Keep a promise

di LokiSoldier
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E' finita: Sana aspettami! ***
Capitolo 2: *** L'ansia dell'attesa ***
Capitolo 3: *** Grazie Sana! ***
Capitolo 4: *** Resta per me ***
Capitolo 5: *** Io non scapperò ***



Capitolo 1
*** E' finita: Sana aspettami! ***


Ciao a tutti! ^^

Sono sempre stata molto legata a questo anime/manga e l'ho visto almeno cinque o sei volte da quando ero piccola fino ad oggi. Ultimamente mi sono riavvicinata al mondo delle fan fiction e ho deciso di scrivere anche su di loro per buttare nero su bianco quello che sarebbe potuto essere il finale dell'anime.
Spero vivamente che vi piaccia o che almeno non vi annoi. ^^
 
Buona lettura!


 
 
 

Non potevo crederci. Mentre sentivo il respiro mancarmi, mentre sentivo ogni angolo del mio corpo farmi male, mentre il sudore scivolava copioso sulla mia pelle attaccando i capelli alla mia nuca e sulla mia fronte, realizzavo con esasperante lentezza che era andata, era finita. Avevo appena finito quel mio ultimo incontro alla palestra di karate dove per anni mi sono allenato duramente, dove ho imparato a controllare la mia rabbia, il mio carattere, la mia impulsività. Dove ho imparato a moderare la mia forza, dove ho affinato la mia tecnica e precisione… dove ho imparato a sentire una passione nelle vene, nel sangue. Finiva così, col maestro che alzando una mano dichiarava finito l’incontro e i nostri corpi che come automi si chinavano in segno di saluto. Era finita e ce l’avevo fatta. Ero stato impeccabile, ero stato perfetto come non mi era mai accaduto fino ad oggi. Era questo il risultato quando avevi un obiettivo da realizzare? Quando avevi una promessa da mantenere? Mi voltai verso la folla composta da genitori e amici e vidi lì mio padre e mia sorella osservarmi fieri, sorridenti. Le mie labbra si distesero appena in uno dei miei soliti ghigni compiaciuti, sereni, finalmente mi sentivo bene. Una sensazione che ho assaporato assai raramente nella mia vita e che, onestamente, assaporai per poco perché immediatamente sentii il cuore battermi nello stomaco con una violenza inaudita. Mentre il mio respiro tornava regolare e i maestri ci assegnavano le nostre cinture, sentivo il cuore rischiare di esplodermi in corpo.

 

« Sana… se dovessi superare la prova per la cintura nera, sappi che devo parlarti »

 

Deglutii, iniziai a sentire caldo, più caldo di quanto non ne avessi sentito combattendo, di quanto non ne avessi sentito prima di iniziare le prove e le gare. Era un caldo interno, un calore diverso da quelli mai provati prima di quel momento. Era paura, era gioia, ansia, impazienza, attesa. Era tutto e io mi sentivo troppo piccolo per sopportare tutte queste sensazioni mescolate assieme. Troppo insignificante per reggere il peso di questa impazienza e di questa angoscia. Ma Sana, sappilo, se sto reggendo tutto questo è solo per te. La cintura venne poggiata sulle mie mani poste a palmi aperti, il mio sguardo era fisso in quello del maestro dinnanzi a me, ma non lo vedevo, non sentivo nessuna delle parole che stava dicendo. La mia mente era proiettata nel futuro, era ferma sulla sua figura, sul suo sorriso, su quel suo modo ridicolo di sollevare quel martelletto di plastica che tante volte mi aveva sbattuto sulla testa. Sorrisi appena cercando una calma lontana. Lo stomaco si agitava e qualcosa mi stringeva le viscere, ma non faceva male… mi bloccava la gola, mi impediva di provare fame, o sete. Nessun bisogno era urgente quanto quello di parlarle. Beh, magari una doccia me la sarei fatta prima, quello sì.
La cerimonia di assegnazione delle cinture terminò ed io fui libero. Mio padre e Natsumi si avvicinarono, erano contenti, estasiati, io ero un po’ distratto.

 

« Sei stato bravissimo Akito, davvero! Cioè, non che ci capisca molto, però… beh, insomma, congratulazioni! » aveva esclamato mia sorella inceppandosi, farmi dei complimenti non le riusciva granché bene, non era abituata a farmene. E, onestamente, io non ero abituato a riceverne e non potei evitare di arrossire a quelle parole. Distolsi lo sguardo verso l’uscita verso cui la folla si stava dirigendo e stringendo la cintura fra le mani deglutii. « Oh… beh… grazie » mormorai evitando accuratamente i loro sguardi mentre sentii la risata inconfondibile di mio padre che, divertito, prese a darmi come delle pacche sul capo.
 
« Sei sempre il solito Akito » commentò semplicemente preferendo non dire altro circa la mia vittoria per evitarmi l’imbarazzo provato poco prima. Scrollai le spalle e quindi tornai a osservarli non sapendo bene come dirgli che dovevo assolutamente sbrigarmi. Sana, dovevo parlare con Sana. Per fortuna a trarmi d’impaccio da questa situazione così anomala per me intervenne mia sorella che, sbattendo le mani palmo contro palmo, esclamò: « Che ne dite di festeggiare andando a mangiare del sushi? » domandò entusiasta guardandomi, sapendo che mi piaceva particolarmente quel determinato piatto. Mio padre annuì concordando con lei ma io no, non potevo.

 
« No, io non posso. Io devo fare assolutamente una cosa » dissi guardandoli serio serio mentre mia sorella mi fissava stranita. Sì, era strano da parte mia, ma non potevo aspettare, non ancora. Avevo quella promessa che mi pesava sullo stomaco, tutte quelle parole confuse che mi giravano per la testa, che vorticavano violentemente a formare frasi senza senso, dichiarazioni interrotte, indelicate. Ma che ne sapevo io di come si dicesse ad una persona che ci piace? Io sono sempre stato un tipo pratico: te lo dimostro se vuoi, ma non so come dirtelo. Capirono dal mio sguardo che avevo l’urgenza negli occhi e rassicurandomi che avremmo spostato all’indomani mi lasciarono libero, andando verso casa con un sorriso. Io li salutai frettolosamente, col mio solito scarso entusiasmo, e con la fretta ai piedi corsi verso gli spogliatoi dove di corsa mi sarei infilato sotto una delle docce.

 

*

 

La giornata era stata a dir poco devastante, distruttiva. Come ogni mattina avevo finito col svegliarmi tardi, Rei mi ha praticamente portata agli studi con la colazione che mi sballonzolava sullo stomaco. Ma questa era quasi una routine e alla fine ho finito con l’abituarmi a questi spostamenti veloci e alla nausea che mi chiudeva lo stomaco quando uscivo di fretta e furia con ancora l’ultimo boccone bloccato nell’esofago. Oggi avevo sei impegni diversi ed ero totalmente distratta. Se solitamente riuscivo a fare gli spot pubblicitari al massimo della mia concentrazione e a completare le riprese già alla prima o alla seconda prova, quel giorno ero stata un totale disastro e ho dovuto provare la stessa scena più e più volte prima di risultare soddisfacente agli occhi dei vari produttori. Fortunatamente fra loro solo uno si è sentito offeso dalla mia scarsa concentrazione e onestamente non potevo certo fargliene una colpa: dopotutto lo sapevo perfettamente, avevo lavorato malissimo. Nel viaggio fra uno studio e l’altro sospiravo di continuo osservando le lancette del mio orologio muoversi velocissime mentre la mia mente ed il mio pensiero andavano sempre, inevitabilmente a lui. Lui che oggi avrebbe affrontato la prova più importate, lui che aveva preso ogni mio pensiero e ci aveva scritto sopra il suo nome con quella calligrafia frettolosa e sottile. Lui che ieri, come al solito, mi aveva strappato un altro bacio…
Sospirai; la macchina si fermò dinnanzi all’ennesimo studio televisivo ed io scesi con una flemma che Rei non mi riconosceva. Ero talmente distratta che sono inciampata sul marciapiede e ovviamente sono finita di faccia a terra. Che gaffe! Per fortuna non mi sono fatta niente, mi sono rialzata e ci ho riso su: evviva l’allegria!
 
« Sana si può sapere che ti prende? Oggi sei davvero distratta, così non va bene, devi cercare di impegnarti di più » mi aveva detto il mio agente e migliore amico mentre mi guardava preoccupato. Era sempre stato così dolce con me, Rei. È stato il mio primo amore, ma nulla di paragonabile a quello che sento adesso… forse definirlo primo amore è troppo perché se provassi a paragonare il sentimento che ho nutrito per Rei con quello che nutro per Ayama non posso far altro che vedere un abisso sorgere fra i due. Gli sorrisi e con uno dei miei salti pieni di euforia ed un pugno levato al cielo mi diressi a rotta di collo verso l’entrata.
 
