Dance with the devil di Venice93 (/viewuser.php?uid=200140)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Iniziò così... ***
Capitolo 2: *** Galadriel ***
Capitolo 3: *** Dolore ***
Capitolo 4: *** Gli Universi s'intrecciano ***
Capitolo 5: *** Questione di scelte ***
Capitolo 6: *** Il consiglio ***
Capitolo 7: *** La triste morte attende ***
Capitolo 8: *** Il Bosco d'Oro ***
Capitolo 9: *** Salvare delle vite ***
Capitolo 10: *** Sono la tua spada e il tuo scudo ***
Capitolo 11: *** Come il frutto di Laurelin e il fiore di Telperion ***
Capitolo 12: *** Orchi e...Draghi? ***
Capitolo 13: *** La Pietra Veggente ***
Capitolo 14: *** Il cuore del Dovahkiin ***
Capitolo 15: *** La guerra incombe ***
Capitolo 16: *** Si compie il destino ***
Capitolo 17: *** La pioggia lava via solo il sangue ***
Capitolo 18: *** E il senza Corona di nuovo Re sarà ***
Capitolo 1 *** Iniziò così... ***
Dance with the devil
Era buio e Marwel ormai
dormiva nella
sua stanza, aspettando le luci del mattino per uscire di casa e
recarsi nel suo nascondiglio tra gli alberi di Pesco.
Il silenzio venne rotto da tre colpi
dati alla porta di casa sua; la ragazza era il medico del paese,
aveva preso il posto di sua nonna che ormai anziana non poteva
recarsi nelle abitazioni della gente per guarire ferite e curare
ammalati, così si dovette alzare e abbandonare le morbide
lenzuola
del suo letto per andare ad aprire alla porta.
Prese una candela e l'accese, poi con
piedi leggeri si diresse verso la porta e piano l'aprì
trovandosi
davanti due uomini armati, incappucciati e con il volto coperto.
-Siete
voi Marwel?- chiese uno
di loro.
La ragazza esitò
un istante, ma non si
fece prendere dall'agitazione e dopo qualche secondo rispose:
-Sono
io, avete bisogno di qualcosa?
un vostro compagno è ferito?-
L'altro ch'era stato in
silenzio fino a
quel momento, parlò veloce:
-Dovete
venire con noi. -
La fanciulla non fece in
tempo a
rispondere che l'uomo la prese per un braccio e le tappò
veloce la
bocca, legandole i polsi con una corda. Infine l'altro legò
una
benda intorno ai suoi occhi ambrati e un'altra sulle sue labbra.
L'alzarono di peso e l'appoggiarono
prona sulla sella di un cavallo; a Marwel mancò un attimo il
respiro
poichè non furono molto delicati in quel gesto.
Passarono almeno due giorni prima di
toglierle la benda e a quel punto la giovane moriva di fame e di
sete, era debole e le sue gambe non reggevano il peso del suo corpo
seppur fosse esile.
-Siamo
arrivati.- disse uno dei
due mentre le sfilava la benda dagli occhi e dalle labbra.
Davanti al suo sguardo si
ergeva un
grande palazzo nero e attorno a loro non c'era il cielo e la terra,
ma solo nuvole nere e sfumature rossastre ai loro piedi; le urla di
orchi, troll e creature ancora più malvagie aleggiavano
nello spazio
e Marwel fu scossa da brividi di paura.
-Cosa
volete da me?- chiese la
ragazza cercando di divincolarsi dalla stretta sul suo braccio.
-Ferma
ragazza, nessuno vuole farti
del male...forse.- rispose il bruto.
Arrivati all'interno del
palazzo furono
accolti da una guardia vestita allo stesso modo dei due rapitori che
cominciò a gridare infuriato:
-Quanto
ci avete messo? volevate
vedere morto nostro signore Sauron? -
A Marwel mancò
il respiro per qualche
secondo, il cuore le balzò in gola e gli occhi si aprirono
alla loro
massima estensione. "Sauron?" pensò
mentre le
slegavano i polsi e la conducevano in un lungo corridoio di pietra.
Arrivarono davanti ad una porta di
legno decorata finemente e quando l'aprirono, Marwel si
trovò una
strana scena davanti agli occhi: non c'era un essere informe, un
mostro o chissà quale orrenda creatura sul grande letto a
baldacchino, ma steso tra le lenzuola di seta c'era un uomo dai
lunghi capelli corvini e gli occhi color mare, con una ferita
profonda tra gli addominali scolpiti sul ventre.
Qualcuno vicino a lui cercava di
medicargli la ferita facendolo urlare dal dolore e facendo crescere
una profonda rabbia dentro di lui che lo portava a scaraventare a
terra il povero medico.
Marwel non aspettò che i due rapitori
le dicessero d'intervenire, data la gravità della situazione
si
avvicinò da sola al signore oscuro e guardò da
più vicino la sua
ferita ch'era infetta.
-Fate
bollire dell'acqua e
portatemela solo quando avrà riacquistato la sua temperatura
originale e mi servono anche della camomilla blu, lavandula e
copaiba! presto!- poi guardò il medico e aggiunse -Voi
portatemi dei chiodi di garofano e della mirra.-
Sauron respirava a fatica e
aveva il
volto imperlato di sudore, Marwel prese un pezzo di stoffa e lo
bagnò
nell'acqua fredda di una tinozza, lo strizzò e lo
appoggiò
delicatamente sulla fronte dell'uomo. Il signore le strinse il polso
con uno scatto veloce del braccio, poi osservando la donna chiese:
-Chi
siete? -
Marwel sorrise e gli prese
la mano che
la stava stringendo per poi appoggiarla sul petto di Sauron e
continuare a tamponargli la fronte con l'acqua fresca.
-Mi
chiamo Marwel, mi hanno
gentilmente scortata qui i vostri uomini.- rispose.
Gli occhi blu di Sauron
penetrarono
nell'anima della ragazza che per distrarsi dal suo sguardo
cominciò
ad intrecciarsi i lunghi capelli rossi legando l'estremità
con un
nastro nero che aveva legato al polso.
Dopo circa un'ora arrivarono dei servi
a portarle tutto quello di cui aveva bisogno e cominciò a
preparare
degli intrugli da poter usare sulla ferita.
Quando la crema di camomilla, lavandula
e copaiba fu pronta, Marwel ne prese un po' e la spalmo più
vicino
possibile alla profondo taglio e Sauron si mise quasi a sedere dal
bruciore, ma non la scaraventò a terra come il precedente
medico,
bensì prese un angolo del lenzuolo e se lo mise tra i denti
cercando
di soffocare le urla.
-Perdonatemi,
ma questo non è
ancora niente.- disse Marwel dispiaciuta.
Preparò il
composto di Mirra e chiodi
di garofano per placare l'infezione e gliela spalmò nello
squarcio
provocandogli un dolore tale da farlo svenire.
Questo fu d'aiuto per lei e per lui
perchè ora arrivava la parte più dolorosa: i
punti. Cominciò a
bucare la sua pelle da un lato all'altro della ferita e chiuse quella
voragine nella pelle per poi bendarla per bene facendosi aiutare dai
servi.
Ovviamente non c'era nessuna stanza
pronta per lei, la condussero quindi nelle celle insieme all'altro
medico, almeno le dettero di che cibarsi!
Passò circa un
mese in cui la ragazza
faceva avanti e indietro per curare le ferite di Sauron e poi tornava
nella sua cella e aspettava di essere chiamata ancora.
Una notte venne scortata nelle stanze
del Signore, ma quando entrò lui non c'era.
Camminò per tutta la
stanza e arrivò davanti ad una finestra, l'aprì e
vide ch'erano
molto in alto rispetto alle celle, ma niente che non si potesse
superare; voleva scappare da li, non ce la faceva più a
rimanere
chiusa dentro quella piccola gabbia.
Ad un tratto qualcuno aprì la porta e
vedendola vicino alla finestra aperta la fece voltare senza
delicatezza alcuna.
Marwel si ritrovò faccia a faccia con
Sauron e il suo cuore prese a battere come non mai, le sue gote
s'arrossirono e sentì un brivido percorrerle la schiena.
-Dove
credevate di andare Marwel?-
chiese Sauron scandendo il suo nome.
La ragazza rimase ferma a
guardare
quegli occhi freddi e non proferì parola, fin quando lui non
la
prese buttandola sul letto.
Le fu subito addosso, in mezzo alle sue
gambe e cominciò ad alzarle la veste scoprendo la sua
fragile
intimità e facendola sussultare.
-Cosa
state facendo?- chiese lei
cercando di resistere, ma la verità è che non ne
aveva proprio
intenzione.
-Prendo
ciò che desidero e che non
ho potuto avere prima.- Rispose Sauron prima di
cominciare a
baciarla con passione.
In un batter d'occhio si
tolse i
pantaloni ed entrò in lei senza indugiare un istante.
-Siete
perfetta, non vi lascerò
scappare via da me. - sussurrò.
Lei non reagiva, non voleva
andarsene,
voleva assaporare ogni attimo e soddisfare ogni sua voglia.
Non aveva dormito nella sua solita
cella, su quel mucchio di paglia umida, ma in un letto sotto calde
coperte.
Quella notte sognò qualcosa
d'inspiegabile per lei, qualcosa che non aveva mai visto nemmeno
vagare per caso nella sua mente:
“Si
trovava nella foresta del
Brethil e bagnava i piedi in un piccolo laghetto illuminato da pochi
raggi del sole. D'un tratto venne buio e si ritrovò da sola
e
impaurita in mezzo a quel fitto verde.
Sentì le mani di qualcuno toccarle
i capelli e qualche parola a lei sconosciuta uscire dalla bocca dello
stesso. “Uuma quena en’mani lle ume,
ri’mani lle umaya, Uma ta
ar’lava ta quena ten’irste’ “
disse una voce calda e
rilassante. Poteva sentire la paura strisciare via dal suo corpo e un
senso di protezione cominciò a battere nel suo cuore,
lasciando che
le sue labbra si schiudessero in un sorriso.
Quando si voltò vide un uomo
bellissimo: aveva lunghi capelli biondi e occhi blu come il mare; il
suo viso sembrava di porcellana e le sue labbra spiccavano di un
rosso sangue intenso. Non aveva mai visto una creatura così
meravigliosa, rimase qualche istante a fissarlo con gli occhi
sgranati, come se non le bastasse la visuale per ammirare un simile
splendore. Si, splendeva di luce propria.
Si accorse solo dopo lunghi ed
interminabili minuti che quell'uomo aveva le orecchie a punta.
Senza pensare a cosa stesse
accadendo, Marwel allungò un braccio e con la mano
sfiorò la punta
di un orecchio dell'Elfo. Lui le prese la mano piano e si
avvicinò
al suo volto schioccandole un bacio sulle labbra.”
Quando la ragazza si
svegliò, trovò
Sauron intento ad osservarla con quei suoi occhi gelidi che
riuscivano a penetrare l'anima di chiunque li guardasse.
Rimase alcuni istanti impietrita, poi
mosse una mano per posarla sulla guancia dell'uomo che strinse le
labbra e bloccò il polso della ragazza allontanandola dal
suo viso.
-Ho visto cosa sognavi.
Nulla può
rendermi cieco, nemmeno la tua mente, nemmeno quando dormi.- disse
lui mentre le stringeva ancora il polso.
Lei cercò di
liberarsi dalla sua
presa, ma non ci riuscì, anzi consapevole di ciò
che stava provando
la ragazza, Sauron l'avvicinò a se procurandole del dolore.-
-Io non so che cos'ho
sognato mio
signore.- rispose Marwel con la voce piena di rabbia.
Sauron mollò la
presa.
-Non sai chi hai sognato?
Vuoi dirmi
che non è mai avvenuto?- chiese poi avvicinando il volto a
quello
della giovane.
-No, non so nemmeno se
esiste.- rispose
lei girandosi dall'altro lato.
-Questo è
strano...come fai a sognare
qualcuno che nemmeno conosci? E ti dico una cosa ragazzina: lui
esiste.- fece Sauron mentre voltava di nuovo la ragazza verso di lui.
Il cuore di Marwel
cominciò a battere
furiosamente. Esisteva? Quell'Elfo splendido e luminoso viveva
davvero nella Terra di Mezzo? Non riusciva a smettere di pensarci;
ricordava perfettamente il suono della sua voce e il calore delle sue
mani e quelle labbra... oh quelle labbra così carnose e
sanguinee.
-Qual'è il suo
nome?- chiese la
fanciulla quasi sussurrando.
Sul volto di Sauron si
dipinse un velo
di rabbia, misto a gelosia morbosa e ossessiva.
-Finrod.- disse poi mentre
scendeva con
una mano in mezzo alle cosce di Marwel.
Le aprì piano le
gambe e s'infilò tra
di esse avvicinando le labbra alle sue.
-Tu sei mia, lui
non ti avrà
mai- continuò prima di cominciare a
baciarla con passione.
Lei non lo respinse, era
attratta da
quell'uomo così perfido e così bello al contempo.
I giorni passarono
così, con Marwel
che vagava per il palazzo come serva dell'Oscuro Signore e di notte
entrava nelle sue stanze e lo allietava con i doni che le aveva fatto
madre natura. Qualche volta sembrava quasi che lui fosse un uomo
normale, capace di provare sentimenti come l'amore, ma quasi subito,
con una frase detta male o una parola sbagliata, tornava ad essere
semplicemente Sauron, quel ch'era sempre stato e che non sarebbe
cambiato mai nemmeno per lei.
Per quanto le piacesse rimanere tra le
braccia dell'uomo, il desiderio di tornare a casa sua da sua nonna e
da tutto ciò che faceva parte della sua vita passata,
batteva forte
nel petto di Marwel. Cominciava a provare qualcosa per Sauron, ma il
suo cuore era diviso in due in quanto la ragazza ogni notte sognava
Finrod e quando si svegliava s'accorgeva che le mancava
terribilmente; l'uomo che dormiva al suo fianco, s'era accorto di
cosa provava Marwel e continuava a sbirciare nei suoi sogni che lo
rendevano ogni giorno più geloso e arrabbiato.
“-A'maelamin-
disse Finrod mentre
sollevava delicatamente da terra Marwel e baciandola con tenerezza.
Dopo pochi minuti il volto della
ragazza si rabbuiò; dietro le spalle di Finrod vide l'alta
figura di
Sauron che li guardava con odio e con una spada trafiggeva la schiena
dell'Elfo che si accasciava a terra ferito.
Marwel si inginocchiò accanto al
corpo freddo del suo amato e cominciò a piangere disperata,
stringendogli la mano.”
Si svegliò di
soprassalto imperlata di
sudore; la gola le bruciava come se avesse pianto davvero mentre
dormiva. Aveva il terrore di non poterlo più vedere nei suoi
sogni,
poiché sapeva che Sauron era entrato nella sua mente a
storpiare i
suoi pensieri.
-Tranquilla Marwel, non
l'ho ucciso
davvero. Non ancora.- disse l'uomo con voce piena di rabbia.
Prima che la ragazza
potesse
rispondere, un soldato bussò alla porta e aprì
senza aspettare il
permesso del suo signore.
-Cosa c'è?-
ringhiò Sauron mentre si
metteva in piedi e andava incontro al soldato. Marwel era quasi certa
che l'avrebbe strozzato da un momento all'altro.
-Mio signore, gli Elfi...
gli Elfi
stanno marciando per attaccarci!- rispose velocemente il poveretto
che aveva intuito i cattivi pensieri del suo Signore.
Sauron si voltò
velocemente in
direzione della ragazza e disse:
-Sta venendo a prendere te!-
Un mezzo sorriso
spuntò sul viso della
ragazza che però fu spezzato dallo sguardo glaciale di
Sauron.
-Non Lascerò mai
che Finrod ti porti
via da me!- disse Sauron mentre tornava da Marwel.
Le afferrò un
braccio e la portò a
se, poi non curante della sua nudità la portò
nella cella in cui
aveva passato gran parte del suo tempo prima di diventare l'amante
dell'Oscuro Signore.
Successe tutto più in fretta di quanto
si aspettasse; sentiva urla e grida provenire da fuori e poi, dopo
parecchi tonfi, gli Elfi riuscirono ad entrare nella fortezza e ad
arrivare fino alle celle.
Marwel era priva di abbigliamento e
quando arrivò il primo soldato Elfico cercò di
coprirsi alla meno
peggio rannicchiandosi sulla paglia bagnata.
-State tranquilla, vi
tireremo fuori di
qui!- disse tornando indietro in cerca dei suoi compagni.
Quando tornò da
lei non era solo:
dietro di lui brillava l'Elfo dei suoi sogni che con scatto fulmineo
arrivò alla porta della cella e l'aprì grazie
all'aiuto di un
incantesimo.
Finrod si avvinò alla ragazza
lentamente, si tolse il mantello e l'avvolse con la calda stoffa, poi
senza proferire parola la prese in braccio e si fece largo tra le
guardie.
Marwel rimase immobile a guardare quel
viso così giovane e raffinato e a perdersi in quegli occhi
blu che a
lungo aveva potuto guardare solo la notte nei suoi sogni.
Quando furono fuori dal palazzo, l'Elfo
corse verso il suo cavallo bianco e aiutò la ragazza a
salirci e
quando fu sopra, salì in groppa anche lui partendo a galoppo.
Una volta lontani da Sauron e dai suoi
soldati, il passo del cavallo si fece più lento e in poco
tempo li
raggiunsero anche gli uomini di Finrod.
Si fermarono solo quando furono coperti
dagli alberi e la notte era calata tra le colline.
Marwel era appoggiata al tronco di un
albero ed era seduta sulle sue radici tremante e con la pelle fredda;
Finrod le si avvicinò e ordinò di portarle altri
mantelli cercando
di coprirla alla meno peggio.
-Siete congelata, stanca e
affamata.
Arriveremo presto nel mio Regno Marwel, non dovete preoccuparvi, mi
prenderò cura di voi- disse l'Elfo accarezzandole i capelli.
La fanciulla continuava a
tremare,
sembrava avere quasi le convulsioni. Finrod non capiva: era avvolta
da tre mantelli Elfici eppure tremava come fosse nuda! Così
allungò
una mano e l'appoggiò sulla sua fronte.
-Siete bollente! Devo
portarvi subito
nel Nargothrond!- disse mentre la prendeva in braccio e la faceva
salire a cavallo.
-Io devo andare! Voi
raggiungeteci
appena possibile!- continuò rivolgendosi ai suoi uomini.
Il cavallo correva senza
sosta tra la
fitta boscaglia, non si fermò nemmeno quando la pioggia
cominciò a
cadere e la visibilità si ridusse al minimo.
Dopo qualche ora arrivarono nel Regno
di Finrod e subito molti Elfi furono attorno al loro Signore e
aiutarono la ragazza a scendere da cavallo.
Per quanto ci fossero molti uomini
possenti vicino a loro, fu Finrod a portarla in una stanza e a
prendersi cura di lei che intanto era caduta in un sonno profondo.
Quella notte Sauron venne a trovarla in
sogno, ma stranamente non era arrabbiato con lei.
“Si
trovava nella camera da letto
dell'Oscuro Signore e portava un lungo abito nero; guardava la
pioggia scendere fuori dalla finestra e la sua mano accarezzava il
suo ventre gonfio.
Non se ne accorse subito, guardò in
basso solo dopo pochi secondi e rimase bloccata davanti alla sua
inaspettata gravidanza.
-Si Marwel, sei
incinta- disse una
voce dietro di lei.
Non si
voltò di scatto in preda
alla paura, ma lentamente e con un debole sorriso sulle labbra. Aveva
riconosciuto la voce di Sauron e si aspettava che prima o poi sarebbe
arrivato.
-Io amo Finrod,
perdutamente, ma amo
anche te- sussurrò la ragazza avvicinandosi all'uomo.
Sauron prese ad
accarezzarle i
capelli.
-Marwel,
c'è nostro figlio dentro
di te, non potrei mai farti del male, ma non resterò a
guardare
mentre quell'Elfo cresce il mio erede- disse prima di scomparire
nell'ombra.”
Quando si
svegliò si accorse di stare
bene, era tutto finito, il freddo non attanagliava più la
sua pelle
e la testa non pesava più una tonnellata per colpa della
febbre.
Una fanciulla si avvicinò a lei e
l'aiutò a mettersi seduta.
-Avete dormito per quasi
tre giorni mia
Signora, ma adesso state bene entrambi- disse la giovane Elfa.
-Entrambi?- chiese Marwel
pensando al
sogno che aveva appena fatto.
-Siete incinta mia Signora,
non lo
sapevate?- rispose l'Elfa prendendole la mano per aiutarla ad
alzarsi.
A Marwel scappò
un sorriso che cercò
di coprire con l'altra mano, poi la sua felicità venne
spezzata dal
pensiero di Finrod e di quello che poteva provare e pensare lui in
quel momento.
Venne lavata e vestita e poi venne
accompagnata in uno studio accogliente.
Dopo pochi minuti di attesa entrò
Finrod con il viso rilassato, accompagnato dalla sua brillante luce.
Marwel fece un leggero inchino e poi
disse:
-Mio Signore Finrod-
L'Elfo le si
avvicinò, le prese il
volto tra le mani e le schioccò un dolce bacio sulle labbra,
lasciando la fanciulla shoccata per qualche secondo.
-Pensi davvero che i tuoi
sogni fossero
solo fantasie? Ero io Marwel, io entravo nella tua mente! E
ciò che
provavo tra i tuoi pensieri, lo provo veramente.- le
sussurrò ad un
orecchio.
Poi mise una mano sul ventre della
donna e l'accarezzò piano.
-So che aspetti un figlio
da lui, ma
non importa. Lo crescerò come fosse mio, te lo prometto-
aggiunse
posando nuovamente le labbra alle sue.
-Non sei obbligato a farlo,
so che
Sauron ti ha tolto molto e so quanto odio provi per lui- rispose
Marwel staccando le loro labbra per un secondo.
Finrod sorrise leggermente
e prese ad
intrecciare tra le sue dita una ciocca di capelli rosso fuoco della
fanciulla che aveva salvato dall'Oscuro Signore.
-Il mio amore per te
è molto più
grande dell'odio che provo verso quella perfida creatura e spero che
un giorno tu possa amare solo me e dimenticare Sauron- quasi
sussurrò
l'Elfo dalla bionda chioma.
-Come si dice “ti
amo” nella tua
lingua?- chiese la ragazza accarezzando il volto dell'Elfo.
Lui sorrise e rispose piano
come se
volesse dirglielo lui stesso:
-Melin le-.
-Melin le- disse a sua
volta Marwel
rivolgendosi a Finrod.
Le ore, i giorni, i mesi
passarono così
in fretta che nemmeno se ne accorsero e il figlio di Sauron pesava
sul grembo della madre ormai da nove mesi.
Avevano paura di cosa potesse nascere,
di quale carattere prendesse e se il signore Oscuro sarebbe venuto a
prenderselo prima o poi. La gente del Nargothrond non era felice di
avere un Adan nel proprio regno, accanto al loro amato Signore e con
in grembo il figlio del male.
Tuttavia Marwel sentiva che quel
bambino non avrebbe portato dolori tra gli Elfi, poiché mai
lei gli
avrebbe svelato la sua vera natura; sarebbe cresciuto tra l'amore di
sua madre e quello di Finrod, colui che avrebbe chiamato
“ada”.
Finrod impartiva lezioni di Elfico alla
sua donna che dopo pochi mesi riuscì a sostenere un piccolo
dialogo
con lui in quella difficoltosa lingua.
Era una notte di primavera e i due
amanti dormivano abbracciati tra le lenzuola; Finrod aveva una mano
appoggiata sul pancione di Marwel, lo faceva ogni notte prima di
addormentarsi, voleva sentire quel che chiamava “il suo
bambino
inaspettato” muoversi e dare calcetti.
Ma qualcosa successe e Marwel si
svegliò di colpo spaventando Finrod che subito la strinse a
se come
se volesse proteggerla da qualcuno.
La ragazza guardò in basso e vide il
letto e la sua vestaglia bagnati di acqua e sangue.
Rimase per qualche secondo ad osservare
la scena con gli occhi sgranati e il calore delle braccia dell'Elfo
attorno alle spalle.
-Finrod, credo che mi si
siano rotte le
acque.- disse poi con voce tremante e accennando un sorriso nervoso.
Il Sovrano del Nargothrond
si alzò di
scatto e corse fuori dalla camera a cercare il medico di corte che
non tardò un secondo ad arrivare.
Dopo circa 7 ore il travaglio si fece
intenso e le prime grida di Marwel cominciarono a riecheggiare tra i
corridoi e le sale del palazzo, svegliando chi ci abitava e facendo
accendere le luci delle candele nel cuore della notte.
Finrod camminava spazientito e
impaurito dietro la porta; si sentiva terribilmente impotente, non
poteva fare altro che attendere la nascita di quel figlio tanto amato
anche se non suo.
Un'Elfa aprì la porta della camera ed
uscì con degli asciugamani insanguinati, corse letteralmente
via
senza dire nulla al suo Sovrano. Finrod vide Marwel con il volto
pallido, stanco e imperlato di sudore e una lacrima rigò il
suo viso
perfetto.
La porta venne chiusa subito dopo e le
urla ricominciarono a battere nei timpani dell'Elfo e dei suoi
sudditi.
Poi, dopo ore ed ore ad ascoltare quei
lamenti e quei dolori che straziavano la sua anima e spezzavano il
suo cuore, udì il pianto di un bambino e senza aspettare
nemmeno un
secondo di più, entrò nella camera da letto e si
fiondò al fianco
di Marwel che piangeva commossa alla visione della sua creatura.
Niente di più bello aveva mai visto
Finrod Felagund e niente di più bello aveva visto Marwel.
Ma il momento più gioioso arrivò
quando la donna che aveva fatto nascere quel bambino
annunciò che
non era un maschio, ma bensì una bellissima bambina.
Subito l'avvolse in un lenzuolo e
l'appoggiò tra le braccia della madre che
cominciò ad accarezzarne
il viso.
Aveva i capelli neri come la notte e
gli occhi sembravano ambrati come i suoi; Le lacrime presero a
scorrere dagli occhi del Sovrano quando prese in braccio quel
fagottino.
-Mae govannen Aranel-
sussurrò Finrod
prima di poggiare le labbra sulla sua piccola fronte.
Tuttavia, Finrod
guardò Marwel per
qualche istante e vide il suo volto coperto da un velo di tristezza;
non capiva cosa potesse turbare la sua amata in quel momento
poiché
attorno a loro aleggiava solo gioia e commozione, pure le donne che
fino a qualche minuto prima aiutavano Marwel, ora piangevano di
felicità.
-Cos'hai?- chiese l'Elfo
avvicinandosi
di più alla ragazza.
-Dici che verrà
a prendersela? Dici
che mi tormenterà nei sogni per poterla vedere? È
così piccola e
indifesa- rispose cominciando a piangere.
Finrod porse la bimba ad un
Elfa per
poterla lavare e vestire e abbracciò Marwel appoggiando la
fronte
alla sua.
-Deve solo provarci. Ha
perso tutto
quando ti ho portata via da lui. Siete mie, le mie donne e non
potrà
mai farvi del male finchè sarò in vita- disse
l'Elfo prima di
schioccare un bacio sulle labbra della donna che stremata dalla
fatica del parto, non ci mise molto ad addormentarsi tra le sue
braccia.
Non ebbe modo di dormire a lungo perchè
Aranel aveva bisogno di attaccarsi al seno.
Finrod rimase estasiato da quella
visione: era un gesto così naturale per un bambino, eppure
nessuno
gliel'aveva insegnato prima, riusciva a nutrirsi senza prima aver
fatto pratica in nessun modo.
Come poteva essere malvagia una
creatura così bella? Come poteva il male scorrere nelle sue
vene? Ma
l'Elfo non si sarebbe dato per vinto e l'avrebbe cresciuta nella
bontà e all'oscurità della sua vera natura.
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Capitolo 2 *** Galadriel ***
Galadriel
La bambina
abbassò la testa
imbarazzata, ma di tanto in tanto alzava lo sguardo per osservare sua
zia, la sua bellissima zia.
Finrod si abbassò e sussurrò
all'orecchio della figlia:
-Aranel, non avere paura-
Galadriel porse la mano
alla piccola
che la strinse arrossendo.
La Dama della Luce cominciò a
camminare guardando sua nipote muovere piano i suoi piedini; le
strinse la manina e poi cominciò a parlare:
-Sai Aranel, è
da tanto tempo che non
vedo una bambina. Mia figlia è ormai adulta e mi mancava
tanto un
piccolo visino da poter osservare e coccolare. Sei bellissima, lo
sai?-
Aranel sorrise sinceramente
a
quell'affermazione creando un momento di tenerezza tra le due. Si
sedettero su una panca di pietra e Galadriel prese ad accarezzarle i
capelli lunghi e neri.
-Somigli molto a tua madre-
disse la
Dama continuando ad accarezzarle la chioma.
-Ho sentito parlare due
guardie di Ada
e dicevano che non assomiglio per niente a lui. Ma se tu...voi mi
dite che io sono bellissima, significa che invece ci somiglio molto.-
poi si avvicinò all'orecchio della Zia che sorrideva
addolcita e
continuò -Non ditelo a Nana, ma secondo me Ada è
più bello di
lei!-.
Galadriel
scoppiò a ridere e appoggiò
una mano sulla guancia di Aranel che cominciò a ridere anche
lei.
-Oh Aranel, sei la bambina
più dolce
che abbia mai conosciuto! Non darmi del voi, sono tua Zia prometto
di vegliare sempre su di te. Non lascerò che qualcuno ti
faccia del
male, niente e nessuno potrà.- disse la Dama prima di
abbracciare la
bambina.
-Zia, posso confidarti un
segreto?-
chiese la bimba quasi sussurrando.
Galadriel annuì
semplicemente e si
avvicinò di più al viso della nipote.
-Quelle due guardie
parlavano di una
cosa che non ho capito bene. Hanno detto che quando Ada ha salvato
Nana, lei è arrivata nel Nargothrond già incinta
di me, ma io non
l'ho capito perchè è impossibile visto che prima
si trovava da una
persona cattiva. Nana non vuole dirmi come si chiama e Ada cambia
sempre argomento pensando che io non me ne accorga! Comunque io non
ho capito bene, Nana e Ada si sono conosciuti prima che il cattivo la
prendesse?-
Galadriel rimase scioccata,
lei sapeva
tutta la verità ovviamente, ma cosa le avrebbe risposto?
Guardava
quegli occhietti ambrati che aspettavano una risposta, ma rimase
bloccata senza riuscire ad aprir bocca.
Strinse al petto la piccolina e
trovando il coraggio di non rispondere il vero, disse:
-Piccola mia, non lo so.
Finrod non mi
ha raccontato nulla, ma secondo me quelle due guardie si sbagliano.
Tu sei mia nipote, io te lo leggo negli occhi, ma anche se non fosse,
cosa che dubito, i figli non sono di chi li fa, ma di chi li cresce.
Ma non preoccuparti, mio fratello è il tuo papà,
ne sono certa.-
La Dama sospirò
e prese in braccio sua
nipote dirigendosi nella sala del trono in cerca dei suoi genitori.
Quando Galadriel
portò via la loro
bambina per fare quattro chiacchiere, Marwel e Finrod si trovarono
soli dopo tanto tempo.
Lei prese ad osservare il suo amato
come se fosse la prima volta che lo vedesse: i suoi lineamenti e il
suo portamento fiero, non erano cambiati di una virgola col passare
del tempo; i suoi capelli ricadevano biondi e lucenti sulle spalle,
superandole di molto, ma adagiandosi serenamente su di esse come
acqua sulle rocce.
Anche gli occhi di lui presero a
guardare la donna più bella che avesse mai visto: la chioma
rossa
s'era allungata molto da quando l'aveva strappata dalle braccia di
Sauron, il suo volto era illuminato dalla luce materna e dalla
serenità di quegli anni passati nel Nargothrond. Mentre
seguiva la
linea del suo viso, il suo sguardo di ghiaccio si posò sulle
labbra
della donna: rosse come il sangue spuntavano appena sotto il solco
della parte inferiore del naso.
Le si avvicinò piano e la strinse a se
in un abbraccio pieno di desiderio e amore, poi, mentre le
accarezzava una guancia, prese a baciarla con passione. Si
staccò
solo per riprendere fiato, ma non riuscì a trattenersi e la
prese in
braccio portandola nelle sue stanze.
Un momento perfetto per loro, per
potersi coccolare e potersi amare tra le lenzuola bianche del loro
letto matrimoniale.
I loro vestiti caddero sul pavimento in
poco tempo e subito i gemiti e i sussulti cominciarono ad aleggiare
nella stanza, lasciando che il silenzio li prendesse solo quando
ebbero finito e stanchi s'appoggiarono l'uno all'altra.
-Ti amo- disse Finrod
appoggiando la
fronte alla sua -Ti amo come il primo giorno e ti amerò per
sempre-
finì baciandola ancora.
Lei sorrise e si
abbandonò alle sue
coccole.
-Ma non è tutto
quel che volevo
dirti.- continuò l'Elfo prendendo il volto della sua amata
tra le
mani.
Marwel rimase in silenzio e
guardò a
lungo Finrod senza capire o intuire cosa stesse aspettando di dirle.
-Voglio che diventi mia
moglie. Voglio
che il regno ti veda come la loro Regina, la mia Regina-
Lei non rispose subito, ma
abbracciò
il suo amore e lo baciò con foga mettendosi a cavalcioni su
di lui.
Mai la voglia del suo cuore e del suo corpo avrebbe abbandonato
l'anima dell'Adan e mai l'avrebbe lasciato andare, nemmeno quando
avrebbe raggiunto Mandos.
-Lo voglio- rispose Marwel
cominciandosi a muovere sensualmente creando eccitazione in Finrod,
che non perse altro tempo e ricominciò ad amarla.
Quando raggiunsero la sala
del trono
non trovarono Finrod e Marwel ad aspettarli, ma solo due guardie che
le guardavano imbarazzate.
-Dov'è il vostro
Sovrano?- chiese
Galadriel severa tenendo tra le braccia la bambina.
-Hanno lasciato la sala per
dirigersi
nelle loro stanze mia Signora- rispose uno di loro arrossendo.
Galadriel capì
all'istante e girò i
tacchi per uscire fuori dal palazzo.
-Vuoi conoscere una mia
grande amica?-
chiese alla sua nipotina senza farla scendere dalle sue braccia.
-Si- rispose sorridendo la
piccola.
Galadriel portò
sua nipote alle
stalle; la mise giù e prendendola per mano, la
portò dove avevano
nutrito e spazzolato il suo destriero.
-Lei è Fanuilos,
compagna di lunghe
passeggiate e molti viaggi, come quello che mi ha portato nel regno
di mio fratello, a conoscere la Stella del Re- disse la Dama
pronunciando il significato del nome della bambina.
L'esemplare di Mearas era
semplicemente
bellissimo, anzi bellissima. Il suo manto era raso e bianco come la
neve, la sua criniera scendeva dorata dalla testa che agitò
quando
vide la sua padrona. “In un certo senso si
somigliano” pensò Aranel sorridendo e
avvicinando la mano al muso dell'animale.
-E' bella!- disse la bimba
quando
l'animale abbassò il capo per permetterle di accarezzarla.
-Possiamo andare a fare un
giro se
vuoi- disse la Dama.
Senza aspettare risposta
dalla nipote,
la prese in braccio e l'adagiò in groppa a Fanuilos prima di
salire
anch'essa.
Cavalcarono nel bosco illuminato e
riscaldato dai raggi solari; era come se si conoscessero da sempre,
come se fosse cresciuta con sua Zia accanto.
Ma ad un tratto, qualcosa attirò
l'attenzione delle due, mettendo in allerta la Dama.
Una luce apparse dietro il tronco di un
albero, una luce che si trasformò in un uomo alto e vestito
di nero.
Non ci volle molto prima che Galadriel
ne scorgesse il volto e ne riconoscesse la persona.
L'uomo dalla chioma lunga e nera e
dagli occhi blu, si avvicinò piano a Fanuilos che aveva
arrestato i
suoi passi per ordine della sua padrona.
-Buongiorno Galadriel,
discendente di
Finwë, Dama
dei Galadhrim e buongiorno anche a voi Aranel figlia di...Finrod-
disse lui sorridendo.
Galadriel
fece per voltare
la cavalcatura e tornare indietro di gran corsa, ma l'uomo le si
parò
davanti apparendo d'improvviso.
-Che
cosa vuoi Sauron??-
urlò Galadriel mentre con un braccio stringeva la bambina
che
tremava spaventata.
-Mia
figlia!- urlò lui a
sua volta come se fosse impazzito.
Spaventò
Fanuilos che
s'impennò e fece cadere la Dama e sua nipote a terra.
Galadriel non si fece
prendere dalla paura e reagì alzandosi ed estraendo
velocemente la
sua spada dal fodero legato alla sella del cavallo che
scappò poco
dopo.
-Non
ti permetterò mai di
portarla via!- disse furiosa puntandogli l'arma contro.
Sauron
le andò incontro e
la disarmò semplicemente con un incantesimo pronunciato a
bassa
voce. Prese Galadriel per il collo e la spinse via scaraventandola
contro un albero e ferendola alla testa.
Quel che riuscì a vedere
la Dama fu solo Sauron che prendeva in braccio la bambina che si
dimenava piangendo e si dileguava nel nulla, poi l'oscurità
l'avvolse facendola accasciare a terra.
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Capitolo 3 *** Dolore ***
Dolore
Quando dei soldati trovarono Galadriel
a terra ferita, non indugiarono un istante e la portarono subito a
palazzo dove già l'attendevano Finrod e Marwel.
Si svegliò dopo poche ore spiegando
subito la situazione a suo fratello che, compreso cos'era accaduto,
andò nella sua stanza dove l'attendeva una compagna
preoccupata per
la vita di sua figlia.
Quello che ne seguì furono pianti e
urla di dolore poiché lei sapeva che sarebbe stato
difficile, se non
impossibile, rivedere la sua dolce e preziosa creatura.
Nessuno parlava, nessuno aveva il
coraggio di aprir bocca; in quei giorni regnò il silenzio
nel
Nargothrond, non c'era più amore e le risate di Aranel erano
scomparse lasciando che la tristezza prendesse il sopravvento tra gli
alberi dov'era solita giocare.
Anche Galadriel non parlava, non usciva
dalla sua stanza da quel giorno, non mangiava, ne dormiva, il senso
di colpa attanagliava il suo cuore e la sua anima. Più volte
si
ritrovava a piangere alla finestra accarezzata solo dal vento;
pensava a quanto potesse soffrire Marwel a causa di Sauron e a quanto
potesse essere doloroso avere il cuore spezzato in tanti piccoli
pezzi. Finrod non si dava pace, il suo destino e quello dell'Oscuro
Sire erano inevitabilmente intrecciati già da quel giorno a
Tol
Sirion, quando Sauron prese con la forza la Minas Tirith creata con
tanto amore dal Noldo che fu costretto a rifugiarsi nel Nargothrond
con la sua gente. Si sarebbe ripreso sua figlia e la sua
città e
avrebbe riconquistato la gioia e la felicità che aveva
ricevuto dai
Valar con la nascita della sua stella.
