La Saga del Cristallo- L'inizio della rivolta

di saitou catcher
(/viewuser.php?uid=279913)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Cava ***
Capitolo 2: *** Daywine ***
Capitolo 3: *** Amicizia ***
Capitolo 4: *** Provvedimenti disciplinari ***
Capitolo 5: *** Rivelazioni ***
Capitolo 6: *** Gli Aldermen ***
Capitolo 7: *** Esecuzione ***
Capitolo 8: *** I Ribelli ***
Capitolo 9: *** Crescita e addestramento ***
Capitolo 10: *** Cambio al vertice ***
Capitolo 11: *** La prima missione ***
Capitolo 12: *** Misteri ***
Capitolo 13: *** Decisioni importanti ***
Capitolo 14: *** Battaglia alla Cava-Parte 1 ***
Capitolo 15: *** Battaglia alla Cava-Parte 2 ***
Capitolo 16: *** L'inizio ***



Capitolo 1
*** La Cava ***


-In piedi! Forza! Forza!

Le voci dei sorveglianti della Cava, rieccheggiarono con violenza nel dormitorio, accompagnate dallo schiocco ritmico dei bastoni e delle fruste che battevano sui corpi dei forzati e dai tonfi degli stivali sul pavimento di metallo.

Deine, nella sua branda, era sveglia, ma non aprì gli occhi, non si mosse nemmeno. Tanto sarebbero comunque venuti a svegliarla troppo presto, e allora tanto valeva godersi quei pochi minuti di sonno che ancora le rimanevano.

-In piedi! In piedi!

Le voci dei sorveglianti si avvicinavano, gli schiocchi di frusta si facevano più violenti e così anche i gemiti dei forzati strappati bruscamente al loro sonno. Deine si ragomitolò ancora più su se stessa, premendo la schiena contro il muro gelido. Da qualche parte, dentro di lei, albergava ancora l'infantile convinzione che, se si fosse nascosta in quel modo, i sorveglianti non l'avrebbero mai trovata. Ma non aveva funzionato l'ultima volta e non funzionò nemmeno allora.

-IN PIEDI!

Il colpo di bastone sulla spalla arrivò più violento del previsto e Deine sussultò, aprendo gli occhi di scatto. Si mise immediatamente a sedere, sbattendo le palpebre per mettere a fuoco.

-In piedi, sgualdrinella, qui si lavora- mentre parlava, il sorvegliante che l'aveva colpita si era già allontanato, dirigendosi a passi frettolosi verso un'altra branda.

Lentamente la ragazza si mise in piedi, abbassando lo sguardo per osservare il danno. La spalla pulsava e sulla pelle stava già comiciando a formarsi un livido bluastro. Faceva male, ma di sicuro facevano molto più male le frustate di Basser il Capo Sorvegliante. Non era raro che gli operai che finivano sotto la frusta di Basser ne uscissero senza essere più in grado di lavorare. E quelli erano gli operai che scomparivano misteriosamente, gettati, si diceva, nei forni crematori della Batteria.

Deine era una delle poche persone che potevano vantarsi di non aver mai assaggiato la frusta di Basser, e non aveva certo intenzione di cominciare ora. Per questo si alzò di scatto e si diresse a passo svelto verso l'ingresso del dormitorio, lì dove i forzati avevano cominciato a disporsi in fila indiana, tendendo il braccio destro perché i Sorveglianti potessero assicurare loro al polso la catena che li assicurava al membro precedente e a quello successivo della fila.

Deine si posizionò, tese il braccio, e un anello di ferro si chiuse con uno scatto attorno al suo polso, strappandole un piccolo gemito. Lentamente, stese il braccio lungo il fianco e aspettò che dietro di lei si chiudesse la fila, cercando disperatamente di resistere al desiderio di stropicciarsi gli occhi.

Lo schiocco di frusta di un sorvegliante attirò di nuovo la sua attenzione. -Dirigersi all'uscita, forza!

Lentamente, la fila di detenuti cominciò a muoversi, accompagnata dal metallico tintinnio delle catene e dai passi impazienti dei sorveglianti. Attraversarono un lungo corridoio, fino a giungere a una porta che uno dei sorveglianti aprì con una chiave che teneva assicurata alla cintura.

Dopo pochi minuti, furono fuori, e in quel momento il sole salì improvvisamente dall'orizzonte, e il paesaggio attorno a loro si accese improvvisamente di una luce rossastra, mentre, tutto attorno, ogni dettaglio andava disegnandosi alla vista in linee di fuoco.

Alle spalle dei forzati, la catena dei Monti delle Ossa emergeva lentamente dal buio della notte, mentre i raggi violenti del sole ne definivano i contorni, illuminando un'immensa catena di monti che si estendeva fino al cielo, andandosi a chiudere su di loro quasi come un gigantesco anello di roccia. Ai piedi delle montagne, il dormitorio della Cava: un imponente edificio di cemento dalla forma rettangolare, circondato da altre costruzioni in legno più piccole, ammassate disordinatamente ai suoi lati. E proprio in quel momento, le porte di quegli edifici si aprirono, per vomitare all'esterno lunghe file di forzati.

Avanzano in silenzio, a testa china, e la luce del sole, posandosi su di loro, illuminava ogni dettaglio di quelle misure figure: i volti incavati, la testa rasata, le casacche strappate, da cui si intravedevano i corpi di una magrezza impossibile, devastati dai segni delle percosse e dalla fatica. Tenevano le teste basse e le spalle curve, quasi cercando di attirare il meno possibile l'attenzione dei sorveglianti che camminavano al loro fianco, roteando i bastoni con aria minacciosa. Accompagnati dal ritmico tintinnio delle catene, s'incamminavano in silenzio verso uno spazio rotondo posto di fronte al dormitorio, al centro del quale era stata innalzata una piccola pedana: la cosidetta Piazza della Cava.

Una volta arrivati alla Piazza, i forzati si disposero ordinatamente in sei file e lì rimasero, in posizione d'attenti. In piedi sulla pedana, con gli occhi pieni di disprezzo fissi su di loro, c'era Dodgers, il capo della Cava.

Era un ometto piccolo e magro, dai modi untuosi e dalla voce stridula, che non si rivolgeva mai forzati se non per riprenderli, e sempre con tono pieno di disgusto. Si vociferava che in gioventù, quando era stato a capo della sorveglianza di quella stessa Cava, avesse ucciso quasi mille forzati, imponendo loro ritmi di lavoro talmente disumani da portarli alla morte. Era crudele, arrogante e spietato. Un uomo, insomma, di cui tutti avrebbero avuto paura, se accanto a lui non ci fosse stato il Capo Sorvegliante Basser.

Se ne stava in piedi sulla pedana accanto a Dodgers, le braccia incrociate sul petto, il pugno destro stretto attorno al manico di un frustino. Alto, imponente, con una muscolatura taurina e un viso impassibile, segnato sul lato destro da una lunga cicatrice biancastra. Gli occhi, piccoli e neri, erano accesi da una strana scintilla di ferocia, che ne rendeva lo sguardo estremamente inquietante. In quello sguardo si concentrava tutta a violenza repressa e l'odio che Basser sfogava sugli operai, tutto il sadico piacere che traeva dalle loro grida, dal sangue che strappava con la sua frusta. Amava le punizioni, Basser, e non esitava ad approffittare di qualsiasi per poter mettere in atto quelli che lui chiamava “provvedimenti disciplinari”.

Guarda giù, guarda giù, non guardarlo negli occhi, si disse Deine, abbassando di scatto lo sguardo. C'era gente che era finita sotto la frusta per molto meno.

-Forzati- la voce disgustata di Dodgers interruppe il corso dei suoi pensieri. -Oggi alla Cava è un altro giorno. Ed ora vi ricorderò perché siete qui, e perché siete ancora vivi, invece di essere tre metri sotto terra a marcire, come meritereste.

Deine si dispose immediatamente all'ascolto. Non che le interessasse quel discorso che udiva ripetere uguale ogni mattina da due anni, ma sapeva bene che il minimo segno di disattenzione valeva dieci colpi di frusta. E di certo lo sapeva anche Basser.

-Se siete ancora vivi, e in grado di assolvere il vostro dovere verso la società, è solo grazie alla clemenza e alla giustizia dei venticinque signori di questa terra: gli Aldermen.

Un mormorio reverente, privo di qualunque sincerità, percorse la folla dei forzati.

-Come voi ben sapete, gli Aldermen sono gli unici esseri in tutto il continente di Aretha in grado di controllare ed utilizzare, senza l'ausilio di macchinari, l'energia del Cristallo. Il Cristallo- e a queste parole, Dodgers fece un ampio gesto con il braccio, indicando i monti alle loro spalle, -che cresce nelle profondità delle Montagne, e grazie all'energia del quale la nostra società prospera e vive in pace. Non così era trentacinque anni fa, quando le nostre terre erano governate da un re perverso e tirannico, che teneva tutta per sé l'energia del Cristallo e a cui i suoi sudditi giustamente si ribellarono, dando inizio ad una terribile guerra civile che insaguinò la terra di Aretha per vent'anni.

A questo punto, Dodgers fece una pausa ad effetto e lasciò scorrere lo sguardo sulle file di forzati ai suoi piedi, forse cercando un segno di commozione o partecipazione, che non trovò. Una smorfia di disgusto distorse i suoi lineamenti, e quando riprese a parlare la sua voce era ancora più carica di disprezzo.

-Ma quando ormai ogni speranza sembrava perduta, venticinque guerrieri, provenienti da entrambi gli schieramenti, imposero la pace grazie al loro immenso potere. Furono loro a dividere la terra di Aretha in venticinque città, ognuna governata da un Alderman. È grazie a loro che oggi prosperiamo, ed è a loro che dovete la vostra sopravvivenza: invece di essere giustiziati per i vostri crimini, venite mandate qui, a scontare la vostra pena e contribuire alla sopravvivenza della nostra società.

Ma io non sono qui per i miei crimini. Deine si permise un sorrisetto sarcastico. Era una legge più vecchia degli Aldermen quella che imponeva che, in caso un criminale fosse morto prima di scontare la pena, toccava al membro più anziano della sua famiglia sostituirlo nella punizione. Una legge di cui Deine non aveva mai saputo nulla, almeno fino al giorno in cui un gruppo di soldati era venuto a prenderla per portarla in prigione, al posto di suo padre, trovato morto dopo essere stato condannato per furto.

-E quindi, ringraziate di essere vivi ancora oggi e rispondete all'appello.

Dodgers tese un braccio e uno dei sorveglianti gli passò una tavoletta, da cui il direttore della Cava prese a leggere i numeri di serie dei forzati. Li macinava in fretta, quasi disgustato dal doverli pronunciare, mentre, al suo fianco, Basser seguiva con lo sguardo le file dei galeotti, gli occhi che scintillavano ogniqualvolta uno dei forzati esitava a rispondere. Evitare di rispondere per tre volte all'appello equivaleva a cinque colpi di frusta, e Basser lo sapeva. Del resto, era una regola che aveva stabilito lui.

-10642.

Deine alzò svogliatamente il braccio destro, mostrando il polso su cui il suo numero di serie era tatuato in cifre azzurrine. -Presente- rispose.

Una volta finito l'appello, Dodgers riconsegnò la tavoletta al Capo Sorvegliante e scese rapidamente dalla pedana. Ad un cenno di Basser, gli altri sorveglianti cominciarono disordinatamente a togliere le catene ai forzati, dividendoli in gruppi. I più forti, quelli destinati alla miniera, vennero fatti salire sulla navetta che li avrebbe condotti alle pendici delle montagne, da cui partivano i tunnel che si diramavano all'interno della roccia, percorsi dalle venature del Cristallo. Deine e le altre donne, invece, erano destinate alla Batteria, il luogo in cui si produceva l'energia che alimentava i macchinari dell'intera Cava.

Nel momento in cui le venne ordinato di dirigersi verso la Batteria, la mente di Deine si spense e si svuotò automaticamente di ogni pensiero. Stava per cominciare una giornata uguale a tutte le altre che per due anni l'avevano preceduta, e a tutte le altre che l'avrebbero seguita per dieci anni. E l'unico modo che aveva per sopravvivere a quell'inferno era andare avanti senza pensare, e fingere, almeno per lo spazio di una giornata, di vivere.

 

Buonasera a tutti!

Questa è la prima storia originale che pubblico su EFP e sono molto emozionata. Sarò sincera, il capitolo non mi piace, ma sicuramente è meglio della prima versione che avevo scritto. In ogni caso, lascio giudicare a voi. Mi farebbe piacere se lasciaste una recensione per dirmi cosa ne pensate e farmi notare eventuali errori.

Detto questo, vi saluto e buona lettura!

Un bacio a tutti,

Saitou

Ps per i love penguin: nel capitolo ci sono due citazioni di Lés Miserables: se riesci a trovarle, la prossima volta che c'incontriamo avrai da me un... biscottino! *tira fuori una tavoletta di cioccolata Milka* Lo so, in realtà è cioccolata. Freghenbauer.

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Daywine ***


Di solito, i nuovi operai arrivavano alla Cava verso l'ora di pranzo, l'unico pasto concesso ai forzati. Quasi nessuno li notava. Arrivavano, venivano introdotti nella mensa e, dopo il pasto, in breve tempo erano già stati destinati ai vari compiti. Non ci voleva molto prima che perdessero qualunque accenno di personalità e si confondessero con le centinaia di altri operai lì presenti.

Così, quando, quel giorno, fece il suo ingresso nella mensa, Deine non prestò particolarmente attenzione ai circa cinquanta individui in piedi in fondo alla mensa. I sorveglianti avevano già provveduto a far indossare loro le casacche color crema stabilite dal regolamento, e sulle loro braccia era già stato tatuato il numero di riconoscimento in cifre azzurrine. Non fosse stato per il fatto che molti di loro avevano ancora i capelli, li si sarebbe potuti scambiare per detenuti qualunque.

Del resto, a Deine non interessava particolarmente conoscere i suoi compagni di sventura. I primi giorni che era lì aveva provato a farsi degli amici, ma l'amicizia era qualcosa che era facile a morire, nella Cava. I pochi con cui aveva intrecciato un rapporto, o erano morti, oppure erano stati trasferiti. Col passare del tempo, Deine aveva perso interesse e voglia. Stare da soli, del resto, rendeva la vita più facile, in quel posto.

