Green Lane 17

di Trich
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** “La vecchina sembrava così innocua” ***
Capitolo 2: *** “Sai perché la gente non compra caffettiere invisibili?” ***
Capitolo 3: *** “Tornerà come nuovo- be’, quasi-’’ ***



Capitolo 1
*** “La vecchina sembrava così innocua” ***


 
“La vecchina sembrava così innocua”
 
 
La prima volta che accadde si erano trasferiti da poco nella nuova casa. Steccato bianco e cassetta della posta,  proprio così. Stavano disfacendo l’unico scatolone che avevano portato dalla villa dei Tyler, pieno di cianfrusaglie che Rose aveva raccolto nel tempo passato nell’universo 2.0, quando il campanello suonò. Se in un primo momento il Dottore aveva pensato ad un’irritante Jackie pronta per un ulteriore round di “Be’, se proprio volete andare a vivere insieme, sappiate che mi aspetto dei nipotini prima della fine dell’anno! Non pensate mica che io sia stupida, so bene cosa facevate dentro quella cabina… Più grande all’interno… Bah! Tutte scuse, alieno perverito che non sei altro…”, dopo un attimo di riflessione si rese conto (non senza un sospiro di sollievo) che quella non era la solita scampanellata di cinque secondi made-in-Jackieland che precedeva sempre il suo arrivo.
Nonostante queste riflessioni, aprì la porta con cautela. La prima cosa che notò furono le scarpe, un paio di pantofole viola vecchio stile che coprivano quasi per intero la scritta di benvenuto dello zerbino. La proprietaria delle scarpe, una signora dai capelli bianchi ed una specie di kimono orientale, era in piedi di fronte a lui, con un recipiente circolare tra le mani.
“Buongiorno,” sorrise gioviale. “Sono Miss Maple. Abito nella casa accanto”. Indicò la suddetta casa con un cenno della testa, poi avvicinò il piatto coperto di carta argentata al Dottore.
Lui lo osservò pensieroso per un attimo, poi allargò la bocca in un sorriso esaltato. “Splendido! Semplicemente splendido! E io che pensavo che questo genere di cose accadessero solo nei film. È incredibile quante cosa si possano scoprire in questo modo! È così casalingo! Cos’è, una torta? Geniale, davvero. E immagino l’abbia fatta lei? Per darci il benvenuto nel quartiere? Ma è meraviglioso! È passato parecchio tempo dall’ultima volta che qualcuno mi ha regalato una torta. Non ci avevo mai pensato prima, ma probabilmente è proprio questo, ciò che mi mancava! Una torta!”
Miss Maple lasciò il piatto nelle sue mani. “Sì, ehm, benvenuti nel quartiere. Spero che vi troverete bene, qui…”. Con aria titubante, si avviò lungo il vialetto che portava fino al cancello pitturato di fresco.
"A presto!" la salutò felice il Dottore, chiudendo di nuovo la porta.
“Rose!” chiamò, raggiungendola di nuovo nella cucina. “Miss Maple ci ha portato una torta!”
Rose sollevò le sopracciglia, voltandosi a guardarlo. “Chi diavolo è Miss Maple?”
“È la nostra vicina, Rose! Abita nella casa accanto e ci ha portato una torta per darci il benvenuto nel quartiere! Non è fantastico?” Posò il piatto sul tavolo e tolse la carta argentata. “Mi passi un coltello?”
“Non abbiamo coltelli, Dottore.”
“Oh. Sì, è vero, hai ragione. Oh, le forbici andranno bene. Basterà disinfettarle con il cacciavite… ecco, così andrà benissimo. Ma dovremmo risolvere la faccenda dei coltelli, sai. E delle forchette”.
“Ed i piatti”.
“Le lampadine”.
“Domani. Ora passami una fetta di quella torta”.
Il Dottore lasciò una scia di briciole sul pavimento nel passare un pezzo di dolce a Rose (le forbici non erano il mezzo adatto per tagliare un dessert, decretò) e se ne prese una per sé. “È davvero interessante, questa faccenda. Secondo te dovremmo portare anche noi delle torte ai vicini, per- OH SIGNORE CHI HA MESSO QUESTA ROBA DENTRO LA TORTA?”
Sputò ciò che restava del dolce sul tavolo, procedendo poi a pulirsi la lingua con le dita per eliminare ogni altra briciola rimasta. Ma ormai il danno era fatto.
Rabbrividì, deglutendo, e si volto verso di Rose. “Perché non mi hai detto che c’erano delle pere, qui dentro?”, esclamò, prendendo cautamente in mano il resto della torta.
Rose represse una risata. “Perché non ne avevo idea,” replicò, scuotendo la testa. “L’ultima volta che ho controllato eri tu quello con i sensi paranormali”.
Il Dottore sembrò smarrito per un momento. “Ma- ma questo è un colpo basso! Non mi aspettavo una cosa del genere! La vecchina sembrava così innocua…”
“Ha messo delle pere, Dottore, non del cianuro”.
“L’avrei preferito. Almeno sarei morto velocemente e non avrei dovuto aspettare che questo sapore mi andasse via dalla bocca. Papille gustative ipersensibili, ricordi? Mi resterà per seeecoli.”
“Forse dovresti comprarti uno spazzolino”.
Il Dottore annuì. “Al più presto. Ma prima…”
Sotto lo sguardo sconvolto di Rose, lanciò la torta fuori dalla finestra aperta.
“Questa è una casa libera da pere. Dovrei scriverlo sulla porta. In più lingue, possibilmente. Pears-free. Potrebbe andare”. Si sfregò le mani con soddisfazione, rivolgendo a Rose un sorriso radioso.
“Hai lanciato la torta fuori dalla finestra.”
“Già!”
“Con il piatto.”
“Cos- oh. Ah, sì, è vero.”
“Avremmo dovuto renderlo a Miss Maple.”
“…”
“…”
“Be’, sarà per la prossima volta.”

