You are life, between earth and sky

di Alissya_Paglieri
(/viewuser.php?uid=426343)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


"Darling, I'm invincible"







“Dai Ajay, prendimi!” urlò una bambina mentre scappava dal suo fratellone.
“Forza Avani, è inutile che scappi, tanto sai che ti prendo sempre, dobbiamo andare a casa, è tardi!”
“Va bene Ajay, ma domani mi porti ancora a giocare?”
“Tesoro… Domani tu, mamma e Shaila partite.”
“Tu e pitā (papà)?”
“Noi non possiamo venire, dobbiamo rimanere qui, Elana ha bisogno di noi.”
“Non può venire anche la nonna allora?”
“No, lei è anziana Avani, non può spostarsi, qui è nata e cresciuta e ci morirà anche. Noi vi raggiungeremo quando avremo sistemato le cose, la casa, il lavoro di pitā e il mio… Abbiamo tanto da fare, non possiamo partire subito, ma voi dovete, qui non è sicuro per voi.”
“E per voi sì?”
“Piccola… Io sono invincibile!”
 
“Ciao pitā , ti voglio bene, mi mancherai tanto!”
“Anche tu Avani, ma ci rivedremo presto.”
“Me lo prometti?” chiese la bambina.
“Vai ad abbracciare la nonna, è tardi, perderete l’aereo, ti voglio bene mērī bētī (figlia mia).” Disse il padre liberando la bimba dalla presa delle sue forti braccia.
“Namastē dādī (ciao o arrivederci nonna).”
“Namastē Avani.”salutò semplicemente l’anziana signora.
“Ciao baṛā bhā'ī (fratellone), mi mancherai tantissimo! Ti aspetto presto… Vieni via con noi Ajay!”
“Non posso bahana (sorellina), mi mancherai anche tu, maiṁ tumasē pyāra karatā hūm̐ (ti voglio bene). Fai la brava, quando ci rivedremo poi mi racconterai tutto, voglio sapere com’è l’Inghilterra e magari mi farai da guida. Namastē Avani.”
“Sāvadhāna hōnā (stai attento)!”
“Tranquilla, te l’ho detto ieri sera, sono invincibile!”
“Lo so Ajay…”
“Dai, abbracciami.” La piccola non se lo fece ripetere due volte e corse in braccio all’amato fratellone.
Un paio di minuti dopo la madre e le due sorelline salirono sul treno che le avrebbe portate in aeroporto. Avani si sporse dal finestrino per salutare il fratello.
“Namastē, baṛā bhā'ī,namastē!”
“Namastē bahana!”
 

Quella fu l’ultima volta che Avani vide suo fratello Ajay.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter 1 ***


"I'll always take care of you"










«Subaha acchā (buongiorno) Mām̐ (mamma), ehi piccolina, come va?» chiese la ragazza entrando in cucina.
«Subaha acchā anche a te Avani.» Disse la mamma stampando un bacio in fronte alla figlia.
«Ciao bahana (sorellona)! E smettila di chiamarmi piccolina. Ormai ho sedici anni!»
«Già… Ma ne hai comunque cinque in meno rispetto a me. Quindi sei piccolina!»
«Sei insopportabile.»
«Grazie cara.»
«Mamma, io vado, Akash mi sta aspettando al bar.»
«D’accordo Avani. Ricordati che oggi pomeriggio io e Shaila andiamo da Chhaya, quindi torneremo dopo cena.»
«Meglio, così faccio venire qui Akash a mangiare e ci guardiamo un film in pace. Con tutta l’agitazione per il matrimonio sono settimane che non riusciamo a stare un po’ tranquilli solo noi due.»
«Va bene, ma fai attenzione.»
«Mamma! Ho ventuno anni, non sono una bambina. Oltre al fatto che sto insieme ad Akash da cinque anni. Pensi che non abbiamo fatto niente nel frattempo?!»
«Avani!»
«Che c’è? È la verità!»
«Lo so, ma non dire queste cose davanti a Shaila.»
«Non ho detto niente di strano, comunque ora vado che se no arrivo tardi e sai che lui non lo sopporta.»
«Ok, ci vediamo stasera mērī bēṭī (figlia mia).»
«Sì, acchā dina (buona giornata) a tutte e due.»
Mentre Avani camminava per andare al bar, si mise a ripensare a come aveva incontrato Akash sei anni prima.
 
 
*FLASHBACK*
«Scusi signorina Pitsbury, ho perso l’autobus.» Disse Avani entrando di corsa nell’aula di biologia.
«Non si preoccupi signorina Iyer.» Disse subito prima di riprendere la lezione.
Al suono della campanella la professoressa richiamò la ragazza alla cattedra.
«Mi scuso ancora per il ritardo.»
«Non ci sono problemi, sei sempre puntuale, precisa con le consegne e sei una delle studentesse con la media più alta. Ti ho chiamata per un altro motivo…»
«Mi dica, l’ascolto.»
«Domani arriverà un nuovo studente, è un ragazzo di origini indiane, ma è nato e cresciuto in Inghilterra, vorremmo che tu gli facessi da tutor.»
«Ma ha appena detto che è nato e cresciuto in Inghilterra, non vedo di che aiuto potrebbe aver bisogno.»
«Assolutamente nessuno dal punto di vista didattico, ci siamo informati presso la scuola che frequentava il semestre scorso, è un ottimo alunno, vorremmo solo accostargli qualcuno per questo primo periodo in una nuova scuola e in una nuova città e ci sei sembrata la candidata ideale, sia perché sei una ragazzina molto studiosa, sia perché avete la stessa cultura, e pensiamo che questo potrebbe agevolare la conoscenza.»
«Certo, per me non ci sono problemi.»
«Perfetto. Domani ti chiedo allora di arrivare una decina di minuti prima.»
«D’accordo, a domani signorina Pitsbury.»
«A domani Avani.»
 
«Oh buongiorno Avani, lui è Akash.»
«Akash?»
«Avani?»
Chiesero i due simultaneamente.
«Vi conoscete già?»
«No signorina Pitsbury, ma in Hindi Avani significa terra e Akash cielo
«Ahah sembra una barzelletta.»
«Non capisco ragazzi.»
«Per noi i nomi non hanno lo stesso significato che hanno qui per voi in Inghilterra, il nome non è solo un mezzo per chiamare l’altro, è una descrizione, una destinazione, per noi sono molto importanti.» Le spiegò Akash.
«E noi ci chiamiamo terra e cielo, dove finisco io inizia lui. Capisce ora?» concluse Avani.
«Beh sì, ammetto che è un po’ strano… Si vede che era destino.»
 
 
*TODAY*
Si vede che era destino, già. Doveva essere proprio così. Loro ci credevano, in fondo nella loro cultura tutto è collegato al fato o al destino, le cose non succedono per caso. Mai.
«Subaha acchā pyāra (buongiorno amore).»
«Subaha acchā anche a te Avani.»
«Come stai?» chiese la ragazza lasciandogli un dolce bacio all’angolo della bocca.
«Io bene, tu?»
«Un po’ stressata per il matrimonio, ma oggi abbiamo l’intera giornata per noi. Mamma e Shaila non ci sono, vanno a trovare Chhaya, quindi abbiamo la casa libera fino alle 22.00 circa.»
«Meno male! È un sacco di tempo che non riusciamo a stare più da soli Mērē chōṭē sē ēka (piccola mia).»
«Lo so Akash.»
«Forza Avani, ancora un mese e poi potremo finalmente stare tranquilli nella nostra casa.»
«Sei già andato a firmare?»
«Sì, anzi, ti ho portato il foglio, così sarà ufficialmente nostra, per l’arredamento…»
«Ci pensa mia mamma, penso sia da quando ci siamo messi insieme che progetti come arredare casa nostra. Dopo 11 anni passati ad arredare case degli altri ora può dedicarsi alla nostra.»
«Immagino. Allora uno di questi giorni passo a prendere tua mamma.»
«Va bene. Firmato.»
«Perfetto.» Disse mettendo via il foglio.
«Ora possiamo dedicarci solo a noi e lasciare tutti gli altri fuori? Una giornata solo per il nostro amore, senza matrimoni di mezzo o altre persone. Io e te.»
«Certo pyāra (amore), andiamo!»
 
