Un amore sconvolgente

di Ammie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un amore sconvolgente ***
Capitolo 2: *** Un amore che insegna ***



Capitolo 1
*** Un amore sconvolgente ***


Un amore sconvolgente
 
 
 
-L’impatto con l’auto è stato forte. È stata una fortuna che un medico fosse in zona, altrimenti…- il dottore si bloccò, mostrandoci un’espressione addolorata.
Maledetta moto.
-Altrimenti?- lo incalzò la madre di Tadashi.
-Avrebbe perso molto sangue e il suo cuore avrebbe iniziato a battere sempre più lentamente, fino a fermarsi- spiegò tutto d’un fiato. -Per non parlare del terribile dolore che avrebbe provato nel tentare di respirare-
Maledetta auto.
Neanche mi accorsi della mano della sig. Karino che stringeva la mia, con gli occhi pieni di lacrime.
-E… E ora?- chiesi, nonostante avessi una paura tremenda.
-Il primario lo sta operando. Non mentirò, il ragazzo non è messo per niente bene- prese in mano le radiografie e le osservò con attenzione. -Ci sono varie ossa rotte e molte altre fratturate. Fortunatamente il casco ha protetto il cervello, che non ha riportato alcuna lesione-
Sospirai, almeno una buona notizia c’era. Tuttavia un velo d’inquietudine e insicurezza si fece largo in me, stringendo quindi di rimando la mano della signora al mio fianco.
-Un’infermiera arriverà a informarvi il prima possibile- disse il dottore prima di lasciarci sole.
-Se la caverà- sussurrò. -Deve farcela…- mentre altre lacrime le rigavano le guance.
Le consigliai di sedersi per tranquillizzarsi e le presi qualcosa da bere. Dopo una buona mezz’ora s’addormentò e io, finalmente libera di sfogarmi, piansi silenziosamente. Premetti con forza le mani sul mio viso, maledicendo mentalmente quell’uomo che si era messo alla guida di un’auto completamente ubriaco. Lui aveva ottenuto solo un’ingessatura al braccio, mentre Tadashi era in fin di vita.
Il mio Tadashi.
Non lo avrei più sentito ridere di fronte ai litigi di Hikari e Kei.
Non lo avrei più sentito parlare mentre preparavo lo spuntino per la S.A.
Non lo avrei più sentito sussurrarmi tutte quelle cose dolci che adoravo.
Avrei avuto solo silenzio.
Sobbalzai quando il cellulare prese a squillare, quindi velocemente risposi.
-Sì…?-
-Akira! Che è successo? Perché tu e Tadashi siete spariti?- chiese Hikari preoccupata.
La sig. Karino mormorò il nome di suo figlio nel sonno, quindi mi allontanai asciugandomi le guance.
Giusto. Lei non sa nulla dell’incidente.
-Tadashi…- iniziai, ma un singhiozzo mi bloccò e ricominciai a piangere disperata.
-Akira, calmati. Mi stai facendo preoccupare…-
-Lui… Non sta bene… Se non ce la facesse, io…- e scoppiai in altri singhiozzi.
Sentii uno strano rumore dall’altra parte della linea, poi la voce di Kei prese il posto di quella di Hikari.
-Akira? Cos’è successo?- domandò allarmato.
-Kei… Lui… Tadashi è in ospedale…- risposi sempre più addolorata.
-Calmati, d’accordo?- continuò lui, in evidente agitazione. -In che ospedale ti trovi?-
Gli dissi dove mi trovavo e aspettai per quelli che mi sembrarono anni l’arrivo delle persone a cui tenevo di più al mondo.
Andai in bagno e mi rinfrescai, guardando allo specchio il mio viso pallido di paura. Un conato di vomito mi costrinse a far uscire tutto ciò che avevo mangiato poche ore prima. Tremavo dal panico. Tornai verso il lavandino e mi risciacquai nuovamente, notando stavolta gli occhi rossi e gonfi.
