Dance with the devil

di Venice93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Iniziò così... ***
Capitolo 2: *** Galadriel ***
Capitolo 3: *** Dolore ***
Capitolo 4: *** Gli Universi s'intrecciano ***
Capitolo 5: *** Questione di scelte ***
Capitolo 6: *** Il consiglio ***
Capitolo 7: *** La triste morte attende ***
Capitolo 8: *** Il Bosco d'Oro ***
Capitolo 9: *** Salvare delle vite ***
Capitolo 10: *** Sono la tua spada e il tuo scudo ***
Capitolo 11: *** Come il frutto di Laurelin e il fiore di Telperion ***
Capitolo 12: *** Orchi e...Draghi? ***
Capitolo 13: *** La Pietra Veggente ***
Capitolo 14: *** Il cuore del Dovahkiin ***
Capitolo 15: *** La guerra incombe ***
Capitolo 16: *** Si compie il destino ***
Capitolo 17: *** La pioggia lava via solo il sangue ***
Capitolo 18: *** E il senza Corona di nuovo Re sarà ***



Capitolo 1
*** Iniziò così... ***


Dance with the devil

Era buio e Marwel ormai dormiva nella sua stanza, aspettando le luci del mattino per uscire di casa e recarsi nel suo nascondiglio tra gli alberi di Pesco.
Il silenzio venne rotto da tre colpi dati alla porta di casa sua; la ragazza era il medico del paese, aveva preso il posto di sua nonna che ormai anziana non poteva recarsi nelle abitazioni della gente per guarire ferite e curare ammalati, così si dovette alzare e abbandonare le morbide lenzuola del suo letto per andare ad aprire alla porta.
Prese una candela e l'accese, poi con piedi leggeri si diresse verso la porta e piano l'aprì trovandosi davanti due uomini armati, incappucciati e con il volto coperto.

-Siete voi Marwel?- chiese uno di loro.

La ragazza esitò un istante, ma non si fece prendere dall'agitazione e dopo qualche secondo rispose:

-Sono io, avete bisogno di qualcosa? un vostro compagno è ferito?-

L'altro ch'era stato in silenzio fino a quel momento, parlò veloce:

-Dovete venire con noi. -

La fanciulla non fece in tempo a rispondere che l'uomo la prese per un braccio e le tappò veloce la bocca, legandole i polsi con una corda. Infine l'altro legò una benda intorno ai suoi occhi ambrati e un'altra sulle sue labbra.
L'alzarono di peso e l'appoggiarono prona sulla sella di un cavallo; a Marwel mancò un attimo il respiro poichè non furono molto delicati in quel gesto.
Passarono almeno due giorni prima di toglierle la benda e a quel punto la giovane moriva di fame e di sete, era debole e le sue gambe non reggevano il peso del suo corpo seppur fosse esile.

-Siamo arrivati.- disse uno dei due mentre le sfilava la benda dagli occhi e dalle labbra.

Davanti al suo sguardo si ergeva un grande palazzo nero e attorno a loro non c'era il cielo e la terra, ma solo nuvole nere e sfumature rossastre ai loro piedi; le urla di orchi, troll e creature ancora più malvagie aleggiavano nello spazio e Marwel fu scossa da brividi di paura.

-Cosa volete da me?- chiese la ragazza cercando di divincolarsi dalla stretta sul suo braccio.

-Ferma ragazza, nessuno vuole farti del male...forse.- rispose il bruto.

Arrivati all'interno del palazzo furono accolti da una guardia vestita allo stesso modo dei due rapitori che cominciò a gridare infuriato:

-Quanto ci avete messo? volevate vedere morto nostro signore Sauron? -

A Marwel mancò il respiro per qualche secondo, il cuore le balzò in gola e gli occhi si aprirono alla loro massima estensione. "Sauron?" pensò mentre le slegavano i polsi e la conducevano in un lungo corridoio di pietra.
Arrivarono davanti ad una porta di legno decorata finemente e quando l'aprirono, Marwel si trovò una strana scena davanti agli occhi: non c'era un essere informe, un mostro o chissà quale orrenda creatura sul grande letto a baldacchino, ma steso tra le lenzuola di seta c'era un uomo dai lunghi capelli corvini e gli occhi color mare, con una ferita profonda tra gli addominali scolpiti sul ventre.
Qualcuno vicino a lui cercava di medicargli la ferita facendolo urlare dal dolore e facendo crescere una profonda rabbia dentro di lui che lo portava a scaraventare a terra il povero medico.
Marwel non aspettò che i due rapitori le dicessero d'intervenire, data la gravità della situazione si avvicinò da sola al signore oscuro e guardò da più vicino la sua ferita ch'era infetta.

-Fate bollire dell'acqua e portatemela solo quando avrà riacquistato la sua temperatura originale e mi servono anche della camomilla blu, lavandula e copaiba! presto!- poi guardò il medico e aggiunse -Voi portatemi dei chiodi di garofano e della mirra.-

Sauron respirava a fatica e aveva il volto imperlato di sudore, Marwel prese un pezzo di stoffa e lo bagnò nell'acqua fredda di una tinozza, lo strizzò e lo appoggiò delicatamente sulla fronte dell'uomo. Il signore le strinse il polso con uno scatto veloce del braccio, poi osservando la donna chiese:

-Chi siete? -

Marwel sorrise e gli prese la mano che la stava stringendo per poi appoggiarla sul petto di Sauron e continuare a tamponargli la fronte con l'acqua fresca.

-Mi chiamo Marwel, mi hanno gentilmente scortata qui i vostri uomini.- rispose.

Gli occhi blu di Sauron penetrarono nell'anima della ragazza che per distrarsi dal suo sguardo cominciò ad intrecciarsi i lunghi capelli rossi legando l'estremità con un nastro nero che aveva legato al polso.
Dopo circa un'ora arrivarono dei servi a portarle tutto quello di cui aveva bisogno e cominciò a preparare degli intrugli da poter usare sulla ferita.
Quando la crema di camomilla, lavandula e copaiba fu pronta, Marwel ne prese un po' e la spalmo più vicino possibile alla profondo taglio e Sauron si mise quasi a sedere dal bruciore, ma non la scaraventò a terra come il precedente medico, bensì prese un angolo del lenzuolo e se lo mise tra i denti cercando di soffocare le urla.

-Perdonatemi, ma questo non è ancora niente.- disse Marwel dispiaciuta.

Preparò il composto di Mirra e chiodi di garofano per placare l'infezione e gliela spalmò nello squarcio provocandogli un dolore tale da farlo svenire.
Questo fu d'aiuto per lei e per lui perchè ora arrivava la parte più dolorosa: i punti. Cominciò a bucare la sua pelle da un lato all'altro della ferita e chiuse quella voragine nella pelle per poi bendarla per bene facendosi aiutare dai servi.
Ovviamente non c'era nessuna stanza pronta per lei, la condussero quindi nelle celle insieme all'altro medico, almeno le dettero di che cibarsi!

Passò circa un mese in cui la ragazza faceva avanti e indietro per curare le ferite di Sauron e poi tornava nella sua cella e aspettava di essere chiamata ancora.
Una notte venne scortata nelle stanze del Signore, ma quando entrò lui non c'era. Camminò per tutta la stanza e arrivò davanti ad una finestra, l'aprì e vide ch'erano molto in alto rispetto alle celle, ma niente che non si potesse superare; voleva scappare da li, non ce la faceva più a rimanere chiusa dentro quella piccola gabbia.
Ad un tratto qualcuno aprì la porta e vedendola vicino alla finestra aperta la fece voltare senza delicatezza alcuna.
Marwel si ritrovò faccia a faccia con Sauron e il suo cuore prese a battere come non mai, le sue gote s'arrossirono e sentì un brivido percorrerle la schiena.

-Dove credevate di andare Marwel?- chiese Sauron scandendo il suo nome.

La ragazza rimase ferma a guardare quegli occhi freddi e non proferì parola, fin quando lui non la prese buttandola sul letto.
Le fu subito addosso, in mezzo alle sue gambe e cominciò ad alzarle la veste scoprendo la sua fragile intimità e facendola sussultare.

-Cosa state facendo?- chiese lei cercando di resistere, ma la verità è che non ne aveva proprio intenzione.

-Prendo ciò che desidero e che non ho potuto avere prima.- Rispose Sauron prima di cominciare a baciarla con passione.

In un batter d'occhio si tolse i pantaloni ed entrò in lei senza indugiare un istante.

-Siete perfetta, non vi lascerò scappare via da me. - sussurrò.

Lei non reagiva, non voleva andarsene, voleva assaporare ogni attimo e soddisfare ogni sua voglia.
Non aveva dormito nella sua solita cella, su quel mucchio di paglia umida, ma in un letto sotto calde coperte.
Quella notte sognò qualcosa d'inspiegabile per lei, qualcosa che non aveva mai visto nemmeno vagare per caso nella sua mente:

Si trovava nella foresta del Brethil e bagnava i piedi in un piccolo laghetto illuminato da pochi raggi del sole. D'un tratto venne buio e si ritrovò da sola e impaurita in mezzo a quel fitto verde.
Sentì le mani di qualcuno toccarle i capelli e qualche parola a lei sconosciuta uscire dalla bocca dello stesso. “Uuma quena en’mani lle ume, ri’mani lle umaya, Uma ta ar’lava ta quena ten’irste’ “ disse una voce calda e rilassante. Poteva sentire la paura strisciare via dal suo corpo e un senso di protezione cominciò a battere nel suo cuore, lasciando che le sue labbra si schiudessero in un sorriso.
Quando si voltò vide un uomo bellissimo: aveva lunghi capelli biondi e occhi blu come il mare; il suo viso sembrava di porcellana e le sue labbra spiccavano di un rosso sangue intenso. Non aveva mai visto una creatura così meravigliosa, rimase qualche istante a fissarlo con gli occhi sgranati, come se non le bastasse la visuale per ammirare un simile splendore. Si, splendeva di luce propria.
Si accorse solo dopo lunghi ed interminabili minuti che quell'uomo aveva le orecchie a punta.
Senza pensare a cosa stesse accadendo, Marwel allungò un braccio e con la mano sfiorò la punta di un orecchio dell'Elfo. Lui le prese la mano piano e si avvicinò al suo volto schioccandole un bacio sulle labbra.”


Quando la ragazza si svegliò, trovò Sauron intento ad osservarla con quei suoi occhi gelidi che riuscivano a penetrare l'anima di chiunque li guardasse.
Rimase alcuni istanti impietrita, poi mosse una mano per posarla sulla guancia dell'uomo che strinse le labbra e bloccò il polso della ragazza allontanandola dal suo viso.

-Ho visto cosa sognavi. Nulla può rendermi cieco, nemmeno la tua mente, nemmeno quando dormi.- disse lui mentre le stringeva ancora il polso.

Lei cercò di liberarsi dalla sua presa, ma non ci riuscì, anzi consapevole di ciò che stava provando la ragazza, Sauron l'avvicinò a se procurandole del dolore.-

-Io non so che cos'ho sognato mio signore.- rispose Marwel con la voce piena di rabbia.

Sauron mollò la presa.

-Non sai chi hai sognato? Vuoi dirmi che non è mai avvenuto?- chiese poi avvicinando il volto a quello della giovane.

-No, non so nemmeno se esiste.- rispose lei girandosi dall'altro lato.

-Questo è strano...come fai a sognare qualcuno che nemmeno conosci? E ti dico una cosa ragazzina: lui esiste.- fece Sauron mentre voltava di nuovo la ragazza verso di lui.

Il cuore di Marwel cominciò a battere furiosamente. Esisteva? Quell'Elfo splendido e luminoso viveva davvero nella Terra di Mezzo? Non riusciva a smettere di pensarci; ricordava perfettamente il suono della sua voce e il calore delle sue mani e quelle labbra... oh quelle labbra così carnose e sanguinee.

-Qual'è il suo nome?- chiese la fanciulla quasi sussurrando.

Sul volto di Sauron si dipinse un velo di rabbia, misto a gelosia morbosa e ossessiva.

-Finrod.- disse poi mentre scendeva con una mano in mezzo alle cosce di Marwel.

Le aprì piano le gambe e s'infilò tra di esse avvicinando le labbra alle sue.

-Tu sei mia, lui non ti avrà mai- continuò prima di cominciare a baciarla con passione.

Lei non lo respinse, era attratta da quell'uomo così perfido e così bello al contempo.


I giorni passarono così, con Marwel che vagava per il palazzo come serva dell'Oscuro Signore e di notte entrava nelle sue stanze e lo allietava con i doni che le aveva fatto madre natura. Qualche volta sembrava quasi che lui fosse un uomo normale, capace di provare sentimenti come l'amore, ma quasi subito, con una frase detta male o una parola sbagliata, tornava ad essere semplicemente Sauron, quel ch'era sempre stato e che non sarebbe cambiato mai nemmeno per lei.
Per quanto le piacesse rimanere tra le braccia dell'uomo, il desiderio di tornare a casa sua da sua nonna e da tutto ciò che faceva parte della sua vita passata, batteva forte nel petto di Marwel. Cominciava a provare qualcosa per Sauron, ma il suo cuore era diviso in due in quanto la ragazza ogni notte sognava Finrod e quando si svegliava s'accorgeva che le mancava terribilmente; l'uomo che dormiva al suo fianco, s'era accorto di cosa provava Marwel e continuava a sbirciare nei suoi sogni che lo rendevano ogni giorno più geloso e arrabbiato.

-A'maelamin- disse Finrod mentre sollevava delicatamente da terra Marwel e baciandola con tenerezza.
Dopo pochi minuti il volto della ragazza si rabbuiò; dietro le spalle di Finrod vide l'alta figura di Sauron che li guardava con odio e con una spada trafiggeva la schiena dell'Elfo che si accasciava a terra ferito.
Marwel si inginocchiò accanto al corpo freddo del suo amato e cominciò a piangere disperata, stringendogli la mano.”

Si svegliò di soprassalto imperlata di sudore; la gola le bruciava come se avesse pianto davvero mentre dormiva. Aveva il terrore di non poterlo più vedere nei suoi sogni, poiché sapeva che Sauron era entrato nella sua mente a storpiare i suoi pensieri.

-Tranquilla Marwel, non l'ho ucciso davvero. Non ancora.- disse l'uomo con voce piena di rabbia.

Prima che la ragazza potesse rispondere, un soldato bussò alla porta e aprì senza aspettare il permesso del suo signore.

-Cosa c'è?- ringhiò Sauron mentre si metteva in piedi e andava incontro al soldato. Marwel era quasi certa che l'avrebbe strozzato da un momento all'altro.

-Mio signore, gli Elfi... gli Elfi stanno marciando per attaccarci!- rispose velocemente il poveretto che aveva intuito i cattivi pensieri del suo Signore.

Sauron si voltò velocemente in direzione della ragazza e disse:

-Sta venendo a prendere te!-

Un mezzo sorriso spuntò sul viso della ragazza che però fu spezzato dallo sguardo glaciale di Sauron.

-Non Lascerò mai che Finrod ti porti via da me!- disse Sauron mentre tornava da Marwel.

Le afferrò un braccio e la portò a se, poi non curante della sua nudità la portò nella cella in cui aveva passato gran parte del suo tempo prima di diventare l'amante dell'Oscuro Signore.
Successe tutto più in fretta di quanto si aspettasse; sentiva urla e grida provenire da fuori e poi, dopo parecchi tonfi, gli Elfi riuscirono ad entrare nella fortezza e ad arrivare fino alle celle.
Marwel era priva di abbigliamento e quando arrivò il primo soldato Elfico cercò di coprirsi alla meno peggio rannicchiandosi sulla paglia bagnata.

-State tranquilla, vi tireremo fuori di qui!- disse tornando indietro in cerca dei suoi compagni.

Quando tornò da lei non era solo: dietro di lui brillava l'Elfo dei suoi sogni che con scatto fulmineo arrivò alla porta della cella e l'aprì grazie all'aiuto di un incantesimo.
Finrod si avvinò alla ragazza lentamente, si tolse il mantello e l'avvolse con la calda stoffa, poi senza proferire parola la prese in braccio e si fece largo tra le guardie.
Marwel rimase immobile a guardare quel viso così giovane e raffinato e a perdersi in quegli occhi blu che a lungo aveva potuto guardare solo la notte nei suoi sogni.
Quando furono fuori dal palazzo, l'Elfo corse verso il suo cavallo bianco e aiutò la ragazza a salirci e quando fu sopra, salì in groppa anche lui partendo a galoppo.
Una volta lontani da Sauron e dai suoi soldati, il passo del cavallo si fece più lento e in poco tempo li raggiunsero anche gli uomini di Finrod.
Si fermarono solo quando furono coperti dagli alberi e la notte era calata tra le colline.
Marwel era appoggiata al tronco di un albero ed era seduta sulle sue radici tremante e con la pelle fredda; Finrod le si avvicinò e ordinò di portarle altri mantelli cercando di coprirla alla meno peggio.

-Siete congelata, stanca e affamata. Arriveremo presto nel mio Regno Marwel, non dovete preoccuparvi, mi prenderò cura di voi- disse l'Elfo accarezzandole i capelli.

La fanciulla continuava a tremare, sembrava avere quasi le convulsioni. Finrod non capiva: era avvolta da tre mantelli Elfici eppure tremava come fosse nuda! Così allungò una mano e l'appoggiò sulla sua fronte.

-Siete bollente! Devo portarvi subito nel Nargothrond!- disse mentre la prendeva in braccio e la faceva salire a cavallo.

-Io devo andare! Voi raggiungeteci appena possibile!- continuò rivolgendosi ai suoi uomini.

Il cavallo correva senza sosta tra la fitta boscaglia, non si fermò nemmeno quando la pioggia cominciò a cadere e la visibilità si ridusse al minimo.
Dopo qualche ora arrivarono nel Regno di Finrod e subito molti Elfi furono attorno al loro Signore e aiutarono la ragazza a scendere da cavallo.
Per quanto ci fossero molti uomini possenti vicino a loro, fu Finrod a portarla in una stanza e a prendersi cura di lei che intanto era caduta in un sonno profondo.
Quella notte Sauron venne a trovarla in sogno, ma stranamente non era arrabbiato con lei.

Si trovava nella camera da letto dell'Oscuro Signore e portava un lungo abito nero; guardava la pioggia scendere fuori dalla finestra e la sua mano accarezzava il suo ventre gonfio.
Non se ne accorse subito, guardò in basso solo dopo pochi secondi e rimase bloccata davanti alla sua inaspettata gravidanza.

-Si Marwel, sei incinta- disse una voce dietro di lei.

Non si voltò di scatto in preda alla paura, ma lentamente e con un debole sorriso sulle labbra. Aveva riconosciuto la voce di Sauron e si aspettava che prima o poi sarebbe arrivato.

-Io amo Finrod, perdutamente, ma amo anche te- sussurrò la ragazza avvicinandosi all'uomo.

Sauron prese ad accarezzarle i capelli.

-Marwel, c'è nostro figlio dentro di te, non potrei mai farti del male, ma non resterò a guardare mentre quell'Elfo cresce il mio erede- disse prima di scomparire nell'ombra.”

Quando si svegliò si accorse di stare bene, era tutto finito, il freddo non attanagliava più la sua pelle e la testa non pesava più una tonnellata per colpa della febbre.
Una fanciulla si avvicinò a lei e l'aiutò a mettersi seduta.

-Avete dormito per quasi tre giorni mia Signora, ma adesso state bene entrambi- disse la giovane Elfa.

-Entrambi?- chiese Marwel pensando al sogno che aveva appena fatto.

-Siete incinta mia Signora, non lo sapevate?- rispose l'Elfa prendendole la mano per aiutarla ad alzarsi.

A Marwel scappò un sorriso che cercò di coprire con l'altra mano, poi la sua felicità venne spezzata dal pensiero di Finrod e di quello che poteva provare e pensare lui in quel momento.
Venne lavata e vestita e poi venne accompagnata in uno studio accogliente.
Dopo pochi minuti di attesa entrò Finrod con il viso rilassato, accompagnato dalla sua brillante luce.
Marwel fece un leggero inchino e poi disse:

-Mio Signore Finrod-

L'Elfo le si avvicinò, le prese il volto tra le mani e le schioccò un dolce bacio sulle labbra, lasciando la fanciulla shoccata per qualche secondo.

-Pensi davvero che i tuoi sogni fossero solo fantasie? Ero io Marwel, io entravo nella tua mente! E ciò che provavo tra i tuoi pensieri, lo provo veramente.- le sussurrò ad un orecchio.
Poi mise una mano sul ventre della donna e l'accarezzò piano.

-So che aspetti un figlio da lui, ma non importa. Lo crescerò come fosse mio, te lo prometto- aggiunse posando nuovamente le labbra alle sue.

-Non sei obbligato a farlo, so che Sauron ti ha tolto molto e so quanto odio provi per lui- rispose Marwel staccando le loro labbra per un secondo.

Finrod sorrise leggermente e prese ad intrecciare tra le sue dita una ciocca di capelli rosso fuoco della fanciulla che aveva salvato dall'Oscuro Signore.

-Il mio amore per te è molto più grande dell'odio che provo verso quella perfida creatura e spero che un giorno tu possa amare solo me e dimenticare Sauron- quasi sussurrò l'Elfo dalla bionda chioma.

-Come si dice “ti amo” nella tua lingua?- chiese la ragazza accarezzando il volto dell'Elfo.

Lui sorrise e rispose piano come se volesse dirglielo lui stesso:

-Melin le-.

-Melin le- disse a sua volta Marwel rivolgendosi a Finrod.


Le ore, i giorni, i mesi passarono così in fretta che nemmeno se ne accorsero e il figlio di Sauron pesava sul grembo della madre ormai da nove mesi.
Avevano paura di cosa potesse nascere, di quale carattere prendesse e se il signore Oscuro sarebbe venuto a prenderselo prima o poi. La gente del Nargothrond non era felice di avere un Adan nel proprio regno, accanto al loro amato Signore e con in grembo il figlio del male.
Tuttavia Marwel sentiva che quel bambino non avrebbe portato dolori tra gli Elfi, poiché mai lei gli avrebbe svelato la sua vera natura; sarebbe cresciuto tra l'amore di sua madre e quello di Finrod, colui che avrebbe chiamato “ada”.
Finrod impartiva lezioni di Elfico alla sua donna che dopo pochi mesi riuscì a sostenere un piccolo dialogo con lui in quella difficoltosa lingua.
Era una notte di primavera e i due amanti dormivano abbracciati tra le lenzuola; Finrod aveva una mano appoggiata sul pancione di Marwel, lo faceva ogni notte prima di addormentarsi, voleva sentire quel che chiamava “il suo bambino inaspettato” muoversi e dare calcetti.
Ma qualcosa successe e Marwel si svegliò di colpo spaventando Finrod che subito la strinse a se come se volesse proteggerla da qualcuno.
La ragazza guardò in basso e vide il letto e la sua vestaglia bagnati di acqua e sangue.
Rimase per qualche secondo ad osservare la scena con gli occhi sgranati e il calore delle braccia dell'Elfo attorno alle spalle.

-Finrod, credo che mi si siano rotte le acque.- disse poi con voce tremante e accennando un sorriso nervoso.

Il Sovrano del Nargothrond si alzò di scatto e corse fuori dalla camera a cercare il medico di corte che non tardò un secondo ad arrivare.
Dopo circa 7 ore il travaglio si fece intenso e le prime grida di Marwel cominciarono a riecheggiare tra i corridoi e le sale del palazzo, svegliando chi ci abitava e facendo accendere le luci delle candele nel cuore della notte.
Finrod camminava spazientito e impaurito dietro la porta; si sentiva terribilmente impotente, non poteva fare altro che attendere la nascita di quel figlio tanto amato anche se non suo.
Un'Elfa aprì la porta della camera ed uscì con degli asciugamani insanguinati, corse letteralmente via senza dire nulla al suo Sovrano. Finrod vide Marwel con il volto pallido, stanco e imperlato di sudore e una lacrima rigò il suo viso perfetto.
La porta venne chiusa subito dopo e le urla ricominciarono a battere nei timpani dell'Elfo e dei suoi sudditi.
Poi, dopo ore ed ore ad ascoltare quei lamenti e quei dolori che straziavano la sua anima e spezzavano il suo cuore, udì il pianto di un bambino e senza aspettare nemmeno un secondo di più, entrò nella camera da letto e si fiondò al fianco di Marwel che piangeva commossa alla visione della sua creatura.
Niente di più bello aveva mai visto Finrod Felagund e niente di più bello aveva visto Marwel.
Ma il momento più gioioso arrivò quando la donna che aveva fatto nascere quel bambino annunciò che non era un maschio, ma bensì una bellissima bambina.
Subito l'avvolse in un lenzuolo e l'appoggiò tra le braccia della madre che cominciò ad accarezzarne il viso.
Aveva i capelli neri come la notte e gli occhi sembravano ambrati come i suoi; Le lacrime presero a scorrere dagli occhi del Sovrano quando prese in braccio quel fagottino.

-Mae govannen Aranel- sussurrò Finrod prima di poggiare le labbra sulla sua piccola fronte.

Tuttavia, Finrod guardò Marwel per qualche istante e vide il suo volto coperto da un velo di tristezza; non capiva cosa potesse turbare la sua amata in quel momento poiché attorno a loro aleggiava solo gioia e commozione, pure le donne che fino a qualche minuto prima aiutavano Marwel, ora piangevano di felicità.

-Cos'hai?- chiese l'Elfo avvicinandosi di più alla ragazza.

-Dici che verrà a prendersela? Dici che mi tormenterà nei sogni per poterla vedere? È così piccola e indifesa- rispose cominciando a piangere.

Finrod porse la bimba ad un Elfa per poterla lavare e vestire e abbracciò Marwel appoggiando la fronte alla sua.

-Deve solo provarci. Ha perso tutto quando ti ho portata via da lui. Siete mie, le mie donne e non potrà mai farvi del male finchè sarò in vita- disse l'Elfo prima di schioccare un bacio sulle labbra della donna che stremata dalla fatica del parto, non ci mise molto ad addormentarsi tra le sue braccia.
Non ebbe modo di dormire a lungo perchè Aranel aveva bisogno di attaccarsi al seno.
Finrod rimase estasiato da quella visione: era un gesto così naturale per un bambino, eppure nessuno gliel'aveva insegnato prima, riusciva a nutrirsi senza prima aver fatto pratica in nessun modo.
Come poteva essere malvagia una creatura così bella? Come poteva il male scorrere nelle sue vene? Ma l'Elfo non si sarebbe dato per vinto e l'avrebbe cresciuta nella bontà e all'oscurità della sua vera natura.

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Capitolo 2
*** Galadriel ***


Galadriel


La bambina abbassò la testa imbarazzata, ma di tanto in tanto alzava lo sguardo per osservare sua zia, la sua bellissima zia.
Finrod si abbassò e sussurrò all'orecchio della figlia:

-Aranel, non avere paura-

Galadriel porse la mano alla piccola che la strinse arrossendo.
La Dama della Luce cominciò a camminare guardando sua nipote muovere piano i suoi piedini; le strinse la manina e poi cominciò a parlare:

-Sai Aranel, è da tanto tempo che non vedo una bambina. Mia figlia è ormai adulta e mi mancava tanto un piccolo visino da poter osservare e coccolare. Sei bellissima, lo sai?-

Aranel sorrise sinceramente a quell'affermazione creando un momento di tenerezza tra le due. Si sedettero su una panca di pietra e Galadriel prese ad accarezzarle i capelli lunghi e neri.

-Somigli molto a tua madre- disse la Dama continuando ad accarezzarle la chioma.

-Ho sentito parlare due guardie di Ada e dicevano che non assomiglio per niente a lui. Ma se tu...voi mi dite che io sono bellissima, significa che invece ci somiglio molto.- poi si avvicinò all'orecchio della Zia che sorrideva addolcita e continuò -Non ditelo a Nana, ma secondo me Ada è più bello di lei!-.

Galadriel scoppiò a ridere e appoggiò una mano sulla guancia di Aranel che cominciò a ridere anche lei.

-Oh Aranel, sei la bambina più dolce che abbia mai conosciuto! Non darmi del voi, sono tua Zia prometto di vegliare sempre su di te. Non lascerò che qualcuno ti faccia del male, niente e nessuno potrà.- disse la Dama prima di abbracciare la bambina.

-Zia, posso confidarti un segreto?- chiese la bimba quasi sussurrando.

Galadriel annuì semplicemente e si avvicinò di più al viso della nipote.

-Quelle due guardie parlavano di una cosa che non ho capito bene. Hanno detto che quando Ada ha salvato Nana, lei è arrivata nel Nargothrond già incinta di me, ma io non l'ho capito perchè è impossibile visto che prima si trovava da una persona cattiva. Nana non vuole dirmi come si chiama e Ada cambia sempre argomento pensando che io non me ne accorga! Comunque io non ho capito bene, Nana e Ada si sono conosciuti prima che il cattivo la prendesse?-

Galadriel rimase scioccata, lei sapeva tutta la verità ovviamente, ma cosa le avrebbe risposto? Guardava quegli occhietti ambrati che aspettavano una risposta, ma rimase bloccata senza riuscire ad aprir bocca.
Strinse al petto la piccolina e trovando il coraggio di non rispondere il vero, disse:

-Piccola mia, non lo so. Finrod non mi ha raccontato nulla, ma secondo me quelle due guardie si sbagliano. Tu sei mia nipote, io te lo leggo negli occhi, ma anche se non fosse, cosa che dubito, i figli non sono di chi li fa, ma di chi li cresce. Ma non preoccuparti, mio fratello è il tuo papà, ne sono certa.-

La Dama sospirò e prese in braccio sua nipote dirigendosi nella sala del trono in cerca dei suoi genitori.



Quando Galadriel portò via la loro bambina per fare quattro chiacchiere, Marwel e Finrod si trovarono soli dopo tanto tempo.
Lei prese ad osservare il suo amato come se fosse la prima volta che lo vedesse: i suoi lineamenti e il suo portamento fiero, non erano cambiati di una virgola col passare del tempo; i suoi capelli ricadevano biondi e lucenti sulle spalle, superandole di molto, ma adagiandosi serenamente su di esse come acqua sulle rocce.
Anche gli occhi di lui presero a guardare la donna più bella che avesse mai visto: la chioma rossa s'era allungata molto da quando l'aveva strappata dalle braccia di Sauron, il suo volto era illuminato dalla luce materna e dalla serenità di quegli anni passati nel Nargothrond. Mentre seguiva la linea del suo viso, il suo sguardo di ghiaccio si posò sulle labbra della donna: rosse come il sangue spuntavano appena sotto il solco della parte inferiore del naso.
Le si avvicinò piano e la strinse a se in un abbraccio pieno di desiderio e amore, poi, mentre le accarezzava una guancia, prese a baciarla con passione. Si staccò solo per riprendere fiato, ma non riuscì a trattenersi e la prese in braccio portandola nelle sue stanze.
Un momento perfetto per loro, per potersi coccolare e potersi amare tra le lenzuola bianche del loro letto matrimoniale.
I loro vestiti caddero sul pavimento in poco tempo e subito i gemiti e i sussulti cominciarono ad aleggiare nella stanza, lasciando che il silenzio li prendesse solo quando ebbero finito e stanchi s'appoggiarono l'uno all'altra.

-Ti amo- disse Finrod appoggiando la fronte alla sua -Ti amo come il primo giorno e ti amerò per sempre- finì baciandola ancora.

Lei sorrise e si abbandonò alle sue coccole.

-Ma non è tutto quel che volevo dirti.- continuò l'Elfo prendendo il volto della sua amata tra le mani.

Marwel rimase in silenzio e guardò a lungo Finrod senza capire o intuire cosa stesse aspettando di dirle.

-Voglio che diventi mia moglie. Voglio che il regno ti veda come la loro Regina, la mia Regina-

Lei non rispose subito, ma abbracciò il suo amore e lo baciò con foga mettendosi a cavalcioni su di lui. Mai la voglia del suo cuore e del suo corpo avrebbe abbandonato l'anima dell'Adan e mai l'avrebbe lasciato andare, nemmeno quando avrebbe raggiunto Mandos.

-Lo voglio- rispose Marwel cominciandosi a muovere sensualmente creando eccitazione in Finrod, che non perse altro tempo e ricominciò ad amarla.



Quando raggiunsero la sala del trono non trovarono Finrod e Marwel ad aspettarli, ma solo due guardie che le guardavano imbarazzate.

-Dov'è il vostro Sovrano?- chiese Galadriel severa tenendo tra le braccia la bambina.

-Hanno lasciato la sala per dirigersi nelle loro stanze mia Signora- rispose uno di loro arrossendo.

Galadriel capì all'istante e girò i tacchi per uscire fuori dal palazzo.

-Vuoi conoscere una mia grande amica?- chiese alla sua nipotina senza farla scendere dalle sue braccia.

-Si- rispose sorridendo la piccola.

Galadriel portò sua nipote alle stalle; la mise giù e prendendola per mano, la portò dove avevano nutrito e spazzolato il suo destriero.

-Lei è Fanuilos, compagna di lunghe passeggiate e molti viaggi, come quello che mi ha portato nel regno di mio fratello, a conoscere la Stella del Re- disse la Dama pronunciando il significato del nome della bambina.

L'esemplare di Mearas era semplicemente bellissimo, anzi bellissima. Il suo manto era raso e bianco come la neve, la sua criniera scendeva dorata dalla testa che agitò quando vide la sua padrona. “In un certo senso si somigliano” pensò Aranel sorridendo e avvicinando la mano al muso dell'animale.

-E' bella!- disse la bimba quando l'animale abbassò il capo per permetterle di accarezzarla.

-Possiamo andare a fare un giro se vuoi- disse la Dama.

Senza aspettare risposta dalla nipote, la prese in braccio e l'adagiò in groppa a Fanuilos prima di salire anch'essa.
Cavalcarono nel bosco illuminato e riscaldato dai raggi solari; era come se si conoscessero da sempre, come se fosse cresciuta con sua Zia accanto.
Ma ad un tratto, qualcosa attirò l'attenzione delle due, mettendo in allerta la Dama.
Una luce apparse dietro il tronco di un albero, una luce che si trasformò in un uomo alto e vestito di nero.
Non ci volle molto prima che Galadriel ne scorgesse il volto e ne riconoscesse la persona.
L'uomo dalla chioma lunga e nera e dagli occhi blu, si avvicinò piano a Fanuilos che aveva arrestato i suoi passi per ordine della sua padrona.

-Buongiorno Galadriel, discendente di Finwë, Dama dei Galadhrim e buongiorno anche a voi Aranel figlia di...Finrod- disse lui sorridendo.

Galadriel fece per voltare la cavalcatura e tornare indietro di gran corsa, ma l'uomo le si parò davanti apparendo d'improvviso.

-Che cosa vuoi Sauron??- urlò Galadriel mentre con un braccio stringeva la bambina che tremava spaventata.

-Mia figlia!- urlò lui a sua volta come se fosse impazzito.

Spaventò Fanuilos che s'impennò e fece cadere la Dama e sua nipote a terra.
Galadriel non si fece prendere dalla paura e reagì alzandosi ed estraendo velocemente la sua spada dal fodero legato alla sella del cavallo che scappò poco dopo.

-Non ti permetterò mai di portarla via!- disse furiosa puntandogli l'arma contro.

Sauron le andò incontro e la disarmò semplicemente con un incantesimo pronunciato a bassa voce. Prese Galadriel per il collo e la spinse via scaraventandola contro un albero e ferendola alla testa.
Quel che riuscì a vedere la Dama fu solo Sauron che prendeva in braccio la bambina che si dimenava piangendo e si dileguava nel nulla, poi l'oscurità l'avvolse facendola accasciare a terra.


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Capitolo 3
*** Dolore ***


Dolore


Quando dei soldati trovarono Galadriel a terra ferita, non indugiarono un istante e la portarono subito a palazzo dove già l'attendevano Finrod e Marwel.
Si svegliò dopo poche ore spiegando subito la situazione a suo fratello che, compreso cos'era accaduto, andò nella sua stanza dove l'attendeva una compagna preoccupata per la vita di sua figlia.
Quello che ne seguì furono pianti e urla di dolore poiché lei sapeva che sarebbe stato difficile, se non impossibile, rivedere la sua dolce e preziosa creatura.
Nessuno parlava, nessuno aveva il coraggio di aprir bocca; in quei giorni regnò il silenzio nel Nargothrond, non c'era più amore e le risate di Aranel erano scomparse lasciando che la tristezza prendesse il sopravvento tra gli alberi dov'era solita giocare.
Anche Galadriel non parlava, non usciva dalla sua stanza da quel giorno, non mangiava, ne dormiva, il senso di colpa attanagliava il suo cuore e la sua anima. Più volte si ritrovava a piangere alla finestra accarezzata solo dal vento; pensava a quanto potesse soffrire Marwel a causa di Sauron e a quanto potesse essere doloroso avere il cuore spezzato in tanti piccoli pezzi. Finrod non si dava pace, il suo destino e quello dell'Oscuro Sire erano inevitabilmente intrecciati già da quel giorno a Tol Sirion, quando Sauron prese con la forza la Minas Tirith creata con tanto amore dal Noldo che fu costretto a rifugiarsi nel Nargothrond con la sua gente. Si sarebbe ripreso sua figlia e la sua città e avrebbe riconquistato la gioia e la felicità che aveva ricevuto dai Valar con la nascita della sua stella.
Marwel era distrutta, irriconoscibile, bloccata sul suo letto ad osservare il vuoto davanti a lei; accarezzava distratta il cuscino affianco al suo come se fosse il viso di Aranel. Non riusciva ad alzarsi, era come se fosse stata paralizzata da un incantesimo, la mente era ferma sugli occhi di sua figlia, sul suo sorriso e al primo momento in cui la vide.


