Il mare in un paio di occhi castani.

di __storm
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One. ***
Capitolo 2: *** Two. ***
Capitolo 3: *** Three. ***
Capitolo 4: *** Four. ***
Capitolo 5: *** Five. ***
Capitolo 6: *** Six. ***
Capitolo 7: *** Seven. ***
Capitolo 8: *** Eight. ***
Capitolo 9: *** Nine. ***
Capitolo 10: *** Ten. ***
Capitolo 11: *** Eleven. ***
Capitolo 12: *** Twelve. ***
Capitolo 13: *** Thirteen. ***
Capitolo 14: *** Fourteen. ***
Capitolo 15: *** Fifteen. ***
Capitolo 16: *** Sixteen. ***
Capitolo 17: *** Seventeen. ***
Capitolo 18: *** Eighteen. ***
Capitolo 19: *** Nineteen. ***
Capitolo 20: *** Twenty. ***
Capitolo 21: *** Twentyone. ***
Capitolo 22: *** Twentytwo. ***



Capitolo 1
*** One. ***


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(Prologo.)

Spencer gli aveva detto addio. L'aveva fatto quella gelida mattina di novembre, afferrandolo per il colletto della camicia bianca ormai sgualcita, spingendolo ripetutamente verso la porta e urlandogli contro di non voler vedere mai più la sua faccia da bastardo.

«Che cosa cazzo ti saresti aspettata da me? Che ti avrei riservato un trattamento speciale?» le aveva urlato lui nella speranza di ottenere qualcosa, alzando le braccia a mezz'aria con fare esasperato e tutto ciò che ricevette in risposta fù una porta sbattuta in faccia. 
L'ultima conversazione prima che lui partisse per l'Italia.

Nove mesi più tardi Zayn fù costretto a ritronare a Londra a causa di un terribile incidente stradale che coinvolse sua sorella Rachel. 
Camminava impazientemente per il corridoio dell'ospedale, avanti e dietro, senza sosta. La sua attenzione venne catturata dall'aprirsi dell'enorme porta verde alla fine del corridoio, subito fece capolino la figura di un'anziana donna che trasportava una barrella sulla quale una ragazza appena operata giaceva inerme. Zayn si sarebbe aspettato di vedere chiunque su quel lettino, ma non Spencer. La scrutò attentamente per qualche istante, giusto il tempo di notare il mascara colato su tutte le guancie e il viso tanto pallido da incuotere terrore. 
«Che le è successo?» chiese allarmato, affiancando l'infermiera. 
Spencer aprì immediatamente gli occhi non appena riconobbe quella voce e, recuperando quel poco di forza che le era rimasta, chiese alla donna che la trasportava di non dare indicazioni a quel ragazzino fin troppo curioso, poiché non l'aveva mai visto in vita sua.
Zayn si bloccò di colpo dopo aver udito quelle parole e restò immobile a fissarla fino a quando non sparì dalla sua visuale.
Quella fù decisamente l'ultima volta che la vide, dopo essersi stabilito definitivamente in Italia per i successivi tre anni. 
Se solo avesse fatto attenzione ad un piccolo particolare; se solo avesse notato il bracciale che portava al polso Spencer, lo stesso bracciale che indossavano le donne appena dopo il parto, allora di certo non sarebbe andato via. Pultroppo però al suo occhio che pareva sempre così attento sfuggì qualcosa che gli avrebbe cambiato per sempre la vita.

E se lei anche solo per un istante avesse pensato di essersi liberata di Zayn, allora si era sbagliata di grosso. E l'aveva capito quando aveva stretto tra le braccia tremanti quella bambina così piccola. 
L'aveva capito quando l'aveva osservata per bene, scrutandone il colore ambrato della carnagione, gli occhi castani e i capelli neri e si era resa conto che lei era l'esatta copia di suo padre. 
L'aveva capito quando Amber era cresciuta e in ogni movenza le faceva ricordare di lui. 



 
(One.)
 
Cadò giù, come neve, e non sarai tu a stringermi.
E non sarai tu a vivermi.
L'avresti detto mai?


 
Spencer scrutò attentamente la sua figura riflessa nello specchio, soffermandosi un po' di più sugli occhi azzurri che facevano invidia anche al cielo. Eppure lei li odiava, secondo le sue ipotesi se li avesse lasciati senza trucco le avrebbero dato un aspetto infantile e inoltre non sarebbe passata inosservata, così anche quella mattina li ricoprì di eyeliner e mascara nero. Si spazzolò con cura i capelli lisci e neri per poterli poi legare in una coda alta e ordinata. Spruzzò in modo abbondante il profumo sui polsi, dietro le orecchie e sul collo, le piaceva emanare un buon odore e ancor di più le piaceva quando le persone glielo ricordavano. Uscì dal bagno e non potè non sorridere notando che la sua bambina le aveva obbedito, era restata sul divano a mangiare una barretta di cioccolata proprio come le aveva raccomandato.
«Andiamo piccola?» chiese sorridendo. Amber annuì e con un po' di fatica scese dal divano, avvicinandosi al televisore e spegnendolo premendo il pulsante con le dita piccine e cicciotelle. Spencer le infilò il cardigan rosa di cotone e prima di uscire aprì la porta della camera della sua coinquilina, Cassie. La osservò per qualche istante, la bocca lievemente aperta e gli occhi verdi chiusi. I capelli arancioni sparsi su tutto il cuscino e la luce fioca dell'abat-jour che metteva in mostra le lentigini. «Cas -le disse, scuotendola dolcemente per svegliarla. La rossa mugugnò, contrariata.- volevo dirti che sto andando a lavoro, ok?» Cassie aprì a fatica gli occhi, stroppicciandoseli con foga. 
«Va bene. Ti raggiungo fra un'oretta.» le rispose sbadigliando. Spencer sorrise e scosse il capo, le faceva piacere che la sua migliore amica si offrisse per farle compagnia al bar, proprietà della sua famiglia, ma talvolta le dispiaceva vederla annoiarsi mentre lei serviva ai tavoli. 
«Non preoccuparti Cas, io vado.» detto questo le lasciò un bacio sulla fronte, uscì dalla camera e prese per mano Amber, abbandonando poi l'appartamento. 

 
---
«In questi giorni vorrei presentarvi una persona.» annunciò Harry con entusiasmo, sfregandosi le mani per il freddo e sistemandosi meglio sullo sgabello attorno al bancone. Cassie e Spencer si guardarono e sorrisero, immaginando già chi volesse presentarle il loro migliore amico nonché compagno di avventure. 
«Stasera! -propose la rossa con tono di chi non ammetteva repliche.- cena a casa nostra.» il riccio ci pensò un po' sù, cercando di ricordare eventuali appuntamenti e, solo quando si rese conto di non aver niente da fare, annuì. 
«Che cosa vuoi che prepari? Hai qualche preferenza?» chiese Spencer, sciaquando alcuni bicchieri da cui due anziane donne avevano bevuto il loro caffè mattutino. A quell'ora il bar era vuoto e ci si poteva parlare tranquillamente, senza essere interrotti dai clienti. 
«Lui impazzisce per la pizza, che ne dite? Almeno non dovrete mettervi ai fornelli e rischiare di far esplodere la casa. -propose Harry, facendo ridere le altre due al pensiero dell'ultima volta in cui avevano organizzato una cena e avevano bruciato il pollo, facendo scattare l'allarme anti-incendio.- veniamo alle nove.» aggiunse poi, ricevendo ancora il consenso da parte delle due proprietarie della casa. 
Spencer distolse per un attimo le attenzione dai suoi amici intenti ad organizzare la serata e la spostò verso sua figlia seduta in un tavolino in lontananza intenta a giocare con la sua adorata nonna. Spencer sorrise, ricordando per un attimo tutte le volte che sua madre l'aveva aiutata con sua figlia e il modo in cui aveva accettato la gravidanza, al contrario di suo padre che non la guardava neppure da quando era nata Amber, se non per sbatterle in faccia l'enorme errore commesso. Per lui era inconcepibile che una bambina dovesse crescere senza un padre e, ancora più assurdo, era il fatto che non si conoscesse il presunto papà della bambina. La verità però era che Spencer non aveva voluto rivelare ai suoi genitori che la bambina fosse figlia del suo ex migliore amico Zayn, perché le loro famiglie erano in buoni rapporti e sicuramente se lei l'avesse rivelato a sua madre, quest'ultima l'avrebbe detto alla mamma di Zayn e lui l'avrebbe scoperto. E Spencer non voleva affatto che Zayn sapesse di avere una figlia, voleva che lui si godesse la sua vita in Italia senza preoccupazioni. 
«Mi stai ascoltando?» la riprese Cassie, scuotendole una mano davanti al viso. La mora sobbalzò per poi annuire distrattamente, seppure non avesse ascoltato una parola della rossa, e ricominciò ad asciugare cucchiaini e bicchieri precedentemente lavati.
«Lasciala perdere Cas, la sua è mancanza di sesso.» commentò con sarcasmo Harry, scoppiando poi a ridere seguito dalla rossa.
«La mia non è mancanza di sesso.» ribadì Spencer in sua difesa, con tono poco convincente che li fece ridere ancora di più. Erano insopportabili quando facevano così. 
«E sentiamo, quant'è che non vai a letto con qualcuno?» le chiese Harry con interesse, abbassando il tono della voce per non farsi sentire dai genitori della mora. Lei parve pensarci un po' sù, prima di arrossire violentemente. 
«Ok, la mia è mancanza di sesso.» rispose con tono sommesso, stavolta unendosi alle risate degli altri due. 

 
---
E tra una chiacchiera, una battuta, una risata e un commento su qualche cliente passò velocemente un'ora.
«Grazie ancora per la compagnia, ci vediamo stasera!» salutò la mora, baciando a lungo la guancia dell'amico. Gesto che venne imitato da Cassie. Harry afferrò il cappotto, se lo infilò e si passò una mano tra i capelli per spettinarli più di quanto già lo fossero. 
«Ciao piccolina.» disse lui, salutando Amber che ricambiò con un semplice gesto della mano, troppo intenta a far sposare le loro bambole fra di loro. Il riccio si voltò e, in contemporanea al suo primo passo verso l'uscita, la porta del locale si aprì facendo così suonare la campanella. Harry e Cassie parvero immobilizzarsi e così Spencer, notando la reazione degli amici, spostò subito lo sguardo su colui che era appena entrato. In un primo momento sentì il cuore smettere di battere e successivamente palpitare ferocemente, minacciando di uscire dal petto. Trattenne il fiato, incredula, mentre lo scrutò per bene. Non era cambiato molto, i lineamenti da ragazzo diciannovenne erano stati sostituiti da tratti marcati da uomo ventiduenne qual'era, ma per il resto non c'era cambiamento. Ancora quell'accenno di barba che non veniva tolto per pigrizia, ancora quei capelli neri alzati in un ciuffo sbarazzino, ancora i chiodi di pelle che facevano sentir caldo solo a guardarli, ancora lo stesso e vecchio e Zayn. Diversi brividi percorsero lungo la schiena della ragazza quando lui sorrise, ancora lo stesso sorriso, ancora gli stessi denti bianchi che avevano il potere di illuminare un'intera stanza. 
Era tornato. 
«Non ci credo! -fù Harry a interrompere quel silenzio durato pochissimi secondi, ma che a tutti i presenti parve interminabile. Senza dire una parola corse incontro al suo vecchio amico, abbracciandolo forte.- Che cazzo ci fai qui? Porca puttana, non ci credo!» Zayn rise, probabilmente per la poca finezza del riccio o, ancor più probabile, per il modo in cui aveva pronunciato il tutto velocemente e gesticolando in modo isterico. Sta di fatto che la sua risata riecheggiò nella testa di Spencer per diversi attimi, riempendole quel vuoto che si era creato dentro di lei.
«Mi sono dovuto trasferire di nuovo qui.» spiegò Zayn, senza smettere di sorridere al ragazzo di fronte a lui che non la smetteva di fissarlo con euforia. 
«Come mai? non ti trovavi bene in Italia dopo tre anni? E tuo padre l'hai lasciato lì? Ma che hai fatto in tutti questi anni?» E se Zayn non l'avesse zittito con una spinta amichevole, avrebbe continuato a fargli mille domande per chissà quanto tempo. 
«Calmati -rispose pacato, infilando le mani nella giacca di pelle nera che indossava- e sono tornato perché ho avuto un brutto litigio con mio padre e mi ha cacciato di casa, non sapevo dove andare.» gli spiegò con tono divertito anche se, a dire il vero, non c'era niente di divertente o di simpatico in quella situazione. A quel punto il pakistano spostò lo sguardo da Harry alle due ragazze al bancone, che intanto avevano fissato la scena sussurrandosi qualcosa tra di loro. Sorrise loro, aspettandosi che reagissero nello stesso modo del riccio ma quando Spencer distolse lo sguardo, indispettita, capì che le sue aspettative erano sbagliate. 
«Bentornato Zayn.» gli disse Cassie quando lui si avvicinò, stringendolo in un abbraccio. 
«Grazie pel di carota.» e se prima stessero sorridendo ampiamente, in quel momento il loro sorriso parve ampliarsi ancor più perché infondo anche se il loro rapporto non era mai stato molto stretto erano stati pur sempre ottimi compagni di avventure notturne, e si erano mancati. «E tu non mi saluti?» proferì, guardando la mora dall'altro lato del bancone. Lei nascose le mani tremanti nella tasca anteriore del grembiule rosso, puntando i suoi occhi azzurri in quelli color miele di lui. 
«Non credo proprio.» rispose lei con tono freddo e duro, lasciando che qualcosa dentro il giovane si lacerasse.
«Ce l'hai ancora con me? dopo tutto questo tempo?» Spencer scosse immediatamente il capo, sospirando poi rumorosamente. 
«Ce l'ho con te perché te ne sei andato senza neanche salutarmi.»
«Eri tu che non volevi più vedermi, S! Ti avevo cercata in tutti i modi! Poi quando sono tornato e ti ho vista in ospedale tu non hai neppure volut..»
«Che ti aspettavi che facessi?
-disse lei, interrompendolo bruscamente.- Che lasciassi che la dottoressa ti desse informazioni sul mio stato di salute? -il ragazzo abbassò il capo, sospirando appena.- E non chiamarmi S, non hai più il diritto di farlo.» aggiunse l'ultima frase abbassando pericolosamente il tono di voce, lasciando che Zayn si preoccupasse ancora di più. Era tornato e la prima cosa che gli era venuta in mente di fare era stata quella di andare nel bar di proprietà Storm per rivederla e lei, invece, era tutt'altro che felice del suo ritorno senza preavviso.
«Riuscirò mai a farmi perdonare?» quelle parole, accompagnate da quel lieve sorriso, non solo stupirono Spencer ma stupirono anche i suoi due amici. Quelle parole erano decisamente l'ultima cosa che i tre ragazzi presenti si sarebbero aspettati di sentirgli pronunciare eppure Zayn le aveva dette, le aveva chiesto perdono. La giovane fece per rispondergli a tono ma qualcosa, o meglio qualcuno, la precedette.
«Mamma! -e nel sentire la voce di Amber tutti si voltarono verso la bambina, che dal tavolino attorno a cui era seduta si stava recando dietro al bancone, accanto a sua madre.- Mamma! -riprovò ancora dato che non aveva ricevuto alcuna risposta e neppure stavolta il risultato cambiò.- mi prepari la cioccolata?» chiese poi, afferrando il grembiule di Spencer e saltellando sul posto. 
«S-sì, s-subito.» balbettò lei. 
Zayn continuava a guardare la bambina, poi Spencer e così via per diversi secondi, non riuscendosi a spiegare quella situazione. Se n'era andato e l'aveva trovata sposata e con una figlia? A quel pensiero portò istintivamente lo sguardo sulle mani della mora ma non era presente alcun anello a decorarle le dita e ne rimase ancor più stupito. Possibile che avesse una figlia ma non un fidanzato? 
«Ehm, allora -cominciò Harry con l'intento di far distogliere l'attenzione di Zayn dalla bambina- stasera vieni alla cena a casa di Cas e Spencer?» il pakistano si voltò verso di lui e ci pensò sù. La mora si schiacciò una mano sulla fronte, riservando poi un'occhiata di fuoco al riccio che aveva commesso una tale sciocchezza. 
«C-come ai vecchi tempi?» rispose il giovane, balbettando, ancora scosso dalla scena che gli era appena apparita davanti.
«Sì, esatto! però ci sarà anche una new entry.» annunciò entusiasta, essendo l'unico felice di aver inserito anche Zayn in quella rimpatriata. Spencer si voltò, infastidita, e afferrò una tazza per poterci mettere la cioccolata. 
«Cioè?» rispose il moro, fingendosi interessato. Ma la verità era che l'unica cosa che voleva sapere era la situazione della sua ex migliore amica, l'unica persona che voleva ascoltare era lei. 
«Una persona che devo presentarvi.»
«O-ok allora..
-sospirò, passandosi una mano tra i capelli in modo nervoso- a stasera.» si voltò ed andò via, senza un ulteriore saluto, senza un sorriso, senza chiedere se le due abitassero sempre nella stessa casa oppure se si fossero trasferite. Andò via e basta, consapevole del fatto che se fosse restato non avrebbe resistito alla tentazione di scoprire la situazione di Spencer.
«Ma che cazzo fai?» sbottò la mora, contro il suo amico riccio. 
«Ok scusami, sono un disastro ma vedrai che andrà tutto bene.» la rassicurò, con un tono di voce decisamente insicuro. 

 
---
Era la settima o probabilmente l'ottava sigaretta consecutiva che fumava. Continuava a creare ipotesi su ipotesi, chiedendosi come si sarebbe svolta quella serata, cosa avrebbe dovuto aspettarsi ma alla fine non sapeva affatto come si sarebbe dovuta comportare perché ormai aveva smesso di pensare a lui. Aveva smesso di sperare in un suo ritorno. Tre anni prima, molto probabilmente, avrebbe avuto in mente tutte le parole da dirgli o i gesti da compiere ma in quel momento non aveva la più pallida idea di cosa fare. Perché aveva smesso di passare fuori casa sua e sperare di vederlo uscire con le cuffie alle orecchie e la sigaretta in bocca, sbattendosi la porta alle spalle come era suo solito fare. Aveva smesso di chiudere gli occhi ed immaginare di sentire il clacson della sua range rover alle nove in punto, per poi affacciarsi alla finestra e vederlo intento ad aspettarla per poter passare assieme a lei una notte folle in qualche locale a sniffare cocaina e scommettere su chi riuscisse a trovare qualcuno con cui fare sesso per primo. Aveva smesso di restare attaccata con il naso alla finestra con la speranza di vederlo avanzare verso il suo appartamento. Aveva smesso di provare a chiamarlo per dirgli che gli mancava terribilmente. O semplicemente aveva smesso di aspettarlo. E proprio quando meno se lo aspettava, quando non ci credeva più, il suo ex migliore amico -nonché ragazzo di cui era innamorata- era tornato.

«Amber si è addormentata.» annunciò Cassie, sedendosi sul davanzale gelido della finestra accanto alla sua amica. Spencer annuì distrattamente per poi fare un lungo tiro dalla sigaretta, al fine di placare il nervosismo.
«Quanto manca alle nove?»
«Venti minuti.
-La mora spense la sigaretta e la lanciò giù dalla finestra, alzandosi e sistemandosi i leggins neri. -Ti crea davverto tanti problemi il fatto che ci sia anche Zayn?» le chiese Cassie, avvicinandosi a lei e appoggiandole una mano sulla spalla al fine di infonderle un po' di conforto. Spencer annuì distrattamente, prima di recarsi in bagno seguita dalla sua amica. Prese la spazzola ma la rossa gliela sfilò dalle mani, facendola accomodare sul bordo della vasca e pettinandole i lunghi capelli neri e lisci. Cas sapeva quanto la sua amica si rilassasse quando le toccavano i capelli, e in quel momento aveva bisogno di un po' di calma. 
Il rumore del campanello, però, fece sobbalzare entrambe. 
«Vai tu?» le chiese gentilmente Spencer, ricevendo in risposta uno sbuffo sonoro. 
Quando Cas aprì la porta e si ritrovò di fronte Zayn, con la sigretta tra le labbra e le mani nelle tasche del jeans stretto che indossava, si rese conto che la serata non poteva cominciare in modo peggiore. Gli sorrise cordialmente, lasciandogli lo spazio necessario per entrare. Il giovane la ringraziò con un cenno del capo, prima di cominciare a parlare. «Per un attimo ho temuto che vi foste trasferite.» La rossa lo guardò in modo comprensivo, accennando una risatina.
«Chi è? -chiese Spencer, affacciandosi con il capo dalla porta del bagno. I due si voltarono verso di lei che arrossì violentemente.- Ehi.» salutò timidamente, raggiungendoli. Zayn le sorrise, felice del fatto che almeno stavolta l'aveva salutato. 
«Ciao. -Cassie congiunse le mani dietro la schiena e, fischiettando allegramente, si chiuse nella sua camera con l'intento di lasciarli soli, gesto che non venne apprezzato dalla sua amica- posso fumare qui oppure vado fuori?» continuò lui.
«Figurati, io fumo sempre ovunque.» e detto questo rubò la sigaretta dalle mani del moro, facendone un lungo tiro. Gesto che fece ridere Zayn e che, di conseguenza, fece sciogliere Spencer.
«Oh fai pure.» la prese in giro, facendola imbarazzare ancora di più. Senza dire una parola fece un'altro tiro, passando poi la sigaretta al suo proprietario che si affrettò a riprenderla. 
«Allora -cominciò lei, non sapendo esattamente cosa dire- che hai fatto in questi tre anni?» disse recandosi nel salone seguita dal ragazzo, per poi accomodarsi sul divano.
«La solita vita.» commentò soltanto, sedendosi accanto a lei e spegnendo la sigaretta nel porta cenere sul tavolino davanti al divano. 
«E per solita vita intendi bere fino a vomitare, sniffare fino a perdere i sensi e scopare fino a rischiare di avere un attacco cardiaco?» sbottò la ragazza, ricordando la precedente vita che lui conduceva, e che lei imitava. 
«No -scosse immediatamente il capo, voltandosi verso di lei- ho smesso di fare il coglione.»
«E adesso cos'è che fai? -gli chiese, infastidita. Sapeva che i tipi come Zayn non sarebbero cambiati mai.- lo stronzo?» aggiunse poi, facendo in modo che un sorriso si facesse spazio sul viso del giovane. Lo stesso sorriso da bastardo che la sa lunga.
«Faccio il bravo ragazzo, adesso.» una risatina isterica e divertita uscì dalle labbra di Spencer, che inscenò un espressione comprensiva. Infondo ad entrambi era mancato quel loro modo di punzecchiarsi.
«L'aggettivo bravo accanto al tuo nome suona proprio male, sai?»
«Credi quello che vuoi.
-le rispose, lasciandola spiazzata per qualche attimo, fin quando non riprese a parlare.- ma ti posso assicurare che non bevo più fino a vomitare, non sniffo più fino a perdere i sensi e soprattutto non scopo più così tanto da rischiare un attacco cardiaco.» ghignò, ripetendo le precedenti parole della ragazza. Si sollevò sulle braccia per potersi avvicinare di più a lei e solo quando sentì le loro gambe sfiorarsi, si risedette comodamente. Spencer sussultò a quel contatto, seppur lieve. E restò ancor più spiazzata quando si ritrovò avvolta fra le braccia di Zayn, ispirò a pieno il suo odore e notò che neppure quella particolarità di lui era cambiata. Decise che lasciarsi andare non le avrebbe fatto poi così male e così, prendendo coraggio, avvolse le braccia attorno al collo del moro, ricambiando così l'abbraccio. 
«Dovreste smetterla di lasciare la porta d'ingresso aperta, vorrei risparmiare di vedere certe scene romantiche!»



 
Spazio autrice.
Buonasera biondi.
Parto subito col dire che ho cominciato a scrivere questa storia ma, sinceramente, non ho alcuna idea su come procedere. Mi piaceva la trama e sembrava abbastanza accettabile, così ho deciso di mostrarvela. In ogni caso gradirei un parere, che sia positivo o non. 
Inoltre vorrei sapere cosa ne pensate dei personaggi, anche se non se ne parla chissà quanto. Vorrei solo dirvi che Harry e Cassie saranno molto volgari e perversi (probabilmente lo saranno tutti, ma loro in modo eccessivo) quindi se questo particolare non è di vostro gradimento direi che potete chiudere la pagina e andare a dormire invece di inziare a seguire questa storia. Ahahah! :3 
A coloro che non gradiscono la coppia Larry direi di smettere di leggere poiché qui staranno insieme. 
Ma, tuttavia, non credo che scriverò molte scene su di loro. 
Non sono sicura che il rating resti questo, poiché non so ancora una beata minchia su come far procedere questa storia. Ma molto probabilmente oscillerà tra l'arancione e il rosso.
E dopo aver detto cose che a voi non importano affatto, direi che posso anche chiuderla qui. Ma prima volevo raccomandarvi di dare un'occhiata alle altre mie storie, ahahahaha. 
Ook, basta. Un abbraccio forte da parte mia e dal moscerino agonizzante che ho appena schiacciato.

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Capitolo 2
*** Two. ***


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(Two.)



«Dovreste smetterla di lasciare la porta d'ingresso aperta, vorrei risparmiare di vedere certe scene romantiche!» nell'udire la voce di Harry, Zayn e Spencer si allontanarono immediatamente l'uno dall'altra, sorridendo imbarazzati. Posarono immediatamente lo sguardo sul riccio che se ne stava appoggiato alla parete accanto all'entrata, con diversi cartocci di pizza sulle braccia. Dietro di lui, un ragazzo poco più basso con gli occhi azzurri e i capelli pettinati in modo disordinato sulla fronte, se ne stava inerme e manteneva altre pizze. Spencer non potè fare a meno di sorridere, finalmente il suo grande amico si era deciso a presentarle il suo fidanzato. 
«Vaffanculo, Styles.» proferì Zayn con tono scherzoso.
«Potete mettere tutto sul tavolo.» gli disse cordialmente la mora, indicando con il capo il tavolo in cucina, già precedentemente apparecchiato da Cassie. 
I due ospiti si affrettarono a riporre dove gli era stato detto le pizze bollenti e intanto Spencer e Zayn si avvicinarono al fidanzato del riccio, per potersi presentare. «Ciao, sono Spencer.» disse cordialmente, tendendogli la mano. Il ragazzo sorrise ampiamente, prima di afferrarla e stringerla delicatamente. 
«Piacere di conoscerti, sono Louis.» 
Il pakistano si posizionò alle spalle di Spencer, cingendole la vita con un braccio e tendendo l'altro verso Louis, sorridendo. «Io invece sono Zayn.» il ragazzo strinse la sua mano, sorridendo. 
«Piacere di conoscere anche te.» gli rispose Lou con malizia, facendo insospettire il moro che istintivamente gli lasciò la mano un po' scosso. Non appena ebbero finito le presentazioni Spencer si liberò dalla presa ferrea di Zayn attorno ai suoi fianchi, guardandolo male e proprio nell'esatto momento in cui lei aprì la bocca per rimproverarlo, Harry catturò l'attenzione di tutti. 
«E' il mio ragazzo.» disse, scioccando completamente il pakistano che guardò attentamente la coppia, ricordando per un attimo tutte le scommese fatte con il riccio che variavano da "Chi si porta prima a letto quella bionda" a "chi scopa di più questa settimana". Scosse il capo, ricomponendosi. 
«Torno e ritrovo Spencer con una figlia, te gay e Cassie? cosa le è successo? diventerà suora a breve?» chiese Zayn con sarcasmo, scatenando le risate tra i presenti. 
La voce della rossa fece distrarre tutti che immediatamente si voltarono verso di lei, intenta a guardare in modo minaccioso colui che l'aveva definita suora. Un vero e proprio insulto per lei. «Guarda che ti sento e -enfatizzò- scopo abbastanza da non diventare suora. -Louis rise e immediatamente lo sguardo di Cas si posò su di lui, che a vederlo gli corse incontro con euforia- oh Cristo! Sei anche meglio di come ti definiva Harry! Che spreco che tu sia gay!» si coprì immediatamente la bocca, imbarazzata di aver pronunciato l'ultima frase, ma quando il ragazzo scoppiò a ridere capì di non aver fatto una figura di merda memorabile. 
«Tu saresti?»
«Cassie, mi chiamo Cassie!»
«Harry
-pronunciò Louis con tono scherzoso, voltandosi verso il suo fidanzato- questa tipa mi fa venire voglia di diventare etero.»
«Già ti amo.» proferì tra le risate la rossa, per poi stringere in un inaspettato abbraccio il moro. 
Il riccio tossì violentemente, avvicinandosi alla sua amica e scollandola dal corpo del suo amato. «Non fare la troia con il mio ragazzo!» e ovviamente quella fù l'ennesima frase pronunciata scherzando. 

 
---
La cena precedette allo stesso modo in cui era cominciata la serata: tra battute, frecciatine e tante risate. Inoltre l'aggiunta di vino, birra e pizza avevo resto il tutto più divertente. 
Cassie lavava i piatti, Harry li asciugava e Louis e Zayn se ne stavano accanto a loro a guardarli e a chiacchierare. Spencer li abbandonò, recandosi nella camera da letto da cui aveva sentito chiamarsi da sua figlia. Si sedette sul letto accanto alla bambina, sorridendole premurosamente. «Che c'è piccola?»
«Ho fatto un incubo.» disse lei, visibilmente spaventata e coprendosi il viso con le coperte. La mora accennò una risatina, spostandole il piumone dalla faccia e pizzicandole delicatamente il nasino all'insù, identico al suo. 
«Era solo un sogno Amber, non è reale.» quelle parole non parvero tranquillizzare la bimba, un po' troppo sveglia per avere solo tre anni. Infatti scosse la testa, stropicciandosi gli occhi.
«Ho sognato i miei amici del parco, loro mi prendono in giro.» spiegò con un po' di difficoltà, data la poca capacità di proferire frasi corrette in poco tempo. Spencer le accarezzò il viso, la fece sedere sulle sue gambe e la cullò dolcemente, come sono una mamma era capace di fare. 
«Sono solo invidosi perché tu sei la bambina più bella di tutte.» la rassicurò, sussurrandole quelle parole all'orecchio per poi baciarle la tempia. 
«Loro dicono che io non ho un papà, è vero?» 
La mora deglutii a vuoto, rendendosi conto che prima o poi avrebbe dovuto affrontare quell'argomento con sua figlia, ma di certo quello non era il momento più adatto. «Il tuo papà non amava la tua mamma è per questo è andato via, ma vedrai che prima o poi verrà a farti visita. -le disse con non poca difficoltà, la verità faceva male perfino a lei ma di certo non avrebbe raccontato alla sua bambina che suo padre era morto da eroe, facendo il pompiere. No, Amber avrebbe saputo le cose esattamente nel modo in cui si erano svolte- magari quando verrà ti porterà un bel regalo.»
«Vorrei che mi portasse un carillon con una ballerina che danza, come quelli nei film.» Spencer rise per la richiesta della bambina, che immediatamete sembrò sollevata. 
«Lo farà.» le rispose con tono abbastanza insicuro, consapevole del fatto che non sarebbe accaduto mai.
Zayn, che aveva osservato la scena fin dall'inizio appoggiato allo stipite della porta, mosse un passo nella loro direzione, facendo sobbalzare la mora. «Scusa, non volevo spaventarti.» le disse sorridendole, avvicinandosi ulteriormente e accomodandosi sul letto. 
«E' un vostro nuovo amico?» chiese Amber a sua madre, sottovoce e coprendosi le labbra con le mani con l'intenzione di non farsi sentire dal giovane, che però capì perfettamente le sue parole ma non lo diede a vedere per assecondarla. Spencer annuì, tornando poi a posare lo sguardo verso il ragazzo. A quel cenno la bambina scese dalle gambe della madre e si avvicinò, strusciandosi sulle ginocchia, a Zayn. «Ciao, come ti chiami?» lui ridacchiò. 
«Zayn, e tu, piccola la bimba sorrise euforica, sistemandosi meglio sulle ginocchia e appoggiando il sedere sui talloni, per poi girare la testa su un solo lato per scrutare attentamente il ragazzo di fronte a lei. 
«Io mi chiamo Amber! Ma perché hai un nome così buffo?» stavolta lui rise di gusto, sorprendendosi della capacità di relazionarsi della bambina, erano poche quelle che alla sua età si comportavano come lei. Fece per parlare, ma Spencer lo precedette. 
«Perché viene da un'altro paese, amore.» spiegò. Amber si voltò verso di lei per un istante, per poi tornare a guardare il moro, troppo presa da lui. 
«Somigli ad un principe!» esclamò, facendo sorprendere Zayn che le sorrise non appena si ricompose. 
«E tu ad una bellissima principessa.» rispose, scompigliandole i capelli con fare paterno. Spencer sentì il cuore salirle in gola e le lacrime pizzicarle gli occhi, rendendosi conto del modo in cui al ragazzo riuscisse bene fare il padre. Amber si sporse verso di lui per baciargli la guancia e quando lo fece, Zayn la trattenne di più per poter ricambiare a lungo quel gesto. La bambina, sorridendo, se ne ritornò al suo posto sotto le coperte e Spencer si passò una mano tra i capelli, messa in soggezione dallo sguardo del moro. 
Restarono nel silenzio più totale per diversi minuti, e solo quando lui si accertò che la bambina si fosse addormentata proferì parola. «Era probabilmente l'ultima cosa che mi sarei aspettato di trovare.» 
«Anche per me era l'ultima cosa che mi sarei aspettata di avere.»
«Ho ascoltato la vostra convesazione e..» 

Spencer non gli lasciò finire la frase poiché lo interruppe. «Non avresti dovuto! E adesso, se non ti dispiace, preferirei raggiungere gli altri.» disse con tono severo, alzandosi dal letto e sistemandosi i leggins. Zayn deglutii a vuoto e, annuendo, si mise in piedi e la seguì in cucina. 

 
---
Era domenica e, come tutte le domeniche, Spencer non doveva lavorare. Aveva deciso di passare a far visita a sua madre, magari sperando che lei le avesse preparato uno dei suoi pancake come sono lei sapeva farli. Infilò un cardigan ad Amber e, prendendola in braccio, uscì di casa e si recò a passo svelto verso l'abitazione dei suoi genitori, casa nella quale non viveva più da cinque anni. Ovvero dal giorno del suo sedicesimo compleanno, quando Cassie si era fiondata in camera sua alle dieci del mattino e l'aveva bruscamente svegliata, sventolandole davanti le chiavi dell'appartamento in cui si trasferirono. Quella sera stessa lei e Zayn fecero la prima tirata di bianca, inconsapevoli del fatto che quella sarebbe stata una dipendenza che li avrebbe uniti per i successivi due anni. Da lì era cominciata una vita fatta di feste, locali notturni e tanta droga. Quei due, assieme ad Harry e Cassie, formavano una squadra perfetta. Spencer si ritrovò a ricordare a tutte le volte in cui Zayn suonava il clacson e loro lo raggiungevano nella sua auto, a tutte le volte in cui il riccio si era fermato da loro per tutta la notte e aveva dormito abbracciato a lei, provando inutilmente a far sesso e beccandosi ogni volta un due di picche. Perché loro quattro si erano scambiati una solenne promessa "Nessuno di noi deve andare a letto con nessuno di noi", consapevoli del fatto che un avvenimento del genere li avrebbe fatti separare per sempre. Il piccolo sorriso che le si era formato sul viso svanì, ricordando quella specie di raccomandazione che pronunciavano ogni volta prima di una notte folle, recitava "Niente baci, niente carezze, niente dolcezza e solo sesso". 
Era quella la frase che Zayn le aveva pronunciato quando lei, nuda sotto di lui, aveva provato a baciarlo. Si era sentita distrutta ma se n'era resa conto solo il mattino seguente, svegliandosi e trovandolo intento a rivestirsi. Se non fosse stata innamorata di lui di certo non l'avrebbe sbattuto fuori casa, ma pultroppo le cose stavano diversamente. 
Tra un pensiero e l'altro si era ritrovata fuori la sua vecchia abitazione e, sospirando, mise giù Amber per poi prenderle la mano. Si avvicinò alla porta e suonò al campanello.
«Che vuoi?» ad accoglierla fù suo padre, trattandola in modo freddo e duro come era suo solito fare. 
«Mamma?» chiese lei scocciata.
«E' da Katherine.» annunciò, prima di chiuderle la porta in faccia. Spencer non ci fece neppure caso, abituata a quei comportamenti bruschi da parte di quello che una volta poteva chiamare padre. 
Katherine era la madre di Zayn e in quella casa viveva da sola con sua figlia poiché aveva divorziato con il marito che si era appunto trasferito in Italia. Ma adesso che Zayn era tornato a Londra si era ristabilito sicuramente a casa di sua madre. Respirò profondamente, prima di andare a bussare alla porta della casa di fronte alla sua. Rachel, la sorella minore di Zayn, la accolse in modo sorpreso. «Ehi S! Come stai?» Spencer le sorrise, entrando in casa senza smettere di stringere la mano della sua bambina. 
«Bene, grazie R. Cercavo mia madre.» Rachel annuì sorridendole e si chiuse la porta alle spalle, facendole poi segno di seguirla. Sembrava piuttosto felice della sua visita. Arrivarono in brevi secondi in cucina e il cuore le si bloccò immediatamente quando incontrò gli occhi di Zayn, seduto a attorno al tavolo, col pigiama blu di cotone e il cucchiaio pieno di cerali e latte a mezz'aria. Fece finta di niente e andò a baciare le guancie di Katherine. «Buongiorno signora -anche Amber la salutò, ormai quella donna era un'amica di famiglia. Dopodiché salutò sua madre, dedicandole un sorriso- sono passata a casa per cercarti.» La donna annuì, prendendo in braccio Amber e baciandole a lungo la guancia. 
«Come mai?» chiese poi, rivolgendo lo sguardo verso sua figlia. 
«Niente di importante.»
«Hai visto che è tornato Zayn?»
chiese, Spencer annuì distrattamente, lasciando intendere che si erano già visti. Nel sentire quel nome la piccola Amber si divincolò dalla presa di sua nonna e non appena toccò coi piedi a terra corse verso Zayn, saltandogli letteralmente in braccio e abbracciandolo forte. Lui la strinse a sè, sorridendo per la sorpresa, mentre tutti guardarono la scena scioccati. 
«Si sono conosciuti ieri quando Zayn è venuto farci visita al bar.» spiegò velocemente Spencer, accomodandosi attorno al tavolo. Le loro madri, accompagnate da Rachel, annuirono attentamente e si guardarono fra di loro prima di alzarsi e improvvisamente abbandonare la stanza. Spencer le fissò allontanarsi con la fronte corrugata e un enorme punto interrogativo stampato in faccia, ma ciò che la stupì di più fù la scena che si ritrovò davanti quando si voltò verso Zayn, seduto di fronte a lei con Amber sulle gambe. Lui le cingeva l'esile corpicino con il braccio musoloso mentre con l'altro manteneva il cucchiaio coi cereali e, imitando il suono di un aereo, lo aveva portato alla bocca della bambina che si era affrettata a mangiare, facendolo ridere.
La ragazza sbattè le palpebre diverse volte, sentendo il fiato mancarle per la sorpresa; come già detto, per lei Zayn sarebbe stato un padre perfetto.
«Come stai?» chiese lui premurosamente, senza guardarla e continuando a dividere la sua colazione con Amber. 
«Come ieri, tu?»
«Come ieri.
-rispose, facendole eco.- hai da fare oggi pomeriggio?» chiese, alzando lo sguardo verso di lei e sorridendole. Spencer ci pensò sù, arrivando alla conclusione di non avere alcun impegno. 
«No, a dire il vero.»
«Usciamo insieme?»

Spencer assottigliò gli occhi, guardandolo in modo sospettoso. «Come, scusa?» quel suo modo di fare lo fece ridere.
«Tranquilla, intendo un uscita da amici.» le disse, portandosi la tazza piena di latte alle labbra per poter bere. La giovane arrossì violentemente, imbarazzata per aver frainteso. 
«Posso venire anche io?» chiese Amber, scuotendosi sulla gamba di Zayn. Lui annuì, abbandonando la tazza sul tavolo e pulendosi le labbra con la manica del pigiama. 
«Certo che sì, principessa. -rispose, spostandole alcuni capelli che le si erano depositati sulla guancia. Ancora una volta Spencer non riuscì a non sciogliersi completamente davanti a quella scena.- passo a prendervi alle quattro, va bene?» propose, senza smettere di togliere lo sguardo dalla bambina. 
«Va benissimo. -gli rispose Spencer, alzandosi e facendo segno ad Amber di imitarla. Quest'ultima baciò la guancia di Zayn e scese dalla sua gamba, aiutata da lui, per poi correre verso sua madre e afferrarle la mano.- a più tardi, allora.» lui annuì e la vide sparire dietro la porta. 
Spencer si recò in salone, con l'intento di salutare sua madre e tornarsene a casa ma l'improvvisa richiesta di Katherine le sconvolse i piani. «Perché non resti a pranzo da noi? Sono sicura che tu e Zayn avete molte cosa da dirvi.» lei scosse immediatamente il capo, pronta a riufiutare e ringraziare per l'offerta ma Rachel la precedette.
«Sì, dai!» 
La ragazza provò ancora una volta a parlare ma, di nuovo, qualcuno fece prima di lei. «Ti prego mamma!» la supplicò Amber, saltellando su un posto, già gioiendo all'idea di stare con Zayn. Quest'ultimo si unì alla conversazione, appoggiandosi allo stipite della porta e sorridendo. «Avanti! non vorrai deludere tua figlia, spero.» pronunciò. Spencer non riuscì a trattenere un sorriso nel pensare a quanto fosse bello anche col pigiama, i capelli spettinati e i piedi scalzi. 
«E va bene!» rispose rassegnata.


 
Spazio autrice.
Sei recensioni al primo capitolo? volete farmi morire? 
Grazie, grazie e ancora grazie! :) 
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento e spero riuscirete ad avere il tempo per lasciarmi un pensiero :) 
Un bacione fortissimo!

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Capitolo 3
*** Three. ***


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(Three.)

 
Spencer rise all'ennesima battuta squallida di Rachel che da quando avevano cominciato a pranzare aveva iniziato quella competizione con suo fratello e anche in quel momento dopo aver consumato il primo piatto, il secondo e il dolce, quella sfida era ancora in atto. E diventava sempre più interessante, battuta dopo battuta. «Se io mi nutro, tu ti nutri ed egli si nutre -cominciò Zayn, cercando di trattenere le risate mentre parlava- perché Frank si natra?» concluse scoppiando a ridere seguito da Spencer che stava ascoltando attentamente tutta la conversazione nonostante fosse intenta a lavare i piatti. Odiava sentirsi un peso per le persone e aveva insistito parecchio pur di rendersi utile almeno in quello. Rachel ringhiò, infastidita dal fatto che suo fratello fosse praticamente imbattibile, e sentiva che presto si sarebbe arresa poiché le battute che ricordava erano giunte al termine. 
«Cosa ci fa un drogato in una lavatrice? -attese qualche attimo prima di riprendere a parlare- Il bucato!» disse Rachel con euforia, beccandosi occhiate disgustate da parte degli altri due. 
«Un daino dice ad un altro daino: "giochiamo a nascondaino?"» continuò lui con un ghigno, consapevole del fatto che seppure quella sfida stava procedendo da parecchio avrebbe vinto lui. Rachel sbuffò sonoramente, alzando le mani a mezz'aria in segno di resa.
«E va bene! -disse con tono rassegnato- hai vinto tu!» dichiarò poi, asciugando i piatti e i bicchieri precedentemente lavati da Spencer. Zayn rise e, in segno di vittoria, si avvicinò ad Amber e la prese in braccio per poi farla volteggiare nell'aria, facendola ridere in modo divertito.
«Abbiamo vinto, piccola!» esclamò, mettendola giù e spettinandole i capelli. Spencer li osservò e, come ogni volta che lui toccava la sua bambina, sentì i crampi allo stomaco diventare ogni secondo sempre più intensi. Erano davvero adorabili insieme. 

 
---
 
«Possiamo andare adesso.» proferì Zayn, scendendo velocemente le scale. Spencer lo scrutò per bene, mordendosi l'interno del labbro inferiore alla vista di quel ben di Dio; la maglietta bianca che gli fasciava alla perfezione i muscoli dell'addome, i jeans altrettanto aderenti che mettevano in bella mostra le gambe lungue e slanciate e, come se non fosse già abbastanza scopabile, chiodo e anfibi neri per completare il tutto. Dire che era bellissimo era dire troppo poco. Il ragazzo prese le chiavi della range rover, il cellulare e diede un ultimo ritocco al ciuffo, guardandosi attraverso lo specchio nel corridoio. Solo quando si rese conto di essere più che presentabile, volse lo sguardo verso Spencer ed Amber. «Allora?» chiese poi, abbastanza divertito. Spencer si ricompose all'istante, rendendosi conto di aver fatto la figura dell'idiota poiché non gli aveva tolto gli occhi di dosso nemmeno per un nano secondo.
«Certo, andiamo.» gli rispose, prendendo per mano sua figlia e sorridendo appena. Zayn ricambiò e tutti e tre uscirono di casa, pronti per la loro uscita delle quattro. Il ragazzo fece per aprir loro lo sportello ma la mora lo precedette, guardandolo male. «Non farmi venire il voltastomaco, Malik.» lo ammonì, aprendo la portiera e accomodandosi con Amber seduta sulle gambe. Nel sentirle pronunciare quella frase qualcosa si accese dentro di lui, che non potè fare a meno di sorridere ampiamente. 
«Ecco la mia vecchia Spè!» esclamò con euforia. Spencer sentì le guancie andarle a fuoco; non solo aveva attribuito l'aggettivo mia al suo nome, l'aveva anche chiamata con lo stupido soprannome con il quale amava punzecchiarla e che mai, prima di quel momento, lei aveva voluto sentirsi dire. 
«Non sono mai cambiata, .» gli fece notare lei, sistemando meglio la bambina sulle sue gambe e abbassando il finestrino. 
«Noto che non te ne sei dimenticata..» disse alludendo al nomignolo, lei scosse il capo, sorridendo amaramente. Non aveva dimenticato niente che riguardasse lui.
Il viaggio in auto fù molto silenzioso solo per Spencer, poiché gli altri due provvederono parlando fra di loro. Amber aveva chiesto a Zayn di portarla al parco ed era proprio lì che lui si stava dirigendo. 
Stavano ascoltando uno dei vecchi abbandonati che il ragazzo aveva in macchina quando la mora allungò la mano verso lo stereo, alzando volutamente la voce sulle note della canzone Whit Me dei Sum 41, la stessa canzone che aveva fatto da colonna sonora ai loro anni di amicizia. Senza proferir parola aprì il cruscotto, passando l'indice su un'incisione all'interno di esso. 

Erano nel pieno del mese di gennaio, il freddo era pungente e la pioggia scendeva senza sosta. Nascosti in un vicolo buio, nella range rover, Zayn, Harry, Cassie e Spencer fumavano la loro canna passandosela fra di loro per poterne fare un tiro ciascuno. 
«Che cazzo stai facendo, Haz?» sbraitò Zayn non appena si rese conto che il riccio gli stava sfregiando la bambolina -ovvero l'auto-, Harry rise di gusto, mostrandogli poi l'incisione che aveva fatto con le chiavi di casa. A quella vista il pakistano si addolcì. 
«Spè, Cas -le chiamò il riccio, distraendole dal loro intento di fumare in pace. Le due si sporsero per vedere la scritta fatta dal loro amico- in memoria di tutti gli scleri, le lacrime, le disperazioni, le risate e perché no anche le scopate memorabili che ha dovuto subire quest'auto.» Cassie si gettò istintivamente verso l'amico, stringendolo in forte abbraccio. Fece lo stesso con Zayn e Spencer.
«Sarà per sempre?» chiese la rossa con voce tremante, trattenendo le lacrime di gioia. Harry annuì subito, guardando gli altri due in attesa di conferme. 
«Per sempre.» ripetè Spencer, con gli occhi puntati verso le lettere incise pochi attimi prima: HZSC.
E ci credevano davvero.


Lo stesso flashback percorse le memorie di entrambi nel momento in cui i loro occhi si incontrarono, ma fù il moro stesso ad interrompere quella magia che si era creata per poter puntare di nuovo lo sguardo sulla strada. La giovane chiuse il cruscotto, sospirando. «Te lo ricordi quel giorno?» 
«E come potrei dimenticarlo?» rispose lei, alzando il finestrino per il troppo vento. Non voleva che Amber prendesse un brutto raffreddore stando esposta a tutte quelle correnti. 
«Già..»
ancora una volta calò un silenzio devastante che durò per tutti i successivi cinque minuti di tragitto verso il parco, solo quando Zayn parcheggiò l'auto si decise a parlare, rivolgendo però la parola ad Amber. «Sei pronta piccola?» Lei annuì euforica, scendendo dall'auto ancor prima di sua madre, che sorrise vedendola correre spedita verso le giostre assieme al ragazzo. Camminò verso di loro a passo lento per poi accomodarsi su una panchina di fronte alle altalene e nel giro di pochi minuti Zayn la raggiunse. «E' fantastica!» commentò il moro, sedendosi accanto a lei con un sorriso stampato sul viso. Spencer annuì, tornando a posare lo sguardo sulla bambina. 
«Come suo padre.» sussurrò tra sè e sè, inconsapevole del fatto che il suo sussuro era stato udito dal giovane. 
«Chi è?» chiese curioso. Spencer lo guardò in modo interrogativo, corrugando la fronte.
«Cosa?» le domandò con un espressione confusa.
«Il padre, intendo. Chi è?» ripetè. La mora sentì un improvvisa stretta ferrea stringerle lo stomaco e avvertì le mani cominciare a tremare, distolse lo sguardo da lui per poterlo posare su sua figlia, notandone ancora l'evidente somiglianza con Zayn. Di certo, però, non avrebbe potuto dirgli così su due piedi che il papà era lui. «Se non vuoi dirmelo non importa, ma almeno posso sapere perché non è qui adesso?» 
«N-non gli ho m-mai detto che e-ero incinta.» balbettò in modo nervoso. Zayn parve un po' scosso da quella notizia, di certo non se lo sarebbe aspettato. 
«E non glielo dirai mai più, vero? -Spencer si strinse nelle spalle nel tentativo di coprirsi, sentendosi un libro aperto. Annuì soltanto- ma magari potrebbe piacerle.» ipotizzò, probabilmente nel tentativo di convincerla a rivelare tutto al padre di sua figlia. Lei scosse il capo, contrariata.
«Ne riparleremo un'altro giorno.»

 
---
 
«Grazie per aver trascorso la giornata con noi.» disse con imbarazzo Spencer non appena, alle otto in punto, Zayn accostò l'auto fuori casa sua. 
«Grazie a te.. a voi.» si corresse, ridacchiando appena. Lei alzò le spalle, sentendosi lievemente in imbarazzo, e aprì la portiera dell'auto per poter scendere. 
«Mamma ma Zayn va già via? -chiese Amber, travolta da un improvvisa ondata di tristezza al solo pensiero di lasciar andare il suo principe azzurro.- non resta da noi?» domandò ancora, sempre meno gioiosa. 
«Beh -la ragazza alzò il capo verso il moro e, improvvisamente, cambiò del tutto idea- non sarebbe una cattiva idea, tu che dici?» chiese al giovane che accettò immediatamente. 
Entrarono in casa e furono invasi da un forte odore di pulito e in quel momento la mora si trovò a benedire la sua amata amica Cassie quando decideva di rimettere in ordine tutto. Zayn rise, seguendo Amber che gli aveva afferrato la mano per condurlo nella sua camera da letto per fargli vedere tutti i suoi giocattoli e così Spencer ne approfittò per cominciare a preparare la cena. 

Si asciugò velocemente le mani ed afferrò il cordless che stava squillando, appoggiandoselo tra la spalla e l'orecchio per poter continuare a sbucciare le patate. «Pronto?» dall'altro capo del telefono c'era Cassie, riparata nel bagno delle donne di un ristorante italiano. 
«Ehi S, finalmente sei a casa! Ma dove sei stata?» Spencer rise, cominciando a fare mille ipotesi sul perché la rossa stesse parlando sottovoce. 
«Ho pranzato da Katherine e nel pomeri..»
«Kath non è la madre di Zayn?» chiese confusa, interrompendo l'amica.
«Sì. E nel pomeriggio Zayn ha portato Amber al parco.» aggiunse, pulendosi di nuovo le mani con lo straccio e girandosi di spalle al ripiano di marmo, accogliendo finalmente il cellulare in mano per potersi liberare da quella scomoda posizione.
«Capisco, poi mi spieghi tutto. Adesso devo abbandonarti, sono in un ristorante con un tipo che ispira sesso violento.» a quell'affermazione entrambe scoppiarono a ridere. 
«Mi raccomando non venire qui per il "dopo cena".» Cassie, per quanto possibile, rise ancora di più e chiuse la chiamata senza neppure risponderle.
La mora sospirò, posò il telefono al suo posto e ricominciò a cucinare senza rendersi conto del fatto che non proveniva più alcuna voce dalla camera da letto.

 
---
 
Trenta minuti passarono velocemente e quando Spencer fece per chiamare Amber ed avvisarla per la cena, si ricordò della presenza di Zayn, dandosi della stupida da sola per essersene dimenticata. Aggiunse un terzo bicchiere e le posate per il loro ospite e si recò nella camera da letto per avvisarli. Quando aprì la porta sentì il cuore sciogliersi letteralmente e non riuscì a trattenere un sorriso; Zayn dormiva e tra le sue braccia anche la sua bambina era immersa nel mondo dei sogni. 
Si avvicinò con cautela, cercando di non fare rumore poiché ricordava bene che il giovane odiava essere svegliato bruscamente. Si sedette accanto a lui e, accarezzandogli la guancia con delicatezza, pronunciò il suo nome più volte a bassa voce, ricevendo dei semplici gemiti contrariati come risposta. «Andiamo Zà, è pronta la cena!» a quella parole lui aprì lentamente gli occhi e la sua prima reazione fù di sobbalzare, stranito dal fatto che Spencer fosse accanto a lui e lo stesse svegliando. Ci mise qualche secondo per ricordare tutto e istinitivamente si mise a sedere, imbarazzato per essere crollato. Il moro farfugiò qualcosa di incomprensibile, per poi rendersi conto del fatto che stava delirando e ricomporsi immediatamente.
«Scusa -proferì con tono dispiaciuto, guardandola- non volevo addormentarmi.» si giustificò, facendola ridacchiare in modo divertito.
«Non preoccuparti. -lo rassicurò, alzandosi dal letto e continuando a sorridergli- vieni a cenare?» lui annuì, alzandosi a sua volta e stiracchiandosi per poi seguirla. Si sedette comodamente attorno al tavolo mentre lei, silenziosamente, gli riempì il piatto con le cena e glielo appoggiò davanti, sorridendo appena. Zayn fissò attentamente le pietanze preparate dalla ragazza per poi ridacchiare, consapevole del fatto che lei aveva di proposito cucinato il suo pasto preferito. Già al primo boccone si complimentò con lei, era sempre stata un mito ai fornelli ma stavolta aveva superato se stessa. 
Parlarono di un po' di tutto, a partire dalle esperienze del moro in Italia, al fatto che avesse bisogno di un lavoro per poi cominciare a parlare della vita quotidiana di Spencer e finire spettegolando su Harry e Cassie in modo simpatico. Ricordarono i loro vecchi compagni al college, tutte le volte che il preside li aveva ammoniti o addirittura sospesi, tutte le punizioni che avevano dovuto scontare e tutte le cazzate fatte tra i banchi di scuola. E per un attimo Spencer si chiese come fosse possibile che un'amicizia così intensa sia potuta finire, poi le era ritornata in mente la notte passata insieme, il furioso litigio del mattino seguente, l'ultima volta che l'aveva visto in ospedale, e Amber. 
Zayn si diede dello stupido da solo quando, mentre sparecchiavano la tavola freneticamente, aveva sfiorato la mano di Spencer e aveva avvertito diversi brividi percorrergli la schiena, proprio come le scene romantiche dei film. Con la sola differenza che la realtà era molto più diversa, bastarda, infame. Ed oltre a definirsi stupido si reputò anche coglione, per averla amata così tanto e non averglielo mai detto, per essersene andato invece di chiederle perdono. Era stato incosciente tornare e sperare di poter diventare di nuovo suo amico per poterle finalmente rivelare che non aveva mai smesso di pensare a lei. E invece, come per punirlo della sua stupidità, lei era madre e sicuramente nella sua testa c'era il padre di sua figlia e non ci sarebbe mai stato posto per lui. Sbuffando la raggiunse e si sedette sul divano, accanto a lei, permettendo alle loro gambe di sfiorarsi. Avvolse un braccio attorno alle sue spalle e la sentì irriggidirsi: ecco la reazione che desiderava. «Come mai Cassie non è in casa?» le chiese, cercando una scusa qualsiasi pur di ascoltare la sua voce. 
«Mi ha chimata prima e mi ha detto che è a cena con un ragazzo -si voltò verso di lui, incatenando i loro occhi- che ispira sesso violento.» aggiunse, scoppiando a ridere sonoramente. Zayn si limitò a sorridere, troppo preso ad ascoltare il suono della sua risata cristallina. 
«Ma tu sei stata più fortunata.» Spencer lo guardò corrugando la fronte, non capendo il senso di quell'affermazione.
«Cioè?»
«Cioè hai cenato con uno che ispira sesso violento a tutte le ore, non sesso violento a basta.» ovviamente la sua era una battuta ma Spencer non perse l'occasione per prenderlo in giro, inscendando una risata. 
«Non credo proprio.» lo smentì lei, muovendo una mano a mezz'aria con fare isterico, imitando alla perfezione le ragazzine un po' troppo sicure di sè. 
«Cambi idea facilmente, allora.» capì di aver schiacciato il tasto sbagliato non appena lei smise di comportarsi come una stupida e schiuse le labbra, stupita. Si voltò immediatamente, puntando lo sguardo su un punto impreciso della stanza. Zayn le prese il viso tra le mani, pronto a scusarsi ma il rumore della porta che si aprì lo precedette. Entrambi si voltarono verso Cassie che aveva appena fatto capolino in casa, seguita da un ragazzo alto coi capelli castano chiaro e un viso adorabile. 
«Ti avevo detto di non venire qui per il dopo cena!» proferì la mora con tono scherzoso e con l'intento di mettere in imbarazzo la sua amica, per poi alzarsi e avvicinarsi a loro. 
«Tranquilla S, ci ho già pensato a quello. -le fece l'occhiolino per poi puntare lo sguardo su Zayn- ehi stronzo.» 
«Ehi suora.» rispose lui con indifferenza. 
«Non farci caso -sussurrò Spencer al ragazzo che era venuto assieme a Cassie- comunque sono Spencer.» aggiunse tendendogli la mano che lui afferrò e strinse con delicatezza. 
«Io sono Liam.»



 
Spazio autrice.
Già tredici recensioni totali? cavolo, grazie mille. Siete davvero fantastiche!
Passando al capitolo direi che fa cagare, ma è tanto inutile quanto fondamentale poiché vediamo il modo in cui Zayn si lega sempre di più ad Amber, vediamo come insiste per cercare di sapere chi è il padre (e nel prossimo capitolo si parlerà molto di questa cosa, preparatevi.), inoltre si può notare come il rapporto tra Spencer e Zayn diventa sempre più intenso e per ultima cosa, non meno importante, c'è l'arrivo di Liam nella storia! 
Manca solo Niall e credetemi, non so che cosa fargli fare. Ma troverò qualcosa haha.
Vorrei chiedervi una cosa imporante, vi va di passare a leggere l'altra mia fan fiction?
Vi lascio il link nel caso forte interessate: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2086461&i=1
Beh credo di non aver altro da dire, spero di ricevere ancora le vostre recensioni.
Vi abbraccio tutte :3

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Capitolo 4
*** Four. ***


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(Four.)
Resta qui, ferma immobile.
Lascia andare piano tutte le paure.
Cercami nel disordine.
Provami a parlare senza le parole.
Nella pioggia lenta te ne vai, tra le nuvole le mie lacrime.
Non c'è niente che non rifarei per averti ancora.
Guardami, sono lo stesso che è entrato dentro te senza violarti mai,
bella come sei.
Adesso guardami, io non ti lascio qui.
Torno a riprendere ogni tuo angolo, ogni attimo,
bella come sei.