Portai una mano sul cuore che mi faceva sempre più male e che batteva sempre più all’impazzata.
Spostai lo sguardo sulla collana che mi aveva regalato per il nostro terzo mese insieme.
Non puoi lasciarmi. Non riesco a vivere senza di te.
Uscii dal bagno giusto in tempo per vedere arrivare Kei e la mia migliore amica. Entrambi avevano un’espressione preoccupata, e quando mi notarono in fondo al corridoio spalancarono gli occhi e corsero da me. Hikari mi abbracciò senza dire una parola, mentre Kei mi mise una mano sulla spalla come gesto di conforto.
-Andrà tutto bene- mi disse.
-Tadashi è forte, Akira- mi rassicurò lei. -Ce la farà. Ne sono convinta-
Cercai di sorridere, ma di nuovo la sensazione di vomito s’impossessò di me, e quindi corsi in bagno seguita da Hikari. Mentre rigettavo ancora altro cibo mi batté sulla schiena, standomi accanto come solo una vera amica può fare. Poi mi sedetti sul pavimento, stanca.
-Secondo te sopravvivrà?-
-Che domande fai- mormorò mentre mi asciugava le lacrime con un fazzoletto. -Ma certo che sì-
-Ti prego- la implorai. -Abbracciami-
Le spiegai ciò che era accaduto, cercando allo stesso tempo di calmarmi un po’. Rimanemmo per vari minuti in bagno, e quando poi uscimmo trovai gli altri membri della S.A. a fissarmi con ansia. Mancava solo Ryuu, che era andato in Inghilterra a visitare Finn.
Mi bombardarono di domande, rendendomi perciò più nervosa. Jun se ne accorse, quindi propose di farmi sedere da qualche parte, mentre Yahiro e Megumi andarono velocemente a prendermi da bere.
 Dopo un’ora circa arrivò un’infermiera dallo sguardo severo.
-Siete qui per Karino Tadashi?- chiese.
-Sì- rispondemmo all’unisono.
Prese una cartella e la aprì, studiando in silenzio alcuni fogli. -Il primario lo sta ancora operando. Ci sono state alcune complicazioni e stanno cercando di…-
In quel momento sarei potuta morire. Non riuscivo a respirare, non riuscivo a pensare. L’unica parola che continuava a ripetersi nella mia mente era complicazioni. Mentre l’infermiera spiegava cos’era successo ai miei amici, io sentii una forte stretta al petto. Un dolore acuto mi pervase e mi costrinse a nascondere la faccia per non far vedere che avevo ricominciato a piangere.
Dopo che la donna in camice si allontanò, squillò nuovamente il telefono. Sakura notò che tremavo ancora molto, quindi lo prese dalla tasca della mia giacca e me lo porse.
-Akira, sono Ryuu- disse il ragazzo. -Ho sentito di Tadashi…-
-Sì…?- dissi in modo quasi impercettibile.
-Non devi preoccuparti troppo, lui è forte-
Tadashi è forte. Perché sembra che sia io l’unica a non capirlo?
-Aspetta, Finn vuole parlarti…- continuò, per poi passare il telefono alla sua ragazza.
-Akira! Come stai? E Tadashi? What about him?- domandò con voce tremante.
-È ancora in sala operatoria… l’infermiera ha parlato di complicazioni e…- era più forte di me, non riuscivo a smettere di piangere per più di dieci minuti.
-Stiamo arrivando. Don’t panic, okay?-
Chiusi la telefonata mentre Megumi e Hikari mi stringevano la mano sorridendo, e mentre Sakura continuava a ripetere “Si sistemerà tutto”.
Bevvi un sorso d’acqua e girai lo sguardo verso i ragazzi che in fondo al corridoio erano immersi in una fitta conversazione, sempre con aria cupa.
Probabilmente discutono dell’incidente.
Notai che la sig. Karino non era più seduta nella poltrona vicino a noi, quindi mi alzai per andare a cercarla. Congedai gli altri dicendo che avevo bisogno di stare sola.
