Amore tra le righe di rupertinasora (/viewuser.php?uid=32358)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parecchi anni dopo ***
Capitolo 2: *** Lettere e fotografie ***
Capitolo 3: *** Torre d'astronomia ***
Capitolo 4: *** Mappe e fantasmi ***
Capitolo 5: *** Mani e Quidditch ***
Capitolo 6: *** La stamberga strillante ***
Capitolo 7: *** I want you ***
Capitolo 8: *** Going at home ***
Capitolo 1 *** Parecchi anni dopo ***
Capitolo primo
Dedicata a Laura.
- Cuore, cuore
mio agitato da dolori senza rimedio, risollevati, difenditi da chi ti
vuol male, opponi il petto con forza, affrontando senza paura le
insidie dei nemici: e se vinci, non ti esaltare davanti a tutti; e se
sei vinto, non ti chiudere in casa, a piangere. Rallegrati per le
gioie e soffri per le sventure, ma senza eccessi: e impara a
conoscere quale ritmo governa gli uomini.
Come due uccelli, volammo insieme quella notte…chi
l’avrebbe mai detto, lui che appare così distaccato, freddo, strafottente verso
tutto ciò che lo circonda, si è rivelato fragile e insicuro. Perché? Perché mai
si comporta così? Ma ciò non m’importa, l’importante è che stia con me, tutto
per me…
Mi avvicinai con la scopa a lui, mi guardò negli occhi e con un
piccolo sorrisino mi fa cenno di scendere, incliniamo le scope e ci trovammo in
un posto bellissimo, la luce della luna rischiarava quel posto ancora selvaggio,
gli animali erano in letargo, in quella notte buia e calda, le stelle del
firmamento brillavano chiare nella calotta stellare, la fauna ci circondava
interamente, gli alberi sembrarono concederci un po’ di spazio in quel
meraviglioso paradiso terrestre addormentato. Il mare giungeva a noi con uno
scroscio dopo l’altro, si avventava sulle rocce alquanto alte e scoscese
cercando di raggiungerci. Lo guardai, il vento scompigliava piano piano,
soffio dopo soffio, i suoi capelli biondi come il grano rischiarato dalle prime
luci del mattino, coprivano ogni volta parte dei suoi occhi azzurri come il
mare, chiari, quasi argentei, dicono che abbia preso tutto da suo padre, come
dar torto alle voci, anche il padre a suo tempo è stato così bello, guardai il
vento muovere la maglietta, portarla indietro accentuando i suoi muscoli, così
marcati. Si girò a guardarmi, si avvicinò pian piano e mi prese le mani, le
congiunse e, guardandomi negli occhi, disse: - Leslie, vedi…io da un po’ di
tempo sto riflettendo sui miei sentimenti verso di te…so che i nostri non vanno
d’accordo e….credo che disapproverebbe mio padre questo gesto che sto per
compiere ma…non credo che riuscirò ancora di più a reprimere i miei sentimenti,
e…vedi..beh, ecco….volevo chi-chiederti se…se…ti andrebbe se ci mettessimo
insieme…- tirò un sospiro e non distolse il suo sguardo magnetico dai miei
occhi, non posso fare a meno di arrossire violentemente. Quel ragazzo, così
sprucido con gli altri e oltremodo gentile solo con me, mi ha avvolto con le sue
tenaglie nella ragnatela del suo cuore e dei suoi sentimenti, rendendoli anche
miei. Tutto ciò che grandemente avevo desiderato durante quest’anno si stava
avverando, Ian Malfoy mi stava chiedendo di mettermi con lui…Quando l’ho
sentito, il mio cuore fece un grande balzo e sprofondò nelle viscere del mio
interno, si rimise a posto, si strizzò e alla fine si chiuse, ma nonostante ciò,
non potevo essere altro che felice, un sorriso spuntò sul mio volto e lui,
ripresosi dalla paura di un possibile no, aspettò cortesemente una risposta.
Passarono attimi che mi parvero minuti, ore, eppure ero così felice che non
riuscivo a proferir alcuna parola. Lasciati guidare dal cuore, mi ripetevo, il
mio cuore mi spingeva a dir di si, urlare un assenso, gettargli le braccia al
collo e baciarlo…ma, c’è sempre un “ma”, e quel ma erano i miei genitori, i miei
amici, la mia ragione…mi spingeva a non accettare quel lauto e tanto atteso
passo del ragazzo che, alla fine, era diventato il mio ideale di
ragazzo. Infine presi una decisione, mandai al diavolo tutto ciò che sarebbe
potuto accadere per questa mia decisione, decisi di lasciar perdere tutto ciò
che riguardava e che comportava la mia ragione, decisi di andare là dove mi
portava il cuore, lentamente socchiusi la mia bocca e sussurrai un “si”. La
luce si schiarì nei suoi occhi, li spalancò e mi guardò stupito, perché? Se
tanto speravi in un si e il mio sorriso ti aveva dato una risposta già certa,
perché? Mi ami a tal punto da non credere a niente che alle mie parole? Non te
lo chiedo, mi voglio fidare, ma guai a te se mi farai soffrire. La notte
stava lasciando gradualmente il posto all’alba, ad un sole primaverile che
timidamente iniziava a riscaldarci. Rimanemmo per molto tempo a fissarci,
increduli di tutto ciò che stava accadendo. Perché proprio a noi? Una Grifondoro
ed un Serpeverde costretti ad amarsi di notte e a schernirsi di giorno, perché
proprio a me questa maledizione? Ma in fondo, mi basta guardare nei suoi occhi,
sentire la sua voce, toccare il suo respiro per trovare il mio destino e la
forza di andare avanti, di continuare. Sapendo che nessuno ci avrebbe capito,
che nessuno avrebbe mai approvato il nostro gesto, con la forza dell’amore e
della contraddizione, abbiamo cercato di andare avanti così e, se il ruolo di
amanti segreti ci andava stretto, avremmo gridato al mondo intero il nostro
amore. - Sarà meglio se iniziassimo ad incamminarci- dissi rompendo il
silenzio di quelle ore in cui la natura si stava risvegliando. - Sì, ho perso
il senso del tempo e dello spazio, capivo solo te…- confessò lui arrossendo
leggermente, evidentemente quella sua confessione lo ebbe lasciato alquanto
sorpreso…sorpreso, sì, da se stesso. Gli sorrisi per metterlo a suo agio e lo
baciai a fior di labbra, mi avviai verso la mia scopa. Mi seguì.
A cosa
stai pensando in questo momento? Come vorrei saperlo… - Ian…- esordii -
Sì, dimmi…- rispose staccando una mano dalla sua scopa e porgendomela. La
strinsi e continuai. - Mi prometti che qualunque cosa succeda…qualunque cosa
accada, mi rimarrai sempre vicino?- - Certo, ma non credo ci siano più
problemi, ormai il Signore Oscuro è stato debellato, è stato sconfitto
dall’amico dei tuoi genitori- - Già…- abbassai lo sguardo mentre ciocche di
capelli, mosse dal vento che mi tagliava la faccia volando, mi sfioravano le
ciglia e cercavano di entrare nei miei occhi ma non trovandone una strada,- già-
ripetei – Harry Potter, lo chiamavano “il bambino sopravvissuto”, penso che in
qualche modo sia una discriminazione…- - Discriminazione?- mi chiese curioso
Ian - Sì, se non fosse stato lui ma un suo amico, chissà come si dovrebbe
essere sentito, troppe volte messo da parte, la ragazze preferiscono il tuo
amico perché è più famoso…non credo sia giusto!- - mmm…-disse lui pensandoci
un po’- hai ragone, ma l’importante è che ce n’è stato uno, che siamo qui per
poterlo raccontare, per poter narrare ai nostri discepoli le imprese di Harry
Potter, l’unico raggio di sole in una notte buia, tempestosa ed inesorabile,
colui che ci ha riportato un sole che può ancora riscaldarci, dobbiamo
essergliene grati!- concluse cercando i miei occhi smeraldini e trovandoli quasi
subito dopo. Senza accorgercene arrivammo ad Hogwarts, il nostro tempo di
amanti, anche se solo da una notte, si conclude qui, inizia la dura finzione che
dobbiamo portare fino a stasera e a tutte le sere che seguiranno, ma…fino a
quando? Fino a quando il nostro cuore riuscirà a sostenere, a sorreggere tutte
le cattiverie che ci diremo di mattina e di notte cancelleremo col sapore dei
nostri baci. - Qui si dividono le nostre strade- mi dice avvicinandomi a sé,
lo abbraccio a mia volta e gli chiedo: - Dove ci incontreremo stasera?- -
Dove vuoi tu- mi disse stringendomi sempre di più. Sentivo che tremava, aveva
paura che, essendo per lui fragile, mi avrebbe fatto troppo male, ma già si
sentiva agonizzato dal pensiero di tutto ciò che ci saremmo detti in questa
giornata. - Alla torre di astronomia, stanotte non ci sono lezioni- Come
amanti notturni ci demmo quell’appuntamento sigillando tutto con un bacio
leggero, ci sfiorammo le labbra, in attesa di un’atmosfera migliore per il
nostro primo bacio come coppia. Aspettami amore mio, pensai allontanando la
mia mano dalla sua e dirigendomi verso il dormitorio al settimo piano mentre lui
scendeva giù nei sotterranei, stanotte ti rivedrò, bello come nessuno ti abbia
mai visto…
Passo dopo passo mi avvicinai alla torre di Grifondoro, la
Signora Grassa stava ancora dormendo, russava quando mi avvicinai e dissi, dopo
essermi schiarita la voce: - Risus abundat in ore stultorem- Si mosse
appena, strinse gli occhi ma continuò a dormire. - Signora?- la chiamai-
Signora Grassa? Si svegli! Devo entrare!!- Pigramente aprì i suoi occhietti a
fessura e disse con voce assonnata ed annoiata: - Parola d’ordine?- -
Uff…sono sei anni che sto qua e ancora non mi lascia entrare senza parola…- -
Parola d’ordine?- ripeté interrompendomi. - Risus abundat in ore stultorem-
ripetei per la seconda volta quella sera. Si fece da parte e mi lasciò
entrare. La sala in cui apparvi dopo aver attraversato il buco nel ritratto
era deserta, guardai l’orologio sul mio polso. 05:28….tra poco sarebbe scesa
Eleonora, una mia amica di origini italiane con le braccia piene di libri,
pronta per ripetere per il giorno dopo. Salii le scale ed entrai in camera,
le tende vicino ad ogni baldacchino erano tutte tirate, mi avvicinai al mio
letto e mi misi il pigiama, mi stesi nel letto e mi
addormentai…
- SVEGLIA!- Un urlo mi fece sobbalzare, mi
lamentai leggermente, mi girai dall’altro lato e ripresi sonno. Qualcuno
spalancò le tende e mi scosse violentemente - Si, si…sono sveglia!- sbottai e
poi feci un lungo sbadiglio, mi stropicciai gli occhi assonnati e con la voce
impastata di sonno chiesi l’ora. La mia amica, già vestita con una divisa
perfettamente pulita e ordinata, i capelli raccolti in una coda alta con la
cresta, leggermente truccata e con le mani congiunte ai fianchi mi
guardava. - Sono quasi le 8:00, se non ti sbrighi non farai colazione,
dormigliona!- mi schernì. Balzai dal letto e cercai una divisa pulita nel mio
baule, lanciai senza successo quella di ieri nel cesto dei panni e la mia amica,
con un colpo di bacchetta, la fece entrare. Mi vestii in quattro e quattro otto,
la camicia fuori dalla gonna e il golfino tutto storto, mi abbassai cercando le
scarpe sotto il letto, le presi e ma le infilai sui calzini bianchi alti quasi
fin sotto il ginocchio, mi lavai velocemente e mi spazzolai i capelli. Con un
colpo di bacchetta misi a posto il pigiama e il letto e mi catapultai fuori
dalla stanza. La mia amica, non abituata a correre, mi seguiva arrancando,
sfrecciai oltre il buco del ritratto e scesi le scale quasi volando. -
Lesile!- la sentii chiamare- aspettami! Un attimo! Ehi!- Fermai la mia corsa
e l’aspettai. - Scusami- mi affrettai a dire quando mi raggiunse con il
respiro affannato, mi fulminò con lo sguardo e poi mi chiese: - Perché hai
fatto così tardi? Di solito non hai bisogno di farti svegliare…- -
Semplicemente per il fatto che ieri ho fatto tardi- - Si vede, senza un po’
di copri-occhiaia sembri uno zombie!- - Da-davvero?- chiesi specchiandomi in
una statua tirata a lucido, e ammettendo che aveva ragione Eleonora, accettai
ringraziando il trucco che mi prestava e velocemente, con movimenti veloci e
decisi, me lo misi, in pochissimo tempo non sembravo più uno zombie. Mi
aggiustai una ciocca ribelle della mia frangetta rossa e mi aggiustai il
maglione, appuntai lo stemma dei Grifondoro ad esso ed entrai nella sala
grande...
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Capitolo 2 *** Lettere e fotografie ***
LETTERE E
FOTOGRAFIE - Capitolo 2° -
Appena feci capolino nella
sala, lanciai un’occhiata al tavolo dei Serpeverde, cercai con la coda
dell’occhio lui, Ian. Non trovandolo subito, il mio cuore fece un balzo e
precipitò verso le viscere, l’appetito mi abbandonò, ma quando scorsi i suoi
capelli biondi, sempre in ordine, e incrociato il mio sguardo con quello dei
suoi occhi simili a diamanti, mi nacque un sorriso sul mio volto, non gli era
successo niente…cosa mi stava accadendo? Con gli altri ragazzi con cui sono
stata non mi era successo, forse mi stavo veramente innamorando? Spero solo
della persona giusta…ma cosa..? mi chiedo ancora se sia la persona giusta? Una
parte di me è convinta di sì e mi dice di lasciarmi andare, di seguire il mio
cuore, sempre e in ogni modo; l’altra mi sussurra di prestare attenzione, di
aspettare… Ma non so che fare, vorrei lasciarmi andare, ma…se non è lui la
persona adatta per me? Mi dice il cuore che devo fidarmi di lui, e se sbaglierò,
avrò sbagliato con amore, l’avrò amato con tutta me stessa, ma non mi
meritava….che frase banale! Lo diceva sempre anche la mamma, “segui il tuo
cuore, ti indicherà la strada da percorrere, incontrerai qualcuno con cui
condividere paure, sbagli ed ostacoli, e se si sarà sbagliato, non prendertela,
piangi, ma sii fiera, perché hai sbagliato amando…” Farò come dice lei? Come
mi dice il cuore? Non ne ho proprio idea. Oh, come vorrei che questa vita mia,
che devo costruire giorno dopo giorno, sia stata già scritta, sia già stata
predestinata, finita in precedente, come in un libro. Io non vorrei esserne la
scrittrice, vorrei essere solo un lettore, lasciare che tutto mi scorri,
indifferente dal tutto, ma…come vorrei conoscere il mio futuro… Moli mi
diranno “perché non hai seguito le lezioni della Cooman, ma che senso avrebbe
avuto? Quelle sfere e quelle foglie servono a scoprire la sorte degli altri, non
la propria, che peccato!
Mi voltai verso la nostra tavolata e presi posto
accanto ad Alex. Mi guardò e poi finalmente si decise a parlare: -
Buongiorno! Come mai così tardi?- - mi sono svegliata qualche minuto fa-
risposi seccamente - in realtà avrà fatto tardi, ma non mi ha detto con chi
abbia fatto tardi…- disse Eleonora strizzando un occhio. - devo essere stata
per forza con qualcuno?- chiesi arrossendo un po’. - sisi!- dissero in
coro. Ridemmo tutti. Finito di mangiare, ci avviammo al corridoio buio dei
sotterranei per la lezione di pozioni con Serpeverde. Come mi sarei dovuta
comportare? Di solito era sempre lui ad attaccar briga, speriamo che lo fa anche
stavolta… Mentre ero avvolta da questi pensieri, mi venne contro un ragazzo,
i capelli neri e lisci, gli occhi azzurri. Mi si piazzò davanti e mi salutò con
un bacio sulla guancia facendomi sobbalzare. - C-ciao!- dissi portandomi una
mano sul petto. - Spaventata? Scusa- mi rispose - No…stavo soprappensiero,
come stai?- - Bene te?- - Abbastanza…- - A chi stavi pensando? Al boy
di turno?- mi fece l’occhiolino, scoppiai a ridere. - chi? Al massimo avrò
avuto un paio di ragazzi!- - Appunto…Comunque ti devo dare una cosa dopo-
- Cosa?-chiesi curiosa - Eccheccavolo! Se te lo devo dare dopo, vuol dire
che non ce l’ho, oppure non voglio che la vedano altre persone!- mi tirò la
guancia. James Potter, mio cugino che sta al settimo anno, ha finito ormai,
diventerà Auror…beato lui! Anch’io vorrei diventarlo, per questo sto studiando,
non voglio finire come i nostri genitori, escluso la zia Ginny che è diventata
una Guaritrice. Hermione Granger, Ron Weasley, i miei genitori…non finirono
la scuola per aiutare nella ricerca del Signore Oscuro mio zio acquisito: Harry
Potter, che poi si sposò con Ginny Weasley appena finì gli studi. Sorrisi
allegramente, per un attimo dimenticai i pensieri che mi stavano sconvolgendo la
testa. - Ti mando un gufo appena possibile, ciao!- mi scoccò un bacio su
tutte e due le guance e se ne andò. Un tornado. Mi sconvolse così come era
arrivato.
Dopo aver camminato per un po’, di fronte a me si ritrovò lui.