Vola farfalla tra i rami e le foglie,
vola col sole e la pioggia,
finchè la morte non ti coglie.
Le tue ali dorate riflettono la luce,
non spaventarti delle mie mani,
anche se il mio sguardo è truce.
Finalmente ti addormenti sulle dita,
chiudi i battiti e lasci che il sonno ti prenda,
chiudi il cuore e lasci il dono della vita.


Marwel sussurrava le parole di quel canto ripetendolo all'infinito, come se ogni frase potesse darle sollievo. Non dormiva con Finrod da quel giorno, non vedeva ne lui ne sua sorella e non aveva voglia di farlo, riusciva solo a respirare e piangere da sola nel buio.


Quel che gli occhi di Aranel vedevano erano delle alte colonne di marmo in un grande salone di pietra; ad ogni lato vi erano delle guardie armate di lancia e vestite con armature lucide e nere. Colui che l'aveva portata via dal suo luogo incantato diceva di essere suo padre, ma lei rifiutava di crederci; suo padre era Finrod Felagund, Signore delle Caverne, l'amico degli Uomini, colui che l'aveva cresciuta e protetta al meglio, non Sauron l'Oscuro Signore, servo fedele di Melkor e guardia dell'oblio.

-Bene Aranel, questa è la tua nuova casa, che ti piaccia o no abiterai in queste terre per il resto della tua vita.- disse Sauron freddo.

Guardò sua figlia che aveva le lacrime agli occhi, ma per quanto la tristezza riempiva il suo cuore, riusciva a guardarlo con sguardo furioso.
Aranel non rispose alle parole di Sauron, anzi gli tirò un calcio sulla caviglia e scappò via verso la porta. Sauron rise sommessamente e ordinò ad una sua guardia di prenderla e portarla nella sua stanza.

-Lasciami!- urlò la bambina mentre il padre rideva ancora maligno.

-Avrei preferito un maschio, ma mi sei capitata tu.- disse lui mentre chiudeva la porta a chiave.

I giorni passavano e Marwel finalmente uscì dalla stanza con un senso di nausea che la metteva k.o..
Cadde a terra senza nemmeno rendersene conto e subito venne soccorsa da Finrod che si trovava nel corridoio con l'idea di andare a bussare alla porta di Marwel.

-Marwel! Cosa ti accade?- chiese lui mentre la prendeva in braccio e ordinava ad una guardia di andare a chiamare un medico.

Quando il dottore uscì dalla stanza si congratulò con Finrod e gli strinse la mano dicendogli che la sua amata futura sposa era incinta.
Ma Marwel non sapeva se essere felice perchè anche se una nuova vita stava prendendo forma nel suo ventre, lei non pensava che ad Aranel e a come potesse stare con Sauron.
Finrod entrò nella stanza senza sorridere, si sedette sul letto e prese la mano della sua amata baciandone il dorso dolcemente.
L'abbracciò e scoppiarono entrambi in lacrime pensando alla loro bambina nelle mani del nemico.

-Mia figlia sta pagando i miei errori- disse Marwel tra i singhiozzi.

Finrod prese il volto della sua amata tra le mani e con sguardo serio rispose:

-No, non è colpa tua, non potevi saperlo. Non è colpa di nessuno, è la sua natura e prenderà sempre qualcosa di prezioso agli altri-.

Marwel non disse niente, rifugiò il volto nell'incavo del suo collo e rilassò i nervi smettendo di piangere.

-Come faremo? Non potrà essere il tuo legittimo erede finchè non siamo sposati- sussurrò lei intrecciando le dita alle sue.

-Allora sposiamoci.- disse Finrod alzando piano il viso di Marwel con le dita -So, che non è un momento di gioia per noi, ma io vorrei che fossimo uniti per l'eternità dal vincolo del matrimonio, anche solo io e te.- continuò finendo con un piccolo bacio sulle labbra.



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Capitolo 4
*** Gli Universi s'intrecciano ***


Gli Universi s'intrecciano

Morwenna se ne stava seduta davanti al focolare della casa che aveva costruito nel Pale insieme al suo più fedele amico Marcurio. Whiterun non distava molto dalla sua abitazione e rimaneva sempre in contatto con lo Jarl per avere notizie in caso di qualche attacco da parte dei Draghi. Erano anni ormai che aveva messo piede a Tamriel, ma non era di li. Nacque sulla Terra, amata e coccolata da genitori affettuosi e fratelli gelosi della loro piccola sorellina, ma lei non ricordava più con chiarezza i loro volti, riusciva a tener stretti nel cuore solo i loro nomi che mai andavano cancellandosi. Si ritrovò in una prigione il giorno del suo ventunesimo compleanno senza sapere come ci fosse arrivata. Un uomo chiamato Uriel Septim le affidò un compito prima di morire: trovare il suo erede sconosciuto al mondo. Ma quale mondo? Quale erede? Si chiedeva Morwenna in quegli istanti. Non era il suo nome, ma così la chiamarono quando fu nota a tutti come la “portatrice dell'Amuleto del Re”.
Si trovava a Cyrodiil e non sapeva il perchè il fato avesse scelto proprio lei per compiere quella missione pericolosa. Uccise molti nemici dopo solo pochi mesi passati in quella regione di Tamriel, imparò tutto dell'arte della spada e divenne anche un'ottima arciera. Ma quando pensava di poter tornare a casa dai suoi cari, si risvegliò in un'altra Era, su un carro legata per i polsi e vestita solo di una casacca logora.
Qualcuno parlava di soldati Manto della Tempesta e di quanto fosse ingiusta la punizione che avevano scelto per loro e per il loro capo.
Morwenna non ci capiva nulla, non sapeva dove fossero finiti la sua spada, il suo scudo e il suo arco; avrebbe voluto alzarsi e difendersi, ma non poteva far altro che aspettare.
La punizione di cui parlava quel soldato era la decapitazione al centro di un paesino chiamato Helgen, ma tutto ciò non avvenne, o almeno, non ci fu nessuna decapitazione per Morwenna che fu “salvata” per un pelo dall'arrivo di un enorme Drago sputa fuoco che cominciò a mietere vittime lasciando la speranza di fuga della donna.
Morwenna rimembrava spesso il passato davanti al fuoco, il suo destino era quella di salvare Tamriel e l'accettava poiché nulla le faceva paura tranne il pensiero di perdere i suoi due bambini: Samuel e Shan. Il primo aveva sette anni e l'aveva adottato a Riften in uno squallido orfanotrofio pieno di anime innocenti, la seconda l'aveva trovata infagottata in una caverna quando non aveva nemmeno un mese di vita e ora aveva compiuto da poco il secondo anno di vita. Fu quello il motivo che la spinse a costruire una casa solida lontana dalla città, ormai mirino di vari attentati da parte dei Draghi, e di regalare loro un posto sicuro vicino a due accampamenti di Giganti.
Morwenna era divenuta un “Dovahkiin”, un ammazza draghi e la sua missione era quella di sconfiggere Alduin, il divoratore di mondi, ma questo lo fece molto tempo addietro, dopo un anno dall'arrivo a Skyrim.
Tuttavia la donna non capiva, non riusciva a scavare a fondo nella sua mente e a trovare il motivo per il quale non invecchiava e manteneva sempre lo stesso aspetto da poco più che ventenne ormai da quasi un centinaio di anni.
Tutti morivano, persino i Sangue di Drago come lei, ma chissà per quale ragione la sua pelle non si riempiva di rughe, le sue ossa non divenivano deboli e il suo cuore non cessava di battere. Aveva perso molti amici, aveva visto trapassare gli Jarl e vedere salire sui loro troni i loro figli, aveva visto il suo fedele destriero abbandonarsi alla morte in vecchiaia e una delle sue più care amiche, nonché compagna d'armi, morire dopo una lunga vita di guerra.
Gli unici che non si estinguevano erano i Draghi che era obbligata ad uccidere quasi ogni giorno ormai, ma per fortuna poteva sempre contare sull'aiuto di Odahviing, un drago che giurò fedeltà al Dovahkiin dopo aver servito fedelmente Alduin prima della sua dipartita.
Morwenna fu scossa da una piccola manina che le tirava piano la manica del vestito.

-Mamma, cosa fai?- chiese Shan appoggiando la testolina dorata sul suo braccio.

Morwenna prese ad accarezzare i suoi riccioli e poco dopo la prese in braccio facendola saltellare appena sulle ginocchia.

-Nulla piccola mia, vuoi fare qualcosa?- rispose il Dovahkiin.

La bambina scese dalle sue ginocchia e corse verso la porta d'ingresso, prese un piccolo mantello blu, se l'avvolse alla meno peggio e poi disse:

-Voglio andare a giocare con Sam!-

Morwenna rise e si alzò piano dalla sedia davanti al fuoco, avanzò verso la figlia e aprì la porta di casa rivelando un paesaggio innevato sotto grigie nuvole invernali.

-Mamma!- urlò il bambino sventolando una buffa spada di legno.

Marcurio stava insegnando il piccolo a combattere come ormai faceva da settimane; Sam era instancabile e lui invece avrebbe fatto volentieri una pausa o due durante l'allenamento.

-Samuel! Lascia in pace il povero Marcurio una volta tanto!- disse la donna avvicinandosi sorridente ai due.

Per qualche secondo perse di vista Shan e quando si voltò per richiamare l'attenzione della piccola, non ne vide alcuna traccia.
Morwenna corse indietro e intorno a tutta la casa e la stessa cosa fece Marcurio, abbandonando la sua spada di legno a terra e ordinando a Sam di rientrare in casa e aspettarli la.

-Shan! Dove sei? Shan!- chiamava a gran voce il Dovahkiin.

Dopo qualche minuto vide la piccola avvicinarsi saltellando per mano ad un uomo con folta barba grigia e un cappello blu.

-L'ho trovata che dava da mangiare ad un cervo!- disse una voce paterna e profonda.

-Shan!- disse la donna inginocchiandosi e aprendo le braccia per accoglierla e riscaldarla.

-Mamma lui sa fare le magie come te!- disse la piccolina nascondendo il volto tra i capelli corvini della madre.

Morwenna si alzò tenendo la sua bambina tra le braccia e si rivolse all'anziano:

-Grazie per avermela riportata, questo mondo è pieno di pericoli come ben sapete.-

-Già, tutti i mondi sono pieni di pericoli, tranne l'aldilà. Forse potete aiutarmi a non smarrire la via, sapreste indicarmi la casa del Dovahkiin?- chiese il vecchio appoggiandosi al suo bastone.

-Questa è la casa del Dovahkiin, io sono colui che cercate.- rispose lei marcando la parola “colui”.

Odiava quando arrivava qualcuno e invece di chiedere di una donna, chiedeva di un uomo poiché impensabile era che qualcuno del suo sesso potesse essere il valoroso Sangue di Drago.

-Sapevo che eravate una donna Dovahkiin, ma non pensavo che foste così bella anche se c'era da aspettarselo viste le vostre origini- disse l'uomo avvicinandosi a lei.

-Chi siete?- chiese ringhiando Morwenna.

-Un vecchio che chiede il vostro aiuto e un posto caldo dove riposare.- rispose lui sorridendo.

Morwenna sapeva di non correre pericoli, non sarebbe mai riuscito a fare del male a lei e alla sua famiglia, nessuno poteva.
Lo lasciò entrare nella propria casa e preparò la cena per tutti, poi dopo aver messo i bambini a dormire, chiese all'anziano di seguirla davanti al fuoco per riscaldarsi e raccontargli la sua storia.

-Dunque, avete bisogno del mio aiuto giusto?- chiese lei mentre appoggiava la schiena sul freddo legno della sedia.

Lui sbuffò una leggere nuvola di fumo dalla pipa e poi rispose:

-Si Dovahkiin, ho bisogno del vostro aiuto. Sapete bene che esistono vari mondi, vari Universi che intrecciano le proprie radici senza farcelo notare; io so che voi stessa non siete di qui, non siete nata a Tamriel-.

Morwenna socchiuse le labbra e le richiuse dopo qualche secondo espirando l'aria riscaldata dal focolare dalle sue narici.

-No, ma sono secoli ormai che abito in queste terre.- disse lei guardandolo con i suoi occhi ambrati.

-Avete gli stessi occhi di vostra madre.- sussurrò lui togliendosi la pipa dalla bocca.

Lei si alzò di scatto dalla sedia e strinse le mani in due pugni tremanti e agitati.

-Di cosa state parlando? Mia madre aveva gli occhi verdi se non ricordo male.- disse rabbiosa.

-Non sto parlando della vostra madre Terrestre, ma della vostra vera madre.- rispose lui guardando il fuoco.

-Se questo è uno scherzo, vi consiglio di smetterla. Avrei creduto alle vostre parole due secoli fa forse, quand'ero ancora poco più di una bambina, ma ora- ringhiò avvicinando il viso al suo e bloccandolo sulla sedia -sono cresciuta e tutto ciò che riesco a fare quando perdo la pazienza è staccare la testa di colui che mi ha causato ira.-

Lo stregone si portò nuovamente la pipa alle labbra e si mise comodo sulla sedia come se niente fosse successo.

-Non è uno scherzo Dovahkiin, tuttavia non sarò io a raccontarvi tutta la storia poiché non spetta a me farlo.- rispose lui.

Morwenna riacquistò lucidità e controllo e si sedette nuovamente sulla sedia senza staccargli gli occhi di dosso.

-Il mio nome è Gandalf e vengo da Arda, un Universo quasi parallelo al tuo. Ci serve il tuo aiuto, abbiamo bisogno di te per scacciare il male dalle nostre terre- disse lo stregone togliendosi il cappello.

-Devo dunque saltare in un altro mondo? Ancora?- chiese Morwenna più a se stessa che al mago.

-Se non accetti, condannerai un mondo innocente agli errori di tua madre che ahimè non può farci più nulla.- rispose lui alzandosi e indossando nuovamente il suo cappello.

-Skyrim è infestata dai Draghi, solo gli Dei sanno il perchè non si sono estinti e io ho una famiglia e un'intera regione da proteggere. Come potete chiedermi di svolgere un tale compito? In un altro mondo poi! Si, sono un Dovahkiin, ma non credo di essere la persona che cercate.- disse lei alzandosi in piedi e girandogli le spalle.

-Il fatto che voi non sapete di esserlo, non significa che io mi stia sbagliando, che vostra Zia abbia fatto un errore a mandarmi qui- rispose lui.

-Può farvi rimembrare il vostro passato il nome che vi hanno dato vostra madre e vostro padre?- continuò Gandalf avvicinandosi a Morwenna.

-Il nome che mi hanno dato i miei genitori è Sabrah! Il nome che mi hanno dato a Cyrodiil è Morwenna! Non ho nessun altro nome!- urlò lei mettendosi faccia a faccia con il vecchio stregone.

-Aranel, la stella del Re. Questo è il nome che vi fu dato alla vostra prima vera nascita che avvenne nella Prima Era ad Arda, nel Nargothrond, il Regno di vostro padre Finrod Felagund. Tuttavia non è lui quello vero.- rispose lo stregone con voce pacata.

Angolino di un'autrice pazza!:

Dunque, come avrete notato (forse) ho cambiato un po' di cose dall'idea iniziale. Tuttavia vorrei spiegarvi il motivo: in realtà nella mia mente malata era già nata così, un intreccio di Universi così simili e lontani tra loro e poi vabbeh, cosa c'è di più Epico? xD spero vi piaccia davvero, durante la storia ci saranno spezzettoni della sua vita passata a Tamriel e sulla Terra! inoltre mi farebbe molto piacere ricevere qualche recensione anche negativa, così che possa capire perchè la leggete in tanti, ma non la recensisce nessuno! baci baci :)


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Capitolo 5
*** Questione di scelte ***


Questione di scelte


-Mi state dicendo che la vita che ho vissuto fino ad ora non è la mia vera vita? Mi state dicendo che dovrei essere altrove? Ma tuttavia non dovete essere voi a raccontarmi tutta la mia storia giusto? E chi dovrebbe farlo? Questa mia fantomatica Zia? Mia madre? Mio padre?- cominciò a chiedere Morwenna.

-Non posso aggiungere altro, ve l'ho detto, non sta a me raccontarvi la vostra storia. Sta a me solo portarvi nel nostro mondo e cercare di aiutare come meglio posso un Dovahkiin affinché non perda la vita.- rispose il vecchio rimanendo immobile a guardare la donna.

-Verrò con voi Gandalf, verrò perchè c'è della gente da salvare e un Dovahkiin non si tira mai indietro, ma ad una condizione: i miei bambini verranno con me e staranno al sicuro da qualche parte in quel mondo. Dovete capirmi, non riuscirei a combattere come si deve se il mio pensiero si posasse sempre sulla vita dei miei figli.- disse lei girandosi verso lo stregone.
Gandalf si avvicinò a Morwenna e le prese una mano tra le sue.

-Non posso negarvi una cosa simile mia cara, ma quel mondo non è tanto meglio di questo ora come ora.-

-Preferisco che stiano dove posso raggiungerli in fretta piuttosto che troppo lontani da me.- disse lei abbassando il capo.

Le luci del mattino filtravano dalla finestra della stanza degli ospiti dove aveva dormito Gandalf. Fu felice del risveglio, poiché ad attenderlo nel salone principale c'erano le voci di due bambini e un dolce profumo di biscotti.

-Gandalf!- urlò la piccola Shan correndo verso lo stregone.

-Shan! Ben svegliata piccola avventuriera!- rispose lui prendendola tra le braccia.

Marcurio uscì dalla cucina con un vassoio pieno di biscotti e tanti altri dolci. I bambini strillarono felici e l'uomo sorrise mentre appoggiava il tutto sul tavolo.

-Buongiorno Marcurio, posso chiedervi dov'è Morwenna?- chiese lo stregone posando a terra la bambina che corse a sedersi.

-Buongiorno Gandalf, Morwenna è fuori dall'alba, probabilmente si è recata a Whiterun per comprare qualcosa, o visto l'orario sarà andata a cacciare, ma non saprei dirvelo con precisione- rispose l'uomo facendo cenno a Gandalf di accomodarsi e consumare un pasto decente.

Dopo circa un'ora la porta si spalancò ed entrò Morwenna con il volto coperto di fuliggine e la corazza annerita appena.
Si avvicinò ad un baule e vi posò sopra una spada con il manico che brillava.

-Scusate il ritardo, ma un drago ha attaccato Riverwood e ovviamente è toccato a me ucciderlo.- disse Morwenna che ancora ansimava stanca.

Si sedette al tavolo vicina a Gandalf che stava tranquillamente fumando la pipa e creava cerchi di fumo perfetti.
I bambini abbracciarono la loro madre e poi corsero in cameretta a giocare.

-Cosa ci sei andata a fare a Riverwood?- chiese Marcurio incuriosito dalla sua destinazione.

Morwenna non parlò.


Un'ora prima....

Si era svegliata presto quella mattina, aveva bisogno di fare scorte di pozioni curative e cibo per poter partire in tutta tranquillità con Gandalf, ma sapeva bene che i negozi non avrebbero aperto fino alle otto del mattino. Voleva recarsi a Riverwood, dove aveva seppellito la sua cara amica Lidia.
Quando arrivò cominciò a piovere, una pioggia leggera, una di quelle che si fa fatica a sentir picchiettare sulla pelle, una di quelle che ti bagnano il viso dopo svariati minuti, una di quelle che ti lascia il tempo di coprirti come se avesse paura di farti prendere freddo.
Lasciò il cavallo all'entrata del villaggio e camminò piano nel luogo in cui l'aveva sepolta. Quando arrivò, appoggiò sulla terra un fiore di montagna blu, il preferito di Lidia.
Le gambe tremavano davanti alla sua lapide come se fosse il giorno della sua sepoltura, come se il tempo si fosse bloccato a quasi un secolo prima. Avrebbe voluto farle conoscere i suoi bambini, avrebbe voluto portarla con se nella sua nuova avventura, sicura che lei avrebbe accettato di seguire la sua compagna.
Sono la tua spada e il tuo scudo” le diceva sempre quando Morwenna le chiedeva se fosse pronta a fronteggiare il nemico, la stessa frase che la donna fece incidere sulla sua lapide.

-Quanto tempo è passato? È sempre inverno qui a Skyrim, eppure quand'eri in vita il sole splendeva, davvero. Riesco a ricordare il calore sulla pelle, calore che ho perso da tempo.- sussurrò Morwenna prima di inginocchiarsi sulla dura terra appena bagnata.

Accarezzò quella scritta, fece scivolare l'indice su ogni lettera come per volerle scavare sul marmo per paura che prima o poi si cancellassero.

-Lidia, non so più chi sono... vorrei che fossi qui a dirmelo tu perchè io proprio non lo so. A cosa appartengo? Qual'è il mio mondo? Tamriel? Arda? La Terra? Ho bisogno di sentirmelo dire.- disse prima di cominciare a singhiozzare.

Anche un Dovahkiin aveva un cuore e quello di Morwenna si mostrava spesso debole davanti alla tomba dei suoi cari. Si ritrovava spesso a visitare Helgen, a guardare le case distrutte e il ceppo di legno che il suo sangue avrebbe dovuto bagnare quel giorno. Non avrebbe fatto metà delle cose che fece se vicino a lei non ci fosse stata Lidia, ma sembrava essersene dimenticata, sembrava aver scordato di essere un Dovahkiin più di una volta: mentre piangeva appoggiata al freddo marmo della lapide, mentre attraversava a passo lento sul cavallo quel paesino dilaniato dalle fiamme, mentre passava davanti alla sua casetta a Whiterun e mentre si sedeva sul letto della sua amica defunta. Dimenticava di essere un Sangue di Drago, di essere l'eroina di Skyrim e di aver sconfitto il grande nemico; non si sentiva nemmeno una briciola di tutto ciò che era in quei momenti. Gli occhi ambrati brillavano sotto un sottile strato di lacrime, le labbra s'erano arrossate come se stessero sanguinando squarciando il viso diafano in una triste smorfia.

-Cosa sono Lidia? Cosa dovrei essere?- chiedeva tra i singhiozzi.

Morwenna si alzò piano asciugandosi le lacrime che ancora scendevano dai suoi occhi e si mischiavano con la pioggia che ora scendeva facendosi sentire prepotente sulla cute scoperta del suo collo.
Un urlo e poi il drago.

-Morwenna?- la chiamò Marcurio scuotendole la spalla.

-Uhm?- fece lei sorridendo leggermente.

-Ti ho chiesto cosa ci facevi a Riverwood all'alba.- ripeté Marcurio ricambiando il suo sorriso.

-Niente Marc, solo una passeggiata per far sgranchire le ossa a Bittre.- rispose lei mentre si rialzava.

-Gandalf, a che ora dobbiamo... partire?- chiese la donna rivolgendosi al vecchio stregone.

-Quando sei pronta, quando siete pronti.- rispose lui alzandosi in piedi.

-Bene.- sussurrò Morwenna.

Andò nella sua stanza e prese il fagotto che aveva preparato la sera precedente, poi mise il mantello ai suoi figli e li prese per mano accompagnandoli fuori dalla porta dove già li attendeva impaziente il mago.

-Fate buon viaggio e soprattutto vedete di tornare, ci siamo intesi?- disse Marcurio mentre accarezzava le guance dei bambini -E tu Samuel, ricorda i miei insegnamenti e non abbassare mai la guardia-.

Abbracciò Morwenna senza pensarci un secondo e le sussurrò all'orecchio:

-Vedi di tornare sana e salva anche tu, c'è bisogno di te qui a Skyrim. Io ho bisogno di te qui a Skyrim.-

Lei lo strinse forte e gli diede una pacca sulla spalla, poi sciolse lentamente l'abbraccio e prese le briglie di Bittre portandola vicino al mago.

-Siete pronti?- chiese Gandalf mentre alzava il bastone e il braccio libero.

Morwenna guardò i suoi bambini e poi annuì sorridendo.

-Il luogo in cui appariremo è Imladris e probabilmente ci sarà ad aspettarci il Signore di quelle terre- disse lui, poi abbassò il capo e pronunciò delle parole incomprensibili alle orecchie della donna e una luce abbagliò la sua vista per qualche secondo.
Quando riaprirono gli occhi, si ritrovarono davanti ad un panorama mozzafiato, una vista che mai aveva avuto l'onore di osservare nella sua lunga vita.
Si voltò a guardare se casa sua era alle sue spalle e se davanti alla porta c'era Marcurio, ma dietro di lei c'erano solo colonne coperte da rampicanti e fiori d'ogni tipo e colore.

-Benvenuta nella Terra di Mezzo mia cara- disse Gandalf appoggiandole una mano sulla spalla.

Un uomo, anzi un Elfo alto con i capelli castani e uno sguardo dolce, ma pieno di gloria si fece avanti con le braccia aperte.

-Benvenuti a Gran Burrone, vi stavamo aspettando- disse sorridendo in modo paterno.

-Mamma, vuole che lo abbracciamo?- chiese Shan vedendo che l'Elfo teneva ancora le braccia aperte.

Morwenna soffocò una risata e rispose alla sua bambina.

-No tesoro, anche se non penso che ti caccerebbe via se lo facessi-.

Bittre venne portato alla stalle insieme a molti altri cavalli e ad un pony e loro vennero invece accompagnati in una stanza molto ampia dov'era situato un letto matrimoniale e due letti singoli.

-Vi piace questo posto?- chiese Morwenna ai suoi figli.

-Si, ma... mi manca Marcurio.- rispose Sam rabbuiandosi un po'.

La donna l'abbracciò e gli accarezzò i capelli, poi sospirò e disse:

-Lo so piccolo mio, anche a me manca molto, ma la mamma deve compiere dei doveri qui. Vedrai, torneremo presto.-

Decise di andare a passeggiare in quel luogo meraviglioso e di far sentire ai bambini il calore del sole che da molto tempo ormai non riuscivano più a goderselo.
Poco distante da loro videro un'Elfa bellissima che leggeva seduta su una panca di pietra. I capelli corvini le scendevano lunghi sul petto e incorniciavano un viso diafano e degli occhi blu come il mare.

Angolino autrice:

Beh, che dire? chi vi ha mai regalto due capitoli in un giorno solo? io!!! che bello! mi fa piacere vedere quante persone leggono la storia, ma intristisce un po' non vedere nemmeno una recensione di due parole. Mi accontento anche di un "brava", oppure "schifo assoluto" , oppure "continua così", o ancora " nascondi la testa nella sabbia", ma nulla, non arriva nulla xDD vi ringrazio comunque per aver calcolato la mia storia xDD al prossimo capitolo!!


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Capitolo 6
*** Il consiglio ***


Il consiglio


-È da tanto tempo che non vedo dei bambini- disse la fanciulla alzandosi in piedi.

Si avvicinò a passo lento, non si sentiva nemmeno da quanto era leggiadra eppure avanzava senza difficoltà. Anche gli Elfi di Tamriel avevano questa caratteristica, riuscivano a camminare nella notte più profonda senza il minimo sforzo visivo e senza farsi sentire.
Quando la dama arrivò a loro sorrise e divenne ancora più bella e radiosa di prima.

-Dovete essere Aranel, giusto?- chiese l'Elfa.

Samuel e Shan guardarono la loro madre per qualche secondo, aspettavano una risposta poiché non capivano perchè quella donna l'avesse chiamata in quel modo.

-Morwenna mia Signora.- rispose il Dovahkiin sorridendo leggermente.

La Dama capì in un batter d'occhio la situazione. Sperava che la donna riuscisse a ricordare una volta messo piede nella Terra di Mezzo, ma probabilmente ci sarebbe voluto un momento forte per farle riacquistare la memoria, non bastava toccare la terra natia.

-Avete un bel nome. Io sono Arwen, figlia di Re Elrond e voi?- chiese guardando i bambini.

-Loro sono le gemme più preziose che possiedo: Samuel e Shan.- rispose Morwenna stringendo le spalle del figlio.

Arwen accarezzò i loro volti, poi guardò ancora una volta Morwenna e disse:

-Mio padre, Gandalf e molte altre persone attendono il Dovahkiin al consiglio. Immagino che sarà li che scoprirete il motivo della vostra presenza a Gran Burrone.- osservò la donna guardare i suoi piccoli e così aggiunse -Non preoccupatevi, li guardo io.-.

Morwenna annuì e dopo aver dato un bacio sulla fronte di ognuno dei suoi piccoli, li lasciò andare con la splendida dama.
Poco dopo però si voltò ricordandosi d'un colpo che lei non era mai stata li e quindi non sapeva dove recarsi.

-Voi dovete essere il Dovahkiin.- disse una voce alle sue spalle.

Morwenna si girò di scatto scorgendo un alta figura vestita elegantemente, un altro Elfo la guardava come se fosse un'antica statua perduta e ritrovata dopo tanto tempo.
L'Elfo aveva lunghi capelli biondi che cadevano sulle spalle come cascate cristalline sulle rocce, le orecchie a punta erano completamente scoperte e appena sopra di esse si trovavano due treccioline fini che domavano la chioma chiudendosi in un nodo dietro la nuca.
Ma quello che più colpì Morwenna furono gli occhi glaciali, non c'era calore in essi, ma per quanto facesse freddo in quelle iridi celesti, sentiva che il suo cuore batteva per la bontà.

-E voi siete?- chiese la donna accennando mezzo sorriso.

-Legolas, figlio di Thranduil- rispose l'Elfo appoggiando una mano sul suo petto e chinando leggermente il capo in segno d'inchino.

-Potete accompagnarmi al consiglio? È la prima volta che metto piede in questo Regno... a dir la verità è la prima volta che metto piede in questo pianeta, anche se molti dicono che non è così- chiese Morwenna avvicinandosi di qualche passo.

Legolas di tutta risposta prese sottobraccio la donna che rimase bloccata per qualche secondo da quel suo gesto così elegante e aggraziato. Nessuno l'aveva mai trattata come una dama, ma solo come una guerriera che non sapeva donare altro che sangue e terrore.
Cominciarono a camminare sotto gli archi fioriti di Gran Burrone finchè non arrivarono in un luogo nascosto da alti alberi e circondato da varie sedie su cui si poggiavano già molte persone.
Legolas sorrise a Morwenna e le lasciò andare lentamente il braccio facendole cenno di accomodarsi al fianco di un piccolo nano...no, non era un nano, ma lei non sapeva esattamente a che razza appartenesse.
La donna si sedette e subito sentì gli occhi di tutti i presenti puntati su di lei e questo non le piacque, anche se ormai doveva esserci abituata visto che a Skyrim tutti la guardavano in quel modo e tanti s'inchinavano al suo passaggio come se fosse una nobil donna.
Un uomo in particolare non le toglieva gli occhi di dosso durante tutto il discorso di Re Elrond: i capelli gli arrivavano appena alle spalle ed erano castani, o forse no, non capiva bene il colore di quella chioma che sotto i raggi solari sembrava quasi ramata. Gli occhi erano azzurri e quasi ridotte a fessure mentre osservava la donna.

-Mio Signore Elrond- cominciò l'uomo obbligando l'arresto delle parole del Sovrano -non voglio essere ne maleducato ne tantomeno irrispettoso nei vostri confronti e in quelli dell'intero consiglio, ma perchè mai è stato permesso ad una donna di prendere parte alle nostre discussioni?-.

L'espressione di Morwenna cambiò all'istante. Il suo viso dapprima rilassato era ormai ricoperto d'ira e senza nemmeno accorgersene s'era alzata in piedi e aveva impugnato la sua Frangialba e le sue gambe si muovevano in direzione dell'uomo.
Tutti scattarono all'istante e la mano dello stregone cercava, senza alcun risultato, di trattenere la donna per il braccio. Ma la lama della donna toccava già il collo dell'uomo che non ebbe il tempo di rendersi conto in che situazione spiacevole si era cacciato. Tutti puntavano le loro spade addosso al Dovahkiin, che, noncurante, continuava a puntargli l'arma contro.

-Non avete davanti una donna, avete davanti un Sangue di Drago, un Dovahkiin, una creatura venuta da un altro mondo per salvare voi altri.- ringhiò lei prima di abbassare la spada e guardare tutti coloro che la tenevano sotto le loro lame per proteggere l'uomo.

Le armi vennero rinfoderate nell'istante in cui Re Elrond parlò e calmò le acque in favore di Morwenna, che come se niente fosse successo tornò a sedersi accanto all'omino.

-Non dobbiamo farci la guerra tra di noi e Boromir- disse il Re guardando l'uomo negli occhi -come Morwenna ha già accennato, lei non è una semplice donna, è un Dovahkiin di Tamriel, un ammazzadraghi-.

Tutti si rilassarono e il Re continuò il suo discorso finchè non chiese a Frodo, così si chiamava il piccoletto seduto vicino a lei, di appoggiare l'anello su di una piccola colonnina di pietra.
Morwenna, che prima guardava Boromir infuriata, subito si girò a guardare quel piccolo gingillo dorato. “Aranel” sentiva nella sua testa; non riusciva a captare più alcun suono, solo una voce profonda che sussurrava quel nome e l'attirava a se come se fosse l'unico appiglio da poter afferrare prima di cadere da un precipizio, l'unica via, l'unica strada verso il tutto.
La donna si alzò vittima del potere dell'anello e avanzò a passi lenti verso di esso con la mano tesa e le dita pronte ad accarezzarlo.

-No! Morwenna!- urlò Gandalf bloccandola per il polso.

Al tocco con la mano dello stregone, Morwenna riprese il controllo della sua testa e si voltò verso di lui con gli occhi anneriti dall'incantesimo.

-Morwenna, non guardarlo.- disse Gandalf attirandola a se.

-Perchè?- chiese lei con gli occhi ancora oscurati.

Gandalf capì che non era finita, l'incantesimo non era del tutto andato via. Nessuno osava muoversi, erano come incatenati alle loro sedie, ma con gli occhi sbarrati e il fiato corto seguivano ogni piccolo movimento del Dovahkiin temendo il peggio ogni qualvolta le sue mani si avvicinavano all'anello.
D'un tratto il mago appoggiò una mano sul viso di Morwenna e abbassando il capo e chiudendo gli occhi, bisbigliò qualcosa e poco dopo gli occhi della donna cambiarono di nuovo colore divenendo ambrati come in origine.

-Gandalf- sussurrò lei prima di accasciarsi a terra incosciente.

Ma quel che stupì tutti non fu vedere l'enorme debolezza celata dietro ad una guerriera com'era Morwenna, ma come nessuno ebbe il coraggio di avvicinarsi a lei e soccorrerla.
Rimase per molti minuti coricata a terra senza aprire gli occhi nemmeno una volta, quando un uomo si avvicinò e la prese in braccio, portandola via da quelle persone che avevano messo da parte la pietà e la lucidità.
Boromir camminava veloce per i lunghi corridoi in cerca della stanza della donna e presto dietro di lui si cominciarono a vedere le sagome dei membri dei consiglio che, come sciolti da una potente magia, si resero conto di ciò che avevano fatto, o meglio che non avevano fatto.
Quando trovò la camera, aprì la porta con un calcio e adagiò il Dovahkiin sul letto.

-Andiamo! Donna! Svegliati su!- diceva l'uomo di Gondor schiaffeggiando senza molta delicatezza il viso di Morwenna.

Dopo qualche minuto entrarono due bambini nella stanza e il più grande puntò una spada di legno sulla schiena di Boromir facendolo sobbalzare.

-Lascia stare la mia mamma!- urlò Samuel.

Intanto Shan si era fiondata sul letto e aveva abbracciato Morwenna cominciando a piangere.

-Cos'avete fatto alla mia mamma?- chiedeva la bambina tra le lacrime.

Boromir alzò le braccia in segno di resa e sorrise leggermente, poi guardò Shan e disse:

-È solo svenuta bambini, si sveglierà presto-.

Gola del mondo, un secolo prima...

Quando i Barbagrigia parlarono al Dovahkiin di una guida che loro seguivano per apprendere le arti più antiche, non si aspettava di ritrovarsi difronte ad un drago.
Era bello e spietato allo stesso tempo, faceva paura come tutti gli altri draghi, ma nei suoi occhi c'era la saggezza infinita acquistata negli anni tra la guerra contro suo fratello, contro se stesso.
Phaarturnax cominciò a parlare al Dovahkiin spiegandole tutto per filo e per segno e parlò di un'antica pergamena che serviva per capire come sconfiggere suo fratello Alduin.
Ma non fu quella la missione più pericolosa da compiere, anche se tornare indietro nel tempo ed imparare un urlo dai Dovahkiin di un tempo non fu certo una cosa facile da superare. Si sentiva quasi come se lei contasse nemmeno un quarto di quel che erano i suoi antenati, come se valesse meno anche se stavolta non aveva compagni capaci di padroneggiare il Thu-um come lei e doveva uccidere il divoratore di mondi da sola.

-Il tuo Thu-um è forte- diceva il drago mentre le insegnava delle nuove tecniche.

Si sentiva una bambina alle prime armi, eppure Tamriel aveva scelto lei per salvare la sua regione, non una, ma due volte. Qualcosa doveva pur dire, ma Morwenna non se ne spiegava la ragione.


