo si muoveva in automatico e in meno di qualche istante e senza che me ne rendessi conto mi ritrovai seduta in un taxi. 
<< Dove la porto signorina? >> Una donna anziana mi guardò dallo specchietto retrovisore con un sorriso bonario. 
<< Coney Island >>  Affermai sicura di me. 

Nonostante non l’avessi mai detto la nonnina andava ad una velocità davvero elevata e in pochissimo tempo mi ritrovai in quel posto che per un certo verso aveva rappresentato il mio punto di svolta. 
In quella spiaggia dalle labbra di Jay, per la prima volta, erano uscite le parole “Three guitars wet”, in quella spiaggia per la prima volta avevo davvero creduto nel mio futuro, in quella spiaggia avevo realizzato che era solo Jay che volevo. 
Dopo aver pagato l’anziana signora mi guardai intorno, cercandola. 
Ero talmente sicura di trovarla li che non avevo minimamente pensato all’eventualità di non trovarla. 
Fortunatamente a quella eventualità non dovetti pensarci nemmeno un istante, perché lei era proprio lì davanti a me. 
Mi dava la schiena, era seduta su un tronco d’albero che avrebbe potuto esser scambiato per una vera e propria panchina naturale. Lo stesso tronco d’albero dove nemmeno due settimane prima io e Vic eravamo sedute aspettando di scorgere una chioma scombinata.  
La leggera brezza marina le scompigliava i corti capelli neri perennemente disordinati. La sua pelle scura non era ben visibile a causa della poca luce. La luna infatti illuminava la sua camicia a quadri nera e bianca. 
Rimasi li ferma per qualche minuto. Quella ragazza era un vero e proprio magnete per me. Anche se non la stavo guardando in volto, limitandomi ad osservare le sue spalle e la sua schiena non potevo far a meno di fissarla. 
Dalla posizione in cui stava capì che stava suonando. Quando mi avvicinai non riconobbi il suono di quella canzone. Forse stava componendo qualcosa … Forse stava semplicemente strimpellando.
Ero a pochi passi da lei quando si voltò. 
Sul suo viso si dipinse immediatamente un espressione sorpresa. I suoi occhi grigi spalancati per lo stupore mi fecero capire che l’avevo decisamente presa alla spovvista. 
<< Che ci fai qui? >> Mi chiese voltandosi completamente nella mia direzione. 
Nel momento in cui la sua voce ruppe quel silenzio, mi resi conto che non avevo minimante pensato a cosa dirle, a cosa fare. 
<< Come hai fatto a trovarmi? >> Chiese lei scrutando il mio viso. 
E furono proprio quelle parole a riportarmi alla realtà. Una realtà che ad ogni secondo che passava, capivo star realizzando sempre di più. 
Vidi la ragazza di fronte a me inarcare le sopracciglia chiaramente più confusa che mai. 
Fu proprio la sua confusione a ridestarmi. << Lo sapevo che ti avrei trovata qui >> Affermai e forse dopo diciannove anni la mia voce era totalmente decisa. 
Le sue labbra si incurvarono nel suo classico sorrisino sghembo, quel sorrisino che era capace di prenderti per il culo ma allo stesso tempo di farti innamorare. Innamorare?
<< Non devi prendere un aereo fra qualche ora? >> Mi chiese alzandosi e facendo un passo verso di me. 
Giusto un passo. La vedevo sorridere ma mantenere le distanze, quasi come se avesse paura che io scappassi da un momento all’altro. 
<< Non vado da nessuna parte >> Affermai con la massima decisione. 
Fu proprio quella decisione che la destabilizzò. I suoi occhi grigi a causa del buio mi guardavano perplessi. 
<< Sammy … >> Sussurrò lei e il suo sguardo scivolò verso il basso quasi come se avesse paura di dire quello che sentiva. << Non dovresti essere qui >> Esclamò con poca convinzione. 
Feci due passi lenti verso di lei poi un idea mi venne improvvisamente. Estrassi il cellulare dalla tasca e cercai la canzone a cui avevo pensato. 
