REVELATION
III. Ci vorrebbe un amico
La mattina successiva a quel gran trambusto Akane si svegliò
stanca e stordita.
Intontita scese le scale che
conducevano alla sala da pranzo e salutò la sua famiglia. Si sedette al solito
posto senza curarsi del fatto che lo zabuton accanto al suo fosse vuoto. Infondo Ranma era noto
per i suoi risvegli difficili.
L’atmosfera era strana, suo padre sedeva rigidamente
immobile con gli occhi rossi per il recente pianto e il signor Saotome non si
tuffava sul cibo come al solito bensì spiluccava il
riso nascondendosi dietro le grosse mani.
Akane non ci fece caso; si stiracchiò sbadigliando mentre
gli altri commensali, timorosi sul da farsi, ricambiarono quel “buongiorno” con
sorrisi tirati.
La fissavano incerti. Occhi preoccupati. Occhi
compassionevoli. Occhi colpevoli.
Gli occhi di Ukyo.
Ukyo? Ma cosa ci faceva lì?
Akane ebbe un capogiro e si appoggiò al tavolo. Lo sguardo
sì posò sulle sue mani. Erano scorticate e graffiate come le ginocchia.
Riaffiorarono i ricordi che ostinatamente aveva
tentato di annegare.
Ukyo. Ranma. Ranma. Ukyo.
Ma dov’era Ranma? Era davvero in
camera sua a dormire?
Un vortice di immagini invasero la
sua mente. Un abbraccio. La pioggia. Lacrime e fango.
P-chan. Ryoga. Ryoga. P-chan.
Poi più nulla. Tutto si fece buio e Akane, in un tonfo,
rovinò al suolo.
Pochi minuti dopo tutta la famiglia Tendo era in camera a
fissare la ragazza stesa sul letto.
Un mugolio accompagnò il suo risveglio e accese l’attenzione
di tutti. Un vociare confuso misto a lacrime paterne.
Si sentiva soffocare presa da un attacco di claustrofobia.
Il cuore prese a batterle forte. Avrebbe voluto urlare
ma non ci riuscì.
Tum-tum. Sempre più forte.
I suoi occhi indagarono i presenti, esplorarono la stanza.
Tutti meno uno.
Tum-tum. Ancora più forte.
Avrebbe voluto alzarsi e andare a cercarlo. Anche solo per
schiaffeggiarlo. Voleva lui. Ma l’orgoglio le impedì
persino di pronunciare il suo nome.
Lo sguardo nel vuoto e le labbra dischiuse
nell’affannoso tentativo di articolare dei suoni.
A quel punto l’amorevole Kasumi cacciò tutti
via per farla riposare.
Rimaste sole, Akane si sentì un po’ più sollevata. La
maggiore avvicinò una sedia al suo letto e vi ci sedette. Strinse forte la mano
alla sorella.
“Piccola Akane riposa. Tu sei così
forte, supererai anche questo. La tua famiglia ti vuole bene,
saremo sempre qui a sostenerti” la rassicurò.
Sentiva le palpebre pesanti ricaderle sugli occhi e la mente
annebbiata.
Si riaddormentò subito.
Non sapeva dire con precisione quanto tempo fosse passato ma al suo risveglio tutta la confusione era svanita.
Fuori e dentro di lei.
Si rigirò e nel letto e si accorse di non essere l’unica
occupante della stanza.
Ukyo era seduta alla scrivania e giocherellava con una delle
sue spatoline facendola agilmente danzare tra le
dita; proprio come si usa fare con penne e matite.
Senza farsi scoprire Akane la osservò a lungo e non poté fare
a meno di perdersi in una contorta analogia.
Ukyo aveva vissuto per molto tempo con sembianze maschili, a
chi meglio di lei sarebbe calzato a pennello l’appellativo maschiaccio? E
invece Ranma, senza la minima esitazione le aveva detto di trovarla carina, che
doveva abbandonare il suo intento di non innamorarsi più, di non farsi
illusioni romantiche. Perché l’aveva detto? Quel don Giovanni si stava offrendo
come oggetto del suo prezioso amore. Eppure lei la considerava un maschiaccio,
esattamente come lei. Senza ombra di dubbio.
Dai suoi gesti si evinceva tutta la
forza, l’agilità e la determinazione di un combattente ma tutto ciò era
contornato da un’inconsapevole aura di grazia, femminilità e sensualità. Era trasparente
la sua duplice natura. Inoltre sapeva essere dolce e amorevole nei confronti
del ragazzo.
Non c’era paragone con lei, un vero
maschiaccio dai fianchi larghi e il sex-appeal di una carota. Non potevano
esserci dubbi su quale sarebbe stata la preferenza del codinato.
Dal canto suo la piccola cuoca di okonomiyaki
si tormentava in attesa del risveglio di Akane. Sentiva il bisogno di parlarle,
di confrontarsi con lei. Era giunto finalmente il momento di mettere da parte i
dissapori e la competizione; ora che sarebbero potute diventare amiche, temeva
di non riuscire a trovare le parole per spiegare la sua posizione.