Morwenna si svegliò ritrovandosi distesa su un letto, coperta da morbide lenzuola di cotone bianco, ricamate finemente con fiori e paesaggi meravigliosi.

-Mamma!- urlò Shan scuotendo la donna.

-Shan...- sussurrò lei abbracciandola stretta.

Qualcuno bussò alla porta e quando questa si aprì, entrò Dama Arwen e fu come una visione, come se il mondo si fosse fermato e la stanza avesse preso a roteare attorno alla sua meravigliosa figura angelica.
Sussurrò delle parole alle sue orecchie incomprensibili e una luce si liberò nella sua mente sotterrando loscurità una volta per tutte.

-Dama Arwen, cosa mi è successo?- chiese cercando di mettersi seduta.

Arwen si sedette al suo fianco e l'aiutò, poi sospirò e cominciò a raccontare cos'era accaduto, cautamente le disse anche cosa ne pensava lei:

-Tuo padre ti sta cercando Aranel, Stella del Re del Nargothrond. Non sai quanto mi duole non poterti raccontare la tua storia, non sai quanto io soffra a vederti disorientata e incapace di comprendere.-

Arwen sorrise debolmente e accarezzò il viso del Dovahkiin che lasciò cadere una sottile lacrima dai suoi occhi ambrati.

-Però nessuno mi vieta di farti vedere un ritratto dei tuoi genitori. Lo conservo da molti anni, me l'ha dato tua zia, la Dama della Luce- così disse e poi le porse un foglio di tela.

Morwenna aprì quel foglio e il suo cuore prese a battere velocemente, neanche quando combatteva il petto si alzava e si abbassava così velocemente. Aveva davanti a se i suoi genitori, quelli veri, quella che le avevano donato la vita immortale, ma in realtà non era così. In quel ritratto c'era solo sua madre e l'uomo che l'aveva cresciuta.

-Somigli molto a tua madre.- disse Arwen sorridendo.

Morwenna passò l'indice sul volto di sua mamma soffermandosi suglii occhi dove sembrava si stesse specchiando. Era bella, bellissima, e solo ora il Dovahkiin poteva capire perchè due uomini così importanti s'innamorarono di lei, non riusciva a guardare altrove, lei brillava.
Morwenna porse il dipinto ad Arwen, poi si alzò dal letto e disse:

-Grazie Arwen, non mi dimenticherò del vostro gesto e del vostro affetto-

Shan, ch'era rimasta a guardarla in silenzio, scese dal letto e prese per mano Arwen chiedendole di portarla da suo fratello che ora si trovava con Aragorn.
Arwen prese la mano di Morwenna e le diede il dipinto:

-Questo è vostro, appartiene a voi, è il vostro passato non il mio.-

La Dama uscì dalla stanza con Shan impaziente di dire a Samuel che la loro mamma si era svegliata e stava bene. Morwenna si vestì in fretta ed uscì dalla camera in cerca di Gandalf, lo trovò a chiacchierare con due Hobbit così simili tra loro da sembrare fratelli.

-Oh! Morwenna, ben svegliata, come vi sentite?- chiese il mago arrestando il discorso con i due mezz'uomini e avvicinandosi a lei.

-Bene Gandalf, ma non ricordo molto e sono qui per chiedere spiegazioni. Non posso attendere oltre, io voglio sapere.- rispose lei guardandolo dritto negli occhi.

Gandalf congedò Marry e Pipino e portò Morwenna sotto una piccola cupola di pietra sorretta da colonne in ferro battuto e li si sedette su una panca dove s'intrecciava dell'edera verde e rigogliosa.

-Mia cara Dovahkiin, mi è stato proibito di parlare con voi del vostro passato, ma vi vedo disorientata e questo v'indebolisce. Non sapere, il più delle volte, porta disagi e guai, quindi è giusto che io vi accenni qualcosa.- iniziò a parlare lo stregone.

Morwenna si sedette al suo fianco e ascoltò le parole del saggio con grande attenzione.

-Tu nascesti nella Prima Era di questo mondo, tua madre Marwel era un'Adan e viveva in un villaggio circondato dalla foresta del vecchio Brethil. Era un medico straordinario e una notte, dei servi dell'Oscuro Signore, bussarono alla sua porta e la portarono via senza dirle ne dove ne perchè. Arrivò a Tòl Sirion e li incontrò Sauron ferito nel suo letto, bada bene però che ai tempi aveva l'aspetto di un Noldo, un Elfo bellissimo e terribile allo stesso tempo. Marwel rimase affascinata da lui e lo curò con grande affetto e Sauron questo lo notò. Lui s'innamorò della Dama che gli aveva salvato la vita e lei cominciava a provare qualcosa per lui. Ma nella mente di Marwel ogni notte veniva a trovarla un altro Elfo ancora più bello, ma non terribile come Sauron, bensì dolce, affettuoso e luminoso. Finrod era il suo nome e dopo qualche mese andò a salvare tua madre portandola nel suo regno e amandola come fosse l'unica al mondo. Tua madre però scoprì di essere incinta e non di Finrod, lui l'accettò comunque giurando di proteggere lei e il suo bambino, anzi, bambina cui fu dato il nome Aranel, la Stella del Re. Ma quando crescesti tuo padre, il tuo vero padre, ti venne a prendere e ti strappo dalle mani di tua Zia con cui stavi passeggiando tranquillamente nel Regno di Finrod. Non posso dirti nulla di più Morwenna, sappi però che saprai la verità prima della fine, te lo prometto.-

Angolino autrice:

Mi fa piacere vedere che c'è tanta gente a cui piace questa storia, come sempre mi piacerebbe ricevere qualche recensione, ma vabbeh non fa niente, mi accontento dei lettori xDD  spero che vi piaccia questo capitolo! alla prossima :)

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Capitolo 7
*** La triste morte attende ***


La triste morte attende


Passarono due giorni ancora e poi Gandalf annunciò ch'era giunta l'ora di partire e tutti si affrettarono a preparare i bagagli e Morwenna a preparare psicologicamente se stessa e i bambini poiché sarebbero rimasti a Gran Burrone con Sire Elrond e sua figlia Arwen. Non poteva portarli con se, era troppo pericoloso, ma con sua grande sorpresa e soddisfazione lo capirono subito e non fecero capricci, forse era anche merito delle attenzioni che riservava loro la Principessa, ma chi può dirlo?
Si trovavano nel cortile e Elrond stava dando loro i migliori auguri e accorgimenti prima della partenza; Morwenna non potè fare a meno di notare gli occhi di Aragorn e quelli di Arwen incontrarsi più volte e vide l'amore aleggiare tra di loro, ma non sapeva quanta tristezza racchiudevano i loro cuori.
Il Dovahkiin abbracciò i suoi bambini e diede loro un bacio ciascuno, poi si avvicinò ad Arwen e le prese le mani stringendole tra le sue.

-So che è inutile che lo dica, ma...- cominciò Morwenna.

-Mi prenderò cura di loro e li proteggerò sempre come fossero i miei bambini, ve lo prometto.- finì la Dama accennando un sorriso.

Morwenna rispose anche lei con un sorriso di rimando, poi accarezzò i volti di Samuel e Shan, sospirò e si voltò per seguire la compagnia.
Il sole si alzava sempre di più riscaldando il capo dei compagni di viaggio e facendoli boccheggiare appena come fosse estate, ma l'aria gelida che veniva dalle montagne innevate attorno a loro, li faceva tornare alla realtà scompigliando i loro capelli e obbligandoli a coprirsi alla meno peggio con i loro mantelli.

-Da dove venite voi fa così freddo?- chiese Boromir avvicinandosi a Morwenna.

-So che siete stato voi a soccorrermi al consiglio, vi ringrazio. Potete darmi del tu se volete e comunque si, io abito nel Pale, un posto molto freddo sotto le montagne, quindi sono abituata al gelo e all'inverno.- rispose lei senza togliere lo sguardo dalla via.

-Anche te puoi darmi del tu se vuoi e non devi ringraziarmi di niente perchè prima di salvarti ti ho offesa.- finì l'uomo rallentando il passo per affiancarsi ad Aragorn.

Morwenna continuava a camminare tenendo un ritmo lento e deciso, vedeva faticare gli Hobbit e incuriosita da quelle creature che non aveva mai visto, si avvicinò a quello che chiamavano Sam che parlava con gli altri due incontrati due giorni prima con Gandalf.

-Scusate, forse posso sembrare una maleducata, ma non ho mai visto un Hobbit, da dove vengo io, non ce n'è. Sono solo curiosa di conoscervi, infondo siamo nella stessa compagnia- si giustificò Morwenna vedendo gli occhi dei suoi compagni di viaggio sgranarsi spaventati.

-Il mio nome è Samvise, ma mi chiamano Sam, lui è Meriadoc, Merry per gli amici- disse indicandoo uno di loro – e lui è Peregrino, o Pipino come lo chiamiamo noi-.

Morwenna sorrise e rispose:

-Io sono Morwenna, ma qui mi chiamano Aranel, a Tamriel Dovahkiin o Sangue di Drago, ma quello che preferisco di più è mamma, come mi chiamano i miei bambini.- finì la frase allargando la bocca in un sorriso divertito.

Anche gli Hobbit risero e attirarono l'attenzione di Legolas che si affiancò loro.

-State facendo amicizia vedo- disse l'Elfo guardando Morwenna.

-Si Principe, voglio sapere chi dovrò difendere- rispose lei girando il volto verso il suo.

-Fermiamoci a riposare- disse Gandalf indicando un mucchio di rocce in mezzo ad una verde collina.

Subito gli Hobbit accesero il fuoco e si prepararono qualcosina da mangiare , poi una volta finito presero a fare esercizi di scherma con Boromir che sembrava divertirsi anche più di loro, ma la parte migliore arrivò quando Merry e Pipino atterrarono l'uomo e poi anche Aragorn ch'era giunto in suo soccorso. Una sonora risata uscì dalla gola del Dovahkiin che divertita andò ad aiutare i due figli di Gondor.

-Ma che uomini!- disse poi deridendoli.

Merry e Pipino si guardarono, sorrisero e cercarono di gettarsi addosso a Morwenna per farla cadere come Boromir e Aragorn, ma questa si voltò a guardarli e pronunciò “Fus” facendoli sbilanciare e cadere a terra.
Tutti si girarono a guardare la scena rimandendo a bocca aperta: quando Morwenna pronunciò quella parola, una ventata di energia bluastra si sprigionò dal suo corpo e come un forte vento fece perdere l'equilibrio ai due mezz'uomini.

-Cos'era quello?- chiese Gimli che s'era avvicinato di gran corsa.

-Il mio Tu-hum.- rispose lei sorridendo soddisfatta.

-I Crebain dal Dunland!- urlò Legolas mettndo in allarme tutta la compagnia.

Il Dovahkiin non capì subito, ma vedendo gli alri fuggire a nascondersi tra le rocce fece lo stesso e finì addosso a Boromir dall'agitazione.
Quando quegli uccellacci passarono sopra le loro teste e superarono il loro nascondiglio, Morwenna guardò Boromir e divenne rossa per l'imbarazzo.
L'uomo la teneva con una mano appoggiata alla sua schiena e una gamba tra le sue cosce, una volta resosi conto della posizione a dir poco imbarazzante, si slegò dall'intreccio e uscì allo scoperto.
Morwenna fece lo stesso allontanandosi da lui e avvicinandosi a Gandalf per chiedergli spiegazioni.

-Spie di Saruman, il passaggio a Sud è sorvegliato. Dobbiamo prendere il passo di Caradhras.- disse lo stregone indicando delle montagne innevate.

Passarono dall'autunno all'inverno in un solo istante, tempo di prendere il passo tra le montagne innevate che Frodo, il portatore dell'anello, scivolò rotolando per qualche metro prima di essere soccorso da Aragorn. Perse l'anello in mezzo alla neve. Morwenna si avvicinò, lo guardò a lungo e di nuovo una voce s'insinuò nella sua mente:

Aranel...mia stella, i nostri destini sono intrecciati come rami tra le chiome degli alberi. Non avere timore di me...

-Morwenna!- la chiamò a gran voce Aragorn.

Lei staccò gli occhi dal gingillo e guardò gli occhi grigi del Ramingo cercando delle risposte a domande che nemmeno sapeva fare, spiegazioni a parole che non riusciva a pronunciare.
Fu Frodo ad avvicinarsi per primo; prese l'anello e se lo legò al collo nascondendolo sotto gli indumenti, poi proseguì affiancandosi ai suoi amici, mentre Morwenna rimaneva immobile a fissare il pallore gelato ai suoi piedi.
Aragorn avanzò e le alzò il mento con le dita, piano come se fosse di cristallo e avesse paura di frantumarla in mille pezzi con una sola carezza.

-Non è colpa tua, tutti siamo attratti dall'anello e tu più degli altri, ma sta a noi decidere se cadere in tentazione o lottare contro il suo potere. Lotta Aranel, fallo per te.- sussurrò prima di lasciarle il viso e di raggiungere il resto della compagnia.

Una lacrima solcò il viso del Dovahkiin e cadde a terra sciogliendo qualche fiocco di neve.
Nella sua testa risuonò la canzone che ormai accompagnava molte sere nelle taverne di Skyrim.

È un eroe, è un eroe dal cuore guerriero,
ascoltate, ascoltate è il Sangue di Drago.
Il suono della voce lo rende un Nord fiero!
Udite, udite è il Sangue di Drago!
Dei nemici di Skyrim il fato è segnato.
Attenti, attenti è il Sangue di Drago!
Rotta la tenebra la leggenda è forte,
perchè il Sangue di Drago non teme la morte.

Eppure non si sentiva un eroe, in quel momento era piccola piccola mentre attorno a lei tutto diventava enorme e la sovrastava, il peso della responsabilità diventava sempre più grosso e sfondava il suo petto togliendole il respiro.
Continuarono a viaggiare finchè la montagna non cominciò a cedere e furono ricoperti di neve dalla testa ai piedi, ma non era una coincidenza o il peso del ghiaccio a frantumare il monte, bensì Saruman che cercava di deviare loro la via e farli tornare indietro nelle sue grinfie.
Dopo vari incantesimi da parte di Gandalf, decisero di cambiare direzione per il bene di tutti, ma il viso dell'anziano stregone non gioiva della decisione del piccolo Hobbit di prendere la strada che passava attraverso le miniere di Moria.
Non ebbero altra scelta che proseguire per l'antico Regno dei Nani, e quando Morwenna si trovò davanti alla porta rimase a bocca aperta. Sembrava un dipinto e brillava come ricoperto d'argento.

-Ithildin, riflette solo ai raggi del sole e della luna...- disse Gandalf mentre faceva scorrere le dita sui disegni.

-C'è scritto: Le porte di Durin, Signore di Moria. Dite amici ed entrate.-

Ma quando l'anziano saggio pronunciò le parole magiche che credeva fossero la chiave, non successe nulla e tutti furono costretti a rimanere la fuori mentre Gandalf cercava nella sua testa un qualche ricordo di un incantesimo che potesse aiutarli ad entrare.
Morwenna si sedette su un masso intenta a riposare i piedi dal lungo viaggio appena affrontato, quando si accorse che qualcuno la stava osservando. Sentiva i suoi occhi puntati addosso, quelle iridi azzurre scivolavano sul suo corpo come acqua piovana e lei non potè fare a meno d'incontrarle, non senza un forte imbarazzo.
Boromir era seduto poco lontano da lei e la osservava come fosse l'unica cosa attorno a lui.
La portà si aprì e tutti si alzarono ansiosi di entrare e continuare il loro percorso, ma appena arrivati dentro si levò davanti a loro uno scenario drammatico: i corpi senza vita, anzi ormaii gli scheletri, di migliaia di nani erano atterra trafitti da frecce nere. Gimli cominciò a urlare di dolore poiché non si aspettava di vdere la sua gente sterminata così brutalmente e Boromir borbottò un “non saremmo mai dovuti venire qui”. Ma il peggio avvenne quando l'urlo di Frodo e di Sam che cercava aiuto da Aragorn, riecheggiò nelle miniere gelando il sangue dell'intera compagnia.
Morwenna si girò e vide un grosso tentacolo trascinare il portatore dell'anello fuori dalle miniere e poi su in alto come volesse guardarlo sotto la luce delle stelle.
Così il Dovahkiin, non per prima, si precipitò all'inseguimento della creatura e richiamò a se il potere del Drago e quando le fauci del mostro si aprirono e ne uscì una ventata di putrido alito di morte, ella sguainò la spada e pronunciò il “Fus Ro Dah” e come prima aveva fatto, con minor potenza, con Pipino lasciò andare la sua energia che si scagliò sul mostro facendolo voltare violentemente e lasciando ai guerrieri il tempo di salvare lo Hobbit che cercava disperatamente di liberarsi dalla stretta mortale.
Fu Aragorn a tagliare di netto il tentacolo e Boromir a prendere al volo Frodo che spaventato gli si strinse addosso come un bambino svegliato da un incubo.
L'ultimo a rientrare nella caverna fu Legolas che mirò gli occhi della bestia tentando di accecarla e farla allontanare, ma quello che scatenò fu solo ira che rase al suolo l'ingresso e bloccò la compagnia all'interno di Moria.
Gandalf tentava di ristabilire l'ordine e di far scivolare via l'agitazione degli istanti prima, ma la paura di rimanere intrappolati la dentro era più forte di quella che poteva sorgere davanti alla bestia appena combattuta.
Un passo dopo l'altro e si ritrovarono tra le rocce e l'umidità di quel che un tempo era stato un grande Regno Nanico; le sale erano talmente ampie che ogni piccolo suono rimbombava e rimbalzava da una parte all'altra facendosi eco.
Si fermarono perchè la mente del mago si era bloccata e non ricordava più la via, così ebbero modo di riposarsi e di riprendersi dalla lotta.
Morwenna si sedette di fianco ad Aragorn che aveva portato una mano al petto ed era intento a far scivolare le dita su un ciondolo, un ciondolo davvero bello e luminoso.

-Brilla perchè è il vostro cuore a farlo? Cantano all'unisono, questo è certo.- disse lei guardandolo e poi posando gli occhi su Boromir senza volerlo.

-E il vostro cuore? Canta insieme ad un altro? O non c'è spazio per l'amore nel Sangue di Drago?- così rispose Aragorn stringendo la Stella del Vespro.

Morwenna lo guardò stupita, ma sorrise quasi subito distogliendo lo sguardo e posandolo di nuovo sul viso del figlio di Gondor.

-Il mio cuore è duro, ma qualcosa mi dice che prima o poi qualcuno vi farà breccia e lo incendierà, ma non è ancora giunto il tempo.-

-Non potete deciderlo voi quand'è tempo- disse Aragorn alzandosi in piedi e lasciandola sola.

-No, non posso.- sussurrò lei abbassando il volto.

Gandalf ritrovò la memoria, o il naso in quel caso e li portò verso il vero Regno sotterraneo, bello da portarsi via l'aria dai polmoni e imponente da far tremare ogni eroe alla vista.
La luce del bastone del mago però non faceva altro che rendere tetra la via, poiché sembrava che il nemico dovesse spuntare da un momento all'altro da dietro le alte colonne.
Gimli fu il primo a ridestare la mente della compagnia, ma non per notizie liete.
Corse in una stanza da dove il sole penetrava solo per illuminare le incisioni di una tomba e quando il nano cadde inginocchiato a terra e le sue lacrime defluirono dai suoi occhi vecchi e stanchi, Morwenna si avvicinò a lui e appoggiò una mano sulla sua spalla tentando di infondergli conforto.

-È di tuo padre la colpa! Lui solo fa calare le tenebre in questo mondo!- urlò togliendosi la mano della donna di dosso.

Lei abbassò lo sguardo fino ad arrivare al corpo del Nano, s'inginocchiò al suo fianco e guardò la tomba sfiorandone la fredda pietra e cominciò ad intonare una canzone:

Ti saluto fratello che hai visto la morte,
ma le membra sono ormai fredde,
tempo non hai più per raccontare del suo volto,
i tuoi occhi hanno visto ciò che ancora a noi è celato.

La vita è fuggita dal tuo cuore che più non batte,
dal sangue che più non scorre,
dalle parole che più non escono dalle tue labbra,
dalla saggezza che più non potrà portare consigli.

Difenderò il tuo nome davanti al nemico,
abbraccerò il tuo pensiero ogni notte e ogni di,
respirerò attraverso il tuo canto,
finchè non potrò rivederti ancora.

Tutti rimasero in silenzio ed ascoltarono con la mano sul cuore e quando ella finì, il Nano strinse la sua mano come a volerle chiedere scusa e lei si alzò in piedi affiancandosi a Gandalf.
Egli lesse un libro che spiegava cosa fosse successo prima della presa di Moria, ma alla fine della lettura uno degli Hobbit fece un gran rumore facendo cadere uno scheletro vestito d'armatura dentro un pozzo.
I tamburi negli abissi di cui aveva letto il mago si fecero sentire e disturbarono la quiete d'un attimo prima.
Delle frecce quasi colpirono Boromir e il cuore del Dovahkiin sobbalzò e le sue mani afferrarono il mantello dell'uomo facendolo arretrare e salvandolo dalla morte.
Non c'era tempo per i ringraziamenti e si misero subito all'opera per cercare di bloccare la porta: i Goblin stavano arrivando.
Si prepararono all'assalto del nemico tirando fuori il coraggio, le spade e gli archi; anche Morwenna incoccò una freccia e tenne l'arco teso fino all'arrivo dei mostriciattoli.
Ma al loro arrivo la porta venne distrutta e non da quei piccoli esseri ripugnanti, ma da un enorme Troll che lasciò un millesimo di secondo senza parole la donna che senza indugiare ancora tirò fuori la sua spada e si fece strada tra i nemici uccidendoli senza pietà alcuna.
Arrivò davanti al Troll e quello fece roteare la sua mazza nell'intento di colpirla, ma Boromir fu più svelto e l'afferrò per un braccio trascinandola a se.

-Così siamo pari- disse prima di staccarsi da lei e continuare a trucidare i Goblin.

Ma il Dovahkiin tornò davanti al Troll e raccolta l'energia necessaria lanciò il suo Tu Hum così forte che barcollò anch'ella e fece cadere il grosso nemico schiacciando gli alleati e riducendoli in poltiglia.
Così gli altri che se n'erano accorti, si scagliarono sulla bestia, ma questo si alzò facendoli volare metri di distanza da lui e facendoli schiantare sulle pareti.
L'Elfo fu il più veloce a rialzarsi e riuscì a salirgli addosso e a conficcargli due frecce sul capo facendolo lamentare per il dolore.
Dopo svariati tentativi e colpi, riuscirono ad abbatterlo e questo cadde con enorme frastuono a terra, ma Morwenna sembrava l'unica felice di ciò, tutti gli altri s'erano radunati in un angolo dove, solo ora l'aveva notato, giaceva il portatore a terra immobile, trafitto da una grossa lancia.
Corse verso di lui e spinse via Aragorn e il mago senza nemmeno rendersene conto e lo girò di scatto facendolo tossire. Stava bene, come fece a scamparla glielo mostrò subito sbottonandosi la camicia sotto la quale ne riluceva un'altra, ma più speciale della prima.
Si alzarono di scatto e cominciarono a correre tra le alte colonne cercando di scappare dai Goblin che si erano fatti più numerosi uscendo dalle crepe del soffitto e del pavimento.
Ma d'un tratto, quand'erano riusciti a chiudere in cerchio la compagnia, un suono sordo come un grande masso caduto lontano, li fece scappare impauriti e rabbuiò il viso di Gandalf che ne rimase tutt'altro che rallegrato. Spiegò infatti che la creatura che si sarebbero trovati davanti se non fossero scappati subito, era anche peggio di un esercito di Goblin: un Demone antico, così lo chiamò il vecchio e disse ch'era aldilà delle loro forze e che la migliore scelta che potessero fare era quella di fuggire e di sperare di trovare un'uscita il più in fretta possibile.
Ma il peggio arrivò quando superarono il ponte, la loro salvezza, ma il mago rimase indietro cercando di bloccare il Balrog.

-Tu non puoi passare!- urlava il vecchio mago rilasciando scintille di luce dal suo magico bastone.

Morwenna cercò invano di tornare indietro ad aiutarlo, poiché il suo polso venne stretto dalla mano di Boromir che tentava di tirarla indietro ad ogni suo passo.

-Lasciami andare Boromir! Morirà!- urlava divincolandosi.

-E moriresti anche tu se ti lasciassi andare!- diceva l'uomo tenendola stretta.

Ma lei si dimenò e lo mandò via fuggendo dalle sue braccia e correndo verso il mago che sembrava avesse sconfitto il Demone, ma così non era. Un laccio infuocato tirò la caviglia di Gandalf e lo fece scivolare giù.
Morwenna arrivò troppo tardi, il mago aveva appena mollato la presa dalla roccia cui si teneva e lei allungò il suo braccio inutilmente poiché egli faceva già parte delle tenebre e non poteva più scorgere il suo viso.
Ma i Goblin non diedero loro il tempo di riprendersi, di piengere il loro amico scomparso, che scagliarono frecce cercando di ucciderli e facendoli fuggire fuori dove tutta la compagnia s'inginocchiò e pianse. Più di tutti gli Hobbit che non se ne facevano una ragione.
Morwenna ricacciò indietro le lacrime e guardò Boromir infuriata addossandogli le colpe, anche se in cuor suo sapeva che l'uomo non l'aveva fatto con l'intenzione di sottovalutarla, ma di salvarla e sottrarla allo stesso destino di Gandalf, ma non volle parlargli per giorni, fino all'arrivo a Lòrien.


Angolino autrice:

Ringrazio tutti coloro che leggono e spero che anche questo capitolo attiri la vostra attenzione :)

p.s. non ho idea del perchè ad un certo punto il carattere si faccia più grande, chiedo perdono xDD

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Capitolo 8
*** Il Bosco d'Oro ***


Il Bosco d'Oro

Adanedhel


Si addentrarono nella foresta e se prima procedevano a passo svelto, ora avevano rallentato e facevano ben attenzione a non fare rumore. Gimli mormorava che una fattucchiera si nascondeva tra gli alberi, una strega con grandi poteri, in grado d'incantare attraverso la mente.
Ad un tratto però furono bloccati da parecchi soldati con arco teo e freccia incoccata, solo quello che sembrava il Capitano non aveva armi alle mani, ma la sua lingua era tagliente come un pugnale.
Li portarono più in la e Aragorn conversò a lungo con lui cercando di convincerlo a laciarli proseguire, ma più il Capitano guardava Frodo, più il suo cuore gli diceva di farli tornare indietro. Fu quando incrociò lo sguardo di Morwenna che le si avvicinò che sussurrò “seguitemi”.
Camminavano incerti dietro l'Elfo che faceva loro strada tra costruzioni meravigliose intrecciate ad alti alberi splendenti.
Salirono una lunga scala a chiocciola ed arrivarono al cospetto dei sovrani, che non parlarono subito, ma soppesarono la ragazza dalla testa ai piedi.
Galadriel le si avvicinò per prima, le prese la mano e poi ancora in preda all'agitazione guardò Celeborn e gli chiese:

-E se Gandalf avesse sbagliato?-

Il marito Sovrano dei Boschi le sorrise e rispose:

-Galadriel, mia Dama, l'ansia vi rende forse cieca? Non avete visto i suoi occhi?-

Così la Signora si voltò e guardò le iridi ambrate e una lacrima scivolò dai suoi occhi e le labbra prima cupe, si delinearono a formare un dolce sorriso. Non l'abbracciò, poiché vide tante domande viaggiare nella mente del Dovahkiin, domande che attendevano impazienti risposte che il mago le disse di cercare proprio in lei, sua Zia.

-Stanotte riposerete bene- disse lei allontanandosi con il Sovrano.

Così, quando la Dama lasciò la sua mano, lei vide le sue speranze frantumarsi, credendo che non le avrebbe raccontato nulla, che forse non era ancora ora di sapere la verità, ma quella sera, mentre gli altri dormivano beati sotto le chiome secolari, la Dama chiamò Morwenna.

Aranel, mia Stella, segui i miei passi e avvicinati.

Così ella fece come da lei richiesto e si trovò davanti ad una statua, una bellissima statua che rappresentava due amanti che intrecciavano le loro dita e si scambiavano un bacio eterno.

-Aranel-

Ella sussultò e si voltò a vedere chi l'aveva chiamata e si ritrovò davanti Galadriel che camminava scalza con un lungo abito bianco.
Si sedette su una panca di pietra e le fece cenno di avvicinarsi e sedersi vicino a lei; le prese le mani tra le sue e pianse, per minuti il silenzio della notte fu disturbato dai suoi singhiozzi e Morwenna non seppe che dirle per tranquillizzarla, non fece nulla, la guardò e aspettò.

-Scusa bambina mia, mi dispiace averti recato così tanto dolore.- disse poi smettendo di tremare e cercando di ricacciare indietro le lacrime.

-Io non so nemmeno di cosa state parlando- rispose il Dovahkiin liberando la stretta sulle mani.

Così Galadriel sorrise e appoggiò una mano sulla sua guancia sapendo però che sarebbe potuto accadere il peggio, ma lei l'avrebbe curata se si fosse ferita, non avrebbe permesso a nessuno di strapparla alle sue cure, mai più.
Una serie d'immagini fluirono nella sua mente e fu come un sogno e lei vide ciò che le apparteneva.


Nella Prima Era....


Una bambina dai capelli corvini correva in un prato seguita da una donna dai lunghi capelli rossi e da un Elfo.

-Aranel!- urlava la madre impaurita che potesse ferirsi cadendo.

-Mia amata, non le accadrà nulla- diceva l'Elfo abbracciando la donna.

La bambina si fermò e raccolse un fiore, poi si rimise a correre e andò incontro ai suoi genitori.

-Ada!- urlò prima di piombarsi tra le braccia del padre.

Il sogno mutò e tutto si trasformò in fiamme.

Vide un lupo e un pipistrello addentrarsi nei saloni del Signore Oscuro e vide l'Elfo che la bambina aveva chiamato padre, battersi con un uomo alto e possente, oscuro nell'animo.
C'era anche lei, cercava di fermare il braccio della tenebra procurandosi nient'altro che ferite cadendo ripetutamente a terra.
Così la spada trafiggeva il corpo dell'Elfo biondo facendolo agonizzare a terra e il mostro s'allontanava piano con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto.
Aranel correva ad aiutare suo padre e piangeva, anche se ormai non era più una bambina, le lacrime scendevano e bagnavano il suo viso, il suo collo e il corpo del padre che aveva amato come tale, anche se in realtà non lo era.
Ma dal nulla spuntò gattonando sua madre, distrutta dal dolore di vedere suo marito morire in quel modo e i sensi di colpa l'assalirono come mai avevano fatto prima e cominciò ad urlare il suo nome come per poterlo guarire.
La mano che prima accarezzava il viso di aranel, ora si posava in quello di sua moglie e le dita cercavano invano di asciugarle il volto e di tranquillizzare il suo cuore.
Il mostro tornò e rise e prese per i capelli entrambe strattonandole e facendole inginocchiare al suo cospetto.

-Marwel... mi sei mancata- disse maligno prima di lasciarle cadere entrambe.

Ma Finrod alzò la mano e pronunciò poche parole in Elfico e prima che Aranel potesse protestare e avvicinarsi al padre morente, svanì e questo irritò parecchio l'uomo mostruoso che si avvicinò all'Elfo e lo infilzò ancora uccidendolo definitivamente, poi prese Marwel per un braccio e la buttò sopra il cadavere del suo amato; lei si girò e abbracciò Finrod, come per cercare protezione da colui che l'aveva salvata e che l'avrebbe salvata sempre e ne baciò le labbra delicatamente come se avesse paura di distruggerle e intrecciò le dita con le sue. Così rimase per sempre, poiché senza che se ne accorgesse, Sauron penetrò la sua carne con la stessa spada che aveva penetrato qulla del suo amore e morì con il viso che sfiorava quello di Finrod.


Quando ritornò in se, guardava Galadriel con occhi sgranati e la sua mente cominciò a ricordare ogni istante della sua vita precedente, ricordava i lunghi anni trascorsi a Tol Sirion con Sauron ed ai maltrattamenti subiti e agli incubi che accompagnavano le sue notti. Ricordò il viso di Finrod e quello di Marwel e pianse stringendo le mani al petto, come se avesse paura che il cuore battendo così forte potesse uscire e abbandonare il suo corpo per sempre. Rivedeva il sorriso dei suoi genitori mentre la guardavano giocare tra gli alberi del Nargothrond e rivide l'istante in cui Sauron la rapì mentre era a passeggio con Galadriel. D'istinto abbracciò sua Zia, come se in lei rivedesse la sua vita e tutto ciò che le avevano strappato senza che se ne accorgesse e in quegli istanti si chiedeva perchè dovesse patire quella sofferenza.
Ma la Dama sorrise e accarezzò il viso di Aranel, così si sarebbe fatta chiamare d'ora in avanti, e si allontanò un poco. Da una piccola scalinata argenta scese un uomo alto, dalla lunga chioma dorata e il viso che le ricordava molto quello di Ada.
Così Aranel si alzò e si avvicinò all'individuo.

-Tua madre rimase incinta di mio fratello Finrod poco dopo la tua scomparsa e diede alla luce Adanedhel- disse Galadriel prendendo per mano suo nipote.

-Mio fratello?- chiese Aranel con gli occhi che brillavano.

La Dama annuì semplicemente. In effetti in qualcosa si somigliavano, le sue iridi erano ambrate come quelle di lei, ma nel resto somigliava a suo padre.
Pareva un Elfo in tutto e per tutto, pure le sue orecchie erano a punta, il suo portamento fiero e la sua innaturale altezza non facevano che confondere chi lo osservasse. Un diadema portava sul capo, s'intrecciava con la chioma dorata lunga quasi fino alla vita e portava un anello al dito con una pietra verde e intrecci di piccole foglie d'argento.
Aranel avanzò ancora un poco, ma non osava toccare Adanedhel poiché egli sembrava così sacro e poco terreno e la sua espressione nascondeva le sue emozioni così che Aranel fece fatica a decifrarla.
Fu lui che le porse una mano e attese che le vi appoggiasse la sua e lo fece, ma solo dopo averlo guardato ancora un po'. Egli sorrise e strinse la mano del Dovahkiin, poi la guidò in mezzo alla boscaglia lasciando la Dama della Luce indientro.

-Molto mi ha parlato di voi mio padre. Non si dava pace e nemmeno nostra madre lo faceva, perchè poi? Non siete voi la figlia del servo fedele di Morgoth? Nel vostro sangue scorre lo stesso di un mostro che ha ucciso i miei genitori come cani! Ha ucciso un grande Re infilzandolo come una bestia!- prese ad urlare questo.

Aranel si staccò da lui e lo guardò stupita dalle sue parole. La disprezzava, nei suoi occhi leggeva la colpa di avergli tolto i genitori, ma lei centrava ben poco in realtà, di certo non l'aveva scelto lei il suo padre biologico.

-Ho scelto la via della Luce.- disse solo voltandosi indietro per tornare da sua Zia.

Adanedhel si appoggiò una mano sulla bocca, come per bloccare parole che ormai erano uscite e avevano ferito più di un pugnale.

-Lo so- disse poi avvicinandosi con in viso gli occhi di chi si è pentito -dovete scusare la mia collera, non è stato facile per me sapere da altri che loro erano morti per mano di Sauron-

-Pensate che per me sia stato meglio? Io ho visto nostro padre a terra morente e ho toccato il suo freddo viso, ho stretto le sue mani ghiacciate e ho sporcato le mie del suo sangue!- rispose lei girandosi verso il fratello e cominciando a piangere.

Si mise le mani davanti al viso e cadde in ginocchio; Adanedhel si avvicinò, s'inginocchiò dietro di lei e l'abbracciò forte, tanto da farle quasi mancare l'aria.
Tornarono indietro quando gli occhi di Aranel finirono le lacrime e quandoo gli altri la videro insieme ad Adanedhel sussultarono, specialmente Boromir che s'alzò da dov'era seduto e socchiuse le labbra.

-Abbiamo un nuovo membro della compagnia- disse lei indicando suo fratello.

Si, perchè mentre percorrevano la via del ritorno, Adanedhel le disse che non l'avrebbe lasciata sola poiché convinto che suo padre avrebbe voluto vederli insieme fino alla fine e lei ne fu contenta poiché aveva di nuovo la sua famiglia.
Adanedhel si mise una mano sul cuore e fece un breve inchino davanti a tutti loro, poi si presentò:

-Il mio nome è Adanedhel figlio di Finrod e sono il fratello di Aranel e nipote di Galadriel-

A quelle parole seguì l'inchino dell'intera compagnia. Avevano difronte un nobile Elfo di una casata molto antica e potente.
Aranel guardò il viso di Boromir rilassarsi di colpo e un sospiro di sollievo lasciare le sue labbra dipinte in un sorriso.

Angolino autrice:

Eccomi quiiiiiiiii! Dunque, ringrazio tutti coloro che leggono e anche se siete un po' pochini ancora, non fa nulla io scriverò e vi ammorberò con le mie fantasie tutte strane e senza senso!! Buona lettura! xD

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Capitolo 9
*** Salvare delle vite ***


Salvare delle vite


Il giorno dopo furono tutti pronti a ripartire e Galadriel diede loro dei doni che potessero essere utili in quei tempi bui e a lei donò una collana con un ciondolo a forma di fiore. I petali brillavano come cristalli al sole e al centro vi era una pietra blu e sul retro, su una foglia argentata c'era incisa una frase: “Il mio cuore batterà per te anche quando il mondo cesserà di esistere”.