« Tranquillo Rei, adesso mi sveglio e ti faccio vedere io! » esclamai cercando di allontanare quei capelli biondo miele dalla mia testa e partendo alla carica. Diciamo che in parte ci riuscii: le riprese andarono decisamente meglio, ma in qualche modo il suo viso non abbandonò i miei pensieri neppure per un istante. Le riprese durarono tutta la giornata e solo al tramonto fui libera di andare. Ero sfinita, letteralmente: avevo ripetuto le stesse scene più e più volte e avevo saltato i vari pranzi ed ora oltre che ad essere sfinita ero affamata. Ma questi divenivano bisogni marginali se paragonati al fatto che non sapevo cosa stesse facendo lui. Oggi aveva la sua prova, e non ero potuta andare a vederlo a causa del lavoro.

 

Avrà finito? Sarà andata bene? Starà ancora in palestra?

 

Mi domandavo continuamente mentre, in macchina diretta verso casa, mi rigiravo fra le mani il cercapersone gemello a quello che gli avevo regalato ormai anni prima. Me lo rigiravo fra le mani senza sapere cosa fare, col dito che si avvicinava e si allontanava al pulsante di chiamata indeciso ed insicuro.

 

Chiamo? Non chiamo?

 

Sospirai. Rei se ne accorse e, con gli occhi incollati sulla strada, mi parlò.
 
« Cosa ti affligge Sana? Qualche problema con Ayama? » domandò con una voce preoccupata e protettiva che sapeva tirar fuori solo quando si trattava di me o di Asako. Io alzai di scatto il viso voltandomi verso di lui, colta di sorpresa, riscuotendomi dal torpore dei miei pensieri e delle mie insicurezze, scuotendo il capo e facendo ondeggiare i miei codini. « Oh non c’è niente che non va Rei, davvero! Sono solo tanto stanca, tutto qui » mi giustificai con uno dei miei sorrisi. Lui non disse altro ma sapevo di non averlo convinto nemmeno un po’. Mi voltai a guardare fuori dal finestrino, verso la strada, sospirando ancora una volta.




 
 
 

Angolo dell'autrice:
Se siete giunti fino a qui vuol dire che avete avuto la forza di leggere tutta questa prima parte!
Spero che ce l'abbiate fatta e di non avervi troppo annoiato, ma mi stavo troppo appassionando a scrivere questa fiction
e ho voluto postarla qui per condividerla con tutti/e voi.
 
Spero che vi sia piaciuto leggere questa prima parte di storia e che continuerete a leggere il/i prossimo/i capitolo/i (non so ancora quanti altri capitoli seguiranno)...
Quindi niente, spero di non avervi annoiato e di leggere qualche recensione. ^^

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Capitolo 2
*** L'ansia dell'attesa ***


Ciao a tutti#2! ^^
Ebbene sì, non ho potuto aspettare e ho voluto postare il secondo capitolo quasi subito dopo il primo. Sto scrivendo come un razzo, ma penso che per oggi mi fermerò qui e che continuerò nei prossimi giorni a scrivere il resto della storia. Probabilmente non vi interessa, magari non la leggerà nessuno, ma io lo dico comunque, non si sa mai… xD
Detto questo, vi auguro una buona lettura!
 
 
 
 
 

Sotto il getto dell’acqua gelida non ero capace a pensare a nulla che non fosse lei, che non fossimo noi. In piedi, sotto la doccia, col viso rivolto verso l’alto e l’acqua che fredda e scrosciante mi colpiva il volto, i miei occhi chiusi, le labbra schiuse mentre lasciavo andare un sospiro, i capelli biondi che mi ravviavo all’indietro per non averli appiccicati al viso. Sentivo il sudore togliersi di dosso mentre il cuore batteva forte, pompava il sangue con prepotenza agitandomi. Neppure l’acqua fredda era capace di calmarmi. Sospirai, ancora. Cosa avrei potuto dirle? Da dove avrei potuto iniziare? Perché lo sapevo, sapevo perfettamente che non appena l’avessi vista l’istinto di baciarla sarebbe stato troppo forte. Sapevo che la voglia di stringerla a me e di affondare il viso fra i suoi capelli mi avrebbe travolto e investito ed io ero troppo debole per resistere. Nonostante ormai fossi cresciuto, nonostante ormai fossi un quasi studente del liceo i sentimenti e le sensazioni che lei mi scatenava dentro erano ancora incontrollabili per me e, ogni volta, mi battevano con disarmante semplicità. Decisi di non pensarci, di improvvisare come al solito, come quando andando a casa sua per la nostra festa di metà compleanno le regalai su due piedi un bruttissimo pupazzo di neve fatto su due piedi, nel giardino di casa sua, con le mani ghiacciate e insensibili a causa del freddo. Sì, avrei improvvisato e in qualche modo sarei riuscito a dirglielo, a costo di non guardarla fino a quando non avessi finito di parlare.
Con questa nuova convinzione e consapevolezza lasciai che l’acqua agisse sui miei muscoli rilassandoli, facendo placare i miei nervi, facendo sì che le mie spalle non fossero più così tese. Mi lavai con cura e mi assicurai di non perdere tempo, ansioso com’ero di vederla, e uscito dalla doccia mi coprii con un asciugamano dalla vita alle ginocchia. Ne presi un altro e mi asciugai alla bell’e meglio i capelli che rimasero naturalmente ribelli e scompigliati sulla mia testa ma per lo meno non gocciolavano più acqua e si sarebbero asciugati nel giro di una manciata di minuti se non fossi stato in un posto eccessivamente umido come gli spogliatoi. Lanciai una occhiata veloce all’orologio: era tardissimo, ormai era ora di cena, dovevo sbrigarmi! Ma poi… mi stavo dando tanta pena di far in fretta ma lei era a casa? Sapevo che oggi non era potuta venire per degli impegni lavorativi, avrà già finito? Aveva una agenda fitta, chissà se stava ancora lavorando… in ogni caso non mi sarei fermato, sarei corso con la bici sotto casa sua e avrei aspettato fuori in caso non fosse ancora tornata, questo era poco ma sicuro. Mi strofinai l’asciugamano addosso asciugandomi e mi rivestii di fretta prendendo un cambio dal borsone che avevo portato con me, la cintura nera la poggiai con cura sopra ogni cosa per timore di rovinarla. Uscii, indossando una felpa grigia sopra una maglietta nera a maniche corte ed un paio di pantaloni di tuta grigi varcando la soglia della palestra, per l’ultima volta, e salendo in sella alla mia bici. La bici che mi ha accompagnato per anni e che ora mi accorgo essere diventata un po’ piccola per me: sono cresciuto e neppure me ne sono reso conto…
E se penso che sono cresciuto con lei, grazie a lei, mi sento quasi mancare il respiro. Se penso a come fossi sempre stato convinto che sarei cresciuto come un demonio, come il figlio di un Diavolo che voleva e pretendeva la vita di mia madre… Se penso a come sarei cresciuto odiato e temuto dai miei compagni, senza veri amici a parte Tsuyoshi, senza un padre od una sorella… Se penso a quella che era stata la mia vita fino a pochi anni fa non posso far altro che sentirmi un groppo in gola e ringraziare Dio, se esiste, per aver mandato quell’uragano nella mia vita. Per aver fatto sì che quel piccolo impiastro urlante si interessasse della mia insulsa e solitaria esistenza. Era assurdo per me capacitarmi di come in qualche strano modo Sana mi avesse salvato la vita, mi avesse salvato da me stesso… e per questo non potrò mai essere abbastanza grato o riconoscente. Pedalai con tutta la mia forza, senza nemmeno riuscire a sedermi sul sellino, curvato sul manubrio e col vento che muoveva i miei capelli umidi nel buio della sera. Ormai il cielo era scuro e la luna faceva capolino in un banco di nuvole ovattate: era tardi, ma non potevo fare a meno di fregarmene.  Mi fermai di colpo, sterzando, lasciando sul suolo il segno della gomma della bici mentre dinnanzi a me si ergeva casa sua, bella e imponente come solo la casa di una giovane idol come lei poteva essere. Ero fermo dinnanzi al cancello chiuso, il citofono a circa un metro da me, il cuore che palpitava impazzivo e io che mi sentivo perso, impanicato. Il respiro accelerò, sentivo la gola chiudersi. Il momento era giunto e io ero terrorizzato.