Dovette passare tempo prima che Miss Maple smettesse di cambiare marciapiede ogni volta che incontrava il Dottore.



Bonjour!
Lo so, è piuttosto inutile, ma mi diverto a scrivere questa roba quasi quando mi diverto a leggerla. 
Ah, Ten.
*Ore e ore di sospiri ripetendo che le manca David Tennant, niente da togliere a Matt, ma Tennant... ahh*
So benissimo che la roba delle pere è esagerata (o forse no), ma insomma, mmm. No, okay, non ho scuse.

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Capitolo 2
*** “Sai perché la gente non compra caffettiere invisibili?” ***


“Sai perché la gente
non compra caffettiere invisibili?”
 
 
Rose osservò la brioche con un senso di tradimento crescente. Era seduta a gambe incrociate sulla sedia, ed i muscoli dei polpacci iniziavano a formicolare. Ma non era abbastanza sveglia da distogliere lo sguardo dalla menzognera immagine ritratta sulla plastica (una brioche appetitosa e piena di cristalli di zucchero, totalmente diversa dall'ammasso di pasta che teneva in mano), figuriamoci se riusciva a snodare gli arti da sotto il tavolo.
E non si era neppure potuta fare una cavolo di tazza di caffè decente.
La porta dietro di lei si aprì, ma lei continuò a darle le spalle perché a) aveva sempre trovato che i cattivi che entravano in scena di spalle erano sempre i più forti, e b) era complicato voltarsi con le gambe incastrate.
“Buongiorno,” fece il Dottore entrando nel suo campo visivo. Doveva essersi alzato da un po’, perché le maniche della giacca bianca erano già sporche di polvere gialla, quella che il corallo che la TARDIS aveva iniziato a produrre da qualche giorno. Era un buon segno, a quanto pareva.
“’Giorno”.
Il Dottore si voltò verso di lei con le mani gocciolanti di acqua della cannella. “Tutto bene?”
“Oh, sì. Solo un po’ stanca. Avrei voluto farmi un caffè”.
“Ah”.
Rose aspettò che lui notasse il suo tono, ma sembrò di nuovo perso nei suoi pensieri. Dopo un paio di minuti, si rese conto che proprio non aveva la minima idea di ciò che lei stava implicando.
“Dottore?”
“Sì?”
“Sai perché la gente non compra caffettiere invisibili?”
“Uh?” Il Dottore sollevò un sopracciglio, alzando lo sguardo dalle sue mani.
“Dicevo,” ripeté Rose, “sai perché la gente non compra caffettiere invisibili?”
“Perché non sono in commercio?”
Rose iniziò la complicata manovra per snodare le gambe. “Volevo dire, sai perché la gente, anche se in possesso di cacciavite sonici, normalmente non modifica le caffettiere in caffettiere invisibili?”
Il Dottore sollevò le spalle, smarrito.
“Perché poi la gente perde la caffettiera. E poi la gente non può farsi il caffè”.
Un lampo di comprensione passò negli occhi del Dottore. “Oh!”, esclamò. “Oh! Sai benissimo che basta usare il cacciavite!” Tastò le tasche dei pantaloni e tirò fuori quello che Rose ultimamente aveva soprannominato l’Aggeggio Infernale. “Ecco, vedi? Basta fare così… ecco, forse…” Lo punto a giro per la stanza come una bacchetta magica e poi lo fece tamburellare contro il palmo della mano.
La sospirata caffettiera non apparve.
“Oh, be’, sarà in un’altra stanza. La caffettiera, dico. Può darsi che tu l’abbia spostata senza volerlo. La ritroveremo. Mmh.”
Rose appoggiò la faccia contro la mano libera e sospirò.
 