 
Passarono tutta la mattina in un parco a scambiarsi tenere effusioni, a rincorrersi come se avessero ancora otto anni, a farsi scherzi, foto, a chiacchierare.
«Io ho un po’ di fame, tu?»
«Anche io, vieni, andiamo da Roshini a mangiare.»
«Siiiii. Grazie amore, ti amooo!»
«Lo so, anche io.» Rispose ridendo il ragazzo contento che per fare felice la sua fidanzata bastasse così poco.
Si presero per mano e cominciarono a correre per le via della città fino a raggiungere il ristorante dell’anziana signora.
«Namaskāra (buon pomeriggio) Roshini.»
«Namaskāra Mērē laṛakē (buon pomeriggio ragazzi miei). Mangiate qui?»
«Sì, ci sediamo al solito posto?»
«Sisi, andate pure, posso fare io?»
«Kucha (certo) Roshini, grazie.»
«Sai amore, stamattina venendo da te mi è tornato in mente il nostro incontro, te lo ricordi?»
«Assolutamente!» Disse sorridendo Akash «E ricordo anche la sua faccia mentre tentavamo di spiegarle che per noi i nomi non hanno un significato relativo»
«Ahahah già, per non parlare del tuo primo giorno a scuola da noi!»
«Non la smetterai mai di sfottere, eh?»
«Assolutamente no, morivo dalle risate, eri stralunato, e meno male che in Inghilterra ci sei nato e cresciuto!»
«Non è colpa mia se qui a Londra siete così strani!»
«Oh, mi scusi se il signorino arriva da Abu Dhabi!»
«Smettila! Ahahah solo che io arrivavo da una cittadina e entrare in una scuola in cui bisogna mettersi la divisa, in cui le ragazze sono mezze rifatte e le cheerleaders se ne vanno in giro con gonnelline inguinali non era il massimo per uno come me!»
«Eh certo, figurati se il signorino precisino qui non si scandalizzava a vedere qualche sedere di fuori» Rispose ironica Avani.
«In realtà ero estremamente invidioso dei giocatori di football tutti pomposi e palestrati che giravano per i corridoi perché non toglievi loro gli occhi di dosso!»
«Ahahah ma non dire stronzate»
«Sempre molto fine»
«Ovviamente, quello sempre!»
«Eh come evitare l’immancabile linguaccia?!»
«Non fare il santarellino Akash che sappiamo entrambi che non lo sei!»
«Aspetta che arriviamo a casa peste!»
«Quasi quasi ci andrei subito»
«Per me non ci sono problemi»
«No, scherzavo, non esco di qui senza aver prima mangiato qualcosa cucinato dalla mia amata Roshini»
«Ah, è così? Bene, sposati con lei allora!»
«Permalosetto lui! Lo sai che amo solo te, ma in fatto di cibo non si scherza, Roshini tutta la vita»
«Sono felice di sentirtelo dire Avani, piatto misto, riso e pollo al curry, il tuo preferito»
«Ok, ci sto ripensando seriamente, Roshini vuoi sposarmi?»
«Ehi!»
«Non ascoltarlo Ro»
«Ne sarei davvero onorata, ma scordati che io cucini anche a casa»
«Mi dispiace Roshini, ma se la metti così la nostra relazione non può funzionare»
«Non avevo dubbi! Vi lascio pranzare, buon appetito ragazzi»
«Grazie Roshini» Dissero in coro i due fidanzatini prima che la donna si allontanasse e tornasse in cucina.
«Bŏna ēpētīta (Buon appetito) Akash»
«Anche a te tesoro»
Continuarono a parlare e a scherzare per tutta la durata del pranzo, poi si diressero alla cassa, pagarono e prendendosi per mano uscirono dal ristorante immergendosi nelle trafficate vie di Londra.
 