 

E ora che faccio? Suono? Non suono? Me ne vado?

 

Pensai titubante prima di chinare il capo sospirando e stringere con forza la presa sul manubrio. Basta, dovevo smetterla di lasciarmi prendere dal panico! Dovevo comportarmi da uomo. E così scesi dalla bici che lasciai cadere a terra e mi avvicinai al citofono. Non ci pensai nemmeno, lasciai semplicemente che il dito agisse per me e premetti su quel pulsante posto esattamente dinnanzi a me. Dalla cosa potei sentire un suono trillante e basso.

 
Driiiiiin!
 

*

 
La macchina si fermò davanti al cancello: Rei usò il telecomando per aprire il cancello e quindi guidò fin dentro il cortile di casa parcheggiando l’auto nel garage. Uscii dallo sportello e mi diressi stancamente verso l’ingresso, avevo bisogno di un bagno, mi sentivo a pezzi. Desideravo profondamente sapere cosa stesse facendo Ayama in quel momento, ma temevo di disturbarlo, di essere di troppo, senza sapere che nello stesso momento lui soffriva per lo stesso desiderio opprimente ed incessante. Appena entrai in casa vidi mia madre apparire in fondo al corridoio a bordo della sua macchinina rossa con Marochan appollaiato sulla sua testa, in una delle bizzarre acconciature di mia madre. Questa rappresentava una mini isola tropicale e Maro era steso sulla spiaggia ad abbronzarsi con tanto di occhiali da sole.
 
« Era ora che tornassi, è tardissimo! Come mai sei tornata solo ora a casa Sana? » domandò giustamente mia madre preoccupata per me. Sebbene fossi con Rei e quindi non avessi nulla di cui temere una madre è sempre in ansia per la propria figlia quando non la vede rincasare. Sorrisi a mia madre con la mia solita energia piroettando per il corridoio come un mini uragano diretta verso il bagno al piano di sopra.
 
« Oggi non avevo voglia di lavorare e quindi le riprese non andavano mai bene » dissi semplicemente con quella mia risata allegra e contagiosa che usavo sempre per sdrammatizzare i problemi che mi colpivano. Non che lo ritenessi un problema grave onestamente, nessuno si era arrabbiato per quel mio calo d’attenzione, l’avevano semplicemente preso come un po’ di stanchezza accumulata negli ultimi tempi e mi avevano compresa facendomi sentire a mio agio. Questo mi aveva spinta a concentrarmi maggiormente almeno negli ultimi spot: la loro comprensione non doveva servire a farmi adagiare sugli allori, dovevo ricambiare la loro gentilezza impegnandomi nel mio, nel nostro lavoro. Sentii mia madre dare in un verso di sorpresa e perplessità mentre inchiodava con la macchinina e fissava Rei sbalordita. « E lo dici così? Guarda che non è un gioco, è il tuo lavoro, non puoi prenderla così con leggerezza Sana » mi riprese mia madre dal piano di sotto mentre io già mi chiudevo nel bagno fermando la porta con la chiave. Sospirai chiudendo gli occhi e sciogliendo i codini che tenevano imprigionati i miei capelli.

 

Sì mamma, hai ragione… ma oggi proprio non potevo. Ti chiedo scusa.

 
Pensai fra me e me mentre andavo spogliandomi dei miei abiti e mi infilavo sotto la doccia aprendo il rubinetto dell’acqua calda. Lasciai che l’acqua mi scivolasse addosso, che impregnasse i miei capelli mentre i miei pensieri vorticavano tutti attorno a lui. Ripensavo senza sosta al giorno prima a quando, sul tetto della scuola, con la scusa di avere qualcosa nell’occhio mi aveva baciata per l’ennesima volta. Era stato un bacio dolce a suo modo, improvviso, ma tenero. E in quel momento sentivo la mancanza delle sue labbra sulle mie… arrossii violentemente non sapendo spiegarmi da quanto desiderassi questo da lui. Eppure se pensavo ad Ayama non potevo far altro che ripensare a tutti i nostri momenti, tutte le volte che bastava stringergli la mano per trarre una certa forza da lui, a tutte le volte in cui mentre ero in lacrime lui mi abbracciava e mi sentivo rinascere. A tutte le volte in cui mi è bastato vederlo combattere per andare avanti e subito veniva voglia di lottare anche a me. Com’era nato tutto questo non sapevo spiegarmelo, ma sapevo che non avrei rinunciato a questa storia, che avrei combattuto ancora, se necessario, per averlo… Ho capito di amarlo e non avrei permesso a niente e nessuno di impedirmi di dirglielo. Così finii la mia doccia e uscita dalla cabina mi coprii con un asciugamano. Me lo avvolsi attorno al busto in modo da coprire questo seno nascente e lo lasciai ricadere fino alle caviglie mentre un altro lo usai per strofinarlo sui miei capelli bagnati e gocciolanti. Lasciai che l’acqua in eccesso fosse filtrata dall’asciugamano e così mi diressi davanti allo specchio. Sospirai ancora, il cuore che batteva a mille mentre lo sguardo andava al cercapersone che avevo poggiato precedentemente sulla cesta degli abiti sporchi.

 

Suono o non suono…?

 

Stavo già per premere il pulsante di chiamata, decisa ormai a chiamarlo, quando sentii venire da sotto il trillo basso del citofono. Subito sobbalzai e, avvicinandomi alla finestra lanciai una occhiata verso l’esterno. Il mio cuore ebbe un sussulto, il viso avvampò mentre una ondata di adrenalina mi percorse da capo a piedi.
 
« Ayama! » esclamai a bassa voce correndo fuori dal bagno come una furia e urlando a tutti che avevo fretta. Corsi come un lampo nella mia stanza dove mi spogliai dell’asciugamano e indossai i primi vestiti che trovai: intimo, una gonna a pieghe bianca e una canotta verde. Un paio di calzini bianchi e via, così come ero entrata nella stanza scappai come un razzo per il corridoio correndo fino al pian terreno.

 

Aspettami, sto arrivando!


 
 
 


Angolo dell’autrice:
E un altro capitolo è finito.
Personalmente sono soddisfatta del risultato, di come sta venendo fuori questa storia
e spero che anche voi possiate apprezzare questa fiction come me.
Nella speranza di leggere qualche vostro parere, ci si becca nel prossimo capitolo. ^^

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Capitolo 3
*** Grazie Sana! ***


Ciao a tutte ragazzeeee!
Innanzitutto volevo ringraziare tutte le visitatrici (suppongo siano tutte donne :P ) che sono passate a leggere –se l’hanno fatto-, che hanno messo la fan fiction fra le storie da seguire e che hanno recensito e dirvi che sapere di essere seguita mi fa solo tanto, tanto, tanto piacere! Questi capitoli come avrete visto sono abbastanza lenti perché non amo correre quando racconto una storia ma preferisco analizzare bene i sentimenti dei personaggi che descrivo per tentare di rendere più reale la vicenda… quindi mi scuso se magari il mio stile può risultare pesante da leggere e mi auguro che comunque in qualche modo possiate essere incuriosite dal resto della storia! Detto questo vi lascio alla lettura del capitolo con la speranza che vi piaccia!

 
 
 

 Il cuore martellava potente nel petto mentre realizzavo solo in quel momento quel che avevo fatto. Avevo suonato alla sua porta. Finalmente, dopo una attesa così lunga e straziante, dopo anni di taciti sentimenti mai svelati ero ad un passo dal poterle rivelare la verità. Forse… forse era questo crescere? Forse riuscire a prendere in mano la situazione e sulle spalle le proprie responsabilità voleva dire diventare grandi? Sì, sì era quello, ed io lo trovavo semplicemente terrificante. Non perché non volessi dirglielo, ma perchè davvero non avevo alcuna idea di come farlo… cosa avrei dovuto dirle? Che ogni mio pensiero verteva sulla sua faccia sorridente? Sui suoi modi gentili? Su quella dolcezza che riserbava per tutti? Sì, sì avrei potuto, ma con quale coraggio? Insomma, avanti, siate sinceri: mi ci vedete voi a dirle in faccia che tutto ciò che voglio è lei? Che la desidero con tutto me stesso? Io onestamente non mi ci vedevo per nulla… Le mie gambe volevano voltarsi, inforcare la bici e pedalare il più velocemente possibile lontano da questo cancello ma la mia mente era paralizzata e non mandava alcun impulso al resto del corpo. Rimanevo lì, impalato, a stringere convulsamente i pugni respirando a fatica.
 

Ormai sono qui. Non posso tirarmi indietro.
 