<< Che stai facendo? >> Chiese lei confusa.
<< Aspetta >> Feci io e non appena i primi accordi provenienti dalla chitarra di Ed Sheeran partirono appoggiai il cellulare sul tronco alle sue spalle. 
<< Dimmelo di nuovo >> Feci ritornando nella posizione di prima. 
<< Cosa dovrei dirti? >> Chiese lei ancora più confusa da quella situazione. 
<< “Non dovresti essere qui” >> Feci imitando la sua voce profonda. 
Jay alzò il sopracciglio esterrefatta. << Da quando siamo arrivate al punto “imitazioni”? >> Chiese con un sopracciglio alzato, abilità non da tutti.
<< Dai, Jay! Stai rovinando il momento! >> Feci esortandola. 
<< Non dovresti essere qui >> Disse sbuffando. 
Non appena rincontrai i suoi occhi ritornai seria. << Questo è proprio il posto in cui devo essere, in tutta la mia vita non ne sono mai stata così certa >> Affermai sostenendo il suo sguardo. 
<< Perché hai messo questa canzone? >> Chiese non tirandosi indietro quando le sfiorai il braccio con le dita. Nel frattempo “Kiss me” di Ed Sheeran ci stava cullando in quel momento quasi surreale.
<< Vic mi ha detto che sono poco intuitiva … Ma tu sei di gran lunga peggiore di me >> Esclamai avvicinandomi a lei ed esattamente come un ora prima riuscivo a sentire il suo fiato sul mio viso. 
<< ”Settle down with me, and I’ll be your safety, you’ll be my lady” >> Non riuscì a non pronunciare quelle parole che uscirono dalla mie labbra prima che me ne rendessi conto. 
Gli occhi grigi di Jay divennero in pochissimi secondi consapevoli e l’ultima cosa che vidi prima che il suo viso mi fu troppo vicino furono le sue labbra incurvarsi in un sorriso. 
Il bacio fu del tutto diverso da quella specie di “scontro” che c’era stato poco più di un ora prima. Non vi era né rabbia né fretta. Non vi era urgenza. 
Le nostra labbra si incontrarono anziché scontrarsi. 

Quello che era appena accaduto era assurdo. Completamente assurdo. 
La cosa ancora più assurda era che stava continuando ad accadere. 
La mia schiena era appoggiata a quel tronco d’albero in direzione del mare. Ma non guardavo quest’ultimo. 
I miei occhi erano tutti per la ragazza che stava seduta al mio fianco, non riuscivo davvero a distogliere lo sguardo. 
<< Lo stai facendo di nuovo >> Mi fece notare lei per la seconda volta in pochi minuti. 
<< Scusa >> Risposi di nuovo. 
Lei arrossì e sorrise di nuovo. Ce ne stavamo lì, appoggiate a quel tronco, sedute sulla sabbia fredda. 
Senza proferire parola, le nostre spalle a stento si sfioravano e di tanto in tanto i nostri sguardi si incrociavano. 
Mentre il mio stomaco era ancora in subbuglio per quello che era accaduto pochi istanti prima, Sammy sembrava del tutto rilassata, se ne stava tranquilla seduta su quella sabbia a giocherellare con il mio anello, un piccolo cerchietto nero, che mi aveva abilmente sfilato giustificandosi con un sorrisino che mi aveva tolto ogni diritto di replica. 
<< Puoi tenerlo se vuoi >> Le dissi per il solo pretesto di ritornare a guardarla e non essere richiamata. 
<< Davvero? >> Mi chiese alzando anche lei lo sguardo. << Non rappresenta niente di importante? >> . 
<< Nah, è solo un portafortuna. Sta meglio a te >> Dissi tornando a fissare il mare davanti a me. 
Nel momento in cui mi girai sentì una lieve pressione sulla mia guancia sinistra. 
<< E questo? >> Chiesi riferendomi al piccolo bacio che mi aveva appena dato. 
<< Era per ringraziarti >> Rispose alzando le spalle. 