 
«Akash, lo vuoi del the?»
«Hām̐, dhan'yavāda (Sì, grazie
«Vaniglia?»
«Uhm uhm»
«Ok, torno subito»
Avani si diresse in cucina e mise dell’acqua nel bollitore poi si lasciò cadere su una sedia in cucina e mise la testa tra le mani mentre una fitta di dolore le colpì la testa.
Akash corse in cucina dopo aver sentito un tonfo.
«Avani!» Urlò poi vedendo la ragazza stesa a terra «Avani, Avani amore, mi senti?»
La ragazza però non si mosse e Akash la portò in camera sua, la stese sul letto, andò in bagno e bagnò un panno, tornando poi in camera e posandolo sulla fronte dell’amata. Le palpebre di quest’ultima vibrarono appena e dopo qualche secondo si riprese.
«Avani, stai meglio?» Chiese il fidanzato preoccupato ma tirando un sospiro di sollievo.
«Sì, grazie. Tranquillo, sto bene.»
«Non dire puttanate Avani! Non mi avevi detto che ti era tornato il mal di testa»
«Non è niente di che»
«Non dirmi che non è niente di che! Sento un tonfo, entro in cucina e trovo la mia fidanzata stesa sul pavimento, non è niente di che!»
«Adesso calmati Akash!»
«Smettila! Da quanto stai di nuovo così?»
«Un paio di mesi» rispose lei abbassando leggermente la testa colpevole.
«Un paio di mesi?!»
«Scusa Akash, io non volevo farti preoccupare»
«Zitta Avani! Ci sposiamo tra un mese, sei pregata di dirmi se stai male! In salute e in malattia, non quando va a te, chiaro?» Lei annuì. «Scusa, non volevo alzare la voce, ti serve qualcosa?»
«Sì, mi baci?»
«Quando vuoi, non devi nemmeno chiedermelo piccola»
Stettero sdraiati sul letto a parlare per il resto del pomeriggio. La loro relazione era sempre stata facile come respirare, non si arrabbiavano mai veramente, erano talmente due anime pure che perdere completamente il controllo l’uno con l’altra risultava loro impossibile. Verso le 7 di sera Avani si alzò dal letto lentamente, sapendo che altrimenti avrebbe rischiato di perdere l’equilibrio e Akash si sarebbe preoccupato ancora di più.
«Dove vai?»
«A preparare da mangiare»
«Lascia, faccio io»
«Non ce n’è bisogno Akash, Maiṁ ṭhīka hūm̐ (Sto bene) …»
«No, non stai bene! Avani, stiamo insieme da cinque anni, pensi che io non sappia riconoscere se stai o non stai bene? Ti gira la testa, vero?» Lei annuì per l’ennesima volta quel giorno e lui la guardò intenerito «Avani, tranquilla, Maiṁ vahām̐ gayā hai (Io ci sono) e ti proteggerò, ok?»
«Sì, però non voglio che ti preoccupi troppo»
«È inutile anche solo che ci pensi che io non mi preoccupi, sei la mia terra Avani, dove finisci tu inizio io, fino a che non guardi l’orizzonte e terra e cielo si uniscono, all’infinito, ricordi?» Fece nuovamente un cenno di assenso con la testa «Quindi non puoi neanche minimamente pensare che io non mi preoccupi, io non avrei senso senza di te. Ora appoggiati a me e andiamo a cucinare. Ah, e non voglio sentire storie, domani si va in ospedale!»
«Ma…»
«Niente ma, non voglio sentire storie ho detto»
«Sahamata ḍaiḍī (D’accordo papino)» Rispose lei strafottente.
«Non sono tuo padre grazie a Ganesha (Dio indiano), Avani»
«Lo so» Disse tristemente la ragazza.
«Scusa, non è quello che intendevo»
«Lo so»
«Senti Avani, so che con il matrimonio alle porte vorresti che tuo padre e tuo fratello fossero qui, ma ormai sono passati undici anni, dovresti fartene una ragione»
«Tu ci riusciresti Akash? Perché la cosa peggiore è che io non so nemmeno se loro siano vivi o morti! Io non lo so! E ogni tanto preferirei che fossero morti!» Akash la guardò ad occhi sbarrati «So che è orrendo da dire, ma per me è così! Almeno saprei dove sono, avrei una tomba su cui piangerli e starei in pace con me stessa perché saprei che sono felici, probabilmente reincarnati in un’altra vita, invece io non so. Potrebbero essere vivi ma io non lo so. È terribile non sapere Akash!»
«Lo so Mērā pyāra (Amore mio
«No Akash, tu non lo sai. Tu non sai cosa significa vivere con la speranza che loro siano ancora vivi in questa vita. Non sai cosa significa svegliarsi la mattina e sperare che da quella maledettissima porta entri Ajay con il suo sorriso magnifico a dirmi Suprabhāta rājakumārī (Buongiorno principessa) come solo lui sapeva. Tu non sai come sto e io ogni mattina dopo aver pregato Ganesha di proteggere mio padre e mio fratello lo ringrazio perché tu questo dolore non lo hai mai provato e lo supplico affinchè tu non lo possa mai provare»
«Hai ragione, io non so come tu ti senta, ma so come mi sento io quando ti vedo così distrutta; so cosa provo io ogni volta che ti devo sollevare dal pavimento, portarti in camera e posarti un panno bagnato sulla fronte; so cosa provo io quando rifiuti di farti visitare; so cosa provo io ogni volta che litighiamo; ma soprattutto so cosa provo io ad amarti, e questo supera di gran lunga tutto il resto, lo oscura.»
«Scusa»
«Non devi scusarti, sei un’umana e può capitare a tutti un momento di debolezza, soprattutto con tutta questa pressione addosso. Anzi, sai che facciamo? Domani andiamo in ospedale e sentiamo cosa ci dicono i medici, poi prenotiamo una settimana in India, solo noi due, ok?»
«D-davvero?»
«Sì, tu hai bisogno di staccare da Londra. Andremo nel tuo paese di origine e cercheremo Ajay»
«Faresti tutto questo per me?»
«È solo il minimo che potrei fare per farti stare meglio»
«Grazie Akash, grazie!» Rispose Avani saltandogli addosso e stringendolo in una morsa quasi dolorosa, ma Akash non se ne sarebbe mai lamentato, amava vederla felice e se questo era ciò di cui Avani necessitava lui l’avrebbe aiutata a ritrovare il fratello e con un po’ di fortuna anche il padre.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter 2 ***


"I trust you"








«Iyer?»
«Sì»
«Prego, il dottor Doson la sta aspettando»
«Grazie»
«Tranquilla, andrà tutto bene»
«Me lo prometti Akash?»
«Ti prometto che qualsiasi cosa succeda appena usciti da qui andremo in aeroporto e andiamo in India e ti prometto che qualsiasi cosa succeda io ci sono»
«Ho paura.»
«Tranquilla, sono proprio qui e non vado da nessuna parte. Śānta (Tranquilla
Bussarono alla porta indicata loro dall’infermiera e dopo aver ricevuto il permesso dal dottore entrarono e si andarono ad accomodare sulle due sedie poste di fronte alla scrivania.
«Allora signorina Iyer, come sta?»
«Preoccupata»
«Immagino. Beh, sono lieto allora di dirle che può smettere di preoccuparsi perché non ha niente di grave»
«Grazie al cielo» Disse la ragazza riprendendo finalmente fiato, ma al contrario suo Akash si era ulteriormente irrigidito
«Ha detto niente di grave, non che non ha niente, però»
«No, infatti. Non ha niente di grave, ma la signorina presenta un’emorragia cerebrale…»
«Aveva detto niente di grave»
«Infatti, stavo cercando di spiegarvi che quest’emorragia risale a un paio di anni fa, dalla tac è risultato che questa piccola emorragia si è coagulata e si sta saldando al cervello. Dobbiamo operarti prima che non si possa più fare niente.»
«Le sembra niente di grave questo?!»
«Assolutamente sì signorina. Può stare tranquilla, è un intervento di poche ore e di minima difficoltà. Posso operarla io stesso»
«Sì, di lei mi fido»
«Bene, voglio però operarti il prima possibile, perché lo stiamo fermando appena in tempo, ancora un mese e non avremmo più potuto farci niente.»
«Non è molto rassicurante»
«Lo so, purtroppo non posso mentire ai miei pazienti, per quanto io cerchi di indorare la pillola devo dirvi tutta la verità. Ripeto, quest’emorragia risale ad almeno due anni fa, e sinceramente non capisco proprio perché non siate venuti prima…»
«Non amo gli ospedali ed ero convinta fosse solo stress»
«È molto stressata?»
«In questo ultimo periodo sì, il mese prossimo ci sposiamo, ma in realtà è un paio di mesi che l’emicrania mi è tornata, portandosi dietro anche gli svenimenti»
«Tornata?»
«Sì, non avevo più mal di testa da sei mesi circa»
«Questo sì che è insolito. Comunque deve promettermi una cosa»
«Certo»
«Io la opero, ma lei deve promettermi di cercare di stare meglio. Quest’emorragia è sicuramente stata causata da depressione e/o stress.»
«Oh…»
«Quindi, o lei trova il modo di farcela da sola o con l’aiuto del suo compagno oppure la prego di recarsi da uno psicologo. Non posso guarirla oggi con la consapevolezza che tra un paio di anni potremmo trovarci di nuovo a questo punto»
«Glielo prometto» Rispose Akash al posto della ragazza
«Sì, guarirò»
«Perfetto. Possiamo operarla già domani, va bene?»
Avani si girò a guardare con espressione sconvolta Akash. Lui invece la guardò rassicurante.
«Tranquilla»
«Non possiamo andare!»
«Andiamo appena ti dimettono, adesso l’importante è che tu guarisca tesoro»
«E Ajay?»
«Abbiamo ancora tempo prima del matrimonio e tutta la vita dopo se non dovessimo trovarlo entro un mese»
«Pensi che sia ancora vivo?»
«Tu cosa senti?»
«Io… lo sento»
«Allora è vivo.»
«Come fai a dirlo con tanta sicurezza?»
«Sono così sicuro perché tu lo senti, cosa senti riguardo a tuo padre?»
«Io… io non lo sento»
«Probabilmente lui non ce l’ha fatta»
«Non c’ero… Non c’ero nemmeno quando è morta la nonna»
«Non è colpa tua»
«Sì, io dovevo insistere di più»
«Non sarebbe cambiato niente, Priya (Tesoro mio). Ora stai tranquilla, non ti agitare»
«Se posso permettermi…»
«Certo dottore dica pure»
«Penso che il problema sia proprio questo. Non deve sentirsi in colpa. Le auguro di ritrovare suo fratello, Ajay è suo fratello, vero?» La ragazza annuì «Bene, domani la opereremo e spero di poterla dimettere già tra un paio di giorni»
«Grazie dottore, torniamo domani, dunque?»
«Sì, vi aspetto per le undici, l’operazione si svolgerà per l’ora di pranzo penso»
«Ok, grazie»
 