Era appoggiato al muro con la schiena, una gamba che segue la forma del muro e
l’altra piegata a metà con il piede appoggiato alle pietre fredde e dure, i
capelli lisci gli ricadevano sugli occhi, l’espressione felice che intravidi sul
suo volto appena mi notò, le mani nelle tasche del pantalone, la camicia bianca
fuori dai pantaloni e la cravatta che ricadeva aperta sul maglione dei suoi
stessi colori, argento e verde. Tutto di lui mi mise in discussione, con il solo
sguardo mi aveva rapito e mi aveva resa sua. Mi aveva rubato l’anima, come il
Dissennatore quando ti dà il fatidico “bacio”. I suoi amici si congelarono
appena mi videro, il loro sorrisi diventarono ghigni e le loro espressioni erano
di superiorità. Ian si staccò dal muro e mi si piazzò davanti. - Oh, che
ci fai qui Mezzo….Lenticchia?- disse. Nel suo tono c’era qualcosa di nuovo, non
era più quello freddo e distaccato di una volta, ora era freddo con un misto di
malinconia e desiderio. I suoi amici si scambiarono un’occhiata, perché non
aveva detto semplicemente Mezzosangue? - Devo andare a lezione…- gli risposi
con un tono sommesso, quanto erano belli i suoi occhi, così freddi ma allo
stesso tempo così profondi. Poi mi ripresi e mi affrettai ad aggiungere –
Malfoy- seguito da una smorfia. - Ehi, Weasley!- mi alzò la testa ponendo un
dito sotto il mio mento, l’altra mano in tasca- poiché sono a corto di donne,
perché non mi vendi…anzi regali il tuo corpo?- mi fece l’occhiolino. In quel
momento mi fece ribrezzo ciò che disse, ma…come detestare la persona che amavo
di più? Ma non potevo lasciarmi andare, né con tutti davanti, né da soli, perché
queste non erano cose da assecondare. Con un gesto brusco gli scostai la mano
e lo allontanai. - ahah! Che pensiero gentile ma…vorresti sporcarti di sangue
sudicio? Non è da te, che mi denigri sempre circa le origini di mia madre-
risposi. Tutti i Grifondoro scoppiarono a ridere, lui appariva alquanto
spaesato, per sua fortuna intervenne il professore che ci fece entrare e ci
tolse 10 punti per Casa perché eravamo arrivati in ritardo. Durante le
lezioni fummo costretti a sederci ben lungi l’un dall’altra, come l’avrei voluto
qui, abbracciare con tutte le mie forze, appoggiare le mie orecchie sui suoi
muscoli pettorali e sentire il cuore correre, il suo viso riscaldarsi sempre di
più quando gli avrei fatto sentire il battito del mio cuore… Ma ciò si
sarebbe dovuto verificare clandestinamente. Il tutto sarebbe stato rimandato a
stanotte. Intanto continuammo a lanciarci occhiate per tutte le tre
ore.
Ora di buca, prima di pranzo. Iniziai a scrivergli. Ciao Ian,
scusa per quello che ti ho detto stamattina…poco fa…mi dispiace davvero! Ma
ogni riga sembrava banale e uguale a se stessa, fino a quando non ricevetti due
gufi contemporaneamente, presi le lettere e i gufi volarono lontano. Una era
di Ian. Il battito si fermò. Con mani tremanti la aprii, tirai un bel respiro,
ben profondo. Lessi cosa c’era scritto.
Cara
Leslie,
cercavo di scrivere qualcosa da dirti per scusarmi per tutte
quelle cazzate che ti ho detto stamattina, spero che non ci penserai molto, sono
stato costretto… Insieme ci siamo costruiti delle maschere nei nostri
confronti ed ora, per nascondere i nostri sentimenti, siamo incatenati dalle
stesse. Come vorrei tornare indietro per non poter compiere lo stesso
sbaglio, ma guardiamo il lato positivo, in un certo senso questo nostro amore mi
ricorda quello di una tragedia di Shakespeare intitolata “Romeo e Giulietta”,
spero solo che il nostro amore non finisca con la nostra tragica fine, anche se
solo corporale… Ricorda solo una cosa: Ti amo e non ti lascerò mai! Neanche
se dovessi morire.
Tuo per sempre Amore
P.S. scusa per quel che
ho detto, non volevo, davvero, dal profondo del cuore, del mio cuore.
Baci.
Il mio cuore iniziò la sua folle corsa contro il tempo,
strinsi la lettera al cuore e la misi furtivamente nel baule, sotto i maglioni
di lana che oramai non usavo più. La mia attenzione e la mia curiosità si
posarono ora sull’altra lettera arrivata. Diceva solo:
Raggiungimi
presso il lago.
James
Mi tolsi la divisa e mi misi un jeans e
una maglietta a maniche lunghe che coprii con la toga dei Grifondoro, mi
riavviai i capelli e scesi. Appena arrivai al lago vidi steso per terra, con
lo sguardo fisso in cielo, un ragazzo dai capelli corvini, gli occhi dal colore
del mare, le mani sotto la testa e la gambe leggermente divaricate. - Ciao!-
esordii. Subito si alzò e mi guardò. - Ehi! Siediti qui!- e batté con una
mano il terreno libero vicino a sé, il prato era verde intenso e quando mi
sedetti sentii un po’ di freddo salire dal mio sedere in su. - Brr…alquanto
caldo!- scherzai guardandolo sorridere a sua volta. La sua dentatura era bianca
e perfetta. - si… piuttosto, torniamo a noi, guarda qua!- e mi porse una
busta bianca. L’aprii, le mie mani tremarono e si soffermarono su una foto
magica. Io e Ian che ci baciavamo. - C-come…?- iniziai a balbettare. -
Ehi, non preoccuparti!- mi appoggiò le mani sulle spalle- tranquilla! Ho solo io
queste foto, i rullini su cui erano state scattate sono stati bruciati così come
la macchina fotografica da me stesso.- Lo guardai –grazie- dissi con un filo
di voce mentre delle lacrime calde scendevano lentamente sulle mie guance e
atterravano pendendo dal mento. Lui mi accolse nelle sue braccia e iniziò ad
accarezzarmi i capelli. Io era scossa dai singhiozzi, interminabili,
infiniti…d’un tratto finirono. Mi allontanò gentilmente, mi asciugò con il
pollice un’ultima lacrima, e poi mi chiese: - Come mai ti sei messa a
piangere?- - …Credevo che il nostro amore fosse al sicuro, che solo noi ne
fossimo a conoscenza…una certezza svanita, nel nulla, come una goccia d’acqua in
un mare- - ti posso dare un consiglio?- mi interruppe- tu, o meglio…lui, non
sarà mai al sicuro, spargi la voce prima che qualcuno lo sappia e lo dica alle
persone sbagliate in modo sbagliato- - Non capisco…- - Il padre di Ian,
Draco Malfoy, intrattiene rapporti con la moglie di Seamus, una purosangue, ma
lui non ne sa niente, si dice che lei sia sotto l’influsso della maledizione
Imperius o sotto il potere di un potentissimo filtro d’amore…- - Oh, mio Dio!
Non pensavo che al mondo esistessero persone del genere!- mi scandalizzai a quel
racconto. – e Ian? Lo sa?- Fece un cenno d’assenso – l’ha sempre saputo ma
non ha mai parlato con il padre- Mi alzai- Basta!- dissi guardandolo negli
occhi – se sai qualcos’altro riferiscimelo-
Con la testa che era un
turbine di pensieri, passò tutto il giorno, inesorabilmente lungo, la notte
prese il posto del giorno, lentamente la luna si sostituì al sole, un buon tempo
per… - Per andare a studiare Astronomia- La mia amica mi guardò. - Ma
tu non segui Astronomia!- - Si, ma voglio vedere Venere, dicono che si possa
vedere- - Va bene, contenta tu, ma non fare troppo tardi mi
raccomando!- Ero decisa a parlare chiaro e tondo con lui, e poi avrei
iniziato a dire tutto ad Eleonora e ad Alex, a comportarmi naturalmente anche di
giorno, almeno con loro.
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Capitolo 3 *** Torre d'astronomia ***
LA TORRE
D`ASTRONOMIA - Capitolo 3° -
Mi avvicinavo sempre di più alla
torre più alta del castello, sentivo pian piano la brezza fresca della notte
accarezzarmi le guance, i capelli venivano gettati all’indietro. Ero oltremodo
decisa a parlare di ciò che avevo sentito con Ian, insieme avremmo trovato una
soluzione, ce l’avremmo fatta. Ma come fare, sinceramente, non ne ho idea, credo
di aver bisogno dei miei genitori. Allungai la bacchetta verso la serratura,
con un abile gesto e la semplice parola “Alohomora”, si aprì la porta ed uscii
nell’ampio spazio sopra tutte quelle persone che stavano dormendo o si
accingevano a farlo. Seduto sul muretto, con le spalle contro il muro e
un’espressione persa nell’immensa oscurità del cielo che sembrava attanagliare
con le sue tenebre il suo cuore, c’era lui. Ian. - Ciao- sussurrai, per paura
di rompere quel silenzio e che, stupidamente, già pronunciando quella banale
parola, avevo già rotto. Si girò di scatto. Sulle sue labbra si materializzò
un sorriso, che arrivava dal cuore ma profondamente malinconico, e con una voce
laconica mi rispose con un altrettanto “ciao”. - A cosa pensavi?- gli chiesi
avvicinandomi e prendendo posto accanto ai suoi piedi sul muretto. -
Mmm…niente in particolare, pensavo alla mia vita se ci fosse ancora la mamma-
disse con una voce che sembrava rotta da un singhiozzo represso. -…- non
sapevo che dirgli, se parlargli delle foto e della supposizione di James su suo
padre. Come dovevo comportarmi? Lo bacia leggermente, lo guardai intensamente
negli occhi e dissi: - Fatti coraggio!- Annuì leggermente con la
testa. - Beh, io…dovrei parlarti- incominciai. Lui si tirò su con la schiena
e mi guardò. - Parla- disse incitandomi. - I-io ho ricevuto delle foto, ho
meglio…James mi ha dato delle foto che dovevano essere distribuite a nostra
insaputa, ma lui le ha prese e ha bruciato rullino e macchina fotografica
e…- - frena! Frena! Su chi erano le foto?- - Su noi due mentre ci
baciavamo.- - E allora? Non vedo dove c’è da preoccuparsi! Sono solo delle
foto!- - Ora forse non c’è da preoccuparsi, ma in seguito, chissà cosa
faranno… Ian, hai dei nemici per caso? Tuo padre ne ha? Ti prego Ian,
rispondimi!- lo pregai guardandolo abbassare la testa e non
rispondere. Cercai il suo sguardo invano. - Ian…-iniziai, ma subito mi
impedì di continuare perché mi diede una risposta più che soddisfacente. -
Si. Mio padre. Lo sai che lui intrattiene…- - rapporti con la moglie di
Seamus, me l’ha detto James che ha fatto delle ricerche, continua- finii la sua
frase incitandolo ad andare avanti. - Beh, lei se ne accorse, non so come
abbia fatto, di norma si dovrebbe rimuovere il ricordo di cosa hai fatto sotto
la maledizione Imperius.- - Ma se tuo padre non avesse usato la maledizione
Imperius ma un filtro d’amore? Se pur potente, la persona seguirà, certamente,
l’istinto amoroso verso la persona che ha fatto il filtro, ma le resterà sempre
il ricordo, la sensazione che ha avuto…secondo me è riuscito a dirlo a qualcuno
e quel qualcuno sta cercando una prova o un qualcosa per ricattarlo, avendo
scoperto del nostro amore, ci segue e ci usa come oggetto del ricatto. Chissà da
quanto va avanti questa storia. Devi parlare con tuo padre, Ian, fallo smettere!
Ti prego…- lo supplicai con degli occhi che sapevo a lui piacciono e con i quali
non riesce a dirmi di no, ricambiò lo sguardo e tirò un sussurro, si portò una
mano dietro la nuca e disse sussurrando. - Se ci riuscirò…- poi mi guardò
negli occhi, portò quella mano già alzata vicino alla guancia, si avvicinò con
il viso, mi prese il fianco con l’altra mano e aggiunse- in cambio voglio
qualcosa- i suoi occhi erano duri e la sua espressione seria, socchiudendo gli
occhi si avvicinava di più. Che ciglia lunghe! Come l’adoro quando si
avvicina, ma…se ci fosse qualcuno a fotografarci? Non è sicuro! Lo allontanai
dolcemente e gli sorrisi, scherzando gli chiesi: - Cosa desideri?- -
Te- - Cosa?- sgranai gli occhi- scusa, credo di non aver capito…- - Hai
capito bene, ti voglio, ti voglio per sempre tra le mie braccia, le tue labbra
che sanno solo del nostro sapore, il tuo fisico caldo e tremante vicino al mio,
il profumo dei tuoi capelli sempre mio, il tuo sguardo che osserva solo me. Devi
essere solo mia, e di nessun altro. Me lo prometti questo?- Sorrisi
dolcemente. - Sono stata sempre tua, e non sentirai mai sulle mie labbra
sapore che non sia il tuo, le braccia forti che mi sosterranno sempre saranno
solo le tue, i miei occhi per sempre nei tuoi, non ti permetterei mai di vedermi
insieme ad un altro, non me lo permetterei. Io amo solo te, Ian. Sarò tua per
sempre, un angelo che veglia su di te tutte quelle notti in cui ti sentirai
solo. Saprò ricompensare le tue notti solitarie. Sognando solo di te, un giorno,
mi concederò a te. Ma tu…promettimelo anche tu.- Un leggero rossore si
impossessò delle mie guance e delle sue. - Sì- sussurrò e sigillò il nostro
patto con un bacio in cui le nostre lingue danzarono seguendo il ritmo suonato
dai battiti dei nostri cuori. Le sue mani che esploravano la mia schiena, e le
mie che si stringevano sempre di più sulla sua camicia. Non mi interessava
più nulla in quei momenti. Al diavolo tutti quanti. Quando si staccarono mal
volentieri le nostre bocche, ci prendemmo per mano ed insieme giungemmo fuori
alla Signora Grassa al settimo piano, mi appoggiai al muro e lui pose le sue
mani sul muro vicino ai miei capelli, lentamente si stava avvicinando sempre di
più, sentivo già il suo respiro smorzarsi e i suoi occhi chiudersi ad ogni
battito emozionato del mio cuore quando udii una voce, quasi uno strillo tra
stupore e disgusto. Guardai oltre la spalla del mio compagno e vidi Eleonora
che ci osservava. Un tonfo. I libri che teneva in mano le caddero quando anche
il ragazzo aveva girato la testa. Volevo sprofondare. Voi avete mai provato
tanti sentimenti in una giornata? Io no, questo era il massimo. Ma ora, la cosa
che più mi preoccupava, era la reazione della mia amica, come si sarebbe
sentita? Sicuramente tradita, tradita da una persona che aveva creduto sua
migliore amica ed era convinta che ella le avrebbe raccontato tutto. Sentii
il bisogno di chiarirmi con lei. - Ele…- iniziai. Lei spalancò la bocca e poi
sorrise vedendo me e il mio ragazzo imbarazzatissimi, le mie guance, insieme a
quelle di Ian, che facevano concorrenza al colore rosso acceso dei miei
capelli. - Ehi ehi! Ti vuoi scusare?- intuì lei Annuii. - Per cosa?-
chiese sorridendo sempre di più. - ehm…per il fatto di non avertelo mai detto
e…di averti raccontato delle bugie ultimamente…- - Guarda che avevo
capito!- Spalancai gli occhi, continuò. - Ma non che stavate insieme! Che
stavi con un ragazzo! Non avrei mai immaginato che fosse…lui. Il figlio del
peggior nemico dei tuoi genitori, dei tuoi zii, della tua famiglia!- Lui,
offeso, abbassò lo sguardo e disse: - Beh, io vado. Stammi bene.- mi diede un
bacio sulla guancia e sparì, scendendo le scale (a cui piace cambiare). - Ho
detto qualcosa che non va?- chiese. - Direi, è molto sensibile su questo
fatto, vabbé…- - Non importa!- mi interruppe lei- devi raccontarmi
tutto.- Insieme entrammo nel nostro dormitorio e le raccontai tutto con in
sottofondo il respiro pesante delle nostre compagne di
stanza.
***
Pensandoci bene, non mi sono ancora
scusata del fatto che i nomi dei protagonisti non siano quelli del settimo
libro. La storia fu scritta qualche anno fa, e ho preferito non cambiarli, anche
perchè mi ero affezionata tantissimo. Perdonate un piccolo capriccio di una
folle scrittrice.
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Capitolo 4 *** Mappe e fantasmi ***
MAPPE E FANTASMI - Capitolo 4° -
Lentamente la notte andò scemando e il sole riprese il suo corso
regolare, regalandoci una bella giornata di Aprile. Questo mese stava finendo,
lasciando il posto delle giornate soleggiate e frizzanti a quelle di Maggio in
cui il caldo inizia a farsi più pesante. Insieme io ed Eleonora ci
svegliammo, ci vestimmo e scendemmo verso la Sala Grande, seduto al tavolo
immenso dei Grifondoro, ci aspettava Alex. Eleonora mi sussurrò in un orecchio
che le piaceva un casino e le lasciai il posto accanto a lui, sedendomi di
fronte a loro due. Sapevo che prima o poi si sarebbero messi insieme, ma non
credevo che avessero impiegato un così lungo tempo per capire di amarsi l’un
l’altro. Avevano rimandato tutto al sesto anno, alla fine di quest’anno;
d’altronde, come biasimarli, anch’io avevo fatto la stessa cosa con
Ian. Alzai lo sguardo dal mio pudding e incrociai il suo, sorrisi debolmente,
per paura che qualcuno ci vedesse in quello scambio di emozioni silenziose e
segrete, mi ricambiò identicamente il sorriso e poi, con un soffio, dalla sua
mano fece volare un uccellino di carta che, solo dopo essersi posato sul palmo
della mia, si aprì. Era un biglietto su cui vi era scritto:
Ho
mandato un gufo a papà, per informarlo del fatto che sono consapevole della sua
tresca con quella donna, per dirgli di noi, ho cercato di aprirmi il più
possibile, spero che capisca. Mi farebbe piacere se informassi anche i tuoi, che
ne pensi? Ti amo. Tuo Amore
Annuii con la testa, e la tuffai
nella borsa cercando un foglio di pergamena ed una penna babbana, sapevo che non
era usata a scuola, ma era molto comodo, non dovevi intingere continuamente il
pennino nella boccetta d’inchiostro. Iniziai ad abbozzare una lettera ai
miei.
Cari mamma e papà, ciò che sto per raccontarvi, forse,
anzi…sono sicura che non vi farà felici come una pasqua, ma chiedo gentilmente
di esserlo da parte vostra. Vi rammento il vostro amore, tutto ciò che
provavate ai tempi ormai passati lo sto provando io. Spero che questi di cui
sono innamorata sia una persona carina e simpatica con una vena di sarcasmo come
papà, o gentile e curiosa come mamma; ma è molto difficile… Perché mai? Vi
starete chiedendo. Beh, lui è certo un purosangue, particolare trascurabile non
è vero?ma forse per suo padre non è così. Egli discende da un’antica famiglia
nobile e purosangue, un suo zio, se chiamarlo così lo si duole, era Sirius
Black, anche se non era parente stretto, diciamo più un cugino della madre.
Dovreste incontrarlo, del padre forse solo il fisico, e una sensibilità ben
lontana da quella della madre ormai defunta. Credo che abbiate capito,
rimandare di dire il suo nome mi sembra ormai un po’ inutile. Ma vi prego, non
fermatevi all’apparenza, e se sto sbagliando, lasciatemi sbagliare. Voglio fare
le mie esperienze. Ma perché ve lo sto dicendo? Il padre è nei casini, hanno
scoperto che era l’amante proibito della moglie di Seamus; sì, avete capito
bene, suo padre è proprio Draco Malfoy. È per lui che il mio cuore ha
iniziato a battere diversamente, appena lo vede inizia a correre, la mia mente
mi gioca brutti scherzi, ovunque mi giri vedo il suo volto, vorrei dividere con
lui le mie paure, i miei sogni, la mia vita… Chi meglio di voi può capirmi.