Stranamente, il caso volle che, quel giorno, una parte dei “nuovi” venisse messa allo stesso tavolo a cui mangiava lei.

Deine non se ne accorse nemmeno. In piedi di fronte al tavolo- ai forzati non era concesso di sedersi- si mise a trangugiare frettolosamente la minestra che aveva davanti, senza quasi sentirne il sapore.

-Ehi, ma sei sorda?

Il tocco di una mano sulla spalla attirò improvvisamente la sua attenzione. Deine alzò la testa, sorpresa, e fissò la persona che le aveva parlato.

Un ragazzo. Dimostrava circa diciotto anni, alto, snello, ma con una muscolatura insolitamente vigorosa, la carnagione quasi ambrata che faceva risaltare ancora di più gli occhi di un azzurro intensissimo, ombreggiati da ciglia insolitamente lunghe. I capelli gli ricadevano fino alle spalle in un'arruffata zazzera nera di cui qualche ciuffo ricadeva sugli occhi.

Deine lo fissò senza capire. -Scusa?

-Ho detto, ma sei sorda?

-Perché, hai detto qualcosa?- reagì la ragazza, infastidita.

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. -Evidentemente, altrimenti non ti chiederei se mi hai sentito.

Deine cominciava ad infastidirsi. Non riusciva a capire cosa mai potesse volere quel ragazzo sconosciuto da una come lei. Già quel mattino, alla Batteria, il sorvegliante era stato più odioso del solito, e si era accanito particolarmente su di lei. Almeno mentre mangiava, voleva essere lasciata in pace.

-E cosa avresti detto di così importante?- la risposta le uscì dalle labbra in un ringhio.

Il giovane inarcò un sopracciglio. -Ti ho solo chiesto come ti chiami. Sei solita rispondere così a chi cerca di attaccare bottone?

-No, perché nessuno cerca di “attaccare bottone”- sibilò Deine. -E sei pregato di non farlo neppure tu.

-Oh, scusami- il ragazzo alzò le mani. -Non oserò mai più disturbare le tue meditazioni.

Deine gli afferrò un polso e lo costrinse ad abbassare il braccio. -Qui non stiamo giocando- gli sibilò in faccia. -Se ti beccano a fare pezzi del genere, ti frustano. Lo capisci, questo?

-Io non sto giocando- il ragazzo si liberò dalla sua presa con la massima facilità. -Volevo solo fare conversazioni, tutto qui.

Fu allora che Deine lo notò. Gli occhi azzurri del ragazzo non erano come quelli degli altri galeotti che aveva visto arrivare alla Cava. Non era, il suo, uno sguardo vuoto privo di qualunque speranza, tristemente rassegnato al suo destino. Era vivo, vibrante, acceso da una determinazione che cancellava qualsiasi traccia di paura. Non era un disperato. Era un combattente.

Quelli così muiono presto, pensò Deine con tristezza. Perché erano quelli che arrivavano convinti di poter mantenere un minimo di speranza e di umanità, convinti di poter superare indenni quell'inferno. Ma la Cava era un abisso da cui non c'era ritorno, e la speranza e la determinazione erano sempre le prime cose a morire, fagocitate dai ritmi mortali di quel posto assurdo.

Per questo Deine distolse lo sguardo. Preferiva non pensare all'orrore a cui quel ragazzo sarebbe andato incontro, ed era più facile senza guardarlo negli occhi.

Rimasero entrambi in silenzio fino alla fine del pasto, quando i sorveglianti vennero per dividerli nuovamente in gruppi. Deine vide il ragazzo alzarsi, e e dirigersi verso Basser. Sorrise tristemente. Dunque, era stato destinato alle miniere. E nelle profondità della Montagna, con Basser, ogni speranza di mantenere l'umanità era perduta.

Mentre si avviava, il ragazzo volse la testa per guardarla da sopra la spalla, e i loro occhi s'incrociarono, e Deine non riuscì a distogliere lo sguardo, anche se avrebbe voluto.

Le labbra di lui si mossero appena, ma la sua voce risuonò insolitamente chiara sopra il frastuono confuso dei sorveglianti.

-Comunque, il mio nome è Daywine.

 

Alla fine della giornata, stanco e distrutto, Daywine si gettò sulla sua branda nel dormitorio, con la ferrea convinzione che, il mattino dopo, non sarebbe più riuscito ad alzarsi.

Sapva che alla Cava si lavorava duramente, ma non aveva mai immaginato nulla di simile a quello a cui aveva appena assistito. Dodici ore al buio, sotto metri e metri di roccia, picconando ininterrottamente la parete di pietra per estrarre il Cristallo. Dopo un po' di tempo che era lì, gli era quasi sembrato che la galleria avesse cominciato a chiudersi su di lui come una trappola di roccia, mentre l'odore di chiuso prendeva alla gola e i muscoli cominciavano a protestare per la fatica. E, in mezzo a tutto questo, tra la polvere che si alzava e la luce delle lanterne che feriva gli occhi, si aggirava Basser, la frusta in mano, gli occhi ferini che percorrevano la galleria, e dove lui passava, la frusta si alzava nell'aria e si abbatteva sulle spalle del primo poveraccio che gli capitava sottomano. Era veramente l'inferno in terra, come Daywine aveva spesso sentito dire, e non era per nulla divertente scoprire sulla propria pelle che tutte le voci che aveva sentito su quel posto erano vere.

Del resto, sapevi a cosa saresti venuto incontro, quando hai ucciso quel soldato, pensò, mentre si sistemava sulla branda, cercando di ignorare i muscoli che protestavano.

E invece no, non lo sapeva, maledizione. Tutto l'addestramento che aveva sostenuto, tutti i campi di battaglia che aveva calcato, non erano e non sarebbero mai stati sufficienti a prepararlo a ciò a cui aveva appena assistito.

Oh, e piantala di fare la mammoletta!, si disse, infastidito. Cambiò di nuovo posizione reprimendo un gemito. Fece per passarsi una mano tra i capelli, un gesto che gli era abituale, ma le sue dita incontrarono solo pelle liscia: i capelli gli erano stati tagliati prima di scendere alla miniera. Quella era veramente una cosa a cui non si sarebbe mai bituato. Se l'avessero saputo, Ethan e Derrick si sarebbero fatti grasse risate, e questo pensiero bastò ad allontanargli la mano dal capo.

Fu allora che il gruppo di donne che lavorava alla Batteria fece il suo ingresso nel dormitorio, trascinandosi stancamente verso i giacigli.

Daywine la vide subito. Non sapeva perché l'aveva notata, quel pomeriggio alla mensa.

A prima vista, non era niente di speciale, faceva quasi paura e ribrezzo. Magra fino all'inverosimile, il volto scavato, le spalle curve. I capelli erano stati rasati da poco, ma le ciglia e le sopacciglia dorate ne lasciavano intuire il colore originale. Erano stati gli occhi a colpirli: dietro l'iride grigia, apparentemente vuota, aveva visto bruciare una rabbia e un desiderio di vendetta simile al suo, e la cosa l'aveva colpito. Le parole brusche che lei gli aveva rivolto avevano confermato ulteriormente questi'mpressione, e persino adesso, mentre la vedeva camminare verso la sua branda, Daywine non riusciva a scacciare quella sensazione.

Stranamente, il giaciglio della ragazza era esattamente accanto al suo. Deine la vide fermarsi e guardarlo, sorpresa. Le sorrise, le fece un cenno di saluto con la mano, e la sopresa si tramutò in irritazione. Rapidamente, la ragazza si stese sul suo giaciglio e gli volse la schiena, raggomitolandosi in posizione fetale, quasi volesse nascondersi.

Per un attimo, Daywine valutò l'idea di rivolgerle di nuovo la parola, poi pensò che, in fondo, non valeva la pena di beccarsi un'altra serie di rispostacce.

Fu solo quando le luci si furono spente, che la voce di lei gli arrivò in un sussurro:-Io mi chiamo Deine.

 

 

Buon pomeriggio a tutti!

Allora, questo capitolo è stato un'ammazzata: l'ho iniziato e finito ieri sera alle undici, mentre ascoltavo a macchinetta canzoni d'amore della Disney e Laura Pausini (il motivo di quest'ultima scelta mi è del tutto ignoto, visto che normalmente sono a malapena consapevole dell'esistenza di una cantante chiamata Laura Pausini). Se ogni capitolo lo porto a termine così, mi sa che qui ci lascerò il cervello.

Ringrazio in anticipo tutti colore che avranno la pazienza di recensire e quelli che leggeranno solamente.

Un'ultima cosa: per la lettura di questo capitolo consiglio l'ultima canzone che ho sentito, “Drink To The Health Of The Dorsai”. Non c'entra nulla con la storia, ma è ballabile e tiene svegli.

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Amicizia ***


La mattina seguente cominciò esattamente uguale a quella precedente. L'ingresso dei sorveglianti, le frustate, i gemiti dei forzati, le imprecazioni, il risveglio.

Eppure, per Deine, c'era un piccolo particolare che rendeva quella mattinata diversa da tutte le altre. E quel particolare era Daywine.

Dal quel momento alla mensa in cui le aveva rivolto la parola, la ragazza non riusciva a toglierselo dalla testa. Nonostante tutto, sentiva per lui un'istintiva simpatia, ed era curiosa di vedere come,e se, se la sarebbe cavata. Se sarebbe riuscito a mantenersi integro in quell'inferno, o se, com'era probabile, sarebbe crollato di fronte agli orrori a cui avrebbe assitito.

I primi momenti della giornata sembrarono confermare la sua seconda impressione: Daywine non ne volle sapere di alzarsi dalla branda, almeno fino a quando la frusta di un sorvegliante non si abbatté sulla sua schiena. Sotto gli occhi stupefatti di Deine, il ragazzo si tirò su di scatto, con un'imprecazione, rivolgendo al sorvegliante uno sguardo che gli valse una seconda frustata.

-Non devi guardarmi mai più in quel modo, hai capito, verme? Un'altra occhiata di queste, e non te la caverai con un colpetto.

Daywine si mise lentamente a sedere e fissò sul sorvegliante due occhi di fuoco. -Forse sei tu che non te la caverai con qualche colpetto.

È proprio pazzo, pensò Deine con tristezza. Evidentemente vuole morire.

Il colpo di frusta raggiunse il ragazzo sul viso, così veloce da non dargli modo di evitarlo. La testa di Daywine scattò all'indietro, una linea rossa si aprì sulla sua guancia.

Nel dormitorio calò il silenzio. I sorveglianti smiseri di percuotere i forzati, i galeotti stessi si volsero a osservare la scena con occhi sbarrati. Per qualche istante nessuno si mosse.

Il sorvegliante che aveva frustato Daywine si chinò lentamente su di lui e gli afferrò il viso, stringendoglielo con tale forza da far fuoriuscire il sangue dal taglio.

-Forse tu non hai capito bene, bellimbusto. Qui non puoi fare quello che vuoi. Un'altra risposta di queste e vedrò veramente di fartene pentire. Mi hai capito?

Daywine non rispose. Teneva gli occhi fissi in quelli del sorvegliante, il respiro pesante e affannato. Deine vide distintamente la sua bocca aprirsi, un lampo di sfida passargli negli occhi.

Non seppe mai perché lo fece. Fu più forte di lei. La sua mano scattò in avanti e strinse il braccio di Daywine in una morsa di ferro. Gli occhi di lui incrociarono i suoi.

-Non farlo- sibilò. Fu poco più di un sussurro impercettibile, ma bastò. Sotto la sua mano, Daywine si rilassò, lentamente abbassò la testa. -Mi dispiace- disse con un filo di voce. -Non lo farò più.

Era stato solo un secondo, il sorvegliante non si era accorto di nulla. Alle parole del ragazzo annuì, soddisfatto e rilasciò il suo viso. -Bravo bambino- mormorò -Vedo che impariamo in fretta.

Dietro Daywine, Deine scosse la testa, dandosi della stupida. Se il sorvegliante si fosse accorto del suo intervento sarebbe stata lei ad essere punita, e di certo non con qualche frustata. Perché diamine si era messa in mezzo? Perché non aveva lasciato quel ragazzo al suo destino?

Come al solito, i detenuti vennero fatti alzare e costretti a disporsi in fila. Mentre gli passava accanto per prendere il suo posto, Deine sentì la mano di Daywine sfiorarle il braccio. Alzò di scattò la testa, e i loro occhi si incontrarono. Daywine le sorrise.

-Grazie- sussurrò.

Deine scosse la testa irritata. -Scordati che lo faccia un'altra volta- sibilò, prima di allontanarsi.

-Non l'ho mai pensato- le parve di sentire, ma forse se l'era immaginata.

Il resto della giornata passò come al solito: l'appello alla Piazza, il discorso di Dodgers, il lavoro alla Batteria. Al momento di pranzare, Deine si era già scordata l'incidente della mattina.

O meglio, se lo sarebbe scordata, se al tavolo non si fosse trovata accanto a Daywine.

-Volevo dirti...- cominciò subito lui.

La ragazza alzò gli occhi al cielo e si volse verso di lui. -Non esiste proprio che tu mi lasci mangiare in pace, vero?- ringhiò. -Anzi, non esiste proprio che tu mi lasci in pace in generale?

Daywine inarcò un sopracciglio. -Parole un po' forti per uno che conosci solo da ieri, non ti pare?

-È già troppo- sibilò lei, riprendendo a mangiare.

Accanto a lei, il ragazzo scoppiò a ridere. Deine si voltò a guardarlo, stupefatta.

Lui s'interruppe subito. -Beh? Che c'è? Ho fatto qualcosa che non andava?- chiese, preoccupato.

Deine non rispose. Come spiegargli che era da tanto tempo che non sentiva qualcuno ridere, ridere davvero, che lei non aveva detto quel che aveva detto con l'intenzione di farlo ridere, perché aveva scordato molto tempo prima cosa significasse essere allegra, o felice. Non aveva idea di come fargli capire tutto questo, quindi rimase zitta, mentre, dentro di lei, non riusciva a impedirsi di pensare che era bello, dopo tanto tempo, sentire qualcuno ridere.

