Everybody hate Helen Smith

di Alfred il sanguinario
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno strano presentimento ***
Capitolo 2: *** 2 - Incubi ***
Capitolo 3: *** L'altalena ***



Capitolo 1
*** Uno strano presentimento ***



Robbie Babcock aveva uno stranissimo presentimento in quei giorni. Udiva le parole della professoressa come vocine secondarie nel cervello. In quei giorni aveva incubi, allucinazioni…. Tutto sembrava provenire da una vecchia, lurida, abbandonata, villa. Una villa in fondo alla strada. Dove non c’era niente, ma continuava a sognarsela. Suo fratello sapeva che odiava quella villa, e, come al solito, avrebbe fatto di tutto per proporgliela in tutte le salse.


La campanella squillò, e la voce della prof si interruppe. Robbie prese i suoi quaderni in modo svagato, li poggiò nello zaino, e lo chiuse. Uscì dall’aula, contornata da compagne e compagni che chiacchieravano, felici di quel bel venerdì finito. Robbie non era mai stata una persona socievole. Praticamente il suo unico amico era suo fratello; l’unico col quale si divertiva un po’. Per il resto, secondo la sua stessa madre era ‘socievole come un orso bruno’, ma non ne era scontenta. Era il suo carattere, e così era felice.

La ragazza teneva gran parte dei libri in mano, visto che non aveva avuto tempo di infilarli nel trolley che portava sempre con sé. Uscita dall’edificio scese le scale, decisa a proseguire, ed incrociò suo fratello, Dan. Lui, sorridendo, le si avvicinò. A volte era malignetto, e avrebbe fatto qualunque cosa pur di darle contro, ma era comunque, secondo Robbie, un bravo fratello, oltreché amico.

“Allora, Robbie, che si fa?” chiese lui.
Robbie fissò le mura che si potevano vedere dalla piazza, poi rispose: “Quello che vuoi, non m’importa.”
Dan sbuffò. “Robbie. Sono solo incubi! Okay?”
Robbie alzò lo sguardo. No, lo sapeva, non erano solo incubi. Se lo sentiva.
“Non è la solita storia, Dan! Questa volta è vero! È strano, diverso. È maligno”
Diceva così, perché tutta la famiglia si ricordava di quando da piccola, Robbie vedeva dei fantasmi, che la consolavano quando era triste in camera sua, che le scorrazzavano in stanza mentre lei cercava di dormire. Ma questa volta era una cosa che la tormentava, che non la faceva dormire di notte.
“Va bene, Robbie, vuoi sapere cosa vorrei fare?”
Robin Babcock, sapeva già cosa stava per dire suo fratello.
“Lo so già” sbuffò.
“Andare alla villa abbandonata!”
Robbie lo fulminò. I suoi occhi neri penetrarono lo sguardo degli occhi verdi di Dan.
“Dan, piantala. Non c’eri mai voluto andare prima, e solo adesso che mi capitano queste cose sembra lo scopo della tua vita”
“No, Robbie. Mi ha sempre incuriosito… magari troviamo qualcosa che nessuno aveva mai scoperto.”
“Certo.” disse Robbie, sarcasticamente e irritata, e camminò via.
“Robbie!” disse Dan, e le camminò dietro.
 

 

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Capitolo 2
*** 2 - Incubi ***



CAPITOLO 2 - INCUBI
Che scemenza. Pensò Robbie, quando ormai era tornata a casa, e ticchettava la penna sul mobiletto di camera sua e di suo fratello. Ormai era sera, ma lei pensava ancora a tutte quelle orribili visioni su quella villa, e sul fatto che suo fratello fosse entusiasta all’idea di andarci.  Che squallore.
Dan entrò di colpo, e Robbie sobbalzò. “Cosa fai ancora sveglia, Robbie? È l’una!”
“Potrei farti la stessa identica domanda!” sentenziò la ragazza a denti stretti.
Dan sbuffò. Non aveva voglia di chiederle scusa. Perché avrebbe mai dovuto farlo? In fondo ognuno era libero di…
I suoi pensieri si interruppero quanto Robbie spense del tutto la luce, facendo calare la stanza nel buio più totale, illuminata solo dalle luci della luna che filtravano dalle persiane.
La ragazza adagiò comodamente la testa sul cuscino, senza coprirsi nemmeno un po’.
Si ritrovò all’interno della villa: non capiva come diavolo aveva fatto a finire lì. La Luna illuminava in pieno il suo volto, ed il suo corpo, sdraiato sulla ghiaia della piccola villa, era indolenzito e pesante. Si alzò a fatica, e tentò di capire qualcosa di più, fissando il cancello appena illuminato, e vide qualcosa. Non capiva cos’era.
Aguzzò la vista. La luce della luna si spostò sulla “cosa”, o meglio sulla persona. Si trattava di una bambina. Avrà avuto nove anni, non di più. I suoi capelli erano castano chiari, ed erano raccolti in due codini, con due elastici rossi. Il suo sguardo cupo ora si vedeva anche bene: era inquietante. I suoi occhi verdi la fissavano con aria triste.
Ecco che era più vicina.
E più vicina.
E più vicina.
E più vicina. Compariva così.
Ad un certo punto le comparve davanti, le afferrò un braccio, e Robbie cominciò ad urlare, accasciandosi a terra. Le sue urla uscirono dal profondo del suo corpo.
Notò che la bambina era bianca, pallidissima. Aveva dei graffi sul volto, e le occhiaie, molto visibili, erano rosse magenta. La sua mano era bagnata e freddissima.
Disse solo una parola, che udì tra le sue stesse disparate urla. “Io non ho paura!!”
Robbie si svegliò di soprassalto. Naso tappato, arsura sul volto…. Stava male. Si guardò il braccio, quello che la bambina le aveva afferrato. Era bagnato e umido. Robbie sospirò, e richiuse gli occhi.