 
«Cosa?!»
«Tranquilla mamma, il dottore ha detto che andrà tutto bene»
«Sai che non mi fido dei medici»
«In questo caso penso che siamo costretti, no?»
«Hai ragione»
«Avani!»
«Ehi Shaila, tranquilla piccola, non piangere»
«Tu tornerai, vero?»
«Certo, ma ti pare che un’operazioncina da quattro soldi abbatte tua sorella?» La sorella ridacchiò mentre Akash prese parola
«Posso parlarle un attimo signora?»
«Certo, e non darmi del lei!»
«Scusa, forza dell’abitudine»
«Tranquillo, comunque dimmi»
«Andiamo un attimo in cucina» Avani lo guardò e Akash annuì.
Il loro rapportò era così, bastava uno sguardo per capirsi. Avani aveva lasciato che fosse Akash ad avvertire la madre del viaggio che volevano fare, mentre lei l’avrebbe detto alla sorella. Non avevano avuto bisogno di dirselo, quello sguardo era valso più di mille parole.
«Cosa dice Akash alla mamma?»
«Vedi… io e Akash abbiamo deciso che quando mi dimetteranno dall’ospedale dopo l’operazione andremo in India a cercare Ajay»
«Vai a cercare Ajay e Pitā?»
«Ajay di sicuro, Pitā non sono sicura che lo troveremo invece…» Rispose abbassando la testa
«T-tu credi che sia morto?»
«Penso di sì»
«Non dici sul serio, vero?»
«Io non lo so Shaila, ma sento che Ajay è vivo»
«E Pitā non lo senti?»
«Purtroppo no… non so come spiegartelo. È come se sentissi un filo che mi lega ad Ajay e che non si è mai spezzato. Me ne rendo conto solo adesso. Ma con papà questo legame è sparito…»
«Quando?»
«Non so dirtelo con esattezza. So però che una mattina mi sono svegliata e mi sono sentita svuotata»
«Non me l’avevi mai detto»
«Non sono certo cose che vado a dire in giro, mi sembro una pazza»
«Non sei pazza!»
«Lo so Chōṭā (Piccola), tranquilla»
«Lo troverete?»
«Sì»
«Lo inviterai al matrimonio?»
«Se lo trovo prima sicuramente, altrimenti torneremo in India dopo la luna di miele. Io lo troverò Shaila e lo porterò a casa con me, da te e dalla mamma»
«Ora so perché Ajay ti guardava così»
«Così come?»
«Ti guardava come se fossi la persona più splendida al mondo e anche Akash ti guarda così. Ajay non ha mai voluto a me il bene che voleva a te»
«Ehi Shaila, non dirlo neanche per scherzo! Ajay amava tutte e due allo stesso modo»
«No Avani. Sai, quando ero più piccola ti invidiavo tantissimo, l’ultimo giorno me lo ricordo, anche se avevo solo cinque anni, il modo in cui ti guardava come se fossi il diamante più prezioso è impossibile da dimenticare. Siete sempre stati così voi due. Mi fido quando dici che Ajay è ancora vivo.»
«Shaila, non devi pensare che lui volesse più bene a me, siamo entrambe sue sorelle»
«Ehi Avani… Tranquilla, crescendo ho capito cosa c’è in te che porta gli altri a guardarti come un diamante. Tu sei splendida Avani! E io non potrei essere più fiera di te e di essere tua sorella. Maiṁ tumasē pyāra karatā hūm̐ (Ti voglio bene
«Anche io Maiṁ tumasē pyāra karatā hūm̐ Chōṭā (Ti voglio bene piccola

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chapter 3 ***


"I can feel you closer to me every step I take"










«Come ti senti?»
«Eh basta Akash! Da quando siamo partiti me lo avrai chiesto come minimo ottanta volte!» Strillò la ragazza esasperata
«Scusa, è che…»
«Sei preoccupato, va bene, lo capisco, ma sul serio, smettila di fasciarti la testa, l’operazione è andata bene, io sto bene, il mal di testa dovuto all’intervento sta lentamente scemando. Ma soprattutto stiamo andando a cercare Ajay. Non potrei sentirmi meglio. Ad ogni metro mi sento più vicina a lui. Ora sono sicura che lui sia da qualche parte in India e sono sicura che lo ritroveremo. Per me, per lui, ma soprattutto per mamma che non ha visto suo figlio diventare un uomo e per mia sorella a cui è mancata la presenza del fratello maggiore che vegliasse su di lei. In un certo senso sia per me che per lei negli ultimi cinque anni sei stato tu l’unica presenza maschile in grado di rassicurarci e di proteggerci. Mia sorella vede più te come un fratello che non il suo fratello di sangue!»
«Sì, lo troveremo»
Per il resto del viaggio in aereo non affrontarono più l’argomento, parlarono invece delle reazioni delle madri quando avevano detto loro del matrimonio, lei raccontò dell’entusiasmo che avevano entrambe le madri quando erano andate dalla sarta per riuscire a recuperare il vestito per la celebrazione. Ma erano ricordi troppo vicini nel tempo, avevano bisogno in quel momento di ripercorrere le tappe della loro storia. Perché una cosa era sempre stata certa nelle vite dei due ragazzi: l’altro. Si erano conosciuti cinque anni prima, quasi per caso e ora stavano per sposarsi. Ridacchiarono raccontandosi le varie impressioni riguardo i primi incontri a partire dalla loro prima giornata a scuola fino al primo appuntamento, alla prima serata insieme, al primo ti amo e alla prima volta.
 
 
*FLASHBACK*
«Avani! Alla buon ora, pensavo che non saresti più arrivata…» Continuava a blaterare anche mentre entrarono al ristorante e si sedevano al tavolo indicato. Smise solo quando Avani tolse il cappotto scoprendo il suo corpo perfetto ai suoi occhi fasciato da un paio di calze coprenti e un vestito con ricami indiani. «S-sei bellissima»
«Chiudi la bocca che entrano le mosche»
«Simpatica»
«Sempre e comunque»
«Buonasera ragazzi, cosa posso portarvi?»
«Per me del riso e del pollo al curry» Rispose sicura la ragazza
«Per me lo stesso»
«Da bere?»
«Una bottiglia di acqua naturale a temperatura ambiente»
La signora annuì e si allontanò.
«Come facevi a sapere cosa avrei chiesto da bere?»
«Sono un ottimo osservatore»
«Inquietante»
«Scema»
«Oh, iniziamo bene»
«Veramente io ho iniziato con un bellissima»
«Giusto, quindi tocca a me?»
«In teoria»
«Bhe, proprio non riesco a mentire» Disse allegando una linguaccia alla frase
«Mi ricordi perché ti ho chiesto di uscire?»
«Perché sono bellissima, simpatica e sono l’unica che ti sopporta»
«Ahahah ma per favore! Tutti mi sopportano!»
«Nei tuoi sogni»
«No, in quelli ci siamo solo noi due»
«Pervertito»
«M che hai capito?!»
«Ahahah tranquillo, scherzavo»
«Non ne sono sicuro»
«Eh fai bene»
«No ma quest’acidità stasera?»
«Devi prima accettare i miei difetti, solo allora conoscerai anche la parte migliore di me»
«Mi sembra interessante come ragionamento»
«Dovresti provarci anche tu»
«A mostrarti i miei difetti?»
«Uhm uhm»
«Spiacente, ma non posso»
«Perché?»
«Perché io sono perfetto»
«Gadhē (Coglione)!»
«Sei fine quanto uno scaricatore di porto»
«Lo so, grazie caro»
Passarono così l’intera serata, a prendersi in giro e conoscersi meglio. Non andarono oltre. Lui la riaccompagnò a casa camminando al suo fianco senza prenderla però per mano. Aveva capito che Avani aveva qualcosa che la tratteneva e non voleva sforzarla. Uscirono ancora molte volte prima che la ragazza si lasciasse finalmente andare.
 