-Ho capito- Daywine sospirò. -Qui è impossibile fare conversazione, quindi vedrò di cavarmela da solo.

Distolse lo sguardo da Deine e riprese a mangiare. La ragazza rimase immobile per qualche istante. Lo fissava con curiosità, mordendosi nervosamente il labbro.

-Che mi volevi dire, alla fine?- esplose dopo qualche minuto di silenzio.

Daywine scoppiò a ridere e si voltò a guardarla. - Non esiste proprio che tu mi lasci mangiare in pace, vero?- rispose, in una pessima e poco convincente imitazione della voce di lei.

Nonostante ciò, Deine scoppiò a ridere. E subito dopo si fermò, sconvolta.

Da quanto tempo non rideva, da quanto tempo non si sentiva... forse non felice. Ma così leggera? Non riusciva a ricordare qando era stata l'ultima volta in cui qualcuno l'aveva fatta ridere.

Tutto ciò era sbagliato. Alla Cava non era permessa l'amicizia, non era permessa la leggerezza. I rapporti tra i forzati erano severamente vietati e soppressi con ogni mezzo. E quand'anche non ci avessero pensato le fruste dei sorveglianti, bastavano la disperazione, la fatica e la morte a distruggere ogni sentimento.

Questa riflessione bastò a cancellare in lei qualsiasi traccia di allegria. Deine abbassò subito lo sguardo e riprese a mangiare. Per tutta la durata del pasto, non alzò gli occhi e non rispose quando Daywine cercò di attirare la sua attenzione.

Quando il sorvegliante della Batteria venne a prenderla, se ne andò senza avergli dato un solo sguardo.

 

Quella sera, quando le luci furono spente, Daywine rimase sveglio, deciso ad aspettare che tutti gli altri si addormentassero, per iniziare il suo giro di ricognizione.

Sapeva che non avrebbe dovuto farlo. Era lì solo da un giorno, non aveva la minima idea di come fosse fatto il posto, ne' se ci fossero sorveglianti alle porte del dormitorio. Peggio di tutto, non aveva la più pallida idea di dove fosse quello che era venuto a cercare.

Se fossi più furbo, o se sapessi obbedire agli ordini, pensò, non mi infilerei subito in un giro di ricognizione senza sapere dove andare. Vedrei di sapermi muovere, di ottenere informazioni sull'ubicazione di quello che sto cercando. Di certo non andrei così alla leggera.

Sì, avrebbe dovuto aspettare. Ma non poteva. Perché ogni istante che passava senza agire, il suo corpo fremeva, la sua mente chiedeva azione, sentiva prepotente il bisogno di soffocare la rabbia che lo accompagnava sempre e che ormai era una costante delle sue giornate.

Quando alla Base avevano annunciato che la prossima missione richiedeva di infiltrarsi alla Cava, Daywine si era proposto subito volontario. Non era la convinzione di potercela fare, o meglio, c'era anche quella. Era il fatto che, da troppo tempo non gli davano qualcosa da fare, e lui aveva bisogno soffocare la furia che gli bruciava in petto con l'azione. Aveva bisogno di dimostrare agli altri cosa sapeva fare. Non era più un bambino, ed era ora che tutti se ne rendessero conto.

Per questo, quando fu certo che tutti dormissero, si alzò velocemente dalla sua branda, stando ben attento a non far rumore. Col passo felpato che derivava dal suo lungo addestramento, si mosse con cautela fra i corpi addormentati, diretto verso la porta chiusa del dormitorio.

Una volta arrivatovi, si chinò per osservare la serratura. Non era chiusa a chiave, e tirò un sospiro di sollievo. Appoggiò l'orecchio contro il metallo della porta e si dispose all'ascolto, cercando di capire se vi fossero guardie aldilà. Non si udiva alcun rumore. Delicatamente, si alzò e pose la mano sulla maniglia, iniziando ad aprirla piano.

-Che stai facendo?

Daywine ritirò di scatto la mano e si voltò, appogiandosi alla porta. Con gli occhi frugò freneticamente il dormitorio, cercando d'intuire chi avesse parlato.

-Allora? Mi vuoi spiegare?

Fu allora che la vide. Deine era in ginocchio sulla sua branda, gli occhi grigi pieni di sospetto fissi sul suo viso.

Accidenti. E adesso? Per qualche istante, Daywine non seppe cosa dire, lì in piedi davanti alla porta, con gli occhi accusatori di Deine puntati su di lui.

-Allora?

La voce brusca di lei lo riportò alla realtà. Daywine si riscosse, e rapidamente attraversò la stanza, buttandosi in ginocchio sul su giaciglio, posto accanto a quello di Deine. Prima che la ragazza potesse fare un qualsiasi movimento, lui le aveva afferrato i polsi con una mano, mentre con l'altra le teneva chiusa la bocca. Gli occhi di lei si dilatarono per la sorpresa.

-Non gridare- sibilò Daywine, e si diede dello stupido, mille volte stupido, per non aver controllato che tutti dormissero, per aver fatto, forse, troppo rumore, per aver tentto di andare in esplorazione quando era lì solo da due giorni, e per mille altre cose.

Per alcuni istanti rimasero lì immobili, occhi negli occhi, il silenzio rotto solo dall'intrecciarsi dei loro respiri affannosi. Poi, con un movimento appena accenato, Deine annuì.

Daywine sospirò di sollievo e la lasciò andare, ricadendo pesantemente sul suo giaciglio. Per qualche altro minuto non fecero altro che fissarsi.

-Per favore, non dire a nessuno quello che hai visto- disse Daywine dopo un po'. -Non posso spiegarti cosa stessi facendo, ma... prometto che questa è l'ultima volta che mi salvi la vita. Giuro. Ma non parlarne ai sorvegliani. Ti prego.

Deine non rispose. Con movimenti lenti e studiati si mise in ginocchio sul giaciglio, senza staccare un istante gli occhi da lui. Daywine avrebbe voluto disperatamente sapere cosa le passava per la testa in quel momento.

-Cosa volevi fare?- chiese lei dopo un po'.

-Non posso dirtelo.

-Va bene- cambiò tattica lei. -Cosa ti farebbero se ti scoprissero?

Daywine rabbrividì. -Non lo so, e sinceramente non voglio saperlo. Ti prego, dimmi che non dirai niente-la supplicò.

Per minuti che parvero interminabili, Deine rimase in silenzio.

-D'accordo- disse infine. -Perché dovrei tradirti? Qualsiasi tu stia facendo, non mi interessa, e se danneggia questo posto d'inferno, tanto meglio.

Mentre parlava, il suo volto si era come trasfigurato, gli accessi da un'odio smisurato che sembrava bruciarla dall'interno, e ancora una volta, Daywine si stupì di trovarla così affine a lui.

-Grazie- disse sollevato.

Si rimise a stendere sul giaciglio, con il cuore che gli batteva all'impazzata per lo scampato pericolo. Non era così che sarebbe dovuta andare, quella notte, ma sarebbe potuto andare molto peggio, e Daywine si consolò, pensando a questo.

Va bene, questa è la parte che censurerò quanto tornerò a casa, chiudendo gli occhi.

La sua intenzione era di dormire, ma una mano leggera sulla spalla lo scosse dai suoi pensieri. Si girò e vide gli occhi di Deine fissi di lui. Si chiese, per la prima volta, perché non ci fossero sorveglianti all'interno del dormitorio. Non aveva senso, se veramente avevano intenzione, come diceva Deine, di stroncare qualsiasi rapporto di qualsiasi tipo tra i forzati.

-Perché sei finito qui?- la voce sommessa di Deine interruppe il corso dei suoi pensieri.

Passò qualche istante di silenzio, prima che Daywine rispondesse.- Ho ucciso un soldato.

-Perché?

-Mi aveva provocato. Si è scatenata una rissa, e la cosa mi è sfuggita di mano.

Nel raccontarle la bugia che si era preparato da tempo, stranamente si sentì a disagio. Certo, lui aveva ucciso davvero quel soldato, ma il vero motivo di quel gesto Deine non poteva saperlo, e di certo non l'avrebbe mai indovinato.

-Perché me lo chiedi?- riprese, per sfuggire a quella sensazione di disagio che l'aveva aggredito. -Sbaglio, o la tua politica di sopravvivenza, qui, era niente amici, e niente rapporti in generale?

Deine si morse il labbro. -Volevo solo sapere- rispose con un filo di voce.

Daywine si pentì subito del suo scatto. Le tese una mano, sorridendo. -Scherzavo. Non mi da fastidio, se fai domande. Adesso posso fartene qualcuna io?

Evidentemente aveva detto qualcosa di sbagliato, perché Deine, che in quegli ultimi secondi era rimasta a guardare la sua mano tesa come incantata, a quelle parole si riscosse e gli lanciò un'occhiata di fuoco.

-Notte- tagliò corto, e si stese sul suo giaciglio, dandogli la schiena.

Daywine fece lo stesso, senza poter trattenere un sorriso. Anche se lei gli aveva risposto in un modo non diverso dal solito, il ragazzo aveva comunque la sensazione che tra loro, comunque, qualcosa fosse cambiato.

 

Buonasera a tutti!

Come qualcuno mi ha fatto notare, in questo capitolo forse non succede niente di particolare, ma non preoccupatevi, perché dal prossimo in poi, le cose comincieranno ad ingranare, promesso!

Fra l'altro, è solo una mia impressione, o in questo capitolo Deine si comporta abbastanza da pazza? Vabbeh. Allora, che ne pensate? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.

Ringrazio in anticipo chiunque vorrà lasciare una piccola recensione. Adesso vi lascio, altrimenti non seguo la trama di “Moulin Rouge”! (:

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Provvedimenti disciplinari ***


Nei giorni seguenti, Deine parlò più di quanto non avesse mai fatto in vita sua.

Erano conversazioni sussurrate al buio, quando i sorveglianti avevavo già chiuso le porte, conversazioni composte più che altro da confidenze della sua vita passata. Daywine, accanto a lei, ascoltava, ma non parlava molto di sé. La faceva ridere, imitando i sorveglianti, sopratutto la parlata ringhiante di Basser, ma aveva smesso di infastidirla durante i pasti. Anche perché, e Deine riusciva a vederlo, Daywine era preoccupato per qualcosa.

Non gli fece domande, e del resto Daywine non le avrebbe risposto. Non poteva confidarle che il motivo principale delle sua ansia era che, da ormai dieci giorni che era lì, la sua missione non aveva fatto nessun passo avanti.

Certo, aveva studiato la conformazione del posto e la distribuzione dei sorveglianti, e sapeva che, molto probabilmente, quello che era venuto a cercare si trovava nel Laboratorio, l'edificio più protetto della Cava, situato accanto al dormitorio. Ma ora come ora, tutte queste conoscenze erano utili, almeno che non si decidesse a metterle in pratica.

Perciò, l'undicesimo giorno della sua permanenza alla Cava, decise di agire.

Aspettò, come al solito, che calasse la notte, che i sorveglianti avessero spento le luci e chiuso le porte. Rimase sul suo giaciglio, perfettamente immobile, contando i secondi, il corpo teso e pronto a scattare, ignorando le occhiate perplesse di Deine, stesa accanto a lui.

Alla fine, quando ritenne che fosse passato abbastanza tempo perché tutti gli altri si fossero addormentati, si levò lentamente dal suo giaciglio, lanciando occhiate circospette tutt'attorno a sé, e quando i suoi occhi incrociarono quelli di Deine, si portò un dito alle labbra. Lei annuì.

Daywine si mosse con circospezione, avanzando silenziosamente tra i corpi addormentati fino ad arrivare, come quella sera di dieci giorni fa, fino alla porta. Vi si inginocchiò davanti e poggiò l'orecchio contro il metallo feddo, trattenendo il respiro per captare qualsiasi rumore.

Non si udiva nulla, il silenzio era rotto soltanto dai respiri regolari dei forzati. Daywine non era in grado di giudicare se al di là della porta ci fosse qualcuno o meno. Quando gli sembrò che fosse passato qualche minuto, si alzò lentamente... ed urtò la porta con la spalla.

-Che succede lì dentro?- chiese una voce al di là della porta.

Daywine imprecò fra i denti e si schiacciò contro il muro, mentre, davanti a lui, la maniglia si abbassava e la testa del sorvegliante faceva capolino dalla soglia.

-Che succede qui?

Rapido come il fulmine, Daywine lo afferrò e lo scagliò con violenza contro il muro, colpendolo in testa con un pugno ben assestato. Quindi, cercando di fare meno rumore possibile, se lo caricò in spalla e si affacciò con cautela sul corridoio.

Niente. Vuoto. Quello che aveva appena steso era l'unico sorvegliante posto davanti alla porta del dormitorio, ed ancora una volta non aveva senso. Com'era possibile che avessero posto una sola persona a guardia di una stanza in cui dormivano quasi mille persone. A meno che, ragionò Daywine, non avessero talmnte tanta fiducia nel terrore e nella rassegnazione nutrita dai forzati, da aver deciso di non sprecare personale per la sorveglinza dei prigionieri.

Di sicuro non pensano che, dopo una lunga giornata di lavoro, qualcuno di noi possa avere la forza di alzarsi e stendere uno di loro, rifletté Daywine, mentre avanzava con cautela lungo il corridoio, verso l'unica porta aperta lungo la parete: quella della latrina.

I forzati erano accompagnati in massa alla latrina solo una volta al giorno, così che spesso molti di loro non avevano occasione di utilizzarla. Nelle poche volte in cui vi era riuscito, Daywine aveva notato che quello era l'unico luogo dotato di una finestra di dimensioni normale, e di conseguenza l'unico che potesse prendere in considerazione per tentare di uscire.

Arrivò alla latrina trasportando il corpo esanime del sorvegliante sulle spalle, aprì con cautela la porta e si guardò intorno. La latrina era un'ampia stanza il cui unico mobilio era costituito da una serie di lavabi posizionati sulla parete davanti a lui e da una decina di servizi “igienici” posti in modo da essere visti da chiunque.