Comprendetemi. Ho ritenuto giusto dirvelo. Lasciatemi sbagliare ma non negatemi
mai una mano, un aiuto quando ne avrò bisogno. Statemi vicini ma al contempo
lasciatemi vivere la mia esperienza. Mi servirà solo sentirvi vicini, ora più
che mai, in questa situazione precaria, ora che anche i miei amici si sono messi
insieme e non posso rubare loro molto tempo, come ho fatto fin’ora. Vi voglio
bene, spero in una vostra risposta, negativa o affermativa che sia, io
l’aspetterò. Vostra figlia Leslie Weasley
La rilessi più volte
e più la leggevo mi convincevo che andava benissimo. Aspettai un gufo e la
mandai, sperando che giungesse presto una risposta. Trascorsi tutta la giornata
con la testa tra le nuvole, condivisa tra idee su una lettera dei miei genitori
e quella di incontrare di nuovo Ian. Ma, più ci pensavo, più avevo la
sensazione di essermi dimenticata qualcosa. Che cosa? Ma certo! Non avevo
avvisato Ian dell’ora e del posto. Verso sera stavo iniziando a scrivere un
biglietto da mandargli quando ricevetti la risposta dei miei genitori con
allegato un foglio di pergamena, lo girai più volte tra le mani, lo guardai e lo
aprii, ma era semplicemente vuoto. Fantastico! Pensai, mamma anzicchè
mandarmi un aiuto mi manda una pergamena vuota, me l’aspettavo più
astuta! Aprii la busta, ingoiai un po’ di saliva e con mani tremanti iniziai
a leggere:
Cara Leslie, siamo sia Hermione sia Ron che
rispondiamo. Noi ti capiamo tanto, ci siamo passati anche noi per quella fase,
che bei ricordi…ma ci chiediamo:, sarà la persona giusta verso cui indirizzare i
tuoi sentimenti? E il figlio di Vicktor Krum che aveva una cotta per te? Lo
sai, ormai, noi per te desideriamo sempre il meglio, ma se pensi che per ora il
meglio per te è lui, invitalo a casa se vuoi, sai che qui sono tutti i
benvenuti. Ti preghiamo di non fare sciocchezze. Ti lasciamo carta bianca, come
la pergamena che, apparentemente pulita, ti abbiamo inviato. È una copia della
“mappa del malandrino” che possiede già tuo cugino. Fanne buon uso. A
proposito, per vederla devi batterci su con la bacchetta e dire “prometto di non
avere buone intenzioni” e per chiuderla “fatto il misfatto”, altrimenti può
leggerla chiunque! Non ti sveliamo il contenuto, arrivaci tu da sola. Usala
anche con Ian, ma cercate di non approfittarne, e poi c’è sempre la “Stanza
delle Necessità”… Ron! Ma che dici? Settimo pian… Smettila! Ehem…stiamo
scrivendo a viva-voce. Eheh! Stammi bene tesoro, ti vogliamo tanto
bene, I tuoi genitori
P.S. ti saluta Kate, la dovresti vedere, com’è
bella… … quando dorme! Ron! E dai! Scherzavo! Ti
amo… …anch’io… salutaci anche i tuoi amici, …Ron! Che fai? Aspetta che
chiudo il viva-voce! Finite Incantatem!
Leggendo quella lettera, il
buon umore si impossessò di me ed un sorriso grande come il mare stellare
comparve sul mio viso. Tipico dei miei scrivere lettere al viva-voce, loro
parlavano ed una penna incantata scriveva, ma quando parlavano in due era un po’
un casino, non si riusciva a capire bene chi parlasse. In sostanza mi avevano
dato il via libera ma…volevo capire meglio quella “mappa del mala-coso”. Battei
la bacchetta sulla superficie ruvida e recitai: - Prometto di non avere buone
intenzioni- D’improvviso dalla punta della mia bacchetta rami d’inchiostro si
svilupparono per tutta la superficie e, man mano, vicino a dei puntini in
movimento si creavano delle specie di etichette con dei nomi sopra. Capii
quasi subito di che si trattava appena lessi l’iscrizione che comparve prima
della mappa “I signori Felpato, Ramoso, Lunastorta e Codaliscia presentano ‘La
mappa del malandrino ’”. La mappa di Hogwarts, e quei puntini in
movimento…capii solo quando vidi i nomi dei miei amici che camminavano in lungo
e in largo per il giardino e il mio che stava fermo nella Sala di Ritrovo dei
Grifondoro che rappresentavano gli abitanti del luogo. Cercai il nome di Ian
e lo scoprii nel bagno dei prefetti al quinto piano, me lo immaginai tra le
mille bolle di quell’acqua dai numerosi profumi ed odori che riempivano al
momento quella stanza. Pensai di farmi anch’io un bagno in quel momento, non
avrei aspetto certo la notte se avevo quella possibilità. - Fatto il
misfatto!- dissi col cuore alla gola e mi diressi correndo, quasi volando, verso
il bagno. Entrata, chiusi la porta da dentro ed iniziai a spogliarmi
velocemente, gettando i miei vestiti nei cesti lì distanti, dove vi erano le
divise da lavare. Mi aggrappai ad un asciugamano che mi trascinai addosso ed
entrai Appena entrata, vidi una figura che, appoggiata al bordo vasca, alzò
lo sguardo e mi guardò stupita. Io cercai di non ridere e di assumere la sua
stessa espressione, ma non mi riuscì tanto bene, la sua era più buffa. I
capelli bagnati che ricadevano sul collo e sugli occhi argentei spalancati. -
C-che ci f-fai qu-qui?- balbettò. - Potrei farti la stessa domanda!- lo presi
in giro guardandolo intensamente. - M-ma…t-tu devi fare il
bagno…adesso?- - Che c’è? Non ti fa piacere che sto con te?- acquisii
un’espressione risentita. - No!- si affrettò a dire, scuotendo una mano.-
vieni, dai…ma ti avverto, sono nudo!- - E allora? Anch’io!- con espressione
innocente, che esprimeva la mia essenza interiore, mi avvicinai alla vasca. Lui
si mise sul dorso facendo uscire dal pelo dell’acqua i suoi addominali e con un
paio di bracciate raggiunse l’altro bordo. Ghignò. - Come vorresti entrare?
Con l’asciugamano?- mi schernì. - Girati!- ordinai ponendo il dito verso
terra e muovendolo in senso orario. Lui lo fece, vidi le sue spalle grandi e
muscolose, un leggero rossore mi colse impreparata, non pensavo che Ian fosse
così muscoloso. Lentamente allontanai l’asciugamano dal mio corpo, e passo dopo
passo mi immersi fino alle spalle nell’acqua calda. Lo sentii sbuffare. -
Hai fatto?- chiese con tono monotono e stanco. - S-si- dissi abbassando la
testa e lo sguardo, mentre un tenue rossore sugli zigomi si impossessava di
tutte le guance. Lui si riavvicinò e, vedendomi così impacciata, disse: -
Ti do fastidio? Se vuoi me ne vado- - No!- alzai lo sguardo e
contemporaneamente il braccio, con il risultato di averlo schizzato. Mi
portai la mano vicino alla bocca e sussurrai sentitamente uno “scusa” leggero
leggero. Lui, dopo essersi scoperto il viso che aveva difeso con le mani,
alzò lo sguardo e mi vide con quell’espressione idiota, ma allo stesso tempo
buffa e impacciata, si alzò fino all’ombellico dall’acqua e si avvicinò. Con una
mano appoggiata alla mia spalla mi costrinse dolcemente a stringermi contro le
pareti della vasca immensa, con sguardo magnetico mi incatenò gli occhi,
costringendoli a guardare solo lui. Lentamente fece scivolare la sua mano giù
dalla mia spalla, lungo tutto il braccio, con l’altra iniziò ad esplorare i miei
capelli e poi la portò sul mio volto, mi accarezzò una guancia rossa, calda e
sgargiante come una fiamma ardente che con la sua mano fresca riuscì a far
diminuire, ma subito dopo tornò come prima, se non più cocente. Continuò a farla
andare più giù contro le mie labbra che trascinò e lentamente aprì. Con l’altra
si allontanò dal braccio e mi cinse la vita. Le sue ginocchia vicino alle mie
cosce, non potevo muovermi, incatenata in quel dolce e sensuale abbraccio, così
strano, nuovo per me, un sapore nuovo di labbra che mi baciavano, non gustavo le
solite labbra che sapevano di Ian, stavolta c’era anche un dolce sapore di pesca
e di albicocca, frutti dal sapore inebriante. Mi lasciai trasportare in quel
bacio dal sapore del paradiso, mentre una sua mano risaliva dal fianco e
dall’ombellico arrivò vicino ai miei seni, ne descrisse i contorni con un
sussurro della sua mano. Anche i nostri corpi si parlavano, ma tremai, non mi
aspettavo questo suo gesto. Lui tirò bruscamente la sua mano fuori dall’acqua e
la poggiò sulla mia spalla. Con le labbra ci allontanammo e ci guardavamo dritti
negli iridi argentati e smeraldini dell’altro, io ero abbastanza in ebollizione,
il mio viso non si distingueva dalla massa dei capelli. Un filo invisibile
divideva i nostri nasi. - Che c’è?- mi chiese dolcemente - E’…che non ti
facevo così…- ammisi. - Così? Così come?- - Così romantico e allo stesso
tempo seducentemente inebriante- Sorrise mentre una riga scarlatta gli
dipinse gli zigomi. - Grazie…- rispose- ma tu, per caso…hai mai avuto dei
rapporti…ehm…sessuali con qualcuno?- chiese sedendosi accanto a me e smettendo
di dominarmi. Negai con la testa. Lui iniziò a ridere. - Perché ridi?-
gli chiesi imbronciata. - Perché, da come sei entrata decisa in vasca, mi hai
dato l’impressione che l’avessi già fatto- - Che importa?- - Per regolarmi
per la nostra prima volta- disse con un sorriso ironico stampato in faccia. Se
avessi potuto sarei arrossita ancora di più, in compenso il mio cuore iniziò a
correre contro se stesso. - Ma dai…non hai mai avuto ragazzi che hanno
cercato di portarti a letto?- - Dobbiamo parlare proprio di questo?- chiesi
imbarazzata. - Scusa, non sapevo che ti dava così fastidio parlare del fatto
che non hai avuto ragazzi- - Non è vero! Io ne ho avuti di ragazzi!- - E
nessuno ti ha mai toccata da qualche parte?- - Mi rifiuto di rispondere!-
incrociai le braccia e girai la testa. - Ma dai!- mise un dito sotto il mio
mento e mi fece girare la testa verso di lui.- scusa! Io scherzavo!- - Certo,
come no! Comunque scommetto che neanche tu l’hai mai fatto! Chi ti piglia!- -
Hehe! Ragazza, è lì che ti sbagli! Sono stata a letto con tante donne, ma…non ne
ho amate nessuna, non vado fiero di questo sai?- - Nessuna nessuna?- chiesi
guardandolo negli occhi. - Non ne ho amata nessuna, diciamo che ho fatto
pratica. Ma ne amo una…- - Chi?- chiesi quasi di getto. Si mise a ridere e
poi mi catturò le labbra in un bacio. - Tu- Sorrisi di rimando. Avevo
sempre desiderato una persona che mi amasse così tanto… Lui si alzò
d’improvviso di fronte a me, colta di sorpresa mi coprii con le mani gli occhi
ed emisi un gridolino. Lui era lì che mi osservava, eretto in tutta la sua
beltà, il viso contratto in una smorfia divertita. Si avvicinò ad un asciugamano
e se lo mise. - Ora puoi togliere quelle mani da lì! Sono coperto!-
esclamò - Ma sei matto?- gli urlai contro. - Accipicchia! Questa è la tua
asciugamano?- chiese prendendo l’asciugamano che avevo posato per terra. -
Si, lasciala! Altrimenti dopo come faccio a coprirmi?- gli feci notare. -
Mmm…ma io non voglio che ti copra!- rispose piegando leggermente la testa sulla
spalla sinistra, lo guardai con un’espressione alquanto stupita. Potevo
evitare di fargli notare questo particolare… - Come scusa? Credo di non aver
sentito bene- - Hai sentito benissimo!- ribadì- non voglio che ti copra- -
E perché?- chiesi spiegazioni. - Perché? Ma mi sembra pur logico! Tu mi hai
visto nudo ed ora tu ti fai vedere nuda!- - C-che co-cosa?- esclamai quasi
senza voce, ripresami aggiunsi- ma se sei stato tu che ti sei alzato e ti sei
fatto vedere nudo!- - Ma ciò non cambia il fatto che mi hai visto- - Non
c’entra niente- - Certo che c’entra, o non hai fegato?- mi sentii avvampare.
Io che non ho coraggio? Non sia mai detto, ma…allora questo significava… -
Certo che posso farlo! Ma non voglio!- dissi - Perché?- - Perché no.- -
Allora non mi sposto di qui fino a che non uscirai dalla vasca, tanto prima o
poi dovrai pur uscire! Hehe!- - Crudele!- gridai gettandogli contro la
boccetta della shampoo. Come potevo fare? Mi serviva urgentemente una
soluzione. Se avessi potuto tornare indietro, riavvolgere il nastro e
quell’asciugamano me lo fossi tenuto vicino o avrei lasciato indosso la
biancheria o avessi messo un costume. Ma, come ho letto in un libro, la vita
è un film che si gira solo una volta. Non mi resta nient’altro che trovare
una soluzione, e alla svelta. Magari, se ci fosse qualcuno che lo facesse
distrarre. Qualcosa. Si, mi basta solo un diversivo, per poter eludere la
sua sorveglianza. - hihihi!- sentii, mi girai verso di lui, e vedeva che mi
osservava rivolgendomi lo stesso sguardo stupito ed interrogativo che avevo
io. Chi aveva riso? Cercai con lo sguardo qualcuno. Ma non c’era
nessuno. Più mi impegnavo a vedere, più non vedevo. Forse era qualcosa che non
potevo vedere con gli occhi ma con il cuore. Che scema che sono! Vedere con
il cuore….macché, sto scrivendo una poesia o un libro? Poi il mio sguardo
venne colpito da una figura semi-trasparente dall’aria molto depressa con gambe
incrociate che troneggiava su un rubinetto. I capelli erano scuri, dritti, che
le coprivano parte del viso, lasciano intravedere degli occhi spenti, coperti da
lenti alquanto spesse, una divisa di scuola superata, vecchia e logora. Quel
fantasma, perché era sicuramente un fantasma, era di una ragazza che avrà avuto
sì e no appena 13 anni. Cercai con lo sguardo quello di Ian, che era però
impegnato a guardare quel fantasma, non l’aveva mai visto, era un fantasma a lui
sconosciuto. - Ian- bisbigliai. Si voltò lentamente. - C-Che
cos’è?- - E’ il fantasma di Mirtilla Malcontenta. Ciao Mirtilla!- la
salutai. - Ciao Leslie.- rispose agitando una mano e volando verso di me- chi
è lui?- - Lui è Ian Malfoy, il mio ragazzo- risposi presentandolo
cordialmente. - C-Che ci fai tu qui?- chiese Ian col fiato mozzato. - Beh,
stavo girando tra le tubature e ho deciso di fare un giretto qui- affermò il
fantasma. - Che c’è Ian?- non riuscivo a comprendere tutto questo suo timore
e la sua agitazione. - I-io sono….io non ho…niente…da-da-da sotto!-
esclamò - Oddio! È vero! Mirtilla, mica l’avrai spiato?- - Noo- rispose
lei seccamente- io sono ancora innamorata di Harry e lo sto ancora aspettando…-
rispose lei con aria sognante. - Chi?- chiesi io, volevo vederci chiaro. -
Harry, il mio primo ed unico amore, Harry Potter- Una risatina soffocata da
parte mia giunse alle sue orecchie, mi guardò torva aspettando una
spiegazione. - Scusa se te lo dico, Mirtilla, ma Harry non verrà mai, non
credo che abbia mai pensato a te!- - Perché?- - Perché lui si è sposato
con sua zia, e hanno anche due bambini…bambini poi…se li puoi chiamare così!
James di 17 anni e Lily Molly di 12. Sei arrivata tardi, direi!- la denigrò
Ian. - IAN!- lo ripresi. Mirtilla si portò le mani sugli occhi e con un
urlo disumano ritornò su dal rubinetto da dove era venuta. La sirena che era
appesa al muro si agitò, muovendo sensualmente la sua coda, i lunghi capelli che
le volavano dietro la schiena, aggrappata al suo scoglio ridacchiò della povera,
sventurata amante non corrisposta. Le scoccai uno sguardo e si fermò, girò di là
lo sguardo e si godette il panorama all’esterno. Lanciai lo stesso sguardo ad
Ian che chiuse gli occhi e scosse la testa. - Povero fantasma!- e
ghignò. - Povero fantasma? Povero fantasma?! Forse tu non sai che male può
fare l’amore, e sentirselo negato è duro. Così duro che ti senti morire…ma, se
si è già morti, come fai a morire? È terribile! Povera Mirtilla, in parte posso
capire come si sente…- Con sguardo addolorato guardai il rubinetto da cui era
sparita. Chiusi gli occhi. Frustrazione. Di non poter uscire dall’acqua e di
non poter aiutare quella povera anima infranta. Quanto male ha già ricevuto,
e quanto ne continua a ricevere. - Io me ne vado, ho bisogno di dormire-
disse infine Ian, abbandonando l’asciugamano su di una sedia. Dopo aver
sentito la porta che si chiudeva con uno scatto, raggiunsi l’asciugamano, mi
asciugai in fretta, mi vestii e mi catapultai nel corridoio. Con lo sguardo
cercavo il suo corpo, forse l’avevo ferito, indirettamente avevo affermato che
lui è un insensibile, ma così non era, volevo dire solo che doveva usare più
dolcezza, più tatto con il fantasma della ragazza disgraziata. Presi la mappa
e l’aprii. Lui era lì, vicino al Lago Nero, non chiedendomi come ci fosse
arrivato in così poco tempo, iniziai a correre, cercando di
raggiungerlo.