-Mio fratello regalò questa collana a tua madre prima di partire per aiutare Beren e Luthien, non si aspettava poi che lei lo seguisse senza farsi notare.-

Aranel accarezzò le pietre dei petali e poi indossò la collana e chiuse il mantello donatole da Celeborn, nascondendo così il cimelio.
Salirono sulle barche e cominciarono a muoversi lungo il fiume Anduin; fu un viaggio rilassante, l'acqua li cullava e li lasciava pensare alla loro sorte e a quel che li attendeva, senza la guida di Gandalf tutto sembrava più difficile, non c'era nessuno a cui chiedere consiglio.
Si fermarono quando si trovarono difronte le rapide del fiume che non permetteva loro di proseguire, quindi attraccarono su una sponda e si rifocillarono riposandosi ai piedi di grandi alberi. Aranel decise di andare a fare un giro di perlustrazione nei boschi. Camminava tra le foglie come faceva da bambina e per ricordare quei tempi si tolse gli stivali lasciandoli su una roccia.
Toccava la terra con la pelle nuda e chiudeva gli occhi cercando di rimembrare gli istanti della sua vita nel Nargothrond, ma più camminava e più le venivano in mente solo quelli vissuti a Tol Sirion con Sauron; tutti gli incubi e le paure nella notte si insinuarono nella sua mente lasciando nient'altro che tristezza. Si accorse d'un tratto che Frodo era accanto a lei e questo la turbò, poiché non riusciva a stare troppo vicino all'Hobbit, l'anello la chiamava e cercava di impossessarsi del suo corpo e del suo cuore come aveva fatto a Gran Burrone.

Aranel, prendi l'anello. Non potrà mai uno sciocco Hobbit distruggere il Signore Oscuro, ma tu puoi ereditare tutti i suoi poteri se lo desideri.

Fu in quel momento che Aranel s'inginocchiò davanti a Frodo e lo guardò implorante di andar via di li, che era pericoloso starle vicino finchè l'anello sarebbe stato al suo collo.

-Ti fa male non è così?- chiese lui mettendo una mano sul punto dov'era nascosto l'anello.

-Mi fa male il pensiero di poterti fare del male, di poter distruggere tutto con un colpo solo. L'anello nelle mie mani non farebbe mai del bene.- rispose lei.

-Me ne vado. Devo proseuire da solo, non posso rischiare di farvi uccidere, è la mia missione.- disse Frodo superandola.

Aranel si alzò e guardò l'Hobbit andare via di corsa. Non l'avrebbe fermato, in cuor suo sapeva che ce l'avrebbe fatta anche da solo, non ne aveva dubbi.
Quando tornò all roccia dove aveva posato gli stivali ci trovò Boromir intento a cercare della legna.

-Hai avuto la forza di fare quel che nessun'altro di noi avrebbe potuto fare. L'hai lasciato andare e hai fatto bene. Ora l'anello non ti tormenterà più.- disse avvicinandosi alla donna.

-Boromir...- sussurrò lei prima di andare a prendere i suoi stivali.

-Aranel, perchè? Non avete capito nulla?- chiese lui stringendo i rami secchi.

Aranel si fermò e sorrise, poi quel sorriso divenne triste, buio, pieno di paure e una lacrima scese lungo la sua guancia. Si voltò, ma non riuscì a guardarlo negli occhi.

-Io non posso lasciarmi andare all'amore, non posso combattere sapendoti in pericolo di vita, mi farei uccidere. Non posso vivere serena perchè so che un giorno morirai come tutti gli Uomini e io no, io non morirò di vecchiaia.- rispose lei alzando leggermente il volto per incontrare il suo sguardo.

Boromir lasciò cadere i rami e le si avvicinò, le prese il volto tra le mani e le sussurrò a fior di labbra:

-E io non posso vivere la mia vita sapendoti da un'altra parte e non al mio fianco.-

Le loro bocche furono così vicine da poter sentire il respiro di ognuno sulla pelle e Aranel non riuscì più a controllarsi, quelle iridi azzurre l'avevano osservata per troppo tempo, ormai ne era stregata e non poteva sottrarsi al suo volere, così prese coraggio e lo baciò. Non fu un bacio intenso, ma lungo e pieno d'amore e di speranza, quella che ormai aveva quasi abbandonato, quella speranza di amare ed essere amata senza chiedere nient'altro in cambio che un cuore che scoppiasse di gioia nel vederla passare, un'anima che impazzisse ad ogni suo tocco, proprio come facevano cuore e anima di Aranel.

-Un amico mi disse una volta che non potevo decidere io quando far arrivare l'amore nella mia vita, ma ora è arrivato senza preavviso ed è bello.- sussurrò lei staccandosi dalle labbra di Boromir.

Una freccia sfiorò il suo braccio spaventando entrambi, così sguainarono le loro armi e si guardarono intorno. Un gruppo di Orchi li aveva trovati e ora il pensiero di Aranel andava a Frodo che era da solo nella foresta.

-Boromir!- urlò spingendolo di lato e salvandolo da un'altra freccia.

Aranel capì che era il momento di sfoderare una delle sue migliori armi, la più pericolosa anche per i suoi amici, ma prima doveva avvertirli dell'arrivo della tempesta. Fu Boromir a richiamare la compagnia suonando il suo corno e in un attimo fu il caos, Aragorn, Legolas, Gimli e perfino Merry e Pipino furono al loro fianco per combattere il nemico comune.

-Sto per fare una cosa, è pericolosa, dovrete stare attenti e schivare i fulmini in tempo, uccidono all'istante.- disse lei cercando di non urlare e non farsi sentire dagli Orchi.

Trovò lo sguardo di ognuno di loro e vide che erano d'accordo e un po' s'allontanarono da lei e fecero bene, poiché qualche secondo dopo, raccolte le forze necessarie, rilasciò il suo Tu Hum:

-Strun Bah Qo!-

Le nuvole s'addensarono e divennero grigie e piene di pioggia che cominciò a scendere offuscando la vista dei mostri, subito venne seguita da grosse saette che si scagliarono su più Orchi arrostendoli all'istante.
Dapprima la compagnia non si mosse per paura di venir colpita dai fulmini, ma poi cominciò a colpire e uccidere quanti più nemici poteva a colpi di spada e frecce.
La battaglia stava per concludersi, la tenebra era stata sconfitta, ma il tempo si fermò quando un dardo s'infilzò nella spalla di Boromir e fece tremare le membra di Aranel che subito si gettò addosso all'Uruk Hai impedendogli di colpire ancora il suo amato.
Ma l'Uruk era forte e la scagliò contro un albero facendole sputare del sangue; non si fermò li, sguainò la spada e si diresse verso Boromir, ma fu fermato da Aragorn prima che potesse calare la lama sul suo collo. Aranel si alzò e impugnò l'arma e con un urlo pieno d'ira, si fiondò sull'avversario che stava dando del filo da torcere al suo compagno e con un colpo seccò gli tagliò un braccio facendolo squittire come un topo.
Mentre questo si stringeva l'arto mozzato, Aranel tagliò la sua testa facendola rotolare per terra.
La corazza di cuoio ricoperta di sangue e il mantello strappato coprivano il suo corpo stremato per la fatica della battaglia, i capelli danzavano con il vento e il petto si alzava e si abbassava freneticamente. Si voltò a guardare Boromir disteso a terra intento a ricevere cure da Aragorn; Aranel si avvicinò e s'inginocchiò al suo fianco per stringergli la mano mentre il loro compagno di viaggio estraeva il dardo dalla sua spalla. Soffocò a stento un urlo di dolore, ma poi si rilassò; la sua fronte era imperlata di sudore e le sue labbra erano sporche di sangue, del suo sangue. Nella mente di Aranel si animò il ricordo della morte del suo Ada e come allora vide righe rosse ricoprire la bocca di una persona amata e di nuovo pianse quel giorno; i suoi compagni non capirono il perchè ora Aranel piangeva, con una mano si copriva il viso e con l'altra ancora stringeva quella di Boromir.

-Stupido! Volevi morire?? Non te lo permetto!- urlò lei Alzandosi per tornare alle barche.

Tutti rimasero stupiti dalla sua reazione, Boromir invece sorrise perchè da quelle urla capiva quanto il Dovahkiin tenesse alla sua vita e lui capiva che aveva passato una vita a cercare la moglie ideale, quando invece doveva solo aspettare che l'amore bussasse alla sua porta o entrasse sfondandola.
Ma Aranel si bloccò, non tornò indietro, rimase tra Legolas, Gimli e Adanedhel, li guardò, si voltò e disse:

-Dove sono Merry e Pipino?-

Angolo autrice:

Scusate, questo capitolo è più corto degli altri, ma stat tranquilli che un altro è già in cantiere! Ringrazio, com sempre, tutti coloro che leggono la mia FF, mi fa piacere :) Al prossimo incontro!

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Capitolo 10
*** Sono la tua spada e il tuo scudo ***


Sono la tua spada e il tuo scudo


Erano giorni ormai che correvano per le vallate in cerca degli Hobbit e anche se Boromir era ferito non rimaneva indietro e non faceva loro perdere tempo. Era Aranel che curava la sua spalla ogni volta che facevanoo piccole soste per rifocillarsi; l'unico che si lamentava della marcia era Gimli che non era bituato a correre per così tanto tempo e così veloce, ma Legolas cercava d'incoraggiarlo ogni qualvolta il Nano si lamentava per le gambe stanche e per il fiato corto.
Fu proprio l'Elfo che vide, con la sua vista lunga e lucida, i due Hobbit che venivano portati verso Isengard, la torre del mago divenuto Oscuro.
Mentre rincorrevano il gruppo di Uruk Hai, presero da terra una foglia di Lórien che stranamente si trovava li, dove non doveva essere e Aranel sorrise al pensiero che uno dei due Hobbit avesse lasciato qualche traccia per essere ritrovato, sicuramente non dubitava del fatto che i suoi compagni li avessero lasciati in mano al nemico senza nemmeno provare a salvarli.
Sulla cima di una collina erbosa sentirono in lontananza il suono di una moltitudine di zoccoli di cavallo battere sulla terra e si nascosero dietro una roccia.
Quando videro che erano cavalieri e non Orchi, uscirono dal loro nascondiglio e per primo fu Aragorn ad attirare la loro attenzione chiamandoli a gran voce:

-Cavalieri di Rohan! Quali notizie dal Mark?-

I soldati fecero girare i cavalli senza mai arrestare la loro corsa e subito accerchiarono il gruppetto e gli puntarono addosso lunghe lance per bloccarli.

-Che ci fanno stranieri nelle terre del Mark?? Parlate in fretta!- disse qullo che sembrava il capo.

-Dimmi il tuo nome Signore dei cavalli e io ti dirò il mio!- rispose Gimli con aria di sfida.

-Ti taglierei la testa Nano, se si levasse un po' più alta da terra.- ribattè l'uomo scendendo dal suo destriero.

-Moriresti prima di vibrare il colpo!- disse Legolas estraendo una freccia dalla faretra e incoccandola con la velocità della luce.

Aranel si fece avanti e mise una mano sulla spalla dell'Elfo con l'intenzione di calmarlo e ci riuscì perchè questi abbassò la sua arma e l'ansia e l'agitazione andò scemando a poco a poco.

-Io sono Aragorn, figlio di Arathorn. Lui è Gimli, figlio di Glòin; lui è Adanedhel figlio di Finrod; lui Legolas del Reame Boscoso, lui è Boromir, figlio di Denethor e lei Aranel... di Tamriel- così presentò tutti il Re senza corona.

Aranel sospirò poiché sembrava una vagabonda senza terra, regno e genitori, ma cosa avrebbero fatto se avesse detto ch'era figlia di Sauron? Sarebbe finita male per lei e per i suoi compagni.

-Siamo amici di Rohan- continuò Aragorn -e di Theoden vostro Re-.

-Theoden non sa più riconoscere gli amici dai nemici, nemmeno la propria stirpe- rispose il Cavaliere togliendosi l'elmo e rivelando il suo volto.

-Saruman ha avvelenato la mente del Re e stabilito il dominio su queste terre. La mia compagnia è quelle fedeli a Rohan e per questo veniamo banditi. Lo stregone bianco è astuto, vaga qua e la dicono come un vecchio con mantello e cappuccio e ovunque le sue spie sfuggonoo alle nostre reti.- continuò il Rohirrim.

-Noi non siamo spie.- disse Aragorn -inseguiamo un gruppo di Uruk Hai che sono diretti a Ovest, hanno fatto prigionieri due nostri amici-.

Il Rohirrim sospirò e poi rispose:

-Gli Uruk sono distrutti, li abbiamo trucidati stanotte.-

-Ma c'erano due Hobbit! Hai visto due Hobbit con loro??- chiese agitato il Nano.

-Sono piccoli, dei bambini ai vostri occhi- disse Boromir avvicinandosi al Cavaliere.

-Non ci sono vivi. Abbiamo ammassato le carcasse e dato fuoco. Mi dispiace-

Chiamò poi quattro cavalli con un fischio e disse:

-Vi conducano ad una sorte migliore dei loro precedenti padroni. Cercate i vostri amici, ma non fidate nella speranza, ha abbandonato queste terre.-

Il Rohirrim se ne andò portando con se i suoi soldati e lasciandoli la soli e pieni di dolore per la perdita di Merry e Pipino.

-Secondo me dovremmo andare! C'è sempre la speranza che siano fuggiti!- disse Aranel salendo su un cavallo.

Legolas e Gimli cavalcarono insieme e così fecero Aranel e Adanedhel, mentre Aragorn e Boromir presero da soli il cammino sui loro cavalli.
Quando arrivarono davanti ai cadaveri degli Uruk, scesero dai destrieri e si avvicinarono alle carcasse ammassate in malo modo e li trovarono alcune cose degli Hobbit, bruciate assieme ai mostri.
Così la speranza lasciò per un momento il cuore di Aranel che s'inginocchiò e raccolse da terra un piccolo fodero intrecciato di foglie, un dono che avevano ricevuto da sua Zia, prima di partire da Lórien.
Aragorn cominciò a cercare delle tracce con la speranza di trovare un perchè alla loro morte e di ritrovare almeno i loro corpi per seppellirli come si doveva, come degli eroi di guerra.
Ma le tracce non portarono alla loro mort, ma bensì alla fuga, proprio come aveva immaginato Aranel e la fiamma della speranza si riaccese per un momento nel suo cuore e Adanedhel sorrise e si avvicinò ad Aragorn ch'era rimasto immobile davanti ad una fitta, verde boscaglia.

-Fangorn.- sussurrò il mezz'Elfo.

-Quale pazzia li ha condotti li dentro?- chiese il Nano rimanendo a bocca aperta e facendo qualche passo indietro.

-Dobbiamo proseguire. Dobbiamo trovarli.- disse Aranel addentrandosi.

Boromir la seguì a ruota e poi lo fecero anche gli altri spinti da un coraggio che solo i visi sorridenti di Merry e Pipino potevano dal loro. Quella foresta era piena di ricordi, disperazione e secoli bui.
Fu allora, dopo vari passi, seguendo tracce di sangue, che si ritrovarono davanti ad una figura luminosa, impossibile da colpire ne con una spada, con una freccia o con un'ascia. Tutto si distruggeva e bruciava vicino a lui, una grande magia si nascondeva dietro ad un lungo mantello bianco e dietro quel viso che loro conoscevano molto bene, ma che li lasciava basiti e senza parole.
Nella loro mente si aspettavano di vedere Saruman e questo li spaventava perchè se fosse stato lui avrebbero per certo collegato come cattiva la sorte degli Hobbit e la loro.
Ma quando lo stregone spense la luce che nascondeva il suo volto, videro qualcuno di familiare, qualcuno che non si aspettavano di vedere e che avevano visto cadere nell'oscurità qualche tempo prima: Gandalf.

-Tu sei caduto...- disse Aragorn più a se stesso.

-Gandalf- sussurrò Aranel avvicinandosi appena.

-Gandalf? Oh, si. È così che mi chiamavano, Gandalf il Grigio. Io sono Gandalf il bianco e ritorno da voi ora al mutare della marea.- così disse il mago e si avvicinò ad Aranel posandole una mano sul viso.

-Vedo una luce diversa nei tuoi occhi, questo mi conforta, sapere che l'oscurità che annebbiava la tua mente ora è lontana mi fa felice.-

Aranel appoggiò la mano alla sua e sorrise, poi si distaccò lentamente e porse una mano a suo fratello Adanedhel portandolo al cospetto di Gandalf.

-Lui è mio fratello Adanedhel.- disse il Dovahkiin.

Gandalf sorrise nuovamente e fece un inchino ben sapendo chi si trovava difronte.

-Non è facile trovarsi di fronte ad uno dei più nobili Principi dei Noldor, o al suo discendente.- disse gandalf.

Adanedhel appoggiò una mano al petto e chinò il capo.

-E non è facile imbattersi in un Maiar.- rispose l'Elfo.

Uscirono dalla foresta e Gandalf richiamò a se il suo nobile destriero, un Mearas dal bianco pelo, una creatura splendida venuta da Valinor stessa.
Arrivarono a Edoras cavalcando per qualche ora e il Palazzo d'Oro sembrava così umile che Aranel pensò che pure il palazzo dello Jarl di Whiterun era più sfarzoso.
Un arazzo volò giù e andò a posarsi davanti a loro come a volerli fermare annunciando un percorso pericoloso.
Aranel scese dal cavallo e Adanedhel lo fece fermare tirando delicatamente le briglie; si chinò sull'arazzo e lo raccolse da terra, lo piegò e salì di nuovo sul cavallo incitandolo a partire.
Quando arrivarono davanti alle porte del palazzo, un soldato ordinò loro di liberarsi delle proprie armi e lo fecero, tranne Gandalf che non cedette loro il suo bastone magico.
Quando entrarono, nessuno, un Re, un Principe o una Principessa, nessuno diede loro il benvenuto e a parlare fu quel che sembrava fosse il consigliere del Re. Il suo volto era spettrale quasi come se non fosse umano, ma provenisse dall'Oscura città di Mordor.
Gandalf lo minacciò e lo fece indietreggiare con il suo bastone e il consigliere che si chiamava Grima, sembrò spaventarsi a tal punto da richiamare l'attenzione delle guardie e ricordare loro che avrebbero dovuto prenderli il bastone prima di farlo entrare. Qualcuno tentò di fermarli, ma i soldati che ci provarono finirono a terra in un batter d'occhio e fu anche la sorte dello stesso Grima che finì a terra tenuto dal piede di Gimli che lo guardava minaccioso.
Gandalf liberò il Re da un incantesimo che gravava sulla sua persona ed estirpò Saruman dalla sua mente rivelando tutta la potenza del nuovo Gandalf il Bianco.
Aragorn fermò una ragazza che stava correndo incontro al Re e la lasciò andare solo quando l'incantesimo sembrava svanito. Quel che prima sembrava un signore anziano e sul punto di morire, divenne un uomo saggio e con ancora tutta una vita davanti.

-Riconosco il tuo viso- disse Re Theoden appoggiando una mano sul volto della ragazza che ora lo reggeva -Eowyn...-.

Aranel rimase affascinata da quella giovane così fragile e candida all'apparenza, ma sentiva il suo cuore battere forte come gli zoccoli di un cavallo che irrompono sul terreno e i suoi occhi erano azzurri e limpidi come il cielo d'Estate e i suoi capelli danzavano ad ogni sua mossa, dorati e ondulati.
Una tristezza era celata dietro quegli occhi e Aranel capì dopo il perchè: suo cugino, l'unico figlio del Re, era morto in battaglia solo il giorno prima e probabilmente non sapeva come dirlo a suo Zio che tanto lo amava.

I funerali si svolsero con grande commozione e ad Aranel venne in mente quando seppellì Lidia, all'entrata di Riverwood, tanti erano accorsi e avevano lasciato un fiore passando silenziosi vicino alla sua lapide.
Così fece anche Aranel, prese un fiore e si avvicinò alla tomba del figlio del Re, mise una mano sul cuore, s'inginocchiò e appoggiò un fiore ai suoi piedi, poi pianse come se lo conoscesse da una vita, come se fosse stato il suo amore più grande e il Re rimase stupito, con anch'egli le lacrime agli occhi le si avvicinò e l'alzò da terra e la guardò con sguardo sgranato come per chiederle il perchè di quella sua reazione.
In effetti nemmeno lei sapeva il perchè avesse reagito così, sapeva che il ricordo di Lidia spuntava fuori ogni volta che presenziava ad un funerale e il dolore batteva sul suo petto ed entrava nella sua anima senza chiedere il permesso, ma forse era anche la consapevolezza che il Principe era morto a causa di suo padre e lei portava il sangue del colpevole nelle vene e si sentiva in colpa come se fosse stata lei stessa ad ucciderlo.

-Mi dispiace.- sussurrò Aranel cercando di calmarsi.

Fu in quel momento che Boromir si avvicinò, l'abbracciò forte facendola sparire tra le sue braccia e le baciò la fronte, poi la portò piano verso il loro gruppo, facendola allontanare dalla tomba del Principe.

-Non piangere Aranel, tutti muoiono, in un modo o nell'altro tutti raggiungeremo la morte prima o poi.- sussurrò Boromir sfiorandole l'orecchio con le labbra.

Le prese il volto tra le mani e cercò di incatenarle lo sguardo nel suo, poi sorrise e asciugò le lacrime che le rigavano le guance e l'abbracciò di nuovo come si fa con i bambini quando si svegliano nel cuore della notte dopo aver fatto un incubo.
In quel momento comprese che Boromir era diventato la sua spada e il suo scudo.

Angolino autrice:

Come sempre ringrazio tutti coloro che continuano a leggere questa FF , mi piace vedere quel numero crescere e anche se solo una persona ha recensito, non importa, continuerò a scrivere per tutti voi. Dopotutto quandoo si pubblica un libro i lettori rimangono in silenzio, mica mandano delle recensioni ad ognii capitolo!! Alla prossima :)


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Capitolo 11
*** Come il frutto di Laurelin e il fiore di Telperion ***


Come il frutto di Laurelin e il fiore di Telperion


Il giorno dopo furono convocati dal Re e si riunirono nella sala del trono e discussero a lungo sul da farsi. Aranel, che osservava molto Eowyn, s'accorse che regalava degli sguardi speciali ad Aragorn e il suo cuore si riempì di tristezza per lei e di ira per Arwen. Sapeva che quella dama avrebbe sofferto per l'amore che stava nascendo per Aragorn ed era arrabbiata allo stesso tempo perchè era protettiva nei confronti di Arwen e avrebbe fatto di tutto per allontanare la Principessa di Edoras dal futuro Re di Gondor.
Boromir regalava attenzioni ad Aranel e lei ormai non riusciva più a farne a meno e cercava sempre il suo sguardo in mezzo a quello degli altri e aspettava che la guardasse per poi portare velocemente lo sguardo altrove. Lui rideva nascondendo le labbra inarcate dietro il gesto della mano che accarezzava la barba.
Adanedhel si accorse dei loro sguardi e ogni tanto dava delle piccole gomitate alla sorella e le sorrideva divertito e lei piombava in forte imbarazzo coprendo le guance di un rosso acceso.
Il pomeriggio Aranel lo passò passeggiando per Edoras e per aiutare come poteva la gente a prepararsi per la partenza verso il Fosso di Helm.
Vide Boromir parlare con una giovane donna che lo guardava come fosse l'unico uomo nella Terra di Mezzo e questo irritò non poco il Dovahkiin che passò loro accanto e non degnò di uno sguardo il cavaliere.
Passò la sera nella sua stanza e prese ad accarezzare il ciondolo che le aveva donato sua Zia a Lòrien.
Si affacciò dalla finestra e vide la città che silenziosa spegneva le candele per prepararsi alla notte e la stessa cosa fece Aranel spegnendo la sua e accoccolandosi sul letto.
Qualcuno bussò alla sua porta proprio nel momento in cui chiuse gli occhi; si alzò e andò ad aprire la porta sapendo già chi poteva trovarvisi dietro.

-Non avete cenato questa sera, c'è qualcosa che non va Aranel?- chiese Boromir.

-Non ho fame.- rispose lei fredda chiudendo la porta subito dopo.

Lui appoggiò una mano sul legno prima che battesse e la riaprì lentamente entrando nella stanza.

-Cosa vi ho fatto?- chiese l'uomo prendendola per il polso.

-Nulla, voi siete libero di amare chi volete, non abbiamo nessun legame- rispose lei senza voltarsi.

Boromir rise come se gli avessero appena raccontato una barzelletta poiché aveva appena capito il perchè lei si comportasse in quel modo.

-Vi siete ingelosita.- disse lui facendola voltare e costringendola a guardarlo.

-No, per cosa dovrei essermi ingelosita poi?- mentì lei.

-Quella donna con cui parlavo , quella bella donna con cui parlavo quest'oggi.- rispose lui cercando di farla arrabbiare e ci riuscì.

-Devo dormire!- disse lei spingendolo verso la porta.

Lui le tornò vicino e le bloccò le braccia in un abbraccio e tornò a parlare:

-Quella bella donna con cui parlavo che messa a paragone con te non vale più di un granello di sabbia.-

Lei si rilassò e si lasciò cullare dal suo calore, poi alzò il viso e lo guardò sorridendo soddisfatta.
Le loro labbra si sfiorarono appena, ma vennero interrotte da qualcuno che bussava insistentemente alla porta.

-Aranel!- era la voce di Adanedhel.

Aranel sbuffò e aprì la porta trovandosi davanti un fratello agitato.

-Cosa c'è?- chiese il Dovahkiin una volta capito che era un'emergenza.

-Dobbiamo partire subito per il fosso di Helm! Hanno attaccato i villaggi e dato fuoco a tutto, il Re dice che il suo popolo non è al sicuro a Edoras! Presto! Dobbiamo andare!-

Così dicendo sparì per i corridoi del palazzo e sia il Dovahkiin che Boromir rimasero fermi e in silenzio per alcuni secondi.
Poi Aranel prese a radunare le sue cose e Boromir andò nella sua stanza e fece lo stesso e s'incontrarono tutti nella sala del trono dove trovarono i loro compagni pronti a partire, tranne Gandalf che a detta di Aragorn era partito prima di loro in cerca di aiuto.
Il Re diede loro un cavallo ciascuno così che potessero cavalcare da soli e combattere senza intralci. Il suo le ricordava Britte che aveva lasciato a Gran Burrone insieme ai suoi figli... già, loro le mancavano più di ogni altra cosa al mondo e sperava che stessero bene con Dama Arwen e Re Elrond.
Cominciarono la marcia con le stelle che cercavano d'illuminare un paesaggio troppo vasto. Le torce infuocavano la notte permettendo passi decisi al popolo e ai cavalieri; Aranel era abituata a viaggiare con il buio e le ombre non la spaventavano, così si mise in testa al gruppo e si affiancò al Re che cominciò a parlarle.

-Io so chi sei.- disse questo facendola voltare verso di lui -Non so se essere felice di averti al mio fianco in questa battaglia o se ritenerti addirittura in parte responsabile della morte della mia gente.-

Aranel si avvicinò di più e rispose:

-Io sono il Dovahkiin di Tamriel e sono qui per offrirvi il mio aiuto, non per uccidere donne e bambini, ma per proteggerli.-

-Ma sei anche la figlia di Sauron e nel tuo sangue scorre anche il suo.- continuò il Re.

-Il mio sangue sarà anche infettato da quello dell'Oscuro Signore, ma c'è anche quello della donna che conquistò il Re del Nargothrond e che restò al suo fianco fino ed oltre la morte, non conta nulla?- disse Aranel sorridendo.

-Non lo so. Questo resta ancora da vedere.- rispose lui spronando il cavallo a superare quello del Dovahkiin.

Aranel si rabbuiò e Boromir, che se n'era accorto, si avvicinò a lei e cercò di cambiare discorso:

-Gandalf mi ha detto che hai vissuto in molti mondi.-

Aranel gli sorrise e rispose:

-È vero, ma non offenderti se ti dico che Tamriel è il mondo più bello.-

Boromir rise e le si avvicinò di più:

-E quello più brutto qual'è?-

Aranel rimase qualche secondo in silenzio e poi rispose:

-Nessun mondo è brutto, ma ce n'è uno piuttosto triste ed è la Terra.-

-Si cantano melodie in quelle terre?- chiese ancora l'uomo facendosi curioso.

-Si- rispose lei voltandosi a guardarlo, ma distole quasi subito lo sguardo perchè sapeva che era difficile guardarlo senza poterlo baciare almeno una volta -ci sono molte melodie-

-Puoi cantarne una che descriva la tristezza di quel mondo?-

Così Aranel pensò ad una canzone che amava e che purtroppo descriveva il cambiamento di quel mondo nascondendolo in amabili parole; così il Dovahkiin cominciò a cantare:

Un vecchio e un bambino si preser per mano
e andarono insieme incontro alla sera.
La polvere rossa s'alzava lontano
e il sole brillava di luce non vera.
L'immensa pianura sembrava arrivare
fin dove l'occhio di un uomo poteva guardare.
E tutto d'intorno non c'era nessuno
solo il tetro contorno di torri di fumo.
I due camminavano e il giorno cadeva,
il vecchio parlava e piano piangeva.
Con l'anima assente, con gli occhi bagnati
seguiva il ricordo di miti passati.
I vecchi subiscon le ingiurie degli anni,
non sanno distinguere il vero dai sogni.
I vecchi non sanno nel loro pensiero
distinguer nei sogni il falso dal vero.
Il vecchio diceva guardando lontano:

immagina questo coperto di grano.
Immagina i frutti, immagina i fiori
e pensa alle voci e pensa ai colori.
In questa pianura fin dove si perde
crescevano gli alberi e tutto era verde.
Cadeva la pioggia, segnavano i soli,
il ritmo dell'uomo e delle stagioni”.
Il bimbo ristette, lo sguardo era triste
e gli occhi guardavano cose mai viste.
E poi disse al vecchio con voce sognante:

mi piaccion le fiabe, raccontane altre”.


Intorno a loro si era radunata una piccola folla di persone intente ad ascoltare la sua voce che cantava tremante quella canzone.

-È una canzone bellissima Aranel, ma davvero il bambino credeva che fosse una fiaba?- chiese Boromir intristito.

-Purtroppo i bambini sulla Terra non stanno molto a contatto con la natura. Gli uomini l'hanno nascosta sotto uno spesso strano di una sostanza che non sapete cos'è e quindi non pronuncerò il suo nome qui, tanto non verrebbe capito.-

-E invece Tamriel com'è?- chiese Adanedhel che si era avvicinato a loro.

-Oh, Tamriel somiglia molto alla Terra di Mezzo, ma in più ha i Draghi. Non prendetemi per matta, ma non sarei la stessa se loro non esistessero.-

-Ma non sono creature perfide e mostruose?- chiese un bambino che si era allontanato dalla madre per ascoltare la conversazione.

-Si ragazzino, sono perfidi, ma non tutti.- rispose lei.

-E tu uccidi i Draghi cattivi?- chiese ancora.

Aranel rise e poi gli rispose:

-Si, e solo io posso ucciderli definitivamente assorbendone l'anima.-

-Anche io ucciderò i draghi quando sarò grande-

A quella affermazione Aranel ricordò il suo bambino che diceva sempre di voler uccidere i Draghi una volta cresciuto e la mancanza dei suoi figli bussò un'altra volta alla porta del suo cuore.

Il mattino arrivò presto e il popolo non si era fermato neanche un minuto a riposare, il nemico era troppo vicino per indugiare, avrebbero riposato una volta arrivati nel fosso di Helm.
Ma con il sole non arrivò solo calore e luce, ma anche ciò che quasi tutti si aspettavano e cioè coloro che volevano distruggere la razza dell'uomo e usurpare Arda.
I mannari li attaccarono e in men che non si dica i soldati si raccolsero e il popolo fu tratto in salvo da Eowyn.
Aranel guardò Boromir per un istante e poi spronò il cavallo a caricare contro gli Orchi che cavalcavano delle creature simili a Lupi e a Iene, ma molto più grossi e più micidiali.
Sguainò la spada e cominciò ad ucciderli uno ad uno senza pietà e senza guardarli in volto. Successe però che uno di loro riuscì ad aggrapparsi alla sua gamba e a farla cadere da cavallo; bat0tè un colpo così forte da spezzarle il fiato, ma si rialzò giusto in tempo perchè quell'Orco stava per infilzarla. Dopo averlo trafitto con la sua Frangialba, corse incontro ai suoi compagni e li liberò da vari nemici facendoli sbalzare giù dal dirupo con il suo Tu Hum.
Molti dei soldati rimasero stupiti ed interdetti e non capirono subito cos'era accaduto, ma Aranel li smosse dai loro pensieri urlandogli:

-Combattete soldati! Non è il momento di rispondere alle vostre domande!-

Così i soldati ripresero a combattere, ma proprio quando tutto sembrava volgere al termine e la battaglia sembrava vinta, gli occhi di Aranel si posarono su un mannaro che correva impazzito verso un dirupo con Aragorn agganciato alla sua sella.

-Aragorn! No!- urlò Aranel.

Il Dovahkiin cercò di andargli incontro e fermarlo, ma proprio quando stava per afferrare il suo compagno per le vesti e stava per affondare un pugnale sul mannaro imbizzarrito, questo corse più veloce e si gettò nel vuoto.
Il cuore del Dovahkiin perse battiti, la pelle divenne pallida e gli occhi sembravano aver lasciato andare via la sua anima dando spazio solo alle lacrime di cadere.

-Aragorn...- sussurrò guardandosi le mani -non ti ho salvato-

Cadde in ginocchio e il tempo parve rallentare attorno a se; vedeva i suoi compagni che sorridevano soddisfatti mentre uccidevano quei mostri e vide il viso di Boromir gioioso e divertito.

-Non sono riuscita a salvarti.- continuava a dire guardandosi le dita.

Qualcuno la scosse e l'abbracciò da dietro.

-Sorella! Abbiamo vinto!- diceva Adanedhel.

Ma quando l'Elfo girò il viso di Aranel per poterle baciare le guance, si accorse che c'era qualcosa che non andava e anche gli altri compagni si radunarono intorno a lei che non si alzava da terra, quasi come se l'avessero inchiodata.

-Aranel!- la chiamò Boromir scuotendola.

-Non sono riuscita a salvarlo- continuava a dire lei.

-Aranel! Perchè continui a guardarti le mani? Chi non sei riuscita a salvare??- chiese Boromir agitato.

-Aragorn!- urlò Legolas che si era accorto dell'assenza del loro amico.

-Egli è caduto. Era ad un passo da lui ed è precipitato nel burrone.- disse Aranel per rispondere alla domanda silenziosa di Legolas.

Tutti rimasero immobili e sono l'Elfo di Bosco Atro andò in cerca dell'amico non credendo alle parole di Aranel e trovò un Orco che sputava sangue ed era prossimo a morire.
Il mostro gli disse che Aragorn era caduto e tra le sue mani l'Elfo trovò la collana che Arwen gli aveva regalato: la Stella del Vespro.

Il viaggio riprese e gli amici di Aragorn si strinsero nel dolore e cavalcarono con l'anima in spalle cercando conforto l'un l'altro.

-Non doveva finire così- disse Aranel appoggiando la testa sulla schiena di Boromir.

Il suo cavallo era fuggito in preda alla paura e la donna aveva deciso di proseguire con l'uomo che amava. Aveva bisogno di sentirsi al sicuro, anche se era una guerriera, il suo cuore rimaneva quello d'un tempo e aveva bisogno di quelle sicurezze di cui hanno bisogno tutte le donne e lei le trovava in Boromir, nei suoi occhi, nelle sue labbra, nel suo cuore.

-Non è colpa tua Aranel, siamo tutti cupi e tristi per la perdita di Aragorn. L'avrei accettato sai?- disse Boromir voltandosi leggermente e stringendo le mani di Aranel che si erano aggrappate alle sue vesti all'altezza dello stomaco.

Lei lo guardò non capendo le sue parole e gli chiese:

-Cos'avresti accettato?-

-Che diventasse il mio Re e che sedesse sul trono di Gondor nella città di Minas Tirith. Ora ho un unico risentimento...quello di non averglielo detto.-

-Oh, Boromir. Sono sicura che non ce ne fosse bisogno.- rispose lei stringendosi di più al suo corpo.

Si vergognava dei suoi pensieri il Dovahkiin, proprio in quel momento in cui la sua mente doveva concentrarsi sul dolore per la perdita subita, lei pensava all'uomo a cui aderiva il suo corpo e immaginava il calore del suo petto sulla sua pelle. Cercava di distogliere quel pensiero, ma non appena apriva gli occhi, il suo sguardo si poggiava sulla sua mano che forte stringeva le briglie mentre con l'altra accarezzava ancora le sue. E più Aranel stringeva le braccia, più sentiva gli addominali scolpiti sotto le vesti e allentava la presa in preda ad un batticuore improvviso.
Non aveva mai donato il suo corpo a nessuno e sapeva bene che prima o poi sarebbe successo e lei voleva che succedesse con Boromir, ma non poteva dirglielo, non poteva scoprire così le sue debolezze. Avrebbe atteso che si avvicinasse lui.