Qualche ora dopo il Dottore era chino sul corallo, nel giardino. Quando Rose si avvicinò alle sue spalle, con un tovagliolo in mano, stava mormorando parole in Gallifreyano.
“Biscotto?”
Il Dottore sussultò leggermente e si voltò verso di lei. “Cosa?”
Rose gli porse uno dei biscotti avvolti nel tovagliolo, dopo averne preso uno per sé. “Sono buoni. E sono alla banana. In teoria. Non sanno molto di banana”.
Il Dottore sollevò le mani sporche di polvere gialla e, dopo un attimo di ragionamento, prese il biscotto con i denti. “’Azie”, mugugnò, masticando.
Rose si sedette a gambe incrociate sull'erba e posò la testa sulla sua spalla. Indicò il corallo con un cenno della mano. “Come sta?”
“Tra quattro mesi -diciassette settimane, più o meno- dovrebbe iniziare a prendere la forma di una TARDIS. E fra sei mesi, ecco, dovrebbe essere pronta”. Sorrise.
Lei ricambiò il sorriso, facendo spuntare la punta della lingua fra le die file di denti. “Non vedo l'ora”.
Il telefono squillò in quel momento, ed il Dottore era sicuro che si trattasse di Jackie Tyler, il cui rilevatore di onde di tensione doveva essersi attivato. Con un sospiro (e probabilmente la stessa idea in mente) Rose si alzò, cercando di togliere il terriccio dai pantaloni.

“Che cos’è quello?”
Il Dottore si voltò verso il lato opposto a quello verso il quale Rose si stava allontanando. Tra una stecca bianca della staccionata e l'altra spuntava la faccia di un bambino.
“Quello cosa?”, domandò il Dottore, spaesato.
Il bambino si mise in punta di piedi. “Quello”.
“Richard!”
Una donna si avvicinò a passo svelto. “Richard! Vieni qui! Smettila di dare fastidio al signore!”
Il Dottore, sollevando la testa per guardarla, fece un rapido cenno con la mano. “Oh, no, nessun disturbo. Nessun problema.”
“Lo scusi. Richard, chiedi scusa al signore”. La donna sembrò non averlo sentito.
“Mi dispiace. Che cos'è quello?” Indicò il corallo con una mano paffuta.
“Quello? Quella è, uh, una macchina del tempo. La sto facendo crescere in giardino, così poi ci potrò viaggiare. Splendido, no?”
Il bambino -Richard- sgranò gli occhi. “Davvero?”
“Certo. Non dico mai bugie, io”.
Fooorte!”
La madre del bambino fece un sorriso tirato. “Saluta il signore, Richard.”
“Ma ha una macchina del tempo!”
“Scommetto che lo stai disturbando molto, Richard. Avrà da fare con la macchina del tempo, non credi?”
Il Dottore scosse la testa. “Oh, no, davvero, nessun-”, iniziò. Poi colse lo sguardo della donna. “Oh, ecco. Sì, in effetti, dovrei proprio andare, Richard. Sai, le macchine del tempo sono un po' difficili da sistemare, dovrei proprio andare a fare un paio, ehm, di calcoli, sì, calcoli del tempo. Calcoli sul tempo. Calcoli sul tempo per la macchina del tempo, sí”.
“Oh”. Il bambino sembrava ammirato. “A presto, allora!”
La madre di Richard iniziò ad avviarsi sul marciapiede, ed il Dottore si alzò in piedi barcollando un po'. Nel bel mezzo di una frase, mentre stava a sua volta salutando il bambino, inciampò in qualcosa.
Clang.
Si chinò a terra, tastando il terreno davanti alle sue converse. Dopo un attimo di smarrimento, afferrò qualcosa di metallico ed invisibile, che tintinnava al minimo movimento. “Rose!”, chiamò, istintivamente. “Ho trovato la caffettiera! La caffettiera invisibile! Era in giardino! L'avevo detto, io, che l'avremmo ritrovata!”
Si rese conto solo in ritardo dei passi frettolosi che si allontanavano.
“Richard, vieni”, disse la donna tirando il figlio per la manica. Il bambino si voltò un'ultima volta verso il Dottore.
“Quel signore è strano”.