 
*TODAY*
«E ti ricordi la faccia di mia mamma quando dopo un anno che ci conoscevamo ti ho finalmente portato a casa per fartela conoscere?»
«Vogliamo parlare della sceneggiata che ti ha fatto quando ha scoperto che io i miei genitori te li avevo presentati un paio di mesi prima?» La ragazza scoppiò a ridere
«Oddio, non mi ci far pensare! Pensavo che mi sarebbe saltata alla gola!»
«Stava per farlo»
«E tu non c’eri quando è salita in camera mia… volevo sotterrarmi»
«Ahahah immagino»
 
 
*FLASHBACK*
Avani sentì bussare alla sua porta e diede il permesso a chiunque fosse -sicuramente sua madre- di entrare.
«Avani…»
«Dimmi mamma, tanto so di cosa vuoi parlare, qualcosa ti turba?»
«No Jānēmana (Tesoro), volevo solo sapere come ti senti tu»
«Oh Mām̐, io mi sento benissimo, mi sento fantasticamente, mi sento in paradiso, mi sento…»
«Innamorata.»
«Sì, sì Mām̐! Sono sicura di amarlo ed è una sensazione così piacevole e liberatoria»
«Lo so Avani»
«Anche tu stavi così con Pitā? Mi racconti di nuovo la vostra storia?»
«Sì Chōṭā (Piccola). Io e Pitā ci siamo conosciuti trent’anni fa, quando io ero solo una bambina di 10 anni e lui un ragazzo di 16. Inutile dire che non ci innamorammo subito. All’inizio io riuscivo a vederlo solo come un fratellone. Quando io avevo sedici anni lui stava per sposarsi con la moglie scelta dai genitori, ma noi avevamo incominciato a vederci di nascosto. Per me non era più un fratello, era un’amante e lo stesso per lui. Mi aveva sempre vista come la sorellina da proteggere e solo allora si accorse che ero abbastanza forte da sola, che non avevo bisogno del suo amore fraterno e lo stesso stava succedendo a lui. Quando i nostri genitori ci scoprirono scoppiò il finimondo, ma per fortuna tua nonna Elana riuscì a riconciliare tutti gli animi e io e Pitā potemmo finalmente sposarci e vivere il nostro amore alla luce del sole.»
«Pitā ti guardava sempre in quel modo… come se vedesse il sole, come se senza di te le sue giornate non fossero fatte che di buio»
«Sai, ho notato stasera che questo è lo stesso modo in cui Akash guarda te»
«Lo so» Rispose lei lasciando che un sorriso timido le spuntasse sul volto e che il sangue affluisse alle guance
«È bello che tu sia così felice e innamorata, ma avresti dovuto dirmelo prima, non avevo idea che la vostra relazione andasse avanti da un anno!»
«Bahānā (Scusa)»
«Non ti devi scusare, l’importante è che non facciate sciocchezze»
«Tranquilla»
«Lo sono»
«Sai cosa ci disse la signorina Pitsbury quando ci presentò e noi ci guardammo sconvolti dopo aver sentito i nostri nomi?» La madre fece segno di no con la testa «Disse che doveva essere destino, e io ci credo.»
«Ci credo anche io. Ora vai a dormire, Śubharātri jānēmana (Buonanotte tesoro
«Śubharātri mām̐ (Buonanotte mamma
 
 
*TODAY*
«Eri già così dolce allora, quindi?»
«Eh già!»
«Ti ricordi invece di quella volta che ti ho portato al parco fuori Londra?»
«Eccome se me lo ricordo!»
 
 
*FLASHBACK*
«Dai Akash, persino una lumaca è più veloce e reattiva di te!»
«Ma smettila Avani! Guarda che ti sto lasciando scappare, non ci metto nemmeno tre secondi a prenderti se mi impegno»
«Vediamo!»
«Mi stai sfidando?»
«Forse»
«Bene, affari tuoi!»
Akash cominciò a rincorrerla muovendo le gambe così velocemente che Avani si chiese come diavolo ci riuscisse. E come detto dal ragazzo pochi istanti prima non ci mise molto a raggiungerla e a stringerla tra le sue braccia.
«Presa»
«Ti ho lasciato vincere»
«Non credo proprio»
«Hai ragione»
«Lo so»
«Ti amo»
«Anche io» Akash strinse maggiormente a sé la ragazza e le lasciò un bacio tra i capelli.
«Mi mancherai»
«Anche tu Mērē chōṭē sē ēka (Piccola mia
«Io non so se riuscirò a starti lontana per due mesi, in questi due anni siamo sempre stati insieme»
«So che sarà difficile, ma non posso rinunciare a quest’occasione»
«Lo so e non ti chiederei mai di farlo»
«Vedrai che passeranno in fretta questi due mesi e poi tornerò qui da te»
«Ti aspetterò a braccia aperte»
«E io sarò pronto a tuffarmici dentro e a farti volteggiare»
«Maiṁ tumasē pyāra karatā hūm̐ (Ti amo
«Ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo…» Avani lo bloccò sfiorando con le sue labbra quelle morbide del ragazzo.
«Sei speciale»
«Sono speciale solo se sono con te»
 
 
*TODAY*
«E quando venni a prenderti in aeroporto che ti saltai addosso e tu per poco non perdesti l’equilibrio?»
«Ahahah lo avrei perso di sicuro se non mi fossi aggrappato alla sbarra lì in parte»
«E adesso sull’aereo ci siamo insieme perché io ho il ragazzo più perfetto del mondo»
«Io mi sposerò con tutto il sostegno della mia famiglia, perché tu non dovresti?»
«Lo sento Akash. È come se ci fosse qualcosa che mi lega a lui e ora che ci stiamo avvicinando all’India questo legame aumenta e mi riempie»
«Si vede da come ne parli che il vostro rapporto era, è e sarà per sempre così fantastico»
«E se non mi riconoscesse?»
«Ti riconoscerà, sei la sua bahana (Sorellina)»