-Sai, è triste che Aragorn se ne sia andato proprio ora che era deciso a rivendicare il trono di Gondor. Ogni volta che pensavo alla sua situazione mi veniva in mente un ritornello: “tieni duro perchè dovrai lottare, perchè il mondo non sa che tu ci sei”. E ora che il mondo cominciava a sapere chi lui fosse, ci ha lasciati.- disse Aranel rabbuiandosi un poco.

-Non lascerò che il popolo dimentichi chi è il loro vero sovrano, farò in modo che conoscano la sua storia, te lo prometto.- rispose Boromir.

Arrivarono al fosso di Helm dopo qualche ora di viaggio e quando scesero da cavallo, Eowyn venne loro incontro e abbracciò Aranel, che non aspettandoselo, rimase bloccata e non ricambiò l'abbraccio.

-Scusate mia signora, non volevo offendervi è solo che rimanere qui ad aspettare e aspettare e aspettare è stata dura. Ma siete tornati così in pochi.- disse cominciando a cercare il volto di Aragorn nella folla.

-Sire Aragorn, dov'è?- chiese poi accorgendosi che non sii trovava tra loro.

Aranel sospirò debolmente e il ricordo dell'amico che precipitava nel fosso cominciò a vivere nella sua mente e a battere nel suo cuore e così, dopo aver pensato e ripensato a cosa poteva dirle, disse semplicemente:

-Egli è caduto.-

Così Eowyn cominciò a piangere e a disperarsi e si sentì male come se a morire fosse stato suo marito.
Aranel pensava ad Arwen e a come avrebbe potuto superare la perdita di Aragorn prima del tempo e la Principessa di Rohan non le faceva pena alcuna, quindi strinse le mani sulle sue braccia un attimo prima che potesse cadere in ginocchio.

-Queste lacrime non sono vostre!- disse Aranel a denti stretti.

Il Re si avvicinò a allontanò Eowyn dal Dovahkiin e Boromir le appoggiò una mano sullo stomaco facendola indietreggiare.
Theoden la guardava con sguardo furioso e le iridi bruciavano di rabbia.

-Non devi toccare mia nipote!- urlò poi attirando l'attenzione di tutti i presenti.

Aranel abbassò se ne andò in cerca di solitudine e di un posto dove sbollentare l'ira, ma il Re parlò ancora:

-Non mi sbagliavo affatto sul tuo conto! Sei e resterai la figlia di un mostro senza pietà alcuna! Nessuno ti ama e nessuno ti amerà mai!-

La donna si bloccò e strinse i pugni, ma non servì a calmarla.

-Voi non avete fatto niente! Niente! Avete lasciato che Aragorn, l'unico Re che avrei onorato in questa Terra, morisse come un cane! E tutto questo perchè non avete il coraggio di difendere la vostra città! Mandate il vostro popolo a nascondersi dietro alte mura di pietra come topi! Alla fine di questa guerra chiedetevi se al mondo esiste ancora qualcuno che ama voi!- rispose Aranel urlandogli addosso.

Il Re lasciò sua nipote e sguainò la spada avvicinandosi ad Aranel che sguainò la sua e ringhiò furiosa pronta a colpire un Re.

-No!- disse Boromir mettendosi in mezzo ai due.

-Spostati figlio di Denethor, o anche il tuo sangue bagnerà questa Terra!-rispose il Re cercando d'intimidirlo.

Boromir sfoderò la sua spada facendo sibilare l'aria con un suono metallico.

-Non toccherete questa donna.- ringhiò a denti stretti.

-Nessuno si farà male!- urlò un uomo in lontananza.

Si avvicinava a gran velocità nel punto in cui si trovavano i duellanti e quando smontò da cavallo si parò davanti al Re e tutti furono stupiti di vederlo vivo.

-Aragorn...- sussurrò Aranel.

-Nessuno si farà male! Non è combattendo tra di noi che riusciremo a sconfiggere le tenebre. Rinfoderate le vostre armi e non fate sciocchezze!-

La donna fu la prima a rimettere al suo posto la spada, poi Boromir la seguì e il Re l'abbassò soltanto.

-Non ammetterò un altro errore, la prossima volta morirai.- disse Theoden voltandosi e andando all'interno del Fosso.

-O morirete voi provandoci.- rispose Aranel seguendolo con lo sguardo.

Il Re si girò a guardarla per qualche secondo, poi se ne andò lasciandoli tutti basiti.

-Vi lascio soli un momento e guarda che mi combinate!- disse Aragorn cercando di alleviare la tensione.

Aranel si voltò di scatto e sorrise nel constatare che il suo amico stava bene e che Arwen non avrebbe dovuto soffrire, ma quello che distolse i pensieri positivi fu l'abbraccio che Eowyn regalò ad Aragorn e lei si agitò nuovamente e sembrò arrabbiata con lui perchè se ne andò senza dire una parola.
Boromir la seguì per i corridoi lunghi e stretti, poi quando furono abbastanza lontani da tutti gli altri, la bloccò alla parete di pietra. Aranel cercava di divincolarsi in tutti i modi, ma non ci riuscì e Boromir inchiodò il suo sguardo nelle iridi ambrate della donna.

-Mi farei uccidere da chiunque per te, ma per favore, cerca di essere ragionevole la prossima volta!- disse lui stringendole i polsi.

-Quella Principessa sta giocando con il fuoco!- rispose lei stringendo i pugni.

-Perchè t'importa tanto di quello che fa?- chiese Boromir allentando la presa.

-Perchè Arwen dovrebbe piangere la sua morte, Arwen dovrebbe abbracciarlo e cercare il suo sguardo nella folla, non lei! Non quella donna!- rispose Aranel cercando di spingere via Boromir.

Lui resistette e la bloccò nuovamente, avvicinò il volto al suo e la guardò sorridendo.

-Sei bella quando ti arrabbi.- le disse.

Le guance del Dovahkiin avvamparono e prese di nuovo a ribellarsi sotto la sua stretta, ma Boromir ch'era rapito dalla sua indole selvaggia, la baciò bloccandole ogni movimento.
Lasciò i suoi polsi e appoggiò delicatamente le mani sul suo viso e le loro labbra finalmente si toccavano; si erano così desiderati che sembrava impossibile che fosse successo di nuovo, finalmente avevano ciò che volevano.
Le mani di Aranel s'appoggiarono sul petto di lui e risalirono sulle spalle cominciando ad intrecciare una ciocca di capelli tra le dita.
E ora, quando tutto sembrava crollare, quando si cercava di restare vivi davanti alla minaccia di Mordor, proprio in quel momento, nasceva l'amore e sbocciava come il frutto di Laurelin e il fiore di Telperion e la sua luce immensa scaldava i loro cuori e univa le loro anime e li si giurarono amore eterno e non avrebbero amato mai nessun'altro per il resto della loro vita.
Quando le loro labbra si separarono, rimasero immobili a sorridersi e fissarsi e poi Boromir pronunciò quelle parole tanto attese:

-Ti amo Aranel. Ti amo come i fiori amano la luce del sole e hai aperto il mio cuore ch'era rimasto chiuso a lungo.-

Aranel lo baciò ancora desiderosa di assaporare ogni attimo prima di mettere a rischio la loro vita in battaglia.

-E io ti amo Boromir, come la notte ama la luce della Luna e delle Stelle. Hai cancellato l'oscurità che teneva legata la mia anima.-

-Mi dispiace interrompervi, ma dobbiamo prepararci alla battaglia.- disse un Aragorn sorridente.


Angolino autrice:

Oh ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo! Spero sia di vostro gradimento perchè ci ho messo il cuore u.u  Ringrazio Scarl_Bloom94 per la recensione e per avermi fatto pubblicità xD Sono sicura che non ce ne sia bisogno, ma ricambio volentieri e quindi vi invito a leggervi la sua meravigliosa Fan Fiction "La Mezz'elfa e il Principe", io sbavo ogni volta che leggo un suo nuovo capitolo! xDD Ringrazio anche Lady Oakenshield per la recensione, non sai quanto mi faccia piacere :) e ovviamento finisco col ringraziare anche tutti coloro che leggono silenziosamente, mi piace vedere il numeretto che sale xD Buona lettura e al prossimo incontro!! p.s. Scusate se ad un certo punto s'ingrandisce, ma non ho idea del perchè lo faccia xD


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Capitolo 12
*** Orchi e...Draghi? ***


Orchi e... Draghi?


Il corno degli Elfi riecheggiò nell'aria e la speranza di una vittoria contro il male si faceva largo tra i cuori e le anime dei soldati.

-Haldir!- urlò Aragorn quando lo vide arrivare in testa alla sua schiera di guerrieri.

Il figlio di Gondor abbracciò l'Elfo di Lòrien e lui ne rimase stupito per un secondo, ma poi ricambiò il suo abbraccio felice di essere ricevuto con tanto affetto.
I soldati si voltarono di scatto quando videro il Principe Legolas che s'avvicinava a loro con un sorriso di soddisfazione stampato sul volto e Haldir fece lo stesso, mettendosi una mano sul cuore e quando arrivò Adanedhel ripetè il saluto e fece un breve inchino.

-Felice di trovarvi sani e salvi, ma ditemi, lo stesso destino è toccato ad Aranel? Ho con me un oggetto da darle, da parte di Dama Galadriel.- chiese Haldir rivolgendosi ad Aragorn.

-Purtroppo si, è ancora viva e vegeta.- rispose il Re guardandolo con occhi di fuoco.

Haldir non capì le parole del Re poiché considerava Aranel una brava persona e soprattutto aveva rispetto per il suo rango, poiché nella Terra di Mezzo lei veniva vista come Principessa erede di Finrod Felagund.
Aragorn guardò l'Elfo facendogli intuire che non scorreva buon sangue tra loro e che doveva lasciare perdere le parole di Theoden.
Dopo alcuni minuti Aranel arrivò insieme a Boromir e si avvicinò a Haldir per salutarlo:

-Mae Govannen Haldir- disse lei chinando il capo.

-Vi ricordate la nostra lingua?- chiese lui stupito del saluto rivoltogli.

-Qualcosa, nulla di sensazionale a dire il vero.- rispose lei sorridendogli.

-La battaglia incombe. Dobbiamo prepararci.- disse freddo il Re con l'intento di interrompere la conversazione.

Così si posizionarono sulla cima delle mura e prepararono l'anima alla battaglia, gli occhi alla vista del sangue, il naso all'odore della morte e il cuore al dolore della perdita.
Boromir strinse la mano di Aranel e si posizionò al suo fianco. Vicino a lei c'era suo fratello, poi Legolas ed infine Gimli; Aragorn vagava da una parte all'altra del fosso per dare ordini agli arcieri e ai soldati e per dare disposizioni varie.

-Si comporta da vero Re.- disse orgogliosa Aranel.

-È nato per esserlo.- rispose Boromir sorridendo.

Un tuono squarciò il cielo e illuminò la valle facendo sobbalzare gli animi e scuotendo i soldati, il cielo si riempì di nere nuvole gonfie e poi bagnò i loro corpi con una fredda pioggia carica di terrore.
I fulmini aiutavano gli uomini a vedere oltre il confine dei loro occhi che al buio venivano accecati e dopo qualche minuto scorsero in lontananza delle torce brucianti e ascoltarono una marcia nera e rumorosa che avanzava con l'intenzione di schiacciarli.

-Buona fortuna ragazzi.- disse Aranel con l'adrenalina che cominciava a scorrere di pari passo con il suo sangue.

Tirò fuori l'arco ed incoccò una freccia e così fecero tutti gli arcieri presenti nel Fosso.
Gli Orchi si avvicinavano sempre di più e il suo cuore fremeva; voleva spezzare le loro vite e non aveva nessuna pietà per loro, il fatto che fosse l'esercito del suo padre naturale la faceva ribollire ancora di più poiché pensava a tutto quello che aveva passato durante la prigionia nel suo palazzo e il ricordava quel che Galadriel le aveva fatto vedere nella sua mente; vedeva il corpo di sua madre e di suo padre Finrod giacere a terra ricoperti di sangue, morti e freddi.

-Per nostro padre e per nostra madre.- disse Adanedhel guardandola.

Lei annuì e sorrise; aveva suo fratello vicino ed era un po' come riavere i suoi genitori perchè in lui c'era un po' del suo stesso sangue.

-Non farti ammazzare Aranel.- sussurrò Boromir mentre tendeva l'arco.

-Non farti ammazzare tu Boromir.- disse lei ironica.

Gli Orchi si fermarono e d'un tratto qualcuno scoccò una freccia senza aspettare gli ordini di Aragorn. Gli Orchi s'infuriarono e cominciarono a correre vero le mura: la guerra era iniziata.
Aragorn diede l'ordine di attaccare e tutti gli arcieri scoccarono le loro frecce e centrarono il nemico in pieno.
Aranel sorrise quando vide che la sua freccia era riuscita ad abbattere il nemico e Boromir la guardò stranito.

-Sei inquietante.- disse mentre uccideva un altro Orco.

Lei rise tanto che anche i suoi compagni la guardarono sbigottiti.
Gli Orchi lanciarono degli agganci per le scale e uccisero molti uomini che erano vicino ai bordi delle mura, così Aranel decise di correre in loro soccorso e attendere la feccia Orchesca con spada e scudo.
Sguainò la Frangialba e un suono metallico riecheggiò nell'aria; il suo sguardo penetrava la notte e il suo sorriso era diabolico. Quando il Dovahkiin combatteva, non c'erano eguali e nulla poteva spaventarla, nemmeno la morte.

La battaglia corpo a corpo era iniziata e lei abbatteva i nemici con facilità e non poca dose di fortuna perchè il più delle volte si ritrovava a fronteggiarne due o tre alla volta e non era facile.
Un Uruk Hai si avventò su Aranel e con un pugno sul volto la fece cadere a terra, lei si rialzò subito e colpì il nemico sullo stomaco con un calcio secco, poi con lo scudo lo spinse indietro e lo fece cadere e con la spada gli trapassò la gola.
Un rivolo di sangue uscì dal suo labbro inferiore e gocciolò a terra, il Dovahkiin si asciugò velocemente le labbra e tornò dai suoi compagni che si erano dispersi tra la folla della battaglia. Riuscì a trovare Boromir intento a combattere con due Uruk contemporaneamente; il suo volto era rigato dal sudore, ma i suoi movimenti erano forti e fluidi e riusciva a schivare ogni colpo.
Aranel uccise uno degli Uruk e lui l'altro e si ritrovarono faccia a faccia contenti di vedersi vivi.
Aranel corse poi in aiuto a suo fratello che fronteggiava i nemici con maestria e desiderosa di combattere al suo fianco gli si avvicinò. Appoggiarono le loro schiene l'uno contro l'altra e uccisero gli Orchi che cercavano di togliergli la vita invano.

-Sei bravino!- disse Aranel per punzecchiarlo.

-Tu invece sei un disastro!- rispose lui facendola ridere.

Corsero entrambi incontro ad Aragorn, ma prima che potessero arrivargli incontro lo videro urlare a Legolas di abbattere un Uruk, così si voltarono e guardarono oltre le mura intravvedendo un nemico intento a correre verso un foro con una torcia. Non capirono cosa stesse succedendo fin quando le mura non esplosero.
Aranel si ritrovò sbalzata di vari metri e battè la schiena contro la fredda pietra e il fiato le si spezzò di colpo; cominciò a vedere opaco poiché le lacrime offuscavano la sua vista e riuscì a vedere ne Aragorn, ne Adanedhel.
Qualcuno l'afferrò per il braccio e la fece alzare; Boromir la sorreggeva e la chiamava a gran voce, ma lei lo sentiva come un eco in lontananza perchè non riusciva a pensare ad altro che a suo fratello che ora si trovava chissà dove in chissà quali condizioni e come lui anche Aragorn.
Quando il suo udito si riprese e la vista le fu ridata, guardò Boromir e urlò:

-Dobbiamo cercare Aragorn e Adanedhel!-

Non indugiarono un secondo e scesero tra i detriti delle mura per cercare i loro compagni. Trovarono Aragorn intento a radunare le forze Elfiche, in piedi come se nulla fosse accaduto, ma suo fratello invece giaceva a terra privo di sensi e con la testa sanguinante. Aranel gli si avvicinò urlando disperata; lo prese tra le braccia e cominciò a piangerlo come morto.
Guardò il suo volto e pensò che somigliava così tanto a suo padre; i suoi occhi erano chiusi e respirava a fatica.
Aranel lo dondolava come a volerlo cullare e farlo sentire al sicuro tra le braccia di sua sorella, ma continuava a piangere e disperarsi per l'unico membro della sua famiglia ancora in vita.

-Aranel! Gli Orchi!- disse Boromir tentando di farla alzare.

-Non lo lascio qui!- disse lei tra i singhiozzi.

Boromir vide la fragilità della donna che amava attraverso i suoi occhi ambrati pieni di lacrime. I capelli neri, bagnati, le cadevano lungo tutta la schiena; il volto pallido era rigato dalla pioggia e le labbra sembravano incandescenti da quanto erano rosse del suo sangue.

-Aranel...- sussurrò Boromir inginocchiandosi al suo fianco -non possiamo mollare adesso, o sarà la fine.-

-È già la fine.- rispose lei.

-Mia Signora! Porteremo noi in salvo il Principe!- disse un soldato Elfico avvicinandosi a loro.

Boromir la guardò e annuì come per dirle che poteva fidarsi di loro e poteva lasciargli in custodia il fratello.

-Abbiate cura di lui. Voglio vederlo sano e salvo quando tornerò!- disse prima di vederli sparire dentro il Fosso di Helm.

Si misero tra le schiere Elfiche e aspettarono il segnale di Aragorn prima di attaccare gli Orchi.
I nemici li aspettavano con le lance distese pronte ad infilzarli e loro cominciarono a corrergli incontro noncuranti del pericolo. Qualcuno morì trafitto da quelle lance, ma la maggior parte di loro riuscì a spostarle e a trucidarli.
Però le loro forze non erano abbastanza numerose e i mostri li stavano sovrastando, così Aragorn cominciò ad urlare ai soldati di ripiegare e fu in quel momento che Aranel si voltò verso Haldir e lo vide inginocchiarsi dopo aver subito un colpo alla schiena da un Uruk.

-No! Haldir!- urlò.

Si fiondò verso di lui, ma arrivò troppo tardi, perchè il nemico lo aveva trafitto con la sua spada e l'aveva ucciso senza pietà.
Fu Aragorn ad ammazzare l'Uruk, mentre Aranel chiudeva le palpebre al Capitano di Lòrien e gli baciava la fronte.

Ripiegarono all'interno delle mura e cominciarono a discutere su come affrontare la guerra cercando di non perdere la testa e di rimanere lucidi nonostante gli Orchi stessero cercando di entrare nella fortezza sfondando la porta.

-Cosa possiamo fare? Ormai è tutto perduto!- diceva il Re mettendosi le mani tra i capelli.

-No! Non possiamo arrenderci!- rispose Aragorn cercando d'incitare il Re a riprendersi.

Poi guardò dalla finestra e osservò il sole levarsi ad Est e una luce di speranza brillò nei suoi occhi, come fosse l'unica cosa che voleva vedere da giorni.

-Affrontiamoli a cavallo.- disse attirando l'attenzione di Theoden.

-Si- disse il Re con un sorriso stampato in volto.

-C'è un modo per vincere la battaglia, ma non sono sicura che risponda al mio richiamo.- disse poi Aranel avvicinandosi ai due.

-Cosa intendi?- chiese Aragorn non capendo le sue parole.

-A Tamriel, quando sono in difficoltà, chiedo aiuto ad un Drago.- rispose lei incrociando le braccia al petto.

-Un Drago?- chiese spaventato Gimli.

-Si, mastro Nano. Un Drago che mi ha giurato fedeltà quando ho ucciso il suo padrone, un Drago che mi è stato vicino in molte battaglie e a cui devo la vita. Il problema ora è dire ai soldati che non è un nemico e che non devono attaccarlo, ma non è l'unico ostacolo. Qui non siamo a Tamriel e potrebbe non rispondere al mio richiamo.-

-Provaci.- disse Theoden.

Aragorn, il Re, Legolas, Boromir e tanti altri soldati salirono a cavallo e uscirono seguiti da Aranel che corse in cima alle mura per provare a chiamare il Drago con il suo Tu Hum.
Gimli suonò il corno di Helm Man di martello e nello stesso istante Aranel emise il suo urlo:

-Od Ah Viing!-

Dapprima non si sentì nulla, poi Aranel ascoltò con gli occhi chiusi ogni suono che proveniva dal cielo. La pioggia aveva cessato di battere sulle loro corazze e il sole brillava accecando gli Orchi. Sentì un ringhio e sorrise, poi guardò il cielo e vide Odahviing avvicinarsi.

-Dovahkiin!-

La sua voce irruppe tra le bianche nuvole e riempì di gioia e speranza il cuore di Aranel che alzò la spada al cielo e si mise in posizione di attacco.

-Non attaccate il Drago!- disse Theoden con voce tremante.

Tutti rimasero immobili alla sua vista, pure gli Orchi rimasero scioccati nel vedere un Drago avvicinarsi a loro con prepotenza.
Odahviing cominciò a sputare fiamme e ad incendiare i corpi dei nemici che cominciarono a disperdersi, poi Aranel vide un cavaliere bianco spezzare l'ombra della montagna con una luce splendente e dietro di se un vasto esercito di cavalieri urlava grida di guerra e si preparava a colpire gli Orchi.
Il nemico non ebbe speranza e fu schiacciato dall'Ira del Drago e dagli zoccoli dei Rohirrim che non lasciarono superstiti.
Aranel scese dai suoi compagni e spezzò altre vite ritrovandosi tra una miriade di cadaveri freddi e lacerati.

La battaglia era finita e la vittoria era loro; Odahviing si posò a terra e sollevò un mucchio di polvere prima di chiudere le ali e trafiggere il fango con gli artigli.

-Dovahkiin- disse con la sua voce imponente.

Nessuno osava avvicinarsi alla creatura, ma ovviamente Aranel non fece lo stesso e camminò fino a trovarselo di fronte.

-Beh, volevi rimanere a Tamriel lontano dai pericoli ad ingrassare?- chiese la donna ironica.

Il Drago rise, poi avvicinò il muso al Dovahkiin e sbuffò una nuvoletta di fumo facendola tossire.

-Grazie eh.- disse lei facendo finta di essere infastidita.

Tutti avevano la bocca spalancata e restavano in guardia terrorizzati all'ombra del Drago.

-Non abbiate paura, non è cattivo.- disse Aranel cercando di farli rilassare.

Poi la donna si voltò nuovamente verso il Drago e si fece seria.

-Odahviing, quali notizie mi porti da Tamriel?-

-Tranquilla Morwenna, è tutto come l'hai lasciato, nulla è cambiato a parte il fatto che ora sono da solo ad uccidere i miei simili e non c'è nessuno ad assorbire la loro anima e quindi è una continua lotta sempre con gli stessi Draghi!-

Aranel rise divertita al pensiero di Odahviing che si annoiava a combattere contro gli stessi Draghi.

-Mi dispiace Odahviing, ma questo è il mio mondo e devo salvarlo. Tornerò a Tamriel, non preoccuparti, ma non lo farò adesso. Puoi andare ora e mi raccomando, proteggi la mia casa e proteggi Marcurio.-

Odahviing chinò il capo, poi guardò il cielo e si alzò in volo, sparì poco dopo in un bianco bagliore tra le nuvole.

Una volta dentro la fortezza, Aranel corse a cercare suo fratello e lo trovò disteso su un mucchio di paglia e coperto da una coperta di lana; la testa era bendata e i suoi capelli dorati erano sporchi di sangue ormai secco.
Aranel gli prese la mano e la baciò, lui aprì gli occhi e sorrise quando vide il volto di sua sorella. Con le dita sfiorò la sua guancia debolmente e sussurrò il suo nome come se fosse un angelo quello che vedeva.

-Adanedhel, come ti senti?.- chiese lei appoggiandogli una mano sul petto.

-Male. Mi sono perso la battaglia...abbiamo vinto?- rispose lui facendola sorridere.

-Si, abbiamo vinto e ti sei perso la parte più bella. Indovina? Ho chiamato un Drago.- disse lei facendogli l'occhiolino.

-Lo sapevo, non dovevo farmi esplodere in aria!- disse lui accennando una risata che morì con un colpo di tosse.

-Riposati fratello, riprendi le forze.-

Così dicendo, Aranel lasciò che suo fratello chiudesse gli occhi e riposasse a lungo per potersi rimettere in sesto. Lungo il corridoio incontrò Boromir e si fiondò tra le sue braccia desiderosa di poterlo stringere a se.
Boromir la sollevò e la fece girare, poi la baciò a lungo e ironico disse:

-E così la mia donna parla con i Draghi eh?-

-La tua donna?- chiese Aranel alzando un sopracciglio.

-Si, la mia donna.- ribadì Boromir sapendo d'infastidirla.

-E va bene, se vuoi che sia la tua donna, lo sarò.- disse lei facendogli sgranare gli occhi.

-Così ti arrendi a me?- chiese lui avvicinando le labbra alle sue.

-Mi arrendo all'amore- rispose lei lasciandogli un piccolo bacio sul naso.

Tornarono a Rohan quando Adanedhel si riprese abbastanza da poter affrontare un viaggio a cavallo e quando arrivarono fu indotta una grande festa per la vittoria della battaglia.
Per una volta Aranel voleva sembrare ciò che era: una bellissima donna, capace di ammaliare ogni uomo e far spalancare gli occhi a tutti coloro che la guardavano.
Indossò un lungo abito rosso degno di una Principessa; un lungo strascico accompagnava i suoi passi, il bordo era ricamato d'oro e così ogni confine dell'abito. I capelli erano in parte raccolti in piccole treccioline chiuse in fiori d'argento e sul suo capo brillava un diadema che aveva trovato tra le cose di Haldir prima che lo seppellissero vicino al quale stava una lettera di Galadriel.

Questa, nipote mia, è la corona di tua madre, forgiata nel Nargothrond su richiesta di tuo padre. È giusto che l'abbia tu e spero di poterti vedere un giorno mentre la indossi e spero di vederti felice come lo era lei.
Ricorda sempre da dove vieni Principessa, non dimenticare le tue origini e le persone che ti hanno voluta bene e quelle che tutt'ora te ne vogliono.

Sempre tua fedele amica e Zia, Galadriel.”

Il diadema era un insieme d'intrecci d'oro bianco con dei diamanti incastonati in foglie d'argento e il tutto andava a finire su una punta di zaffiro, così fine da sembrare vetro.
Uscì dalla sua stanza e si diresse verso la sala dove si teneva la festa e quando arrivò tutti si voltarono a guardarla, perfino il Re rimase immobile a fissarla e Boromir non riusciva a distogliere lo sguardo. Le si avvicinò allungando la mano e prendendole la sua; l'avvicinò a se e le sussurrò:

-Sei bellissima. Una gemma preziosa che conserverei con segretezza fino alla morte.-

Lei sorrise e gli accarezzò la guancia, poi rispose:

-Sarai il mio cavaliere questa sera?-

-Lo sarò per tutta la vita se lo vorrai.-

Mentre Aranel parlava con Aragorn e Adanedhel, un uomo che aveva conosciuto prima di arrivare a Edoras le si avvicinò e le chiese di passeggiare con lui.
Eomer le offrì il braccio e lei lo accettò per evitare di offenderlo, anche se sapeva bene che quel gesto avrebbe fatto infuriare Boromir, anche se non vedeva l'ora di vederlo furioso per la gelosia.

-Siete incantevole, sapete?- disse Eomer mentre conduceva la donna alla terrazza.

-Grazie, ma perchè mi avete portato lontano dalla festa?- chiese lei distaccandosi delicatamente.

-Per poter restare da soli mia Signora.- rispose lui accarezzandole il volto.

-Beh, è stata una cattiva idea.- disse lei cercando di allontanarsi.

Lui la fermò prendendole la mano e l'avvicinò a se appoggiando l'altra dietro la sua schiena e premendo leggermente.

-Perchè? Vi ho osservata in battaglia e mai avevo visto una donna combattere come voi, mi avete colpito Aranel. Siete il tipo di donna che vorrei avere al mio fianco per il resto della mia vita.- disse lui avvicinando il viso al suo.

-Io non voglio voi al mio fianco, ho già chi fa battere il mio cuore all'impazzata.- ribattè lei scostando il viso.

Lui la fece voltare appoggiandole due dita sul mento e la baciò d'improvviso lasciandola spiazzata e lei di rimando urlò:

-Fùs!-

Così Eomer fu obbligato a distaccarsi e barcollò all'indietro con un sorriso stampato sulle labbra.
Aranel tornò dentro con le lacrime agli occhi, sentiva di aver tradito Boromir e le lacrime riempirono in fretta i suoi occhi illuminandoli. Boromir che s'era accorto del passo deciso e agitato di Aranel le si avvicinò e la bloccò.

-Aranel, che ti prende?- le chiese dolcemente.

Lei non rispose, si voltò a guardarlo e una lacrima scappò rigandole il volto.

-Aranel! Cos'è successo?- chiese preoccupato l'uomo.

-Boromir, mi dispiace così tanto. Io non volevo, lo giuro, è stato lui, io...io...- rispose lei agitandosi e abbassando il volto.

-Lui chi? E cosa ti ha fatto?- chiese a quel punto con voce furiosa.

-Eomer mi ha baciata.- rispose lei coprendosi le labbra con la mano.

Boromir si voltò e cercò l'uomo tra la folla e vedendolo ridere e scherzare come se nulla fosse accaduto, si arrabbiò ancora di più e cominciò a camminare con passo deciso verso la sua direzione.
Lo guardò e disse:

-Vieni con me.-

Eomer sorrise divertito e ascoltò Boromir e lo seguì per i corridoi del palazzo. D'un tratto Boromir s'arrestò e senza proferire parola gli tirò un pugno sulla mascella; si abbassò, lo prese per il colletto e gli ringhiò:

-Tu, prova a toccarla o guardarla ancora una volta e non guarderò in faccia nessuno, ti ucciderò e basta. Me ne frego che sei il nipote del Re di Rohan, lei è mia e non ti permetterò di prendere ciò che è mio!-

Lo lasciò a terra e tornò alla festa con le nocche leggermente sbucciate, poi prese la mano di Aranel e la portò via dalla festa.

-Dove mi porti?- chiese lei.

Lui non rispose, aprì la porta della sua stanza e la chiuse a chiave, poi si avvicinò alla donna e la baciò con passione.
Aranel capì qual'era l'intento di Boromir e non oppose resistenza; gli mise le braccia intorno al collo e si lasciò trasportare dal suo bollente spirito. La possessività dell'uomo la eccitava, sapeva che stava reagendo così perchè un altro uomo l'aveva baciata e questo non gli andava giù, proprio per niente.
Boromir la sollevò da terra senza staccare le labbra dalle sue e l'adagiò sul letto delicatamente, poi scese sul suo collo e lo riempì di soffici baci.
Cercò il suo sguardo e quando vide che era in preda all'eccitazione, non esitò un momento e le sollevò la veste premendo il corpo tra le sue cosce e continuando a baciarla e ad accarezzarle i capelli.

-Boromir...- sussurrò lei.

Il corpo di Aranel era scosso da brividi di piacere e le sue mani cominciarono a spogliare il suo amato scoprendogli il petto e gli addominali. La situazione si ribaltò: lei gli fu sopra a cavalcioni e cominciò e baciargli ogni centimetro di pelle nuda che infiammava le sue labbra bramose del corpo dell'uomo.
Boromir sfilò il lungo abito di Aranel e lo buttò a terra, poi si mise a sedere e strinse la sua amata sentendo la pelle sfiorare la sua e ricominciò a torturarle il collo, poi scese e le baciò il seno facendola fremere.
Lei lo fermò, lo spinse indietro in modo da farlo stendere e lui sorrise divertito e fece sorridere anche lei che prese ad armeggiare con il laccio dei suoi pantaloni e glieli tolse facendoli cadere vicino alla sua veste.
Boromir capovolse di nuovo la situazione mettendosi su di lei e baciandole dolcemente le labbra.

-Puoi fermarmi se vuoi.- le sussurrò all'orecchio.

Lei non rispose, mosse il bacino e si avvinghiò al suo con le gambe, così Boromir entrò in lei e sospirò di piacere.
Fecero l'amore attenti a non farsi del male, attenti a non dire parole sbagliate, attenti a non rovinare la loro unione che sigillava le loro anime formandone una sola che avrebbe vissuto in loro per sempre.
Aranel cercava di soffocare i gemiti per evitare che la sentisse l'intero palazzo e il più delle volte lo faceva tra le labbra di Boromir che non resisteva a metterla in difficoltà e cercava di darle sempre più piacere fino a che non vennero insieme e si fermarono per riprendere fiato.
Boromir abbracciò Aranel e i loro occhi si guardarono a lungo perdendosi l'uno nell'altra. Lui le accarezzava il viso ed intrecciava i suoi capelli tra le dita, mentre lei delineava le sue labbra con l'indice.

-E adesso che si fa?- chiese Aranel avvicinando il naso al suo.

-Sei mia prigioniera sta notte.- rispose lui posando dolcemente le labbra alle sue.

-Posso essere tua prigioniera fino alla morte?- chiese lei sorridendo.

-Puoi. O puoi sposarmi e liberarti dalle catene.- rispose lui stringendola un po'.

Lei lo guardò e inarcò un sopracciglio pensando che stesse scherzando, ma lui le prese le mani e ne baciò il dorso, poi la guardò fissa negli occhi e le chiese:

-Aranel, vuoi sposarmi?-

Lei sorrise, si avvicinò al suo viso e rispose:

-Non desidero altro.-


Angolino autrice:

Beh che dire? Un po' di Hot ci sta no? Sono fatti di carne e ossa e poi andiamo... chi non si farebbe Boromir? xDDD va bene, basta, la smetto. Spero che il capitolo vi piaccia e che vi emozioni un pochino com'è successo a me *-* Alla prossima! :) Ah, a sto giro boh, il "size" ha fatto un po' come pareva a lui xD







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Capitolo 13
*** La Pietra Veggente ***


La Pietra Veggente


Quando la mattina arrivò, i raggi del sole colpirono i loro volti illuminandoli e scaldandoli e Aranel si svegliò con il volto appoggiato al petto di Boromir.
Aveva passato una notte indimenticabile e soprattutto aveva dormito benissimo tra le calde lenzuola di lino.
Boromir aprì gli occhi lentamente e si voltò piano verso il viso di lei che lo stava osservando sorridendo.

-Buongiorno stella del Re- disse lui baciandole il naso.

-Buongiorno mio amore- rispose lei.

Poi Aranel si mise a sedere coprendo le nudità con le lenzuola e si guardò intorno meravigliata.

-Boromir, a me non hanno dato una stanza, dovevo dormire con tutti gli altri, perchè a te si?- chiese cercando di capire.

Boromir rise sommessamente e si coprì il volto con le mani, poi tirò giù Aranel obbligandola a distendersi di nuovo vicino a lui e rispose:

-Perchè questa non è la mia stanza. Anche io dovevo dormire con voi.-

Aranel sgranò gli occhi e si alzò velocemente dal letto cercando di rivestirsi alla meno peggio.

-Sei un pazzo! Si arrabbieranno con noi!- disse lei cercando di non urlare troppo.

Boromir rise e cominciò a vestirsi, poi Aranel si mise a rifare il letto in maniera molto confusionaria e agitata; andò alla porta, ma proprio mentre stava per togliere il giro di chiave, qualcuno bussò.

-Eowyn, nipote cara, stai ancora dormendo?- era la voce di Theoden.

Aranel sgranò ancora di più gli occhi e sussurrò inacidita:

-Questa è la camera di Eowyn??? Sei forse impazzito??-

-Non lo sapevo! Ho aperto la prima camera che ho visto!- rispose lui facendo spallucce.

Aranel si avvicinò alla finestra e l'aprì cercando di non fare rumore, poi indicò a Boromir la direzione da prendere per fuggire e lui non capì subito perchè sapeva che erano alti da li, ma lei insistette e indicò più volte la finestra aperta, poi alzò gli occhi al cielo e si buttò di sotto rotolando tra i cespugli una volta toccato terra.
Boromir la seguì non senza esitazione e si ritrovarono di nuovo addosso l'uno all'altra.

-È un vizio che non ti toglierai più?- chiese lei guardandolo maliziosa.

-Come potrei?- rispose lui posandole un bacio sulle labbra.

Uscirono dal cespuglio come se niente fosse successo e tornarono passeggiarono per le stradine di Edoras.

-Le storie sul vostro conto, sono vere?- chiese una fanciulla avvicinandosi ad Aranel.

Lei sorrise e si voltò a guardarla, poi prese fiato e rispose:

-Dipende da quali storie avete ascoltato.-

La ragazza fece qualche passo indietro e abbassò il volto, perse il coraggio di guardarla negli occhi quando cominciò a parlare:

-Voi uccidete i Draghi e i Demoni.-

-Si- rispose Aranel -allora sono storie vere.-

Aranel riprese il cammino, ma ancora una volta la sua attenzione fu richiamata dalla fanciulla.