Daywine si tolse il corpo del sorvegliante dalle spalle e lo usò per bloccare la porta, quindi si diresse verso l'unica finestra del locale. Era posta in alto, persino per uno della sua statura, ragion per cui avrebbe dovuto arrampicarsi su uno dei lavabi.

Sperando solo che regga il mio peso, pensò Daywine con una smorfia, mentre si issava delicatamente sul bordo dei lavabi. La finestra non aveva sbarre né tantomeno una lastra di vetro- un'enorme stupidaggine, pensò Daywine, ma del resto, chi mai avrebbe potuto o voluto arrampicarsi fino a lì?

Si issò fino al bordo della finestra e scivolò con cautela verso l'esterno, temendo di non passarci: la finestra era alta e stretta, quasi troppo stretta per lui, che in dieci giorni di lavori forzati non era ancora dimagrito così tanto.

Deine sì che non avrebbe problemi, si sorprese a pensare, ma erano congiunture oziose: in pochi secondi era già fuori, e con un balzo aggraziato si trovò ai piedi del muro.

L'aria fredda della notte lo colpì in pieno petto, mozzandogli il respiro. La Piazza della Cava si stendeva davanti a lui, bagnata dalla luce argentea della luna, mentre Daywine poteva quasi percepire l'incombere silenzioso della catena di monti alle sue spalle. Alla sinistra del del Dormitorio, si elevava la Batteria, nera contro il blu scuro del cielo notturno. Ed infine, alla destra del dormitorio, il Laboratorio, uno stretto edificio basso e largo, di forma rettangolare, colle finestre sempre illuminate.

Daywine stava già per muoversi quando il vento gli portò il suono di alcuni voci. Si appiattì contro il muro e si acquattò nell'oscurità, osservando le ombre di due sorveglianti allungarsi oltre l'angolo del muro.

-Cosa stai facendo?- chiese uno dei due.

-Sto controllando- rispose l'altro- Mi era parso di aver sentito un rumore.

-Quello che hai sentito è il vento che ti soffiava tra un orecchio e l'altro, visto che in mezzo c'è ben poco- sbottò il primo. -E adesso torna qui. Tanto in questo buco non succede mai nulla, perché dovrebbe succedere adesso?

Si allontanarono e Daywine tirò un sospiro di sollievo. Ma adesso il problema era un altro: la strada tra lui ed il Laboratorio era una distesa piatta, bagnata dalla luce della luna, senza alcun riparo.Avrebbe dovuto muoversi in fretta, se avesse voluto avere anche solo una minima possibilitàdi successo.

Si alzò, ed iniziò ad avanzare a passo svelto, cercando di rimanere il più possibili nella zona d'ombra che la presenza dell'edificio gli forniva. Di nuovo, le voci dei sorveglianti lo costrinsero a fermarsi ed ad accovacciarsi, trattenendo il respiro.

-Ti dico che ho sentito qualcosa!

-E io ti dico che è solo l'aria che hai nel cervello.

-Ma se veramente ci fosse qualcuno? Se scoprisse non abbiamo controllato, hai idea di cosa ci farebbe Basser? Passaci tu, sotto la tua frusta, se ne hai voglia. Io vado.

Il primo sorvegliante non rispose, ma erano di due persone i passi che si avviarono nella sua direzione. Daywine sentì il suo cuore mancare un colpo. Rivolse il suo sguardo in direzione del Laboratorio,valutando rapidamente la distanza:non ce l'avrebbe mai fatta a percorrerla in tempo. Con la coda dell'occhio, notò dei movimenti lungo le pareti dell'edificio:altri sorveglianti. Non poteva farcela, non in quel momento. Provarci sarebbe stato un suicidio.

Le voci dei sorveglianti si facevano sempre più vicine, dove agire in fretta. Rapido comun un fulmine, Daywine tornò di corsa alla finestra, spiccò un balzo, vi si aggrappò e scivolò all'interno della stanza, ritrovandosi nuovamente all'interno della latrina.

Superò il corpo del sorvegliante e corse al dormitorio.

Una volta dentro, rimase a lungo con la schiena appoggiata alla parete, ansimando, mentre dentro di sé si rivolgeva tutti i peggiori insulti che conosceva. Ancora, una volta, non aveva combinato nulla, e non sapeva quando avrebbe avuto un'altra occasione. Di sicuro, vedendo il sorvegliante stordito, gli altri si sarebbero insospettiti e avrebbero aumentato la sorveglianza.

Arrivò fino al suo giaciglio e vi si lasciò cadere, sentendo la rabbia e l'umiliazione bruciare a lungo dentro di lui, prima che il sonno finalmente lo cogliesse.

 

La porta venne aperta con uno schianto violento, e Basser fece il suo ingresso nel dormitorio, la frusta che si accaniva con violenza sui corpi dei forzati addormentati, gli occhi pieni di rabbia animale che esploravano tutto il locale.

Deine aprì gli occhi, confusa, udendo grida soffocate, gemiti più forti del solito... e sopratutto la voce di Basser, che sovrastava qualsiasi altro rumore.

Si mise a sedere e vide tutti i forzati alzarsi frettolosamente dai loro giacigli, vide gli altri sorveglianti accalcati sulla soglia del dormitorio, e Basser davanti a loro, col frustino in mano ed un'espressione furiosa.

Che ci faceva Basser lì? Lui non veniva mai nel dormitorio. Deine si alzò in fretta e si mise dietro agli altri forzati, cercando Daywine con lo sguardo. Lo vide, ritto in piedi, pallido e teso, ed in quel momento Deine fu certa che lui sapesse cosa stava succedendo.

Quando tutti furono in piedi di fronte a lui, Basser gettò uno sguardo lungo tutto il dormitorio, la mascella che gli si contraeva spasmodicamente.

-Chi di voi- esclamò, e quando la sua voce risuonò nella stanza, più di un forzato sussultò- chi di voi vermi ieri sera ha osato abbandonare il dormitorio, e colpire uno dei miei sorveglianti?

Nessuno parlò, nessuno si mosse, tutti rimasero immobili, a testa bassa, e il silenzio si fece sempre più pesante e l'aria più gelida.

-CHI È STATO?- La frusta di Basser si abbatté con violenza sul pavimento e un sussulto generale percorse la massa dei forzati, mentre tutti si facevano indietro. -CHI È STATO?

È stato lui, si rese conto Deine, mentre la disperazione saliva lenta a chiuderle la gola. Come ha potuto essere così stupido?

Gli occhi di Basser scorrevano lentamente avanti ed indietro lungo le file dei forzati, animati da uno scintillio minaccioso. -Forse non mi sono spiegato bene- sussurrò, con voce calma - Se il responsabile non salterà fuori al mio tre, nessuno di voi sfuggirà alla mia punizione. E a quel punto, sarete voi stessi a consegnarmi il colpevole- levò una mano con tre dita alzate. -Uno... due...

-Sono stata io.

Le parole erano uscite dalla bocca di Deine quasi senza che lei lo volesse, e se ne pentì nel momento stesso in cui vide gli occhi di Basser volgersi verso di lei.

Lentamente, la folla dei forzati si divise, e Deine vide Basser avanzare verso di lei. Avrebbe voluto fuggire, sprofondare nel terreno, essere dovunque tranne che lì, nel momento in cui lui le fu di fronte.

Basser abbassò gli occhi per guardarla. -Sei stata tu?- chiese, con voce ancora calma, quasi gentile.

Deine aveva la gola chiusa da un nodo, e quando rispose, la sua voce era ridotta ad un filo. -Sì.

Basser sorrise, scoprendo i lunghi denti affilati. -Davvero?

Deine prese un profondo respiro ed alzò la testa per guardarlo, cercando di vedere gli occhi di Basser attraverso il velo di lacrime che si stava formando nei suoi. -Sì- ripeté, questa volta con voce più ferma.

Il sorriso di Basser si allargò. -Sai qual'è la pena prevista per un'infrazione del genere, numero...- dovette piegarsi in due per osservarle il braccio- ... 10642?

-No, signore- Deine aveva l'impressione di essere sul punto di vomitare. Male che vada,pensò, gli rovinerò le scarpe.

Nel momento in cui rispose, il tono di Basser era quello di un bambino a cui è appena stato annunciato che il suo compleanno verrà festeggiato in anticipo. -Cinquanta frustate.

Deine sentì le ginocchia cederle, ma si tenne in piedi con un supremo sforzo di volontà, stringendo i pugni, mentre la disperazione montava lenta dentro di lei. In cosa mi sono andata a cacciare?

-Eseguirò la pena io stesso. Tutti dovranno assistere. Portate i prigionieri fuori- Basser colpì con un buffetto la guancia di Deine. -E tu prendi un bel respiro, carina. Sei pallida come uno straccio lavato.

 

La portarono fuori,in catene, mentre i forzati venivano disposti in file lungo la Piazza. Il sole aveva appena cominciato a sorgere, allungando lunghe dita di fuoco sulle teste chine dei prigionieri.

Daywine aveva l'impressione di non essersi mai sentito così male. Nel momento in cui Deine aveva parlato, sostenendo di essere stata lei ad uscire dal dormitorio, era stato troppo sconvolto per reagire. Poi tutto si era mosso troppo velocemente, senza che lui avesse il tempo di dire o fare alcunché. E a quel punto, ormai, non poteva più intervenire. Intercedere per un altro forzato comportava pene molto severe, e del resto, comprendeva fin troppo bene che Deine si era offerta al posto suo per dargli modo di svolgere al meglio la sua missione.

Ma ugualmente non poteva accettarlo. Nel momento in cui vide i sorveglianti portarla fuori, in catene, le gambe che a malapena la reggevano, fu sul punto di buttare all'aria ogni provvedimento di buon senso, di prudenza, di rispetto per la missione. Era stato lui a sbagliare, andando allo sbaraglio senza nessuna conoscenza del posto e senza nessuna idea di cosa fare, e non doveva essere Deine a pagare.

Eppure non fece nulla. Rimase fermo al suo posto, mentre i sorveglianti facevano inginocchiare Deine e le strappavano la casacca sulla schiena. Basser si pose dietro di lei, agitando la frusta avanti e indietro. Poi, lentamente, alò il bracciò. Poi colpì.

Lo schiocco della frusta sulla carne rieccheggiò con insolità intensità nella Piazza. Deine vide Deine sussultare, la vide stringere i pugni fino a far impallidire le nocche.

-Uno- annunciò la voce stentorea di uno dei sorveglianti.

Un altro colpo. Deine sussultò, ma non un gemito uscì dalle sue labbra.

-Due.

E andò avanti così, ancora ed ancora. Deine non urlò, non si mosse più, non si lamentò neanche una volta. Ed ad ogni colpo, l'irritazione di Basser aumentava, le frustate si facevano più violente, aprendo lunghi squarci rossi sulla schiena di Deine, squarci da cui il sangue usciva a fiotti, raccogliendosi in una pozza attorno ai suoi piedi.

-Quarantotto, quarantanove...

Resisti, Deine, resisti ancora un po', pensò Daywine, che sentiva il cuore stringersi e rilasciarsi ad ogni frustata.

-Cinquanta!

La frusta si fermò. Basser abbassò lentamente il braccio. Il silenzio calò nella Piazza.

Per qualche istante, nessuno si mosse, poi Deine crollò a terra e lì rimase, mentre la pozza di sangue si allargava sotto di lei.

-Portatela in infermeria- ordinò Basser. Due dei sorveglianti raccolsero Deine e la portarono via, mentre gli altri si occupavano di radunare i forzati e di dividerli in gruppi.

Daywine seguì con lo sguardo la sua amica che veniva portata via, mentre un pensiero si faceva lentamente strada in lui. Questa è l'ultima volta che mi salvi la vita, te lo giuro.

 

L'infermeria era una stanza piccola e spoglia, il cui unico arredamento era costituito dalle sei file di letti che l'occupavano. Era dominata dall'odore di polvere e di chiuso.

Deine giaceva sdraiata su un fianco, sentendosi la schiena attraversata da linee di fuoco. Avrebbe voluto dormire, ma il dolore era troppo intenso, ed aumentava ogniqualvolta lei accennava un movimento.

-Come andiamo, carina?

Deine voltò appena la testa e vide Basser incombere su di lei, un sorrisetto soddisfatto sulle labbra ed un luccichio maligno negli occhi. Qualsiasi cosa lui avesse visto nei suoi occhi, evidentemente lo fece ridere, perché si chinò a darle un buffetto sulla guancia. -Non hai voluto darmi soddisfazione- commentò- Ti sei morsa la lingua a sangue pur di non gridare, eh? Ma è meglio così. Più un temperamento è forte, più mi diverto a spezzarlo.

E quando disse quelle parole, qualsiasi paura Deine avesse mai provato svanì come neve al sole. Al suo posto c'era soltanto l'odio, un odio che non aveva mai provato prima e le bruciava dentro, alimentando il dolore delle ferite. Sentì, violento, il desiderio di avventarsi su Basser, di fargli del male, di ferirlo, come lui aveva ferito lei, di fargli provare il medesimo dolore che le aveva inflitto. Tutto attorno a lei si tinse di rosso, mentre immagini di morte passavani nei suoi occhi.

Basser le vide, e rise, rise di gusto, come se avesse appena assistito allo spettacolo più divertente della sua vita. -Sì, carina, è esattamente questo l'effetto che volevo ottenere- si chinò su di lei e le prese il viso tra le mani, guardandola negli occhi-Ma dimmi, ne è valsa la pena?

E in quel momento Deine capì che lui aveva sempre saputo.

 

Sì, lo so, la prima parte del capitolo è illogica e fa schifo, ma siccome l'ho già detto io, voi dovete starvi zitti XD.

Seconda cosa: NON MI UCCIDETE!

Lo so, lo so, che un simili ritardo nell'aggiornamento è da detenzione, ma capitemi: tra scout e scuola, mi era venuto pure il blocco dello scrittore... ora che è tornata l'ispirazione, prometto che gli aggiornamenti saranno più rapidi.

Eeeh, niente. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mi raccomandi, recensite!