Già, non potevo essere così vile da scappare dopo essere arrivato fino a questo punto. E proprio mentre la speranza stava scivolando via da me, dopo quei lunghissimi minuti di attesa, ecco che vedo qualcosa in fondo al cortile. La porta che si apre, un’ombra che si staglia improvvisa sull’uscio. Una figura minuta, bassina, con lunghi capelli ramati e umidi. Il mio cuore saltò un battito mentre bella come solo lei poteva essere Sana correva verso di me, ad aprirmi il cancello. Io feci un paio di passi indietro stringendo ancora i pugni mentre deglutendo la osservavo fissa, in silenzio. Sentivo la bocca asciutta, il cuore che batteva così forte da rischiare di farmi seriamente male. Non riuscivo a crederci… era davvero davanti a me, ed era bellissima…
 
« Ehi »
 
Ehi? Ehi?! Ma davvero l’avevo salutata così? Beh, onestamente non avevo nulla di più brillante da dire ed era già tanto che fossi riuscito a spiccicare parola senza scappare. Tutto sommato, forse, quell’ehi andava benissimo così. La fissai coraggiosamente in viso, imbarazzato come poche volte in vita mia, ma deciso fino alla fine di andare in fondo alla vicenda. Come me Sana aveva i capelli bagnati, umidi, e il viso leggermente teso. Mi sentii confortato da quei piccoli particolari che mi fecero pensare che forse non era tutto così impossibile come temevo… forse… forse davvero potevo stringere e trattenere la felicità fra le mie dita. La vidi sorridere mentre aprendo maggiormente la porta del cancello mi invitava ad entrare.
 
« Ehi… e-entra, non vorrai rimanere fuori, avanti! »
 
Aveva esclamato tirando fuori quella sua strana euforia mentre mi tirava dentro per la felpa con quella energia tutta sua che più volte mi aveva salvato. Inciampando varcai la soglia e la seguii fino alla soglia.
 
« Sempre il solito maschiaccio tu, guarda che so camminare da solo sai? »
« Sì, come no! Ma se sei lento più di una lumaca se non ti tiro io! Scommetto che oggi eri così lento che il tuo avversario si è addormentato solo a guardarti »
« Ehi! Ma vedi che tipo, sei davvero impertinente sai? Guarda che se vuoi ti faccio vedere come l’ho battuto se non la pianti di prendermi in giro »
 
Le dissi mentre, senza che me ne fossi quasi accorto, salimmo le scale giungendo sul corridoio del piano di sopra, praticamente davanti alla sua stanza. Lei stava aprendo la porta quando si bloccò all’improvviso e si voltò verso di me con stampato in volto il sorriso più splendido e luminoso che le abbia mai visto sulle labbra. I suoi occhi erano luminosi e le mani erano strette a pugno nei pressi del mento in un gesto che voleva esprimere tenerezza.

 
« Allora hai vinto! Ce l’hai fatta! »
 

Esclamò guardandomi entusiasta lasciando da parte le nostre solite prese in giro per interessarsi seriamente alla mia prova, al risultato della mia gara. Io annuii guardandola prima di voltarmi e lasciar scivolare a terra, sulla soglia della sua camera, il borsone che mi ero portato sotto braccio aprendone la cerniera e prendendo dall’interno la mia nuova cintura nera. Mi accorsi che solo in quel momento la vidi davvero, che solo in quel momento riuscii a realizzare di avercela fatta, di aver conquistato l’obiettivo che mi ero prefissato pochi anni prima. La strinsi in pugno e gliela porsi lasciando che la prendesse fra le mani. Così fece e prendendola sfiorò appena la mia mano. Un gesto casuale, ingenuo, ma che mi fece quasi sussultare. Dannazione se mi vergognavo di quelle sensazioni che mi stavano aggrovigliando le budella! E così la vidi illuminarsi e voltarsi verso la camera accendendo la luce e dirigendosi verso il letto dove si lasciò cadere sedendosi sopra di esso. Io, preso il borsone, la seguii richiudendo la porta alle mie spalle. Poggiai il borsone a terra e mi avvicinai a Sana, sedendomi accanto a lei, i pugni chiusi sulle ginocchia mentre a capo chino fissavo il pavimento sotto i miei piedi.

 

Bum Bum – Bum Bum…

 
« …»
 

Mormorai semplicemente con fare liberatorio. Sì. Sì, ero giunto alla fine di un traguardo che mi è sempre apparso troppo lontano, di un percorso che mi è sempre sembrato troppo difficile. Quante volte ho inciampato lungo questa via tortuosa? Quante volte ho rischiato di arrendermi? Tante, troppe… eppure Sana c’è sempre stata. Mi ha sempre dato la forza per farcela, per impegnarmi, e ora sono qui perché voglio dirglielo, perché voglio che sappia che se finora ce l’ho fatta è solo grazie a lei.

 

*

 

Correndo verso il cortile ho rischiato di inciampare quasi due volte a causa della fretta ma alla fine sono riuscita ad arrivare alla porta senza schiantarmi da nessuna parte e senza far danni. Sentivo il respiro bloccarsi in gola, la fretta dolermi alle gambe stanche, ma tutto svaniva se pensavo che Akito era lì… era lì, fuori da casa mia, che mi aspettava. Aprii la porta e vidi la sua figura ferma fuori dal cancello, solo qualche metro più in là. Il cuore batteva fortissimo nel mio petto mentre mi avvicinavo a lui, mentre andavo ad aprirgli. Rimasi lì, col cancello aperto quel tanto che mi bastava per vederlo per intero. Rimanemmo qualche secondo così, ad osservarci e io lo trovai incredibilmente bello.

 

… Ma… ma… ma cosa vado pensando?!
Lui? Bello?! Ma… ma…! Quel cobra?! 1

 

Lo osservai. Mi soffermai sui lineamenti marcati ma gentili del viso, sulla pelle chiara, i capelli biondi e lisci che umidi scivolavano sulla sua fronte e sul collo. Mi soffermai sui suoi occhi castani, color miele quasi e sul fisico che tanto è cambiato negli anni… se prima eravamo alla stessa altezza adesso è diventato molto più alto e il fisico asciutto, frutto degli allenamenti costanti cui si è sottoposto dentro e fuori dalla palestra. Quindi sì… sì, era diventato davvero bello.
 
Mi salutò timidamente e con fare naturale mi ritrovai a rispondergli per poi tirarlo dentro e prendere a scherzare con lui come sempre abbiamo fatto nel corso degli anni. Ora che ci penso è sempre stata così fra noi, sempre pronti a stuzzicarci, provocarci, battibeccare… è sempre stata così e io ho amato profondamente il nostro rapporto così vivo ed intenso. Nonostante non fossimo proprio due amici convenzionali eravamo sempre presenti per l’altro nei momenti di difficoltà, pronti a darci sostegno, a farci forza… ed è stato questo –credo- a farmi innamorare di lui col passare del tempo. E adesso non potevo fare a meno di provare un calore intenso che mi stringeva il cuore e le viscere se pensavo a lui ed alla sua voce piatta e imbarazzata. Capire di amarlo è stata la cosa più difficile e complicata che abbia mai fatto in vita mia… Se ripenso al dolore che ho sentito al petto quando mi rivelò di essersi messo con Fuka… se ripenso a come ho sofferto nel pensare a lui stretto fra le braccia di lei, lei che era mia amica e che non potevo odiare perché non potevo biasimarla. Dopotutto lui era diventato un bel ragazzo, aveva messo da parte la sua scontrosità ed era diventato gentile ed affettuoso come e forse più di qualunque altro della sua età…
 
Mi riscossi e fra varie prese in giro lo portai dentro casa, diretta alla mia stanza. Avevo tante cose da dirgli e avevo bisogno di un posto dove né Rei né la mamma potessero sentirci. Era un discorso molto importante quello che avremmo dovuto affrontare e avevo bisogno di star sola con lui… Arrivammo davanti alla mia camera e lì ci fermammo. Sentii le sue parole e sentii un moto di contentezza travolgermi mentre realizzavo che sì, ce l’aveva fatta. Ce l’aveva fatta! Il suo sogno, il suo obiettivo… ci era riuscito! Sapevo cosa significasse stringere fra le dita un obiettivo tanto agognato e potevo immaginare quanto fosse contento della sua vittoria.

 

Sono fiera di te Ayama…

 

Pensai senza dirglielo, lasciando che i miei occhi esprimessero quello che pensavo mentre fra le mani ora afferravo la cintura che lui mi aveva avvicinato. Sorridevo intenerita da quella situazione mentre accendendo la luce andavo a sedermi sul mio letto, sulle lenzuola candide cambiate proprio quella mattina. Ayama si sedette accanto a me poco dopo e chinò il viso. Solo in quel momento sentii l’imbarazzo tornare e quel silenzio prese a divenire pesante. Il mio cuore prese a battere mentre rigirandomi timidamente e nervosamente la cintura nera fra le mani provai a rompere quel silenzio imbarazzante.