-Vi prego mia Signora, raccontateci la vostra storia!-

Quando Aranel si voltò nuovamente, vide di fronte a lei una folla di curiosi che la guardavano come bambini ansiosi di ascoltare una fiaba; così il Dovahkiin si sedette su una panca di pietra e vicino a lei Boromir che le stringeva la mano.

-Sono nata nel Nargothrond del Beleriand nella Prima Era di questo mondo. Sono cresciuta tra gli Elfi finchè l'Oscuro Signore non mi ha strappata dalle braccia di mia Zia. Ho vissuto nel suo palazzo a Tol Sirion per lunghi anni, finchè un giorno mio padre venne a cercarmi. In realtà era venuto per un'altra missione, ma il suo vero scopo era quello di liberarmi e riportarmi finalmente a casa. Il Signore Oscuro però era più forte di mio padre e lo uccise e uccise anche mia madre che venuta in suo soccorso. Prima di morire però fece un incantesimo che mi portò in un altro mondo dove nacqui nuovamente e crebbi fino a diventare una ragazza piena di sogni e speranze. Poi una mattina, invece di risvegliarmi nel mio letto, mi risvegliai in una cella. Da li partì proprio la mia missione; ero finita a Cyrodiil nel mondo di Tamriel, nella regione di Morrowind. Ero destinata a salvare quella regione dall'Oblivion. Grandi porte di fuoco capaci di aprire una breccia a Morrowind e fa fuoriuscire piccoli Demoni assetati di sangue. Salvai la regione e vissi in pace per qualche anno fino a che una mattina non mi svegliai di nuovo da un'altra parte, diversa da dove mi ero comodamente addormentata. Mi trovavo su un carro con i polsi legati, insieme a degli uomini. Mi dissero che ci stavano conducendo a Helgen per rispondere dei crimini commessi contro gli Imperiali. Io ero certa di non aver commesso alcun crimine contro nessuno, ma attesi di essere portata davanti ad una qualche autorità per aprire bocca. Scoprii che ci stavano portando a Helgen, non per trattare sulla nostra liberazione, ma per tagliarci la testa su un ceppo. Quando fu il mio turno si sentì un boato provenire dalle montagne; ci girammo tutti a vedere cosa stesse accadendo, ma non vidimo nulla e l'ascia stava già per calare sul mio collo, quando un grande drago volò sopra le nostre teste e si appollaiò sul tetto di una casa. Cominciò a sputare fuoco ovunque e arse quel paese e molti morirono quel giorno, ma io no,riuscii a fuggire con un altro prigioniero che mi liberò i polsi e mi fece scappare via attraverso una caverna.
Arrivai a Riverwood e poi a Whiterun e dissi tutto al Re che mi mandò ad uccidere un Drago che stava attaccando la torre di guardia. Quando il Drago fu sconfitto, ne assorbii l'anima e capii cos'ero diventata. Dopo qualche anno passato ad uccidere Draghi, uccisi il più importate, il loro Re e tutto fu più tranquillo, anche se i Draghi rimanevano nella regione di Skyrim e toccava a me ucciderli.
Passati diversi secoli, Gandalf venne a prendermi e mi riportò qui e il resto della storia lo conoscete.-

La giornata passò velocemente tra un incontro e un altro e la sera Marwel scoprì che Gandalf aveva portato a Rohan Merry e Pipino e lei fu così felice di rivederli sani e salvi e piuttosto allegri anche!
Lei e Boromir passarono la notte nella stanza comune insieme agli altri, ma mentre l'uomo Gondoriano riusciva a dormire beatamente nonostante il fracasso che provocava il naso di Gimli, lei non riuscì a chiudere occhio e si alzò nel cuore della notte scoprendo che anche Aragorn e Legolas condividevano lo stesso suo destino.
Andò sulla terrazza per sgranchirsi le gambe e guardare il panorama intorno a se e li vi trovò Aragorn addormentato con la schiena appoggiata ad un muro di pietra. Aranel si abbassò e si mise in ginocchio davanti a lui, poi sorrise teneramente e gli accarezzò una guancia facendogli aprire gli occhi.

-Il sole non è ancora sorto, la tua mente può riposare, così come il tuo cuore.- sussurrò il Dovahkiin posandogli una mano sulla Stella del Vespro.

-Il mio cuore non riposerà finchè non vedrò Arwen salva da tutto questo male che la sta uccidendo. Si indebolisce giorno per giorno e se lei non sopravvive, nemmeno io posso farlo.- rispose lui con gli occhi socchiusi.

-Sempre l'amore trionfa sul male, vedrai Aragorn, la rivedrai prima della fine.- sussurrò ancora Aranel sorridendo.

-Nessun amore è mai stato così difficile da affrontare e così triste da vivere.- disse l'uomo prendendo la mano di Aranel.

Così al Dovahkiin venne in mente una canzone che tanto amava quando viveva sulla terra e cominciò a cantare piano:

Un uomo onesto, un uomo probo, trallalalalla tralallallero,
si innamorò perdutamente, d'una che non lo amava niente.
Gli disse “portami domani”, trallalalalla tralallallero,
gli disse “portami domani il cuore di tua madre per i miei cani”.
Lui dalla madre andò e l'uccise, trallalalalla tralallallero,
dal petto il cuore le strappò e dal suo amore ritornò.
Non era il cuore, non era il cuore, trallalalalla tralallallero,
non le bastava quell'orrore, voleva un altra prova del suo cieco amore.
Gli disse “amor se mi vuoi bene” trallalalalla tralallallero,
gli disse “amor se mi vuoi bene, tagliati dei polsi le quattro vene”.
Le vene ai polsi lui si tagliò, trallalalalla tralallallero,
e quando il sangue ne sgorgò, correndo come un pazzo da lei tornò.
Gli disse lei ridendo forte, trallalalalla tralallallero,
gli disse lei ridendo forte “l'ultima tua prova sarà la morte”.
E mentre il sangue lento usciva e ormai cambiava il suo colore,
la vanità fredda gioiva, un uomo s'era ucciso per il suo amore.
Fuori soffiava dolce il vento, trallalalalla tralallallero,
ma lei fu presa da sgomento quando lo vide morir contento.
Morir contento e innamorato quando a lei niente era restato,
non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene.”


Aragorn la guardò sbigottito per qualche istante, poi sorrise divertito e disse:

-Si, c'è di peggio.-

Aranel si alzò ridendo e porse la mano ad Aragorn per aiutarlo ad alzarsi.
Si voltarono entrambi nella stessa direzione e videro Legolas intento ad osservare l'orizzonte in silenzio.

-Qualcosa si muove nell'Oscurità... un insonne malanimo.- sussurrò senza staccare gli occhi dalla vasta valle.

Ne Aranel, ne tanto meno Aragorn capirono il pensiero dell'Elfo, finchè i suoi occhi non si fecero color del ghiaccio e si voltò di scatto a guardare il futuro Re di Gondor esclamando:

-Lui è qui!-

Fu un attimo e Aranel avvertì la presenza di un' ombra oscura nel palazzo d'oro e corse in fretta nella stanza in cui dormivano i suoi compagni, seguita da Aragorn e Legolas.
Si ritrovò davanti un Pipino intento a contorcersi come preso da un forte dolore; in mano teneva una sfera avvolta nelle fiamme e per istinto o per paura di vedere l'Hobbit morire, Aranel gliela tolse dalle mani.

Aranel... non contrastare la volontà di tuo padre.”

L'unico padre che avevo l'hai ucciso tu.

No, l'unico padre che hai sono io.”

“Vide Boromir cadere a terra trafitto dalla lama di un Orco, poi vide gli occhi di Aragorn spegnersi con un battito di ciglia, vide Legolas perire con una freccia nel petto e poi vide Adanedhel sdraiato su una pozza rossa; i suoi lunghi capelli biondi erano sporchi di sangue e i suoi occhi, così simili a quelli di sua madre, il suo viso, così simile a quello di suo padre, si velarono di morte, come se la stessa avesse coperto il suo corpo con un nero mantello.
Aranel giaceva in piedi senza nessuna arma e si disperava per il suo amore, per i suoi amici, per suo fratello che non aveva fatto in tempo a salvare.
Dalla sua pelle usciva una luce giallastra simile ad una fiamma, le anime dei Draghi che aveva ucciso la stavano lasciando, facendola diventare un semplice essere umano.”

Questo vi attende. Avete la possibilità di unirvi a me e consegnarmi l'Unico.”

Non esiste morte peggiore di quella di un uomo che non ha lottato per la propria libertà. Vuoi renderci schiavi, ma non sarà così facile. Se anche alla fine moriremo, lo faremo con gloria e con onore, difendendo la nostra gente e la nostra vita. Mettiti in guardia contro il cuore degli Uomini perchè è di ogni loro battito che devi aver paura.


Aranel aprì gli occhi e si trovò di fronte Gandalf intento ad accarezzarle il viso e borbottare strane parole; al suo fianco invece se ne stava un Boromir con gli occhi spalancati che stringeva la sua mano.

-Aranel!- la chiamò non appena la vide muoversi e vide le iridi ambrate sbucare da sotto le palpebre.

-Boromir...Gandalf, ma che?- sussurrò prima che le parole le morissero in gola.

-Aranel, che cos'hai visto?- chiese Gandalf appoggiandole una mano sul viso.

-Ho sentito la sua voce e ho visto cadere tutti vuoi durante una guerra e le anime dei Draghi di Tamriel abbandonavano il mio corpo lasciandomi indifesa.- rispose lei con gli occhi chiusi, come a voler ricordare un sogno.

-Pipino! Dov'è Pipino?- esclamò poi mettendosi a sedere.

-Pipino sta bene.- rispose Gandalf alzandosi in piedi.

Aranel rimase con Boromir, Aragorn, Legolas e Adanedhel che le si strinsero attorno cercando di darle conforto.

-Sorella mia, perchè non hai il mio stesso sangue? Perchè devi soffrire all'ombra di un padre malvagio?- disse Adanedhel prendendole il viso tra le mani.

L'abbracciò e lei sentì un brivido percorrerle la schiena e vide, alle spalle del fratello, lo spirito di Finrod Felagund che le sorrideva e le porgeva la mano avvicinandosi piano.

-Padre...- sussurrò mentre calde lacrime bagnavano il suo viso.

Aranel si alzò piano liberandosi dall'abbraccio di suo fratello e per un attimo si rivide bambina; correva tra il grano per andare incontro a Finrod. L'aria calda le accarezzava il volto e le muoveva i capelli corvini facendoli danzare tra le bionde spighe.
Il sorriso di Felagund stringeva il suo cuore in un amore così grande da non poter essere dimenticato, nemmeno alla fine dei tempi, quando tutto il mondo brucerà e si contorcerà nel dolore e le foglie cadranno dagli alberi anche in Primavera, quando le stelle si nasconderanno nel nero mantello della notte e la luna si spegnerà togliendo l'unica luce nel buio, nemmeno allora quel sorriso e quell'amore verranno dimenticati, nemmeno allora il calore del sole di quella mattina di troppi anni fa, smetterà di riscaldarle la pelle.
La donna sorrise e allungò la mano intenta a prendere quella del padre amorevole, dell'uomo che l'aveva cresciuta tra il suo popolo come se fosse davvero sua figlia, se non di più.
E vide sua madre, vide una splendida ragazza dai rossi capelli che sbucava dietro un albero e guardava intenerita il suo amore prendere in braccio la sua gemma più preziosa.

-Madre...- sussurrò Aranel chiudendo gli occhi.

Li sentiva realmente vicini a se, come se fossero ancora in vita, come se non l'avessero lasciata mai e il suo cuore si riempì di gioia e cercò di abbracciarli, ma sparirono in una nuvola nera e di nuovo il suo petto si riempì di tristezza e oscurità e la gioia abbandonò il Dovahkiin che ora si reggeva straziata a Gandalf che l'aveva liberata dall'incantesimo.

La notte passò così, con gli Hobbit nella sala del trono a parlare insieme allo stregone e il Re e Aranel nel suo letto, avvolta nelle coperte come in preda ad un'improvvisa febbre. Non dormì sola, per tutta la notte Boromir l'abbracciò per darle conforto, che non trovò nemmeno nei suoi sogni.

-Il passato mi tormenta...non mi lascerà mai vivere.- sussurrò tra le lacrime.

-Il passato, è passato.- rispose Boromir stringendola di più a se.

Il mattino arrivò senza sole. La pioggia batteva incessante alle finestre e quando Aranel si svegliò, Gandalf e Pipino erano già partiti per Minas Tirith e Aragorn cercava di convincere il Re di Rohan a scendere in campo con Gondor.
Mentre i due, anzi loro più Boromir, Adanedhel, Legolas e Gimli, discutevano e litigavano su come affrontare i tempi bui, la donna arrivò nella sala e li interruppe tutti:

-Ho detto a Sauron che il cuore degli uomini è forte e che non sarà facile spezzare le nostre vite. Mi sbagliavo forse? Abbandoneremo Gondor e la nostra terra con essa? Credete forse che non prestando soccorso ai Gondoriani, salverete la vostra gente? Quando Sauron finirà con Minas Tirith, marcerà su Rohan e truciderà la nostra razza.-

-Parli riferendoti anche a te. Non è la tua razza, ma la mia. Tu sei la figlia del male che non è sicuramente un uomo.- rispose Theoden freddando le sue parole.

-Mia madre era un Adan proprio come voi e io ho preso il suo aspetto e il suo buon cuore e quindi mi ritengo Adan quanto voi.- disse Aranel incrociando le braccia al petto.

-Non basta un bell'aspetto a dissipare ogni dubbio.- ribattè il Re.

-No, non basta, ma pensavo che il Drago che ci ha aiutati ad abbattere il nemico, sia stato chiamato da me. Sbaglio mio Signore? Non è stato forse il fuoco di Odahviing a sterminare gli Orchi al fosso di Helm? Vorrei inoltre ricordarvi che Odahviing risponde ad una sola voce, la mia.- disse Aranel.

-Siete nella sala del mio Trono Aranel, guerriera dei Draghi, pertanto siete obbligata a portarmi rispetto e se non volete, quella è la porta. Io sono il Re e io decido per questo Regno.- ribattè Theoden girandole le spalle.

-E allora questa donna non seguirà affatto il Re di questo Regno. Andrò a Minas Tirith e combatterò al fianco di Gondor, perchè è questo che sono venuta a fare in Arda, salvare vite umane. Non sono di certo arrivata da un altro mondo per starmene con le mani in mano mentre la gente viene massacrata.- disse Aranel.

Uscì dalla sala con tutti gli occhi puntati addosso e con un Re che voleva ribattere le sue parole, ma non ne ebbe il tempo.
Salì sul suo cavallo e partì senza aspettare nessuno, anche se sapeva bene che qualcuno l'avrebbe di certo seguita. Sentì gli zoccoli di un cavallo seguire quelli del suo e affiancarsi a lei.

-Scappi da me?- chiese Boromir ridendo.

-No, scappo dalla pazzia di un Re che non farà nulla.- rispose lei rimanendo seria.

-Aranel, il Re ha paura... quella che non vedo nei tuoi occhi.- sussurrò Boromir guardandola.

Aranel sorrise e rallentò l'andatura prima di scendere da cavallo e tirare giù Boromir dal suo.
Strinse le mani al colletto del mantello di lui e lo avvicinò a se per lasciargli un lungo ed intenso bacio. Edoras si vedeva ancora grande sulla collina e sembrava osservare i due amanti che davano fuoco ai loro cuori e alle loro labbra.

-Sono contenta che tu sia al mio fianco.- disse lei una volta separatasi dalle labbra del suo amore.

-Non ti avrei mai lasciata sola.- rispose lui alzandola dai fianchi e posandola sulla sella del cavallo.

-Portami a Minas Tirith, dunque.- disse lei prendendo le briglie.

Angolo autrice:

Salve a tutti :) ringrazio immensamente coloro che hanno letto e recensito e coloro che hanno letto e basta. Come ho già detto nel capitolo precedente, mi piace vedere il numerino che sale xD anche se non comprendo il perchè il numerino del capitolo precedendo sia più piccolo del capitolo successivo o.O cioè, mi legete solo l'ultimo capitolo saltando gli altri? xDDD come preferite voi eh, ma io non capirei nulla! Spero che questo capitolo vi piaccia... ci ho messo una vita a scriverlo e lo trovo un po' morto, ma vabbeh, capita no? Vi lascio qui ad aspettare il nostro prossimo incontro! Namaarie!



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Capitolo 14
*** Il cuore del Dovahkiin ***


Il cuore del Dovahkiin


Il cielo si spense lungo la loro strada e la notte li costrinse a fermarsi e a cercare della legna da ardere. In due tutto era diverso, tutto era più bello e ci si doveva preoccupare per meno persone.

-Mi dispiace di aver lasciato gli altri a Edoras, ma Minas Tirith va aiutata.- disse Aranel sedendosi un un tronco tagliato.

Il fuoco scoppiettava e attorno le ombre si muovevano in preda ad una danza nel vento e le fiamme sembravano prender forma di fate alate.

-Minas Tirith è meravigliosa. Grandi strutture di pietra erette dall'uomo accerchiano la città che bianca risplende sotto i raggi del sole e ogni pietra sembra avere la sua storia e quando la notte cala, molte fiaccole vengono accese e così pare che Minas Tirith abbia le stelle tra le vie. Tombe più alte e più belle delle case e del palazzo. Nel cortile di pietra l'albero bianco aspetta il suo fiore, così come io ho aspettato il mio.- raccontò Boromir sedendosi vicino ad Aranel.

Lei sapeva che il suo amato aveva molta voglia di ritornare a casa sua e fu felice di saperlo contento del loro viaggio; appoggiò la testa sulla sua spalla, poi prese un amuleto che teneva sempre al collo insieme alla collana di sua madre e lo porse a Boromir.

-Questo è l'amuleto di Mara, la Dea dell'amore che sorveglia i cuori degli amanti di Skyrim. Vorrei che la portassi tu, per ricordarti, in caso che un giorno non dovessi più rivedermi, che hai amato e che sei stato amato a tua volta.-

-Perchè dici questo?- chiese Boromir prendendole il viso tra le mani.

-Ho un brutto presentimento e poi tutto può accadere nella vita.- rispose lei sorridendo.

Legò la collana al collo di Boromir e ne accarezzò le incisioni come se volesse toccare il suo cuore e farlo suo per sempre.
Boromir la baciò e la strinse a se, poi avvicinò la bocca al suo orecchio e sussurrò:

-Non ti lascerò morire facilmente.-

Le notti passarono e finalmente in un mattino freddo e piovoso, videro la Minas Tirith ergersi davanti ai loro occhi affascinati da tale visione.
Era la città più bella che avesse mai visto e anche la più insolita, nulla da togliere alle antiche città Elfiche, ma Minas Tirith era un capolavoro degli uomini.
Boromir sorrise quando vide Aranel osservare la città con la bocca socchiusa e gli occhi spalancati.

-Benvenuta a Minas Tirith- disse lui spronando il cavallo al galoppo.

Lei lo seguì e quando le sentinelle videro il figlio dei Sovraintendente aprirono le grandi porte pesanti e Aranel rimase ancora una volta stupita e ferma ad osservare le complicate incisioni sulla pietra.
Una folla di gente cominciò ad applaudire e ad esultare e Boromir, quasi come fosse un Principe, li salutava procedendo lentamente a cavallo; Aranel, accortasi che il suo amato era già entrato in città, diede una piccola pacca al cavallo spronandolo ad andare avanti e a seguire il figlio di Gondor.
Ma la scena che più la intenerì fu quella che le si presentò davanti una volta arrivati di fronte all'albero bianco: un ragazzo, più giovane di Boromir, ma molto somigliante a lui, gli si avvicinò e, una volta sceso da cavallo, si abbracciarono fraternamente ridendo e dandosi varie pacche sulle spalle.

-Fratello mio! Che giorno gioioso!- disse il più giovane stringendo con le mani le braccia di Boromir.

-Sono contento di essere finalmente a casa!- rispose l'uomo.

Poi gli occhi del fratello si posarono su di lei, che lentamente scendeva dal suo destriero e si portava i capelli sul petto facendoli uscire dal cappuccio.
Boromir si accorse che Faramir stava guardando Aranel con occhi interrogativi e quindi la presentò:

-Lei è Aranel, figlia di...-

-Felagund. Finrod Felagund.- finì lei la frase.

Faramir guardò ancora interrogativo Boromir e sta volta Aranel non ne capì il motivo.

-Fratello mio, perchè è qui?- gli chiese a bassa voce.

-Cosa ti preoccupa?- chiese a sua volta Boromir.

-Ennia, ecco cosa mi preoccupa.-

Boromir sgranò gli occhi e disse:

-Ma è ancora qui? Le avevo detto gentilmente di andarsene perchè non era così che volevo sposarmi e mettere su famiglia!-

-Lei voleva andarsene, ma nostro padre gliel'ha impedito dicendole che avresti cambiato idea.- rispose il fratello.

-Ennia?- chiese Aranel lasciando il cavallo e avvicinandosi ai due.

Faramir s'inchinò e le sorrise gentilmente, poi le prese la mano e avvicinò le labbra al dorso.

-Perdonate la mia maleducazione mia Signora, non mi sono nemmeno presentato,- lasciò piano la sua mano e la guardò in volto continuando -il mio nome è Faramir, figlio di Denethor, fratello di Boromir.-

E allora la donna capì perchè si somigliassero così tanto, poi però le venne in mente il nome che avevano pronunciato poco prima e chiese di nuovo:

-Chi è Ennia, se posso saperlo?-

Faramir e Boromir non ebbero il tempo di rispondere, che un uomo più anziano e vestito con una nera pelliccia adornata da catene d'oro, si avvicinò a loro e esordì:

-Boromir! Figlio mio, sei tornato!-

Abbracciò suo figlio tanto forte da fargli quasi mancare il respiro, poi lo strattonò teneramente un paio di volte mentre rideva e Faramir abbassò il capo sorridendo appena.

-Padre! Vi devo presentare una persona!- disse Boromir indicando con un gesto della mano, Aranel.

Ella s'inchinò e appoggiò un ginocchio a terra come fosse un soldato; sapeva di trovarsi di fronte al sovrintendente di Gondor e quindi, in quel momento, alla più alta carica di quel regno.

-Il mio nome è Aranel, figlia di Finrod.-

-Figlia di Sauron.- ribattè lui facendosi serio e rabbioso in viso.

Aranel sorrise a testa bassa e poi si alzò.

-Cosa cambia?- chiese guardandolo con sguardo infuocato.

-Cambia.- rispose lui senza lasciare le braccia del figlio.

-Padre! Non è quello che pensate, non ha nulla di Sauron.- cercò d'intromettersi Boromir.

Tuttavia lo sguardo di Denethor non s'addolcì e allora l'orgoglio del Dovahkiin fece presa nel cuore di Aranel e lei tornò alla sua cavalcatura e vi montò.

-Aranel, dove vai?- chiese Boromir avvicinandosi alla sua amata -Scendi, rimani con me, te ne prego...-

-Ha ragione tuo padre, io sono la figlia di Sauron e questo non lo posso cambiare. Ma mi fa sorridere pensare che la prima Minas Tirith, anche se questa non è, la costruì colui che mi fece crescere tra braccia amorevoli e morì per mano di colui che ora temete.-

Si abbassò leggermente e accarezzò la guancia di Boromir sorridendogli amorevolmente.

-Mi rivedrai ancora prima della fine.- aggiunse.

Una donna dalla chioma lunga e dorata corse verso il gruppetto ed emise un gridolino fastidioso quando vide Boromir, poi alzò le braccia e si fiondò addosso all'uomo lasciandogli un bacio sulle labbra.
Aranel rimase impietrita di fronte a quella scena e fece per andarsene, quando quella donna, che pareva essere proprio Ennia, chiese al suo amato:

-Boromir! Non mi presenti la tua amica?-

Aranel fermò il cavallo e lo fece voltare in sua direzione guardandola in cagnesco.
Boromir non le rispose e si allontanò da lei, cercando di avvicinarsi ad Aranel che con le lacrime agli occhi lanciò un incantesimo di fuoco creando un muro fatto di bagliore e odio, poi spronò il cavallo verso l'entrata di Minas Tirith e vi uscì di corsa chiamando a gran voce Odahviing.
Si fermò e scese da cavallo, poi gli diede una pacca e lo fece scappare via; dalla porta d'ingresso, una folla di curiosi tra cui Boromir, Faramir, Ennia e Denethor cominciò a guardare la scena.
Il Drago uscì dalle nuvole e atterrò ringhiando, poi si accorse che non vi era alcun nemico, ma solo la sua Dovahkiin con lo sguardo in fiamme e i pugni chiusi e anneriti dall'incantesimo che aveva lanciato poco prima e nulla disse, si abbassò solo e si lasciò montare.

-Dovahkiin, perchè mi trovo ancora in questa terra?-

Non rispose, appoggiò il corpo sulle rosse squame di Odahviing e cominciò a piangere come una bambina.

-Dovahkiin...-

-Odahviing portami dai miei bambini.-

Così, dopo aver fatto tutta quella strada tra i monti, le colline, i pericoli e le risate insieme ai suoi cari compagni che aveva imparato a voler bene, ora voleva tornarsene a casa.
Calò la notte e Aranel si era ormai addormentata da ore sul dorso di Odahviing che continuava a volare leggere tra il vento, un cielo pieno di stelle e con la luna che illuminava le chiome degli alberi. Tra le fitte foglie dei rami, un cavallo bianco con in groppa un uomo anziano e un Hobbit, galoppavano veloci e quando videro Odahviing, il loro passo si fermò di colpo e il vecchio Stregone chiamò a gran voce:

-Aranel! Aranel!-

Così la donna si risvegliò con gli occhi ancora bagnati dalle lacrime e il viso pallido e triste e ordinò al Drago di atterrare vicino a Gandalf.
Le ali di Odahviing crearono un gran polverone e alla sua vista Pipino si spaventò e si agitò dietro la figura del Mago.

-Tranquillo Pipino, non ti farà del male.- sussurrò lo Stregone scendendo da cavallo.

Anche Aranel scese e quel che Gandalf vide, non gli piacque.
La luna continuava a splendere e a squarciare la notte con i suoi bianchi raggi che colpivano il volto del Dovahkiin illuminandole gli occhi e facendoli brillare ancora più del solito. Le iridi ambrate erano vuote e prive di ogni sentimento positivo, le ciglia trattenevano lacrime cristalline, facendosene scappare una ogni tanto e lasciando che quella triste acqua rigasse il suo volto segnato dalle battaglie.
I capelli danzavano nel vento, neri come l'oscurità che l'avvolgeva con il suo enorme manto; le treccioline che domavano alcune ciocche, erano ormai rovinate e qualche capello svolazzava seguendo i suoi compagni.

-Aranel, cos'è accaduto?- chiese il vecchio avvicinandosi lentamente.

-Gandalf, devo tornare a Tamriel, questa Terra, questo Mondo, non mi appartengono e non sono tenuta a difendere persone che mi odiano.- rispose lei a denti stretti.

Gandalf si stupì, sgranò gli occhi e socchiuse le labbra come a voler replicare; sapeva bene che senza l'aiuto del Sangue di Drago, la guerra sarebbe stata difficile, praticamente impossibile da vincere e non avrebbe lasciato che degli uomini inetti mettessero a rischio la Terra di Mezzo solo per farsi vedere grandi e potenti.
Gandalf s'addolcì e mise su uno di quei sorrisi che ti fa dimenticare tutto, uno di quelli che morde l'oscurità e la fa sparire con un'intensa luce piena di amore e speranza.
S'avvicinò ancora alla donna e le prese le mani tra le sue, piano le strinse e dopo poco parlò:

-La vita ci mette di fronte molti pericoli e strade perigliose, ma non ci mette in questi cammini per nulla. Ho conosciuto poche donne con una forza d'animo come la tua e dimmi Dovahkiin, tu lo sai che il tuo cuore sa reggere qualche critica. Perchè ora vuoi tornare a Tamriel? Sei nata qui e senza di te, tutto sparirà, pure i tuoi ricordi più belli.-

-La mia vita è così lontana Gandalf e quando finalmente pensavo di aver trovato qualcuno che mi ama per quello che sono e che anche io amo come mai avevo fatto prima, ecco che tutto svanisce perchè la mia vita, quella che io credo troppo lontana, mi raggiunge e sconvolge il mondo in cui mi trovo. Nessuno mi conosce davvero a Tamriel, li ho fatto solo cose buone e non sono figlia di nessuno e alla gente va bene così.- rispose lei facendo scivolare via le mani dalle sue.

-Se ti fosse davvero andata bene come dici, non mi avresti mai seguito fin qui, non credi? E qui sei la figlia di Marwel e Finrod...- cercò di continuare Gandalf.

-Di Sauron. Quello che la gente vede quando mi guarda, è solo il mio sangue e il sangue del Signore Oscuro che si mescolano e tutto quello che ho fatto per loro svanisce di colpo, non conta più nulla.- ribattè subito lei.

Aranel si voltò e salì di nuovo in groppa a Odahviing che chinò l'enorme capo di fronte allo Stregone.

-Non puoi andartene! Abbiamo bisogno di te! Frodo ha bisogno di te!- urlò Pipino scendendo da cavallo.

Si fiondò di fronte al Drago e aprì le braccia.

-Aranel! Per tutta la vita ho combinato guai e per tutta la vita la gente mi ha sempre criticato e guarda adesso! Sono qui, a scappare da Sauron perchè crede che io abbia il suo dannato anello e la gente? La gente pensa che io sia solo un ficcanaso, ma quello che so io è che morirei per proteggere i miei cari da qualsiasi creatura mostruosa e di questo ne vado fiero. Tu di cosa vai fiera Aranel?-

-Di nulla.- rispose lei fredda prima di far spiccare il volo a Odahviing.

-Abbiamo perso la nostra unica speranza?- chiese Pipino a Gandalf.

Lo stregone sorrise e mise una mano sulla spalla dell'Hobbit.

-Non lo so, ma dobbiamo sempre sperare Pipino. Sono sicuro che la rivedremo.-


-Non vai fiera di nulla Dovahkiin?- chiese il Drago mentre spezzava le nuvole in volo.

La notte li divorava e Aranel con gli occhi colmi di lacrime non riusciva a vedere oltre le montagne e non riusciva a scorgere i primi raggi di sole che cercavano di illuminare le valli.
Pensò ai suoi bambini e a quanto era felice a Tamriel insieme a loro, nella loro casetta vicino all'accampamento dei Giganti; persino loro le mancavano in quel momento, pure le rovine e le tombe dei Draugr, ci avrebbe danzato insieme in quel momento, pur di non pensare a Boromir che veniva baciato da un'altra!
Già, era proprio quello il problema, il suo amore, l'uomo a cui aveva aperto il suo cuore duro, pieno di tristezza e guerra, quello a cui si era concessa con l'anima e il corpo. Come aveva potuto tradire quel loro patto? Perchè non le aveva parlato di Ennia? Perchè tenerle nascosta una cosa simile?.

-Vado fiera di aver avuto la forza di andarmene Odahviing, ma non di essere venuta fin qui per farmi umiliare da un uomo.- rispose lei spezzando la frase con un singhiozzo.

-Sei sicura di voler tornare a Tamriel?- chiese ancora il mostro alato.

-Voglio solo rivedere i miei bambini.- sussurrò lei più a se stessa.

-Però cara Aranel- la chiamò per nome per la prima volta -anche a un Drago serve riposo.-

Così scese a terra; Aranel amava la partenza e l'arrivo perchè il vento le scompigliava i capelli in modo buffo e in quegli attimi si sentiva un po' bambina e ascoltava il fruscio dell'aria che frustava il suo viso. Non si riparava mai, nemmeno quando l'aria era gelida e sentirla sulla pelle era come venire infilzata da mille lame.
Una nuvola di polvere accompagnò le zampe di Odahviing che abbassò il dorso per far scendere il suo “passeggero”.

-Non potevamo accamparci di notte?- chiese lei sospirando.

-Ma io sono stanco adesso e tu hai bisogno di pensare.- rispose lui allontanandosi velocemente in cerca di un posto in cui riposare.

-Certo...ci vuole solo quello.- borbottò irritata.

Aveva sonno, doveva ammetterlo, non aveva nemmeno avuto tempo di riposare a Minas Tirith, quindi non le fu difficile addormentarsi sull'erba fresca circondata da fiori di mille colori.

-Aranel...- la chiamò una voce carica di amore e dolcezza.

La donna riconobbe subito la voce di colei che sussurrava il suo nome quasi fosse un segreto.

-Arwen-.

La mano dell'Elfa si appoggiò sulla guancia del Dovahkiin che rabbrividì sentendo quanto fosse fredda. Furono così vicine da poter sentire il respiro l'una sull'altra e si abbandonarono ad una lieve risata; era strano come si fossero legate, pur essendo state vicine per poco tempo.
Aranel le aveva affidato i suoi figli senza indugiare e mai si chiese se avesse fatto bene o male poiché sapeva bene che per quanto Arwen in quel momento avesse le dita tremendamente gelide, in realtà le sue mani erano calde e affettuose come le sue e avrebbe fatto da madre a Samuel e Shan proteggendoli da ogni pericolo.

-Perchè sei venuta da me?- chiese sfiorandole le dita.

-Aranel, non puoi tornare indietro, non puoi abbandonare il percorso. Se il male si stendesse su tutta Arda, io sarei obbligata a partire per Valinor e a portare con me i tuoi figli, ammesso e non concesso che i Valar li accettino nelle Terre Immortali, cosa che mi fa dubitare di ogni mia partenza.- disse Arwen finendo in un sorriso.

Quando vide le lacrime scappare dagli occhi del Dovahkiin, le asciugò velocemente con i pollici e le alzò il mento sfiorandole le labbra.

-Non piangere, non è ancora tutto perduto, nemmeno il tuo cuor in fiamme per Boromir. Io so com'è aspettare una vita lunga per poi incontrare una persona con cui sai che non potrai vivere per l'eternità. So quant'è struggente vederlo andare via da te ogni volta.-

-Arwen...voglio tornare a casa.- sussurrò Aranel.

-Sei a casa.- disse lei scomparendo.

Sfumò in una fievole luce argentea e quando svanì, al suo posto, vi era una gemma dai mille colori, una gemma in cui il Dovahkiin vide i suoi bambini giocare tra gli alberi di Gran Burrone e vide anche il sorriso degli Elfi che li guardavano rincorrersi.”
Toccò la pietra e si risvegliò.

Il sole ancora brillava nel cielo e alcuni raggi illuminavano il viso stanco e provato di Aranel, che però non rimase sdraiata a terra, ma si alzò d'improvviso e richiamò il Drago che invece si era svegliato da un bel pezzo.

-Dovahkiin!-

-La guerra incombe su Minas Tirith e noi stiamo qui a prendere il sole!- disse Aranel cercando di arrampicarsi sul dorso dell'animale.

Odahviing rise sonoramente, si abbassò così che Aranel potesse salire senza altre fatiche e poi spiccò il volo e si diresse di nuovo verso Minas Tirith, sperando che anche Aragorn, Adanedhel, Gimli e Legolas fossero giunti nella città di pietra, così che potesse evitare Boromir.


-Fratello- chiamò Faramir avvicinandosi a Boromir.

L'uomo si voltò e gli sorrise leggermente, un sorriso sforzato e pieno di tristezza.
L'aria fredda e umida sfiorava la pelle dei due Gondoriani che se ne stavano su un ampio balcone in pietra; Boromir era appoggiato ad una colonna su cui si arrampicava dell'edera e in mano teneva un bicchiere di vino e lo faceva roteare di continuo continuando a specchiarsi e a sformare il suo riflesso. Da quella balconata potevano osservare la città di Osgiliath e l'ombra tetra di Mordor; le nuvole nere sovrastavano le montagne e piano piano si avvicinavano a Minas Tirith soffocando il canto degli uccelli e zittendo anche il vento.

-E dunque è questo che ci attende: oscurità e...malinconia?- chiese Faramir appoggiando una mano sulla spalla del fratello.

L'uomo abbassò lo sguardo e sorrise ancora, poi sospirò e appoggiò il bicchiere di vino sulla fredda ringhiera grigia e si voltò a guardare il fratello che piegava le labbra in cerca di una risposta negli occhi azzurri del maggiore.

-Forse, o forse no. Non possiamo saperlo, ma una cosa certa c'è: nel mio cuore ci sono già oscurità e malinconia.- rispose Boromir voltandosi nuovamente a guardare il panorama.

Faramir lo guardò e socchiuse le labbra pensando di ribattere alle sue parole.

-No, Faramir, non sposerò mai Ennia. Sono legato per sempre ad Aranel e nostro padre dovrà farsene una ragione...e anche tu.- disse ancora Boromir incamminandosi all'interno del palazzo.

-Boromir, io non devo farmene una ragione. Non so cosa ti leghi a quella donna, ma posso immaginarlo. Hai il mio sostegno.- rispose Faramir prendendo il bicchiere di vino dalla ringhiera e bevendone un lungo sorso.

Boromir rise leggermente portandosi una mano sul pizzetto ramato, poi si girò verso il fratello che ora guardava Osgiliath e si fermò un istante.

-Nostro padre mi ha detto che tra poche ore partirai per Osgiliath. Non farti ammazzare.- disse prima di entrare.

Percorse i lunghi corridoi del palazzo e dopo qualche minuto s'imbattè in Ennia ch'era intenta di dare ordini alla servitù per spostare i bagagli in una camera vicina a quella di Boromir, maledettamente vicina.
La bocca di Boromir si piegò in una smorfia di dissenso e si avvicinò alla donna che gli sorrise felice di vederlo.