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Chapter 4 ***


 
"Today was a fairytale"
~ Taylor swift ~












«Salve, avete a disposizione una camera matrimoniale?»
«Aspetti che controllo…» Rispose la receptionist iniziando a smanettare con l’aggeggio infernale, detto anche computer «Eccone una, piano terzo, camera numero 36. Queste sono le chiavi, la colazione e la cena sono comprese nel prezzo e vengono servite rispettivamente dalle 6 alle 8 del mattino e dalle 6 alle 9 di sera. Le donne delle pulizie passano ogni mattina alle 9.»
«Grazie»
«Buona permanenza»
I due ragazzi si presero per mano e si diressero all’ascensore. Quante cose erano cambiate dall’ultima volta che Avani era stata in India. E quante cose erano diverse dai racconti che i genitori di Akash gli avevano rifilato. Sì, perché Akash era nato e cresciuto in Inghilterra e in India ancora non ci era mai stato. Mai prima di allora, se non quando aveva conosciuto Avani e quando le aveva chiesto di sposarlo, era stato tanto felice. L’India era decisamente incantevole.
«Akash, a cosa pensi?»
«Al fatto che è la prima volta che vengo in India e proprio non me l’aspettavo così… così…»
«È bella, vero?»
«È magica»
«Già, mi mancava tantissimo, io qui ci ho vissuto i primi dieci anni della mia vita. Ma è cambiata, sai?»
«Tanto?»
«Beh, è più moderna, ma rimane comunque molto bella con queste forme così rotonde, sembra una mamma. Una volta i miei genitori portarono me e Akash qui a New Delhi quando Mām̐ era incinta di Shaila. Io ero piccola, avevo solo quattro anni, ma ricordo esattamente come guardai incantata questa città e ricordo che pensai che sembrava una culla»
«Sai, avevo pensato per la luna di miele di portarti in Italia, ma penso di aver appena cambiato idea, potremmo venire qui se vuoi»
«No, va bene l’Italia, tanto abbiamo tre settimane per visitare New Delhi. Ti voglio portare anche ad Agra»
«Dov’è?»
«A due ore e mezzo da qui, circa»
«Ok»
«Andiamo a mangiare e poi a dormire, domani si iniziano le ricerche»
«Sì»
Si presero per mano, chiusero la porta e scesero in sala da pranzo. La cena prevedeva ovviamente un menù indiano e un menù invece meno “invasivo” per gli ospiti che non se la sentivano di avventurarsi nell’assaggio del cibo indiano. Quando finirono di cenare tornarono in stanza e si addormentarono stanchi per via del viaggio.
 
 
«Buongiorno» Sussurrò al suo orecchio Akash quando la sua bella aprì gli occhi e lo vide steso al suo fianco intento a guardarla.
«Buongiorno»
«Scendiamo a fare colazione e andiamo?»
«Sì, che ore sono?»
«Le 7»
«Facciamo colazioni fuori? Se c’è ancora conosco un posto dove fanno delle colazioni buonissime»
«Certo»
«Perfetto, puoi chiamare un servizio di noleggio auto mentre vado a prepararmi?»
«Sì, tranquilla»
«L’elenco dei numeri utili l’ho visto ieri sul comodino all’ingresso»
«Ok»
Avani si diresse in bagno e accese l’acqua della doccia. Aveva bisogno per riprendersi completamente di una bella doccia calda che le riscaldasse i muscoli. Si sentiva strana, forse la consapevolezza che oggi avrebbero cercato Ajay si stava facendo strada lasciando che lei realizzasse realmente quello che stava per succedere. Aveva sempre amato il fratello, era stato fin da piccolissima la sua ancora, il suo tutto. Solo Akash aveva preso il suo posto. Sia chiaro, Akash non avrebbe mai potuto prendere il posto di Ajay nel cuore di Avani, ma lo aveva fatto nella sua vita. Ora era Akash la persona a cui Avani avrebbe sempre fatto riferimento. Lui era diventato il suo tutto, lui era diventato un’altra parte importante di lei. Si domandava come avrebbe reagito il fratello rivedendola dopo così tanti anni. L’ultima volta che si erano visti lei era una bambina di dieci anni e lui un ragazzo di diciassette.
«Avani! Il servizio di noleggio ha detto che hanno solo un’audi a5 al momento, va bene?»
«Sì, basta che sia una macchina Akash!»
«Ok»
Avani scosse la testa e rise sommessamente. Certo che a volte Akash era veramente buffo. Sapeva che a lei piacevano molto le auto, così le chiedeva se andava ben un’audi a5, sapendo che le sarebbe piaciuta sicuramente. Il suo fidanzato era decisamente una delle migliori persone del mondo.
«Maiṁ tumasē pyāra karatā hūm̐ (Ti amo)!»
«Lo so Avani!» Disse ridendo «E ora muovii a finire la doccia che dobbiamo andare»
«Sì Akash»
«Brava bambina»
«Lo so»
«Tira dentro la lingua»
«Come facevi a sapere che ti stavo facendo la linguaccia?»
«Perché ti conosco come le mie tasche»
«Inquietante»
«Forse volevi dire dolce»
«Nono, volevo dire proprio quello che ho detto»
«Strega»
«Però mi ami»
«Sì, Maiṁ tumasē pyāra karatā hūm̐ (Ti amo
«Ho finito» Disse la ragazza entrando in camera
«Come sei sexy»
«Zitto va!»
«Come desidera la principessa. Vado a lavarmi anche io»
«Ok»
Avani si avvicinò alla valigia e iniziò a vedere cosa mettersi, alla fine optò per vestirsi semplice e comoda (  ), sistemando il resto dei vestiti nell’armadio. Poi legò velocemente i capelli in una crocchia senza nemmeno asciugarli, riconoscendo le temperature della sua amata terra d’origine. Infine si mise un po’ di matita nera e un filo di mascara.
«Io sono pronta»
«Anche io, prendo le chiavi della stanza che dobbiamo lasciare giù e andiamo»
«Ok, io ho preso la borsa, devi metterci dentro qualcosa?»
«Sì, metti dentro il mio portafoglio per favore, è lì sul letto»
«Fatto, possiamo andare»
 