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Capitolo 5 *** Mani e Quidditch ***
MANI E
QUIDDITCH - Capitolo 5° -
Amore va verso amore come i
ragazzi fuggono dai libri; ma amore lascia amore con la malinconia dei
ragazzi quando tornano a scuola…
Appena riuscii a raggiungerlo, mi
fermai dietro un tronco d’albero a riprendere fiato. Mi affacciai da dietro
questo e vidi che stava osservando la luna, la piccola sfera che galleggia nel
cielo buio e stellato, alla quale il mio amante stava cantando silenziosamente
il suo cuore. Appoggiata alla corteccia dura ed imperfetta, al contrario
delle apparenze, con entrambe le mani, ascoltai ciò che il ragazzo stava
recitando al cielo stellato, lì sulla sponda del lago, i suoi occhi persi
nell’immensità di quell’oscurità, la gamba destra tirata al petto e l’altra
stesa, il braccio dello stesso lato della gamba piegata era appoggiata su di
essa, e l’altra, dritta, affondata nell’erba bagnata dalla notte. - Oh Luna-
iniziò- come devo fare per ricevere il suo amore completamente. Io la guardo e
già questo mi sazia, ma lei…sembra prendersi gioco di me. La nostra promessa di
amore fatta al tuo cospetto forse non era vera, anche perché tu ogni settimana
ci rivolgi una faccia diversa. Forse il nostro amore è così: vulnerabile,
incostante… Eppure, ogni volta che la vedo e che le prendo la mano, guardo il
suo viso…la sua espressione…forse lei non è soddisfatta, lei mi vuole
interamente…ed io? Io sono disposto anche a donarle il mio corpo per farle
piacere, ci provo, ma perché non ci riesco? Ammetto che a volte sono io a
desiderarla fisicamente, ma ogni volta che mi avvicino a lei, scappa… e non
riesco ad impormi, mi perdo nell’immensità dei suoi occhi verde smeraldo, degli
occhi che neanche tu, oh Luna, possiedi. Né tu, né Marte, né tanto meno
Venere. Come posso essere sicuro del suo cuore? Del suo amore?…- - Prova a
fidarti- uscii allo scoperto, lui di scatto si girò e mi osservò intensamente.
Ressi il suo sguardo e lo ricambiai. - Come posso…?- - Dici che abbiamo
giurato il nostro amore alla Luna, ma a me non risulta. Io ti ho solo donato il
mio amore, affinché tu lo custodisca nei meandri di te stesso, affinché tu lo
riscaldi quando sentirà freddo, per raffreddarlo quando invece sentirà caldo,
per amarlo quando odierà, affinché tu gli stia vicino quando si sentirà solo.
Io avrei fatto lo stesso con il tuo amore. Sei qui che ammetti di volermi
a volte anche fisicamente, lo ammetti davanti alla Luna. Ma non sai che la Luna
sono io, e tu la mia Terra. Vorrei continuare a girarti intorno. Ma se tu vuoi
un amore profano e non anche spirituale, avrò sbagliato pianeta, perché se mi
sentirò dire queste cose, capirò che non sei la mia Terra, ed io non posso
essere il tuo satellite.- Non riuscii più a continuare, d’improvviso mi
sentii la bocca troppo asciutta e gli occhi grondanti di quella rugiada che
avevo rubato alla notte. Ian si avvicinò a me e mi abbracciò, sentivo il
profumo dei suoi capelli, che cadevano sul suo collo, così nitidamente che
cercai di respirare solo quello. Il suo forte abbraccio riuscì a consolarmi e fu
meglio di mille parole, più di quelle che proferimmo quella sera. Quanto
restammo immobili nessuno di noi ne aveva idea. L’unica cosa che riuscivamo a
capire, l’unica realtà che in quel momento riuscivamo a comprendere era la
nostra realtà: quella di due innamorati stretti, stabili in un
abbraccio.
La mattina dopo mi svegliai nel mio letto. Di preciso non
so come ci arrivai, mi trovai però stesa sulle coperte tirate e i vestiti ancora
indosso. Penso che sia stato Ian, ma come? Decisi di non rimuginarci troppo
su. Avevo bisogno di vederlo, perché senza di lui, la mia vita era puro
nulla, lui era il tutto. Ma come, vi chiederete, possono coesistere sia il nulla
che il tutto? Diciamo che è come la teoria Odio-Amore, in cui quando regnava
l’uno o l’alto, il mondo non andava bene, perché non vi era quell’equilibrio che
si otteneva quando regnavano entrambi, equamente. Noi eravamo un po’
così. Odio-Amore. Chi era Odio e chi Amore? Diciamo che non lo sapevamo
neanche noi, ma non passavamo il tempo a rimuginarci perché la vita passa,
attimo dopo attimo se ne va e non ritorna più. Sono da vivere intensamente tutti
gli istanti che arrivano. Non pensare al futuro, non fare progetti. Non pensare
al passato, non perderti in rimpianti. Vivi semplicemente il presente, cogli
ogni attimo che ti offre, percorri la strada che ti sembra più appetitosa, e se
un giorno deciderai di fermarti e guardare ciò che sei stato, sorridi a tutto e
poi riprendi il tuo cammino, la tua corsa verso la tua destinazione. È solo tua
e nessuno può togliertela, svela ogni mistero che c’è. Fa ciò che vuoi quando e
come vuoi tu.
Indossata una divisa pulita e non sgualcita, messa tra i
panni sporchi quella che avevo ieri, scesi nella Sala di Ritrovo e vi trovai
Alex che teneva per mano Eleonora. Sorrisi. Non potevo essere più felice per i
miei due migliori amici, avevo sempre saputo che prima o poi avrebbero capito di
piacersi, perché all’inizio pensavano solo di volersi bene, come due amici. Ma
Amore è così, si nasconde e per capire dove si trova devi cercare, cercare bene.
E a volte ti gioca proprio brutti scherzi, come quello che ha giocato a me, ma a
me piace questo gioco e lo gioco fino in fondo. Preparati Amore, perché in
questa gara vincerò io, e tu? Tu vincerai con me, anche se, riconosciamolo,
potenzialmente vinci tu. Ma ora, avrei dovuto disturbarli? Li continuai ad
osservare, Alex si stava pian piano avvicinando ad Eleonora e…caspita! Si
baciano! Ed Ele che diceva che non si sarebbe mai baciata con i tipi come lui:
pantaloni bassi, ma così bassi che ci vedi l’elastico dei boxer che a volte è un
piacere; magliette larghe se a maniche lunghe o a mezze maniche, attillate se a
giro maniche; scarpe da ginnastica Nike; occhiali da sole firmati ma non a
mosca; quando doveva indossare la divisa metteva la camicia fuori dai pantaloni,
la cravatta non allacciata e i capelli alzati con il gel. Di sicuro un tipo
niente male, ma non erano i miei tipi quelli. Io preferisco i tipi jeans,
camicia da fuori, e giacca, capelli lunghi che ricadono sugli occhi, tipi alla
Leonardo Di Caprio, i tipi boni, con la faccia d’angelo ma che sanno di diavolo.
Tipi da favola. Io il mio l’ho trovato. Ed ora la mia amica eccola
lì, davanti a me, che si baciava con uno di quei tipi che detestava, forse ora
aveva imparato a non detestarli, a non denigrarli subito quando spiccicavano
parola, chissà… Aspettai che si staccarono per fare un enorme sbadiglio, uno
sbadiglio che sapeva di finzione. L’avevo fatto apposta. - Avete finito di
pomiciare?- dissi con un’espressione tra il divertito e l’annoiato. Eleonora
mi lanciò un cuscino. - Di sicuro non ti ho detto la stessa cosa quando ti ho
visto fare la stessa cosa con LUI!- e ammiccò. Le restituii il cuscino e mi
sedetti a terra, con le gambe incrociate davanti a loro. - …non ricordo!-
ammisi.- comunque ieri, quando sono tornata, non ti ho trovato sveglia e non ti
ho detto una cosa.- - Di che si tratta?- s’intromise Alex. - Giusto!-
esclamai- tu non sai niente! Ora ti racconto…vedi, mi sono messa con Ian- e
tirai un bel sorriso. - Ian?- mi chiese con gli occhi da fuori- Ian
Malfoy?- Annuii con la testa. - Ma…ma sei matta? E che diranno i tuoi?-
chiese trattenendosi dall’urlare- lui è un Serpeverde! Tu una Grifondoro!- -
Già, è rischioso, pensaci comunque….so cosa pensi e credo di conoscerti bene,
perciò ti suggerisco di pensarci- disse Eleonora. - Non preoccupatevi- li
rassicurai- ne ho parlato con i miei, ci hanno dato il via libera, carta
bianca!- - E lui?- disse Alex- e Malfoy il grande?- - Ian mi ama, io lo
amo, e ieri abbiamo fatto il bagno assieme!- non riesco a tenere i segreti, e se
anche avessimo fatto sesso gliel’avrei detto. Non mi sarei fatta certi problemi-
e poi ci siamo dichiarati amore, spero, eterno vicino al Lago Nero.- - Bagno?
Come bagno, con il costume?- chiese curiosa Eleonora. - No!- esclamai io- il
bagno nudi nella vasca dei prefetti- Insieme spalancarono la bocca. - è
stato bellissimo…-dissi con aria sognante. - E…e…cos’altro c’è stato?- chiese
piano, quasi in un sussurro, Ele. - E’ logico!- affermò bisbigliando Alex-
hanno fatto sesso! Chi si sarebbe perso l’occasione!- - E’ lì che ti sbagli,
mio caro- gli risposi- lui non mi ha toccata proprio! Ammetto che voleva vedermi
senza vestiti fuori dalla vasca, ma è arrivata Mirtilla e lui se n’è
andato- - Mirtilla?- chiese lui. - Mirtilla Malcontenta, è un fantasma.
Abita in un bagno delle ragazze, noi non ci andiamo mai- lanciai uno sguardo ai
miei amici. Entrambi erano storditi e turbati da questo mio racconto. Sapevo
che avrebbero reagito così: Eleonora non avrebbe mai fatto il bagno nuda con
Alex, e lui, se l’avesse fatto, non si sarebbe certo perso l’occasione di farlo,
ma solo se lei sarebbe stata d’accordo. Guardai l’orologio di quella domenica
mattina. Le 08:45, saltata la colazione e tra tre quarti d’ora avevo la partita
di Quidditch, con tutti questi avvenimenti, mi ero allenata poco. Si giocava
Grifondoro VS Serpeverde. Le squadre erano semplici. Grifondoro: ·
Cercatore: James Potter, mio cugino del settimo anno, capitano; · Battitori:
Oliver Twist e Benjamin Ryan, due del terzo anno davvero promettenti; ·
Cacciatori: Lily Molly Potter, secondo anno, Alex McCartney, sesto anno, e
Angelina Jackson, quarto anno; · Portiere: Leslie Weasley. Dei Serpeverde
non so bene i nomi di ogni giocatori, so solo che Ian Malfoy è Cercatore. Oggi
giocheremo come nemici. Oh, speriamo che vinciamo noi! Nonostante il fatto che è
il mio fidanzato, io devo vincere ogni sfida! Eheh! Vincerò io. Anche i miei
amici diedero uno sguardo all’orologio e poi Ele mi chiese: - Hai fatto
colazione? Oggi avete la partita!- - no- ammisi - Come no! Io mi sono
rimpinzato di roba!- - Già…- rispose guardandolo disgustato. - Un po’ di
fame ce l’ho, vado a vedere se è rimasto qualcosa- dissi, mi alzai ed uscii dal
buco del ritratto. Meglio lasciarli un po’ soli, prima che inizi la partita.
Forse così Alex si concentrerà di più e prenderà più pluffe. Un inutile
tentativo per farlo andare bene. Camminando tra i corridoi ascoltavo il mio
stomaco brontolare, chissà che avrebbe detto Ian se l’avesse sentito. Cercai di
non pensarci, di non pensare ai suoi occhi preziosi come brillanti, ai suoi
capelli biondi e lisci che ricadono gentilmente su quelle gemme, alle sue labbra
che imprigionano le mie; cercai di pensarle come parti di una persona che, di lì
a poco, sarebbe stato un mio nemico, giocatore della squadra avversaria, ma non
vi fu verso di cambiare i miei pensieri. Intravidi una sagoma snella e
sufficientemente alta che usciva dall’infermeria, di spalle vidi un ragazzo che
teneva la mano ad una ragazza. Chi era la sagoma del ragazzo? Strizzai gli occhi
e riconobbi quel suo modo di camminare, di vestirsi, di portare i capelli.
Volevo esserne davvero sicura. Mi catapultai in Infermeria e mi avvicinai con
gli occhi assatanati a Madama Chips. - Chi erano quei due che erano usciti?-
le urlai. - Shhh!- disse portandosi un dito sulle labbra- silenzio! Non
stiamo ancora allo stadio per la partita!- disse. - Si, vabbè, mi scusi, ma
potrei sapere chi erano quei due che erano usciti?- - Perché?- -
Informazione personale- risposi scialbamente. - Malfoy e sua cugina
Lestrange- - Ah…grazie- Era sua cugina. Ma più ci pensavo, più non ci
credevo. Me lo ripetevo che era sua cugina, ma il mio cervello non voleva
accettare quest’informazione. E da una parte neanche il mio cuore, lo voleva
sentir dire dalle sue labbra, la sua voce… La fame mi era passata. Presi la
mia Mimbledon 3000, nuova marca, nuovo modello. Molto veloce e molto
maneggevole. Feci qualche giro sulla Foresta Proibita, e poi mi avvicinai alla
capanna del guardiacaccia. Rubeus Hagrid. Un mezzo gigante, i suoi capelli e
la sua barba incolti non avevano più quel colore nero pece di una volta, ora vi
erano delle strisce bianche, molte strisce, che gli davano un aria un bel po’
vissuta. Delle rughe intorno agli occhi e alla bocca si erano fatte strada.
Appena mi avvicinai, Thor non mi accoglieva più entusiasta, anzi, non mi
accoglieva proprio. Il povero cane era molto quando io stavo al primo anno. Al
suo funerale c’eravamo solo io, Hagrid, zio Harry, mamma e papà, James e Lily
Molly. Poverino Hagrid, piangeva. Numerosi goccioloni scendevano dai suoi
occhietti. Bussai ad una porta ormai vecchia. Tre colpi con un pugno e sentii
una voce roca e burbera urlare. - Chi è?- - Hagrid, sono io, Leslie. Posso
entrare?- - Oh, Leslie!- e mi aprì. Mi accolse con un grande sorriso e mi
abbracciò. Io sentii tutte le mie ossa scricchiolare sotto quelle possenti
braccia, feci una smorfia di dolore non facendomi accorgere da lui. - Come va
vecchio mio?- dissi assumendo lo stesso tono di voce di uno scaricatore di
porto. - Benissimo, te?- chiese. - Male- ammisi e mi lasciai cadere sulla
poltrona vicino al fuoco spento. - Come? Perché? C’è qualcuno che devo
picchiare?- disse agitato. - No, no…è lungo da spiegare il fatto…- dissi
fissando il vuoto. - Sto qui ad ascoltarti- e gli dissi di un ragazzo, il mio
ragazzo che era uscito dall’infermeria con una che la Chips aveva definito sua
cugina. Gli esposi i miei dubbi e lui mi rassicurò. - …e per essere più
sicura, chiedilo direttamente a quello. Mi sembra tanto stupido che tu,
bellissima, ti metti a piangere per uno storpio di ragazzo!- - Tu non lo
conosci, non è uno storpio, è bellissimo, dannatamente bello!- e tuffai la testa
nella tazza di thè caldo che mi aveva appena preparato. - E tu non te ne
fregare lo stesso!- Guardai l’orologio. Tra dieci minuti dovevamo entrare in
campo. - Ti accompagno- si offrì lui. Presi la scopa, lasciai la tazza
nel lavandino e mi avviai in sua compagnia verso il campo. Tutti gli alunni
affluivano dalla scuola al campo. Salutai il mio enorme amico che mi aveva
deliziato con un capitolo imparato a memoria del libro di testo del terzo anno.
Giuda agli Ippogrifi. E poi mi aveva parlato di Fierobecco e la sua triste
storia, di Malfoy, Draco Malfoy. Entrata negli spogliatoi, mi misi
silenziosamente la divisa scarlatta e mi avvicinai agli altri. - Qualcosa non
va?- mi chiese James. - No.- gli risposi, ma sapevo che aveva intuito che non
era vero che non c’era niente. Mi prese da parte. - Ehi, se non ti va di
giocare, lascia stare! Chiamiamo il sostituto (anche se non è bravo come
te)!- - Non preoccuparti…- - …lascia tutti i tuoi problemi fuori il campo,
ora devi dare il meglio di te stessa.- mi scocca un bacio sulla guancia e gli
sorrido. - Non sono più una bambina, James!- esclamai. - Per me lo sarai
sempre!- mi fece l’occhiolino, sputò a terra la gomma da masticare che aveva in
bocca e uscimmo dagli spogliatoi. La partita cominciò. Subito i nostri
misero a segno 50 punti. Io paravo tutte le pluffe che mi mandavano. Cercavo il
più possibile di non pensare a Ian e a quella smorfiosa che si fa passare per
cugina. - 10 punti per Serpeverde!- sentii urlare. “Di-dieci punti? Ma se
non è neanche passata! Non vale” pensai, e poi mi accorsi che, quando la pluffa
è passata, stavo pensando ad Ian. “Non lo fare mai più idiota! Vuoi perdere
questa partita?” mi ordinai, e subito mi tuffai su una pluffa che cercava di
entrare nell’anello più in basso. - Leslie!- mi sentii chiamare. Mi girai e
vidi Lily che mi faceva segno, le lanciai la pluffa rossa che tenevo stretta tra
le mani. - Leslie!- di nuovo. Mi girai. James stava abbandonando la sua
postazione strategica e mi veniva incontro. - Che fai? Torna al tuo posto!-
gli ordinai, ma lui non mi stette a sentire e si avvicinò. - Che fai tu! Se
continui così perderemo per i punti! Il boccino vale tanti punti, ma cerca di
non farli superare con i…- si spostò e intercettai una pluffa vicino a lui. La
bloccai e la lanciai ad Alex. - dicevo, sta attenta! O sarò costretto a
sostituirti!- e mi diede una pacca sulla spalla.- mi raccomando…- il suo sguardo
era preoccupato. Sentii un ronzio vicino alle mie orecchie, mi girai e vidi
una pallina dorata che mi svolazzava vicino. - James!- urlai e lui si accorse
dell’ostacolo che non mi faceva concentrare. Si fiondò sulla pallina che si mise
a volare velocemente seguito a ruota da Malfoy. Malfoy. Perché l’ho chiamato
Malfoy? Lui è Ian. Due palle si avvicinarono a me, una nera e una rossa.
Quale delle due devo prendere? Stordita non ci capii più niente. Ian, la ragazza
che si dice che sia sua cugina, James, Alex e Eleonora che si sono fidanzati, la
partita… una grande confusione attanagliava la mia testa. Mi catapultai sulla
palla rossa ma la nera, più veloce, mi raggiunse prima e mi colpì alla spalla.