HELLO GENTE!! Allora aggiorno dopo circa... ehm.... un millennio, sì xD ma ora aggiornerò più in fretta u.u Grazie a Chillergirl, che mi ha spronato a continuare anche questa storia!! ;)
 

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Capitolo 3
*** L'altalena ***


La mattina seguente Dan si svegliò di buon ora, fece colazione, richiuse la porta perché sua sorella dormiva ancora, salutò sua madre, che uscì di casa per andare a lavoro, si lavò i denti e si vestì.
Quindi uscì a prender aria: nonostante il clima abbastanza freddo, e l’aria umida, Dan adorava quelle mattinate: così calme e tranquille, in cui stava seduto sulla piccola panchina del giardino, a rimirare la strada, sempre silenziosa, e a sentire il cinguettio degli uccelli.
Tirava un venticello abbastanza fresco, e il silenzio era tale che si potevano udire i rumori di persone lontane che camminavano, gatti che miagolavano, e lo scrosciare della cascatella poco lontana da lì… in corrispondenza della villa abbandonata, più o meno.
Il pensiero gli fece venire un brivido. Era spaventato dall’idea di entrare in quella villa, così cupa e sinistra.
La porta sbatté. Robbie era uscita dalla casa, vestita di tutto punto.
“Ciao, Dan.”
“Ciao Robbie. Tutto bene?”
“No, non proprio bene… ho dormito male. Andiamo alla villa?”
Dan non credette di aver udito quelle parole da sua sorella.
“A cosa si deve questo cambio di opinione?”
“Non lo so.” disse lei, anche se lo sapeva benissimo che cos’era. L’incubo. “voglio andarci. Voglio scoprire cosa è successo là, nel passato, specie in quel bosco.”
Quelle parole furono pronunciate con così tanta fermezza, che ormai, anche se non avesse voluto, Dan non avrebbe potuto che acconsentire.
 
E infatti partirono, fecero quella poca strada, armati solo di un telefonino e di un martello che Robbie aveva insistito nel portarsi, e che teneva nella sua borsetta di Hello Spank.
L’umido gelava le ossa: il Sole era stato inghiottito da alcune fredde e grigie nubi.
Dopo appena cinque minuti, i fratelli giunsero davanti alla villa. L’entrata era costituita da una piccola stradina in ghiaia, che cominciava poco prima del cancello, proseguendo in salita.
Cominciarono a calpestare il pietrisco, ed il suono ripetitivo era assordante, e continuava. Finché Robbie non si fermò di scatto, poco prima dell’ingresso dal pesante cancello di ferro arrugginito, facilmente spostabile.
“Cosa fai, Robbie? Non vorrai tirarti indietro!” sbottò Dan.
Lo sguardo vacuo di Robbie, non curava le parole di suo fratello, che si facevano secondarie nella mente. Per un attimo vide la stessa bambina dell’incubo, voltarsi con un orsacchiotto in mano, ma poi tutto scomparve.
“Robbie!!” disse suo fratello.
La ragazza sospirò, e disse: “Entriamo!”
Detto ciò Dan spostò con fatica il cancello, che era in realtà appena accostato, ed i due entrarono, percorrendo la stradina, che si interruppe di colpo.
D’un tratto Robbie si ritrovò davanti a quello che da diversi mesi a questa parte popolava i suoi incubi. Quel piccolo cottage, con davanti un’altalena, e di fianco un bosco che scendeva a valle.
Robbie si avvicinò con cautela all’altalena, come se una bambina dal sangue straordinariamente dolce, si stesse avvicinando ad una tigre enorme, affamata ed assetata di sangue.
Avvicinandosi, tocco la superficie del sedile dell’altalena, udì un urlo, e poi vide solo ghiaccio e grigio. Le sembrò di tornare indietro in un infinito tunnel ghiacciato, e l’impressione fu quella.
Vide una bambina (o meglio QUELLA bambina) dondolarsi sull’altalena, cantando una triste canzoncina. Sulla base dell’altalena, vide inciso un nome: Helen.
Poi tutto si allontanò, e percorse il tunnel di ghiaccio grigio all’indietro, e si ritrovò dov’era.

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