Dopo il rientro di Cassie e Liam, i quattro ragazzi avevano chiacchierato tra di loro per tutta la notte, sorseggiando birra e fumando pacchetti interi di sigarette e alla fine, a causa del tardo orario, gli ospiti si erano fermati a dormire a casa delle due amiche. Fu il rumore del campanello a disturbare il sonno di tutti i presenti. Zayn, rannicchiato in un angolo del letto, ci mise un po' per focalizzare bene la situazione, per rendersi conto che quella non era affatto la sua camera e che al suo fianco c'erano la piccola Amber e Spencer, con le quali aveva passato tutta la notte. «Che cazzo ci fai qua? -sbottò Spencer, ancora con la voce impastata dal sonno- ti avevo lasciato sul divano e ti ritrovo nel mio letto?» gli chiese con tono severo, mettendosi a sedere e stropicciandosi gli occhi. Entrambi poterono udire il rumore di alcuni passi, probabilmente di Cassie, e la porta d'ingresso che veniva aperta per poter permettere a colui che aveva osato disturbare il loro sonno di entrare, ma tuttavia non gli diedero molto peso. 
«Era scomodo.» rispose soltanto, tentando di farla bastare come giustificazione poiché appena sveglio non era il massimo della simpatia e, soprattutto, odiava parlare. Spencer assottigliò gli occhi, pronta per lanciargli contro le peggiori maledizioni e insultarlo per bene ma Amber la precedette.
«Ho sentito la voce di zio Harry!» li avvertì la piccola, scendendo di corsa dal letto e correndo in cucina. Zayn la osservò andar via, accennando un lieve sorriso, poi tornò a puntare il suo sguardo su Spencer, seduta con le gambe incrociate e un espressione stanca sul viso. 
«Dormito bene?» le chiese stupidamente, cercando un modo per addolcirla e passarla liscia per il fatto che si era intrufolato nel suo letto. Ma, secondo il suo parere, quel letto matrimoniale era troppo invitante ed era troppo grande per lasciare che dormissero solo una ragazza e una bambina. C'era posto anche per lui. Spencer annuì flebilmente e trascinò con fatica il suo corpo in posizione eretta, cominciando a camminare verso la porta a mo' di zombie. Zayn ridacchiò tra se e se, prima di alzarsi e raggiungere la cucina insieme a lei. Amber, Cassie e Liam ancora mezzi addormentati, consumavano la loro colazione chiacchierando con Harry e Louis. 
«Che cazzo ci fate qua?» sbraitò la mora, avvicinandosi a loro e sedendosi attorno al tavolo. 
«Vi abbiamo portato la colazione, non si vede?» le rispose il riccio con sarcasmo, intento a mangiare un muffin e massaggiare, di nascosto, la gamba del suo compagno. Lo sguardo di Spencer si posò immediatamente sui numerosi prodotti di Starbucks, che variavano da cornetti a muffin e da cappuccini a semplici caffè zuccherati. 
«Mh, ti ho già detto che ti amo Harry?» fu il commento della mora prima che si avventasse su tutto quel ben di Dio presente sul tavolo.

 
---
 
Quando all'una del pomeriggio Zayn bussò al campanello di casa sua, si sarebbe aspettato qualsiasi cosa ma non ciò che si ritrovò davanti. Sua madre se ne stava con una mano appoggiata sul fianco e un'espressione di rimprovero. Senza proferire parola lo fece entrare e, non appena si chiuse la porta alle spalle, cominciò a delirare. «Dove sei stato? Mi hai fatta preoccupare! Pensavo che le cose fossero chiare, Zayn. Ti avevo detto che ti avrei lasciato vivere di nuovo qui a patto che non ti comportassi come tre anni fa e tu cosa fai? Resti fuori tutta la notte chissà dove a fare chissà cosa.» sbraitò, alzando le braccia a mezz'aria con fare isterico. Il ragazzo corrugò la fronte, restando inerme per qualche secondo prima di scoppiarle a ridere in faccia in modo divertito. 
«Di questo passo ti farai venire un infarto. Sono solo stato da Spencer.» spiegò velocemente, prima di darle le spalle e recarsi in cucina. Katherine tirò un sospiro di sollievo, che svanì non appena si rese conto di ciò che aveva realmente detto suo figlio, lo raggiunse velocemente e ricominciò con la sua predica, puntandogli un dito contro con fare minaccioso.
«E che hai fatto? -gli chiese, a dir poco scandalizzata.- Ti rendi conto che quella ragazza ha già una figlia? Non vorrai farle fare la stessa fine di nuovo, spero!» Zayn la fissò scioccato per diversi attimi, prima di accennare un sorriso imbarazzato. Fece per parlare ma il ridere sguaiatamente di Rachel lo fece distrarre.
«Spero che tu abbia usato precauzioni, fratellone.» La ragazza si beccò un'occhiata omicida da parte di sua madre, ma era valsa la pena dire quelle parole poiché le guance di Zayn divennero improvvisamente rosse e lui si coprì il viso con le mani con l'intenzione di trattenersi dal ridere. Per Rachel era davvero esilarante quella scena, soprattutto perché Katherine continuava a far saettare il suo sguardo su entrambi i fratelli con un espressione a dir poco sconvolta.
In un attimo di lucidità il moro decise che sarebbe stato meglio mettere le cose in chiaro e non lasciare che le altre due fraintendessero, poiché lui non era affatto andato a letto con Spencer e non voleva che lo pensassero. «Non è successo niente di ciò che state pensando.» annunciò, avvicinandosi ai fornelli e sbirciando nelle pentole, come per cercare di distrarsi e non imbarazzarsi nuovamente. 
«E dovremmo crederti?» chiese sua sorella, appoggiandosi allo stipite della porta con le mani sui fianchi e le gambe piegate all'altezza delle caviglie. Zayn alzò le spalle con indifferenza.
«Potete pensare quello che volete, io sono consapevole del fatto che non sto mentendo.» pronunciò quelle parole con tono calmo e pacato, dopodiché si limitò a superarle e a salire al piano superiore della casa, probabilmente per farsi una doccia o semplicemente per starsene in camera sua. 
«Quello non me la racconta giusta.» commentò Rachel dopo essersi assicurata del fatto che lui non potesse sentirle. Katherine le rivolse l'ennesima occhiataccia di rimprovero. 
«Rachel!» disse infatti, con tono estremamente autoritario. La ragazza alzò le spalle, imitando il precedente gesto di suo fratello di controllare cosa ci fosse per pranzo. 
«Andiamo, mamma. Si vede lontano tre chilometri che quei due muoiono l'uno per l'altra.»
«Non essere stupida, non si sentivano da tre anni.» Rachel corrugò la fronte, incrociando le braccia al petto e scuotendo il capo contrariata dalle parole di sua madre.
«Credimi, si mangiano con gli occhi. -le rivelò, sicura che ciò che stesse dicendo fosse la verità- Non hanno mai smesso di volersi in questi anni.»
Zayn chiuse il getto freddo dell'acqua e avvolse un telo alla vita, per poi cominciare a sistemarsi la barba. Era intento a fare l'ultima passata con la lametta, giusto per essere sicuro di aver tolto ogni pelo, quando la suoneria del suo cellulare lo fece distrarre, costringendolo a compiere un movimento brusco con la mano che gli causò un lieve graffio sulla mascella. «Merda.» imprecò abbandonando la lametta sul bordo del lavandino e afferrando il cellulare dalla tasca dei jeans lasciati precedentemente sul pavimento, sorrise quando lesse che gli era arrivato un nuovo sms da un numero che in tutti quegli anni non aveva mai cancellato.

Da: Spencer

Hai lasciato il portafogli a casa, coglione. Se desideri recuperarlo passa qui verso le quattro, comunque è davvero carina la foto sulla patente, sembri un tossico. 

Oh, aspetta.. lo sei. ;)
Spero che questo sia ancora il tuo numero di cellulare perché sennò mi sentirei una stupida. 
xxSpencer.

 
---
 
Erano le quattro in punto quando Zayn bussò al campanello, ponendo fine al riposino di Spencer. Quest'ultima, seppur controvoglia, si alzò dal divano ed andò ad aprire la porta ancora intontita. «Stavi dormendo?» la mora alzò gli occhi al cielo dopo quella domanda decisamente troppo stupida e si spostò di lato, in modo da lasciare al ragazzo lo spazio necessario per entrare.
«No, stavo facendo riposare i miei occhi mentre guardavo un divertentissimo film con Amber. -rispose, con una nota evidente di sarcasmo nel tono della voce che fece ridacchiare Zayn. Quest'ultimo attese che lei chiudesse la porta prima di seguirla in cucina per non disturbare la bambina intenta a guardare la televisione.- Posso offrirti qualcosa?» gli chiese, sentendosi in imbarazzo. Zayn annuì e si accomodò su una sedia attorno al tavolo. 
«Mi accontento di un bicchiere d'acqua fresca.» si limitò a comunicare. La mora annuì, aprendo il frigo e prendendo un bicchiere dalla credenza, riempiendolo poco dopo. Glielo porse e lui si affrettò ad afferrarlo, ringraziandola con un sorriso. Restarono in religioso silenzio per alcuni minuti, seduti l'uno di fronte a l'altro, entrambi alla ricerca di qualcosa da dire e di un discorso da intraprendere. Spencer aveva avuto l'idea di chiedergli quale fosse la sua marca di maionese preferita, ma si era tirata indietro poiché nel momento in cui stava per dirglielo Amber era entrata nella stanza con le mani sui fianchi e una postura autoritaria che non le si addiceva affatto, soprattutto considerando i capelli legati in due codini sbarazzini e i pantaloni fucsia che le conferivano un'area tutt'altro che di superiorità. 
«Che c'è?» le chiese Spencer, sopprimento una risatina compiaciuta nel vedere quella bambina con un caratterino così ribelle ed intelligente. Amber, di tutta risposta, sbuffò e cominciò a delirare.
«Ciao Zayn -lo salutò con disinteresse, sorprendendolo, per poi rispondere alla domanda che le aveva posto sua madre- il film è finito.» 
«E ti è dispiaciuto?» rispose la mora, lievemente confusa.
«Mamma, alla fine del film il papà è tornato dalla sua famiglia. -incrociò le braccia al petto, indignata.- E da noi quando arriva?» Zayn e Spencer si scambiarono un'occhiata veloce, prima che lui prendesse parola.
«Non ti preoccupare, principessa, anche tuo padre tornerà presto.» le disse sorridendo con dolcezza, per rassicurarla. Amber sembrò sollevata dopo quella risposta e, saltellando, uscì dalla stanza per andare a passare altro tempo a guardare i cartoni animati. Spencer se ne stava con un piede appoggiato alla sedia e l'altro sul pavimento, la testa sul ginocchio e il pollice e il medio posati uno su una tempia e uno su l'altra, facendo respiri lunghi per placare il nervosismo e tutte le sensazioni negative che avevano preso il sopravvento dopo l'affermazione proferita da Zayn. Quest'ultimo seguì la bambina con la coda dell'occhio mentre si allontanava, per poi tornare a guardare la ragazza di fronte a se, entrambi messi in agitazione da quella piccola conversazione con Amber.
«Bella merda.» commentò Spencer, pronunciando quelle parole in un sussurro molto simile ad un affermazione detta tra se e se. Zayn sospirò, appoggiandosi più comodamente allo schienale della sedia e puntando i suoi occhi color oro in quelli azzurri della mora, che però non lo stavano guardando.
«Io non sarò nessuno per dirti ciò che devi fare, ma credo che tu debba chiarire questa situazione. Non è giusto che Amber debba vivere senza un padre solo perché tu non hai le palle per andare da lui e dirgli la verità. Questa bambina dovrà aspettarlo inutilmente per tutta la vita, oppure alzerai il culo e ti deciderai a renderla felice?» quelle parole lasciarono che la gola le si seccasse, che le mani le cominciassero a tremare e che il cuore prendesse a vibrare, a palpitare velocemente, a gridare di voler uscire fuori dal petto. Ciò che più la stupì, però, fu il tono di voce in cui lui le aveva pronunciato quelle parole: con una calma disarmante, accompagnata comunque da una lieve nota di freddezza. Zayn era fermamente convinto dell'idea che la situazione che Spencer aveva creato era sbagliata, inconsapevole del fatto che lei avesse fatto la cosa più giusta perché tre anni prima lui l'avrebbe abbandonata e non si sarebbe mai preso cura di Amber, tre anni prima era decisamente molto più immaturo.
«Non credo che sia così facile come credi, Malik. Pensi che sia una cosa da poco bussare a casa di una persona e dirgli così, su due piedi, che ha una figlia di tre anni nata durante una nottata di solo sesso? È successo per sbaglio e non credo che lui lo accetterebbe, almeno non dopo tutto questo tempo. Il danno è fatto e, a parer mio, non c'è rimedio.» si limitò a rispondergli senza guardarlo, tenendo lo sguardo fermo verso la finestra e osservando il caos pomeridiano di Londra, che in quel momento sembrava riempire la stanza con i suoni dei clacson delle auto e delle ruote che sfrecciavano sull'asfalto che cominciava a bagnarsi da una pioggia fitta. Erano quelli gli unici rumori che momentaneamente riempivano la loro conversazione muta, accompagnati dalla voce dei personaggi dei cartoni animati che stava guardando Amber.
«Questo non ti giustifica affatto, Storm. -sentirsi chiamare per cognome la fece deglutire, nel tentativo di mandare giù quel groppo alla gola.- Non è mai troppo tardi per rimediare ai proprio errori.» le suggerì con tono pacato e rilassato, che la facero stranamente infastidire.
«Per quanto ne sappia potrei anche sbagliarmi. -sbottò, voltandosi finalmente verso di lui per poterlo guardare.- Mi conoscevi bene ed eri al corrente del tipo di vita che conducevo, poiché io e te ci comportavamo allo stesso modo. E sai bene che in quel periodo sono stata con diversi uomini, quindi se proprio vuoi saperlo io non sono sicura di sapere chi è il padre della bambina.» stava spudoratamente mentendo e ne era consapevole, ma doveva trovare una scusa che permettesse di sviare una volta per tutte quel discorso con Zayn. Non era vero che in quel periodo andava con diversi uomini, si limitava a baciarli e a fargli qualche servizietto, ogni tanto. Erano rare le volte in cui si trovava a spogliarsi e per questo era più che convinta sul fatto che Amber fossa figlia di Zayn, non c'erano dubbi. 
Zayn la fissò scioccato, non sapendo esattamente cosa dirle. Ci furono quindi diversi minuti di un silenzio devastante, che misero in soggezione entrambi. «Allora suo padre potrebbe essere qualsiasi ragazzo con cui hai fatto sesso, perfino io. -Le rispose con sarcasmo, convinto del fatto che lei gli avesse mentito. A parer suo Spencer sapeva esattamente chi fosse il padre di Amber, ma per qualche assurdo motivo non voleva rivelarglielo. La ragazza, a quelle parole, sbiancò.- Tanto i conti tornano, no?» continuò poi, ancora con una nota di sarcasmo nella voce. Spencer deglutì rumorosamente, passandosi una mano tra i capelli neri corvino e sospirando rumorosamente.
«No che non tornano, assolutamente.» si affrettò a rispondergli, con tono agitato e nervoso. Zayn la guardo in modo compiaciuto e appoggiò i gomiti sul tavolo e il mento fra le mani, accennando un sorriso beffardo. Per quanto potesse essere infantile, alla volte, lui non era affatto stupido. 
«Ah, no? E dimmi un po', quand'è che è stata concepita la bambina?» a quella domanda, accompagnata da un tono divertito, Spencer si ritrovò a deglutire con fatica per l'ennesima volta, prima di cercare una scusa che non sembrasse troppo banale e scontata.
«Non lo so di preciso, ma quando sono stata con te ero già incinta. -Rispose cercando di essere il più convincette possibile e ci riuscì poiché Zayn le credette. Era comunque un tasto dolente per lei quello della notte passata insieme.- Se non ti dispiace vorrei chiudere qui l'argomento.» rispose con freddezza, alzandosi dalla sedia in modo brusco. Il giovane la fissò inerme per qualche istante prima di annuire flebilmente.
«Come vuoi. -le rispose soltanto, alzandosi anche lui.- Il portafogli dov'è?» Entrambi abbandonarono la stanza e Spencer si recò in camera da letto, prese l'oggetto dimenticato da Zayn e glielo riportò, trovandolo già accanto alla porta d'ingresso ad aspettarla.
«Fa' attenzione quando guidi.» Gli raccomandò, pogendogli il portafogli che lui afferrò poco dopo, accennando un sorriso, felice per essersi sentito dire quella frase. 
«Buon proseguimento.» le rispose, prima di aprire la porta e andarsene, lasciandola con un vuoto dentro e con la paura di essere scoperta che diventava sempre più forte.


 
Spazio autrice.
Scusate per la canzone all'inizio, non c'entra molto con questo capitolo ma mi gasava :)
ahahahahaha.
parto subito col ringraziarvi, già venti recensioni madò dhjesaq
vi amo proprio uè.
Questo capitolo è bellino, mi piace troppo la parte di Zayn, Katherine e Rachel.. non la volevo mettere all'inizio, ma poi boh.. mi fa scompisciare ._. 
inoltre il signor. Malik comincia a sospettare qualcosa, ehm ehm. 
Per non parlare della discussione che a me, personalmente, fa impazzire.
Boh, me gusta. 
E poi quant'è bello pensare che è la mezza e io sono ancora qui sopra a cazzeggiare mentre voi dormire perché domani avete scuola?
io comincio il venti, babeeeee. 
Sono malefica, sì.
Ahahaahahahah ok, la smetto. Trovate il tempo per farvi sentire perché vi amo e non so stare senza di voi, aw.
Vi abbraccio tutte. fhjwerhre.

 

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Capitolo 5
*** Five. ***


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(Five.)






Spencer continuava a servire i tavoli freneticamente, aveva sempre odiato le dieci e trenta del mattino: il bar era stracolmo di gente che esigevano di ricevere la propria colazione il più velocemente possibile e, in parole povere, lei doveva ammazzarsi di lavoro. 
Per l'ennesima volta la campanella posta sulla porta suonò, segno che qualcuno era entrato nel locale. Alzò lo sguardo per controllare chi fosse e si lasciò sfuggire un sorriso alla vista di Zayn, bello come sempre ed intento a stringersi forte nella sua giacca, probabilmente per il troppo freddo del mese di febbraio. Così magari avrebbe smesso di limitarsi ad indossare dei semplici chiodi in pelle e si sarebbe deciso ad indossare un cappotto degno di essere chiamato tale. «Finalmente ti sei fatto vivo, Malik.» disse quando lui le si avvicinò, erano tre giorni ormai che di Zayn non c'era traccia. 
«Buongiorno anche a te, Spè. E grazie, sto molto bene, a te invece come va?» le rispose, prendendola in giro e facendola ridacchiare in modo divertito. 
«Oh benissimo, figurati.» lo informò, continuando la sua presa per il culo. Zayn rise assieme a lei, sedendosi su uno sgabello di fronte al bancone oltre al quale c'era Spencer. 
«Vuoi ordinare?» chiese educatamente lei, ricomponendosi e riprendendo il suo ruolo di cameriera. Il giovane si sfregò le mani, di un colore tendente al viola a causa del gelo, e poi annuì in modo deciso senza smettere di sorriderle neanche un attimo. 
«Un caffè.» disse soltanto, lasciando che Spencer restasse scossa per un attimo. Lei negò con il capo, muovendo a ritmo anche l'indice. 
«Eh, no Malik. Devi chiederlo educatamente, altrimenti non ti preparo un bel niente.» scherzò lei, cominciando già a prendere la tazza da riempire successivamente con l'ordinazione richiesta. Zayn la guardò in modo divertito, si sistemò meglio sullo sgabello e decise di darle corda.
«Mi scusi, splendore, le dispiacerebbe preparami un caffè? Se non chiedo troppo gradirei anche l'aggiunta di un po' di latte, la ringrazio.» finì la messinscena accennando un sorriso cordiale, che fece scoppiare a ridere Spencer. Lei gli diede le spalle, con la scusa di prendere un cucchiaino, ma in realtà voleva solo nascondere le guance rosse dopo essere stata chiamata splendore.
«Ti ho chiesto di essere educato, non frocio.» rispose, voltandosi nuovamente verso di lui e appoggiandogli di fronte la tazza di caffè che gli aveva preparato, Zayn rise e puntò i suoi occhi in quelli della mora, ipnotizzandosi alla vista di quelle iridi azzurre degne di essere esposte in un museo e di ricevere innumerevoli premi a causa della particolarità delle sfumature del colore.
Troppo presa dal suono della risata cristallina del moro non si rese conto dei clienti che attendevano con impazienza le loro ordinazioni, così dovette ricomporsi e distogliere l'attenzione da lui per poter riprendere a lavorare, seppur controvoglia.
Zayn attese, con pazienza, che il bar si sfollasse un po' per poterle finalmente rivolgere la parola. «Quando finisci?» le chiese, osservandola mentre si accomodava sullo sgabello al suo fianco. 
«All'una.» lo infornò, controllando l'ora sull'orologio appeso alla parete color giallo senape. Erano appena le undici e qualche minuto. Il ragazzo le sorrise per l'ennesima volta, per poi distogliere lo sguardo dal suo viso e guardarsi attorno con fare irrequieto. 
«Pranziamo insieme?» le propose speranzoso. Spencer restò scossa per qualche istante, prima di sospirare.
«C'è Amber, non posso.» rispose con imbarazzo, immaginando quanto dovesse essere scocciante per lui quella situazione.
«Non c'è problema. -si affrettò a rispondere, guardandola e sorridendole lievemente per rassicurarla.- Verrà anche lei.» aggiunse, sperando che Spencer accettasse la proposta. Voleva passare del tempo con lei perché, nonostante tre giorni fossero davvero pochi rispetto ai tre anni che avevano passati lontani, in quelle settantadue ore lui aveva sentito la sua mancanza in ogni momento. La ragazza sorrise, sentendosi lievemente in imbarazzo per il fatto che non poteva permettersi più di concedersi un uscita normale, e poi annuì indecisa. 
«E dove mi porti?» chiese poi, appoggiando il gomito sul bancone e la testa sul palmo della mano, guardandolo con curiosità, attendendo una risposta che non tardò ad arrivare.
«Dove ti pare, l'importante è che tu stia con me.» si pentì subito dopo per aver pronunciato quelle parole, ma gli erano uscite senza preavviso. Distolse lo sguardo, sperando che lei non si rendesse conto del disagio che gli aveva provocato farle quella rivelazione. Spencer, d'altra parte, avvertì un senso di gioia farsi spazio dentro di lei e, ancora una volta, non riuscì a trattenere un sorriso colmo di emozioni positive. 
«McDonald's sarebbe perfetto.»

 
---
 
«Ci si vede, ragazzi.» Li salutò Harry, dopo aver passato l'ultima ora in loro compagnia al bar. Spencer e Zayn ricambiarono il saluto, sorridendogli felici per averli intrattenuti con le sue paranoie e le sue crisi esistenziali. Il ragazzo controllò l'ora sul display del cellulare e sorrise, rendendosi conto che mancavano una decina di minuti all'una. Spencer si tolse il grembiule rosso e lo sistemò accuratamente al suo posto, prima di rivolgere un sincero sorriso a Zayn. 
«Possiamo andare.» lo avvisò. Il giovane si alzò e si sistemò prima i jeans, poi la giacca, osservando la mora mentre si avvicinava a Camille, sua madre. 
«Zayn vuole portarci a pranzo fuori. -disse lei, attirando l'attenzione della donna.- Grazie per aver badato a lei anche stamattina.» aggiunse sorridendo, prima di fare segno ad Amber di seguirla. Camille sorrise, trattenendo con un braccio la bambina che se ne stava comodamente seduta sulle sue gambe.
«Vai, non preoccuparti di lei -disse, indicando la piccola con il capo- ci penso io.» un enorme sorriso colmo di gratitudine si fece spazio sul viso della ragazza e immediatamente abbracciò sua madre, ancora scossa per il permesso che le aveva dato. 
«Grazie, sei fantastica. -le disse, allontanandosi da lei per poi baciare la guancia di sua figlia.- Fai la brava e non fare arrabbiare la nonna, ok?» le raccomandò premurosamente. Amber annuì, troppo presa dal giocare per prestare seria attenzione alle parole di sua madre. Quest'ultima ridacchiò e, ringraziando ancora Camille, si riavvicinò a Zayn. «Mamma dice che terrà lei Amber, quindi puoi fare i salti di gioia.» Il ragazzo la guardò corrugando la fronte, per poi osservarla mentre si infilava il cappotto e prendeva la sua borsa. 
«Guarda che a me dispiace il fatto che lei non ci sia.» le rivelò, cingendole le spalle con il braccio muscoloso e avviandosi fuori dal bar. Spencer lo guardò con la bocca spalancata, fingendosi offesa. 
«E allora porta a pranzo lei, invece che me.» scherzò, facendolo ridere di gusto e fingendo di non sentirsi a disagio per il contatto che la stringeva a lui. Egli non rispose, più che altro agì. Voltò il capo verso di lei e le lasciò un bacio tra i capelli. Un semplice gesto che aveva avuto la capacità di farla tremare, e non per il freddo. Zayn strinse la presa attorno alle sue spalle, per poterla avvicinare ulteriormente al suo corpo e attraversò la strada.
«Mi concedi di aprirti lo sportello?» le chiese con tono divertito una volta che furono arrivati accanto alla sua range rover. Spencer rise e negò con il capo, prima di aprirsi la portiera da sola e sistemarsi al posto del passeggero. 
«Sono cose vomitevoli.» commentò una volta che anche lui si fu seduto al posto di guida, inscenando un espressione disgustata. Risero insieme e Zayn si sentì stupidamente felice perché ogni volta che si trovava in sua compagnia, si rendeva conto che non era cambiato assolutamente niente rispetto a tre anni prima. Erano cambiati entrambi, erano maturati e non erano più quei due ragazzini sciocchi con la sola intenzione di divertirsi, ma tuttavia il loro modo di comportarsi quando erano insieme era sempre lo stesso. Stavano bene, e sapevano ridere di cuore.
Mise in moto l'auto e partì deciso, alzando immediatamente il volume dello stereo perché seppure odiasse guidare con la musica alta, ricordava che Spencer la preferiva così. 
«Hai messo la musica scassa-timpani, bravo. Migliori giorni dopo giorno, quasi mi sorprendi.» gli disse, con un sorriso beffardo stampato sul viso. Zayn alzò le spalle, spostando per un attimo lo sguardo su di lei per poi tornare a concentrarsi sulla strada.
«Vedi? faresti bene a non sottovalutarmi, Storm. Potrei sorprenderti ancora di più, la prossima volta.» ammiccò, con un pizzico di malizia nel tono della voce che fecero confondere Spencer. 
«Non mi aspetto grandi cose da te, Malik. Sappiamo entrambi che non sei capace di fare qualcosa di particolarmente sorprendente.» rispose a tono, distogliendo lo sguardo da lui e puntandolo sulla strada. Era strano, eppure si ritrovavano ancora in quell'auto a punzecchiarsi, come era loro solito fare.
Zayn non rispose a quella provocazione, preferì cominciare ad agire. Attese qualche minuto prima di ringraziare il cielo per essere arrivato ad un semaforo, fortunatamente rosso, quale momento migliore per soprenderla? 
Spencer avvertì la mano di Zayn posizionarsi sulla sua gamba, in un punto abbastanza vicino all'inguine, e massaggiare delicatamente. Strabuzzò gli occhi, portando lo sguardo prima sul ragazzo che continuava a guardare la strada con indifferenza, poi sulla sua mano appoggiata alla sua coscia. 
Dovette ammettere che con quel gesto era riusciuto nel suo intento di sorprenderla, ma lei l'avrebbe sorpreso ancora di più. Fece scivolare il suo corpo in una posizione un po' più rilassata, in modo da permettere alla mano di Zayn di trovarsi in un punto ancora più vicino al suo piacere. Il ragazzo portò immediatamente lo sguardo sul punto in cui Spencer aveva fatto in modo che lui la toccasse e dovette trattenere il fiato, preso dall'eccitazione. 
Si ricompose, rendendosi conto dell'assurda situazione che si stava creando, ma non si sarebbe fermato per poterle darle il piacere della vittoria. Se Spencer voleva giocare, lui avrebbe senz'altro vinto. Non si fece alcun problema a ricominciare a muovere la mano in movimenti piacevoli, massaggiando delicatamente seppure sapesse che le sue dita si trovassero molto, anzi troppo, vicine al piacere della ragazza. 
Lei, di tutta risposta a quella provocazione, prese la mano del ragazzo e le mosse fino al suo ginocchio, per poi farla risalire in un movimento intenso e che, per un attimo, lasciò che l'eccitazione prendesse il sopravvento nel corpo di entrambi. Spencer si sentì fremere a contatto con la mano calda del ragazzo, e lui provò esattamente lo stesso turbine di emozioni. 
Zayn desiderava non accontentarsi di un contatto così semplice, in quel momento volle di più, ma sapeva che non avrebbe potuto averlo. Così, seppur controvoglia, decise di porre fine a quel gioco, stringendole forte la gamba fino al punto di farla urlare dal dolore. Almeno aveva posto fine a quel contatto straziante.
«Ma sei coglione?» sbottò lei, dandogli un pugno sul braccio che non lo mosse di un millimetro. Zayn alzò le spalle, scoppiando a ridere. 
«Dovevo vincere io, in qualche modo.» le rivelò, ricominciando a guidare poiché il semaforo si era colorato di verde. In pochi minuti arrivarono a destinazione e Zayn le fece segno di scendere. 
«Finalmente.» proferì lei con tono di voce sognante, fissando l'edificio che le si presentava davanti. Il ragazzo scoppiò a ridere, un po' per la reazione avuta da Spencer, un po' per il fatto che si sentiva uno stupido per accettato la sua richiesta di portarla al McDonald's. Scelta alquanto infantile.
«Noto che non hai ancora smesso di amare questo posto.» disse lui, chiudendo a chiave l'auto e affiancandola. Spencer gli rivolse un espressione scocciata, accompagnata da uno sbuffo sonoro che lui non seppe interpretare. 
«Non potrei mai smettere di amare il Mc!» rivelò, cambiando nuovamente umore e ritornando ad essere euforica. Afferrò la mano di Zayn senza pensarci due volte e lo trascinò con se all'interno del locale, mentre lui si limitava a ridacchiare e seguirla. Anche lui, in quel momento, aveva cominciato a sentirsi stranamente felice. Ogni angolo di quel posto gli faceva venire in mente tutti i pasti consumati lì, cazzeggiando allegramente.
Presero velocemente le loro ordinazioni e si sedettero sul primo tavolo libero che adocchiarono, soffiando il posto ad un bambino grassottello che stava andando ad accomodarsi lì. Si sedettero l'uno di fronte all'altro, ridendo sguaiatamente, fino a farsi rimproverare da una coppia di anziani. Spencer corrugò la fronte, che diamine ci facevano dei vecchi in un posto come il McDonald's? Scacciò quei pensieri per concentrarsi sul ridere ancora più rumorosamente, con l'intento di disturbare di più coloro che avevano orsato rimproverarla. A quel gesto Zayn si coprì il viso con le mani, ridendo più di quanto stesse facendo precedentemente.
«Sei una ritardata, Storm.» commentò dopo essersi ripreso. Spencer gli fece la linguaccia, cominciando a togliere quelle inutili carte che circondavano il suo McCicken, per poi aggiungere quintali di maionese e addentarlo, come se non mangiasse da giorni interi. Zayn dovette trattenersi dal prenderla in giro per non rischiare di ricevere le peggiori torture. Infondo temeva di potersi ritrovare con le patatine infilate nel naso e il panino tutto in bocca, come un maiale con una mela. Spencer poteva essere pericolosa, alla volte. «E ti sei anche sporcata.» le disse, sopprimendo una risatina e allungando il fazzoletto sulle sue labbra per poterla pulire dalla maionese. 
«Avresti potuto pulirmi anche in un altro modo, Malik.» lo stuzziccò, intraprendendo un tono di voce vago con lo scopo di metterlo in confusione. E il suo intento riuscì alla grande poiché Zayn la fissò scioccato mentre manteneva il panino a mezz'aria per potarlo in bocca. Sembrava immobile. «E riprenditi.» A quelle parole il ragazzo scosse violentemente il capo, ricomponendosi e cominciando a mangiare, senza risponderle, lasciando che mille pensieri gli annebbiassero la mente: In che altro modo avrebbe potuto pulirla, se non con un bacio? Era questo ciò che lei intendeva dire?
Tra una chiacchiera e l'altra anche l'ultima patatina nei vassoi di entrambi finì e furono costretti ad alzarsi da quelle comode sedie. «Gelato? -propose lui, prima di uscire. Spencer sorrise e annuì, prima di avviarsi alla cassa con il ragazzo per poter comprare due coni.- Ecco a lei, signorina.» le disse Zayn, porgendole il suo gelato al cioccolato che lei si affrettò ad afferrare. 
«La ringrazio, buon uomo.» risero insieme, per poi uscire dal locale e avviarsi verso l'auto del moro. 
«Che stai cercando di fare? -la rimproverò non appena lei fece per aprire la portiera. Spencer lo guardò con la fronte corrugata e un espressione confusa- Prima mangi e poi sali.» le spiegò, affiancandola e posizionandosi con le spalle alla portiera e le mani in tasca. Spencer rise di gusto, immaginando quanto fosse maniacale quel ragazzo verso la sua auto e poi si sistemò di fronte a lui, gustandosi il suo gelato silenziosamente. 
«Hai sporco, ancora.» le disse Zayn una volta che lei ebbe finito il cono, guardandole l'angolo destro della bocca macchiato di cioccolato.
«Mi pulisci?» gli chiese con malizia, consapevole del fatto che avrebbe anche potuto pulirsi da sola senza complicazioni. Il modo in cui lei pronunciò quelle parole fecero capire al giovane che avrebbe dovuto metterla a tacere una volta per tutte e farla finita con quelle stupide provocazioni, poiché era già la seconda volta che lo stuzzicava in quel modo. Quando Zayn avvicinò il suo viso a quello di Spencer, lei avvertì il cuore cominciare a palpitare ferocemente. Fu un'attimo e poi si ritrovò le labbra del ragazzo sulle sue. Con una calma disarmante, Zayn racchiuse la parte sporca fra le sue labbra e si aiutò con la lingua per pulirla. Con la stessa calma si allontanò da lei, la guardò e poi come se non fosse successo niente fece il giro dell'auto e si sedette al suo posto. 
Zayn 1 - Spencer 0.
«Non sali, Storm?» 





 
Spazio autrice.
Questo capitolo me gusta, si cominciano a notare molte cose sul loro vecchio rapporto. Come ad esempio il fatto che amano provocarsi e stuzzicarsi e non nego che mi sono divertita molto a scrivere la scena dell'auto, mmmadò. 
Inoltre non impressionatevi: Non è un bacio, le ha solo pulito le labbra.................cose da niente, insomma. Ehm.
Inoltre oggi è stato il mio primo giorno di scuola e mi sono alzata alle sei, quindi non so per quale motivo non sono sotto le coperte a dormire, sembro uno zombie. Voglia di vivere saltami addosso proprio.
Eppoibboh, grazie mille a tutte. Non mi aspettavo che questa storia potesse essere seguita da così tante persone, grazie, grazie e ancora grazie
Siete dolcissime. :) 
Bast, sto parlann assaj. 
Cià bionde!

 

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Capitolo 6
*** Six. ***



 
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(Six.)
 
E tanto ti amo
che per quegli occhi dolci posso solo stare male
e quelle labbra prenderle e poi baciarle al sole
perché so quanto fa male la mancanza di un sorriso,
quando allontanandoci sparisce dal tuo viso e fa paura, tanta paura...
paura di star bene, di scegliere e sbagliare,
ma ciò che mi fa stare bene ora sei tu, amore.
E fuori è buio, ma ci sei tu, amore.

-Tiziano Ferro.



La sigaretta tra le dita, la schiena curva in avanti e due enormi occhiaie a contornarle gli occhi. Era quella l'immagine di Spencer che fece scoppiare a ridere Harry. «Non ridere, Haz. Non farlo.» lo avvertì lei con tono minaccioso, puntandogli un dito contro e assumendo una posizione autoritaria. Il riccio provò a fare come lei aveva ordinato ma non ci riuscì e riprese a ridere sguaiatamente, facendo saltare i nervi della mora. E la cosa che la infastidì di più fu che la situazione andò avanti per cinque minuti buoni. «Devo spegnerti la sigaretta in culo o ti calmi?» sbottò lei ad un certo punto, puntandogli contro la sigaretta quasi come se fosse un coltello di cinquanta centimetri. Harry alzò le braccia a mo' di scuse, realmente impaurito da quella minaccia. Sapeva che Spencer avrebbe avuto il coraggio di farlo e di questo un po' -un tanto- ne aveva paura.
«È che sei troppo stupida, Spè. Sono due giorni che stai in queste condizioni per un mezzo bacio.» la indicò con una nota di divertimento nella voce, cosa non fece molto piacere alla ragazza che infatti gli avvicinò la sigaretta al viso, pronta per spegnergliela sul naso alla prossima mossa falsa. «Andiamo bel culo -e a quel nomignolo Harry indietreggiò, consapevole del fatto che molto presto si sarebbe trovato a delirare per qualche ferita grave ricevuta dalla mora- Sei Spencer Storm, non una tredicenne con gli ormoni impazziti. Hai baciato e scopato i ragazzi più fighi di tutta Bradford, se non di tutta Londra, e ti preoccupi per una cazzata del genere?»
«Ascoltami bene, Haz. -cominciò lei con tono autoritario, spegnendo la sigaretta ormai terminata nel posacenere al centro del tavolo- Ti sei presentato alle sette del mattino a casa mia e te l'ho fatta passare liscia, non stai facendo nient'altro che ridere della mia immagine e non ti ho ancora mandato a fanculo, ma non ti azzardare a dire che ciò che c'è stato tra me e... quello è una cosa da poco!» sbraitò, alzando il tono della voce verso la fine del suo discorso, più esasperata che mai. Harry corrugò la fronte, avvicinandosi a lei e afferrandole le spalle, prima di scuoterla violentemente avanti e dietro. 
«Chi cazzo sei? E cosa cazzo nei hai fatto della mia Spencer? Dove cazzo è finita?» Una ginocchiata tra le gambe lo mise a tacere. 
«Ma sei coglione?» sbottò ancora lei, osservandolo con le braccia incrociate mentre lui si manteneva i gioielli di famiglia, piegato in due per il dolore. Stettero in silenzio per qualche minuto, lasciando che la conversazione si riempisse solo dei mugolii lamentosi del ragazzo, e ricominciarono a parlare solo dopo che Harry si fu ripreso dal colpo.
«Punto uno: hai dei seri problemi mentali. -sbottò, sedendosi con non chalance su una sedia attorno al tavolo- punto due: se quello che c'è stato tra te e Zayn può reputarsi qualcosa di serio, allora spiegamelo perché non ci arrivo.» le impose, incrociando le braccia al petto e attendendo pazientemente una risposta. Spencer sospirò, spostando nuovamente lo sguardo verso la finestra e appoggiandosi con il fondo schiena al ripiano di marmo della cucina, infilando le mani nella felpa blu che aveva indossato da sopra al pigiama di cotone. 
«Ho sempre pensato che tu avessi un cervello davvero minuscolo, ma non mi ero mai trovata a constatare che in realtà non ce l'hai affatto un cervello, Haz. Ti sembra cosa da poco? Zayn è il padre di mia figlia e solo stare accanto a lui mi fa venire il voltastomaco, in senso buono..»
«Si chiamano farfalle allo stomaco.» la interruppe lui, correggendola. Spencer fece uno scatto col capo per poterlo guardare, prima alzare le sopracciglia stranita e prendere a sbuffare. 
«Sì, sì, quella merda lì. E in pratica non posso permettermi di provare qualcosa per lui, Harry.» il ragazzo si trovò a pensare che quella situazione fosse davvero seria quando incontrò l'espressione esasperata della mora, che sembrava voler chiedere aiuto. Lui le si avvicinò, facendo combaciare il suo bacino con quello della sua amica, e le prese il viso fra le mani scrutandone a fondo le iridi azzurre. 
«Hai così tanta paura di innamorarti di lui?» sentirsi porre quella domanda la fece ragionare molto, chiuse gli occhi cercando di trovare un po' di concentrazione e quando li riaprì quelli di Harry la stavano ancora guardando, in attesa di una risposta. 
«Non si tratta di amore. Io ho semplicemente paura di affezionarmi a lui.» gli rivelò, lasciandosi cullare dalle carezze del giovane. Lui sorrise, fiero di essere riuscito a farle ammettere le sue insicurezze. Erano due giorni che provava a capire come mai il gesto di Zayn l'avesse lasciata così scossa e finalmente se n'era reso conto, ora aveva le idee chiare.
«Tu non hai mai smesso di essere affezionata a lui, Storm. E la cosa che ti fa più paura di tutte e quella di stringere di nuovo un rapporto intenso con lui e non riuscire a continuare a nascondergli la verità. Negalo quanto vuoi ma io sono sicuro del fatto che tu non vuoi provare alcun sentimento nei suoi confronti solo per non sentire i sensi di colpa.» 
E per quanto le costasse ammetterlo, Harry aveva pienamente ragione. 

 
---

Spencer si appoggiò con le spalle alla parete attrezzata contenente i bicchieri, le posate e tutte le varie cose necessarie per il bar. Sospirò, sentendosi molto più stanca del solito, il sabato mattina era sempre molto affollato e lei si ritrovava a dover lavorare il triplo rispetto agli altri giorni. «Buongiorno.» una voce maschile giunse alle sue orecchie sottovoce di melodia. Alzò lo sguardo e si ritrovò un ragazzo di fronte a lei, alto, i capelli biondi e un paio di occhi azzurri ipnotizzanti, continuava a sorridere mostrandole la sua dentatura bianca e perfetta. Quando Spencer incontrò il suo sguardo, però, lui spalancò la bocca e la fissò incredulo. 
«Niall Horan?» domandò lei con estremo stupore. Il ragazzo sbatté le palpebre diverse volte per accertarsi che non stesse sognando, poi si decise ad annuire con convinzione.
«Non ci credo, sei davvero tu? Spencer Storm?» chiese lui stupidamente, cominciando a ridere inutilmente. Lei si lasciò trasportare e si unì al suono della sua risata, seppure fosse ancora scioccata da quell'incontro.
«Da quant'è che non ci vediamo? saranno tre anni.» nel sentire quella cifra lei stessa rabbrividì, ricordando il motivo per cui lei e Niall non si erano più visti. Lui parve pensarci un po' su prima di annuire per darle conferma.
«Come mai non sei più venuta all'Etoile?» le domandò curioso. Quello era il locale più frequentato da lei e i suoi amici, dove talvolta si era ritrovata a lavorare come ballerina o dove si era recata semplicemente per dedicarsi ad una nottata di puro divertimento. Tre anni prima quel posto era il più famoso della zona, c'era la migliore musica, i migliori ragazzi, i migliori drink e soprattutto il miglior traffico di droga. 
«Beh.. -tentennò, indecisa se raccontargli o meno la verità.- ho avuto una bambina ed ho dovuto dire addio a quella vita.» gli spiegò semplicemente, cominciando a sciacquare un paio di tazze sporche sotto l'occhio vigile e attento del biondino. Lui non si stupì più di tanto per quella notizia, si limito a farle un cenno col capo. 
«Capisco. -le rispose tristemente.- quindi sei fidanzata o sposata?» chiese, abbassando lo sguardo verso le proprie mani appoggiate sul bancone. Spencer lo guardò per un istante, aggrottando le sopracciglia con fare confuso.
«No, assolutamente.» in quel momento le parve di aver sentito un sospiro di sollievo uscire dalle labbra del biondo, che aveva ricomincianto a fissarla con insistenza. 
«Lavori qui?» le chiese lui dopo alcuni secondi di silenzio, la mora annuì lievemente prima di preparare un caffè latte ad un cliente che gliel'aveva appena chiesto.
«Proprietà dei miei genitori.» gli spiegò, approfondendo l'argomento come se a Niall importasse davvero qualcosa. Infatti alzò le spalle, indifferentemente. 
«Ti trovo cambiata.» le confidò poi, sistemandosi meglio sullo sgabello e chiudendosi la giacca con le braccia.
«In senso positivo?» scherzò lei, guardandolo e regalandogli un sorriso ampio che venne ricambiato immediatamente dal biondo. Lui, di tutta risposta, annuì vigorosamente.
«Assolutamente sì, sembri più matura e inoltre sei molto più bella.» senza riuscire a spiegarsi il perché, Spencer si ritrovò con le guance in fiamme. Non le aveva mai fatto un complimento come quello, si era sempre limitato a dirle che fosse uno schianto o una bomba, ma accadeva quando lei si presentava nei diversi locali e lo incontrava già ubriaco. Era la prima volta che lui le diceva una cosa del genere da sobrio e per di più quando non si vedevano da tre anni. 
«G-grazie.» balbettò, con voce incerta che fece intenerire Niall, lasciando che si chiedesse da quando una ragazza come Spencer Storm arrossiva per un complimento.
«Ti dico solo la verità.» le rispose semplicemente, alzando le spalle.
«Smettila, però. Altrimenti mi ci abituo.» Era visibilmente imbarazzata e se ne vergognava, non era quel tipo di ragazze. Anzi, quelle lì le facevano venire il voltastomaco. Niall rise divertito, rendendosi conto di quanto lei fosse tesa. 
«Perché non ci vediamo in questi giorni?» le chiese con voce un po' insicura, speranzoso di ricevere una risposta positiva. Spencer deglutì a vuoto, guardandosi per un attimo intorno per poi tornare a posare lo sguardo su di lui e prendere ad indicarsi da sola. 
«Dici a me?» domandò in modo ironico, scoppiando poi a ridere seguita dal giovane. Egli annuì e, nervoso, si sistemò il colletto del cappotto nero. 
«E a chi, sennò?» le rispose imitando il tono di voce sarcastico intrapreso dalla mora. Lei si sistemò in posizione ancata, appoggiando poi una mano sul fianco ed una sul lavabo che le si presentava davanti. 
«E cos'è? un appuntamento?» chiese divertita, scrutando a fondo ogni movenza di Niall. Lui, di tutta risposta, alzò le spalle e le sorrise per la centesima volta.
«Perspicace. -la prese in giro, ridacchiando.- A cena una di queste sere, che dici?» le propose ancora. Nella mente di Spencer si fece spazio la figura di Zayn, doveva toglierselo dalla testa, doveva smettere di pensarlo, doveva dimenticare quella specie di bacio e più di tutto doveva fare in modo che il suo cuore smettesse di battere ferocemente solo nel sentir pronunciare il suo nome. E quale modo migliore per non innamorarsi di lui, se non uscire con un altro?
«Assolutamente sì.»

 
---

Attorno a lei regnava il buio, il silenzio. Tutto ciò che udiva era il suo respiro mentre buttava fuori il fumo della sigaretta, il rumore delle auto per strada e il ticchettio della pioggia contro i vetri. Se ne stava seduta comodamente sul davanzale della finestra, osservando le varie insegne dei negozi e le auto che sfrecciavano a tutta velocità. Si fermava a scrutare le persone e immaginare che tipo di vita conducessero, era una cosa che la divertiva abbastanza. E, tutto sommato, quella situazione era più che piacevole ma venne interrotta molto presto. Spencer si alzò controvoglia, con la sigaretta tra le labbra, e si avvicinò al cellulare per poter leggere l'sms che aveva appena ricevuto. Quando lesse quel nome impresso sul display avvertì lo stomaco contorcersi. 

Da: Zayn.
Pizza? ;)


Rifletté su come rispondergli, se accettare o meno. Era da sola quel sabato sera; sua madre aveva portato Amber al luna park e l'avrebbe lasciata dormire a casa sua. Cassie era a casa di Liam e sarebbe tornata nel cuore della notte ed Harry era da qualche parte in compagnia di Louis. Inoltre il temporale diventava sempre più violento e lasciava spazio a diversi tuoni e lampi, il che la spaventava abbastanza. Avrebbe decisamente gradito un po' di compagnia nonostante stare da sola la rilassasse.

A: Zayn.
Ti aspetto a casa, sono sola. xoxo.


Zayn lesse quel messaggio diverse volte prima di indossare le scarpe e il cappotto e correre, letteralmente, fuori casa.
Spencer si maledì da sola prima di appoggiare con poca delicatezza il telefono sul tavolo e andarsi a sedere sul divano. Il temporale le metteva paura e, solo in quel caso, gradiva compagnia. Ma di certo stare sola in casa con Zayn non avrebbe fatto altro che far aumentare la fissa verso di lui. E, da brava stupida che era, si era già pentita di aver accettato. 
Dovette attendere più o meno mezz'ora prima di poter sentire il suono del campanello e, svogliatamente, si tolse il piumone dalle gambe e andò ad aprire la porta. Zayn ci aveva messo molto più tempo del previsto poiché era passato a comprare le pizze prima di andare a casa sua, e quando se la ritrovò davanti non poté non restare stupito per quanto fosse tremendamente bella anche con una semplice tuta, una felpa e i capelli disordinati. «Buonasera bellezza.» Lei gli sorrise cordialmente dopo quell'affermazione, si spostò di lato e gli permise di entrare facilmente.
«Buonasera faccia da culo.» Lui scoppiò a ridere e si recò in cucina, mise i cartocci di pizza sul tavolo per poi liberarsi del cappotto e abbandonarlo disordinatamente su una sedia. Spencer avvampò nel vederlo fasciato in una maglietta bianca che gli lasciava scoperto il braccio dal gomito alla mano, mettendo in bella mostra i numerosi tatuaggi di cui lei non era a conoscenza e che nell'ultimo periodo non aveva notato. Tuttavia si chiese come diavolo facesse a non sentire freddo con una semplice maglietta di cotone mentre lei indossava una felpa extra large che avrebbe contenuto benissimo tre persone. «Capisco che tu sia un ospite ma questo non ti concede di startene senza fare nulla; muovi il culo e collabora ad apparecchiare il tavolo.» 
Zayn fece una smorfia di disapprovazione prima di aprire la credenza e recuperarne due bicchieri. «Capisco che tu sia un'incrocio tra un yogurt scaduto e un cubetto di ghiaccio, ma sei la padrona di casa e in quanto tale dovresti sforzarti di essere cordiale.» le rispose con sarcasmo prima di appoggiare i bicchieri sulla tovaglia bianca. Spencer alzò le spalle, accennando una risatina acida, infastidita dal fatto che non avesse una risposta pronta.
«Certo, certo. -lo liquidò con un gesto veloce della mano, aprendo l'anta del frigorifero e prendendo la coca cola.- Piuttosto spiegami perché hai preso tre pizze se ne siamo solo due.» Il ragazzo rise e aprì il secondo secondo cassetto sotto al piano cucina ma lo richiuse capendo che non era quello che stava cercando, di conseguenza aprì il primo e sorrise compiaciuto non appena notò che era quello contenente i vari utensili da cucina così ne prelevò due coltelli per poter tagliare la pizza.
«Una per te, una per me e un'altra perché non guasta mai.» Stavolta fu lei a ridere di quell'affermazione e, con non chalance, si lasciò cadere su una sedia seguita subito dopo da Zayn che prese posto a capotavola. Lei sbirciò nei vari cartocci e alla fine scelse il gusto che l'attraeva di più, cominciando a mangiare. «Come mai sei sola?» le comandò il ragazzo, addentando il primo pezzo di pizza. 
Spencer alzò le spalle, intenta a tagliare la sua in quattro parti uguali. «Mia madre ha sequestrato Amber, Cas è con Liam e Harry è da qualche parte con Louis.» gli spiegò velocemente. 
«Uscire no, eh?» in quel momento le venne in mente Niall e si chiese perché non ci aveva pensato prima a chiamarlo per andare a cena con lui. Anche se, a dire il vero, preferiva di gran lunga una pizza in compagnia di Zayn che una cena in un ristorante con Niall.
«Non scherzare. -lo additò come per rimproverarlo.- c'è il temporale ed io non ho intenzione di uscire, per niente.» Il moro si ricordò della stupida paura dei lampi e dei tuoni di Spencer e le scoppiò a ridere in faccia in modo volgare. Quasi come per farlo di proposito in quel momento si udì un forte tuono e la ragazza sobbalzò per poi ricomporsi e fare finta di niente. 
«Sei libera di urlare, tanto lo so che vorresti farlo.» le disse lui mentre, indifferentemente, continuava a mangiare. Spencer corrugò la fronte, chiedendosi come fosse possibile che lui restasse così tranquillo nonostante fuori ci fosse una tempesta disastrosa. 
«Sta zitto -lo rimproverò con tono severo- io non ho paura.» mentì spudoratamente, cercando di mantenere la calma e addentando la pizza quasi con rabbia. Zayn alzò le spalle, fingendo di crederle per poi scoppiare a ridere quando, dopo alcuni minuti, all'ennesimo tuono lei sobbalzò di nuovo.
«Come dicevi?» le chiese in modo divertito, riempiendo i bicchieri di entrambi con la coca cola. Spencer non rispose; si limitò a deglutire e bere un sorso della bevanda per cercare di distrarsi e non farsi prendere dall'ansia.
«Ehm.. è buona.» commentò, con voce tremante che fece sorridere il moro.
«Cosa? la coca cola? -le domandò senza liberarsi di quel tono di voce divertito. Spencer annuì distrattamente- Oh sì, ha un ottimo gusto.» la prese in giro, ricevendo un occhiata agghiacciante da parte della ragazza.
«Comunque -cominciò lei con l'intenzione di distogliere l'attenzione dal temporale. Puntò lo sguardo nei loro cartoni ormai vuoti e sorrise in modo beffardo- com'è che hai detto? che la terza pizza non guasta mai?» domandò con finta stupidità ricevendo un sorriso divertito da parte del moro. 
«Metà ciascuno e il problema è risolto.» le rispose semplicemente prendendo l'ultimo cartoccio e cominciando a tagliare le quattro fette. Spencer avvicinò la sua sedia a quella di Zayn e, approfittando del fatto che lui fosse intento a dividere la pizza ne rubò un pezzo. 
Finirono di mangiare tranquillamente e in silenzio, lasciando che il rumore piacevole della pioggia che si infrangeva contro i vetri riempisse la loro conversazione muta. 
«C'è un film con Zac Efron, andiamo a vederlo.» propose lei mentre era intenta a sparecchiare la tavola aiutata dal giovane. Lui la squadrò da capo a piede con fare sospettoso, prima di inscenare un espressione di ribrezzo e posare la coca cola in frigorifero. 
«E dovrò subire i tuoi commenti perversi? non ci penso proprio.» Spencer rise in modo divertito prima di avvicinarsi a lui e abbracciarlo da dietro, sorprendendo sia se stessa e sia Zayn per quel gesto inaspettato. Si fece coraggio e gli baciò la schiena, causandogli una scia innumerevole di brividi lungo ogni parte del corpo. Particolare che non sfuggì affatto alla ragazza ma che, tuttavia, attribuì al freddo poiché a parer suo lei non avrebbe mai fatto alcun effetto del genere ad un ragazzo come lui. 
«Niente commenti sconci, promesso.» gli sussurrò. Zayn la poté sentire sorridere mentre appoggiava il viso contro la sua schiena e non poté rifiutare, si voltò verso di lei e le regalò un occhiata severa. 
«Me lo stai promettendo, eh.» La prese in giro scompigliandole i capelli con fare paterno prima di recarsi in salone seguito da lei. Non ebbero neppure il tempo di sedersi che un forte tuono fu seguito da un black-out. Spencer si aggrappò, letteralmente, al braccio di Zayn stringendolo forte con le sue mani. 
«Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo. -sussurrò, nascondendo il capo contro il petto del ragazzo.- non si vede niente?» gli domandò, presa dal panico. Zayn si trattenne dal ridere e le accarezzò la testa dolcemente, cercando di non lamentarsi per il dolore al braccio che gli stava causando Spencer poiché non smetteva di stringerlo. 
«Più o meno.» le rispose con sincerità. Lei sospirò prima di staccarsi dal suo corpo e guardarsi intorno; Non era buio profondo poiché la luce dei lampioni per strada proveniente dalla finestra permetteva di distinguere gli oggetti più o meno bene. Notò che Zayn si abbassò sulle ginocchia e subito dopo avvertì le sue braccia circondarle le gambe, se la caricò in spalla a mo' di sacco di patate e la lasciò solo quando fu arrivato al divano, adagiandola delicatamente sopra. Spencer si rannicchiò su se stessa, stringendo le braccia attorno alle gambe e guardarsi intorno con aria preoccupata. 
«Torniamo in cucina, c'è più luce.» propose. Fece per alzarsi ma il ragazzo le afferrò i fianchi e la tirò nuovamente a sedere, facendola accomodare fra le sue gambe. Zayn si tolse le scarpe senza usare le mani e si sistemò in posizione più comoda, permettendo così a Spencer di potersi rilassare di più. La giovane appoggiò la schiena contro l'addome del ragazzo e lui le lasciò un delicato bacio sulla fronte, facendola fremere a quel contatto, seppure fosse lieve. 
«Hai paura?» le domandò sottovoce, accarezzandole una guancia mentre con un braccio le cingeva la vita. Lei tirò la testa indietro, appoggiandosi così sulla spalla di lui e scosse il capo in segno di negazione. 
«Fra le tue braccia no.» lei stessa si stupì della facilità con cui pronunciò quelle parole, dette senza imbarazzo. Zayn la strinse più forte istintivamente mentre il suo cuore prese a palpitare in modo aggressivo, gioioso di essersi sentito dire quelle parole da parte dell'unica persona da cui avrebbe voluto sentirsi pronunciare quelle cose. 
«Non mi negherai un bacio vero? -le disse prendendo il mento in mano e avvicinando il suo viso a quello della mora. Ella deglutì e abbassò il capo. A quel gesto Zayn la lasciò e tirò la testa indietro, appoggiandola allo schienale del divano e sospirando- lo prendo per un sì.» aggiunse con una nota di tristezza nella voce che fece rabbrividire Spencer. Lei chiuse gli occhi e cercò tutto il coraggio di cui disponeva prima di prendergli il viso tra le mani e far modellare le loro labbra, accogliendo fra le sue il labbro inferiore di Zayn. Lui le strinse i fianchi con le mani e le accarezzò il labbro superiore con la lingua, a quel gesto Spencer schiuse la bocca e gli diede il libero accesso, lasciando che lui l'assaporasse e ne scoprisse ogni angolo, mentre le loro mani tremanti presero ad accarezzarsi con fare paziente e irrequiete. Erano quelle, forse, le famose farfalle allo stomaco di cui le parlava Harry.
«Volevo vendicarmi, ma non ci sono riuscita.» 




Spazio autrice.
Spero che abbiate intuito che l'ultima frase, pronunciata da Spencer, si riferisce al fatto che come ho spiegato negli scorsi capitoli durante la loro notte insieme avuta tre anni prima Zayn si rifiutò di baciarla. In ogni caso ora lo sapete, ahah.
Chi mi conosce sa che non sono così buona, chi invece legge una mia storia per la prima volta imparerà a capire che non sono una che si limita a far succedere le cose così facilmente. Vi deluderò sicuramente, ma 'sti due non staranno insieme ORA. Sempre se staranno insieme, chissà.
Inoltre questo capitolo mi soddisfa abbastanza. La prima parte fa capire la personalità di Harry, la volgarità del linguaggio dei personaggi, e il rapporto che c'è tra i due amici. 
Poi c'è Niall, woho. Come avete intuito sarà un vero e proprio ostacolo, grrrrr. 
E poi boh, amo Zayn. 

Ah, sì: LA CANZONE DI TZN, DFEWOHRJJRT. 
SE NON VI PIACE FERRO ANDATE VIA! 
no sché, vi amo lo stesso. ;)

Ci tengo a dire un'ultima cosa e poi giuro che vi lascio in pace:
Grazie, grazie e mille volte ancora grazie. 
Non mi aspettavo che questa storia potesse essere seguita da così tante persone. 
Siete stupende.


Buona scuola per domani, 
vi abbraccio tutte e spero che vi facciate sentire. 

Ale loves you.

 

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Capitolo 7
*** Seven. ***


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(Seven.)


 
 
Ti prego dì qualcosa, anche se può far male.
Chiedimi pure di sparire, di dimenticare, di non tornare,
di far finta che non sei speciale
ma allontanami, ti prego, se poi pensi che
in qualunque modo
tra noi due non possa funzionare.

-Modà.