Marwel era distrutta, irriconoscibile,
bloccata sul suo letto ad osservare il vuoto davanti a lei;
accarezzava distratta il cuscino affianco al suo come se fosse il
viso di Aranel. Non riusciva ad alzarsi, era come se fosse stata
paralizzata da un incantesimo, la mente era ferma sugli occhi di sua
figlia, sul suo sorriso e al primo momento in cui la vide.
Vola farfalla tra i rami e le
foglie,
vola col sole e la pioggia,
finchè la morte non ti coglie.
Le tue ali dorate riflettono la
luce,
non spaventarti delle mie mani,
anche se il mio sguardo è truce.
Finalmente ti addormenti sulle dita,
chiudi i battiti e lasci che il
sonno ti prenda,
chiudi il cuore e lasci il dono
della vita.
Marwel sussurrava le parole di quel
canto ripetendolo all'infinito, come se ogni frase potesse darle
sollievo. Non dormiva con Finrod da quel giorno, non vedeva ne lui ne
sua sorella e non aveva voglia di farlo, riusciva solo a respirare e
piangere da sola nel buio.
Quel che gli occhi di
Aranel vedevano
erano delle alte colonne di marmo in un grande salone di pietra; ad
ogni lato vi erano delle guardie armate di lancia e vestite con
armature lucide e nere. Colui che l'aveva portata via dal suo luogo
incantato diceva di essere suo padre, ma lei rifiutava di crederci;
suo padre era Finrod Felagund, Signore delle Caverne, l'amico degli
Uomini, colui che l'aveva cresciuta e protetta al meglio, non Sauron
l'Oscuro Signore, servo fedele di Melkor e guardia dell'oblio.
-Bene Aranel, questa
è la tua nuova
casa, che ti piaccia o no abiterai in queste terre per il resto della
tua vita.- disse Sauron freddo.
Guardò sua
figlia che aveva le lacrime
agli occhi, ma per quanto la tristezza riempiva il suo cuore,
riusciva a guardarlo con sguardo furioso.
Aranel non rispose alle parole di
Sauron, anzi gli tirò un calcio sulla caviglia e
scappò via verso
la porta. Sauron rise sommessamente e ordinò ad una sua
guardia di
prenderla e portarla nella sua stanza.
-Lasciami!- urlò
la bambina mentre il
padre rideva ancora maligno.
-Avrei preferito un
maschio, ma mi sei
capitata tu.- disse lui mentre chiudeva la porta a chiave.
I giorni passavano e Marwel
finalmente
uscì dalla stanza con un senso di nausea che la metteva k.o..
Cadde a terra senza nemmeno rendersene
conto e subito venne soccorsa da Finrod che si trovava nel corridoio
con l'idea di andare a bussare alla porta di Marwel.
-Marwel! Cosa ti accade?-
chiese lui
mentre la prendeva in braccio e ordinava ad una guardia di andare a
chiamare un medico.
Quando il dottore
uscì dalla stanza si
congratulò con Finrod e gli strinse la mano dicendogli che
la sua
amata futura sposa era incinta.
Ma Marwel non sapeva se essere felice
perchè anche se una nuova vita stava prendendo forma nel suo
ventre,
lei non pensava che ad Aranel e a come potesse stare con Sauron.
Finrod entrò nella stanza senza
sorridere, si sedette sul letto e prese la mano della sua amata
baciandone il dorso dolcemente.
L'abbracciò e scoppiarono entrambi in
lacrime pensando alla loro bambina nelle mani del nemico.
-Mia figlia sta pagando i
miei errori-
disse Marwel tra i singhiozzi.
Finrod prese il volto della
sua amata
tra le mani e con sguardo serio rispose:
-No, non è colpa
tua, non potevi
saperlo. Non è colpa di nessuno, è la sua natura
e prenderà sempre
qualcosa di prezioso agli altri-.
Marwel non disse niente,
rifugiò il
volto nell'incavo del suo collo e rilassò i nervi smettendo
di
piangere.
-Come faremo? Non
potrà essere il tuo
legittimo erede finchè non siamo sposati-
sussurrò lei intrecciando
le dita alle sue.
-Allora sposiamoci.- disse
Finrod
alzando piano il viso di Marwel con le dita -So, che non è
un
momento di gioia per noi, ma io vorrei che fossimo uniti per
l'eternità dal vincolo del matrimonio, anche solo io e te.-
continuò
finendo con un piccolo bacio sulle labbra.
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Capitolo 4 *** Gli Universi s'intrecciano ***
Gli
Universi s'intrecciano
Morwenna se ne stava seduta
davanti al
focolare della casa che aveva costruito nel Pale insieme al suo
più
fedele amico Marcurio. Whiterun non distava molto dalla sua
abitazione e rimaneva sempre in contatto con lo Jarl per avere
notizie in caso di qualche attacco da parte dei Draghi. Erano anni
ormai che aveva messo piede a Tamriel, ma non era di li. Nacque sulla
Terra, amata e coccolata da genitori affettuosi e fratelli gelosi
della loro piccola sorellina, ma lei non ricordava più con
chiarezza
i loro volti, riusciva a tener stretti nel cuore solo i loro nomi che
mai andavano cancellandosi. Si ritrovò in una prigione il
giorno
del suo ventunesimo compleanno senza sapere come ci fosse arrivata.
Un uomo chiamato Uriel Septim le affidò un compito prima di
morire:
trovare il suo erede sconosciuto al mondo. Ma quale mondo? Quale
erede? Si chiedeva Morwenna in quegli istanti. Non era il suo nome,
ma così la chiamarono quando fu nota a tutti come la
“portatrice
dell'Amuleto del Re”.
Si trovava a Cyrodiil e non sapeva il
perchè il fato avesse scelto proprio lei per compiere quella
missione pericolosa. Uccise molti nemici dopo solo pochi mesi passati
in quella regione di Tamriel, imparò tutto dell'arte della
spada e
divenne anche un'ottima arciera. Ma quando pensava di poter tornare a
casa dai suoi cari, si risvegliò in un'altra Era, su un
carro legata
per i polsi e vestita solo di una casacca logora.
Qualcuno parlava di soldati Manto della
Tempesta e di quanto fosse ingiusta la punizione che avevano scelto
per loro e per il loro capo.
Morwenna non ci capiva nulla, non
sapeva dove fossero finiti la sua spada, il suo scudo e il suo arco;
avrebbe voluto alzarsi e difendersi, ma non poteva far altro che
aspettare.
La punizione di cui parlava quel
soldato era la decapitazione al centro di un paesino chiamato Helgen,
ma tutto ciò non avvenne, o almeno, non ci fu nessuna
decapitazione
per Morwenna che fu “salvata” per un pelo
dall'arrivo di un
enorme Drago sputa fuoco che cominciò a mietere vittime
lasciando la
speranza di fuga della donna.
Morwenna rimembrava spesso il passato
davanti al fuoco, il suo destino era quella di salvare Tamriel e
l'accettava poiché nulla le faceva paura tranne il pensiero
di
perdere i suoi due bambini: Samuel e Shan. Il primo aveva sette anni
e l'aveva adottato a Riften in uno squallido orfanotrofio pieno di
anime innocenti, la seconda l'aveva trovata infagottata in una
caverna quando non aveva nemmeno un mese di vita e ora aveva compiuto
da poco il secondo anno di vita. Fu quello il motivo che la spinse a
costruire una casa solida lontana dalla città, ormai mirino
di vari
attentati da parte dei Draghi, e di regalare loro un posto sicuro
vicino a due accampamenti di Giganti.
Morwenna era divenuta un “Dovahkiin”,
un ammazza draghi e la sua missione era quella di sconfiggere Alduin,
il divoratore di mondi, ma questo lo fece molto tempo addietro, dopo
un anno dall'arrivo a Skyrim.
Tuttavia la donna non capiva, non
riusciva a scavare a fondo nella sua mente e a trovare il motivo per
il quale non invecchiava e manteneva sempre lo stesso aspetto da poco
più che ventenne ormai da quasi un centinaio di anni.
Tutti morivano, persino i Sangue di
Drago come lei, ma chissà per quale ragione la sua pelle non
si
riempiva di rughe, le sue ossa non divenivano deboli e il suo cuore
non cessava di battere. Aveva perso molti amici, aveva visto
trapassare gli Jarl e vedere salire sui loro troni i loro figli,
aveva visto il suo fedele destriero abbandonarsi alla morte in
vecchiaia e una delle sue più care amiche, nonché
compagna d'armi,
morire dopo una lunga vita di guerra.
Gli unici che non si estinguevano erano
i Draghi che era obbligata ad uccidere quasi ogni giorno ormai, ma
per fortuna poteva sempre contare sull'aiuto di Odahviing, un drago
che giurò fedeltà al Dovahkiin dopo aver servito
fedelmente Alduin
prima della sua dipartita.
Morwenna fu scossa da una piccola
manina che le tirava piano la manica del vestito.
-Mamma, cosa fai?- chiese
Shan
appoggiando la testolina dorata sul suo braccio.
Morwenna prese ad
accarezzare i suoi
riccioli e poco dopo la prese in braccio facendola saltellare appena
sulle ginocchia.
-Nulla piccola mia, vuoi
fare
qualcosa?- rispose il Dovahkiin.
La bambina scese dalle sue
ginocchia e
corse verso la porta d'ingresso, prese un piccolo mantello blu, se
l'avvolse alla meno peggio e poi disse:
-Voglio andare a giocare
con Sam!-
Morwenna rise e si
alzò piano dalla
sedia davanti al fuoco, avanzò verso la figlia e
aprì la porta di
casa rivelando un paesaggio innevato sotto grigie nuvole invernali.
-Mamma!- urlò il
bambino sventolando
una buffa spada di legno.
Marcurio stava insegnando
il piccolo a
combattere come ormai faceva da settimane; Sam era instancabile e lui
invece avrebbe fatto volentieri una pausa o due durante
l'allenamento.
-Samuel! Lascia in pace il
povero
Marcurio una volta tanto!- disse la donna avvicinandosi sorridente ai
due.
Per qualche secondo perse
di vista Shan
e quando si voltò per richiamare l'attenzione della piccola,
non ne
vide alcuna traccia.
Morwenna corse indietro e intorno a
tutta la casa e la stessa cosa fece Marcurio, abbandonando la sua
spada di legno a terra e ordinando a Sam di rientrare in casa e
aspettarli la.
-Shan! Dove sei? Shan!-
chiamava a gran
voce il Dovahkiin.
Dopo qualche minuto vide la
piccola
avvicinarsi saltellando per mano ad un uomo con folta barba grigia e
un cappello blu.
-L'ho trovata che dava da
mangiare ad
un cervo!- disse una voce paterna e profonda.
-Shan!- disse la donna
inginocchiandosi
e aprendo le braccia per accoglierla e riscaldarla.
-Mamma lui sa fare le magie
come te!-
disse la piccolina nascondendo il volto tra i capelli corvini della
madre.
Morwenna si alzò
tenendo la sua
bambina tra le braccia e si rivolse all'anziano:
-Grazie per avermela
riportata, questo
mondo è pieno di pericoli come ben sapete.-
-Già, tutti i
mondi sono pieni di
pericoli, tranne l'aldilà. Forse potete aiutarmi a non
smarrire la
via, sapreste indicarmi la casa del Dovahkiin?- chiese il vecchio
appoggiandosi al suo bastone.
-Questa è la
casa del Dovahkiin, io
sono colui che cercate.- rispose lei marcando la parola
“colui”.
Odiava quando arrivava
qualcuno e
invece di chiedere di una donna, chiedeva di un uomo poiché
impensabile era che qualcuno del suo sesso potesse essere il valoroso
Sangue di Drago.
-Sapevo che eravate una
donna
Dovahkiin, ma non pensavo che foste così bella anche se
c'era da
aspettarselo viste le vostre origini- disse l'uomo avvicinandosi a
lei.
-Chi siete?- chiese
ringhiando
Morwenna.
-Un vecchio che chiede il
vostro aiuto
e un posto caldo dove riposare.- rispose lui sorridendo.
Morwenna sapeva di non
correre
pericoli, non sarebbe mai riuscito a fare del male a lei e alla sua
famiglia, nessuno poteva.
Lo lasciò entrare nella propria casa e
preparò la cena per tutti, poi dopo aver messo i bambini a
dormire,
chiese all'anziano di seguirla davanti al fuoco per riscaldarsi e
raccontargli la sua storia.
-Dunque, avete bisogno del
mio aiuto
giusto?- chiese lei mentre appoggiava la schiena sul freddo legno
della sedia.
Lui sbuffò una
leggere nuvola di fumo
dalla pipa e poi rispose:
-Si Dovahkiin, ho bisogno
del vostro
aiuto. Sapete bene che esistono vari mondi, vari Universi che
intrecciano le proprie radici senza farcelo notare; io so che voi
stessa non siete di qui, non siete nata a Tamriel-.
Morwenna socchiuse le
labbra e le
richiuse dopo qualche secondo espirando l'aria riscaldata dal
focolare dalle sue narici.
-No, ma sono secoli ormai
che abito in
queste terre.- disse lei guardandolo con i suoi occhi ambrati.
-Avete gli stessi occhi di
vostra
madre.- sussurrò lui togliendosi la pipa dalla bocca.
Lei si alzò di
scatto dalla sedia e
strinse le mani in due pugni tremanti e agitati.
-Di cosa state parlando?
Mia madre
aveva gli occhi verdi se non ricordo male.- disse rabbiosa.
-Non sto parlando della
vostra madre
Terrestre, ma della vostra vera madre.- rispose lui guardando il
fuoco.
-Se questo è uno
scherzo, vi consiglio
di smetterla. Avrei creduto alle vostre parole due secoli fa forse,
quand'ero ancora poco più di una bambina, ma ora-
ringhiò
avvicinando il viso al suo e bloccandolo sulla sedia -sono cresciuta
e tutto ciò che riesco a fare quando perdo la pazienza
è staccare
la testa di colui che mi ha causato ira.-
Lo stregone si
portò nuovamente la
pipa alle labbra e si mise comodo sulla sedia come se niente fosse
successo.
-Non è uno
scherzo Dovahkiin, tuttavia
non sarò io a raccontarvi tutta la storia poiché
non spetta a me
farlo.- rispose lui.
Morwenna
riacquistò lucidità e
controllo e si sedette nuovamente sulla sedia senza staccargli gli
occhi di dosso.
-Il mio nome è
Gandalf e vengo da
Arda, un Universo quasi parallelo al tuo. Ci serve il tuo aiuto,
abbiamo bisogno di te per scacciare il male dalle nostre terre- disse
lo stregone togliendosi il cappello.
-Devo dunque saltare in un
altro mondo?
Ancora?- chiese Morwenna più a se stessa che al mago.
-Se non accetti,
condannerai un mondo
innocente agli errori di tua madre che ahimè non
può farci più
nulla.- rispose lui alzandosi e indossando nuovamente il suo
cappello.
-Skyrim è
infestata dai Draghi, solo
gli Dei sanno il perchè non si sono estinti e io ho una
famiglia e
un'intera regione da proteggere. Come potete chiedermi di svolgere un
tale compito? In un altro mondo poi! Si, sono un Dovahkiin, ma non
credo di essere la persona che cercate.- disse lei alzandosi in piedi
e girandogli le spalle.
-Il fatto che voi non
sapete di
esserlo, non significa che io mi stia sbagliando, che vostra Zia
abbia fatto un errore a mandarmi qui- rispose lui.
-Può farvi
rimembrare il vostro passato il nome che vi hanno dato vostra madre e
vostro padre?- continuò Gandalf avvicinandosi a Morwenna.
-Il nome che mi hanno dato
i miei genitori è Sabrah! Il nome che mi hanno dato a
Cyrodiil è Morwenna! Non ho nessun altro nome!-
urlò lei mettendosi faccia a faccia con il vecchio stregone.
-Aranel, la stella del Re.
Questo è il nome che vi fu dato alla vostra prima vera
nascita che avvenne nella Prima Era ad Arda, nel Nargothrond, il Regno
di vostro padre Finrod Felagund. Tuttavia non è lui quello
vero.- rispose lo stregone con voce pacata.
Angolino
di un'autrice pazza!:
Dunque, come avrete notato
(forse) ho cambiato un po' di cose dall'idea iniziale. Tuttavia vorrei
spiegarvi il motivo: in realtà nella mia mente malata era
già nata così, un intreccio di Universi
così simili e lontani tra loro e poi vabbeh, cosa
c'è di più Epico? xD spero vi piaccia davvero,
durante la storia ci saranno spezzettoni della sua vita passata a
Tamriel e sulla Terra! inoltre mi farebbe molto piacere ricevere
qualche recensione anche negativa, così che possa capire
perchè la leggete in tanti, ma non la recensisce nessuno!
baci baci :)
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Capitolo 5 *** Questione di scelte ***
Questione di
scelte
-Mi
state dicendo che
la vita che ho vissuto fino ad ora non è la mia vera vita?
Mi state
dicendo che dovrei essere altrove? Ma tuttavia non dovete essere voi
a raccontarmi tutta la mia storia giusto? E chi dovrebbe farlo?
Questa mia fantomatica Zia? Mia madre? Mio padre?- cominciò
a
chiedere Morwenna.
-Non
posso aggiungere
altro, ve l'ho detto, non sta a me raccontarvi la vostra storia. Sta
a me solo portarvi nel nostro mondo e cercare di aiutare come meglio
posso un Dovahkiin affinché non perda la vita.- rispose il
vecchio
rimanendo immobile a guardare la donna.
-Verrò
con voi
Gandalf, verrò perchè c'è della gente
da salvare e un Dovahkiin
non si tira mai indietro, ma ad una condizione: i miei bambini
verranno con me e staranno al sicuro da qualche parte in quel mondo.
Dovete capirmi, non riuscirei a combattere come si deve se il mio
pensiero si posasse sempre sulla vita dei miei figli.- disse lei
girandosi verso lo stregone.
Gandalf si avvicinò a
Morwenna e le prese una mano tra le sue.
-Non
posso negarvi una
cosa simile mia cara, ma quel mondo non è tanto meglio di
questo ora
come ora.-
-Preferisco
che stiano
dove posso raggiungerli in fretta piuttosto che troppo lontani da
me.- disse lei abbassando il capo.
Le
luci del mattino
filtravano dalla finestra della stanza degli ospiti dove aveva
dormito Gandalf. Fu felice del risveglio, poiché ad
attenderlo nel
salone principale c'erano le voci di due bambini e un dolce profumo
di biscotti.
-Gandalf!-
urlò la
piccola Shan correndo verso lo stregone.
-Shan!
Ben svegliata
piccola avventuriera!- rispose lui prendendola tra le braccia.
Marcurio
uscì dalla
cucina con un vassoio pieno di biscotti e tanti altri dolci. I
bambini strillarono felici e l'uomo sorrise mentre appoggiava il
tutto sul tavolo.
-Buongiorno
Marcurio,
posso chiedervi dov'è Morwenna?- chiese lo stregone posando
a terra
la bambina che corse a sedersi.
-Buongiorno
Gandalf,
Morwenna è fuori dall'alba, probabilmente si è
recata a Whiterun
per comprare qualcosa, o visto l'orario sarà andata a
cacciare, ma
non saprei dirvelo con precisione- rispose l'uomo facendo cenno a
Gandalf di accomodarsi e consumare un pasto decente.
Dopo
circa un'ora la
porta si spalancò ed entrò Morwenna con il volto
coperto di
fuliggine e la corazza annerita appena.
Si avvicinò ad un
baule e vi posò sopra una spada con il manico che brillava.
-Scusate
il ritardo, ma
un drago ha attaccato Riverwood e ovviamente è toccato a me
ucciderlo.- disse Morwenna che ancora ansimava stanca.
Si
sedette al tavolo
vicina a Gandalf che stava tranquillamente fumando la pipa e creava
cerchi di fumo perfetti.
I bambini abbracciarono
la loro madre e poi corsero in cameretta a giocare.
-Cosa
ci sei andata a
fare a Riverwood?- chiese Marcurio incuriosito dalla sua
destinazione.
Morwenna
non parlò.
Un'ora
prima....
Si
era svegliata presto quella mattina, aveva bisogno di fare scorte di
pozioni curative e cibo per poter partire in tutta
tranquillità con
Gandalf, ma sapeva bene che i negozi non avrebbero aperto fino alle
otto del mattino. Voleva recarsi a Riverwood, dove aveva seppellito
la sua cara amica Lidia.
Quando
arrivò cominciò a piovere, una pioggia leggera,
una di quelle che
si fa fatica a sentir picchiettare sulla pelle, una di quelle che ti
bagnano il viso dopo svariati minuti, una di quelle che ti lascia il
tempo di coprirti come se avesse paura di farti prendere freddo.
Lasciò
il cavallo all'entrata del villaggio e camminò piano nel
luogo in
cui l'aveva sepolta. Quando arrivò, appoggiò
sulla terra un fiore
di montagna blu, il preferito di Lidia.
Le
gambe tremavano davanti alla sua lapide come se fosse il giorno della
sua sepoltura, come se il tempo si fosse bloccato a quasi un secolo
prima. Avrebbe voluto farle conoscere i suoi bambini, avrebbe voluto
portarla con se nella sua nuova avventura, sicura che lei avrebbe
accettato di seguire la sua compagna.
“Sono la tua spada
e il tuo scudo” le diceva
sempre quando Morwenna le chiedeva se fosse pronta a fronteggiare il
nemico, la stessa frase che la donna fece incidere sulla sua lapide.
-Quanto
tempo è passato? È sempre inverno qui a Skyrim,
eppure quand'eri in
vita il sole splendeva, davvero. Riesco a ricordare il calore sulla
pelle, calore che ho perso da tempo.- sussurrò Morwenna
prima di
inginocchiarsi sulla dura terra appena bagnata.
Accarezzò
quella scritta, fece scivolare l'indice su ogni lettera come per
volerle scavare sul marmo per paura che prima o poi si cancellassero.
-Lidia,
non so più chi sono... vorrei che fossi qui a dirmelo tu
perchè io
proprio non lo so. A cosa appartengo? Qual'è il mio mondo?
Tamriel?
Arda? La Terra? Ho bisogno di sentirmelo dire.- disse prima di
cominciare a singhiozzare.
Anche
un Dovahkiin aveva un cuore e quello di Morwenna si mostrava spesso
debole davanti alla tomba dei suoi cari. Si ritrovava spesso a
visitare Helgen, a guardare le case distrutte e il ceppo di legno che
il suo sangue avrebbe dovuto bagnare quel giorno. Non avrebbe fatto
metà delle cose che fece se vicino a lei non ci fosse stata
Lidia,
ma sembrava essersene dimenticata, sembrava aver scordato di essere
un Dovahkiin più di una volta: mentre piangeva appoggiata al
freddo
marmo della lapide, mentre attraversava a passo lento sul cavallo
quel paesino dilaniato dalle fiamme, mentre passava davanti alla sua
casetta a Whiterun e mentre si sedeva sul letto della sua amica
defunta. Dimenticava di essere un Sangue di Drago, di essere l'eroina
di Skyrim e di aver sconfitto il grande nemico; non si sentiva
nemmeno una briciola di tutto ciò che era in quei momenti.
Gli occhi
ambrati brillavano sotto un sottile strato di lacrime, le labbra
s'erano arrossate come se stessero sanguinando squarciando il viso
diafano in una triste smorfia.
-Cosa
sono Lidia? Cosa dovrei essere?- chiedeva tra i singhiozzi.
Morwenna
si alzò piano asciugandosi le lacrime che ancora scendevano
dai suoi
occhi e si mischiavano con la pioggia che ora scendeva facendosi
sentire prepotente sulla cute scoperta del suo collo.
Un
urlo e poi il drago.
-Morwenna?-
la chiamò Marcurio scuotendole la spalla.
-Uhm?-
fece lei sorridendo leggermente.
-Ti
ho chiesto cosa ci facevi a Riverwood all'alba.- ripeté
Marcurio
ricambiando il suo sorriso.
-Niente
Marc, solo una passeggiata per far sgranchire le ossa a Bittre.-
rispose lei mentre si rialzava.
-Gandalf,
a che ora dobbiamo... partire?- chiese la donna rivolgendosi al
vecchio stregone.
-Quando
sei pronta, quando siete pronti.- rispose lui alzandosi in piedi.
-Bene.-
sussurrò Morwenna.
Andò
nella sua stanza e prese il fagotto che aveva preparato la sera
precedente, poi mise il mantello ai suoi figli e li prese per mano
accompagnandoli fuori dalla porta dove già li attendeva
impaziente
il mago.
-Fate
buon viaggio e soprattutto vedete di tornare, ci siamo intesi?- disse
Marcurio mentre accarezzava le guance dei bambini -E tu Samuel,
ricorda i miei insegnamenti e non abbassare mai la guardia-.
Abbracciò
Morwenna senza pensarci un secondo e le sussurrò
all'orecchio:
-Vedi
di tornare sana e salva anche tu, c'è bisogno di te qui a
Skyrim. Io
ho bisogno di te qui a Skyrim.-
Lei
lo strinse forte e gli diede una pacca sulla spalla, poi sciolse
lentamente l'abbraccio e prese le briglie di Bittre portandola vicino
al mago.
-Siete
pronti?- chiese Gandalf mentre alzava il bastone e il braccio libero.
Morwenna
guardò i suoi bambini e poi annuì sorridendo.
-Il
luogo in cui appariremo è Imladris e probabilmente ci
sarà ad
aspettarci il Signore di quelle terre- disse lui, poi
abbassò il
capo e pronunciò delle parole incomprensibili alle orecchie
della
donna e una luce abbagliò la sua vista per qualche secondo.
Quando
riaprirono gli occhi, si ritrovarono davanti ad un panorama
mozzafiato, una vista che mai aveva avuto l'onore di osservare nella
sua lunga vita.
Si
voltò a guardare se casa sua era alle sue spalle e se
davanti alla
porta c'era Marcurio, ma dietro di lei c'erano solo colonne coperte
da rampicanti e fiori d'ogni tipo e colore.
-Benvenuta
nella Terra di Mezzo mia cara- disse Gandalf appoggiandole una mano
sulla spalla.
Un
uomo, anzi un Elfo alto con i capelli castani e uno sguardo dolce, ma
pieno di gloria si fece avanti con le braccia aperte.
-Benvenuti
a Gran Burrone, vi stavamo aspettando- disse sorridendo in modo
paterno.
-Mamma,
vuole che lo abbracciamo?- chiese Shan vedendo che l'Elfo teneva
ancora le braccia aperte.
Morwenna
soffocò una risata e rispose alla sua bambina.
-No
tesoro, anche se non penso che ti caccerebbe via se lo facessi-.
Bittre
venne portato alla stalle insieme a molti altri cavalli e ad un pony
e loro vennero invece accompagnati in una stanza molto ampia dov'era
situato un letto matrimoniale e due letti singoli.
-Vi
piace questo posto?- chiese Morwenna ai suoi figli.
-Si,
ma... mi manca Marcurio.- rispose Sam rabbuiandosi un po'.
La
donna l'abbracciò e gli accarezzò i capelli, poi
sospirò e disse:
-Lo
so piccolo mio, anche a me manca molto, ma la mamma deve compiere dei
doveri qui. Vedrai, torneremo presto.-
Decise
di andare a passeggiare in quel luogo meraviglioso e di far sentire
ai bambini il calore del sole che da molto tempo ormai non riuscivano
più a goderselo.
Poco
distante da loro videro un'Elfa bellissima che leggeva seduta su una
panca di pietra. I capelli corvini le scendevano lunghi sul petto e
incorniciavano un viso diafano e degli occhi blu come il mare.
Angolino autrice:
Beh,
che dire? chi vi ha mai regalto due capitoli in un giorno solo? io!!!
che bello! mi fa piacere vedere quante persone leggono la storia, ma
intristisce un po' non vedere nemmeno una recensione di due parole. Mi
accontento anche di un "brava", oppure "schifo assoluto" , oppure
"continua così", o ancora " nascondi la testa nella sabbia",
ma nulla, non arriva nulla xDD vi ringrazio comunque per aver calcolato
la mia storia xDD al prossimo capitolo!!
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Capitolo 6 *** Il consiglio ***
Il consiglio
-È
da tanto tempo che
non vedo dei bambini- disse la fanciulla alzandosi in piedi.
Si
avvicinò a passo
lento, non si sentiva nemmeno da quanto era leggiadra eppure avanzava
senza difficoltà. Anche gli Elfi di Tamriel avevano questa
caratteristica, riuscivano a camminare nella notte più
profonda
senza il minimo sforzo visivo e senza farsi sentire.
Quando la dama arrivò
a loro sorrise e divenne ancora più bella e radiosa di prima.
-Dovete
essere Aranel,
giusto?- chiese l'Elfa.
Samuel
e Shan
guardarono la loro madre per qualche secondo, aspettavano una
risposta poiché non capivano perchè quella donna
l'avesse chiamata
in quel modo.
-Morwenna
mia Signora.-
rispose il Dovahkiin sorridendo leggermente.
La
Dama capì in un
batter d'occhio la situazione. Sperava che la donna riuscisse a
ricordare una volta messo piede nella Terra di Mezzo, ma
probabilmente ci sarebbe voluto un momento forte per farle
riacquistare la memoria, non bastava toccare la terra natia.
-Avete
un bel nome. Io
sono Arwen, figlia di Re Elrond e voi?- chiese guardando i bambini.
-Loro
sono le gemme più
preziose che possiedo: Samuel e Shan.- rispose Morwenna stringendo le
spalle del figlio.
Arwen
accarezzò i loro
volti, poi guardò ancora una volta Morwenna e disse:
-Mio
padre, Gandalf e
molte altre persone attendono il Dovahkiin al consiglio. Immagino che
sarà li che scoprirete il motivo della vostra presenza a
Gran
Burrone.- osservò la donna guardare i suoi piccoli e
così aggiunse
-Non preoccupatevi, li guardo io.-.
Morwenna
annuì e dopo
aver dato un bacio sulla fronte di ognuno dei suoi piccoli, li
lasciò
andare con la splendida dama.
Poco dopo però si
voltò ricordandosi d'un colpo che lei non era mai stata li e
quindi
non sapeva dove recarsi.
-Voi
dovete essere il
Dovahkiin.- disse una voce alle sue spalle.
Morwenna
si girò di
scatto scorgendo un alta figura vestita elegantemente, un altro Elfo
la guardava come se fosse un'antica statua perduta e ritrovata dopo
tanto tempo.
L'Elfo aveva lunghi
capelli biondi che cadevano sulle spalle come cascate cristalline
sulle rocce, le orecchie a punta erano completamente scoperte e
appena sopra di esse si trovavano due treccioline fini che domavano
la chioma chiudendosi in un nodo dietro la nuca.
Ma quello che più
colpì Morwenna furono gli occhi glaciali, non c'era calore
in essi,
ma per quanto facesse freddo in quelle iridi celesti, sentiva che il
suo cuore batteva per la bontà.
-E
voi siete?- chiese
la donna accennando mezzo sorriso.
-Legolas,
figlio di
Thranduil- rispose l'Elfo appoggiando una mano sul suo petto e
chinando leggermente il capo in segno d'inchino.
-Potete
accompagnarmi
al consiglio? È la prima volta che metto piede in questo
Regno... a
dir la verità è la prima volta che metto piede in
questo pianeta,
anche se molti dicono che non è così- chiese
Morwenna avvicinandosi
di qualche passo.
Legolas
di tutta
risposta prese sottobraccio la donna che rimase bloccata per qualche
secondo da quel suo gesto così elegante e aggraziato.
Nessuno
l'aveva mai trattata come una dama, ma solo come una guerriera che
non sapeva donare altro che sangue e terrore.
Cominciarono a
camminare sotto gli archi fioriti di Gran Burrone finchè non
arrivarono in un luogo nascosto da alti alberi e circondato da varie
sedie su cui si poggiavano già molte persone.
Legolas sorrise a
Morwenna e le lasciò andare lentamente il braccio facendole
cenno di
accomodarsi al fianco di un piccolo nano...no, non era un nano, ma
lei non sapeva esattamente a che razza appartenesse.
La donna si sedette e
subito sentì gli occhi di tutti i presenti puntati su di lei
e
questo non le piacque, anche se ormai doveva esserci abituata visto
che a Skyrim tutti la guardavano in quel modo e tanti s'inchinavano
al suo passaggio come se fosse una nobil donna.
Un uomo in particolare
non le toglieva gli occhi di dosso durante tutto il discorso di Re
Elrond: i capelli gli arrivavano appena alle spalle ed erano castani,
o forse no, non capiva bene il colore di quella chioma che sotto i
raggi solari sembrava quasi ramata. Gli occhi erano azzurri e quasi
ridotte a fessure mentre osservava la donna.
-Mio
Signore Elrond-
cominciò l'uomo obbligando l'arresto delle parole del
Sovrano -non
voglio essere ne maleducato ne tantomeno irrispettoso nei vostri
confronti e in quelli dell'intero consiglio, ma perchè mai
è stato
permesso ad una donna di prendere parte alle nostre discussioni?-.
L'espressione
di
Morwenna cambiò all'istante. Il suo viso dapprima rilassato
era
ormai ricoperto d'ira e senza nemmeno accorgersene s'era alzata in
piedi e aveva impugnato la sua Frangialba e le sue gambe si muovevano
in direzione dell'uomo.
Tutti scattarono
all'istante e la mano dello stregone cercava, senza alcun risultato,
di trattenere la donna per il braccio. Ma la lama della donna toccava
già il collo dell'uomo che non ebbe il tempo di rendersi
conto in
che situazione spiacevole si era cacciato. Tutti puntavano le loro
spade addosso al Dovahkiin, che, noncurante, continuava a puntargli
l'arma contro.
-Non
avete davanti una
donna, avete davanti un Sangue di Drago, un Dovahkiin, una creatura
venuta da un altro mondo per salvare voi altri.- ringhiò lei
prima
di abbassare la spada e guardare tutti coloro che la tenevano sotto
le loro lame per proteggere l'uomo.
Le
armi vennero
rinfoderate nell'istante in cui Re Elrond parlò e
calmò le acque in
favore di Morwenna, che come se niente fosse successo tornò
a
sedersi accanto all'omino.
-Non
dobbiamo farci la
guerra tra di noi e Boromir- disse il Re guardando l'uomo negli occhi
-come Morwenna ha già accennato, lei non è una
semplice donna, è
un Dovahkiin di Tamriel, un ammazzadraghi-.
Tutti
si rilassarono e
il Re continuò il suo discorso finchè non chiese
a Frodo, così si
chiamava il piccoletto seduto vicino a lei, di appoggiare l'anello su
di una piccola colonnina di pietra.
Morwenna, che prima
guardava Boromir infuriata, subito si girò a guardare quel
piccolo
gingillo dorato. “Aranel” sentiva
nella sua testa; non
riusciva a captare più alcun suono, solo una voce profonda
che
sussurrava quel nome e l'attirava a se come se fosse l'unico appiglio
da poter afferrare prima di cadere da un precipizio, l'unica via,
l'unica strada verso il tutto.
La donna si alzò
vittima del potere dell'anello e avanzò a passi lenti verso
di esso
con la mano tesa e le dita pronte ad accarezzarlo.
-No!
Morwenna!- urlò
Gandalf bloccandola per il polso.
Al
tocco con la mano
dello stregone, Morwenna riprese il controllo della sua testa e si
voltò verso di lui con gli occhi anneriti dall'incantesimo.
-Morwenna,
non
guardarlo.- disse Gandalf attirandola a se.
-Perchè?-
chiese lei
con gli occhi ancora oscurati.
Gandalf
capì che non
era finita, l'incantesimo non era del tutto andato via. Nessuno osava
muoversi, erano come incatenati alle loro sedie, ma con gli occhi
sbarrati e il fiato corto seguivano ogni piccolo movimento del
Dovahkiin temendo il peggio ogni qualvolta le sue mani si
avvicinavano all'anello.
D'un tratto il mago
appoggiò una mano sul viso di Morwenna e abbassando il capo
e
chiudendo gli occhi, bisbigliò qualcosa e poco dopo gli
occhi della
donna cambiarono di nuovo colore divenendo ambrati come in origine.
-Gandalf-
sussurrò lei
prima di accasciarsi a terra incosciente.
Ma
quel che stupì
tutti non fu vedere l'enorme debolezza celata dietro ad una guerriera
com'era Morwenna, ma come nessuno ebbe il coraggio di avvicinarsi a
lei e soccorrerla.
Rimase per molti minuti
coricata a terra senza aprire gli occhi nemmeno una volta, quando un
uomo si avvicinò e la prese in braccio, portandola via da
quelle
persone che avevano messo da parte la pietà e la
lucidità.
Boromir camminava
veloce per i lunghi corridoi in cerca della stanza della donna e
presto dietro di lui si cominciarono a vedere le sagome dei membri
dei consiglio che, come sciolti da una potente magia, si resero conto
di ciò che avevano fatto, o meglio che non avevano fatto.
Quando trovò la
camera, aprì la porta con un calcio e adagiò il
Dovahkiin sul
letto.
-Andiamo!
Donna!
Svegliati su!- diceva l'uomo di Gondor schiaffeggiando senza molta
delicatezza il viso di Morwenna.
Dopo
qualche minuto
entrarono due bambini nella stanza e il più grande
puntò una spada
di legno sulla schiena di Boromir facendolo sobbalzare.
-Lascia
stare la mia
mamma!- urlò Samuel.
Intanto
Shan si era
fiondata sul letto e aveva abbracciato Morwenna cominciando a
piangere.
-Cos'avete
fatto alla
mia mamma?- chiedeva la bambina tra le lacrime.
Boromir
alzò le
braccia in segno di resa e sorrise leggermente, poi guardò
Shan e
disse:
-È
solo svenuta
bambini, si sveglierà presto-.
Gola
del mondo, un
secolo prima...
Quando
i Barbagrigia
parlarono al Dovahkiin di una guida che loro seguivano per apprendere
le arti più antiche, non si aspettava di ritrovarsi difronte
ad un
drago.
Era bello e spietato
allo stesso tempo, faceva paura come tutti gli altri draghi, ma nei
suoi occhi c'era la saggezza infinita acquistata negli anni tra la
guerra contro suo fratello, contro se stesso.
Phaarturnax cominciò a
parlare al Dovahkiin spiegandole tutto per filo e per segno e
parlò
di un'antica pergamena che serviva per capire come sconfiggere suo
fratello Alduin.
Ma non fu quella la
missione più pericolosa da compiere, anche se tornare
indietro nel
tempo ed imparare un urlo dai Dovahkiin di un tempo non fu certo una
cosa facile da superare. Si sentiva quasi come se lei contasse
nemmeno un quarto di quel che erano i suoi antenati, come se valesse
meno anche se stavolta non aveva compagni capaci di padroneggiare il
Thu-um come lei e doveva uccidere il divoratore di mondi da sola.
-Il
tuo Thu-um è
forte- diceva il drago mentre le insegnava delle nuove tecniche.
Si
sentiva una bambina
alle prime armi, eppure Tamriel aveva scelto lei per salvare la sua
regione, non una, ma due volte. Qualcosa doveva pur dire, ma Morwenna
non se ne spiegava la ragione.
Morwenna
si svegliò
ritrovandosi distesa su un letto, coperta da morbide lenzuola di
cotone bianco, ricamate finemente con fiori e paesaggi meravigliosi.