Camminai nervosamente per il reparto, quando il mio sguardo si posò su un’alta figura di fronte a un panorama notturno. Mi avvicinai notando le mani che tremavano e rimasi in silenzio ad osservare la notte insieme a lei, come facevo spesso con il mio fidanzato.
-Non voglio che accada- mi disse a un certo punto accorgendosi della mia presenza, mentre continuava a fissare un punto imprecisato fuori dalla grande finestra.
-Che accada cosa…?- chiesi.
Si girò verso di me, guardandomi con tenerezza. -Sai qual è l’angoscia più grande di un genitore?- Dato che non ottenne risposta, continuò. -È vivere più a lungo dei propri figli- respirò pesantemente.
Non avevo mai pensato a una cosa del genere. Iniziai a riflettere come sarebbe avere dei figli con Tadashi. Di sicuro vorrei che ereditassero gli occhi del padre: così scuri e profondi, in grado di regalare sicurezza e armonia a chiunque. Immaginai la mia vita in una grande casa con un giardino pieno di fiori. Fantasticai su come potrebbe essere avere un marito come Tadashi. Dolce, fiducioso, sognatore e immancabilmente ingordo. Sorrisi di gioia nel pensare di cucinare per lui ogni giorno, ottenendo in cambio allegria e adorazione. Chissà se i nostri figli avrebbero avuto lo stesso suo carattere.
Sarebbe semplicemente meraviglioso.
­-Sai- riprese il discorso. -Ti nomina spesso mentre siamo a tavola. Dice sempre “Quello preparato da Akira è molto meglio”- sorrise.
-Tutti gli altri dicono in continuazione che lui è forte, che ce la farà… Ma io ho paura- confessai.
Mi guardò di nuovo per poi abbracciarmi. -L’amore fa paura- mi sussurrò semplicemente.
Passarono alcuni secondi e non potei fare altro che concordare con ciò che aveva detto. Dopo una buona mezz’ora e dopo un nuovo fiume di lacrime decidemmo che era meglio tornare dagli altri, quindi io, più tranquilla e in grado di pensare un po’ più razionalmente, la accompagnai dal resto della S.A.
Altre due ore passarono, cariche di angoscia e preoccupazione. Arrivarono persino Ryuu e Finn, che avevano preso un jet d’emergenza. Allo scoccare dell’una di notte vedemmo il primario uscire da una porta e venirci incontro.
La madre di Tadashi fu la prima a parlare. -Come sta mio figlio?-
Per dieci secondi smettemmo tutti di respirare. Volevamo solo sentire qualcosa di bello.
-Il ragazzo ha perso molto sangue nello scontro- non iniziamo bene. -È vero che il cervello non ha subito danni, ma è anche vero che molte ossa sono fratturate- ti prego, ti prego. -L’infermiera probabilmente vi ha detto che ci sono stati alcuni problemi…-
Mi morsi il labbro inferiore, pienamente consapevole che se ci avesse dato un risultato negativo io non avrei più vissuto, ma sarei solo sopravvissuta.
-Detto questo, sono felice di annunciare che sta meglio. Non è stato facile, ma è un combattente- disse fiero.
-Oh mio Dio- sospirò con sollievo sua madre, seguita da molti mormorii felici.
-Rimarrà in osservazione per due settimane, poi ancora un paio di settimane di riposo. Sconsiglio di usare la moto per alcuni mesi: potrebbe riportare un trauma dovuto all’incidente- consigliò.
-Quindi…- dissi ancora un po’ timorosa, bisognosa di un’ulteriore conferma. -È tutto a posto?-
-Tutto a posto- ripeté. -Ora è sveglio, i parenti possono visitarlo- disse indicando la stanza giusta alla sig. Karino, che ovviamente non aspettò neanche un secondo.