Quel mattino venne classificato da Spencer come il peggiore di tutta la sua vita: Il telefono di casa prese a squillare in modo fin troppo fastidioso, interrompendo il suo beato sonno. Non si degnò neppure di aprire gli occhi o di fare il minimo sforzo per alzarsi da quel credeva essere il letto e andare a rispondere, fece semplicemente finta di niente. E sembrò funzionare alla perfezione fino a quando quello prese a squillare ancora e ancora fino a farla arrendere. Tuttavia aprire gli occhi e abituarsi alla luce della mattina le risultava un gesto fin troppo comlicato, così decise di cominciare ad alzarsi cautamente. Peccato però che appena mosse lievemente la gamba si ritrovò schiacciata sul pavimento, costretta così ad aprire gli occhi per potersi ricomporre. Ancora un po' intontita per la caduta restò inemere fino a quando, in un momento di lucidità, si rese conto che quella non era affatto la sua camera da letto, bensì il suo salone. Quindi arrivò velocemente alla conclusione di essersi addormentata sul divano la sera precedente. 
«Vuoi rispondere a questo cazzo di telefono?» una voce impastata dal sonno, una voca roca e una voce infastidita. Una voce, quella voce, la sua voce. La voce di Zayn. Spencer si voltò di scatto e lo vide steso sul divano su un solo fianco, con gli occhi chiusi e la bocca gonfia, rossa e sfigurata. Improvvisamente la sua espressione addormentata si trasformò in un ghigno soddisfatto: aveva fatto bene a torturargli le labbra per tutta la notte con morsi e torture varie. Peccato, però, che Zayn aveva avuto la meglio. Infatti la sua bocca era messa peggio, considerando le labbra con le sembianze di due canotti e il sangue coagulato, segno dei morsi dolorosi. 
Quando il telefono prese a squillare per l'ennesima volta, ella si alzò controvoglia dal pavimento e si recò a passo lento e pigro verso il mobile sul quale era poggiato il cordless. Lo prese e se lo portò all'orecchio, ma solo quando udì l'ennesimo squillo si rese conto di non aver cliccato il tasto verde. Si affrettò a premerlo e, velocemente, rispose. «Chi cazzo è che mi chiama alle -si sporse verso la cucina e consultò l'orologio attaccato alla parete- alle nove di domenica mattina?» concluse il tutto con un ringhio, giusto per essere più minacciosa. 
Camille, dall'altro lato, scoppiò a ridere rumorosamente, recandole un senso di fastidio. Non era piacevole sentire le risate rumorose di qualcuno quando si è appena sveglio. «Buongiorno anche a te, figlia adorata! Sempre di buon umore a quanto vedo!» Spencer si ricompose all'istante, rendendosi conto della brutta figura che aveva appena fatto. Cercò, inoltre, di mutare la sua voce per evitare che somigliasse a quella di un transessuale, ma con scarsi risultati.
«Mi prendi anche per il culo, mamma?» proferì quella domanda retorica con tono lievemente seccato, per poi appoggiarsi allo stipite della porta e prendere a fissare Zayn al punto che, per poco, non si perse la risposta sarcastica di sua madre. Era bello anche mentre provava a riaddormentarsi e aveva un espressione infastidita, fasciato nel piumone bianco e con gli abiti della sera precedente. Era bello sempre, c'era poco da fare con una bellezza del genere.
«Oh, nient'affatto! Come sta la mia figlia preferita?» La mora corrugò la fronte, sospirando in modo scocciato poiché non aveva affatto voglia di scherzare, avrebbe preferito tornare tra le braccia di Zayn e addormentarsi di nuovo. 
«Ok, mi prendi decisamente per il culo. Non hai nessun'altra figlia.» constatò con voce decisa, come se stesse per annunciare una scoperta che avrebbe cambiato le sorti dell'umanità. Dall'altro capo del telefono sua madre capì, a sua sorpresa, che Spencer di prima mattina non era così stupida come pensava che fosse.
«Vado subito al dunque. -Le disse, consapevole del fatto che sua figlia non avrebbe avuto una gran voglia di parlare- Io e Amber tra mezz'ora andiamo da Katherine per fare colazione, se ti va puoi raggiungerci.» Spencer si concentrò un momento per valutare l'offerta: Katherine era la mamma di Zayn. Katherine e Zayn vivevano insieme. Zayn sarebbe dovuto tornare a casa e, di conseguenza, lei si sarebbe fatta dare un passaggio fino a casa Malik con la scusa di andare a prendere Amber per poi approfittarne e gustare qualche buon dolce preparato da Katherine.
«Ottima idea! Ci vediamo dopo, ciao.» senza dare neppure la possibilità a sua madre di rispondere chiuse la chiamata e, con una lentezza disumana, si recò in bagno per poter controllare quanto fosse grave la situazione delle sue labbra poiché il fastidio che le provocavano era immenso. Quando si guardò allo specchio non esitò neanche un secondo per correre verso Zayn, ignorare il fatto che lui odiasse essere svegliato bruscamente, afferrare uno dei cuscini colorati che decoravano il divano e sbatterglielo violentemente in faccia.
Il ragazzo si alzò di scatto, mettendosi a sedere e guardandola con aria a dir poco scioccata, ancora troppo intontito per capire a cosa fosse dovuta quella reazione improvvisa. «Ma che cazzo fai?» sbraitò, guardandola con un espressione da perfetto deficiente stampata sul viso. Spencer si lasciò scappare una risata isterica prima di cominciare ad urlargli contro.
«Che cazzo fai tu, ma ti rendi conto?» sbottò, indicandosi gli innumerevoli succhiotti sul collo. Le labbra erano conciate male, ma quelle macchie viola erano decisamente un problema molto più grande. Zayn corrugò la fronte, troppo scocciato per potersi subire le sue lamentele o anche troppo scocciato per poter mantenere un qualsiasi tipo di conversazione, perfino quella più tranquilla. 
«Caspita, ti ho fatto un paio di succhiotti.» proferì con un tono che sarebbe dovuto uscirgli in modo da sembrare dispiaciuto, ma tutto ciò che Spencer udì fu indifferenza. Quando lei fece per riprendere a parlare, Zayn si alzò di scatto e le mise una mano sulla bocca e un'altra dietro la nuca, mettendola definitivamente a tacere, consapevole del fatto che non avrebbe sopportato di ascoltare un'altra parola. «Se tolgo la mano stai zitta o continui a parlare?» Non avendo modo di rispondere, la mora si limitò a sferrargli un paio di pugni sul petto che lo fecere involontariamente cadere sul divano alle proprie spalle.
«Mia madre e Amber sono a casa tua, quindi tu adesso non ti muovi da qui, mi aspetti mentre faccio la doccia e poi ce ne andiamo. Mi sembra perfetto.»

 
---

«Sei sicura di non voler restare a pranzo?» insistette Katherine, ponendole quella proposta per l'ennesima volta. Spencer scosse il capo in segno di negazione con un sorriso cordiale ed estremamente forzato sul viso. La verità era che non vedeva l'ora di scappare via da quella casa, non vedeva l'ora di sentirsi libera di muoversi come le pareva senza sentirsi oppressa dalle occhiate maliziose di Rachel che quando aveva saputo che lei e Zayn avevano dormito insieme non aveva fatto altro che pensare male. E, inoltre, voleva smetterla di sentirsi osservata dal ragazzo.
«Ti ringrazio davvero tanto, Katherine. Ma Cassie è casa che mi aspetta e, credimi, è una frana ai fornelli e sarebbe capace di restare diguina se non le cucinassi qualcosa!» mentì spudoratamente, consapevole del fatto che in realtà la situazione fosse inversa: era lei a non saper cucinare ed era lei che, in assenza della sua coinquilina, era capace di saziare la fame con semplici snack pur di non mettersi ai fornelli e prepararsi un qualsiasi pasto degno di essere chiamato tale. 
La donna alzò le spalle, ormai arresa. «Va bene, come vuoi.» le rispose cordialmente prima di salutare Amber con un bacio sulla guancia e fare lo stesso con lei. Prima che potesse accorgersene Zayn le si avvicinò, mandandola letteralmente in ebollizione poiché appena avevano messo piede in quella casa lui era corso a farsi una doccia e aveva avuto la brillante idea di girovagare per casa con una tuta a cavallo basso e senza alcuna maglietta. Gran bel problema per lei. 
«Posso accompagnarvi?» Le propose lui, con un sorriso a dir poco mozzafiato. Spencer distolse lo sguardo per non permettere ai suoi pensieri di prendere una brutta piega e, ancora una volta, scosse il capo. Avrebbe voluto passare molto altro tempo insieme a lui, ma il problema era che non poteva permetterselo.
«Non preoccuparti, faremo due passi a piedi.» Si affrettò a rispondergli puntando i suoi occhi in quelli del ragazzo che la guardavano con un lieve strato di delusione, probabilmente aveva davvero voglia di trascorrere qualche altro minuti in sua compagnia.
«Sei sicura? Fa fred..» Lei non gli lasciò terminare la frase poiché lo zittì con un gesto veloce della mano, lasciandogli intendere che non c'era da discutere su quella decisione poiché non avrebbe mai cambiato idea. Zayn alzò le spalle, arreso, per poi guidarla verso la porta per poterla salutare. Spencer rivolse un ultimo sorriso a Katherine prima di prendere la mano di Amber e seguire Zayn. 
«Ci vediamo in questi giorni.» lo salutò velocemente portando poi una mano verso la maniglia della porta, pronta per uscire. Il giovane però le afferrò con delicatezza il polso per non permetterle di andare via e con l'altra mano le prese il mento per costringerla a guardarlo. Fece per avvicinare le sue labbra a quelle delle ragazza ma si allontanò non appena lei voltò il capo dal lato opposto. 
«Cos'ho sbagliato?» le domandò allora, con voce insicura, chiedendosi perché non volesse baciarlo se l'aveva fatto per tutta la sera precedente. Spencer tornò a puntare i suoi occhi, vuoti come mai, in quelli di Zayn e perse un battito nel vederli coperti da un velo di delusione e confusione. Le dispiaceva non potersi permettere di farlo star bene e di far stare bene se stessa, ma non poteva fare qualcosa che l'avrebbe portata a provare un sentimento per lui perché, se fosse successo, si sarebbe sentita in dovere di dirgli la verità. E così ci sarebbe stata ancora più male perché quando Zayn avrebbe saputo di essere il padre di Amber si sarebbe arrabbiato e l'avrebbe abbandonata. Quindi, a parer suo, era decisamente meglio evitare di allacciare un rapporto troppo intimo e considerare la sera precedente come un errore.
«Non hai sbagliato niente. Sono io il problema. Non me la sento di illuderti che io possa provare qualcosa per te, quindi è meglio mettere le cose in chiaro.» Bugiarda, ecco cos'era. Bugiarda perché gli aveva fatto credere che i baci della sera precedente non avessero avuto significato per lei, mentre in realtà sentiva ancora il suo sapore sulle labbra ed era certa che altri mille baci non sarebbero mai stati come i suoi. 
Zayn abbassò il capo, si passò velocemente una mano tra i capelli e li tirò indietro, facendo in modo che gli conferissero un'aria ancora più sexy di quanto già lo fosse precedentemente e poi sospirò, segno evidente della delusione per essersi sentito dire quelle parole. Tornò a guardarla e le sorrise in modo rassicurante, un sorriso forzato, qualcosa di finto e non sentito, mentre dentro di lui si scatenava un forte uragano di emozioni negative. «Allora ci si vede in questi giorni.» la voce gli uscì fredda, distaccata. Aveva fallito, non era riuscito a fingersi indifferente. 
«G-già.» Balbettò Spencer in modo insicuro, sentendo il cuore andare in frantumi dopo la reazione del giovane. Abbassò il capo e fece cenno ad Amber di salutare, così la bambina si aggrappò alle gambe di Zayn e le strinse forte ma lui si abbassò, per permettere alla bambina di allacciare le sue braccia piccole attorno al suo collo e la abbracciò, stringendola delicatamente.
«Sono ancora la tua principessa?» Chiese la piccola in un sussurro, con l'intenzione di non farsi sentire da nessuno se non dal ragazzo che la stava abbracciando. Zayn sorrise, sia per il modo buffo con cui Amber pronunciava le parole e sia per la dolcezza che possiedeva e che lo stupiva sempre di più. L'allontanò dalle sue braccia e, sorridendole, annuì lievemente. 
«Lo sarai sempre.» Le rispose a bassa voce, prima di baciarle la fronte ed alzarsi in piedi. Non si degnò neppure di guardare Spencer, che intanto sentiva le gambe tremare dopo quella scena, e le aprì la porta come per farle intendere di andare via. La mora prese per mano sua figlia e spostò lo sguardo su Zayn che teneva gli occhi puntato sul pavimento e sembrava tremendamente dispiaciuto. Non disse niente si limitò ad uscire ed ascoltare il rumore della porta che veniva sbattuta violentemente alle sue spalle.

 
---

Infilò la chiave nella serratura ed entrò in casa velocemente, trovando finalmente riparo dal freddo pungente. Si chiuse la porta alle spalle, aiutò Amber a sfilarsi il cardigan e si recò in cucina da cui sentiva provenire delle voci. Come aveva immaginato Cassie se ne stava comodamente seduta sul pavimento, intenta a prepararsi una canna, ed Harry era posizionato esattamente di fronte a lei, in piedi e con le braccia allargate in segno di esasperazione. Il riccio si voltò verso di lei e le rivolse un'occhiata scocciata, come a supplicarla e a chiederle aiuto. «Diglielo tu che stasera deve accompagnarmi al Ministry Of Sound.»
Spencer si voltò verso la rossa e la scrutò attentamente mentre era avvolta in un piumone arancione, in perfetto abbinamento coi capelli dello stesso colore. «Cas stasera devi accompagnare Harry al Ministry Of Sound.» La sua, ovviamente, era una perfetta presa per il culo. 
Cassie si voltò verso di lei con un espressione del tutto priva di sentimenti, per poi tornare a puntare lo sguardo sulla canna elaborata dalla sue mani ormai abili. «Non posso, ho la febbre. E passatemi un accendino.» Harry sbuffò e si lasciò cadere con non chalance su una sedia attorno al tavolo dal quale afferrò un accendino e la lanciò contro l'amica, colpendola in pieno viso con forza. 
«Ma va a cagare, Cassie Kaetyn.» sbraitò poi, sbattendo volontariamente la testa contro la parete alle proprie spalle in modo poco aggraziato. La rossa lo guardò, allibita e dolorante, prima di rispondergli a tono.
«Sei una perfetta faccia di culo, Harlod Edward Styles.» e, ignorando completamente la serie di insulti che il riccio le stava dedicando, accese la sua canna e cominciò a fumarla tranquillamente. Spencer li guardò ancora per qualche minuto con la fronte corrugata prima di togliersi il cappotto, appoggiarlo sullo schienale di una sedia e sedersi accanto alla sua coinquilina.
«Mi spiegate che succede?» chiese con tono decisamente confuso, rubando lo spinello dalle mani di Cassie e prendendone un tiro. Il ragazzo si sistemò meglio sulla sedia, pronto per spiegare la situazione alla mora e cercare ancora di convincere Cassie ad andare con lui.
«Un amico di Louis da una festa al Ministry Of Sound, gente ricca -specificò, notando l'evidente stupore che si dipinse sul viso della mora- e Cas vuole perdersi un'occasione del genere. E inoltre non posso stare da solo in mezzo a quei ricconi, mi serve una compagnia alternativa con cui sballarmi!» le spiegò con tono lamentoso, lanciando di tanto in tanto occhiataccie agghiaccianti alla rossa. Quest'ultima si strinse di più nel suo piumone, riprendendo possesso della sua canna che fino a quel momento stava fumando Spencer. 
«Portaci lei con te.» proferì Cassie con disinvoltura, indicando la ragazza seduta accanto a lei con il capo. La mora scosse immediatamente il capo, dispiaciuta di non poter accettare quella proposta.
«Sai che non posso, devo badare ad Amber.» si giustificò, prima di voltare il capo e sbirciare la sua bambina mentre, come al solito, guardava i cartoni animati in tv. La rossa mosse la mano in aria, compiendo il tipico gesto di chi ha intenzione di scacciare una mosca.
«La terrò io. -a quelle parole Harry sembrò scattare, rinunciò a stare con la schiena curva e annuì con foga- Più tardi verrà anche Liam, è una persona responsabile, posso assicurartelo.» le propose, guardandola in modo quasi supplichevole. Ma Spencer non si lasciò convincere, scosse nuovamente il capo e quando fece per parlare il riccio la precedette.
«Dai, bel culo! Quanti anni sono che non passi una notte pazza? E poi è del Ministry Of Sound che stiamo parlando, non di un localino come l'Etoile.» Il tono di Harry era decisamente un tono di supplica, che aggiunto alle mani incrociate e gli occhioni verdi spalancati non facevano altro che confondere Spencer. Tuttavia, però, ella cercò di sviare il discorso e di applicarsi sull'ultima frase che le aveva fatto ricordare immediaramente la conversazione avuta il mattino precedente con Niall al bar.
«A proposito di Etolie, -cominciò con tono vago, facendo incuriosire gli altri due- Niall mi ha chiesto di uscire con lui.» Harry perse completamente l'uso della mascella, spalancando la bocca in segno di stupore. Cassie, invece, restò impassibile ed alzò le spalle prima di prendere parola.
«Lo immaginavo, ogni volta che lo incontro non fa altro che chiedermi di te.» le disse con indifferenza, prima di strusciare sul pavimento e schiacciarsi con la schiena contro la parete, per poi chiudere gli occhi e continuare a fumare la sua canna tranquillamente, beandosi del senso di calma che le conferiva la droga. Spencer alzò gli occhi al cielo quando Harry lanciò un piccolo urletto eccitato, chiedendosi quale male aveva commesso per ritrovarsi con due amici così strani. 
«Non è questo il punto! -cominciò il riccio, alzandosi di scatto e avvicinandosi a Spencer, per poi piegarsi sulle ginocchia ed accovacciarsi per raggiungere l'altezza della mora- Ci sarà anche lui, stasera. Pare che il festeggiato lo conosca. Non puoi assolutamente mancare.» E, senza aggiungere altro, le afferrò il polso e la trascinò in piedi, prima di cominciare a trascinarla fuori dalla cucina nonostante le opposizioni da parte della ragazza che cercava inutilmente di liberarsi dalla presa ferrea del giovane.
«Haz, dai! Non posso!» si lamentò di nuovo quando lui l'aveva già chiusa in bagno. Harry non si scompose, le sorrise dolcemente e le fece segno di entrare nella doccia. 
«E chi se ne frega che non puoi, è un occasione da non perdere.»




Spazio autrice.
Cazzo, grazie mille a tutte. Siete davvero fantastiche, crescete sempre di più. 
Vi ho già detto che vi amo tanto? 
Mi scuso per il lieve ritardo ma in questi giorni ho tanto da fare..... come ad esempio andare a scuola, passare il pomeriggio a casa di un'amica schiattata sul letto a guardare la tv o uscire con il mio fidanzato. Non sembra, ma è davvero faticoso. 
Tralasciando i dettagli della mia vita da nullafacente, direi che potremmo commentare questo capitolo.
La prima parte mi fa divertire, sono tenerelli. 
La seconda parte me gusta ancora di più, poiché Spencer mette in chiaro le cose e fa capire a Zayn che non vuole provare a stare con lui. 
E la terza parte serve solo a far capire che la prossima serata sarà movimentata (almeno credo, non ho scritto ancora niente) considerando soprattutto il fatto che sarà presente anche NIALL! nzà-nzà (?). 

Ok, basta, scrivo sempre troppo negli spazi autrice. 
Ci sentiamo al prossimo capitolo, non mi abbandonate,
vi abbraccio. 

 

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Capitolo 8
*** Eight. ***


(Eight.)





Non c'era stato modo di convincere Harry del fatto che passare una notte fuori casa fosse una pessima idea, lui non aveva voluto sentire scuse e, come per farsi perdonare, aveva provveduto a sceglierle l'abito, piastrarle i capelli ed applicarle il trucco. E Spencer, tuttavia, non poteva lamentarsi del lavoro svolto dal giovane poiché era riuscito a farla sembrare elegante e al contempo semplice e naturale. 
Aveva raccomandato Cassie di fare attenzione ad Amber circa una trentina di volte, aveva fatto promettere alla sua bambina di comportarsi bene e di non disubbidire ma nonostante ciò non si sentiva tranquilla al pensiero di sua figlia nelle mani della sua migliore amica poco responsabile. D'altra parte, però, cercò di convincersi che meritava un momento di svago che non si concedeva da quando la gravidanza l'aveva portata ad allontanarsi dallo stile di vita trasgressivo e privo di qualsiasi regola. Aveva dovuto cambiare radicalmente le sue abitudini: era passata dal trascorrere le notti insonni in giro per i locali a svegliarsi ogni due ore per allattare sua figlia. Era passata dall'uscire con un ragazzo diverso ogni sera al non frequentare nessuno per non permettere ad Amber di avere brutti ricordi della sua infanzia. Si era privata di qualsiasi tipo di divertimento per poter condurre una vita da persona matura e da ottima madre, ma almeno per quella sera avrebbe dovuto abbattere le barriere che si era creata attorno e divertirsi come se fosse una qualsiasi ragazza ventunenne. 
Harry parcheggiò la smart nel parcheggio della discoteca e Spencer si sentì finalmente libera di tirare un sospiro di sollievo. Guardò il suo migliore amico con lo sguardo accecato dalla rabbia e, rapidamente, scese dall'auto sbattendo poi la portiera alle sue spalle. «Ma come cazzo guidi?» Sbraitò, alzando la voce ed assumendo una postura poco femminile che nella sua mente doveva conferirle un'aria autoritaria. L'unica cosa che provocava quell'atteggiamento, invece, era un perfetto contrasto con l'abbigliamento elegante. 
«Sei viva. -Rispose semplicemente Harry, infilando le chiavi dell'auto in tasca e avvicinandosi a lei con aria indifferente.- Quindi perché preoccuparsi?» Le chiese con disinvoltura, come se accellerare al massimo, sorpassare le auto, non rispettare i segnali stradali e ignorare i semafori fossero cose normali. 
«Stammi lontano perché potrei non rispondere delle mie azioni! -Sbottò, puntandogli un dito contro con fare minaccioso- Sappi che tornerò a casa a piedi, ma non salirò mai più sul quel cesso di auto, né su un qualsiasi altro mezzo di trasporto guidato da un cazzone incosciente come te!» Gli urlò contro seriamente esasperata poiché per tutto il viaggio non aveva fatto altro che rimproverarlo o coprirsi gli occhi per evitare di vedere il momento in cui si sarebbero schiantati contro qualsiasi ostacolo lungo la strada. Era assurdo che una persona come Harry possedesse una patente e, a parer suo, poteva anche averla rubata.
«Bonjour finesse.» Quella battuta decisamente di cattivo gusto non fu pronunciata da Harry ma bensì da una voce esterna e questo, per quanto possibile, contribuì a farle impazzire ulteriormente i nervi. 
«Sono le dieci e questo coglione mi dice buongiorno?» La voce risuonò, perfino per lei, un po' troppo acida e scontrosa ma tuttavia non diede importanza a quel particolare e si voltò di scatto per poter incontrare il suo interlocutore. Fu in quel momento che si maledì per non essersi girata prima e per non aver evitato la brutta figura che aveva appena commesso. 
Niall alzò le spalle e, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e un sorriso mozzafiato stampato sul viso, le rispose. «Non so un cazzo di francese, non avevo idea di come si dicesse buonasera.» Spencer capì che nel momento esatto in cui le labbra del ragazzo si erano alzate verso l'alto e avevano messo in mostra la dentatura bianca, il suo nervosismo era andato a farsi fottere. Si sentiva stranamente più tranquilla all'idea che probabilmente avrebbe passato il resto della serata in sua compagnia. 
«Sei perdonato solo perché la tua giacca si abbina con le mie scarpe.» Scherzò, alzando di poco il piede per mostrargli le décolleté azzurre dello stesso colore della giacca del ragazzo. 
Egli rise per un breve arco di tempo, prima di avvicinarsi e stamparle un veloce e innocuo bacio sulla guancia a mo' di saluto. «Ehilà Styles. -Cominciò poi, osservando Harry che alle spalle della ragazza cercava inutilmente di riconoscere la chioma castana di Louis fra tutte le persone intente a fare la fila fuori al locale. Harry, sentendosi chiamato in causa, smise di allungare il collo alla ricerca del suo fidanzato e puntò lo sguardo su Niall, ricambiando il saluto con un lieve cenno del capo.- Posso rubartela per tutta la sera?» Chiese in modo ironico, avvolgendo inavvertitamente un braccio attorno ai fianchi di Spencer, la quale si ritrovò turbata da quel gesto inaspettato e al contempo piacevole. 
Harry mosse la mano in aria, come a voler scacciare un insetto, e sorrise. «Certo, è tutta tua.»

---

Le mani di Niall le stringevano i fianchi, lasciando che la stoffa sottile del vestito nero gli facesse bruciare i palmi per il calore che emanava il corpo della mora. Lei si muoveva in modo tanto sensuale quanto naturale, come se fosse abituata a trovarsi in situazioni del genere, come se non avesse fatto nient'altro per tutta la vita. Quando i loro bacini si scontrarono, lui la strinse istintivamente più forte e la spinse verso di sé, facendo aderire i propri corpi più di quanto non lo fossero già precedentemente. 
Spencer sorrise, continuando a far muovere ed ondeggiare il proprio corpo a ritmo di musica e dimenticando che in realtà non erano le labbra di Niall quelle che voleva le baciassero il collo con foga, non erano le mani di Niall quelle che voleva la abbracciassero con così tanta possessività o semplicemente non era Niall quello che voleva la toccasse in quel modo. Tuttavia la quantità d'alcol che aveva nel proprio corpo le permetteva di evitare di pensare a quei particolari dolorosi e facevano in modo che si godesse la serata senza preoccupazioni. 
Quando dopo svariati minuti passati a ballare si ritrovò a constatare che se non si fosse preoccupata lei di fare il primo passo probabilmente non avrebbero concluso un bel niente quella notte, decise di movimentare ancora di più la situazione. Gli diede le spalle, consapevole del fatto che quel gesto l'avrebbe fatto letteralmente impazzire, e fece aderire la sua schiena con il petto del biondo che non perse l'occasione per appoggiarle una mano sul ventre in modo tale da tenerla attaccata al proprio corpo. Spencer mosse il bacino a ritmo di musica, mentre Niall l'assecondava in ogni minimo movimento. 
«Non siamo in un film porno, contenetevi.» Entrambi i ragazzi si voltarono verso Harry che si era avvicinato a loro e aveva urlato quella battuta fastidiosa con tutto il fiato che aveva in gola per farsi sentire chiaramente dai due. Quando li vide sbuffare in modo scocciato per essere stati interrotti, il riccio scoppiò in una risata compiaciuta e si battè il cinque sulla fronte, lasciando che gli altri due si rendessero conto solo con quel gesto di quanto fosse ubriaco. Pochi istanti dopo fu trascinato lontano da loro da Louis, lasciandoli nuovamente soli. 
Spencer seguì con lo sguardo i suoi amici mentre si allontanavano nella folla e poi si voltò verso Niall che, alle sue spalle, non aveva mai smesso di cingerle i fianchi per non rischiare di perderla tra la gente. Quando i loro occhi si incontrarono, inevitabilmente, scoppiarono a ridere. «Andiamo a prendere un po' d'aria fresca?»
Lui non se lo fece ripetere due volte e annuì immediatamente, prendendole la mano e permettendo alle loro dita di intrecciarsi. Recuperarono borse e cappotti e, successivamente, sgomitando e spingendo a destra e manca riuscirono finalmente ad uscire all'esterno del locale dove l'aria gelida li travolse costringendoli ad avvicinarsi l'uno all'altro per riscaldarsi. Niall allargò le braccia e, appena lei si accoccolò sul suo petto, la strinse forte a sé. «Ti va di camminare un po'?» Le propose, sussurrandole quelle parole all'orecchio dopo aver passato alcuni minuti in silenzio, abbracciati a combattere contro il vento invernale. 
Spencer si staccò da lui e, annuendo, si lasciò circondare le spalle dal braccio possente del ragazzo. «E dove mi porti?»
«Tu dove vuoi andare?» Le domandò premurosamente, cominciando a camminare verso una meta imprecisa. 
Lei alzò le spalle. «Vorrei solo dormire, ora. Ma per te farò un'eccezione.» Gli rivelò, ridacchiando per il lieve imbarazzo. 
«Allora ti porto a dormire.» Affermò, voltandosi dal lato opposto a quello in cui si stava dirigendo per poter arrivare al parcheggio. Spencer lo fissò insistentemente con la fronte corrugata, chiedendosi che cosa gli stesse passando per la testa. 
«A dormire?» Gli domandò allora, facendolo ridere per la sua sfacciataggine. 
«Beh, non hai detto che non salirai mai più in auto con Harry alla guida? -Lei annuì debolmente, ricordando la conversazione poco pacifica avuto con il suo amico all'inizio della serata.- Quindi verrai in auto con me.» Concluse, lasciando che la sua frase suonasse più come un'imposizione che come una proposta. 
«In pratica dirmi che mi porterai a dormire è un modo carino per dirmi che mi riaccompagnerai a casa?» Chiese lei, beandosi successivamente di ascoltare il suono della risata di Niall che, in quel momento, le parve il suono più piacevole che aveva ascoltato durante quella serata. 
«Davvero molto intelligente.» La prese in giro, intraprendendo un tono di voce deciso e diretto. Lei gli pizzicò un fianco senza preoccuparsi di fargli male, facendolo sobbalzare sia per la sorpresa che per il dolore. La guardò, strabuzzando gli occhi per lo stupore e inscenando un'espressione offesa. 
«Così impari a prendermi in giro.» Spencer scherzò, spostandosi i capelli su una sola spalla e alzando il capo verso l'alto in modo altezzoso che nel giro di pochi istanti fece scoppiare a ridere entrambi. 
Non si resero conto che, tra una parola e l'altra, arrivarono velocemente accanto all'auto di Niall e non persero tempo per infilarsi all'interno dell'abitacolo e accendere il riscaldamento per riscaldarsi dal freddo pungente. Spencer, durante tutto il tragitto dal Ministry Of Sound a casa sua, assunse la funzione di navigatore e si preoccupò di spiegare a Niall la strada da percorrere in modo dettagliato, fingendo una voce meccanica. «Eccoci qui!» Squittì allegra, una volta che l'auto si fu accostata fuori al condominio nel quale risiedeva. Si tolse la cintura di sicurezza e si voltò verso di lui, pronta per salutarlo.
«Mi ha fatto piacere passare la serata con te.» Le rivelò lui, lasciandola di stucco e con un enorme sorriso stampato sul viso. 
Abbassò lievemente il capo e si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, non essendo più abituata a certe attenzioni da parte di un ragazzo. «Beh.. -Cominciò con insicurezza- Anche a me, davvero.» Alzò lo sguardo ed incontrò gli occhi di Niall che scrutavano con attenzione ogni sua movenza. 
Il giovane le sorrise e si spose verso di lei con l'intento di baciarle la guancia, ma non appena anche lei gli si avvicinò non seppe resistere alla tentazione di baciarla e cedette, stampandole un bacio innocuo sulle labbra piene e rosee. Spencer strabuzzò gli occhi per la sorpresa ma non si tirò indietro e decise di approfondire quel contatto, permettendo inizialmente alle loro labbra di modellarsi fra di loro e successivamente lasciando che le loro lingue s'incontrassero e cominciassero a muoversi, complici. «So che a questo punto dovrei chiederti di salire.. -Proferì con finto tono dispiaciuto, una volta allontanata la propria bocca da quella del biondo- Ma c'è mia figlia, quindi non credo sia il caso.»
Niall apprese immediatamente il messaggio nascosto dietro quella frase e le trattenne per un braccio quando lei fece per scendere dall'auto. «So cosa stai cercando di dirmi, ma vorrei che tu sapessi che il fatto che tu abbia una figlia per me non è un problema.» Spencer, realmente sorpresa da quelle parole, si sporse nuovamente verso di lui e gli lasciò diversi baci sulle labbra. 
«Quali sono le tue intenzioni?» Decise che essere chiara sarebbe stata la scelta migliore, quindi gli pose quella domanda con la pretesa di ottenere una risposta valida. 
Niall accennò un sorriso divertito e al contempo imbarazzato e abbassò per un attimo il capo, per poi rialzarlo subito dopo e guardarla dritto negli occhi. «Mi interessi davvero, Spencer.» Gli rivelò, sincero come non lo era mai stato. 
Lei gli credette immediatamente ma, tuttavia, non volle abbandonare la sua corazza e decise di non abolire le barriere. Non in quel momento, non così in fretta. Si mostrò impassibile e annuì lievemente in modo compiaciuto. «Dimostramelo. -Senza lasciargli il tempo di dire nient'altro aprì la portiera e recuperò velocemente la pochette abbandonata ai suoi piedi, per poi scendere dall'auto velocemente- Buonanotte, Niall.» Gli sorrise lievemente, chiudendosi lo sportello alle spalle e raggiungendo l'entrata del condominio a passo svelto per restare il minor tempo possibile a subire il freddo. Salì velocemente le scale e quando arrivò fuori la porta di casa sua cercò le chiavi in borsa e non appena le trovò le inserì nella serratura e varcò la soglia dell'ingresso quasi correndo, chiudendosi subito la dopo la porta alle spalle. Si abbassò verso i suoi piedi e si sfilò le décolleté che le avevano letteralmente massacrato i piedi e decise di andare subito a dormire poiché mancava poco che le palpebre le si chiudessero da sole, ma quando alzò il capo restò letteralmente con la gola secca e la preoccupazione a mille. 
Cassie, rannicchiata in un angolo del divano e con la canna fra le dita, la guardava con un espressione priva di emozioni e il viso bagnato dalle lacrime. «Che cos'è successo?» Chiese la mora, allarmata, abbandonando le scarpe accanto all'entrata e correndo verso l'amica.
«Ho litigato con Liam.» Si affrettò a rispondere la rossa, tirando sù con il naso e chiudendo gli occhi per evitare di piangere ancora. Spencer le si sedette accanto e la strinse tra le sue braccia, regalandole un abbraccio come solo una migliore amica è capace di donare. 
«Perché?» Le chiese con voce rassicurante, accarezzandole i capelli dolcemente e con fare rassicurante. Cassie si lasciò andare completamente sulla spalla dell'amica e, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano, cominciò a spiegare l'accaduto.
«Vuole che lasci il lavoro, ma non posso permettermi di vivere da disoccupata. Chi pagherà la mia parte d'affitto, lui?» Sbottò, sfogandosi liberamente. Spencer le sfilò la canna spente dalle dita e l'appoggiò sul tavolino di fronte a loro, prima di sospirare rumorosamente poiché era sempre stata a conoscenza del fatto che se Cassie avesse intrapreso una relazione seria, prima o poi, si sarebbe avverata quella situazione. Faceva la ballerina in un locale notturno frequentato unicamente da ragazzi e uomini adulti alla ricerca disperata di sesso. Era ovvio che, qualsiasi fidanzato che possedesse un cervello, privasse alla propria compagna di svolgere un lavoro del genere.
«Potrai trovare mille altri lavori migliori di questo, Cas.» Le disse, stringendola a sé per consolarla.
«Non so fare nient'altro.» Si lamentò l'altra, prendendosi il capo tra le mani e sospirando in modo frustato. 
«Ascoltami. Ci tieni a lui? -La rossa annuì subito, senza prendersi neppure il tempo necessario per assimilare bene quella domanda- Allora spiegami dov'è il problema, non mi sembra che ti abbia chiesto il mondo.» Le disse con fare ovvio. Cassie si allontanò dalle sue braccia e si sedette con le gambe incrociate. 
«Il problema è che non posso cambiare la mia vita per lui.» Spiegò brevemente, appoggiando i gomiti sulle ginocchia ed osservando Spencer nella speranza che le potesse dare un consiglio che la facesse ragionare sul da farsi. 
«Non devi cambiare la tua vita, idiota. Devi solo trovare un lavoro degno di essere chiamato tale!» La rimproverò, dandole una leggera spinta amichevole con l'intento di spezzare la tensione che si stava accumulando nell'aria. 
«Ma..» Spencer non le diede modo di replicare, già annoiata dalla testardaggine assurda dell'amica. La interruppe bruscamente prima ancora che lei potesse pronunciare metà frase. 
«Niente ma. C'è poco da fare, se credi che valga la pena fare questo sforzo per stare con Liam allora abbandona quel cesso di lavoro, altrimenti molla l'unico ragazzo capace di innamorarsi di una testa di cazzo come te e continua a fare la ballerina trasgressiva.» Nonostante la mancanza totale di finezza, come suo solito, quel consiglio era il migliore che Spencer le potesse dare e di questo Cassie non poté che esserle riconoscente. 
«Grazie. -Le sorrise, abbracciandola velocemente prima di cambiare improvvisamente umore e diventare euforica- Allora, dimmi, cos'è successo stasera?» 
Spencer sospirò, tirò la testa indietro e accennò un sorriso al ricordo dell'accaduto di pochi minuti prima. «Ho baciato Niall Horan.»

 
---

L'aveva sempre amata, fin da quando l'aveva vista per la prima volta, eppure non gliel'aveva mai detto. Lui non era una persona particolarmente romantica, probabilmente non lo era per niente, non credeva alle stronzate che si dicevano in giro sull'amore ma nonostante ciò era capace di amare con tutto sé stesso. 
L'aveva amata quando le aveva stretto la mano per la prima volta all'età di quindici anni; L'aveva amata quando, insieme a lei, aveva intrapreso la strada sbagliata scegliendo la nicotina, la droga, l'alcol, le luci accecanti e la musica che sovrastava qualsiasi altro suono. Ed era consapevole del fatto che avesse fatto la scelta meno giusta possibile ma se avesse avuto l'opportunità di tornare indietro l'avrebbe rifatta perché sbagliare l'aveva portato a conoscerla meglio e, per quanto possibile, ad innamorarsi sempre di più; L'aveva amata ogni volta che l'aveva vista baciare un altro e aveva avvertito lo stomaco lacerarsi e la rabbia crescere a dismisura; L'aveva amata soprattutto quando era riuscito a fare l'amore con lei perché, nonostante le avesse detto il contrario, per lui quello non era mai stato solo sesso.
E Zayn la stava amando anche in quel momento mentre non riusciva a chiudere occhio e si girava e rigirava tra le lenzuola alla ricerca disperata di una posizione comoda e con la speranza di prendere sonno, seppure fosse consapevole del fatto che il suo non riuscire a dormire non era dovuto alla mancanza di comodità del materasso ma bensì alla mente annebbiata dai pensieri che vedevano solo ed esclusivamente lei come protagonista.
E non lo poteva negare che lei gli aveva fatto male, rifiutandolo. Ma era consapevole del fatto che lei aveva fatto già un grande sforzo a perdonarlo per essere partito senza preavviso e che ormai non sarebbe riuscito a rompere le barriere di cui lei si era circondata durante la sua assenza. 
L'aveva sempre amata, ma lei non l'avrebbe mai saputo. Avrebbe semplicemente continuato ad indossare la maschera da persona indifferente, col cuore di ghiaccio.
Sospirò in modo frustrato e si voltò dal lato opposto per consultare l'orario dal suo Iphone, arrendendosi all'idea di riuscire ad addormentarsi. Un sorriso amaro e privo di felicità si formò sul suo viso quando il display si illuminò, segnando le sei del mattino. 
«Per quanto tempo ancora hai intenzione di farmi passare le notti insonni, Spencer?»





Spazio autrice. 
Io che aggiorno dopo una settimana.. il mondo sta andando a rotoli.
In pratica stavo scrivendo questo capitolo e poi si è spento il pc, quindi mi scocciava riscrivere le stesse cose una seconda volta. 
Beh, spero che non vi stia venendo voglia di venirmi a cercare durante la notte per uccidermi dopo lo schifo assurdo che ho scritto, ahah. 
Fatevi sentire, mi raccomando.
Alla prossima, vi amo tutte.

 

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Capitolo 9
*** Nine. ***


(Nine.)







«Non risponde.» Liam appoggiò il cellulare sul tavolino con un gesto del tutto privo di delicatezza, ormai alterato per gli inutili tentativi di chiamare la sua fidanzata Cassie che, a causa della furiosa discussione avuta la settimana precedente, si rifiutava di parlare con lui. Liam non la capiva, non comprendeva il suo ragionamento e soprattutto non voleva accettare il fatto che lei avesse scelto di continuare il suo lavoro da cubista anziché stare con lui. Non che l'avesse messa di fronte ad una scelta, ma di certo non sarebbe riuscito a stare insieme a lei ed essere costretto a convivere con la preoccupazione che decine di uomini stiano guardando il corpo della sua ragazza. 
Spencer, seduta di fronte a lui, sospirò amaramente. Era uscita di casa con l'intenzione di passare un normale pomeriggio di shopping con sua figlia fino a quando, dopo un'ora di passeggiata e due buste fra le mani, un forte acquazzone aveva deciso di rovinarle i piani costringendola a ripararsi nel bar più vicino. Aveva adocchiato Liam e Niall seduti attorno ad un tavolino in lontananza e lei ed Amber si erano unite a loro, scoprendo così che i due erano vecchi amici d'infanzia. Tra una parola e l'altra, nell'attesa che il sole tornasse a splendere, Spencer e Niall avevano deciso di allearsi per sistemare la crisi d'amore che stava travolgendo Liam e Cassie. «Richiamala.» Propose le ragazza, aiutando sua figlia a pulirsi le labbra sporche di cioccolato con un fazzoletto.
Niall, rispondendo al posto dell'amico, scosse il capo in segno di negazione. «L'avrà chiamata circa quindici volte, abbiamo bisogno di un piano più innovativo.» Constatò, appoggiando i gomiti sul tavolino circolare e prendendosi il mento fra le mani come per dimostrare la sua serietà. 
Liam osservò i due ragazzi con la fronte corrugata, chiedendosi per quale motivo non stessero prendendo la questione come una cosa seria ma piuttosto come un gioco, improvvisandosi due aiutanti di Cupido, il fottuto dio dell'amore che con la sua freccia l'aveva fatto innamorare della persona sbagliata. «Credo che restare qui a pensare non risolva un bel niente.» Liam proferì quella frase giocando con il muffin malridotto nel suo piattino, interrompendo i pensieri contorti degli altri due. 
A quelle parole Spencer sembrò scattare, con un piccolo balzo rinunciò alla sua postura sciolta per sistemarsi con la schiena rigorosamente dritta, rischiando di far cadere Amber che se ne stava comodamente seduta sulle sue gambe a mangiare i dolcetti di ogni genere che le aveva comprato Niall. «Beh, e allora che aspetti? Va' da lei.» Lo incitò, compiendo un gesto strambo con la mano per fargli capire di sbrigarsi e di non perdere altro tempo. 
«Ci ho provato così tante volte da aver perso il conto. Non vuole neppure aprirmi la porta, è troppo orgogliosa.» Le spiegò, lamentandosi e schiacciando con la forchetta l'impasto irriconoscibile nel piattino posto davanti a lui, all'interno del quale precedentemente c'era un muffin e una barretta di cioccolato che ormai a causa sua avevano perso le caratteristiche fondamentali che potevano permettere di distinguerli. 
Spencer non poté che dargli ragione, conoscendo la sua coinquilina più di qualsiasi altra persona aveva imparato che, per quanto riguarda le cause dei litigi, Cassie tendeva sempre ad ingigantire le situazione facendola sembrare una catastrofe universale. Come quando una lampadina viene accesa, il suo cervello ebbe un'idea per chiarire i problemi della giovane coppia. «Vieni a cena da noi, stasera. Te la apro io la porta.» Aggiunse l'ultima frase con ironia notando lo sguardo deluso di Liam che, nell'udire quelle parole, sorrise compiaciuto.
«Sarebbe fantastico, se questo non mettesse in serio pericolo la vostra amicizia.» Borbottò, riabbassando lo sguardo verso il miscuglio creato con le proprie mani. 
Niall, che intanto seguiva attentamente lo scambio di battute fra i due e giocava con Amber, puntò gli occhi su Liam e corrugò la fronte in un'espressione stranita. «E perché dovrebbe mettere a rischio il loro rapporto?» Chiese, realmente scosso da quell'ipotesi. Spencer annuì, lasciando intendere che fosse confusa almeno quanto il biondo. 
«Beh, Cassie potrebbe arrabbiarsi se tu ti immischiassi nelle sue faccende.» Spiegò il castano, spostando il piatto un po' più in lontananza per evitare di giocarci ancora fino a farlo sembrare più disgustoso di quanto non lo fosse già.
Spencer accennò un lieve sorriso, chiedendosi come facesse la sua migliore amcia non rendersi conto che si stava lasciando scappare un ragazzo eccezionale, realmente affezionato a lei. «Mi ringrazierà. -Rispose con fermezza, sicura che ciò che stesse dicendo fosse la verità.- Venite entrambi a cena a casa mia, allora?»


 
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«Sbrigati, mamma.» Amber la incitò a compiere gesti più veloci, saltellando e battendo i denti per il freddo. Erano andate via dal bar con il sole e, come se le condizioni climatiche volessero farle un dispetto, aveva ricominciato a piovere quando si trovavano a pochi isolati dal loro condominio. Ferma fuori la porta di casa, Spencer cercava le chiavi nella borsa e solo quando udì una risata provenire dall'interno della propria abitazione si ricordò che avrebbe potuto anche bussare al campanello. Picchiettò sulla porta d'ingresso che venne aperta da Cassie esattamente pochi secondi più tardi. 
«Bentornate!» Esclamò la rossa, spostandosi su un solo lato e aprendo ulteriormente la porta per permettere alle due di entrare. Amber corse velocemente nella camera da letto per spogliarsi mentre Spencer, esasperata e stanca per aver corso nel tentativo di bagnarsi il meno possibile, entrò in casa con tutta la lentezza di cui disponeva. Si chiuse con un calcio la porta alle spalle e si liberò, svogliatamente, del cappotto, delle buste con gli acquisti e degli anfibi che lasciò accanto all'attaccapanni. Solo quando alzò lo sguardo per potersi recare nella propria stanza si rese conto che gli occhi puntati addosso non erano solo quelli di Cassie, bensì anche quelli di Harry e Zayn che se ne stavano beatamente seduti sul divano, senza scarpe e in possesso del telecomando. 
«Che cazzo ci fate qui?» Li indicò, sorpresa di trovarli a casa sua come succedeva spesso tre anni prima. Perché in realtà seppure quell'appartamento fosse solo suo e di Cassie, i due ragazzi non perdevano mai l'occasione per farle visita e fermarsi a mangiare o dormire lì. 
Harry rise sguaiatamente, le gambe aperte e le braccia incrociate dietro al capo. «Sei proprio felice di vederci, a quanto pare.» Le disse con ironia, facendo ridere anche Zayn che se ne stava comodamente appoggiato allo schienale del divano con le gambe stese sul tavolino basso di fronte a sé. 
Spencer, che solo in quel momento parve rendersi realmente conto della presenza del moro, avvampò di colpo e s'impose di non rispondere male ad Harry e limitarsi a correre verso la propria stanza nella quale trovò rifugio. Si chiuse la porta alle spalle e tirò un sospiro di sollievo. Era una settimana da quando non vedeva Zayn, precisamente era una settimana da quando gli aveva confessato che non avrebbe mai provato niente per lui e, per essere ancor più precisi, era una settimana da quando aveva cominciato a frequentare Niall. «Che stai facendo?» Chiese, osservando Amber che era intenta a cercare qualcosa nell'armadio. 
La bambina si voltò verso di lei e, alzando le spalle, le rispose. «Cerco una maglietta.» Spencer rise e le si avvicinò, le sfilò il maglione leggermente bagnato e gliene mise uno asciutto e caldo. Con un sorriso a mo' di ringraziamento, Amber uscì dalla camera per sprofondare sul divano tra Zayn e Harry. 
Un attimo dopo la porta dalla stanza si riapì, mostrando la figura esile di Cassie. «Perché ci sono quei due sul mio divano?» Le chiese Spencer, sfilandosi i jeans per poterli sostituire con un qualsiasi indumento più comodo. 
La rossa la fissò stranita, accennando un lieve sorriso tipico di chi la sa lunga. Perché Cassie lo sapeva che Spencer, per quanto provasse a nasconderlo, non era capace di mantenere la calma quando c'era la presenza di Zayn. «Una volta ero abituata a chiamarli quando stavo male.» Le spiegò, sedendosi sul letto a due piazze che la mora condivideva con sua figlia. Quella giornata Cassie si era svegliata di pessimo umore e così, per evitare di trascorrere un pomeriggio depresso da sola a casa, aveva chiesto la compagnia dei due ragazzi. 
«E quindi hai intenzioni di riprendere le vecchie abitudini?» Sbottò, guardandosi allo specchio e legandosi i capelli in una coda parecchio disordinata. 
Cassie la squadrò da capo a piede con fare indagatore. «Per quale motivo stai evitando Zayn?» Si rese immediatamente conto di aver centrato il punto esatto della situazione poiché vide, attraverso il vetro dello specchio, le palpebre di Spencer che si chiudevano con stanchezza e le sue labbra schiudersi per liberare un sospiro amareggiato, frustato. 
«La settimana scorsa ci siamo baciati.» Le disse allora, rivelandole quel particolare che aveva tenuto nascosto fino a quel momento. 
La rossa alzò entrambe le sopracciglia e si portò una mano dietro la nuca, confusa. «Non avevi baciato Niall la settimana scorsa?» 
Spencer si voltò verso di lei e, ridacchiando, le si avvicinò fino a sedersi accanto a lei sul letto. «Ho baciato Zayn per tutta la notte e lui ha dormito con me, sul divano. Il mattino successivo però gli ho detto che non sarei mai riuscita a provare qualcosa nei suoi confronti e quella sera stessa ho baciato Niall.» Le confidò, sussurrando per evitare che i ragazzi dalla stanza accanto le potessero sentire. 
Cassie, che aveva seguito tutta la scena inscenando un espressione sorpresa, scoppiò a ridere una volta che Spencer ebbe finito il suo breve racconto. Quella notizia non l'aveva sconvolta molto poiché era da quando Zayn aveva fatto ritorno a Bradford che sapeva sarebbe successo qualcosa tra i due. «Bentornata, vecchia Spè!» Esclamò, alzando il palmo della mano in aria per battere il cinque. 
Spencer osservò con la fronte corrugata prima Cassie, poi la sua mano e così via per diversi secondi fino a quando non si ritrovò il palmo dell'amica stampato in faccia a causa della poca pazienza della rossa nell'aspettare. «Ma quale grave problema mentale hai?» Sbraitò la mora, indicandosi il viso, scioccata dall'azione commessa da Cassie. 
Quest'ultima scoppiò in una fragorosa risata e dovette costringersi a piegarsi in due a causa di una fitta allo stomaco, cosa che le accadeva spesso quando rideva. «Comunque -Tossì, ricomponendosi.- Dove sei stata?» Le chiese con interesse, curiosa di sapere in che modo la sua coinquilina aveva trascorso le precedenti ore pomeridiane. 
«In giro con Amber.» Spencer dovette omettere la parte riguardante la cena per evitare che Cassie cominciasse a delirare per poi scappare di casa, cosa che sarebbe stata capace di fare tranquillamente. Ad interromperle fu qualcuno che bussò alla porta, e poi quest'ultima che si aprì mostrando la figura di Zayn. 
Cassie, correndo in soccorso dell'amica, rivolse un'occhiata agghiacciante al moro. «Che vuoi?» Gli domandò poi, facendogli segno di andare via. 
Lo sguardo del ragazzo cadde immediatamente su Spencer che, non appena l'aveva intravisto, aveva abbassato il capo e aveva cominciato a torturarsi le mani con fare impaziente. Ignorò completamente Cassie e si avvicinò a loro, stendendosi sul letto ai piedi del quale le due ragazze erano comodamente sedute. «Harry ed Amber si sono addormentati. -Comunicò, incrociando le braccia dietro la testa appoggiata sul cuscino di Spencer.- Ed io cominciavo a chiedermi che fine aveste fatto.»
«Molto carino da parte tua. -Commentò sarcasticamente la mora, alzando lo sguardo verso di lui e fissandogli con bramosia le labbra carnose, pur di evitare di guardarlo negli occhi. Perché sapeva che un contatto con quelle iridi marroni non l'avrebbe retto facilmente.- Adesso puoi anche andartene.» Aggiunse poi, distogliendo nuovamente lo sguardo e fingendo di ispezionarsi le unghia poco curate. 
Zayn la osservò in modo divertito, consapevole del fatto che il modo brusco in cui lei si stava ponendo era solo un metodo per nascondere la sua timidezza. «Non ti annoi mai ad essere così acida, Storm?»
Spencer si trattenne dall'emettere un sospiro di sollievo nell'udire quella frase che, secondo lei, risuonava come una conferma del fatto che in realtà il ragazzo non fosse arrabbiato con lei per quanto accaduto sette giorni prima. «A dire il vero no, mi comporto sempre così con gli idioti.» Gli rispose in modo disinteressato, trovando stranamente il coraggio per puntare i suoi occhi azzurri in quelli castani di Zayn ed incatenarli. Erano calamite, quegli occhi. Si attraevano e al contempo si respingevano, evitando di toccarsi per non rischiare di restare attaccati per sempre. Erano calamite e, in quanto tali, si sarebbero cercati ovunque. 
Incapaci di distogliere lo sguardo e troppo intenti a disperdersi l'uno nelle iridi dell'altra, non prestarono neppure attenzione a Cassie che, rivelando di dover correre in bagno per scaricare un grosso bisogno, aveva abbandonato la stanza e li aveva lasciati da soli. «Io invece mi comporto ugualmente anche con le stronze, non è fantastico?» Zayn si ricompose, ancora un po' scosso per quei pochissimi secondi in cui gli era sembrato che il tutto il mondo attorno si fosse fermato, come se all'improvviso ci fossero solo lui e lei. 
«Mi stai dando della stronza?» Spencer assottigliò gli occhi, accigliata. 
Zayn alzò le spalle con disinteresse, accennando un ghigno compiaciuto. «Tu mi hai dato dell'idiota.»
La giovane abbassò lo sguardo come per nascondere il lieve sorriso che, involontariamente, le si era formato sul viso. Solo quando si sentì in grado di poter intraprendere un tono autoritario, alzò di nuovo il capo e lo guardò. «Dovresti chiedermi scusa.»
«Anche tu.»
Scosse la testa, contrariata. «Non credo proprio.» Commentò con acidità, mentre lasciava che il suo sguardo scorresse dal viso del ragazzo fino ai suoi piedi, fermandosi ad osservare il bordo dei box ch veniva lasciato scoperto dalla maglietta, tirata lievemente più sù a causa delle braccia alzate ed incrociate dietro al capo.
«Allora puoi scordarti le mie scuse.» Il tono apparentemente disinteressato di Zayn, accompagnato da un sorriso altezzoso e beffardo, la stavano letteralmente facendo impazzire. In quel modo assomigliava di più al ragazzino dall'aria sicura di sé di cui era sempre stata innamorata anche se, ormai, il suo amore nei confronti di Zayn era svanito. Ciò che provava, secondo lei, era semplicemente attrazione fisica. 
«Sei bellissimo.» Non si rese conto di aver realmente pronunciato quella frase che non c'entrava un bel niente con il contesto creato, fino a quando non vide il sorriso del ragazzo allargarsi ancora di più e la sua espressione disinteressata prendere le sembianze di un espressione gioiosa e al contempo sorpresa.
«Che hai detto?» Il ragazzo finse di non capire, impaziente di risentirsi dire di nuovo quelle due parole. 
Spencer si schiarì la voce, cercando di apprire il più calma possibile e sperando con tutta se stessa di non balbettare. «Ehm, io.. veramente.. Ti ho chiesto se ti andrebbe un caffé, ecco.» Biascicò, sentendo le guance diventare caldissime fino a scottare. Era alla ricerca disperata di un valido motivo per spiegare perché quel ragazzo le facesse uno strano effetto. Non era innamorata di lui, non poteva esserlo ancora. 
Zayn scoppiò a ridere, facendola sentire ancor più in imbarazzo. Si sollevò, mettendosi a sedere esattamente accanto a lei. Avvicinò il suo viso a quello della ragazza e fece sfiorare i loro nasi ad una lentezza disarmante per poi prendere ad accarezzarle un braccio con movimenti altrettanto lenti. Spencer chiuse gli occhi, ma avvenne esattamente il contrario di ciò che si sarebbe aspettata: Zayn si alzò, un ghigno soddisfatto stampato sul viso e una mano allungata verso di lei per farle intendere che avrebbe dovuto afferrarla. «Comunque anche tu sei bellissima.» 
Offesa, si riufitò di prendergli la mano e si alzò, passandogli accanto e ignorandolo completamente. Si chiese quale fosse il motivo per il quale lui l'aveva messa alla prova e perché in quel modo, a quale scopo. Ma le risposte alle sue domande, come al solito, non accennavano ad arrivare. Zayn non poté trattenersi dal ridere rumorosamente, seguendola e camminando sulle punte nei pressi del salone per non svegliare Amber ed Harry che, abbracciati, dormivano sul divano. Una volta giunti in cucina, Spencer si voltò verso di lui con sguardo impassibile e privo di qualsiasi tipo di emozione. «Quanto zucchero ci vuoi nel tuo caffé?»
«Non voglio nessun caffé.» Le rispose, avvicinandosi alla finestra ed osservando la calma che c'era in quartiere durante i pomeriggi di mal tempo.
Spencer si appoggiò con la schiena al ripiano di marmo della cucina, incrociando le spalle al petto e osservandolo mentre, dandole le spalle, fingeva di essere interessato a quel che c'era oltre il vetro. «E allora che vuoi?»
Zayn avrebbe voluto voltarsi e gridarle contro che ciò che voleva più di ogni altra cosa in quel momento era lei, ma si limitò ad accennare un sorriso colmo di amarezza con la consapevolezza che lei non poteva vederlo. «Quanto sei sessualmente frustata, cavolo.» Commentò in un sussurro, nascondendo le mani fredde nelle tasche del pantalone stretto che indossava. 
La ragazza ignorò completamente quell'affermazione che avrebbe tanto voluto non sentire e puntò lo sguardo di fronte a sé, osservando la parete ed ammirandone il colore di una tonalità di giallo parecchio spenta. Troppo assorta nei suoi pensieri, si ritrovò a sobbalzare spaventata nell'udire il rumore assordante del campanello. Consultò velocemente l'orologio appeso alla parete che segnava quasi le otto di sera, ovvero l'orario in cui sarebbero dovuti arrivare i suoi ospiti. Sembrò scattare quando udì i passi di Cassie avvicinarsi alla porta d'ingresso per aprire e corse velocemente verso di lei, affiancandola per poi allungare la mano versa la maniglia ancor prima della rossa. Cassie corrugò la fronte, chiedendosi il perché del comportamento anomalo dell'amica. «Siamo un po' in anticipo, scusate.» Niall non diede neppure il tempo necessario di aprire completamente la porta, che già cominciò a scusarsi. Subito dietro di lui, la figura di Liam si fece avanti. 
«Che diavolo ci fa lui qui?» Sbraitò Cassie, ponendo quella domanda a Spencer e assumendo una postura tanto rigida e infastidita da far intendere a tutti i presenti quanto fosse contrariata dal fatto che fosse presente anche Liam. 
In un primo momento la ragazza la ignorò, limitandosi a spostarsi di lato per far entrare gli ospiti e poi chiudersi la porta alle spalle. «Sono stata io a dirgli di venire.» A quelle parole il viso di Cassie divenne completamente rosso, era furiosa. 
«Non dovestri prendere decisioni per cercare di cambiare le cose. -Sbottò, gesticolando animatamente. Intanto Zayn li aveva raggiunti, seguito da Harry che si era svegliato nell'udire tutta quella confusione. Lo sguardo di tutti e quattro i ragazzi era spaventato e preoccupato per le eventuali conclusioni che avrebbe portato quella discussione, mentre Spencer era del tutto rilassata, abituata a certe scenate da parte della sua migliore amica.- Io non volevo nemmeno vederlo, questo qui.» Diede le spalle a tutti i presenti, facendo per recarsi nella sua stanza. 
«E tu dove ce l'hai le palle?» Spencer diede una leggera spinta sulla schiena di Liam, come per incitarlo a seguire Cassie che si era rintanata nella propria camera da letto. Il giovane la guardò per un attimo, accennando un sorriso parecchio forzato prima di raggiungere il motivo per il quale aveva accettato di partecipare a quella cena. 
«Sembra di essere in uno di quei telefilm spagnoli in cui succedono casini uno dopo l'altro.» Commentò Harry, fissando la porta della stanza di Cassie nel tentativo di riuscire a guardare oltre i muri per intrigarsi e capire in che modo si stesse svolgendo la situazione. 
Zayn ebbe l'impulso di chiedergli per quale assurdo motivo guardava telefilm spagnoli e, soprattutto, in che occasioni. Ma le parole gli morirono letteralmente in gola quando, voltandosi istintivamente per guardare Spencer, l'aveva vista stampare un bacio sulla bocca di Niall. Era stato un contatto lieve, quello fra le loro labbra, ma era stato abbastanza da fargli pesare lo stomaco e fargli tremare le gambe. In quel momento si sentiva una patetica ragazzina alle prese con le prime esperienze d'amore ed effettivamente l'unica differenza era che lui era un individuo di genere maschile, non femminile. Poi il resto era vero; Spencer era per lui un'emozione nuova, essendo l'unica capace di fargli battere il cuore tanto forte da rischiare di esplodere dal petto da un momento all'altro. Inoltre, come se non bastasse, Niall non gli era mai stato simpatico dal momento in cui qualche anno prima era solito guardare con malizia le forme prosperose del fisico di Spencer, e Zayn l'aveva colto in fragrante svariate volte. Il che era un fatto abbastanza da grave da fare in modo che Niall venisse etichettato come idiota, una persona che seconda lui doveva essere completamente evitata. 
Harry gli appoggiò una mano sulla spalla, vedendolo schiacciarsi con le spalle al muro e sospirare nel momento esatto in cui Spencer e Niall si allontanarono. A quel contatto Zayn aprì gli occhi che aveva chiuso nel tentativo di restare calmo e cercare un po' di pace. «Io e te dovremmo farci una gran bella chiacchierata.» Quella del riccio aveva tutta l'aria di essere un'imposizione anziché una proposta, e Zayn non poté fare nient'altro se non limitarsi ad un'alzata di spalle.
«E di cosa dovremmo parlare?»
Gli angoli della sua bocca si alzarono lievemente verso l'alto, il sorriso di chi la sa lunga e non si sbaglia mai. «Del perché della tua reazione.»
Zayn capì di non avere scampo: quando Harry voleva sapere qualcosa, ci sarebbe riuscito. Con le buone o con le cattive maniere. Tuttavia, reputò che fingere di non aver afferrato il senso della frase fosse la via di fuga più semplice. «Rispetto a che cosa?» Domandò, inscenando un espressione intonita. 
«Non funziona con me, Malik. -Harry mosse l'indice da sinistra verso destra più volte, in segno di negazione- Io non sono stupido, certe cose le noto subito.»
Il moro sospirò sonoramente, passandosi poi una mano tra i capelli con fare irrequiete. «Si può sapere di cosa stai parlando?» Chiese esasperato, come se non sapesse già a cosa si stesse riferendo Harry. 
Quest'ultimo accennò un sorriso, rivelando per l'ennesima volta di essere l'unico che lo conosceva così a fondo, anche dopo tutti quegli anni. «Del modo in cui la guardi, del tuo viso pallido quando li hai visti baciarsi.»
Zayn era in trappola, sarebbe stato inutile negare e far finta di niente. Si chiese se fosse Harry ad essere un bravo osservatore o se la realtà fosse realmente così evidente come l'amico gli stava facendo credere. «Stanno insieme?» Non avrebbe voluto dirlo, eppure quella frase gli era uscita in modo fluido e naturale. Le mani che scivolavano tra i capelli e i denti che mordevano il labbro inferiore ormai gonfio, erano chiari esempi di quanto fosse nervoso. 
Harry annuì con dispiacere, avendo già intuito l'intensità dei sentimenti che Zayn provava verso Spencer. «Che io sappia non è nulla di serio, si frequentano da una settimana.»
Un settimana. Sette giorni. Centosessantotto ore. Lo stesso identico periodo che era trascorso da quando lui l'aveva baciata, da quando lui aveva capito di non aver mai smesso di amarla, da quando lui non riusciva a togliersi quel sapore dalle labbra. Quel sapore di lei che fino a quel momento sembrava essere così dolce, ma che ormai aveva cominciato a bruciare. «Una settimana?» 
Harry gli diede una leggera spinta per fargli intendere di regolare il tono di voce e cercare di parlare in modo più basso per evitare di farsi sentire. «Senti, andiamo a prendere un cappuccino?» 
Zayn annuì e si appoggiò alla porta mentre attendeva con pazienza che Harry indossasse il cappotto e avissasse Spencer del fatto che loro due sarebbero andati via. Nella sua mente la situazione era diventata chiara e si sentì uno stupido per non essersene reso conto precedentemente. Secondo lui, il rifiuto da parte di Spencer era stato dovuto al fatto che lei fosse già impegnata con Niall. E riuscì ad avvertire quasi subito la rabbia che cresceva dentro di lui nel sentirla ridere, non perché non volesse che lei si divertisse ma perché voleva essere lui la causa della sua felicità. 
Quando Harry l'affiancò entrambi non dissero una parola, si limitarono ad uscire da quella casa e scendere velocemente lungo le scale del condominio. «Lo sai, vero, che in realtà non voglio un cappuccino?» Chiese il riccio, camminando accanto al suo amico per raggiungere l'auto parcheggiata. 
Zayn accennò un sorriso divertito, appoggiandosi con le spalle alla sua range rover. «L'avevo intuito.» Gli rivelò, incrociando le braccia al petto e compiendo un lieve gesto con il capo per incitarlo a parlare. 
Harry scosse il capo e, sorridendo, infilò le mani fredde nelle tasche del cappotto lasciato aperto. «Non sono io a dover parlare, ma tu. Voglio sapere ciò che provi per lei. Non te lo sto imponendo, se non vuoi farlo io ti capisco, ma ci terrei a sapere come stanno le cose perché la situazione è molto più complicata di quanto tu possa immaginare.» Harry lo sapeva che con quelle parole avrebbe suscitato la curiosità di Zayn e sapeva anche che quella era una questione nella quale non doveva immischiarsi, ma ciò che lo costringeva a spingersi così oltre era il fatto che non poteva permettere che Spencer si innamorasse di Niall e rinunciasse al ragazzo per il quale aveva sofferto fin dal primo giorno in cui aveva capito di amarlo.  
«Che intendi per 'situazione complicata'?» Zayn era confuso, non sapeva realmente cosa aspettarsi. 
Harry fu tentato di dirgli la verità, ma sapeva di essere una persona fin troppo matura per rivelare che lui fosse il padre di Amber quando in realtà l'avrebbe dovuto fare Spencer, così optò per una realtà dei fatti meno dettagliata. «Se quando siete stati a letto insieme, tre anni fa, lei si è arrabbiata tanto è stato perché gli piacevi forse da troppo tempo. E solo io so quanto è stata male per te quando ti sei trasferito improvvisamente in Italia, solo io so quanto ha pianto perché sentiva la tua mancanza. Ciò che sto cercando di dirti ora è che se provi realmente qualcosa per lei allora devi dirglielo e non devi perdere altro tempo, perché credo che ne abbiate buttato via già abbastanza. Va' dai lei e dille la verità. Fallo ora, altrimenti non farlo mai più ed evita di farla soffrire.»
Zayn avrebbe voluto gridare che se aveva abbandonato tutti loro per trasferirsi in Italia da suo padre era proprio perché aveva perso Spencer, perché lei non lo voleva più nella sua vita. Era scappato via per dimenticarsela quando invece sarebbe bastato correre da lei e dirle che l'amava per rimediare a tutto. E le parole di Harry gli facevano male, perché aveva sempre avuto paura di dirle ciò che provava e solo in quel momento, dopo tanti anni, aveva scoperto che in realtà Spencer aveva sempre provato le stesse cose per lui. Scosse il capo, ameraggiato e sconfitto. «Non sarò mai quello giusto per lei, lascia che si innamori di Niall. E poi, detto tra noi, non ce l'avrò mai le palle di suonare al campanello di casa sua e dirle che la amo



Spazio autrice.
Scusate per lo schifo immenso di questo capitolo, me ne vergogno tantissimo.
Ma non volevo più farvi aspettare così tanto, considerando che solitamente mi capita di aggiornare circa ogni tre giorni. L'ispirazione manca, ma ancor di più manca il tempo necessario per scrivere, revisionare e aggiornare. Inoltre è un periodo del cazzo. 
Fatemi sapere cosa ne pensate, vi prego. Voglio capire se sto procedendo bene perché ho l'impressione di star correndo un po' troppo.
Shsdjhsejrerlsaajdsa, non venite a spararmi. Vi supplico.