-Mamma!-
urlò Shan
scuotendo la donna.
-Shan...-
sussurrò lei
abbracciandola stretta.
Qualcuno
bussò alla
porta e quando questa si aprì, entrò Dama Arwen e
fu come una
visione, come se il mondo si fosse fermato e la stanza avesse preso a
roteare attorno alla sua meravigliosa figura angelica.
Sussurrò delle parole
alle sue orecchie incomprensibili e una luce si liberò nella
sua
mente sotterrando loscurità una volta per tutte.
-Dama
Arwen, cosa mi è
successo?- chiese cercando di mettersi seduta.
Arwen
si sedette al suo
fianco e l'aiutò, poi sospirò e
cominciò a raccontare cos'era
accaduto, cautamente le disse anche cosa ne pensava lei:
-Tuo
padre ti sta
cercando Aranel, Stella del Re del Nargothrond. Non sai quanto mi
duole non poterti raccontare la tua storia, non sai quanto io soffra
a vederti disorientata e incapace di comprendere.-
Arwen
sorrise
debolmente e accarezzò il viso del Dovahkiin che
lasciò cadere una
sottile lacrima dai suoi occhi ambrati.
-Però
nessuno mi vieta
di farti vedere un ritratto dei tuoi genitori. Lo conservo da molti
anni, me l'ha dato tua zia, la Dama della Luce- così disse e
poi le
porse un foglio di tela.
Morwenna
aprì quel
foglio e il suo cuore prese a battere velocemente, neanche quando
combatteva il petto si alzava e si abbassava così
velocemente. Aveva
davanti a se i suoi genitori, quelli veri, quella che le avevano
donato la vita immortale, ma in realtà non era
così. In quel
ritratto c'era solo sua madre e l'uomo che l'aveva cresciuta.
-Somigli
molto a tua
madre.- disse Arwen sorridendo.
Morwenna
passò
l'indice sul volto di sua mamma soffermandosi suglii occhi dove
sembrava si stesse specchiando. Era bella, bellissima, e solo ora il
Dovahkiin poteva capire perchè due uomini così
importanti
s'innamorarono di lei, non riusciva a guardare altrove, lei brillava.
Morwenna porse il
dipinto ad Arwen, poi si alzò dal letto e disse:
-Grazie
Arwen, non mi
dimenticherò del vostro gesto e del vostro affetto-
Shan,
ch'era rimasta a
guardarla in silenzio, scese dal letto e prese per mano Arwen
chiedendole di portarla da suo fratello che ora si trovava con
Aragorn.
Arwen prese la mano di
Morwenna e le diede il dipinto:
-Questo
è vostro,
appartiene a voi, è il vostro passato non il mio.-
La
Dama uscì dalla
stanza con Shan impaziente di dire a Samuel che la loro mamma si era
svegliata e stava bene. Morwenna si vestì in fretta ed
uscì dalla
camera in cerca di Gandalf, lo trovò a chiacchierare con due
Hobbit
così simili tra loro da sembrare fratelli.
-Oh!
Morwenna, ben
svegliata, come vi sentite?- chiese il mago arrestando il discorso
con i due mezz'uomini e avvicinandosi a lei.
-Bene
Gandalf, ma non
ricordo molto e sono qui per chiedere spiegazioni. Non posso
attendere oltre, io voglio sapere.- rispose lei guardandolo dritto
negli occhi.
Gandalf
congedò Marry
e Pipino e portò Morwenna sotto una piccola cupola di pietra
sorretta da colonne in ferro battuto e li si sedette su una panca
dove s'intrecciava dell'edera verde e rigogliosa.
-Mia
cara Dovahkiin, mi
è stato proibito di parlare con voi del vostro passato, ma
vi vedo
disorientata e questo v'indebolisce. Non sapere, il più
delle volte,
porta disagi e guai, quindi è giusto che io vi accenni
qualcosa.-
iniziò a parlare lo stregone.
Morwenna
si sedette al
suo fianco e ascoltò le parole del saggio con grande
attenzione.
-Tu
nascesti nella
Prima Era di questo mondo, tua madre Marwel era un'Adan e viveva in
un villaggio circondato dalla foresta del vecchio Brethil. Era un
medico straordinario e una notte, dei servi dell'Oscuro Signore,
bussarono alla sua porta e la portarono via senza dirle ne dove ne
perchè. Arrivò a Tòl Sirion e li
incontrò Sauron ferito nel suo
letto, bada bene però che ai tempi aveva l'aspetto di un
Noldo, un
Elfo bellissimo e terribile allo stesso tempo. Marwel rimase
affascinata da lui e lo curò con grande affetto e Sauron
questo lo
notò. Lui s'innamorò della Dama che gli aveva
salvato la vita e lei
cominciava a provare qualcosa per lui. Ma nella mente di Marwel ogni
notte veniva a trovarla un altro Elfo ancora più bello, ma
non
terribile come Sauron, bensì dolce, affettuoso e luminoso.
Finrod
era il suo nome e dopo qualche mese andò a salvare tua madre
portandola nel suo regno e amandola come fosse l'unica al mondo. Tua
madre però scoprì di essere incinta e non di
Finrod, lui l'accettò
comunque giurando di proteggere lei e il suo bambino, anzi, bambina
cui fu dato il nome Aranel, la Stella del Re. Ma quando crescesti tuo
padre, il tuo vero padre, ti venne a prendere e ti strappo dalle mani
di tua Zia con cui stavi passeggiando tranquillamente nel Regno di
Finrod. Non posso dirti nulla di più Morwenna, sappi
però che
saprai la verità prima della fine, te lo prometto.-
Angolino autrice:
Mi fa piacere vedere che
c'è tanta gente a cui piace questa storia, come sempre mi
piacerebbe ricevere qualche recensione, ma vabbeh non fa niente, mi
accontento dei lettori xDD spero che vi piaccia questo
capitolo! alla prossima :)
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Capitolo 7 *** La triste morte attende ***
La triste
morte attende
Passarono
due giorni
ancora e poi Gandalf annunciò ch'era giunta l'ora di partire
e tutti
si affrettarono a preparare i bagagli e Morwenna a preparare
psicologicamente se stessa e i bambini poiché sarebbero
rimasti a
Gran Burrone con Sire Elrond e sua figlia Arwen. Non poteva portarli
con se, era troppo pericoloso, ma con sua grande sorpresa e
soddisfazione lo capirono subito e non fecero capricci, forse era
anche merito delle attenzioni che riservava loro la Principessa, ma
chi può dirlo?
Si trovavano nel
cortile e Elrond stava dando loro i migliori auguri e accorgimenti
prima della partenza; Morwenna non potè fare a meno di
notare gli
occhi di Aragorn e quelli di Arwen incontrarsi più volte e
vide
l'amore aleggiare tra di loro, ma non sapeva quanta tristezza
racchiudevano i loro cuori.
Il Dovahkiin abbracciò
i suoi bambini e diede loro un bacio ciascuno, poi si
avvicinò ad
Arwen e le prese le mani stringendole tra le sue.
-So
che è inutile che
lo dica, ma...- cominciò Morwenna.
-Mi
prenderò cura di
loro e li proteggerò sempre come fossero i miei bambini, ve
lo
prometto.- finì la Dama accennando un sorriso.
Morwenna
rispose anche
lei con un sorriso di rimando, poi accarezzò i volti di
Samuel e
Shan, sospirò e si voltò per seguire la compagnia.
Il sole si alzava
sempre di più riscaldando il capo dei compagni di viaggio e
facendoli boccheggiare appena come fosse estate, ma l'aria gelida che
veniva dalle montagne innevate attorno a loro, li faceva tornare alla
realtà scompigliando i loro capelli e obbligandoli a
coprirsi alla
meno peggio con i loro mantelli.
-Da
dove venite voi fa
così freddo?- chiese Boromir avvicinandosi a Morwenna.
-So
che siete stato voi
a soccorrermi al consiglio, vi ringrazio. Potete darmi del tu se
volete e comunque si, io abito nel Pale, un posto molto freddo sotto
le montagne, quindi sono abituata al gelo e all'inverno.- rispose lei
senza togliere lo sguardo dalla via.
-Anche
te puoi darmi
del tu se vuoi e non devi ringraziarmi di niente perchè
prima di
salvarti ti ho offesa.- finì l'uomo rallentando il passo per
affiancarsi ad Aragorn.
Morwenna
continuava a
camminare tenendo un ritmo lento e deciso, vedeva faticare gli Hobbit
e incuriosita da quelle creature che non aveva mai visto, si
avvicinò
a quello che chiamavano Sam che parlava con gli altri due incontrati
due giorni prima con Gandalf.
-Scusate,
forse posso
sembrare una maleducata, ma non ho mai visto un Hobbit, da dove vengo
io, non ce n'è. Sono solo curiosa di conoscervi, infondo
siamo nella
stessa compagnia- si giustificò Morwenna vedendo gli occhi
dei suoi
compagni di viaggio sgranarsi spaventati.
-Il
mio nome è
Samvise, ma mi chiamano Sam, lui è Meriadoc, Merry per gli
amici-
disse indicandoo uno di loro – e lui è Peregrino,
o Pipino come lo
chiamiamo noi-.
Morwenna
sorrise e
rispose:
-Io
sono Morwenna, ma
qui mi chiamano Aranel, a Tamriel Dovahkiin o Sangue di Drago, ma
quello che preferisco di più è mamma, come mi
chiamano i miei
bambini.- finì la frase allargando la bocca in un sorriso
divertito.
Anche
gli Hobbit risero
e attirarono l'attenzione di Legolas che si affiancò loro.
-State
facendo amicizia
vedo- disse l'Elfo guardando Morwenna.
-Si
Principe, voglio
sapere chi dovrò difendere- rispose lei girando il volto
verso il
suo.
-Fermiamoci
a riposare-
disse Gandalf indicando un mucchio di rocce in mezzo ad una verde
collina.
Subito
gli Hobbit
accesero il fuoco e si prepararono qualcosina da mangiare , poi una
volta finito presero a fare esercizi di scherma con Boromir che
sembrava divertirsi anche più di loro, ma la parte migliore
arrivò
quando Merry e Pipino atterrarono l'uomo e poi anche Aragorn ch'era
giunto in suo soccorso. Una sonora risata uscì dalla gola
del
Dovahkiin che divertita andò ad aiutare i due figli di
Gondor.
-Ma
che uomini!- disse
poi deridendoli.
Merry
e Pipino si
guardarono, sorrisero e cercarono di gettarsi addosso a Morwenna per
farla cadere come Boromir e Aragorn, ma questa si voltò a
guardarli
e pronunciò “Fus” facendoli sbilanciare
e cadere a terra.
Tutti si girarono a
guardare la scena rimandendo a bocca aperta: quando Morwenna
pronunciò quella parola, una ventata di energia bluastra si
sprigionò dal suo corpo e come un forte vento fece perdere
l'equilibrio ai due mezz'uomini.
-Cos'era
quello?-
chiese Gimli che s'era avvicinato di gran corsa.
-Il
mio Tu-hum.-
rispose lei sorridendo soddisfatta.
-I
Crebain dal
Dunland!- urlò Legolas mettndo in allarme tutta la compagnia.
Il
Dovahkiin non capì
subito, ma vedendo gli alri fuggire a nascondersi tra le rocce fece
lo stesso e finì addosso a Boromir dall'agitazione.
Quando quegli
uccellacci passarono sopra le loro teste e superarono il loro
nascondiglio, Morwenna guardò Boromir e divenne rossa per
l'imbarazzo.
L'uomo la teneva con
una mano appoggiata alla sua schiena e una gamba tra le sue cosce,
una volta resosi conto della posizione a dir poco imbarazzante, si
slegò dall'intreccio e uscì allo scoperto.
Morwenna fece lo stesso
allontanandosi da lui e avvicinandosi a Gandalf per chiedergli
spiegazioni.
-Spie
di Saruman, il
passaggio a Sud è sorvegliato. Dobbiamo prendere il passo di
Caradhras.- disse lo stregone indicando delle montagne innevate.
Passarono
dall'autunno all'inverno in un solo istante, tempo di
prendere il passo tra le montagne innevate che Frodo, il portatore
dell'anello, scivolò rotolando per qualche metro prima di
essere
soccorso da Aragorn. Perse l'anello in mezzo alla neve. Morwenna si
avvicinò, lo guardò a lungo e di nuovo una voce
s'insinuò nella
sua mente:
Aranel...mia
stella,
i nostri destini sono intrecciati come rami tra le chiome degli
alberi. Non avere timore di me...
-Morwenna!-
la chiamò
a gran voce Aragorn.
Lei
staccò gli occhi
dal gingillo e guardò gli occhi grigi del Ramingo cercando
delle
risposte a domande che nemmeno sapeva fare, spiegazioni a parole che
non riusciva a pronunciare.
Fu Frodo ad avvicinarsi
per primo; prese l'anello e se lo legò al collo
nascondendolo sotto
gli indumenti, poi proseguì affiancandosi ai suoi amici,
mentre
Morwenna rimaneva immobile a fissare il pallore gelato ai suoi piedi.
Aragorn avanzò e le
alzò il mento con le dita, piano come se fosse di cristallo
e avesse
paura di frantumarla in mille pezzi con una sola carezza.
-Non
è colpa tua,
tutti siamo attratti dall'anello e tu più degli altri, ma
sta a noi
decidere se cadere in tentazione o lottare contro il suo potere.
Lotta Aranel, fallo per te.- sussurrò prima di lasciarle il
viso e
di raggiungere il resto della compagnia.
Una
lacrima solcò il
viso del Dovahkiin e cadde a terra sciogliendo qualche fiocco di
neve.
Nella sua testa risuonò
la canzone che ormai accompagnava molte sere nelle taverne di Skyrim.
È
un eroe, è un
eroe dal cuore guerriero,
ascoltate, ascoltate
è il Sangue di Drago.
Il suono della voce
lo rende un Nord fiero!
Udite, udite è il
Sangue di Drago!
Dei nemici di Skyrim
il fato è segnato.
Attenti, attenti è
il Sangue di Drago!
Rotta la tenebra la
leggenda è forte,
perchè il Sangue di
Drago non teme la morte.
Eppure
non si sentiva
un eroe, in quel momento era piccola piccola mentre attorno a lei
tutto diventava enorme e la sovrastava, il peso della
responsabilità
diventava sempre più grosso e sfondava il suo petto
togliendole il
respiro.
Continuarono a
viaggiare finchè la montagna non cominciò a
cedere e furono
ricoperti di neve dalla testa ai piedi, ma non era una coincidenza o
il peso del ghiaccio a frantumare il monte, bensì Saruman
che
cercava di deviare loro la via e farli tornare indietro nelle sue
grinfie.
Dopo vari incantesimi
da parte di Gandalf, decisero di cambiare direzione per il bene di
tutti, ma il viso dell'anziano stregone non gioiva della decisione
del piccolo Hobbit di prendere la strada che passava attraverso le
miniere di Moria.
Non ebbero altra scelta
che proseguire per l'antico Regno dei Nani, e quando Morwenna si
trovò davanti alla porta rimase a bocca aperta. Sembrava un
dipinto
e brillava come ricoperto d'argento.
-Ithildin,
riflette
solo ai raggi del sole e della luna...- disse Gandalf mentre faceva
scorrere le dita sui disegni.
-C'è
scritto: Le porte
di Durin, Signore di Moria. Dite amici ed entrate.-
Ma
quando l'anziano
saggio pronunciò le parole magiche che credeva fossero la
chiave,
non successe nulla e tutti furono costretti a rimanere la fuori
mentre Gandalf cercava nella sua testa un qualche ricordo di un
incantesimo che potesse aiutarli ad entrare.
Morwenna si sedette su
un masso intenta a riposare i piedi dal lungo viaggio appena
affrontato, quando si accorse che qualcuno la stava osservando.
Sentiva i suoi occhi puntati addosso, quelle iridi azzurre
scivolavano sul suo corpo come acqua piovana e lei non potè
fare a
meno d'incontrarle, non senza un forte imbarazzo.
Boromir era seduto poco
lontano da lei e la osservava come fosse l'unica cosa attorno a lui.
La portà si aprì e
tutti si alzarono ansiosi di entrare e continuare il loro percorso,
ma appena arrivati dentro si levò davanti a loro uno
scenario
drammatico: i corpi senza vita, anzi ormaii gli scheletri, di
migliaia di nani erano atterra trafitti da frecce nere. Gimli
cominciò a urlare di dolore poiché non si
aspettava di vdere la sua
gente sterminata così brutalmente e Boromir
borbottò un “non
saremmo mai dovuti venire qui”. Ma il peggio avvenne quando
l'urlo
di Frodo e di Sam che cercava aiuto da Aragorn, riecheggiò
nelle
miniere gelando il sangue dell'intera compagnia.
Morwenna si girò e
vide un grosso tentacolo trascinare il portatore dell'anello fuori
dalle miniere e poi su in alto come volesse guardarlo sotto la luce
delle stelle.
Così il Dovahkiin, non
per prima, si precipitò all'inseguimento della creatura e
richiamò
a se il potere del Drago e quando le fauci del mostro si aprirono e
ne uscì una ventata di putrido alito di morte, ella
sguainò la
spada e pronunciò il “Fus Ro Dah” e come
prima aveva fatto, con
minor potenza, con Pipino lasciò andare la sua energia che
si
scagliò sul mostro facendolo voltare violentemente e
lasciando ai
guerrieri il tempo di salvare lo Hobbit che cercava disperatamente di
liberarsi dalla stretta mortale.
Fu Aragorn a tagliare
di netto il tentacolo e Boromir a prendere al volo Frodo che
spaventato gli si strinse addosso come un bambino svegliato da un
incubo.
L'ultimo a rientrare
nella caverna fu Legolas che mirò gli occhi della bestia
tentando di
accecarla e farla allontanare, ma quello che scatenò fu solo
ira che
rase al suolo l'ingresso e bloccò la compagnia all'interno
di Moria.
Gandalf tentava di
ristabilire l'ordine e di far scivolare via l'agitazione degli
istanti prima, ma la paura di rimanere intrappolati la dentro era
più
forte di quella che poteva sorgere davanti alla bestia appena
combattuta.
Un passo dopo l'altro e
si ritrovarono tra le rocce e l'umidità di quel che un tempo
era
stato un grande Regno Nanico; le sale erano talmente ampie che ogni
piccolo suono rimbombava e rimbalzava da una parte all'altra
facendosi eco.
Si fermarono perchè la
mente del mago si era bloccata e non ricordava più la via,
così
ebbero modo di riposarsi e di riprendersi dalla lotta.
Morwenna si sedette di
fianco ad Aragorn che aveva portato una mano al petto ed era intento
a far scivolare le dita su un ciondolo, un ciondolo davvero bello e
luminoso.
-Brilla
perchè è il
vostro cuore a farlo? Cantano all'unisono, questo è certo.-
disse
lei guardandolo e poi posando gli occhi su Boromir senza volerlo.
-E
il vostro cuore?
Canta insieme ad un altro? O non c'è spazio per l'amore nel
Sangue
di Drago?- così rispose Aragorn stringendo la Stella del
Vespro.
Morwenna
lo guardò
stupita, ma sorrise quasi subito distogliendo lo sguardo e posandolo
di nuovo sul viso del figlio di Gondor.
-Il
mio cuore è duro,
ma qualcosa mi dice che prima o poi qualcuno vi farà breccia
e lo
incendierà, ma non è ancora giunto il tempo.-
-Non
potete deciderlo
voi quand'è tempo- disse Aragorn alzandosi in piedi e
lasciandola
sola.
-No,
non posso.-
sussurrò lei abbassando il volto.
Gandalf
ritrovò la
memoria, o il naso in quel caso e li portò verso il vero
Regno
sotterraneo, bello da portarsi via l'aria dai polmoni e imponente da
far tremare ogni eroe alla vista.
La luce del bastone del
mago però non faceva altro che rendere tetra la via,
poiché
sembrava che il nemico dovesse spuntare da un momento all'altro da
dietro le alte colonne.
Gimli fu il primo a
ridestare la mente della compagnia, ma non per notizie liete.
Corse in una stanza da
dove il sole penetrava solo per illuminare le incisioni di una tomba
e quando il nano cadde inginocchiato a terra e le sue lacrime
defluirono dai suoi occhi vecchi e stanchi, Morwenna si
avvicinò a
lui e appoggiò una mano sulla sua spalla tentando di
infondergli
conforto.
-È
di tuo padre la colpa! Lui
solo fa calare le
tenebre in questo mondo!- urlò togliendosi la mano della
donna di
dosso.
Lei
abbassò lo sguardo fino ad arrivare al corpo del Nano,
s'inginocchiò
al suo fianco e guardò la tomba sfiorandone la fredda pietra
e
cominciò ad intonare una canzone:
Ti
saluto fratello che hai visto la morte,
ma le
membra sono ormai fredde,
tempo
non hai più per raccontare del suo volto,
i tuoi
occhi hanno visto ciò che ancora a noi è celato.
La vita
è fuggita dal tuo cuore che più non batte,
dal
sangue che più non scorre,
dalle
parole che più non escono dalle tue labbra,
dalla
saggezza che più non potrà portare consigli.
Difenderò
il tuo nome davanti al nemico,
abbraccerò
il tuo pensiero ogni notte e ogni di,
respirerò
attraverso il tuo canto,
finchè
non potrò rivederti ancora.
Tutti
rimasero in silenzio ed ascoltarono con la mano sul cuore e quando
ella finì, il Nano strinse la sua mano come a volerle
chiedere scusa
e lei si alzò in piedi affiancandosi a Gandalf.
Egli lesse
un libro che spiegava cosa fosse successo prima della presa di Moria,
ma alla fine della lettura uno degli Hobbit fece un gran rumore
facendo cadere uno scheletro vestito d'armatura dentro un pozzo.
I tamburi
negli abissi di cui aveva letto il mago si fecero sentire e
disturbarono la quiete d'un attimo prima.
Delle
frecce quasi colpirono Boromir e il cuore del Dovahkiin
sobbalzò e
le sue mani afferrarono il mantello dell'uomo facendolo arretrare e
salvandolo dalla morte.
Non c'era
tempo per i ringraziamenti e si misero subito all'opera per cercare
di bloccare la porta: i Goblin stavano arrivando.
Si
prepararono all'assalto del nemico tirando fuori il coraggio, le
spade e gli archi; anche Morwenna incoccò una freccia e
tenne l'arco
teso fino all'arrivo dei mostriciattoli.
Ma al loro
arrivo la porta venne distrutta e non da quei piccoli esseri
ripugnanti, ma da un enorme Troll che lasciò un millesimo di
secondo
senza parole la donna che senza indugiare ancora tirò fuori
la sua
spada e si fece strada tra i nemici uccidendoli senza pietà
alcuna.
Arrivò
davanti al Troll e quello fece roteare la sua mazza nell'intento di
colpirla, ma Boromir fu più svelto e l'afferrò
per un braccio
trascinandola a se.
-Così
siamo pari- disse prima di staccarsi da lei e continuare a trucidare
i Goblin.
Ma il
Dovahkiin tornò davanti al Troll e raccolta l'energia
necessaria
lanciò il suo Tu Hum così forte che
barcollò anch'ella e fece
cadere il grosso nemico schiacciando gli alleati e riducendoli in
poltiglia.
Così gli
altri che se n'erano accorti, si scagliarono sulla bestia, ma questo
si alzò facendoli volare metri di distanza da lui e
facendoli
schiantare sulle pareti.
L'Elfo fu
il più veloce a rialzarsi e riuscì a salirgli
addosso e a
conficcargli due frecce sul capo facendolo lamentare per il dolore.
Dopo
svariati tentativi e colpi, riuscirono ad abbatterlo e questo cadde
con enorme frastuono a terra, ma Morwenna sembrava l'unica felice di
ciò, tutti gli altri s'erano radunati in un angolo dove,
solo ora
l'aveva notato, giaceva il portatore a terra immobile, trafitto da
una grossa lancia.
Corse
verso di lui e spinse via Aragorn e il mago senza nemmeno rendersene
conto e lo girò di scatto facendolo tossire. Stava bene,
come fece a
scamparla glielo mostrò subito sbottonandosi la camicia
sotto la
quale ne riluceva un'altra, ma più speciale della prima.
Si
alzarono di scatto e cominciarono a correre tra le alte colonne
cercando di scappare dai Goblin che si erano fatti più
numerosi
uscendo dalle crepe del soffitto e del pavimento.
Ma d'un
tratto, quand'erano riusciti a chiudere in cerchio la compagnia, un
suono sordo come un grande masso caduto lontano, li fece scappare
impauriti e rabbuiò il viso di Gandalf che ne rimase
tutt'altro che
rallegrato. Spiegò infatti che la creatura che si sarebbero
trovati
davanti se non fossero scappati subito, era anche peggio di un
esercito di Goblin: un Demone antico, così lo
chiamò il vecchio e
disse ch'era aldilà delle loro forze e che la migliore
scelta che
potessero fare era quella di fuggire e di sperare di trovare
un'uscita il più in fretta possibile.
Ma il
peggio arrivò quando superarono il ponte, la loro salvezza,
ma il
mago rimase indietro cercando di bloccare il Balrog.
-Tu non
puoi passare!- urlava il vecchio mago rilasciando scintille di luce
dal suo magico bastone.
Morwenna
cercò invano di tornare indietro ad aiutarlo,
poiché il suo polso
venne stretto dalla mano di Boromir che tentava di tirarla indietro
ad ogni suo passo.
-Lasciami
andare Boromir! Morirà!- urlava divincolandosi.
-E
moriresti anche tu se ti lasciassi andare!- diceva l'uomo tenendola
stretta.
Ma lei si
dimenò e lo mandò via fuggendo dalle sue braccia
e correndo verso
il mago che sembrava avesse sconfitto il Demone, ma così non
era. Un
laccio infuocato tirò la caviglia di Gandalf e lo fece
scivolare
giù.
Morwenna
arrivò troppo tardi, il mago aveva appena mollato la presa
dalla
roccia cui si teneva e lei allungò il suo braccio
inutilmente poiché
egli faceva già parte delle tenebre e non poteva
più scorgere il
suo viso.
Ma i
Goblin non diedero loro il tempo di riprendersi, di piengere il loro
amico scomparso, che scagliarono frecce cercando di ucciderli e
facendoli fuggire fuori dove tutta la compagnia
s'inginocchiò e
pianse. Più di tutti gli Hobbit che non se ne facevano una
ragione.
Morwenna
ricacciò indietro le lacrime e guardò Boromir
infuriata
addossandogli le colpe, anche se in cuor suo sapeva che l'uomo non
l'aveva fatto con l'intenzione di sottovalutarla, ma di salvarla e
sottrarla allo stesso destino di Gandalf, ma non volle parlargli per
giorni, fino all'arrivo a Lòrien.
Angolino autrice:
Ringrazio tutti coloro che
leggono e spero che anche questo capitolo attiri la vostra attenzione :)
p.s. non ho idea
del perchè ad un certo punto il carattere si faccia
più grande, chiedo perdono xDD
|
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Capitolo 8 *** Il Bosco d'Oro ***
Il
Bosco d'Oro
Adanedhel
Si addentrarono nella foresta e se
prima procedevano a passo svelto, ora avevano rallentato e facevano
ben attenzione a non fare rumore. Gimli mormorava che una
fattucchiera si nascondeva tra gli alberi, una strega con grandi
poteri, in grado d'incantare attraverso la mente.
Ad un tratto però furono bloccati da
parecchi soldati con arco teo e freccia incoccata, solo quello che
sembrava il Capitano non aveva armi alle mani, ma la sua lingua era
tagliente come un pugnale.
Li portarono più in la e Aragorn
conversò a lungo con lui cercando di convincerlo a laciarli
proseguire, ma più il Capitano guardava Frodo,
più il suo cuore gli
diceva di farli tornare indietro. Fu quando incrociò lo
sguardo di
Morwenna che le si avvicinò che sussurrò
“seguitemi”.
Camminavano incerti dietro l'Elfo che
faceva loro strada tra costruzioni meravigliose intrecciate ad alti
alberi splendenti.
Salirono una lunga scala a chiocciola
ed arrivarono al cospetto dei sovrani, che non parlarono subito, ma
soppesarono la ragazza dalla testa ai piedi.
Galadriel le si avvicinò per prima, le
prese la mano e poi ancora in preda all'agitazione guardò
Celeborn e
gli chiese:
-E se Gandalf avesse
sbagliato?-
Il marito Sovrano dei
Boschi le sorrise
e rispose:
-Galadriel, mia Dama,
l'ansia vi rende
forse cieca? Non avete visto i suoi occhi?-
Così la Signora
si voltò e guardò le
iridi ambrate e una lacrima scivolò dai suoi occhi e le
labbra prima
cupe, si delinearono a formare un dolce sorriso. Non
l'abbracciò,
poiché vide tante domande viaggiare nella mente del
Dovahkiin,
domande che attendevano impazienti risposte che il mago le disse di
cercare proprio in lei, sua Zia.
-Stanotte riposerete bene-
disse lei
allontanandosi con il Sovrano.
Così, quando la
Dama lasciò la sua
mano, lei vide le sue speranze frantumarsi, credendo che non le
avrebbe raccontato nulla, che forse non era ancora ora di sapere la
verità, ma quella sera, mentre gli altri dormivano beati
sotto le
chiome secolari, la Dama chiamò Morwenna.
Aranel, mia
Stella, segui i miei
passi e avvicinati.
Così ella fece
come da lei richiesto e
si trovò davanti ad una statua, una bellissima statua che
rappresentava due amanti che intrecciavano le loro dita e si
scambiavano un bacio eterno.
-Aranel-
Ella sussultò e
si voltò a vedere chi
l'aveva chiamata e si ritrovò davanti Galadriel che
camminava scalza
con un lungo abito bianco.
Si sedette su una panca di pietra e le
fece cenno di avvicinarsi e sedersi vicino a lei; le prese le mani
tra le sue e pianse, per minuti il silenzio della notte fu disturbato
dai suoi singhiozzi e Morwenna non seppe che dirle per
tranquillizzarla, non fece nulla, la guardò e
aspettò.
-Scusa bambina mia, mi
dispiace averti
recato così tanto dolore.- disse poi smettendo di tremare e
cercando
di ricacciare indietro le lacrime.
-Io non so nemmeno di cosa
state
parlando- rispose il Dovahkiin liberando la stretta sulle mani.
Così Galadriel
sorrise e appoggiò una
mano sulla sua guancia sapendo però che sarebbe potuto
accadere il
peggio, ma lei l'avrebbe curata se si fosse ferita, non avrebbe
permesso a nessuno di strapparla alle sue cure, mai più.
Una serie d'immagini fluirono nella sua
mente e fu come un sogno e lei vide ciò che le apparteneva.
Nella Prima Era....
Una bambina dai capelli corvini correva
in un prato seguita da una donna dai lunghi capelli rossi e da un
Elfo.
-Aranel!- urlava la madre
impaurita che
potesse ferirsi cadendo.
-Mia amata, non le
accadrà nulla-
diceva l'Elfo abbracciando la donna.
La bambina si
fermò e raccolse un
fiore, poi si rimise a correre e andò incontro ai suoi
genitori.
-Ada!- urlò
prima di piombarsi tra le
braccia del padre.
Il sogno mutò e
tutto si trasformò in
fiamme.
Vide un lupo e un
pipistrello
addentrarsi nei saloni del Signore Oscuro e vide l'Elfo che la
bambina aveva chiamato padre, battersi con un uomo alto e possente,
oscuro nell'animo.
C'era anche lei, cercava di fermare il
braccio della tenebra procurandosi nient'altro che ferite cadendo
ripetutamente a terra.
Così la spada trafiggeva il corpo
dell'Elfo biondo facendolo agonizzare a terra e il mostro
s'allontanava piano con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto.
Aranel correva ad aiutare suo padre e
piangeva, anche se ormai non era più una bambina, le lacrime
scendevano e bagnavano il suo viso, il suo collo e il corpo del padre
che aveva amato come tale, anche se in realtà non lo era.
Ma dal nulla spuntò gattonando sua
madre, distrutta dal dolore di vedere suo marito morire in quel modo
e i sensi di colpa l'assalirono come mai avevano fatto prima e
cominciò ad urlare il suo nome come per poterlo guarire.
La mano che prima accarezzava il viso
di aranel, ora si posava in quello di sua moglie e le dita cercavano
invano di asciugarle il volto e di tranquillizzare il suo cuore.
Il mostro tornò e rise e prese per i
capelli entrambe strattonandole e facendole inginocchiare al suo
cospetto.
-Marwel... mi sei mancata-
disse
maligno prima di lasciarle cadere entrambe.
Ma Finrod alzò
la mano e pronunciò
poche parole in Elfico e prima che Aranel potesse protestare e
avvicinarsi al padre morente, svanì e questo
irritò parecchio
l'uomo mostruoso che si avvicinò all'Elfo e lo
infilzò ancora
uccidendolo definitivamente, poi prese Marwel per un braccio e la
buttò sopra il cadavere del suo amato; lei si
girò e abbracciò
Finrod, come per cercare protezione da colui che l'aveva salvata e
che l'avrebbe salvata sempre e ne baciò le labbra
delicatamente come
se avesse paura di distruggerle e intrecciò le dita con le
sue. Così
rimase per sempre, poiché senza che se ne accorgesse, Sauron
penetrò
la sua carne con la stessa spada che aveva penetrato qulla del suo
amore e morì con il viso che sfiorava quello di Finrod.
Quando ritornò
in se, guardava
Galadriel con occhi sgranati e la sua mente cominciò a
ricordare
ogni istante della sua vita precedente, ricordava i lunghi anni
trascorsi a Tol Sirion con Sauron ed ai maltrattamenti subiti e agli
incubi che accompagnavano le sue notti. Ricordò il viso di
Finrod e
quello di Marwel e pianse stringendo le mani al petto, come se avesse
paura che il cuore battendo così forte potesse uscire e
abbandonare
il suo corpo per sempre. Rivedeva il sorriso dei suoi genitori mentre
la guardavano giocare tra gli alberi del Nargothrond e rivide
l'istante in cui Sauron la rapì mentre era a passeggio con
Galadriel. D'istinto abbracciò sua Zia, come se in lei
rivedesse la
sua vita e tutto ciò che le avevano strappato senza che se
ne
accorgesse e in quegli istanti si chiedeva perchè dovesse
patire
quella sofferenza.
Ma la Dama sorrise e accarezzò il viso
di Aranel, così si sarebbe fatta chiamare d'ora in avanti, e
si
allontanò un poco. Da una piccola scalinata argenta scese un
uomo
alto, dalla lunga chioma dorata e il viso che le ricordava molto
quello di Ada.
Così Aranel si alzò e si avvicinò
all'individuo.
-Tua madre rimase incinta
di mio
fratello Finrod poco dopo la tua scomparsa e diede alla luce
Adanedhel- disse Galadriel prendendo per mano suo nipote.
-Mio fratello?- chiese
Aranel con gli
occhi che brillavano.
La Dama annuì
semplicemente. In
effetti in qualcosa si somigliavano, le sue iridi erano ambrate come
quelle di lei, ma nel resto somigliava a suo padre.
Pareva un Elfo in tutto e per tutto,
pure le sue orecchie erano a punta, il suo portamento fiero e la sua
innaturale altezza non facevano che confondere chi lo osservasse. Un
diadema portava sul capo, s'intrecciava con la chioma dorata lunga
quasi fino alla vita e portava un anello al dito con una pietra verde
e intrecci di piccole foglie d'argento.
Aranel avanzò ancora un poco, ma non
osava toccare Adanedhel poiché egli sembrava così
sacro e poco
terreno e la sua espressione nascondeva le sue emozioni così
che
Aranel fece fatica a decifrarla.
Fu lui che le porse una mano e attese
che le vi appoggiasse la sua e lo fece, ma solo dopo averlo guardato
ancora un po'. Egli sorrise e strinse la mano del Dovahkiin, poi la
guidò in mezzo alla boscaglia lasciando la Dama della Luce
indientro.
-Molto mi ha parlato di voi
mio padre.
Non si dava pace e nemmeno nostra madre lo faceva, perchè
poi? Non
siete voi la figlia del servo fedele di Morgoth? Nel vostro sangue
scorre lo stesso di un mostro che ha ucciso i miei genitori come
cani! Ha ucciso un grande Re infilzandolo come una bestia!- prese ad
urlare questo.
Aranel si staccò
da lui e lo guardò
stupita dalle sue parole. La disprezzava, nei suoi occhi leggeva la
colpa di avergli tolto i genitori, ma lei centrava ben poco in
realtà, di certo non l'aveva scelto lei il suo padre
biologico.
-Ho scelto la via della
Luce.- disse
solo voltandosi indietro per tornare da sua Zia.
Adanedhel si
appoggiò una mano sulla
bocca, come per bloccare parole che ormai erano uscite e avevano
ferito più di un pugnale.
-Lo so- disse poi
avvicinandosi con in
viso gli occhi di chi si è pentito -dovete scusare la mia
collera,
non è stato facile per me sapere da altri che loro erano
morti per
mano di Sauron-
-Pensate che per me sia
stato meglio?
Io ho visto nostro padre a terra morente e ho toccato il suo freddo
viso, ho stretto le sue mani ghiacciate e ho sporcato le mie del suo
sangue!- rispose lei girandosi verso il fratello e cominciando a
piangere.
Si mise le mani davanti al
viso e cadde
in ginocchio; Adanedhel si avvicinò,
s'inginocchiò dietro di lei e
l'abbracciò forte, tanto da farle quasi mancare l'aria.
Tornarono indietro quando gli occhi di
Aranel finirono le lacrime e quandoo gli altri la videro insieme ad
Adanedhel sussultarono, specialmente Boromir che s'alzò da
dov'era
seduto e socchiuse le labbra.
-Abbiamo un nuovo membro
della
compagnia- disse lei indicando suo fratello.
Si, perchè
mentre percorrevano la via
del ritorno, Adanedhel le disse che non l'avrebbe lasciata sola
poiché convinto che suo padre avrebbe voluto vederli insieme
fino
alla fine e lei ne fu contenta poiché aveva di nuovo la sua
famiglia.
Adanedhel si mise una mano sul cuore e
fece un breve inchino davanti a tutti loro, poi si presentò:
-Il mio nome è
Adanedhel figlio di
Finrod e sono il fratello di Aranel e nipote di Galadriel-
A quelle parole
seguì l'inchino
dell'intera compagnia. Avevano difronte un nobile Elfo di una casata
molto antica e potente.
Aranel guardò il viso di Boromir
rilassarsi di colpo e un sospiro di sollievo lasciare le sue labbra
dipinte in un sorriso.
Angolino autrice:
Eccomi quiiiiiiiii! Dunque,
ringrazio tutti coloro che leggono e anche se siete un po' pochini
ancora, non fa nulla io scriverò e vi ammorberò
con le mie fantasie tutte strane e senza senso!! Buona lettura! xD
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Capitolo 9 *** Salvare delle vite ***
Salvare
delle vite
Il giorno dopo furono tutti
pronti a
ripartire e Galadriel diede loro dei doni che potessero essere utili
in quei tempi bui e a lei donò una collana con un ciondolo a
forma
di fiore. I petali brillavano come cristalli al sole e al centro vi
era una pietra blu e sul retro, su una foglia argentata c'era incisa
una frase: “Il mio cuore batterà per te anche
quando il mondo
cesserà di esistere”.