 
«Hai impostato il navigatore?»
«Sì e meno male che abbiamo preso da mangiare»
«Sì, è piuttosto lunga la strada, lo so»
«Tipo 4 ore e mezza»
«Lo so, musica?»
«Mettiamo la radio?»
«No, ho portato l’ipod, lo attacchiamo?»
«Certo»
Avani smanettò un po’ con l’impianto stereo e poi lasciò che nell’abitacolo risuonasse la loro canzone
«Mi piace questa canzone» La canzonò Akash
«Vero? Anche a me»
«Today was a fairytale,
you were the prince  […]»
«You told me I was pretty when I looked like a mess»
«But can you feel this magic in the air?
It must have been the way you kissed me
Fell in love when I saw you standing there
It must have been the way
Today was a fairytale
It must have been the way
Today was a fairytale...» Cantarono insieme
«La mia amata Swift!»
«Non esageriamo, diciamo che questa canzone ci rappresenta piuttosto bene»
«Non ti azzardare a sminuire la mia bionda eh!»
«Non sia mai!»
«Ecco!»
«Come stai?»
«Riinizi?»
«No, a parte fisicamente, mi riferivo a tutta questa situazione»
«Non lo so, mi sento… strana! Non so come spiegare quello che sto privando in questo momento»
«Pensi che abiti ancora lì?»
«Sinceramente non lo so»
«Smettila di fare quella faccia poco convinta, ti ho detto che lo troveremo»
«Lo so, è che non posso fare a meno di pensare che noi non ci conosciamo più!»
«In che senso?»
«Lui adesso dovrebbe avere 29 anni, il che significa che è sicuramente sposato e probabilmente anche con qualche bambino appresso, significa che io ho dei nipoti e non li conosco, significa che non conosco la persona che rende felice mio fratello, significa che io non so più niente di lui. Chi mi dice che mi troverò davanti la stessa persona che ho lasciato qui undici anni fa?»
«Smettila di darti la colpa di quello che è successo»
«Non ci riesco!»
«Cerca di riuscirci! Spero che riusciremo a trovarlo in fretta… non vorrei che ti tornasse mal di testa»
«No, starò bene»
«Tu non starai mai completamente bene finchè non realizzerai che non è colpa tua quello che è successo e che non è colpa tua se tua sorella non conosce Ajay e se tua madre non l’ha visto diventare un uomo. Non è colpa tua se tua nonna è morta e voi non c’eravate, non è colpa tua se tuo padre non fosse più vivo, non è colpa tua se non c’eri al matrimonio di tuo fratello! Niente di tutto questo è colpa tua»
«Razionalmente lo so, il problema è la mia parte irrazionale che proprio non vuole liberarmi da questa stupida convinzione»
«Guarda, non è bellissimo?!»
«Te l’avevo detto che l’India era fantastica!» Disse lei sospirando capendo che Akash le aveva appena offerto una scappatoia da quella discussione
«Non immaginavo così tanto!»
«Dovresti imparare a fidarti di più della tua ragazza»
«Ma io già mi fido di lei mia cara futura moglie»
«Ah sì?»
«Ovviamente»
«Come quella volta che mi urlasti contro perché ero uscita a pranzo con un mio amico?»
«Stavamo insieme da due mesi!»
«Io già mi fidavo di te»
«Anche io, solo che non sapevo ancora che tu ci tenessi a me quanto io tenevo a te»
«E avevi ragione, perché già allora tenevo a te più di quanto tu potrai mai tenere a me»
«Puttanate»
«No, la verità»
«Non credo proprio. Sappi che al mondo nessuno ha mai amato qualcuno quanto io amo te»
«Io sono l’eccezione che conferma la regola»
«No, tu sei una strega con la risposta sempre pronta»
«E tu uno scimmione»
«1-0 per Avani»
«Come sempre»
«Ma vai va!»
«Accetta la realtà mio caro»
«Taci»
«Nel duemilacredici» Akash scoppiò a ridere «L’avrai sentita ottanta milioni di volte e ancora ridi?!»
«È che con quello mi freghi sempre»
«E siamo 2-0 per me»
«Va bene»
«Basta poco per tirarti scemo!»
«Basti tu per farlo»
«Vorrei ben vedere» Rispose lei facendo la finta offesa
«La solita»
«Ahahah ma sei tu che me le porgi su dei vassoi d’argento»
«Mi scusi principessa»
«Certo mio re»
«Fai poco la leccaculo»
«Come chiede sua signoria»
«Ti sto per lasciare in mezzo alla strada»
«Lasceresti la tua futura moglie in mezzo a una strada, lasciando che vaghi per chissà quanto tempo senza spere dove andare, senza cibo, con possibili aggressori in giro?»
«Okok ho capito, ritiro quello che ho detto»
«Bravo» Lei si sporse a dargli un bacio sulla guancia e si rimise seduta composta sul sedile, inclinandolo un po’ per poi lasciarsi cullare in un dolce sonno dalle parole della canzone che stava andando in quel momento.
«Grazie della compagnia, Mērā pyāra (Amore mio)» Fu l’ultima cosa che sentì prima di addormentarsi con un sorriso sulle labbra.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Chapter 5 ***


“Fate l’amore, non la guerra”
 



 
 
 
 
 
 
 
«Avani… Avani… Amore, sveglia, siamo arrivati»
«Uhm… Ancora cinque minuti…»
«Avani, siamo a Bareilly»
«Come?!»
«No va beh, ma dirmelo prima che bastava dirti così perché ti svegliassi?»
«Scusa, ho dormito tutto il tempo!»
«Tranquilla, andiamo?»
«Sì… Uhm… Ho fame!»
«Ti ho lasciato lì il panino»
«Grazie» Diede un bacio ad Akash e lui la trattenne contro il suo petto.
«Maiṁ yahām̐ hūm̐ (Sono qui
«Lo so, grazie per avermelo ricordato»
«Non devi ringraziarmi»
«Invece sì, stai facendo tanto per me»
«Vedila così allora: questa “gita” sta servendo ad entrambi» Lei lo guardò stranita «A te per cercare di ritrovare la tua pace interiore, a me per conoscere il paese delle mie origini»
«Ok»
Si scambiarono un secondo bacio, meno casto e veloce del primo e una volta presisi per mano si addentrarono per le vie di Bareilly.
«Com’è cambiata!»
«Molto?»
«Sì! L’ultima volta che sono stata qui quelle non c’erano»
«Sono anche passati 11 anni»
«Vero»
«Allora, dove dobbiamo andare?»
«Da quella parte»
«Sei sicura?»
«Assolutamente no, te l’ho detto, è tutto cambiato rispetto a com’era prima»
«Bene»
«Eh dai Akash, non fare il pessimista»
«Preferiresti che facessi i salti di gioia?»
«Preferirei che tu stessi zitto!»
«Come desidera la signorina»
«Grazie plebeo»
«Plebeo a chi?»
«A te!»
«Inizia a correre perché se ti prendo non finisce bene per te»
«Uuuh, sto tremando di paura!»
«Peggio per te!» Avani iniziò a correre e Akash la rincorse. Dopo 5 anni che stavano insieme Avani aveva imparato che Akash era molto più veloce di lei e che scappargli in velocità era impossibile, così usava trucchetti come nascondersi e fargli perdere le sue tracce. Decise di fare così anche quella volta e svoltò in una via, svoltando subito dopo in un vicoletto e da lì si ritrovò nella via principale di Bareilly. Sapeva dove andare ora. Non le importavano più i passi dietro di se di Akash che sentiva sempre più vicini. Era arrivata. Percorse tutta la via correndo fino ad una svolta a destra. Casa sua. La riconosceva, era ancora uguale. Forse il giardino era più curato, e l’esterno era stato ridipinto. Ma era sicuramente quella. Si bloccò appena se la trovò di fronte e Akash capì dal suo sguardo vitreo che erano arrivati a destinazione. Si avvicinò lentamente alla compagna e le mise una mano sulla spalla. Lei si girò di scatto con gli occhi colmi di lacrime.
«Non piangere piccola»
«Non ce la faccio! Non posso suonare quel campanello, non sono pronta»
«Non devi farlo per forza oggi»
«Andiamo via ti prego»
«Va bene»
«Scusa»
«Non devi scusarti»
«Invece sì, ti ho fatto venire fin qui per niente»
«Non è ancora detto, cosa ne dici se ci facciamo un giretto per la tua città?»
«Va bene»
«Dai, andiamo»
Passarono così tutto il pomeriggio in giro per Bareilly e Akash si sforzò per far tornare il sorriso sul viso della sua ragazza. Lei gliene fu grata. In quanti possono dire di aver trovato un amore così? Un amore così vero. Certo, avevano anche loro i loro alti e bassi e i loro problemi, chi non ce li ha? Non avevano mai litigato davvero. Il massimo della litigata era stata un urlarsi dietro al secondo mese quando lei era uscita con quel suo amico, lei si era arrabbiata perché lui non si fidava, lui perché lei non lo aveva avvertito. Urlarono davvero quel giorno, ma capirono man mano che le parole venivano sputate fuori dalle labbra che tutto quello che stavano dicendo era solo paura di perdersi e risolsero in fretta, chiudendo la questione. Non erano mai stati giorni interi senza parlarsi perché orgogliosi e arrabbiati, non erano stati neanche ore senza vedersi per questo stesso motivo. Loro dicevano quello che pensavano con tono pacato e ne discutevano civilmente. Il loro legame era qualcosa di speciale e indissolubile. Non avevano più paura di perdersi, sapevano che non sarebbe mai successo. Terra e cielo. Dove finiva l’una iniziava l’altro, fino all’orizzonte, in cui i contorni sfumavano unendoli. Si completavano. Le loro anime si erano sfumate fondendosi mentre i loro corpi mantenevano l’individualità. Impossibile da vedere agli occhi. Dovevi essere dentro di loro per capire fino a che punto si erano saldati.
 