Come al solito un grazie speciale va a chi legge e segue la storia, e soprattutto a chi trova sempre il tempo di lasciarmi una recensione.
Vi amo.

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Capitolo 10
*** Ten. ***


(Ten.)




Spencer ci aveva provato a far finta che le mani di Niall mentre le accarezzavano il corpo privo di indumenti potessero trasmetterle il calore delle mani di Zayn. Ci aveva provato a far finta che quei gemiti soffocati in realtà non glieli stesse provocando Niall, ma Zayn. Ci aveva provato a fingere di aver trovato il piacere mentre, nel buio della notte, le lacrime le scendevano freneticamente lungo le guance perché l'uomo con cui voleva fare l'amore era Zayn, non Niall. Ci aveva provato a fingere che il candore della pelle di Niall in realtà fosse il colore ambrato della carnagione di Zayn, ma il profumo non era lo stesso e la rabbia l'aveva costretta a sfigurare con le unghia quella schiena che in realtà non voleva toccare. Non sapeva più cosa fare, non sapeva più come reagire e soprattutto non sapeva più come evitare di vedere quegli occhi castani ogni volta che incontrava le iridi azzurre di Niall. 
Non poteva baciarlo e sperare che quelle labbra prive di sapore prendessero improvvisamente le sembianze delle labbra piene di Zayn, col retrogusto amarognolo del tabacco. Non era giusto stringergli la mano, abbracciarlo e sorridergli desiderando invece di dedicare quelle attenzioni a Zayn. E soprattutto non era corretto prendere in giro Niall, perché non lo meritava affatto. 
«Che fai? Scappi?» La voce del giovane, più roca del solito a causa del sonno, la fece sobbalzare. Si voltò verso di lui, rinunciando momentaneamente a cercare i propri abiti sparsi nella camera da letto del ragazzo. 
«No.» Gli rispose con freddezza, evitando di assumere il tono di voce addolcito che era solita usare quando parlava con lui. Il problema era che i pensieri riguardanti i suoi senimenti l'avevano assillata per tutta la notte, infastidendola e facendo in modo che potesse essere di cattivo umore. 
«E cosa stai facendo, allora?» Biascicò Niall, stropicciandosi gli occhi per costringerli a restare aperti anziché chiudersi per la stanchezza.
Spencer afferrò il maglione che indossava la sera precedente e lo infilò, sciogliendosi le pieghe alle maniche che aveva fatto quando, seduta sul divano accanto a Niall, aveva cominciato a sentire caldo. «Vado a casa.» Proferì, tastando alla cieca alcuni indumenti sparsi sul pavimento freddo. 
Il ragazzo la guardò con la fronte corrugata, confuso per il comportamento freddo e brusco intrapreso da Spencer. Ebbe paura, in quel momento, al solo pensiero che lei si stesse pentendo di quanto accaduto la sera precedente. Non perché la questione gli toccasse particolarmente tanto ma perché, se così fosse stato, non avrebbe potuto più portarsela a letto. «Perché?»
La mora alzò il capo verso di lui, osservandolo mentre il chiaro colore della luce della luna piena che precedeva l'alba, proveniente dalla finestra priva di tende, gli illuminava il viso e metteva in risalto i lineamenti morbidi. «Perché devo andare a lavorare.» Gli comunicò con fare ovvio, infilandosi velocemente i leggins neri in finta pelle.
Niall parve illuminarsi, avendo dimenticato quel particolare fondamentale della vita quotidiana di quella che, ormai da due settimane, poteva dichiarare come la sua fidanzata. «Va bene.» Rispose con fare disinteressato, e non perché la stanchezza lo facesse apparire indifferente ma perché lo era realmente. 
Spencer sbuffò sonoramente, osservandolo con severità mentre lui si voltava dal lato opposto e si sistemava il piumone fin sulla testa. La ragazza infilò gli stivaletti bassi dalla punta lievemente consumata, afferrò la borsa e controllò che all'interno di essa ci fosse tutto ciò che aveva portato con sé per evitare di dimenticare qualcosa in quella casa nella quale, in quel momento, desiderò non averci mai messo piede. «Ciao Niall.» Lo salutò, appoggiando la mano sulla maniglia della porta della stanza e aprendola, pronta per uscire fino a quando la voce del ragazzo la fece bloccare.
«Non mi dai un bacio?» Le domandò, voltandosi nuovamente verso di lei e tirando fuori la testa dalle lenzuola. 
La ragazza sospirò silenziosamente, chiedendosi in quale guaio si fosse cacciata accettando di frequentarlo. Non che Niall fosse un cattivo ragazzo, in realtà talvolta era simpatico e sapeva farla ridere. Le voleva bene, seppure spesso non lo dimostrasse. Non perdeva mai l'occasione per portarla fuori a pranzo a cena, ma questo non faceva di lui un gentiluomo. A letto se la cavava, o almeno Spencer si accontentava considerando che non aveva un rapporto intimo da fin troppo tempo. E, come se non bastasse, Amber lo adorava. In pratica era un ragazzo a posto, ma aveva un problema grosso: non era Zayn. 
Spencer pensava di averlo dimenticato, pensava che la lontananza le avesse fatto smettere di amarlo. Ma si era sbagliata, perché se continuava a cercarlo in Niall voleva significare che in realtà non aveva mai smesso di essere innamorata di lui. 
Niall, intanto, la guardava in attesa di un segno di vita e solo dopo un po' Spencer si decise ad avvicinarsi a lui e stampargli un bacio sulle labbra che mai, prima di quel momento, avevano avuto quel sapore tanto amaro e piccante che l'aveva infastidita. «Allora.. vado.» Biascicò, dandogli le spalle e riavvicinandosi alla porta. 
Il ragazzo annuì distrattamente. «Ci vediamo più tardi, piccolaSpencer storse il naso per quel nomignolo che non le aveva fatto piacere sentirsi dire e si chiuse la porta alle spalle velocemente, scendendo le scale per recarsi al piano inferiore con altrettanta velocità. Alcuni rumori sospetti provenienti dalla cucina la costrinsero a voltare istintivamente lo sguardo per controllare. Avvertì le guance riscaldarsi e divenne completamente rossa in viso alla vista di una donna in grembiule che la scrutava con fare insospettito. 
«E beh? Che hai da guardare? Su, vattene.» La rimproverò la donna, indicandole la porta d'ingresso con la mano senza preoccuparsi di risulatare scortese e maleducata. 
Spencer si trattenne dal lanciarle contro l'enorme borsa nera e si limitò a sistemarsela sulla spalla. «Si faccia una camomilla, mi raccomando.» Sbottò, non riuscendo a trattenersi seppure il pensiero che quella donna paffuta potesse essere la madre di Niall si faceva spazio nella sua mente. A dire il vero, in quel momento, non le importava affatto chi fosse quella signora tanto scontrosa, così come non le importava di star facendo una pessima figura poiché aveva sicuramente i capelli spettinati e il trucco del giorno precedente completamente sbavato. 
La donna si appoggiò con la schiena all'isola di marmo al centro della stanza, sospirando amaramente e con fare esasperato. «Maledetto mio figlio e le sue sgualdrine.» Borbottò sottovoce, convinta che quell'affermazione non fosse stata udita dalla ragazza che invece capì perfettamente e, offesa, decise di non lasciar perdere e tornare indietro di qualche passo che aveva compiuto per avvicinarsi all'atrio e uscire da quella casa. 
«Si faccia aggiornare da suo figlio, mi sa che si è persa qualche passaggio importante della sua vita. -Le suggerì, acidamente.- Non sono una sua sgualdrina, ma la sua fidanzata.» Aggiunse con fare brusco ed acido. Le diede le spalle e camminò fino alla porta d'ingresso, aprendola per poi sbattersela violentemente alle spalle. Non solo i pensieri che le avevano impedito di dormire l'avevano fatta innervosire, in più si aggiungeva anche un primo incontro con la propria suocera che già le stava antipatica a prescindere dal piccolo scambio di battute avvenuto poco prima.
Mentre il freddo vento di marzo s'infrangeva contro la pelle pallida del suo viso, non poté non pensare che se si fosse trattato di Zayn lui si sarebbe sicuramente offerto di riaccompagnarla a casa. Quando quel pensiero si fece spazio nella sua mente, ella scosse immediatamente il capo con un gesto lieve come per scacciarlo via, consapevole del fatto che si sarebbe dovuta liberare di quella fissa assurda verso di lui che la perseguitava fin dal primo momento che l'aveva visto, poiché Zayn, a parer suo, non avrebbe mai ricambiato quei sentimenti. 
Mezz'ora più tardi si ritrovò finalmente a casa sua, sotto il getto dell'acqua tiepida della doccia. Tiepida, né calda e né fredda. Tiepida, perché non sapeva scegliere tra le due opzioni. Tiepida, insicura. Indossò dei semplici jeans e una felpa, legando i capelli neri e lisci in una coda ordinata e rinunciando al trucco. Aprì la porta della camera di Cassie e non poté trattenersi dal sorridere nel vederla immersa nel sonno più profondo con Amber che dormiva fra le sue braccia. «Buongiorno.»
Sobbalzò e si voltò verso Liam, seduto su una poltrona nera di fronte alla finestra della stanza, intento a stringere tra le mani una tazza fumante colma di caffé dolce. «Ehi, buongiorno. -Gli sorrise cordialmente- Grazie per aver badato ad Amber ieri sera.» Gli disse, ringraziandolo per essersi offerto di tenerle la bambina insieme a Cassie, la quale la sera precedente non aveva alcun impegno, essendo momentaneamente disoccupata a causa del fatto che, chiarendo la situazione con Liam, aveva lasciato il lavoro da cubista definitivamente. 
Il ragazzo mosse una mano in aria nel tipico gesto di chi ha intenzione di scacciare un insetto, come per dirle di non doverlo ringraziare per una cosa così banale. «Figurati, Amber è adorabile.» Sul volto la perenne espressione gentile che lo caratterizzava.
«Tutta sua madre!» Esclamò ironicamente, sorridendo in modo divertito. 
Liam ridacchiò per un brevissimo arco di tempo, prima di ricomporsi e tossire in modo tale da schiarirsi la voce. «Comunque, se devi andare a lavorare fa pure. Ci pensiamo noi ad Amber.» Le propose cordialmente, mettendosi nei suoi panni e immaginando quanto dovesse essere stressante prestare attenzione al lavoro e al contempo ad una bambina. 
«Sul serio? -Chiese, stupita dalla pazienza disumana di cui disponeva quel ragazzo. Liam annuì con decisione e lei non ci pensò due volte prima di correre verso di lui e abbracciarlo per ringraziarlo.- Ti devo un favore!» Esclamò, sciogliendo l'abbraccio e avvicinandosi a sua figlia per poterle baciare la guancia, facendo attenzione a non svegliarla.
Il giovane ridacchiò, cercando di essere il più silenzioso possibile. Prese un sorso dalla tazza bianca, osservando la dolce scena che gli si presentava davanti: Per quanto Spencer potesse apparire assente, in realtà era un'ottima madre che nell'ultimo periodo stava cercando di staccare un po' la spina e recuperare, almeno in parte, il tempo perso in tutti quegli anni. Ma Liam lo sapeva, siccome era evidente, che Spencer avrebbe dato la vita pur di non far soffrire sua figlia. E il pensiero del motivo per il quale fosse così iperprotettiva nei confronti della sua bambina gli affollò momentaneamente la mente: probabilmente lei cercava di occupare anche il ruolo di padre, oltre a quello di madre. Si chiese, in quel momento, chi fosse il ragazzo tanto stupido da averle abbandonate. «Siamo pari: tu mi hai aiutato a chiarire con Cas, io ti aiuto a tenere a bada questa bomba ad orologeria che è tua figlia.»


 
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Aveva dovuto subire i commenti di sua madre e dei clienti abituali del bar che le ricordavano quanto fossero evidenti le occhiaie che le contornavano gli occhi di una stupenda sfumatura d'azzurro e quanto la sua espressione apparisse stanca e devastata. Aveva evitato di perdersi nei propri pensieri per non suscitare la preoccupazione della madre che, quasi sicuramente, le avrebbe chiesto spiegazioni e avrebbe preteso di farsi raccontare ciò che l'affliggeva al punto da non farla preoccupare di uscire di casa in quello stato, cosa che un mese prima non avrebbe osato fare. Era insolito, per chi la conosceva, vederla in quelle condizioni: Lei era diventata la ragazza seria e perennemente in ordine, con il fondotinta a coprirle i segni della stanchezza e l'eyeliner e il mascara a rendere quegli occhi più grandi e luminosi di quanto non lo fossero già. Era quella ragazza sempre curata, bellissima anche quando decideva di indossare i pantaloni di una tuta un po' consumati. E invece, da qualche giorno a quella parte, pareva così diversa e triste. Come se non bastasse Harry non era passato a farle visita quella mattina, inviandole un messaggio nel quale l'avvisava che avrebbe fatto colazione a casa del suo fidanzato Louis.
Sospirando, abbandonò il bar alle tredici in punto, esultando mentalmente per il termine di quella stancante giornata lavorativa che sembrava non avere fine. Le ore, i minuti e i secondi le parevano interminabili se li passava ad affollare la mente con le ipotesi su ciò che avrebbe dovuto fare. Voleva lasciare Niall, perché proprio non ci riusciva a far finta di provare qualcosa per lui. Voleva andare da Zayn e raccontargli la verità, sia per quanto riguarda Amber che per ciò che provava verso di lui, ma non disponeva del coraggio necessario per farlo. 
Capì di star affrontando un periodo nero quando le prime goccie di pioggia le bagnarono i capelli, diventando sempre più frequenti e pesanti fino ad inzupparla completamente da capo a piede. Punizione per la sua sbadataggine nel dimenticare ogni giorno l'ombrello a casa seppure fosse consapevole del fatto che nella città di Bradford, e in Inghilterra in generale, le condizioni climatiche non fossero affatto stabili. Aumentò la velocità dei passi, cercando di coprirsi inutilmente il capo con un giornale raccolto dalla cassetta delle lettere di una villetta abitata da persone alle quali, molto probabilmente, non importava un bel niente di leggere un inutile quotidiano. In caso contrario, non gliene importava assolutamente niente. 
Una range rover che conosceva fin troppo bene si accostò al suo fianco, abbassando il finestrino e mostrandole il viso di Zayn che, chissà per quale motivo, le appariva più bello del solito. «Sali.» La incitò, aprendole la portiera e battendo una mano sul sediolino del passeggero come per farle segno di sedersi velocemente. 
Spencer fu colta alla sprovvista e non seppe come reagire: Riufiutare, consapevole del fatto che passare anche pochi minuti con lui l'avrebbe fatta confondere ulteriormente, o accettare ed evitare di bagnarsi ancor di più. Scelse la seconda opzione, anche perché non aveva alcuna intenzione di beccarsi la frebbe solo perché la sua stupida confusione mentale le suggeriva di stare lontana da Zayn. Salì sull'auto, accomodandosi sul sedile senza preoccuparsi di bagnarlo e gettando il giornale fuori dal finestrino, incurante del fatto che la signora affacciata alla finestra della casa di fronte a loro le urlava contro di essere una persona maleducata che non faceva altro che causate l'inquinamento dell'aria, come se quel posto non fosse già abbastanza trascurato e sporco. «Grazie.» Proferì con tono freddo, strizzandosi i capelli e lasciando cadere l'acqua piovana sul tappetino sotto ai suoi piedi, consapevole del fatto che Zayn si innervosisse particolarmente tanto ogni volta che qualcuno maltrattava la sua tanto amata auto. 
Il ragazzo non le rispose, si limitò a rivolgerle un'occhiata severa e schiacciare il piede sull'accelleratore un po' troppo forte, rischiando di farle sbattere violentemente il capo contro il finestrino. Quel gesto fu colto dalla ragazza come una vera e propria sfida, che decise di accettare appoggiando i piedi sul cruscotto e sporcandolo del terriccio umido che si portava sotto le suole degli anfibi neri, anch'essi inzuppati a causa della pioggia. «Porca puttana, Storm, togli quella merda da lì!» Sbraitò, indicando con la mano i piedi della ragazza e distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada.
Spencer si affrettò a mordergli la mano che indicava le proprie scarpe e ignorò completamente il suo rimprovero e lo sguardo severo che le stava rivolgendo. «Presta attenzione alla guida, ritardato.»
Zayn sbuffò sonoramente, scuotendo la mano dolorante a mezz'aria nel tentativo di alleviare il dolore. Tornò a puntare gli occhi sulla strada, socchiundendoli per cercare di avere una vista più dettagliata poiché la pioggia fitta, accompagnata dalla nebbia, non gli permettevano di distinguere bene gli elementi che si trovava davanti. «Sei una rottura di coglioni disumana.» Si lamentò. 
Spencer alzò le spalle, voltò il capo dal lato opposto e alzò il volume della radio, evitando di proferire altre parole durante i successivi minuti di viaggio. Assorta nei suoi pensieri, non si accorse neppure di essere giunta a destinazione fino a quando il ragazzo non parcheggiò l'auto fuori al portone d'ingresso del condominio nel quale risiedeva. Sospirando amaramente, aprì la portiera pronta per uscire e far finta di non essersi beata, per tutto il tragitto, del profumo incantevole del ragazzo. Qualcosa, però, la costrinse a sconvolgere i propri piani. «Sali e pranza con me, non credo sia una buona idea continuare a guidare con questo tempo. Non si vede praticamente niente. -Quella, più che una proposta, parve un'imposizione. Zayn abbassò il capo, scuotendolo con fare contrariato. Non che non gli facesse piacere pranzare con lei, ma era arrabbiato per aver scoperto il motivo per il quale lei l'aveva riufitato. Spencer sospirò, incrociando le braccia al petto- Non mi pare di averti detto di scegliere se venire o no. Il mio è un ordine.» Proferì con ironia. 
Il ragazzo alzò le spalle e, senza accennare a dire una parola, la imitò nel gesto di uscire dall'auto e correre fino al portone d'ingresso per bagnarsi il meno possibile. Entrarono nel palazzo e, ancora silenziosamente, salirono le scale a due a due come era loro solito fare pochi anni prima. Non ebbero neppure il tempo di entrare che già videro correre Amber nella loro direzione, un sorriso ampio stampato sul viso paffuto. «Mamma! -Esclamò, abbracciando forte sua madre prima di sciogliere velocemente l'abbraccio e gettarsi fra le sua braccia di Zayn- Principe
Il ragazzo sorrise, sorpreso di come quella bambina riuscisse a metterlo di buon umore. «Buongiorno, principessaLe scompigliò i capelli, prima di osservarla mentre correva a gettarsi al fianco di Cassie, comodamente seduta sul divano e intenta a svolgere un cruciverba, riempiendo la maggior parte delle caselle consultando le risposte alla fine del fascicolo. Il cuore di Spencer, intanto, ancora faceva capriole per la scena che le era apparsa davanti. 
«Ciao ragazzi.» Cassie li salutò con fare sospettoso, rivolgendo un'occhiata complice a Spencer per farle intendere che pretendeva che lei le spiegasse per quale motivo fosse rientrata in casa in compagnia di Zayn. Quest'ultimo le si avvicinò e la salutò baciandole le guancia, sedendosi successivamente accanto a lei e afferrando Amber per i fianchi, facendola accomodare sulle proprie gambe e facendole il solletico. «Devo andare ad un colloquio di lavoro, sperando che mi accettino. -Li avvisò la rossa, alzandosi e avvicinandosi all'attaccapanni dal quale prelevò un impermeabile e lo indossò, prima di infilare un paio di converse bianche abbandonate da quelle parti- Il pollo è nel forno e aspetta solo di essere riscaldato!» Esclamò poi, prendendo un ombrello dal portaombrelli e uscendo velocemente di casa. 
«Io vado ad asciugarmi.» Comuncò Spencer, maledicendosi per aver invitato Zayn a casa sua senza pensarci prima due volte. Si chiuse in bagno e, quando ne uscì con gli abiti puliti e i capelli asciutti, non poté non tremare alla vista del ragazzo che tentava di insegnare a contare ad Amber.
Zayn le mostrava le dita, aiutandola a ricordare. «Uno, due..» 
«Quattro!» Esclamò Amber, interrompendolo e battendo le mani freneticamente, convinta di aver dato la risposta esatta.
Il moro scoppiò a ridere e scosse il capo, prima di baciarle la fronte e pizzicarle delicatamente una guancia. «Ci riproviamo la prossima volta.» Le disse, ormai arreso per gli inutili tentativi di insegnarle i numeri almeno fino al cinque. Si alzò dal divano e raggiunse Spencer, che aveva preferito chiudersi in cucina anziché lasciare che il suo cuore si sciogliesse dinnanzi a quella scena fin troppo tenera. L'aiutò ad apparecchiare la tavola, come aveva fatto quel sabato sera di due settimane prima, e si sedette su una sedia nell'attesa che il forno suonasse e li avisasse di aver terminato il riscaldamente del loro pranzo. «Come va?» Fu Zayn a rompere il silenzio, giocherellando con una forchetta. 
Spencer alzò lo sguardo, sistemandosi meglio con la schiena appoggiata al ripiano di marmo della cucina e passandosi una mano tra i capelli leggermente in disordine. «Si va avanti. -Gli rispose, sentendosi improvvisamente messa in soggezione dalla tensione presente in quella stanza- A te?»
«Si va avanti. -Le fece eco, picchiettando su un bicchiere di vetro con la forchetta. Ci furono ancora svariati minuti di silenzio, prima che lui potesse riprendere a parlare- Avresti dovuto essere sincera fin dal principio con me.»
La mora corrugò la fronte, non sapendo che cosa stesse cercando di dirle. «A cosa ti riferisci?» Gli domandò infatti, confusa. 
Zayn si voltò verso di lei, lasciando che per la prima volta in quella giornata i loro occhi si incontrassero. Inutile negarlo, si erano mancati. «Potevi dirmelo che in realtà non volevi baciarmi perché ti vedevi con Niall.» Le disse, il tono di voce acido e le vene sul collo che sembravano pulsare ad una velocità non umana. 
Spencer schiuse le labbra, riconducendo i vari avvenimenti mentalmente prima di affrettarsi a scuotere il capo con frenesia. «No, credo che tu abbia frainteso tutto! -Gli disse, grattandosi la nuca per l'imbarazzo- Credi davvero che io sia una persona così schifosa? Non potrei mai tradire nessuno.» Gli spiegò, realmente offesa per l'accusa che le aveva rivolto il ragazzo. Lo sguardo puntato sul pavimento, anziché su di lui, era un chiaro esempio del fatto che si trovasse in soggezione. 
Zayn si lasciò sfuggire una risatina isterica e nervosa, lasciando cadere violentamente la forchetta sul legno scuro del tavolo da cucina. «Certo, come se non fossi capace di farlo.» Commentò con acidità, guardandola quasi con ribrezzo. 
La mora capì immediatamente che lui si stesse riferendo al fatto che lei, durante la sua adolescenza, non aveva alcun rispetto per i ragazzi che frequentava e non si faceva alcuno scrupolo a tradirli. «Quella parte di me non esiste più!» Sbottò, accigliata dall'insinuazione del ragazzo. 
Quando Zayn la vide aprire nuovamente la bocca per parlare, la zittì con un gesto veloce della mano e sovrappose la propria voce a quella della ragazza. «Per favore, risparmiami il discorso nel quale mi dici quanto sei diventata una persona rispettosa nei confronti del tuo compagno e che non gli faresti mai una cosa del genere.» Biascicò a denti stretti, appoggiando i gomiti sul tavolo e prendendosi la testa tra le mani con fare esasperato. 
Spencer corrugò la fronte, chiedendosi quale fosse il motivo delle sue reazioni da persona infastidita. «Se te lo dicessi non vedo dove starebbe il problema..» Gli disse con fare sospettoso, scrutando con attenzione ogni sua movenza.  
Lui si voltò di scatto verso di lei, la linea dura della mascella e gli occhi lucidi per il nervosismo. «Il problema è che mi infastidisce il pensiero che tu appartenga a Niall e non voglio sentir parlare né di lui, né di voi due messi assieme!» Sbraitò, alzandosi bruscamente incurante del rumore violento della sedia sul quale era seduto ormai caduta rovinosamente sul pavimento.
Per quanto Spencer avrebbe voluto fare i salti di gioia, si limitò a sorridere ampiamente per le conclusione a cui era arrivata scurtando le reazioni di Zayn. «C'è puzza di gelosia in questa stanza. Non trovi?» Chiese con sarcasmo, incronciando le braccia sotto al petto e imponendosi di non emanare un gridolino eccitato, tipico delle adolescenti alle prese con la prima cotta. 
Il giovane sbuffò infastidito, passandosi una mano fra i capelli con fare irrequiete e nervoso. «Non avrei alcun motivo di essere geloso, Storm.» Le disse, evitando di guardarla essendo consapevole del fatto che, se avesse puntato i propri occhi in quelli di lei, non sarebbe riuscito a mentirle come aveva appena fatto. Era geloso, eccome se lo era. Il solo pensiero delle mani di Niall che le accarezzavano il corpo lo mandava su tutte le furie. 
Spencer decise di provocarlo, alzando le spalle con indifferenza e puntanto lo sguardo verso la finestra. «Beh, allora credo che dovresti andar via perché quello ad essere geloso è il mio fidanzato.»
Zayn, al contrario di quanto lei credeva, sorrise istintivamente e percepì tutta la rabbia svanire in un attimo. Le si avvicinò, prendendole il mento fra le dita e costringendola a voltare il viso nella sua direzione per poterla guardare negli occhi. «Sai che ti dico? -Lei deglutì, il cuore che prese a saltare, le gambe che iniziarono a tremare a causa della vicinanza con il viso del ragazzo- Che vada a farsi fottere, Niall Horan.» Sussurrò. I respiri si fondevano, le punte dei nasi si sfioravano e fu un attimo prima della rivoluzione: Le labbra si unirono in un bacio passionale, scaricando tutta la rabbia accumulata nella breve discussione avuta pochi istanti prima. Le dita di Spencer si intrecciavano fra i capelli di Zayn che, intanto, le stringeva i fianchi con avidità. Fece scendere le proprie mani fino alle natiche sode e piene della ragazza, afferrandola e sollevandola dal suolo in modo da farla sedere sul ripiano di marmo della cucina, fra il piano cottura e il lavabo. «Fa' l'amore con meSoffiò sulle sue labbra umide.
Spencer sentì il fiato abbandonarla per un attimo. «..Non perdere altro tempo, Zà.» Si affrettò a rispondergli, mentre le mani di Zayn già erano indaffarate a sfilarle via la felpa. Non gli importava di niente in quel momento, non pensavano a cosa sarebbe successo se Amber fosse entrata nella stanza all'improvviso o, se ancor peggio, fosse tornata Cassie. Erano troppo impegnati a spogliarsi, assaggiarsi ed unirsi per pensare alle conseguenze di quel gesto. E intanto il forno suonava, avvisandoli del fatto che il pranzo fosse abbastanza caldo al punto di poter essere consumato. Ma a loro non importava neppure di mangiare, la fame di aversi andava saziata prima di ogni altra cosa. 



Spazio autrice. 
Finalmente, oserei dire. 
Spencer si è resa conto che, nonostante sia passato molto tempo dall'ultima volta in cui ha ammesso di amarlo, non ha mai smesso di essere innamorata di lui. Poi hanno bombato! 
Mi raccomando, fatevi sentire, noto che le recensioni stanno diminuendo. 
Suuu, ho bisogno di voi :) 
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 11
*** Eleven. ***


(Eleven.)




«Mi stai praticamente dicendo che prima gli hai detto che non avresti mai tradito Niall e poi, invece, hai fatto sesso con lui?» Cassie le pose quella domanda per la terza volta di seguito, quasi come se avesse bisogno di un'ulteriore conferma, come se non volesse crederle a causa dell'assurdità della situazione accaduta. Si sarebbe aspettata di vederla ridere da un momento all'altro, scuotere freneticamente il capo oppure darle qualsiasi altro segno che le facesse intendere che si trattasse solo di uno scherzo di cattivo gusto. Ma non avvenne assolutamente nulla di tutto ciò. 
Spencer le rivolse un'occhiata scocciata e si lasciò andare ad un sonoro sbuffo in segno d'esasperazione. «Sì, Cassie, sì.» Le rispose con fare annoiato, giocando con uno dei cuscini colorati che avevano la funzione di decorare il divano sul quale erano sedute in modo poco aggraziato. Aveva chiamato la sua migliore amica non appena Zayn era andato via, imponendole di tornare a casa il prima possibile a causa di un'emergenza. In realtà aveva solo bisogno di una persona che l'ascoltasse, la capisse e fosse capace di darle un consiglio utile sul da farsi. Cassie, invece, non era capace di realizzare quanto accaduto e anziché consolarla, continuava a porle domande su domande per scoprire i dettagli. 
La rossa deglutì rumorosamente, spegnendo la sigaretta ormai consumata nel posacenere e battendo le palpebre più volte come a voler focalizzare meglio l'immagine di Spencer che le appariva davanti, le gambe incrociate, la schiena curva in avanti, i gomiti appoggiati alle ginocchia e la sigaretta stretta saldamente fra le dita, quasi come per sfogare il nervosismo su di essa. «Sui miei mobili da cucina?» Cassie le pose l'ennesima domanda nell'ennesimo tentativo di ricevere conferme, appoggiandosi entrambe le mani sulle guance e sperando con tutta se stessa che Spencer scuotesse il capo in segno di negazione, perché in caso contrario si sarebbe rifiutata di cucinare per il resto della sua vita. 
La sua migliore amica, però, la guardò e si strinse nelle spalle, la fronte corrugata e un'espressione indifferente a decorarle il viso arrossato a causa del freddo. «Esatto, che male c'è?» Domandò ingenuamente, scatenando una reazione furiosa da parte di Cassie che, esasperata come mai in vita sua, si alzò in piedi con un balzo e la guardò con aria sconvolta, quasi disgustata.
«Che male c'è? -Le fece eco, indicandola con fare minaccioso ed assumendo una postura autoritaria, come una madre pronta a castigare la propria figlia.- Forse non ti rendi conto di quanto sia una cosa schifosa!» Esclamò, mentre l'idea di dover appoggiare il cibo sul ripiano di marmo della cucina si faceva spazio nella sua mente, incitandola ancor più ad urlare istericamente. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era il posto in cui Spencer e Zayn avevano fatto sesso, chiedendosi per quale motivo non si fossero spostati in camera da letto. Quando in realtà avrebbe dovuto appoggiare la sua migliore amica e dirle che, nonostante il fatto che aveva compiuto un gesto infantile e avrebbe dovuto pensare alle conseguenze, tutto si sarebbe sistemato e sarebbe andato per il meglio. Ma, probabilmente, una parte di lei aveva deciso di puntare la propria attenzione altrove per non mentire a Spencer: non sarebbe stata capace di dirle che le cose sarebbero andate bene quando neppure lei ci credeva. 
Spencer la osservò attentamente, prima di imitarla ed alzarsi in piedi. «Ascoltami, Cas: Vorrei tanto pensare a quanto sia divertente ed al contempo scandaloso il fatto che io abbia fatto sesso sui mobili da cucina assieme a Zayn, ma il problema principale non è questo. Quindi non me ne frega niente e per quanto mi riguarda puoi anche non cucinare per il resto dei tuoi giorni.» Sbottò, tentando comunque di mantenere una certa calma. Spense la sigaretta nel portacenere e diede le spalle alla sua migliore amica, facendo per dirigersi nella propria camera da letto, magari per stendersi, chiudere gli occhi e sperare che, improvvisamente, tutto si chiarisse. Cassie però non le permise di allontanarsi: Le afferrò un braccio nella speranza di farle placare i nervi ed infonderle una certa tranquillità per riprendere quel discorso, quella volta in modo serio e senza scherzare. Ma quando fece per parlare, Spencer la precedette. «No, non ci provare nemmeno. Non provare a darmi un consiglio perché sai che, qualsiasi cosa tu mi dica, non ti ascolterò. E poi, parliamo chiaramente, non saresti capace di proferire qualcosa di realmente utile. Non sei tu quella che si è cacciata in questo enorme casino e non sei tu quella che stanotte, e probabilmente tutte le notti per le prossime due settimane, si ritroverà a pensare ad una soluzione per risolvere questa faccenda anziché dormire sogni tranquilli. Ti limitersti a dirmi che dovrei andare da Zayn e raccontargli la verità su Amber e sui miei sentimenti, in modo che lui possa capirmi e perdonarmi all'istante. Ma invece, semmai dovessi dirgli che lui è il padre di mia figlia e che sono fottutamente innamorata di lui, potrebbe afferrarmi per la gola e sbattermi fuori da casa sua in un secondo. Quindi, ti prego, non dire niente.» Solo quando chiuse la bocca e fece un respiro profondo, si rese conto di aver aggiunto qualche informazione in più del dovuto. 
Cassie, come al solito, non parve stupita da quella reazione, da quello sfogo e da quelle parole. Si limitò a sciogliere la presa sul braccio di Spencer e si passò una mano fra i capelli, prima di sospirare pesantemente. Si osservarono silenziosamente per qualche secondo, l'una di fronte all'altra. Gli occhi verdi di Cassie erano coperti da un velo di tristezza per il fatto che la sua migliore amica si trovasse in una situazione poco piacevole, ma tuttavia parevano anche scrutarla con comprensione perché, nonostante Spencer non ci credesse, lei capiva perfettamente il suo punto di vista. «In realtà, Spè, tutto ciò che t'avrei detto è che sei nella merda fino al collo. -La mora rinunciò alla sua prima reazione, ovvero quella di corrugare la fronte in modo stranito, e si concentrò per realizzare quanto proferito da Cassie.- Poi spiegami cos'è questa storia del "sono fottutamente innamorata di lui".»
Spencer avvertì immediatamente un velo di lacrime appannarle la vista, lacrime destinate ad essere trattenute. Alzò le spalle, accennando un sorriso che non era uno di quelli normali, era un sorriso amareggiato, ironico, isterico. «Non credo che ci sia molto da spiegare, Cas..» Sussurrò, passandosi una mano fra i capelli ed abbassando il capo.
La rossa si passò una mano sul viso con fare esasperato, scuotendo successivamente il capo e sperando con tutta se stessa che la rivelazione di Spencer fosse solo una stupida bugia. Ma quando la vide mordersi il labbro tremante capì che si trattava dell'ennesima notizia tanto vera quanto sbagliata. «Di nuovo? Credevo che ti fosse passata!»
«Lo credevo anch'io.. -Si affrettò a risponderle, dandole le spalle e cominciando ad incamminarsi lentamente verso la propria camera da letto con l'intento di stendersi accanto ad Amber e farle compagnia durante il suo riposino pomeridiano, nonostante la consapevolezza che i suoi pensieri non le avrebbero fatto chiudere occhio.- Ma non è colpa mia. È colpa sua. È colpa dei suoi occhi, del modo in cui mi guarda; È colpa delle sue labbra, del modo in cui mi bacia, del suo sorriso; È colpa della sua voce, del suono della sua risata e delle parole che dice e che, involontariamente, mi fanno tremare; È colpa delle sue mani, del modo in cui mi tocca e mi fa sentire protetta. È tutta colpa sua, Cas, te lo giuro. Non ho mai smesso di essere innamorata di quel coglione.» Si chiuse la porta alle spalle con delicatezza, appoggiandosi poi ad essa e lasciandosi scivolare lungo la sua superficie liscia ed estremamente fredda. Chiuse gli occhi, alzando il capo verso l'alto e beandosi del momentaneo silenzio presente in casa. Inaspettatamente pronunciare quelle parole le aveva fatto male: un conto era pensarle certe cose, un altro era ammetterle ad alta voce.

 
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Zayn osservò con interessa la cicca ormai spenta nel posacenere, quasi come se in essa ci fosse un particolare interessante capace di attirare la sua attenzione quando in realtà tutto ciò che stava cercando di fare era trovare un modo per smettere di torturarsi le mani così insistentemente e smettere di pensare alle parole adatte da pronunciare. Quando udì dei rumori provenire dalla fine del corridoio si affrettò ad alzare il capo, scrutando attentamente Harry mentre avanzava a passo deciso e svelto verso di lui. «Così sei decisamente più accetabile.» Commentò con sarcasmo, alludendo al fatto che quando aveva bussato alla porta di casa Styles, il riccio gli aveva aperto con solo un asciugamano attaccata in vita, mentre in quel momento aveva indossato la prima tuta comoda che aveva visto. 
Harry ridacchiò e immediatamente si sedette accanto a lui sul divano, mantenendo comunque una certa distanza in modo tale da potersi voltare verso di lui per guardarlo. «Per quale motivo sei qui, Zà?» Gli domandò realmente scosso per quella visita improvvisa alle undici di sera. Non che gli dispiacesse ma lui era l'ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere in quel momento. Tre anni prima, forse, avrebbe sicuramente fatto riferimento a Zayn nel momento in cui aveva udito il suono del campanello ma quella sera, mentre usciva rapidamente dalla doccia e correva verso la porta, non ci aveva neppure pensato a lui. Forse perché un po' ci aveva fatto l'abitudine a non vederlo più tutti i giorni, forse perché non aveva ancora realizzato che quello che una volta era il suo migliore amico era tornato ad occupare quel ruolo fondamentale nella sua vita. 
Il moro deglutì a vuoto più volte, nel tentativo di trovare le parole esatte per spiegare ad Harry quanto accaduto e nella speranza che non prendesse male la situazione e non lo prendesse a pugni. Sapeva quanto Harry fosse affezionato a Spencer e sapeva che non avrebbe gradito quella notizia. «Ho fatto un casino, Haz..» Fu tutto quello che riuscì a dire, biascicando quelle parole fra i denti e pronunciandole con voce tremante. Prelevò, dalla tasca della giacca in pelle, il pacchetto di sigarette dal quale ne sfilò una. 
Harry corrugò la fronte, stranito ed insospettito. «Che tipo di casino?» Proferì con tono di voce bassa, quasi come se avesse paura di sentire la risposta. Se Zayn si era recato proprio a casa sua quella sera, allora il problema doveva essere realmente grosso. L'osservo con impazienza mentre accendeva la sigaretta e liberava una nuvola enorme di fumo. Avrebbe voluto sbraitare ed urlargli contro di dover andare a fumare accanto alla finestra per evitare che nella stanza s'impregnasse quell'odore tanto sgradevole, ma non lo fece perché, effettivamente, a lui non infastidiva affatto la puzza del fumo, ma quella che non la gradiva era sua madre che in quel momento non era in casa. 
Zayn si passò una mano fra i capelli e li tirò indietro, non preoccupandosi di spettinarli o di apparire indecente. In quel momento tutto ciò che gli imporatava era parlare di quanto accaduto con qualcuno, e sapeva che nessuno l'avrebbe capito meglio di Harry. «Io e Spencer abbiamo fatto.. -Si bloccò di colpo, quasi come se quella parola che tanto temeva gli si fosse bloccata in gola e non accennasse ad uscire- l'amore Disse, puntando lo sguardo sulla sigaretta che stringeva fra l'indice ed il medio e che, lentamente, si consumava da sola. 
Harry parve strozzarsi con la sua stessa saliva, si alzò in piedi e camminò impazientemente avanti e dietro per diversi minuti, sotto l'occhio attento e timoroso di Zayn. Quando finalmente decise di alzare lo sguardo per puntare i suoi occhi in quelli dell'amico, l'unico suono che riuscì ad emettere fu una risata isterica, amareggiata. «No, Zà, tu non hai idea di come sia fare l'amore con qualcuno. -Zayn avvertì il fiato mancargli per un istante, colpito da quell'accusa.- Scommetto che non ti è passata neppure in mente l'idea di accarezzarla o di baciarla, mentre eri intenzionato solo a svuotarti le palle!» Sbottò, perché nonstante non occupasse il ruolo di protagonista in quella situazione, non sarebbe riuscito a sopportare di vedere la sua migliore amica star male. 
Zayn non si trattenne, spense velocemente la sigaretta solo metà consumata e si alzò bruscamente in piedi, aprendo successivamente le braccia a mezz'aria in segno d'esasperazione. «Mi dispiace deluderti, Haz, ma le cose non sono andate come l'ultima volta. Stavolta l'ho amata perché nonostante io sia un coglione non commetto mai due volte lo stesso errore. Se in passato ho sbagliato tanto con lei e l'ho lasciata andare, adesso non succederà di nuovo E mentre quel fiume di parole dal sapore amaro gli uscivano dalla bocca in modo fluido e naturale, neppure si rese conto di star alzando il tono di voce e di star assumendo un colorito rossiccio per la rabbia. Il problema era che proprio non gli andava giù il fatto che Harry stesse mettendo in dubbio quanto accaduto quel pomeriggio. Zayn sapeva che, almeno per lui, ciò che era successo poteva definirsi amore ed il fatto che il suo migliore amico non gli avesse creduto l'aveva fatto innervosire. Non era il più il bastardo di una volta, ed era giunto il momento che tutti se ne rendessero conto. 
Il riccio boccheggiò, in mancanza di frasi sensate da pronunciare. Zayn era riuscito a zittirlo, l'aveva stupito e non poteva non credergli notando il modo in cui si era improvvisamente innervosito. «E allora lasciati dire che sei un completo deficiente. Per quale cazzo di motivo sei qui da me, anziché da lei? È lì che aspetta solo che tu vada a sfondare la porta di casa sua e la trascini con te, ovunque voi vogliate perché si sa che tutto ciò di cui avete bisogno è.. stare insieme. Vai, Zayn. Corri.»

 
---

Spencer avrebbe voluto alzarsi di scatto e gridare con tutto il fiato che aveva in gola di voler restare sola, eppure tutto ciò che fece fu intrecciare le dita fra i capelli morbidi di Niall. Avrebbe voluto dirgli di smetterla di infilare le mani sotto il suo maglione ed accarezzarle il ventre con delicatezza, ma si limitò a chiudere gli occhi e restare in silenzio, fingendo che in realtà il contatto con le labbra di Niall sul proprio collo le provocasse piacere quando in realtà le recava solo un enorme senso di fastidio. Prima che qualsiasi altro gesto potesse essere compiuto, il frenetico vibrare del cellulare di Spencer li interruppe. «Non rispondere.» Niall pronunciò quelle parole con tono supplichevole e, per quanto potesse sembrare tenero, lei non si lasciò convincere. Desiderava che quel momento finisse, non voleva spingersi oltre. Allungò un braccio verso il comodino alle sue spalle e, in quella frazione di secondo, immaginò di vedere impresso sulle schermo il nome di Cassie che la chiamava per avvisarla di qualche guaio commesso da Amber, o magari il nome di Harry che la chiamava semplicemente perché era annoiato e aveva bisogno di perdere tempo inutilmente. Quando lesse il nome di Zayn, però, poté giurare di aver avvertito il fiato mancare e il battito cardiaco accellerare, senza accennare a darsi un contegno. «Non gli rispondere.» Implorò ancora il biondo, osservando il cellulare. 
«Magari è importante..» Biascicò Spencer, quasi intimidita. In realtà avrebbe dovuto avere il coraggio di dirgli che non gliene fregava niente di ciò che pensava lui e che tutto ciò che desiderava in quel momento, più di ogni altra cosa, era ascoltare il suono della voce di Zayn. 
Niall le sollevò i bordi del maglione nero e si abbassò per baciarle il ventre, con la speranza di convincerla a rifiutare quella chiamata. «O magari no.» Tentò ancora, facendo salire una mano lungo i suoi fianchi in direzione del seno. Spencer sembrò balzare, istintivamente gli lasciò un sonoro e violento schiaffo sulla mano che lui si affrettò a ritirare, rivolgendogli poi un'occhiata severa che venne ricambiata da Niall con uno sguardo colmo di confusione e delusione per essere stato respinto. «E va bene.. -Cominciò, alzando le spalle ed alterandosi.- Se ci tieni così tanto a parlare con quell'idiota, rispondigli!» Sbraitò.
Il primo schiaffo gliel'aveva lasciato sulla mano, con il secondo invece gli colpì direttamente la guancia. Il ragazzo si portò una mano sul punto dolorante, strabuzzando gli occhi per la sorpresa e guardandola con aria sconvolta, in attesa di spiegazioni. «Scusa..» Biascicò lei, con voce tremante. Non disponeva del coraggio necessario per dirgli che, in verità, quello schiaffo gliel'aveva dato perché l'aveva infastidita il fatto che avesse attribuito l'aggettivo 'idiota' al nome di Zayn. Fu un attimo, prima che si potesse rendere conto che non avrebbe potuto continuare a star bene se non avesse avuto, almeno per una volta, la forza di raccontare la verità. Aveva nascosto troppe cose in vita sua che l'avevano costretta a star male e, almeno in quell'occasione, avrebbe dovuto evitare di ferirsi ancora. «E non per lo schiaffo, ma scusa perché è tardi, ormai, per dirti che non provo niente per te. Ma non posso più continuare a fingere di star bene al tuo fianco se non faccio altro che pensare a.. Lui
Il giovane rinunciò alla posizione supina, mettendosi a sedere al centro del letto e venendo subito imitato da Spencer. Deglutì, prima di risponderle. «Non posso fare altro che ringraziarti per avermelo detto adesso, che non è ancora tardi. Ma credo che tu mi debba una sola cosa: dimmi chi è.» Spencer si stupì del fatto che Niall avesse preso bene la situazione ed avesse reagito nel migliore dei modi, si sarebbe immaginata di vederlo andare su tutte le furie e cominciare a sbraitare, invece era restato calmo ed aveva accettato la realtà. Tuttavia non rispose alla sua richiesta, si limitò a mostrargli il cellulare che stringeva fra la mano destra e che indicava la quarta chiamata consecutiva da parte di Zayn. Egli capì e, annuendo, le fece segno di rispondergli. «E allora accetta la chiamata e fammi sapere cos'è che vuole.» Il tono del giovane non era affatto quello di un ex fidanzato geloso che ha intenzione di impedire alla sua ex di essere felice, ma bensì pareva il tono di voce di un amico comprensivo ed estremamente curioso. 
Spencer annuì e, inaspettatamente, si ritrovò a ricambiare il sorriso ampio che le stava rivolgendo Niall. Premette il tasto che le consetiva di rispondere e, con la mano tremante ed il cuore che batteva all'impazzata, si portò il cellulare all'orecchio. «Ehi..» Sussurrò timidamente. 
Zayn, dall'altro capo del telefono, si sistemò meglio sul sedile della propria auto e sorrise lievemente, finalmente felice di poter sentire la sua voce che, nonostante fosse leggermente metallizata, rimaneva il suono più bello che lui avesse mai ascoltato. «Sono passato a casa tua, prima, ma non c'eri. Cassie mi ha detto che ti trovi a casa di Niall e sappi che non me ne frega niente se siete arrivati al punto più emozionante del film, se stai per vincere una partita a monopoli o se stai facendo qualsiasi altra cosa eccitante. Ho un bisogno vitale di stare con te, di parlarti o.. che cazzo ne so.»
Spencer alzò il capo verso Niall che, involontariamente, stava ascoltando la conversazione assieme a lei poiché il tono di voce leggermente alto di Zayn gli permetteva di udire perfettamente. Lui alzò le spalle, lasciandole intendere che non capisse cosa stesse cercando di dirle Zayn. Così lei sospiro e, cercando di frenare il battito cardiaco che correva ad una velocità disumana, rispose. «E..?»
«E niente, sono qui fuori che t'aspetto





Spazio autrice.
Buonasera biondeeeeeee. 
Parto subito col ringraziarvi per le nove recensioni allo scorso capitolo. Nove, ma ci rendiamo conto? Nove. Cristo, sono nove. Per qualcuno equivalgono al nulla, ma per me significano davvero molto. Grazie, grazie e grazie mille volte ancora. 
Spero inoltre di non avervi deluso con questo capitolo. Avevo pensato di fare arrabbiare Niall ma poi ho constatato che non avevo alcuna intenzione di subire un Horan scazzato e, automaticamente, è uscito 'sto colpo di scena micidiale da parte di Zayn. 
Che cucciolata......

Ok, basta, necessito di enorme tazzone di latte caldo, zucchero e tantissimo caffè prima di andare a dormire per affrontare la giornata scolastica di domani. Sono due settimane che vado a scuola solo una volta ogni sette giorni, ce ahaha. 
Sono una bulla, o no?
'Notte pupe.♥

 

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Capitolo 12
*** Twelve. ***


(Twelve.)

I'll wait here forever
just to.. to see your smile
'cause it's true:
I'm nothing without you.


Sum 41 - With me.