-Boromir, mio amato!- disse, anzi trillò, avvicinandosi con le braccia allargate.

-Ennia, che state facendo?- chiese lui portandosi di nuovo una mano sul pizzetto e sorridendo innervosito.

-Ma come, vostro padre non ve l'ha detto? Mi ha assegnato una stanza più vicina alla tua. Così magari... la notte...- rispose lei finendo con tono malizioso.

Boromir alzò gli occhi al cielo. “Ci manca solo che mi viene a violentare di notte!” pensò.
Lei gli si avvicinò muovendosi “sensualmente” e appoggiando una mano sul suo viso e scendendo dalla guancia fino a sfiorargli il labbro con le dita.

-Ennia, mio padre vi da false illusioni.- disse lui scacciando via la sua mano dal viso.

-Cosa intendete? Non capisco... è per quella donna non è vero? Per colpa sua non volete più sposarmi!- urlò Ennia cercando di colpirlo con uno schiaffo.

Lui le bloccò il polso appena in tempo e sentì lei che tentava di divincolarsi dalla stretta.

-Io non ho mai voluto sposarvi. Non vi voglio al mio fianco per il resto della mia vita.- ringhiò Boromir lasciandole il polso e facendo dietro front.

L'uomo non parlò più con Ennia, seppe invece, un po' dalle sue guardie e un po' dalle urla di dissenso di suo padre che rimbombavano in tutto il palazzo, che la donna se n'era andata via da Minas Tirith con la sua scorta, con l'intento di non farvi più ritorno.
Boromir era felice di essersi sbarazzato di lei, ma ancora non sapeva come far tornare indietro la sua amata ch'era lontana da lui.
Ormai Faramir era di certo giunto ad Osgiliath e si sentiva solo in quel palazzo freddo e vuoto; era abituato a stare in mezzo alla compagnia con cui era partito da Gran Burrone e la solitudine lo rendeva triste e pensieroso e il più delle volte si trovava ad accarezzare il tronco dell'albero bianco al centro del cortile di pietra, come se potesse ascoltarlo e assorbire le sue emozioni.
Sperava di vedere in lontananza la figura di Aranel venirgli incontro.


Odahviing volava sopra le chiome degli alberi e Aranel si godeva quel lungo viaggio senza dire una parola, ma accadde che gli occhi del Dovahkiin presero a guardare in basso e scrutarono delle tende, dei piccoli fuochi accesi e in generale quel che sembrava un accampamento.
Riuscì a vedere la testa di un cavallo con una lunga criniera intrecciata dipinta su un arazzo nero: erano i cavalieri di Rohan.

-Quindi, non sono ancora arrivati a Minas Tirith.-

Vide poi in lontananza suo fratello e decise ch'era ora di scendere e che sarebbe arrivata a Minas Tirith insieme a loro; cercò un luogo in cui atterrare senza spaventare i Rohirrim e poi si recò nell'accampamento salendo per la collina in gran fretta. Aveva voglia di abbracciare Adanedhel e di assaporare il suo amore fraterno guardandolo per tutto il giorno e rivedendo il suo adorato padre.
Così non gli diede nemmeno il tempo di salutarla che gli si fiondò tra le braccia e lo strinse come se fosse l'unico appiglio sulla soglia di un burrone ed espirò il profumo dei suoi capelli dorati a fondo, inebriandosi.

-Cosa ci fai qui? Non dovresti essere a Minas Tirith?- le chiese alzandola per i fianchi.

Lei si avvinghiò ai suoi e rispose tra le ciocche della sua chioma:

-Devo raccontarti tante cose, ma adesso per favore, voglio solo sentire che ci sei e che non mi abbandonerai anche tu.-

Gli occhi di Aranel si riempirono di lacrime che cominciarono a scenderle sul viso e a bagnare la “corazza” di cuoio del fratello. I singhiozzi si fecero rumorosi e ancora una volta si sentì una bambina in preda al panico, ma cosa importava? Era tra le braccia di Adanedhel adesso e nulla e nessuno poteva farle del male, solo il suo cuore.
Così, senza dire niente, il Mezz'elfo portò la sorella nella sua tenda e si sedette su una branda imbottita di paglia e coperta con della pelliccia di orso, ma quella non si staccò ancora da lui tenendo le caviglie incrociate dietro la schiena di Adanedhel che sorrise e cominciò ad accarezzarle i capelli. Dopo parecchi minuti mollò la presa e asciugò gli occhi sospirando.
Adanedhel le prese il mento con le dita e sollevò il viso delicatamente, poi appoggiò le labbra sulla sua fronte e baciò la sua pelle calda e bruciante.

-Cosa ti è successo sorella mia? Cosa ti hanno fatto?- chiese in un sussurro.

Aranel appoggiò una mano sul suo viso e lo accarezzò; le labbra della donne si curvarono in un flebile sorriso. Quel viso era tale e quale a quello di Finrod e questo le scaldava il cuore ogni volta che i suoi occhi si posavano sui suoi lineamenti eleganti.
Poi abbassò di nuovo il volto e abbassò la mano appoggiandosela sulle ginocchia e cominciando a stringere i pugni e serrare le labbra in una smorfia di rabbia.

-Boromir ha una promessa sposa. Una donna bellissima che l'ha baciato davanti a me. Il sovrintendente mi ha etichettata come “figlia di Sauron” e me ne sono andata via, ma fratello mio...il mio cuore è in frantumi. Mai nella mia via l'avevo donato ad un uomo, mai. Avevo sempre e solo pensato alla guerra e a come cacciare i Draghi da Tamriel e quando le porte del mio petto si sono aperte a lui, ho pensato ch'era una cosa giusta.- disse tutto d'un fiato.

Lo sguardo di Adanedhel divenne di fuoco e prese il volto di Aranel tra le mani.

-Aranel, è questo che ti fa piangere così tanto? Sei una donna bellissima, libera e forte come una roccia, non è questo che deve spezzarti. Lui ha giocato con te, ma non lasciare che questo soffochi la tua anima, ci sono io adesso al tuo fianco e non ti tradirò mai.-

Aranel lo abbracciò ancora e nascose il viso nell'incavo del suo collo, lasciò che il caro fratello la cullasse un po', poi si alzò ed uscì fuori a prendere una boccata d'aria fresca.
Aragorn le andò incontro con un sorriso a trentadue denti e con le braccia aperte e Aranel si strinse anche a lui e gli diede un bacio sulla guancia.

-Questo Sangue di Drago si è addolcito?- chiese sorridendo l'uomo.

-Oh, ma smettila!- rispose lei accucciandosi sul suo petto.

Era quello che voleva, tanto amore e dolcezza dai suoi amici, non voleva essere abbandonata come aveva fatto Boromir, anche se sapeva che le notti adesso, sarebbero state più fredde.

-Hai notizie da Minas Tirith?- chiese Aragorn alzandole il viso con le dita.

-La città dei Re è davvero bellissima e il trono aspetta solo te.- rispose lei sorridendogli e sciogliendo l'abbraccio.

Aragorn sospirò, accennò un sorriso e accarezzò il ciondolo che Arwen gli aveva donato prima di partire per la missione.
La notte prese di nuovo a scurire il cielo e Aranel se ne stava seduta con i piedi a penzoloni oltre il limite di un precipizio; ascoltava i soldati parlare della guerra e riderci su e qualche volta le sue labbra si piegavano in un sorriso. Si sdraiò sull'erba e aprì le braccia; cominciò ad accarezzare piano ogni filo d'erba e ogni fiore che le sue dita riuscivano a raggiungere, poi chiuse gli occhi e cominciò a vagare tra i ricordi:

-Ti rendi conto che ti hanno chiesto di andare nell'aldilà ad uccidere un Drago semi-Dio? E ti rendi conto che devi andarci da sola?- chiedeva Lidia mentre batteva un piede sul legno di una locanda di Windhelm, come se dovesse tenere il tempo di una musica.

Il Dovahkiin sorrise e abbassò il boccale di birra sul tavolo, poi si aggiustò una ciocca di capelli che ribelle andava ad infastidirle gli occhi e alzò il volto per osservare la sua amica.

-Sono il Sangue di Drago.- rispose semplicemente tornando a sorseggiare la bevanda.

-No! Sei anche una persona!- ribattè Lidia puntandole il dito contro.

Morwenna si alzò di scatto e serrò i pugni, poi guardò ancora Lidia, ma stavolta il suo sguardo era pieno di fuoco e rabbia e l'espressione dell'amica si tramutò all'istante e abbassò il viso.

-Si, una persona con un destino più grande di te e me messe assieme!- urlò il Dovahkiin.

Fece un profondo respiro, si avvicinò a Lidia e le mise le mani sulle spalle.

-Lo sai che ti porterei ovunque se potessi, ma non puoi seguirmi nell'aldilà. Troppi pericoli rischi ogni giorno per me e questo è il più grosso e devo vedermela da sola.-

Il volto di Lidia venne rigato da una lacrima solitaria che però non arrivò a gocciolare a terra, perchè la donna si asciugò subito gli occhi e si voltò incamminandosi verso l'uscita.

-Lidia!- urlò Morwenna tendendo una mano verso l'amica.

Ella non si girò nemmeno e uscì dalla locanda di gran corsa sbattendo la porta.
Morwenna si affacciò alla finestra e la vide salire sul suo cavallo e abbandonare il suo Thane a Windhelm. Il Dovahkiin battè un pugno sul muro e strinse i denti per la rabbia.
Per l'ennesima volta si trovava da sola dopo tanto tempo passato con Lidia e non lo sopportava, non riusciva ad accettarlo, così corse fuori e salì in groppa a Darsel cominciando a galoppare verso la sua compagna, ma il pericolo era in agguato, perchè un gruppo di briganti cominciò ad attaccare le due donne obbligandole a scendere da cavallo.
Vide uno degli uomini armati intento a combattere contro Lidia e ferirla al fianco con un pugnale; non poteva rimanere ferma a guardare e si fiondò sul nemico sgozzandolo all'istante.

-Non ce n'era bisogno!- urlò orgogliosa Lidia alzandosi e attaccando un altro brigante.

-Oh, si che ce n'era!- ribattè Morwenna estraendo la sua spada e colpendo un malvivente.

Combatterono così fianco a fianco e schiena contro schiena anche se entrambe arrabbiate l'una con l'altra e quando tutti i briganti si trasformarono in cadaveri zuppi di sangue, Lidia si voltò e cercò di colpire Morwenna, sapendo bene che ella si sarebbe difesa.
Il Dovahkiin sorrise sfidandola a farlo di nuovo e ancora Lidia la colpì con tutta la forza che aveva, ma la compagna le soffiò l'urlo del Drago e la fece cadere all'indietro. Morwenna le puntò la spada alla gola e poi ringhiò:

-Hai finito?-

L'amica infilzò la spada nella terra e per rabbia e un po' per scherno le disse:

-Sono la tua spada e il tuo scudo!-”

Anche questi ricordi pieni di rabbia, ma infondo pieni di amore, erano in grado di suscitare nostalgia di Tamriel e di quelli ch'erano stati gli anni più belli, terribili ed emozionanti allo stesso tempo. Prima era una donna fedele alla guerra e alla sua causa, capace solo di infliggere dolori e morte ai suoi nemici e capace di dare ordini meglio di un comandante e farsi rispettare anche dal più nobile degli uomini e invece da quando era entrata a Tamriel era stata etichettata come mostro e quasi nessuno le portava rispetto; aveva lasciato che un uomo la rendesse debole e le portasse via la virtù che per tutta la sua centenaria vita non aveva mai donato a nessuno.
Strinse le dita e strappò dei fili d'erba e il suo sguardo si fece duro e pieno di rabbia; doveva tornare ad essere Morwenna, il Sangue di Drago, il Dovahkiin di Tamriel.
Da quel momento in avanti avrebbe sfidato chiunque le avesse detto qualcosa di storto e l'avrebbe anche ucciso.
Aranel era tornata una guerriera con il cuore di ghiaccio e la sua anima tornò a divorare l'amore con cui il cuore cercava di battere più forte.

Angolino autrice:

Scusateeeeeee!!! Mi dispiace di averci messo così tanto! (Ma chissene, chi se la caga la tua FF? xDD) adesso però ci sono e spero che il capitolo vi piaccia :P Alla prossima!!

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Capitolo 15
*** La guerra incombe ***


La guerra incombe


Aranel era avvolta da una fiamma dorata, i capelli corvini danzavano nel vento e gli occhi brillavano come le uniche due stelle in una notte tetra e buia.
Il Dovahkiin bruciava delle anime di Drago che aveva assorbito, un intenso potere aleggiava nell'accampamento di Rohirrim e il suo portamento fiero sovrastava la collina; pareva fosse arrivata una Regina guerriera, poiché aveva intrecciato il diadema di sua madre tra i capelli e l'elsa della Frangialba brillava stretta nella sua mano, la lama pronta a colpire chiunque avesse interrotto il suo cammino. Era la tenda di Re Theoden la sua meta e non si sarebbe fermata per nessun motivo, nemmeno quando Adanedhel e poi Aragorn cercarono di chiamarla lei si arrestò. Legolas tentò di afferrarla per il polso, ma si sentì d'un tratto privo di energie e per poco non cadeva a terra svenuto.
Tutti si preoccuparono e si chiesero che cosa volesse fare il Dovahkiin, senza trovare risposta alle loro domande e si limitarono a seguire i suoi passi, intenti ad intervenire qualora ce ne fosse stato bisogno.
Aranel aprì di scatto la tenda del Re e la sua luce sovrastò il luogo proiettando le loro ombre all'esterno; tutti i soldati si avvicinarono e puntarono le lance, le frecce e le spade contro di lei. Un Rohirrim tentò di colpirla, ma fu avvolto da una luce blu e fu spedito lontano con una spinta, senza che il Dovahkiin pronunciasse parola alcuna.

-Che cosa vuoi?? Figlia del Demonio!- urlò Theoden estraendo Herugrim.

Aranel sorrise e si portò la lama di Frangialba in verticale davanti al suo viso: era una sfida tra un Drago e un Leone, perchè era diventata proprio quello il Dovahkiin. Aveva evocato la corazza del Drago, quasi impossibile da penetrare se non da un altro Dovahkiin con gli stessi poteri.
Theoden cercò di colpirla, ma venne respinto a metri di distanza bucando la tenda come se fosse avvolto dalle fiamme e tutti rimasero sgomenti, pure sua nipote ch'era accorsa a vedere cosa stava succedendo; urlò quando vide il Re accasciato a terra con il sangue alla bocca.
Una scarica di frecce cercò d'investire Aranel, che non si mosse nemmeno, se non per avvicinarsi di più al suo avversario stordito. Le frecce presero fuoco e s'incenerirono appena sfiorarono l'aura dorata e così altri soldati presero a menare fendenti, ma tutti vennero spazzati via come formiche al vento.

-Aranel! Fermati!- urlò Adanedhel avvicinandosi.

-Non toccarmi Adanedhel, ti faresti solo del male- rispose lei continuando a camminare lentamente.

Arrivò vicino al Re, si abbassò e lo prese per il collo alzandolo in aria e cercando di farlo respirare il meno possibile, poi strinse ancora di più il suo collo con la mano e ringhiò:

-D'ora in avanti verrò trattata come la Regina dei Draghi, tutti ubbidiranno ai miei ordini, persino tu, Re dei cavalli! Se non volete scatenare l'ira del Dovahkiin e ritrovare il Palazzo d'Oro in fiamme, dovete portarmi rispetto e vedermi come vostra sacra alleata, perchè senza di me non potreste mai vincere questa guerra!-.

Forse in questo momento potrò sembrare loro nemica, ma non lo sono. Questo purtroppo è l'unico modo che ho per impormi a loro” pensò mentre lasciava cadere il Re che venne soccorso da sua nipote non appena toccò terra.
Di tutta risposta, i soldati s'inchinarono al suo passaggio e tremarono alla sua vista.

-Non dovete temermi soldati, non siete stati voi ad offendermi.- disse senza smettere di camminare.

La sua aura dorata si spense e tornò ad essere l'Aranel di sempre, un po' più autoritaria, come lo era stata a Tamriel, con più potenza e con modi molto meno gentili con chi l'aveva offesa.

-Aranel, sei impazzita?- chiese Adanedhel prendendola per il polso e facendola voltare e battere contro il suo petto.

-No fratello, io sono il Sangue di Drago! Non mi tratteranno mai più come uno zerbino! A Tamriel sarebbero già tutti morti, ringrazia di non aver visto la mia furia!- rispose lei dimenandosi e liberandosi dalla stretta.

-Non ti riconosco più.- sussurrò lui.

-Mi riconoscerai.- rispose lei camminando verso la valle.


Gandalf era arrivato a Minas Tirith da un giorno ormai e ascoltava il racconto di Faramir dalla bocca di un soldato da una decina di minuti: aveva visto Frodo, lui era passato di li e aveva avuto la forza di lasciarlo andare e di non cadere sotto il potere dell'anello e lo Stregone rimase stupito di ciò e sollevato nel sapere Frodo ancora vivo, forse.

-Tuttavia, il mio cuore non può che rimanere cupo, poiché la nostra speranza più grande è fuggita, tornata forse nel mondo da cui l'avevo prelevata.- disse Gandalf sbuffando una nuvoletta di fumo.

-State parlando di Aranel?- s'intromise Boromir entrando nella stanza.

-Si Boromir, è proprio di lei che sto parlando e saprei anche chi incolpare se fossi stolto come te!- rispose il vecchio voltandosi e assumendo uno sguardo di rimprovero.

-Non è stata colpa mia! L'unica cosa che volevo in questa vita, era lei!- urlò l'uomo battendo un pugno sul legno di una scrivania.

-E guarda cos'ha portato il vostro amore! Si è sentita tradita e umiliata! Ti rendi conto di aver spezzato il cuore di un Dovahkiin?! Te ne rendi conto?- sbraitò il mago alzandosi in piedi.

-Non era mia intenzione Gandalf! Mio padre ha fatto tutto questo, io non c'entro nulla!-

-E non sei capace di imporre la tua volontà su un vecchio caprone?!- disse ancora Gandalf sospirando infine.

Il vecchio Stregone si sedette di nuovo e rilassò la schiena sulla poltrona di stoffa rossa, finemente decorata in argento.
Boromir abbassò il viso fino a guardarsi le mani e ci vide anni e anni di guerre e combattimenti inutili, poiché il male continuava ad abbattere le mura di Osgiliath giorno per giorno, senza dar loro tregua alcuna. Avrebbe voluto seguire il fratello nella città di pietra distrutta, ma il padre non glielo permise e di nuovo si sentì in balia della sua autorità, neanche fosse ancora un bambino.

-Come posso rimediare, Gandalf?- chiese poi quasi con le lacrime agli occhi.

-Non lo so ragazzo, non lo so.- rispose lo Stregone sbuffando un'altra nuvola di fumo.

Quella notte, tutti videro la pila luminosa squarciare il cielo; Gandalf e Pipino erano sul balcone della loro stanza ed osservavano le nubi nere squarciate da una luce verde, che il Mago riconobbe come magia nera partita direttamente dal palazzo di Minas Morgul.
L'Hobbit si stringeva allo Stregone che gli regalò un sorriso cercando di togliere la paura dalla sua anima che si dimenava come se volesse fuggire da quella tremenda realtà.
Boromir era insieme alle guardie di Minas Tirith e poteva scorgere da lontano l'antica città di Osgiliath, la vecchia capitale di Gondor e il suo cuore perse qualche battito quando vide la luce tagliare il cielo e pensò subito a suo fratello che si trovava così lontano dalla sua spada. Era difficile rimanere fermo ad aspettare un suo ritorno, un ritorno di Aranel.
Quanti ancora doveva vedere andar via senza sapere di poterli rivedere un'ultima volta, di combattere al loro fianco.

-Attento fratello.- sussurrò.


Quella notte, Aranel se ne sto per conto suo, senza vedere, ne parlare con nessuno, se non con Aragorn che le si avvicinò con sguardo severo.

-Credi che questo sia il modo migliore per farsi degli amici?- le chiese.

Aranel non si voltò nemmeno, riconobbe la sua voce e sorrise, mentre attorcigliava dei rametti fino a creare una coroncina.

-Io non voglio farmi degli amici. Ci ho provato in tutti i modi, ho provato a dimostrargli di che pasta sono fatta e da che parte voglio stare, ma lui non ha smosso il suo pensiero e ha continuato a vedermi come la figlia del Signore Oscuro. Sarò stata anche dura, questo posso concedertelo, ma se fossimo a Tamriel, ti saresti stupito del tempo che ci ho messo prima di esplodere.- rispose lei voltandosi solo alla fine.

Aragorn si sedette vicino al Dovahkiin e le prese la mano stringendola fra le sue; nei suoi occhi si poteva leggere sofferenza, rimpianto e dolore.

-Il tuo cuore ti ha guidato fin qui, la tua anima non ha mentito sulla persona che sei, i tuoi pensieri non hanno mai camminato di pari passo a quelli di tuo padre, eppure poche ore fa ho visto lui nei tuoi occhi. Ho visto un fuoco che non era ardore, un calore che non somigliava per nulla alla passione che di solito metti nelle tue parole. Dov'è Aranel? Dov'è il Sangue di Drago? Metti da parte l'orgoglio e lascia che quel pezzetto di anima nera nascosto in un angolino del tuo corpo, se ne vada via e venga spezzato dalla luce dei tuoi battiti. Aranel, figlia di Finrod, il tuo sangue è nobile e antico e la tua vita è circondata dalla purezza, non sporcarla con azioni negative.-

La corazza del Drago era svanita da un pezzo, ma la donna, prima che giungesse Aragorn, si sentiva ancora protetta da quell'aura dorata impenetrabile. Le parole del Dunadan tuttavia, riuscirono a scavare nel suo cuore e distrussero quella corazza maledetta come fosse vetro scagliato su un muro di pietra.
Lacrime amare bagnarono il viso del Dovahkiin che cominciò a singhiozzare nascondendosi il viso tra le mani; Aragorn l'abbracciò e la dondolò tra le sue braccia come fosse una bambina con le ginocchia sbucciate.
Non avrebbe permesso a nessuno d'insultarla ancora, ma non si sarebbe più imposta malignamente e avrebbe guardato il Re senza Corona prima di gettarsi in una discussione che sicuramente l'avrebbe portata alla rovina.

-Aragorn... la luce che prima copriva i miei pensieri, l'ho lasciata a Minas Tirith, tra le mani di un'altra donna.- disse lei stringendosi al suo petto.

Il Ramingo non disse nulla, lasciò che la donna piangesse e si sfogasse solo sotto i suoi occhi e non sotto quelli dei Rohirrim, poi si alzò stringendo ancora a se Aranel e non si mossero per alcuni minuti.

-Quella luce tornerà figlia del Beleriand, ne sono sicuro.- sussurrò piano Aragorn.

Aranel si staccò lentamente dal suo abbraccio e gli sorrise, sarebbe diventato un grande e saggio Re, non ne aveva in ben che minimo dubbio e lei sarebbe tornata a Tamriel con la tristezza nel cuore, perchè avrebbe dovuto lasciare degli amici e un fratello che aveva sempre sognato di avere e che forse non avrebbe più rivisto, perchè nei vari mondi il tempo scorre diversamente.
Andarono a dormire e un'altra volta nei sogni di Aranel apparvero suo padre e sua madre.

Dalla porta della stanza da letto del Re del Nargothrond entravano e uscivano donne prima con asciugamani puliti e tinozze d'acqua calda e dopo qualche minuto uscivano con gli stessi asciugamani, ma intrisi di sangue.
Le urla della loro nuova Regina riecheggiavano nelle sale scavate nella terra e nella roccia e arrivavano dritte alle orecchie di Finrod che se ne stava seduto dietro quella maledetta porta con gli occhi sgranati ad ogni gemito di dolore di sua moglie e con una mano davanti alla bocca, come a voler bloccare le sue urla.
Ma dopo ore finalmente si udì un altro suono, il più bello che avesse mai ascoltato, quasi fosse un canto Elfico: il pianto di un bambino.
Lo fecero entrare dopo aver atteso tanto e gli porsero suo figlio facendoglielo stringere tra le braccia e i suoi occhi si bagnarono di felicità.
Vide Marwel sorridere debole e pallida e quasi gli venne un tuffo al cuore a vederla così; le si avvicinò e si sedette al suo fianco, poi disse:

-Mi hai dato un erede maschio e mi hai reso l'uomo più felice di questa terra.-

-Vorrei che Aranel fosse qui con noi...sarebbe felice di avere un fratellino con cui giocare- rispose la donna cominciando a piangere.

La felicità della coppia non poteva essere piena finchè non avrebbero trovato la loro bambina e mai lo fu.”

Qualcuno scosse il Dovahkiin e le spezzò il sogno a metà.
Quando Aranel riaprì gli occhi si ritrovò di fronte a suo fratello che le disse soltanto:

-Dobbiamo andare.-

Lei non se lo fece ripetere due volte e seguì Adanedhel fuori dalla tenda; Aragorn, Gimli e Legolas li aspettavano a cavallo e quel che notò la donna fu che l'elsa della spada del Re senza corona era diversa, più luminosa e ricamata d'argento.
Salì in groppa al cavallo di suo fratello e insieme partirono senza dire una parola sotto gli occhi sbigottiti dei Rohirrim che parlavano d'infedeltà e tradimento senza sapere cosa stessero facendo in realtà i loro compagni.
Attraversarono un passaggio tra le montagne, dove l'aria sembrava addirittura più fredda, glaciale quasi e fu li che Aranel chiese:

-Ma esattamente dove stiamo andando?-

-Sire Elrond mi ha spinto a chiamare un esercito di cui pochi conoscono il nome o l'aspetto, ma di cui tutti conoscono la forza e la brutalità.- rispose Aragorn.

Lo vide triste e pensieroso, come quando lasciarono Gran Burrone. Quegli occhi, quei pensieri, pensò il Dovahkiin, erano sicuramente rivolti ad Arwen.
Scesero da cavallo e strinsero le briglie dei destrieri che si fecero irrequieti portando avanti la loro marcia, ma davanti ad un insolito ingresso gli sfuggirono di mano e corsero indietro di gran fretta.

-Ecco, adesso siamo pure senza cavalli!- disse Aranel indicando il destriero di suo fratello.

-La via è chiusa. Fu creata da coloro che sono morti e i morti la custodiscono. La via è chiusa.- sussurrò Legolas stringendo gli occhi per decifrare quei segni.

-Una roba simpatica dunque.- ribattè Aranel incrociando le braccia al petto.

Si avvicinò all'entrata e alzò le spalle, poi si voltò verso i suoi compagni e continuò:

-Beh, a me non sembra chiusa.-

Entrò seguita dai suoi compagni e notò che la via no, non era di certo chiusa, ma faceva paura come le tombe dei Draugr, ma li non c'erano bottini e non si sarebbero di certo imbattuti in Signori della Morte o scheletri armati...forse.

Arrivarono in un grande spazio circondato da rocce appuntite e scure e mentre si giravano intorno per cercare di scrutare qualunque essere morto o vivo, una voce si fece largo nel silenzio:

-Chi entra nei miei domini?-

Sembrava quasi un sussurro, sembrava arrivare dall'aldilà e poi spuntò illuminato da una flebile luce verdastra: uno scheletro pareva, ricoperto di stracci e pieno di ferite.

-Uno che avrà la vostra lealtà.- gli rispose Aragorn senza farsi intimorire dalla figura.

-I morti non consentono ai vivi di passare.- continuò lo spirito.

-E invece lo consentirai a me!- rispose ancora il Ramingo.

Lo spirito rise malignamente e dietro di loro le rocce presero forma luminosa diventando colonne di una città in rovina e un esercito di spiriti ridotti anche peggio del primo, si fece avanti e circondò i compagni.
Aranel sguainò la spada e preparò la sua mano sinistra alla magia.

-La via è chiusa. Fu creata da coloro che sono morti e i morti la custodiscono. La via è chiusa. Ora devi morire.-

-Io vi invito a rispettare il vostro giuramento.- disse Aragorn mostrando Anduril.

-Nessuno tranne il Re di Gondor può comandarmi.- rispose lo spirito prima di attaccare il Ramingo.

Ma la lama fantasma venne bloccata dalla fiamma dell'occidente e lo spirito rimase scioccato.

-Quella stirpe fu spezzata!- urlò.

Aragorn lo prese per il collo e avvicinò la spada alla giugulare.

-E' stata ricostruita.-

Lasciò andare quello che sembrava fosse il Signore di quell'esercito privo di vita e continuò:

-Combattete per noi e riacquistate il vostro onore! Cosa rispondete?-

Nessuno disse nulla, tranne Gimli che cercò d'incitare gli spiriti:

-Sprechi tempo Aragorn. Non avevano onore da vivi e non lo hanno ora che sono morti.-

-Beh, in un certo senso non sono morti...- pensò Aranel ad alta voce.

-No, non lo siamo del tutto. Non possiamo raggiungere la pace eterna per la maledizione!- tuonò lo spirito.

-Io sono l'erede di Isildur. Combattete per me e io riterrò rispettato il vostro giuramento. Cosa rispondete?-

Di nuovo una risata malvagia riecheggiò nello spazio e l'esercitò sparì tra le rocce. La terra cominciò a tremare e grossi pezzi di roccia si staccarono dalle pareti cominciando a sputare fuori scheletri di crani.

-Aragorn! Mi sa che non si sono divertiti!- urlò Adanedhel mentre tentava di non scivolare a terra.

Uscirono dalla montagna seguiti da una nube di fumo e videro delle navi con vele nere attraversare l'Anduin. Aragorn cadde in ginocchio e il suo sguardo si perse e cominciò a brillare di lacrime amare.
Aranel gli andò vicino e gli pose una mano sulla spalla sussurrandogli all'orecchio:

-C'è ancora una speranza.-

Dietro di loro spuntò come la prima volta il Re dei morti che disse loro di accettare di aiutarli.


Osgiliath venne attaccata nella notte e Boromir pregò il padre di mandare lui e i suoi uomini in aiuto di suo fratello, ma Denethor non volle e disse che Faramir doveva farcela da solo.
Ripiegarono su Minas Tirith e la vecchia capitale di Gondor venne assediata e conquistata dalla feccia orchesca; pochi uomini tornarono e lo fecero con il morale a terra e l'orgoglio spezzato dalle schiere di Sauron.
Boromir riabbracciò il fratello e giurò che non l'avrebbe mai più lasciato solo e sarebbe andato contro gli ordini del padre per il suo bene.

-Tu sei più importante.- gli disse.

Denethor era nel salone principale e stava pranzando da solo circondato dalle guardie, quando Boromir e Faramir entrarono.

-Ho saputo, con profondo rammarico, che Osgiliath è stata presa.- disse il Sovrintendente.

-Erano in troppi, non potevamo fare altrimenti.- rispose Faramir.

-E così ti arrendi? Boromir ha riconquistato la città solo l'anno scorso e tu hai lasciato che Mordor se la riprendesse!- urlò battendo i pugni sul tavolo.

-Padre non poteva mettere a rischio la sua vita!- ribattè Boromir.

-Un soldato deve mettere a rischio la propria vita per il bene del Regno e del Re!- urlò ancora Denethor.

-Ma voi non siete il Re!- urlò più forte Boromir.

Faramir appoggiò una mano sulla spalla di suo fratello per cercare di placare le grida. Gli occhi del Sovrintendente si fecero bui e tristi, ma poi tutto si trasformò in rabbia e oscurità e dalle sue labbra uscirono parole come un ringhio feroce:

-Il Regno di Gondor è mio! Di nessun altro!-

A quel punto il maggiore dei suoi figli si voltò e se ne andò lasciando il padre da solo con il fratello.
Dopo qualche minuto Faramir lo raggiunse nel cortile di pietra e lo chiamò piano vedendolo arrabbiato e ingobbito sul cornicione.

-Nostro padre ha perso il senno! Prima mi ha tolto lei, adesso, non curante che sei suo figlio, vuole togliermi pure te!-

Faramir gli si avvicinò e appoggiò anche lui le mani sul cornicione; mentre sorrideva e guardava il Pelennor sussurrò sincero:

-Va da lei. Cercala e se la troverai non lasciarla più andare via, non farlo fratello.-

Boromir guardò Faramir e gli sorrise, poi gli diede una pacca sulla spalla e andò nelle stalle, prese il cavallo ed uscì da Minas Tirith in direzione di Rohan, dove aveva lasciato la compagnia con Aranel. Da qualche parte doveva pur cominciare.

-Dovete prepararvi mio Signore.- disse un soldato a Faramir ch'era rimasto fermo ad osservare il cielo.

Si destò dai suoi pensieri ed entrò a Palazzo per indossare la sua armatura.

Qualche ora più tardi era a capo di una fila di cavalieri che piano avanzavano per le vie della città sui loro destrieri che battevano gli zoccoli sulla dura e fredda pietra. Il popolo vedeva partire i propri figli, fratelli, mariti e nipoti per una guerra che avrebbero perso; andavano incontro al suicidio per i capricci di un Sovrintendente vecchio e rimbambito e mai come allora desideravano vedere il trono occupato da un Re.
Le fanciulle porgevano loro qualche fiore e ne buttavano i petali in mezzo alla via; quando le porte di Minas Tirith si aprirono, a Faramir scappò una lacrima e l'azzurro delle iridi brillò di una luce triste e piena di paura.
Guidò i suoi cavalieri verso Osgiliath, ordinò di accelerare il passo e di caricare sulla città caduta, alzarono in aria le spade urlando di rabbia e gloria allo stesso tempo...poi l'oscurità.


Intanto Boromir, che non conosceva l'intento di Faramir e lo credeva al sicuro a Palazzo, era giunto nell'Anorien e aveva incontrato le truppe di Rohan ch'erano in partenza per aiutare gli alleati di Gondor.
Aveva direttamente raggiunto la tenda di Theoden e quando l'aprì il Re lo guardò stranito e gli chiese cosa ci facesse li.

-Dov'è Aranel? È qui con voi?- chiese senza rispondere al Re.

-No, quella donna, Aragorn, Adanedhel e Gimli hanno lasciato l'accampamento in cerca di più aiuto.- rispose Theoden abbassando lo sguardo su una mappa e tornando alle sue faccende.

Boromir uscì dalla tenda e salì nuovamente a cavallo, ma Eowyn gli si avvicinò prima che potesse partire e disse:

-Mio Signore Boromir, non abbandonateci anche voi. Non potete trovarla, ha percorso vie pericolose che noi non possiamo percorrere.-

-Voi sapete dov'è?- chiese l'uomo voltandosi a guardarla.

Lei annuì e continuò:

-Mio Signore non potete andare da lei, ma la rivedrete prima della fine.-

Boromir non potè che ascoltare Eowyn e attese che Rohan partisse per il suo Regno.

Minas Tirith aveva perso i suoi guerrieri più coraggiosi, solo Faramir tornò, ma le sue condizioni non erano per niente buone. Il suo cavallo l'aveva trascinato per il Pelennor fino ad arrivare in città e i soldati lo presero e lo portarono sotto l'albero bianco. Denethor uscì dal palazzo disperato e fece chiamare Boromir, ma una delle guardie disse lui che suo figlio non era a Minas Tirith e che aveva lasciato la città il giorno prima senza dire dove sarebbe andato.
Il Sovrintendente era disperato e aveva lo sguardo perso, mentre truppe di Mordor marciavano dinnanzi alla città di pietra suonando i loro corni e urlando nella loro nera lingua.
Il tempo degli uomini sembrava ormai giunto alla fine.


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Capitolo 16
*** Si compie il destino ***


Si compie il destino


Erano riusciti a convincere il Re dei Morti ad aiutarli in cambio della libertà e finalmente negli occhi di Aragorn si potè vedere una luce di speranza, quella che da tempo l'aveva abbandonato.
Uccisero i pirati e salirono sulle navi lasciandosi guidare dall'esercito di anime; durante il viaggio, che fu piuttosto breve e silenzioso, Aranel si ritrovò a pensare ai suoi figli e a quel che stessero facendo in quel momento a Gran Burrone, o chissà dove. Non era sicura che Arwen fosse rimasta nella Terra di Mezzo e non sapeva quale fosse stato il destino di Samuel e Shan se la guerra si fosse conclusa nel peggiore dei modi, di certo se lei fosse sopravvissuta li avrebbe riportati a Tamriel senza esitare e avrebbe portato con se chiunque avesse voluto. Certo la sua terra non era proprio il Paradiso essendo che invece dei Nazgûl si sarebbero ritrovati a dover combattere contro i Draghi, ma Aranel li avrebbe protetti tutti fino alla fine dei suoi giorni, se mai fosse arrivata.

-Andrà tutto bene.- sussurrò Adanedhel avvicinandosi a sua sorella.

Lei gli sorrise e poggiò una mano sulla sua spalla scuotendola leggermente.

-Chissà cosa pensano mamma e papà di tutto questo.- pensò ad alta voce lei guardando il cielo.

-Sono sicuramente fieri di noi. Io sono fiero di te.- rispose Adanedhel accarezzando delicatamente il volto di Aranel.

-E io di te.- disse lei appoggiando la mano sulla sua.