-Mio fratello
regalò questa collana a
tua madre prima di partire per aiutare Beren e Luthien, non si
aspettava poi che lei lo seguisse senza farsi notare.-
Aranel accarezzò
le pietre dei petali
e poi indossò la collana e chiuse il mantello donatole da
Celeborn,
nascondendo così il cimelio.
Salirono sulle barche e cominciarono a
muoversi lungo il fiume Anduin; fu un viaggio rilassante, l'acqua li
cullava e li lasciava pensare alla loro sorte e a quel che li
attendeva, senza la guida di Gandalf tutto sembrava più
difficile,
non c'era nessuno a cui chiedere consiglio.
Si fermarono quando si trovarono difronte le rapide del fiume che non
permetteva loro di proseguire, quindi attraccarono su una sponda e si
rifocillarono riposandosi ai piedi di grandi alberi. Aranel decise di
andare a fare un giro di perlustrazione nei boschi. Camminava tra le
foglie come faceva da bambina e per ricordare quei tempi si tolse gli
stivali lasciandoli su una roccia.
Toccava la terra con la pelle nuda e
chiudeva gli occhi cercando di rimembrare gli istanti della sua vita
nel Nargothrond, ma più camminava e più le
venivano in mente solo
quelli vissuti a Tol Sirion con Sauron; tutti gli incubi e le paure
nella notte si insinuarono nella sua mente lasciando nient'altro che
tristezza. Si accorse d'un tratto che Frodo era accanto a lei e
questo la turbò, poiché non riusciva a stare
troppo vicino
all'Hobbit, l'anello la chiamava e cercava di impossessarsi del suo
corpo e del suo cuore come aveva fatto a Gran Burrone.
Aranel, prendi
l'anello. Non potrà
mai uno sciocco Hobbit distruggere il Signore Oscuro, ma tu puoi
ereditare tutti i suoi poteri se lo desideri.
Fu in quel momento che
Aranel
s'inginocchiò davanti a Frodo e lo guardò
implorante di andar via
di li, che era pericoloso starle vicino finchè l'anello
sarebbe
stato al suo collo.
-Ti fa male non
è così?- chiese lui
mettendo una mano sul punto dov'era nascosto l'anello.
-Mi fa male il pensiero di
poterti fare
del male, di poter distruggere tutto con un colpo solo. L'anello
nelle mie mani non farebbe mai del bene.- rispose lei.
-Me ne vado. Devo proseuire
da solo,
non posso rischiare di farvi uccidere, è la mia missione.-
disse
Frodo superandola.
Aranel si alzò e
guardò l'Hobbit
andare via di corsa. Non l'avrebbe fermato, in cuor suo sapeva che ce
l'avrebbe fatta anche da solo, non ne aveva dubbi.
Quando tornò all roccia dove aveva
posato gli stivali ci trovò Boromir intento a cercare della
legna.
-Hai avuto la forza di fare
quel che
nessun'altro di noi avrebbe potuto fare. L'hai lasciato andare e hai
fatto bene. Ora l'anello non ti tormenterà più.-
disse
avvicinandosi alla donna.
-Boromir...-
sussurrò lei prima di
andare a prendere i suoi stivali.
-Aranel, perchè?
Non avete capito
nulla?- chiese lui stringendo i rami secchi.
Aranel si fermò
e sorrise, poi quel
sorriso divenne triste, buio, pieno di paure e una lacrima scese
lungo la sua guancia. Si voltò, ma non riuscì a
guardarlo negli
occhi.
-Io non posso lasciarmi
andare
all'amore, non posso combattere sapendoti in pericolo di vita, mi
farei uccidere. Non posso vivere serena perchè so che un
giorno
morirai come tutti gli Uomini e io no, io non morirò di
vecchiaia.-
rispose lei alzando leggermente il volto per incontrare il suo
sguardo.
Boromir lasciò
cadere i rami e le si
avvicinò, le prese il volto tra le mani e le
sussurrò a fior di
labbra:
-E io non posso vivere la
mia vita
sapendoti da un'altra parte e non al mio fianco.-
Le loro bocche furono
così vicine da
poter sentire il respiro di ognuno sulla pelle e Aranel non
riuscì
più a controllarsi, quelle iridi azzurre l'avevano osservata
per
troppo tempo, ormai ne era stregata e non poteva sottrarsi al suo
volere, così prese coraggio e lo baciò. Non fu un
bacio intenso, ma
lungo e pieno d'amore e di speranza, quella che ormai aveva quasi
abbandonato, quella speranza di amare ed essere amata senza chiedere
nient'altro in cambio che un cuore che scoppiasse di gioia nel
vederla passare, un'anima che impazzisse ad ogni suo tocco, proprio
come facevano cuore e anima di Aranel.
-Un amico mi disse una
volta che non
potevo decidere io quando far arrivare l'amore nella mia vita, ma ora
è arrivato senza preavviso ed è bello.-
sussurrò lei staccandosi
dalle labbra di Boromir.
Una freccia
sfiorò il suo braccio
spaventando entrambi, così sguainarono le loro armi e si
guardarono
intorno. Un gruppo di Orchi li aveva trovati e ora il pensiero di
Aranel andava a Frodo che era da solo nella foresta.
-Boromir!- urlò
spingendolo di lato e
salvandolo da un'altra freccia.
Aranel capì che
era il momento di
sfoderare una delle sue migliori armi, la più pericolosa
anche per i
suoi amici, ma prima doveva avvertirli dell'arrivo della tempesta. Fu
Boromir a richiamare la compagnia suonando il suo corno e in un
attimo fu il caos, Aragorn, Legolas, Gimli e perfino Merry e Pipino
furono al loro fianco per combattere il nemico comune.
-Sto per fare una cosa,
è pericolosa,
dovrete stare attenti e schivare i fulmini in tempo, uccidono
all'istante.- disse lei cercando di non urlare e non farsi sentire
dagli Orchi.
Trovò lo sguardo
di ognuno di loro e
vide che erano d'accordo e un po' s'allontanarono da lei e fecero
bene, poiché qualche secondo dopo, raccolte le forze
necessarie,
rilasciò il suo Tu Hum:
-Strun Bah Qo!-
Le nuvole s'addensarono e
divennero
grigie e piene di pioggia che cominciò a scendere offuscando
la
vista dei mostri, subito venne seguita da grosse saette che si
scagliarono su più Orchi arrostendoli all'istante.
Dapprima la compagnia non si mosse per
paura di venir colpita dai fulmini, ma poi cominciò a
colpire e
uccidere quanti più nemici poteva a colpi di spada e frecce.
La battaglia stava per concludersi, la
tenebra era stata sconfitta, ma il tempo si fermò quando un
dardo
s'infilzò nella spalla di Boromir e fece tremare le membra
di Aranel
che subito si gettò addosso all'Uruk Hai impedendogli di
colpire
ancora il suo amato.
Ma l'Uruk era forte e la scagliò
contro un albero facendole sputare del sangue; non si fermò
li,
sguainò la spada e si diresse verso Boromir, ma fu fermato
da
Aragorn prima che potesse calare la lama sul suo collo. Aranel si
alzò e impugnò l'arma e con un urlo pieno d'ira,
si fiondò
sull'avversario che stava dando del filo da torcere al suo compagno e
con un colpo seccò gli tagliò un braccio
facendolo squittire come
un topo.
Mentre questo si stringeva l'arto
mozzato, Aranel tagliò la sua testa facendola rotolare per
terra.
La corazza di cuoio ricoperta di sangue
e il mantello strappato coprivano il suo corpo stremato per la fatica
della battaglia, i capelli danzavano con il vento e il petto si
alzava e si abbassava freneticamente. Si voltò a guardare
Boromir
disteso a terra intento a ricevere cure da Aragorn; Aranel si
avvicinò e s'inginocchiò al suo fianco per
stringergli la mano
mentre il loro compagno di viaggio estraeva il dardo dalla sua
spalla. Soffocò a stento un urlo di dolore, ma poi si
rilassò; la
sua fronte era imperlata di sudore e le sue labbra erano sporche di
sangue, del suo sangue. Nella mente di Aranel si animò il
ricordo
della morte del suo Ada e come allora vide righe rosse ricoprire la
bocca di una persona amata e di nuovo pianse quel giorno; i suoi
compagni non capirono il perchè ora Aranel piangeva, con una
mano si
copriva il viso e con l'altra ancora stringeva quella di Boromir.
-Stupido! Volevi morire??
Non te lo
permetto!- urlò lei Alzandosi per tornare alle barche.
Tutti rimasero stupiti
dalla sua
reazione, Boromir invece sorrise perchè da quelle urla
capiva quanto
il Dovahkiin tenesse alla sua vita e lui capiva che aveva passato una
vita a cercare la moglie ideale, quando invece doveva solo aspettare
che l'amore bussasse alla sua porta o entrasse sfondandola.
Ma Aranel si bloccò, non tornò
indietro, rimase tra Legolas, Gimli e Adanedhel, li guardò,
si voltò e disse:
-Dove sono Merry e Pipino?-
Angolo autrice:
Scusate, questo capitolo
è più corto degli altri, ma stat tranquilli che
un altro è già in cantiere! Ringrazio, com
sempre, tutti coloro che leggono la mia FF, mi fa piacere :) Al
prossimo incontro!
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Capitolo 10 *** Sono la tua spada e il tuo scudo ***
Sono la
tua spada e il tuo scudo
Erano giorni ormai che
correvano per le
vallate in cerca degli Hobbit e anche se Boromir era ferito non
rimaneva indietro e non faceva loro perdere tempo. Era Aranel che
curava la sua spalla ogni volta che facevanoo piccole soste per
rifocillarsi; l'unico che si lamentava della marcia era Gimli che non
era bituato a correre per così tanto tempo e così
veloce, ma
Legolas cercava d'incoraggiarlo ogni qualvolta il Nano si lamentava
per le gambe stanche e per il fiato corto.
Fu proprio l'Elfo che vide, con la sua
vista lunga e lucida, i due Hobbit che venivano portati verso
Isengard, la torre del mago divenuto Oscuro.
Mentre rincorrevano il gruppo di Uruk
Hai, presero da terra una foglia di Lórien che stranamente
si
trovava li, dove non doveva essere e Aranel sorrise al pensiero che
uno dei due Hobbit avesse lasciato qualche traccia per essere
ritrovato, sicuramente non dubitava del fatto che i suoi compagni li
avessero lasciati in mano al nemico senza nemmeno provare a salvarli.
Sulla cima di una collina erbosa
sentirono in lontananza il suono di una moltitudine di zoccoli di
cavallo battere sulla terra e si nascosero dietro una roccia.
Quando videro che erano cavalieri e non
Orchi, uscirono dal loro nascondiglio e per primo fu Aragorn ad
attirare la loro attenzione chiamandoli a gran voce:
-Cavalieri di Rohan! Quali
notizie dal
Mark?-
I soldati fecero girare i
cavalli senza
mai arrestare la loro corsa e subito accerchiarono il gruppetto e gli
puntarono addosso lunghe lance per bloccarli.
-Che ci fanno stranieri
nelle terre del
Mark?? Parlate in fretta!- disse qullo che sembrava il capo.
-Dimmi il tuo nome Signore
dei cavalli
e io ti dirò il mio!- rispose Gimli con aria di sfida.
-Ti taglierei la testa
Nano, se si
levasse un po' più alta da terra.- ribattè l'uomo
scendendo dal suo
destriero.
-Moriresti prima di vibrare
il colpo!-
disse Legolas estraendo una freccia dalla faretra e incoccandola con
la velocità della luce.
Aranel si fece avanti e
mise una mano
sulla spalla dell'Elfo con l'intenzione di calmarlo e ci
riuscì
perchè questi abbassò la sua arma e l'ansia e
l'agitazione andò
scemando a poco a poco.
-Io sono Aragorn, figlio di
Arathorn.
Lui è Gimli, figlio di Glòin; lui è
Adanedhel figlio di Finrod;
lui Legolas del Reame Boscoso, lui è Boromir, figlio di
Denethor e
lei Aranel... di Tamriel- così presentò tutti il
Re senza corona.
Aranel sospirò
poiché sembrava una
vagabonda senza terra, regno e genitori, ma cosa avrebbero fatto se
avesse detto ch'era figlia di Sauron? Sarebbe finita male per lei e
per i suoi compagni.
-Siamo amici di Rohan-
continuò
Aragorn -e di Theoden vostro Re-.
-Theoden non sa
più riconoscere gli
amici dai nemici, nemmeno la propria stirpe- rispose il Cavaliere
togliendosi l'elmo e rivelando il suo volto.
-Saruman ha avvelenato la
mente del Re
e stabilito il dominio su queste terre. La mia compagnia è
quelle
fedeli a Rohan e per questo veniamo banditi. Lo stregone bianco
è
astuto, vaga qua e la dicono come un vecchio con mantello e cappuccio
e ovunque le sue spie sfuggonoo alle nostre reti.- continuò
il
Rohirrim.
-Noi non siamo spie.- disse
Aragorn
-inseguiamo un gruppo di Uruk Hai che sono diretti a Ovest, hanno
fatto prigionieri due nostri amici-.
Il Rohirrim
sospirò e poi rispose:
-Gli Uruk sono distrutti,
li abbiamo
trucidati stanotte.-
-Ma c'erano due Hobbit! Hai
visto due
Hobbit con loro??- chiese agitato il Nano.
-Sono piccoli, dei bambini
ai vostri
occhi- disse Boromir avvicinandosi al Cavaliere.
-Non ci sono vivi. Abbiamo
ammassato le
carcasse e dato fuoco. Mi dispiace-
Chiamò poi
quattro cavalli con un
fischio e disse:
-Vi conducano ad una sorte
migliore dei
loro precedenti padroni. Cercate i vostri amici, ma non fidate nella
speranza, ha abbandonato queste terre.-
Il Rohirrim se ne
andò portando con se
i suoi soldati e lasciandoli la soli e pieni di dolore per la perdita
di Merry e Pipino.
-Secondo me dovremmo
andare! C'è
sempre la speranza che siano fuggiti!- disse Aranel salendo su un
cavallo.
Legolas e Gimli cavalcarono
insieme e
così fecero Aranel e Adanedhel, mentre Aragorn e Boromir
presero da
soli il cammino sui loro cavalli.
Quando arrivarono davanti ai cadaveri
degli Uruk, scesero dai destrieri e si avvicinarono alle carcasse
ammassate in malo modo e li trovarono alcune cose degli Hobbit,
bruciate assieme ai mostri.
Così la speranza lasciò per un
momento il cuore di Aranel che s'inginocchiò e raccolse da
terra un
piccolo fodero intrecciato di foglie, un dono che avevano ricevuto da
sua Zia, prima di partire da Lórien.
Aragorn cominciò a cercare delle
tracce con la speranza di trovare un perchè alla loro morte
e di
ritrovare almeno i loro corpi per seppellirli come si doveva, come
degli eroi di guerra.
Ma le tracce non portarono alla loro
mort, ma bensì alla fuga, proprio come aveva immaginato
Aranel e la
fiamma della speranza si riaccese per un momento nel suo cuore e
Adanedhel sorrise e si avvicinò ad Aragorn ch'era rimasto
immobile
davanti ad una fitta, verde boscaglia.
-Fangorn.-
sussurrò il mezz'Elfo.
-Quale pazzia li ha
condotti li
dentro?- chiese il Nano rimanendo a bocca aperta e facendo qualche
passo indietro.
-Dobbiamo proseguire.
Dobbiamo
trovarli.- disse Aranel addentrandosi.
Boromir la seguì
a ruota e poi lo
fecero anche gli altri spinti da un coraggio che solo i visi
sorridenti di Merry e Pipino potevano dal loro. Quella foresta era
piena di ricordi, disperazione e secoli bui.
Fu allora, dopo vari passi, seguendo
tracce di sangue, che si ritrovarono davanti ad una figura luminosa,
impossibile da colpire ne con una spada, con una freccia o con
un'ascia. Tutto si distruggeva e bruciava vicino a lui, una grande
magia si nascondeva dietro ad un lungo mantello bianco e dietro quel
viso che loro conoscevano molto bene, ma che li lasciava basiti e
senza parole.
Nella loro mente si aspettavano di
vedere Saruman e questo li spaventava perchè se fosse stato
lui
avrebbero per certo collegato come cattiva la sorte degli Hobbit e la
loro.
Ma quando lo stregone spense la luce
che nascondeva il suo volto, videro qualcuno di familiare, qualcuno
che non si aspettavano di vedere e che avevano visto cadere
nell'oscurità qualche tempo prima: Gandalf.
-Tu sei caduto...- disse
Aragorn più a
se stesso.
-Gandalf-
sussurrò Aranel
avvicinandosi appena.
-Gandalf? Oh, si. È
così che mi chiamavano, Gandalf il Grigio. Io
sono Gandalf il
bianco e ritorno da voi ora al mutare della marea.- così
disse il
mago e si avvicinò ad Aranel posandole una mano sul viso.
-Vedo una luce diversa nei
tuoi occhi,
questo mi conforta, sapere che l'oscurità che annebbiava la
tua
mente ora è lontana mi fa felice.-
Aranel appoggiò
la mano alla sua e
sorrise, poi si distaccò lentamente e porse una mano a suo
fratello
Adanedhel portandolo al cospetto di Gandalf.
-Lui è mio
fratello Adanedhel.- disse
il Dovahkiin.
Gandalf sorrise nuovamente
e fece un
inchino ben sapendo chi si trovava difronte.
-Non è facile
trovarsi di fronte ad
uno dei più nobili Principi dei Noldor, o al suo
discendente.- disse
gandalf.
Adanedhel
appoggiò una mano al petto e
chinò il capo.
-E non è facile
imbattersi in un
Maiar.- rispose l'Elfo.
Uscirono dalla foresta e
Gandalf
richiamò a se il suo nobile destriero, un Mearas dal bianco
pelo,
una creatura splendida venuta da Valinor stessa.
Arrivarono a Edoras cavalcando per
qualche ora e il Palazzo d'Oro sembrava così umile che
Aranel pensò
che pure il palazzo dello Jarl di Whiterun era più sfarzoso.
Un arazzo volò giù e andò a posarsi
davanti a loro come a volerli fermare annunciando un percorso
pericoloso.
Aranel scese dal cavallo e Adanedhel lo
fece fermare tirando delicatamente le briglie; si chinò
sull'arazzo
e lo raccolse da terra, lo piegò e salì di nuovo
sul cavallo
incitandolo a partire.
Quando arrivarono davanti alle porte
del palazzo, un soldato ordinò loro di liberarsi delle
proprie armi
e lo fecero, tranne Gandalf che non cedette loro il suo bastone
magico.
Quando entrarono, nessuno, un Re, un
Principe o una Principessa, nessuno diede loro il benvenuto e a
parlare fu quel che sembrava fosse il consigliere del Re. Il suo
volto era spettrale quasi come se non fosse umano, ma provenisse
dall'Oscura città di Mordor.
Gandalf lo minacciò e lo fece
indietreggiare con il suo bastone e il consigliere che si chiamava
Grima, sembrò spaventarsi a tal punto da richiamare
l'attenzione
delle guardie e ricordare loro che avrebbero dovuto prenderli il
bastone prima di farlo entrare. Qualcuno tentò di fermarli,
ma i
soldati che ci provarono finirono a terra in un batter d'occhio e fu
anche la sorte dello stesso Grima che finì a terra tenuto
dal piede
di Gimli che lo guardava minaccioso.
Gandalf liberò il Re da un incantesimo
che gravava sulla sua persona ed estirpò Saruman dalla sua
mente
rivelando tutta la potenza del nuovo Gandalf il Bianco.
Aragorn fermò una ragazza che stava
correndo incontro al Re e la lasciò andare solo quando
l'incantesimo
sembrava svanito. Quel che prima sembrava un signore anziano e sul
punto di morire, divenne un uomo saggio e con ancora tutta una vita
davanti.
-Riconosco il tuo viso-
disse Re
Theoden appoggiando una mano sul volto della ragazza che ora lo
reggeva -Eowyn...-.
Aranel rimase affascinata
da quella
giovane così fragile e candida all'apparenza, ma sentiva il
suo
cuore battere forte come gli zoccoli di un cavallo che irrompono sul
terreno e i suoi occhi erano azzurri e limpidi come il cielo d'Estate
e i suoi capelli danzavano ad ogni sua mossa, dorati e ondulati.
Una tristezza era celata dietro quegli
occhi e Aranel capì dopo il perchè: suo cugino,
l'unico figlio del
Re, era morto in battaglia solo il giorno prima e probabilmente non
sapeva come dirlo a suo Zio che tanto lo amava.
I funerali si svolsero con
grande
commozione e ad Aranel venne in mente quando seppellì Lidia,
all'entrata di Riverwood, tanti erano accorsi e avevano lasciato un
fiore passando silenziosi vicino alla sua lapide.
Così fece anche Aranel, prese un fiore
e si avvicinò alla tomba del figlio del Re, mise una mano
sul cuore,
s'inginocchiò e appoggiò un fiore ai suoi piedi,
poi pianse come se
lo conoscesse da una vita, come se fosse stato il suo amore
più
grande e il Re rimase stupito, con anch'egli le lacrime agli occhi le
si avvicinò e l'alzò da terra e la
guardò con sguardo sgranato
come per chiederle il perchè di quella sua reazione.
In effetti nemmeno lei sapeva il perchè
avesse reagito così, sapeva che il ricordo di Lidia spuntava
fuori
ogni volta che presenziava ad un funerale e il dolore batteva sul suo
petto ed entrava nella sua anima senza chiedere il permesso, ma forse
era anche la consapevolezza che il Principe era morto a causa di suo
padre e lei portava il sangue del colpevole nelle vene e si sentiva
in colpa come se fosse stata lei stessa ad ucciderlo.
-Mi dispiace.-
sussurrò Aranel
cercando di calmarsi.
Fu in quel momento che
Boromir si
avvicinò, l'abbracciò forte facendola sparire tra
le sue braccia e
le baciò la fronte, poi la portò piano verso il
loro gruppo,
facendola allontanare dalla tomba del Principe.
-Non piangere Aranel, tutti
muoiono, in
un modo o nell'altro tutti raggiungeremo la morte prima o poi.-
sussurrò Boromir sfiorandole l'orecchio con le labbra.
Le prese il volto tra le
mani e cercò
di incatenarle lo sguardo nel suo, poi sorrise e asciugò le
lacrime
che le rigavano le guance e l'abbracciò di nuovo come si fa
con i
bambini quando si svegliano nel cuore della notte dopo aver fatto un
incubo.
In quel momento comprese che Boromir
era diventato la sua spada e il suo scudo.
Angolino autrice:
Come sempre
ringrazio tutti coloro che continuano a leggere questa FF , mi piace
vedere quel numero crescere e anche se solo una persona ha recensito,
non importa, continuerò a scrivere per tutti voi. Dopotutto
quandoo si pubblica un libro i lettori rimangono in silenzio, mica
mandano delle recensioni ad ognii capitolo!! Alla prossima :)
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Capitolo 11 *** Come il frutto di Laurelin e il fiore di Telperion ***
Come il
frutto di Laurelin e il fiore
di Telperion
Il giorno dopo furono
convocati dal Re
e si riunirono nella sala del trono e discussero a lungo sul da
farsi. Aranel, che osservava molto Eowyn, s'accorse che regalava
degli sguardi speciali ad Aragorn e il suo cuore si riempì
di
tristezza per lei e di ira per Arwen. Sapeva che quella dama avrebbe
sofferto per l'amore che stava nascendo per Aragorn ed era arrabbiata
allo stesso tempo perchè era protettiva nei confronti di
Arwen e
avrebbe fatto di tutto per allontanare la Principessa di Edoras dal
futuro Re di Gondor.
Boromir regalava attenzioni ad Aranel e
lei ormai non riusciva più a farne a meno e cercava sempre
il suo
sguardo in mezzo a quello degli altri e aspettava che la guardasse
per poi portare velocemente lo sguardo altrove. Lui rideva
nascondendo le labbra inarcate dietro il gesto della mano che
accarezzava la barba.
Adanedhel si accorse dei loro sguardi e
ogni tanto dava delle piccole gomitate alla sorella e le sorrideva
divertito e lei piombava in forte imbarazzo coprendo le guance di un
rosso acceso.
Il pomeriggio Aranel lo passò
passeggiando per Edoras e per aiutare come poteva la gente a
prepararsi per la partenza verso il Fosso di Helm.
Vide Boromir parlare con una giovane
donna che lo guardava come fosse l'unico uomo nella Terra di Mezzo e
questo irritò non poco il Dovahkiin che passò
loro accanto e non
degnò di uno sguardo il cavaliere.
Passò la sera nella sua stanza e prese
ad accarezzare il ciondolo che le aveva donato sua Zia a
Lòrien.
Si affacciò dalla finestra e vide la
città che silenziosa spegneva le candele per prepararsi alla
notte e
la stessa cosa fece Aranel spegnendo la sua e accoccolandosi sul
letto.
Qualcuno bussò alla sua porta proprio
nel momento in cui chiuse gli occhi; si alzò e
andò ad aprire la
porta sapendo già chi poteva trovarvisi dietro.
-Non avete cenato questa
sera, c'è
qualcosa che non va Aranel?- chiese Boromir.
-Non ho fame.- rispose lei
fredda
chiudendo la porta subito dopo.
Lui appoggiò una
mano sul legno prima
che battesse e la riaprì lentamente entrando nella stanza.
-Cosa vi ho fatto?- chiese
l'uomo
prendendola per il polso.
-Nulla, voi siete libero di
amare chi
volete, non abbiamo nessun legame- rispose lei senza voltarsi.
Boromir rise come se gli
avessero
appena raccontato una barzelletta poiché aveva appena capito
il
perchè lei si comportasse in quel modo.
-Vi siete ingelosita.-
disse lui
facendola voltare e costringendola a guardarlo.
-No, per cosa dovrei
essermi ingelosita
poi?- mentì lei.
-Quella donna con cui
parlavo , quella
bella donna con cui parlavo quest'oggi.- rispose lui cercando di
farla arrabbiare e ci riuscì.
-Devo dormire!- disse lei
spingendolo
verso la porta.
Lui le tornò
vicino e le bloccò le
braccia in un abbraccio e tornò a parlare:
-Quella bella donna con cui
parlavo che
messa a paragone con te non vale più di un granello di
sabbia.-
Lei si rilassò e
si lasciò cullare
dal suo calore, poi alzò il viso e lo guardò
sorridendo
soddisfatta.
Le loro labbra si sfiorarono appena, ma
vennero interrotte da qualcuno che bussava insistentemente alla
porta.
-Aranel!- era la voce di
Adanedhel.
Aranel sbuffò e
aprì la porta
trovandosi davanti un fratello agitato.
-Cosa c'è?-
chiese il Dovahkiin una
volta capito che era un'emergenza.
-Dobbiamo partire subito
per il fosso
di Helm! Hanno attaccato i villaggi e dato fuoco a tutto, il Re dice
che il suo popolo non è al sicuro a Edoras! Presto! Dobbiamo
andare!-
Così dicendo
sparì per i corridoi del
palazzo e sia il Dovahkiin che Boromir rimasero fermi e in silenzio
per alcuni secondi.
Poi Aranel prese a radunare le sue cose
e Boromir andò nella sua stanza e fece lo stesso e
s'incontrarono
tutti nella sala del trono dove trovarono i loro compagni pronti a
partire, tranne Gandalf che a detta di Aragorn era partito prima di
loro in cerca di aiuto.
Il Re diede loro un cavallo ciascuno
così che potessero cavalcare da soli e combattere senza
intralci. Il
suo le ricordava Britte che aveva lasciato a Gran Burrone insieme ai
suoi figli... già, loro le mancavano più di ogni
altra cosa al
mondo e sperava che stessero bene con Dama Arwen e Re Elrond.
Cominciarono la marcia con le stelle
che cercavano d'illuminare un paesaggio troppo vasto. Le torce
infuocavano la notte permettendo passi decisi al popolo e ai
cavalieri; Aranel era abituata a viaggiare con il buio e le ombre non
la spaventavano, così si mise in testa al gruppo e si
affiancò al
Re che cominciò a parlarle.
-Io so chi sei.- disse
questo facendola
voltare verso di lui -Non so se essere felice di averti al mio fianco
in questa battaglia o se ritenerti addirittura in parte responsabile
della morte della mia gente.-
Aranel si
avvicinò di più e rispose:
-Io sono il Dovahkiin di
Tamriel e sono
qui per offrirvi il mio aiuto, non per uccidere donne e bambini, ma
per proteggerli.-
-Ma sei anche la figlia di
Sauron e nel
tuo sangue scorre anche il suo.- continuò il Re.
-Il mio sangue
sarà anche infettato da
quello dell'Oscuro Signore, ma c'è anche quello della donna
che
conquistò il Re del Nargothrond e che restò al
suo fianco fino ed
oltre la morte, non conta nulla?- disse Aranel sorridendo.
-Non lo so. Questo resta
ancora da
vedere.- rispose lui spronando il cavallo a superare quello del
Dovahkiin.
Aranel si
rabbuiò e Boromir, che se
n'era accorto, si avvicinò a lei e cercò di
cambiare discorso:
-Gandalf mi ha detto che
hai vissuto in
molti mondi.-
Aranel gli sorrise e
rispose:
-È
vero, ma non offenderti se ti dico che Tamriel
è il mondo più
bello.-
Boromir rise e le si
avvicinò di più:
-E quello più
brutto qual'è?-
Aranel rimase qualche
secondo in
silenzio e poi rispose:
-Nessun mondo è
brutto, ma ce n'è uno
piuttosto triste ed è la Terra.-
-Si cantano melodie in
quelle terre?-
chiese ancora l'uomo facendosi curioso.
-Si- rispose lei voltandosi
a
guardarlo, ma distole quasi subito lo sguardo perchè sapeva
che era
difficile guardarlo senza poterlo baciare almeno una volta -ci sono
molte melodie-
-Puoi cantarne una che
descriva la
tristezza di quel mondo?-
Così Aranel
pensò ad una canzone che
amava e che purtroppo descriveva il cambiamento di quel mondo
nascondendolo in amabili parole; così il Dovahkiin
cominciò a
cantare:
Un vecchio e un
bambino si preser
per mano
e andarono insieme incontro alla
sera.
La polvere rossa s'alzava lontano
e il sole brillava di luce non vera.
L'immensa pianura sembrava arrivare
fin dove l'occhio di un uomo poteva
guardare.
E tutto d'intorno non c'era nessuno
solo il tetro contorno di torri di
fumo.
I due camminavano e il giorno
cadeva,
il vecchio parlava e piano piangeva.
Con l'anima assente, con gli occhi
bagnati
seguiva il ricordo di miti passati.
I vecchi subiscon le ingiurie degli
anni,
non sanno distinguere il vero dai
sogni.
I vecchi non sanno nel loro pensiero
distinguer nei sogni il falso dal
vero.
Il vecchio diceva guardando lontano:
“immagina questo coperto di grano.
Immagina i frutti, immagina i fiori
e pensa alle voci e pensa ai colori.
In questa pianura fin dove si perde
crescevano gli alberi e tutto era
verde.
Cadeva la pioggia, segnavano i soli,
il ritmo dell'uomo e delle
stagioni”.
Il bimbo ristette, lo sguardo era
triste
e gli occhi guardavano cose mai
viste.
E poi disse al vecchio con voce
sognante:
“mi piaccion le fiabe, raccontane
altre”.
Intorno a loro si era radunata una
piccola folla di persone intente ad ascoltare la sua voce che cantava
tremante quella canzone.
-È
una canzone bellissima Aranel, ma davvero il bambino
credeva
che fosse una fiaba?- chiese Boromir intristito.
-Purtroppo i bambini sulla
Terra non
stanno molto a contatto con la natura. Gli uomini l'hanno nascosta
sotto uno spesso strano di una sostanza che non sapete cos'è
e
quindi non pronuncerò il suo nome qui, tanto non verrebbe
capito.-
-E invece Tamriel
com'è?- chiese
Adanedhel che si era avvicinato a loro.
-Oh, Tamriel somiglia molto
alla Terra
di Mezzo, ma in più ha i Draghi. Non prendetemi per matta,
ma non
sarei la stessa se loro non esistessero.-
-Ma non sono creature
perfide e
mostruose?- chiese un bambino che si era allontanato dalla madre per
ascoltare la conversazione.
-Si ragazzino, sono
perfidi, ma non
tutti.- rispose lei.
-E tu uccidi i Draghi
cattivi?- chiese
ancora.
Aranel rise e poi gli
rispose:
-Si, e solo io posso
ucciderli
definitivamente assorbendone l'anima.-
-Anche io
ucciderò i draghi quando
sarò grande-
A quella affermazione
Aranel ricordò
il suo bambino che diceva sempre di voler uccidere i Draghi una volta
cresciuto e la mancanza dei suoi figli bussò un'altra volta
alla
porta del suo cuore.
Il mattino
arrivò presto e il popolo
non si era fermato neanche un minuto a riposare, il nemico era troppo
vicino per indugiare, avrebbero riposato una volta arrivati nel fosso
di Helm.
Ma con il sole non arrivò solo calore
e luce, ma anche ciò che quasi tutti si aspettavano e
cioè coloro
che volevano distruggere la razza dell'uomo e usurpare Arda.
I mannari li attaccarono e in men che
non si dica i soldati si raccolsero e il popolo fu tratto in salvo da
Eowyn.
Aranel guardò Boromir per un istante e
poi spronò il cavallo a caricare contro gli Orchi che
cavalcavano
delle creature simili a Lupi e a Iene, ma molto più grossi e
più
micidiali.
Sguainò la spada e cominciò ad
ucciderli uno ad uno senza pietà e senza guardarli in volto.
Successe però che uno di loro riuscì ad
aggrapparsi alla sua gamba
e a farla cadere da cavallo; bat0tè un colpo così
forte da
spezzarle il fiato, ma si rialzò giusto in tempo
perchè quell'Orco
stava per infilzarla. Dopo averlo trafitto con la sua Frangialba,
corse incontro ai suoi compagni e li liberò da vari nemici
facendoli
sbalzare giù dal dirupo con il suo Tu Hum.
Molti dei soldati rimasero stupiti ed
interdetti e non capirono subito cos'era accaduto, ma Aranel li
smosse dai loro pensieri urlandogli:
-Combattete soldati! Non
è il momento
di rispondere alle vostre domande!-
Così i soldati
ripresero a combattere,
ma proprio quando tutto sembrava volgere al termine e la battaglia
sembrava vinta, gli occhi di Aranel si posarono su un mannaro che
correva impazzito verso un dirupo con Aragorn agganciato alla sua
sella.
-Aragorn! No!-
urlò Aranel.
Il Dovahkiin
cercò di andargli
incontro e fermarlo, ma proprio quando stava per afferrare il suo
compagno per le vesti e stava per affondare un pugnale sul mannaro
imbizzarrito, questo corse più veloce e si gettò
nel vuoto.
Il cuore del Dovahkiin perse battiti,
la pelle divenne pallida e gli occhi sembravano aver lasciato andare
via la sua anima dando spazio solo alle lacrime di cadere.
-Aragorn...-
sussurrò guardandosi le
mani -non ti ho salvato-
Cadde in ginocchio e il
tempo parve
rallentare attorno a se; vedeva i suoi compagni che sorridevano
soddisfatti mentre uccidevano quei mostri e vide il viso di Boromir
gioioso e divertito.
-Non sono riuscita a
salvarti.-
continuava a dire guardandosi le dita.
Qualcuno la scosse e
l'abbracciò da
dietro.
-Sorella! Abbiamo vinto!-
diceva
Adanedhel.
Ma quando l'Elfo
girò il viso di
Aranel per poterle baciare le guance, si accorse che c'era qualcosa
che non andava e anche gli altri compagni si radunarono intorno a lei
che non si alzava da terra, quasi come se l'avessero inchiodata.
-Aranel!- la
chiamò Boromir
scuotendola.
-Non sono riuscita a
salvarlo-
continuava a dire lei.
-Aranel! Perchè
continui a guardarti
le mani? Chi non sei riuscita a salvare??- chiese Boromir agitato.
-Aragorn!- urlò
Legolas che si era
accorto dell'assenza del loro amico.
-Egli è caduto.
Era ad un passo da lui
ed è precipitato nel burrone.- disse Aranel per rispondere
alla
domanda silenziosa di Legolas.
Tutti rimasero immobili e
sono l'Elfo
di Bosco Atro andò in cerca dell'amico non credendo alle
parole di
Aranel e trovò un Orco che sputava sangue ed era prossimo a
morire.
Il mostro gli disse che Aragorn era
caduto e tra le sue mani l'Elfo trovò la collana che Arwen
gli aveva
regalato: la Stella del Vespro.
Il viaggio riprese e gli
amici di
Aragorn si strinsero nel dolore e cavalcarono con l'anima in spalle
cercando conforto l'un l'altro.
-Non doveva finire
così- disse Aranel
appoggiando la testa sulla schiena di Boromir.
Il suo cavallo era fuggito
in preda
alla paura e la donna aveva deciso di proseguire con l'uomo che
amava. Aveva bisogno di sentirsi al sicuro, anche se era una
guerriera, il suo cuore rimaneva quello d'un tempo e aveva bisogno di
quelle sicurezze di cui hanno bisogno tutte le donne e lei le trovava
in Boromir, nei suoi occhi, nelle sue labbra, nel suo cuore.
-Non è colpa tua
Aranel, siamo tutti
cupi e tristi per la perdita di Aragorn. L'avrei accettato sai?-
disse Boromir voltandosi leggermente e stringendo le mani di Aranel
che si erano aggrappate alle sue vesti all'altezza dello stomaco.
Lei lo guardò
non capendo le sue
parole e gli chiese:
-Cos'avresti accettato?-
-Che diventasse il mio Re e
che sedesse
sul trono di Gondor nella città di Minas Tirith. Ora ho un
unico
risentimento...quello di non averglielo detto.-
-Oh, Boromir. Sono sicura
che non ce ne
fosse bisogno.- rispose lei stringendosi di più al suo corpo.
Si vergognava dei suoi
pensieri il
Dovahkiin, proprio in quel momento in cui la sua mente doveva
concentrarsi sul dolore per la perdita subita, lei pensava all'uomo a
cui aderiva il suo corpo e immaginava il calore del suo petto sulla
sua pelle. Cercava di distogliere quel pensiero, ma non appena apriva
gli occhi, il suo sguardo si poggiava sulla sua mano che forte
stringeva le briglie mentre con l'altra accarezzava ancora le sue. E
più Aranel stringeva le braccia, più sentiva gli
addominali
scolpiti sotto le vesti e allentava la presa in preda ad un
batticuore improvviso.
Non aveva mai donato il suo corpo a
nessuno e sapeva bene che prima o poi sarebbe successo e lei voleva
che succedesse con Boromir, ma non poteva dirglielo, non poteva
scoprire così le sue debolezze. Avrebbe atteso che si
avvicinasse
lui.
-Sai, è triste
che Aragorn se ne sia
andato proprio ora che era deciso a rivendicare il trono di Gondor.