 






Spencer non si concesse neppure il tempo necessario per afferrare a pieno il significato delle parole di Zayn, si affrettò a chiudere la chiamata e si alzò dal letto con un balzo. Infilò gli anfibi velocemente, sperando di non aver messo il piede sinistro nella scarpa destra poiché non avrebbe avuto alcuna voglia di ripetere quell'operazione. Voleva solo correre, uscire da quella casa, attraversare la strada e vederlo sorridere. Si voltò verso Niall, lo sguardo che pareva voler chiedere scusa, ricco di dispiacere. Egli alzò le spalle e le sorrise, lasciandole intendere con quel gesto di non doversi preoccupare affatto per lui. Si baciarono la guancia a vicenda velocemente, prima che lei potesse indossare il capotto, afferrare la borsa e catapultarsi fuori da casa Horan in modo fin troppo veloce. 
Si guardò attorno, riconoscendo subito l'auto di Zayn ed avvicinandosi ad essa. Quando aprì la portiera e si sedette sul sedile, poté giurare di aver visto infrangersi sotto ai suoi occhi tutte le idee che si era fatta sui diversi modi in cui lui avrebbe reagito. Se ne stava inerme, lo sguardo puntato su un punto impreciso di fronte a sé, la postura rigida, il gomito appoggiato al finestrino abbassato e la sigaretta ferma fra le dita. «Ciao..» Timore, tutto ciò che fu riconoscibile nel tono di voce di Spencer. Si chiese, in quel momento, per quale assurdo motivo Zayn appariva così indifferente alla sua presenza quando qualche istante prima era stato proprio lui ad avvisarla che l'aspettava con impazienza, bisognoso di passare un po' di tempo con lei. 
Il giovane non ricambiò il saluto, se non con un lieve cenno del capo. Si portò la sigaretta alle labbra ed aspirò il fumo, lasciando che quest'ultimo gli facesse bruciare la gola per il gusto forte della liquirizia, prima di rilasciarlo dal naso ed osservare la nuvoletta mentre, con eleganza, si distribuiva nell'abitacolo fino a sparire del tutto. «Che scusa hai inventato?» Le domandò, realmente curioso di scoprire cosa avesse raccontato a Niall per convincerlo a lasciarla andare.
Spencer accennò un sorriso beffardo, avvertendo immediatamente tutte le sue preoccupazioni svanire. L'aveva constato già quella stessa mattina quanto Zayn fosse geloso ma in quel momento stava avendo un'ulteriore conferma. Evitò battute ironiche di poco gusto e s'impose di comportarsi da donna matura qual'era, evitando di mostrarsi timorosa o impaurita nel riferirgli ciò che aveva realmente detto a Niall. «La verità. -Rispose con disinvoltura, osservandolo mentre il suo viso prendeva le caratteristiche di un'espressione confusa, quasi come se un punto interrogativo immaginario gli stesse decorando la faccia.- Ovvero che non provo niente per lui e che tutto ciò a cui riesco a pensare, ultimamente, sei tu. Mi ha capita e mi ha lasciata venire.» Gli comunicò, nascondendo sapientemente le mani tremanti nelle tasche del cappotto bedje per evitare che lui si accorgesse di quanto si sentisse a disagio.
Zayn si liberò, inimitabilmente, della corazza con la quale si era mascherato quella sera per cercare di apparire il meno interessato possibile. Lo fece con un sorriso, lasciando così che lei capisse quanto quella rivelazione aveva avuto la capacità di metterlo di buon umore. Gettò la sigaretta il più lontano possibile, alzando successivamente il vetro del finestrino a causa del freddo pungente che si espandeva sempre di più nell'abitacolo. Si voltò verso di lei, incapace di togliersi quel sorriso dalle labbra. «E quindi adesso non stai più con lui?» Le chiese, banalmente. 
Spencer annuì, lottando contro la tentazione di distogliere lo sguardo da quegl'occhi castani che avevano l'innata capacità di farla sentire persa, smarrita, facendole dimenticare completamente dell'esistenza di tutto il mondo attorno. C'erano solo lei, Zayn e i loro occhi che si cercavano poiché incapaci di stare lontani. «Esatto.» Annuì ancora, mordendosi il labbro inferiore nel tentativo di non crollare, di non avvicinarsi a lui e baciarlo usufruendo di tutta la passione che aveva a sua disposizione.
Zayn si sistemò meglio con la spalla contro lo schienale, appoggiando il braccio al volante dell'auto ed osservandola con attenzione, scrutandone a fondo ogni movenza. «Quindi vuol dire che puoi anche uscire con me, da adesso in poi?» Le chiese, fingendo un tono di voce curioso come se stesse ponendo una vera e propria domanda. E lei neppure ci fece caso al cuore che prese a battere impazientemente quando annuì, perché ormai c'era abituata a certe reazioni da parte del suo corpo quando si trovava in compagnia di Zayn. Lui era così, un mix di emozioni sempre nuove e sempre più forti ed intense. «Vuol dire anche che posso baciarti, vero?» Stavolta, però, non le diede il tempo necessario di rispondere poiché già appoggiò le sue labbra su quelle della ragazza che, da quando era salita sull'auto, si cercavano con bramosia. Venne spontaneo ad entrambi permettere a due delle loro mani di intrecciarsi, quasi come se per loro fosse un gesto naturale e quotidiano. Eppure, nonostante parvero compiere quel movimento con naturalezza, per entrambi toccarsi era più difficile di quanto si potesse immaginare: Bastava sfiorarsi, per ritrovarsi a desiderare sempre di più. 
Quando la mano di Zayn scese fino a toccarle il fianco e a stringerlo lievemente, Spencer inutì le sue intenzioni e lo respinse, nonostante la voglia di farsi possedere pareva crescere a dismisura. Gli appoggiò le mani sul petto e, con delicatezza, lo allontanò di pochi centimetri. Rise, osservando l'espressione confusa che gli si era dipinta sul viso. «Vorrei ricordarti che siamo fuori la casa del mio ex fidan..» 
Il moro non le lasciò concludere la frase, zittendola nel modo migliore in cui si può mettere a tacere una donna: con un bacio. Poi un'atro e, successivamente, tanti altri ancora. Poi però dovette costringersi ad allontanarsi perché, nonostante il fatto che non gliene importasse assolutamente niente di Niall, non gli sembrava giusto sbattergli in faccia in quel modo quanto fosse stato bravo a rubargli la fidanzata. Sorrise tra sé e sé in modo compiaciuto, tornando a sistemarsi con la schiena contro lo schienale. «Dove la porto, signorina?» Chiese con ironia. 
Spencer ridacchiò, sfilandosi gli stivaletti ed appoggiando i piedi sul sedile in modo tale da potersi portare le gambe al petto. «Ovunque, l'importante è stare insieme.» Proferì quelle parole sorridendo lievemente, senza interrompere il contatto visivo fra i loro occhi. 
Il ragazzo non poté fare a meno di sentirsi ancora stupidamente felice, chiedendosi come fosse possibile che lo stesso Zayn a cui non importava niente di nessuno, in quel momento sentiva il cuore sciogliersi alla vista di quel sorriso che era capace di fargli accartocciare lo stomaco, quasi come se fosse un foglio stropicciato e non più utile. Consultò l'orologio che portava attorno al polso che indicava la mancanza di pochi minuti a mezzanotte. «Domani mattina non devi lavorare, giusto?» Le chiese, colto da un improvviso lampo di genio.
Fece un attimo mente locale, tentando di ricordare il giorno successivo quale giorno della settimana sarebbe stato e se, quindi, avesse dovuto lavorare o meno. «No, è domenica.» Constatò, rispondendogli. Quando lo vide accennare un sorriso compiaciuto e cominciare a mettere in moto l'auto, si domandò con timore che cosa avesse in mente. 
«E se non dovessi tornare a casa, stanotte, nessuno se ne accorgerebbe?»
Spencer corrugò la fronte, insospettita e confusa. «No.» Sussurrò, scrutandolo con attenzione in attesa di sapere che cosa avesse progettato. Il giovane non le rispose più, si limitò ad alzare le spalle e sfrecciare a tutta velocità fra le strade poco trafficate della cittadina di Bradford. Lei continuava a guardarlo, tenendo la testa appoggiata allo schienale del sedile e le gambe raccolte fra le braccia esili ed infreddolite. Non riusciva a voltarsi dal lato opposto, era completamente attratta da lui. Gli fissava le labbra carnose che, di tanto in tanto, lui bagnava con la lingua. Gli fissava il profilo del volto, soffermandosi di più sul naso. Solitamente il naso era una delle prime cose che guardava negli uomini e quello di Zayn, a parer suo, era indiscutibilmente perfetto. «Dove stiamo andando?» Domandò, guardandogli le mani avvolte attorno al volante e desiderando, come mai prima di quel momento, che la stessero almeno sfiorando. 
Zayn voltò per un attimo il capo verso di lei, prima di tornare a prestare attenzione alla strada di fronte a sé. «Non ne ho idea. -Rispose pacato, scrollando le spalle.- Lasciamo che sia la mia auto a portarci dove cazzo le pare.» Ed erano realmente quelle le sue intenzioni, guidare fino a quando un cartello stradale, un giardinetto fiorito o il colore vivace di una villetta gli avrebbero fatto venire in mente un luogo qualsiasi nel quale potersi accostare. 
Gli occhi le presero a brillare al ricordo di quando, nei loro primi anni di amicizia, capitava spesso di passare le notti fuori casa in giro per la cittadina di Bradford senza una meta precisa, proprio come stava accadendo quella sera. Le venne in mente una notte in particolare di cui, nonostante fosse sfatta e stanca, ricordava alla perfezione ogni attimo. Ricordava Cassie ammalata, Harry in giro per i locali a rimorchiare ragazze -che a quei tempi gli piacevano- e ricordava lei e Zayn, seduti sul cofano della range rover ferma in un boschetto ai confini del quartiere, la canna fra le dita e lo sguardo alzato verso il cielo per poter osservare le stelle, intente ad illuminare il nero di quella notte che a loro pareva una giornata di quelle che, anche cent'anni dopo, rivivrai; Ricordava delle parole sussurrate all'orecchio di Zayn, dove lo pregava di non lasciarla mai; E poi ricordava le braccia del ragazzo che l'avevano avvolta e stretta forte a sé, come solo un migliore amico sarebbe capace di fare. Quello era stato il suo modo di risponderle che non l'avrebbe lasciata mai sola, ma invece si erano persi. E a Spencer pareva assurdo ritrovarsi a rivivere quei momenti che pensava non potessero mai più accadere. «Gira a destra!» Esclamò d'un tratto, riprendendosi dai suoi pensieri ed indicando a Zayn un'uscita della tangenziale sulla quale stava guidando. Lui le obbedì, imboccando la strada che lei le aveva indicato. «Posso guidare io?»
Il ragazzo corrugò la fronte, voltandosi verso di lei e guardandola con espressione confusa. «Non ne sei capace.» Affermò, convinto che ciò che stesse dicendo fosse la verità.
Spencer accennò un sorriso beffardo, allungando i piedi verso il cruscotto ed incrociando le gambe all'altezza della caviglià. Sporse il petto in fuori, alzò di poco il mento e finse di ispezionarsi le unghia, acquisendo così una postura autoritaria che a giudicare dal modo in cui era vestita non le si addiceva affatto. «Harry mi ha dato lezioni in questi anni, ho addirittura preso la patente anche se non la uso mai poiché non ho una macchina.» Aggiunse l'ultima frase sciogliendosi dalla posizione di superiorità che stava inscenando, scoppiando poi a ridere sotto lo sguardo ancora confuso di Zayn. 
«Fingerò di credere che tu sappia guidare bene, ma nonostante ciò non ti permetterò di dimostrarmi quanto sei brava usando la mia auto. Ci terrei a ricordarti che l'ultima volta che hai schiacciato il piede su quest accelleratore, hai corso così tanto che ho creduto di poter morire da un momento all'altro. E alla fine hai sbattuto contro un lampione e mi sei costata duecento sterline di riparazione.» Zayn non seppe spiegarsi il perché, ma non riuscì a smettere di sorridere per tutto il tempo del discorso: Gli era sempre piaciuto far tornare a galla quei ricordi che, seppure talvolta facessero male, erano la cosa più bella che gli rimanesse. 
Spencer alzò il capo verso l'altro, incrociò le braccia al petto e liberò un sonoro sbuffo, fingendosi indignata ed estremamente offesa. «A quei tempi non avevo ancora ricevuto lezioni di guida da Harry e non avevo ancora la patente, quindi ti è andata bene. Potresti essere morto, a quest'ora.» Borbottò, evitando di guardarlo per portare avanti la sua messinscena che, in realtà, era solo una tattica per cercare di persuaderlo e farsi dare il comando sull'auto. 
Zayn, d'altra parte, scoppiò a ridere sonoramente. «Se stai cercando di farmi pena e convincermi sappi che il tuo piano malefico sta fallendo. Non guiderai la mia auto, punto.»
Fu dopo quelle parole che Spencer intuì di dover passare alle maniere forti, così si voltò verso di lui e gli appoggiò una mano sul ginocchio. «Dai, voglio portarti in un posto..» Cercò di convincerlo intraprendendo un tono di voce leggermente sensuale, accompagnando le sue parole con movimenti circolatori con le dita sulla gamba del ragazzo. 
Zayn s'irrigidì, cercando orgogliosamente di nascondere la reazione che si scaturiva in lui a causa di quel comportamento provocatorio da parte di Spencer. Tentò, con un gesto brusco della gamba, di farle smettere di salire sempre di più verso l'inguine ma non servì a molto, considerando il fatto che lei non accennò neppure a fermarsi, costringendolo così a frenare l'istinto che da lì a poco si sarebbe impossessato di lui: quello di baciarla con quanta più passione avesse dentro, senza freni limitori e senza smettere mai. «E va bene! -Esclamò arreso, spostandole bruscamente la mano che saliva sempre di più- Guida tu e portami dove diavolo vuoi!»
Spencer scoppiò a ridere, compiendo qualche gesto a mo' d'esulto ed aspettando impazientemente che lui accostasse nell'apposita aria di sosta prima di scambiarsi il posto e sedersi sul sedile sul quale era precedentemente seduto Zayn. Si sfregò le mani, eccitata. Poi, quando fece per mettere in moto l'auto, si ricordò di un piccolo particolare. «Devo bendarti, però.» L'avvertì, togliendosi la sciarpa che portava avvolta attorno al collo e legandogliela sul viso, nonostante l'iniziale opposizione del moro che pareva del tutto contrariato da quella sorpresa. Guidò per almeno un quarto d'ora, imboccando alcune strade secondarie e varie scorciatoie e lanciando le peggiori maledizioni contro Zayn che non accennava a cessare i suoi lamenti e le sue imprecazioni, lasciandole intendere quanto fosse preoccupato all'idea di rovinare la sua range rover anche con un solo graffio. «Siamo arrivati, checca Esclamò, spegnendo il motore della macchina e prendendolo in giro. 
Il giovane sbuffò sonoramente, incrociando le braccia al petto. «Posso togliermi questa cazzo di sciarpa dalla faccia oppure hai intenzione di continuare questa tortura ancora per molto?» Sbottò, sperando con tutto se stesso che lei gli desse il consenso per liberarsi e scoprire dove l'avesse portato. Proprio non gli piacevano quel genere di cose: l'attesa, le sorprese, il non sapere cosa doversi aspettare. Spencer scoppiò a ridere e si sporse verso di lui, sciogliendo il nodo dietro il capo e lasciandogli cadere la sciarpa sulle spalle. Zayn si guardò intorno, spaesato. Ci vollero alcuni secondi prima che lui potesse ricordare quel posto che, da sempre, aveva ospitato tutti i suoi momenti tristi e le sue grida di sfogo; Quel posto che parecchi anni prima aveva mostrato a Spencer. Solo a lei, a nessun altro. «Come facevi a ricordarti la strada?» Le domandò sorpreso, aprendo lo sportello e facendo per uscire. 
Lei, però, lo trattenne per un braccio e gli impedì di abbandonare l'abitracolo. «Non uscire. -Lui obbedì, chiudendo la portiera senza interrompere l'intenso contatto visivo fra i loro occhi. -È qui dove ti ho chiesto di non lasciarmi mai..» Biascicò, con voce tremante.
Zayn non le diede modo di aggiungere altro, poiché la precedette bruscamente. «Ed è qui dove, stasera, ti dico che.. no, non ti lascerò mai. Mai piùI lineamenti del viso di Spencer si ammorbidirono, tutte le parole che aveva pensato di dirgli erano diventate inutili, tutte le paure che l'assillavano si stavano dissolvendo e stava dimenticando le cause che avrebbero dovuto tenerla lontana da lui. Avrebbe potuto combattere con tutte le sue forze, ma niente sarebbe stato capace di cancellare l'attrazione che, da anni, li spingeva l'uno contro l'altro. E poi trascorse il tempo di attimo prima che potessero ritrovarsi con le labbra attaccate, bramose di baciarsi, e le mani che correvano freneticamente lungo i loro corpi, impazienti di aversi. 
Spencer si spinse verso di Zayn e, nonostante fosse complicato, riuscì a sedersi a cavalcioni su di lui senza interrompere il bacio passionale che erano intenti a scambiarsi. Il ragazzo le appoggiò con avidità le mani sui fianchi fino a farle male stringendola e spingendola verso di sé quanto più possibile, voglioso di sentire il corpo della mora contro il suo. Si staccarono un istante per guardarsi negli occhi e si ritrovarono entrambi travolti in un turbine di emozioni sconosciute, mai provate prima di quel momento. 
Fu lo sguardo di Spencer, nel quale poté chiaramente intuire quanto anche lei lo desiderasse, a dargli la carica in più per poterle aggrappare i lembi esterni del maglione e tirarli verso l'alto in modo da liberarla da quell'indumento che reputava momentaneamente inutile. L'attimo dopo lei lo imitò, aiutandolo a far scorrere il chiodo in pelle lungo le spalle e privandolo della t-shirt nera e rossa. Lei si sollevò sulle ginocchia e, con l'aiuto di Zayn, riuscì a togliersi anche il leggins. 
Si baciarono di nuovo, perché quelle le labbra cominciavano già a mancarsi. Erano state fatte l'una per l'altra poiché parevano modellarsi e combaciare alla perfezione. Lei si allontanò dal suo viso per potergli accarezzare l'addome ed osservare, per quanto la luce della luna lo permettesse, i tatuaggi che gli decoravano la pelle e che quella stessa mattina non aveva avuto l'occasione di guardare. «Quanti diavolo ne hai fatti?» Domandò, realmente stupita dalle numerose macchie d'inchiostro presenti sulla pelle ambrata di Zayn. Tre anni prima, quando era abituata a vederlo girare in casa sua senza maglietta, ne aveva meno di dieci. 
Lui rise, portando la sua mano sul viso della ragazza e accarezzandole la guancia con delicatezza. «Tanti.» Sussurrò con voce rauca, scrutando a fondo l'espressione applicata di Spencer che era intenta a sbottonargli i jeans. Con non poca difficoltà li fece scendere fino alle caviglie, sussultando al tocco piacevole dei polpastrelli freddi della ragazza a contatto con la propria pelle fin troppo accaldata. 
Quando Zayn sorrise sulle sue labbra prima di baciarla, Spencer credette di poter scoppiare da un momento all'altro a causa del battito cardiaco amplificato. Non era di certo la prima volta che qualcuno le dedicava certe attenzioni, ma Zayn aveva sempre avuto un modo di fare che non aveva fatto altro che affascinarla. Il modo in cui la toccava, il modo in cui la baciava, il modo in cui la faceva sentire bella. Tutto di lui era diverso. 
«Guardami.» Le impose. Spencer fece come richiesto, appoggiando successivamente le mani sulle spalle di Zayn in modo da potersi aggrappare ad esse e poterle graffiare con le unghia. Lui le afferrò i fianchi, dettandole il ritmo giusto con cui muoversi. Le mani tremavano, alla ricerca del corpo dell'altro. Le labbra si gonfiavano e si arrossavano per il troppo morderle e per i numerosi baci, mentre il respiro diventava irregolare. E per quanto Zayn potesse non essere una persona romantica, nel momento esatto in cui i suoi occhi incontrarono quelli di Spencer poté giurare di aver visto qualcosa accendersi, scattare. L'aveva trovato, l'amore della sua vita. Ce l'aveva fra le mani e non l'avrebbe lasciato andare facilmente. «Resta
I movimenti erano coordinati, i sospiri parevano volersi fondere, le dita si intrecciavano e si stringevano mentre le labbra non la smettevano di cercarsi, di volersi. Erano una cosa sola. Spencer lo guardò negli occhi, appoggiò la sua fronte su quella di Zayn e cercò di placare il forte ansimare per potergli rispondere. «Resto







Spazio autrice.
Più di una settimana che non aggiorno, mi dispiace tantissimo ma gli ultimi giorni sono stati movimentati, forse fin troppo. Scusate. 
Parlando del capitolo direi che fa altamente schifo, ma necessito di qualche capitolo di passaggio che vi faccia innamorare di loro prima di poter rivoluzionare tutto e farvi restare di merda. Boh, vi amo ahahahahaha. 
Vi ringrazio per le dieci recensioni allo scorso capitolo, siete la mia forza.
Alla prossima.

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Capitolo 13
*** Thirteen. ***


(Thirteen.)




È incredibile quello che senza saperlo sai darmi.



«Pensi che durerà?» Zayn interruppe il silenzio rilassante che si era creato nella camera, sussurrandole quelle parole all'orecchio senza accennare a smettere di accarezzarle il braccio destro.
Spencer, che fino a quel momento era stata intenta ad osservare le goccie di pioggia che s'infrangevano violente contro il vetro della finestra della camera da letto del ragazzo, voltò il capo verso di lui e corrugò la fronte in segno di smarrimento mentre un punto interrogativo immaginario le si dipinse sul volto. Sentirsi porre quella domanda senza un apparente senso l'aveva mandata in confusione e, prima di rispondere, si chiese mentalmente a cosa lui si stesse riferendo senza ottenere alcun risultato. «Che cosa?»
Zayn si portò una mano fra i capelli, sollevando il busto in modo da trovarsi seduto al centro al letto. Le fece segno, poi, di accomodarsi fra le sue gambe e Spencer non se lo fece ripetere due volte; Si sollevò a sua volta, sistemandosi con la schiena contro il petto del ragazzo che l'aveva subito stretta forte a sé. «Questa... cosa fra di noi, intendo. Credi che durerà?» Ripeté con difficoltà, sperando con tutto se stesse che lei non avesse la brillante idea di chiedergli il motivo per il quale le stava ponendo quella domanda poiché si sarebbe imbarazzato tanto e non avrebbe saputo cosa rispondere.
Sospirò, abbassando il capo in direzione delle proprie mani e prendendo a giocare con la fedina che portava all'anulare sinistro nella quale c'era inciso il nome di Cassie, quella che considerava non solo come una semplice migliore amica ma come una sorella, una madre, un'ancora di salvezza. «Non lo so, forse no.» Rispose, schietta e sincera. Avrebbe voluto avere certezze, rispondergli di sì, ma non ci riuscì nel momento esatto in cui nella sua mente si fece spazio la figura di Amber. Non gliel'aveva ancora detto, nonostante le settimane passassero veloci e il loro rapporto s'intensificava sempre di più. Non ce l'aveva il coraggio per raccontargli la verità seppure fosse consapevole del fatto che non avrebbe potuto nascondergli ancora per molto che lui era il padre di sua figlia.
Il giovane la squadrò, confuso e in parte anche un po' offeso. «E allora perché continui a vedermi, se pensi che finirà male?» Le chiese, realmente voglioso di conoscere la risposta a quella domanda. Lui avrebbe sicuramente smesso immediatamente di frequentare una ragazza se si fosse sentito insicuro e fu per questo che, in quel momento, si sentì illuso e preso in giro dall'unica persona per la quale avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non perderla.
«Perché ci voglio provare. -S'affrettò a rispondere, combattendo contro l'impulso di chiedergli di smettere di trattare quell'argomento. Non era mai pienamente sincera con lui e quella volta, seppure la voce tremasse, aveva intenzione di esserlo.- Voglio provare a superare tutti gli ostacoli: L'amarezza improvvisa, i periodi no, i gesti sbagliati, le parole pesanti, le dimostrazioni non date, le.. bugie. Tutto. Perché sai, Malik, ci sono cose per cui vale la pena rischiare.» Evitò di voltarsi verso di lui ed incrociare il suo sguardo, osservando qualsiasi oggetto presente in quella stanza pur di non cedere alla tentazione di scoprire quale fosse l'espressione di Zayn per poterne interpretare il significato.
Appoggiò la fronte contro la tempia di Spencer, lasciandole diversi baci leggeri e delicati sulla guancia. Sorrise, fra uno schiocco e l'altro delle proprie labbra; Sorrise, perché per un attimo aveva temuto il peggio e invece la situazione si era dimostrata quella che lui voleva che fosse: Spencer era determinata quanto lui a buttarsi in quella relazione, a rischiare. «E io ne valgo la pena?» Sussurrò fra i suoi capelli, beandosi poi di sentirne il profumo che essi emanavano e che da sempre era rimasto lo stesso.
Non rispose, si limitò ad annuire poiché consapevole del fatto che se avesse provato a proferire qualcosa tutto ciò che ne sarebbe venuto fuori sarebbe stato qualche insulto biasciato fra i denti. Zayn sapeva quanto lei avesse difficoltà ad esprimere a parole ciò che provava soprattutto quando si trattava di spiegare i propri sentimenti ed era sicura che le stesse ponendo tutte quelle domande anche per farla sentire in imbarazzo oltre che per conoscerne le risposte.
Egli si sentiva determinato, in quel momento. Ma sapeva che gli sarebbe bastato fermarsi a riflettere per ricominciare ad aver paura, paura di perderla proprio quando l'aveva finalmente ritrovata. «Io ho paura, Spè.» Le rivelò allora, appoggiando la fronte nell'incavo del collo della ragazza e stringendo la presa attorno al suo corpo per attirarla a sé quanto più possibile.
Spencer gli accarezzò il braccio che l'avvolgeva e, cercando di non pesargli troppo, tirò il capo indietro in modo tale da appoggiare la nuca sulla spalla del ragazzo. «Di che cosa?»
«Io..» Zayn sospirò pesantemente, serrando di nuovo le labbra poiché incapace di esprimersi. Non sapeva cosa dirle, da dove cominciare, non sapeva come farle capire ciò che pensava e ciò che provava. Cadde il silenzio, quando entrambi sollevarono i propri visi e permisero ai loro sguardi di incrociarsi. E qualsiasi parola parve inutile ad entrambi per spiegare quanto i loro occhi si era mancati seppure non si fossero incontrati per pochi minuti. «..Io mi guardo intorno e lo vedo, che l'amore fa male. La gente racconta di un mondo in cui ogni giorno si ha a che fare con coppie che si lasciano e che smettono di volersi da un momento all'altro, matrimoni che falliscono e divorzi che sono sempre più frequenti, amore non corrisposto. Ed io come faccio a stare con te e non pensare che finirò anch'io tra quelle macerie?»
Per quanto Spencer avrebbe voluto gridare e piangere per la frustrazione, si limitò ad accennare quello che sarebbe dovuto essere un sorriso ma che pareva una smorfia visibilmente spaventata. Lei lo sapeva che, prima o poi, sarebbe finita tra quelle che Zayn definiva come macerie. Lo sapeva che quando avrebbe rivelato la verità tutto ciò che stavano costruendo si sarebbe distrutto. Era consapevole che più i giorni passavano e più la situazione peggiorava, ma non disponeva del coraggio necessario per rovinare tutto. Non aveva scusanti, nulla a cui aggrapparsi per aver ragione. Aveva sbagliato e, nonstante odiasse ammetterlo, ne stava pagando le conseguenze. «Ma, secondo te, io invece ne valgo la pena?»
«Tu ne vali sempre la pena.» Neppure rifletté su quelle parole, rispondendole velocemente e ignorando qualsiasi freno che lo limitasse. Era giusto che lei sapesse e non gli importava di apparire debole e rimbambito. Spencer gli mandava in pappa il cervello ed era giunta l'ora che se ne rendesse conto anche lei.
Sorrise, spostandosi di lato ed allacciandogli le braccia attorno al collo. «Allora provaci anche tu e non aver paura!» Esclamò, con tono tale da far pensare che quelle parole fossero un'imposizione. Avvicinò il proprio viso a quello del giovane e gli baciò la punta del naso con delicatezza, quasi come se avesse paura di compiere passi falsi. Lui sorrise, permettendo alle loro labbra di sfiorarsi per poi modellarsi fra loro. Il frenetico vibrare del cellulare del moro però li interruppe e sbuffando Zayn lesse l'sms che gli era arrivato.

 
Da: Harry. 
Allora, che pensi di fare?

Spencer, seduta alle sue spalle, lesse le parole impresse sul display e corrugò la fronte, ma prima ancora che potesse chiedere spiegazioni lui si voltò per guardarla e accennò un sorriso, riponendo il telefono sul comodino senza neppure rispondere al messaggio. «Mi ha proposto di uscire con lui, Louis e un paio di amici stasera.» Le spiegò, sussurrando quelle parole mentre era intento a baciarle il profilo della mascella.
La ragazza l'allontanò da sé in modo brusco, incrociando successivamente le braccia al petto con fare indispettito, sotto lo sguardo confuso ed indagatore di Zayn. «Il concetto di Harry di un'uscita con gli amici equivale all'ubriacarsi e rimorchiare tutta la notte. Ovviamente lui non può farlo perché sarà sorvegliato dal suo fidanzato, ma tu potrai farlo senza problemi.» Spiegò acidamente, evitando di guardarlo negli occhi.
Il ragazzo lottò con tutte le sue forze per non sorridere in modo compiaciuto e finse di essere quanto più serio possibile. «Non vedo dove stia il problema..» Rispose con tono di voce vago, lasciandole intendere che non c'era nulla di male nel fare conoscenza con qualche ragazza. In realtà non aveva alcuna intenzione di fare stronzate con Harry quella notte e neppure sarebbe riuscito a guardarla una ragazza considerando che tutto ciò di cui aveva bisogno ce l'aveva a pochi centimetri di distanza, il suo unico scopo era quello di prenderla in giro e constatare così quanto fosse gelosa.
Spencer si alzò di scatto, più furiosa che mai. «Perfetto! Allora vai in giro con Harry a rimorchiare, stanotte.» Sbraitò, alzando visibilmente il tono di voce e facendo per infilarsi le scarpe ed andar via. Zayn però la bloccò sul nascere, afferrandole il polso e spingendola verso di sé in modo da farla voltare. I loro occhi s'incontrarono, e lui poté chiaramente vedere la rabbia nello sguardo di Spencer. Quando Zayn schiuse le labbra e fece per giustificarsi lei lo precedette bruscamente, senza neppure permettergli di spiegare la situazione. «Sta' fermo!»
Istintivamente la liberò dalla presa ferrea con la quale le stringeva il polso e sbuffò, non avendo neppure più voglia di giustificarsi. Odiava quando si comportava in modo così impulsivo e, ancor più, odiava il fatto che non l'aveva lasciato parlare e che gli aveva imposto di non toccarla per una sciocchezza del genere. «Sei una rottura di coglioni.» Furono le parole che Zayn biascicò tra sé e sé a farla scattare: Senza neppure rendersene conto, la sua mano colpì con violenza la guancia del ragazzo. Egli strinse i pugni, imponendosi mentalmente di non reagire e stare zitto, consapevole del fatto che la rabbia che provava il quel momento l'avrebbe portato a compiere gesti sbagliati e proferire parole che non pensava realmente.
Senza guardarlo neanche per un istante, Spencer si allacciò le scarpe, infilò la giacca in pelle abbandonata precedentemente sulla scrivania del giovane ed afferrò la borsa. Lanciò un'occhiata veloce alla finestra, rendendosi conto che la pioggia non accennava a cessare ma, al contrario, scendeva violenta. «P..puoi riaccompagnarmi a casa? Piove e.. e non ho l'ombrello.» Biascicò, imbarazzata. Le costava tanto chiedere uno strappo fino a casa sua, ma non aveva alcuna intenzione di bagnarsi.
Egli sospirò pesantemente, deluso. Imitò il precedente gesto della ragazza di infilare le scarpe e, senza proferir parole, uscì dalla sua camera seguito da lei. Abbandonò la propria abitazione dopo aver afferrato furiosamente le chiavi dell'auto ed aver avvisato sua madre del fatto che stesse andando via.
Regnava il silenzio, nell'abitacolo. La radio era stranamente spenta per la prima volta, Spencer non accennava a smetterla di guardare attraverso il finestrino e Zayn sentiva la rabbia e la delusione prendere possesso del proprio corpo mentre stringeva forte il volante fra le mani e schiacciava il piede sull'acceleratore con troppa forza in più rispetto al dovuto. Accostò di fronte al condominio nel quale la ragazza risiedeva e spense il motore dell'auto, voltandosi a guardarla solo in quel momento con l'intento di parlarle ma lei non gliene diede modo. Aprì lo sportello e, biascicando un ringraziamento fra i denti e con aria apparentemente disinteressata e fredda, lo richiuse con violenza.
Spencer prelevò le chiavi del portone d'ingresso al condominio dalla borsa e, quando fece per infilarle, sentì il suo cellulare cominciare a suonare. Il display illuminato indicava il nome di Zayn e, quando si voltò per osservarlo, lo trovò appoggiato alla portiera della propria auto con lo sguardo basso e il telefono accanto all'orecchio. Non seppe spiegarsi per quale motivo decise di dargli corda, ma permise alle proprie dita di muoversi da sole ed accettare la chiamata. «Che vuoi?»
Egli sorrise, infischiandosene altamente della pioggia che lo bagnava da capo a piede. Alzò lo sguardo verso di lei, trovandola già intenta a guardarlo. «Vieni qui.» 
Spencer non rispose, chiuse la chiamata e fece per dargli le spalle ed entrare nel condominio, ignorandolo. Poi però parve ripensarci sù quando le venne in mente l'idea di poterlo perdere a causa della sua gelosia possessiva, attraversò velocemente la strada e non esitò ad allacciargli le braccia attorno al collo e baciarlo. Lui la strinse forte, sorridendo sulle sue labbra fra un bacio e l'altro. «Interessante questa cosa della telefonata.»
Zayn scoppiò a ridere rumorosamente, accarezzandole la guancia bagnata e spostandole dal viso i capelli inzuppati che erano rimasti appiccicati alla pelle. «So anche essere romantico, che altro vuoi?» Domandò ironicamente, prendendosi in giro da solo.
E Spencer sorrise, perché Zayn aveva ragione: Non aveva bisogno di nient'altro, le bastava lui per star bene. «Ha ragione Amber quando mi ripete che sei come un principe azzurro. -Gli occhi del giovane parvero prendere a brillare, mentre le labbra s'incurvarono verso l'alto per sfoggiare il sorriso più bello che Spencer avesse mai avuto il piacere di osservare. Imbarazzata, tentò di chiudere quel discorso il prima possibile.- Andiamo ad asciugarci, su!»


 
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Quando Zayn si chiuse alle spalle la porta del bagno non riuscì a trattenere un sorriso spontaneo nel ritrovarsi davanti Spencer, intenta ad applicare uno smalto di colore rosa sulle unghia di Amber che, per evitare che sua madre sbagliasse, se ne stava immobile. La ragazza alzò il capo verso di lui e sorrise nel notarlo privo di maglietta e coi capelli appena asciugati abbassati sulla fronte. «Lo sai di essere attraente anche così?» Chiese retoricamente, indicando con il capo il pantalone di una tuta lasciato lì da Liam che, da un po' di tempo a quella parte, pareva essersi trasferito in quella casa. 
«È vero.» Si intromise Amber, scuotendo le mani in aria nel tentativo di far asciugare lo smalto più velocemente. Zayn scoppiò a ridere rumorosamente, sedendosi sul divando accanto alla bambina e scompigliandole i capelli. Lei, come per vendicarsi del tentativo del ragazzo di rovinarle la treccia, si sedette a cavalcioni su di lui e gli pizzicò il naso, nascondendo poi le mani dietro la schiena. «Ti ho rubato il naso!» Esclamò, soddisfatta per il gesto che secondo lei appariva maligno e vendicativo. 
Zayn inscenò un espressione preoccupata, schiudendo le labbra con fare sconvolto. «Oh no, ridammelo ti prego!» Esclamò con tono supplichevole, ricevendo come risposta una risata divertita da parte di Amber che s'affrettò a scuotere il capo in segno di negazione. Accigliato, prese a farle il solletico e si arrese solo quando lei gli posò le mani sul naso e dichiarò di averglielo restituito.
Ancora ridendo, Amber allacciò le proprie braccia esili attorno al collo di Zayn e lo strinse quanto più possibile. «Ti voglio tanto bene!» Gli confidò, lasciandosi abbracciare e baciare la guancia dal ragazzo. 
«Anch'io, piccola.» Sussurò, osservandola mentre si sistemava sulle sue gambe in modo più ordinato per poter guardare la televisione che aveva acceso Spencer alcuni istanti prima per distrarsi ed evitare di guardarli per non scoppiare a piangere da un momento all'altro. Le faceva sempre uno strano effetto osservare il modo delicato ed al contempo possessivo con il quale Zayn stringeva la sua bambina fra le braccia. 
Senza proferir parola egli si avvicinò di più a Spencer che non ci pensò due volte prima di passargli una parte del piumone con il quale si stava coprendo per poterlo condividere assieme. Si guardarono e, senza alcun bisogno di parlare, si avvicinarono e si baciarono.


 
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«Mamma.. -Amber interruppe il racconto di Cassie nel quale spiegava a Spencer il suo primo giorno del suo nuovo lavoro da baby sitter.- Io vorrei sapere una cosa.» Sussurrò con imbarazzo, stringendo tra le mani il peluche con il quale dormiva ed avvicinandosi al divano su cui le due ragazze erano comodamente sedute. 
Spencer e Cassie sorrisero istintivamente, considerando il modo buffo con il quale Amber proferiva le parole, magari saltando qualche vocale e balbettando un po'. Era a dir poco adorabile. «Dimmi tutto, non riuscivi a dormire?» Le domandò, allargando le braccia come per farle segno di rifugiarsi in esse. La bambina obbedì e, con un po' di difficoltà, si sedette sulle gambe della madre e si lasciò stringere. Scosse il capo in segno di negazione, cominciando a torturare nervosamente il becco del pupazzo a forma di pinguino. «Allora?» La incitò, spostandole i capelli neri dietro le orecchie, perdendosi ad osservare il profilo del viso simile a quello di Zayn. 
«Le mamme baciano solo i papà.. -Cassie portò il proprio sguardo ad incrociarsi con quello di Spencer, intuendo già cosa stesse cercando di dire la bambina.- ..tu e Zayn oggi vi siete dati un bacio. Significa che lui è il mio papàChiese con imbarazzo, balbettando di tanto in tanto e senza smettere di giocare con il peluche pur di non alzare lo sguardo ed incontrare quello della madre. Somigliava a Spencer per certi versi.
La giovane si morse il labbro e cercò appoggiò negli occhi della sua migliore amica, che parevano volerla incitare a dire la verità. Prima o poi Amber avrebbe dovuto sapere chi fosse suo padre e anche Zayn sarebbe dovuto venire presto a conoscenza di quel segreto. Così, sospirando rumorosamente, avvicinò le labbra all'orecchio di sua figlia per poterle parlare. «Sai mantere un segreto, amore? -Amber alzò di colpò lo sguardo, annuendo con foga ed eccitazione.- Zayn è tuo padre, però non devi dirlo a nessuno perché è una.. una sorpresa. Neppure a lui. Intesi?»
Gli occhi della bambina parvero brillare dopo quella rivelazione, annuì di nuovo ed incrociò il proprio mignolo con quello della madre, promettendole così che non ne avrebbe fatto parola con nessuno. «Sssh!» Esclamò, portandosi l'indice alle labbra, sorridendo felice. 





Spazio autrice.
...è corto e non mi piace, ma non mi sento ispirata e non riesco a fare di meglio. Scusate.

Grazie mille per l'appoggio, non sapete quanto mi aiutate. Siete fantastiche. 
Alla prossima, pupe :3♥

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Capitolo 14
*** Fourteen. ***


(Fourteen.)





Pareva dovesse sposarsi, Zayn. I jeans neri gli fasciavano alla perfezione le gambe snelle e affusolate, gli ricadevano stretti sulle caviglie e sembravano fatti di proposito per essere indossati da lui. Il tatuaggio delle ali sul petto era messo in evidenza dai bottoni sbottonati della camicia bianca che aderiva perfettamente ai suoi fianchi. Provò ad alzare le maniche della giacca nera sui gomiti ma quel look continuava a conferirgli un’aria fin troppo seria ed autoritaria, smentita però dall’acconciatura da adolescente.
Sbuffò e, in contemporanea a quel gesto, si sfilò la giacca sostituendola con un chiodo in pelle. Involontariamente le sue labbra s’incurvarono verso l’alto, mostrando l’accenno di un sorriso compiaciuto. In quel modo si sentiva se stesso ma sapeva che avrebbe deluso Cassie poiché lei gli aveva raccomandato di indossare abiti eleganti. Ci teneva, la ragazza, a portare i propri amici in un locale chic per festeggiare il suo ventunesimo compleanno tra alcol, musica e tanto divertimento.
Alzò lo sguardo per poter consultare l’orologio attaccato alla parete le cui lancette, ancora, segnavano le ore nove e pochi minuti. Sbuffando si lasciò cadere sul proprio letto e in contemporanea al suo gesto due pugni batterono leggeri sul legno della porta della sua camera. «Avanti.» Concesse, il tono di voce che pareva lievemente scocciato. La maniglia si abbassò, lasciando spazio alla figura esile di Rachel. Zayn alzò gli angoli della labbra per mostrare un sorriso compiaciuto alla vista di sua sorella che, fasciata in un elegante abito turchese e pronta per uscire, le pareva più bella, cresciuta. «Che c'è?» Le domandò. 
La ragazza entrò nella stanza, chiudendosi accuratamente la porta alle spalle. Senza proferir parola, poi, si avvicinò al fratello e si stese sul letto accanto a lui. Non gliene importava, in quel momento, dei capelli ordinati che si sarebbero sicuramente scomposti a contatto con le lenzuola calde e profumate. Profumate di quell’odore che, per tre lunghi anni, le era mancato tanto. Quell’odore che aveva cercato dappertutto perché all’inizio le bastava avvicinare il naso a qualche sciarpa dimenticata lì da lui, ma dopo tutto quel tempo non bastava più un gesto così semplice. Perché il profumo preferito di Zayn era stato sostituito da un’intensa puzza di chiuso, di vuoto, di mancanza. E lo punzecchiava, Rachel, ma in realtà era fin troppo felice del ritorno del fratello. Davvero, non le bastavano più delle semplici telefonate o delle videochiamate un paio di volte al mese. «Come stai?»
Tra le sopracciglia folte di Zayn apparve una piccola ruga, segno di confusione e smarrimento. Si chiese, stranamente, quale fosse il motivo di quella domanda che era raro si ponessero fra di loro. «Sto bene. -Lo sguardo puntato verso l’alto in direzione del soffitto bianco. Non lo sapeva perché ma, forse per timore o forse per convenienza, non osò guardarla negl’occhi.- Tu, invece?»
Rachel sospirò. «Bene. -Fu quasi involontario il gesto di Zayn di voltarsi di scatto e guardarla, probabilmente per scrutarla e capire il motivo del sospiro che, pesantemente, era uscito dalle sue labbra. Lei si spostò su un solo fianco, puntò il gomito sul materasso ed appoggiò la testa sul palmo con fare poco aggraziato- Mi chiedevo... è un po' che non parliamo io e te, vero?»
Egli la osservò inerme per qualche secondo prima di alzare gli occhi verso l’alto e scoppiare a ridere sonoramente. La conosceva, forse più di quanto conoscesse se stesso e sapeva cosa stesse cercando di ottenere. «Allora, che cosa vuoi sapere?» Chiese, imitando la posizione della sorella. 
Rise, osservando Zayn in modo compiaciuto. Si chiese, poi, se realmente fosse così scontata come lui voleva farle credere o se fosse solo suo fratello ad aver imparato a memoria ogni suo atteggiamento. «Mamma mi ha raccontato che l’altro giorno è venuta Spencer -Gli bastò sentir pronunciare il suo nome per essere improvvisamente impossessato da mille brividi che, freneticamente, corsero lungo la sua schiena. Rachel parve notarlo e non si trattenne, sorridendo teneramente.- e ha detto che siete stati tutto il pomeriggio in camera. Che avete fatto?»
Zayn sbuffò e, stando attento a non farsi notare dalla sorella, afferrò il suo cuscino e glielo sbatté violentemente in faccia. Accigliata, la mora si lasciò cadere a pancia in giù e liberò un sonoro sbuffo deluso. Il ragazzo schiuse la labbra e fece per dire qualcosa e Rachel, rendendosene conto, si voltò verso di lui di scatto. «Io e lei stiamo insieme.» Le rivelò in un sussurro. Per un attimo temette la reazione della sorella perché, a dire il vero, non sapeva cosa realmente pensasse di Spencer, ma si tranquillizzò immediatamente quando Rachel si preoccupò di metterlo a suo agio con un sorriso. 
«Io l'ho sempre saputo, ci avrei scommesso! -Esclamò, euforica. Compì qualche gesto a mo’ di esulto, rotolando più volte su se stessa sotto l’occhio basito di suo fratello. Stentava a crederci, Zayn, che lei potesse essere realmente così stupida. Ciò che non sapeva, però, era che ogni ragazza ha dentro si sé un lato infantile.- E.. cosa provi per lei? Sei innamorato?» Gli domandò, ricomponendosi e tornando ad essere più seria che mai. 
E lui lo sapeva cosa risponderle, ma preferì far calare un devastante silenzio. Rachel non smise di scrutarlo con attenzione, chiedendosi per quale assurdo si fosse ammutolito. «Io... peggio. -La ragazza corrugò la fronte, non capendo il significato delle parole del fratello. Zayn sorrise, rendendosi conto di averla lasciata scossa. Sollevò il busto e, successivamente, s’impose di alzarsi completamente per non rischiare di far tardi ai festeggiamenti organizzati per Cassie.- Sto impazzendo, a causa sua


 
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Spencer non aveva dovuto metterci molto impegno, le era bastato proferire un paio di frasi con tono supplichevole per convincere sua madre a badare ad Amber per quella notte. Non che non volesse portare la sua bambina con sé ma era il compleanno di Cassie e, da diversi anni a quella parte, quello equivaleva al giorno dell’anno nel quale ci si divertiva di più e si combinavano i peggiori casini. 
Le luci nel locale erano intense, tonalità forti ed accecanti che si alternavano ad un ritmo forse troppo veloce, simile a quello della musica alta ed assordante. Tutti parevano divertirsi e dimenticare i freni, a cominciare da Harry che era intento scambiarsi effusioni tutt’altro che caste con Louis, seduti su uno dei divani bianchi in pelle. Poi, se solo spostava lo sguardo su Cassie, la trovava costantemente a ridere mentre non pensava a nient’altro se non a scatenarsi in pista con Liam. Solo lei pareva non trovar serenità mentre, seduta su uno degli sgabelli attorno al bancone del mini bar, continuava a messaggiare con Zayn e lo incitava a far presto. Non ne poteva più di stare da sola e di fare nuove conoscenze non ne aveva alcuna intenzione.
Successe, poi, che un tocco familiare le strinse il polso e la trascinò con sé. Conosceva il calore di quelle mani e, abbassando lo sguardo e notando gli anelli che gli decoravano le dita, fu ancora più convinta di sapere di chi si trattasse. Ciò che le risultava assurdo, però, era il modo aggressivo e violento con il quale Zayn la stringeva, senza preoccuparsi minimamente di farle male nonostante lei stesse continuando a ripeterglielo ininterrottamente. Avvertì la presa ferrea del ragazzo farsi più leggera e accogliente solo quando raggiunsero il retro del locale, dove il vento fresco di fine aprile le provacava diversi brividi di freddo lungo la pelle lasciata scoperta dal vestitino. Era tanta la differenza di temperatura dall’interno della discoteca, affollato da gente sudata, e quel vicoletto buio e deserto. «Che succede?» Gli domandò solo quando lui si decise a lasciarle il polso. 
Non le rispose, prese a camminare avanti e dietro senza sosta e con fare nervoso, sfregandosi impazientemente le mani sul viso e farfugliando qualcosa di incomprensibile tra sé e sé che, immaginò Spencer, dovesse trattarsi di imprecazioni. Gli pose quella domanda più volte, attendendo pazientemente una risposta che non accennava ad arrivare, fino a quando lui non si bloccò di scatto e puntò i suoi occhi in quelli di lei. Mai, prima di quel momento, Spencer li aveva visti così colmi di rabbia e ne ebbe tremendamente paura. «Che succede? -Le fece eco, aprendo le braccia a mezz’aria con fare esasperato.- Ma come diavolo t’è saltato in mente di uscire... così vestita per venire in un posto del genere?» I lineamenti erano severi, la mascella contratta e le vene sul collo gonfie. 
Spencer dovette frenare l’istinto di buttargli le braccia al collo e stringerlo forte, felice di aver constatato quanto fosse possessivo nei suoi confronti. Si trattenne perché una parte di lei le suggeriva di non apprezzare affatto quel comportamento forse troppo eccessivo da parte di Zayn. Istintivamente abbassò lo sguardo per osservare il suo corpo e, nonostante la scollatura a cuore del tubino nero, non notava niente che fosse particolarmente fuori posto. 
«È corto. -Proferì, intuendo che lei stesse cercando di capire cosa avesse di sbagliato il suo vestito.- E, porca puttana, ti guardavano tutti!» Appariva tutt’altro che calmo, forse fin troppo agitato e su di giri per una cosa, secondo il parere di Spencer, un po’ banale. Lei non aveva notato alcuno sguardo posarsi incessantemente su di sé, a differenza di quanto dichiarava Zayn, e se anche fosse stato vero lui non avrebbe dovuto reagire in modo così privo di calma ma, al contrario, avrebbe dovuto chiederle di non indossare più quel vestito ed evitare così la discussione. Invece no, lui pareva stesse cercando un pretesto per litigare. 
«Va bene -Sbuffò, seppure non fosse pienamente convinta di dargliela vinta dovette costringersi a non sbraitare per non rovinarsi la serata.- Adesso possiamo tornare dentro?» Domandò con tono scocciato, indicando la porta alle sue spalle con fare svogliato. 
Scosse energicamente il capo, Zayn, passandosi successivamente una mano fra i capelli ormai fin troppo spettinati. «Non ci penso nemmeno. Ti guarderanno ancora e... potrei impazzire.» Dietro l’atteggiamento stizzito e le mani che si muovevano nell’aria con gesti veloci e stressati, Spencer vedeva chiaramente dell’impaccio. Non poté trattenere un sorriso perché, per quanto stesse provando a detestare quel comportamento brusco, non faceva altro che adorarlo ogni secondo di più. Era tenero il modo imbarazzato con il quale tentava disperatamente di apparire quanto più indifferente possibile, senza riuscirsi nemmeno un po’.
Lei gli si avvicinò cautamente, quasi con passo insicuro, come se temesse di sbagliare. Era sempre così con lui, stava attenta ad ogni movimento da compiere o parola da pronunciare. Alle volte il controllo le sfuggiva del tutto e si comportava da persona testarda ed impulsiva qual’era ma quando riusciva a contenersi si sentiva fiera di sé. Zayn era qualcosa di raro e tremendamente bello e, consapevole del fatto che non sarebbe stato suo a lungo, era determinata a far sì che tra loro potesse durare quanto più possibile. Voleva goderselo, quell’uomo che aveva amato segretamente per tanti anni. «Che proponi, quindi? Che facciamo?» La sua mano, fredda e tremante, raggiunse la guancia del ragazzo coperta da un sottile strato di peli e l’accarezzò con movimenti leggeri e delicati.
Sorprendendola, Zayn l’abbraccio. Come se fosse il gesto più naturale del mondo, come se non volesse fare nient’altro per tutta la vita, come se fosse stato progettato solo per compiere quel movimento. E forse un po’ era realmente così. Se stringere Spencer fra le sue braccia lo faceva sentire vivo, allora perché avrebbe dovuto desiderare fare altro? «Scusami, non avevo intenzione di rovinarti la serata ma, davvero, non riuscirei a stare calmo lì dentro.» Le sussurrò all’orecchio poco prima di sciogliere la presa che li teneva uniti, continuando però ad accarezzarle il braccio. Guardava la sua mano intenta a compiere movimenti circolari sulla pelle di Spencer ma, senza riuscire a spiegarsi il perché, non accennava a guardarla negli occhi. Un po’ si vergognava di essere stato così scontroso ma non digeriva l’idea che decine di uomini dovessero guardare il corpo della sua donna e, magari, commentare. 
Sulle labbra di Spencer si formò immediatamente un sorriso rassicurante mentre gli prendeva il viso fra le dita e gli spostava il capo nella sua direzione, costringendolo ad incatenare i loro sguardi. «Tanto lo sai, che se avessi realmente voglia di stare lì dentro a divertirmi l’avrei già fatto. -Zayn storse il naso.- Quindi se sono qui e perché non ho alcuna intenzione di ballare.»
Il ragazzo smise immediatamente di accarezzarla, puntando lo sguardo altrove e scuotendo leggermente il capo con amarezza. «Stai praticamente dicendo che sei qui fuori con me solo perché non ti va di ballare.» Il tono di voce acido, colmo di delusione. 
Poi ascoltò la risata sonora di Spencer e, un istante dopo, si ritrovò le braccia della ragazza avvolte attorno al proprio collo. Uno schiocco di labbra riecheggiò in tutto il vicoletto buio e subito Zayn si portò una mano sulla guancia per eliminare le traccie di rossetto rosso dovuto al bacio depositato dalla mora. «Sei troppo prevedibile, lo sapevo che avresi reagito così. Ormai non c’è più sfizio a farti arrabbiare.» Inscenò un tono di voce annoiato, incrociando poi le braccia sotto al seno.
Come conseguenza al suo gesto, Zayn le fissò per diversi secondi la scollatura messa ancor più in evidenza dalle braccia strette al petto. Trattenne il fiato, chiedendosi come facesse a non stancarsi di lei ma, al contrario,a trovarla ogni giorno più attraente e ogni minuto la desiderava come se non l’avesse mai avuta, come se fosse un nuovo territorio da scoprire. E invece lo conosceva a memoria, quel corpo che ormai apparteneva solo a lui. L’aveva marchiato con i denti e con le unghia, lasciando i segni del suo passaggio che si sarebbero presto sbiaditi ma che sarebbero rimasti lo stesso indelebili. 
«E smettila di guardarmi le tette.» Lo ammonì. Non le importava realmente tanto ma ciò che voleva era farlo sentire in imbarazzo. Zayn però non parve affatto turbato all’idea di essere stato colto in fragrante ma, al contrario, appariva divertito e il sorriso stampato sul suo viso ne era la chiara dimostrazione. Le si avvicinò, appoggiò avidamente le proprie mani sulle guance di Spencer e la baciò. Con desiderio, con passione, con quel suo modo di amare. «Recuperiamo il mio cappotto e la mia borsa dal privé e poi andiamo a casa?» Propose e Zayn non se lo fece ripetere due volte, annuendo con decisione. 
Rientrarono velocemente all’interno del locale, spingendo e pestando i piedi di qualcuno senza neppure preoccuparsi di chiedere scusa. Nonostante i tentativi di Spencer di nascondersi fra la gente, Zayn non riuscì a non notare ogni paio di occhi che si posava su di lei e la scrutava con fare interessato. Dovette, quindi, reprimere la sua gelosia e far finta di niente. Una volta raggiunto il privé, occupato da Harry e Louis, Spencer prelevò dal reggiseno la chiave che le era stata consegnata ad inizio serata ed aprì un armadietto dal quale tirò fuori i suoi oggetti. 
«Dove state andando?» La voce di Harry pareva irriconoscibile, tanto era inclinata. Era ubriaco ed era poco più di un’ora che si trovavano lì. 
Spencer corrugò la fronte, lanciando un’occhiata preoccupata a Louis che la rassicurò annuendo, come per farle intendere che lui fosse sobrio e si sarebbe preso cura di Harry. «A casa.» Spiegò velocemente, infilando la giacca a stampa floreale. Rose rosse, per la precisione. Le sue preferite.
Il riccio accennò un sorriso malizioso, compiendo qualche strano segno con le mani che, nella sua testa, significava qualcosa di preciso mentre per chi lo osservava apparivano solo movimenti impacciati e privi di senso. Come se con quei gesti avesse raccontato una storia, si schiarì la voce per dichiarare il finale. «E mi raccomando, ragazzi, usate precauzioni. -Si voltò verso Zayn, per rivolgersi chiaramente a lui.- Non vorrai metterla incinta di nuovo, spero.»
Nel corpo di Spencer scattò una molla e s’affrettò ad afferrare la mano del ragazzo al suo fianco per poterlo trascinare fuori da lì il più velocemente possibile. Tremava, mentre camminava a passo svelto per raggiungere l’uscita principale. Il cuore palpitava ferocemente, le gambe minacciavano di cedere. Non riusciva a crederci che Harry aveva rovinato tutto. Sperò con tutta sé stesse che Zayn avesse interpretato male il significato delle parole del riccio perché, se così non fosse stato, non si sarebbe mai perdonata l’errore di non aver trovato il coraggio di dirglielo lei stessa. 
Era indecifrabile, l’espressione di Zayn dalla quale non traspirava alcun tipo di emozione. Egli si limitava a guidare e prestare attenzione alla strada e ogni tanto, Spencer se ne accorgeva, schiudeva le labbra come se volesse dire qualcosa ma poi le richiudeva. Lei, d’altra parte, desiderava solo riuscire a trovare qualche parola adatta per spezzare quel silenzio devastante che la stava uccidendo. Poi, come se lui avesse colto la sua richiesta muta, parlò. Ma non disse esattamente ciò che lei voleva sentirgli dire. «Le parole di Harry possono avere diversi significati.»
Deglutì nel tentativo di mandar giù il nodo forte che le stringeva la gola, impedendole quasi di parlare. «Non credo dovresti realmente prestare attenzione alle cose che ha detto, è ubriaco.» Se n’era resa conto perfino lei, poiché era evidente, che la sua stessa voce l’aveva ingannata. Tremava. Esattamente come le mani che sapientemente aveva nascosto nelle maniche della giacca. Con un gesto veloce spense il riscaldamento, cominciando a sentir troppo caldo nonostante le basse temperature. 
«Le parole di Harry possono avere diversi significati.» Ripeté in modo duro, meccanicamente. Lo sguardo ancora puntato sulla strada di fronte a sé.
Spencer rabbrividì, annuendo. Sentì il fiato abbandonarla per un attimo e, in quel momento, credette di cedere. Non poteva perderlo e, nonostante cercasse di far finta di niente, prima o poi sarebbe successo. «Ti stai facendo solo strane idee. -Tentò di usufruire di un tono di voce calmo e deciso, senza però riuscirci.- Era ubriaco, Zayn, e quei mille significati che la tua testa sta elaborando sono sicuramente sciocchezze.» 
Lui accennò un sorriso ironico. «Stai andando nel panico. -Le fece notare. La voce calma, come se non stesse accadendo niente di particolarmente importante. Zayn le avrebbe creduto, se solo Spencer apparsa stata un po’ più convinta e decisa.- E, comunque, le persone ubriache dicono sempre la verità.»
Scosse la testa con foga, seppure fosse pienamente consapevole del fatto che le parole del ragazzo non erano affatto sbagliate. Contrariamente a quanto si potesse pensare, le persone aiutate dall’effetto dell’alcol non erano capaci di mentire. «Non in questo caso.» Tentò. 
Zayn rise. Una risata breve, nervosa, isterica. «Ah, no?»
«No.» S’affrettò a rispondere, mentre l’auto si fermò di colpo. Solo in quel momento si rese conto di essere giunta a destinazione e, consultando l’ora segnata sulla radio accesa ma con il volume a zero, notò che mancavano appena quindici minuti alle undici. Non poteva desiderare avvenimento peggiore per festeggiare quella che, inizialmente, sarebbe dovuta essere la serata più divertente dell’anno. 
La mano di Zayn, chiusa in un pugno, si scagliò violenta contro il volante dell’auto. Involontariamente suonò il clacson e quel rumore contrubì a far spaventare quanto più possibile Spencer che, sobbalzando, tentò con tutta sé stessa di non gridare. Sarebbe stato l’ideale cacciare un urlo, uno di quelli colmi di paura e di frustrazione. Un urlo per raccontare quanto fosse stanca di mentire e fingere di non essere terrorizzata dall’idea di perderlo. «Sii più convincente, Spencer! -Sbraitò, alzando pericolosamente il tono della voce e fissando la propria mano ancora stretta in un pugno.- Se nelle parole di Harry non c’è alcun doppio senso, allora dimostramelo. Non posso non pensare che ci sia qualcosa di strano, se la tua voce vibra! Non sei decisa quando dici che le mie sono solo strane idee.» Abbassò pericolosamente il tono nel pronunciare l’ultima frase.
Silenzio. E, a dire il vero, Zayn un po’ se l’aspettava. Si voltò a guardarla e nonostante il buio parve aver visto uno strano luccichio abbandonare i suoi occhi e rigarle la guancia velocemente. Era forse una lacrima? Impaurito dall’idea di poter incontrare le iridi azzurre di Spencer gonfie, egli voltò di nuovo il capo verso la strada e fu in quel momento che udì il rumore della portiera che si apriva e, dimenticando ciò che lo aveva spinto a voltarsi, puntò di nuovo il suo sguardo su di lei. «Vuoi dormire con me, stanotte? -Propose, ormai all’esterno dell’abitacolo. Zayn la guardo per una frazione di secondo, impassibile, poi scosse il capo in segno di negazione.- Allora buonanotte, Malik.» 
Il rumore della portiera che si richiudeva, i passi veloci di Spencer che raggiungeva l’interno del condominio, l’auto che sfrecciava veloce.




Spazio autrice.
Grazie mille per il supporto, vi adoro. Sono banale, lo so, ma potete solo immaginare quanto mi rendono felice le vostre parole e la vostra presenza.
Comunque, le cose cominciano a farsi interessanti e come al solito Harry rompe i coglioni. :')

E poi niente, è sabato, è mezzanotte ed io sono influenzata.
Quindi buonanotte. 
Non vedo l'ora di risentirvi.
♥♥


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Capitolo 15
*** Fifteen. ***


(Fifteen.)





«Sono a casa!» Cassie quasi le urlò quelle parole nel momento esatto in cui varcò la soglia della porta d’ingresso di casa sua. La mano destra era occupata a reggere i tacchi, mentre con l’altra cercava inutilmente di sistemare i capelli che ormai avevano assunto le sembianze di un nido d’uccelli per quanto erano spettinati e disordinati. Era di ritorno dai festeggiamenti per il suo compleanno che si erano svolti esattamente nel modo in cui li aveva immaginati: Tanto alcol, tanta erba e la testa vuota. Avrebbe solo voluto avere la sua migliore amica al suo fianco per tutta la notte ma sapeva che, se Spencer era andata via, c’era sicuramente un buon motivo. Magari a causa di Zayn. Ciò che Cassie non sapeva però era che Zayn non aveva affatto passato la notte con la sua migliore amica e che quest’ultima la osservava con aria del tutto priva di entusiasmo, seduta sul divano e con una tazza di tea stretta saldamente fra le mani.
«Bentornata.» Borbottò la mora. Cassie sobbalzò, puntando lo sguardo su di lei e chiedendosi per quale motivo apparisse così stressata. Aveva imparato, nel corso degli anni, a conoscere Spencer più di quanto conoscesse se stessa e impiegava meno tempo di quanto si potesse immaginare a capire quale fosse lo stato d’animo della sua migliore amica. Fu per questo che, abbandonando le chiavi e le scarpe davanti all’entrata, le si avvicinò con aria preoccupata. «Ti sei divertita?» Le domandò Spencer, sforzandosi di sembrare interessata quando in realtà non gliene importava assolutamente niente di sapere in che modo si era svolta la serata dell’amica. In un’altra occasione avrebbe sicuramente preteso di conoscere ogni minimo particolare, dai dettagli più banali a quelli più interessanti. Ma non quella volta, non quella mattina, non mentre la sua testa era affollata da un fiume di parole di cui avrebbe dovuto far uso per parlare con Zayn. Perché lo sapeva, Spencer, che il suo fidanzato le avrebbe sicuramente chiesto spiegazioni riguardo alle parole proferite da Harry la sera precedente.
Cassie le si sedette accanto, tastò la superficie del tavolino basso davanti a loro e prese un elastico abbandonato lì chissà da quanto tempo. Raccolse i capelli in una coda alta sotto lo sguardo insistente di Spencer che, con aria indifferente, attendeva una risposta che probabilmente non avrebbe neppure ascoltato. «Sì. Ma tu non ti sei divertita per niente, a quanto vedo. Mi sbaglio?»
Le labbra della mora s’incurvarono verso l’alto, mostrando quello che sarebbe dovuto essere un sorriso ironico ma che aveva le somiglianze di una smorfia amareggiata. Si limitò a scuotere il capo in segno di negazione. Perché no, Cassie non si sbagliava. La sera precedente non era stata divertente ma, al contrario, si era svolta nel modo peggiore. Sospirando abbandonò sul tavolino la tazza di tea ormai fredda ed appoggiò i gomiti sulle ginocchia, premendo successivamente con il capo contro i palmi. Sentiva la testa scoppiare, avvertiva il peso del discorso che avrebbe dovuto intraprendere con Zayn esercitare una pressione tale da farle male. Aveva un problema, Spencer, ed era quello di non avere coraggio necessario per affrontare la realtà. Forse per paura di rimanere scottata.
«Ed io che credevo te ne fossi andata per dedicarti ad una scopata in gran stile.» Quasi un sussurro detto fra sé e sé, la parole che Cassie pronunciò con l’intento di strappare un sorriso alla sua migliore amica. Ma capì che la situazione era peggio di quanto pensasse quando Spencer la ingorò anizché rimproverarla per l’inadeguatezza di quella frase, quasi come se non l’avesse neppure ascoltata. «Oh, andiamo, cos’è successo?»
Spencer sospirò, voltandosi verso Cassie e mostrandole lo sguardo rassegnato. «Glielo devo dire.»
Annuì, la rossa, pienamente d’accordo con quell’affermazione. Era dal giorno in cui il test era risultato positivo che Cassie tentava di convincerla a parlarne con Zayn. All’inizio era fermamente convinta che i due avrebbero potuto affrontare quella situazione insieme, che lui potesse starle accanto durante i nove mesi di gravidanza e che avrebbe potuto contribuire ad aiutarla economicamente. E Cassie li ricordava ancora, i litigi furiosi nei quali non faceva altro che dire a Spencer quanto fosse una persona codarda. Solo con il tempo, poi, era riuscita a capire il punto di vista della sua migliore amica. Quando gli anni passavano e Zayn non tornava, si convinceva del fatto che Spencer aveva ragione a pensare che lui non si sarebbe mai preso le proprie responsabilità. Ma, nonostante tutto, era una questione troppo importante per restare segreta per sempre ed era giunto il momento di porre fine a quell’enorme bugia. Non sarebbe stato facile, ma sarebbe stato giusto. «Già, devi.»
Ed ascoltare quelle parole, per Spencer, fu come vivere un incubo. Seppure fosse consapevole del fatto che Cassie le avrebbe dato una risposta del genere, sperava con tutta se stessa che la sua migliore le potesse proporre una soluzione alternativa. Qualcosa di meno rischioso. Fino a qualche mese prima, sicuramente il problema peggiore per lei sarebbe stato quello di dire la verità a Zayn e spiegargli i motivi per i quali aveva atteso tanto tempo prima di rivelargli di essere il padre di Amber. In quel momento, invece, anche quella che le pareva la cosa più difficile era passata in secondo piano. Ciò che Spencer temeva più di ogni altra cosa era rinunciare a tutte le attenzioni che solo lui, nel corso della sua vita, era stato capace di donarle in modo così intenso. Odiava l’idea di non poter essere più guardata da lui nel modo con il quale la guardava: con gli occhi di chi è innamorato. 
«Lo farai oggi stesso?» Fu Cassie ad interrompere il silenzio che si era creato nella casa. Un silenzio che non faceva altro che contriubire ai pensieri di Spencer di confondersi ancor più. 
La mora parve pensarci un po’ su, prima di annuire. Quando si accorse che la sua migliore schiuse le labbra e fece come per dirle qualcosa, Spencer la bloccò sul nascere scuotendo la mano in aria come a voler scacciare uno sgradevole odore o un fastidioso insetto. Si alzò, consapevole del fatto che non aveva alcuna voglia di intraprendere quel discorso, né con Cassie né con nessun altro. «Scusami, mia madre mi aspetta per le undici ed ho solo mezz’ora di tempo per rendermi presentabile. -Notando lo sguardo interrogativo della rossa, poi, si preoccupò di spiegarle velocemente il motivo per il quale doveva far visita a sua madre.- Devo recuperare Amber.»
Cassie parve ricordarsi solo in quel momento dell’assenza della bambina ed accennò un lieve sorriso. «Non dimenticarti che oggi è il tuo turno di fare la spesa. E non puoi rifiutare, il frigo è praticamente vuoto.»
Spencer, che intanto aveva cominciato a recarsi in bagno per dedicarsi ad una rapida doccia, si bloccò di scatto e si voltò verso di lei con aria interrogativa. «E da quando abbiamo dei turni?» Domandò con ironia, consapevole del fatto che Cassie stava semplicemente cercando di trovare una scusa per non uscire di casa quella mattina, affidando i propri impegni nelle mani di Spencer. 
«Beh... -Inscenò un espressione terribilmente seria, fingendo di riflettere sulla risposta da darle.- Considerando il fatto che l’ultima volta l’ho fatta io, che ho fame, che non c’è un bel cazzo di niente da mangiare e che stai uscendo, potresti andarci tu.» Poi gli occhioni verdi spalancati e le mani strette a mo’ di preghiera riuscirono a convincere Spencer che, quasi con fare rassegnato, si limitò ad annuire ed accennare un sorriso come per farle intendere che l’avrebbe accontentata seppure non ne avesse alcuna voglia.
Si chiuse alle spalle la porta del bagno, stette attenta a non specchiarsi per evitare di guardare le occhiaie che le contornavano gli occhi e prese a spogliarsi velocemente. Poi fu l’abitudine a portarla ad infrangere la promessa che si era imposta e, alzando lo sguardo verso lo specchio, i suoi occhi caddero immediatamente sul vistoso segno violaceo sotto al seno. Con l’indice e il medio sfiorò il succhiotto e nel momento esatto in cui le sue dita toccarono la macchia, Spencer ebbe l’impressione di avvertire due grandi mani prenderle ogni organo interno e stritorarlo fino a farle mancare l’ossigeno per una frazione di secondo. Chiuse gli occhi, appoggiò la mano libera al marmo del lavandino di fronte a sé e sorrise amaramente. Capì quindi che Zayn sarebbe stata sempre la cosa migliore che le potesse capitare, nonostante tutti e nonostante tutto.