Solo lei sapeva quanto male le facesse guardare suo fratello, la somiglianza con Finrod era tale da suscitare in lei il ricordo della sua morte, ma allo stesso tempo le piaceva poter avere un ricordo di suo padre sempre con se.
Arrivarono al porto e fecero il loro ingresso saltando giù dalla nave per primi e stupendo gli orchi che aspettavano i loro alleati.
Ma i loro volti si contrassero in una smorfia di terrore quando videro avanzare l'esercito dei Morti contro di loro. Nessuna perdita per Aranel, Aragorn, Adanedhel, Legolas e Gimli.
Fu facile abbattere quei mostri.


La compagnia di Theoden intanto si era mossa ed era giunta nel Pelennor dove già il nemico aveva fatto il suo ingresso cominciando a distruggere Minas Tirith. Gli orchi erano riusciti a penetrare nella città e avevano ucciso i suoi abitanti e i suoi soldati, ma quelli rimasti cercavano di proteggere quel che rimaneva della loro gloriosa patria con le unghie e con i denti.
Denethor era disperato, Faramir versava in condizioni pessime e lui lo credeva morto, mentre di Boromir sapeva solo che non sarebbe più tornato.
Fece portare suo figlio nelle tombe dei suoi antenati e ordinò di portare legna, olio e fuoco.
Le armature dei Rohirrim splendevano sotto i raggi del sole che riuscivano a penetrare la fitta nube nera che ricopriva Gondor, lo stendardo di Rohan svolazzava di qua e di la e il cavallo bianco sotto uno sfondo verde pareva prendere vita.
Un'armatura diversa dalle altre brillava in prima linea. Un albero bianco su un fondo argentato faceva da Capitano ad un esercito non suo.

-Desti! Desti cavalieri di Theoden! Lance saranno scosse, scudi saranno frantumati, un giorno di spade! Un giorno rosso prima che sorga il sole! Cavalcate ora! Cavalcate ora! Cavalcate per la rovina e per la fine del mondo! Morte!- urlò il Re Rohirrim.

Il suono del loro corno annunciò la carica.

-Avanti Eorlingas!-

La feccia orchesca nulla potè dinnanzi alla forza bruta della cavalleria di Rohan e furono spezzati come rami secchi sotto gli zoccoli dei cavalli più nobili della Terra di Mezzo.
Tutto sembrava concluso, la guerra pareva vinta così facilmente da non crederci...infatti.
Dietro di loro la terra tremava e il suono di un altro corno, uno di cui mai avevano udito le note, si fece spazio nel trambusto della battaglia.
Schiere di Olifanti e Haradrim marciavano sulla capitale del più vasto Regno degli uomini schiacciando i cavalieri di Rohan come mosche.
Ma il peggio doveva ancora arrivare perchè in campo scese il Re Stregone di Angmar con la sua bestia alata.
Eomer uccise un Olifante con l'aiuto dei suoi guerrieri e la fortuna gli tese la mano poiché la bestia cadendo, sbilanciò la sua compagna e insieme caddero rovinosamente a terra morti.
Un soldato che mai aveva combattuto in una battaglia vide davanti a se una scena che mai si sarebbe aspettato di vedere. La viverna del Re Stregone strinse tra le fauci il destriero di Theoden e lo buttò per terra.

-Saziati della sua carne.- disse il Re Stregone.

Il soldato però si frappose e disse:

-Ti ucciderò se osi toccarlo!-

-Non metterti tra il Nazgûl e la sua preda!- ordinò il Re.

La viverna cercò di cibarsi del Re di Rohan, ma il soldato la decapitò senza pensarci due volte. Ecco che lo Spettro si alzò e camminò verso di lui brandendo spada e mazza ferrata.
Gli occhi del Rohirrim si sgranarono a quella vista e la paura cercò di attanagliargli il cuore, ma potè farla vincere poiché c'era molto in ballo: la salvezza del suo Sovrano.
Si fece forza e resistette finchè riuscì, ma il nemico era più forte di lui e riuscì ad avere la meglio. Lo prese per il collo e l'alzò dicendo:

-Sciocco, nessun uomo può uccidermi. Ora muori.-

Ma proprio mentre la fine sembrava ormai giunta, un pugnale s'infilzò nella schiena del Re Stregone facendolo cadere in ginocchio e facendolo gemere di dolore.
Il soldato riprese l'equilibrio e si levò l'elmo. Una lunga e bionda chioma si librò in aria e cominciò a danzare con il vento; i sottili lineamenti di una donna del Mark brillarono alla luce del sole. Eowyn aveva salvato il suo Re.

-Io non sono un uomo!- disse prima di affondare la lama nel viso del Nazgûl.

Questo si contorse e di lui non rimase altro che la sua veste nera.
Eowyn s'inginocchiò di fianco a Theoden e ne alzò leggermente la testa tenendo una mano dietro la sua nuca.
Il Re respirava a fatica e del sangue defluiva dalle sue labbra; gli occhi della donna s'inumidirono e lasciarono scappare delle calde e tristi lacrime che le rigarono il volto. Lei accarezzava il volto di suo Zio mentre intorno il nemico moriva sotto le spade dell'esercito dei Morti.

-Riconosco il tuo viso...Eowyn.- sussurrò Theoden facendola sorridere amaramente.

-La vista mi si oscura...- continuò piano.

-No...no, vedrai ti salverò...- rispose lei continuando ad accarezzarlo.

-Lo hai già fatto- disse lui mentre un lieve singhiozzo usciva dalle labbra della donna -Eowyn, il mio corpo è spezzato, devi lasciarmi andare.-

-No...- sussurrò debolmente lei.

-Vado dai miei padri, della cui gloriosa compagnia ora non dovrò più vergognarmi.-

Lei lo guardava come se intorno a loro niente stesse succedendo e i suoi occhi erano arrossati e tristi come mai lo erano stati.
Gli occhi del Re sembrarono guardare il vuoto.

-Eowyn...- sussurrò prima che i suoi occhi si velassero e la sua anima abbandonasse il corpo.

In futuro Eowyn non seppe raccontare quanto tempo stette a piangere sul petto di suo Zio.
Chi aveva veduto tutta la scena senza dir nulla fu Aranel che si bloccò alla vista di quell'immagine che tanto le ricordava il suo passato.
I capelli corvini facevano deboli movimenti mossi dal vento, la mano destra impugnava Frangialba piena di sangue e la sua stessa pelle aveva assunto a tratti il colore cremisi. L'ambra delle sue iridi splendeva e le labbra erano serrate in un triste silenzio pieno di ricordi amari che le ricordavano ogni giorno cos'aveva causato.
Vedeva il corpo senza vita di Theoden e nella mente le tornava il ricordo dell'ultimo sguardo di Finrod, quegli occhi che si spegnevano e un lieve sorriso sulle labbra di chi sa di aver compiuto una buona azione verso una persona amata.
Un urlo rotto dalle lacrime riecheggiò nella sua memoria.
Tutto ciò che poteva vedere voltandosi era morte e distruzione provocata da chi le aveva dato la vita e questo le fece ancora più male.
Mentre gli ultimi nemici venivano uccisi, alzò lo sguardo e vide un cavaliere scendere da cavallo e avvicinarsi a lei con l'elmo in mano e gli occhi di chi sa di aver sbagliato.
Boromir camminava deciso verso Aranel e quando le fu abbastanza vicino le disse solo:

-Mi dispiace. Non era lei la mia scelta, non lo è mai stata.-

-Ormai è tardi Boromir.- rispose lei voltandosi per andarsene.

Lui però non la lasciò andare e le prese la mano delicatamente, senza strattonarla o stringerla troppo. Aveva il viso abbassato e rigato dalle lacrime.
Aranel non seppe il motivo di quella sua scelta, non seppe perchè il suo cuore le disse di farlo, eppure lo fece e mai se ne pentì.
Intrecciò le dita con le sue e poi voltandosi nuovamente verso di lui, le fece scivolare via dalla sua stretta e circondò il collo di Boromir con le braccia cominciando a baciarlo con passione.
Lui la strinse a se e sorrise, fece un giro su se stesso tenendola tra le braccia.
La guerra dei campi del Pelennor così si concluse, con la vittoria degli uomini e degli amici della Luce.
Boromir riabbracciò il fratello nelle case di cura e seppe da lui che il loro padre aveva cercato di dar fuoco a se stesso e a lui credendolo morto, ma che alla fine aveva raggiunto la pace interiore da solo. Pianse in solitudine Boromir per la perdita di suo padre e Aranel cercò in quei giorni di stargli vicino strappandogli un sorriso ogni tanto.
Il Dovahkiin però sentiva il bisogno di avvicinarsi a Eowyn che aveva trattato male più volte in passato, ma che ora vedeva sola e indifesa.
Un giorno entrò nella sua stanza e la vide fissare il cielo da una finestra.

-Mia Signora.- disse aprendo piano la porta.

Lei si voltò lentamente e non disse nulla voltandosi nuovamente a guardare l'orizzonte.

-Avete avuto coraggio.- disse Aranel entrando nella stanza.

Non sembravano tanto diverse in quel momento: entrambe bellissime, fragili e vestite di abiti regali, ma soprattutto vulnerabili.

-Coraggio?- chiese Eowyn debolmente -Non sono riuscita a salvarlo.-

Aranel abbassò il volto e rispose solo:

-Neanche io.-

Rimasero così, una dietro l'altra a fissare i campi di Gondor che venivano bagnati da una leggera pioggia. Finchè la Principessa di Rohan non sussurrò un sentito “grazie”.


Si era deciso infine di dare una speranza a Frodo cercando di attirare l'attenzione di Sauron al Nero Cancello.

-Aranel, avremo bisogno del tuo aiuto.- disse Gandalf.

La donna incrociò le braccia al petto come se d'un tratto sentisse freddo e sospirò.

-Lo so.- rispose soltanto.

Tutto era pronto e il mattino seguente sarebbero partiti per Mordor, incontro alla libertà o alla morte.
Ma la notte non poteva passare solitaria e silenziosa in quella città meravigliosa.
Così Aranel e Boromir si ritrovarono nella stessa stanza ad amarsi più volte e a legare i loro cuori e le loro anime come fossero chiome da intrecciare. Tutto sembrava così pieno e così facile che non pareva che stessero per partire in guerra.
Erano rimasti abbracciati l'uno al fianco dall'altra e si guardavano come se non avessero mai visto nulla di simile prima d'allora.
Aranel passava le dita sul suo petto mentre lui la stringeva a se posando una mano sulla sua schiena; l'unica cosa che in quel momento rompeva il silenzio era il loro respiro, ma dopo qualche minuto Boromir cominciò a parlare piano:

-Non saprei vivere senza di te, ho imparato a farlo dal momento in cui ti ho vista. Il mio cuore assapora il dolce calore dell'amore ogni volta che ti ho tra le braccia.
Non voglio passare più di un'ora senza di te quindi... Aranel, se vincessimo questa guerra e finalmente fossimo liberi dall'ombra, diventeresti mia moglie? Te lo chiedo ancora perchè non voglio correre il rischio che te lo sia dimenticato.-

Aranel sorrise e rispose con un lungo e tenero bacio.
I loro occhi avrebbero visto ancora il sangue e le loro orecchie avrebbero udito le urla dei loro compagni e i gemiti della morte, ma avevano un motivo in più per dover lottare e rimanere in vita.
Il giorno dopo vennero svegliati dai servitori che li trovarono abbracciati sotto le lenzuola.
Boromir indossò la sua armatura e lei cominciò a vestirsi con ciò che aveva, quando Gandalf bussò alla loro porta ed entrò con una corazza dorata.

-Gandalf..- sussurrò lei avvicinandosi.

-Questa l'ho fatta fare per te. Riconosci il simbolo inciso nell'oro?- chiese lui indicando un intreccio di foglie e fiori.

-Nargothrond.- disse soltanto scavando nei ricordi.

Aveva visto quel simbolo disegnato su grandi arazzi nella sala del trono di Finrod quand'era piccola.
Indossò l'armatura e si guardò fiera allo specchio, e quando ritrovò il fratello davanti al portone d'ingresso della città, lui l'abbracciò e quasi si commosse a vedere lo stemma della loro casata.
Mossero i loro passi lungo il Pelennor, attraversarono Osgiliath e arrivarono dinnanzi al Nero Cancello.

-Ci siamo.- disse Aranel guardando il cielo.

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Capitolo 17
*** La pioggia lava via solo il sangue ***


La pioggia lava via solo il sangue


Aranel era agitata, un po' tutti lo erano compreso il neo Re di Gondor e Arnor che cavalcava in prima linea insieme a lei e agli altri compagni. Più volte si guardarono in cerca di una qualsiasi speranza, ma negli occhi si mescolava la paura al colore delle iridi di ognuno ed era difficile mantenere un respiro sereno e regolare.
Boromir e il Dovahkiin cercavano di marciare il più vicino possibile perchè il terrore di perdersi di vista era troppo grande da poter nascondere o mettere via in un angolino del proprio cuore.
Avanzarono davanti al cancello della terra di Mordor e Aragorn urlò:

-Che il Signore della terra Nera venga avanti! Che giustizia sia fatta su di lui!-

Il silenzio che ne seguì sembrava l'attesa della fine, l'ultimo respiro prima del fuoco e della distruzione. Piano e scricchiolando la nera porta si aprì e ne uscì una creatura a cavallo che mise i brividi ad Aranel.
Del Signore di Mordor si poteva vedere solo la bocca e una fila di denti marci che sembravano addirittura intrisi di sangue, il resto era velato da un elmo d'acciaio e un pesante mantello nero.

-Il mio padrone Sauron il grande vi porge il benvenuto.- disse lui prima di sorridere in modo falso e inquietante.

Il viso di Aragorn quasi si contorse in una smorfia schifata e pure Aranel arricciò il naso facendo sorridere Boromir e Adanedhel.
Il mostro, resosi conto di non aver fatto esattamente una bella impressione, continuò chiedendo:

-Vi è qualcuno in questa folla con l'autorità di trattare con me?-

Fu Gandalf a rispondere con voce seria e decisa:

-Noi non veniamo per trattare con Sauron, infedele e maledetto! Di questo al tuo padrone: le armate di Mordor devono disperdersi, egli deve lasciare questa terra e non farvi più ritorno!-

Il mostro sembrò divertito e rispose:

-Vecchio barbagrigia...ho un pegno che mi è stato ordinato di mostrarvi.-

Dal suo mantello tirò fuori camicia di Mithril di Frodo e tutti rimasero con il fiato sospeso; dagli occhi di Gandalf una luce cominciò a brillare e Aranel capì che erano le sue lacrime.

-Frodo...- sussurrò Pipino che cavalcava con lo Stregone e un'altra volta ancora disse il suo nome.

-No...- disse Merry che invece stava sulla sella di Eomer.

-Silenzio!- urlò Gandalf zittendo entrambi.

La creatura gli lanciò la camicia dell'Hobbit e continuò a parlare.

-Il Mezz'uomo era caro a voi vedo. Sappiate che ha sofferto grandemente per mano di chi l'ha ospitato.-

La rabbia cominciò a ribollire in tutti loro e Aranel strinse le mani attorno alle briglie del suo cavallo, mentre lo sguardo di Gandalf si fece ancora più triste e abbassò il capo guardando il bianco Mithril, come per cercare nella sua mente un vecchio ricordo.

-Chi avrebbe detto che un essere così piccolo potesse sopportare tanto dolore. E lo ha fatto Gandalf, lo ha fatto.-

Aragorn avanzò lentamente scuro in volto verso il servo di Sauron che continuò a parlare voltandosi a guardarlo:

-E chi è costui? L'erede di Isildur. Per fare un Re non basta una lama Elfica spezzata!-

Fu così che l'espressione di Aragorn mutò in un istante e dal sua fianco sfoderò Anduril la cui lama splendette sotto i deboli raggi di luce e tagliò di netto la testa dell'essere spregevole.
Aranel sgranò gli occhi, ma Aragorn non diede loro il tempo per pensare al perchè di un gesto simile anche se in cuor loro lo avrebbero fatto molto prima.

-Io non ci credo! Non ci crederò.- disse il Re.

Il cancello si aprì nuovamente e molti nemici a piedi cominciarono a marciare su di loro. I cavalieri tornarono indietro e si posizionarono in prima linea.
Il loro cuore cominciò a martellargli nel petto e il respiro si fece affannoso, ma nei loro occhi si poteva vedere la libertà correre in un sogno che chiamavano speranza.
Aragorn cominciò a muoversi da una parte all'altra del suo esercito e iniziò a parlare:

-Restate fermi! Restate fermi. Figli di Gondor, di Rohan, fratelli miei!- si fermò e continuò – Vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore! Ci sarà un giorno in cui il coraggio degli uomini cederà in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ma non è questo il giorno! Ci sarà l'ora dei lupi e degli scudi frantumati quando l'era degli uomini arriverà al crollo, ma non è questo il giorno! Quest'oggi combattiamo! Per tutto ciò che ritenete caro su questa bella terra, vi invito a resistere! Uomini dell'Ovest!-

Tutti sguainarono le loro spade e sembrò che anche lo spirito di ogni fratello, padre, figlio fosse uscito dalle loro lame e stesse gridando gridando contro il vento di Mordor.
Scesero da cavallo e il Dovahkiin guardò Boromir che quasi si era commosso al discorso del suo nuovo Re, ma che ora era pronto a combattere e indossò l'elmo.

-Ti amo...- sussurrò lei.

-Anche io.- rispose lui.

Tutto era fermo, i due eserciti immobili come se tra loro vi fosse un burrone e un fiume in piena che scorreva nel mezzo, ma una voce si levò nell'aria ed arrivò alle orecchie di Aranel che abbassò la spada e gli occhi le si velarono. Piano camminò in avanti mentre tutti i suoi compagni la guardavano straniti e Gandalf capì che era un incantesimo.
Davanti allo sguardo vuoto del Dovahkiin apparse la figura di Sauron come lo aveva conosciuto lei: bello e terribile allo stesso momento.

Mia figlia viene a combattermi. Sono molto deluso dal tuo comportamento Aranel, Stella del Re.”

-Mankoi naa lle sinome?- “perchè sei qui?” gli chiese lei con la voce rotta dalle lacrime.

Lui le ricordava troppe cose brutte, troppo dolore patito inutilmente.

Parli la lingua degli Elfi, ma sai bene che non sei figlia loro, non sei figlia sua. Non combattere tuo padre Aranel, il tuo vero padre.”

Chiuse gli occhi e le guance si bagnarono ancora e bruciarono.

-Mankoi lle uma tanya?- “perchè lo hai fatto?” chiese ancora.

Perchè ho fatto cosa?”

Le iridi di Aranel sembrarono prendere fuoco e alzò la spada puntandola al collo di Sauron, poi gli urlò:

-Perchè hai ucciso i miei genitori!?-

Lui rise e le fece abbassare la lama senza nemmeno toccarla.

-Sereg'wethrin.- “assassino” sussurrò ancora cercando di tenere levata la spada.

Ha rubato la mia donna. Ha rubato mia figlia.”

Ma proprio mentre Aranel stava per ribattere e attaccarlo, Gandalf fece un delicato gesto con la mano e i suoi occhi presero il loro colore naturale facendo scomparire il velo scuro e la figura di Sauron.
Così il Dovahkiin si girò a guardarli tutti e lo Stregone le sorrise.

-Per Frodo e Sam.- disse prima di cominciare a correre incontro al nemico.

Gli eserciti si fusero e la terra si bagnò di rosso mentre il cielo si scuriva e le nuvole prendevano forme di terrore.
Aranel combatteva senza sosta, gli Orchi cadevano sotto la sua lama e Frangialba brillava come mai prima d'allora, ma il suo braccio cominciava a stancarsi. Il nemico non le dava riposo, abbassare l'arma voleva dire farsi uccidere in un secondo, ma non solo la battaglia la faceva stancare: l'occhio di Sauron era costantemente posato su di lei e pareva pesare come un enorme macigno sulle spalle.
Anche se la loro guida era morta, i Nazgul presero a volare sulle lor teste e a mietere vittime, ma i Popoli liberi non erano soli e presto in loro aiuto arrivarono le Aquile.
Erano splendide e maestose, tutto parve fermarsi e brillare al loro arrivo, ma tanto erano belle quanto letali e nessuna bestia alata colpì più i Gondoriani e i Rohirrim.
Le forze oscure erano troppe e la speranza degli uomini era tutta su Frodo e Sam.
Ma il peggio doveva ancora giungere poiché mentre Aranel combatteva vide Adanedhel venir colpito al fianco e poi al cuore.
L'Orco che l'aveva trafitto mirava ora alla sua testa, ma Aranel gli gridò contro il Fus Ro Dah e il nemico insieme a molti dei suoi compagni, volarono a molti metri di distanza da suo fratello.
Si fece largo tra la folla e raggiunse Adanedhel che respirava a fatica ed era sdraiato sulla terra bagnata dal suo sangue.
S'inginocchiò e lo prese tra le braccia cominciando ad accarezzarne il volto mentre calde lacrime colme di dolore le rigavano le guance.

-Adanedhel guardami! Guardami! Resta con me!-

Tutt'intorno la guerra compiva le sue stragi, ma il nemico si bloccò, nessuno più colpì l'avversario e tutti si voltarono a guardare oltre il cancello nero: la torre di Barad Dur si sgretolava come fosse sabbia e l'occhio di Sauron pareva in procinto di esplodere. Un'onda d'urto si levò nella valle e una forte raffica di vento costrinse tutti a toccare terra con le ginocchia.
Tutto si spezzò, il nero cancello cadde in una voragine e con esso gran parte dell'esercito del Signore Oscuro. I Popoli Liberi esultarono e finalmente il fato della Terra di Mezzo era deciso.

-Guarda Adanedhel, abbiamo vinto! Sauron è morto, mamma e papà sono stati vendicati.- disse Aranel mentre accarezzava la chioma dorata del fratello.

-Aranel, li incontrerò presto e gli racconterò di quanto sei forte e speciale.- rispose lui con la voce roca e rotta dai respiri affannosi.

-No, vedrai che riuscirò a salvarti, ti porterò con me a Tamriel e conoscerai i tuoi nipoti. Staremo insieme tutta la vita e potremmo ricordare mamma e papà. Mi racconterai di loro e di come ti volevano bene e...-

-Aranel- la interruppe lui alzando una mano per poterle accarezzare il viso e asciugarle le lacrime -il mio cuore è reciso, non batterà più in questa vita, ma sappi che sono felice di averti ritrovata.-

Il Dovahkiin cominciò a singhiozzare e strinse la mano del fratello portandosela sul petto.

-Aranel, stella del Re, Principessa del Nargothrond, sorella mia...-

Adanedhel smise di respirare e il capo si voltò d'un lato, mentre Aragorn, Boromir, Legolas e Gimli si avvicinavano a loro con il volto triste e gli occhi rossi.
Aranel scoppiò in un pianto disperato e appoggiò la testa al petto di suo fratello come a cercare di sentir battere il suo cuore, ma nessun suono arrivò alle sue orecchie, se non quello della pioggia che cominciò a battere sulle loro corazze come a voler lavare via il sangue.

-Adanedhel...fratello mio...- sussurrava tra un singhiozzo e l'altro.

Boromir le si avvicinò e l'abbracciò forte a se, in un attimo i singhiozzi di Aranel si trasformarono in urla strazianti. Fu come sentire la terra cedere sotto i propri piedi e come vedere una città spazzata via da un grosso uragano di fuoco.
I singhiozzi del Dovahkiin diventarono poco a poco più silenziosi fino a scomparire e Boromir sentì la donna cedere e perdere la rigidità dei muscoli fino ad afflosciarsi tra le sue braccia.
Tutti s'inginocchiarono attorno a loro e preoccupati aiutarono l'uomo di Gondor a portare la donna a Minas Tirith.
Solo quando giunse Gandalf scoprirono il motivo del suo svenimento.

-Ben ritrovata Principessa, avete dormito per molto tempo.- disse lo Stregone mentre faceva uscire una nuvoletta di fumo dalla bocca.

Aranel aprì lentamente gli occhi e la luce che penetrava dalla finestra le irritò la pupilla facendone diminuire il diametro.

-Gandalf...- sussurrò strofinandosi gli occhi -dove sono?-

Lo stregone le appoggiò una mano sulla spalla e rispose:

-Sei al sicuro. Siamo a Minas Tirith e tutti attendono il tuo risveglio, ma prima di dar loro la lieta notizia, dobbiamo parlare.-

Lei si mise a sedere appoggiando la schiena alla testiera del letto.

-Adanedhel è morto.- disse mentre una lacrima le rigava il viso.

-Lo so.- rispose Gandalf portandosi la pipa alla bocca -Si stanno prendendo cura di lui, tua Zia vuole che lo seppelliscano nel suo Regno.-

-Forse anche lui l'avrebbe voluto.- sussurrò lei asciugandosi la guancia.

-Aranel, c'è una cosa importante che devo dirti.- disse Gandalf facendola voltare verso di lui.

-Ti ascolto.- rispose lei.

-Hai perso la tua immortalità.- disse secco lui senza girarci troppo attorno.

Sul viso del Dovahkiin si dipinse un sorriso carico di gioia, tutt'altra reazione si aspettava il Mago che di tutta risposta si mise a ridere.

-Ti vedo contenta della notizia!-

-Sai cosa vuol dire Gandalf? Non dovrò più veder morire i miei cari e vivere per l'eternità solo con i loro ricordi. Morirò prima dei miei figli, morirò come tutti i Sangue di Drago.-

Gandalf si alzò e camminò verso la porta, ma prima di aprirla disse:

-Grazie Aranel, grazie per aver aiutato il tuo mondo a togliersi le catene. Grazie per aver sacrificato tanto per noi. Namaarie.-

-Namaarie.- rispose lei sorridendo.

Non appena Gandalf aprì la porta, subito Boromir s'intrufolò nella stanza e corse incontro alla sua amata stringendola in un abbraccio pieno d'amore e baciandola come se avesse mai più potuto farlo.

-Boromir! Così mi soffochi!- si lamentò ironicamente lei.

Lui rise e le accarezzò il viso.

-Finalmente è tutto finito.-

-Non ancora.-


La luce tenue di un sole per metà coperto dalle nubi, filtrava tra le chiome degli alberi del Bosco di Lòrien e cercava d'illuminare il cammino del popolo di Celeborn e Galadriel che marciava verso una piccola torre di pietra e cristalli di vari colori, recintata da un cancello bianco ricoperto di edera e rose rosse.
Sei Elfi vestiti regalmente portavano in spalla il corpo di Adanedhel che pareva dormire tanto era rilassato.
Venne portato dentro quella torre e poggiato su un freddo letto di pietra marmorea decorata in oro e con una scritta in argento che recitava:


Qui giace Adanedhel, figlio di Finrod

Principe del Nargothrond e

fiero Noldo.


Qui giace Adanedhel, figlio di Finrod, Principe del Nargothrond e fiero Noldo.”


Aranel entrò, vestita di nero con un velo dello stesso colore a coprirle il viso pallido e carico di dolore.
Gli posò una rosa senza spine sul ventre e posò un piccolo bacio sulla sua guancia sussurrandogli:

-Namaarie Adanedhel. Porta questo bacio a mamma e papà.-

Angolo autrice:

Si lo so, non scrivo da tanto, ma ho avuto molto da fare! Comunque non sapete quanto sia stato difficile uccidere Adanedhel, non volevo all'inizio, ma dovevo rendere la storia un po' drammatica! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto :)

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Capitolo 18
*** E il senza Corona di nuovo Re sarà ***


E il senza Corona di nuovo Re sarà



Passarono alcuni giorni a Lòrien in cui Boromir si fece dare consigli sugli Elfi nell'arte della spada, mentre Galadriel ed Aranel portavano fiori freschi alla tomba di Adanedhel ogni mattina. Il dolore era forte, adesso la Principessa del Nargothrond si sentiva sola e abbandonata dalla sua famiglia, anche se sua zia le ricordava sempre che non era così, che c'erano lei e Celeborn ad amarla come una figlia.
I suoi bambini le mancavano terribilmente ed era preoccupata per loro anche se li sapeva sani e al sicuro; non li vedeva da un anno, le mancavano i riccioli dorati di sua figlia e gli occhioni blu di Samuel.
Il giorno della loro partenza arrivò, dovevano raggiungere Minas Tirith per l'incoronazione di Aragorn e Celeborn doveva incontrare Re Thranduil nel suo Regno.
Tutti gli Elfi di Lòrien si erano radunati attorno alla Dama dei Galadrim e al loro Re, i bagagli erano stati caricati su un carro trainato da quattro cavalli che li avrebbe portati a destinazione.
Galadriel strinse delicatamente le mani di Aranel tra le sue, le sorrise e cominciò a parlare:

-Namaarie Aranel, aa'lasser en lle coia orn n'omenta gurtha, aa' menle nauva calen ar'ta hwesta e' ale'quenle.-

Un abbraccio pieno di amore e ricordi che sapevano di Primavera, di un campo immenso nascosto dagli alberi, di spensieratezza infantile.

-Naamarie Galadriel.- sussurrò tra le lacrime.

Partirono con il cuore pesante e gli occhi bagnati; Aranel non sapeva cosa sarebbe accaduto di li in avanti, non sapeva se sarebbe rimasta nella Terra di Mezzo o se sarebbe ritornata a Tamriel. Boromir non fece che coccolarla per tutto il tempo e la fece sorridere svariate volte cercando di cancellare quel velo di tristezza che ormai aveva preso posto fisso sul suo viso.
Pensò a Faramir e a quanto gli avrebbe fatto male vederlo morire fra le proprie braccia e il solo pensiero di non poter più sentire la sua voce o di ricevere una pacca sulle spalle, gli metteva i brividi.
Dopo parecchi giorni di viaggio giunsero ai piedi di Minas Tirith che dalle voci e le risate si poteva capire che fosse in festa.
Vennero accolti come fossero un Re e una Regina, tutti s'inchinarono al loro passaggio, persino Gandalf fece un breve inchino per poi sorridere divertito e far dipingere la stessa incurvatura delle labbra sul viso del Dovahkiin.
Il 1 Maggio del 3019, Aragorn venne incoronato Re sulla terrazza della capitale di Gondor e tutti i suoi sudditi urlarono di gioia quando lo Stregone poggiò sul suo capo la Corona.

-Questo giorno non appartiene ad un uomo solo, ma a tutti! Insieme ricostruiremo questo mondo da poter condividere nei giorni di pace!-

Alle parole del Re seguì un canto che fece piangere il cielo di petali colorati:

-Et earello endorenna utulien. Sinome maruvan ar Hildinyar tenn' ambar-metta.-

Tutto ciò che era oscuro, tutto ciò che era avvolto dall'ombra e dalla crudeltà, parve scomparire. Una leggera brezza allontanò i cattivi pensieri e perfino Aranel sentì che la tristezza che aveva nel cuore, ora galoppava lontano da lei e forse non sarebbe più tornata.
La consapevolezza di essere diventata mortale le pareva un miracolo dei Valar, un dono da parte loro per i servigi offerti nella loro Terra.

-Cadrà l'inverno anche sopra il suo viso...- sussurrò sorridendo appena, con gli occhi chiusi a sognare la sua nuova, vera vita.

Aragorn avanzò ad incontrare un corteo Elfico che gli si stava avvicinando e Aranel riconobbe Legolas e fece un cenno con la mano per salutarlo, regalandogli il migliore dei suoi sorrisi.
Ma le sorprese non erano finite, perchè da dietro uno stendardo che piano si muoveva nel vento, fece capolino il viso di Arwen e gli occhi del neo Re di Gondor e Arnor brillarono di luce propria.
Aranel cominciò a tremare e a cercare con gli occhi due gemme preziose e bellissime che aveva affidato alle cure dell'Elfa che ora stringeva e baciava il suo amato.
Aranel si sporse un po' di più e riconobbe Sire Elrond che la stava osservando divertito; allungò un braccio di lato e guardò in basso.
Il Dovahkiin capì che vicino a lui c'erano dei bambini, i suoi diamanti perfetti; Samuel e Shan cominciarono a correre nella sua direzione, lei cadde in ginocchio e li aspettò a braccia aperte.
Quando furono abbastanza vicini si tuffarono tra le sue braccia e Aranel li strinse forte cominciando a singhiozzare.
Anche Boromir s'inginocchiò e quell'abbraccio racchiuse tutto l'amore possibile e immaginabile, un legame forte più della morte che avrebbe portato la felicità nelle loro vite, per sempre.
I suoi bambini erano cresciuti ed erano stati vestiti come nobili Elfi: Shan portava un vestitino con un breve strascico, tutto blu e decorato in argento; i suoi capelli erano cresciuti tanto e ora le arrivavano a metà schiena. Samuel portava un completo celeste e i capelli scuri e ondulati gli toccavano le spalle.

-Come siete cresciuti!- disse mentre accarezzava i loro volti e li stringeva nuovamente a se.

Arrivarono i festeggiamenti e la città brillava di una gioia intensa che non si vedeva più da anni. Il Re sedeva di nuovo sul suo trono e non vi erano ansie, paure o terrore nel cuore del popolo e in quello dei soldati, tutto il male era scomparso e il tempo sarebbe trascorso in pace e serenità.
Nel cortile di pietra, vicino all'Albero Bianco, sedevano Boromir e Aranel con le mani unite e le dita intrecciate, con gli occhi fissi gli uni sugli altri e un sorriso sui loro volti che scaldava il cuore.

-Verrò con te Aranel, amerò Tamriel come amo Arda e ti starò accanto fino alla fine dei tempi.- disse lui sussurrando le parole in modo dolce e sicuro.

-Non ci sarà gioia o dolore che non affronteremo insieme, non ci sarà difficoltà che non supereremo uniti.- rispose lei prima di posargli un bacio sulle labbra.



Una luce forte e intensa si fece largo nella sua mente e tutto svanì, tutto ciò che aveva visto, la storia che si era evoluta nel sonno, ogni cosa, era scomparsa con il giungere dell'Alba.
Il presente l'aveva chiamato a gran voce con il canto di un gallo e l'aria fresca di una giornata d'autunno e non aveva fatto attendere il nuovo giorno a lungo. Aveva aperto gli occhi e aveva raggiunto la tinozza d'acqua specchiandosi nel liquido fresco e trasparente: ogni giorno si vedeva cambiato e i segni delle continue lotte sbucavano dal nulla e senza che se ne fosse accorto, aveva raggiunto l'età di trentacinque anni e l'aveva fatto menando fendenti.
I capelli biondo scuro cadevano ondulati a coprirgli appena il collo e gli occhi azzurri come il cielo d'estate spiccavano in un viso severo e rude, ma bellissimo al tempo stesso. Molti gli dicevano che somigliava a suo padre, altri che il fascino l'aveva ereditato da sua madre, la stessa a cui aveva “rubato” il dannato dono di assorbire le anime dei Draghi.
Si guardò intorno e vide libri, vestiti e piatti sparsi in tutta la casa; da quando anche sua sorella Shan era partita per la Terra di Mezzo, tenere pulito e in ordine il Salone Heljarchen non era cosa facile, inoltre suo fratello Faramir era andato a studiare nell'Accademia di Winterhold e questo rendeva le cose ancora più difficili.

Ti mancherò Adanedhel, lo sai!” aveva detto prima di partire e le sue parole non potevano essere più vere di così.
Così il Dovahkiin si trovò solo per le vie di Skyrim, intento a sconfiggere il male che teneva imprigionata la Regione nel terrore.
Non si recò a Whiterun quel mattino, i suoi passi cambiarono direzione quando vide l'incisione su un cartello che indicava Riverwood.
Attraverso il piccolo villaggio e a passo lento si avvicinò alle tre lapidi che costeggiavano la via. S'inginocchiò e accarezzò il marmo di ognuna di esse per poi portarsi la mano sulle labbra come a voler lasciare un bacio sulla guancia di cloro che erano morti e che lui in vita aveva amato.
La prima lapide era quella di Lidia che non aveva mai conosciuto, ma sapeva che quando era viva aveva aiutato sua madre a difendere Tamriel.
La seconda recitava una scritta:


Qui giace Aranel, figlia di Finrod,
Principessa del Nargothrond,
Thane di Whiterun e protettrice
di Skyrim.
Possa il Sangue di Drago
riposare con gli Dei.


Rotta la tenebra la leggenda è forte
perchè il Sangue di Drago non teme la morte

Rotta la tenebra la leggenda è forte
perchè il Sangue di Drago non teme la morte”


Mentre la terza portava ancora più tristezza nel cuore di Adanedhel, perchè era stato lui ad insegnargli a combattere, a prendere vite e a lasciarle quando ce n'era bisogno.


Qui giace Boromir, figlio di Denethor,
Capitano di Gondor.
Che la sua anima trovi riposo
oltre la morte.

Tornate a casa, la terra vi attende
non morte e ghiaccio, ma il sole vi aspetta.

Tornate a casa, la terra vi attende
non morte e ghiaccio, ma il sole vi aspetta.”


E così la pace perdurò nel mondo di Eru Iluvatar e un altro Sangue di Drago era pronto per difendere Tamriel.




Angolo autrice:

Ok, ringrazio tutti, ma davvero tutti per aver letto e recensito ( o solo letto) la mia storia. Probabilmente vi aspettavate un finale diverso, ma ho voluto troncare così la storia per non soffermarmi troppo nella Quarta Era, ma spero abbiate apprezzato lo stesso :)
Un saluto a tutti e a presto!!




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