 
« Ahm, Ayama… »
« Sana… »
 

Dicemmo assieme guardandoci e fermandoci sorpresi. Io scossi il capo e gli sorrisi appena, incoraggiante, forse un po’ codarda in realtà.

 
« Sì? Dimmi »
 

Lo incitai inclinando appena il capo, una ciocca fuggiasca che scivolava a lato del mio viso mentre i miei occhi erano fissi in quelli di lui, curiosi, tremanti. Lui rimase in silenzio per qualche attimo, senza dir nulla, osservandomi a sua volta, facendomi vibrare l’anima e il cuore prima di prendere forza.

 
 
« …grazie. Volevo ringraziarti »
 
 
 

 
 

1: Nell’anime (non ricordo nel manga) spesso Sana ed Akito son stati paragonati –proprio dalla stessa sana- rispettivamente ad una mangusta ed un cobra.
 
 
 

Angolo dell’autrice:
Allora ragazze! Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto
e che vi abbia lasciato addosso una certa curiosità. Finalmente Akito ha trovato
la forza di iniziare il suo discorso, chissà come andrà avanti? :P
Anzi… andrà avanti? xD
 
Il prossimo capitolo lo sto già scrivendo perché mi ci sono appassionata quindi
mi auguro di non farvi attendere troppo per leggere il resto della storia.
Che dire, un bacione a tutti voi e al prossimo capitolo <3 

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Capitolo 4
*** Resta per me ***


Eccomiiiiii!
Anche oggi aggiorno con un nuovo capitolo: questa storia mi sta piacendo, non si vede vero? xD
Questo capitolo è un po' più corposetto e personalmente lo apprezzo particolarmente, spero vivamente che piaccia anche a voi! *-*






« ...grazie. Volevo ringraziarti »
 
Le dissi coraggiosamente stringendo una mano a pugno per trovare la forza di andare avanti, per non tirarmi indietro, non scappare. Sentivo che questa era l’occasione, questa era la migliore e più giusta che avevo a disposizione e dovevo coglierla al balzo. Volevo che Sana sapesse tutto quello che provavo per lei, questa volta nessuno dei due poteva sfuggire. Dovevamo chiarire una volta per tutte i nostri sentimenti e smetterla di girarci intorno col rischio di perderci nuovamente per finire fra le braccia di qualcun altro. Noi ci appartenevamo in un modo che non potevo quasi concepire, ma che in qualche modo non potevamo cambiare e non avrei permesso a Sana di avere dubbi a riguardo.
 
« Eh? E di cosa? »
« Di tutto. Per tutto. Tu… tu mi hai salvato e nemmeno lo sai… » iniziai a dire chinando nuovamente il viso, non riuscivo a guardarla. Non riuscivo a parlare se osservavo i suoi occhi castani, se osservavo quelle labbra schiuse che già ho assaggiato e che tanto mi mancavano. Non potevo rivelarle i miei sentimenti mentre cercavo solo di non baciarla. « Io mi sentivo solo… nessuno poteva capire come mi sentivo, non si sforzavano davvero di capirmi. George, Ivan, gli altri… erano miei amici ma non sapevano nulla. Ed ero arrabbiato e triste e… e ce l’avevo con tutti » il tono era basso ma sincero e la frangia copriva in un certo senso i miei occhi mentre fissavo un punto preciso del pavimento fra i miei piedi. I ricordi del mio passato, di quella che era la mia vita prima che questa ragazzina entrasse di prepotenza nei miei pensieri e nella mia esistenza mi pesavano come macigni sulle spalle se solo pensavo che avrei potuto continuare a vivere in quel modo se solo lei non si fosse mai interessata a me. Pensare a come avrei potuto continuare a sentirmi un Demone per tutta la vita per un qualcosa di cui non avevo colpa mi metteva sempre una gran tristezza e questa era la cosa di cui le ero grato più di ogni altra.
 
« Ero pieno di rancore e poi… e poi sei arrivata tu e hai voluto a tutti i costi metterti in mezzo ai miei problemi e te ne sei fatta carico… io non credevo che qualcuno l’avrebbe mai fatto per me. Da allora mi hai salvato, ogni giorno, tutto il tempo, eppure ti vedevo sfuggire dalle mie mani come acqua corrente Sana… » continuai chinando maggiormente il capo e stringendo ancor più la presa sui miei palmi per poi alzare il viso e voltarmi verso di lei, con una espressione che immaginavo non dovesse risultare propriamente felice. La fissai in viso, la vedevo bellissima… era così perfetta con quei suoi occhi tremanti, con quel vago rossore che si era impadronito delle sue guance… Era perfetta mentre sbattendo le ciglia non sapeva cosa dire. Perché io sapevo riconoscere ogni sua espressione, ogni sfumatura dei suoi sguardi…
 
A quel punto sentii di non sapere più come comportarmi, vederla era sempre un pugno nello stomaco. Così delicata in quel suo modo di essere ingenuamente sorpresa, così elegante nella sua innocenza… era questo a colpirmi di lei? Sì, ma non solo. Era quel suo modo di essere genuina, quella sua energia che contagiava inevitabilmente tutti, quel modo tutto suo di tirare su le persone quando ne avevano bisogno. Sana era ossigeno, aria pura che ti filtrava nei polmoni e Dio solo sapeva quanto avessi bisogno di respirarla… Dio solo sapeva quanto male facesse vederla in quei due anni in cui era stata a New York assieme a Naomura, quanto mi dolesse il petto ogni volta che passando per strada vedevo il suo viso su quegli immensi cartelloni pubblicitari… e nonostante fosse truccata, ritoccata, e acconciata per apparire più grande e più bella, mai, mai in nessuna foto ed in nessun televisore sarebbe apparsa bella quanto in quel momento preciso, di fronte a me, con i capelli che le scivolavano umidi dalle spalle e il viso pulito, libero da ogni tipo di cosmetico e fronzolo. Pulita…
 
Tacqui per qualche secondo prima di alzare una mano ed allungarla fino al suo viso. Non potete immaginare –credetemi- la sensazione che provai quando la mia mano si poggiò sulla sua pelle, sulla sua epidermide ancora bagnata. Sentivo i suoi capelli solleticarmi le dita, la sua guancia riempire il mio palmo mentre col pollice carezzavo appena una sua gota rosata. Bellissima… solo questo potevo pensare in quel momento mentre capitolando alla mia scarsa capacità di dialogo avvicinai il viso al suo. E questa volta no, non era un bacio rubato, non era un bacio strappato di sorpresa… le avrei dato modo di evitarmi se avesse voluto.
 

… però ti prego, non farlo. Resta… resta per me Sana.

 
Pensavo supplicante nella mia mente man mano che le mie labbra s’avvicinavano alle sue. I nostri occhi rimasero incatenati gli uni agli altri in quel breve percorso fino a quando, ormai prossimo alla mia meta, non li chiudemmo lentamente. Le nostre labbra si sfiorarono e lentamente ci baciammo. Un bacio diverso da tutti quelli che ci siamo scambiati fino ad ora, un bacio dolce, tenero, timido. Sì, con la paura di andare troppo oltre, con la paura che lei non volesse, che semplicemente si stesse lasciando trasportare dagli eventi… sebbene capissi tutte le sue sfumature spesso non capivo a pieno i suoi pensieri e sbagliavo di continuo a interpretare i suoi segnali. Lentamente, dopo qualche secondo, mi distaccai dalle sue labbra, rimanendo comunque a poca distanza da loro col cuore che batteva a mille e i miei occhi che andavano cercando i suoi. Sentivo di non poter resistere ancora a lungo, di non potermi trattenere ancora dallo stringerla, dal baciarla ancora. Sentivo i suoi respiri sul mio viso, il suo profumo inondarmi con violenza mentre poggiando la fronte sulla sua, guardandola con decisione e premendo la mano sul suo viso decisi di lasciarmi andare ed espormi sull’orlo di quel precipizio.
 

Buttiamoci…

 
« Ti amo Sana… »
 
Mi buttai. Mi buttai da un precipizio senza fine e questa volta non avevo alcun elastico a reggermi per farmi dondolare al sicuro nel vuoto. Non c’era nessuna corda che mi avrebbe tirato su, in salvo. 1 Non c’era nessuna protezione per me che folle mi ero lanciato nel vuoto di un abisso buio a volo d’angelo. Io che ho sempre avuto paura delle altezze mi ero buttato e l’avevo fatto gridando, gridando il mio amore per lei.
 