 
---


Dopo aver urlato un saluto a Cassie, che non l’aveva neppure sentita poiché era letteralmente crollata sul divano, Spencer s’affretto ad uscire di casa e poi con altrettanta velocità scese a due a due le scale del condominio, rischiando di inciampare sui suoi stessi passi più di una volta. Quando si chiuse alle spalle il portone d’ingresso, due colpì di tosse attirarono la sua attenzione. Di scatto alzò il capo e subito si trovò intimorita dallo sguardo duro di Zayn. Ebbe paura, Spencer, perché per la prima volta da quando era tornato non riusciva a vedere quella scintilla che gli caratterizzava gli occhi, quella scintilla che pareva apparire solo quando lui guardava lei. «C-che ci fai q-qui?» Non ne capì il motivo, Spencer, ma non riuscì a non pronunciare quella frase senza balbettare in modo nervoso. 
Zayn se ne stava appoggiato con le spalle alla sua auto, i capelli spettinati e le mani infilate nel pantalone della tuta. Con il piede si diede una lieve spinta in modo tale da staccarsi dalla macchina e la guardò come non l’aveva guardata mai: con una freddezza che non gli apparteneva. O, per meglio dire, con una freddezza della quale non ne aveva mai fatto uso con i suoi amici poiché non necessaria. Perché quel suo essere duro era sempre stata una sorta di barriera protettiva. E con Harry, Cassie e Spencer non ne aveva mai avuto bisogno. Ma quella mattina Zayn aveva avvertito la necessità di chiudersi in se stesso, di salvaguardarsi. «Sono qui perché ti devo parlare.» 
Spencer non se l’aspettava. Immaginava che lui si sarebbe comportato come faceva sempre in situazioni simili a quella che stava accadendo. Al posto di quel freddo ‘‘ti devo parlare’’ pensava di sentirgli dire un ironico ‘‘Ciao anche a te’’ o un ‘‘Non mi saluti nemmeno?’’ proferito con aria lievemente diverita. Ma se Zayn si era comportato diversamente, allora non aveva più scampo: Era giunto il momento di dirgli la verità. «Di ieri sera, suppongo.» Azzardò.
Il giovane annuì, evitando di complimentarsi con lei per quanto fosse stata perspicace poiché intenzionato a mantenere seria la sua figura. Si passò una mano fra i capelli nervosamente e in quel gesto Spencer poté chiaramente vedere quanto fosse teso. «Possiamo andare in un posto tranquillo?» Le propose, fissandola con aria speranzosa.
Spencer scosse il capo in segno di negazione. «Scusami, ma mia madre mi aspetta e sono in ritardo.» Era dispiaciuta di doverlo rifiutare con quella che pareva essere una banale scusa per sfuggirgli, ma d’altra parte sapeva quanto la sua mamma potesse essere insopportabile quando, a causa della sua scarsa puntualità, doveva rimandare i numerosi quanto inutili impegni che le servivano per intrattenersi e per sembrare quanto meno vecchia possibile. Estetista, parrucchiera e merda varia. Roba che a Spencer non sarebbe mai interessata.
Non seppe trattenersi, Zayn, e le fece un segno col capo per incitarla a salire. «Ti ci accompagno.» Proferì poi con tono autoritario, compiendo un veloce giro attorno all’auto ed accomodandosi sul sedile. Se Spencer non fosse stata atea, in quel momento avrebbe sicuramente fatto il segno della croce più volte e pregato affinché tutto procedesse per il meglio. Purtroppo, però, lei non aveva nessuno su cui fare affidamento perché, secondo il suo parere, non aveva bisogno di convincersi dell’esistenza di un essere superiore capace di starle accanto. Agli altri diceva che la religione era questione per persone deboli, ma lei sapeva bene che se non aveva mai credo in Dio era solo perché nella sua vita, fin da bambina, il diavolo aveva avuto la meglio.
E mai, prima di quella mattina, il sedile le era sembrato così bollente e l’aria nell’abitacolo era stata così pesante ed impossibile da respirare. Gli unici rumori percepibili erano il frenetico ticchettio delle propria unghia contro il finestrino e qualche imprecazione che Zayn biascicava fra i denti di tanto in tanto, quando qualcuno decideva di attraversare la strada proprio quando doveva passare lui o quando le auto erano troppo lente per lui che aveva come la necessità di accelerare per placare il nervosismo. «Dormito bene?» Domandò Spencer, con l’intento di spezzare il silenzio devastante che si era venuto a creare.
Zayn decise di non reprimere una risatina ironica, mostrandole la dentatura bianca e permettendole di udire il suono della sua voce che appariva un misto fra l’amareggiato e il dispregiativo. «Non ho dormito.» Rispose semplicemente, come se fosse la cosa più normale del mondo. 
Spencer corrugò la fronte. «E perché?»
«Non avevo sonno.» S’affretto a rispondere, continuando a tenere lo sguardo puntato sulla strada di fronte a sé seppure non stesse prestando piena attenzione alla guida. Le aveva appena mentito, Zayn, perché il motivo per il quale non era riuscito a riposare tranquillamente non era la mancanza di sonno ma le parole di Harry che parevano non voler smettere di riecheggiare nella sua mente come se fossero una canzone nella quale veniva ripetuta sempre una sola frase. Quella sola frase.

 
---


La casa dei genitori di Spencer era sempre stato un posto poco accogliente, seppure le pareti fossero colorate di un’intensa tonalità di azzurro, tappezzate di quadri colorati e sulle mensole c’erano libri di cucina o romanzi di ogni genere. Zayn aveva sempre odiato entrarci a causa dell’aria strana che si respirava. Puzzava di una padre incapace di perdonare gli sbagli di sua figlia, di una madre indifferente che aveva aperto gli occhi un po’ troppo tardi. E se solo guardava Spencer, gli veniva voglia di correrle incontro, abbracciarla e congratularsi con lei per essere riuscita ad affrontare con tanta forza una situazione poco piacevole: Avere avuto una figlia e doverla crescere senza l’aiuto di nessuno, chiedere l’appoggio di un padre per poi osservarlo mentre ti dava le spalle, subire le scuse di una madre pentita per le poche attenzioni regalate nel corso dei precedenti anni. Avrebbe voluto esserci, Zayn. E si stava dando del coglione mentalmente per essere letteralmente scappato in Italia tre anni prima, chiedendosi inoltre come aveva fatto lei a perdonarlo così facilmente.
Spencer se ne accorgeva, che gli occhi del moro erano posati incessantemente su di lei. E allora ne approfittava per sorridere in modo più ampio, per passarsi la mano fra i capelli con un movimento più studiato e per bagnare le labbra con la lingua quanto più frequentemente possibile. E conoscendolo era più che certa che Zayn stesse reprimendo a fatica la voglia di baciarla, di stringerla o anche solo di sfiorarla. Ma forse lui non l’avrebbe mai ammesso che Spencer non si sbagliava affatto.
Erano passati ormai venti minuti da quando si erano accomodati sul divano di casa Storm, le tazzine di caffé ormai vuote appoggiate nel lavabo e l’impazienza con la quale aspettavano il ritorno di Amber e del signor Storm che erano usciti di casa per comprare qualcosa di importante che Zayn neppure aveva capito di cosa si trattasse, troppo intento ad osservare Spencer per ascoltare con attenzione le parole che lei e sua madre si scambiavano. Il rumore del campanello, poi, quasi lo spaventò. Camille si alzò e si recò nei pressi della porta d’ingresso per aprirla, lasciandoli soli. «Salvami, non ne posso più.» Sussurrò Spencer con tono supplichevole.
Il giovane rise brevemente e quando fece per risponderle qualcuno lo precedette. «Mammina e papino Trillò allegramente Amber, saltando sulle gambe di sua madre per poterle cingerle il collo con le braccia e stamparle numerosi baci sulla guancia.
«Ciao tesoro.» Spencer, nonostante avesse avvertito il fiato mancarle e il cuore smettere di battere per un secondo, fu brava a fingere di dare poca importanza al fatto che Amber avesse attribuito quel nome a Zayn. Quest’ultimo si ritrovò a ricambiare l’abbraccio della bambina senza proferire alcuna parola, tenendo lo sguardo fisso su Spencer e la bocca dischiusa per lo stupore. In un’altra situazione avrebbe chiesto immediatamente spiegazioni senza usufruire di alcuna calma e tranquillità, ma il fatto che si trovassero a casa dei genitori di Spencer lo frenò e si limitò a contenere il proprio shock e ad accumulare domande su domande che avrebbe posto alla ragazza una volta abbandonata l’abitazione.
Spencer fece leva sulla braccia per alzarsi dal divano e, avvicinandosi alla madre per salutarla, cercò di fingere un sorriso che potesse sembrare quanto più reale possibile. «Allora noi andiamo, grazie di tutto mamma.»
All’orecchio di Camille però non erano affatto sfuggite le parole pronunciate da Amber e fu per questo che, riprendendosi dallo stato di trance nel quale era stata trasportata, mosse a mezz’aria l’indice in segno di negazione. «No, cara mia! Non te ne vai fin quando non mi spieghi questa situazione.» Biascicò fra i denti con l’intento di far ascoltare quelle parole solo a sua figlia.
Spencer, però, non le diede alcun ascolto e fece segno a Zayn di seguirla. «Te ne parlerò appena posso. -Sussurrò.- Ciao.» La donna non fece storie, limitandosi a sospirare pesantemente. Quella situazione non era di suo gradimento.
«Buona giornata, signora.» Salutò educatamente il giovane, tenendo la mano di Amber ed uscendo dall’abitazione velocemente. Nel giardino, il padre di Spencer se ne stava accovacciato sul terreno per annaffiare i fiori ai quali doveva essere realmente legato, e si limitò a rivolgere un’occhiata disgustata ai due ragazzi che neppure gli diedero peso, ormai abituati a certi comportamenti da parte di quell’uomo. Uscirono dal piccolo vialetto davanti alla villetta e raggiunsero l’auto di Zayn parcheggiata nei pressi. Egli aiutò Amber a sedersi sui sedili posteriori, allacciandole la cintura di sicurezza prima di accomodarsi al proprio posto. 
E poi successe tutto in un attimo: I lineamenti del viso duri, gli occhi divenuti improvvisamente scuri e privi di qualsiasi emozione, la mano stretta con forza attorno all’avambraccio di Spencer. «Mi fai male.» Proferì lei, con calma e disinteresse. Mantenne il contatto fra i loro sguardi e non provò neppure a divincolarsi da quella presa dolorosa e persistente. 
Di tutta risposta Zayn la strinse ancor più forte, senza intenerirsi minimamente quando sul viso della giovane si formo un’espressione dolorante. «Voglio sapere ogni cosa. -Scandì bene ogni singola parola, con il respiro irregolare per la rabbia che andava ad accumularsi sempre più.- Esigo delle spiegazioni.» Dichiarò poi, strattonandola dopo aver udito un lieve lamento venir fuori dalle sue labbra. 
Gliel’avrebbe voluto dire subito, Spencer, ma non l’avrebbe fatto fin quando non si sarebbe calmato. Non aveva alcuna intenzione di parlare con lui e dover temere un attacco d’ira ancor più grave di quello a cui stava assistendo. Stanca di esser sottomessa, tentò di nascondere il dolore e tenne gli occhi puntati in quelli di lui. Nessuno, in quel momento, avrebbe potuto immaginare quanta fatica ci stesse mettendo per non cedere. «Ti ho detto che mi fai male.» 
Nell’udire quelle parole Zayn parve scattare, la spinse verso di sé senza mollare la presa sul suo braccio e avvicinò il suo viso a quello di lei. «Smettila di giocare, Spencer, e per una buona volta dimmi la verità.» Pareva stanco, frustrato. 
Il suo primo impulso fu quello di voltare leggermente il capo per osservare sua figlia che, seduta sul sedile posteriore, li guardava con fare interessato senza aver realmente capito il motivo di quella discussione che, ai suoi occhi, appariva qualcosa di divertente. E quanto avrebbe voluto, Spencer, che si trattasse di un semplice gioco. Poi quando la suoneria del cellulare di Zayn riempì l’abitacolo ella si ritrovò a ringraziare mentalmente chiunque l’avesse chiamato. 
Il giovane strinse i denti, prelevò il cellulare dalla tasta e se lo portò all’orecchio senza neanche controllare il mittente. Dall’altro capo, Cassie non attese neppure di sentire una parola da parte di Zayn e prese immediatamente a parlare. «Buongiorno, Malik. Non riesco a rintracciare Spencer, dimmi che è lì con te!» Dal tono di voce colmo di drammaticità, egli immaginò che si trattasse di qualcosa di realmente importante.
«Sì, vuoi parlare con lei?» Domandò. 
Spencer corrugò la fronte in segno di smarrimento e si limitò ad afferrare il cellulare che il giovane, dopo aver ricevuto una risposta positiva da parte del suo interlocutore, le stava porgendo. «Chi è?»
«Hai dimenticato il cellulare a casa. -Nel sentire la voce di Cassie, la mora fece roterare gli occhi.- E comunque che diavolo ci fai con Zayn? Gliene hai già parlato?» Sussurrò, quasi come se temesse che il diretto interessato potesse sentirle. 
Si chiese, Spencer, per quale motivo la sua migliore le avesse posto quella domanda nonostante fosse consapevole del fatto che non le avrebbe potuto rispondere data la presenza di Zayn. «Che diavolo vuoi, Cas?» Scocciata, decise di non assecondarla minimamente. 
La rossa ci pensò sù qualche secondo, avendo scordato il reale motivo per il quale la stava cercando insistentemente. Poi, quando le ritornò in mente, s’affrettò a risponderle. «Beh, è quasi l’una e sto morendo di fame. Sei già andata a fare la spesa?»
E se non ci avesse pensato Cassie a ricordarglielo, Spencer se ne sarebbe completamente dimenticata. Riflettendo sulle parole dell’amica, poi, guardò l’ora e trattenne un sorriso divertito nel constatare che, in realtà, mancava poco meno di un’ora per le tredici. Ma come al solito quando Cassie era impaziente tendeva ad ingigantire le cose. «Ehm.. ci stavo giusto andando.» Mentì. 
La risata della rossa, nonostante fosse leggermente metallizzata, era chiaramente ironica e questo fece intendere a Spencer che la sua migliore amica si era resa conto del fatto che avesse dimenticato quell’impegno. «Certo, come no. -La prese in giro.- Sbrigati, a dopo.» E, senza aggiungere altro ed evitando di ascoltare la risposta, chiuse la telefonata. 
Zayn, che a causa del silenzio presente nell’abitacolo era riuscito ad ascoltare le ultime frasi della conversazione, sospirò amaramente. Forse, pensò, quell’interruzione era il segno che avrebbe dovuto aspettare di calmarsi prima di intraprendere quel discorso. E, inutile a dirsi, uno strano presentimento in lui gli suggeriva che niente sarebbe andato come avrebbe voluto. E fu forse per timore che decise di lasciar passare, solo per il momento.




Spazio autrice.
Sono imperdonabile, lo so. Ma ho avuto un blocco e, vi giuro, non avevo idea di cosa scrivere. Scusatemi. T.T 
In compenso questo capitolo è abbastanza lungo anche se preferirei definirlo come un capitolo di passaggio. Però possiamo notare come la situazione diventa sempre più difficile da gestire per Spencer e come Zayn si lascia prendere sempre più dalle sue strane idee che, poi, tanto strane non sono. 
Ho già in mente qualcosa per il prossimo capitolo e secondo i miei calcoli la storia dovrebbe terminare al diciottesimo, al massimo il diciannovesimo. Almenoché non mi venga qualche formidabile idea da inserire nella trama. 
Tralasciando ciò, ci tengo a ringraziare tutte voi per la vostra presenza e per tutto il supporto. So di essere ripetitiva, ma vi adoro tanto! 
E spero non vi sia venuta voglia di abbandonarmi dopo questa lunga attesa.


Mi sto dilungando troppo, cià.


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Capitolo 16
*** Sixteen. ***


(Sixteen.)





Zayn aveva dei sospetti; strane idee nate la sera precedente a seguito delle raccomandazioni apparentemente fuori luogo di Harry. Sospetti che poi si erano rafforzati quella stessa mattina quando, come se fosse la cosa più naturale del mondo, Amber lo aveva chiamato “papino”. E se prima avesse potuto fingere che quegli avvenimenti non avevano alcun significato, dopo quanto accaduto al supermercato mezz’ora prima non poteva più tenere gli occhi chiusi e fuggire da quel problema: Un’anziana donna, dopo avergli gentilmente chiesto di prendere al posto suo una confezione di cereali al miele, l’aveva ringraziato e si era congratulata con lui per quanto fosse bella sua figlia dicendogli che, tra l’altro, le somigliava tantissimo. Zayn si era limitato a biascicare un “grazie” fra i denti, affrettandosi poi ad abbassare lo sguardo verso Amber che gli teneva la mano e si guardava intorno con aria annoiata, attendendo pazientemente di uscire dal supermercato. L’aveva scrutata per pochi secondi, immobile, si era chiesto se realmente quella bambina avesse una somiglianza con lui tanto evidente e perché lui non l’aveva mai notato.
Il tragitto dal supermercato a casa di Spencer era stato in parte silenzioso, colmo di tensione. Quando poi Zayn aveva parcheggiato l’auto nei pressi del condominio nel quale la giovane risiedeva e le aveva sussurrato un brusco “dobbiamo parlare, stavolta seriamente”, lei aveva già capito che ormai non poteva fare più niente per evitare che accadesse ciò che aveva cercato di rimandare per molto tempo.
E in quel momento, nella stanza da letto della ragazza, se solo Spencer osservava quanta rabbia si celava sotto i movimenti bruschi di Zayn, si rendeva conto di averlo reso nervoso come non l’aveva visto mai nel corso dei numerosi anni trascorsi assieme. Lo scrutava intimorita mentre egli imprecava contro l’accendino scarico che pareva non volerne sapere di funzionare e, torturando le proprie mani, pensava al dramma che sarebbe sicuramente avvenuto da lì a poco. Si chiedeva quanto tempo sarebbe durata la discussione che stavano per affrontare, come si sarebbe sentita mentre veniva travolta come una valanga dal fiume di parole che le avrebbe urlato contro Zayn, cosa sarebbe accaduto dopo e più di tutto tentava di formulare un discorso nella sua mente.
A fare da padrone era il silenzio che era solito caratterizzare ogni loro momento critico, un silenzio che nessuno dei due era mai stato bravo a interrompere, un silenzio che gli faceva perdere quel briciolo di coraggio che possedevano. Quello stesso silenzio che Zayn aveva creato di proposito per attendere che la propria rabbia si placasse, che tornasse ad essere abbastanza lucido per affrontare quel discorso che probabilmente avrebbe cambiato la sua vita per sempre. Lasciato andare l’accendino, poiché ormai stanco di provare a farlo funzionare, egli alzò lo sguardo per puntarlo sulla parete di fronte a sé e sospirò profondamente, in modo nervoso.
Accadde poi ciò nessuno dei due si sarebbe aspettato: fu Spencer che, seppure con voce tremante e visibilmente insicura, ruppe il silenzio straziante che aveva riempito la camera da letto. «Zayn..» mormorò in un sussurro. Come se avesse paura di esporsi, come se avesse paura di rendere la situazione più difficile di quanto non lo fosse già, come se avesse paura di perderlo.
La guardò un solo attimo prima di distogliere lo sguardo e spostarlo in un punto indefinito della stanza, e lei ebbe l’impressione che il giovane non volesse guardarla negli occhi, timoroso di non riuscire ad affrontarla. Lo sapeva, Zayn, che quelle iridi azzurre erano la sua debolezza. Spencer era la sua grande e unica debolezza. «Ieri sera in discoteca quando Harry mi ha raccomandato di stare attento a non rischiare di metterti incinta di nuovo, tu hai avuto paura. Te lo si leggeva negli occhi. Se tu avessi reagito in modo diverso, io non avrei dato alcun peso a quelle parole e non avrei neppure pensato ai diversi significati che quella frase può avere, ma tu sei letteralmente scappata.» A differenza di come aveva fatto Spencer, egli cominciò diretto, sicuro di sé. Evitò gli inutili giri di parole che tanto odiava e andò dritto al punto, intenzionato a scoprire la verità quanto prima possibile.
Le pizzicavano gli occhi e la gola le faceva male per quanto avrebbe voluto urlare che le dispiaceva di essersi comportata da persona immatura e stupida. E invece non si mosse, lo sguardo basso, la schiena appoggiata al davanzale della finestra, le mani sapientemente nascoste nelle tasche della felpa per mascherarne il tremore e i sensi di colpa che la divoravano. «Ho cercato di evitare questo discorso fin ora..»
Il giovane alzò gli occhi al cielo e non le permise di continuare, interrompendola così sul nascere. «Non m’importa, Spencer. Voglio che tu mi dica ciò che ho il diritto di sapere, il resto è relativamente importante.» Il tono di voce duro, imponente. La scrutò da capo a piede con fare insistente, nella speranza di trovare un segno che gli facesse capire che si stava sbagliando, che lei non gli aveva mai nascosto qualcosa di tanto importante, che si trattava di un’incomprensione.
Eppure tutto ciò che Spencer fece fu alzare lo sguardo, mostrargli i propri occhi lucidi e stringersi leggermente nelle spalle con fare dispiaciuto. «Le parole di Harry hanno un significato specifico.» Proferì tutto d’un fiato, con la voce tremante e lo sguardo dispiaciuto. Zayn trattenne il respiro e tutto parve fermarsi per qualche secondo. Si ritrovò a sperare, in quel momento, che tutto ciò che la sua testa stava elaborando fosse una sciocchezza. Ma il silenzio che seguì per i successivi minuti fu per lui l’ennesima conferma dell’enorme sbaglio commesso da Spencer. «E.. non è un caso che Amber ti abbia chiamato “papà” stamattina. -nessuno avrebbe mai potuto capire quanto fu difficile per lei proferire quelle parole, quanto coraggio ci aveva messo per confessargli la verità.
Si guardarono, lui con le labbra schiuse e l’incapacità di elaborare quella situazione e lei con gli occhi gonfi e le guancie ormai già bagnate.- Mi dispiace tanto.»
Zayn scosse il capo con fare amareggiato, non permettendo al tono di voce realmente mortificato di Spencer di addolcirlo. Niente e nessuno, in quel momento, sarebbe riuscito a calmarlo. Era profondamente deluso e arrabbiato e si sentiva uno stupido per non essersi mai accorto di quella situazione. «Per quale cazzo di motivo non me l’hai mai detto?» Non si preoccupò di nascondere il turbine di emozioni per lo più negative che stava provando, gli occhi apparentemente vuoti anche se colmi di dispiacere, le mani strette in due pugni e la voce di chi non avrebbe perdonato mai.
Non avrebbe voluto rispondere, Spencer, bensì avrebbe voluto chiudere lì quel discorso e non doverlo aprire mai più. Era consapevole però del fatto che Zayn necessitava di avere delle spiegazioni dettagliate, meritava delle scuse sincere e sapeva che se lui avesse preso la decisione di abbandonarla lei non avrebbe potuto mettere in dubbio quella scelta perché era ciò che si era meritata per aver commesso un tale errore. Fece un grosso respiro come a voler prendere coraggio, si passò velocemente una mano sul viso per asciugarsi le guance e la ritrovò colorata di nero a causa del mascara sciolto. Poi, finalmente, si decise a rispondergli. «Perché avevi diciannove anni e, meglio di me, sai quanto eri immaturo. Non prendiamoci in giro, Zayn, non mi avresti mai aiutata. Se te l’avessi detto, sarebbe successo esattamente ciò che è successo: ti saresti trasferito in Italia.»
Il giovane, nell’udire quelle parole, parve innervosirsi ancor più di quanto non lo fosse già in precedenza. Si alzò di scatto dal letto sul quale era seduto e si rivolse a lei alzando pericolosamente la voce. «Ero una testa di cazzo, non m’importava di niente, facevo una cazzata dopo l’altra senza pensare alle conseguenze, non ero capace di badare a me stesso e sicuramente non avrei saputo neppure da dove cominciare per crescere una bambina. Ma non ti avrei abbandonata, non l’avrei fatto per nessuna ragione al mondo.»
«E invece l’hai fatto.»
Mormorò.
Il giovane si passò entrambe le mani fra i capelli con un gesto rapido che rendeva chiaramente visibile quel mix di rabbia e nervosismo che, in continua crescita, lo stava invadendo. «Perché ovviamente non avevo idea del fatto che aspettassi un figlio mio. Dannazione Spencer, evita di dire cazzate!» E solo dopo aver proferito quelle parole si rese conto di quanto strano era parlarne.
«Eri già su un aereo lontano da questo paese, quando avrei voluto dirtelo.» Sussurrò malinconica.
Zayn strinse i pugni, la mascella serrata e il fiato corto. «Nel momento stesso in cui avevi scoperto di essere incinta, saresti dovuta correre da me per potermene parlare. Io avevo il diritto di saperlo. E se mi trovavo su quel volo, Spencer, era perché avevo perso l’unico motivo che avevo di restare. Avevo perso te.»
Tremava guardandolo e, stringendosi forte con le mani al davanzale della finestra a cui era appoggiata, si ripeteva in mente di non cedere. «Non mi hai mai persa..»..sono sempre stata tua.” Si disse poi, tra sé e sé.
Il giovane si risparmiò di inscenare una risata isterica, limitandosi a mostrarle la propria disapprovazione con un’occhiata gelida. «Ah, no? Eppure non volevi avermi più nella tua vita, se ben ricordi.» Le fece notare, con la voce colma d’amarezza.
Spencer alzò le spalle, come a voler dire che la sua reazione era stata ovvia. «Beh, eri il mio migliore amico e mi avevi usata per svuotarti le palle. Avrei dovuto far finta di niente e magari complimentarmi con te perché scopi una meraviglia?» E neppure lei sapeva spiegarsi per quale ragione avevano momentaneamente archiviato l’argomento Amber per poter discutere di quanto accaduto tre anni prima. Stava diventando tutto estremamente assurdo.
Zayn sospirò rumorosamente, ogni secondo che passava era un pizzico d’irritazione in più. Era come se si stesse trattenendo dall’esplodere e sputarle contro tutte quelle parole che gli riecheggiavano per la mente. Parole che, Zayn lo sapeva, le avrebbero fatto male. Avrebbero fatto male ad entrambi. «Ciò che è successo quella notte per me non è mai stato solo sesso.» Le confessò, rivolgendosi a lei con il tono di voce stranamente basso.
La giovane si morse il labbro delicatamente, maledicendosi per aver sempre sbagliato tutto con lui. Nessuno, forse, avrebbe compreso mai la sua voglia di tornare indietro nel tempo e fare tutto daccapo. «Ma hai sempre affermato il contrario..» Vibrava, la sua voce.
Egli annuì lievemente. «Perché mentire era più facile che rivelarti ciò che realmente provavo per te.» E bastò che i loro occhi s’incontrassero per far scattare qualcosa, entrambi impauriti per ciò che stava venendo fuori.
«Che cosa provavi?» Domandò allora lei, seppure consapevole di non essere realmente pronta ad ascoltare qualsiasi tipo di risposta.
Lui le rispose subito dopo. «T’amavo.»
E il cuore di Spencer parve rompersi in mille pezzi, perché avrebbe voluto saperlo tre anni prima e non in quel momento quando ormai tutto era irrecuperabile. «Anch’io. E ti amo ancora oggi Zayn chiuse gli occhi di scatto, avvertì immediatamente il suo corpo immobilizzarsi e si sentì perfino incapace di respirare. Era la prima volta che Spencer gli diceva quelle due parole che lui aveva sempre avuto paura di pronunciarle e per quanto assurdo poteva apparire, avrebbe voluto non averle sentite. «E se solo ce lo fossimo detti tre anni fa, adesso non starebbe succedendo nulla di tutto ciò. Adesso saremmo felici.» Costava ammetterlo, ma Spencer aveva pienamente ragione. Avevano rovinato tutto con le proprie mani.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo con fare contrariato, avvertendo di nuovo la rabbia dominare fra quei sentimenti contrastanti che lo stavano confondendo sempre più. «No, se tu non mi avessi nascosto la verità adesso tutto ciò non starebbe succedendo.» La corresse, riservandole uno sguardo sprezzante.
E le lacrime che sembravano essersi fermate per un po’, ripresero a rigarle le guancie. Spencer tirò su col naso e tentò con tutta se stessa di smettere di piangere, ottenendo però scarsi risultati. Mai, prima di quel momento, la donna forte e indipendente che da sempre era, si era concessa di lasciare spazio a quella parte insicura e incapace di affrontare i problemi. Era sempre stata quella che nel bel mezzo di una discussione sapeva quali erano le parole giuste da proferire, i suoi discorsi e il suo modo di ragionare erano motivi per i quali le persone erano affascinate da lei. Ma in quel momento tutto il suo coraggio parve essersi dissolto, con Zayn non era capace di dominare. Quella volta, per la prima volta, anche Spencer era fragile. «Sono imperdonabile, lo so ma..»
Lui la interruppe bruscamente sul nascere. «Sì che lo sei, cazzo!» Gridò.
Trattenne il fiato, Spencer, quasi spaventata da quella furia. Non poté fare altro che provare ad ignorare l’interruzione del giovane e continuare a parlare. «Non ti chiedo di comprendermi, tantomeno di giustificarmi. Ti capirò se vorrai porre fine alla nostra storia, se dirai di odiarmi e se arriverai al punto desiderare di non avermi mai incontrata. -Zayn, intanto, si era seduto di nuovo sul letto con i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa presa fra le mani.- Tutto ciò che ti chiedo è di fare la scelta che realmente senti di fare, tenendo presente che Amber, più di me, ha bisogno di te.» La voce le tremava e il suo corpo lo stesso; vedere coi propri occhi di averlo distrutto era ciò che le faceva più male.
«Non è possibile. -Mormorò egli fra sé e sé. Spencer, in quel momento, comprese che il nervosismo di lui era così grande da non permettergli di ascoltare quelle parole con la meritata attenzione.- Come hai fatto a prenderti gioco di me per tutto questo tempo? -Zayn riprese ad alzare la voce, facendola sobbalzare leggermente- Come hai fatto a non sentirti in colpa tutte quelle volte in cui ho cercato di capire qualcosa di questa situazione? Come diavolo facevi a guardarmi negl’occhi quando dicevo di volerti aiutare a parlare con suo padre? Che schifo di persona sei, Spencer?» Tante erano le domande che Zayn aveva da porle, ancor più erano i pugni che avrebbe voluto tirare contro la parete.
Poi accadde che, trascorsi pochi secondi dopo che lui ebbe finito di parlare, la porta della camera si aprì e permise alla figura di Cassie di fare capolino nella stanza. Non avrebbe voluto mettersi in mezzo al loro litigio, ma quando le urla erano divenute esagerate e la bambina aveva cominciato a spaventarsi, s’era allarmata e non aveva avuto altra scelta. Toccava a lei, quella volta, calmare le acque. Entrambi i ragazzi non appena sentirono il rumore della porta si voltarono di scatto. «Che diavolo sta succe..» Le bastò incontrare gli occhi gonfi di Spencer, poi, per pietrificarsi, ammutolirsi e rendersi conto che se la sua migliore amica era arrivata al punto di lacrimare allora la situazione era peggiore di quanto si aspettasse.
Zayn la guardò per una frazione di secondo, dopodiché si alzò e puntò di nuovo lo sguardo su Spencer. Si rivolse a lei con una durezza che la disarmò completamente. «Con te ho chiuso –Le disse, come se non fosse già abbastanza ovvio. La mora avvertì il cuore cessare di battere per un istante, un conto era sapere di averlo perso e un altro era sentirselo dire proprio da lui.- Ma ho intenzione di recuperare tutto il tempo perso con Amber.» Non aggiunse altro, prese la giacca precedentemente appoggiata sulla sedia girevole della scrivania e uscì dalla stanza.
Cassie schiuse le labbra, tenendo lo sguardo fermo su Spencer senza sapere cosa dire. A fare da sottofondo era il rumore assordante della porta d’ingresso che veniva chiusa con violenza e il rumore di passi veloci che scendevano le scale del palazzo. Sarebbe stato scontato chiederle cos’era accaduto, inutile cercare di capire com'era venuto fuori quel discorso. Tutto ciò che Cassie poté fare fu avvicinarsi alla propria migliore amica, accarezzarle il capo e cullarla fra le proprie braccia con la stessa delicatezza con cui si tocca un diamante prezioso.
Passarono minuti, forse dieci o forse quindici, prima che Spencer smettesse di singhiozzare e parve calmarsi un po’. «Io sono sicura che si sistemerà tutto..» E invece stava mentendo, Cassie non ne era affatto sicura. Anzi, a dire il vero, pensava che ormai per loro due non ci fosse più nulla da fare. E Spencer, che sapeva riconoscere quando la sua migliore mentiva o era sincera, sorrise lievemente per il tenero tentativo di non farla abbattere. «Ok, forse no, ma ciò che so per certo è che sei la persona più forte che conosco e che io e te insieme possiamo affrontare qualsiasi situazione. Ti prometto che supereremo anche questo ma adesso, per l’amore del cielo, smettila di piangere. Non lo fai mai e sto cominciando ad aver paura.»
Spencer dovette staccarsi dal corpo della propria migliore amica per tentare di mettere a fuoco la situazione; ancora non le pareva reale quanto accaduto, non riusciva a credere che la verità era ormai venuta a galla, che niente sarebbe più tornato come prima. Perché la fiducia è come un bel calice da champagne: dopo averlo distrutto, è praticamente impossibile pretendere di recuperarlo. Si può provare a riattaccare assieme i pezzi, ma non tornerà mai bello com’era inizialmente. E così, proprio come un calice, s’era distrutto il loro rapporto.
 
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Appoggiata allo stipite della porta della propria camera, Spencer sorrise lievemente nell’osservare la tenera scena che le si presentava davanti: Cassie, nel tentativo di aiutare Amber ad addormentarsi raccontandole una favola, era letteralmente crollata assieme alla bambina.
Spencer le era riconoscente perché nonostante lei avesse proferito solo una decina di frase nel corso dell’intera giornata, la sua migliore amica le era stata accanto e aveva tentato di distrarla raccontandole avvenimenti che entrambe avevano già ascoltato mille volte. E anche se Spencer avrebbe voluto compagnia per il resto della sera, se non per tutta la notte, decise di lasciarla riposare e chiuse lentamente la porta della camera per non rischiare di svegliarla.
A passo svelto e deciso si recò in cucina, prelevò un bicchiere e una bottiglia di scadente vino rosso e si sedette sul davanzale della finestra. La sua migliore amica era stanca e aveva già fatto molto per aiutarla, ma non per questo Spencer avrebbe dovuto bere da sola quella sera. Fu per tale ragione che, scorrendo la rubrica, scelse il numero dell’unica persona che pensava sarebbe corsa a farle compagnia.
 
Harry sobbalzò quando il silenzio che si era creato in quella stanza fu bruscamente interrotto dal suono della suoneria del suo cellulare. In quel momento il giovane si maledisse per aver scelto una canzone così fastidiosa e si promise che ne avrebbe impostata un’altra più orecchiabile e con un ritmo più rilassante. Quando poi lesse il nome che lampeggiava sullo schermo, si morse il labbro e si preparò ad affrontare quella conversazione nel modo più naturale possibile. «Buonasera pasticcino!» Esclamò con entusiasmo, fingendo di non essere a conoscenza di quanto accaduto quello stesso pomeriggio.
Spencer, dall’altro capo del telefono, alzò gli occhi al cielo consapevole del fatto che il suo migliore amico non avrebbe potuto vederla. «Come stai, Haz?»
«Una favola! –S’affrettò a risponderle.- E tu?» Domandò poi, come se non lo sapesse già.
Ella emanò un lieve sospiro, quasi impercettibile. «Non molto bene.» Ammise tristemente.
Harry abbassò il capo e si passò una mano fra i capelli con fare nervoso. «Oh, cos’è successo?» Si sentì uno schifo nell’assumere un finto tono sorpreso e allarmato, ma preferì fingere piuttosto che dirle di essere a conoscenza del furioso litigio che c’era stato fra lei e il suo ormai ex fidanzato poiché non voleva che Spencer sapesse che lui aveva scelto di stare accanto a Zayn anziché accanto a lei.
La ragazza prese in mano il bicchiere ancora vuoto e lo osservò attentamente, mentre un lieve sorriso malizioso si fece spazio sul suo volto. «Beh, che ne dici di parlarne in compagnia di una bottiglia di vino? –Propose. Ci fu un attimo di pausa.- Ho bisogno di te.»
Quelle parole sussurrate con dolore arrivarono a Harry come una preghiera e in quel momento si sentì in colpa per non essere corso da lei nel momento esatto in cui gli era stata spiegata la situazione. Conosceva le debolezze di Spencer e lui avrebbe dovuto esserle vicino, ma invece non c’era. «In realtà..» Prima ancora che potesse continuare la frase e inventarsi una scusa banale, Zayn fece ritorno nel salone. Fra le mani due lattine di birra, il petto nudo e i capelli ancora umidi per la doccia appena terminata. «Con chi stai parlando?» Domandò con fare curioso, lanciandosi letteralmente sul divano accanto all’amico.
Dall’altra parte Spencer riconobbe immediatamente quella voce e parve pietrificarsi. Strinse i denti e aumentò con rabbia la presa sul cellulare. «Sei con Zayn?» Chiese. Nel tono di voce era chiaramente udibile la sua delusione.
Harry riservò un’occhiataccia al ragazzo seduto accanto a lui, fulminandolo con lo sguardo. «Ehm.. ecco.. sì. –Mormorò.- Mi ha raccontato ciò che successo fra voi oggi e ho pensato che avesse bisogno di un po’ di compagnia.» Si giustificò.
Spencer dovette reprimere una urletto in segno d
irritazione e si alzò di scatto dal davanzale, come se Harry fosse lì con lei e potesse vederla. «E invece io non avevo bisogno di compagnia, giusto? Nessuno meglio di te sa quanto questa situazione mi faccia star male, mi aspettavo di poter contare sul tuo aiuto.»
«Non puoi pensare che tutto ti sia dovuto, ok? –Alzò il tono della voce, ormai già irritato. Odiava che Spencer pretendesse che lui fosse sempre lì per lei.- Credevo che ci fosse Cassie a farti compagnia e per questo ho scelto di stare con Zayn stasera. Anche lui è mio amico, anche lui ha bisogno di me e anche lui sta di merda. Non esisti solo tu, Spè.»
Chiuse la chiamata senza neppure rispondergli e spense immediatamente il cellulare, appoggiandolo poi sul tavolo con un gesto del tutto privo di delicatezza. Harry non l’aveva capita e improvvisamente si sentì sola come non lo era mai stata. Fece un grosso respiro, aprì la bottiglia di vino e la versò nel bicchiere che ancora stringeva fra le dita. «Vaffanculo anche te, Harold Styles.» Mormorò, prima di bere tutto d’un sorso e ripetere la stessa operazione tante altre volte. 



Spazio autrice.
Buonaseraaaa! 
E sì, dopo quattro mesi mi sono decisa a tornare. So di essere imperdonabile ma se non ho aggiornato in tutto questo tempo è perché ho avuto una serie di problemi che non sto qui ad elencare, ma almeno voglio che sappiate che in due di questi mesi sono stata senza pc e non sapevo neppure dove scrivere. 
Maaaa l'importante è che sono tornata, no? E ho deciso di regalarvi un capitolo colmo di colpi di scena perché non sapevo come farmi perdonare, haha! 
Come penso abbiate notato ho cambiato nome, non sono più rolessiaisforever_, ora ho un nickname degno di essere chiamato tale. (?)

Tralasciando le sciocchezze, mi dispiace tanto e mi siete mancate. 
Spero che dopo tutto questo tempo non vi sia passata la voglia di leggere questa storia e mi auguro che abbiate un pochino di tempo da dedicarmi per farmi sapere cosa ne pensate di questo breve ma intenso capitolo.

Alla prossima, un bacio.

I'm sorry c.c 

 

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Capitolo 17
*** Seventeen. ***


(Seventeen.)
 

Dove troviamo la voglia che ci fa litigare?
Più me lo chiedo
e meno me lo riesco a spiegare,
così mi siedo, sclero e poi me ne vado a male.
Non ho nemmeno la forza di fare colazione,
perché senza di te tutto sembra
senza sapore.

 




«Cassie, ne ho già piene le palle di questa situazione e sono trascorsi solo due giorni. Ti conviene non farmi arrabbiare ulteriormente perché potrei non rispondere delle mie azioni. Te lo ripeto per l’ultima volta, dopodiché passerò alle maniere forti e verrò a sfondare la porta di casa tua a calci: Concedimi di parlare con Spencer, cazzo!» Era abbastanza minaccioso il tono di Harry mentre, stringendo saldamente il cellulare in mano, continuava a camminare avanti e dietro nella sua camera ripetendo lo stesso percorso quasi fino all’esasperazione.
Dall’altro capo del telefono, Cassie si limitò a una scrollata di spalle con fare indifferente seppure consapevole del fatto che l’amico non potesse vederla. «Beh.. –finse di pensarci su– No. Ritenta, la prossima volta sarai più fortunato.» Proferì con ironia.
Fece per riattaccare, ma il giovane fu più veloce e tentò di fermarla. «Cas!» Gridò.
«Piano, dannazione! Ci tengo ancora al mio udito!» Lo rimproverò, allontanando teatralmente il cellulare dall’orecchio. Rivolse poi una veloce occhiata a Spencer, probabilmente nella speranza che lei avesse cambiato idea, ma lo sguardo della mora appariva ancora privo di emozioni, le braccia ancora incrociate al petto e l’aria perennemente minacciosa. Cassie capì quindi che l’amica non aveva cambiato idea e che non aveva alcuna intenzione di incontrare Harry.
Sempre più alterato per l’inadeguata ironia della ragazza, egli si costrinse a reprimere la voglia di urlare e tentò con tutto se stesso di assumere un tono di voce che, seppur basso, mostrasse la sua irritazione. «Mi fai parlare con lei o no? Perché sai, sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di venire a distruggere la tua porta d’ingresso pur di vedere Spencer.»
Cassie sbuffò sonoramente, esausta di sentirsi dire sempre le stesse cose da due giorni a quella parte. «È in isolamento, non vuole vederti né sentirti. Quante altre volte vuoi che te lo ripeta?» Domandò, visibilmente esasperata.
«D’accordo, ho capito. –Per un attimo parve essersi finalmente arreso.– Sarò lì fra dieci minuti.» E senza neppure concedere alla ragazza il tempo di rispondergli, chiuse la chiamata.
La prima reazione di Cassie fu di alzare gli occhi al cielo e lanciare il cellulare sul divano con noncuranza, dopodiché raggiunse Spencer che intanto si era spostata in cucina. «Ha detto che sta venendo qui.» Mormorò soltanto, avvicinandosi a lei per sbirciare cosa stesse facendo.
La mora si voltò, uno sguardo di rimprovero a caratterizzarle il viso. «Non ho alcuna intenzione di subire le sue scuse, ti avevo chiaramente detto per l’ennesima volta che non voglio vederlo.» Si lamentò.
«Ci ho provato, ma non mi ha dato ascolto. –Alzò le spalle, immergendo l’indice nell’impasto dei pancake che Spencer stava preparando e se lo portò alle labbra per poterlo leccare.– E poi lo sai che non puoi continuare a evitarlo per sempre, scopri che cos’ha da dirti e poi scegli come agire.» Le consigliò.
La giovane allontanò bruscamente la ciotola contenente l’impasto, passandosi poi una mano fra i capelli spettinati in segno d’esasperazione. «Non avevo intenzione di evitarlo per sempre, solo fin quando non mi sarà passata l’incazzatura.» Proferì, prima di darle le spalle e prelevare lo sciroppo d’acero dal mobile, lasciando intendere con quel gesto che la conversazione si era conclusa.
Dieci minuti più tardi, puntuale come un orologio svizzero, Harry bussò al campanello. Spencer, rassegnata all’idea di doverlo vedere, abbandonò sul tavolo la colazione che stava consumando con sua figlia e la sua migliore amica e si recò verso la porta d’ingresso per poterla aprire. Fu inevitabile, per il ragazzo, lasciare andare un sospiro di sollievo nel ritrovarsi davanti l’unica persona che voleva realmente vedere. «Ehi...» Il timore nella voce chiaramente udibile.
Spencer alzò gli occhi al cielo, spostandosi di lato per permettergli di entrare. E lui così fece, passandole accanto con gli occhi bassi e l’aria colpevole. «Allora, cos’è che devi dirmi con così tanta urgenza?» Chiese, evitando i giri di parole e cominciando direttamente a parlare del vero motivo per cui il giovane si trovava lì quella mattina, tra l’altro contro la sua volontà.
Harry si fece strada verso il salone, seguito dalla mora, e si accomodò sul divano. Fece un grosso respiro prima di aprir bocca, come se con quel gesto potesse guadagnare maggiore stabilità. «Volevo che tu sapessi che mi dispiace di aver deluso le tue aspettative, so che contavi sulla mia presenza e capisco che tu ci sia rimasta male quando hai scoperto che ho scelto di far compagnia a Zayn.» La guardava dritto negl’occhi, pareva aver abbandonato l’iniziale timore per sostituirlo con la sicurezza che caratterizzava ogni suo discorso. Era forte, Harry, o magari era tutt’apparenza. Nessuno l’aveva capito mai con esattezza. Fatto sta che per quanto egli potesse essere forte, non si era mai sentito debole come in quel momento. «Ma mettiti nei miei panni, non potevo lasciarlo solo.» Sussurrò, sperando che lei lo comprendesse.
Spencer scosse la testa in segno di negazione, lasciandogli capire che quello non era il motivo per cui lei era tanto arrabbiata al punto di non volerlo né sentire né vedere. «No, Harry, ti sbagli. Io apprezzo molto il fatto che tu gli sia stato accanto in questi ultimi giorni e ti ringrazio perché, in un certo senso, stai rimediando all’ennesimo mio errore. Ma non è per questo che ce l’ho con te.»
Lui, perplesso, corrugò la fronte in segno di smarrimento e si chiese quale fu l’errore che aveva commesso. «E perché, allora?»
«Perché io al posto tuo t’avrei cercato nel momento esatto in cui avrei saputo dell’accaduto per accertarmi che tu stessi bene. Eppure avrei potuto far finta di niente e ignorare la delusione dovuta alla tua mancanza d’interesse nei miei confronti, ma sai cos’è che non riesco a perdonare? –Harry trattenne il fiato per un attimo.– Il fatto che, quando ti ho chiamato, hai finto di non essere a conoscenza del litigio fra me e Zayn. Forse nessuno, meglio di te, potrà mai capire quant’era grande la paura che avevo di perderlo.» Spiegò, con una calma disarmante.
Il giovane stentava a riconoscerla, per quanto arrabbiata ella appariva. L’acidità nelle sue parole lo faceva sentire in colpa poiché si era comportato da pessimo amico. Per quanto gli costasse ammetterlo, lui al posto di Spencer si sarebbe arrabbiato molto di più di quanto aveva fatto lei. Ci furono diversi minuti di profondo e lacerante silenzio in cui Harry continuava a tenere il capo basso per evitare di incontrare lo sguardo accusatore di Spencer, puntato incessantemente su di lui. «Mi... mi dispiace. Davvero tanto.» Balbettò poi.
«Lo so.» Proferì soltanto, con disinteresse e compostezza.
Harry si passò entrambe le mani fra i capelli in segno d’esasperazione, sperando di trovare una soluzione per convincerla a metterci una pietra sopra. Ma Spencer aveva la testa dura e lui lo sapeva fin troppo bene. «Che cosa posso fare per farmi perdonare?» Decise di chiederlo direttamente a lei, alzando gli occhi per guardarla.
Spencer accennò un lieve sorriso ironico. «Niente, Harry.»
Lui scosse il capo. «Sul serio, voglio rimediare. Sono stato un gran coglione.» Quasi la implorò, fissandola intensamente.
Divenne difficile anche per lei guardarlo, in quel momento. Perché Harry era per lei un fratello e solo immaginare una vita senza di lui la faceva star così male da voler urlare a squarciagola e spaccare qualsiasi cosa le capitasse fra le mani. E avrebbe voluto sedersi accanto a lui, offrirgli una sigaretta e fingere che non fosse successo nulla. Ma non ci riuscì, stette al suo posto e non si mosse. «Già. Avresti dovuto pensarci prima, però.» Malinconia, nel tono di voce basso.
Gli s’inumidirono gli occhi, ma non si sarebbe arreso. Non poteva permetterselo. «Non c’è giustificazione al mio comportamento, lo so. Ma sappi che non ti lascerò andare così facilmente, verrò a chiederti scusa ogni singolo giorno se sarà necessario e ti dimostrerò quanto sono incapace di vivere se non ci sei tu al mio fianco.» La determinazione nelle sue parole stupì perfino sé stesso.
Spencer si voltò a guardarlo di scatto, sorpresa da quelle parole. Fu inevitabile chiedersi come avrebbe fatto ad affrontare le giornate senza il suo migliore amico, con cosa avrebbe sostituito quelle serate in sua compagnia, quanto difficile sarebbe stato rinunciare a prendersi cura di lui. Come poteva dimenticare ogni ricordo dei numerosi anni trascorsi insieme, l’uno accanto all’altro? Poi la risposta arrivò veloce, quasi come se fosse ovvia: Non poteva. «Quante volte è successo che abbiamo sbagliato nei nostri confronti? Così tante che ho perso il conto, eppure siamo arrivati fin qui. Ci siamo perdonati sempre e succederà ancora, perché né io né tu possiamo rinunciare a noi. Ma stavolta ho bisogno di tempo, Harry. Ho bisogno che mi passi la rabbia.» Gli spiegò.
Lui, comprensivo, sospirò. «Sì... lo capisco.» Fu tutto ciò che riuscì a dire, leggermente scosso dalle parole proferite dall’amica poiché era insolito che esprimessero con il dialogo il loro volersi bene. Poi, con leggero imbarazzo, riprese a parlare. «Beh... allora aspetto che sia tu a cercarmi? –Chiese, alzandosi e sistemandosi i jeans. Spencer, sospirando amaramente, annuì. –Bene. C’è un’ultima cosa che dovrei dirti, prima di andare.»
Ella l’osservo con sospetto. «Dimmi.»
«Non lasciare che lui se ne vada, combatti per riaverlo.» Un consiglio di cui Spencer non poté che farne tesoro. E poi, così com’era arrivato, se ne andò, lasciando la ragazza immobile e con la gola secca.
 
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«Come stai?» Zayn, sovrappensiero, si ritrovò a sobbalzare nel sentirsi porre quella domanda improvvisa da Harry. Seduti l’uno accanto all’altro su una panchina nel parco, osservavano Amber che, a pochi passi da loro, giocava sullo scivolo e sembrava divertirsi davvero tanto. Forse come non accadeva da un po’.
«Bene.» Parve convincente, poiché era bravo a fingere che fosse realmente così. Passava la gran parte delle giornate con gli amici, a poco a poco tentava di recuperare il tempo perso con Amber e non parlava mai di Lei. Quindi sembrava tranquillo, ma in realtà non era affatto così. Zayn non stava bene. Non stava bene al mattino, quando si svegliava e le dedicava involontariamente il suo primo pensiero, poiché era una cosa che non poteva controllare e la odiava. Non stava bene in compagnia, quando rideva e poi all’improvviso, senza che neppure se ne rendesse conto, si perdeva a fissare un punto indefinito e a desiderare di essere accanto a lei in qualsiasi posto. Non stava bene la notte, quando dormire sembrava la più faticosa missione di sempre perché quel letto era troppo grande per una sola persona. «E tu?»
Harry lasciò andare un lieve sospiro, quasi impercettibile. «Direi bene, a parte il fatto che Spencer non mi ha ancora richiamato.»
Zayn accennò un mezzo sorriso. «La conosci, Haz. Ti richiamerà sicuramente, scommetto che vuole solo farti aspettare quanto più possibile per fare in modo che ti serva da lezione.» E solo quando smise di parlare, si rese conto di quanto bene conoscesse alcuni atteggiamenti di Spencer, seppure ogni giorno scoprisse lati del suo carattere che non aveva mai avuto l’opportunità di conoscere. Eppure, quando tutto sembrava che fosse finalmente perfetto, ciò che avevano costruito s’era distrutto. E Zayn non poteva fare a meno di chiedersi perché, loro due, si erano sempre comportati da persone codarde ed immature. Se non fosse stato per la loro mancanza di coraggio in quel momento avrebbero potuto entrambi assaporare il sapore del loro sogno di una vita insieme.
«...Ma mi stai ascoltando?» Harry interruppe i suoi pensieri, scuotendo il capo con fare amareggiato nel rendersi conto che l’amico non aveva capito neppure una parola di ciò che aveva detto.
«No, scusami. Che stavi dicendo?» Chiese, fingendosi mortificato. Sapeva di apparire egoista, ma in quel momento non gliene importava nulla di ciò che Harry aveva da dire.
Il giovane sospirò, scocciato al pensiero di dover ripetere le parole appena proferite. «Ti stavo giusto dicendo che ho promesso a Louis che avremmo cenato insieme stasera, quindi devo andare.» Gli disse, alzandosi e dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
Zayn annuì con comprensione. «D’accordo, a domani.» Lo salutò, puntando poi lo sguardo su Amber. Non poté trattenere un sorriso nel notare che la bambina lo stava già fissando e si stava avvicinando a lui a passo svelto, con quel suo modo goffo e parecchio instabile di camminare.
«Papà – Era sempre un colpo al cuore per lui sentirsi chiamare in quel modo poiché non era riuscito a realizzare perfettamente la situazione. Era tutto così strano, nuovo, inaspettato e al contempo magnifico. – Vieni a giocare con me? Dai!» Lo supplicò, tendendogli la mano e battendo ripetutamente i piedini a terra in segno d’impazienza.
«Mmh... – Zayn finse di pensarci su, ridendo nell’osservare lo sguardo deluso della bambina che si aspettava, dal primo momento, una risposta positiva. – Ma certo!» Esclamò, afferrandole la mano e lasciandosi trascinare con euforia dalla figlia.
Goffamente e con non poca difficoltà, Amber occupò posto sull’altalena e si lasciò spingere, ridendo quando le spinte diventavano più forti. Egli la guardava affascinato, completamente rapito dal suono della sua risata e dal modo in cui i suoi capelli scuri venivano mossi dal vento. E si beò della pace e della bellezza di quel momento per pochi minuti ancora prima di costringersi a fermare l’altalena con le mani. Amber voltò leggermente il capo per guardarlo, la fronte corrucciata e un’espressione stranita a caratterizzarle il viso, come se volesse chiedergli per quale motivo aveva smesso di farla divertire. «Perché?» Gli domandò, infatti.
Zayn le fece segno col capo di scendere dall’altalena. «È arrivata l’ora di andare a casa, principessa.» Le spiegò, incapace di smettere di sorriderle teneramente.
La bambina annuì e scese con un piccolo salto, seppure avrebbe preferito restare lì per molto tempo ancora. «Va bene papà.» E pareva che gli occhi di Amber brillavano ogni volta che lo chiamava in quel modo perché ogni giorno della sua vita non aveva fatto altro che desiderare di incontrare suo padre, di giocare con lui e di lasciarsi coccolare. E finalmente ce l’aveva lì, che le stringeva la mano con il suo fare possessivo e l’aiutava a sedersi sul sedile dell’auto, sistemandole accuratamente la cintura di sicurezza. «Quando ci torniamo?» Gli domandò appena egli le si sedette accanto.
Zayn accennò un sorriso, inserì le chiavi nel quadro e face partire l’auto. «Tutte le volte che vuoi, piccola.» E il modo in cui lo disse assomigliava a una promessa, una certezza.
Amber non poté far altro che sciogliersi, perché Dio solo sapeva quanto amore quella bambina nutriva nei confronti di suo padre. E allora sorrise euforica, batté le manine in segno d’eccitazione e Zayn scoppiò a ridere. «Anche domani?» Chiese speranzosa.
Il giovane divenne immediatamente serio e sospirò, ciò che Amber non avrebbe potuto capire era che, se fosse stato per lui, avrebbe trascorso ogni ora di ogni singolo giorno accanto a lei. Ma per farlo avrebbe dovuto parlare con Spencer, guardarla. Ed era qualcosa che non poteva reggere. «Vedremo.» Rispose vago.
La bambina incrociò le braccia al petto e mise il broncio. «Ma a me piace stare con te!» Esclamò, guardandolo quasi con aria supplichevole.
E allora Zayn rise ancora, perché stavolta non era come tre anni prima. Stavolta aveva perso Spencer, ma un motivo per non scappare ce l’aveva seduto accanto: la sua bambina. «E va bene –Forse troppo facilmente, si arrese e decise di renderla felice.– Ci torniamo domani.» Dichiarò.
L’ampio sorriso formatosi sul viso di Amber, poi, servì a rendere felice lui. «Grazie papà. –Il cuore del ragazzo, come ogni volta, perse un battito.– Ti voglio tanto bene.»
Che poi, detto con quel suo modo buffo di parlare, a Zayn sembrava il suono più bello che avesse mai ascoltato in tutta la sua vita. Quindi sorrise, le dedicò una veloce occhiata prima di tornare a prestare attenzione alla strada e alla guida e.. «Anch’io, piccola. –Le rispose– Non puoi immaginare quanto.» Terminò così quel loro momento di dolcezza, ch’era esattamente ciò di cui entrambi necessitavano.
Ci furono pochi attimi di silenzio prima che la bambina riprendesse a parlare, perché di stare zitta proprio non ne era capace. E parlarono di molte cose nei restanti pochi minuti di tragitto dal parco a casa, partendo dal discutere sull’esistenza degli gnomi fino a contemplare i colori vivaci dei fiori per strada. Poche frasi, conversazioni banali, il minimo per stare bene.
Quando Zayn parcheggiò l’auto di fronte al portone del palazzo e si voltò a guardare Amber, lei sorrise e la gioia nei suoi occhi era visibile. Per quanto avrebbe voluto trascorrere altro tempo in compagnia di suo padre, la bambina non poteva che dichiararsi soddisfatta di aver finalmente trascorso la giornata dei suoi sogni.
«Andiamo?» Le chiese, lei rispose annuendo. Zayn scese dall’auto, aprì la portiera dall’altro lato, la liberò dalla cintura di sicurezza e la prese in braccio. Amber approfittò di quel gesto per allacciargli le braccia al collo e stampargli un tenero bacio sulla guancia. Arrivati fuori la porta di casa, egli dovette metterla giù e, facendo un grosso respiro, bussò al campanello. Si chiese, inevitabilmente, quanto sarebbe stato difficile guardare Lei negli occhi. Un attimo più tardi aveva la risposta già pronta: Tanto, troppo difficile.
Spencer, con la calma di chi non si aspetta nulla, aprì la porta senza neppure controllare dallo spioncino chi fosse. E se ne pentì amaramente. Perse un battito, forse due, quando i suoi occhi incontrarono quelle iridi dorate che tanto le mancavano.
Zayn rimase impassibile. Sguardo vuoto, occhi spenti, cuore stanco. E mentre non lasciava trasparire alcuna emozione, pensava a quanto avrebbe voluto prenderla in giro per le occhiaie troppo evidenti, per i pantaloni troppo larghi, per la coda troppo disordinata. O, magari, avrebbe voluto rimproverarla per la canottiera troppo scollata. E poi darle un bacio. Stringerle il fianco. E.. «Ehi.»
«Ehi –Avrebbe voluto essere come lui, Spencer. Possedere una certa compostezza e apparire calma nonostante il mix di sensazioni che stava provando. Eppure non ne era capace, era nervosa, impacciata, non sapeva come comportarsi e questo era chiaramente visibile– Com’è andata?» La prima cosa che le venne in mente.
Zayn alzò un sopracciglio, perplesso. Ma Amber fu più veloce e rispose al posto suo. «Benissimo! –Esclamò. – Abbiamo cenato al McDonald, siamo andati al parco e ho anche mangiato un gelato con Zio Harry.» Spencer sorrise istintivamente nel vederla così felice ed euforica.
La bambina alzò poi lo sguardo verso il padre che l’osservava con un mezzo sorriso stampato sul volto. «Mi saluti? –Le chiese, abbassandosi alla sua altezza. Amber lo abbracciò e lui la strinse forte. –Buonanotte.» Le sussurrò.
«Buonanotte papà.» Rispose velocemente, staccandosi dal suo corpo ed entrando in casa. Lo sguardo di Spencer si spostò velocemente da Zayn ad Amber, che ora la affiancava, e stentava a credere che ciò che stava accadendo fosse reale. Era tutto troppo strano, qualcosa a cui, lei lo sapeva, c’avrebbe messo molto tempo a farci l’abitudine.
Poi i loro sguardi si incrociarono e parvero restare incastrati per ore ed ore, ma fu solo un attimo. E il solo fatto che con quel breve incontro il vuoto negl’occhi di Spencer s’era riempito, la rese stupidamente felice. E sì, stupidamente, perché quando tutto va male è stupido che una cosa così apparentemente banale ti faccia scordare il resto. Eppure per lei fu così.
Successe poi che, velocemente, il ragazzo compì un gesto del capo a mo’ di saluto e le diede le spalle. Lei chiuse gli occhi e fece un grosso respiro per prendere coraggio. «Zayn?!» Lo chiamò, alzando di poco il tono della voce. E un attimo più tardi si pentì di averlo fatto senza pensarci su, senza valutare se fosse stato opportuno oppure no.
Lui si bloccò di scatto a metà della prima rampa di scale, con il cuore in gola e il fiato corto, e voltò lentamente il capo nella sua direzione per poterla guardarla dritto negl’occhi. Anche se la curiosità e la voglia matta di sapere cosa lei aveva da dirgli lo stavano divorando, s’impose di restare apparentemente impassibile e di non mostrare alcuna emozione. Eppure gli occhi suoi morivano per lei. E si fissarono per un lungo e interminabile secondo, senza proferir parola, solo guardandosi e combattendo contro la malsana tentazione di corrersi incontro. 
La velocità dei battiti del proprio cuore la soffocava e intanto si chiedeva quanto complicato sarebbe stato formulare una frase di senso compiuto. Nulla di romantico, avrebbe solo voluto dirgli qualcosa di significativo ma non fu capace di creare alcuna tattica veloce e, spontaneamente, gli svelò ciò che in quel momento le passava per la testa. «Guida con prudenza.» Gli raccomandò.
Cos’avrebbe dovuto fare, in quel momento, Zayn? Magari accennare un lieve sorriso, augurarle la buonanotte ed alzare la mano a mo’ di saluto. Ma non fece nulla di tutto ciò e, a dire il vero, non pensò neppure di farlo. Si limitò a lasciar andare un lieve sospiro, tanto impercettibile che Spencer neppure lo notò, dopodiché si voltò e se ne andò. Ecco cos’era tutto ciò che gli restava da fare.
Con le mani tremanti, la ragazza si chiuse la porta alle spalle e seguì la bambina fino al salone dove Cassie, seduta comodamente sul divano, aveva ascoltato la breve ma intensa conversazione avvenuta con Zayn. E allora le rivolse un’occhiata colma d’apprensione, le sorrise e.. «Gelato?» Propose.
Spencer accettò, senza entusiasmo nel tono di voce. «Faccio il bagno ad Amber, la metto a letto e arrivo.»
Cassie, senza smetterle di sorriderle quasi per incoraggiarla, annuì. Era quello il suo modo per dirle “Ce la farai. Ce la faremo, insieme.” 