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Rivelazioni ***


Deine dormì per la gran parte della giornata, ben consapevole che, tempo qualche settimana, e Basser l'avrebbe rispedita alla Batteria, poco importava che fosse guarita o meno. I successivi due giorni trascorsero senza che nessun particolare venisse a turbare l'atmosfera della Cava. Non ci furono altri tentativi di infiltrazione da parte di Daywine, e Basser ne sembrò soddisfatto.

Non sapeva che, in segreto, Daywine pensava a come raggiungerla in infermeria. Considerato come si era risolto il suo ultimo tentativo di evasione notturna, uscire in segreto dal dormitorio era fuori discussione. In realtà, secondo i dettami della prudenza, anche andare a trovare Deine era fuori discussione, ma Daywine non poteva tollerare l'idea di lasciarla da sola, dopo tutto quello che lei aveva fatto per lui.

E comunque, pensò rabbiosamente tra sé e sé mentre era intento a picconare, ormai la missione è già andata bellamente nel secchio, quindi peggio di così non posso fare.

Il terzo giorno dopo che Deine era stata portata in infermieria, mentre trasportava il suo carico di Cristallo verso la piattaforma che l'avrebbe poi condotto in superficie, Daywine mise un piede in fallo e cadde rovinosamente a terra, facendosi male alla spalla destra. L'unico motivo per cui fu portato in infermeria era che quel giorno Basser non era presente in Miniera, e il giovane sorvegliante, appena arrivato, evidentemente non aveva ancora imparato le regole di quel posto, perché si affrettò a farlo uscire, per non intralciare i lavori.

Daywine fu portato in infermeria da due sorveglianti piuttosto rudi, che si limitarono a buttarlo bruscamente su un lettino, per poi andare a cercare il medico della Cava (che era semplicemente uno dei sorveglianti più esperto degli altri nelle cure mediche, il che non garantiva molto).

Nel momento in cui la porta si fu chiusa rumorosamente dietro di loro, Daywine si volse verso Deine, che, seduta sul bordo del letto, lo fissava stupefatta.

-Che diavolo ci fai qui?- chiese.

-Contenta di rivedermi, bellezza?- Daywine le sorrise, indicando col pollice la porta chiusa alle loro spalle. -Mi sono fatto portare qui per fare quattro chiacchere, solo io e te.

-Tu sei un folle- sibilò Deine. -Quelli torneranno tra poco, portando il medico.

-Sì, ma dopo se ne andranno. Qui dentro ci siamo solo noi due, visto che Basser rimanda tutti indietro dopo al massimo quattro giorni, cadaveri compresi. E siccome qui praticamente non c'è mai nessuno, non hanno predisposto dei turni dei sorveglianza- mentre diceva questo, aggrottò le sopracciglia, colto da un pensiero improvviso- E non ha senso, ora che mi ci fai pensare. Perché diamine questo posto è gestito così male? Non c'è niente che funzioni, dalla progettazione alla sorveglianza.... È troppo strano.

-Niente che funzioni?-quasi ringhiò Deine-Se non c'è niente che funziona, allora perché non sei riuscito nemmeno a non farti beccare?

A queste parole Daywine la guardò, stupefatto... e si gettò sul letto scoppiando a ridere in maniera convulsa, cercando di soffocare le risate contro il cuscino.

-Ma che cavolo fai...?- sussurrò Deine, stupefatta e terrorizzata. -Smettila, ti sentiranno!

-Scusa- ansimò Daywine, asciugandosi le lacrime.- È solo che il tono con cui l'hai detto... sembrava veramente che mi volessi sgozzare.-mentre parlava, gli sfuggì un'altra risatina tra i denti.

Deine rimase a fissarlo, battendo le palpebre un paio di volte. -Non era mia intenzione farti ridere- mormorò, col tono che avrebbe riservato ad un matto.

-Non lo è mai- commentò ironico Daywine.

Proprio in quel momento la porta dell'infermeria si aprì e i due sorveglianti entrarono insieme al medico della Cava, il quale, dopo aver rimesso sbrigativamente a posto la sua spalla, dichiarò che, almeno per quella sera, Daywine avrebbe dovuto starsene a riposo.Quindi se ne andò, seguito dai sorveglianti, i quali volsero a Daywine uno sguardo di puro disprezzo.

Una volta che la porta si fu chiusa nuovamente alle loro spalle Daywine si lasciò cadere sul letto, rigirandosi però con una smorfia. -Ed io che ti invidiavo perché pensavo che finalmente fossi su un letto vero-mugugnò -Al confronto, il pavimento del dormitorio non è un letto di piume, ma poco ci manca.

A giudicare dall'occhiata che gli lanciò, Deine non aveva apprezzato la battuta.

-E dai- sospirò Daywine- stavo solo scherzando.

-Tu scherzi troppo- ribatté la ragazza in tono gelido. -E adesso guardami bene negli occhi, perché ho intenzione di fare un discorso molto serio.

Qualcosa nella sua voce indusse Daywine ad alzarsi e a guardarla, sorpreso. Deine lo fissava, in ginocchio sul letto, con sguardo terribilmente grave. Talmente grave da inquietarlo.

-Che c'è?- le chiese.

-Perché sei qui?

Nel momento in cui fece quella domanda, Deine vide l'altro irrigidirsi, un lampo di sospetto passagli negli occhi. Daywine si tirò lentamente a sedere.

-Perché vuoi saperlo?- domandò, con i pugni stretti, gli occhi scintillanti di una luce minacciosa.

-Perché ne ho il diritto- rispose Deine, senza scomporsi. -Dopo tutte le volte che ti ho salvato la pelle, credo che rivelarmi il motivo per cui stai cercando di farti uccidere dal momento in cui hai messo piede in questo posto, sia il minimo.

-E come faccio a sapere che non sei una spia?- Le mani di Daywine si erano strette a pugno con tanta forza da far impallidire le nocche.

Le labbra di Deine si sollevarono in un sorrisetto. -A cosa sarebbe servita, visto che non sei stato capace di trascorrere una giornata, qui, senza farti notare da ogni singolo sorvegliante?

Questa volta Daywine non rise. Deine vide chiaramente le sue guance avvampare per l'umiliazione, ma il ragazzo rimase in silenzio, mentre, dentro di sé, soppesava i pro e i contro.

Da qualsiasi punto di vista, ha ragione lei. Non avrebbe senso che fosse una spia, alla Cava non potevano sapere che sarei arrivato. E del resto, da quando sono arrivato qui, sarei morto almeno tre volte, se non fosse stato per lei. Perché avrebbe dovuto farsi punire al posto mio? Senza contare che, il primo giorno in cui sono stato qui, sono stato io ad avvicinarla, non il contrario.

Queste riflessioni durarono alcuni minuti, durante i quali Deine rimase a guardarlo, chiedendosi per l'ennesima volta che cosa la spingesse ad essere così aperta nei suoi confronti. Per quanto ci avesse riflettuto, non era riuscita a spiegarsi perché si fosse fatta punire al posto suo. Un gesto sconsiderato, ed anche inutile, considerato che probabilmente Daywine si sarebbe fatto beccare presto, qualunque cosa stesse facendo.

Qualunque cosa stesse facendo, già... ormai era diventato di vitale importanza per Deine saperlo. Non solo perché riteneva di averne il diritto, ma anche perché nei giorni che aveva passato in infermeria, un sospetto, e con esso una speranza, si era insinuato poco a poco nella sua mente.

Daywine alzò la testa e la fissò, e nei suoi occhi non c'era più il sospetto, solo esitazione.

-Deine... non so se posso- mormorò- Anzi, non posso proprio.

-Per favore- rispose lei. -Per favore, Daywine.

Qualcosa in quella risposta parve vincere tutte le resistenze di Daywine. Nei suoi occhi scomparve anche quell'ultimo lampo di esitazione. Tese le mano e afferrò quella di Deine con forza, piantando i suoi occhi azzurri in quelli di grigi di lei.

-Mi devi giurare che non lo dirai a nessuno.

-Lo sai che non lo farò- sussurrò Deine, che sembrava improvvisamente turbata.

Daywine prese un profondo respiro.

-Sono qui in missione per la Resistenza- disse infine.

Nella stanza calò il silenzio. Daywine lanciò uno sguardo al viso di Deine, ma la ragazza non sembrava particolarmente sorpresa.

-L'avevi capito- mormorò, sconfortato.

-L'avevo immaginato- rispose lei.

Sì, l'aveva immaginato dal primo giorno in cui l'aveva visto, ma non aveva mai potuto esserne sicura.Confinata per i primi anni della sua esistenza in un minuscolo villaggio sulle Montagne, e poi in quella Cava, Deine aveva sempre saputo del mondo esterno quel poco che potevano riportare le voci di corridoio.

La Resistenza contro gli Aldermen era iniziata circa dieci anni prima, portata avanti da un gruppo di guerrieri che si opponevano al regime con piccole azioni di guerriglia. Di tanto, qualcuno di loro veniva preso e portato alla Cava. Di solito, si riconoscevano perché erano quelli che subivano un trattamento particolarmente duro.

Per qualche istante, tra i due calò il silenzio. Deine sfilò la sua mano da quella di Daywine e si mise lentamente sdraiata, cercando di ignorare le fitte di dolore alla schiena.

-E cosa sei venuto a fare qui?- domandò.

Daywine sospirò e si mise sdraiato anche lui. -Sin da quando è stata creata, questa Cava è diventata la più importante tra le Cave di Cristallo di Aretha. Tu, ovviamente, sai che questa non è l'unica Cava, no?- dicendo questo, volse lo sguardo verso Deine, la quale annuì distrattamente.

-Eppure, pur essendo il luogo principale della produzione del Cristallo, per la sua posizione e per la sua grandezza, questa Cava è sempre stata il luogo di altri traffici. Spesso il Cristallo ricavato in altre Cave viene trasportate qui, e non solo. Sembra che alcuni forzati siano stati utilizzati come cavie per degli esperimenti di cui non conosciamo né lo svolgimento né lo scopo. -Alzò di nuovo la testa dal cuscino per guardare Deine. -E negli ultimi tempi questi -alzò le mani e con le dita tracciò delle virgolette nell'aria- “traffici” sono aumentati. Secondo le nostre ultime notizie, circa qualche giorno prima che io arrivassi, un camion che trasportava un carico di Cristallo è arrivato qui, scortato da alcuni soldati, e è arrivato fino al Laboratorio, da cui poi è ripartito diretto verso Zania, la capitale. Siamo riusciti ad intercettare quel camion, e il Cristallo che vi abbiamo trovato... - esitò - Non era normale, ecco.

-Non era normale in che senso?- ribatté Deine.

-Non so spiegarti esattamente. Alla Base lo hanno analizzato, ma nessuno di noi è riuscito a capire esattamente come e perché sia stato modificato. Per questo hanno deciso di mandare un infiltrato alla Cava, per cercare di capire che tipo di esperimenti si conduca in questo posto, e sopratutto per cercare di rubare la documentazione degli esperimenti.

Di nuovo, tra i due calò il silenzio. Entrambi erano immersi nei propri pensieri. Deine ragionava su ciò che aveva appena sentito, e sulla conferma del pensiero che si era fatto strada in lei in quei giorni. Daywine considerava fino a che punto la missione fosse stata un fallimento, se era arrivato a rivelare i suoi segreti ad una sconosciuta. Una sconosciuta senza la quale non sarebbe durato a lungo, in quella Cava.

-Quindi, che cosa farai, adesso?- domandò alla fine Deine, girandosi su un fianco per guardarlo negli occhi.

-Ci stavo pensando- rispose Daywine, con gli occhi fissi al soffitto. -E in questo momento, mi sono ricordato che non è un caso se per la missione hanno scelto questo periodo. Ricordi che mese è, Deine?

-No, che non lo ricordo- ribatté la ragazza, in tono confuso. -Ho smesso di tenere il conto dei mesi da quando sono arrivata qui. Ma che c'entra questo?

-C'entra, eccome- con una smorfia di dolore, Daywine si mise su un fianco per ricambiare lo sguardo della ragazza. -Perché questo è il periodo dell'anno in cui gli Aldermen fanno visita a tutte le Cave di Aretha.

L'informazione non parve avere su Deine l'importanza che lui le attribuiva. Deine si ricordava poco o niente delle visite annuali degli Aldermen. Arrivavano, venivano guidati per la Cava, esaminavano i forzati, rigorosamente tirati a lucido per l'occasione, e il resto della giornata la passavano con il Direttore ed i sorvegliante, tutti che facevano a gara per adularli. E poi se ne andavano, così com'erano venuti, e il giorno dopo la vita riprendeva il suo corso normale.

-E allora?- chiese Deine.

-E allora, quella è un giorno in cui la sorveglianza viene allentata, in cui i detenuti vengono controllati meno... il giorno in cui è più facile scivolare dalle grinfie di Basser e dei suoi e farsi un giretto nei dintorni- mentre parlava, il tono di Daywine si era fatto sempre più spavaldo, come se fosse molto fiero della sua idea.

Deine sorrise di quel suo entusiasmo quasi infantile. -E a quel punto che farai?

-Una volta che avrò ottenuto quello per cui sono venuto qui, scapperò.

Daywine non aveva ancora finito di parlare, che la mano di Deine scattò e gli strinse il polso in una presa ferrea, insolita per una ragazza tanto gracile. Daywine alzò la testa, spaventato, e quello che vide furono gli occhi grigi di Deine fissi sul suo viso, animati da una luce rabbiosa, che le trasfigurava i lineamenti, rendendoli ancora più affilati.

-Che c'è?- chiese, inquieto.

-Prometti che quando scapperai mi porterai con te- sussurrò Deine.

Sebbene le avesse pronunciate a voce bassa, quelle parole parvero esplodere nel silenzio della stanza. Daywine sentì quasi come una scarica elettrica percorrergli la spina dorsale, il cuore mancare un colpo. La fissò, ed non ebbe più dubbi: faceva dannatamente sul serio.

-Deine...-sussurrò- non so se...

-Non provarci nemmeno!- esplose lei. -Non provare a dire che non puoi farlo, non dopo tutte le volte che ti ho salvato la pelle. Non dopo questo- mentre parlava, si era messa a sedere sul letto e aveva sollevato la casacca, mostrando una delle cicatrici violacee che le solcavano la schiena.