Fu da quella sera che al lupo cattivo ed all’uomo nero, tra le persone da evitare nelle storie della buonanotte di Richard Tatler si aggiunse lo strambo tipo del 17 di Green Lane.
 


Bonjour à tous!
Incredibile ma vero, ho postato.
La storia non ha un filo vero e proprio. Uhm. Però mi diverto. E l'incipit mi è venuto in mente mentre facevo colazione, mangiando indovinate cosa? E non ho potuto abbandonarlo.
Credo che questa sia la cosa più fluff che io abbia mai scritto. Il 'mai' comprende solo l'ultimo periodo. Non comprende le vecchie storie che potete trovare in fondo alla mia pagina EFP. Le tengo solo perché mi dispiace gettarle e perché ogni tanto mi poace andare a stupirmi vedendo che hanno delle recensioni. Mah.
Alloooora.
Indovinate chi è che sclera per il conto alla rovescia del cinquantesimo?
Io!
Ah, a proposito, volevo postarvi un fumetto sul Dottore e Rose che mi aveva fatto morire, ma non lo trovo più.
Quindi vi posto questa canzone che oggi mi ha fatto annegare nelle mie stesse lacrime.

Link carino .
Bene, a presto, e grazie mille a chi ha recensito la scorsa one-shot.
...
I don't wanna go.
(feels gratuiti, feels gratuiti gente)


 

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Capitolo 3
*** “Tornerà come nuovo- be’, quasi-’’ ***


“Tornerà come nuovo- be’, quasi-’’
 
 
 
“… e allora io gli ho chiesto perché e lui mi ha detto che eri in bagno e che ti sentivi male e allora-“
Io ho detto che era in bagno, non ho mai detto che-“
“Sta’ zitto tu. Dicevo, e quindi io gli ho chiesto se avevi la nausea e lui aveva una faccia così colpevole e spiegami, cos’avrei dovuto pensare? Quindi gli ho chiesto informazioni più specifiche e lui non ha risposto e-“
“Ero sconvolto!”
“-quindi ho pensato che avessi qualche problema alieno e quindi ho detto ma se è incinta e se il bambino ha un problema alieno tipo due teste come si può fare? E allora lui ha detto che il bambino non poteva avere due teste e io gli ho risposto menomale altrimenti come avremmo fatto con le tutine, eh? Eh?  E poi lui mi ha detto che avrei dovuto saperlo dato che lui non ha due teste ma io che cose ne potevo sapere voglio dire non capita tutti i giorni di avere semialieni che mettono incinta la propria figlia e lui mi fa tipo dovresti fidarti e io gli ho risposto col cavolo lo faccio voglio dire chi mi dice che non è una qualche strana cosa aliena? Mmh? Mmmh?”
Rose si grattò la fronte col retro della mano, domandandosi cosa l’aveva spinta a chiedere la ragione per la quale aveva trovato sua madre per le scale, con le guancie arrossate, urlando contro un attonito Dottore al piano di sotto. “Mamma-“
“Cos’avrei dovuto pensare? Mmh?”
Il Dottore sobbalzò all’esclamazione improvvisa di Jackie.
“Okay. Mamma, non sono incinta di un alieni di umani. Okay?”
“Uhm.”
“E tu, Dottore,” continuò, tentando di darsi un contegno (per quanto potesse riuscirci una persona con i capelli bagnati sulla fronte ed un accappatoio rosa), “perché diavolo non le hai detto subito che cosa stavo facendo?”
Lui assunse un’espressione sconvolta. “Mi ha… stordito! Non la smetteva più di parlare e non sapevo a cosa rispondere per prima cosa!”
“Mi ricorda qualcuno”.
“Ah sì?”
Rose intercettò uno sguardo leggermente inpaurito del Dottore verso Jackie, e ghignò.
“Cos- oh! Tu intendi me? Me?”
Non ricevette nessuna risposta. “Ma questo è maleducato, Rose Tyler! Sono io quello maleducato e non rosso!”
L’occhiata che Jackie lanciò alla figlia valeva più di tante (tante) parole.
 