:::INIZIO
FLASH BACK:::
Ukyo era tormentata e non riusciva a dormire. Durante il
giorno era stata recapitata al suo locale una lettera che avrebbe potuto
cambiarle la vita in modo radicale.
Ripensò al padre, alle aspettative
che egli aveva nei suoi confronti. In un modo o nell’altro sentiva che la sua
vita stava prendendo una piega sbagliata, lei poteva ottenere molto di più e i
capricci adolescenziali stavano solo portando acqua nella sua barca. Il mare
era stato agitato ma ora intravedeva la possibilità di navigare in acque più
calme.
Controllò l’orologio. Non era ancora mezzanotte.
Indossò qualcosa di carino che forse l’avrebbe resa
finalmente più femminile, qualcosa in cui si sentisse a suo agio e che avrebbe
caratterizzato l’inizio della sua nuova vita. Prese un grosso respiro e si fece
forza, se non lo avesse fatto adesso non lo avrebbe
fatto mai più. Spense la luce e chiuse la porta dell’“Ucchan”
alle sue spalle.
Giunse al dojo
Tendo sola nel suo silenzio. Tutte le luci erano spente. I ricordi
legati a quel luogo glielo rendevano estraneo nella calma di quella sera. Si
convinse che le cose potevano cambiare. Aveva scelto il momento giusto, l’unico
in cui poteva approfittare di un momento di tranquillità.
Non vista contemplò per alcuni minuti il laghetto zen in cui
nuotavano le trote. Di certo loro non erano assalite da atroci dubbi, come lei
in quel momento. Sfiorò la superficie dell’acqua con le dita e contemplò
l’immagine della luna distorcersi a quel contatto.
Era giunto il momento. Cercò con lo sguardo la finestra
della stanza di Ranma e, augurandosi di non svegliare nessuno, lanciò un primo
sassolino contro il vetro.
Non le sembrò di avvertire nessun movimento all’interno
della stanza. Chiamò il suo nome ma non mise nella voce abbastanza energia.
Riprovò ancora. Stavolta più determinata a farsi ascoltare. Il lanciò sortì un risultato migliore. Dopo
alcuni istanti poté intravedere un’ombra scostare le tende e scrutare nel buio
nella sua direzione.
Il volto di Ranma mal celava il brusco risveglio, era
assonnato ma il suo sguardo era vigile e attento. Agli
occhi di Ukyo era sempre splendido.
Appena il codinato notò la sua presenza il suo volto si contrasse in una smorfia di
stupore, incredulità e preoccupazione. Senza pensarci due volte saltò giù dalla finestra in mutande e canottiera. Il viso
sorridente di Ukyo arrossì.
“Cosa succede Ucchan?”
domandò apprensivo. Lei adorava quel modo unico con cui la chiamava.
“Ciao Ranma.” Disse teneramente, rossa in viso.
“Mi stai facendo preoccupare. Tutto bene?”
“Sì, sì.” annuì lei “Va tutto bene. Ho solo il bisogno di parlare un po’ con
te, con calma.”
Ranma aveva un brutto presentimento. Non è mai un buon segno
quando una donna ti dice dobbiamo parlare. Ripensò mentalmente a tutto
quello che aveva fatto nell’ultimo periodo, dall’ultima
volta che si erano visti e desiderò mentalmente di possedere un teletrasporto
per scappare il più lontano possibile. Vuoto. Il suo cervello fumava come i
meccanismi di un treno a vapore. Giravano senza produrre alcun movimento,
nessuna illuminazione che potesse essergli d’aiuto per il discorso che avrebbe
dovuto affrontare.
“Ti ascolto.” disse titubante.
“Ho vinto una borsa di studio alla Chef Academy
per specializzarmi in crepe e omelette. È davvero un’occasione unica e volevo
un tuo parere.”disse tutto d’un fiato. I secondi che
seguirono per lei furono infiniti. Ripensò alle parole che aveva scelto
lambiccandosi il cervello per non aver usato più tatto e chiedendosi se quel volevo un tuo parere sarebbe stato davvero
efficace.
“Mi sembra un’ottima cosa, Ucchan.” affermò lui dopo
averci pensato qualche istante.
“La sede è a Parigi.”continuò la cuoca abbassando gli occhi.
Ecco dov’era l’inghippo pensò
Ranma. Cosa voleva da lui?
“Vieni con me, Ranma.”
Con foga gli strinse le mani e se le portò al petto. Lo
guardava con grandi occhi da cerbiatta.
“Co-cosa!?”
Al ragazzo mancò il terreno sotto i piedi. Cosa le stava
chiedendo la sua amica? Di abbandonare tutta la sua vita per trasferirsi in
capo al mondo!?