Daywine le fissò con il cuore in gola, mentre il senso di colpa tornava a farsi strada in lui. Deine aveva ragione, lui non aveva il diritto di rifiutarle un aiuto, dopo tutti quelli che gli aveva fornito lei. E poi, stranamente, il pensiero di scappare dalla Cava e di lasciarsela dietro lì, sola in quel posto orribile, gli stringeva il cuore.

-Va bene- sussurrò- Va bene, ti porterò con me

Deine lo fissò, e non gli parve convinta. -Promesso?

-Promesso.

Si fissarono negli occhi, e per un momento in quelli di Deine passò qualcosa di diverso dalla rabbia e dalla paura, qualcosa che poteva sembrare gratitudine, e forse qualcos'altro.

-Grazie- sussurrò infine.

Quindi, si stese sul suo giaciglio e si raggomitolò su se stessa, voltandogli la schiena, esattamente come faceva le altre sere, al dormitorio, quando avevano concluso le loro conversazioni.

Daywine rimase a fissarla ancora per qualche istante, quindi si rivolse verso il muro anche lui. -Non c'è di che- rispose.

 

Lo so, lo so, questo è un odioso capitolo di transizione, ma per farlo sono rimasta sveglia fino a tardi, quindi non accetto critiche XD.

No, ovviamente scherzo, potete dirmi quello che volete.

Detto questo, per scrivere questo capitolo mi sono fomentata con le canzoni di un musical di cui ho scoperto l'esistenza solo ora “Wicked”, davvero fighissimo.

Vabbeh, la smetto di blaterare, anche perché se non casco dal sonno.

Un bacio a tutti,

Saitou

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Gli Aldermen ***


Avviso per i lettori:questo capitolo è lunghissimo. Pieno di avvenimenti e di descrizioni. Perciò, prima di leggervelo, mettetevi comodi, assicuratevi di non avere impegni per il pomeriggio, e, se siete di notte, tenetevi accanto una tazza di camomilla. Spero solo che il capitolo ne valga la pena.

Detto ciò, buona lettura!:)

Un bacio a tutti,

Saitou

 

Altre due settimane passarono: due settimane di completa noia, di completa immobilità, due settimane in cui Daywine rimase tranquillo. Nel segreto del dormitorio, quando tutti si erano addormentati, la sua mente lavorava, valutando tutti i possibili scenari, tutti i pro e i contro dell'idea che gli si stava formando nella mente: ormai si era quasi alla fine del mese, e presto, molto presto, gli Aldermen sarebbero arrivati per la loro visita. A quel punto, forse, avrebbe potuto mettere in atto il suo piano, e questa volta non sarebbero stati ammessi errori.

Deine, dal canto suo, rimase in infermeria, aspettando che le ferite guarissero, anche se le ci sarebbe voluto ben altro che due settimane per permetterle di riprendersi dalle conseguenze di cinquanta frustate. Era tranquilla. Nonostante finora la sua missione non fosse andata esattamente a gonfie vele, aveva fiducia in Daywine, fiducia nel fatto che, quando lui fosse scappato, l'avrebbe portata con sé. Era disposta ad aspettare, purché quella flebile speranza avesse anche solo una minima ragione di esistere.

E così, entrambi aspettarono, senza nemmeno sospettare che qualcuno li sorvegliasse, un occhio vigile, sempre attento, ansioso di cogliere in fallo le sue prede.

 

Se qualcuno avesse potuto chiederglielo- ma sarebbe stato molto difficile trovare in tutta la Cava qualcuno che avesse il coraggio di fargli una domanda simile-Basser avrebbe risposto che l'unica cosa, o meglio, l'unica persona, di cui aveva paura era Dodgers.

Il motivo era molto semplice: perché lo conosceva. E, tra tutti i forzati presenti alla Cava, era uno dei pochi che ancora poteva ricordarsi del periodo in cui Dodgers era stato Capo Sorvegliante. Ricordava molto bene il primo giorno in cui era arrivato lì, in catene, schiumante, pazzo di rabbia, condannato ai lavori fozati per aver ucciso a sassate una donna e suo figlio in un tentativo di rapina. Ricordava che Dodgers l'aveva subito mandato a lavorare in Miniera, senza cibo, senza acqua, immerso nel buio delle gallerie, così per giorni... finché non era impazzito e si era scagliato contro un sorvegliante, sbattendogli la testa contro la parete della galleria, più e più volte, finché il sangue non era schizzato da tutte le parti. C'erano voluti tre sorveglianti, le catene e una museruola modificata per tenerlo a bada.

L'avevano portato da Dodgers in catene, sporco di sangue e della polvere della Miniera, gli occhi scintillanti di rabbia omicida, la bocca schiumante sotto la museruola. Lì, ai piedi di Dodgers che, con la frusta in mano lo guardava, Basser si era convinto di essere giunto alla fine, che Dodgers l'avrebbe ucciso.

E invece, Dodgers gli aveva porto il frustino, esclamando con un sorriso:- Benvenuto tra noi, Capo Sorvegliante.

In quel momento, Basser non aveva provato dentro di sé nessun sentimento di gratitudine, solo la rassegnata consapevolezza del cane che riconosce il suo padrone.

E sapeva, Basser, che quel suo nuovo padrone sapeva essere molto più crudele di quando avrebbe mai potuto essere lui: a Dodgers non importava nulla del male che infliggeva ai forzati. Non ne traeva né orrore né divertimento. Se per Basser i forzati rappresentevano corpi sui quali esercitare la violenza che tanto amava, e che quindi andavano mantenuti in vita, fino ad un certo punto, Dodgers non vedeva che i loro delle macchine senza vita al servizio degli Aldermen. Macchine che cessavano di funzionare nel momento in cui cadevano a terra, prive di vita, dopo aver sofferto tutto quello che gli era possibile soffrire.

Ma quella mattina, mentre si avviava verso l'ufficio del Direttore della Cava, Basser non pensava a nulla di tutto questo. Aveva smesso da tempo di formulare qualsiasi pensiero che non rientrasse nella cerchia delle sue funzioni.

Aprì la porta dell'ufficio di Dodgers senza bussare, ed entrò, aspettando con pazienza che il Direttore terminasse di guardare le sue carte. Passò così alcuni minuti, finché Dodgers non alzò finalmente la testa, piantando i suoi piccoli occhi porcini in quelli di Basser.

-Sono veramente irritato, Basser- esordì.

Basser non diede alcun peso all'affermazione: non era raro che Dodgers iniziasse così in molto dei loro colloqui.

-Tra meno di due giorni arrivano gli Aldermen- nel pronunciare l'ultima parola, il tono di Dodgers si era fatto quasi deferente- e non è ammissibile che quel ragazzino insolente mandato dai Ribelli giri ancora indisturbato per la nostra Cava.

-Che male c'è?- ribatté impertubabile Basser -Finora non ha creato che un po' di scompiglio. Lasciamolo giocare, lasciamolo sentire sicuro, finché non saremo pronti a dargli una bella lezione.

-Lui sta giocando- gli occhi di Dodgers si ridussero ad una fessura -E tu cosa stai facendo, Basser?

-Sto giocando con lui- rispose Basser, mentre gli angoli delle sue labbra si sollevavano in un sorriso. -Sto lasciando che pensi di avere la situazione in pugno, e nel frattempo gli giro intorno, facendomi sempre più vicino. E quando sarò abbastanza vicino, quando lui sarà ormai convinto di essere al sicuro... - il pugno chiuso di Basser si abbattè improvvisamente sul tavolo, mentre le labbra si tiravano indietro, lasciando scorgere i denti affilati -... allora lo punirò come merita.

-D'accordo- ribatté freddamente Dodgers – ma quando gli Aldermen saranno fuori dalla Cava, li voglio morti. Tutti e due. Sì, anche la ragazza- precisò. -Sta diventando decisamente troppo attiva da quando il Ribelle è arrivato per la prima volta.

Per qualche attimo, tra i due uomini calò il silenzio.

-Anzi, no- esclamò improvvisamente Dodgers. -Della ragazza, facci quello che ti pare. È tutta tua. Ma il ragazzo, lascialo in vita. Potrebbe avere delle informazioni interessanti da comunicare, e quand'anche non parlasse, è giovane e robusto, e sarebbe una cavia perfetta per i nostri esperimenti. -Mentre parlava, fissò di nuovo i suoi occhi, freddi ed inespressivi, in quelli di Basser. -Fingi di giustiziarli, e fa portare il corpo di lui al Laboratorio. Poi, se lei vorrai lasciarla in vita per divertirti, fa' pure.- tornò a rivolgere la sua attenzione alle carte. -Puoi andare, adesso.

Basser non disse nulla. Si limitò a chinare il capo ed uscì, attraversando i corridoi a grandi passi, la mano destra che di tanto in tanto si contraeva sul manico del frustino.

Mentre avanzava per i corridoi, diretto verso la Miniera, Basser pensò che sarebbe stata una vera soddisfazione sentir finalmente Deine urlare.

 

Gli Aldermen arrivarono in un freddo mattino di primavera, tagliato da un vento gelido che faceva rabbridire i forzati, avvolti nelle corte casacche che erano state fornite loro per l'occasione, in modo che agli Aldermen apparissero bianche e privi di strappi.

Nel momento in cui la sagoma della loro aeronave apparve nel cielo, i forzati erano già stati disposti nella Piazza, circondati dalla schiera dei sorveglianti che li osservavano torvi, con le fruste e i bastoni in mano. Dallla sua posizione privilegiata dalla pedana, Dodgers osservava con sguardo compiaciuto il cielo, seguendo con occhi avidi i movimenti della maestosa aeronave che lentamente si muoveva in aria, facendosi sempre più vicina alla Cava.

Gli Aldermen atterraono nel momento in cui il sole sorse da dietro le Montagne, allungando lente dita purpuree sulle teste dei forzati. I raggi del sole nascente parvero quasi incendiare la nave, che cominciò ad abbassarsi in un turbinio di fuoco, mentre l'aria vibrava per il calore emanato dai potenti razzi che fungevano da motori.

Hanno il senso dello spettacolo, non c'è che dire, pensò Daywine, mentre lentamente l'aeronave si faceva più vicina a terra. Attorno ai motori si alzò improvvisamente un vortice di polvere, che fece tossire e piangere numerosi forzati, mentre Dodgers e i suoi, invece, rimanevano immobili al loro posto, gli occhi pieni di deferenza fissi sull'aeronave che andava delicatamente posandosi a terra.

Finalmente, i motori si spensero con uno sbuffo, la polvere cessò di roteare e si depositò a terra. Per numerosi istanti, nulla si mosse. Poi, lentamente, sotto gli occhi della folla che a malapena osava respirare, le porte dell'aeronave si aprirono con un sibilo, e ua lunga passerella si allungò dolcemente verso il suolo.

E allora, scesero gli Aldermen.

I venticinque uomini più potenti del pianeta (tra cui si potevano annoverare solo due donne) scesero con lentezza dalla passerella, come per concedere alla folla sottostante l'occasione di guardarli e ammirarli. Si disposero in fila sulla pedana, avvolti nelle loro lunghe tuniche scure, ciascun di un colore diverso a seconda della città che governava. I raggi del sole mattutino, allungandosi sulle loro figure, traeva riflessi colorati dai frammenti di Cristallo che portavano al collo, di dimensioni diverse a seconda dello loro importanza.

L'ultimo a scendere, stranamente, fu il Primo Aldermen. Nel momento in cui comparve, la folla ai suoi piedi parve quasi ritirarsi, Dodgers e i sorveglianti si genuflessero lentamente. Erano alla presenza dell'uomo più potente di Aretha, di colui che aveva guidato la repressione contro il governo e contro i ribelli, dell'uomo che teneva in mano il loro destino e quello di tutto il pianeta.

Daywine, invece, ne fu quasi deluso. Zanoch Hostel, il Primo degli Aldermen, era un uomo di media statura, dal fisico agile e scattante, che evocava più l'idea di uno studioso che quella di un guerriero. Il viso appuntito, solcato da rughe profonde agli angoli degli occhi e della bocca, era circondato da una rada corona di ricci neri, che sulle tempie cominciavano già a stempiarsi. Ricami viola e dorati s'intrecciavano sulle maniche della lunga tunica nera che indossava, simili ai riflessi che il sole catturava dal suo frammento di Cristallo.

Percorse la passerella con più lentezza degli altri, girando all'intorno i penetranti occhi grigio-azzurri. Salì agilmente sulla pedana e si pose accanto a Dodgers, il quale si affrettò a scostarsi, dopo avergli rivolto un profondo inchino.

Nel momento in cui Hostel era apparso, l'aria intorno a lui si era fatta gelida, ma all'apparire di altre tre figure sulla passerella, un brivido di vero e proprio terrore scosse la folla dei forzati.

La Guardia del Primo Aldermen, composta dai tre membri migliori del suo esercito, era leggendaria in tutto il paese, eppure ben poco si sapeva su di loro, se non che Hostel aveva usato il Cristallo per renderli più veloci, più forti, migliori, amplificando ulteriormente la loro capacità di sfruttare l'energia del Cristallo, col risultato di creare tre macchine di morte. Ovunque andassero, qualsiasi tentativo di ribellione veniva stroncato sul nascere, e tutto quel che rimaneva dopo il loro passaggio erano cadaveri, fiamme e distruzione.

Attraversarono la passerella in fretta, con passo marziale, e salirono sulla pedana, dove si disposero alle spalle del Primo Aldermen, apparentemente ignari delle occhiate curiose e terrorizzate che venivano loro rivolte.

Daywine, dalla sua posizione nella fila, li passava in rassegna, cercando di richiamare alla mente quel poco di certo che sapeva su di loro. Ma alla fine, tutto ciò che i Ribelli erano stati in grado di raccogliere su questi strani personaggi erano i nomi. Daywine, quindi, li osservò con occhio particolarmente attento, cercando di assegnare un nome ai volti che si trovava davanti.