Ogni volta che pensavo alla sua situazione mi veniva in mente un
ritornello: “tieni duro perchè dovrai lottare,
perchè il mondo
non sa che tu ci sei”. E ora che il mondo cominciava a sapere
chi
lui fosse, ci ha lasciati.- disse Aranel rabbuiandosi un poco.
-Non lascerò che
il popolo dimentichi
chi è il loro vero sovrano, farò in modo che
conoscano la sua
storia, te lo prometto.- rispose Boromir.
Arrivarono al fosso di Helm
dopo
qualche ora di viaggio e quando scesero da cavallo, Eowyn venne loro
incontro e abbracciò Aranel, che non aspettandoselo, rimase
bloccata
e non ricambiò l'abbraccio.
-Scusate mia signora, non
volevo
offendervi è solo che rimanere qui ad aspettare e aspettare
e
aspettare è stata dura. Ma siete tornati così in
pochi.- disse
cominciando a cercare il volto di Aragorn nella folla.
-Sire Aragorn,
dov'è?- chiese poi
accorgendosi che non sii trovava tra loro.
Aranel sospirò
debolmente e il ricordo
dell'amico che precipitava nel fosso cominciò a vivere nella
sua
mente e a battere nel suo cuore e così, dopo aver pensato e
ripensato a cosa poteva dirle, disse semplicemente:
-Egli è
caduto.-
Così
Eowyn cominciò a
piangere e a disperarsi e si sentì male come se a morire
fosse stato
suo marito.
Aranel pensava ad Arwen e
a come avrebbe potuto superare la perdita di Aragorn prima del tempo
e la Principessa di Rohan non le faceva pena alcuna, quindi strinse
le mani sulle sue braccia un attimo prima che potesse cadere in
ginocchio.
-Queste
lacrime non sono
vostre!- disse Aranel a denti stretti.
Il
Re si avvicinò a
allontanò Eowyn dal Dovahkiin e Boromir le
appoggiò una mano sullo
stomaco facendola indietreggiare.
Theoden la guardava con
sguardo furioso e le iridi bruciavano di rabbia.
-Non
devi toccare mia
nipote!- urlò poi attirando l'attenzione di tutti i presenti.
Aranel
abbassò se ne andò
in cerca di solitudine e di un posto dove sbollentare l'ira, ma il Re
parlò ancora:
-Non
mi sbagliavo affatto
sul tuo conto! Sei e resterai la figlia di un mostro senza
pietà
alcuna! Nessuno ti ama e nessuno ti amerà mai!-
La
donna si bloccò e
strinse i pugni, ma non servì a calmarla.
-Voi
non avete fatto
niente! Niente! Avete lasciato che Aragorn, l'unico Re che avrei
onorato in questa Terra, morisse come un cane! E tutto questo
perchè
non avete il coraggio di difendere la vostra città! Mandate
il
vostro popolo a nascondersi dietro alte mura di pietra come topi!
Alla fine di questa guerra chiedetevi se al mondo esiste ancora
qualcuno che ama voi!- rispose Aranel urlandogli addosso.
Il
Re lasciò sua nipote e
sguainò la spada avvicinandosi ad Aranel che
sguainò la sua e
ringhiò furiosa pronta a colpire un Re.
-No!-
disse Boromir
mettendosi in mezzo ai due.
-Spostati
figlio di
Denethor, o anche il tuo sangue bagnerà questa
Terra!-rispose il Re
cercando d'intimidirlo.
Boromir
sfoderò la sua
spada facendo sibilare l'aria con un suono metallico.
-Non
toccherete questa
donna.- ringhiò a denti stretti.
-Nessuno
si farà male!-
urlò un uomo in lontananza.
Si
avvicinava a gran
velocità nel punto in cui si trovavano i duellanti e quando
smontò
da cavallo si parò davanti al Re e tutti furono stupiti di
vederlo
vivo.
-Aragorn...-
sussurrò
Aranel.
-Nessuno
si farà male!
Non è combattendo tra di noi che riusciremo a sconfiggere le
tenebre. Rinfoderate le vostre armi e non fate sciocchezze!-
La
donna fu la prima a
rimettere al suo posto la spada, poi Boromir la seguì e il
Re
l'abbassò soltanto.
-Non
ammetterò un altro
errore, la prossima volta morirai.- disse Theoden voltandosi e
andando all'interno del Fosso.
-O
morirete voi
provandoci.- rispose Aranel seguendolo con lo sguardo.
Il
Re si girò a guardarla
per qualche secondo, poi se ne andò lasciandoli tutti basiti.
-Vi
lascio soli un momento
e guarda che mi combinate!- disse Aragorn cercando di alleviare la
tensione.
Aranel
si voltò di scatto
e sorrise nel constatare che il suo amico stava bene e che Arwen non
avrebbe dovuto soffrire, ma quello che distolse i pensieri positivi
fu l'abbraccio che Eowyn regalò ad Aragorn e lei si
agitò
nuovamente e sembrò arrabbiata con lui perchè se
ne andò senza
dire una parola.
Boromir la seguì per i
corridoi lunghi e stretti, poi quando furono abbastanza lontani da
tutti gli altri, la bloccò alla parete di pietra. Aranel
cercava di
divincolarsi in tutti i modi, ma non ci riuscì e Boromir
inchiodò
il suo sguardo nelle iridi ambrate della donna.
-Mi
farei uccidere da
chiunque per te, ma per favore, cerca di essere ragionevole la
prossima volta!- disse lui stringendole i polsi.
-Quella
Principessa sta
giocando con il fuoco!- rispose lei stringendo i pugni.
-Perchè
t'importa tanto
di quello che fa?- chiese Boromir allentando la presa.
-Perchè
Arwen dovrebbe
piangere la sua morte, Arwen dovrebbe abbracciarlo e cercare il suo
sguardo nella folla, non lei! Non quella donna!- rispose Aranel
cercando di spingere via Boromir.
Lui
resistette e la bloccò
nuovamente, avvicinò il volto al suo e la guardò
sorridendo.
-Sei
bella quando ti
arrabbi.- le disse.
Le
guance del Dovahkiin
avvamparono e prese di nuovo a ribellarsi sotto la sua stretta, ma
Boromir ch'era rapito dalla sua indole selvaggia, la baciò
bloccandole ogni movimento.
Lasciò i suoi polsi e
appoggiò delicatamente le mani sul suo viso e le loro labbra
finalmente si toccavano; si erano così desiderati che
sembrava
impossibile che fosse successo di nuovo, finalmente avevano
ciò che
volevano.
Le mani di Aranel
s'appoggiarono sul petto di lui e risalirono sulle spalle cominciando
ad intrecciare una ciocca di capelli tra le dita.
E ora, quando tutto
sembrava crollare, quando si cercava di restare vivi davanti alla
minaccia di Mordor, proprio in quel momento, nasceva l'amore e
sbocciava come il frutto di Laurelin e il fiore di Telperion e la sua
luce immensa scaldava i loro cuori e univa le loro anime e li si
giurarono amore eterno e non avrebbero amato mai nessun'altro per il
resto della loro vita.
Quando le loro labbra si
separarono, rimasero immobili a sorridersi e fissarsi e poi Boromir
pronunciò quelle parole tanto attese:
-Ti
amo Aranel. Ti amo
come i fiori amano la luce del sole e hai aperto il mio cuore ch'era
rimasto chiuso a lungo.-
Aranel
lo baciò ancora
desiderosa di assaporare ogni attimo prima di mettere a rischio la
loro vita in battaglia.
-E
io ti amo Boromir, come
la notte ama la luce della Luna e delle Stelle. Hai cancellato
l'oscurità che teneva legata la mia anima.-
-Mi
dispiace
interrompervi, ma dobbiamo prepararci alla battaglia.- disse un
Aragorn sorridente.
Angolino autrice:
Oh
ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo! Spero sia di vostro
gradimento perchè ci ho messo il cuore u.u
Ringrazio Scarl_Bloom94 per la recensione e per avermi fatto
pubblicità xD Sono sicura che non ce ne sia bisogno, ma
ricambio volentieri e quindi vi invito a leggervi la sua meravigliosa
Fan Fiction "La Mezz'elfa e il Principe", io sbavo ogni volta che leggo
un suo nuovo capitolo! xDD Ringrazio anche Lady Oakenshield per la
recensione, non sai quanto mi faccia piacere :) e ovviamento finisco
col ringraziare anche tutti coloro che leggono silenziosamente, mi
piace vedere il numeretto che sale xD Buona lettura e al prossimo
incontro!!
p.s. Scusate se ad un certo punto s'ingrandisce, ma non ho idea del perchè lo faccia xD
|
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Capitolo 12 *** Orchi e...Draghi? ***
Orchi e... Draghi?
Il
corno degli Elfi
riecheggiò nell'aria e la speranza di una vittoria contro il
male si
faceva largo tra i cuori e le anime dei soldati.
-Haldir!-
urlò Aragorn
quando lo vide arrivare in testa alla sua schiera di guerrieri.
Il
figlio di Gondor
abbracciò l'Elfo di Lòrien e lui ne rimase
stupito per un secondo,
ma poi ricambiò il suo abbraccio felice di essere ricevuto
con tanto
affetto.
I soldati si voltarono di
scatto quando videro il Principe Legolas che s'avvicinava a loro con
un sorriso di soddisfazione stampato sul volto e Haldir fece lo
stesso, mettendosi una mano sul cuore e quando arrivò
Adanedhel
ripetè il saluto e fece un breve inchino.
-Felice
di trovarvi sani e
salvi, ma ditemi, lo stesso destino è toccato ad Aranel? Ho
con me
un oggetto da darle, da parte di Dama Galadriel.- chiese Haldir
rivolgendosi ad Aragorn.
-Purtroppo
si, è ancora
viva e vegeta.- rispose il Re guardandolo con occhi di fuoco.
Haldir
non capì le parole
del Re poiché considerava Aranel una brava persona e
soprattutto
aveva rispetto per il suo rango, poiché nella Terra di Mezzo
lei
veniva vista come Principessa erede di Finrod Felagund.
Aragorn guardò l'Elfo
facendogli intuire che non scorreva buon sangue tra loro e che doveva
lasciare perdere le parole di Theoden.
Dopo alcuni minuti Aranel
arrivò insieme a Boromir e si avvicinò a Haldir
per salutarlo:
-Mae
Govannen Haldir-
disse lei chinando il capo.
-Vi
ricordate la nostra
lingua?- chiese lui stupito del saluto rivoltogli.
-Qualcosa,
nulla di
sensazionale a dire il vero.- rispose lei sorridendogli.
-La
battaglia incombe.
Dobbiamo prepararci.- disse freddo il Re con l'intento di
interrompere la conversazione.
Così
si posizionarono
sulla cima delle mura e prepararono l'anima alla battaglia, gli occhi
alla vista del sangue, il naso all'odore della morte e il cuore al
dolore della perdita.
Boromir strinse la mano di
Aranel e si posizionò al suo fianco. Vicino a lei c'era suo
fratello, poi Legolas ed infine Gimli; Aragorn vagava da una parte
all'altra del fosso per dare ordini agli arcieri e ai soldati e per
dare disposizioni varie.
-Si
comporta da vero Re.-
disse orgogliosa Aranel.
-È
nato per esserlo.-
rispose Boromir sorridendo.
Un
tuono squarciò il
cielo e illuminò la valle facendo sobbalzare gli animi e
scuotendo i
soldati, il cielo si riempì di nere nuvole gonfie e poi
bagnò i
loro corpi con una fredda pioggia carica di terrore.
I fulmini aiutavano gli
uomini a vedere oltre il confine dei loro occhi che al buio venivano
accecati e dopo qualche minuto scorsero in lontananza delle torce
brucianti e ascoltarono una marcia nera e rumorosa che avanzava con
l'intenzione di schiacciarli.
-Buona
fortuna ragazzi.-
disse Aranel con l'adrenalina che cominciava a scorrere di pari passo
con il suo sangue.
Tirò
fuori l'arco ed
incoccò una freccia e così fecero tutti gli
arcieri presenti nel
Fosso.
Gli Orchi si avvicinavano
sempre di più e il suo cuore fremeva; voleva spezzare le
loro vite e
non aveva nessuna pietà per loro, il fatto che fosse
l'esercito del
suo padre naturale la faceva ribollire ancora di più
poiché pensava
a tutto quello che aveva passato durante la prigionia nel suo palazzo
e il ricordava quel che Galadriel le aveva fatto vedere nella sua
mente; vedeva il corpo di sua madre e di suo padre Finrod giacere a
terra ricoperti di sangue, morti e freddi.
-Per
nostro padre e per
nostra madre.- disse Adanedhel guardandola.
Lei
annuì e sorrise;
aveva suo fratello vicino ed era un po' come riavere i suoi genitori
perchè in lui c'era un po' del suo stesso sangue.
-Non
farti ammazzare
Aranel.- sussurrò Boromir mentre tendeva l'arco.
-Non
farti ammazzare tu
Boromir.- disse lei ironica.
Gli
Orchi si fermarono e
d'un tratto qualcuno scoccò una freccia senza aspettare gli
ordini
di Aragorn. Gli Orchi s'infuriarono e cominciarono a correre vero le
mura: la guerra era iniziata.
Aragorn diede l'ordine di
attaccare e tutti gli arcieri scoccarono le loro frecce e centrarono
il nemico in pieno.
Aranel sorrise quando vide
che la sua freccia era riuscita ad abbattere il nemico e Boromir la
guardò stranito.
-Sei
inquietante.- disse
mentre uccideva un altro Orco.
Lei
rise tanto che anche i
suoi compagni la guardarono sbigottiti.
Gli Orchi lanciarono degli
agganci per le scale e uccisero molti uomini che erano vicino ai
bordi delle mura, così Aranel decise di correre in loro
soccorso e
attendere la feccia Orchesca con spada e scudo.
Sguainò la Frangialba e
un suono metallico riecheggiò nell'aria; il suo sguardo
penetrava la
notte e il suo sorriso era diabolico. Quando il Dovahkiin combatteva,
non c'erano eguali e nulla poteva spaventarla, nemmeno la morte.
La battaglia corpo a corpo era iniziata
e lei abbatteva i nemici con facilità e non poca dose di
fortuna
perchè il più delle volte si ritrovava a
fronteggiarne due o tre
alla volta e non era facile.
Un Uruk Hai si avventò su Aranel e con
un pugno sul volto la fece cadere a terra, lei si rialzò
subito e
colpì il nemico sullo stomaco con un calcio secco, poi con
lo scudo
lo spinse indietro e lo fece cadere e con la spada gli
trapassò la
gola.
Un rivolo di sangue uscì dal suo
labbro inferiore e gocciolò a terra, il Dovahkiin si
asciugò
velocemente le labbra e tornò dai suoi compagni che si erano
dispersi tra la folla della battaglia. Riuscì a trovare
Boromir
intento a combattere con due Uruk contemporaneamente; il suo volto
era rigato dal sudore, ma i suoi movimenti erano forti e fluidi e
riusciva a schivare ogni colpo.
Aranel uccise uno degli Uruk e lui
l'altro e si ritrovarono faccia a faccia contenti di vedersi vivi.
Aranel corse poi in aiuto a suo
fratello che fronteggiava i nemici con maestria e desiderosa di
combattere al suo fianco gli si avvicinò. Appoggiarono le
loro
schiene l'uno contro l'altra e uccisero gli Orchi che cercavano di
togliergli la vita invano.
-Sei bravino!- disse Aranel
per
punzecchiarlo.
-Tu invece sei un
disastro!- rispose
lui facendola ridere.
Corsero entrambi incontro
ad Aragorn,
ma prima che potessero arrivargli incontro lo videro urlare a Legolas
di abbattere un Uruk, così si voltarono e guardarono oltre
le mura
intravvedendo un nemico intento a correre verso un foro con una
torcia. Non capirono cosa stesse succedendo fin quando le mura non
esplosero.
Aranel si ritrovò sbalzata di vari
metri e battè la schiena contro la fredda pietra e il fiato
le si
spezzò di colpo; cominciò a vedere opaco
poiché le lacrime
offuscavano la sua vista e riuscì a vedere ne Aragorn, ne
Adanedhel.
Qualcuno l'afferrò per il braccio e la
fece alzare; Boromir la sorreggeva e la chiamava a gran voce, ma lei
lo sentiva come un eco in lontananza perchè non riusciva a
pensare
ad altro che a suo fratello che ora si trovava chissà dove
in chissà
quali condizioni e come lui anche Aragorn.
Quando il suo udito si riprese e la
vista le fu ridata, guardò Boromir e urlò:
-Dobbiamo cercare Aragorn e
Adanedhel!-
Non indugiarono un secondo
e scesero
tra i detriti delle mura per cercare i loro compagni. Trovarono
Aragorn intento a radunare le forze Elfiche, in piedi come se nulla
fosse accaduto, ma suo fratello invece giaceva a terra privo di sensi
e con la testa sanguinante. Aranel gli si avvicinò urlando
disperata; lo prese tra le braccia e cominciò a piangerlo
come
morto.
Guardò il suo volto e pensò che
somigliava così tanto a suo padre; i suoi occhi erano chiusi
e
respirava a fatica.
Aranel lo dondolava come a volerlo
cullare e farlo sentire al sicuro tra le braccia di sua sorella, ma
continuava a piangere e disperarsi per l'unico membro della sua
famiglia ancora in vita.
-Aranel! Gli Orchi!- disse
Boromir
tentando di farla alzare.
-Non lo lascio qui!- disse
lei tra i
singhiozzi.
Boromir vide la
fragilità della donna
che amava attraverso i suoi occhi ambrati pieni di lacrime. I capelli
neri, bagnati, le cadevano lungo tutta la schiena; il volto pallido
era rigato dalla pioggia e le labbra sembravano incandescenti da
quanto erano rosse del suo sangue.
-Aranel...-
sussurrò Boromir
inginocchiandosi al suo fianco -non possiamo mollare adesso, o
sarà
la fine.-
-È
già la fine.- rispose
lei.
-Mia
Signora! Porteremo
noi in salvo il Principe!- disse un soldato Elfico avvicinandosi a
loro.
Boromir
la guardò e annuì
come per dirle che poteva fidarsi di loro e poteva lasciargli in
custodia il fratello.
-Abbiate
cura di lui.
Voglio vederlo sano e salvo quando tornerò!- disse prima di
vederli
sparire dentro il Fosso di Helm.
Si
misero tra le schiere
Elfiche e aspettarono il segnale di Aragorn prima di attaccare gli
Orchi.
I nemici li aspettavano
con le lance distese pronte ad infilzarli e loro cominciarono a
corrergli incontro noncuranti del pericolo. Qualcuno morì
trafitto
da quelle lance, ma la maggior parte di loro riuscì a
spostarle e a
trucidarli.
Però le loro forze non
erano abbastanza numerose e i mostri li stavano sovrastando,
così
Aragorn cominciò ad urlare ai soldati di ripiegare e fu in
quel
momento che Aranel si voltò verso Haldir e lo vide
inginocchiarsi
dopo aver subito un colpo alla schiena da un Uruk.
-No!
Haldir!- urlò.
Si
fiondò verso di lui,
ma arrivò troppo tardi, perchè il nemico lo aveva
trafitto con la
sua spada e l'aveva ucciso senza pietà.
Fu Aragorn ad ammazzare
l'Uruk, mentre Aranel chiudeva le palpebre al Capitano di
Lòrien e
gli baciava la fronte.
Ripiegarono
all'interno
delle mura e cominciarono a discutere su come affrontare la guerra
cercando di non perdere la testa e di rimanere lucidi nonostante gli
Orchi stessero cercando di entrare nella fortezza sfondando la porta.
-Cosa
possiamo fare? Ormai
è tutto perduto!- diceva il Re mettendosi le mani tra i
capelli.
-No!
Non possiamo
arrenderci!- rispose Aragorn cercando d'incitare il Re a riprendersi.
Poi
guardò dalla finestra
e osservò il sole levarsi ad Est e una luce di speranza
brillò nei
suoi occhi, come fosse l'unica cosa che voleva vedere da giorni.
-Affrontiamoli
a cavallo.-
disse attirando l'attenzione di Theoden.
-Si-
disse il Re con un
sorriso stampato in volto.
-C'è
un modo per vincere
la battaglia, ma non sono sicura che risponda al mio richiamo.- disse
poi Aranel avvicinandosi ai due.
-Cosa
intendi?- chiese
Aragorn non capendo le sue parole.
-A
Tamriel, quando sono in
difficoltà, chiedo aiuto ad un Drago.- rispose lei
incrociando le
braccia al petto.
-Un
Drago?- chiese
spaventato Gimli.
-Si,
mastro Nano. Un Drago
che mi ha giurato fedeltà quando ho ucciso il suo padrone,
un Drago
che mi è stato vicino in molte battaglie e a cui devo la
vita. Il
problema ora è dire ai soldati che non è un
nemico e che non devono
attaccarlo, ma non è l'unico ostacolo. Qui non siamo a
Tamriel e
potrebbe non rispondere al mio richiamo.-
-Provaci.-
disse Theoden.
Aragorn,
il Re, Legolas,
Boromir e tanti altri soldati salirono a cavallo e uscirono seguiti
da Aranel che corse in cima alle mura per provare a chiamare il Drago
con il suo Tu Hum.
Gimli suonò il corno di
Helm Man di martello e nello stesso istante Aranel emise il suo urlo:
-Od
Ah Viing!-
Dapprima
non si sentì
nulla, poi Aranel ascoltò con gli occhi chiusi ogni suono
che
proveniva dal cielo. La pioggia aveva cessato di battere sulle loro
corazze e il sole brillava accecando gli Orchi. Sentì un
ringhio e
sorrise, poi guardò il cielo e vide Odahviing avvicinarsi.
-Dovahkiin!-
La
sua voce irruppe tra le
bianche nuvole e riempì di gioia e speranza il cuore di
Aranel che
alzò la spada al cielo e si mise in posizione di attacco.
-Non
attaccate il Drago!-
disse Theoden con voce tremante.
Tutti
rimasero immobili
alla sua vista, pure gli Orchi rimasero scioccati nel vedere un Drago
avvicinarsi a loro con prepotenza.
Odahviing cominciò a
sputare fiamme e ad incendiare i corpi dei nemici che cominciarono a
disperdersi, poi Aranel vide un cavaliere bianco spezzare l'ombra
della montagna con una luce splendente e dietro di se un vasto
esercito di cavalieri urlava grida di guerra e si preparava a colpire
gli Orchi.
Il nemico non ebbe
speranza e fu schiacciato dall'Ira del Drago e dagli zoccoli dei
Rohirrim che non lasciarono superstiti.
Aranel scese dai suoi
compagni e spezzò altre vite ritrovandosi tra una miriade di
cadaveri freddi e lacerati.
La
battaglia era finita e
la vittoria era loro; Odahviing si posò a terra e
sollevò un
mucchio di polvere prima di chiudere le ali e trafiggere il fango con
gli artigli.
-Dovahkiin-
disse con la
sua voce imponente.
Nessuno
osava avvicinarsi
alla creatura, ma ovviamente Aranel non fece lo stesso e
camminò
fino a trovarselo di fronte.
-Beh,
volevi rimanere a
Tamriel lontano dai pericoli ad ingrassare?- chiese la donna ironica.
Il
Drago rise, poi
avvicinò il muso al Dovahkiin e sbuffò una
nuvoletta di fumo
facendola tossire.
-Grazie
eh.- disse lei
facendo finta di essere infastidita.
Tutti
avevano la bocca
spalancata e restavano in guardia terrorizzati all'ombra del Drago.
-Non
abbiate paura, non è
cattivo.- disse Aranel cercando di farli rilassare.
Poi
la donna si voltò
nuovamente verso il Drago e si fece seria.
-Odahviing,
quali notizie
mi porti da Tamriel?-
-Tranquilla
Morwenna, è
tutto come l'hai lasciato, nulla è cambiato a parte il fatto
che ora
sono da solo ad uccidere i miei simili e non c'è nessuno ad
assorbire la loro anima e quindi è una continua lotta sempre
con gli
stessi Draghi!-
Aranel
rise divertita al
pensiero di Odahviing che si annoiava a combattere contro gli stessi
Draghi.
-Mi
dispiace Odahviing, ma
questo è il mio mondo e devo salvarlo. Tornerò a
Tamriel, non
preoccuparti, ma non lo farò adesso. Puoi andare ora e mi
raccomando, proteggi la mia casa e proteggi Marcurio.-
Odahviing
chinò il capo,
poi guardò il cielo e si alzò in volo,
sparì poco dopo in un
bianco bagliore tra le nuvole.
Una
volta dentro la
fortezza, Aranel corse a cercare suo fratello e lo trovò
disteso su
un mucchio di paglia e coperto da una coperta di lana; la testa era
bendata e i suoi capelli dorati erano sporchi di sangue ormai secco.
Aranel gli prese la mano e
la baciò, lui aprì gli occhi e sorrise quando
vide il volto di sua
sorella. Con le dita sfiorò la sua guancia debolmente e
sussurrò il
suo nome come se fosse un angelo quello che vedeva.
-Adanedhel,
come ti
senti?.- chiese lei appoggiandogli una mano sul petto.
-Male.
Mi sono perso la
battaglia...abbiamo vinto?- rispose lui facendola sorridere.
-Si,
abbiamo vinto e ti
sei perso la parte più bella. Indovina? Ho chiamato un
Drago.- disse
lei facendogli l'occhiolino.
-Lo
sapevo, non dovevo
farmi esplodere in aria!- disse lui accennando una risata che
morì
con un colpo di tosse.
-Riposati
fratello,
riprendi le forze.-
Così
dicendo, Aranel
lasciò che suo fratello chiudesse gli occhi e riposasse a
lungo per
potersi rimettere in sesto. Lungo il corridoio incontrò
Boromir e si
fiondò tra le sue braccia desiderosa di poterlo stringere a
se.
Boromir la sollevò e la
fece girare, poi la baciò a lungo e ironico disse:
-E
così la mia donna
parla con i Draghi eh?-
-La
tua donna?- chiese
Aranel alzando un sopracciglio.
-Si,
la mia donna.- ribadì
Boromir sapendo d'infastidirla.
-E
va bene, se vuoi che
sia la tua donna, lo sarò.- disse lei facendogli sgranare
gli occhi.
-Così
ti arrendi a me?-
chiese lui avvicinando le labbra alle sue.
-Mi
arrendo all'amore-
rispose lei lasciandogli un piccolo bacio sul naso.
Tornarono
a Rohan quando
Adanedhel si riprese abbastanza da poter affrontare un viaggio a
cavallo e quando arrivarono fu indotta una grande festa per la
vittoria della battaglia.
Per una volta Aranel
voleva sembrare ciò che era: una bellissima donna, capace di
ammaliare ogni uomo e far spalancare gli occhi a tutti coloro che la
guardavano.
Indossò un lungo abito
rosso degno di una Principessa; un lungo strascico accompagnava i
suoi passi, il bordo era ricamato d'oro e così ogni confine
dell'abito. I capelli erano in parte raccolti in piccole treccioline
chiuse in fiori d'argento e sul suo capo brillava un diadema che
aveva trovato tra le cose di Haldir prima che lo seppellissero vicino
al quale stava una lettera di Galadriel.
“Questa, nipote mia,
è la corona di tua madre, forgiata nel Nargothrond su
richiesta di
tuo padre. È giusto che l'abbia tu e spero di poterti vedere
un
giorno mentre la indossi e spero di vederti felice come lo era lei.
Ricorda sempre da dove
vieni Principessa, non dimenticare le tue origini e le persone che ti
hanno voluta bene e quelle che tutt'ora te ne vogliono.
Sempre
tua fedele amica
e Zia, Galadriel.”
Il
diadema era un insieme d'intrecci d'oro bianco con dei diamanti
incastonati in foglie d'argento e il tutto andava a finire su una
punta di zaffiro, così fine da sembrare vetro.
Uscì
dalla sua stanza e si diresse verso la sala dove si teneva la festa e
quando arrivò tutti si voltarono a guardarla, perfino il Re
rimase
immobile a fissarla e Boromir non riusciva a distogliere lo sguardo.
Le si avvicinò allungando la mano e prendendole la sua;
l'avvicinò
a se e le sussurrò:
-Sei
bellissima. Una gemma preziosa che conserverei con segretezza fino
alla morte.-
Lei
sorrise e gli accarezzò la guancia, poi rispose:
-Sarai
il mio cavaliere questa sera?-
-Lo
sarò per tutta la vita se lo vorrai.-
Mentre
Aranel parlava con Aragorn e Adanedhel, un uomo che aveva conosciuto
prima di arrivare a Edoras le si avvicinò e le chiese di
passeggiare
con lui.
Eomer
le offrì il braccio e lei lo accettò per evitare
di offenderlo,
anche se sapeva bene che quel gesto avrebbe fatto infuriare Boromir,
anche se non vedeva l'ora di vederlo furioso per la gelosia.
-Siete
incantevole, sapete?- disse Eomer mentre conduceva la donna alla
terrazza.
-Grazie,
ma perchè mi avete portato lontano dalla festa?- chiese lei
distaccandosi delicatamente.
-Per
poter restare da soli mia Signora.- rispose lui accarezzandole il
volto.
-Beh,
è stata una cattiva idea.- disse lei cercando di
allontanarsi.
Lui la
fermò prendendole la mano e l'avvicinò a se
appoggiando l'altra
dietro la sua schiena e premendo leggermente.
-Perchè?
Vi ho osservata in battaglia e mai avevo visto una donna combattere
come voi, mi avete colpito Aranel. Siete il tipo di donna che vorrei
avere al mio fianco per il resto della mia vita.- disse lui
avvicinando il viso al suo.
-Io
non voglio voi al mio fianco, ho già chi fa battere il mio
cuore
all'impazzata.- ribattè lei scostando il viso.
Lui la
fece voltare appoggiandole due dita sul mento e la baciò
d'improvviso lasciandola spiazzata e lei di rimando urlò:
-Fùs!-
Così
Eomer fu obbligato a distaccarsi e barcollò all'indietro con
un
sorriso stampato sulle labbra.
Aranel
tornò dentro con le lacrime agli occhi, sentiva di aver
tradito
Boromir e le lacrime riempirono in fretta i suoi occhi illuminandoli.
Boromir che s'era accorto del passo deciso e agitato di Aranel le si
avvicinò e la bloccò.
-Aranel,
che ti prende?- le chiese dolcemente.
Lei
non rispose, si voltò a guardarlo e una lacrima
scappò rigandole il
volto.
-Aranel!
Cos'è successo?- chiese preoccupato l'uomo.
-Boromir,
mi dispiace così tanto. Io non volevo, lo giuro,
è stato lui,
io...io...- rispose lei agitandosi e abbassando il volto.
-Lui
chi? E cosa ti ha fatto?- chiese a quel punto con voce furiosa.
-Eomer
mi ha baciata.- rispose lei coprendosi le labbra con la mano.
Boromir
si voltò e cercò l'uomo tra la folla e vedendolo
ridere e scherzare
come se nulla fosse accaduto, si arrabbiò ancora di
più e cominciò
a camminare con passo deciso verso la sua direzione.
Lo
guardò e disse:
-Vieni
con me.-
Eomer
sorrise divertito e ascoltò Boromir e lo seguì
per i corridoi del
palazzo. D'un tratto Boromir s'arrestò e senza proferire
parola gli
tirò un pugno sulla mascella; si abbassò, lo
prese per il colletto
e gli ringhiò:
-Tu,
prova a toccarla o guardarla ancora una volta e non guarderò
in
faccia nessuno, ti ucciderò e basta. Me ne frego che sei il
nipote
del Re di Rohan, lei è mia e non ti permetterò di
prendere ciò che
è mio!-
Lo
lasciò a terra e tornò alla festa con le nocche
leggermente
sbucciate, poi prese la mano di Aranel e la portò via dalla
festa.
-Dove
mi porti?- chiese lei.
Lui
non rispose, aprì la porta della sua stanza e la chiuse a
chiave,
poi si avvicinò alla donna e la baciò con
passione.
Aranel
capì qual'era l'intento di Boromir e non oppose resistenza;
gli mise
le braccia intorno al collo e si lasciò trasportare dal suo
bollente
spirito. La possessività dell'uomo la eccitava, sapeva che
stava
reagendo così perchè un altro uomo l'aveva
baciata e questo non gli
andava giù, proprio per niente.
Boromir
la sollevò da terra senza staccare le labbra dalle sue e
l'adagiò
sul letto delicatamente, poi scese sul suo collo e lo riempì
di
soffici baci.
Cercò
il suo sguardo e quando vide che era in preda all'eccitazione, non
esitò un momento e le sollevò la veste premendo
il corpo tra le sue
cosce e continuando a baciarla e ad accarezzarle i capelli.
-Boromir...-
sussurrò lei.
Il
corpo di Aranel era scosso da brividi di piacere e le sue mani
cominciarono a spogliare il suo amato scoprendogli il petto e gli
addominali. La situazione si ribaltò: lei gli fu sopra a
cavalcioni
e cominciò e baciargli ogni centimetro di pelle nuda che
infiammava
le sue labbra bramose del corpo dell'uomo.
Boromir
sfilò il lungo abito di Aranel e lo buttò a
terra, poi si mise a
sedere e strinse la sua amata sentendo la pelle sfiorare la sua e
ricominciò a torturarle il collo, poi scese e le
baciò il seno
facendola fremere.
Lei lo
fermò, lo spinse indietro in modo da farlo stendere e lui
sorrise
divertito e fece sorridere anche lei che prese ad armeggiare con il
laccio dei suoi pantaloni e glieli tolse facendoli cadere vicino alla
sua veste.
Boromir
capovolse di nuovo la situazione mettendosi su di lei e baciandole
dolcemente le labbra.
-Puoi
fermarmi se vuoi.- le sussurrò all'orecchio.
Lei
non rispose, mosse il bacino e si avvinghiò al suo con le
gambe,
così Boromir entrò in lei e sospirò di
piacere.
Fecero
l'amore attenti a non farsi del male, attenti a non dire parole
sbagliate, attenti a non rovinare la loro unione che sigillava le
loro anime formandone una sola che avrebbe vissuto in loro per
sempre.
Aranel
cercava di soffocare i gemiti per evitare che la sentisse l'intero
palazzo e il più delle volte lo faceva tra le labbra di
Boromir che
non resisteva a metterla in difficoltà e cercava di darle
sempre più
piacere fino a che non vennero insieme e si fermarono per riprendere
fiato.
Boromir
abbracciò Aranel e i loro occhi si guardarono a lungo
perdendosi
l'uno nell'altra. Lui le accarezzava il viso ed intrecciava i suoi
capelli tra le dita, mentre lei delineava le sue labbra con l'indice.
-E
adesso che si fa?- chiese Aranel avvicinando il naso al suo.
-Sei
mia prigioniera sta notte.- rispose lui posando dolcemente le labbra
alle sue.
-Posso
essere tua prigioniera fino alla morte?- chiese lei sorridendo.
-Puoi.
O puoi sposarmi e liberarti dalle catene.- rispose lui stringendola
un po'.
Lei lo
guardò e inarcò un sopracciglio pensando che
stesse scherzando, ma
lui le prese le mani e ne baciò il dorso, poi la
guardò fissa negli
occhi e le chiese:
-Aranel,
vuoi sposarmi?-
Lei
sorrise, si avvicinò al suo viso e rispose:
-Non
desidero altro.-
Angolino autrice:
Beh
che dire? Un po' di Hot ci sta no? Sono fatti di carne e ossa e poi
andiamo... chi non si farebbe Boromir? xDDD va bene, basta, la smetto.
Spero che il capitolo vi piaccia e che vi emozioni un pochino
com'è successo a me *-* Alla prossima! :) Ah, a sto giro
boh, il "size" ha fatto un po' come pareva a lui xD
|
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Capitolo 13 *** La Pietra Veggente ***
La
Pietra Veggente
Quando la mattina arrivò, i raggi del
sole colpirono i loro volti illuminandoli e scaldandoli e Aranel si
svegliò con il volto appoggiato al petto di Boromir.
Aveva passato una notte indimenticabile
e soprattutto aveva dormito benissimo tra le calde lenzuola di lino.
Boromir aprì gli occhi lentamente e si
voltò piano verso il viso di lei che lo stava osservando
sorridendo.
-Buongiorno stella del Re-
disse lui
baciandole il naso.
-Buongiorno mio amore-
rispose lei.
Poi Aranel si mise a sedere
coprendo le
nudità con le lenzuola e si guardò intorno
meravigliata.
-Boromir, a me non hanno
dato una
stanza, dovevo dormire con tutti gli altri, perchè a te si?-
chiese
cercando di capire.
Boromir rise sommessamente
e si coprì
il volto con le mani, poi tirò giù Aranel
obbligandola a
distendersi di nuovo vicino a lui e rispose:
-Perchè questa
non è la mia stanza.
Anche io dovevo dormire con voi.-
Aranel sgranò
gli occhi e si alzò
velocemente dal letto cercando di rivestirsi alla meno peggio.
-Sei un pazzo! Si
arrabbieranno con
noi!- disse lei cercando di non urlare troppo.
Boromir rise e
cominciò a vestirsi,
poi Aranel si mise a rifare il letto in maniera molto confusionaria e
agitata; andò alla porta, ma proprio mentre stava per
togliere il
giro di chiave, qualcuno bussò.
-Eowyn, nipote cara, stai
ancora
dormendo?- era la voce di Theoden.
Aranel sgranò
ancora di più gli occhi
e sussurrò inacidita:
-Questa è la
camera di Eowyn??? Sei
forse impazzito??-
-Non lo sapevo! Ho aperto
la prima
camera che ho visto!- rispose lui facendo spallucce.
Aranel si
avvicinò alla finestra e
l'aprì cercando di non fare rumore, poi indicò a
Boromir la
direzione da prendere per fuggire e lui non capì subito
perchè
sapeva che erano alti da li, ma lei insistette e indicò
più volte
la finestra aperta, poi alzò gli occhi al cielo e si
buttò di sotto
rotolando tra i cespugli una volta toccato terra.
Boromir la seguì non senza esitazione
e si ritrovarono di nuovo addosso l'uno all'altra.
-È un vizio che
non ti toglierai più?-
chiese lei guardandolo maliziosa.
-Come potrei?- rispose lui
posandole un
bacio sulle labbra.
Uscirono dal cespuglio come
se niente
fosse successo e tornarono passeggiarono per le stradine di Edoras.
-Le storie sul vostro
conto, sono
vere?- chiese una fanciulla avvicinandosi ad Aranel.
Lei sorrise e si
voltò a guardarla,
poi prese fiato e rispose:
-Dipende da quali storie
avete
ascoltato.-
La ragazza fece qualche
passo indietro
e abbassò il volto, perse il coraggio di guardarla negli
occhi
quando cominciò a parlare:
-Voi uccidete i Draghi e i
Demoni.-
-Si- rispose Aranel -allora
sono storie
vere.-
Aranel riprese il cammino,
ma ancora
una volta la sua attenzione fu richiamata dalla fanciulla.
-Vi prego mia Signora,
raccontateci la
vostra storia!-
Quando Aranel si
voltò nuovamente,
vide di fronte a lei una folla di curiosi che la guardavano come
bambini ansiosi di ascoltare una fiaba; così il Dovahkiin si
sedette
su una panca di pietra e vicino a lei Boromir che le stringeva la
mano.