 
Spazio autrice.
Ma salve, stavolta solo un mese e mezzo di ritardo... faccio progessi, no? 
Parto immediatamente col ringraziarvi per le dodici recensioni allo scorso capitolo, ma quanto belle siete? troppoo. 
Vi chiedo scusa per l'oscenità di questo capitolo ma non avevo intenzione di farvi aspettare ancora molto,
spero di risentirvi e leggere il vostro parere su questa storia. 
Siete le migliori e giuro che stavolta torno presto, un bacio. 

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Capitolo 18
*** Eighteen. ***


(Eighteen.)



La campana suonò, segno che qualcuno era appena entrato nel bar. Spencer spostò lo sguardo dai bicchieri che stava lavando alla persona che aveva fatto il suo ingresso e una strana quanto indescrivibile sensazione si accese in lei alla vista di Rachel Malik. Si chiese subito cosa ci facesse la sorella di Zayn lì. La ragazza si toccò la lunga treccia di capelli neri che le scendeva morbida fino al seno, quasi con impaccio, e fece un sorriso timido che Spencer s’affrettò a ricambiare. «Buongiorno, S.» Disse, avvicinandosi al bancone.
Spencer notò qualcosa di strano nella voce, freddezza? Timidezza? Rabbia? Non sapeva spiegarsi cosa fosse e capì subito che il motivo per cui Rachel si trovava lì quella mattina era suo fratello perché, se così non fosse stato, si sarebbe comportata com’era suo solito fare: con un’energia che nessun’altra persona possedeva in modo così costante come lei. «Giorno, R. Come mai da queste parti?» Le domandò gentilmente, con fare indagatore.
Rachel si sedette su uno sgabello e puntò per un paio di secondi lo sguardo sulle proprie mani incrociate, come se stesse pensando attentamente a cosa risponderle. Poi alzò gli occhi su di lei e sospirò. «Per due motivi. E uno di questi credo che tu sappia quale sia.» mormorò.
Spencer abbassò il capo e si passò una mano fra i capelli, prima di ricominciare a guardarla. «Lui?» Domandò, come se necessitasse di una conferma. Rachel annuì, cambiò espressione e, esattamente come suo fratello, aveva lo sguardo indecifrabile e apparentemente privo di emozioni. Doveva essere una dote –o una disgrazia– di famiglia. «Non credo di.. di avere molta voglia di parlarne.» Ammise titubante, ma con sincerità.
La giovane si rabbuiò. «Ti prego. –La implorò– Ti ruberò solo cinque minuti.» Mise il broncio e quel gesto strappò un sorriso a Spencer, che decise di accontentarla. Si tolse il grembiule da lavoro e le fece segno di seguirla fuori dal bar. Una volta all’esterno, Rachel si sentì subito libera di parlare. «Innanzitutto, tu come stai?»
Spencer fece un piccolo colpo di tosse, come per far uscire le parole che parevano esserle morte in gola. «Bene.» bugiarda.
Rachel alzò gli occhi al cielo, mise le mani sui fianchi e assunse una posizione che nella sua testa la faceva apparire autoritaria. «Stai mentendo, te lo si legge negli occhi. Stai uno schifo. E anche Zayn sta uno schifo.» Comunicò.
Tutt’attorno, per Spencer, parve fermarsi per un secondo prima di riprendere a girare troppo velocemente, perché sentirselo dire da una persona a lui così vicino le aveva provocato uno strano effetto.
Rachel riprese a parlare subito dopo, ma stavolta con un tono di voce cupo, basso, quasi stanco. «Non riesco a sopportare di vederlo così, mangia poco, è scontroso, non ha mai voglia di parlare con nessuno. Ogni notte, quando torna a casa, mi ricorda il coglione drogato ch’era tanti fa. –Un brivido corse lungo la schiena di Spencer. “Cazzo!”, fu tutto ciò a cui riuscì a pensare– Ho paura. È riuscito ad uscire dal buio già una volta e, se dovesse rientrarci, non ho idea di come andrebbe a finire. Temo che stia esagerando.» Concluse con la voce tremante e gli occhi lucidi. Adorava follemente suo fratello e il solo pensiero che potesse ricominciare a distruggersi, distruggeva lei.
Per Spencer assimilare ognuna di quelle frasi era come ricevere un pugno in pieno viso e ciò che le faceva più male era la consapevolezza di essere lei la causa del momentaneo crollo di Zayn. Conosceva il peggio di quel ragazzo e aveva pregato per non vederlo mai più così. Non voleva vederlo a tutte le ore del giorno con la canna fra le dita, non voleva vederlo ubriaco nei locali quasi tutte le sere e non voleva vederlo mentre sfogava la sua frustrazione con una ragazza diversa ogni giorno. Quel tipo di ragazzo non esisteva più da molto tempo e il pensiero che potesse riaffiorare la faceva star male in modo inspiegabile. «Rachel, io..»
La giovane la interruppe bruscamente. «Tu puoi salvarlo, S.»
Spencer scosse il capo con energia. «No che non posso..» mormorò soltanto, dispiaciuta.
Rachel si passò una mano sul viso con fare stanco e sospirò. «E invece sì, l’hai già fatto una volta. Sei l’unica persona in grado di farlo ragionare.» E la verità di quelle parole non poté far altro che disarmare entrambe, rendendosi conto del potere che quella donna aveva su Zayn.
Trascorsero minuti di puro e intenso silenzio durante i quali Rachel, in attesa di risposte, continuava a fissare insistentemente Spencer mentre quest’ultima, pensierosa, aveva lo sguardo perso nel vuoto. «Il problema, R, è che lui non vuole vedermi né sentirmi per nessuna ragione al mondo. Come faccio a farlo ragionare se non posso avere alcun tipo di contatto con lui?»
La più giovane circondò il proprio mento con le dita, chiaramente stava riflettendo. «Cos’hai fatto di così tanto grave?» Chiese, curiosamente, e scelse la domanda meno opportuna da porle.
Spencer abbassò il capo, colpevole. «Qualcosa d’imperdonabile.» Disse soltanto, il tono di voce era basso e tremante. Perché ogni volta le faceva quell’effetto?
Rachel strabuzzò gli occhi, incredula. «Non l’avrai mica tradito, vero?» Domandò con un filo di scandalo nella voce.
E Spencer dovette trattenere un sorriso infelice, perché se fosse stato un tradimento, forse sarebbe stato tutto più facile. «No –S’affrettò a rispondere, mentre l’altra ragazza si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo– ..peggio.» mormorò, le parole soffocate.
Alzò un sopracciglio, Rachel, stranita. «Non credo che ci sia qualcosa di peggio di un tradimento.» Disse, quasi come se stesse facendo un ragionamento fra sé e sé.
La sua ingenuità fece contorcere lo stomaco di Spencer, che avrebbe tanto voluto che quelle parole potessero essere vere. «E invece sì.. –La piccola Malik parve incuriosirsi– Gli ho nascosto una cosa. –Rachel assottigliò gli occhi per avere una visione più dettagliata della ragazza di fronte a sé, in una muta di richiesta di continuare quella rivelazione– Una cosa troppo seria, e Zayn ha ragione a volermi cancellare dalla sua vita.»
«Di cosa stai parlando?» Domandò in un sussurro. Spencer sospirò e spostò lo sguardo altrove. Rachel capì immediatamente cosa la turbava e accennò a un sorriso d’incoraggiamento. «Ehi, puoi fidarti di me, se è questo ciò che ti spaventa.»
La dolcezza in quelle parole la disarmò completamente e per un attimo la folle idea di poter cedere le balzò in mente, ma quando fece per parlare le parole parvero morirle in gola e tutto ciò che venne fuori fu una frase forzata, incompleta e totalmente priva di senso. «È.. è troppo..»
Rachel annuì in modo comprensivo, ormai arresa. «D’accordo, se non ci riesci non impo..»
Spencer, allora, la interruppe bruscamente senza darle modo di concludere la frase. «Lui è il padre di Amber.» Rivelò tutto d’un fiato, scrutando poi attentamente la reazione di Rachel per capire se avrebbe dovuto pentirsi di averglielo detto oppure no.
Silenzio. L’espressione della ragazzina sembrava impassibile, fin quando non chiuse gli occhi e il suo viso fu travolto da un mix di emozioni. Stupore, delusione, rabbia, gioia, shock. Quando aprì gli occhi e incontrò quelli azzurri e preoccupati di Spencer, si passò una mano sul viso velocemente. Era sconvolta, notevolmente tanto. «C-come hai fatto a..?» Balbettò incredula, incapace di riuscire a realizzare quella situazione. Avrebbe voluto sapere come aveva fatto a tenere nascosta una cosa così seria per un tempo così lungo.
Spencer alzò le spalle. «Non lo so, non chiedermelo.»
«E quando avete intenzione di rivelarlo alle vostre famiglie?»
Chiese, come se stesse ragionando con un bambino. Spencer si passò entrambe le mani fra i capelli in un chiaro segno di nervosismo, Rachel le aveva fatto presente uno dei seri problemi che nelle ultime due settimane aveva cercato di archiviare. «Ok –Riprese a parlare– Credo di non riuscire a realizzare perfettamente la situazione, devi raccontarmi molte cose a riguardo.. –Spencer annuì leggermente– Ma ho mille domande da porti e ora non c’è tempo, credo che tu debba tornare a lavoro.» Indicò la porta d’entrata al bar con un gesto del capo.
«Già.» Mormorò Spencer.
Rachel ripeté quella parola meccanicamente. «Già..»
«Te ne parlerò quando vuoi.
–Le assicurò, infondo glielo doveva. Rachel annuì e, a dire il vero, moriva dalla voglia di capirci qualcosa– Hai detto che sei venuta qua per due motivi, il secondo qual è?» Chiese.
Nel sentirsi porre quella domanda Rachel cambiò immediatamente umore, in modo quasi spaventoso. Parve riacquistare velocemente l’energia che la caratterizzava e, sistemandosi la borsetta sulla spalla con un gesto veloce, accennò un sorriso malizioso che insospettì notevolmente Spencer. «Fra due giorni compierò diciotto anni e ho deciso che domani sera darò una piccola festa a casa mia per aspettare la mezzanotte in compagnia, ci sarà poca gente e tanto alcol. Sei ufficialmente invitata.»
Spencer si morse il labbro. «Ci sarà anche Zayn? –Rachel annuì con fare ovvio– Non credo che gradisca la mia presenza.» Biascicò, con la triste consapevolezza che quelle parole erano la semplice quanto schifosa verità.
Rachel alzò gli occhi al cielo. «È la mia festa, non la sua. Inoltre ci sarà anche Harry e pretendo che porti anche Cassie, sarebbe davvero l’idolo della festa! –Spencer accennò un sorriso che, Rachel se ne accorse, non coinvolse gli occhi. E neppure il cuore– Volevi un modo per comunicare con lui e te lo sto servendo su un piatto d’argento, non puoi permetterti di rifiutare!» Le puntò l’indice contro con fare accusatore e minaccioso.
Spencer si rese conto che lei aveva ragione e, in quel momento le venne in mente il consiglio che le aveva dato Harry due settimane prima, quello di non farsi scappare Zayn più di quanto non avesse fatto già. Non poteva sprecare quell’occasione. E, a proposito di Harry, s’appuntò mentalmente che avrebbe dovuto richiamarlo poiché ormai l’aveva perdonato. «A che ora è la festa?»
Rachel trattenne un gridolino di gioia. «Vi aspetto per le undici.»
Sorrise, Spencer, stampandole un bacio sulla guancia a mo’ di saluto. «Ci saremo.» Le assicurò, prima di osservarla andar via e successivamente rientrare nel bar per continuare la sua giornata lavorativa.
 
 
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Era ormai mezz’ora che Harry, felice e al contempo stressato, scavava nell’armadio di Spencer alla disperata ricerca di un capo d’abbigliamento da farle indossare per quella sera, in onore del festino in casa Malik. Avevano evitato l’argomento ‘Zayn’ per l’interno pomeriggio, ma Harry sapeva che se Spencer gli aveva chiesto di sceglierle il look, stava sicuramente architettando qualcosa. «Provati questo.» Le impose con voce non del tutto sicura, lanciandole contro un vestito azzurro lungo fino alla caviglia.
Spencer storse il naso, visibilmente contrariata, mentre applicava il mascara sulle lunghe ciglia. Non avrebbe mai indossato nulla del genere ma prima che potesse dire qualsiasi cosa Cassie piombò nella stanza con quel suo modo di fare rumoroso, era una vera bomba ad orologeria e non adorarla era praticamente impossibile. «Come sto?» Chiese, facendo un giro completo su se stessa.
Harry la squadrò da capo a piede con aria apparentemente fiera e soddisfatta e non poté non pensare a quanto belle fossero le sue gambe, lasciate scoperte dagli shorts di jeans a vita alta e rese decisamente più lunghe dai tacchi vertiginosi. «Sei una bambola!» Esclamò con sincerità.
La rossa fece un piccolo inchino a mo’ di ringraziamento, prima di puntare lo sguardo su Spencer e cambiare completamente espressione. Incrociò le braccia al petto e mise il broncio. «Manca mezz’ora alla festa e tu non sai ancora cosa indossare?»
Manco a farlo a posta Harry, che intanto aveva ricominciato a scavare nell’armadio, emise un gridolino di gioia. «Cosa vedono i miei occhi! –Entrambe le ragazze si voltarono verso di lui che, come se fosse la cosa più preziosa del mondo, mostrò loro un vestitino bianco non molto stretto, con le maniche lunghe e la scollatura leggera– È stupendo.» Dichiarò.
Spencer, che aveva completamente dimenticato l’esistenza di quel capo, acconsentì a provarlo. Si spogliò velocemente e lo indossò, specchiandosi e fissandosi per alcuni secondi. «Sei il sesso.» Fu l’apprezzamento di Cassie che la fece scoppiare a ridere, si voltò verso di lei e alzò le spalle con fare indeciso.
«Tu dici?» Chiese conferma.
«Assolutamente sì! –Esclamò con convinzione– Non muoverti.» Le impose, scomparendo dietro la porta e tornando due minuti più tardi, fra le mani un paio di decolté color rosa pallido e una pochette e un rossetto dello stesso colore. Harry, a quella vista, batté le mani con l’euforia di un bambino di fronte a un negozio di giocattoli.
Con un gesto del capo a mo’ di ringraziamento e un sorriso stampato sul viso, Spencer indossò quelle scarpe e colorò le proprie labbra carnose. Si guardò allo specchio e constatò che, seppure fosse in perfetto contrasto con la sua personalità, quell’abbigliamento da ragazza fine ed innocente le piaceva. «Ragazze –Entrambe si voltarono verso Harry– Dobbiamo andare via da qui, state mettendo in pericolo la mia relazione.» Scherzò, facendole ridere.
«Taci, lurido omosessuale. –Cassie lo prese in giro, com’era suo solito fare– E ora andiamo, siamo in ritardo!»
 
 
Scesero dall’auto e, a braccetto, percorsero il vialetto che portava all’entrata di casa Malik dal quale si sentiva la musica proveniente dall’interno. Harry osservò le due ragazze che camminavano al proprio fianco e, prima di bussare al campanello, diede voce ai suoi pensieri stupidi. «Sembriamo tre barbie.»
Spencer nell’udire quell’affermazione scoppiò in una fragorosa risata, come a voler mascherare la sua agitazione. L’avrebbe rivisto dopo quasi tre settimane in cui l’unico tipo di contatto visivo che avevano era quello che si scambiavano quando, un paio di volte a settimana, Zayn andava a prendere Amber. Nient’altro. E quella notte avrebbe potuto parlargli anche se, a dire il vero, si sarebbe accontentata anche solo di osservarlo da lontano.
Pochi istanti più tardi la porta si spalancò, rivelando loro una splendida Rachel fasciata in un cortissimo vestito blu scuro. Era a dir poco bellissima, come suo fratello. «Eccovi qui, finalmente! –Li accolse gioiosamente, spostandosi di lato per permettergli di entrare all’interno dell’abitazione –Cominciavo a pensare che non sareste venuti.» Confessò, sorridendo e chiudendo la porta una volta che furono entrati.
Cassie mosse una mano in aria come a volersi liberare di un cattivo odore, come per far capire a Rachel che ciò che aveva appena detto era una sciocchezza.«Quando si tratta di alcol non manchiamo mai.»
Rise, Rachel, che per qualche assurda ragione era sempre stata completamente attratta da Cassie e dal suo carattere festaiolo. «A proposito d’alcol, tutte le bottiglie sono in cucina, servitevi pure.» Disse, prima di rivolgere loro un sorriso cordiale e tornare in salone, dove si stava svolgendo la festa.
I tre si guardarono in faccia, come a volersi consultare, e il primo a parlare fu Harry. «Nah, se comincio a bere adesso non credo che arriverò a domani mattina senza collassare. Aspetto l’arrivo di Louis per cominciare ad ubriacarmi.»
Cassie annuì, comprensiva. «D’accordo, allora ti abbandoniamo!» Sorridendo, afferrò il braccio di Spencer e la trascinò con sé. A quel contatto la mora parve risvegliarsi da un momento di trance, nel quale si guardava ansiosamente intorno alla ricerca disperata di Zayn. Sapeva che lui si trovava da qualche parte, ma dove? E neppure finì di domandarselo che entrarono in cucina e lo trovarono lì, appoggiato al davanzale della finestra con una birra fra le mani. Quando le vide, egli parve pietrificarsi. «Maliiiik!» Esclamò con euforia Cassie, andandogli incontro per salutarlo.
Ma il suo sguardo era puntato su Spencer, mentre la sua gelosia possessiva cominciava a divorarlo. Se fosse stata ancora la sua ragazza di sicuro sarebbe impazzito a vederla uscire di casa con quell’abito. “Dio, quant’è bella” pensò, e cominciò ad odiare se stesso per i pensieri sconci che stava formulando, imponendosi che avrebbe dovuto smetterla di avere quelle reazioni ogni volta che la vedeva. Distolse lo sguardo, puntandolo sulla ragazza di fronte a sé. «Cas.» Le sorrise e le stampò un bacio sulla guancia, come al solito era il migliore a nascondere i suoi sentimenti.
Dall’altra parte della stanza, Spencer sospirò amaramente e dovette costringersi a posare il proprio sguardo altrove perché stare a guardarlo senza desiderare di corrergli incontro e baciarlo era troppo difficile, se non addirittura impossibile. Si avvicinò al tavolo posto al centro della stanza sul quale bottiglie di alcol d’ogni tipo erano poggiate in modo disordinato, alcune erano già vuote mentre altre erano ancora sigillate. Prelevò due bicchieri e li riempì con un tris di vodka. Quando finì alzò il capo e i suoi occhi vennero immediatamente catturati da quelli di Zayn. Stranamente, nessuno dei due distolse lo sguardo e si fissarono un paio di secondi con un’intensità tale che anche Cassie riuscì a percepirla e si sentì a disagio, come se lei non c’entrasse nulla in quel loro momento.
«‘Sera.» Proferì lui d’un tratto, spezzando il silenzio inquietante che s’era creato nel momento esatto in cui i loro sguardi si erano rincontrati. Che poi, a dire il vero, non c’era alcun silenzio poiché la musica proveniente dal salone era fin troppo alta, ma per entrambi era come se tutto il resto non ci fosse. Nessuna persona, nessun rumore, solo loro due.
Successe poi che Spencer abbassò il capo e, nell’atto di smettere di guardarsi negl’occhi, il mondo attorno parve ricominciare a girare. «Buonasera..» Biascicò lei, avvicinandosi e porgendo uno dei due bicchieri di plastica a Cassie.
Quest’ultima bevve il liquido amaro tutto d’un fiato perché, lo sapeva, se ne avesse bevuto un po’ per volta non sarebbe riuscita a finirlo. Spencer la imitò subito dopo, sentendo la gola bruciare e lo stomaco infuocarsi dopo neppure un secondo. «Vado a fare un giretto d’ispezione.» Annunciò Cassie, facendo per allontanarsi e rivolgendo un’occhiata complice a Spencer, lasciandole intendere che stava andando via con l’intento di lasciarli da soli.
Ma Spencer le rivolse un’occhiata gelida e, se gli sguardi avessero potuto uccidere, in quel momento Cassie sarebbe decisamente morta. «Mh, vengo anch’io.» Biascicò fra i denti, seguendola. Quando arrivò sulla soglia della porta, però, qualcosa la costrinse a voltarsi indietro.
«Spencer?» La chiamò Zayn.
Ella si bloccò e si voltò verso di lui, ignorando il sorriso malizioso formatosi sul viso di Cassie che aveva continuato ad andar via, lasciandoli definitivamente da soli. Il suo cuore accelerò pericolosamente i battiti, quasi fino a farle mancare il fiato. «Sì?» Chiese, con voce e mani tremanti, timorosa quanto curiosa di scoprire cosa lui aveva da dirle.
Il giovane fece un lungo sorso dalla bottiglia di birra che stringeva in mano e, evitando di guardarla negl’occhi, emanò un lieve sospiro quasi impercettibile. «Come stai?» Mormorò.
Spencer sorrise. Un sorriso spento, ironico, nervoso e completamente falso. Poi, successivamente, alzò le spalle nonostante fosse consapevole del fatto che lui non potesse vederla. «Ancora in piedi –Zayn avvertì una sconosciuta fitta allo stomaco– Grazie.» Mormorò infine, senza alcuna particolare inclinazione nel tono di voce.
Lui alzò le spalle con noncuranza, come a volerle dire “non c’è di che”.
Spencer si passò una mano fra i capelli, nervosamente e pensò rapidamente a cosa dirgli per evitare che il discorso finisse così presto. «Tu, piuttosto, come stai?» Domandò, avvicinandosi cautamente e fermandosi a distanza di sicurezza. Non sapeva quanto lui avrebbe voluto tenerla vicina, nonostante avrebbe voluto avvicinarsi ancor più.
Zayn si voltò finalmente a guardarla, lo sguardo perso e un sopracciglio alzato in segno di smarrimento. C’era qualcosa sotto il tono di voce usato per quella domanda e lui lo aveva intuito, seppure non avesse idea di cosa si nascondesse. «Bene.» Rispose soltanto.
Spencer sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e spostò il peso sull’altra gamba, scrutandolo attentamente. «Rachel mi ha detto che..»
Lui la zittì con un gesto veloce della mano, ormai già innervosito. Avrebbe dovuto fare un’intensa chiacchierata con sua sorella e rimproverarla. «Non ascoltarla, è un idiota. Ho solo ricominciato a fumare regolarmente e si sta preoccupando inutilmente.» Il tono di voce freddo e distaccato del quale mai, prima di quel momento, aveva dovuto far uso per parlare con lei.
Spencer fece un altro passo verso di lui come a volerne scoprire la reazione e ciò che vide le spezzò il cuore: Zayn, d’istinto, divenne teso e s’irrigidì. Lo sguardo cupo e la mano stretta attorno alla bottiglia. «Devo ammettere che una volta mi piacevi molto con la canna fra le dita –Lui abbassò il capo e si leccò il labbro, facendola fremere. La tentazione di baciarlo era troppo forte– Ora non mi piaceresti per niente.» Mentì, consapevole del fatto che sarebbe stato bello comunque, ma lo disse nella speranza di cominciare un discorso che lo portasse a ragionare e, di conseguenza, a smettere. Lo conosceva e sapeva che Zayn era una di quelle persone fatte per spingere i propri limiti sempre più oltre e, lo immaginava, molto presto non si sarebbe più accontentato di farsi un paio di canne al giorno.
Zayn la guardò, le labbra leggermente incurvate in un sorriso beffardo. «In ogni caso, non credo che queste siano cose che ti riguardano. –Spencer si pietrificò– O almeno non più» Le passò accanto con aria altezzosa, permettendo a due dei loro bracci di sfiorarsi.
La giovane ricominciò a respirare solo dopo essersi accertata che lui aveva abbandonato la stanza e, voltando il capo verso le numerose bottiglie d’alcol, constatò che avrebbe dovuto bere molto di più per riuscire a sopravvivere. Si preannunciava una serata molto dura.


 
Spazio autrice.
Buonasera, ho seriamente bisogno di sapere cosa ne pensate. A me, più o meno, convince. 
Stasera sono di pessimo umore e, di conseguenza, di poche parole. Scusatemi. 
Fatevi sentire eh, ciaocià tesori.
 
 

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Capitolo 19
*** Nineteen. ***


(Nineteen.)






«Dieci»
Gli invitati facevano il conto alla rovescia, attendendo la mezzanotte come se fosse Capodanno solo per dare gli auguri a Rachel. Cassie stringeva forte la mano di Spencer e la teneva puntata verso l’alto, mentre entrambe nell’altra stringevano un bicchiere di plastica rosso contenente del whisky. Si trovavano lì da poco più di mezz’ora e già avevano bevuto una quantità d’alcol esagerata per i loro standard e, per questo motivo, pareva si stessero divertendo più di chiunque altro.
«Nove»
In realtà non era affatto così. O, almeno, non per quanto riguardava Spencer. Nonostante ella avesse un sorriso radioso stampato sul viso, stesse urlando con quanto più fiato avesse in gola e stesse saltellando senza sosta e in modo tanto energico quanto allegro, non si stava affatto divertendo. Era ubriaca e, Spencer lo sapeva bene, erano solo due i modi in cui poteva comportarsi quanto aveva così tanto alcol in corpo: fingere di divertirsi in modo pazzesco o lasciare spazio ai pensieri cupi e, di conseguenza, scoppiare in un pianto disastroso.
«Otto»
E fra un secondo e l’altro, quando smetteva di urlare i numeri e cercava invano di recuperare il respiro, non poteva fare almeno di guardarsi rapidamente attorno alla ricerca disperata di Zayn. Da quando aveva fatto la sua teatrale uscita di scena trenta minuti prima, non l’aveva più visto e stava seriamente cominciando a sperare che non se ne fosse andato.
«Sette»
Cassie scoppiò a ridere fragorosamente quando tentò di bere un sorso dal suo bicchiere ma, a causa dei salti euforici e delle mani tremanti, un po’ del liquido le cadde sulla maglietta. Spencer la seguì a ruota, entrambe estremamente divertite per una cosa così banale.
«Sei»
E poi improvvisamente lo vide. E smise di fare il conto alla rovescia, smise di saltare e restò con la bocca semiaperta per lo stupore, per l’amarezza, per il dolore.
«Cinque»
Cassie si voltò di scatto a guardarla, spaventata da quella reazione e le domandò ripetutamente cosa fosse accaduto, senza ottenere alcun tipo di risposta. Spencer pareva essersi immobilizzata e Cassie non poté far altro che puntare lo sguardo nel punto che lei continuava a fissare inerme. Ciò che vide la spiazzò e capì immediatamente il motivo dell’improvviso cambiamento d’umore della propria migliore amica.
«Quattro»
Lui si trovava in un angolo, con le spalle appoggiate alla parete e i pollici nei passanti dei jeans stretti di colore nero. A caratterizzarlo erano gli occhi lucidi e un enorme sorriso ubriaco che pareva cominciare da un orecchio e finire dall’altro. E non era solo.
«Tre»
La ragazza che gli stava di fronte e con la quale parlava animatamente aveva dei lunghi e mossi capelli biondi, un abito corto e aderente che non lasciava assolutamente niente all’immaginazione e le labbra colorate di un rosso acceso. Gli teneva una mano avvolta attorno alla nuca e, ogni volta che doveva dirgli qualcosa, gli si avvicinava per sussurrarglielo all’orecchio con fare provocatorio. E Zayn non sembrava affatto infastidito da lei e dai suoi comportamenti.
«Due»
Cassie era terrorizzata, aumentò la presa  sulla mano di Spencer che stava già precedentemente stringendo e tentò di farla voltare dalla sua parte per poterla guardare negli occhi e, per quanto le fosse concesso, capire cosa stesse provando. Ma la mora restò ancora immobile, come se gli strattoni di Cassie non la stessero disturbando.
«Uno»
Non riusciva a perdonarsi. Non era colpa di Zayn e lei lo sapeva, anzi lo giustificava addirittura poiché, a parer suo, lui aveva tutto il diritto di ricominciare da capo e vivere a pieno i vantaggi della vita da single anche se era passato veramente poco tempo dalla loro rottura. Spencer non riusciva a incolpare nessun altro se non se stessa perché se non avesse sbagliato tutto fin dall’inizio, in quel momento niente di tutto quello schifo starebbe accadendo.
Il chiasso divenne ancor più insopportabile, i fischi e le grida dei giovani sovrastavano la musica assordante proveniente dalla console affittata proprio per quella serata e una folla si era riunita attorno a Rachel per abbracciarla e farle gli auguri di buon compleanno.
Zayn mise una mano sul fianco della ragazza bionda e, nel momento esatto in cui lui compì quel gesto, Spencer perse un battito e smise di respirare.
Cassie le scosse violentemente una spalla e, dopo quella che parve un eternità, lei si voltò a guardarla. Aveva gli occhi spalancati, il viso pallido come se avesse appena visto un fantasma e scuoteva il capo energicamente, come se non volesse accettare di aver realmente visto quella scena. «No, no, no...» farfugliò.
«Spencer, stanno solo parlando...» Tentò di rassicurarla, seppure non ne fosse per niente convinta. Il modo in cui si guardavano e come si toccavano non faceva pensare che Zayn e la tipa bionda stessero semplicemente conversando. C’era qualcosa di malizioso nei loro sguardi, celato sotto i loro movimenti.
E Cassie si pentì di averlo detto perché, nel momento esatto in cui smise di parlare, Spencer si voltò di nuovo verso di lui come a volersi assicurare che le parole dell’amica fossero reali. E la scena che vide fu notevolmente diversa rispetto a quella di pochi secondi prima: Una mano di Zayn stringeva forte il sedere della ragazza, mentre con l’altra le teneva ferma la testa tirandole i capelli alla nuca. Le loro labbra si sfioravano e un attimo dopo si stavano già baciando, mentre Spencer avvertiva le gambe divenire molli e la bile salirle in gola. Era un bacio per niente casto, privo di passione o qualsiasi altra cosa. Per Zayn rappresentava uno sfogo, una pazzia di quelle che quando sei ubriaco ti sembrano idee ottime ma di cui poi te ne penti il mattino seguente, quando sei lucido e ti rendi conto della cazzata commessa.
Accadde poi che Spencer, disgustata e distrutta, distolse lo sguardo e nello stesso istante Zayn spinse via quella ragazza con un gesto brusco e privo di galanteria. Perché lei non era Spencer, quelle labbra non erano morbide e carnose come le sue, quelle mani non erano costantemente congelate e gli facevano schifo al contatto con la propria pelle. «T-tu non sei lei...» Balbettò infatti con voce colma di amarezza, un lampo di terrore gli attraversò gli occhi e si portò le mani nei capelli, sconvolto e pentito.
Contemporaneamente, Spencer bevve tutto d’un fiato ciò che restava del whisky nel suo bicchiere e fece per allontanarsi, prima di venire bloccata da Cassie che, con le braccia aperte a mezz’aria, le tagliò letteralmente le strada. Spencer la guardò, lo sguardo cupo e spento. «Non me lo perdonerò mai!» Disse, con voce tremante.
Cassie alzò un sopracciglio, senza riuscire a comprenderla del tutto. «Cosa?» Le domandò infatti, smarrita.
«Ho permesso a un’altra donna di toccarlo, di farlo ridere, di baciarlo... non me lo perdonerò mai.» Ripeté meccanicamente, ricominciando a scuotere il capo come se fosse incapace di realizzare quella situazione, come se non volesse mai aver visto il suo uomo nelle mani di un’altra.
Cassie alzò le braccia in segno d’esasperazione. «Santo cielo, Spè, ma sei impazzita? –Le urlò contro, facendola sobbalzare– Come puoi prenderti la colpa di un suo sbaglio? Sono passati... ehm... –Cercò di fare un veloce calcolo in mente ma il fatto che non fosse per niente lucida glielo impedì– Non so quanti cazzi di giorni da quando ti ha lasciata, ma so per certo che sono troppo pochi per far sì che ricominci a lasciarsi andare con altre donne.» L’ira chiaramente percepibile nel suo tono di voce inclinato spaventò Spencer che, nonostante l’iniziale turbamento, rimase dell’idea precedente. «Stavolta è stato lui a sbagliare!» Sbraitò.
Spencer si concesse un paio di secondi per pensarci, prima di decidere di arrendersi. Tutto ciò che sapeva, era che l’ultima scena cui avrebbe voluto assistere si era realizzata esattamente davanti ai suoi occhi e non aveva né la forza né le capacità mentali per elaborare quella situazione, per lasciarsi sopraffare dal dolore o per sfogarsi in qualsiasi modo. Doveva archiviare momentaneamente quelle immagini dalla sua mente, concentrarsi su qualcos’altro perché altrimenti sapeva che non avrebbe avuto la forza di restare in quella casa ancora per molto. E, nonostante la tentazione di dare un pugno al muro e scappare fosse fortissima, decise di sospirare rumorosamente e ingoiare l’enorme nodo che le si era formato in gola. «Andiamo a dare gli auguri a Rachel?»
Cassie la guardò perplessa e, un istante dopo, annuì con euforia e le afferrò il braccio, come se avesse già dimenticato quanto accaduto. La trascinò con sé fino a dove si trovava la festeggiata, con in mano un bicchiere e intenta a sostenere una conversazione priva di senso con due ragazzi che, a giudicare dall’età apparente, dovevano essere suoi compagni di classe. «Ehi, piccola Malik... –La chiamò Cassie. Rachel si voltò di scatto, un sorriso ubriaco a dipingere il viso e le guance arrossate –Tanti auguri!» Si abbracciarono velocemente, prima che Rachel puntasse lo sguardo Spencer.
«Buon compleanno, R.» Tentò di apparire calma, ma la verità era che il turbine di emozioni dentro di lei non le dava pace.
Rachel non le diede neppure il tempo necessario di concludere quella frase che l’attirò verso di sé e l’abbraccio con più forza del dovuto. «L’ho visto anch’io –Mormorò, la voce spezzata da un singhiozzio. Spencer trattenne il fiato, chiuse gli occhi e si lasciò andare a quell’abbraccio, cercando di combattere contro le lacrime che minacciavano di uscire. Non c’era bisogno che Rachel specificasse cos’era che aveva visto, si erano capite al volo –E mi vien voglia di riempirlo di botte fino a farlo svenire... quel gran coglione.» Borbottò, la voce inclinata e un ringhio finale per rendere ancor meglio l’idea.
Spencer sospirò e tentò di ricacciare indietro le lacrime, sciogliendo l’abbraccio con un gesto impacciato. Annuì, senz’avere nulla di concreto da dire. «Vado a prendere un po’ d’aria.» Dichiarò, voltandosi come per andar via.
Rachel la chiamò. «S? –Lei si voltò rapidamente –Tu sei più bella di quella schifosa bionda ossigenata.» Le proferì quello che era il suo parere, con un’espressione di disgusto stampata sul viso.
«Concordo in pieno!» Gridò Cassie, alzando un bicchiere preso chissà dove come se stesse brindando e mandando giù il liquido caldo e dal gusto orribile in soli due sorsi.
Spencer accennò un lieve sorriso, ebbe una stretta al cuore e si costrinse ad andar via per qualche istante per evitare di scoppiare a piangere davanti a tutti. Quando aprì la porta sul retro e si ritrovò in giardino, il vento gelido l’investì in pieno e si sentì scossa. Si fermò di scatto, avvertendo la testa cominciare a girare vorticosamente e si costrinse a tenersi in equilibrio reggendosi alla parete alle sue spalle.
«Va tutto bene?»
Aprì gli occhi di scatto, incontrando quelli azzurri di un ragazzino che, preoccupato per lei, le si era avvicinato. E lei stupida che per un attimo aveva sperato si trattasse di Zayn, nonostante la voce non fosse per niente uguale. Gli rivolse un’occhiata gelida. «Sì» Rispose bruscamente, facendo un grosso respiro ed allontanandosi per andarsi a sedere sul dondolo. Quella notte, stranamente, non c’era il mal tempo e le quotidiane nuvole gonfie e grigie avevano ceduto il posto a delle luminose stelle. Spencer sospirò e nessuno mai avrebbe potuto capire quanta tristezza si celava sotto un gesto così apparentemente banale. Si concesse, finalmente, pochi minuti per pensare a come avrebbe dovuto agire, senza giungere a nessuna particolare conclusione. Era nella merda più totale e l’unica persona che l’avrebbe potuta tirare fuori, era la stessa che aveva causato il suo crollo. 
E, con la sigaretta fra le dita e la mente annebbiata dai pensieri, quasi non si accorse che dalla porta sul retro uscirono Harry e Zayn. Sobbalzò e si guardò velocemente attorno in cerca di una via di fuga o, per meglio dire, un posto in cui nascondersi e origliare la loro conversazione. Silenziosamente e con cautela si alzò dal dondolo e si nascose dietro di quest’ultimo, tentando di ascoltare con estrema attenzione le parole di Zayn. «È che... m’ha fatto schifo, Haz... non era come lei, capisci?» Turbato, si passò una mano fra i capelli in segno di nervosismo.
Harry sospirò e gli riservò un’occhiata truce. «Non ti è piaciuto, quindi?»
«No! –S’affretto a rispondere Zayn– Assolutamente no.» Aggiunse poi, con il tono di voce colpevole. Si chiedeva, intanto, se avesse fatto una cosa sbagliata oppure no.
Il riccio scosse amaramente il capo, stringendosi di più nel suo cappotto nero e infilandone le mani nelle tasche per ripararsi dal gelo di quella notte. «Non posso dirti nulla, Zayn. Infondo sei single e non devi tener conto a nessuno, se hai voglia di baciare una tipa puoi farlo tranquillamente; se hai voglia di scoparla... anche. –Spencer rabbrividì, spense la sigaretta e si prese il viso fra le mani. “Perché non stai tentando di riportarlo verso di me, Harry?” si domandò –Ma se t’è passato in mente, anche solo per un secondo, di perdonarla e di tornare a stare con lei... allora dovresti contenerti ed evitare di fare il coglione.» Spencer sospirò, Zayn deglutì.
«Io... io non lo so, davvero.» Mormorò in risposta. Lei ebbe un tuffo al cuore al solo sentirgli proferire quelle parole, decidendo di interpretarle in modo positivo. C’era, quindi, qualche probabilità che lui volesse lasciarsi il passato alle spalle e ricominciare? Il solo pensiero che potesse essere vero la fece tremare.
Harry alzò gli occhi al cielo, la voglia di tirargli un pugno in pieno viso che cresceva a dismisura. Zayn era suo amico ma per qualche strana ragione dopo il litigio con Spencer lui era passato in secondo piano, nonostante non fosse una cosa bella da ammettere. «Io non lo so che cazzo c’hai in testa, d’accordo? –Zayn alzò un sopracciglio, stranito dal fatto che il riccio avesse alzato il tono di voce di un’ottava e pareva essersi scaldato –So solo che, almeno, dovresti avere il buon senso di contenerti quando sai che c’è lei nei paraggi. Dio, ma non pensi a quanto avrebbe potuto soffrire se t’avesse visto?» Sbraitò, lasciando che l’amarezza di quelle parole si schiantasse violentemente contro uno Zayn turbato, incapace di capire la reazione dell’amico.
Spencer si morse l’interno della guancia e alzò gli occhi verso l’alto per trattenere le lacrime, continuando a ripetersi che non era quello il momento di crollare. Si sporse con la testa per guardarli, curiosa di scoprire la reazione di Zayn. E ciò che vide le provocò una stretta al cuore.
Il giovane, improvvisamente, parve lasciare andare il precedente stupore e divenire impassibile, come se mai prima di quel momento le parole di Harry l’avessero toccato. Infilò le mani nelle tasche dei jeans, con i pollici nei passanti com’era suo solito fare. Per un attimo tenne lo sguardo basso, prima di alzare il capo e guardare il proprio amico dritto negl’occhi. Spencer non poteva vederlo perfettamente, ma immaginava lo sguardo cupo e apparentemente vuoto di Zayn. Poi, con una calma disarmante, parlò. «E chi ci pensa, invece, a quanto sto soffrendo io?»
 
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Erano le quattro del mattino quando gli ultimi invitati andarono via. Spencer aveva passato l’ultima mezz’ora da sola in cucina, senza aprir bocca con chiunque provasse a scambiare due parole con lei. Poi, probabilmente con l’intento di andarsene a casa, uscì da quella stanza e si recò in salone, restando spiazzata dalla scena che le si presentò davanti. Sul pavimento sporco c’erano seduti in cerchio Harry, Cassie, Zayn e Rachel. «Fammi fare un tiro, Styles!» supplicò quest’ultima, con la voce ancora inclinata. Probabilmente era l’unica a essere ancora nel pieno della sbronza. A quelle parole Spencer puntò lo sguardo su Harry e non si stupì più di tanto nel rendersi conto che aveva una canna fra le labbra. Si avvicinò cautamente e si sedette accanto a Cassie, mentre qualcuno alzò lo sguardo per fissarla e qualcun altro no.
«Non pensarci nemmeno!» La rimproverò Zayn con voce autoritaria.
Rachel, opponendosi, incrociò le braccia al petto e s’imbronciò. «Ho diciotto anni adesso, posso fare ciò che voglio.» Rispose con voce sicura.
Suo fratello la incenerì con lo sguardo. «Non me ne importa un cazzo.» Poi, accennò un sorriso beffardo. Uno di quelli che a Spencer faceva innervosire.
Barcollando, Rachel si alzò ed emise un sonoro sbuffo. «Allora vado a dormire, buonanotte.» Dopo aver ricevuto un saluto generale andò via.
E rimasero solo loro quattro, come i vecchi tempi. Come tre anni prima quando c’erano solo loro, le canne, le birre, le sere e i segreti. E si resero conto improvvisamente che avrebbero voluto tanto tornare indietro e rivivere almeno uno solo dei loro innumerevoli momenti assieme, quando tutto era più facile. Quando c’erano piccole discussioni quotidiane e nessun litigio serio, la testa vuota e nessun pensiero che li divorava, nessuna strana gravidanza, nessuna imperdonabile fuga in Italia per tre lunghissimi anni.
Harry passò la canna a Zayn che, senza troppi complimenti, se la porto alle labbra e s’appoggio con la schiena al divano alle sue spalle. Regnava il silenzio, uno di quelli rilassanti e leggeri, privi di tensione. Ognuno di loro era immerso nei suoi pensieri, fino a quando fu Cassie a parlare. «Vi è mai capitato di credere di morire e in pochi secondi rivivere tutte le scene più belle della vostra vita?»
Harry restò impassibile e alzò le spalle, come se non gliene importasse niente di quella domanda. Spencer alzò le spalle, chiedendosi quale fosse il senso di quelle parole e cosa c’entrasse con quella situazione. L’unico che si degnò di risponderle fu Zayn. «Sì» disse soltanto.
«E cos’hai visto?» Gli chiese la rossa, sistemandosi meglio e rannicchiandosi con le ginocchia al petto.
Lui fece un lungo tiro e prima di liberare una nuvola di fumo, rivolse una veloce occhiata malinconica a Spencer. «Un giorno, magari, te ne parlerò...» mormorò, lasciando così intendere che non aveva alcuna intenzione di rivelarglielo in quel momento.
«A te è mai capitato, Cas? –Le domandò quindi Spencer. La rossa annuì– Raccontamelo.» Curiosa, si sistemò con le gambe incrociate e attese pazientemente i pochi secondi che trascorsero prima che la ragazza potesse accontentare la sua richiesta.
«Era poco più di due anni fa, ero nell’auto di Aaron, un tipo che conoscevamo da poche sere. Era tardi, le tre o forse le quattro, non ne ho idea. Harry era steso sui sedili posteriori e dormiva, probabilmente era svenuto perché aveva fumato troppo quella notte. Ma a me non importava. –Si fermò un attimo per prendere la canna che Zayn le stava passando e farne un tiro– Aveva imboccato una strada a senso unico e, prima che ce ne rendessimo conto, un’auto a tutta velocità veniva contro di noi. Io ebbi paura, gridai e chiusi gli occhi.» Fece un altro tiro.
«E...?» Chiese Zayn, incuriosito.
«E per un attimo vidi noi e il modo in cui sorridevamo quando stavamo insieme –Spencer rabbrividì –Poi vidi il giorno della tua partenza –disse, guardando Zayn che sospirò amaramente– e le lacrime disperate di Spencer, i pugni nel muro di Harry e la mia rabbia celata sotto quei “non importa, tornerà” a cui non credevo neppure io. Non vidi più nulla di bello, vidi solo il modo in cui stavano andando le nostre vite... assolutamente niente di bello e all’improvviso non ebbi più paura, ero pronta a morire. Ma quando aprii gli occhi capì che eravamo miracolosamente salvi e la macchina non aveva neppure un graffio–mormorò con il tono di voce basso, tremante, scosso– piansi molto quella notte.»
Ci furono un paio di secondi di silenzio prima che Harry potesse parlare. «Perché?»
Cassie alzò le spalle, come se non se lo sapesse spiegare neppure lei stessa. «Forse perché avevo capito che non avevo paura della morte dal momento in cui non avevo nulla da perdere...»
«Avevi noi»
proferì il riccio, confuso.
La giovane scosse il capo. «Non eravamo più noi... eravamo scossi, tristi e arrabbiati. Ci stavamo perdendo, anche se poi le cose si sono sistemate.» Spiegò con calma, facendo l’ultimo tiro dalla canna e porgendola a Spencer che, titubante, rifiutò.
Harry annuì, quasi con comprensione. «E perché lo stai raccontando solo ora?»
Cassie sorrise e Spencer ebbe paura di quel sorriso triste, amaro e spento. Era troppo strano vederla così vulnerabile, priva di carica. «Perché promisi a me stessa che ve l’avrei raccontato solo quando, e se, saremmo tornati a essere quelli di una volta.»
«Ma non lo siamo.»
ribatté Spencer, con estrema sicurezza nel tono di voce.
La rossa sospirò, spegnendo la canna nel posacenere. «Ma siamo qui, solo noi quattro, ed è già diverso»
Nessuno più osò proferir parola, Cassie si appoggio con la testa sulla spalla di Harry e Spencer si contentò di appoggiarsi alla parete alle proprie spalle. Zayn, invece, si alzò e si sistemò i jeans. «Restate qui, stanotte... –Harry annuì pienamente d’accordo, poiché non sarebbe stato capace di guidare la proprio auto nonostante si trattasse di pochi isolati– Ne riparliamo tra un paio d’ore. Buonanotte.» Diede le spalle ai tre, facendo per dirigersi nella propria camera al piano superiore.
Spencer lo osservò andar via per poi, in un attimo di follia, si alzò e lo seguì sotto gli sguardi sconvolti dei suoi amici. Era come se le proprie gambe si muovessero da sole, mentre lo raggiungeva velocemente. Per una volta aveva trovato il coraggio di fare ciò che realmente desiderava, mettendo da parte tutti i motivi per cui avrebbe anche potuto evitare di corrergli dietro. Quando Zayn fece per chiudere la porta della propria stanza da letto, non essendosi accorto della presenza della ragazza, lei la bloccò con una mano. Il giovane si voltò di scatto e quando se la ritrovò davanti ne restò stupito, seppure non riuscì mai a capire se il suo fosse uno stupore piacevole o meno.
«Che cosa c’è?» Le domandò con tono brusco poiché immerso nella confusione più totale, dopo secondi fatti d’intense occhiate e spaventoso silenzio.
Lei fece un grosso respiro, sperando di trovare un po’ di quel coraggio che le mancava per affrontare certi discorsi. Coraggio che comunque non avrebbe mai avuto se non fosse stato per gli effetti della sbronza di qualche ora prima. «Lo so che per te è difficile perdonarmi, che sono l’ultima persona che vorresti avere di fronte in questo momento e che forse addirittura mi odi. Ma se sono qui stanotte è per dirti che voglio farmi perdonare, e ho bisogno che tu mi dia modo di farlo. Se mi dici che stare con me non è ciò vuoi, allora ti prometto che ti lascerò in pace per sempre e non ci proverò mai più. Ma se c’è una piccola parte di te, anche minuscola, che sa di potersi lasciare quest’accaduto alle spalle allora permettimi di provare a riaverti perché so che per riuscirci potrei fare qualsiasi cosa. Non mandarmi via» Aveva le lacrime agli occhi e il labbro inferiore tremante, ma ne era valsa la pena. Aveva bisogno di sapere se avrebbe dovuto arrendersi o continuare a lottare fino allo sfinimento, nonostante una sua parte le suggerisse che Zayn non le avrebbe mai detto di provarci perché, come al solito, avrebbe fatto parlare l’orgoglio anziché il cuore.
Lui aveva l’aria sconvolta, impaurita, vulnerabile. Non capiva che bisogno c’era di dirgli quelle parole, non poteva provarci e basta? Ma Zayn lo sapeva che Spencer ce l’aveva nel sangue, quella capacità di complicare sempre tutto. E improvvisamente si rese conto che forse per una volta lei aveva fatto una cosa giusta. Doveva dimenticarla, smettere di amarla, e se lei non avesse tentato di farsi perdonare sarebbe stato tutto più semplice. E allora aprì la bocca, fece un respiro profondo come per scaricarsi e gli si stringe il cuore a guardare in quelle iridi azzurre colme di speranza e in quegli occhi gonfi a causa delle lacrime che minacciavano di uscire. Ma non poté fare nient’altro che mandarla via, per salvaguardarsi. «No... –sussurrò– vattene, Spencer.»
Le si bloccò il respiro e il cuore smise di battere per un attimo. Aveva perso definitivamente. Con la calma di chi si è arreso, smise di mordersi il labbro e fece un passo indietro. «Ti auguro il meglio... –E invece il solo pensiero che lui potesse essere di un’altra  la uccideva– perché te lo meriti.» “E il meglio non sono io”, pensò.
Lui annuì, un nodo a stringergli la gola e un gesto del capo a mo’ di ringraziamento. Chiuse la porta e la lasciò fuori dalla sua stanza, fuori dalla sua vita. 



 
Spazio autrice.
...E niente, credo che abbiate voglia di cercarmi e uccidermi di botte, o sbaglio?
Perdonatemi, ma amo i casini e più o meno amo anche questo capitolo.
E non vi disperate che poi forse mi faccio perdonare.
Alla prossima tesorucci,
un bacio grande :)

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Capitolo 20
*** Twenty. ***


 (Twenty)

 
Certe situazioni sono difficili da affrontare, certe mancanze lo sono. E fanno male. Poi però quando una mattina ti svegli e non c’hai più il volto di quella persona stampato in testa, capisci che l’hai superata. Succede, a volte, così facilmente che nemmeno te ne accorgi. Che poi magari c’è ancora un po’ di dolore e sai che andare avanti non è mai facile, ma resta il fatto che ce l’hai fatta. È questa la parte più importante di quando ti ritrovi nella merda: uscirne più forte di prima.
E Spencer l’aveva capito quando le settimane e i mesi erano trascorsi lenti, che pareva non finissero mai, e solo sentir pronunciare il suo nome le faceva contorcere lo stomaco. Non per la rabbia, bensì per la tristezza e per la consapevolezza di aver perso. Di averlo perso. Spencer s’era poi resa conto che alla fine Harry aveva ragione quando le ripeteva ogni singolo giorno che lei era una donna forte e, così come tutte le condizioni spiacevoli affrontate in passato, sarebbe uscita a testa alta anche da quella.
Quando la mattina apriva gli occhi, Spencer, non si sentiva come se dipendesse ancora da lui e da tutte le differenti sfumature della sua voce. Quando suonavano al campanello o squillava il cellulare non sperava più che fosse lui a cercarla, un po’ perché s’era rassegnata e un po’ perché, a causa della troppa attesa, non avrebbe saputo più cosa dirgli. Che poi, se Spencer ci pensava, neppure la ricordava quand’era stata l’ultima volta che aveva avuto una conversazione con lui degna di essere chiamata tale. Quand’arrivava la sera poi succedeva che Spencer non aveva bisogno di numerose distrazioni pur di non cedere, di stare attenta a non crollare. Perché oramai le bastavano uno dei suoi libri e una fumante tazza di tea per sentirsi tranquilla e spazzare via quell’assurda paura di non farcela.
Capitava che ogni tanto, di rado, sentisse ancora quel pesante macigno sullo stomaco che le faceva mancare il respiro. Ma infondo c’era abituata e non le restava nient’altro da fare che aspettare che s’alleggerisse. Ciò accadeva quando un intenso pensiero di lui e del suo modo di guardarla la sfiorava, o anche quando Harry, Cassie o chiunque altro provasse a darle informazioni sulla sua nuova vita.
Non lo voleva sapere, Spencer, come lui se la stava passando. Aveva sentito per sbaglio che s’era trovato un’altra donna e che del vizio delle canne non se n’era liberato. Ma, seppure non ne avesse la certezza, immaginava che stesse bene. Lo notava ogni volta quando lui andava a prendere Amber e i loro sguardi s’incrociavano. Aveva una luce negli occhi, lui. La luce di chi ha ricominciato. La stessa che c’era negli occhi di Spencer.
Eppure entrambi, raramente, s’erano chiesti se avessero realmente dimenticato o se il loro cuore era restato indietro. E una risposta certa non se l’erano dati ancora. 
 
Quella mattina a Bradford pioveva, seppure mancassero solo pochi giorni all’arrivo dell’estate. Nel bar della famiglia Storm non c’era nessuno a parte Spencer e Harry, seduti l’uno accanto all’altra in silenzio, perché con un tempo del genere erano poche le persone che si degnavano di uscire di casa. Il rumore del cucchiaino che il ragazzo continuava a far girare all’interno della tazzina di caffè ormai vuoto pareva riecheggiare senza sosta e in modo forse un po’ troppo irritante per i gusti della mora. Poco dopo, infatti, Spencer lo guardò truce e lui smise di colpo. «Louis non mi ha ancora scritto» disse, dopo alcuni secondi di silenzio.
Spencer sospirò con amarezza. «Lo so –mormorò, visibilmente dispiaciuta– me l’hai già detto appena sei arrivato» gli fece notare.
Harry annuì, perché era consapevole di averglielo già detto ma il motivo per cui gliel’aveva ripetuto era che non aveva nient’altro da dirle poiché quello era il suo unico pensiero in quel momento. Da quando avevano litigato pesantemente tre giorni prima, Louis non s’era più fatto vivo. Né una telefonata, né un sms. Era completamente sparito e il giovane non accennava a fare il primo passo poiché fermamente convinto di non aver fatto nulla di male e di essere quindi dalla parte della ragione. «Non so che fare» sussurrò, appoggiando i gomiti sul bancone e prendendosi il viso fra le mani in un gesto disperato.
Spencer gli appoggiò una mano sulla schiena e gli fece una carezza delicata, forse di più. «Ci sono due opzioni… -proferì con fare misterioso, Harry si voltò a guardarla con un sopracciglio alzato– o lo chiami.»
«Non ci penso neanche!» ribatté, senza neppure prendersi il tempo necessario per assimilare per bene quella frase.
Lei accennò un mezzo sorriso divertito dovuto alla reazione del ragazzo e, alzando due dita come per indicare la seconda opzione, un lampo malizioso le attraversò lo sguardo. «Oppure questa sera andiamo a fare baldoria in qualche bel locale, in modo che tu possa distrarti» propose sperando che il giovane accettasse senza farsi supplicare. Amber era fuori città con sua madre e non sarebbe tornata prima del pomeriggio seguente, quindi non c’era occasione migliore per andare ad ubriacarsi e a ballare in una qualsiasi discoteca.
A quelle parole il giovane parve risvegliarsi da uno stato di trance e, con un enorme sorriso stampato in volto, annuì con euforia. «Assolutamente sì –proferì, scattando in piedi con un balzo– Passo a prendervi io stasera, d’accordo?»
Spencer rise, felice di vederlo cambiare umore così rapidamente. Poi annuì e, senza aggiungere una parola, gli stampò un lungo bacio sulla guancia e gli riservò un’occhiata d’intesa prima di guardarlo andar via. Quand’egli sparì dalla sua visuale, Spencer prelevò il cellulare dalla tasca dei jeans e compose il numero di sua madre per poter parlare con sua figlia e sapere come stesse procedendo la sua mini vacanza coi nonni.
 