Un dolore allucinante. Mi portai il braccio sano sulla spalla rotta. -
Leslie! Attenta! Ritorna!- mi urlò Alex. Mi girai e riuscii a scansarmi
all’ultimo secondo, ma persi l’equilibrio e abbandonai la scopa che precipitò
insieme a me, dato che la tenevo stretta nella mano. Tutti i giocatori si
facevano sempre più velocemente piccoli e gli anelli più lontani. Un tonfo. Poi
tutto nero. Mi svegliai un secondo dopo in un lettino dalle lenzuola bianche
e gli occhi dei miei compagni di squadra puntai in faccia. Portai la mano
sulla fronte e con l’altra cercai di fare pressione ed alzarmi. Un fitto dolore
mi colse impreparata, lanciai un urlo e le mani possenti di James mi portarono
sul letto. - Stai giù- ordinò piano, la sua voce forte era ferma, lo guardai,
aveva il sorriso stampato in faccia, come uno che l’aveva fatto per forza,
sapevo quanto gli costava quel sorriso, dagli occhi si intravedeva un animo
irato. - Ti ho detto che dovevi stare attenta- continuò. - Scusa-
borbottai allungando il labbro inferiore. - Se non ti sentivi bene, perché
non me l’hai detto? Ti vedevo alquanto assente, e mi sono spaventato un casino
quando ti ha colpito quel bolide, fortuna che ti sei mossa e non ti ha colpito
la testa!- - E la partita?- chiesi cercando di ignorare i suoi discorsi
prepotentemente materni, ma allo stesso tempo dettati dalle labbra di un cugino
che ti vuole bene ed è arrabbiato oltremodo con te. - Abbiamo vinto- disse
piano Alex- James ha catturato velocemente il boccino e ti ha accompagnato in
infermeria lui, quando siete giunti volavate sulla scopa e lui aveva ancora il
boccino tra le mani- - Grazie- dissi dispiaciuta rivolta al mio cuginetto.-
mi vuoi tanto bene?- - No, non ti gasare, l’ho fatto solo perché sei l’unico
portiere decente che abbiamo in tutta la Casa!- disse distogliendo lo sguardo
dai miei occhi. Sapevo cosa voleva dire, lui era un tipo tosto, non si lasciava
ai sentimenti. “Esternare i sentimenti è da deboli!” diceva sempre.
Capii. Gli lanciai un bacio. Lui lo prese con una mano, girò i tacchi e si
avviò verso la porta, prima di aprirla si girò e mi disse di guarire in fretta,
così tornavamo ad allenarci per la prossima partita. Quasi tutti gli altri lo
seguirono. Rimasero con me Alex, Eleonora e Lily. - Come stai?- chiese
Lily. - Benissimo- e le sorrisi. - No, sul serio- disse. - Ammaccata,
non mi sento più la spalla- ammisi. - Non preoccuparti, te la aggiusto
subito- s’intromise Madama Chips, giunta da poco, e mi diede da bere un liquido
giallognolo che mi sembrava un’altra cosa. Lo bevvi, un sapore d’amaro e di
bruciore mi invase il corpo, ma soprattutto lo stomaco. - Bleah! Sa di
alcool! Di detersivo! Ma che cos’è?- dissi con voce roca. - Un liquido per
purificarti. Ora pensiamo a curare la ferita, fa vedere…- e mi afferrò il
braccio. Emisi un gemito. - Non fare la lagna!- disse Eleonora. - Ha
ragione la tua amica!- disse la Chips- mi tieni questo barattolino cara?- e le
porse un barattolo dall’odore fetido. lei non si tappò il naso per educazione,
il contrario di quello che fecero Alex e Lily. Madama Chips mi spalmò un po’ di
contenuto sulla spalla, e sentii il dolore attenuarsi, ma era ancora presente.
Cercavo però di non pensarci. - Torno domani per vedere come stai, e forse ti
dimetto anche!- esclamò con un sorriso. Le sorrisi di rimando e la seguii con lo
sguardo allontanarsi. - Raga, io devo andare, mi aspetta un tema lungo 100 cm
per Pozioni. Ci vediamo. Stammi bene Leslie- disse Lily e si
allontanò. Rimanemmo io, Eleonora ed Alex. - Allora- cominciai- come
state?- Si guardarono. - Bene, grazie.- - E com’è che state
insieme?- Alex distolse lo sguardo ed Eleonora iniziò a fischiettare, ma
sapevo che si stavano tenendo per mano, coperti dalle lenzuola del letto. -
Non fate i finti tonti- insistetti- vi ho visti baciarvi per mezz’ora
stamattina, tranquilli.- - Bah, sarà stato massimo due minuti- disse Alex.
Era ceduto e si prese una gomitata, che aveva l’aria di far male, nel fianco da
Ele. - No, niente, ci siamo trovati da soli, l’atmosfera era romantica e mi
ha baciato- disse lei. - Io, semmai sarai stata tu!- affermò lui. - No,
caro, sei di memoria corta! Sei stato tu!- - E io ti dico che sei stata
tu.- - Volete lasciarvi per questa sciocchezza? C’è gente che sta peggio di
voi- li denigrai e mi girai dall’altro lato. Pensai ad Ian e a quella ragazza.
Una lacrima, come un fiume, scorse giù lungo i pendii delle mie guance. -
Cos’è successo?- fiutò Eleonora. - Niente- dissi con voce tremante e tirai un
sospiro. - Quel verme di un Serpeverde ti ha fatto qualcosa?- chiese subito
Alex, e io scossi la testa. - Non è vero. Che è successo?- insisté la mia
amica. Le mie difese si abbassarono e scoppiai in un pianto. Sentii delle
mani amiche che mi accarezzavano una spalla, quella ancora buona. Mi calmai e
gli raccontai tutto, guardandoli stavolta negli occhi. Alla fine Alex scattò
in piedi ed esclamò: - Ora quello me la paga! Non l’ho mai sopportato e
questo è un buon motivo per picchiarlo!- - Fermo tu!- ordinò Ele- su su,
vedrai, secondo me è davvero sua cugina…- cercava di confortarmi la mia
amica. - Si- disse Alex aiutando la ragazza a calmarmi. Smisi di piangere ma
non ero convinta. Volevo sentirlo uscire dalle sue labbra. - Si può?- disse
la voce di un ragazzo. Tutti e tre ci girammo verso la corsia e vidi un
ragazzo alto, capelli color del sole e due occhi che brillavano. Aveva un jeans
e una t-shirt tirata fuori. - Malfoy- disse Alex squadrandolo e trattenendosi
dal mandargli una fattura o fargli l’occhio nero. - Salve McCartney…Alex,
posso chiamarti così?- disse porgendo una mano amichevolmente. Il mio amico la
rifiutò, gli voltò le spalle e disse:- Me ne vado, ho da studiare. Malfoy, dopo
facciamo i conti e tiriamo le somme, senza sconti- e lasciò la stanza. -
Ciao- disse Eleonora- come va? Ti posso chiamare Ian?- - Certo- sorrise- e tu
sei…- - Eleonora- dissi fredda. - Piacere e scusa, io so solo il tuo
cognome.- - E di che! Ora vi lascio un po’ soli. Bye Leslie, stammi bene.
Ciao Ian- - Ciao- la salutò. Quando si richiuse la porta, si avvicinò a me e
fece per darmi un bacio, io lo scansai. - Perché sei così gelida?-
chiese - E tu con chi stavi stamattina che sei uscito di qui?- - Con mia
cugina, Angel Lestrange- rispose pronto. - Siamo sicuri?- - Si, stamattina
non si sentiva bene e l’ho accompagnata qui.- - Perché? Lei non ha il
ragazzo?- - Si, ma stava a dormire…che soggetto! E, dato che si sentiva male,
l’ho accompagnata qui- - E perché vi tenevate la mano?- Si grattò la
testa. - Ci tenevamo per mano?- - Solo per un attimo- ammisi. - Non me
n’ero proprio accorto. E tu sei proprio una scema se credi che ti abbia tradita,
dove la trovo un’altra persona fantastica come te?- E mi baciò. Stavolta non
rifiutai. Stavo meglio, molto meglio, e volevo sentirlo vicino a me. Lui mi
accarezzava i capelli e poi il collo, dove scese anche con i baci, ma si fermò.
Non continuò. Sapeva che se non ero d’accordo lui non poteva andare oltre. -
Comunque come va la spalla?- mi chiese tastandomela. - Male non mi fa- dissi
e la feci roteare- credo che sia guarita, speriamo!- - Si…- si girò e guardò
il vaso vuoto sul comodino- che è questo coso vuoto?- agitò la bacchetta e in un
attimo si riempì di rose rosse, blu, gialle e bianche. - Che belle!- esclamai
con il viso illuminato. Più ci pensavo e più mi sentivo un’idiota ad aver
dubitato del suo amore. Mi slanciai, gli presi il viso tra le mani e lo baciai.
Lui rimase per un po’ con gli occhi spalancati, poi si lasciò trascinare in
quella danza scoperta da poco, una danza in cui tutti e due si scambiavano
effusioni d’amore. Una danza che per ora non andava oltre il semplice
bacio. Ci saremmo visti anche quest’estate? Lo speravo intensamente. I miei
erano d’accordo. Un pensiero mi balenò nella testa. E suo padre? Suo padre che
diceva? Mi staccai e guardai il riflesso dei miei occhi nelle sue iridi. -
Tuo padre?- - Che?- - Tuo padre che dice del nostro amore?- - Si è
arrabbiato all’inizio, ma poi, in un’altra lettera, mi ha dato carta bianca,
guarda!- tirò fuori dalla tasca due lettere e me ne porse una sola. “l’altra te
l’ho già spiegato, si era arrabbiato”. Mi mostrò un foglio di pergamena bianca e
sotto una nota.
Ci ho pensato, questa è la carta che ti do, carta
bianca. Pensa tu a sporcarla con l’inchiostro raccontando il vostro amore. Buona
fortuna, più di quella che ho avuto io. Draco Malfoy.
La
scrittura era leggibile, chiara. Grande! Avevamo il consenso dei nostri! Non
pensavo che Malfoy il grande si sarebbe arreso così velocemente. - Ti amo- mi
disse Ian e mi buttò sul lettino. Lui mise le mani vicino alle orecchie e le
gambe vicino alle mie. Stava così, piegato su di me. Poi scosse la testa e scese
dal lettino. - Me ne vado- disse andando verso la porta. - Aspetta!- scesi
dal lettino e gli corsi dietro. Gli presi il braccio e lo voltai verso di me.-
c’è qualcosa che non va?- Scosse la testa. - Sicuro?- chissà perché ma non
ne ero tanto sicura- aspetta, chiedo a Madama Chips di dimettermi, tanto sto
bene- e mi avviai verso il suo studio. Bussai tre volte e lei mi aprì. Le dissi
di sentirmi bene e volevo andare via. - …Vabbè, ti lascio andare, ma torna
domani per un controllo. Mi raccomando, è importante!- E lasciai quel posto
che sapeva di malati. Avevo ancora indosso la divisa scarlatta da Quidditch, ma
non m’importava. Presi per mano il mio ragazzo e insieme andammo a fare un giro
nel castello. Ad ora di pranzo ci lasciammo, mi andai a cambiare. Maggio era
quasi passato, si avvicinava Giugno con il caldo e gli esami. Indossai una
t-shirt con la faccia di un bambino con una canna in bocca e che mostrava il
dito medio alzato, un jeans a vita bassa, un paio di scarpe da ginnastica.
Appuntai la spilla dei Grifondoro alla maglia e uscii. Mi aspettava James,
seduto su una poltrona a leggere la Gazzetta del Profeta. Appena scesi mi
chiamò. - Vieni qui!- disse facendo segno con la mano di avvicinarmi.
Obbedii. Mi sedetti su un bracciolo e lo guardai. - Come va con Ian? È venuto
a vedere come stavi?- - Si, e ha fatto una cosa strana- - Cosa?- chiese
curioso mio cugino. - All’improvviso mi butta sul letto e si mette a
cavalcioni su di me, cioè…così- e mi misi a quattro zampe a terra.- che
significa?- gli chiesi dopo aver ripreso il mio posto. Lui tranquillamente mi
rispose:- vuole fare sesso. Ma tu sei d’accordo?- - Non lo so. Non ne abbiamo
ancora parlato!- - E gli altri lo sanno?- - No, solo tu, Alex ed Eleonora
– - mmmh…ricordati delle foto…- - Ah!- dissi ricordandomi solo dopo che- i
nostri genitori ci hanno dato il permesso!- esclamai abbracciandolo. -
Davvero? Che bello! Non andate da qualche parte da soli quest’estate?- - Non
ci avevo pensato…- dissi portandomi il pollice in bocca e succhiando l’unghia-
l’estate, tra un po’ arriverà… Fortuna che abbiamo gli stessi corsi al settimo
anno! Che bello! Entrambi Auror…- - Mi raccomando quando fate sesso!- - Ma
chi sei? Un porta-sfiga? Credo che non lo faremo ancora per un po’…e poi sono
solo 3 mesi che stiamo assieme e già succede tutto questo. Mi sembriamo due
innamorati perseguitati dal buio della morte, c’è qualcuno che non vuole che
stiamo insieme. Tu che ne pensi?- - Se sei felice tu, lo sono anch’io!-
affermò e mi abbracciò.- mi raccomando- mi sussurrò. GROAN! Mi portai una
mano sullo stomaco e borbottai delle scuse, lui scoppiò a ridere. Insieme ci
avviammo alla Sala Grande, dove ci aspettavano i manicaretti preparati degli
elfi domestici nella cucina.
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Capitolo 6 *** La stamberga strillante ***
LA STAMBERGA STRILLANTE - Capitolo 6° -
Giugno arrivò. Maggio se ne andava tristemente, lasciando delle gocce
al cielo che caddero subito, gocce che vennero versate in un sol giorno. Il
cielo era limpido ora. Maggio si era rassegnato. Giugno fece sbocciare gli
ultimi fiorellini e con esso arrivò anche il caldo segnato da un leggero
venticello che spirava ogni tanto. Le lezioni erano al termine, gli esami
sempre più vicini. Io e Ian stavamo da quasi quattro mesi insieme. Il
pomeriggio uscimmo a quattro per Hogsmeade: Alex, Eleonora, Ian ed io. Dato che
era strano che un Serpeverde stava con dei Grifondoro, stemmo riparati in un
pub, ma subito dopo andammo nei pressi della Stamberga Strillante. Papà mi aveva
detto di starne lontana, lui aveva avuto una brutta esperienza, e si toccava
sempre una gamba, ma né mamma né papà mi avevano mai raccontato cosa
successe. Guardai per un attimo il profilo del mio ragazzo. Era un viso dolce
e delicato e con un’espressione decisa dipinta negli occhi, quegli occhi dal
colore più chiaro del cielo tanto che anche quest’ultimo desiderava avere quel
colore. Le labbra ben disegnate erano contratte in un dolce e leggero
sorriso. Indossavamo tutti dei vestiti diversi dalla divisa scolastica ma al
nostro petto era appuntata la spilla con lo stemma di Hogwarts. Ian aveva un
jeans della Ralph Lauren a vita bassa e un po’ strappato, una maglietta D&G
nera e attillata, che gli disegnava i contorni e le curve dei muscoli addominali
e pettorali, senza maniche, scarpe della Puma. Capelli lunghi con la frangetta
bionda che arrivava sugli occhi. Alex un pantalone Levis che lasciava
intravedere i boxer neri firmati Calvin Clain, una maglietta a mezze maniche
della Nike e delle Shox. I capelli castani colorati di un biondo scuro lasciati
liberi da qualsiasi crema o gel, liberi di muoversi nelle direzioni indicate dal
vento. Eleonora aveva una gonna di jeans a pieghe con sopra un top rosa della
Fendi, degli stivali beige di una nota marca e una borsetta rosa della Ralph
Lauren. I capelli erano legati in una coda di lato da un elastico con un fiore
tropicale. Io indossavo, invece, una maglietta a righe rosse, rosa e bianche
a mezze maniche della Tommy Hilfiger e un jeans della Jacobs, delle scarpe rosa
e argento della Nike, il nuovo modello di Silver; avevo lasciato i capelli rossi
sciolti. Ci mettemmo seduti a coppie sul grande prato che si affacciava sulla
Stamberga. Quando mi girai per chiedere qualcosa a loro e li vidi baciarsi,
l’atmosfera era tutta romantica e perciò decisi di non chiedergli nulla, mi
voltai a rimirar lo sguardo del ragazzo steso sull’erba accanto a me, le braccia
tirate dietro la nuca e le gambe piegate ed accavallate. Mi avvicinai con
l’orecchio al suo petto e iniziai a sentire i battiti del suo cuore. Appena
appoggiai la test sentii il suo cuore iniziare a correre di più e tenere quella
velocità fino a quando non mi staccai da lui, lo guardai dritto negli occhi, lui
mi ricambiava lo sguardo e poi mi baciò, era tutto così improvviso ma così
bello, stare lì, quella domenica pomeriggio di Maggio, e anziché pensare a
studiare per gli esami, si passava il tempo a cercare l’animo del ragazzo, ad
infondergli fiducia e amore, cercare quella parte di noi che si trova in altri
cuori. Mi avvicinai al suo orecchio e dissi: - Che ne dici di andare nella
stamberga?- - A fare che cosa?- chiese stralunato, come un bambino che era
stato appena svegliato. - A vedere se ci sono davvero i fantasmi! A spiegare
perché solo una volta si potevano sentire dei lamenti ed ora no- - Noo- disse
con un tremito nella voce che colsi all’istante – mi rompo!- - Hai paura,
eh?- dissi ammiccando. - Ma di cosa?- rispose alzandosi- vado da solo o sei
tu che ti fai sotto e non vieni?- aggiunse porgendomi una mano che afferrai al
volo ed insieme, mano nella mano ci avviammo alla staccionata mezza caduta e
formata da legno marcito e fili spinati. Prima lui scavalcò e poi mi
aiutò. - Ahi!- esclamò dopo che avevo scavalcato. Lo guardai e vidi che si
teneva un dito nella mano, gliela feci aprire e vidi un taglio profondo. Lanciai
uno sguardo al filo spinato più alto e lo vidi un po’ arrugginito. - Andiamo
bene- dissi ruotando in aria la bacchetta. Pian piano da lontano arrivò una
valigetta con una croce rossa dipinta sulla vernice bianca, la aprii e
disinfettai la ferita. Mentre lo facevo, sentivo i suoi lamenti, alzavo a volte
il capo e vedevo la sua faccia percorsa da una smorfia di dolore e fastidio, gli
occhi strizzati un po’ aperti, le iridi umide e il labbro inferiore morsicato
dai denti. - Non fare il bambino!- affermai - Eh? E perché?- chiese con
voce tremante. - Non fa male- e avvolsi il suo dito in un cerotto rosa. -
Affatto…- disse aprendo finalmente gli occhi. Lo guardai e sorrisi. Mi guardò
di rimando e mi sorrise anche lui. Si incamminò, chiusi la borsa del pronto
soccorso e corsi verso di lui. Spinse leggermente la porta con la mano
sinistra che si aprì cigolando accompagnata da essa. L’interno era illuminato
debolmente dalla luce che filtrava attraverso le finestre e la porta. Le
scale avevano dei gradini di legno ceduti, le tende che coprivano le finestre
erano strappate in alcuni punti e pendevano sinistramente dritte sul pavimento.