Il guerriero che si era posizionato alla destra di Hostel era una donna piccola e dall'aria scattante, con il viso rotondo circondato da un'arruffata zazzera di capelli scuri, di cui qualche ciuffo ricadeva sugli occhi. A giudicare dalla bassa statura, e dai lineamenti aspri, Daywine giudicò che doveva trattarsi di Charya. Di lei aveva sentito parlare spesso: una piccola, agile guerriera, che si muoveva ad una velocità sovrumana ed agiva con una violenza inaudita, impossibile da fermare e da sconfiggere. Ad una prima occhiata, non la si sarebbe detta una grande combattente, ma Daywine aveva imparato da Deine a non giudicare dalle apparenze.

Il guerriero al centro, l'unico uomo del terzetto, era quello più facile, e Daywine pensò che doveva senza dubbio trattarsi di Adon. Era esattamente come Daywine l'aveva sentito descrivere: un uomo alto, imponente, di una bellezza arrogante e fredda, che girava lentamente sulla folla uno sguardo pieno di malcelato disprezzo. I lunghi riccioli ramati che gli scendevano lungo le spalle in boccoli perfetti aggiungevano un qualcosa di femmineo alla sua figura, qualcosa che stonava decisamente con la sua figura da guerriero e con la fredda perfezione dei suoi lineamenti. Guardando lui, Daywine fu sicuro che non fosse molto abile nel combattimento.

L'ultima, quella che sostava alla sinistra del Primo Aldermen, con una mano indolentemente appoggiata sull'elsa della spada, doveva essere Vara. E di lei, Daywine aveva sentito parlare molto più che degli altri due: i racconti che giravano sulla sua abilità in combattimento, sulla sua violenza e sulla sua ferocia erano quasi troppo raccapriccianti per essere veri. Eppure osservandola in quel momento, era difficile non credervi: era alta, alta quasi quanto Basser, con un corpo slanciato e perfetto che sembrava creato apposta per la guerra. I lunghi capelli rossi scendevano in due bande lisce a circondare un viso dalla bellezza abbagliante e crudele: c'era qualcosa di irreale nella perfetta armonia di proporzione dei suoi lineamenti, come se in lei non ci fosse quasi più nulla di umano. E inumano era lo strano scintillio che animava i suoi grandi occhi verdi, uno scintillio, minaccioso, violento, troppo simile a quello di Basser.

Ma ciò che non poteva veramente non colpire chi l'osservava erano le due grandi ali che si allungavano maestosamente a partire dalle sue scapole: ali grandi, immense eleganti, che si ergevano in aria per un paio di metri e poi si piegavano delicatamente a metà, andando con le punte delle piume bianche a sfiorare i polpacci. Alla luce del sole che si levava in quel momento su di loro, le sue ali erano cariche di riflessi rossi, rossi come i suoi capelli, rossi come la sua bocca, piegata in un ghigno stupendo e crudele.

Tutti gli occhi erano fissi su di lei, ma nel momento in cui il Primo Aldermen si fece avanti ed iniziò a parlare, gli sguardi di tutti i forzati si volsero automaticamente verso di lui, spinti più dalla frusta di Basser che non da autentica fedeltà. Il Primo Aldermen aveva una voce bassa, ma straordinariamente potente che, quando iniziò a parlare, parve rieccheggiare per tutta la Piazza.

-Detenuti della Cava, in questo giorno, gli Aldermen scendono tra voi, a chiedere prove della vostra fedeltà, a dimostrazione che lo straordinario atto di misericordia da noi compiuto...

Daywine smise ben presto di prestare attenzione. Era in piedi, nel posto che gli spettava nella fila, ma tutti i suoi muscoli erano tesi, pronti a scattare, i suoi occhi sfrecciavano avanti e indietro, in attesa di cogliere il momento più opportuno per mettere in atto il piano che stava preparando da giorni.

Decise di agire più o meno a metà del discorso di Hostel, quando ormai gli occhi arcigni del Capo Sorvegliante l'avevano abbandonato. Si piegò in due con un gemito, premendosi una mano sullo stomaco, e portando l'altra alla bocca, simulando un'espressione di dolore.

All'udire il suo gemito, il sorvegliante che osservava la sua fila lo fissò, preoccupato, e si diresse in fretta verso di lui, gettando occhiate ansiose tutt'intorno per essere sicuro che nessuno li vedesse.-Che cosa c'è?- gli chiese irritato, costringendolo ad alzare la testa.

Daywine lo fissò per un attimo, storcendo la bocca in una smorfia. -Mi sento male... -biascicò.

Il sorvegliante si guardò intorno, disgustato, imprecando a bassavoce. -Maledizione, non doveva succedere proprio adesso... non puoi svenire durante il discorso degli Aldermen, ti rendi conto? Se se ne accorge, Basser mi farà levare la pelle.

-Se mi lascia andare in infermeria... non creerò problemi- ribatté Daywine, fingendo di barcollare.

Il sorvegliante lo fisso per qualche istante, chiaramente combattuto tra l'idea del suo dovere e il pensiero di quello che Basser gli avrebbe fatto se avesse lasciato che un detenuto si sentisse male davanti agli Aldermen.

-D'accordo, vai- sussurrò, stringendo la mano sull'impugnatura del frustino. -Io devo restare qui a sorvegliare la fila. E vedi di non crearmi problemi.

-Certo che no, signore. Come potrei?- nell'ultima frase, Daywine non era riuscito ad impedire che nella sua voce risuonasse una piccola nota d'ironia.

Se scoprirà quello che ha fatto, Basser farà ben più che levargli la pelle, pensò Daywine, mentre abbandonava con cautela il suo posto nella fila. Si diresse a passo lento verso l'edificio del Dormitorio, fingendo ogni tanto di barcollare per mantenere la messa in scena. Arrivato che fu, non si diresse verso la porta, ma scivolò velocemente verso la parete su cui si affacciava la finestra della latrina.

Questa volta aveva un vantaggio: la zona tra il Laboratorio e il dormitorio, che di notte era illuminata dai raggi della luna, di giorno era completamente in ombra. Daywine vi si mosse con cautela, lanciando di tanto in tanto sguardi verso la folla, per controllare che Hostel stesse ancora continuando il suo discorso.

Alla fine, arrivò al Laboratorio: la porta dell'agognato edificio era lì, a pochi passi da lui. Daywine prese un profondo respiro, indirizzò una preghiera a qualunque cosa ci fosse nel cielo sopra di lui e si diresse verso la porta.

-Si può sapere perché ci hai messo così tanto?

Il suono di una voce femminile a pochi passi da lui gli bloccò il respiro. Daywine si girò di scatto... e per poco non svenne, quando vide Deine in piedi di fronte a lui, il viso pallido e sofferente.

-Tu... che cosa... quando...- per qualche istante, parve che Daywine avesse perso la capacità di articolare frasi coerenti. -E poi sarei io quello che vuole morire!- esplose a bassa voce. -Che diavolo ci fai qui? Basser non ti aveva lasciata in infermeria?

-Tanto, mi avrebbe rimessa al lavoro domani, quindi posso ben scordarmi di guarire- Deine fece spallucce.

-Ma come sei uscita?

-Dalla finestra. Sembra che a te riesca piuttosto bene. Poi ho attraversato questo spiazzo e sono rimasta qui per quasi un'ora. Devo dire che pensavo fosse più difficile.

Daywine la fissò per qualche istante, incapace di credere a quello che aveva appena sentito. -E di grazia, perché avresti fatto tutto questo?

-Non è ovvio?- nello sguardo che Deine gli rivolse non c'era ombra di ironia. -Tu mi hai promesso che mi aiuterai a uscire di qui. Io in cambio ti aiuto. Non ti lascio solo.

Daywine la fissò, questa ragazza sconosciuta e scontrosa, che mille e mille volte aveva rischiato la vita per lui, e la gratitudine e l'affetto lo travolsero. Si lanciò su di lei e la strinse al petto, in un abbraccio da spezzare le costole.

-Ahi- protestò piano Deine quando le ferite alla schiena protestarono, ma non lo respinse. Rimase lì, immobile, non sapendo come reagire alle braccia di lui, al calore, alla sensazione sconosciuta che lentamente si andava diramando nel suo petto. Esitando, portò le mani alle spalle di lui, perché le sembrava di ricordare che si facesse così per ricambiare un abbraccio.

Fu Daywine a scostarsi per primo, mettendole le mani sulle spalle e guardandola negli occhi. -Ora comincia il difficile. Sei pronta?

-Quando lo sei tu- sussurrò lei, ancora scombussolata.

Strisciarono lentamente fino alla porta, davanti alla quale Daywine s'inginocchiò, estraendo da sotto la casacca un oggetto lungo e appuntito, che usò per scassinare la serratura.

-Cos'è quello?- chiese Deine.

-Un cucchiaio che ho rubato a cena nove giorni fa e che ho affilato- rispose Daywine. -Ho avuto parecchio da fare, la notte, quando tu dormivi.

Nel momento in cui la serratura cedette con un lieve clic, Daywine si alzò ed aprì con cautela la porta, precedendo Deine all'interno.

Davanti a loro si apriva una stanza circolare, di color grigio metallo, dalla quale si diramavano quattro corridoi identici. I due ragazzi si guardarono per un istante, confusi.

-Dannazione- imprecò Daywine. -E adesso quale sarà quello giusto?

-Io suggerirei quello- ribatté Deine, ironica, indicando un cartello con una freccia bianca, che portava infissa la scritta LABORATORIO.

Presero quel corridoio, e poi un altro, e un altro, e un altro ancoro, sempre seguendo le indicazioni, finché non giunsero ad una stanza da cui partiva una rampa di scale che andava a perdersi nel buio. Accanto a quella, una porta in metallo sopra la quale campeggiava la scritta LABORATORIO.

-Ci siamo- sussurrò Daywine, eccitao. Riprese il suo cucchiaio- grimaldello e si diresse verso la porta, accenando a Deine di rimanere in disparte.

-Insomma, Dodgers, non si può andare avanti così! Scuse, solo scuse, da che sono venuto qui!

La voce del primo Aldermen rieccheggiò improvvisamente nel corridoio vuoto, immobilizandoli sul posto. Deine e Daywine si scambiarono uno sguardo terrorizzato, mentre il rumore di decine di passi si faceva improvvisamente udire.

Fu Daywine il primo ad agire. Si scagliò con prontezza contro Deine e la trascinò nel vano sotto la scala, acquattandosi più che potevano nell'ombra. E in quel momento arrivò Dodgers, seguito dagli Aldermen, da Basser e dalla Guardia.

-Deve capire, Eccellenza... -stava dicendo Dodgers- che i risultati non possono essere immediati. Occorre tempo e fatica per realizzare gli esperimenti necessari, e qui alla Cava non abbiamo le risorse...- mentre parlava, Dodgers aprì la porta del Laboratorio e, dopo aver lasciato passare tutti gli altri, entrò a sua volta, chiudendosi la porta alle spalle.

Nell'ombra del sottoscala, Deine e Daywine si scambiarono uno sguardo, quindi scivolarono con cautela verso la porta e vi si acquattarono, appoggiando l'orecchio contro il freddo metallo.

-...mesi, ormai, mesi- stava dicendo la voce del Primo Aldermen, accompagnata dal rumore agitato dei suoi passi. -E non abbiamo che futili scuse. Le risorse le avete, eccome. Vi ho fornito tutto il necessario, spendendo anche più di quanto fosse richiesto!

-Eccellenza, i risultati non possono essere immediati- ripeté Dodgers con voce paziente. -Il Cristallo è difficile da manovrare e numerosi sono stati gli incidenti. Le cavie umane non hanno la resistenza necessaria per sopravvivere...

-Non hanno la resistenza necessaria?- l'interruppe Hostel. -Io ho creato i soldati della mia guardia col Cristallo. Perché tu non sei capace?

-Lo sai anche tu che i tuoi soldatini sono esperimenti imperfetti, Hostel- la voce profonda, sconosciuta che rispose doveva essere quella di un Aldermen. -Hai aumentato la loro abilità e la loro resistenza, ma la loro capacità di controllare il Cristallo è instabile e il controllo che hanno sul loro potere è debole. Di certo non sono questi i risultati che vuoi ottenere.

Una risata trillante andò a riempire il silenzio della stanza.

-Un esperimento imperfetto, Gabriel?- chiese, divertita-Vogliamo davvero provare?

-Basta, Vara- l'interruppe la voce spazientita di Hostel. -E basta anche con te, Dodgers. Voglio dei risultati, e li voglio in fretta. L'unico Cristallo modificato che siete riusciti a mandarmi, l'hanno rubato i Ribelli!

-Era un carico imperfetto, signore- rispose Dodgers- La difficoltà più grande sta nel creare un Cristallo in grado di rigenerare autonomamente la sua energia. Come sapete, ogni blocco di Cristallo, per quanto grande, ha in sé una limitata quantità di energia, che dopo un po' si esaurisce. Come ho già detto, numerosi sono stati gli incidenti. Al momento non siamo in grado di fornire risultati soddisfacenti...

-E se così sarà anche in futuro, vedrò di cambiare Cava. O di cambiare direttore- la voce del Primo Aldermen si era fatta improvvisamente minacciosa. -E adesso andiamo fuori, e vediamo di continuare questa pagliacciata.

Nel momento in cui i rumori di passi si fecero vicini alla porta, Deine e Daywine si erano già lanciati sotto la scala, stretti l'uno all'altra, cercando di controllare i cuori che battevano all'impazzata.

Uscirono gli Aldermen, poi la Guardia, poi Dodgers. Ultimo, Basser. Rimase immobile, per alcuni istanti, gli occhi neri che lentamente andavano esplorando il locale. Per un istante, i suoi occhi catturarono il buio del sottoscala, e Deine fu irraggionevolmente sicura che lui potesse vederla, fiutarla. Afferrò convulsamente la mano di Daywine e la strinse, finché anche i passi di Basser non si furono allontanati.

Dopo che il Laboratorio fu tornato vuoto, rimasero lì per quelle che parvero ore, fino a quando non furono ragionevolmente sicuri di poter tornare.

-Dobbiamo andare,adesso- affermò Daywine con voce roca, alzandosi.

Deine lo seguì, senza mai lasciare la sua mano, sentendosi ancora addosso quell'assurda sensazione che Basser l'avesse vista, che avesse percepito la sua presenza, anche se non poteva vederla.