-E noi? Possiamo entrare solo per un attimo?- domandò Hikari speranzosa.
Si sistemò gli occhiali. -Solo un’altra persona, ha bisogno di molto riposo- spiegò.
Mi girai verso gli altri, desiderosa di vederlo.
-Va’ tu, Akira. Noi lo visiteremo domani- mi disse infatti Kei, seguito da uno sguardo d’intesa da parte di Yahiro.
Sorrisi felice e annuii, prima di entrare nella stanza. Le braccia erano entrambe fasciate, la gamba sinistra era ingessata e quella destra ancora contornata da bende. Accanto al lettino c’erano varie macchine, tutte collegate al mio ragazzo. Una di esse teneva una sacca rossa che pian piano si svuotava lentamente. Sua madre stava piangendo al suo fianco, mentre lui la confortava con le parole. Non appena la sig. Karino alzò lo sguardo mi notò, quindi baciò il figlio sulla fronte e con un saluto ci lasciò un po’ soli. Girò anche lui lo sguardo verso di me.
-A… Akira- mormorò a bassa voce.
-Shh. Non parlare, ti prego- lo implorai avvicinandomi a lui.
Gli presi la mano e la strinsi non troppo forte, mentre sospiravo di sollievo. Tutte le ansie e le paure che erano cresciute dentro di me nelle ultime ore volarono via. Sparite, neutralizzate. L’inconfondibile odore di Tadashi mi circondò, rasserenandomi. Ripensai alla casa con giardino, ai figli… Ora tutto era più colorato, più vivo di quando lo avevo immaginato poco prima. Tutto era realmente possibile.
-Il dottore ha detto che dovrai fare a meno della moto per alcuni mesi- dissi accarezzandogli i capelli scompigliati.
Tossì. -Cosa…? Come faccio adesso… Ad andare in giro?- disse con voce roca.
Sempre il solito.
Sorrisi di gioia. -Beh, ti accompagno con la mia limousine- risposi.
-Ma la limousine… Non va bene a scalare… Montagne- obbiettò, anche se con un po’ di difficoltà.
-Tu devi rilassarti, ha capito bene?- gli dissi severa ma allo stesso tempo con tono dolce. -Hai varie settimane di riposo, quindi verrò da te ogni giorno e ti cucinerò ciò che vorrai-
Notai i suoi occhi brillare. -Promesso?- domandò come sapeva fare solo un bambino.
-Promesso- ripetei.
-Quindi…- tentò la sorte, mettendosi lentamente più a suo agio nel cuscino. -Non mi tirerai più addosso… Gli oggetti?-
-Prom… Questo è tutto da vedere- replicai con una risata.
Rise anche lui, prima di accennare a un piccolo dolore al petto. Notai dalla vestaglia semiaperta qualcosa. La aprii lentamente, rivelando il suo petto coperto da una grande cicatrice nella parte destra. La toccai appena con le dita, provocando un lieve gemito di Tadashi. Non mi sarei nemmeno resa conto di piangere ancora se il mio fidanzato non avesse alzato il braccio fasciato per asciugarmi le lacrime.
-Mettilo giù- dissi posando con delicatezza il braccio sul lettino. -Non fare sforzi- dissi stringendogli la mano.
-Mi dispiace… Di averti fatta piangere- disse triste. -Non era mia… Intenzione- continuò con voce spezzata dal dolore quando vide una lacrima rigare il mio volto.
-Non è colpa tua-
-Ma…- tentò di replicare, ma lo zittii posando le mie labbra sulle sue.
-Ti prometto, Akira- pronunciò poi quelle parole con aria solenne. -Non… Non ti lascerò mai. Non ti farò mai… Soffrire. Sei tutto per me…- disse guardandomi intensamente.
-Anche tu sei tutto per me- mi avvicinai lentamente a lui. -Ti amo, Tadashi- sussurrai baciandolo ancora con tenerezza.
Abbozzò un sorriso. -Anch’io ti amo, donna orso-
 