Il sotto i nostri piedi scricchiolava a tal punto che superava il nostro fiato.
Salendo le scale lentamente, afferrai il braccio sinistro di Ian e con gli occhi
facevo un giro della stanza in cui ci apprestavamo ad entrare. Un cigolio
provenne dal piano di sotto e la porta si chiuse di scatto. Balzammo insieme e
ci guardammo. Io ero spaventatissima ma il suo volto fermo mi rassicurava un
poco. Non parlavamo per paura di essere scoperti. Sulle pareti delle scale vi
erano dei quadri con le tele strappate da artigli affilati, alcuni avevano i
vetri rotti e le foto erano scomparse, altri erano quasi caduti, altri ancore si
trovavano sotto i nostri piedi. Finite di salire, vedemmo davanti a noi una
porta senza maniglia e tutta rotta nella parte di sotto, la spinsi e vidi un
letto a baldacchino senza i piedi ma con il copriletto e il materasso ancora
intatti, anche se violati dalla polvere, vicino c’era una caminetto con a terra
tanti soprammobili rotti, spezzati. Mi avvicinai e colsi due pezzi di un
angioletto che mostava un bambino che pregava, li avvicinai e lo posai sul
caminetto. Mi voltai e feci un respiro profondo. Ian si stava avvicinando ad un
pianoforte a coda dal legno ancora in piedi e pieno di polvere, come tutta la
casa. Suonò una nota e lo accordò. Suonò “al chiaro di luna”di Bethoveen, una
canzone un po’ macabra, dalle note sinistre, ma con un certo fascino. Dietro di
lui vi era un mobile con un anta semiaperta e l’altra spostata dai cardini e
poggiava perciò a terra con lo spigolo inferiore. Aprii meglio l’anta illesa e
scorsi un baule. Lo presi e lo aprii. Dentro le pareti erano ricoperte da un
tessuto di seta rossa, album e lettere erano contenute. - Ian- sussurrai.
Smise di suonare e mi raggiunse. - Che c’è?- chiese guardando con
espressione curiosa nel baule. Prese una lettera e l’aprì. Era stata scritta una
poesia, una poesia di un noto poeta pessimista italiano, Giacomo
Leopardi.
L’infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e
questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo
esclude. Ma sedendo e mirando, infiniti spazi di là da quella, e
sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo; ove per
poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante,
io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien
l’eterno, e la morte e le stagioni, e la presente e viva, e il suon di
lei. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è
dolce in questo mare.
- Che bella!- esclamai- la conosco!- - Di che
parla?- mi chiese Ian - Il Leopardi cita l’infinito che deriva, per lui, da
un istintivo bisogno di superare i limiti imposti dalla condizione stessa di
creatura imperfetta e mortale che è l’uomo. Tuttavia l’uomo è finito e non può
compiere realmente l’esperienza dell’infinito, egli può compensare la sua
limitatezza attraverso l’immaginazione che gli concede di toccare, di vedere
spazi che neanche i sensi avvertono, non possono sperimentare. Infatti,
l’infinito leopardiano non è un concetto mistico o religioso, ma è l’avventura
dell’immaginazione.- - E tu come lo sai?- chiese - La mamma, mi ha
insegnato la letteratura babbana sin da quando ero piccola, mi piaceva un
sacco- - Sei fantastica!- disse baciandomi. Mi lasciai trasportare da
quella situazione e dalla sua passione, ricambiavo con enfasi quel bacio
innamorato. Si alzò, mi prese per mano e mi portò sul letto che scoprì, mi
accostò al materasso e continuò a baciarmi, i suoi baci passarono dalle labbra
al collo, sentivo il suo respiro farsi più pesante. - I-Ian…- sussurrai. Si
fermò. - Si?- - Che fai?- gli chiesi guardandolo negli occhi. Lui non
rispose, distolse lo sguardo e fissò il pavimento. - Ehi!- dissi capendo che
non dovevo dirlo, che non dovevo fermarlo, perché piaceva anche a me. Ancora
non rispose. Con una mano voltai la testa e lo costrinsi a guardarmi. -
O-ora non mi va- perché mento?- magari un’altra volta- ma adesso c’è
quell’atmosfera romantica idiota!- non mi sento pronta e…poi se ci scoprissero
Alex e Eleonora?- che idiota che sono! Annuì. - Si, hai ragione- disse
infine- meglio un’altra volta- Si alzò e se ne andò. Lo seguii e raggiungemmo
gli altri sul prato. - Dove eravate?- chiese Alex - Stavamo vedendo se
c’erano fantasmi o cos’altro in quella casa mezza rotta- rispose Ian. Guardai
Eleonora e capii che lei aveva capito subito, sarà per i vestiti non in ordine
com’ero solita portare, o per i capelli leggermente spettinati. Insieme
tornammo al castello.
scusatemi x leopardi, ma nn sapevo ke
mettere...e poi m piaceva l'idea d inserire della letteratura italiana. al
prox capitolo. commenti
please!
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Capitolo 7 *** I want you ***
I WANT YOU - Capitolo 7° -
L’aria di sera rinfrescava e il venticello accarezzava i miei capelli
che, travolti in quella danza, si lasciavano guidare. Passeggiando sulla riva
del lago, io ed Eleonora parlavamo delle nostre sensazioni quando ci trovavamo
insieme ai nostri ragazzi. Dei ragazzini del secondo anno ci guardavano
ammirati, le nostre relazioni erano state rese pubbliche da qualche tempo. Per
mezzo degli esami che incombenti si avvicinavano sempre di più, io ed Ian non ci
vedevamo quasi mai. L’ultima partita di Quidditch che dovremmo disputare sarà
tra qualche giorno, gli incontri si intensificano e le notti le passavamo a
riposarci per non perdere nulla. I vestiti si facevano pesanti, anche da
indossare e i capelli dietro la nuca si attaccavano per il troppo sudore. Di
pomeriggio tutti si ritrovavano all’ombra dei grandi alberi che circondavano la
Foresta Proibita o nei sotterranei, come era solito tra quelli di Serpeverde. Io
passavo quei preziosi pomeriggi a studiare nella Torre dei Grifondoro, poiché
ero la sola a starmene lì tranquilla, mi mettevo tranquillamente in mutande e
reggiseno, se c’era qualcun altro, il costume andava benissimo, i capelli legati
in una coda; se sudavo tanto di sera mi andavo a fare la doccia nel bagno dei
prefetti, oppure, come feci qualche notte fa, qualche bracciata nel Lago,
all’insaputa di tutti. Di Ian non avevo notizie da un po’, lo vedevo di
sfuggita di mattina e stavamo insieme nelle ore di Pozioni e Difesa contro le
Arti Oscure, ma poi neanche un saluto ci scambiavamo, né tantomeno un bacio, di
quei tempi, stressati com’eravamo, avevamo come quasi dimenticato che stavamo
insieme. Eleonora stava da quasi un mese con Alex e quando li vedevo insieme
ero felicissima, ma ero anche un po’ invidiosa, perché lei il suo ragazzo lo può
avere in qualsiasi momento vicino, io, per avere il mio, dovevo scendere sette
piani, oppure era lui che doveva salirne altrettanti. Da quando stava con lui,
si curava di più ed era meno stressata, e quando capitava loro di litigare,
anche per qualche scemenza, si infuriava a tal punto da sembrare una ciminiera,
con il fumo che le usciva dalle orecchie. Ad Alex lei piaceva un sacco e quando
la guardava, non era uno sguardo che rivolgeva alle altre ragazze, uno sguardo
desiderante intensamente sesso, ma uno sguardo di uno scultore che guardava la
sua opera d’arte; non che quando lui mi guarda vuole fare sesso, sia inteso
questo! Anche perché lui non mi guarda, lui ha già trovato il fiore che, giorno
dopo giorno, deve innaffiare con il suo amore e rendergli grazie altrimenti
rischierebbe di morire. Alzai lo sguardo verso il sole che stava andando a
dormire e aspettava che la luna si svegliasse sempre di più. Un sorriso si fece
largo sul mio volto, solo a ripensare ai capelli biondi suoi, e un velo
rossastro sul mio volto si confuse con il colore dei miei capelli. - Leslie-
disse la mia amica sedendosi sulla riva e togliendosi le scarpe per farsi
bagnare i piedi- lo vorresti far conoscere ai tuoi genitori?- - Chi? Ian?-
chiesi colta alla sprovvista, imitandola nei gesti. Annuì.- Si, non ne senti
il bisogno? Oramai state da quasi quattro mesi insieme!- - Mah, non ci avevo
mai pensato, sai? Credo di no, loro si fidano, io voglio fare le mie scelte e
sbagliare catastroficamente, non voglio che loro si intromettano, ma non voglio
che mi neghino un parere, un abbraccio, un aiuto…- ammisi. - Si, anch’io la
penso come te…- si portò le ginocchia al petto e le cinse con entrambe le
braccia. - Domani abbiamo gli esami- ricordai. - Già! Non mi ci fare
proprio pensare!- ammise stiracchiandosi all’indietro. Mi alzai. - Dove
vai?- chiese. - A mangiare!- risposi ed insieme, come due bambine, corremmo
verso la Sala Grande. Appena entrammo, notammo che Ian e Alex stavano
parlando con altri ragazzi delle rispettive Case. Io non lo disturbai e con la
mia amica ci avviammo verso il mio amico e suo fidanzato. Mi sedetti di fronte a
loro e cenai in silenzio, non potevo lanciare occhiate al mio boy perché ero di
spalle, sarebbe sembrato troppo brutto… Alla fine del pranzo mi avviai verso
la Torre al settimo piano. Mi avvicinai sempre di più alla Signora Grassa,
quando una mano si posò sulla mia spalla. Con dei riflessi pronti la afferrai e
mi voltai, girando il braccio alla persona che mi aveva fermata. Quando vidi
quell’espressione di dolore su un volto roseo abbastanza bene conosciuto,
lasciai la mia presa e mi scusai il più possibile, lui continuava a dire che non
era nulla ed io a bombardarlo di scuse. Mi mise entrambe le mani
sull’attaccatura delle braccia, mi guardò dritto negli occhi, uno sguardo
intimidatore, io mi azzittii ed un velo rosso si dipinse sulle mie guance. -
Non preoccuparti, Leslie, non mi hai fatto niente- disse - Ma…- - Niente
ma!- fece Ian avvicinandomi il dito indice sulle mie labbra che si chiusero di
scatto. - Vuoi entrare?- chiesi bisbigliando, indicando il ritratto alle mia
spalle con un cenno di testa. - Ma…non posso…- - Fidati ed aspettami qui!-
lo rassicurai. Mi avvicinai alla Signora Grassa che, imponente nel suo
vestitone rosa, mi guardò. - Parola d’ordine?- chiese. - non committere
proelium- Si aprì rivelando il buco nel quale sparii agli occhi di Ian. Corsi
in camera, incurante degli sguardi di quei pochi Grifondoro che si erano
ritrovati a studiare per gli esami del giorno dopo, e presi dal baule qualcosa
di fluente e grigio argento che, piegato, formava un mucchietto di pieghe
lucenti. Dopo di che mi mossi alla volta della Sala di Ritrovo, scavalcai il
buco del ritratto e raggiunsi il mio amico, gli feci indossare il mantello
dell’invisibiltà e gli mostrai la strada per il dormitorio dei ragazzi. Bussai
alla porta di quelli del sesto anno e mi affacciai, non era arrivato ancora
nessuno, scavai nel baule di Alex e trovai una divisa da Grifondoro. Gli feci
togliere la divisa verde e argento e gli feci indossare quella rossa e oro,
mentre si vestiva, presi quella che aveva lasciato a terra e la misi al sicuro
nel baule del mio amico con un biglietto in cui gli spiegavo il
misfatto. Appena finì di vestirsi, lo guidai fino alla Sala di Ritrovo e lo
seguii mentre si sedeva su una poltrona rossa posizionata davanti ad un tavolino
con un’altra sedia in un angolo riparato. Mi sedetti di fronte a lui e poggiai
le mani sul deschetto. Lui me le prese e mi ritrovai a guardare intensamente
degli occhi cerulei così profondi che mi chiesi “ho mai guardato veramente in
questi occhi? Oppure ho solo visto in superficie? Come sono penetranti, mai ho
visto degli occhi così belli…oh cavolo! Ma perché sto pensando queste
cose?” Arrossii violentemente e distolsi lo sguardo. Quelle mani che
tenevano le mie erano grandi, un po’ ruvide rispetto alle mie meglio idratate,
si muovevano su tutte le palme e i dorsi delle mani di questa povera sciocca. Ma
come posso piacere ad una persona così semplice, dolce e bella? Possibile che
questo principe azzurro sia tutto mio? Sto sognando? Io credo proprio di sì….mi
sveglierò tra poco, e dandomi un pizzicotto capirò che era tutto un sogno, un
desiderio. Ma perché, allora, questa figura non svanisce davanti ai miei occhi?
Vuol dire che è tutto vero? E come fare per saperlo? Come pronta risposta,
come se mi leggesse nel pensiero, Ian si sporse sul tavolino e mi baciò. Il
fardello del sogno iniziava a svanire, e non la figura del mio cavaliere. Con
questi pensieri ricambiai il bacio. Mi staccai arrossendo ancora di più, lui
sorrise mostrando il suo sorriso bianco splendente che faceva a pugni, ma che
stava molto bene, con la pelle abbronzata del suo volto. Gli risposi
rimandandogli un sorriso a fior di labbra. - Sai, sembra che stai prendendo
fuoco!- disse ridacchiando. - Eh?- dissi spaventata alzando un po’ le spalle
e guardandomi i vestiti. - No, no!- esclamò ridendo ancora più forte- non i
vestiti! La tua faccia! Sei tutta rossa, e con i capelli che ti ritrovi…- e
scoppiò a ridere. Rideva di gusto e non riuscii a prendermela, anzi iniziai a
riderci su anch’io. - Leslie?- mi sentii chiamare e così mi girai verso la
voce. Alex ed Eleonora ci guardavano con gli occhi sgranati. - C-che ci fa
lui qui?- bofonchiò Eleonora mentre Alex faceva trasportare due sedie da un
tavolo vicino e le fece cadere vicino alle nostre. - Che avete fatto?- chiese
Alex poggiando i gomiti sul tavolino, incrociò le mani e vi poggiò il viso sul
quale era dipinto un sorriso beffardo. - Niente- rispose Ian staccando le sue
mani di botto e mettendosele nelle tasche del pantalone. - Che ci fa qui?- mi
ripeté Ele- e perché non indossa la divisa…-abbassò la voce- la divisa dei
Serpeverde?- - Ah!- dissi guardandolo e poi facendo saettare il mio sguardo
da un volto all’altro- stava qui fuori e non mi andava di lasciarlo lì, l’ho
fatto entrare con il mantello dell’invisibilità e l’ho portato in camera di
Alex, gli ho fatto indossare una divisa nostra (grazie Alex) e l’ho fatto
scendere- sorrisi. - Brava! Stai diventando una buona Serpeverde, mandi
sempre a quel paese le regole!- disse Ian facendo l’occhiolino. - E questo
non è buono!- lo rimproverò la mia amica- lei è una Grifondoro, GRIFONDORO,
capisci? Non può essere una Serpeverde! Ed è stato un grosso errore fatti
entrare qui! Mica sai la parola d’ordine?- Ian, mortificato, scosse la
testa. - Basta Eleonora!- sbottai io- che cavolo! È il mio ragazzo e lo
calunni così? Lui credeva di aver detto una cosa buona! Sai, a volte rimpiango
di stare in questa Casa! Vorrei stare in una Casa che mi accetti per come sono!
E non mi screditi se faccio le cose impulsivamente! Ma dove, mi chiedo, quel
cappello parlante ha visto in me gli elementi migliori per una Grifondoro e non
per una Serpeverde!- Mi alzai sbattendo una mano sul tavolo, afferrai per un
braccio Ian e con forza lo strappai dalla sedia e lo trascinai con me. Con gli
occhi inumiditi da lacrime di rabbia, gli diedi un veloce bacio e lo buttai
fuori dal buco del ritratto. Dopo che la Signora Grassa si richiuse, mi voltai
furente verso il tavolo dove stavano i miei amici e gridai con quanto fiato
avevo in gola. - NON TI VA BENE CHE STO CON UN SERPEVERDE? SONO FATTI TUOI!!
NON PUOI SEMPLICEMENTE ESSERE FELICE PER ME COME IO LO SONO PER TE?- freddi
lacrime iniziarono a scendere dai miei occhi color giada. Lei si alzò e mi
disse: - Ma…io sono felice per te, solo che…lo sai, io amo che le regole
siano rispettate, perciò, a differenza tua, sono stata scelta come
prefetto!- - Cosa vorresti dire?- iniziai a tremare- che io sono un’idiota?
Solo perché non sono una patita delle regole come te? Ma che amica sei? Ma come
puoi dirmi queste cose? O sei solo gelosa perché i miei sono amici al più grande
mago dei loro tempi e perché sono fidanzata con un Serpeverde? Sono famosa in
tutta la scuola per questo, sei gelosa della mia felicità? Se è così mi chiedo
come ho fatto ad essere amica ad una come te!- Con le guance ormai bagnate di
rimpianto e rabbia, la continuavo a guardare, in attesa di una risposta
soddisfacente. - Io…non sono gelosa di te, perché pensi questo?- disse
portandosi una mano al petto. - Perché tu mi hai fatto capire questo, dai
tuoi gesti e dalle tue forti parole verso il MIO ragazzo! Se pensi che, pur
restandomi amica, potrai continuare a denigrarlo come hai fatto fino ad ora,
allora non ci siamo proprio capite!- i capelli che mi ricadevano sul viso erano
bagnati, ma non li scostavo, né mi asciugavo le guance. Restavo solo lì, in
attesa di una risposta di Eleonora che, anche se aspettavo, non arrivò. Alex
si alzò e mi si avvicinò. Mi abbracciò e mi sussurrò in un orecchio: - Dai,
non fare così!- mi guardò in faccia e, scostandomi i capelli fiammanti dalla
faccia, aggiunse- vai in camera, lavati il volto e vai a dormire. Domani ci
aspetta una giornata dura, piena zeppa di esami, scritti ed orali. Rilassati.-
mi fece l’occhiolino e mi guardò sparire oltre le scale insieme agli sguardi
degli spettatori a quella sfuriata. Dietro il muro, grazie alle Orecchie
Oblunghe che gli zii Fred e George mi avevano regalato, sentii lui dire alla
ragazza: - Hai sbagliato! Anch’io mi sono stupito nel vedere Ian qui, ma…hai
fatto un casino, spero che la McGranitt non lo venga a sapere, la espellerebbe
subito!- E lei: - Si, ho sbagliato ma…io non volevo mortificarlo! Il fatto
è che lei agisce troppo impulsivamente, senza pensare alle conseguenze, già
normalmente. Ora che è fidanzata può essere ancora più pericolosa…- - Sembra
che stai parlando di un animale- ammise lui. - No, è che…- Staccai
l’Orecchio e mi avviai nel dormitorio, mi misi il pigiama e mi infilai nel
letto. Mi rigiravo in continuazione e non riuscivo a prendere sonno. Tutto
quello che mi passava per la testa erano pensieri tristi. Io, Eleonora e Alex
eravamo, sin dal primo anno, grandi amici. Avevamo passato questi anni tra
scherzi e risate, nessuno mai era stato così felice come noi tre; il “magnifico
trio” ci definivamo da soli, può sembrare stupido, ma eravamo così uniti che li
consideravo miei amici. Ogni estate passavamo un paio di settimane, quelle prima
dell’inizio della scuola, ora a casa mia, ora sulle montagne inglesi da Alex,
ora affacciandoci dalle finestre su uno splendido paesaggio napoletano, patria
della madre di lei. Quando stavamo insieme, Alex ed io combinavamo un sacco di
pasticci e ci ritrovavamo sempre nei guai, Eleonora ce li risolveva e ci faceva
una bella strigliata seguita, poco dopo, da quella dei nostri
genitori. Possibile che per un ragazzo si potesse rovinare così facilmente
un’amicizia costruita su radici forti. Possibile che la nostra amicizia, prima
paragonata al Big Ben di Londra, ora era paragonabile alla Torre di Pisa?