-Sono nata nel Nargothrond
del
Beleriand nella Prima Era di questo mondo. Sono cresciuta tra gli
Elfi finchè l'Oscuro Signore non mi ha strappata dalle
braccia di
mia Zia. Ho vissuto nel suo palazzo a Tol Sirion per lunghi anni,
finchè un giorno mio padre venne a cercarmi. In
realtà era venuto
per un'altra missione, ma il suo vero scopo era quello di liberarmi e
riportarmi finalmente a casa. Il Signore Oscuro però era
più forte
di mio padre e lo uccise e uccise anche mia madre che venuta in suo
soccorso. Prima di morire però fece un incantesimo che mi
portò in
un altro mondo dove nacqui nuovamente e crebbi fino a diventare una
ragazza piena di sogni e speranze. Poi una mattina, invece di
risvegliarmi nel mio letto, mi risvegliai in una cella. Da li
partì
proprio la mia missione; ero finita a Cyrodiil nel mondo di Tamriel,
nella regione di Morrowind. Ero destinata a salvare quella regione
dall'Oblivion. Grandi porte di fuoco capaci di aprire una breccia a
Morrowind e fa fuoriuscire piccoli Demoni assetati di sangue. Salvai
la regione e vissi in pace per qualche anno fino a che una mattina
non mi svegliai di nuovo da un'altra parte, diversa da dove mi ero
comodamente addormentata. Mi trovavo su un carro con i polsi legati,
insieme a degli uomini. Mi dissero che ci stavano conducendo a Helgen
per rispondere dei crimini commessi contro gli Imperiali. Io ero
certa di non aver commesso alcun crimine contro nessuno, ma attesi di
essere portata davanti ad una qualche autorità per aprire
bocca.
Scoprii che ci stavano portando a Helgen, non per trattare sulla
nostra liberazione, ma per tagliarci la testa su un ceppo. Quando fu
il mio turno si sentì un boato provenire dalle montagne; ci
girammo
tutti a vedere cosa stesse accadendo, ma non vidimo nulla e l'ascia
stava già per calare sul mio collo, quando un grande drago
volò
sopra le nostre teste e si appollaiò sul tetto di una casa.
Cominciò
a sputare fuoco ovunque e arse quel paese e molti morirono quel
giorno, ma io no,riuscii a fuggire con un altro prigioniero che mi
liberò i polsi e mi fece scappare via attraverso una caverna.
Arrivai a Riverwood e poi a Whiterun e
dissi tutto al Re che mi mandò ad uccidere un Drago che
stava
attaccando la torre di guardia. Quando il Drago fu sconfitto, ne
assorbii l'anima e capii cos'ero diventata. Dopo qualche anno passato
ad uccidere Draghi, uccisi il più importate, il loro Re e
tutto fu
più tranquillo, anche se i Draghi rimanevano nella regione
di Skyrim
e toccava a me ucciderli.
Passati diversi secoli, Gandalf venne a
prendermi e mi riportò qui e il resto della storia lo
conoscete.-
La giornata
passò velocemente tra un
incontro e un altro e la sera Marwel scoprì che Gandalf
aveva
portato a Rohan Merry e Pipino e lei fu così felice di
rivederli
sani e salvi e piuttosto allegri anche!
Lei e Boromir passarono la notte nella
stanza comune insieme agli altri, ma mentre l'uomo Gondoriano
riusciva a dormire beatamente nonostante il fracasso che provocava il
naso di Gimli, lei non riuscì a chiudere occhio e si
alzò nel cuore
della notte scoprendo che anche Aragorn e Legolas condividevano lo
stesso suo destino.
Andò sulla terrazza per sgranchirsi le
gambe e guardare il panorama intorno a se e li vi trovò
Aragorn
addormentato con la schiena appoggiata ad un muro di pietra. Aranel
si abbassò e si mise in ginocchio davanti a lui, poi sorrise
teneramente e gli accarezzò una guancia facendogli aprire
gli occhi.
-Il sole non è
ancora sorto, la tua
mente può riposare, così come il tuo cuore.-
sussurrò il Dovahkiin
posandogli una mano sulla Stella del Vespro.
-Il mio cuore non
riposerà finchè non
vedrò Arwen salva da tutto questo male che la sta uccidendo.
Si
indebolisce giorno per giorno e se lei non sopravvive, nemmeno io
posso farlo.- rispose lui con gli occhi socchiusi.
-Sempre l'amore trionfa sul
male,
vedrai Aragorn, la rivedrai prima della fine.- sussurrò
ancora
Aranel sorridendo.
-Nessun amore è
mai stato così
difficile da affrontare e così triste da vivere.- disse
l'uomo
prendendo la mano di Aranel.
Così al
Dovahkiin venne in mente una
canzone che tanto amava quando viveva sulla terra e cominciò
a
cantare piano:
“Un
uomo onesto, un
uomo probo, trallalalalla tralallallero,
si innamorò
perdutamente, d'una che non lo amava niente.
Gli disse “portami
domani”, trallalalalla tralallallero,
gli disse “portami
domani il cuore di tua madre per i miei cani”.
Lui dalla madre andò e
l'uccise, trallalalalla tralallallero,
dal petto il cuore le
strappò e dal suo amore ritornò.
Non era il cuore, non
era il cuore, trallalalalla tralallallero,
non le bastava
quell'orrore, voleva un altra prova del suo cieco amore.
Gli disse “amor se mi
vuoi bene” trallalalalla tralallallero,
gli disse “amor se mi
vuoi bene, tagliati dei polsi le quattro vene”.
Le vene ai polsi lui si
tagliò, trallalalalla tralallallero,
e quando il sangue ne
sgorgò, correndo come un pazzo da lei tornò.
Gli disse lei ridendo
forte, trallalalalla tralallallero,
gli disse lei ridendo
forte “l'ultima tua prova sarà la morte”.
E mentre il sangue
lento usciva e ormai cambiava il suo colore,
la vanità fredda
gioiva, un uomo s'era ucciso per il suo amore.
Fuori soffiava dolce il
vento, trallalalalla tralallallero,
ma lei fu presa da
sgomento quando lo vide morir contento.
Morir contento e
innamorato quando a lei niente era restato,
non il suo amore, non
il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene.”
Aragorn la guardò sbigottito per
qualche istante, poi sorrise divertito e disse:
-Si, c'è di
peggio.-
Aranel si alzò
ridendo e porse la mano
ad Aragorn per aiutarlo ad alzarsi.
Si voltarono entrambi nella stessa
direzione e videro Legolas intento ad osservare l'orizzonte in
silenzio.
-Qualcosa si muove
nell'Oscurità... un
insonne malanimo.- sussurrò senza staccare gli occhi dalla
vasta
valle.
Ne Aranel, ne tanto meno
Aragorn
capirono il pensiero dell'Elfo, finchè i suoi occhi non si
fecero
color del ghiaccio e si voltò di scatto a guardare il futuro
Re di
Gondor esclamando:
-Lui è qui!-
Fu un attimo e Aranel
avvertì la
presenza di un' ombra oscura nel palazzo d'oro e corse in fretta
nella stanza in cui dormivano i suoi compagni, seguita da Aragorn e
Legolas.
Si ritrovò davanti un Pipino intento a
contorcersi come preso da un forte dolore; in mano teneva una sfera
avvolta nelle fiamme e per istinto o per paura di vedere l'Hobbit
morire, Aranel gliela tolse dalle mani.
“Aranel...
non contrastare la
volontà di tuo padre.”
L'unico padre che avevo
l'hai ucciso
tu.
“No,
l'unico padre che hai sono
io.”
“Vide Boromir
cadere a terra trafitto
dalla lama di un Orco, poi vide gli occhi di Aragorn spegnersi con un
battito di ciglia, vide Legolas perire con una freccia nel petto e
poi vide Adanedhel sdraiato su una pozza rossa; i suoi lunghi capelli
biondi erano sporchi di sangue e i suoi occhi, così simili a
quelli
di sua madre, il suo viso, così simile a quello di suo
padre, si
velarono di morte, come se la stessa avesse coperto il suo corpo con
un nero mantello.
Aranel giaceva in piedi senza nessuna
arma e si disperava per il suo amore, per i suoi amici, per suo
fratello che non aveva fatto in tempo a salvare.
Dalla sua pelle usciva una luce
giallastra simile ad una fiamma, le anime dei Draghi che aveva ucciso
la stavano lasciando, facendola diventare un semplice essere
umano.”
“Questo
vi attende. Avete la
possibilità di unirvi a me e consegnarmi l'Unico.”
Non esiste morte peggiore
di quella di
un uomo che non ha lottato per la propria libertà. Vuoi
renderci
schiavi, ma non sarà così facile. Se anche alla
fine moriremo, lo
faremo con gloria e con onore, difendendo la nostra gente e la nostra
vita. Mettiti in guardia contro il cuore degli Uomini perchè
è di
ogni loro battito che devi aver paura.
Aranel aprì gli occhi e si trovò di
fronte Gandalf intento ad accarezzarle il viso e borbottare strane
parole; al suo fianco invece se ne stava un Boromir con gli occhi
spalancati che stringeva la sua mano.
-Aranel!- la
chiamò non appena la vide
muoversi e vide le iridi ambrate sbucare da sotto le palpebre.
-Boromir...Gandalf, ma
che?- sussurrò
prima che le parole le morissero in gola.
-Aranel, che cos'hai
visto?- chiese
Gandalf appoggiandole una mano sul viso.
-Ho sentito la sua voce e
ho visto
cadere tutti vuoi durante una guerra e le anime dei Draghi di Tamriel
abbandonavano il mio corpo lasciandomi indifesa.- rispose lei con gli
occhi chiusi, come a voler ricordare un sogno.
-Pipino! Dov'è
Pipino?- esclamò poi
mettendosi a sedere.
-Pipino sta bene.- rispose
Gandalf
alzandosi in piedi.
Aranel rimase con Boromir,
Aragorn,
Legolas e Adanedhel che le si strinsero attorno cercando di darle
conforto.
-Sorella mia,
perchè non hai il mio
stesso sangue? Perchè devi soffrire all'ombra di un padre
malvagio?-
disse Adanedhel prendendole il viso tra le mani.
L'abbracciò e
lei sentì un brivido
percorrerle la schiena e vide, alle spalle del fratello, lo spirito
di Finrod Felagund che le sorrideva e le porgeva la mano
avvicinandosi piano.
-Padre...-
sussurrò mentre calde
lacrime bagnavano il suo viso.
Aranel si alzò
piano liberandosi
dall'abbraccio di suo fratello e per un attimo si rivide bambina;
correva tra il grano per andare incontro a Finrod. L'aria calda le
accarezzava il volto e le muoveva i capelli corvini facendoli danzare
tra le bionde spighe.
Il sorriso di Felagund stringeva il suo
cuore in un amore così grande da non poter essere
dimenticato,
nemmeno alla fine dei tempi, quando tutto il mondo brucerà e
si
contorcerà nel dolore e le foglie cadranno dagli alberi
anche in
Primavera, quando le stelle si nasconderanno nel nero mantello della
notte e la luna si spegnerà togliendo l'unica luce nel buio,
nemmeno
allora quel sorriso e quell'amore verranno dimenticati, nemmeno
allora il calore del sole di quella mattina di troppi anni fa,
smetterà di riscaldarle la pelle.
La donna sorrise e allungò la mano
intenta a prendere quella del padre amorevole, dell'uomo che l'aveva
cresciuta tra il suo popolo come se fosse davvero sua figlia, se non
di più.
E vide sua madre, vide una splendida
ragazza dai rossi capelli che sbucava dietro un albero e guardava
intenerita il suo amore prendere in braccio la sua gemma più
preziosa.
-Madre...-
sussurrò Aranel chiudendo
gli occhi.
Li sentiva realmente vicini
a se, come
se fossero ancora in vita, come se non l'avessero lasciata mai e il
suo cuore si riempì di gioia e cercò di
abbracciarli, ma sparirono
in una nuvola nera e di nuovo il suo petto si riempì di
tristezza e
oscurità e la gioia abbandonò il Dovahkiin che
ora si reggeva
straziata a Gandalf che l'aveva liberata dall'incantesimo.
La notte passò
così, con gli Hobbit
nella sala del trono a parlare insieme allo stregone e il Re e Aranel
nel suo letto, avvolta nelle coperte come in preda ad un'improvvisa
febbre. Non dormì sola, per tutta la notte Boromir
l'abbracciò per
darle conforto, che non trovò nemmeno nei suoi sogni.
-Il passato mi
tormenta...non mi
lascerà mai vivere.- sussurrò tra le lacrime.
-Il passato, è
passato.- rispose
Boromir stringendola di più a se.
Il mattino
arrivò senza sole. La
pioggia batteva incessante alle finestre e quando Aranel si
svegliò,
Gandalf e Pipino erano già partiti per Minas Tirith e
Aragorn
cercava di convincere il Re di Rohan a scendere in campo con Gondor.
Mentre i due, anzi loro più Boromir,
Adanedhel, Legolas e Gimli, discutevano e litigavano su come
affrontare i tempi bui, la donna arrivò nella sala e li
interruppe
tutti:
-Ho detto a Sauron che il
cuore degli
uomini è forte e che non sarà facile spezzare le
nostre vite. Mi
sbagliavo forse? Abbandoneremo Gondor e la nostra terra con essa?
Credete forse che non prestando soccorso ai Gondoriani, salverete la
vostra gente? Quando Sauron finirà con Minas Tirith,
marcerà su
Rohan e truciderà la nostra razza.-
-Parli riferendoti anche a
te. Non è
la tua razza, ma la mia. Tu sei la figlia del male che non è
sicuramente un uomo.- rispose Theoden freddando le sue parole.
-Mia madre era un Adan
proprio come voi
e io ho preso il suo aspetto e il suo buon cuore e quindi mi ritengo
Adan quanto voi.- disse Aranel incrociando le braccia al petto.
-Non basta un bell'aspetto
a dissipare
ogni dubbio.- ribattè il Re.
-No, non basta, ma pensavo
che il Drago
che ci ha aiutati ad abbattere il nemico, sia stato chiamato da me.
Sbaglio mio Signore? Non è stato forse il fuoco di Odahviing
a
sterminare gli Orchi al fosso di Helm? Vorrei inoltre ricordarvi che
Odahviing risponde ad una sola voce, la mia.- disse Aranel.
-Siete nella sala del mio
Trono Aranel,
guerriera dei Draghi, pertanto siete obbligata a portarmi rispetto e
se non volete, quella è la porta. Io sono il Re e io decido
per
questo Regno.- ribattè Theoden girandole le spalle.
-E allora questa donna non
seguirà
affatto il Re di questo Regno. Andrò a Minas Tirith e
combatterò al
fianco di Gondor, perchè è questo che sono venuta
a fare in Arda,
salvare vite umane. Non sono di certo arrivata da un altro mondo per
starmene con le mani in mano mentre la gente viene massacrata.- disse
Aranel.
Uscì dalla sala
con tutti gli occhi
puntati addosso e con un Re che voleva ribattere le sue parole, ma
non ne ebbe il tempo.
Salì sul suo cavallo e partì senza
aspettare nessuno, anche se sapeva bene che qualcuno l'avrebbe di
certo seguita. Sentì gli zoccoli di un cavallo seguire
quelli del
suo e affiancarsi a lei.
-Scappi da me?- chiese
Boromir ridendo.
-No, scappo dalla pazzia di
un Re che
non farà nulla.- rispose lei rimanendo seria.
-Aranel, il Re ha paura...
quella che
non vedo nei tuoi occhi.- sussurrò Boromir guardandola.
Aranel sorrise e
rallentò l'andatura
prima di scendere da cavallo e tirare giù Boromir dal suo.
Strinse le mani al colletto del
mantello di lui e lo avvicinò a se per lasciargli un lungo
ed
intenso bacio. Edoras si vedeva ancora grande sulla collina e
sembrava osservare i due amanti che davano fuoco ai loro cuori e alle
loro labbra.
-Sono contenta che tu sia
al mio
fianco.- disse lei una volta separatasi dalle labbra del suo amore.
-Non ti avrei mai lasciata
sola.-
rispose lui alzandola dai fianchi e posandola sulla sella del
cavallo.
-Portami a Minas Tirith,
dunque.- disse
lei prendendo le briglie.
Angolo
autrice:
Salve a tutti :) ringrazio
immensamente coloro che hanno letto e recensito e coloro che hanno
letto e basta. Come ho già detto nel capitolo precedente, mi
piace vedere il numerino che sale xD anche se non comprendo il
perchè il numerino del capitolo precedendo sia
più piccolo del capitolo successivo o.O cioè, mi
legete solo l'ultimo capitolo saltando gli altri? xDDD come preferite
voi eh, ma io non capirei nulla! Spero che questo capitolo vi
piaccia... ci ho messo una vita a scriverlo e lo trovo un po' morto, ma
vabbeh, capita no? Vi lascio qui ad aspettare il nostro prossimo
incontro! Namaarie!
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Capitolo 14 *** Il cuore del Dovahkiin ***
Il
cuore del Dovahkiin
Il cielo si spense lungo la loro strada
e la notte li costrinse a fermarsi e a cercare della legna da ardere.
In due tutto era diverso, tutto era più bello e ci si doveva
preoccupare per meno persone.
-Mi dispiace di aver
lasciato gli altri
a Edoras, ma Minas Tirith va aiutata.- disse Aranel sedendosi un un
tronco tagliato.
Il fuoco scoppiettava e
attorno le
ombre si muovevano in preda ad una danza nel vento e le fiamme
sembravano prender forma di fate alate.
-Minas Tirith è
meravigliosa. Grandi
strutture di pietra erette dall'uomo accerchiano la città
che bianca
risplende sotto i raggi del sole e ogni pietra sembra avere la sua
storia e quando la notte cala, molte fiaccole vengono accese e
così
pare che Minas Tirith abbia le stelle tra le vie. Tombe più
alte e
più belle delle case e del palazzo. Nel cortile di pietra
l'albero
bianco aspetta il suo fiore, così come io ho aspettato il
mio.-
raccontò Boromir sedendosi vicino ad Aranel.
Lei sapeva che il suo amato
aveva molta
voglia di ritornare a casa sua e fu felice di saperlo contento del
loro viaggio; appoggiò la testa sulla sua spalla, poi prese
un
amuleto che teneva sempre al collo insieme alla collana di sua madre
e lo porse a Boromir.
-Questo è
l'amuleto di Mara, la Dea
dell'amore che sorveglia i cuori degli amanti di Skyrim. Vorrei che
la portassi tu, per ricordarti, in caso che un giorno non dovessi
più
rivedermi, che hai amato e che sei stato amato a tua volta.-
-Perchè dici
questo?- chiese Boromir
prendendole il viso tra le mani.
-Ho un brutto presentimento
e poi tutto
può accadere nella vita.- rispose lei sorridendo.
Legò la collana
al collo di Boromir e
ne accarezzò le incisioni come se volesse toccare il suo
cuore e
farlo suo per sempre.
Boromir la baciò e la strinse a se,
poi avvicinò la bocca al suo orecchio e sussurrò:
-Non ti lascerò
morire facilmente.-
Le notti passarono e
finalmente in un
mattino freddo e piovoso, videro la Minas Tirith ergersi davanti ai
loro occhi affascinati da tale visione.
Era la città più bella che avesse mai
visto e anche la più insolita, nulla da togliere alle
antiche città
Elfiche, ma Minas Tirith era un capolavoro degli uomini.
Boromir sorrise quando vide Aranel
osservare la città con la bocca socchiusa e gli occhi
spalancati.
-Benvenuta a Minas Tirith-
disse lui
spronando il cavallo al galoppo.
Lei lo seguì e
quando le sentinelle
videro il figlio dei Sovraintendente aprirono le grandi porte pesanti
e Aranel rimase ancora una volta stupita e ferma ad osservare le
complicate incisioni sulla pietra.
Una folla di gente cominciò ad
applaudire e ad esultare e Boromir, quasi come fosse un Principe, li
salutava procedendo lentamente a cavallo; Aranel, accortasi che il
suo amato era già entrato in città, diede una
piccola pacca al
cavallo spronandolo ad andare avanti e a seguire il figlio di Gondor.
Ma la scena che più la intenerì fu
quella che le si presentò davanti una volta arrivati di
fronte
all'albero bianco: un ragazzo, più giovane di Boromir, ma
molto
somigliante a lui, gli si avvicinò e, una volta sceso da
cavallo, si
abbracciarono fraternamente ridendo e dandosi varie pacche sulle
spalle.
-Fratello mio! Che giorno
gioioso!-
disse il più giovane stringendo con le mani le braccia di
Boromir.
-Sono contento di essere
finalmente a
casa!- rispose l'uomo.
Poi gli occhi del fratello
si posarono
su di lei, che lentamente scendeva dal suo destriero e si portava i
capelli sul petto facendoli uscire dal cappuccio.
Boromir si accorse che Faramir stava
guardando Aranel con occhi interrogativi e quindi la
presentò:
-Lei è Aranel,
figlia di...-
-Felagund. Finrod
Felagund.- finì lei
la frase.
Faramir guardò
ancora interrogativo
Boromir e sta volta Aranel non ne capì il motivo.
-Fratello mio,
perchè è qui?- gli
chiese a bassa voce.
-Cosa ti preoccupa?- chiese
a sua volta
Boromir.
-Ennia, ecco cosa mi
preoccupa.-
Boromir sgranò
gli occhi e disse:
-Ma è ancora
qui? Le avevo detto
gentilmente di andarsene perchè non era così che
volevo sposarmi e
mettere su famiglia!-
-Lei voleva andarsene, ma
nostro padre
gliel'ha impedito dicendole che avresti cambiato idea.- rispose il
fratello.
-Ennia?- chiese Aranel
lasciando il
cavallo e avvicinandosi ai due.
Faramir
s'inchinò e le sorrise
gentilmente, poi le prese la mano e avvicinò le labbra al
dorso.
-Perdonate la mia
maleducazione mia
Signora, non mi sono nemmeno presentato,- lasciò piano la
sua mano e
la guardò in volto continuando -il mio nome è
Faramir, figlio di
Denethor, fratello di Boromir.-
E allora la donna
capì perchè si
somigliassero così tanto, poi però le venne in
mente il nome che
avevano pronunciato poco prima e chiese di nuovo:
-Chi è Ennia, se
posso saperlo?-
Faramir e Boromir non
ebbero il tempo
di rispondere, che un uomo più anziano e vestito con una
nera
pelliccia adornata da catene d'oro, si avvicinò a loro e
esordì:
-Boromir! Figlio mio, sei
tornato!-
Abbracciò suo
figlio tanto forte da
fargli quasi mancare il respiro, poi lo strattonò
teneramente un
paio di volte mentre rideva e Faramir abbassò il capo
sorridendo
appena.
-Padre! Vi devo presentare
una
persona!- disse Boromir indicando con un gesto della mano, Aranel.
Ella s'inchinò e
appoggiò un
ginocchio a terra come fosse un soldato; sapeva di trovarsi di fronte
al sovrintendente di Gondor e quindi, in quel momento, alla
più alta
carica di quel regno.
-Il mio nome è
Aranel, figlia di
Finrod.-
-Figlia di Sauron.-
ribattè lui
facendosi serio e rabbioso in viso.
Aranel sorrise a testa
bassa e poi si
alzò.
-Cosa cambia?- chiese
guardandolo con
sguardo infuocato.
-Cambia.- rispose lui senza
lasciare le
braccia del figlio.
-Padre! Non è
quello che pensate, non
ha nulla di Sauron.- cercò d'intromettersi Boromir.
Tuttavia lo sguardo di
Denethor non
s'addolcì e allora l'orgoglio del Dovahkiin fece presa nel
cuore di
Aranel e lei tornò alla sua cavalcatura e vi
montò.
-Aranel, dove vai?- chiese
Boromir
avvicinandosi alla sua amata -Scendi, rimani con me, te ne prego...-
-Ha ragione tuo padre, io
sono la
figlia di Sauron e questo non lo posso cambiare. Ma mi fa sorridere
pensare che la prima Minas Tirith, anche se questa non è, la
costruì
colui che mi fece crescere tra braccia amorevoli e morì per
mano di
colui che ora temete.-
Si abbassò
leggermente e accarezzò la
guancia di Boromir sorridendogli amorevolmente.
-Mi rivedrai ancora prima
della fine.-
aggiunse.
Una donna dalla chioma
lunga e dorata
corse verso il gruppetto ed emise un gridolino fastidioso quando vide
Boromir, poi alzò le braccia e si fiondò addosso
all'uomo
lasciandogli un bacio sulle labbra.
Aranel rimase impietrita di fronte a
quella scena e fece per andarsene, quando quella donna, che pareva
essere proprio Ennia, chiese al suo amato:
-Boromir! Non mi presenti
la tua
amica?-
Aranel fermò il
cavallo e lo fece
voltare in sua direzione guardandola in cagnesco.
Boromir non le rispose e si allontanò
da lei, cercando di avvicinarsi ad Aranel che con le lacrime agli
occhi lanciò un incantesimo di fuoco creando un muro fatto
di
bagliore e odio, poi spronò il cavallo verso l'entrata di
Minas
Tirith e vi uscì di corsa chiamando a gran voce Odahviing.
Si fermò e scese da cavallo, poi gli
diede una pacca e lo fece scappare via; dalla porta d'ingresso, una
folla di curiosi tra cui Boromir, Faramir, Ennia e Denethor
cominciò
a guardare la scena.
Il Drago uscì dalle nuvole e atterrò
ringhiando, poi si accorse che non vi era alcun nemico, ma solo la
sua Dovahkiin con lo sguardo in fiamme e i pugni chiusi e anneriti
dall'incantesimo che aveva lanciato poco prima e nulla disse, si
abbassò solo e si lasciò montare.
-Dovahkiin,
perchè mi trovo ancora in
questa terra?-
Non rispose,
appoggiò il corpo sulle
rosse squame di Odahviing e cominciò a piangere come una
bambina.
-Dovahkiin...-
-Odahviing portami dai miei
bambini.-
Così, dopo aver
fatto tutta quella
strada tra i monti, le colline, i pericoli e le risate insieme ai
suoi cari compagni che aveva imparato a voler bene, ora voleva
tornarsene a casa.
Calò la notte e Aranel si era ormai
addormentata da ore sul dorso di Odahviing che continuava a volare
leggere tra il vento, un cielo pieno di stelle e con la luna che
illuminava le chiome degli alberi. Tra le fitte foglie dei rami, un
cavallo bianco con in groppa un uomo anziano e un Hobbit, galoppavano
veloci e quando videro Odahviing, il loro passo si fermò di
colpo e
il vecchio Stregone chiamò a gran voce:
-Aranel! Aranel!-
Così la donna si
risvegliò con gli
occhi ancora bagnati dalle lacrime e il viso pallido e triste e
ordinò al Drago di atterrare vicino a Gandalf.
Le ali di Odahviing crearono un gran
polverone e alla sua vista Pipino si spaventò e si
agitò dietro la
figura del Mago.
-Tranquillo Pipino, non ti
farà del
male.- sussurrò lo Stregone scendendo da cavallo.
Anche Aranel scese e quel
che Gandalf
vide, non gli piacque.
La luna continuava a splendere e a
squarciare la notte con i suoi bianchi raggi che colpivano il volto
del Dovahkiin illuminandole gli occhi e facendoli brillare ancora
più
del solito. Le iridi ambrate erano vuote e prive di ogni sentimento
positivo, le ciglia trattenevano lacrime cristalline, facendosene
scappare una ogni tanto e lasciando che quella triste acqua rigasse
il suo volto segnato dalle battaglie.
I capelli danzavano nel vento, neri
come l'oscurità che l'avvolgeva con il suo enorme manto; le
treccioline che domavano alcune ciocche, erano ormai rovinate e
qualche capello svolazzava seguendo i suoi compagni.
-Aranel, cos'è
accaduto?- chiese il
vecchio avvicinandosi lentamente.
-Gandalf, devo tornare a
Tamriel,
questa Terra, questo Mondo, non mi appartengono e non sono tenuta a
difendere persone che mi odiano.- rispose lei a denti stretti.
Gandalf si
stupì, sgranò gli occhi e
socchiuse le labbra come a voler replicare; sapeva bene che senza
l'aiuto del Sangue di Drago, la guerra sarebbe stata difficile,
praticamente impossibile da vincere e non avrebbe lasciato che degli
uomini inetti mettessero a rischio la Terra di Mezzo solo per farsi
vedere grandi e potenti.
Gandalf s'addolcì e mise su uno di
quei sorrisi che ti fa dimenticare tutto, uno di quelli che morde
l'oscurità e la fa sparire con un'intensa luce piena di
amore e
speranza.
S'avvicinò ancora alla donna e le
prese le mani tra le sue, piano le strinse e dopo poco parlò:
-La vita ci mette di fronte
molti
pericoli e strade perigliose, ma non ci mette in questi cammini per
nulla. Ho conosciuto poche donne con una forza d'animo come la tua e
dimmi Dovahkiin, tu lo sai che il tuo cuore sa reggere qualche
critica. Perchè ora vuoi tornare a Tamriel? Sei nata qui e
senza di
te, tutto sparirà, pure i tuoi ricordi più belli.-
-La mia vita è
così lontana Gandalf e
quando finalmente pensavo di aver trovato qualcuno che mi ama per
quello che sono e che anche io amo come mai avevo fatto prima, ecco
che tutto svanisce perchè la mia vita, quella che io credo
troppo
lontana, mi raggiunge e sconvolge il mondo in cui mi trovo. Nessuno
mi conosce davvero a Tamriel, li ho fatto solo cose buone e non sono
figlia di nessuno e alla gente va bene così.- rispose lei
facendo
scivolare via le mani dalle sue.
-Se ti fosse davvero andata
bene come
dici, non mi avresti mai seguito fin qui, non credi? E qui sei la
figlia di Marwel e Finrod...- cercò di continuare Gandalf.
-Di Sauron. Quello che la
gente vede
quando mi guarda, è solo il mio sangue e il sangue del
Signore
Oscuro che si mescolano e tutto quello che ho fatto per loro svanisce
di colpo, non conta più nulla.- ribattè subito
lei.
Aranel si voltò
e salì di nuovo in
groppa a Odahviing che chinò l'enorme capo di fronte allo
Stregone.
-Non puoi andartene!
Abbiamo bisogno di
te! Frodo ha bisogno di te!- urlò Pipino scendendo da
cavallo.
Si fiondò di
fronte al Drago e aprì
le braccia.
-Aranel! Per tutta la vita
ho combinato
guai e per tutta la vita la gente mi ha sempre criticato e guarda
adesso! Sono qui, a scappare da Sauron perchè crede che io
abbia il
suo dannato anello e la gente? La gente pensa che io sia solo un
ficcanaso, ma quello che so io è che morirei per proteggere
i miei
cari da qualsiasi creatura mostruosa e di questo ne vado fiero. Tu di
cosa vai fiera Aranel?-
-Di nulla.- rispose lei
fredda prima di
far spiccare il volo a Odahviing.
-Abbiamo perso la nostra
unica
speranza?- chiese Pipino a Gandalf.
Lo stregone sorrise e mise
una mano
sulla spalla dell'Hobbit.
-Non lo so, ma dobbiamo
sempre sperare
Pipino. Sono sicuro che la rivedremo.-
-Non vai fiera di nulla
Dovahkiin?-
chiese il Drago mentre spezzava le nuvole in volo.
La notte li divorava e
Aranel con gli
occhi colmi di lacrime non riusciva a vedere oltre le montagne e non
riusciva a scorgere i primi raggi di sole che cercavano di illuminare
le valli.
Pensò ai suoi bambini e a quanto era
felice a Tamriel insieme a loro, nella loro casetta vicino
all'accampamento dei Giganti; persino loro le mancavano in quel
momento, pure le rovine e le tombe dei Draugr, ci avrebbe danzato
insieme in quel momento, pur di non pensare a Boromir che veniva
baciato da un'altra!
Già, era proprio quello il problema,
il suo amore, l'uomo a cui aveva aperto il suo cuore duro, pieno di
tristezza e guerra, quello a cui si era concessa con l'anima e il
corpo. Come aveva potuto tradire quel loro patto? Perchè non
le
aveva parlato di Ennia? Perchè tenerle nascosta una cosa
simile?.
-Vado fiera di aver avuto
la forza di
andarmene Odahviing, ma non di essere venuta fin qui per farmi
umiliare da un uomo.- rispose lei spezzando la frase con un
singhiozzo.
-Sei sicura di voler
tornare a
Tamriel?- chiese ancora il mostro alato.
-Voglio solo rivedere i
miei bambini.-
sussurrò lei più a se stessa.
-Però cara
Aranel- la chiamò per nome
per la prima volta -anche a un Drago serve riposo.-
Così scese a
terra; Aranel amava la
partenza e l'arrivo perchè il vento le scompigliava i
capelli in
modo buffo e in quegli attimi si sentiva un po' bambina e ascoltava
il fruscio dell'aria che frustava il suo viso. Non si riparava mai,
nemmeno quando l'aria era gelida e sentirla sulla pelle era come
venire infilzata da mille lame.
Una nuvola di polvere accompagnò le
zampe di Odahviing che abbassò il dorso per far scendere il
suo
“passeggero”.
-Non potevamo accamparci di
notte?-
chiese lei sospirando.
-Ma io sono stanco adesso e
tu hai
bisogno di pensare.- rispose lui allontanandosi velocemente in cerca
di un posto in cui riposare.
-Certo...ci vuole solo
quello.-
borbottò irritata.
Aveva sonno, doveva
ammetterlo, non
aveva nemmeno avuto tempo di riposare a Minas Tirith, quindi non le
fu difficile addormentarsi sull'erba fresca circondata da fiori di
mille colori.
“-Aranel...-
la chiamò una voce
carica di amore e dolcezza.
La donna riconobbe
subito la voce di
colei che sussurrava il suo nome quasi fosse un segreto.
-Arwen-.
La mano dell'Elfa
si appoggiò sulla
guancia del Dovahkiin che rabbrividì sentendo quanto fosse
fredda.
Furono così vicine da poter sentire il respiro l'una
sull'altra e si
abbandonarono ad una lieve risata; era strano come si fossero legate,
pur essendo state vicine per poco tempo.
Aranel le aveva affidato i suoi
figli senza indugiare e mai si chiese se avesse fatto bene o male
poiché sapeva bene che per quanto Arwen in quel momento
avesse le
dita tremendamente gelide, in realtà le sue mani erano calde
e
affettuose come le sue e avrebbe fatto da madre a Samuel e Shan
proteggendoli da ogni pericolo.
-Perchè
sei venuta da me?- chiese
sfiorandole le dita.
-Aranel, non puoi
tornare indietro,
non puoi abbandonare il percorso. Se il male si stendesse su tutta
Arda, io sarei obbligata a partire per Valinor e a portare con me i
tuoi figli, ammesso e non concesso che i Valar li accettino nelle
Terre Immortali, cosa che mi fa dubitare di ogni mia partenza.- disse
Arwen finendo in un sorriso.
Quando vide le
lacrime scappare
dagli occhi del Dovahkiin, le asciugò velocemente con i
pollici e le
alzò il mento sfiorandole le labbra.
-Non piangere, non
è ancora tutto
perduto, nemmeno il tuo cuor in fiamme per Boromir. Io so
com'è
aspettare una vita lunga per poi incontrare una persona con cui sai
che non potrai vivere per l'eternità. So quant'è
struggente vederlo
andare via da te ogni volta.-
-Arwen...voglio
tornare a casa.-
sussurrò Aranel.
-Sei a casa.-
disse lei scomparendo.
Sfumò
in una fievole luce argentea
e quando svanì, al suo posto, vi era una gemma dai mille
colori, una
gemma in cui il Dovahkiin vide i suoi bambini giocare tra gli alberi
di Gran Burrone e vide anche il sorriso degli Elfi che li guardavano
rincorrersi.”
Toccò la pietra e si risvegliò.
Il sole ancora brillava nel
cielo e
alcuni raggi illuminavano il viso stanco e provato di Aranel, che
però non rimase sdraiata a terra, ma si alzò
d'improvviso e
richiamò il Drago che invece si era svegliato da un bel
pezzo.
-Dovahkiin!-
-La guerra incombe su Minas
Tirith e
noi stiamo qui a prendere il sole!- disse Aranel cercando di
arrampicarsi sul dorso dell'animale.
Odahviing rise sonoramente,
si abbassò
così che Aranel potesse salire senza altre fatiche e poi
spiccò il
volo e si diresse di nuovo verso Minas Tirith, sperando che anche
Aragorn, Adanedhel, Gimli e Legolas fossero giunti nella
città di
pietra, così che potesse evitare Boromir.
-Fratello-
chiamò Faramir
avvicinandosi a Boromir.
L'uomo si voltò
e gli sorrise
leggermente, un sorriso sforzato e pieno di tristezza.
L'aria fredda e umida sfiorava la pelle
dei due Gondoriani che se ne stavano su un ampio balcone in pietra;
Boromir era appoggiato ad una colonna su cui si arrampicava
dell'edera e in mano teneva un bicchiere di vino e lo faceva roteare
di continuo continuando a specchiarsi e a sformare il suo riflesso.
Da quella balconata potevano osservare la città di Osgiliath
e
l'ombra tetra di Mordor; le nuvole nere sovrastavano le montagne e
piano piano si avvicinavano a Minas Tirith soffocando il canto degli
uccelli e zittendo anche il vento.
-E dunque è
questo che ci attende:
oscurità e...malinconia?- chiese Faramir appoggiando una
mano sulla
spalla del fratello.
L'uomo abbassò
lo sguardo e sorrise
ancora, poi sospirò e appoggiò il bicchiere di
vino sulla fredda
ringhiera grigia e si voltò a guardare il fratello che
piegava le
labbra in cerca di una risposta negli occhi azzurri del maggiore.
-Forse, o forse no. Non
possiamo
saperlo, ma una cosa certa c'è: nel mio cuore ci sono
già oscurità
e malinconia.- rispose Boromir voltandosi nuovamente a guardare il
panorama.
Faramir lo
guardò e socchiuse le
labbra pensando di ribattere alle sue parole.
-No, Faramir, non
sposerò mai Ennia.
Sono legato per sempre ad Aranel e nostro padre dovrà
farsene una
ragione...e anche tu.- disse ancora Boromir incamminandosi
all'interno del palazzo.
-Boromir, io non devo
farmene una
ragione. Non so cosa ti leghi a quella donna, ma posso immaginarlo.
Hai il mio sostegno.- rispose Faramir prendendo il bicchiere di vino
dalla ringhiera e bevendone un lungo sorso.
Boromir rise leggermente
portandosi una
mano sul pizzetto ramato, poi si girò verso il fratello che
ora
guardava Osgiliath e si fermò un istante.
-Nostro padre mi ha detto
che tra poche
ore partirai per Osgiliath. Non farti ammazzare.- disse prima di
entrare.
Percorse i lunghi corridoi
del palazzo
e dopo qualche minuto s'imbattè in Ennia ch'era intenta di
dare
ordini alla servitù per spostare i bagagli in una camera
vicina a
quella di Boromir, maledettamente vicina.