*

 
Le parole di Ayama mi avevano sorpresa. Ringraziarmi? Onestamente non credevo che avrebbe detto nulla del genere. Lui era fatto così, non ringraziava mai di solito. Non era il tipo, si imbarazzava ad esporsi a rivelare così i suoi sentimenti e i suoi pensieri. Preferiva lasciare quella parola sottintesa, la lasciava aleggiare silenziosamente nell’aria tramite uno sguardo riconoscente, tramite un abbraccio o un regalo sincero. E invece no, questa volta era diverso, questa volta l’aveva detto a parole, con la sua voce imbarazzata però ben udibile. Guardava a terra e potevo perfettamente immaginare quanto fosse difficile per lui dirmi tutto ciò così apertamente…
 
Arrossii involontariamente senza accorgermene; volevo fermarlo, dirgli che se gli era difficile poteva fermarsi, che sapevo cosa intendesse dire, ma da un lato ero troppo felice di quel momento, di quelle parole. Sentirlo parlare così, col cuore in mano, in maniera così ingenua e onesta mi faceva tremare il cuore e quasi mi faceva venire gli occhi lucidi. Non riuscivo a fermarlo, forse perché la parte più forte di me non voleva davvero farlo. Davanti alla sua difficoltà avevo messo il mio desiderio di assaporare quelle parole.
 

Che egoista che sono…

 
Pensai amaramente ascoltando quelle parole che dolci come fiele scendevano fino al mio cuore, scaldandolo. Sentivo di volerlo stringere a me, di volerlo abbracciare forte e dirgli che forse era stato lui a salvarmi invece, a farmi crescere. Era stato lui a farmi scoprire cosa volesse dire amare, cosa volesse dire soffrire e cosa volesse dire combattere per qualcosa, per qualcuno. Rimasi silente ad ascoltarlo fino a quando non vidi il suo viso alzarsi, il suo sguardo puntarsi nel mio e seppi che non potevo più fuggire. Non potevo sottrarmi alla forza di quegli occhi, non potevo scappare sotto il suo sguardo… e onestamente non avevo la minima intenzione di sfuggirgli, tutto desideravo fare meno che svanire dalla presa che esercitava su di me. Rimanemmo così per qualche secondo, ad osservarci, col cuore che martellava prepotente nel mio petto e lentamente vidi la sua mano adagiarsi sul mio viso. Saltai un battito, schiusi le labbra mentre lo vedevo avvicinarsi e lentamente perdevo il filo di ogni pensiero.
 
Vedevo i suoi occhi avvicinarsi, il suo viso farsi meno distante e sentivo di voler annullare quella misera distanza che separava i nostri volti. Sì, lo desideravo, lo volevo con tutta me stessa. Avrei spinto la mia faccia contro la sua se solo non avessi rischiato di distruggere la magia che si era appena creata grazie a lui, alle sue parole, al suo imbarazzo… Così attesi e semplicemente chiusi gli occhi quando ormai fummo troppo vicini e lasciai che le nostre labbra s’incontrassero. Il bacio più bello di tutta la mia vita… sprigionò una tenerezza che non avevo mai sentito e avvertito, mi scaldava in una maniera che non avevo mai sperimentato. Sentivo la morbidezza delle sue labbra carezzare le mie, e il suo odore salirmi dritto al cervello. Un profumo selvatico, penetrante ma non aggressivo, no… sentivo il cuore rischiare di esplodere mentre lentamente ci allontanammo e fronte contro fronte ci guardammo negli occhi.
 

« Ti amo Sana… »

 
Lo disse così, sulle mie labbra, con una dolcezza che quasi non gli riconoscevo ed uno sguardo timoroso. Io sbattei le ciglia più volte prima di portare una mano sul suo viso, a mia volta, e trattenere con difficoltà le lacrime che sentivo pizzicarmi gli occhi. Dopo anni, dopotutto questo tempo passato a guardarlo e desiderarlo.. ora era qui, fra le mie braccia, era…mio.
 
« Oh Akito… anche io, anche io ti amo »
 
Rivelai così, con gli occhi lucidi bagnati di lacrime mute mentre ancora una volta ci baciammo, mentre sentivo le mani sul suo viso portare il mio volto più vicino al suo, mentre ci premevamo l’uno contro l’altro come se non ci fosse un domani ad aspettarci, come se fosse l’ultima cosa che potessimo fare. Ci baciammo con foga, con una disperazione quasi teatrale mentre nel nostro petto qualcosa si agitava e violentemente cercava di uscire.



 

1: Nell’anime, nelle prime puntate, Sana sfida Akito a lanciarsi da una trave del soffitto della palestra scolastica legato ad una corda per una prova di coraggio: se Akito (che soffre di vertigini) avesse emesso qualsiasi verso più forte di quelli che avrebbe emesso Sana lanciandosi, allora avrebbe lasciato stare studenti e professori. 



 

Angolo dell'autrice:
Finalmente Akito è riuscito a dire a Sana cosa prova per lei!
Accidenti non immaginate quanto fossi emozionata mentre scrivevo! *-*
Cosa ne pensate? Vi è piaciuto questo capitolo? Mi auguro di sì, ma per qualunque consiglio o critica
sono sempre disposta a migliorare :D

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Capitolo 5
*** Io non scapperò ***


Accidenti, scusate per il ritardo con cui aggiorno, ma davvero è stata una bolgia questo periodo e fra il mio compleanno e alcuni problemi in casa non avevo l’ispirazione per scrivere né l’opportunità di avvicinarmi al computer! >.< Comunque finalmente sono riuscita a scrivere e continuare e… TA-DAAAAAN! Ecco un nuovo capitolo fresco fresco di giornata *-* Spero che vi piaccia!
 
 
 
 
Il mio cuore schizzò via dal petto quando sentii la mano di Sana poggiarsi sul mio viso, mentre la sentivo dire che anche lei mi amava. Mi sentii pervadere da un calore ed una emozione che non potrei spiegarvi neppure usando tutte le parole del mondo. Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai di nuovo unito a lei, alle sue labbra, con una disperazione ed un desiderio che non avevo mai sperimentato prima. Volevo averla, volevo unirmi a lei, sentirla stretta a me, nel mio abbraccio. Volevo stringere fra le mie dita la felicità… le mie mani andarono dietro il suo capo a stringersi attorno ai suoi capelli umidi mentre quel bacio si faceva sempre più dolce, sempre più caldo, passionale.
 
Schiusi le labbra liberando un sospiro in lei, era una sensazione che non avevo mai provato quella, sentivo un calore sempre maggiore addensarsi in me, scendere e defluire fino al mio basso ventre. Dannazione. Dovevo calmarmi… Ma quella situazione… quella situazione non lo permetteva. Mi sentivo estremamente imbarazzato, non riuscivo a controllare i desideri del mio corpo ma dovevo, dovevo farlo. Per quanto in quel momento, in quella specifica situazione sentissi di volerla stringere maggiormente a me, non potevo permettermi di lasciarle vedere quanto la desiderassi. Era troppo presto, era imbarazzante e sicuramente avrebbe creato non poco disagio ad entrambi. Probabilmente avrebbe cercato di evitarmi un rifiuto prendendomi in giro dicendo qualcosa tipo “Ah-ah! Tranquillo, è normale, nessuno può resistermi, dopotutto sono la grande Sana, no?”. Sì, e poi probabilmente si sarebbe alzata dal letto mettendosi a fare una sorta di danza della vittoria per la stanza. Ce la vedevo perfettamente a farlo, solo per evitare a tutti e due quest’imbarazzo e permettermi di risponderle a tono per calmarmi e lasciar scorrere normalmente questo sangue che proprio ora mi stava ribollendo dentro.
 
Dannazione Sana, non vedi che effetto mi fai?
 
Sospirai ancora mentre a occhi chiusi rimanevo con la fronte poggiata sulla sua e le mie mani che stringevano i suoi capelli. Lei era ferma, come me, poggiata contro la mia testa, ad occhi chiusi a sua volta. La sentivo respirare sulle mie labbra e questo sicuramente non mi aiutava. Le nostre labbra così vicine erano un incubo, erano una tentazione troppo grande, avrei ceduto a questi istinti che mi stavano tormentando così dolcemente. A peggiorare la situazione fu una sua strana reazione che mi fece contrarre lo stomaco e bloccare sul posto; pietrificandomi la vidi inarcare la schiena e schiudere le labbra sprigionando un mezzo respiro in quella che era una delle pose più incredibilmente sensuali che le avessi mai visto assumere da quando la conosco. Con uno sforzo inimmaginabile mi alzai di scatto, allontanandomi di qualche passo dal letto e avvicinandomi al borsone dandole le spalle, chinandomi a prenderlo e caricarmelo in spalla.
 