 
«Suprabhāta mērā pyāra (Buongiorno amore mio
«Suprabhāta (Buongiorno
«Andiamo a fare un giro per New Delhi oggi?»
«Sì, mi vesto e scendiamo a fare colazione, tu sei già pronta?»
«Sìsì, ti aspetto»
«Ok, faccio in fretta» Scese dal letto e si diresse in bagno, salvo poi accorgersi che non aveva ancora salutato come si deve la sua futura moglie. Quindi tornò indietro e le lasciò un morbido bacio sulle labbra. E mentre tornava verso il bagno le mormorò un “sei bellissima”. Ed era vero, lo era molto. Era una bellissima ragazza Avani e entrambi lo avevano sempre saputo. Non era mai stata una di quelle ragazzine che guardandosi allo specchio non si piace. Non era vanitosa però. Era solo consapevole di non essere brutta. Inoltre era capace di vestirsi in modo da risaltare le gambe lunghe, il seno prosperoso e il colore della carnagione. Quel giorno era vestita con pantaloni bordeaux e un maglioncino leggero color panna. ( )
«Ho finito, possiamo andare»
«Scendiamo a fare colazione e iniziamo a girare allora, ho un sacco di posti da farti vedere, cammineremo un po’, ti avverto subito»
«Ho già capito che per il matrimonio torniamo che siamo più magri e palestrati dei modelli»
«Dovrò dire a mia madre di farmi stringere il vestito»
«Mi sa che dovrai»
«Ciò che davvero mi permetterà di dimagrire è che qui non c’è Roshini»
«Ma siamo in India!»
«Non significa che si mangi bene come da lei, sai che è una maga-cuoca quella donna»
«Mi fai impazzire, lo sai?»
«In senso buono?»
«In tutti i sensi!»
«Allora va bene»
«Argh!»
«Dai, muoviti che ho fame»
«Ma se stai già mangiando!»
«Ho fame lo stesso»
«Ma quando sarai incinta mangerai per un reggimento?!»
«Non ci voglio neanche pensare, appena partorito dovrò iniziare una dieta drastica e mi toccherà andare in palestra»
«Ma smettila»
«Va bene… Ma sappi che se mi metti incinta di due gemelli ti stacco un orecchio e lo do al cane»
«Non abbiamo un cane»
«Ma lo avremo»
«Vuoi un cane?»
«Sì, un meticcio»
«D’accordo»
«Quando torniamo a casa lo prendiamo?»
«Possiamo almeno aspettare di esserci sposati, essere andati in luna di miele ed essere tornati a casa nostra?»
«Chissà come se la sta cavando la mamma con casa nostra»
«Sicuramente benissimo»
«Già… non vedo l’ora di vederla»
«Devi aspettare ancora più di un mese»
«Lo so, evita di ricordarmelo tutte le volte»
«Scusa»
«Ti perdono solo se mi dai un bacio»
«Si può fare» Si alzarono entrambi dal tavolo, lasciarono le chiavi alla reception e uscirono nel caldo di Delhi.
«Sto aspettando ancora il mio bacio io»
«Mi scusi» La baciò prendendole il viso tra le mani e accarezzandole la guancia con il pollice destro. Non era un bacio passionale, era piuttosto un bacio dolce, che sembrava dirle “io sono qui”. Loro esprimevano così quello che provavano, non a parole, ma con gli sguardi, gli abbracci, i baci e i gesti. Tutto quello che facevano era fatto in funzione del sentimento che li legava.
«Grazie»
«Pensi che finirai di ringraziarmi?»
«No, mai»
«Ah bene, quindi mi toccherà ogni volta tapparti la bocca?»
«Ma se mi baci io poi ti ringrazio»
«Chi ha parlato di baciare? Io ti metto una mela in bocca e voglio vedere come mi ringrazi poi»
«Semplice: la mangio»
«Touchè»
«Evita per favore»
«Ahahah cosa c’è?»
«Il francese lascialo ai francesi»
«Dovrei?»
«Sì, dovresti… Oh, guarda, questa è Janpath, quella che una volta era chiamata Queen’s way. È il “percorso del popolo”. Secondo me è una delle vie più belle di New Delhi. Guarda, questo è il Janpath market, uno dei più famosi mercati per i turisti.»
«Quanti colori»
«Già, noi indiani siamo molto allegri»
«Di sicuro più degli inglesi»
«Perché tu non vai nelle vie etniche»
«Giusto»
«Vieni, facciamo un giretto, magari trovo qualcosa da portare a Māṁ e a Shaila… Magari trovo anche qualcosa per Roshini»
«Va bene… Prevedo che sarà una lunga giornata»
«Prevedi bene, sei uno stregone?»
«No, ti conosco solo molto bene»
«Non puoi negarmi un po’ di sano shopping»
«Assolutamente no»
«Dai vieni a vedere, non sono bellissime?!» ( )
«Secondo me quella rossa potrebbe piacere a tua madre, le starebbe bene»
«Già, anche secondo me… Cosa ne dici invece di quella azzurra per Roshini che è sempre così eccentrica?»
«Sì, mi piace»
«Andata!»
«Manca solo Shaila quindi…»
«Sì, ma non le prendo questi, a lei non piacciono. Vedremo più avanti se trovo qualcosa, magari le faccio le foto dei vari posti che vediamo, sai che adora le foto e l’arte»
«Hai avuto una bellissima idea! Hai dietro la macchina fotografica?»
«Sì, è in borsa»
«Perfetto, paghiamo questi e andiamo avanti allora»
«Fatto, andiamo»
«Guarda! Tira fuori la macchina fotografica» ( )
«Bello vero?»
«Enorme direi!»
«Facci l’abitudine, conta che la residenza del presidente indiano è 17 volte più grande della casa bianca negli Stati Uniti!»
«Sei seria?»
«Sì, solo l’ala residenziale è composta da 340 stanze»
«Mi prendi in giro?»
«No»
«E tu tutte queste cose come le sai?»
«Si chiama conoscenza del proprio paese»
«Wikipedia?»
«Certo, mi sono informata su internet, poi qualcosa mi ricordo ancora di quando ci portava Pitā»
«Ho vissuto ventuno anni pensando che Londra fosse la più bella città e ora scopro che il mio paese d’origine ha delle città così sorprendenti»
«Già, fa impressione»
«Sì! Avevi ragione, è proprio bellissima. È così ariosa e spaziosa, non dà la stessa sensazione di chiusura di Londra»
«Sì, le strade sono molto più larghe e i monumenti meno alti, ma non ti illudere, ora perché siamo sulle vie antiche di New Delhi, ma non penso che anche le vie moderne siano così contenute»
«Giusto»
«Tieni, fai tu qualche foto adesso»
«Ok»
«Vieni, questa in cui stiamo voltando è Rajpath, anticamente chiamata King’s way. È la via principale, dove il 26 gennaio si svolge la parata per la repubblica indiana.»
«È infinita!»
«Sì, è lunghissima»
«Wow»
«Questo che vedi è l’India gate ( ) mentre dietro ad esso si trova il Canopy ( ). L’India gate è il monumento nazionale Indiano ed è situato nel cuore di New Delhi. Il Canopy invece, è un baldacchino fatto di arenaria che venne introdotto solo successivamente»
«Sembri un’enciclopedia, lo sai?»
«Se vuoi ti lascio continuare a vivere nell’ignoranza»
«Nono tranquilla»
«E allora taci e cammina»
«Ci fermiamo a mangiare?»
«Sì, vuoi mangiare subito o finiamo prima la via?»
«Mangiamo subito, ho una fame da lupi»
«Ok, continuiamo a camminare e vediamo cosa troviamo»
Dopo mangiato continuarono a visitare la città e così fecero anche nei due giorni successivi.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2151880