“Posso capire la tua reazione, anche io
all’inizio mi sono sentita spaesata ma è un’opportunità che non posso lasciarmi
scappare. Fuggiamo dal caos di Nerima. Insieme.”
“Piccola Ukyo io non posso. Il caos
non è a Nerima. È nella mia vita.”
“Io sarei disposta a restare per te!” disse con disperazione. Una lacrima le
scivolò sulla guancia.
“Ma…” balbettò Ranma.
Involontariamente il suo sguardo cadde sulla finestra della camera di Akane;
gli era sembrato di avvertire del movimento.
“Capisco.” disse la giovane a capo chino “Dovevo avere una
conferma, avevo bisogno di essere sicura dei tuoi sentimenti. Non c’è spazio nella tua vita per me.”
“Mi dispiace” commentò mogio il ragazzo con il codino.
“Almeno ci siamo chiariti.” sorrise amaramente lei
asciugandosi le lacrime con la manica “Adesso posso risalire sul treno della
mia vita, andare avanti sulle mie gambe.”
Infine sorrise. Veramente. Dopo tanto tempo si sentiva libera e padrona della sue scelte. Poteva essere se
stessa, poteva essere donna. Lui infondo,
la prima volta che si erano ritrovati, le aveva detto di trovarla carina. Mica
era l’unico uomo sulla faccia della Terra!
“Grazie.”
Ranma trovando ingiusto quel ringraziamento si imbarazzò
a quel sorriso così onesto. Sapeva di aver provocato all’amica solo problemi e
si sentiva dannatamente colpevole. Istintivamente l’abbracciò
forte, la stringeva con sicurezza cercando di annegare in quell’intreccio di
sensazioni la morsa allo stomaco.
Non importa quanto sia oscura la notte, il mattino arriva sempre;
così nella vita di Ukyo ritornava a splendere il Sole.
:::FINE
FLASH BACK:::
Ancora distesa sul suo letto Akane si decise ed aprì gli occhi. Il suo sguardo fu subito intercettato
dalla ragazza seduta alla scrivania. Attendeva da ore il suo risveglio e ora non sapeva che dire. Lei non avrebbe mai voluto mettersi
fra loro, causando sofferenza al suo cuore e a quello della ragazza che aveva
di fronte, ma credeva davvero che Ranma e Akane non potessero sopportarsi. Quindi si sentiva perfettamente giustificata, anzi
incoraggiata a togliere Ranma da quella scocciatura. Quando poi aveva capito
tutta la messinscena era ormai troppo tardi. Anche lei
era entrata a far parte di quell’assurdo teatrino.
Akane si era svegliata dopo aver trascorso le ultime ore in
uno stato di incoscienza e lei, impacciata, buttò lì la cosa più scontata che le venne in
mente da dire.
“Come ti senti?”
“Intendi fisicamente o spiritualmente?” replicò con un
pizzico di acidità Akane.
Ukyo rimase in silenzio paralizzata, sapeva di non essere
colpevole ma non aveva il tempo di spiegarsi e intanto si sentiva decisamente fuori posto.
Akane si mise in posizione seduta per affrontare verbalmente
la cuoca, si alzò lentamente e prima di parlare si prese qualche secondo. Non
avendo mangiato era ancora debilitata e le girava la testa. Avrebbe voluto
urlarle contro perché era il solo modo che conosceva per farsi ascoltare ma
sapeva che non avrebbe retto lo sforzo. Si portò quindi la mano destra
all’altezza del cuore e disse silenziosamente.
“Non sai quanto fa male.”
Ukyo non resistette a quella confessione. Anche per lei
tutta quella storia non era stata una passeggiata, era appena stata rifiutata
dal ragazzo che per anni aveva condizionato la sua vita e Ryoga, lui era stato
la sua spalla in questi ultimi mesi. In lui vedeva un confidente, un complice,
qualcuno di cui potersi fidare e al quale poco a poco si stava affezionando.
In fondo nulla unisce di più di un nemico comune. Separare
Ranma e Akane era stato il loro perenne obbiettivo.
Insieme. E lui non si era nemmeno degnato di rivelarle il suo segreto.
Senza riuscire più a contenersi Ukyo sfogò tutto il suo
dolore su Akane. In un ultimo disperato gesto le si gettò
addosso e la strinse in un abbraccio. La cuoca piangeva disperatamente ed anche
il viso di Akane si riempì di lacrime, la quale rimase
molto colpita da quell’inspiegabile reazione e le lasciò raccontare la sua
storia.
Rimasero a lungo in camera di Akane a parlare, degli
avvenimenti della sera prima, degli ultimi mesi e di tutto il loro passato,
finalmente poterono esprimere i loro sentimenti in tutta sincerità. Non avevano
più alcun motivo per essere rivali e si concessero la
possibilità di diventare amiche.
Insieme aspettarono e pregarono i kami
per il ritorno dei due ragazzi. Cosa gli avrebbero fatto? Lo avrebbero deciso
in seguito.