<< Buono a sapersi >> Feci e i suoi occhi verdi si illuminarono. << Non aspettarti che sia io a mettertelo però >> Affermai facendole l’occhiolino. 
Sorridendo si mise l’anello al pollice della mano sinistra. 
La mia parte razionale non poteva non costatare l’assurdità di tutta quella situazione. Fino a qualche secondo fa credevo impossibile associare me e l’idea di un bacio romantico sulla spiaggia con tanto di canzone romantica. Una parte di me non riusciva ancora a credere a quello che era appena successo, una parte di me non poteva credere che quella ragazza al mio fianco fosse proprio Sammy. 
La Sammy per cui, anche se ammetterlo non è facile, ho sempre avuto una “cotta”, la Sammy a cui mai, e ribadisco mai, avrei pensato potesse essere interessata a me. 
La mia parte irrazionale, invece, non voleva altro che aumentare il contatto tra noi due. Avevo voglia di stringerla, di affondare il viso nei suoi capelli e chiudere gli occhi, avevo voglia di baciarla e non una sola volta. 
<< Hai freddo? >> Chiesi vedendola rabbrividire all’improvviso. Nonostante fosse piena stagione, la brezza marina era fredda e faceva rabbrividire anche le mie braccia nude. << Ho una felpa nel bagagliaio della moto, te la porto? >> Le domandai riconoscendo a stento quella me follemente premurosa. 
Forse lei pensò la stessa cosa perché dopo un attimo di stupore fece un sorriso, un sorriso che mi riscaldò completamente. << No, ma potresti scaldarmi in un altro modo >> Affermò titubante facendosi ancora più  vicina per poi appoggiare la testa sulla mia spalla. 
<< Vieni qui >> Dissi allargando le mie braccia in un chiaro invito che lei non rifiutò. 
Si, è vero. Forse ero del tutto impazzita, ma se questa era la pazzia avrei voluto essere definita pazza per il resto della mia vita. 

Non so per quanto tempo rimanemmo in quella posizione. La mia schiena poggiava scomodamente al tronco mentre quella della ragazza bionda poggiava sul mio corpo e la sua testa se ne stava comodamente adagiata tra l’incavo del mio collo e la spalla. Con una mano mi reggevo in quella posizione mentre con l’altra sfioravo con estrema lentezza il suo braccio destro. 
Seppur scomoda sarei potuta rimanere ore e ore in quella posizione senza stancarmi mai. Non so per quanto tempo avevo desiderato stare a stretto contatto con quel corpo caldo e adesso che i suoi capelli sfioravano il mio viso, e che il suo odore mi stuzzicava le narici, non riuscivo a non pensare a come la mia vita stesse inesorabilmente cambiando. 
<< Jay? >> Adoravo quando pronunciava il mio nome. << Posso chiederti una cosa? >> Chiese sfiorando le mie dita. 
<< Quello che vuoi >> Dissi immediatamente senza soffermarmi a pensare. 
<< Vuoi raccontarmi la tua storia? >> Mi accorsi dal tono della sua voce che era stata molto combattuta sul pormi quella domanda. D’altronde me l’aspettavo, era innegabile. 
Tuttavia non sapevo se fosse una buona idea metterla a conoscenza di tutto il mio passato … Che idea si sarebbe fatta di me? A prevalere però fu la parte razionale. Non potevo mentire, non a lei. 
<< Cosa vuoi sapere in particolare? >> Chiesi stringendo dei granelli di sabbia fra la mano. 
<< Ogni cosa >> Disse lei voltandosi per guardarmi dritto negli occhi. 
I suoi occhi erano sinceri, spalancati e curiosi. Aspettava in silenzio che io le dessi le risposte per le quali aveva tanto insistito. Guardando quegli occhi non potetti fare a meno di soddisfare le sue richieste e pensare che molto probabilmente quella non sarebbe stata l’ultima volta. 
<< Voglio darti tutte le risposte che vuoi, però ho bisogno che sia tu a farmi domande … Non sono brava nel raccontare storie tanto meno la mia >> Dissi giocherellando con la sabbia. 