 
 
Fine
 
 
 
Grazie a tutti coloro abbiano deciso di leggerla.
 Questa one-shot è nata con un’idea completamente diversa, ma nonostante tutto spero di essere riuscita a renderla unica e speciale.
Akira e Tadashi sono una coppia bellissima, a mio parere la migliore.
 Inizialmente non è stato facile per me scrivere tutto ciò.
 Poi, però, ho iniziato a pensare al loro rapporto. Perché è vero: loro sono persone completamente diverse, ma allo stesso tempo sono legate indissolubilmente l’uno all’altro.
Lei è il fuoco che scoppietta, lui è l’acqua che lo calma quando necessario.
Spero vivamente che vogliate lasciarmi una recensione, anche perché sono davvero curiosa di sapere cosa pensate di questa mia opera.
Vi lascio con un altro Grazie di Tutto dal profondo del cuore.
Grazie a chi inserisce Amore in cucina e Imprevisto Saiga nelle seguite, ricordate o preferite.
Grazie a chi spende minuti del suo tempo per dirmi ciò che pensa.
Grazie, lettore, perché ci sei.
Vostra,
Maddie.

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Capitolo 2
*** Un amore che insegna ***


Un amore che insegna
 
 
 
-Ragazzi, aprite il libro al quinto capitolo. Oggi inizieremo William Shakespeare- disse la professoressa.
Sbuffai, le poesie non mi erano mai piaciute particolarmente. Girai lo sguardo annoiato verso sinistra, dov’era seduta Akira. Per un attimo rimasi sbalordito da quanto fosse bella: la luce del sole la colpiva in modo delizioso, creando così attorno a lei una sorta di aura luminosa. Rimasi a contemplarla per qualche secondo, finché lei non si girò verso di me.
-Tadashi…- mimò con la bocca. -Che c’è?- chiese.
Non sapendo cosa rispondere scossi la testa, aprendo finalmente il libro nella pagina giusta.
-William Shakespeare è considerato uno dei più importanti drammaturghi e poeti inglesi di sempre. È nato nel 1564 a…- iniziò a spiegare la prof.
Mi guardai intorno: Hikari stava prendendo appunti come una forsennata sotto lo sguardo divertito di Kei. Jun e Megumi stavano lanciando occhiatacce al koala che Ryuu aveva incontrato chissà dove. Infine mi concentrai di nuovo sulla mia ragazza, bella come non mai. Portava ancora i capelli corti, che le incorniciavano il viso perfetto. Abbassai gli occhi verso le gambe accavallate e scoperte dalla minigonna, restando affascinato dalla loro lunghezza; poi li alzai di nuovo verso l’alto, fissando con attenzione come mordeva piano la penna che aveva tra le labbra.
Che labbra.
Se fossero un’opera d’arte, quelle labbra sarebbero sicuramente esposte in una grande galleria. Erano così rosa, così delicate… Così morbide. Le avevo assaggiate ormai chissà quante volte, eppure quando le facevo mie rimanevo sempre stupito dalla loro perfezione. Per non parlare del suo odore. Akira sapeva di dolce, ma allo stesso tempo di frizzante e irraggiungibile.
Anzi, per me, solo per me, lei era raggiungibile.
Dopo attimi che mi parvero interminabili, mi passai le mani tra i capelli per calmarmi un po’. In questi ultimi mesi era sbocciata come una rosa, e mi risultava sempre più difficile tenere a bada certi pensieri.
Sì… Una rosa.
Profumata, elegante e allettante, con molte, ma molte spine. Solo io avevo i guanti per poterla raccogliere, e questo mi rendeva ancora più onorato di essere il suo ragazzo. Molti uomini, alcuni molto più facoltosi e ricchi di me, le avevano fatto la corte. Lei tuttavia li rifiutava con quel suo fare da donna orso che mi procurava i brividi d’emozione.
-…Sig. Karino, è tra noi?- chiese la prof a un tratto, risvegliandomi dai miei pensieri.
-Uhm…- mi schiarii la gola. -Certo- risposi.
-Le ho chiesto più volte di leggere la poesia- disse leggermente irritata, per poi passare a un tono più ironico. -Non sapevo che la sig. Todou fosse più interessante della mia lezione-
Divenni paonazzo, come del resto Akira.
-Ecco… Mi scusi…- biascicai imbarazzato.
-Legga- sospirò. - Per favore-
 
Le ragazze sono come le mele sugli alberi.
 