Un’amicizia che stava pian piano calando su un lato. Avevo paura. Per la
prima volta in vita mia avevo veramente paura. Paura di non essere circondata
più da quegli amici che consideravo stretti, fedeli…Forse sarebbe stata meglio
un’amicizia che lentamente si sarebbe sciolta, lentamente come si sciolgono i
nodi nei capelli, e non quel taglio che ci apprestavamo a compiere sui nostri
capelli. Se lentamente si sarebbe sciolta, nessuno aveva rimpianti, ci saremmo
guardati indietro sorridendo ed avremmo detto “sono state le nostre scelte, la
vita ha voluto così…” e forse una lacrima sarebbe scesa sulle colline delle
nostre guance, come un fiume al quale è stato interrotto il corso da una diga.
Ma un’amicizia che brutalmente sarebbe finita…una lacrima, seguita
incessantemente da un’altra, un’altra ed un’altra ancora… Mi tirai sulla
testa il lenzuolo e iniziai a singhiozzare silenziosamente, per non recare
disturbo a coloro che erano venute su a dormire. Senza fretta mi addormentai. Un
sonno leggero ma che mi rilassò un po’.
Mi svegliai contenta e mi tirai
su dal letto, stavo per chiamare Eleonora e poi mi ricordai di ciò che era
successo il giorno prima. Volevo andarle a chiedere scusa, ma non ero io quella
che doveva scusarsi per prima. Ammettevo di avere torto ma, colei che aveva
fatto arrabbiare di più l’altra con i suoi modi bruschi perché aveva offeso il
ragazzo, non ero io. Mi vestii, mi lavai, presi i libri e andai a fare
colazione. La Sala Grande non era ancora gremita di gente e, dopo aver preso un
po’ di latte, andai in biblioteca per un ultimo ripasso. Appena entrai vidi
Eleonora che si affaccendava tra i vari scompartimenti. Io, facendo finta di non
averla vista, mi sedetti ad un tavolino ed iniziai a ripetere. - Scusa- mi
interruppe- posso sedermi qui?- disse Eleonora indicando una sedia libera da
libri vicino a me. - Ci sono tanti altri tavoli! Ma se proprio devi…- risposi
fredda. Devi scusarti? Fallo per bene, io sono ancora un po’ offesa, non voglio
aiutarti e facilitarti il compito! (come sono cattiva!) E tornai a rileggere la
stessa frase che, puntualmente, non capivo. Avevo deciso di impararla a
memoria. - Senti…- mi interruppe di nuovo. - Che c’è?- mi impegnai a
chiedere gentilmente, ma non ci riuscii. - Io…beh, io devo chiederti scusa
per come mi sono comportata ieri e…- si fermò perché vide la mia faccia che, da
buia com’era, s’era rischiarata e avevo stampato un sorriso a 36 denti.- Che ti
ridi?- disse spingendomi amichevolmente. Io risi e risposi: - Beh, mi
aspettavo che me l’avresti fatte!- - Si, perché se aspettavo prima le tue,
stavo fresca!- - Infatti…comunque anch’io devo farti delle scuse, non avrei
dovuto alzare la voce…- - Amiche?- - Per sempre!- E ci abbracciammo.
Insieme ci avviammo alla prima sala, dove ci sarebbe stato il nostro esame.
Incontrammo anche Alex ed Ian. Eleonora ed Alex entrarono insieme. Io, prima di
entrare con Ian, gli dovevo delle scuse… - Senti…scusa per quello che ti ha
detto la mia amica…- - Non preoccuparti. Poi dal ritratto vi ho sentite
urlare, non dovevate, per me…- - Macchè per te!- dissi spingendolo
debolmente. - Comunque aveva ragione lei, ma a me non importa, a me va bene
tutto, basta che stiamo insieme!- affermò e, cingendomi la vita con un braccio,
mi incatenò labbra e lingua in un bacio. Sentii la sua mano scendere sul mio
sedere e con la mia, la scostai. Entrammo e iniziammo a dare l’esame. Per tutto
il giorno e per due giorni seguenti fummo catapultati da un’aula all’altra per
gli scritti, c’era poco tempo per ridere e scherzare o per stare con il proprio
ragazzo. Dopo gli scritti vennero gli orali e quei giorni volarono, se ne
andarono così come erano arrivati.
Stesa all’ombra di un alto ed
imponente albero un po’ rientrato verso la Foresta rispetto agli altri, guardavo
la sua chioma folta spostarsi lentamente. Il sole cercava di entrare in tutti
gli spazi che le foglie gli avevano riservato. Gli uccellini, cinguettando,
saltavano da un ramo all’altro. La divisa era rinchiusa nel baule ai piedi del
letto ormai ricomposto, non verrà più utilizzato per tre lunghi mesi…già! Tre
mesi, tre lunghissimi mesi senza poter vedere Ian, oppure no? Ed Alex ed
Eleonora? Ora quei due stavano insieme, come si sarebbero comportati loro? Mi
voltai su un lato e piegai un braccio sotto la testa. - Non voglio pensarci!-
dichiarai come se volessi convincere più me che il mio uditore invisibile. -
A cosa?- chiese Ian. Mi alzai di scatto e lo vidi lì, in piedi, appoggiato
con un lato sul tronco dell’albero, le braccia incrociate, i lunghi capelli
biondi erano rigati esattamente in mezzo e la frangia era tirata dietro le
orecchie lasciando possibile vedere quei suoi occhi azzurro acceso che mi
scrutavano, quasi volessero assaggiarmi a prima vista, mi sentii spogliata in
presenza di quello sguardo. Mi sentii stranamente la bocca troppo asciutta per
poter parlare. - A cosa non vuoi pensare?- ripeté lui. - C-come farò per
tre mesi senza vederti?- ammisi poggiando la testa sul palmo di una mano, una
ciocca di capelli rossi mi cadde davanti alla bocca e la discostai con un
soffio, emesso dopo aver socchiuso le labbra. Cercavo di evitare in ogni modo
quello sguardo sbarazzino di quel ragazzo di 16 anni così attraente. -
Già…non ci avevo pensato- affermò. Si staccò dal tronco e si sedette accanto
a me, incrociò le gambe e poggiò la schiena di nuovo sul busto del grande albero
dietro di noi, lo imitai congiungendo entrambe le mie gambe e gli presi la
mano. - Tu dove andrai?- chiese con sguardo triste. - Credo che starò in
casa, non so se vado a casa di Alex o Eleonora per le ultime due settimane di
vacanza…- gli risposi. Com’era triste il suo sguardo. Lo abbracciai. Non so
neanche io perché compii quel gesto, forse lo feci involontariamente. Ora che
sapevo che non ci saremmo visti per ben tre mesi o, forse, un po’ di meno, mi
sentivo morire. Volevo passare più tempo possibile con lui in quest’ultimo
giorno prima della partenza. Mi ricambiò l’abbraccio e mi baciò sui capelli.
Per quanto tempo restammo così stretti non lo sapevo. - Leslie…-iniziò. -
Sì? Che c’è?- chiesi alzando la testa senza allentare la stretta. - E se
questa fosse l’ultima volta che ci vedessimo?- - Come prego?- chiesi
drizzandomi e lasciandolo. - Sì, insomma…se ci succede qualcosa? Se io
venissi ucciso o tu rapita? Non ci avevi mai pensato? Lo sai, no? Ci sono quelli
che vogliono eguagliare il grande Signore Oscuro e fanno grandi idiozie, beh, se
cadessimo vittime di quegli stolti?- - N-non ci voglio neanche pensare!-
risposi decisa. - Beh, pensaci. Se succedesse, non ti piacerebbe ricordare
qualcosa di meglio che dei semplici bacetti sulla bocca?- chiese guardandomi
profondamente. - Non ti capisco…dove vuoi arrivare?- chiesi ignara del
messaggio che stava cercando di mandare. Si avvicinò al mio viso, i nostri
nasi potevano toccarsi, mi sposta dolcemente contro l’albero e iniziò a
mordicchiarmi sensualmente le labbra, io ero confusa totalmente. Non sapendo che
fare, lo lasciai correre, dopo un po’ iniziai a rendergli i movimenti. Le nostre
lingue si incontrarono e iniziarono a toccarsi, strofinarsi e stuzzicarsi. -
Che ne dici di fare l’amore?- chiese con quei suoi occhi argentei dove mi potevo
specchiare pudicamente. Non trovai la forza per far muovere le mie corde vocali,
quindi annuii con la testa. Se magari sarebbe accaduto che lui si sarebbe
trovato in difficoltà, l’avrei sicuramente salvato, aiutata anche da quella
nuova forza che mi avrebbe fornito il semplice atto dell’amore. Amore. Non
sesso. (Mi lasciai guidare dalla sua mano sicura nei sotterranei)mmm…troppo
doppio senso! Mi prese la mano e mi guidò verso i sotterranei. Poi si
bloccò. - Che succede?- chiesi. - Hai la divisa dei Grifondoro, devi
indossare quella dei Serpeverde. Come….? Ah, sì!- esclamò poi d’improvviso.
Prese la bacchetta da una tasca e disse – Accio divisa di Angel- e subito dopo
arrivò volando una divisa verde e argento. - Dovrebbe andarti, è di mia
cugina.- disse infine. Mi ricordavo della cugina, Angel Lestrange, colei che
credevo fosse la sua ragazza, quella con cui mi aveva tradito. - Non mi
voglio cambiare con te che mi guardi!- ammisi arrossendo leggermente. Ci
guardammo in giro e vedemmo una porta. Entrai chiudendo a chiave la stanza. Mi
guardai intorno. Era un aula a giudicare dalla presenza di banchi, sedie e una
lavagna, una scrivania e una poltrona per l’insegnante; non doveva essere usata
da parecchio tempo perché c’erano circa due dita di polvere. Le ante degli
armadi erano socchiuse, mi avvicinai ad uno di essi e l’aprii completamente.
Notai un vasetto con una strana sostanza informe che volteggiava all’interno, il
colore era indefinito, cambiava forma e colore a suo piacimento, come se avesse
pensieri propri. Avvicinai una mano ad esso e una sensazione di benessere mi
invase il corpo, tutte le preoccupazioni riguardante il sesso, il fatto di
uscire incinta e roba del genere, scomparvero. Ora ero sicura al 100%, ma non
l’avevo mai fatto. Decisi di farmi guidare, per la prima volta, da lui. -
Come ti chiami?- chiese una vocina nella mia testa. - Leslie…-risposi
debolmente. - E il tuo lui come si chiama?- - Il mio lui?- - Quello con
cui devi fare sesso- Ero impaurita, di chi era questa voce? Decisi di non
rispondere. Ritrassi di scatto la mano dal vasetto e chiusi l’armadio. Decisi di
non farne parola con nessuno, neanche con Ian. Quella roba era pericolosa,
capisco perché non veniva usata quella classe. Da quanto tempo? Non lo sapevo,
ma lo volevo sapere a tutti i costi. Per ora mi limitai a indossare la divisa
dei Serpeverde e ad uscire da quella stanza infernale. Diedi un’ultima, veloce
occhiata alla porta. Me ne sarei ricordata per tutta la vita, era una
sensazione, e mi lasciai guidare da questa. Ma subito tornai a concentrarmi
su Ian, e sulle sensazioni che di lì a poco sarebbero state le mie. Arrivammo
ad una parete. Ian disse la parola d’ordine ed entrammo. Era un luogo poco
illuminato, con dei divanetti di pelle nera attorno al caminetto spento. Le
poltrone e i tavolini erano come quelli della Sala di Ritrovo dei Grifondoro,
solo che i colori erano quelli di Serpeverde: verde e argento. Salimmo per le
scale. Guardai le pareti sulle quali erano scritti indelebilmente dei nomi, tra
i quali riconobbi quello di Draco Malfoy e Blaise Zabini seguiti da quelli di
due ragazze, Pensy Parkinson e Mela Seanbourth, molto probabilmente le loro
fidanzate. Entrammo in una stanza con cinque letti. Baciandomi mi stese su uno
di essi, forse il suo perché era un po’ lontano dalla porta, al contrario di un
altro. Fece passare, intanto, una sua mano dai capelli al mio corpo e iniziò a
sbottonarmi la cravatta, fece arrivare in aiuto di quella anche l’altra ed
insieme lavorarono sui bottoni della mia camicetta, lasciandomi solo con il
reggiseno. I baci scesero sul collo e, mentre una mano mi teneva la vita,
l’altra salì dalle ginocchia, sulle cosce per arrivare sotto la gonna. Fermai
quella mano con la mia. Mi guardò. - Se arriva qualcuno?- chiesi
spaventata. - Non dovrebbe arrivare nessuno, ma se ti senti più sicura…-
prese la bacchetta e, con un colpo, chiuse la porta a chiave, dopodiché la
lanciò a terra, lontano dal letto, e riprese il suo gioco perverso. Mi
sbottonò la minigonna a scacchi verde, me la tolse lasciandomi in completo
intimo bianco. Mi guardò sorpreso. Avvicinò la sua bocca al mio orecchio e
sussurrò: - Sei bellissima…- Arrossii per quel suo complimento. Si era
fermato. Aspettava qualcosa? Io…non lo so…per me… - Per me è la prima volta-
ammisi. - Vuol dire che farò piano, non preoccuparti…- Si alzò e si sfilò
la camicia, i capelli si scarmigliarono e gli davano un’aria più da duro,
un’aria da ragazzo più grande, un uomo. Si sbottonò la cintura. Non potevo
rimanere lì a guardare e a subire passivamente. Mi alzai e lo feci stendere.
Iniziai a far scendere la zip dei pantaloni e a calarglieli. E adesso? Che
faccio? Gli tolsi scarpe e calzini lentamente, cercavo di prendere tempo, gli
tolsi completamente anche i pantaloni. Con le mani tastai il busto, scolpito da
addominali ben disegnati e lo baciai. Si portò di nuovo su di me. Mentre mi
baciava il collo e le spalle, lasciai scivolare la sua mano sulla mia schiena,
in cerca dell’elastico del reggiseno. Trovato, lo sbottonò e lo tolse gettandolo
silenziosamente sul pavimento insieme a tutti gli altri vestiti già sfilati. Con
le labbra scese sui dolci pendii del mio petto e iniziò a baciare e a giocare
con i miei seni. Con una mano esplorò i miei sotterranei ancora selvaggi. Mi
tolse gentilmente le mutande e continuò a tastare. Tremai per la nuova
sensazione piacevole, il mio volto si fece cremisi. Si sfilò i boxer e pian
piano, con le labbra si avvicinò al mio orecchio. - Se ti faccio male,
dimmelo subito. Mi fermo all’istante.- bisbigliò piano, come se avesse paura di
svegliare un bambino di pochi mesi che stava dormendo. Cercò con il suo
membro duro, che premeva su di me, la mia rientranza. Trovata, vi penetrò
lentamente. Essendo la prima volta, avvertii una fitta dolorosissima al basso
ventre, mi si bloccò il respiro, lui si arrestò. Affondai le mie unghie nella
carne della sua schiena, sapevo di graffiarlo ma stranamente non me ne fregavo.
Lui mi stava facendo male e io gli rivolgevo la stessa faccia della medaglia.
Dopo poco il dolore si attutì, lasciando il posto ad un piacere mai provato
prima. Lui continuò ad entrare e ad uscire, andando sempre più velocemente. Mi
alzò di poco il bacino dal letto e, con le mani sulle mie natiche, si aiutò in
quell’atto. Sentivo sul mio collo i suoi respiri brevi e veloci. Dopo poco emisi
un gemito, segno di enorme piacere, seguito poi dal suo. Si staccò da me e
si distese accanto. Lo guardai addormentarsi sempre di più, con un’espressione
soddisfatta dipinta in volto. Con una mano gli asciugai la fronte distesa
violata da qualche gocciolina di sudore. Dopo non molto mi addormentai
anch’io.
Mi svegliai poco dopo. Lui era già sveglio e mi guardava. -
Ben svegliata principessa- disse sorridendo. - mmm…-riuscii a
spiccicare. - Che c’è?- chiese preoccupato abbracciandomi. - Spero che non
mi hai messa incinta!- esclamai all’improvviso, ricordandomi di non averlo visto
indossare un preservativo- dovrò prendere la pillola…- - Eh? La pillola che
usano i babbani? Non ce n’è bisogno.- mi tranquillizzò. - Perché?- -
Perché noi maghi abbiamo una pozione che è molto più potente. Riuscita 100%. La
prendi una volta entro 24 ore dal fatto ed è tutto a posto. Che ne dici, la vuoi
provare?- - Ma…è approvata dai Guaritori?- - Ma scherzi? C’è solo un
problema, ce l’ha la Chips nel suo ripostiglio, e non credo che te la faccia
usare o prelevare senza aver avuto informazioni.- - Beh, è qui che mi servi
tu!- - Come, scusa? Io?- - Sì, Ian. Proprio tu. Ne sapresti riconoscere
l’aspetto?- - Sì. L’ho vista in un libro per Guaritori una volta.- - Bene.