<< Okay … Risponderai sempre? >> Chiese insicura. 
<< Voglio essere totalmente onesta con te. Meriti di sapere certe cose … Devo darti la possibilità di scegliere bene la persona con cui stare >> Dissi quelle parole guardando le sue scarpe. In quel momento in me vi era una lotta senza fine. Una parte di me voleva evitare di rispondere a quelle domande mentre l’altra parte voleva raccontare anche il più insignificante dettaglio della mia vita a quella ragazza. In quel momento, tuttavia, un sentimento dominava la scena: la paura. Paura di perderla, paura che tutto quello che stavo vivendo potesse sparire da un momento all’altro. 
<< Penso che potresti dirmi qualsiasi cosa in questo momento … Quello che voglio non cambierebbe comunque >> Esclamò sicura di se. Fu proprio quella frase ad esortarmi e farmi andare avanti. 
I suoi occhi verdi mi trasmisero il coraggio necessario per iniziare quel discorso. << Allora … Partirò dall’inizio. Non ho mai conosciuto la mia famiglia >>. 
Esordì con quell’affermazione. I suoi occhi verde bottiglia erano fissi nei miei e non mi lasciavano nemmeno per un istante. Una mano stingeva la mia e forse quella stretta, che costituiva un appiglio a quella realtà, mi diede la forza necessaria per continuare quella storia che non aveva mai avuto altro ascoltatore che Luke. 
<< Da bambina fui abbandonata in una casa famiglia … Non ricordo molto bene quegli anni, ero davvero troppo piccola. Fatto sta che fui adottata molto presto. Fui affidata ai Kennett. Una famiglia perfetta apparentemente. Purtroppo quella perfezione la si riscontrava solo sulla carta e quella però non fu l’unica famiglia a cui fui affidata. Ho perso il conto delle famiglie in cui ho vissuto, sul serio … In parte sarà stata sfortuna, in parte ero io, ma delle famiglia a cui sono stata affidata fino ai miei sedici anni nessuna mai era stata considerata per me tale >> Non riuscivo a raccontare la storia sostenendo il suo sguardo. Così intervallavo tra la sabbia e il verde dei suoi occhi. 
<< Sapevo che non avessi avuto una vita facile … >> Esclamò la ragazza bionda sfiorando per un istante la mia guancia con le punta delle dita. 
Chiusi gli occhi sotto quel tocco delicato e ispirai profondamente per riprendere la storia. << Gli anni passavano e io mi rendevo conto ogni giorno di più che non avevo nessuno. Non credo che una bambina potesse accumulare tanta rabbia quanta ne avevo io in corpo … Così, inevitabilmente, me la prendevo con altri. Fatto sta che intorno ai quattordici anni iniziai a cambiare radicalmente. Mi iniziai a chiedere, dopo tutto quel tempo, il “perché” fosse capitato tutto a me. Vedevo le ragazze della mia età e non avevano nemmeno un quarto dei problemi che avevo io. Quando loro tornavano a casa avevano un padre che le baciavano la fronte e una madre che metteva il pranzo a tavola. Io, invece, ero costretta a tornare in una casa che non sentivo mia, da un “padre” che beveva in ogni momento del giorno e che sfogava le sue frustrazioni sulla sottoscritta, e di una “madre” che non faceva niente quando il marito si sfilava la cintura per poi scaraventarla sulla mia schiena >> Mi sorpresi dal tono in cui stavo raccontando quella storia. 
Come se non fosse stata la mia, come se stessi ripetendo casi di cronica sentiti al telegiornale. La verità era che dopo il suo tocco, la sensazione di poter fare qualsiasi cosa si era impadronita di me.
<< Fu in questo periodo che iniziai a frequentare una compagnia non propriamente buona … >> Dopo queste parole il mio sguardo si incupì. Ricordare quei momenti non era molto piacevole. 
<< Gran parte di questa storia, credo che tu la sappia >> Dissi con voce sicura. 