Le ragazze sono come le mele sugli alberi.
Le migliori sono sulla cima dell'albero.
Gli uomini non vogliono arrivare alle migliori, perché
hanno paura di cadere e ferirsi.
In cambio, prendono le mele marce che sono cadute
a terra, e che, pur non essendo così buone,
sono facili da raggiungere.
Perciò le mele che stanno sulla cima dell'albero, pensano
che qualcosa non vada in loro, mentre in realtà
"Esse sono grandiose". Semplicemente devono essere
pazienti e aspettare che l'uomo giusto arrivi, colui che sia
così coraggioso da arrampicarsi fino alla cima
dell'albero per esse.
Non dobbiamo cadere per essere raggiunte, chi avrà
bisogno di noi e ci ama farà
di tutto per raggiungerci.
La donna uscì dalla costola dell'uomo, non dai piedi per
essere calpestata, ne dalla testa per essere superiore.
Ma dal lato per essere uguale, sotto il braccio per essere
protetta, e accanto al cuore per essere amata.
 
W. Shakespeare
 
 
-Perfetto- concluse la professoressa, prima di tornare a spiegare.
Sospirai, mentre sentivo lo sguardo di Akira su di me. Mi voltai verso sinistra e ne ebbi la conferma: mi stava guardando intensamente, con quei suoi occhi da cerbiatta che riuscivano a incantare chiunque. Si rese conto che la stavo osservando anch’io, quindi un bellissimo color porpora colorò le sue guance, e subito dopo si girò. Posai la testa sul banco, chiudendo gli occhi e ascoltando il forte battito del mio cuore. Ripensai alle parole che avevo letto, rendendomi conto che in realtà non avevo prestato loro attenzione, e feci scorrere lo sguardo sulle parole stampate sulla pagina.
“Le ragazze sono come le mele sugli alberi.”
Già dal titolo non iniziamo bene.
“Le migliori sono sulla cima dell'albero. Gli uomini non vogliono arrivare alle migliori, perché hanno paura di cadere e ferirsi.”
Iniziai a riflettere su questa frase. Se Akira fosse stata una mela, sarebbe di sicura la più succulenta, senza dubbio. E anche se fosse la mela più alta dell’albero, non esiterei nemmeno un attimo per arrampicarmi e raggiungerla. Di sicuro non avrei paura di ferirmi, perché ne sarebbe comunque valsa la pena. Scalerei persino la montagna più alta del mondo pur di vederla solamente sorridere.
“In cambio, prendono le mele marce che sono cadute a terra, e che, pur non essendo così buone, sono facili da raggiungere.”
Che frase sciocca.
Perché dovrei accontentarmi di altre mele se la migliore la si può raggiungere sforzandosi solo un po’ di più? Perché non dovrei volere al mio fianco Akira, la ragazza perfetta? Con quei suoi movimenti fluenti e di classe farebbe girare la testa a chiunque. Per non parlare della sua voce vellutata quando sussurra con quel suo modo soave.
“Perciò le mele che stanno sulla cima dell'albero, pensano che qualcosa non vada in loro, mentre in realtà esse sono grandiose. Semplicemente devono essere pazienti e aspettare che l'uomo giusto arrivi, colui che sia così coraggioso da arrampicarsi fino alla cima dell'albero per esse.”
Grandiosa è l’aggettivo esatto per descriverla: dolce, premurosa, caparbia e affiatata, tenace, bellissima e grandiosa. Non c’è assolutamente niente che non vada in lei, nemmeno quel suo lato più violento.
Che ci vuoi fare, Tadashi. Sei un masochista pazzo d’amore.
Sì, sono coraggiosamente pazzo d’amore per la mela più alta dell’albero.