 
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«Pronti per una serata pazza?» gridò Cassie, fasciata nel suo tubino color panna senza maniche e perfettamente a suo agio sulle scarpe eccessivamente alte, prima di stappare la bottiglia di scadente vino rosso che reggeva fra le mani.
Harry rise, aiutandola a riempire fino all’estremo i tre bicchieri e porgendone poi due alle sue amiche. «Brindiamo a?...» domandò, avvicinando il proprio calice accanto a quello delle altre due.
Cassie puntò lo sguardo su Spencer, lasciandole così intendere che voleva che fosse lei a parlare. E la mora così fece, mostrando ai suoi migliori amici la dentatura bianca che a causa del rossetto rosso pareva spiccare maggiormente. «A noi. Brindiamo a noi, a questa serata e a tutte quelle che verranno.» Senza aggiungere nient’altro fece scontare i loro bicchieri e ne bevve il contenuto tutto d’un fiato, nonostante il sapore non fosse dei migliori.
«Un altro giro e andiamo via, non posso guidare ubriaco» impose Harry, afferrando la bottiglia e riempiendo di nuovo i tre calici.
Fra un progetto e un aspettativa su come si sarebbe svolta quella notte, si misero in auto e arrivarono a destinazione in meno di quindici minuti. Le luci del locale erano intense, colori forti che si alternavano in un gioco fantastico. La musica assordante aveva un ritmo coinvolgente e sfrenato, tanto che Spencer dovette costringersi a star ferma mentre tutti e tre assieme si avvicinavano al bancone degli alcolici. Alla loro vista il barista si sporse verso Cassie che gli urlò qualcosa all’orecchio, Spencer non riuscì a capire le parole dell’amica. Dovettero attendere solo pochi istanti prima di ricevere i loro bicchieri colmi d’alcol che, senza troppi complimenti, s’affrettarono a mandar giù. «Mi butto nella mischia –l’informo Spencer, colta da un’improvvisa scarica di adrenalina dovuta all’alcol– semmai ci dovessimo perdere di vista, ci rincontriamo alle tre all’uscita principale?» chiese alzando il tono della voce per tentare di sovrastare la musica.
Harry annuì, dandole subito le spalle per ordinare un altro drink, mentre Cassie le rivolse un’occhiata titubante a cui la mora rispose con un sorriso a mo’ di rassicurazione. Sapeva che lo sguardo dell’amica era per metterla in guardia e lasciarle intendere di fare attenzione.
Da sola, sgomitando e talvolta scalciando, si fece spazio fra la folla e raggiunse velocemente il centro della pista. Chiuse gli occhi, alzò le braccia e si lasciò trasportare dal ritmo della musica come non faceva da tanto, forse troppo tempo. Mantenere l’equilibrio sui tacchi alti non era mai stata una delle cose che sapeva fare meglio, eppure pareva non importarsene mentre saltava, gridava e rideva con tutta l’energia di cui disponeva. Si sentiva libera. Lo era.
Accadde poi che, fra tutti gli uomini con cui aveva rifiutato di ballare con un gesto del capo e quelli a cui aveva dovuto opporre maggior resistenza ed usare le maniere forti, qualcuno la spiazzò completamente. Perché fra mille mani lei avrebbe riconosciuto quelle che le stavano stringendo i fianchi, il modo in cui quel tocco bruciava sulla sua pelle anche attraverso la stoffa del vestito e quell’inconfondibile mix tra forza e delicatezza con il quale lui l’aveva sempre toccata. Quanto bene aderisse la propria schiena contro il suo petto, poi, quasi l’aveva scordato. Spencer voltò leggermente il capo per guardarlo, come a voler essere sicura che fosse proprio lui e non si stesse sbagliando a causa del fatto che non fosse sobria. E quando incrociò i suoi occhi castani si domandò se quell’incontro fosse la cosa migliore o peggiore che le potesse capitare quella notte di fine giugno. Non seppe rispondersi né in quel momento né mai.
«Che cazzo chi fai qui?» La voce sua era dura e forse un po’ arrabbiata, e quella domanda risuonò nella testa di Spencer diverse volte, mentre entrambi continuavano a muoversi a ritmo di musica. Lei gli sorrise, appoggiando le proprie mani sulle sue e interrompendo il contatto visivo. «Allora?» disse, avvicinando le sue labbra all’orecchio di Spencer.
«E tu che ci fai qui, Zayn?» Voltandosi di nuovo verso di lui, parve rendersi finalmente conto del fatto che i suoi occhi fossero forse troppo lucidi per il normale e che il suo alito puzzasse terribilmente di alcol. Era ubriaco, e lo era tanto. E allora il sorriso di Spencer si spense un po’, ma non del tutto, perché le dispiaceva la consapevolezza che lui s’era avvicinato a lei solo perché gliel’aveva consentito la quantità d’alcol che aveva bevuto. Perché se così non fosse stato, Spencer ne era convinta, egli si sarebbe limitato ad osservarla silenziosamente da lontano. 
«Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda. –Zayn strinse ancor più la presa sui suoi fianchi e, per quanto possibile, tentò di premere con più forza il proprio petto contro la schiena della giovane– Non te l’hanno mai detto?» le sussurrò all’orecchio, mordendole poi il lobo con delicatezza.
E Spencer non poté che far altro che ridere e lasciarsi invadere da quella familiare scossa nel bassoventre, la stessa che le mancava da ormai troppi mesi. Sentire di nuovo il fiato del ragazzo sul proprio collo e avere a che fare con la sensazione che le provocavano le labbra di Zayn a contatto con qualsiasi parte del suo corpo, non era facile. Non lo era affatto. E allora ridacchiò ancora con fare nervoso, facendolo sorridere. «Hai bevuto tanto, non è vero?» Era una domanda stupida e Spencer se n’era resa conto poiché conosceva già la risposta, eppure non aveva idea di come comportarsi.
Zayn non smise di sorridere. Si chinò leggermente per baciarle l’incavo fra la spalla e il collo e risalì, lasciando tracce umide dietro l’orecchio, accanto all’attaccatura dei capelli, lungo il profila della mascella. Dappertutto. E intanto lei si lasciava sopraffare da quelle intense e familiari sensazioni che da sempre provava quando lui le era così vicino. Ma non rispose, Zayn. Non rispose perché infondo Spencer aveva già capito tutto e non c’era bisogno che glielo confermasse.
E un po’ lei si divertiva a stuzzicarlo, ad ansimare a voce bassa nella speranza che lui la sentisse nonostante la musica troppo alta, e a muovere a ritmo il bacino contro il suo corpo bollente. Come se non fosse mai accaduto nulla fra di loro, come se non ci fosse mai stata alcuna pausa di diversi mesi, come se non avessero smesso di desiderarsi ogni singola ora di ogni singolo giorno. 
Fu dopo l’ennesimo gemito che Zayn parve scattare, le afferrò i capelli alla nuca e li strinse forte, tirandole il capo indietro in modo da farlo appoggiare quasi alla propria spalla e prese a torturarle la gola e le zone circostanti con più intensità e più passione di quanta ne stesse precedentemente usando. Baciava, leccava, succhiava, mordeva. Una tortura a cui nessuno dei due avrebbe mai voluto porre fine.
Spencer gli mise una mano fra i capelli, tirandone e stringendone le punte, mentre non smetteva di strusciarsi contro di lui. Poi, con la mano libera, afferrò quella del giovane ancora ferma su uno dei suoi fianchi e se la portò sul ventre, facendola risalire lunga la pancia piatta fin sotto al seno per poi scendere di nuovo con estrema lentezza, al contrario della velocità dei movimenti delle labbra di Zayn. Voleva soltanto ricordare com’era essere toccata da lui. «Cosa aspetti?» domandò con voce alta e, nonostante ciò, spezzata dall’eccitazione di quel momento.
Zayn portò le sue labbra sull’orecchio della mora e «…a fare cosa?»
Un sospiro. Distrattamente Spencer si chiese se ciò che stesse per fare fosse la cosa giusta o sbagliata. E la risposta arrivò veloce, perché non gliene importava delle conseguenze. Voleva solo fare ciò che desiderava ardentemente, ciò che sapeva l’avrebbe fatta stare bene e non esitò a lasciarsi andare. «Io voglio baciarti, Malik.»
Lui s’irrigidì e trattenne il fiato per un attimo, e Spencer ne ebbe tremendamente paura. Poi parve ricomporsi subito dopo e tornare alla normalità, a sentirsi a proprio agio. Lei lo sentì sorridere e poi emettere un sospiro lieve, impercettibile, eccitato. «E allora fallo, Storm.»
Come una molla, lei si voltò verso di lui, gli afferrò il viso fra le mani e unì le proprie labbra in un bacio passionale, fatto di giochi di lingua e mani che correvano frenetiche lungo i loro corpi come a volersi riscoprire. Ed erano insaziabili, mentre tutti gli altri attorno s’agitavano e loro fermi lì, come se non volessero fare nient’altro per tutta la vita. E infondo un po’ era vero.
Una mano di Zayn le massaggiava le natiche sode mentre l’altra le teneva il capo fermo, stringendole forte i capelli alla nuca. Una di quelle di Spencer s’intrufolò sotto la sua camicia bianca e gli sfiorò il petto, tracciando con l’indice la linea leggera degli addominali poco scolpiti, noncurante del fatto che due bottoni fossero saltati.
Egli emise un verso roco e sommesso, allontanando per un attimo le proprie labbra da quelle della ragazza, carnose ed ormai gonfie per il troppo morderle. «Tu non lo sai –Tentò di recuperare il fiato, Spencer, mentre lo guardava senza capirlo– Non lo sai quanto ti voglio in questo momento.» E quasi con rabbia premette la propria erezione contro il ventre della mora, come a volerle dimostrare la realtà delle sue parole.
Spencer trattenne il respiro e sentì una violenta scarica di adrenalina ed eccitazione correrle lungo il corpo e scuoterla completamente. Perché in quelle condizioni, molti anni prima, l’aveva sempre visto ma non l’aveva mai potuto provare. E invece per la prima volta ce l’aveva lì, quel Zayn ubriaco e seduttore che c’era in lui. E capì improvvisamente per quale motivo ogni ragazza a cui lui si avvicinava, cedeva: era impossibile resistergli. «Invece lo so –mormorò con lenta eccitazione contro le sue labbra– perché è ciò che provo anch’io.»
Immediatamente lui le morse il labbro inferiore con troppa forza più del dovuto, quasi fino a sentire il sapore del sangue nella sua bocca. «Andiamo via, allora. Solo io e te.» Quella non parve risuonare come una proposta, ma quasi come una via di mezzo fra una supplica e un ordine. Ma l’unica cosa che voleva Zayn in quel momento era fare l’amore con lei, ovunque.
Titubante, Spencer scosse il capo. «Sei ubriaco, non lo vuoi davvero» proferì, leccandogli poi il labbro superiore e accarezzandogli una guancia quasi con delicatezza, sorridendo nel notare quel perenne accenno di barba che non veniva tolto per pigrizia. Era convinta che quelle parole fossero reali e, nonostante ne fosse consapevole, non faceva nulla per allontanarsi da lui. 
Lui parve volerla incendiare con lo sguardo e, d’istinto, la spinse verso di sé e la strinse forte, facendole appoggiare il capo contro il proprio petto. «Come puoi pensare una cazzata del genere, Spè? –L’estrema dolcezza nel tono di voce la fece rabbrividire, tanto che si strinse di più fra le sue braccia– Sono ubriaco, è vero. Ma domani mattina ti vorrò ancora. E anche fra due giorni. E anche fra un mese. Anche sempre.» Scandì bene ogni singola parola, fermandosi fra una frase e l’altra per farle una carezza lungo la schiena. Ed entrambi sapevano che, se non fosse stato per il coraggio che l’essere ubriaco gli donava, lui non le avrebbe mai detto quelle cose.
Spencer afferrò la sua camicia e la strinse forte in un pugno, noncurante del fatto che si sgualcisse, e alzò il capo per permettere ai loro occhi emozionati d’incontrarsi. Ciò che la rincuorava era la consapevolezza che quelle parole fossero vere, che non c’era traccia di menzogna nella voce di chi, come lei, fingeva di star bene. «C’ero quasi riuscita, lo sai? –La voce spezzata da un singhiozzo– Pensavo di aver superato la tua mancanza, di aver ricominciato a vivere. Poi sei tornato, così, all’improvviso e io…»
Zayn la mise a tacere rubandole un casto bacio sulle labbra, a differenza del modo in cui s’erano toccati prima di quel momento. «Lo so» proferì, quasi come se se ne stesse pentendo.
«Perché l’hai fatto?» domandò soltanto.
Lui alzò un sopracciglio, come se la risposta fosse scontata e non ci fosse neppure bisogno di spiegargli il motivo per cui le si era avvicinato e aveva infranto quella barriera che lei s’era creata attorno dal momento in cui, diversi mesi prima, lui l’aveva rifiutata. «Perché sei bella –lei scoppiò a ridere, quasi tristemente– e se t’avessi visto ballare con un altro… cazzo, non ci voglio nemmeno pensare.» Concluse scuotendo il capo.
Non disse nulla, Spencer, né una parola né un fiato. Si limitò a combattere per cercare di placare l’irregolare battito del suo cuore che minacciava di esploderle dal petto. «Smettila di farmi quest’effetto» gli disse ironicamente, come a volerlo rimproverare.
Zayn rise e le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio in modo impacciato, considerando le mani tremanti. E restarono immobili fra la folla che si scatenava, fra la musica che sovrastava ogni cosa e i giochi di luce intensi.
«Non ci credo!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola Cassie, avvolgendo le proprie braccia attorno al collo dei due e stringendoli in un veloce abbraccio di gruppo. Era arrivata come un uragano a distruggere quel loro quiete momento, travolgendoli nella sua energia. Entrambi la guardarono fra il perplesso e il divertito, con un mezzo sorriso stampato in viso. Poi, le bastò incontrare gli occhi di Zayn per divenire immediatamente seria. «Ma quanto sei ubriaco?»
Lui alzò gli occhi al cielo, passandosi le mani fra i capelli in segno di nervosismo. Si chiese, inevitabilmente, perché dovesse essere così evidente il fatto che non fosse sobrio. «Molto» rispose soltanto.
Cassie rise. «Comunque resto qui con voi, c’è troppa gente poco raccomandabile qui dentro» disse, guardandosi attorno con finta aria spaventata.
Spencer annuì, prima di abbassare lo sguardo verso le proprie scarpe e sbuffare rumorosamente. «Ci andiamo a sedere? Ho i piedi distrutti» propose, ricevendo il consenso degli altri due che non appena individuarono un divanetto libero si lanciarono letteralmente sopra.
E trascorsero assieme il resto della notte fra bicchieri colmi d’alcol, risate, prese in giro, giochi di sguardi, baci rubati e mani che s’intrecciavano di nascosto.
«Buonanotte» le sussurrò all’orecchio Zayn una volta all’esterno del locale, pronti per andar via.
Spencer non rispose, l’ombra di un sorriso felice sulle labbra e la gioia visibile negli occhi. Gli afferrò il colletto della camicia bianca e ci strofinò sopra le proprie labbra, pulendosi di quel ch’era rimasto del rossetto rosso. Poi, notando lo sguardo confuso ed interrogativo del giovane, si preoccupò di spiegargli il senso del suo gesto. «Quando tornerai a casa e ti spoglierai, ti ricorderai di me…»
 
E invece non ebbe la forza di spogliarsi, Zayn, e s’addormentò con ancora addosso gli abiti macchiati di quella serata. Quando il mattino aprì gli occhi, si portò una mano alla tempia come a volerla massaggiare ed eliminare la fitta dolorosa, tutte le scene vissute poche ore prima gli vennero in mente. S’alzò di scatto dal letto e si guardò allo specchio, restando immobile alla vista della macchina rossa sul colletto, dei due bottoni saltati e del lembo stropicciato che Spencer aveva stretto fra le mani con forza.
E ci tirò forte un pugno, alla sua figura riflessa nello specchio, perché avrebbe voluto scagliarselo da solo in pieno viso ma non era possibile. Si diede del coglione mentalmente poi, quando vide il sangue colare dalle proprie nocche e il vetro in frantumi.
Aveva combinato un disastro, e non sapeva come uscirne.
Il risveglio di Spencer fu ancor più doloroso, e non dal punto di vista fisico. Con gli occhi ancora stanchi e assonnati afferrò il cellulare dal comodino, disturbata dalla luce che emanava distolse lo sguardo per un istante prima di tornare a fissare il display e leggere che Zayn le aveva lasciato un messaggio in segreteria. Deglutì, non sapendo cosa aspettarsi. Di certo non s’aspettava tenere parole che le augurassero il buongiorno, ma ciò che ascoltò la distrusse completamente.
«I messaggi in segreteria sono patetici, o almeno così si dice in giro. Io non lo so, so solo che non trovo altro modo per parlarti. E questo è il quinto che registro, o forse di più. Magari avrai voglia di venire qui e darmi uno schiaffo quando avrò finito, ma non so cos’altro fare per chiederti scusa. So bene che vorresti lo facessi faccia a faccia ma non ne sarai capace. Non saprei resisterti e per ora non è ciò che voglio, non mi sento pronto a ricominciare qualcosa con te e… e forse non mi sentirò pronto mai più. Mi dispiace, Spencer. Davvero tanto»
 

 
 
Spazio autrice.
Non ho saputo resistere, avevo bisogno di un loro momento parecchio intenso perché mi mancavano tanto. Immagino, però, di avervi deluse con questo finale. Ma non è ancora tempo per loro e, come ha detto Zayn, forse non lo sarà mai più.
Non ho idea di che fine far fare a ‘sti due, ma credo che ci sarà un solo capitolo e poi l’epilogo. Preparatevi a tutto, haha.
Un bacio forte.

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Capitolo 21
*** Twentyone. ***


 (Twentyone.)

 
Mi avevi lì
proprio vicino vicino,
in un secondo la rivoluzione
e dopo un attimo era tutto chiaro:
era già Amore!
Amore da non respirare,
amore che ti scappa di mano,
e non riesci a farlo andare piano
e che mi fa sperare che tu sia su questo treno.
Ma se non ci sei ti aspetto.


 


C’aveva impiegato molto tempo, Spencer, per recuperare il nuovo indirizzo di Zayn. Circa tre giorni. Avrebbe potuto semplicemente chiederlo a Harry, Cassie, Rachel o chiunque altro fosse andato a trovarlo nel monolocale che aveva preso in affitto un paio di mesi precedenti. Ma se l’avesse fatto i suoi migliori amici le avrebbero domandato insistentemente per quale motivo le interessasse vederlo in modo così disperato, come se fosse l’unica cosa di cui avesse bisogno in quel momento. Ed esisteva davvero una reale e immensa necessità di guardarlo negli occhi e dirgli ciò che da troppo tempo a quella parte teneva custodito dentro.
Quel pomeriggio aveva approfittato dell’assenza di Amber, com’era divenuto suo solito fare, e senza dar spiegazione alcuna era uscita di casa con ancora addosso i pantaloncini grigi della tuta decisamente larga, la maglietta bianca, le converse colorate e la coda disordinata.
Faceva caldo, eppure pareva non importarle mentre camminava a passo svelto per le vie del quartiere. Avrebbe potuto muoversi coi mezzi di trasporto e invece aveva deciso di non farlo per prendersi del tempo in più per riflettere ed eventualmente, se avesse cambiato idea, tornare indietro.
Successe poi che, prima di quant’ella s’aspettasse, si ritrovò dinnanzi al condominio nel quale secondo le proprie fonti risiedeva Zayn. E allora sospirò, spinse il portone d’ingresso ed entrò a passo deciso. Salì le scale con una velocità impressionante fino al quarto piano e solo in quel momento, col fiato corto e le gambe troppo stanche, si domandò perché non aveva usato l’ascensore. Se la memoria non l’ingannava, avrebbe dovuto suonare al campanello della porta numero 24, e così fece.
Sentì dei passi lenti, fatti di piedi nudi trascinati sul pavimento, e si stupì di riconoscerli. Si domandò, in quei pochi secondi fatti di straziante attesa, come avesse fatto lui a diventare un’ossessione così grande. Quando la porta si spalancò, i loro occhi s’incontrarono e lui parve immobilizzarsi, Spencer trovò la risposta a tutte le sue domande. Lo amava. E se ami così disperatamente qualcuno, non c’è via di fuga.
«C-ciao» balbettò, sorpreso per quella visita così tanto inaspettata. Lei alzò gli occhi al cielo, apparentemente infastidita dalla reazione del ragazzo, da quell’accoglienza. Voleva andare subito al dunque perché non era lì per perdere tempo, solo per accertarsi che le sue ipotesi fossero vere. «Perché sei qui?» le chiese lui, come se avesse la capacità di leggerla nella mente.
Spencer sospirò, cercando il coraggio per non smettere di guardarlo negli occhi. Non cedere era il suo compito e s’era imposta di riuscirci. «Sono cinque giorni che non smetto di ascoltare quello schifo di messaggio che hai registrato» disse tutto d’un fiato, vedendolo distogliere lo sguardo poiché incapace di reggere l’intensità di quel momento, la durezza celata sotto quelle parole proferite a mo’ di rimprovero.
E allora lui trattenne il fiato per un istante e si passò una mano fra i capelli, nervoso. «E?» domandò, consapevole del fatto che lei non era lì solo per dirgli quella frase. La conosceva bene e, solo a guardarla, immaginò che si stesse trattenendo dall’urlargli contro i peggiori insulti.
Spencer accennò un sorriso ironico e, prima che potesse pensarci sopra due volte, la sua mano colpì la guancia del ragazzo con troppa forza in più del dovuto. Egli strinse i denti, portandosi la mano sul punto dolorante e guardandola con uno sguardo misto fra lo shock e la rabbia. «E avevi ragione, volevo darti uno schiaffo» disse, lasciandolo sconcertato per qualche istante.
«Perfetto –borbottò Zayn– tutto qui?»
Era quel sorriso ironico che, più di ogni altra cosa, stava infastidendo il ragazzo. E lei lo sapeva, motivo per cui non accennava neppure a cambiare espressione. Mise le mani sui fianchi e una strana scintilla le attraversò gli occhi azzurri più cupi che mai. «Ne vuoi un altro?»
Immediatamente, Zayn scosse il capo in segno di negazione. Lei era arrabbiata, e lo era tanto, come l’aveva vista solo poche volte. E un po’ ne ebbe paura, un po’ si sentì in colpa, un po’ l’avrebbe abbracciata. «Non intendevo questo, e lo sai.» Il tono di voce irritato da tutta la prepotenza di lei, del suo modo di parlargli e dei suoi movimenti.
E a quel punto Spencer sospirò e, in quel gesto così semplice e spontaneo, parve lasciar crollare tutta quella corazza apparentemente resistente in cui se ne stava rinchiusa. S’incupì, come se improvvisamente fosse divenuta debole, sul punto di crollare. «Sono venuta qui perché devi dirmi una cosa, dopodiché giuro che me ne andrò una volta per tutte.»
Zayn avvertì il cuore stringersi, ogni organo interno contorcersi e sciogliersi nell’udire la determinazione e la tristezza nascosta sotto quelle frasi. E si chiese silenziosamente se lasciarla andare via fosse realmente ciò che voleva. Ma restò apparentemente impassibile, deglutì e «Cosa?» domandò, impaziente.
Lei abbassò il capo. «Dimmi che cinque notti fa non hai provato niente» gli impose.
E allora Zayn fece per aprir bocca ma le parole gli morirono in gola perché, per quanto fosse sempre stato il migliore a dire bugie, grandi o piccole ch’esse siano, in quel momento non ci riuscì. Comprese che s’era lasciato scappare l’emozione più vera che avesse mai provato, quel brivido che non sarebbe mai riuscito a spiegare, l’unico amore che avrebbe mai potuto avere. Perché nessun’altra sarebbe mai stata capace di dargli almeno un po’ di quello che, con un solo sguardo, riusciva a dargli lei. «Spencer…» mormorò, con la voce roca e la gola secca. Ebbe quindi l’ennesima conferma del fatto che lei rappresentasse la sua unica debolezza. «È realmente così.»
Inevitabilmente, quegl’occhi azzurri si riempirono di lacrime. «Guardami negl’occhi quando lo dici» supplicò.
Lui obbedì e si sentì vuoto quando l’oro del suo sguardo incontrò il mare nascosto in quello di Spencer. Ci provò davvero a dirglielo e, ancora una volta, non ci riuscì.
«Dimmelo, ti prego» lo implorava lei. E Zayn continuava a tacere. «Dimmelo! –ancora silenzio– non sei capace, eh?» Alzò inevitabilmente il tono della voce.
Si passò una mano fra i capelli, lui, stringendoli fra le dita e tirandone le punte. Qual’era il motivo per cui non trovava il coraggio d’aprir bocca? Perché aveva così tanta paura che lei potesse distruggersi sotto ai suoi occhi? Per quale ragione doveva amarla così tanto, nonostante tutto? E non seppe rispondersi. «Smettila…»
«No! –Gli urlò contro– Dimmelo» gridò ancora, combattendo contro la malsana voglia di prenderlo a pugni e le lacrime che minacciavano di tradirla.
Zayn sospirò e si spostò su un solo lato, lasciandole lo spazio necessario per entrare. «Entra» sussurrò.
Spencer s’affretto a scuotere il capo e fece un passo indietro. «Non sono qui per questo»
In risposta lui alzò gli occhi al cielo e le afferrò il polso in modo da trascinarla con sé all’interno dell’abitazione. Quando furono entrati, egli sbatté la porta e con altrettanta violenza la spinse contro quest’ultima. Trascorse poi il tempo di un attimo prima che le loro labbra si trovassero unite in un bacio troppo veloce, troppo passionale, troppo forte, troppo intenso, troppo loro, troppo tutto. Lei mise le sue mani su quelle di lui, a loro volta appoggiate sulle proprie guance, e si staccarono. Entrambi col fiato corto e i cuori impazziti, i respiri coordinati e le fronti che si scontravano. «Questa è una risposta valida?» sussurrò Zayn contro le sue labbra, baciandola ancora.
«Accettabile» mormorò lei, fra un bacio e l’altro. Aveva ceduto e, ancora, si ripeté che non ce l’avrebbe fatta a restargli lontana. Lui era dipendenza, un vizio che non riusciva a smettere, che non voleva smettere. Lui era il caffè al mattino, la sigaretta dopo ogni pasto e quella post-sesso, i quattro cucchiaini di zucchero nel tè e la mania di ripassare lo smalto tre volte. Era tutte quelle cose che se non c’erano se ne accorgeva all’istante, e la mancanza di Zayn la sentiva dolorosa fin dentro le ossa.
«Non pensare mai che non abbia provato niente. E che non stia provando niente.» Due veloci baci, qualche parola e il battito cardiaco di Spencer si fermò.
«Zayn –la voce supplicante per chiedergli di smetterla o forse di non smetterla mai– mi fai male» confessò.
E lui capì all’istante. «Tu molto di più.» Lei perse il fiato. Zayn le tolse le mani dal viso e rabbrividì, sentendone già la nostalgia.
Spencer allora scosse leggermente il capo e ricevette in risposta uno sguardo perplesso. Stettero in silenzio, le fronti ancora attaccate, le labbra a sfiorarsi e le mani che prudevano per la voglia di toccarsi. Poi fu lei a parlare. «Io t’ho già perdonato.»
Era forte, il dolore che provò Zayn nel sentirsi dire quelle parole. Avrebbe dovuto esserne felice, dirle che anche lui l’aveva perdonata, ringraziarla per aver avuto ancora una volta il coraggio di salvare la loro storia, di prendere quel noi che erano stati per un po’ e renderlo di nuovo reale. «Io non ci riesco…»
Lenta e dolce, la mano di Spencer si posò sulla sua guancia. La barba ispida pungeva ma non le importava affatto. «Lascia che t’aiuti io.» Ed era come se ancora una volta volesse farsi umiliare, perché lei lo sapeva che l’avrebbe rifiutata ancora.
Zayn chiuse gli occhi e sospirò. Per un attimo pareva vulnerabile, si lasciò andare e mostrò le proprie emozioni. Quando alzò le palpebre, lei si stupì di non trovarle prive di sentimento, impassibili come sempre. C’era paura in quegl’occhi, c’era voglia di urlare e di sfogarsi, c’era il non saper resistere ad una tentazione e c’era il dispiacere di non sapere affrontare le cose. E per la prima volta in tutta la sua vita, Spencer vide il mare in un paio di occhi castani. «Non è così semplice» mormorò.
«Non lo è mai stato» aggiunse, mordendosi il labbro come a volersi trattenere dallo scoppiare in lacrime. Era una donna forte, lei. Lo era sempre stata e non doveva dare a nessuno l’opportunità di vederla sconfitta.
E per quanto lei stesse cercando di nasconderlo con tutta se stessa, Zayn l’aveva visto quanto stava male. «E non lo sarà mai.»
Spencer capì solo in quel momento che cinque parole bastano per mandare in frantumi ogni cosa. Vide distruggersi sotto i suoi occhi quell’unica possibilità di ricominciare, di creare qualcosa di concreto, di svegliarsi al mattino e trovarlo al proprio fianco, di litigarci, di lanciarsi i piatti contro, di farci l’amore e di mandarlo a fanculo l’attimo dopo. «Fa schifo…» biascicò fra i denti, interrompendo il loro contatto visivo e tenendo il capo basso.
Lui deglutì. «Cosa?»
«Non sentirti più mio.» E pianse, perché non poté fare più altrimenti. Perché aveva perso il controllo e aveva infranto per l’ennesima volta quella promessa di non cedere fatta a se stessa.
Lui fra l’indice e il pollice afferrò il mento della ragazza e, nonostante la sua iniziale opposizione, le fece alzare il capo e permise ai loro sguardi d’incatenarsi. Gli aveva sempre fatto male vederla piangere e, ancor più, lo distruggeva la consapevolezza di essere la causa di quel dolore. Non parlò, le si avvicinò cautamente e raccolse una lacrima con le labbra. Lei tremò a quel contatto delicato e colmo di dolcezza. Con una lentezza disarmante, Zayn fece lo stesso sull’altra guancia. «Ora –cominciò, sussurrando– mi senti ancora tuo?»
Spencer venne invasa da una scarica di adrenalina e non rispose. Sia perché non avrebbe trovato le parole adatte, sia perché lui non gliene diede modo, posando le proprie labbra su quelle bagnate di lei. Le baciò piano e, con altrettanta attenzione a non provocarle dolore, le morse. Era come se all’improvviso lei fosse troppo debole e lui troppo impaurito. Fu Spencer stessa che, incapace di accontentarsi di un contatto così superficiale, approfondì quel bacio e lo trasformò in passione, in lingue che si scontrano e si rincorrono, in mani fra i capelli e corpi che spingono l’uno contro l’altro, desiderosi di aversi.
«E adesso?» chiese Zayn d’un tratto e lei, capendo a cosa si stesse riferendo, scosse il capo. Non lo sentiva pienamente suo e, per quanto avrebbe voluto sbagliarsi, era fermamente convinta che fosse così.
Si guardarono e non seppero interpretarsi. Non capirono cos’era che desideravano realmente in quel momento, cos’avrebbero voluto dirsi e come. Esitante, Spencer lo baciò di nuovo dopo quei pochi istanti fatti di silenzio. E immediatamente riprese quel loro gioco di lingue, di morsi, di graffi. Si stringevano forte fino a farsi male, mentre si leccavano le ferite che si portavano dentro e riempivano quei vuoti dolorosi. «Non ancora» mormorò Spencer dopo un po’.
Zayn quasi ringhiò, socchiuse gli occhi e s’insinuò con le dita sotto la sua maglietta. L’attimo dopo quest’ultima era già in un punto impreciso del pavimento, mentre Spencer lo spingeva verso il divano senza accennare a staccarsi dalle sue labbra. «Spogliami –suonò come un ordine– e poi dimmi se mi senti tuo.» Soffiò contro la sua bocca bagnata e gonfia.
E lei accennò un sorriso malizioso, gli sfilò la t-shirt e delicatamente gli depositò un bacio umido sul petto. In contemporanea permise ad una delle sue mani d’intrufolarsi nei pantaloni di lui, stuzzicandolo senza toccarlo realmente, facendo come per accontentarlo per poi tirarsi indietro. Era sempre stata la migliore a provocarlo, a farlo impazzire fino a perdere la testa. Gli appoggiò le mani sulle spalle e lo fece sedere sul divano. Zayn non le permise di far altro, afferrandole il polso e tirandola verso di sé in modo da farla ritornavate seduta sulle proprie gambe.
Poco dopo già il delirio, già una sola cosa. Si mischiarono i respiri, i corpi, le ossa e i cuori. E quand’ebbero finito, stesi l’uno accanto all’altro con le gambe intrecciate, Spencer fissò il soffitto bianco e cercava di recuperare il fiato. «Zayn –Lui mugugnò stanco, e voltò il capo per guardarla in modo apparentemente privo d’emozioni –Io non lo so se tu m’appartieni ancora, ma so per certo che io sono tua» disse, senza distogliere mai lo sguardo e senza alcun particolare timbro di voce.
La stranezza di quel momento disarmò entrambi, soprattutto lui che persino dopo averla posseduta parve aver paura di farle una carezza. Infatti titubante le spostò i capelli dalla fronte imperlata di sudore e lei rabbrividì. Zayn avrebbe potuto anche far sesso con una donna differente ogni giorno se solo l’avesse voluto, ma nessuna mai sarebbe stata capace di dargli almeno la metà di ciò che, involontariamente, riusciva a dargli Spencer. Perché per quanto lui ci provasse, non riusciva a metterci il cuore con un’altra. «Fidati, lo sono anch’io.»
Lei distolse lo sguardo, come se un po’ provasse un lacerante dolore e un po’ un immenso piacere. Infondo per lei Zayn era sempre stato così, un misto incantevole di due cose troppo differenti: caldo e freddo, giorno e notte, angelo e diavolo, tutto ciò che voleva e tutto ciò da cui avrebbe dovuto allontanarsi. Spencer rimase con lo sguardo fisso nel vuoto, senza vedere nessuno di quegli oggetti che arredavano l’appartamento.
«La prima volta che ti ho vista –Zayn ruppe il silenzio– avevi nove o forse dieci anni, nascondevi i capelli corti sotto un cappellino di lana grigio e per me eri solo la figlia di un’amica di famiglia che s’era trasferita nella casa di fronte alla mia…» Era come se stesse pensando a voce alta, come se non si stesse riferendo realmente a lei.
E Spencer, che lo ascoltava silenziosamente, decise d’interromperlo. «Volevo fare amicizia con te, ma non t’interessava. Non mi guardavi neppure, eri un bambino asociale» borbottò, ancora senza guardarlo.
Zayn alzò un angolo delle labbra e si spostò su un fianco, ritrovandosi col viso immerso nei capelli di lei. «È strano, ma seppi il tuo nome solo qualche anno dopo, quando fu Harry a presentarci. Indossavi una gonna molto corta e ti mordevi spesso le unghia. Ti sentivi figa con la sigaretta fra le dita e un po’ di rossetto sulle labbra. Eri irritante e al contempo fin troppo bella» le rivelò cose che aveva sempre tenute nascoste.
E Spencer mai avrebbe avuto idea che Zayn ricordasse certi dettagli così apparentemente insignificanti. Ne restò stupita perché anche lei, come lui, c’aveva sempre avuto quelle immagini in testa e ricordava alla perfezione in che modo era vestito lui, quante sigarette al giorno condividevano e il fatto che prendessero in giro qualsiasi persona camminasse per strada. «Lo eri anche tu» sussurrò.
Zayn sorrise lievemente e prese a giocare con una ciocca dei suoi capelli. «Non lo so quand’è che è cominciata questa mia assurda fissa verso di te. Forse già dalla prima volta che ci siamo stretti la mano, o forse quando il tempo passava e tu mi prendevi in giro per le ragazze con cui uscivo, ma poi mi guardavi in quel modo che… Dio, mi facevi impazzire» disse, ridacchiando al ricordo delle loro piccole discussioni quotidiane e degli sguardi furtivi che si lanciavano.
Spencer perse il fiato e dovette fare un grosso respiro prima di parlare, maledicendo se stessa per non essere capace di reggere tutte quelle emozioni troppo forti nel giro di poche ore. «Ti guardavo in quel modo che non hai mai saputo interpretare –e lui smise di giocare coi suoi capelli, attendendo impazientemente una spiegazione dettagliata –non l’hai mai capito che se ti prendevo in giro era solo perché a parlare era la gelosia, che se mi mordevo le unghia era perché la tua vicinanza mi rendeva nervosa, non ti sei mai accorto che dietro quel mio essere così acida con te c’era tanta voglia di baciarti.»
«E quanto vorrei averlo capito…»
borbottò, sincero e pentito. Era stata la loro mancanza di coraggio ad impedirgli di cominciare la storia che avevano sempre desiderato vivere insieme e, se fosse stato possibile, Zayn sarebbe tornato indietro e l’avrebbe baciata nel bel mezzo di uno dei loro quotidiani battibecchi. Calò ancora una volta il silenzio fin quando lui non riprese parola. «Erano bei tempi, però.»
E Spencer sospirò con amarezza. «Fin quando non decidesti di sparire» sputò acidamente. «Alla fine scappare dai problemi è sempre stata una cosa che ti riesce bene, credo che tu sia il migliore in questo» disse a mo’ di rimprovero, con una freddezza tale che fece rabbrividire Zayn.
«I miei genitori avevano divorziato, avevo bisogno di cercare altro. –si giustificò. Spencer alzò le spalle, come se fosse indifferente a quella situazione, a quelle parole.– Non avrei mai immaginato di rincontrarti in quella situazione…»
Spencer si sciolse, ripensando a quello che ricordava come uno dei loro momenti più belli. Quell’istante che custodiva gelosamente nel cuore e che, se solo le tornava in mente, le pareva di riviverlo. «Erano passati un paio di mesi dall’ultima volta che t’avevo visto, non avevo alcuna notizia di te, non ti si vedeva più in giro e credevo addirittura che fossi scomparso…»
 Lui la interruppe. «Erano le tre del mattino, forse anche più tardi, e non ricordo all’esterno di quale locale ci trovavamo» proferì.
«Uscivo con Jackson in quel periodo –riprese a parlare Spencer, ridacchiando– e quel bastardo mi lasciò da sola lì fuori in piena notte…»
Zayn scoppiò a ridere. «Sbraitavi come un camionista» la prese in giro.
Lei, dopo quella che parve un eternità, lo guardò negli occhi e gli rivolse un’occhiata truce. «Mi sembra ovvio, e non immagini quanto m’irritasti quando ti sentii ridere alle mie spalle!»
 
«‘Sto figlio di puttana!» sbraitava Spencer, con le mani strette a pugno e i piedi che battevano insistentemente sull’asfalto freddo e bagnato dalla pioggia invernale. Faceva freddo, il suo ragazzo l’aveva lasciata da sola e un tipo alle sue spalle rideva ogni volta che lei urlava. Eppure quella risata era qualcosa di troppo familiare che, se non fosse stata ubriaca e fatta, avrebbe riconosciuto.
Dopo l’ennesimo suo grido si voltò di scatto, pronta a scaricare la propria rabbia su colui che si divertiva alle sue spalle. «Che cazzo hai da rid… –E tacque quando gli occhi suoi incontrarono quelli di Zayn. Rimase senza fiato, mentre lui la guardava in modo divertito poiché l’aveva riconosciuta tempo prima– Malik?» domandò con un filo di voce.
Lui alzò le spalle, seduto su una moto che non gli apparteneva, i capelli spettinati e la camicia bianca completamente rovinata. «In carne ed ossa» disse soltanto. Spencer non s’accorse neppure che le proprie gambe cominciarono a correre e si fermarono solo quando i loro corpi si scontrarono e si strinsero nell’abbraccio di chi, silenziosamente ed involontariamente, s’è mancato tanto. Il primo abbraccio di una lunga serie.

 
Sorrisero assieme, con gli occhi che brillavano. E Spencer cancellò l’amara consapevolezza del fatto che un tempo erano bravi a far tornare le cose com’erano prima di distruggersi, mentre in quel momento pareva qualcosa di irrealizzabile. Ci fu ancora silenzio e ancora le mani di lui che l’accarezzavano delicatamente, prima che lei s’alzasse di scatto sotto lo sguardo confuso ed indagatore di Zayn.
«Devo andare» spiegò, recuperando i propri indumenti sparsi sul pavimento freddo.
Lui annuì comprensivo, passandosi una mano fra i capelli in un gesto veloce e impacciato. Cos’avrebbe dovuto fare adesso? «Torni?»
Spencer tremò e si voltò di scatto, come se lui avesse detto la più grande delle assurdità. «A che scopo?» chiese infatti, infilandosi  i pantaloncini.
Si strinse nelle spalle, Zayn. E alzò un angolo delle labbra, facendola fremere. «Fallo per ricordarmi che sei roba mia, che sono roba tua –ammiccò– ho bisogno che mi rinfreschi la memoria.» E ridacchiò con fare malinconico, senza alcuna traccia di felicità.
«L’ho appena fatto. Sono roba tua e tu sei roba mia, che tu lo voglia o no sarà così per sempre. Hai due possibilità: fingere che non sia così e continuare ad andare avanti senza noi o arrenderti davanti alla consapevolezza che ci apparteniamo ora come ci apparterremo tutta la vita. Tu fa’ una scelta e falla col cuore. Io t’aspetto





 
Spazio autrice.
Premetto che questo capitolo mi fa schifo perché non ho voglia di scrivere, però lo adoro perché più immagino le scene e più mi innamoro di loro.
Sono arrivata al punto che gioisco io stessa quando leggo ciò che ho scritto, quanto è grave questo disagio mentale? haha. 
Comunque, ci tengo a ringraziarvi perché ci siete sempre nonostante i miei ritardi nel postare i capitoli
e nonostante il fatto che non faccia altro che continuare a complicare questa storia. Belle siete! 
E niente, vi saluto e vi ricordo che il prossimo capitolo sarà l'ultimo... 
Mi mancate già.
Un bacio. 

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Capitolo 22
*** Twentytwo. ***


(Epilogo.)
 
Nelle lunghe attese fra di noi,
io
non ho confuso mai
braccia sconosciute
con le
tue.

 
Due anni dopo
 
«Voglio invitarlo al mio matrimonio.» Aveva accennato Cassie una di quelle sere monotone, con il calice di vino bianco in mano, il piatto con la cena ancora fumante davanti e la paura della reazione di Spencer. Le luci erano spente, l’unica fonte d’illuminazione proveniva dai lampioni in strada ed erano di tanto in tanto i rumori delle auto a riempire la stanza. E faceva freddo, ma Spencer era certa che il brivido che le corse lungo la schiena non era dovuto alla bassa temperatura.
Aveva tossito violentemente, sputando l’acqua che le era andata di traverso e sgranando gli occhi. «Cosa? Non pensarci nemmeno» aveva detto, puntandole contro l’indice con fare minaccioso e cercando di sembrare autoritaria, nonostante negl’occhi si leggesse la muta supplica di non farlo.
Cassie, che aveva già previsto una conversazione simile, alzò gli occhi al cielo e bevve un sorso di vino come a volersi incoraggiare. «Non mi sembra di aver detto che puoi decidere, domani gli spedirò l’invito» dichiarò, afferrando la forchetta con nonchalance e cominciando a mangiare sperando inutilmente di aver già concluso il discorso.
Spencer, incredula, la fissava dall’altro lato del tavolo con l’aria di chi ha subito un tradimento e, in un primo momento, non sa come reagire. «Sei impazzita? –domandò retoricamente, non ricevendo risposta– che diavolo c’entra lui con il tuo matrimonio?» sbraitò, alzando le mani a mezz’aria con fare nervoso.
Come risposta, Cassie emise un sonoro sbuffo impazientito. «Ci terrei a ricordarti che sei tu quella che ha chiuso ogni tipo di rapporto con lui, non io!» esclamò con fare ovvio, guardandola con la poca pazienza di chi non ha alcuna intenzione di cominciare una discussione.
Ma Spencer sgranò gli occhi, scoppiando in una risata isterica. «Sei seria?»
«Ti sembra che io stia scherzando?» chiese, con il tono di chi non ammetteva repliche, di chi non avrebbe cambiato idea poiché prima di prendere tale decisione ci aveva riflettuto a lungo.
Spencer scosse il capo, non ancora rassegnata. «Ci hai pensato almeno a come mi sentirò quando lo rivedrò?» E forse, infondo, nemmeno lei lo sapeva come avrebbe reagito nel momento in cui avrebbe incontrato quegli occhi dopo tanto tempo trascorso a maledirli. Non l’avrebbe ammesso mai, perché neppure lei ne era a conoscenza, ma il pensiero di poter sentire ancora una volta il suo profumo non era per nulla un dispiacere. 
Scoppiò a ridere, Cassie, scuotendo il capo con fare divertito. «C’è il rischio che tu possa svenire? –la prese in giro, ricevendo un’occhiata infuriata in risposta– in tal caso, ci sarà da divertirsi.»
Spencer fece per aprir bocca e rispondere a tono, ma tutto ciò che uscì fuori fu un lamento infastidito, arrabbiato. Si alzò di scatto e «Vaffanculo!»
 
Quando Spencer l’aveva visto in chiesa, con i capelli più corti e la barba più lunga, in smoking e con la mano destra ormai completamente tatuata, perse un battito. E le sembrò di riviere la scena vissuta alcuni anni prima, quando lui era tornato dall’Italia e da quel momento in poi aveva stravolto la sua vita per poi andarsene ancora una volta. Ma era sempre bello, di quella bellezza che a parole non si può spiegare. Più bello di quanto lei stessa ricordasse.
«Ciao» la salutò, sempre apparentemente calmo e privo di qualsiasi emozione. E quegli occhi erano più scuri, più profondi. Quel viso più rilassato, pacato. Lui stava bene.
Spencer si chiese, in quei pochi istanti che impiegò per reagire, quanto tempo era trascorso dall’ultima volta che si erano rivolti la parola. Quanto tempo era trascorso dall’ultima volta che si erano guardati negli occhi, dall’ultima volta che si erano toccati. Lei non rispose, lo guardò con indifferenza e tentò di apparire calma anche quando, stringendo la sua mano a mo’ di saluto, avvertì una scarica elettrica scuoterla freneticamente da capo a piede.
Non si rivolsero un solo sguardo durante tutta la funzione, nonostante la tentazione di guardarsi e scambiare qualche parola fosse quasi impossibile da resistere. Eppure Zayn non riusciva a smettere di pensare a quanto bella fosse avvolta nell’abito grigio lungo fino alle ginocchia, con i diamanti luminosi incastonati sul petto e i capelli mossi che le cadevano elegantemente sulle spalle nude. Il trucco marcato, le unghia perennemente laccate di rosso e un aria spensierata che non le aveva visto quasi mai.
Durante tutto il tempo trascorso lontano da lei, non aveva mai pensato di averla dimenticata, di essere andato avanti. Zayn si era rassegnato all’idea di appartenere a lei eternamente anche prima di andarsene. E sarebbe potuto restare, ma non l’aveva fatto. Perché lui era sempre stato una di quelle persone che fanno tutto sbagliato, che se ne vanno quando c’è solo da restare, che non fanno altro che pentirsi dei propri errori. E silenziosamente, fingendo d’interessarsi alla funzione, egli si domandò quand’è che avrebbe smesso di sbagliare.
Per Spencer le cose erano andate diversamente. Per un certo periodo, prima che Cassie le rivelasse di aver invitato definitivamente Zayn al proprio matrimonio, ella aveva creduto seriamente di averlo dimenticato. Aveva riso al ricordo di aver pensato di non farcela senza di lui. Aveva brindato alla prima sbronza dopo di lui, alla prima uscita con gli amici dopo di lui, al primo appuntamento ricevuto dopo di lui, al primo bacio dato dopo di lui, alla prima volta che aveva fatto sesso dopo di lui, alla prima volta in cui si era svegliata e non aveva sentito la sua mancanza. Aveva brindato alla prima volta che l’aveva pensato come un ricordo, alla prima volta in cui si era augurata che lui stesse bene poiché ormai non provava più nulla per lui, nemmeno rabbia.
Poi guardandolo era crollato tutto. Come se non fossero servite a niente tutte quelle notti insonni ad aspettarlo, ad attaccarsi col naso alla finestra nella speranza di vederlo arrivare da lontano, con il fiatone e i capelli spettinati. Era bastato poco per far crollare tutta la convinzione che senza di lui si poteva vivere ugualmente, che Zayn per lei non era fondamentale, che i suoi giorni valevano qualcosa anche se lui era scappato e non sarebbe tornato mai.
Alla fine, Spencer una conclusione ce l’aveva: dall’amore, quello vero, non ci esci mai.
 
I festeggiamenti erano impeccabili, tutto si svolgeva secondo i piani. Cassie era bellissima, Liam lo stesso. Il cibo era delizioso. La musica piacevole, i giochi travolgenti. Amber non si era staccata un solo istante da suo padre, riempiendogli la stessa con tutto ciò che le era accaduto negli ultimi due anni senza di lui, nonostante gliel’avesse raccontato durante le loro lunghe videochiamate quotidiane, nelle quali Spencer s’allontanava il più possibile per evitare anche di sentire la sua voce.
«Ancora non ci credo…» mormorò Cassie, rivolgendo un’occhiata veloce alla sua migliore amica.
Spencer sorrise, felice per lei e per il fatto che fosse riuscita a trovare una certa stabilità. «E così mi lasci sola» disse, liberando un lieve sospiro. Nonostante tutto, non sapeva come avrebbe fatto a sopravvivere senza la presenza costante di Cassie.
Quest’ultima nell’ascoltare quelle parole parve sciogliersi letteralmente. «Non dormirò più nella stanza accanto alla tua e non mi avrai davanti ventiquattro ore al giorno, ma non vuol dire che sarai sola. –Le disse, guardandola con una dolcezza che non le apparteneva affatto– non lo sarai mai» la rassicurò.
Istintivamente, Spencer la abbraccio. E solo in quel momento si accorse di aver dimenticato quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che l’aveva stretta così forte e se mai, prima di quel momento, le avesse detto cosa provava per lei. «Ti voglio bene» rivelò.
Cassie fece per risponderle, ma venne interrotta da Harry che, con quel suo fare curioso da impiccione, si avvicino e disturbò l’unico momento di quella giornata in cui avevano avuto l’opportunità di stare un po’ da sole. «Allora? Te l’ha detto dove ti porta in viaggio di nozze?» domandò con eccitazione.
Le due scoppiarono a ridere. «Non ancora –rispose la sposa– vuole che sia una sorpresa…»
Harry sbuffò e, poco dopo, anche Zayn si avvicinò a loro, puntando lo sguardo solo ed esclusivamente su Cassie. «Allora, pel di carota in abito da sposa, chi l’avrebbe mai detto?» La prese in giro.
«Malik –cominciò lei con tono minaccioso, puntandogli contro un dito –non chiamarmi in quel modo, potrebbe finire molto male.»
E risero tutti, tranne Spencer che si limitò a voltare le spalle ai tre e uscire in terrazza, bisognosa di prendere una boccata d’aria fresca. Che cosa sarebbe stato della sua vita se Zayn, anziché partire, sarebbe andato da lei? Non fece altro che porsi quella domanda per i successivi dieci minuti, fantasticando su quanto probabilmente sarebbe accaduto. E quanto sarebbe stato bello.
Poi, a passo lento e silenzioso, con una bisognosa dose di coraggio, lui le si avvicinò e si appoggiò con la schiena alla ringhiera. «Che stai facendo?» domandò.
La sentì trattenere il fiato e infine sospirare mentre, con i gomiti sulla ringhiera, teneva il capo alto e guardava il cielo senza vederlo davvero. «Avevo bisogno di stare un po’ da sola» rispose.
«Ah –mormorò Zayn, che in un certo senso si sentì di troppo– allora ci vediamo dentro» disse, facendo per andarsene.
Spencer gli appoggiò una mano sul petto, trattenendolo. E i loro sguardi finalmente s’incrociarono. «Resta. –lui, senza fiato e scosso per quel contatto banale, annuì leggermente. Dopo i successivi secondi d’imbarazzante silenzio, lei distolse lo sguardo e prese parola– che hai fatto in questi due anni?» gli chiese.
Lui alzò le spalle, come se non ci fosse nulla di particolarmente importante da spiegare. «La solita vita» rispose.
A quella risposta, inevitabile e previsto fu il sorriso che si formò sulle labbra della ragazza. «“E per solita vita intendi bere fino a vomitare, sniffare fino a perdere i sensi e scopare fino a rischiare di avere un attacco cardiaco?”» imitò le virgolette con le mani, con il sorriso sulle labbra e senza smettere di guardarlo.
Zayn rise. Una risata breve ma intensa, gli occhi che brillavano e il fiato corto. Era felice. «Credo di averla già vissuta questa scena» commentò con ironia, ricordando la prima sera trascorsa assieme quando era tornato, alcuni anni prima.
Spencer ridacchiò. O almeno ci provo. «Già.» E distolse lo sguardo, ormai incapace di reggere quel contatto visivo. Faceva sempre un po’ male il ricordo di quel che era stato e che ormai non c’era più.
Seguirono minuti di profondo silenzio, che nessuno dei due accennava a interrompere fino a quando, con un po’ di coraggio, Zayn riprese parola. «Credi che un giorno, anche lontano, riuscirai a perdonarmi?» E la naturalezza con la quale le pose quella domanda disarmò perfino se stesso che, nonostante apparisse calmo, stava combattendo contro la malsana voglia di sbatterla al muro e baciarla forte. Baciarla fino a dimenticare il dolore degli ultimi anni. Il dolore che da sempre si erano provocati a vicenda.
Ma Spencer l’aveva fatto già tempo prima, così si limitò a spostarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e «Sì. Credo di sì» rispose soltanto, nascondendo l’uragano che si stava scatenando velocemente dentro di lei. Zayn, dopo così tanti anni e nonostante la tanta esperienza, le faceva sempre lo stesso effetto. E si sentiva una stupida, una ragazzina alle prime armi, una scolaretta innamorata. «Perché te ne sei andato?» chiese d’un tratto.
E lui rise senza traccia alcuna di felicità, in modo quasi inquietante. «Domanda di riserva? –ironizzò. Lei tacque, per niente divertita– Non lo so, Spencer, non lo so» rivelò, divenuto ormai serio.
Le si spezzò il respiro, in modo inevitabile. «Puoi ripeterlo?»
Zayn inarcò le sopracciglia e la guardò con fare stranito, non capendo a cosa si stesse riferendo. «Cosa?»
«Il mio nome» rispose velocemente.
Egli accennò un lieve sorriso, senza distogliere lo sguardo. Ammirava il suo profilo e desiderava di poter tornare indietro nel tempo per far andare le cose nel verso giusto, per poter avere la consapevolezza che in quel momento lei gli apparteneva. «Spencer.» E detto da lui era da sempre il suono migliore che lei avesse mai ascoltato.
Sospirò pesantemente, abbassando le palpebre con un certo fare malinconico. «Mi mancava sentirtelo dire» rivelò.
«A me mancavi tu…» E cadde il silenzio. Un silenzio devastante, in cui la confusione fa da padrona fra tutti quei sentimenti contrastanti. Dopo un po’, Zayn riprese parola. «So che dirtelo adesso non serve a niente ma voglio che tu sappia che ti ho amata davvero…» E lo disse lentamente, con l’inesperienza di chi certe frasi non le ha pronunciate mai.
Spencer lo interruppe prima che potesse dire qualsiasi altra cosa. Aprì gli occhi e sentì il cuore tremare quando, voltandosi per guardarlo, si ritrovò nel suo sguardo così sincero e così pentito. Come avrebbe potuto non credergli? E, soprattutto, come avrebbe fatto a non cedere alla tentazione di mandare al diavolo l’orgoglio, dimenticare il negativo e stringerlo forte? Semplicemente non poteva. «Lo so –sussurrò, con la voce spezzata– anch’io» ammise in seguito.
Lui deglutì, sistemandosi i capelli con un movimento veloce e quasi meccanico. In quel gesto, Spencer vide dell’impaccio e si trattenne dall’abbandonarsi ad un sorriso intenerito. «Mi dispiace di aver permesso che le cose andassero così, ma…»
Ancora una volta, Spencer lo interruppe. «Non dirlo» supplicò.
Stranito, Zayn la ignorò e continuò a parlare. «…se potessi tornare indietro, non commetterei così tanti errori» rivelò.
Con una dolcezza che non le apparteneva, Spencer lo guardò e accennò un sorriso spento, rassegnato, sconfitto. Perché Zayn non sapeva affrontare le situazioni e gli veniva naturale abbandonare tutto e scappare. L’aveva fatto troppe volte e l’avrebbe fatto per sempre, Spencer s’era rassegnata. «Io, invece, se potessi tornare indietro rifarei tutto allo stesso modo –Zayn le rivolse un’occhiata interrogativa– non ti rivelerei mai ciò che provavo per te, rifarei l’amore con te quella notte di cinque anni fa, ti guarderei partire senza dire una parola e sentirei la tua mancanza fino a star male da impazzire. Al tuo ritorno ti perdonerei ancora una volta e rifarei esattamente tutto ciò che mi ha portato a perderti e ad andartene di nuovo. Proverei il doppio del dolore che ho provato e anche il triplo, se solo fosse necessario.»
E non stava mentendo, Zayn glielo leggeva negli occhi lucidi che non avevano il coraggio di guardarlo. Non stava mentendo perché le tremavano le mani e, di tanto in tanto, la voce la abbandonava. «Perché?» Fu tutto ciò che poté chiederle a riguardo.
Non ci pensò due volte prima di rispondergli. «Perché ne è valsa la pena.»
Lui corrugò la fronte, stranito. «Non direi –mormorò, cercando di capirla– non siamo assieme adesso» le fece notare.
Spencer, dopo un tempo che a lui parve interminabile, si voltò a guardarlo. «Ma tu sei qui.» E le bastava quello.
«Sono qui perché Cassie mi ha…»
Lo interruppe. «È solo una coincidenza –disse, determinata– sei qui perché sei destinato a me. E anche se tu lo volessi, non puoi scappare dal tuo destino» spiegò con convinzione, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi neppure per un istante.
Zayn restò immobile, di sasso, senza sapere cosa dire o cosa fare o addirittura cosa pensare. Restò semplicemente fermo a reprimere il desiderio –mai forte come in quel momento– di stringerla a sé. E seguì un lungo silenzio, un silenzio non imbarazzante, fin quando lui non parlò. «Spencer –sospirò, trovandosi in difficoltà– perché mi fai quest’effetto?»
Lei sorrise, gioiosa e soddisfatta. Poi, fingendo di non aver compreso cosa lui stesse tentando di comunicarle, domandò: «Quale effetto?»
In risposta Zayn le prese la mano e la guidò sul proprio petto, premendola per farle sentire il battito cardiaco pericolosamente accelerato. «Questo –sussurrò– perché?» chiese ancora.
Tremante, Spencer abbassò il capo, si morse il labbro inferiore per reprimere un gridolino eccitato e non accennò neppure per un secondo a rompere quel contatto fisico tanto banale quanto desiderato. «Perché mi ami, Zayn.»
A sentire la naturalezza di quelle parole egli s’irrigidì, stranito dal fatto che lei avesse pronunciato proprio le parole che lui stesso stava pensando. Con timore poi, la spinse verso di sé e lasciò una carezza sulla sua guancia. Lieve, quasi impercettibile. Come se avesse paura di toccarla, di vederla rompersi sotto i propri occhi, come se Spencer non fosse reale e in realtà fosse tutto frutto della sua immaginazione. Ma lei era ancora lì, gli occhi vispi, le labbra dischiuse e la mano appoggiata ancora sul suo petto. «S-sì –balbettò– ti amo.»
Improvvise, dopo tanti anni passati ad aspettarle, quelle due parole erano arrivate. E l’avevano stravolta, spiazzata, devastata. Si sentì improvvisamente vuota, poi piena. Morta, poi viva. Stabile, poi fragile. Così confusa che dovette reggersi a lui per non cadere, tanto frastornata che si costrinse a chiudere gli occhi per qualche istante per poi riaprirli e scoprire che non si era immaginata nulla. «Dammi un pizzico» ordinò, seria.
Lui scoppiò a ridere, confuso. «Perché?»
Spencer alzò le spalle, impaziente. «Forse sto sognando.»
In risposta Zayn rise ancora e, velocemente, le mise una mano dietro la nuca e la spinse verso di sé per avvicinare i loro corpi, i propri visi. Spencer appoggiò le proprie mani sulle sue guance e nel momento esatto in cui le loro labbra si sfiorarono, qualcuno alle loro spalle tossì per attirare la loro attenzione e si staccarono di colpo, colti in flagrante. «Ehm… mi dispiace disturbarvi –mormorò Rachel, con l’aria seriamente dispiaciuta e un sorriso smagliante a decorarle il viso ingrassato a causa della gravidanza– ma è il momento della torta.»
Spencer rise, e Zayn si grattò la nuca con imbarazzo. «Arriviamo» disse, ricambiando lo sguardo complice di sua sorella, per poi tornare a guardare la ragazza di fronte a sé. «Grazie» E senza aggiungere altro le prese la mano, concedendo alle loro dita di intrecciarsi, e fece per rientrare ma lei lo trattenne.
«Per cosa?»
Lui sorrise. «Per avermi aspettato davvero.»


 
Spazio autrice.
Non so da dove cominciare, ma suppongo che un grazie sia d'obbligo. 
Grazie a chi ha sclerato e si è disperata con me,
a chi c'è sempre stata nonostante le lunghe attese
e ha sempre espresso il proprio parere.
Grazie anche a chi è stata presente silenziosamente
e mi auguro che almeno stavolta possa avere il piacere di conoscervi! 
Non mi sembra vero ma Zayn e Spencer sono finiti... in modo strano, certo, ma il lieto fine non manca. 
Perché ve lo siete meritate, ahah. 
Detto questo, sappiate che non ho intenzione di sparire
Credo che tornerò presto con un'altra storia.. 
Vi adoro,ancora grazie!

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