Rose entrò in cucina asciugandosi i capelli con un asciugamano pulito. Sua madre, nel frattempo, aveva letteralmente fatto come se fosse casa sua ed aveva appoggiato i piedi su una sedia, girando il cucchiaino nella tazza di tè –quella di Rose, accoppiata a quella che aveva in mano il Dottore. Lui, nel frattempo, stava osservando il cucchiaino (probabilmente cercando di stabilirne la concavità o qualcosa del genere) con aria concentrata, girando il tè con dei movimenti del polso. C’era già una macchia di pavimento bagnato, ma lui sembrava non averlo notato.
“Allora, mamma,” fece Rose sedendosi. “Perché, uhm, sei qui?”
Jackie sturò le labbra con un’espressione indignata sulla faccia. “Perché? Non posso venire a trovare mia figlia quando mi va?”
Rose mugugnò qualcosa.
“Che c’è? Non guardarmi in quel modo, signorina- sì, proprio quello! Quello da ‘ormai sono una ragazza grande e matura e mia madre mi mette solo in imbarazzo’-”
“È più vicino a ‘non vieni mai qui se puoi evitarlo perché adori sfoggiare la tua nuova casa con chiunque, quindi ci dev’essere un’altra ragione per la quale sei venuta fin qui’.” Incrociò le braccia, riprendendo fiato dopo il discorso senza pause. Non aveva tutto l’allenamento di sua madre, dopotutto.
Il Dottore rimase fermo appoggiato al bancone della cucina, probabilmente cercando di diventare invisibile. Mantenne lo sguardo sul cucchiaino fino a quando, dopo aver preso un sorso di tè, Jackie imprecò verso di lui.
“C- cosa?”
“Quanti diavolo di cucchiaini di zucchero hai messo qui dentro?” Si soffermò più volte su varie parole, tanto per evidenziare la gravità della situazione.
Lui si grattò la nuca con il cucchiaino. “Uhm-“, commentò, “non saprei, quattro o- cinque…”
Jackie spinse la tazza lontano da sé, grattando sul tavolo di legno scuro. “Oi,” fece dopo qualche secondo. “Sta diventando piuttosto carino, qui, eh?”
 
“Hai fatto il tè a mia madre?”
“Cos’hai detto, tesoro?”
Rose si schiarì la gola, le mani ferme nell’atto di asciugarsi i capelli e lo sguardo sconvolto. Si voltò verso sua madre. “Ti ha fatto il ?”
Jackie fece un sorrisetto. “Certo,” disse, lanciando un’occhiata al Dottore. Lui sembrava tornato allo stato di adorazione distratta, stavolta rivolta alla superficie riflettente della sua tazza. “Avrei fatto meglio a farmelo da sola, eh? Sì, dato questo risultato… mmh.”
Rose continuò ad alternare sguardi confusi dall’uno all’altro.
Jackie interruppe i suoi pensieri dopo poco. “Vabbè, dicevo, dove avete messo quel vaso che vi ho portato?”
 