Vestiti e
seguimi!-
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Capitolo 8 *** Going at home ***
GOING AT HOME - Capitolo 8° -
Raccattai il mio reggiseno e le mutande, me le infilai, seguite dalla
divisa pulita della cugina di Ian, Angel. L’avevo indossata giusto per entrare
nella Casa dei Serpeverde. Mi diedi un’occhiata nello specchio. I capelli erano
sconvolti. Afferrai un pettine dal baule di Ian e mi pettinai. - Ci saremmo
dovuti fare una doccia…- disse lui odorandosi sotto le braccia. - Dopo-
risposi- ora abbiamo una cosa più urgente da compiere!- - Cosa?- - Io
distraggo la Chips e tu rubi la pozione.- dissi con voce ferma. - Ma sei
matta?- - No. Sono decisa. Muoviti!- ordinai e iniziai ad uscire dalla
stanza. Subito dopo venni seguita da lui. Usciti dalla Casa dei Serpeverde,
presi la bacchetta in una tasca nascosta della gonna e appellai il mantello
dell’invisibilità. Aspettammo che arrivò e lo feci indossare a Ian. - Ti
ripeto il piano- affermai- io la distraggo, tu prendi la boccetta con la
pozione, la nascondi con te sotto il mantello. Usciamo fuori e la prendo.
Rientro perché avevo dimenticato la bacchetta e con una scusa la porto di nuovo
a parlare, lontana dagli scaffali. Tu rimetti a posto la boccetta, mi tiri la
gonna come segnale quando l’hai presa e/o l’hai posata. Tutto chiaro?- -
Tutto. Cioè…quando la prendo ti tiro la gonna?- - Esatto.- - E perché non
posso toccarti il sedere?- - Perché no.- - Why?- - Perché mi hai avuta
tutta per te prima- - Ma saranno stati sì e no dieci minuti- - Vedi di
farteli bastare per tutta l’estate- risposi fredda, lui non replicò. Arrivati
davanti all’Infermeria sussurrai: - Pronto?- - Sì- - Ricorda: tirami la
gonna- - O.K.- Bussai. Nessuno rispose. Spinsi la porta e mi sporsi
dentro. La Chips non c’era. - Muoviti che non c’è!- bisbigliai. - Hai
detto qualcosa cara?- sussultai. Madama Chips si trovava proprio qui, dietro di
me. - S-si- che mi invento?- cercavo proprio lei. La zia, zia Ginny, se la
ricorda?- - Certo. La piccola Ginny ha fatto pratica le prime volte proprio
in questa Infermeria.- - Ma davvero? Non mi dica… Comunque…m-mi aveva mandato
una lettera indirizzata a lei, un attimo che la prendo!- iniziai a frugare nelle
tasche, poggiando tutto il contenuto (carte e fogli che avevo trovato per i
corridoi e avevo messo nelle tasche per precauzione) sul bancone, aprivo ogni
foglio e leggevo ad alta voce. - Scivola quel jeans, ma che donna sei?
Battiti nel cuore non l’avevi fatto mai…non fermarti dai, stringimi di più…eh? E
come c’è finito questo qui? È un biglietto con una canzone italiana, me l’ha
scritta la mia amica, naturalmente è una traduzione dall’italiano- ma che cavolo
scrivono questi ragazzi? Scusa inventata al momento, mi sono salvata per il
rotto della cuffia. Alzai lo sguardo e vidi la Chips scrutarmi con gli occhi da
sopra i suoi occhiali. Aprivo i fogli e, prima di leggerlo a voce alta, davo
uno sguardo sul contenuto. Ogni volta che non era “la lettera di zia Ginny” ,
accartocciavo il biglietto e lo lanciavo dietro le mie spalle. Ian, che stai
combinando? Muoviti! Mi sentii tirare la gonna. Mi girai e non vidi nessuno. Era
lui. Mi voltai nuovamente verso Madama Chips e dissi: - Sicuramente mi sarà
caduta da qualche parte fuori, vado a controllare- dissi lasciando la bacchetta
sul bancone e avvicinandomi alla porta. La aprii e mi voltai indietro. Feci un
sorriso alla Chips sperando che Ian fosse già uscito. Andai fuori. - L’hai
preso?- chiesi al muro. Ian si tolse il mantello e mi porse una boccetta molto
piccola che conteneva un liquido rossastro. - Metti la pozione nel tappo e
bevi tutto in un sorso, mi raccomando, fai presto!- Eseguii alla lettera
tutte le sue istruzioni. Non aveva sapore, ma dopo un po’ avevo tutta la bocca
impasticciata di quella robaccia. Richiusi il tappo e gliela porsi. Lui si
rimise sotto il mantello. Rientrai e, cercando l’infermiera con gli occhi,
lasciai la porta aperta per far entrare Ian. La richiusi dopo un poco. - Mi
scusi, Madama Chips? È presente? Se sì, dov’è?- Nessuna risposta. Dove
sarà finita? Mi avviai verso gli scaffali e, là dove c’era uno spazio vuoto,
venne riempito da una piccola boccetta. - Mi cercavi, Leslie?- disse quella
alle mie spalle. Sobbalzai nuovamente. - Sì, beh…credevo che stava qui
dietro…ha-ha per caso visto la mia bacchetta? Non la trovo, credo di averla
dimenticata qui da qualche parte- dissi piano cercando di farla allontanare da
quegli scaffali. - Sì, seguimi prego- disse. Si girò, tirò la porta e la
chiuse a chiave. “Oddio, Ian…” Ma non potei fare nient’altro che seguirla.
Che mi sarei potuta inventare? - Eccola qui!- disse indicando il
bancone. - Grazie!- mi affrettai a rispondere. Di nascosto puntai la punta
verso la porta chiusa e pensai “Alohomora”. Per coprire i rumori della porta che
si apriva, dissi, anzi, urlai: - Comunque la lettera della zia non l’ho più
trovata, dovrebbe essere tra i fogli che ho lasciato qui, non è che l’ha vista?
Per caso ha controllato…- - No, non c’era nient’altro che bigliettini
accartocciati che sembravano tutto tranne che una lettera.- - Mi spiace, temo
di averla perduta allora…- dissi facendo finta di essere profondamente
addolorata. - Oh, non preoccuparti. Dì a tua zia di riscrivere la lettera e,
magari, di mandarla direttamente a me.- Mi sentii tirare la gonna. Era salvo
lui, e anche io in qualche modo. - Sarà fatto. All’anno prossimo Madama
Chips- - Buone vacanze cara- Le diedi due baci sulle guance e uscii. Prima
di farlo, mi voltai, come prima, e, in attesa che Ian uscisse, sorrisi alla
Chips, la salutai con la mano e andai fuori. Piano piano mi allontanai dalla
porta e, svoltato l’angolo, mi bloccai con il risultato che qualcuno mi andò a
sbattere contro. Mi girai, mi accovacciai e tolsi il mantello che il mio ragazzo
indossava. Lo baciai e lui, abbracciandomi, mi ricambiò il bacio. - Sei
fantastico!- dissi. - Mai quanto te…- rispose. - Siamo una bella coppia.
Strana, certo, ma bella!- esclamai. Concordò.
Un fischio acuto
provenne dal treno. Le ruote si misero in cammino e girarono sui binari.
Dapprima si procedeva lentamente, poi il treno acquisì una certa velocità. Dal
finestrino intravedevo i paesaggi selvaggi che ci stavamo lasciando dietro.
Tante cose erano capitate quell’anno: mi ero messa con Ian e avevamo fatto
l’amore il giorno precedente, ma anche Eleonora e Alex si erano
fidanzati. Come l’avremmo passata l’estate? Chissà. Raggiunsi una cabina e
mi sedetti. Poco dopo venni raggiunta dai miei due amici. - Dove sei stata
ieri? Non ti abbiamo trovata da nessuna parte!- chiese Alex. - Lui afferma
che hai fatto sesso con Ian, è vero?- aggiunse Eleonora. - Sì e no- fu la mia
vaga risposta, seguita da un sorriso spontaneo che non riuscii a
trattenere. - Davvero?- Eleonora si sporse davanti- come è stato?- chiese
subito. - Se vuoi lo scopriamo insieme- le disse Alex abbracciandola e
dandole un bacetto innocente sulle labbra. - Ah…ah….-disse lei- allora?- mi
chiese. - Ehi, bambola del sesso!- mi sentii chiamare. Tutti e tre ci girammo
e guardammo Ian che si era appena affacciato nella cabina. - Ian!- lo
rimproverai- ma che idiozie dici?- - Bambola del sesso?- ripeté stupidamente
Eleonora. - Oho! E brava la santarellina, si è data da fare!- sorrise
scherzosamente Alex. - Ma non è vero! Vedi, Ian? Ora si fanno chissà che
pensieri, quando noi, poi, non abbiamo fatto niente!- - Noo…niente proprio-
disse Eleonora scuotendo la testa. Tutti ridemmo. - Vabbè, non sarai proprio
una bambola del sesso, ma sesso l’abbiamo fatto, eh?- - E abbiamo anche
rubato dalle scorte della Chips!- e lo baciai sulla guancia. - Che avete
fatto?- si allarmò subito Eleonora. - Ele, - disse Alex- ormai hanno fatto
già quello che tu stai per rimproverare, perciò salta la parte in cui fai la
ramanzina e fagli promettere di non farlo più!- - m…ma!- iniziò lei. -
Come avete fatto? Che avete rubato? Dove e quando l’avete fatto?- chiese subito
Alex, abbozzando un occhiolino diretto a me. - beh- iniziai. - Senti,
mentre tu racconti mi vado a togliere la divisa. Ci vediamo dopo- mi interruppe
Ian. Mi diede un bacio veloce sulle labbra e se ne andò. Lo guardai
allontanarsi. Una strana morsa mi prese allo stomaco, avevo una bruttissima
sensazione, ma cercai di non pensarci. Raccontai tutto ai miei amici,
tralasciando la descrizione di quando abbiamo fatto l’amore, e credo che
l’abbiano capito, anche se non andarono mai a fondo, chiedendomi tutto nei
minimi particolari. - Wow…- sussurrò Eleonora alla fine del mio racconto.
Congiunse le gambe e sfregò sulle ginocchia le mani. - Speriamo che non lo
venga a sapere nessuno- disse Alex, per la prima volta vidi sul suo volto
dipinta un’espressione abbastanza preoccupata. Annuimmo sia io che
Eleonora. Passarono circa tre ore, stavamo quasi per arrivare quando la mia
amica si alzò. - Credo che dobbiamo andare, Alex- - Dove?- chiesi io
curiosa. - Dobbiamo recarci nella cabina prefetti, ci vediamo quando usciamo
oppure ci sentiamo, stammi bene!- mi rispose Alex, si alzò, mi venne incontro e
mi diede un bacio sulla guancia.- spero che con Ian vada tutto bene!-
sussurrò. - Anch’io spero che vada ottimamente tra voi due- risposi anch’io
in un sussurro abbozzando con gli occhi un segnale indicando Eleonora. Lui
sorrise e se ne andò. - Io vado, raggiungimi- disse sulla soglia rivolta a
Eleonora,- ciao ancora, Leslie- Io guardai Eleonora seguire con lo sguardo la
figura del ragazzo fino a quando poté. - Ho paura- confessò. - Di cosa?-
chiesi presa alla sprovvista - Ho paura che lui possa allontanarsi da me, non
so…ho paura che si stanchi di…me!- e nascose la faccia tra le mani. Io le andai
vicino e l’abbracciai. - Perché - dissi per consolarla- dovrebbe stancarsi di
te? Tu sei una ragazza così solare. È vero, a volte sei proprio una
rompiscatole, ma lui ti ama, non ti lascerebbe mai. Trovare te è stato, sia per
lui che per me, trovare un tesoro, un tesoro così grande dentro che neanche
quello che trovò Benjamin Gates ne “Il mistero dei Templari” potrebbe
lontanamente uguagliarlo!- Lei sorrise debolmente, si strofinò gli occhi con
il dorso della mano. Mi diede un bacio sulla guancia e, tenendomi le mani
congiunte alle sue, mi ringraziò di cuore e scappò da Alex. Da sola nella mia
cabina pensai che Ian non l’avrei più rivisto sul treno, poiché anche lui era un
prefetto. Mi alzai e andai da quelli che, fino a qualche ora fa, frequentavano
l’ultimo anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Sin da qualche
carrozza prima sentivo un enorme rumore. Arrivata in quella carrozza, l’ultima
del treno, con la musica al massimo, così alta che neanche urlando ci si poteva
sentire, cercai James. Davo gomitate a destra e a manca per non rimanere
schiacciata contro un vetro, un’impresa davvero difficile, poiché lì ci si
lanciavano pluffe e venivano liberate Cioccorane per la gara: si mettevano tutte
le Cioccorane in fila e si aprivano allo stesso momento, la rana di cioccolata
che faceva il salto migliore e più lungo vinceva. Per poco non mi fu tagliata la
testa perché ne avevo schiacciata una che stava per compiere il salto, ho dovuto
pagare la Cioccorana con gli interessi e me ne sono scappata. Trovai James in
una cabina a bere litri di Burrobirra con i suoi amici. Si erano evidentemente
ubriacati perché, appena mi videro, mi afferrarono per un braccio, mi misero a
sedere su un sediolino così pieno che avevo una gamba su quella di un ragazzo
che non avevo mai conosciuto e avevo la schiena appoggiata al petto di un
ragazzo un po’ in carne, un ottimo cuscino direi. Mi hanno iniziato a far bere
delle lattine di Burrobirra fino a quando, ripresosi, James mi trascinò fuori da
quell’inferno e mi riportò in cabina, quella che avevo lasciato tre quarti d’ora
prima. - Che ci facevi di là?- chiese curioso ma un po’ arrabbiato. Lui
diceva di no, ma lo sentivo dal tono di voce. - Niente- risposi infine.- ti
ero venuta a cercare- - Perché?- - Beh, Eleonora, Alex e Ian stanno nella
cabina dei prefetti, sto qui da sola- - E gli altri? Perché sei venuta a
chiamare proprio me?- - Se ti do fastidio, scusami tanto. E ora, se vuoi
lasciarmi sola…- dissi offesa. - Ma, mica ti sei offesa?- Scossi la testa
in segni di negazione, ma lui non mi credé (e non è la stessa cosa credette?) e
mi disse:- Ehi, non sentirti offesa! Tu sei la mia cugina prediletta perché, più
di ogni altra, riesci a capire quello che provo in alcuni momenti, e vederti
quasi ubriaca e poi…il solo fatto che tu potresti sentirti male mi fa star poco
bene! Si può dire che sei la mia vita. Ci tengo davvero a te, se ti succedesse
qualcosa io…e poi non dimenticarti che i tuoi genitori ti hanno raccomandata a
me fino a quando non avrei finito la scuola- - Ma la scuola è finita!- gli
feci notare. - Ma non stai tra le braccia dei tuoi genitori. Anche quando
stavi con Ian, io ero responsabile. Ho lasciato passare tante cose. Inoltre si
dice che tu abbia fatto entrare qualcuno di un’altra Casa- e calcò la voce su
queste ultime due parole- nella Sala di Ritrovo di Grifondoro. Come caposcuola
sono stato incaricato dalla McGranitt di scoprire se era veramente successo. Io
ti ho coperto e ho detto, dopo qualche giorno di ricerca, che non era vero,
quando i miei risultati mi dicevano il contrario. Inoltre c’è stato un brutto
litigio tra te e la tua amica. Leslie,- mi guardò e mi prese le mani tra le sue-
non fare cose insensate! Pensaci dieci volte su una cosa prima di farla! Lo so
che non è facile, tu sei un tipo impulsivo, ma non commettere sciocchezze. Te lo
dico con questa mia bocca che riferisce ciò che gli dettano il cuore e
l’anima- Lo guardai. Lui non rispondeva. Aspettava un discorso che gli
dicesse che non era vero? Oppure mi stava dando il tempo di riflettere? Era il
solo che riusciva a farmi sentire in colpa. Avevo fatto una stupidaggine e
sembrava che colui che ci era andato a perdere fosse stato lui e non
io. Aspettai una sua parola e lui una mia. Si alzò poiché da me non arrivava
niente. - James…- iniziai e lui subito mi stette a sentire- vedi…veramente ho
fatto entrare Ian nella Torre, però l’ho fatto impulsivamente! Ero perfettamente
cosciente di ciò che facevo, ma lo sai come sono…scusami….- dissi abbassando lo
sguardo. - Ma a me questo non interessa!- esclamò. Io lo guardai stralunata-
la sola cosa che mi interessa è che tu stia bene e non ti abbia toccata in alcun
modo!- - No, non preoccuparti. Siamo stati a parlare per tutto il tempo nella
sala comune- - Sai…-fece- voi due mi ricordate tanto me e la mia ex- e si
asciugò gli occhi inumiditi con il dorso della mano. - Tu e Tara?- chiesi. Di
sicuro non sapevo chi fosse lei, anzi, sapevo appena che era stato fidanzato.
Stettero per tre anni insieme, poi lei lo lasciò per il suo ex-migliore amico.
James ci stette malissimo, neanche con me preferiva parlarne. Pronunciai quel
nome perché era da tanto che non parlava di Tara, e feci centro. Annuì. - Non
mi va di parlarne- fece. - Neanche a me, Ian mi aveva detto che mi avrebbe
raggiunto poco dopo e non l’ho più visto…- sospirammo nello stesso
momento. La porta scorrevole della cabina si aprì e apparve una ragazza dai
capelli neri lisci e gli occhi castani. Lily era vestita con un pantalone a vita
bassa e una canotta. - James, Leslie! Ancora non siete pronti? Siamo quasi
arrivati! Muovetevi a vestirvi!- e scappò via. James mi salutò e inseguì la
sorella.
Scesi dal treno. C’erano tre persone ad aspettarmi al varcare
della soglia del cancello. Papà, alto con i capelli rossi ancora folti, al
contrario di nonno, una maglietta a mezze maniche di colore verde con dei
disegni sopra, cingeva le spalle di mamma, sulle quali cadevano dei capelli
castani ben stirati. Entrambi mi salutavano con una mano e mamma teneva con
l’altra la manina della mia piccola sorellina, capelli castano ramati e occhi
verde intenso, sembravano benzina. La piccola Kate si staccò da mamma e mi
venne incontro correndo. Aprii le braccia e l’abbracciai più forte che potei.
Sembrava un bellissimo quadretto familiare, se tutti attorno fossero rimasti
immobili e i colori sarebbero stati a cera. Mi girai indietro e vidi
l’Espresso per Hogwarts fermare i motori per tre mesi, aspettando di
riaccenderli per un’altra attesissima corsa verso la
scuola.
Riposati, riposati o mio caro treno, tra un po’ sarà di
nuovo tempo di tornare. Spera che ci siamo tutti… Tu di gente ne hai vista
a bizzeffe, ma quanti, per te, ti hanno mai adulato e hanno pensato, anche
lontanamente, a te e a quello che pensavi e provavi? Riposati, o mia bella
macchina, ritornerai presto a lavorare e vedrai me e Ian impegnati in
un’altra avventura. Con la tua benedizione chiudiamo questo capitolo con
l’intenzione di aprirne un
altro...
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