« Ho voglia di fare un giro, ti va? »  
 
Domandai nascondendo il viso rosso d’imbarazzo, con lo sguardo che guardava la porta alla mia destra, la direzione ove ero solito guardare quando mi sentivo a disagio. Cercavo di cancellare ed eliminare dalla mia mente l’immagine di Sana che schiudeva in quel modo le labbra sue morbide e inarcava all’indietro la sua schiena bianca: era una visione bellissima e io mi sentivo estremamente in imbarazzo nel ricordarla così, in quel modo e, ovviamente, il mio corpo e le sue reazioni non mi aiutavano affatto.  
 
*
 
Quel bacio era qualcosa di dolce e assurdamente delicato. Sprigionava migliaia di sensazioni in me mentre il mio cuore batteva freneticamente nel mio petto; non ho mai sentito niente del genere riverberarsi nel mio corpo prima d’ora, mai. I nostri baci precedenti erano sempre stati fugaci, veloci, leggeri. Certo, anche quelli mi avevano sempre fatto battere il cuore, anche quelli mi avevano emozionata, ma mai, mai in un modo così intenso e viscerale. Questo bacio era il primo vero che ci stavamo scambiando e io sentivo brividi caldi percorrermi la spina dorsale, sentivo un calore interno sprigionarsi dal centro dello stomaco in tutto il corpo e desideravo solo che quel momento non finisse mai.
 
Sentivo le mani di Akito sui miei capelli umidi mentre qualche goccia d’acqua scivolava lungo la mia schiena facendomi rabbrividire. Mentre le nostre labbra si dividevano e rimanevano fronte contro fronte a guardarci timidamente negli occhi, sentii una nuova goccia scendere lungo la mia colonna vertebrale facendomi inarcare la schiena e mozzare per un attimo il respiro. A questa mia reazione sentii Akito irrigidirsi un attimo osservandomi con le pupille appena dilatate e subito dopo eccolo lasciare il mio viso e scattare in piedi verso l’ingresso della stanza, afferrando il borsone. Sgranai appena gli occhi alzandomi e portando una mano al petto a giocherellare col fiocchetto della canotta verdina che avevo indossato di fretta e furia prima di dirigermi al cancello per aprire la porta ad Hayama.
 
Ma che fa? Se ne va?
 
« Ho voglia di fare un giro, ti va? »
 
Di spalle, guardando di lato, col viso leggermente arrossato sulle guance mi chiese di fare un giro. Sospirai di sollievo e sorrisi appena intenerita da quei suoi modi di fare ancora così chiusi e riservati, quella sua dolce timidezza che è sempre riuscita a colpirmi nel profondo. Quella riservatezza che veniva meno quando la situazione lo richiedeva e che spesso mi aveva lasciata disarmata davanti a lui, ai suoi occhi color del miele. Annuii appena, distrattamente, sbloccandomi dalla trance in cui ero caduta per qualche secondo inclinando appena il capo.
 
« Sì, certo »
 
Risposi semplicemente con un sorriso vedendolo avviarsi verso la porta ed aprirla. Lo seguii in silenzio fino all’ingresso diretti al gradino ove abbiamo lasciato le nostre scarpe. Proprio mentre ci stavamo sedendo per infilare le nostre calzature, ecco che Rei fa capolino dall’arcata che dà sul soggiorno guardandoci con fare sospettoso come se volesse capire o scorgere qualcosa sulle nostre schiene.
 
« State uscendo? Volete che vi accompagni? E’ buio fuori »
 
Ci chiede con fare apprensivo mentre sento l’irritazione nascosta nella sua voce e una certa nota di allarme. Io mi voltai di scatto a sorridergli e, agitando una mano come a volerlo farlo calmare, inclinai il capo di lato –lasciando scivolare una ciocca di capelli mezza asciutta dalla spalla a dietro la schiena -.
 
« Sì, stiamo uscendo, ma non preoccuparti, non staremo via molto, facciamo solo un giro fuori »
 
Dissi con un tono calmo cercando di calmarlo. Lo conoscevo troppo bene e sapevo che in qualche modo non voleva che stessimo da soli fuori e che in parte più che la gelosia, a spingerlo a farci quella richiesta era la sua preoccupazione. Rei è sempre stato molto apprensivo ed iperprotettivo con me e ho sempre trovato dolce questo suo senso di protezione verso di me, tuttavia al momento è una cosa che non potrei davvero sopportare. In quel momento desideravo solo stare con Akito, sola con lui, dopo tutto questo tempo in cui non abbiamo potuto farlo, in cui eravamo stati separati da una gelida barriera che impediva ai nostri sentimenti di entrare in contatto. Vidi l’espressione sconsolata e ansiosa di Rei nonostante gli occhiali da sole che coprivano i suoi occhi e rimasi sorpresa nell’udire la voce di Hayama dalla mia sinistra. In genere lui non ha mai parlato molto col mio migliore amico nonché agente e sentirlo ora rivolgersi a lui era per me fonte di una grande sorpresa.
 
« Ci penso io a tenerla al sicuro, non c’è bisogno di preoccuparsi »
 
E silenziosamente, il mio cuore sussultò nel mio petto, mentre le sue parole lasciavano scendere su di noi un senso di palpabile dolcezza che in qualche modo riuscì addirittura a calmare Rei.
 
Oh, Hayama…
 
*
 
Per fortuna riuscii a calmarmi abbastanza da far defluire il sangue lungo tutto il corpo evitando quell’imbarazzante concentrazione giù nel mio basso ventre. Purtroppo sapevo che avrei dovuto iniziare a fare i conti con questa situazione da ora in poi: ero un ragazzo in procinto di iniziare il liceo alle prese con le sue crisi ormonali, e il fatto che Sana fosse così dannatamente bella non mi aiutava nemmeno un po’. Non volevo assolutamente che si accorgesse delle reazioni del mio corpo alla sua vicinanza, non volevo spaventarla e né tanto meno correre; se da un lato avrei voluto stringerla e baciarla e passare le mie mani fra i suoi capelli, sulle sue spalle, sulla sua schiena, dall’altro non volevo minimamente azzardare un passo simile. Neppure sapevo se stessimo insieme! Era una situazione frustrante; le reazioni di quella ragazza son sempre state un mistero per me, è sempre stata imprevedibile nelle sue azioni e chissà come avrebbe mai reagito a certe mie iniziative? Basti pensare a come ha reagito in passato ai miei baci… se mi concentro riesco ancora a sentire il dolore causato dai suoi schiaffi sul mio viso. No, sarei andato coi piedi di piombo e avrei cercato di non spaventarla, di non lasciarla sfuggire dalle mie dita.
 
Tutti questi pensieri si agitavano nella mia mente man mano che scendevamo le scale e arrivavamo nell’ingresso di casa sua, dove ci siamo seduti per infilare le scarpe ed uscire. La presenza del tipo in occhiali da sole mi innervosiva; non si fidava di me, non molto almeno, e la cosa mi irritava. Io non sarei stato mai lontano da Sana e lui avrebbe dovuto accettarlo. Allo stesso tempo però, sapevo bene che lei non si sarebbe mai allontanata dal suo migliore amico e così decisi di fare uno sforzo per essere garbato nella mia risposta ed evitare quel tono sfrontato di sfida che solitamente assumevo quando parlavo con lui.
 
« Ci penso io a tenerla al sicuro, non c’è bisogno di preoccuparsi »
 
Io e Rei ci guardammo per qualche secondo prima che lui annuisse e con un sospiro tornasse in soggiorno lasciandoci nuovamente soli. Okay, forse ero stato un po’ troppo diretto. Sana si voltò a guardarmi con gli occhi grandi di sorpresa e le labbra schiuse come se non si aspettasse quelle parole da parte mia. Beh, in effetti non me le sarei aspettate nemmeno io quindi lei era più che giustificata…
 
« Che c’è? Pensi che se fossi in pericolo non farei nulla per salvarti? »
 
Le domandai leggermente in imbarazzo, un po’ a disagio, sotto il suo sguardo che andava addolcendosi assieme a quel sorriso gentile. Scosse semplicemente il capo alzandosi e portando le mani ad incrociarsi dietro la schiena, inchinandosi appena verso di me, sorridente.
 