Lei annuì lentamente. << Ho fatto tante di quelle cazzate in quel periodo che una persona sana di mente non farebbe in una vita intera ... Mi lanciavo in ogni tipo di rissa, le corse con le moto, sono andata in overdose due volte … La verità è che stavo male, terribilmente male. Anche l’unica cosa che mi aveva sempre aiutato nella mia vita, la musica, mi faceva star male.  
Scrivere una nuova canzone mi aiutava in quei momenti, la penna dava sfogo a quello che sentivo dentro ma al col tempo non faceva altro che amplificare il tutto. Il dolore aumentava e insieme ad esso aumentavano anche i tatuaggi sulla mia pelle. Paradossalmente alcuni di essi li ho tatuati sulla mia pelle per ricordarmi di dimenticare … >> La mia voce tremava ma volevo continuare, doveva sapere. 
<< Jay … Non continuare se non te la senti. Lo capisco >> Fece lei come se mi avesse in un certo senso letto nel pensiero. 
<< Voglio arrivare al motivo di questo >> Le dico indicando il mio polso sinistro. 
Sammy guardò con molta attenzione il polsino nero di pelle che indossavo in quel momento poi ritornò ai miei occhi. << E’ quello che penso? >> Chiese e i suoi occhi brillavano sotto la luce lunare. 
Io non le risponsi ma con estrema lentezza slacciai quel braccialetto che a stento toglievo la notte. 
Sentì Sammy trattenere il fiato e non ebbi il coraggio di guardarla in viso. Fissavo la lunga e doppia cicatrice che percorreva l’intero polso e per la prima volta nella mia vita mi sentivo vulnerabile. 
Non so quanto tempo trascorse prima che il silenzio fu spezzato da Sammy. 
<< Jay >> Pronunciò soltanto dopodiché con estrema delicatezza la ragazza del Tennessee mi prese il polso e come se niente fosse poggiò le sue labbra su quella cicatrice. 
Nel momento in cui le sue labbra si adagiarono sul mio polso fui capace di percepire il sangue scorrere più velocemente nelle vene. 
Alzai gli occhi e restai del tutto impietrita. Fu in quel momento che sentì l’elettricità prendere il possesso del mio corpo. 
Volevo continuare a parlare ma la lingua sembrava essersi attaccata al palato e le mani mi iniziarono a sudare. 
I suoi occhi verdi tornarono ad incastrarsi nei miei lucidi per quelle lacrime che mai avevo la forza di versare. 
<< Non so spiegarti alla perfezione le dinamiche di questo mio atto. So solo che ero arrivata al limite, Sammy. Al punto di non ritorno. Avevo trovato la mia vera famiglia … Stesso quel giorno scoprì che mia madre era deceduta in un incidente stradale l’anno prima e mio padre, invece, si trovava in carcere con accusa di omicidio. Tornai a casa in motorino, era mattina ed ero già ubriaca. Una volta arrivata a casa presi lo zainetto che tenevo nascosto sotto al letto e consumai tutto quello che tenevo all’interno. Stavo completamente fuori ma ero ancora lucida quando presi la decisione di farla finita >> La mia mascella era completamente contratta e le mie mani avrebbero tremato se non ci fossero state quelle di Sammy a stringerle. 
<< Sai la cosa più buffa qual è? Che non appena vidi il sangue scorrere a flotti dal mio polso svenni. Non ho tenuto nemmeno la forza di farla completamente finita >> Esclamai con un sorriso amaro. 
<> Sammy pronunciò il mio nome con un’infinita dolcezza. << Sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto >>.  


NOTA AUTRICRE: 
Lo so, lo so. Saranno trascorsi secoli dall’ultimo aggiornamento e credo che scusarmi sia non abbastanza. Non voglio aggiungere altro, spero che ci siano persone che ancora seguono questa storia. 
Se ci siete battete un colpo e ditemi la vostra su questo capitolo :3
Spero di pubblicare il più presto possibile (magari nei primi giorni di Marzo). 
Alla prossima ;) 

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