(CRASH.
“Cos’era?”
“Uh-“
“Era il vaso?”
Potrebbe essere stato il vaso di tua madre, sì. Ma posso, uh, rimetterlo a posto con il cacciavte, eh? Tornerà come nuovo- be’, quasi-“
“Nah.”
“Davvero?”
“Abbiamo una scusa per non metterlo in vista.”
“Ah. Be’, sì, allora, direi-”
“Bene.”)
 
 “L’abbiamo messo da parte per non rovinarlo”.
Jackie si sporse in avanti. “Rose Tyler, dimmi la verità”.
È la verità”.
“…”
Rose sbuffò. “Okay. Okay! Si è rotto. L’ha rotto il Dottore”.
Il Dottore si irrigidì. “Non è colpa-“
Jackie sbattè la mano sul tavolo e appoggiò la schiena alla sedia. “Oh, stupido alieno, lo sapevo che era tutta colpa tua! Come al solito! Ugh.  Come fai a fare così tanti danni con un corpo così minuscolo?”
Il Dottore avrebbe voluto ribattere all’offesa, ma fu sopraffatto dalla parlantina della sua, guh, suocera? Oh, Rassilion, questi pensieri non erano slautari.
“Ti ricordi quella volta in cui ha buttato già due mesi di lavoro di quel tipo del Torchwood? Com’è che si chiamava? Richard? Sì, Richard Brooke. Adesso lavora all’ufficio del personale- voleva qualcosa di meno stressante, capito. Tutto per colpa sua! Per non parlare di quando ha parlato a Tony degli Slitheen e lui non ha fatto altro che piangere ogni volta che Miss Travis gli si avvicinava – solo perché è molto alta, santo cielo! E adesso ha rotto il vaso che ci aveva regalato la madre di Pete, e per quanto fosse orribile quel coso-“
Rose bloccò sua madre con un gesto affrettato della mano. “Aspetta”, fece, assottigliando lo sguardo. “Tu ci hai- ci hai regalato una cosa di seconda mano? Un’orribile cosa di seconda mano?”
Jackie inarcò le sopracciglia scure prima di ripetere mentalmente ciò che aveva detto. “Non era di seconda mano! Era nuovo!”
“Hai detto che era un regalo per voi!”
“Be’, sì. Ma non l’abbiamo usato. Quindi era nuovo”.
“Ma era orribile”.
“Sì”
“E l’avevano regalato a te”
“La madre di Pete non ha mai avuto buon gusto con i regali nemmeno nell’altro universo. E qui la cosa non è andata a migliorare con la vecchiaia”.
“Ma-“
“Mi stai dicendo che tu ti saresti tenuta quel coso in casa? Voglio dire, l’hai almeno guardato prima di romperlo? Fa paura!”
 
Il Dottore era indeciso fra il pensare di trovarsi in una serie televisiva americana o in una commedia teatrale. Jackie stava rivoltando la conversazione da qualche minuto, ma sembrava che Rose avesse smesso di ascoltare da altrettanto tempo.
 
Nove minuti e quaranta secondi dopo, Jackie stava ancora parlando. Il Dottore era immobile alla sua postazione. I capelli di Rose erano asciutti.
 
Quattordici minuti e due secondi dopo, Jackie decise che quella visita non era servita a niente, salutò Rose, lanciò un’offesa al Dottore, e uscì, insultando gli alieni sotto gli occhi sgranati del signor Philips, il vicino, che stava leggendo sotto il portico del numero 15.



Comment ça va?
Io sono un po' depressa dalla terza puntata di Glee, domani ho un compito su Dante, e ho voglia di cioccolato, ma in generale okay. Non ho nemmeno avuto la forza né la voglia di risistemare questa on-shot, ma dopo aver riavuto accesso al computer avevo solo voglia di postare qualcosa. Perdonatemi.
Ma ecco la vignetta di cui vi parlavo! :3 Non è splendida? 

 
 

 
Vi devo ringraziare tantissimo. Grazie a tutte quelle che hanno messo questa raccolta fra le seguite, preferite, o ricordate. E grazie, di nuovo, tantissimo, a tutte quelle che hanno recensito. 

You are   .
(E sì, sto mettendo tutte queste cose carine per farmi perdonare).

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