« Grazie Hayama »
 
Arrossendo, e senza poter far nulla per evitarlo, mi alzai di scatto, borsone in spalla, sfrecciando verso la porta, aprendola. In silenzio camminammo fianco a fianco superando il cancello e avviandoci lungo una via silenziosa e poco trafficata. Avanzavamo chiusi ognuno nei nostri pensieri e nei nostri silenzi ma non c’era disagio fra noi, non più. Era più una sorta di tacita attesa, di rispettoso contegno mentre senza accorgercene arrivammo al parco. Sana si fermò con un sorriso grande di meraviglia e mi guardò snudando i suoi denti bianchissimi indicando con una mano il gazebo di pietra dove, forse, tutto era iniziato fra noi. Segretamente credo che sia lì che io ho iniziato a pensare davvero a lei, anni fa. Ci avviammo verso la costruzione e ci sedemmo sulla stessa panchina dove lei finse di essere mia madre alle elementari. Ricordavo perfettamente quella sera e ricordavo altrettanto bene quanto mi sentii, per la prima volta, voluto da qualcuno. Sentivo che a lei importava davvero aiutarmi, che voleva partecipare alla mia vita, non voleva più vedermi solo… ed io mi sentii distruggere dentro, sentii crollare quelle barriere e quelle lance che mi avevano sempre fatto sentire così freddo. Nelle ossa, nelle vene, nel sangue. Poggiai il borsone a terra, ai miei piedi, e senza neppure una parola mi rannicchiai su quella panchina dura e fredda poggiando il capo sulle sue gambe, proprio come allora.
 
La vidi schiudere le labbra sorpresa, e poi incurvarle verso l’alto, sorridendomi con quella dolcezza che tanto avevo bramato da parte sua. La guardavo negli occhi, in silenzio, perché in quel momento le parole non servivano, non avrebbero fatto altro che rovinare quell’incantesimo, quella magia.
 
Ma sentitemi! Io che parlo di incantesimi e magia… Che cosa mi hai fatto, Sana?
 
Le sue mani si poggiarono su di me. La sua mano destra andò a poggiarsi sul mio capo, a carezzare con una straordinaria delicatezza i miei capelli, sfiorando appena, di tanto in tanto, la mia pelle, mentre la mancina andava a poggiarsi a lato del mio viso. Dentro me tremavo. Sentivo un dolce calore spandersi dentro di me, sentivo di essere perfetto in quel momento, con lei. Eravamo una cosa sola così stretti mentre i nostri occhi continuavano a studiarsi e specchiarsi gli uni negli altri. Il mio cuore batteva forsennato, il mio corpo desiderava un maggior contatto con lei mentre la mia mente si annebbiava e tutto ciò che volevo erano le sue labbra. La mia mano destra andò a raggiungere quella che Sana aveva poggiato sul mio viso e dopo aver disegnato col pollice dei cerchi immaginari sulla sua pelle, intrecciai le mie dita alle sue.
 
Questa mano, Sana, questa mano non l’avrei lasciata mai.
Te lo giuro. Te lo giuro su questo mio cuore che batte impazzito,
te lo giuro su questo calore che mi avvolge e mi sconvolge,
te lo giuro sulla mia vita e tutto ciò che di prezioso ho al mondo.
Te lo giuro Sana, sarò per te ciò di cui avrai bisogno sempre.
Sarò la spalla che accoglierà, forte, i tuoi dolori,
Sarò la mano che ti tirerà su quando sentirai di cadere,
Sarò l’abbraccio che ti scalderà nel freddo.
Te lo giuro Sana, io non scapperò.
 
*
 
Senza accorgercene ci ritrovammo nel parco a metà strada fra casa mia e la scuola. Mi venne naturale fermare il passo, subito seguita da Hayama, mentre lo sguardo andò a posarsi sul gazebo di pietra ove anni addietro, per la prima volta, sentii che io e lui eravamo vicini. Era un bambino spaventato e solo, arrabbiato, e voleva solamente l’affetto della sua famiglia, voleva sentire di avere qualcuno che lo avesse a cuore. Ed in cuor mio io sapevo che di lui m’importava perché nessuno merita di sentirsi così e lui era solamente un bambino… Quella sera, per la prima volta, mi sentii vicina ad Hayama, e sentii di poter fare qualcosa di concreto per lui. Volevo tornare in quel posto, lì dove in qualche modo tutto era iniziato.
 
Silenziosamente ci avviammo lungo la strada e giungemmo sotto la tonda arcata della costruzione in pietra. Ci sedemmo alla stessa panchina di quella volta e in silenzio rimanemmo a guardarci attorno per brevi istanti. Sentivo una pace incredibile nel mio cuore, avrei voluto correre, saltare, urlare… con lui. Non più da sola, adesso qualunque cosa volessi fare volevo che avvenisse assieme a lui. Fu una sorpresa per me vederlo rannicchiarsi su quella panchina troppo piccola per lui mentre poggiava il capo sul mio grembo proprio come accadde la prima volta; naturalmente sulle mie labbra si dipinse un sorriso caldo, dolce, che nascondeva la commozione che sentivo salirmi agli occhi. Le mie mani agirono da sole andando a poggiarsi su di lui, sui suoi capelli morbidi, sul suo viso caldo. La sua pelle era liscia, bianca, mi piaceva averla a contatto con le mie dita. Il cuore rischiava di schizzarmi via dal petto con violenza.
 
Ripensai a tutta la nostra storia, al nostro passato. Ripensai a come ci fosse stato ogni volta che ho avuto bisogno, ai nostri litigi, alle nostre risate. Ripensai ai nostri baci, alle lacrime, alle sfide. Ripensai a  quando scappai da lui, dai miei problemi, dalla mia paura. E, ancora, ripensai al dolore, alla lacerante e bruciante ferita che si aprì nel mio petto quando telefonandogli scoprii che lui aveva scelto Fuka… un dolore che non avevo mai sperimentato prima, un dolore che neppure le fans di Naomura mi avevano provocato quando mi fratturarono la gamba durante le riprese del film. Credo che fu esattamente in quel momento che lo promisi. Che promisi a me e a lui che no, non sarebbe più accaduto.
 
Io non scapperò, Hayama. Mai, mai più avrei rifuggito i tuoi sguardi.
Mai, mai più avrei aggirato la mia paura.
Mai, mai più avrei permesso ad un’altra di averti.
 
E rimasi schiacciata dall’enormità di quel sentimento e, senza accorgermene, senza vergogna, mi ritrovai a chinarmi su di lui per unirci in un bacio di cui avevo bisogno. Un bacio che sugellasse quella mia promessa, che potesse aiutarmi a riversare in lui tutto l’amore che mi colmava e che avrebbe rischiato di farmi esplodere. Le nostre labbra si unirono dolcemente, la nostra mano intrecciata sul suo viso, l’altra che carezzava i suoi capelli color dell’oro. Il mio cuore batteva impazzito mentre lentamente, chissà come, le nostre labbra si schiusero le une sulle altre, e timidamente sentii il contatto della sua lingua. Non avevo mai sperimentato prima un bacio simile ma sentivo di volerlo. Sentivo di voler unirmi maggiormente a lui. Solo Hayama avrebbe mai potuto toccarmi in questo modo, solo con lui non avrei avuto paura di superare le mie barriere ed i miei limiti. E così cercai di assecondare quel suo gesto, timidamente, impacciata, lasciai che anche la mia lingua facesse capolino dal suo letto sfiorando umida quella di lui. Un contatto che scatenò scintille e brividi nel mio corpo di adolescente inesperta e curiosa, un contatto che accese dentro me, in fondo al mio stomaco, una fiamma che spandeva il suo calore ovunque. Un calore che sentivo concentrarsi nel profondo, nel punto ove si schiudeva il fiore della mia femminilità. Una sensazione che in parte mi spaventò, ma cui mi abituai presto. Rimanemmo così, su quella panchina, a baciarci con passione e trasporto promettendoci in silenzio tutte queste cose attraverso le nostre labbra, liberando, finalmente, tutto l’amore che per troppo tempo avevamo imprigionato dentro di noi in un angolo buio e isolato del nostro cuore.
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Ed eccoci qui, siamo finalmente giunte alla fine di questa storia! :)
Fin da quando l’ho iniziata a scrivere ho voluto farla terminare con un loro appassionato bacio
Sotto quel gazebo e sono abbastanza soddisfatta dell’atmosfera che si è venuta a creare.
O almeno, dell’atmosfera che immagino/spero di aver creato… >.<
Spero che abbiate gradito e che questa storia vi sia piaciuta
e ancora grazie, grazie, grazie mille a tutte
Per i vostri splendidi commenti!

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