“Non dobbiamo cadere per essere raggiunte, chi avrà bisogno di noi e ci ama farà di tutto per raggiungerci.”
Questa frase si addice perfettamente alla mia ragazza: esprime forza, superbia e tra le righe si percepisce un bisogno di rassicurazione, che in verità non è necessario. Sa già di essere la ragazza più importante per me, che farei di tutto per lei.
“La donna uscì dalla costola dell'uomo, non dai piedi per essere calpestata, ne dalla testa per essere superiore. Ma dal lato per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, e accanto al cuore per essere amata.”
Poche volte mi ero trovato a riflettere su frasi profonde come questa. Una femminista come Sakura si sarebbe commossa di fronte a queste parole. Alzando per qualche secondo lo sguardo notai che la prof. stava ancora spiegando, quindi tornai a concentrarmi. Non calpesterei mai Akira, né permetterei a qualcuno di farlo. Patirebbe le pene dell’inferno per aver osato farle del male. A volte è saccente, questo è vero, ma quando si vanta lo fa con ironia. Non è altezzosa, è perfetta. Lei … Ha bisogno di essere protetta, nonostante sia troppo orgogliosa per ammetterlo. Tuttavia non ha bisogno di essere amata, perché ciò che provo io da molto tempo va oltre all’amore. Se non ci fosse, non riuscirei a vivere. Non sorriderei, non mangerei più. Mi perderei un piccolo dettaglio: la vita.
-Tadashi? Ehi…?- disse una voce.
Alzai la testa, trovandomi di fronte Akira, bella come  sempre. -La lezione?- domandai.
Mi accarezzò i capelli ridacchiando. -È finita da un pezzo. Non hai sentito la campana?-
Mi guardai attorno: eravamo gli unici in classe. Mi alzai di scatto, facendola sobbalzare. Presi i libri che teneva in mano e li posai sul mio banco, senza mai mollare il contatto con i suoi occhi da cerbiatta. Avvicinai le mei labbra alle sue, restando sbalordito per l’ennesima volta dal suo gusto unico e nuovo, anche se in realtà nuovo non era. La assaporai con lentezza, strappandole gemiti di piacere che portarono il mio sangue dritto al cervello.
-…A che stavi pensando?- chiese con la sua solita e morbida voce, una volta terminato il bacio.
-A te…- la abbracciai. -Ti amo, Akira-
Mi strinse più forte a sé. -Anch’io ti amo, Tadashi- sussurrò poi all’orecchio.
Forse le poesie non sono poi così male.

 
 
 
Fine
 
 
 
Grazie a chi ha letto questo mio nuovo racconto.
Mi sono messa d’impegno, e ciò è dovuto alle bellissime parole di SkyDream e Nadynana.
Se questo capitolo esiste, ringraziate loro.
Qui Tadashi si confronta con un mondo a lui completamente nuovo: la poesia. Tuttavia, nonostante sembri così distante dall’Inghilterra Shakespeariana, le parole per descrivere la sua amata Akira escono fluenti come non mai.
Adoro William S.
Ho letto molte delle sue meravigliose opere, perciò ci tenevo a inserire questo capolavoro tra i pensieri del nostro protagonista.
Spero mi lasciate una recensione per darmi il vostro parere. Anche se non sembra, il parere del pubblico è importante, perché da’ all’autore idee e suggerimenti per andare avanti.
Per non parlare di correzioni, aggiustamenti…
Grazie ancora una volta per avermi prestato attenzione.
Grazie, lettore, perché ci sei.
Con affetto,
Maddie.

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