La bocca di Boromir si piegò in una
smorfia di dissenso e si avvicinò alla donna che gli sorrise
felice
di vederlo.
-Boromir, mio amato!-
disse, anzi
trillò, avvicinandosi con le braccia allargate.
-Ennia, che state facendo?-
chiese lui
portandosi di nuovo una mano sul pizzetto e sorridendo innervosito.
-Ma come, vostro padre non
ve l'ha
detto? Mi ha assegnato una stanza più vicina alla tua.
Così
magari... la notte...- rispose lei finendo con tono malizioso.
Boromir alzò gli
occhi al cielo. “Ci
manca solo che mi viene a violentare di notte!”
pensò.
Lei gli si avvicinò muovendosi
“sensualmente” e appoggiando una mano sul suo viso
e scendendo
dalla guancia fino a sfiorargli il labbro con le dita.
-Ennia, mio padre vi da
false
illusioni.- disse lui scacciando via la sua mano dal viso.
-Cosa intendete? Non
capisco... è per
quella donna non è vero? Per colpa sua non volete
più sposarmi!-
urlò Ennia cercando di colpirlo con uno schiaffo.
Lui le bloccò il
polso appena in tempo
e sentì lei che tentava di divincolarsi dalla stretta.
-Io non ho mai voluto
sposarvi. Non vi
voglio al mio fianco per il resto della mia vita.- ringhiò
Boromir
lasciandole il polso e facendo dietro front.
L'uomo non parlò
più con Ennia, seppe
invece, un po' dalle sue guardie e un po' dalle urla di dissenso di
suo padre che rimbombavano in tutto il palazzo, che la donna se n'era
andata via da Minas Tirith con la sua scorta, con l'intento di non
farvi più ritorno.
Boromir era felice di essersi
sbarazzato di lei, ma ancora non sapeva come far tornare indietro la
sua amata ch'era lontana da lui.
Ormai Faramir era di certo giunto ad
Osgiliath e si sentiva solo in quel palazzo freddo e vuoto; era
abituato a stare in mezzo alla compagnia con cui era partito da Gran
Burrone e la solitudine lo rendeva triste e pensieroso e il
più
delle volte si trovava ad accarezzare il tronco dell'albero bianco al
centro del cortile di pietra, come se potesse ascoltarlo e assorbire
le sue emozioni.
Sperava di vedere in lontananza la
figura di Aranel venirgli incontro.
Odahviing volava sopra le
chiome degli
alberi e Aranel si godeva quel lungo viaggio senza dire una parola,
ma accadde che gli occhi del Dovahkiin presero a guardare in basso e
scrutarono delle tende, dei piccoli fuochi accesi e in generale quel
che sembrava un accampamento.
Riuscì a vedere la testa di un cavallo
con una lunga criniera intrecciata dipinta su un arazzo nero: erano i
cavalieri di Rohan.
-Quindi, non sono ancora
arrivati a
Minas Tirith.-
Vide poi in lontananza suo
fratello e
decise ch'era ora di scendere e che sarebbe arrivata a Minas Tirith
insieme a loro; cercò un luogo in cui atterrare senza
spaventare i
Rohirrim e poi si recò nell'accampamento salendo per la
collina in
gran fretta. Aveva voglia di abbracciare Adanedhel e di assaporare il
suo amore fraterno guardandolo per tutto il giorno e rivedendo il suo
adorato padre.
Così non gli diede nemmeno il tempo di
salutarla che gli si fiondò tra le braccia e lo strinse come
se
fosse l'unico appiglio sulla soglia di un burrone ed espirò
il
profumo dei suoi capelli dorati a fondo, inebriandosi.
-Cosa ci fai qui? Non
dovresti essere a
Minas Tirith?- le chiese alzandola per i fianchi.
Lei si avvinghiò
ai suoi e rispose tra
le ciocche della sua chioma:
-Devo raccontarti tante
cose, ma adesso
per favore, voglio solo sentire che ci sei e che non mi abbandonerai
anche tu.-
Gli occhi di Aranel si
riempirono di
lacrime che cominciarono a scenderle sul viso e a bagnare la
“corazza” di cuoio del fratello. I singhiozzi si
fecero rumorosi
e ancora una volta si sentì una bambina in preda al panico,
ma cosa
importava? Era tra le braccia di Adanedhel adesso e nulla e nessuno
poteva farle del male, solo il suo cuore.
Così, senza dire niente, il Mezz'elfo
portò la sorella nella sua tenda e si sedette su una branda
imbottita di paglia e coperta con della pelliccia di orso, ma quella
non si staccò ancora da lui tenendo le caviglie incrociate
dietro la
schiena di Adanedhel che sorrise e cominciò ad accarezzarle
i
capelli. Dopo parecchi minuti mollò la presa e
asciugò gli occhi
sospirando.
Adanedhel le prese il mento con le dita
e sollevò il viso delicatamente, poi appoggiò le
labbra sulla sua
fronte e baciò la sua pelle calda e bruciante.
-Cosa ti è
successo sorella mia? Cosa
ti hanno fatto?- chiese in un sussurro.
Aranel appoggiò
una mano sul suo viso
e lo accarezzò; le labbra della donne si curvarono in un
flebile
sorriso. Quel viso era tale e quale a quello di Finrod e questo le
scaldava il cuore ogni volta che i suoi occhi si posavano sui suoi
lineamenti eleganti.
Poi abbassò di nuovo il volto e
abbassò la mano appoggiandosela sulle ginocchia e
cominciando a
stringere i pugni e serrare le labbra in una smorfia di rabbia.
-Boromir ha una promessa
sposa. Una
donna bellissima che l'ha baciato davanti a me. Il sovrintendente mi
ha etichettata come “figlia di Sauron” e me ne sono
andata via,
ma fratello mio...il mio cuore è in frantumi. Mai nella mia
via
l'avevo donato ad un uomo, mai. Avevo sempre e solo pensato alla
guerra e a come cacciare i Draghi da Tamriel e quando le porte del
mio petto si sono aperte a lui, ho pensato ch'era una cosa giusta.-
disse tutto d'un fiato.
Lo sguardo di Adanedhel
divenne di
fuoco e prese il volto di Aranel tra le mani.
-Aranel, è
questo che ti fa piangere
così tanto? Sei una donna bellissima, libera e forte come
una
roccia, non è questo che deve spezzarti. Lui ha giocato con
te, ma
non lasciare che questo soffochi la tua anima, ci sono io adesso al
tuo fianco e non ti tradirò mai.-
Aranel lo
abbracciò ancora e nascose
il viso nell'incavo del suo collo, lasciò che il caro
fratello la
cullasse un po', poi si alzò ed uscì fuori a
prendere una boccata
d'aria fresca.
Aragorn le andò incontro con un
sorriso a trentadue denti e con le braccia aperte e Aranel si strinse
anche a lui e gli diede un bacio sulla guancia.
-Questo Sangue di Drago si
è
addolcito?- chiese sorridendo l'uomo.
-Oh, ma smettila!- rispose
lei
accucciandosi sul suo petto.
Era quello che voleva,
tanto amore e
dolcezza dai suoi amici, non voleva essere abbandonata come aveva
fatto Boromir, anche se sapeva che le notti adesso, sarebbero state
più fredde.
-Hai notizie da Minas
Tirith?- chiese
Aragorn alzandole il viso con le dita.
-La città dei Re
è davvero bellissima
e il trono aspetta solo te.- rispose lei sorridendogli e sciogliendo
l'abbraccio.
Aragorn sospirò,
accennò un sorriso e
accarezzò il ciondolo che Arwen gli aveva donato prima di
partire
per la missione.
La notte prese di nuovo a scurire il
cielo e Aranel se ne stava seduta con i piedi a penzoloni oltre il
limite di un precipizio; ascoltava i soldati parlare della guerra e
riderci su e qualche volta le sue labbra si piegavano in un sorriso.
Si sdraiò sull'erba e aprì le braccia;
cominciò ad accarezzare
piano ogni filo d'erba e ogni fiore che le sue dita riuscivano a
raggiungere, poi chiuse gli occhi e cominciò a vagare tra i
ricordi:
“-Ti
rendi conto che ti hanno
chiesto di andare nell'aldilà ad uccidere un Drago semi-Dio?
E ti
rendi conto che devi andarci da sola?- chiedeva Lidia mentre batteva
un piede sul legno di una locanda di Windhelm, come se dovesse tenere
il tempo di una musica.
Il Dovahkiin
sorrise e abbassò il
boccale di birra sul tavolo, poi si aggiustò una ciocca di
capelli
che ribelle andava ad infastidirle gli occhi e alzò il volto
per
osservare la sua amica.
-Sono il Sangue di
Drago.- rispose
semplicemente tornando a sorseggiare la bevanda.
-No! Sei anche una
persona!- ribattè
Lidia puntandole il dito contro.
Morwenna si
alzò di scatto e serrò
i pugni, poi guardò ancora Lidia, ma stavolta il suo sguardo
era
pieno di fuoco e rabbia e l'espressione dell'amica si
tramutò
all'istante e abbassò il viso.
-Si, una persona
con un destino più
grande di te e me messe assieme!- urlò il Dovahkiin.
Fece un profondo
respiro, si
avvicinò a Lidia e le mise le mani sulle spalle.
-Lo sai che ti
porterei ovunque se
potessi, ma non puoi seguirmi nell'aldilà. Troppi pericoli
rischi
ogni giorno per me e questo è il più grosso e
devo vedermela da
sola.-
Il volto di Lidia
venne rigato da
una lacrima solitaria che però non arrivò a
gocciolare a terra,
perchè la donna si asciugò subito gli occhi e si
voltò
incamminandosi verso l'uscita.
-Lidia!-
urlò Morwenna tendendo una
mano verso l'amica.
Ella non si
girò nemmeno e uscì
dalla locanda di gran corsa sbattendo la porta.
Morwenna si affacciò alla finestra
e la vide salire sul suo cavallo e abbandonare il suo Thane a
Windhelm. Il Dovahkiin battè un pugno sul muro e strinse i
denti per
la rabbia.
Per l'ennesima volta si trovava da
sola dopo tanto tempo passato con Lidia e non lo sopportava, non
riusciva ad accettarlo, così corse fuori e salì
in groppa a Darsel
cominciando a galoppare verso la sua compagna, ma il pericolo era in
agguato, perchè un gruppo di briganti cominciò ad
attaccare le due
donne obbligandole a scendere da cavallo.
Vide uno degli uomini armati intento
a combattere contro Lidia e ferirla al fianco con un pugnale; non
poteva rimanere ferma a guardare e si fiondò sul nemico
sgozzandolo
all'istante.
-Non ce n'era
bisogno!- urlò
orgogliosa Lidia alzandosi e attaccando un altro brigante.
-Oh, si che ce
n'era!- ribattè
Morwenna estraendo la sua spada e colpendo un malvivente.
Combatterono
così fianco a fianco e
schiena contro schiena anche se entrambe arrabbiate l'una con l'altra
e quando tutti i briganti si trasformarono in cadaveri zuppi di
sangue, Lidia si voltò e cercò di colpire
Morwenna, sapendo bene
che ella si sarebbe difesa.
Il Dovahkiin sorrise sfidandola a
farlo di nuovo e ancora Lidia la colpì con tutta la forza
che aveva,
ma la compagna le soffiò l'urlo del Drago e la fece cadere
all'indietro. Morwenna le puntò la spada alla gola e poi
ringhiò:
-Hai finito?-
L'amica
infilzò la spada nella
terra e per rabbia e un po' per scherno le disse:
-Sono la tua spada
e il tuo scudo!-”
Anche questi ricordi pieni
di rabbia,
ma infondo pieni di amore, erano in grado di suscitare nostalgia di
Tamriel e di quelli ch'erano stati gli anni più belli,
terribili ed
emozionanti allo stesso tempo. Prima era una donna fedele alla guerra
e alla sua causa, capace solo di infliggere dolori e morte ai suoi
nemici e capace di dare ordini meglio di un comandante e farsi
rispettare anche dal più nobile degli uomini e invece da
quando era
entrata a Tamriel era stata etichettata come mostro e quasi nessuno
le portava rispetto; aveva lasciato che un uomo la rendesse debole e
le portasse via la virtù che per tutta la sua centenaria
vita non
aveva mai donato a nessuno.
Strinse le dita e strappò dei fili
d'erba e il suo sguardo si fece duro e pieno di rabbia; doveva
tornare ad essere Morwenna, il Sangue di Drago, il Dovahkiin di
Tamriel.
Da quel momento in avanti avrebbe
sfidato chiunque le avesse detto qualcosa di storto e l'avrebbe anche
ucciso.
Aranel era tornata una guerriera con il
cuore di ghiaccio e la sua anima tornò a divorare l'amore
con cui il
cuore cercava di battere più forte.
Angolino autrice:
Scusateeeeeee!!!
Mi dispiace di averci messo così tanto! (Ma chissene, chi se
la caga la tua FF? xDD) adesso però ci sono e spero che il
capitolo vi piaccia :P Alla prossima!!
|
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Capitolo 15 *** La guerra incombe ***
La
guerra incombe
Aranel era avvolta da una
fiamma
dorata, i capelli corvini danzavano nel vento e gli occhi brillavano
come le uniche due stelle in una notte tetra e buia.
Il Dovahkiin bruciava delle anime di
Drago che aveva assorbito, un intenso potere aleggiava
nell'accampamento di Rohirrim e il suo portamento fiero sovrastava la
collina; pareva fosse arrivata una Regina guerriera, poiché
aveva
intrecciato il diadema di sua madre tra i capelli e l'elsa della
Frangialba brillava stretta nella sua mano, la lama pronta a colpire
chiunque avesse interrotto il suo cammino. Era la tenda di Re Theoden
la sua meta e non si sarebbe fermata per nessun motivo, nemmeno
quando Adanedhel e poi Aragorn cercarono di chiamarla lei si
arrestò.
Legolas tentò di afferrarla per il polso, ma si
sentì d'un tratto
privo di energie e per poco non cadeva a terra svenuto.
Tutti si preoccuparono e si chiesero
che cosa volesse fare il Dovahkiin, senza trovare risposta alle loro
domande e si limitarono a seguire i suoi passi, intenti ad
intervenire qualora ce ne fosse stato bisogno.
Aranel aprì di scatto la tenda del Re
e la sua luce sovrastò il luogo proiettando le loro ombre
all'esterno; tutti i soldati si avvicinarono e puntarono le lance, le
frecce e le spade contro di lei. Un Rohirrim tentò di
colpirla, ma
fu avvolto da una luce blu e fu spedito lontano con una spinta, senza
che il Dovahkiin pronunciasse parola alcuna.
-Che cosa vuoi?? Figlia del
Demonio!-
urlò Theoden estraendo Herugrim.
Aranel sorrise e si
portò la lama di
Frangialba in verticale davanti al suo viso: era una sfida tra un
Drago e un Leone, perchè era diventata proprio quello il
Dovahkiin.
Aveva evocato la corazza del Drago, quasi impossibile da penetrare se
non da un altro Dovahkiin con gli stessi poteri.
Theoden cercò di colpirla, ma venne
respinto a metri di distanza bucando la tenda come se fosse avvolto
dalle fiamme e tutti rimasero sgomenti, pure sua nipote ch'era
accorsa a vedere cosa stava succedendo; urlò quando vide il
Re
accasciato a terra con il sangue alla bocca.
Una scarica di frecce cercò
d'investire Aranel, che non si mosse nemmeno, se non per avvicinarsi
di più al suo avversario stordito. Le frecce presero fuoco e
s'incenerirono appena sfiorarono l'aura dorata e così altri
soldati
presero a menare fendenti, ma tutti vennero spazzati via come
formiche al vento.
-Aranel! Fermati!-
urlò Adanedhel
avvicinandosi.
-Non toccarmi Adanedhel, ti
faresti
solo del male- rispose lei continuando a camminare lentamente.
Arrivò vicino al
Re, si abbassò e lo
prese per il collo alzandolo in aria e cercando di farlo respirare il
meno possibile, poi strinse ancora di più il suo collo con
la mano e
ringhiò:
-D'ora in avanti
verrò trattata come
la Regina dei Draghi, tutti ubbidiranno ai miei ordini, persino tu,
Re dei cavalli! Se non volete scatenare l'ira del Dovahkiin e
ritrovare il Palazzo d'Oro in fiamme, dovete portarmi rispetto e
vedermi come vostra sacra alleata, perchè senza di me non
potreste
mai vincere questa guerra!-.
“Forse
in questo momento potrò
sembrare loro nemica, ma non lo sono. Questo purtroppo è
l'unico
modo che ho per impormi a loro” pensò
mentre lasciava cadere
il Re che venne soccorso da sua nipote non appena toccò
terra.
Di tutta risposta, i soldati
s'inchinarono al suo passaggio e tremarono alla sua vista.
-Non dovete temermi
soldati, non siete
stati voi ad offendermi.- disse senza smettere di camminare.
La sua aura dorata si
spense e tornò
ad essere l'Aranel di sempre, un po' più autoritaria, come
lo era
stata a Tamriel, con più potenza e con modi molto meno
gentili con
chi l'aveva offesa.
-Aranel, sei impazzita?-
chiese
Adanedhel prendendola per il polso e facendola voltare e battere
contro il suo petto.
-No fratello, io sono il
Sangue di
Drago! Non mi tratteranno mai più come uno zerbino! A
Tamriel
sarebbero già tutti morti, ringrazia di non aver visto la
mia
furia!- rispose lei dimenandosi e liberandosi dalla stretta.
-Non ti riconosco
più.- sussurrò lui.
-Mi riconoscerai.- rispose
lei
camminando verso la valle.
Gandalf era arrivato a Minas Tirith da
un giorno ormai e ascoltava il racconto di Faramir dalla bocca di un
soldato da una decina di minuti: aveva visto Frodo, lui era passato
di li e aveva avuto la forza di lasciarlo andare e di non cadere
sotto il potere dell'anello e lo Stregone rimase stupito di
ciò e
sollevato nel sapere Frodo ancora vivo, forse.
-Tuttavia, il mio cuore non
può che
rimanere cupo, poiché la nostra speranza più
grande è fuggita,
tornata forse nel mondo da cui l'avevo prelevata.- disse Gandalf
sbuffando una nuvoletta di fumo.
-State parlando di Aranel?-
s'intromise
Boromir entrando nella stanza.
-Si Boromir, è
proprio di lei che sto
parlando e saprei anche chi incolpare se fossi stolto come te!-
rispose il vecchio voltandosi e assumendo uno sguardo di rimprovero.
-Non è stata
colpa mia! L'unica cosa
che volevo in questa vita, era lei!- urlò l'uomo battendo un
pugno
sul legno di una scrivania.
-E guarda cos'ha portato il
vostro
amore! Si è sentita tradita e umiliata! Ti rendi conto di
aver
spezzato il cuore di un Dovahkiin?! Te ne rendi conto?-
sbraitò il
mago alzandosi in piedi.
-Non era mia intenzione
Gandalf! Mio
padre ha fatto tutto questo, io non c'entro nulla!-
-E non sei capace di
imporre la tua
volontà su un vecchio caprone?!- disse ancora Gandalf
sospirando
infine.
Il vecchio Stregone si
sedette di nuovo
e rilassò la schiena sulla poltrona di stoffa rossa,
finemente
decorata in argento.
Boromir abbassò il viso fino a
guardarsi le mani e ci vide anni e anni di guerre e combattimenti
inutili, poiché il male continuava ad abbattere le mura di
Osgiliath
giorno per giorno, senza dar loro tregua alcuna. Avrebbe voluto
seguire il fratello nella città di pietra distrutta, ma il
padre non
glielo permise e di nuovo si sentì in balia della sua
autorità,
neanche fosse ancora un bambino.
-Come posso rimediare,
Gandalf?- chiese
poi quasi con le lacrime agli occhi.
-Non lo so ragazzo, non lo
so.- rispose
lo Stregone sbuffando un'altra nuvola di fumo.
Quella notte, tutti videro
la pila
luminosa squarciare il cielo; Gandalf e Pipino erano sul balcone
della loro stanza ed osservavano le nubi nere squarciate da una luce
verde, che il Mago riconobbe come magia nera partita direttamente dal
palazzo di Minas Morgul.
L'Hobbit si stringeva allo Stregone che
gli regalò un sorriso cercando di togliere la paura dalla
sua anima
che si dimenava come se volesse fuggire da quella tremenda
realtà.
Boromir era insieme alle guardie di
Minas Tirith e poteva scorgere da lontano l'antica città di
Osgiliath, la vecchia capitale di Gondor e il suo cuore perse qualche
battito quando vide la luce tagliare il cielo e pensò subito
a suo
fratello che si trovava così lontano dalla sua spada. Era
difficile
rimanere fermo ad aspettare un suo ritorno, un ritorno di Aranel.
Quanti ancora doveva vedere andar via
senza sapere di poterli rivedere un'ultima volta, di combattere al
loro fianco.
-Attento fratello.-
sussurrò.
Quella notte, Aranel se ne
sto per
conto suo, senza vedere, ne parlare con nessuno, se non con Aragorn
che le si avvicinò con sguardo severo.
-Credi che questo sia il
modo migliore
per farsi degli amici?- le chiese.
Aranel non si
voltò nemmeno, riconobbe
la sua voce e sorrise, mentre attorcigliava dei rametti fino a creare
una coroncina.
-Io non voglio farmi degli
amici. Ci ho
provato in tutti i modi, ho provato a dimostrargli di che pasta sono
fatta e da che parte voglio stare, ma lui non ha smosso il suo
pensiero e ha continuato a vedermi come la figlia del Signore Oscuro.
Sarò stata anche dura, questo posso concedertelo, ma se
fossimo a
Tamriel, ti saresti stupito del tempo che ci ho messo prima di
esplodere.- rispose lei voltandosi solo alla fine.
Aragorn si sedette vicino
al Dovahkiin
e le prese la mano stringendola fra le sue; nei suoi occhi si poteva
leggere sofferenza, rimpianto e dolore.
-Il tuo cuore ti ha guidato
fin qui, la
tua anima non ha mentito sulla persona che sei, i tuoi pensieri non
hanno mai camminato di pari passo a quelli di tuo padre, eppure poche
ore fa ho visto lui nei tuoi occhi. Ho visto un fuoco che non era
ardore, un calore che non somigliava per nulla alla passione che di
solito metti nelle tue parole. Dov'è Aranel?
Dov'è il Sangue di
Drago? Metti da parte l'orgoglio e lascia che quel pezzetto di anima
nera nascosto in un angolino del tuo corpo, se ne vada via e venga
spezzato dalla luce dei tuoi battiti. Aranel, figlia di Finrod, il
tuo sangue è nobile e antico e la tua vita è
circondata dalla
purezza, non sporcarla con azioni negative.-
La corazza del Drago era
svanita da un
pezzo, ma la donna, prima che giungesse Aragorn, si sentiva ancora
protetta da quell'aura dorata impenetrabile. Le parole del Dunadan
tuttavia, riuscirono a scavare nel suo cuore e distrussero quella
corazza maledetta come fosse vetro scagliato su un muro di pietra.
Lacrime amare bagnarono il viso del
Dovahkiin che cominciò a singhiozzare nascondendosi il viso
tra le
mani; Aragorn l'abbracciò e la dondolò tra le sue
braccia come
fosse una bambina con le ginocchia sbucciate.
Non avrebbe permesso a nessuno
d'insultarla ancora, ma non si sarebbe più imposta
malignamente e
avrebbe guardato il Re senza Corona prima di gettarsi in una
discussione che sicuramente l'avrebbe portata alla rovina.
-Aragorn... la luce che
prima copriva i
miei pensieri, l'ho lasciata a Minas Tirith, tra le mani di un'altra
donna.- disse lei stringendosi al suo petto.
Il Ramingo non disse nulla,
lasciò che
la donna piangesse e si sfogasse solo sotto i suoi occhi e non sotto
quelli dei Rohirrim, poi si alzò stringendo ancora a se
Aranel e non
si mossero per alcuni minuti.
-Quella luce
tornerà figlia del
Beleriand, ne sono sicuro.- sussurrò piano Aragorn.
Aranel si staccò
lentamente dal suo
abbraccio e gli sorrise, sarebbe diventato un grande e saggio Re, non
ne aveva in ben che minimo dubbio e lei sarebbe tornata a Tamriel con
la tristezza nel cuore, perchè avrebbe dovuto lasciare degli
amici e
un fratello che aveva sempre sognato di avere e che forse non avrebbe
più rivisto, perchè nei vari mondi il tempo
scorre diversamente.
Andarono a dormire e un'altra volta nei
sogni di Aranel apparvero suo padre e sua madre.
“Dalla
porta della stanza da letto
del Re del Nargothrond entravano e uscivano donne prima con
asciugamani puliti e tinozze d'acqua calda e dopo qualche minuto
uscivano con gli stessi asciugamani, ma intrisi di sangue.
Le urla della loro nuova Regina
riecheggiavano nelle sale scavate nella terra e nella roccia e
arrivavano dritte alle orecchie di Finrod che se ne stava seduto
dietro quella maledetta porta con gli occhi sgranati ad ogni gemito
di dolore di sua moglie e con una mano davanti alla bocca, come a
voler bloccare le sue urla.
Ma dopo ore finalmente si udì un
altro suono, il più bello che avesse mai ascoltato, quasi
fosse un
canto Elfico: il pianto di un bambino.
Lo fecero entrare dopo aver atteso
tanto e gli porsero suo figlio facendoglielo stringere tra le braccia
e i suoi occhi si bagnarono di felicità.
Vide Marwel sorridere debole e
pallida e quasi gli venne un tuffo al cuore a vederla così;
le si
avvicinò e si sedette al suo fianco, poi disse:
-Mi hai dato un
erede maschio e mi
hai reso l'uomo più felice di questa terra.-
-Vorrei che Aranel
fosse qui con
noi...sarebbe felice di avere un fratellino con cui giocare- rispose
la donna cominciando a piangere.
La
felicità della coppia non poteva
essere piena finchè non avrebbero trovato la loro bambina e
mai lo
fu.”
Qualcuno scosse il
Dovahkiin e le
spezzò il sogno a metà.
Quando Aranel riaprì gli occhi si
ritrovò di fronte a suo fratello che le disse soltanto:
-Dobbiamo andare.-
Lei non se lo fece ripetere
due volte e
seguì Adanedhel fuori dalla tenda; Aragorn, Gimli e Legolas
li
aspettavano a cavallo e quel che notò la donna fu che l'elsa
della
spada del Re senza corona era diversa, più luminosa e
ricamata
d'argento.
Salì in groppa al cavallo di suo
fratello e insieme partirono senza dire una parola sotto gli occhi
sbigottiti dei Rohirrim che parlavano d'infedeltà e
tradimento senza
sapere cosa stessero facendo in realtà i loro compagni.
Attraversarono un passaggio tra le
montagne, dove l'aria sembrava addirittura più fredda,
glaciale
quasi e fu li che Aranel chiese:
-Ma esattamente dove stiamo
andando?-
-Sire Elrond mi ha spinto a
chiamare un
esercito di cui pochi conoscono il nome o l'aspetto, ma di cui tutti
conoscono la forza e la brutalità.- rispose Aragorn.
Lo vide triste e
pensieroso, come
quando lasciarono Gran Burrone. Quegli occhi, quei pensieri,
pensò
il Dovahkiin, erano sicuramente rivolti ad Arwen.
Scesero da cavallo e strinsero le
briglie dei destrieri che si fecero irrequieti portando avanti la
loro marcia, ma davanti ad un insolito ingresso gli sfuggirono di
mano e corsero indietro di gran fretta.
-Ecco, adesso siamo pure
senza
cavalli!- disse Aranel indicando il destriero di suo fratello.
-La via è
chiusa. Fu creata da coloro
che sono morti e i morti la custodiscono. La via è chiusa.-
sussurrò
Legolas stringendo gli occhi per decifrare quei segni.
-Una roba simpatica
dunque.- ribattè
Aranel incrociando le braccia al petto.
Si avvicinò
all'entrata e alzò le
spalle, poi si voltò verso i suoi compagni e
continuò:
-Beh, a me non sembra
chiusa.-
Entrò seguita
dai suoi compagni e notò
che la via no, non era di certo chiusa, ma faceva paura come le tombe
dei Draugr, ma li non c'erano bottini e non si sarebbero di certo
imbattuti in Signori della Morte o scheletri armati...forse.
Arrivarono in un grande
spazio
circondato da rocce appuntite e scure e mentre si giravano intorno
per cercare di scrutare qualunque essere morto o vivo, una voce si
fece largo nel silenzio:
-Chi entra nei miei domini?-
Sembrava quasi un sussurro,
sembrava
arrivare dall'aldilà e poi spuntò illuminato da
una flebile luce
verdastra: uno scheletro pareva, ricoperto di stracci e pieno di
ferite.
-Uno che avrà la
vostra lealtà.- gli
rispose Aragorn senza farsi intimorire dalla figura.
-I morti non consentono ai
vivi di
passare.- continuò lo spirito.
-E invece lo consentirai a
me!- rispose
ancora il Ramingo.
Lo spirito rise
malignamente e dietro
di loro le rocce presero forma luminosa diventando colonne di una
città in rovina e un esercito di spiriti ridotti anche
peggio del
primo, si fece avanti e circondò i compagni.
Aranel sguainò la spada e preparò la
sua mano sinistra alla magia.
-La via è
chiusa. Fu creata da coloro
che sono morti e i morti la custodiscono. La via è chiusa.
Ora devi
morire.-
-Io vi invito a rispettare
il vostro
giuramento.- disse Aragorn mostrando Anduril.
-Nessuno tranne il Re di
Gondor può
comandarmi.- rispose lo spirito prima di attaccare il Ramingo.
Ma la lama fantasma venne
bloccata
dalla fiamma dell'occidente e lo spirito rimase scioccato.
-Quella stirpe fu
spezzata!- urlò.
Aragorn lo prese per il
collo e
avvicinò la spada alla giugulare.
-E' stata ricostruita.-
Lasciò andare
quello che sembrava
fosse il Signore di quell'esercito privo di vita e continuò:
-Combattete per noi e
riacquistate il
vostro onore! Cosa rispondete?-
Nessuno disse nulla, tranne
Gimli che
cercò d'incitare gli spiriti:
-Sprechi tempo Aragorn. Non
avevano
onore da vivi e non lo hanno ora che sono morti.-
-Beh, in un certo senso non
sono
morti...- pensò Aranel ad alta voce.
-No, non lo siamo del
tutto. Non
possiamo raggiungere la pace eterna per la maledizione!-
tuonò lo
spirito.
-Io sono l'erede di
Isildur. Combattete
per me e io riterrò rispettato il vostro giuramento. Cosa
rispondete?-
Di nuovo una risata
malvagia riecheggiò
nello spazio e l'esercitò sparì tra le rocce. La
terra cominciò a
tremare e grossi pezzi di roccia si staccarono dalle pareti
cominciando a sputare fuori scheletri di crani.
-Aragorn! Mi sa che non si
sono
divertiti!- urlò Adanedhel mentre tentava di non scivolare a
terra.
Uscirono dalla montagna
seguiti da una
nube di fumo e videro delle navi con vele nere attraversare l'Anduin.
Aragorn cadde in ginocchio e il suo sguardo si perse e
cominciò a
brillare di lacrime amare.
Aranel gli andò vicino e gli pose una
mano sulla spalla sussurrandogli all'orecchio:
-C'è ancora una
speranza.-
Dietro di loro
spuntò come la prima
volta il Re dei morti che disse loro di accettare di aiutarli.
Osgiliath venne attaccata nella notte e
Boromir pregò il padre di mandare lui e i suoi uomini in
aiuto di
suo fratello, ma Denethor non volle e disse che Faramir doveva
farcela da solo.
Ripiegarono su Minas Tirith e la
vecchia capitale di Gondor venne assediata e conquistata dalla feccia
orchesca; pochi uomini tornarono e lo fecero con il morale a terra e
l'orgoglio spezzato dalle schiere di Sauron.
Boromir riabbracciò il fratello e
giurò che non l'avrebbe mai più lasciato solo e
sarebbe andato
contro gli ordini del padre per il suo bene.
-Tu sei più
importante.- gli disse.
Denethor era nel salone
principale e
stava pranzando da solo circondato dalle guardie, quando Boromir e
Faramir entrarono.
-Ho saputo, con profondo
rammarico, che
Osgiliath è stata presa.- disse il Sovrintendente.
-Erano in troppi, non
potevamo fare
altrimenti.- rispose Faramir.
-E così ti
arrendi? Boromir ha
riconquistato la città solo l'anno scorso e tu hai lasciato
che
Mordor se la riprendesse!- urlò battendo i pugni sul tavolo.
-Padre non poteva mettere a
rischio la
sua vita!- ribattè Boromir.
-Un soldato deve mettere a
rischio la
propria vita per il bene del Regno e del Re!- urlò ancora
Denethor.
-Ma voi non siete il Re!-
urlò più
forte Boromir.
Faramir appoggiò
una mano sulla spalla
di suo fratello per cercare di placare le grida. Gli occhi del
Sovrintendente si fecero bui e tristi, ma poi tutto si
trasformò in
rabbia e oscurità e dalle sue labbra uscirono parole come un
ringhio
feroce:
-Il Regno di Gondor
è mio! Di nessun
altro!-
A quel punto il maggiore
dei suoi figli
si voltò e se ne andò lasciando il padre da solo
con il fratello.
Dopo qualche minuto Faramir lo
raggiunse nel cortile di pietra e lo chiamò piano vedendolo
arrabbiato e ingobbito sul cornicione.
-Nostro padre ha perso il
senno! Prima
mi ha tolto lei, adesso, non curante che sei suo figlio, vuole
togliermi pure te!-
Faramir gli si
avvicinò e appoggiò
anche lui le mani sul cornicione; mentre sorrideva e guardava il
Pelennor sussurrò sincero:
-Va da lei. Cercala e se la
troverai
non lasciarla più andare via, non farlo fratello.-
Boromir guardò
Faramir e gli sorrise,
poi gli diede una pacca sulla spalla e andò nelle stalle,
prese il
cavallo ed uscì da Minas Tirith in direzione di Rohan, dove
aveva
lasciato la compagnia con Aranel. Da qualche parte doveva pur
cominciare.
-Dovete prepararvi mio
Signore.- disse
un soldato a Faramir ch'era rimasto fermo ad osservare il cielo.
Si destò dai
suoi pensieri ed entrò a
Palazzo per indossare la sua armatura.
Qualche ora più
tardi era a capo di
una fila di cavalieri che piano avanzavano per le vie della
città
sui loro destrieri che battevano gli zoccoli sulla dura e fredda
pietra. Il popolo vedeva partire i propri figli, fratelli, mariti e
nipoti per una guerra che avrebbero perso; andavano incontro al
suicidio per i capricci di un Sovrintendente vecchio e rimbambito e
mai come allora desideravano vedere il trono occupato da un Re.
Le fanciulle porgevano loro qualche
fiore e ne buttavano i petali in mezzo alla via; quando le porte di
Minas Tirith si aprirono, a Faramir scappò una lacrima e
l'azzurro
delle iridi brillò di una luce triste e piena di paura.
Guidò i suoi cavalieri verso
Osgiliath, ordinò di accelerare il passo e di caricare sulla
città
caduta, alzarono in aria le spade urlando di rabbia e gloria allo
stesso tempo...poi l'oscurità.
Intanto Boromir, che non conosceva
l'intento di Faramir e lo credeva al sicuro a Palazzo, era giunto
nell'Anorien e aveva incontrato le truppe di Rohan ch'erano in
partenza per aiutare gli alleati di Gondor.
Aveva direttamente raggiunto la tenda
di Theoden e quando l'aprì il Re lo guardò
stranito e gli chiese
cosa ci facesse li.
-Dov'è Aranel?
È qui con voi?- chiese
senza rispondere al Re.
-No, quella donna, Aragorn,
Adanedhel e
Gimli hanno lasciato l'accampamento in cerca di più aiuto.-
rispose
Theoden abbassando lo sguardo su una mappa e tornando alle sue
faccende.
Boromir uscì
dalla tenda e salì
nuovamente a cavallo, ma Eowyn gli si avvicinò prima che
potesse
partire e disse:
-Mio Signore Boromir, non
abbandonateci
anche voi. Non potete trovarla, ha percorso vie pericolose che noi
non possiamo percorrere.-
-Voi sapete
dov'è?- chiese l'uomo
voltandosi a guardarla.
Lei annuì e
continuò:
-Mio Signore non potete
andare da lei,
ma la rivedrete prima della fine.-
Boromir non potè
che ascoltare Eowyn e
attese che Rohan partisse per il suo Regno.
Minas Tirith aveva perso i
suoi
guerrieri più coraggiosi, solo Faramir tornò, ma
le sue condizioni
non erano per niente buone. Il suo cavallo l'aveva trascinato per il
Pelennor fino ad arrivare in città e i soldati lo presero e
lo
portarono sotto l'albero bianco. Denethor uscì dal palazzo
disperato
e fece chiamare Boromir, ma una delle guardie disse lui che suo
figlio non era a Minas Tirith e che aveva lasciato la città
il
giorno prima senza dire dove sarebbe andato.
Il Sovrintendente era disperato e aveva
lo sguardo perso, mentre truppe di Mordor marciavano dinnanzi alla
città di pietra suonando i loro corni e urlando nella loro
nera
lingua.
Il tempo degli uomini sembrava ormai giunto alla fine.
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Capitolo 16 *** Si compie il destino ***
Si
compie il destino
Erano riusciti a convincere
il Re dei
Morti ad aiutarli in cambio della libertà e finalmente negli
occhi
di Aragorn si potè vedere una luce di speranza, quella che
da tempo
l'aveva abbandonato.
Uccisero i pirati e salirono sulle navi
lasciandosi guidare dall'esercito di anime; durante il viaggio, che
fu piuttosto breve e silenzioso, Aranel si ritrovò a pensare
ai suoi
figli e a quel che stessero facendo in quel momento a Gran Burrone, o
chissà dove. Non era sicura che Arwen fosse rimasta nella
Terra di
Mezzo e non sapeva quale fosse stato il destino di Samuel e Shan se
la guerra si fosse conclusa nel peggiore dei modi, di certo se lei
fosse sopravvissuta li avrebbe riportati a Tamriel senza esitare e
avrebbe portato con se chiunque avesse voluto. Certo la sua terra non
era proprio il Paradiso essendo che invece dei Nazgûl
si sarebbero ritrovati a dover combattere contro i Draghi, ma Aranel
li avrebbe protetti tutti fino alla fine dei suoi giorni, se mai
fosse arrivata.
-Andrà
tutto bene.-
sussurrò Adanedhel avvicinandosi a sua sorella.
Lei
gli sorrise e poggiò
una mano sulla sua spalla scuotendola leggermente.
-Chissà
cosa pensano
mamma e papà di tutto questo.- pensò ad alta voce
lei guardando il
cielo.
-Sono
sicuramente fieri di
noi. Io sono fiero di te.- rispose Adanedhel accarezzando
delicatamente il volto di Aranel.
-E
io di te.- disse lei
appoggiando la mano sulla sua.
Solo
lei sapeva quanto
male le facesse guardare suo fratello, la somiglianza con Finrod era
tale da suscitare in lei il ricordo della sua morte, ma allo stesso
tempo le piaceva poter avere un ricordo di suo padre sempre con se.
Arrivarono al porto e
fecero il loro ingresso saltando giù dalla nave per primi e
stupendo
gli orchi che aspettavano i loro alleati.
Ma i loro volti si
contrassero in una smorfia di terrore quando videro avanzare
l'esercito dei Morti contro di loro. Nessuna perdita per Aranel,
Aragorn, Adanedhel, Legolas e Gimli.
Fu facile abbattere quei
mostri.
La compagnia di Theoden
intanto si era mossa ed era giunta nel Pelennor dove già il
nemico
aveva fatto il suo ingresso cominciando a distruggere Minas Tirith.
Gli orchi erano riusciti a penetrare nella città e avevano
ucciso i
suoi abitanti e i suoi soldati, ma quelli rimasti cercavano di
proteggere quel che rimaneva della loro gloriosa patria con le unghie
e con i denti.
Denethor era disperato,
Faramir versava in condizioni pessime e lui lo credeva morto, mentre
di Boromir sapeva solo che non sarebbe più tornato.
Fece portare suo figlio
nelle tombe dei suoi antenati e ordinò di portare legna,
olio e
fuoco.
Le armature dei Rohirrim
splendevano sotto i raggi del sole che riuscivano a penetrare la
fitta nube nera che ricopriva Gondor, lo stendardo di Rohan
svolazzava di qua e di la e il cavallo bianco sotto uno sfondo verde
pareva prendere vita.
Un'armatura diversa dalle
altre brillava in prima linea. Un albero bianco su un fondo argentato
faceva da Capitano ad un esercito non suo.
-Desti!
Desti cavalieri di
Theoden! Lance saranno scosse, scudi saranno frantumati, un giorno di
spade! Un giorno rosso prima che sorga il sole! Cavalcate ora!
Cavalcate ora! Cavalcate per la rovina e per la fine del mondo!
Morte!- urlò il Re Rohirrim.
Il
suono del loro corno
annunciò la carica.
-Avanti
Eorlingas!-
La
feccia orchesca nulla
potè dinnanzi alla forza bruta della cavalleria di Rohan e
furono
spezzati come rami secchi sotto gli zoccoli dei cavalli più
nobili
della Terra di Mezzo.
Tutto sembrava concluso,
la guerra pareva vinta così facilmente da non
crederci...infatti.
Dietro di loro la terra
tremava e il suono di un altro corno, uno di cui mai avevano udito le
note, si fece spazio nel trambusto della battaglia.
Schiere di Olifanti e
Haradrim marciavano sulla capitale del più vasto Regno degli
uomini
schiacciando i cavalieri di Rohan come mosche.
Ma il peggio doveva ancora
arrivare perchè in campo scese il Re Stregone di Angmar con
la sua
bestia alata.
Eomer uccise un Olifante
con l'aiuto dei suoi guerrieri e la fortuna gli tese la mano
poiché
la bestia cadendo, sbilanciò la sua compagna e insieme
caddero
rovinosamente a terra morti.
Un soldato che mai aveva
combattuto in una battaglia vide davanti a se una scena che mai si
sarebbe aspettato di vedere. La viverna del Re Stregone strinse tra
le fauci il destriero di Theoden e lo buttò per terra.
-Saziati
della sua carne.-
disse il Re Stregone.
Il
soldato però si
frappose e disse:
-Ti
ucciderò se osi
toccarlo!-
-Non
metterti tra il
Nazgûl e la sua preda!- ordinò il Re.
La
viverna cercò di
cibarsi del Re di Rohan, ma il soldato la decapitò senza
pensarci
due volte. Ecco che lo Spettro si alzò e camminò
verso di lui
brandendo spada e mazza ferrata.
Gli occhi del Rohirrim si
sgranarono a quella vista e la paura cercò di attanagliargli
il
cuore, ma potè farla vincere poiché c'era molto
in ballo: la
salvezza del suo Sovrano.
Si fece forza e resistette
finchè riuscì, ma il nemico era più
forte di lui e riuscì ad
avere la meglio. Lo prese per il collo e l'alzò dicendo:
-Sciocco,
nessun uomo può
uccidermi. Ora muori.-
Ma
proprio mentre la fine
sembrava ormai giunta, un pugnale s'infilzò nella schiena
del Re
Stregone facendolo cadere in ginocchio e facendolo gemere di dolore.
Il soldato riprese
l'equilibrio e si levò l'elmo. Una lunga e bionda chioma si
librò
in aria e cominciò a danzare con il vento; i sottili
lineamenti di
una donna del Mark brillarono alla luce del sole. Eowyn aveva salvato
il suo Re.
-Io
non sono un uomo!-
disse prima di affondare la lama nel viso del Nazgûl.
Questo
si contorse e di
lui non rimase altro che la sua veste nera.
Eowyn s'inginocchiò di
fianco a Theoden e ne alzò leggermente la testa tenendo una
mano
dietro la sua nuca.
Il Re respirava a fatica e
del sangue defluiva dalle sue labbra; gli occhi della donna
s'inumidirono e lasciarono scappare delle calde e tristi lacrime che
le rigarono il volto. Lei accarezzava il volto di suo Zio mentre
intorno il nemico moriva sotto le spade dell'esercito dei Morti.
-Riconosco
il tuo
viso...Eowyn.- sussurrò Theoden facendola sorridere
amaramente.
-La
vista mi si oscura...-
continuò piano.
-No...no,
vedrai ti
salverò...- rispose lei continuando ad accarezzarlo.
-Lo
hai già fatto- disse
lui mentre un lieve singhiozzo usciva dalle labbra della donna
-Eowyn, il mio corpo è spezzato, devi lasciarmi andare.-
-No...-
sussurrò
debolmente lei.
-Vado
dai miei padri,
della cui gloriosa compagnia ora non dovrò più
vergognarmi.-
Lei
lo guardava come se
intorno a loro niente stesse succedendo e i suoi occhi erano
arrossati e tristi come mai lo erano stati.
Gli occhi del Re
sembrarono guardare il vuoto.
-Eowyn...-
sussurrò prima
che i suoi occhi si velassero e la sua anima abbandonasse il corpo.
In
futuro Eowyn non seppe
raccontare quanto tempo stette a piangere sul petto di suo Zio.
Chi aveva veduto tutta la
scena senza dir nulla fu Aranel che si bloccò alla vista di
quell'immagine che tanto le ricordava il suo passato.
I capelli corvini facevano
deboli movimenti mossi dal vento, la mano destra impugnava Frangialba
piena di sangue e la sua stessa pelle aveva assunto a tratti il
colore cremisi. L'ambra delle sue iridi splendeva e le labbra erano
serrate in un triste silenzio pieno di ricordi amari che le
ricordavano ogni giorno cos'aveva causato.
Vedeva il corpo senza vita
di Theoden e nella mente le tornava il ricordo dell'ultimo sguardo di
Finrod, quegli occhi che si spegnevano e un lieve sorriso sulle
labbra di chi sa di aver compiuto una buona azione verso una persona
amata.
Un urlo rotto dalle
lacrime riecheggiò nella sua memoria.
Tutto ciò che poteva
vedere voltandosi era morte e distruzione provocata da chi le aveva
dato la vita e questo le fece ancora più male.
Mentre gli ultimi nemici
venivano uccisi, alzò lo sguardo e vide un cavaliere
scendere da
cavallo e avvicinarsi a lei con l'elmo in mano e gli occhi di chi sa
di aver sbagliato.
Boromir camminava deciso
verso Aranel e quando le fu abbastanza vicino le disse solo:
-Mi
dispiace. Non era lei
la mia scelta, non lo è mai stata.-
-Ormai
è tardi Boromir.-
rispose lei voltandosi per andarsene.
Lui
però non la lasciò
andare e le prese la mano delicatamente, senza strattonarla o
stringerla troppo. Aveva il viso abbassato e rigato dalle lacrime.
Aranel non seppe il motivo
di quella sua scelta, non seppe perchè il suo cuore le disse
di
farlo, eppure lo fece e mai se ne pentì.
Intrecciò le dita con le
sue e poi voltandosi nuovamente verso di lui, le fece scivolare via
dalla sua stretta e circondò il collo di Boromir con le
braccia
cominciando a baciarlo con passione.
Lui la strinse a se e
sorrise, fece un giro su se stesso tenendola tra le braccia.
La guerra dei campi del
Pelennor così si concluse, con la vittoria degli uomini e
degli
amici della Luce.
Boromir riabbracciò il
fratello nelle case di cura e seppe da lui che il loro padre aveva
cercato di dar fuoco a se stesso e a lui credendolo morto, ma che
alla fine aveva raggiunto la pace interiore da solo. Pianse in
solitudine Boromir per la perdita di suo padre e Aranel
cercò in
quei giorni di stargli vicino strappandogli un sorriso ogni tanto.
Il Dovahkiin però sentiva
il bisogno di avvicinarsi a Eowyn che aveva trattato male
più volte
in passato, ma che ora vedeva sola e indifesa.
Un giorno entrò nella sua
stanza e la vide fissare il cielo da una finestra.
-Mia
Signora.- disse
aprendo piano la porta.
Lei
si voltò lentamente e
non disse nulla voltandosi nuovamente a guardare l'orizzonte.
-Avete
avuto coraggio.-
disse Aranel entrando nella stanza.
Non
sembravano tanto
diverse in quel momento: entrambe bellissime, fragili e vestite di
abiti regali, ma soprattutto vulnerabili.
-Coraggio?-
chiese Eowyn
debolmente -Non sono riuscita a salvarlo.-
Aranel
abbassò il volto e
rispose solo:
-Neanche
io.-
Rimasero
così, una dietro
l'altra a fissare i campi di Gondor che venivano bagnati da una
leggera pioggia. Finchè la Principessa di Rohan non
sussurrò un
sentito “grazie”.
Si
era deciso infine di
dare una speranza a Frodo cercando di attirare l'attenzione di Sauron
al Nero Cancello.
-Aranel,
avremo bisogno
del tuo aiuto.- disse Gandalf.
La
donna incrociò le
braccia al petto come se d'un tratto sentisse freddo e
sospirò.
-Lo
so.- rispose soltanto.
Tutto
era pronto e il
mattino seguente sarebbero partiti per Mordor, incontro alla
libertà
o alla morte.
Ma la notte non poteva
passare solitaria e silenziosa in quella città meravigliosa.
Così Aranel e Boromir si
ritrovarono nella stessa stanza ad amarsi più volte e a
legare i
loro cuori e le loro anime come fossero chiome da intrecciare. Tutto
sembrava così pieno e così facile che non pareva
che stessero per
partire in guerra.
Erano rimasti abbracciati
l'uno al fianco dall'altra e si guardavano come se non avessero mai
visto nulla di simile prima d'allora.
Aranel passava le dita sul
suo petto mentre lui la stringeva a se posando una mano sulla sua
schiena; l'unica cosa che in quel momento rompeva il silenzio era il
loro respiro, ma dopo qualche minuto Boromir cominciò a
parlare
piano:
-Non
saprei vivere senza
di te, ho imparato a farlo dal momento in cui ti ho vista. Il mio
cuore assapora il dolce calore dell'amore ogni volta che ti ho tra le
braccia.
Non voglio passare più di
un'ora senza di te quindi... Aranel, se vincessimo questa guerra e
finalmente fossimo liberi dall'ombra, diventeresti mia moglie? Te lo
chiedo ancora perchè non voglio correre il rischio che te lo
sia
dimenticato.-
Aranel
sorrise e rispose
con un lungo e tenero bacio.
I loro occhi avrebbero
visto ancora il sangue e le loro orecchie avrebbero udito le urla dei
loro compagni e i gemiti della morte, ma avevano un motivo in
più
per dover lottare e rimanere in vita.
Il giorno dopo vennero
svegliati dai servitori che li trovarono abbracciati sotto le
lenzuola.
Boromir indossò la sua
armatura e lei cominciò a vestirsi con ciò che
aveva, quando
Gandalf bussò alla loro porta ed entrò con una
corazza dorata.
-Gandalf..-
sussurrò lei
avvicinandosi.
-Questa
l'ho fatta fare
per te. Riconosci il simbolo inciso nell'oro?- chiese lui indicando
un intreccio di foglie e fiori.
-Nargothrond.-
disse
soltanto scavando nei ricordi.
Aveva
visto quel simbolo
disegnato su grandi arazzi nella sala del trono di Finrod quand'era
piccola.
Indossò l'armatura e si
guardò fiera allo specchio, e quando ritrovò il
fratello davanti al
portone d'ingresso della città, lui l'abbracciò e
quasi si commosse
a vedere lo stemma della loro casata.
Mossero i loro passi lungo
il Pelennor, attraversarono Osgiliath e arrivarono dinnanzi al Nero
Cancello.
-Ci
siamo.- disse Aranel
guardando il cielo.
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Capitolo 17 *** La pioggia lava via solo il sangue ***
La
pioggia lava via solo il sangue
Aranel era agitata, un po'
tutti lo
erano compreso il neo Re di Gondor e Arnor che cavalcava in prima
linea insieme a lei e agli altri compagni. Più volte si
guardarono
in cerca di una qualsiasi speranza, ma negli occhi si mescolava la
paura al colore delle iridi di ognuno ed era difficile mantenere un
respiro sereno e regolare.
Boromir e il Dovahkiin cercavano di
marciare il più vicino possibile perchè il
terrore di perdersi di
vista era troppo grande da poter nascondere o mettere via in un
angolino del proprio cuore.
Avanzarono davanti al cancello della
terra di Mordor e Aragorn urlò:
-Che il Signore della terra
Nera venga
avanti! Che giustizia sia fatta su di lui!-
Il silenzio che ne
seguì sembrava
l'attesa della fine, l'ultimo respiro prima del fuoco e della
distruzione. Piano e scricchiolando la nera porta si aprì e
ne uscì
una creatura a cavallo che mise i brividi ad Aranel.
Del Signore di Mordor si poteva vedere
solo la bocca e una fila di denti marci che sembravano addirittura
intrisi di sangue, il resto era velato da un elmo d'acciaio e un
pesante mantello nero.
-Il mio padrone Sauron il
grande vi
porge il benvenuto.- disse lui prima di sorridere in modo falso e
inquietante.
Il viso di Aragorn quasi si
contorse in
una smorfia schifata e pure Aranel arricciò il naso facendo
sorridere Boromir e Adanedhel.
Il mostro, resosi conto di non aver
fatto esattamente una bella impressione, continuò chiedendo:
-Vi è qualcuno
in questa folla con
l'autorità di trattare con me?-
Fu Gandalf a rispondere con
voce seria
e decisa:
-Noi non veniamo per
trattare con
Sauron, infedele e maledetto! Di questo al tuo padrone: le armate di
Mordor devono disperdersi, egli deve lasciare questa terra e non
farvi più ritorno!-
Il mostro sembrò
divertito e rispose:
-Vecchio barbagrigia...ho
un pegno che
mi è stato ordinato di mostrarvi.-
Dal suo mantello
tirò fuori camicia di
Mithril di Frodo e tutti rimasero con il fiato sospeso; dagli occhi
di Gandalf una luce cominciò a brillare e Aranel
capì che erano le
sue lacrime.
-Frodo...-
sussurrò Pipino che
cavalcava con lo Stregone e un'altra volta ancora disse il suo nome.
-No...- disse Merry che
invece stava
sulla sella di Eomer.
-Silenzio!- urlò
Gandalf zittendo
entrambi.
La creatura gli
lanciò la camicia
dell'Hobbit e continuò a parlare.
-Il Mezz'uomo era caro a
voi vedo.
Sappiate che ha sofferto grandemente per mano di chi l'ha ospitato.-
La rabbia
cominciò a ribollire in
tutti loro e Aranel strinse le mani attorno alle briglie del suo
cavallo, mentre lo sguardo di Gandalf si fece ancora più
triste e
abbassò il capo guardando il bianco Mithril, come per
cercare nella
sua mente un vecchio ricordo.
-Chi avrebbe detto che un
essere così
piccolo potesse sopportare tanto dolore. E lo ha fatto Gandalf, lo ha
fatto.-
Aragorn avanzò
lentamente scuro in
volto verso il servo di Sauron che continuò a parlare
voltandosi a
guardarlo:
-E chi è costui?
L'erede di Isildur.
Per fare un Re non basta una lama Elfica spezzata!-
Fu così che
l'espressione di Aragorn
mutò in un istante e dal sua fianco sfoderò
Anduril la cui lama
splendette sotto i deboli raggi di luce e tagliò di netto la
testa
dell'essere spregevole.
Aranel sgranò gli occhi, ma Aragorn
non diede loro il tempo per pensare al perchè di un gesto
simile
anche se in cuor loro lo avrebbero fatto molto prima.
-Io non ci credo! Non ci
crederò.-
disse il Re.
Il cancello si
aprì nuovamente e molti
nemici a piedi cominciarono a marciare su di loro. I cavalieri
tornarono indietro e si posizionarono in prima linea.
Il loro cuore cominciò a martellargli
nel petto e il respiro si fece affannoso, ma nei loro occhi si poteva
vedere la libertà correre in un sogno che chiamavano
speranza.
Aragorn cominciò a muoversi da una
parte all'altra del suo esercito e iniziò a parlare:
-Restate fermi! Restate
fermi. Figli di
Gondor, di Rohan, fratelli miei!- si fermò e
continuò – Vedo nei
vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore! Ci
sarà un giorno in cui il coraggio degli uomini
cederà in cui
abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ma
non è questo il giorno! Ci sarà l'ora dei lupi e
degli scudi
frantumati quando l'era degli uomini arriverà al crollo, ma
non è
questo il giorno! Quest'oggi combattiamo! Per tutto ciò che
ritenete
caro su questa bella terra, vi invito a resistere! Uomini
dell'Ovest!-
Tutti sguainarono le loro
spade e
sembrò che anche lo spirito di ogni fratello, padre, figlio
fosse
uscito dalle loro lame e stesse gridando gridando contro il vento di
Mordor.
Scesero da cavallo e il Dovahkiin
guardò Boromir che quasi si era commosso al discorso del suo
nuovo
Re, ma che ora era pronto a combattere e indossò l'elmo.
-Ti amo...-
sussurrò lei.
-Anche io.- rispose lui.
Tutto era fermo, i due
eserciti
immobili come se tra loro vi fosse un burrone e un fiume in piena che
scorreva nel mezzo, ma una voce si levò nell'aria ed
arrivò alle
orecchie di Aranel che abbassò la spada e gli occhi le si
velarono.
Piano camminò in avanti mentre tutti i suoi compagni la
guardavano
straniti e Gandalf capì che era un incantesimo.
Davanti allo sguardo vuoto del
Dovahkiin apparse la figura di Sauron come lo aveva conosciuto lei:
bello e terribile allo stesso momento.
“Mia
figlia viene a combattermi.
Sono molto deluso dal tuo comportamento Aranel, Stella del
Re.”
-Mankoi naa lle sinome?-
“perchè sei
qui?” gli chiese lei con la voce rotta dalle lacrime.
Lui le ricordava troppe
cose brutte,
troppo dolore patito inutilmente.
“Parli
la lingua degli Elfi, ma
sai bene che non sei figlia loro, non sei figlia sua. Non combattere
tuo padre Aranel, il tuo vero padre.”
Chiuse gli occhi e le
guance si
bagnarono ancora e bruciarono.
-Mankoi lle uma tanya?-
“perchè lo
hai fatto?” chiese ancora.
“Perchè
ho fatto cosa?”
Le iridi di Aranel
sembrarono prendere
fuoco e alzò la spada puntandola al collo di Sauron, poi gli
urlò:
-Perchè hai
ucciso i miei genitori!?-
Lui rise e le fece
abbassare la lama
senza nemmeno toccarla.
-Sereg'wethrin.-
“assassino”
sussurrò ancora cercando di tenere levata la spada.
“Ha
rubato la mia donna. Ha rubato
mia figlia.”
Ma proprio mentre Aranel
stava per
ribattere e attaccarlo, Gandalf fece un delicato gesto con la mano e
i suoi occhi presero il loro colore naturale facendo scomparire il
velo scuro e la figura di Sauron.
Così il Dovahkiin si girò a guardarli
tutti e lo Stregone le sorrise.
-Per Frodo e Sam.- disse
prima di
cominciare a correre incontro al nemico.
Gli eserciti si fusero e la
terra si
bagnò di rosso mentre il cielo si scuriva e le nuvole
prendevano
forme di terrore.
Aranel combatteva senza sosta, gli
Orchi cadevano sotto la sua lama e Frangialba brillava come mai prima
d'allora, ma il suo braccio cominciava a stancarsi. Il nemico non le
dava riposo, abbassare l'arma voleva dire farsi uccidere in un
secondo, ma non solo la battaglia la faceva stancare: l'occhio di
Sauron era costantemente posato su di lei e pareva pesare come un
enorme macigno sulle spalle.
Anche se la loro guida era morta, i
Nazgul presero a volare sulle lor teste e a mietere vittime, ma i
Popoli liberi non erano soli e presto in loro aiuto arrivarono le
Aquile.
Erano splendide e maestose, tutto parve
fermarsi e brillare al loro arrivo, ma tanto erano belle quanto
letali e nessuna bestia alata colpì più i
Gondoriani e i Rohirrim.
Le forze oscure erano troppe e la
speranza degli uomini era tutta su Frodo e Sam.
Ma il peggio doveva ancora giungere
poiché mentre Aranel combatteva vide Adanedhel venir colpito
al
fianco e poi al cuore.
L'Orco che l'aveva trafitto mirava ora
alla sua testa, ma Aranel gli gridò contro il Fus Ro Dah e
il nemico
insieme a molti dei suoi compagni, volarono a molti metri di distanza
da suo fratello.
Si fece largo tra la folla e raggiunse
Adanedhel che respirava a fatica ed era sdraiato sulla terra bagnata
dal suo sangue.
S'inginocchiò e lo prese tra le
braccia cominciando ad accarezzarne il volto mentre calde lacrime
colme di dolore le rigavano le guance.
-Adanedhel guardami!
Guardami! Resta
con me!-
Tutt'intorno la guerra
compiva le sue
stragi, ma il nemico si bloccò, nessuno più
colpì l'avversario e
tutti si voltarono a guardare oltre il cancello nero: la torre di
Barad Dur si sgretolava come fosse sabbia e l'occhio di Sauron pareva
in procinto di esplodere. Un'onda d'urto si levò nella valle
e una
forte raffica di vento costrinse tutti a toccare terra con le
ginocchia.
Tutto si spezzò, il nero cancello
cadde in una voragine e con esso gran parte dell'esercito del Signore
Oscuro. I Popoli Liberi esultarono e finalmente il fato della Terra
di Mezzo era deciso.
-Guarda Adanedhel, abbiamo
vinto!
Sauron è morto, mamma e papà sono stati
vendicati.- disse Aranel
mentre accarezzava la chioma dorata del fratello.
-Aranel, li
incontrerò presto e gli
racconterò di quanto sei forte e speciale.- rispose lui con
la voce
roca e rotta dai respiri affannosi.
-No, vedrai che
riuscirò a salvarti,
ti porterò con me a Tamriel e conoscerai i tuoi nipoti.
Staremo
insieme tutta la vita e potremmo ricordare mamma e papà. Mi
racconterai di loro e di come ti volevano bene e...-
-Aranel- la interruppe lui
alzando una
mano per poterle accarezzare il viso e asciugarle le lacrime -il mio
cuore è reciso, non batterà più in
questa vita, ma sappi che sono
felice di averti ritrovata.-
Il Dovahkiin
cominciò a singhiozzare e
strinse la mano del fratello portandosela sul petto.
-Aranel, stella del Re,
Principessa del
Nargothrond, sorella mia...-
Adanedhel smise di
respirare e il capo
si voltò d'un lato, mentre Aragorn, Boromir, Legolas e Gimli
si
avvicinavano a loro con il volto triste e gli occhi rossi.
Aranel scoppiò in un pianto disperato
e appoggiò la testa al petto di suo fratello come a cercare
di
sentir battere il suo cuore, ma nessun suono arrivò alle sue
orecchie, se non quello della pioggia che cominciò a battere
sulle
loro corazze come a voler lavare via il sangue.
-Adanedhel...fratello
mio...-
sussurrava tra un singhiozzo e l'altro.
Boromir le si
avvicinò e l'abbracciò
forte a se, in un attimo i singhiozzi di Aranel si trasformarono in
urla strazianti. Fu come sentire la terra cedere sotto i propri piedi
e come vedere una città spazzata via da un grosso uragano di
fuoco.
I singhiozzi del Dovahkiin diventarono
poco a poco più silenziosi fino a scomparire e Boromir
sentì la
donna cedere e perdere la rigidità dei muscoli fino ad
afflosciarsi
tra le sue braccia.
Tutti s'inginocchiarono attorno a loro
e preoccupati aiutarono l'uomo di Gondor a portare la donna a Minas
Tirith.
Solo quando giunse Gandalf scoprirono
il motivo del suo svenimento.
-Ben ritrovata Principessa,
avete
dormito per molto tempo.- disse lo Stregone mentre faceva uscire una
nuvoletta di fumo dalla bocca.
Aranel aprì
lentamente gli occhi e la
luce che penetrava dalla finestra le irritò la pupilla
facendone
diminuire il diametro.
-Gandalf...-
sussurrò strofinandosi
gli occhi -dove sono?-
Lo stregone le
appoggiò una mano sulla
spalla e rispose:
-Sei al sicuro. Siamo a
Minas Tirith e
tutti attendono il tuo risveglio, ma prima di dar loro la lieta
notizia, dobbiamo parlare.-
Lei si mise a sedere
appoggiando la
schiena alla testiera del letto.
-Adanedhel è
morto.- disse mentre una
lacrima le rigava il viso.
-Lo so.- rispose Gandalf
portandosi la
pipa alla bocca -Si stanno prendendo cura di lui, tua Zia vuole che
lo seppelliscano nel suo Regno.-
-Forse anche lui l'avrebbe
voluto.-
sussurrò lei asciugandosi la guancia.
-Aranel, c'è una
cosa importante che
devo dirti.- disse Gandalf facendola voltare verso di lui.
-Ti ascolto.- rispose lei.
-Hai perso la tua
immortalità.- disse
secco lui senza girarci troppo attorno.
Sul viso del Dovahkiin si
dipinse un
sorriso carico di gioia, tutt'altra reazione si aspettava il Mago che
di tutta risposta si mise a ridere.
-Ti vedo contenta della
notizia!-
-Sai cosa vuol dire
Gandalf? Non dovrò
più veder morire i miei cari e vivere per
l'eternità solo con i
loro ricordi. Morirò prima dei miei figli, morirò
come tutti i
Sangue di Drago.-
Gandalf si alzò
e camminò verso la
porta, ma prima di aprirla disse:
-Grazie Aranel, grazie per
aver aiutato
il tuo mondo a togliersi le catene. Grazie per aver sacrificato tanto
per noi. Namaarie.-
-Namaarie.- rispose lei
sorridendo.
Non appena Gandalf
aprì la porta,
subito Boromir s'intrufolò nella stanza e corse incontro
alla sua
amata stringendola in un abbraccio pieno d'amore e baciandola come se
avesse mai più potuto farlo.
-Boromir! Così
mi soffochi!- si
lamentò ironicamente lei.
Lui rise e le
accarezzò il viso.
-Finalmente è
tutto finito.-
-Non ancora.-
La luce tenue di un sole
per metà
coperto dalle nubi, filtrava tra le chiome degli alberi del Bosco di
Lòrien e cercava d'illuminare il cammino del popolo di
Celeborn e
Galadriel che marciava verso una piccola torre di pietra e cristalli
di vari colori, recintata da un cancello bianco ricoperto di edera e
rose rosse.
Sei Elfi vestiti regalmente portavano
in spalla il corpo di Adanedhel che pareva dormire tanto era
rilassato.
Venne portato dentro quella torre e
poggiato su un freddo letto di pietra marmorea decorata in oro e con
una scritta in argento che recitava:
Qui
giace Adanedhel, figlio di Finrod
Principe
del Nargothrond e
fiero
Noldo.
“Qui
giace Adanedhel, figlio di Finrod, Principe del Nargothrond e fiero
Noldo.”
Aranel
entrò, vestita di nero con un velo dello stesso colore a
coprirle il
viso pallido e carico di dolore.
Gli
posò una rosa senza spine sul ventre e posò un
piccolo bacio sulla
sua guancia sussurrandogli:
-Namaarie
Adanedhel. Porta questo bacio a mamma e papà.-
Angolo
autrice:
Si lo so, non scrivo da tanto,
ma ho avuto molto da fare! Comunque non sapete quanto sia stato
difficile uccidere Adanedhel, non volevo all'inizio, ma dovevo rendere
la storia un po' drammatica! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto
:)
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Capitolo 18 *** E il senza Corona di nuovo Re sarà ***
E il
senza Corona di nuovo Re sarà
Passarono
alcuni giorni a Lòrien in cui Boromir si fece dare consigli
sugli
Elfi nell'arte della spada, mentre Galadriel ed Aranel portavano
fiori freschi alla tomba di Adanedhel ogni mattina. Il dolore era
forte, adesso la Principessa del Nargothrond si sentiva sola e
abbandonata dalla sua famiglia, anche se sua zia le ricordava sempre
che non era così, che c'erano lei e Celeborn ad amarla come
una
figlia.
I suoi
bambini le mancavano terribilmente ed era preoccupata per loro anche
se li sapeva sani e al sicuro; non li vedeva da un anno, le mancavano
i riccioli dorati di sua figlia e gli occhioni blu di Samuel.
Il
giorno della loro partenza arrivò, dovevano raggiungere
Minas Tirith
per l'incoronazione di Aragorn e Celeborn doveva incontrare Re
Thranduil nel suo Regno.
Tutti
gli Elfi di Lòrien si erano radunati attorno alla Dama dei
Galadrim
e al loro Re, i bagagli erano stati caricati su un carro trainato da
quattro cavalli che li avrebbe portati a destinazione.
Galadriel
strinse delicatamente le mani di Aranel tra le sue, le sorrise e
cominciò a parlare:
-Namaarie
Aranel, aa'lasser en lle coia orn n'omenta gurtha, aa' menle nauva
calen ar'ta hwesta e' ale'quenle.-
Un
abbraccio pieno di amore e ricordi che sapevano di Primavera, di un
campo immenso nascosto dagli alberi, di spensieratezza infantile.
-Naamarie
Galadriel.- sussurrò tra le lacrime.
Partirono
con il cuore pesante e gli occhi bagnati; Aranel non sapeva cosa
sarebbe accaduto di li in avanti, non sapeva se sarebbe rimasta nella
Terra di Mezzo o se sarebbe ritornata a Tamriel. Boromir non fece che
coccolarla per tutto il tempo e la fece sorridere svariate volte
cercando di cancellare quel velo di tristezza che ormai aveva preso
posto fisso sul suo viso.
Pensò a
Faramir e a quanto gli avrebbe fatto male vederlo morire fra le
proprie braccia e il solo pensiero di non poter più sentire
la sua
voce o di ricevere una pacca sulle spalle, gli metteva i brividi.
Dopo
parecchi giorni di viaggio giunsero ai piedi di Minas Tirith che
dalle voci e le risate si poteva capire che fosse in festa.
Vennero
accolti come fossero un Re e una Regina, tutti s'inchinarono al loro
passaggio, persino Gandalf fece un breve inchino per poi sorridere
divertito e far dipingere la stessa incurvatura delle labbra sul viso
del Dovahkiin.
Il 1
Maggio del 3019, Aragorn venne incoronato Re sulla terrazza della
capitale di Gondor e tutti i suoi sudditi urlarono di gioia quando lo
Stregone poggiò sul suo capo la Corona.
-Questo
giorno non appartiene ad un uomo solo, ma a tutti! Insieme
ricostruiremo questo mondo da poter condividere nei giorni di pace!-
Alle
parole del Re seguì un canto che fece piangere il cielo di
petali
colorati:
-Et
earello endorenna utulien. Sinome maruvan ar Hildinyar tenn'
ambar-metta.-
Tutto
ciò che era oscuro, tutto ciò che era avvolto
dall'ombra e dalla
crudeltà, parve scomparire. Una leggera brezza
allontanò i cattivi
pensieri e perfino Aranel sentì che la tristezza che aveva
nel
cuore, ora galoppava lontano da lei e forse non sarebbe più
tornata.
La
consapevolezza di essere diventata mortale le pareva un miracolo dei
Valar, un dono da parte loro per i servigi offerti nella loro Terra.
-Cadrà
l'inverno anche sopra il suo viso...- sussurrò sorridendo
appena,
con gli occhi chiusi a sognare la sua nuova, vera vita.
Aragorn
avanzò ad incontrare un corteo Elfico che gli si stava
avvicinando e
Aranel riconobbe Legolas e fece un cenno con la mano per salutarlo,
regalandogli il migliore dei suoi sorrisi.
Ma le
sorprese non erano finite, perchè da dietro uno stendardo
che piano
si muoveva nel vento, fece capolino il viso di Arwen e gli occhi del
neo Re di Gondor e Arnor brillarono di luce propria.
Aranel
cominciò a tremare e a cercare con gli occhi due gemme
preziose e
bellissime che aveva affidato alle cure dell'Elfa che ora stringeva e
baciava il suo amato.
Aranel
si sporse un po' di più e riconobbe Sire Elrond che la stava
osservando divertito; allungò un braccio di lato e
guardò in basso.
Il
Dovahkiin capì che vicino a lui c'erano dei bambini, i suoi
diamanti
perfetti; Samuel e Shan cominciarono a correre nella sua direzione,
lei cadde in ginocchio e li aspettò a braccia aperte.
Quando
furono abbastanza vicini si tuffarono tra le sue braccia e Aranel li
strinse forte cominciando a singhiozzare.
Anche
Boromir s'inginocchiò e quell'abbraccio racchiuse tutto
l'amore
possibile e immaginabile, un legame forte più della morte
che
avrebbe portato la felicità nelle loro vite, per sempre.
I suoi
bambini erano cresciuti ed erano stati vestiti come nobili Elfi: Shan
portava un vestitino con un breve strascico, tutto blu e decorato in
argento; i suoi capelli erano cresciuti tanto e ora le arrivavano a
metà schiena. Samuel portava un completo celeste e i capelli
scuri e
ondulati gli toccavano le spalle.
-Come
siete cresciuti!- disse mentre accarezzava i loro volti e li
stringeva nuovamente a se.
Arrivarono
i festeggiamenti e la città brillava di una gioia intensa
che non si
vedeva più da anni. Il Re sedeva di nuovo sul suo trono e
non vi
erano ansie, paure o terrore nel cuore del popolo e in quello dei
soldati, tutto il male era scomparso e il tempo sarebbe trascorso in
pace e serenità.
Nel
cortile di pietra, vicino all'Albero Bianco, sedevano Boromir e
Aranel con le mani unite e le dita intrecciate, con gli occhi fissi
gli uni sugli altri e un sorriso sui loro volti che scaldava il
cuore.
-Verrò
con te Aranel, amerò Tamriel come amo Arda e ti
starò accanto fino
alla fine dei tempi.- disse lui sussurrando le parole in modo dolce e
sicuro.
-Non ci
sarà gioia o dolore che non affronteremo insieme, non ci
sarà
difficoltà che non supereremo uniti.- rispose lei prima di
posargli
un bacio sulle labbra.
Una luce
forte e intensa si fece largo nella sua mente e tutto svanì,
tutto
ciò che aveva visto, la storia che si era evoluta nel sonno,
ogni
cosa, era scomparsa con il giungere dell'Alba.
Il
presente l'aveva chiamato a gran voce con il canto di un gallo e
l'aria fresca di una giornata d'autunno e non aveva fatto attendere
il nuovo giorno a lungo. Aveva aperto gli occhi e aveva raggiunto la
tinozza d'acqua specchiandosi nel liquido fresco e trasparente: ogni
giorno si vedeva cambiato e i segni delle continue lotte sbucavano
dal nulla e senza che se ne fosse accorto, aveva raggiunto
l'età di
trentacinque anni e l'aveva fatto menando fendenti.
I
capelli biondo scuro cadevano ondulati a coprirgli appena il collo e
gli occhi azzurri come il cielo d'estate spiccavano in un viso severo
e rude, ma bellissimo al tempo stesso. Molti gli dicevano che
somigliava a suo padre, altri che il fascino l'aveva ereditato da sua
madre, la stessa a cui aveva “rubato” il dannato
dono di
assorbire le anime dei Draghi.
Si
guardò intorno e vide libri, vestiti e piatti sparsi in
tutta la
casa; da quando anche sua sorella Shan era partita per la Terra di
Mezzo, tenere pulito e in ordine il Salone Heljarchen non era cosa
facile, inoltre suo fratello Faramir era andato a studiare
nell'Accademia di Winterhold e questo rendeva le cose ancora
più
difficili.
“Ti
mancherò Adanedhel, lo sai!” aveva detto prima di
partire e le sue
parole non potevano essere più vere di così.
Così il
Dovahkiin si trovò solo per le vie di Skyrim, intento a
sconfiggere
il male che teneva imprigionata la Regione nel terrore.
Non si
recò a Whiterun quel mattino, i suoi passi cambiarono
direzione
quando vide l'incisione su un cartello che indicava Riverwood.
Attraverso
il piccolo villaggio e a passo lento si avvicinò alle tre
lapidi che
costeggiavano la via. S'inginocchiò e accarezzò
il marmo di ognuna
di esse per poi portarsi la mano sulle labbra come a voler lasciare
un bacio sulla guancia di cloro che erano morti e che lui in vita
aveva amato.
La prima
lapide era quella di Lidia che non aveva mai conosciuto, ma sapeva
che quando era viva aveva aiutato sua madre a difendere Tamriel.
La
seconda recitava una scritta:
“Qui
giace Aranel, figlia di Finrod,
Principessa
del Nargothrond,
Thane
di Whiterun e protettrice
di
Skyrim.
Possa
il Sangue di Drago
riposare
con gli Dei.
Rotta
la tenebra la leggenda è forte
perchè
il Sangue di Drago non teme la morte”
“Rotta
la tenebra la leggenda è forte
perchè
il Sangue di Drago non teme la morte”
Mentre
la terza portava ancora più tristezza nel cuore di
Adanedhel, perchè
era stato lui ad insegnargli a combattere, a prendere vite e a
lasciarle quando ce n'era bisogno.
“Qui
giace Boromir, figlio di Denethor,
Capitano
di Gondor.
Che
la sua anima trovi riposo
oltre la morte.
Tornate
a casa, la terra vi attende
non
morte e ghiaccio, ma il sole vi aspetta.”
“Tornate
a casa, la terra vi attende
non
morte e ghiaccio, ma il sole vi aspetta.”
E
così la pace perdurò nel mondo di Eru Iluvatar e
un altro Sangue di
Drago era pronto per difendere Tamriel.
Angolo autrice:
Ok, ringrazio tutti, ma davvero
tutti per aver letto e recensito ( o solo letto) la mia storia.
Probabilmente vi aspettavate un finale diverso, ma ho voluto troncare
così la storia per non soffermarmi troppo nella Quarta Era,
ma spero abbiate apprezzato lo stesso :)
Un saluto a tutti e a presto!!
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