Non era passato molto tempo dal momento in cui erano entrati, perciò fu facile attraversare lo spiazzo che separava il Laboratorio dal dormitorio. Fu ancora più facile issarsi attraverso la finestra della latrina e da lì dirigersi poi nell'infermeria, che non era sorvegliata.

Arrivati che vi furono, si lasciarono cadere sui letti, sentendosi addosso la stanchezza di millenni.

-Alla fine, che cosa abbiamo scoperto?- chiese Deine, dopo qualche minuto di silenzio.

-Nulla di più di quanto sapevamo prima- rispose Daywine, frustrato. -Sappiamo per certo che qualcuno sta tentando di modificare il Cristallo, ma non sappiamo né il perché né il come. Alla fine, se non riusciamo a mettere le mani sulla documentazione degli esperimenti, non lo sapremo mai. -Passò qualche altro istante di cupo silenzio, quindi Daywine si girò e le sorrise. -Tu, comunque, sei stata bravissima-disse.

Deine ricambiò il sorriso, incerta, sentendosi pervadere dalla stessa sensazione di quando lui l'aveva abbracciata. -Grazie- rispose.

Si addormentarono. Avevano appena fatto la loro mossa nel gioco, si sentivano sicuri, e ignoravano che, nell'ombra, Basser li spiava e preparava la sua contromossa.

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Esecuzione ***


L'aria che si respirava all'interno della Batteria, (l'edificio addetto alla lavrorazione del Cristallo e alla diffusione di energia nella Cava) era calda e pesante, inquinata dalle continue fuoriuscite di fumo emesse dalle macchine all'interno delle quali il Cristallo fondeva, trasmettendo così l'energia necessaria ai pesanti macchinari che occupavano la stanza, una parte dei quali tagliava il Cristallo estratto dalle Miniere in pesanti blocchi tutti uguali che poi sarebbero stati spediti alla Capitale.

Deine era una delle operaie addette all'imballatura di questi blocchi. Una volta che le pesanti lame del macchinario avevano provveduto al loro compito, lei e le altre forzate dovevano riunirne cinque o sei insieme, impacchettarli, e poi caricarli sul nastro trasportatore che li avrebe condotti ad altri operai, che si sarebbero poi occupati di caricarli sui camion.

Quel giorno, con la schiena che le doleva per le ferite, e la testa altrove per la preoccupazione, il lavoro era ancora più faticoso del solito. In mezzo ai fumi prodotti dai macchinari, Deine ragionava su quando e come lei e Daywine sarebbero riusciti a fuggire. Il ragazzo non era stato molto chiaro su questo argomento: le aveva semplicemente che avrebbero abbandonato la Cava il prima possibile, e di tenersi pronta. Ma di che cosa intendesse con “tenersi pronta”, Deine non ne aveva la più pallida idea.

-Tu, laggiù!- un colpo di bastone alle sue spalle la fece sobbalzare- 10642! Vogliamo lavorare?

Deine non disse nulla, limitandosi ad impilare con più solerzia blocchi di Cristallo che aveva davanti. Dal giorno in cui Basser l'aveva fatta dimettere dall'Infermeria, costringendola a lavorare il doppio più del normale per recuperare le settimane di lavoro che aveva perso, la ragazza aveva l'impressione che tutti i Sorveglianti della Cava l'avessero particolarmente presa di mira. Che fosse perché la sospettavano di aver ferito un loro collega, che fosse perché Basser aveva detto di farlo, fatto sta che tutti le tenevano gli occhi addosso, e Deine cominciava a sentirsi nervosa. Voleva andarsene di lì, e subito. Erano successe troppe cose, il rischio di essere scoperti si stava facendo sempre più alto.

-Dobbiamo scappare subito- sussurrò quella notte a Daywine, quando quella sera si lasciò cadere esausta sulla brandina.

-Lo so- le rispose lui, irritato. -Credi che non ci abbia pensato? Solo che non è così facile fuggire di qui, e il fatto di essere in due rende tutto più complicato.

Deine lo osservò, mentre il suo sguardo si faceva lentamente più cupo. -Se per te sono un peso, basta dirlo- sussurrò, prima di dargli le spalle e rannicchiarsi in posizione fetale rivolta verso il muro.

-Ehi, guarda che non ce l'avevo con te- la mano di Daywine le sfiorò la spalla, ma Deine si rifiutò di girarsi. -Deine...

D'un tratto, la mano di Daywine le serrò improvvisamente la spalla in una morsa d'acciaio, facendola trasalire. Deine fece per voltarsi, ma Daywine la tenne ferma, mentre il silenzio veniva improvvisamente rotto da un rumore di passi.

-Deine...- questa volta, nella voce di Daywine c'era una nota di tensione.

-Che c'è?- sussurrò Deine di rimando, mentre sentiva il suo cuore aumentare i battiti.

Prima che lui le potesse rispondere, la porta del dormitorio si aprì, e Basser si fece largo a grandi passi nel dormitorio, seguito da cinque o sei sorveglianti armati. Questa volta non fece svegliare i forzati, non emise alcun rumore: rapido e silenzioso, si mosse tra i addormentati, diretto innegabilmente verso il giaciglio di Daywine.

Daywine si mise lentamente a sedere, osservando, con il cuore che gli batteva sempre più forte, la figura massiccia del Capo Sorvegliante che gli si avvicinava. Quando questi arrivò infine al suo giaciglio, Daywine non si mosse: fu Basser a farlo alzare, afferandogli con violenza una spalla e tirandolo su con uno strattone.

-Che cosa...-fece per dire Daywine, ma il viso di Basser a pochi centimetri dal suo gli tolse il fiato in gola.

-Niente disordini, bamboccio- ringhiò sottovoce Basser. -O non sarai l'unico a pagarne le conseguenze.

Prima che Daywine potesse anche solo accennare un movimento. Basser l'aveva spinto rudemente tra le braccia degli altri sorveglianti e si era diretto al giaciglio di Deine, la quale si era messa subito a sedere, osservando la scena con occhi guardinghi.

Basser la prese per un braccio e fece per tirarla su con violenza, ma a metà del movimento Deine si ribellò, divincolandosi dalla presa di lui. Indietreggiò di un passo e rimase a fissarlo con occhi infuocati, il respiro reso pesante dalla paura.

Basser la osservò sbigottito per un attimo, quindi il suo volto si aprì in un sorriso, addirittura più inquietante della rabbia che l'aveva animato poco prima. Quasi con gentilezza, mise una mano sulla spalla di Deine e la guidò verso i sorveglianti alle loro spalle, i quali provvidero immediatamente ad ammanettarla, esattamente come avevano già fatto con Daywine.

Vennero guidati fuori dal dormitorio, lungo il corridoio che portava all'esterno, e, una volta lì, si diressero verso il Laboratorio. Nel momento in cui se ne rese conto, Daywine percepì il suo cuore sprofondare. Non aveva idea di che cosa avrebbero incontrato una volta lì, ma aveva la netta sensazione che non sarebbe stato niente di troppo piacevole. L'unico lato positivo che riusciva a vedere era che, almeno, una volta nel Laboratorio, forse sarebbe riuscito ad avere le idee più chiare circa i misteriosi esperimenti che lì si tenevano.

Vorrei solo non aver trascinato Deine in tutto questo, pensò, osservandola mentre camminava tra i sorveglianti a pochi passi da lui. Avanzava a testa alta, i pugni stretti, cercando di controllare la paura che tuttavia traspariva dal tremito delle sue mani. Una volta di più, Daywine provò ammirazione per il suo coraggio.

E così, per la seconda volta in due giorni, Deine e Daywine si trovarono ad attraversare i freddi corridoi del Laboratorio, per la seconda volta si trovarono di fronte alla porta che ricordavano tanto bene. Ma questa volta,la porta era aperta per loro, e, nel momento in cui varcarono la soglia, Deine si sentì svenire.

Il Laboratorio era esattamente come entrambi si erano aspettati che fosse: una grande stanza di forma rettangolare, occupata da tre lunghi tavoli, sul quale erano accumulati misteriosi strumenti metallici, di cui nessuno dei due ragazzi comprendeva la funzione, ampolle, alambicchi e numerosi frammenti di Cristallo, di varie dimensione.

Ma a bloccare il respiro in gola a Deine e Daywine fu il tavolo posto in un angolo della stanza, ingombro di coltelli, fruste, e di altri arnesi dall'aria minacciosa che nessuno dei due aveva mai visto, ma di cui non faticavano a comprendere lo scopo. Accanto a quello, un altro tavolo, dai cui fianchi pendevano sei cinghia di cuoio, robuste, lise e sporche di sangue.

Basser spinse i due ragazzi verso quel'ultimo tavolo, e Deine sentì improvvisamente il coraggio mancarle. L'odore di sangue, che prima non aveva notato, ma che adesso sembrava quasi imperare nella stanza, improvvisamente le diede la nausea. Si fermò di scatto, puntando piedi e cercò Daywine con gli occhi, lanciandogli uno sguardo terrorizzato. Daywine annuì, e con le labbra formò la frase:Non preoccuparti. Ti tirerò fuori di qui.

Deine ci credeva, ma era difficile non preoccuparsi. Quando Basser le lasciò la spalla per avviarsi verso il tavolo di tortura, le ci volle tutta la sua forza di volontà per restare in piedi.

-Allora- esclamò Basser, apparentemente intento a giocherellare con un coltello posto lì sul tavolo. -È ora che noi tre facciamo una piccola chiaccherata, in modo che voi due possiate rivelarmi quello che sapete.-Si voltò verso i due ragazzi, le labbra tese all'indietro a scoprire i denti, in un sorriso da squalo. -Da chi cominciamo?- chiese, con gli occhi neri che andavano avidamente dall'uno all'altro.

-Da me- rispose immediatamente Daywine, ignorando l'occhiataccia allarmata di Deine.

Il ghigno di Basser si fece, se possibile, ancora più largo. -Molto cavalleresco. Per una volta ti ha battuto sul tempo, ragazza- commentò, rivolto a Deine. Quindi tornò a rivolgere la sua attenzione a Daywine, avvicinandoglisi con il coltello in mano. -E, dopotutto, sei tu quello che sa più cose. Ma- e qui la sua espressione si fece improvvisamente pensosa- non credo che ci sarebbe lo stesso divertimento. E, sopratutto, sono convinto che parleresti molto di più se su quel tavolo- e così dicendo, si era voltato verso Deine- ci fosse la tua amica.

-No!- gridò Daywine nello stesso momento in cui Deine faceva un passo avanti, cercando di trattenere le lacrime. Prima che chiunque di loro potesse fare un movimento,Daywine si lanciò in avanti, frapponendosi tra Basser e Deine.

-Iniziamo con me- ripeté con voce ferma.

Basser scoppiò a ridere, una risata violenta, incontrollata, che lo fece piegare in due, per parecchi secondi, finché non iniziò a tossire. Si raddrizò bruscamente, asciugandosi le lacrime, e rivolse uno sguardo divertito a Daywine. -Ma tu guarda- commentò. -Il nostro aitante eroe esce finalmente allo scoperto. Un vero colpo di scena! Confesso che pensavo che ti saresti riparato dietro la tua amica fino all'ultimo, e invece le palle ce le hai. Bene- e qui improvvisamente la risata scomparve dal suo volto, sostituita da un'espressione dura e crudele- iniziamo da te. Ma ti avverto- continuò, e adesso i suoi occhi erano fissi su Deine, ardenti di una luce minacciosa- non pensare di sfuggirmi, carina. È da quando ti ho somministrato la punizione che desidero sentirti urlare.

Deine non ebbe il tempo di reagire, non ebbe il tempo di fare niente. Prima che lei potesse trattenerlo, Daywine si era lanciato in avanti, il volto contorto in una smorfia assassina, le mani ammanettate tese verso Basser, come per afferargli la gola.

-Daywine, no!- gli urlò dietro Deine, ma era troppo tardi. Il pugno di Basser si era già abbatutto sulla mascella del ragazzo, scagliandolo a terra. Lo colpì con un calcio al ventre, una volta, due volte, poi i colpi si susseguirono ai colpi, sempre più veloci e sempre più violenti.

-BASTARDO!!!- Deine fece per scagliarsi contro Basser, ma due sorveglianti la bloccarono, la tirarono indietro. Deine si ripiegò su se stessa, gli occhi pieni di lacrime, cercando di non sentire, ma era impossibile ignorare i tonfi dei calci e i gemiti.

-Bene. Molto. Bene.- Basser parlava in tono stranamente calmo, mentre continuava a tempestare Daywine di colpi. -Hai deciso di farti notare da me, ragazzo. Errore, grosso errore.- Si chinò a prendergli il viso in una mano, facendo brillare il coltello a pochi centimetri dal suo volto. -Perché io non ti lascerò perdere tanto facilmente.- Un lampo, e un taglio rosso si aprì sul viso di Daywine, strappandogli un grido.

-BASTA!- Con uno strattone improvviso, Deine si liberò dalla presa dei sorveglianti e si lanciò verso il tavolo delle torture. La sua mano si strinse sul manico di un coltello lì posato, lo prese, e, prima che chiunque altro potesse fare alcunché per fermarla, lo piantò nella spalla di Basser.

Un ringhio animale uscì dalle labbra del Capo Sorvegliante, riecchegiando con l'intensità di un ruggito nello spazio ristretto del Laboratorio. Basser si girò di scatto, così in fretta da lasciare una scia di sangue nell'aria e si diresse verso Deine, che non fece in tempo ad evitarlo.

Il colpo la raggiunse alla mascella, scagliandola all'indietro, contro lo spigolo del tavolo.

Deine ebbe l'impressione che la sua testa esplodesse, mentre lampi neri le saettavano davanti allo sguardo. Cadde in ginocchio sul pavimento, stringendosi il capo tra le mani, con l'impressione che stesse per scoppiare, mentre qualcosa di caldo e appicicoso le bagnava le dita.

Basser avanzò a passi lenti verso di lei, gli occhi scintillanti di rabbia selvaggia, la mascella contratta. Si fermò a pochi passi da lei, respirando pesantemente, e con un gesto secco estrasse il pugnale dalla spalla, tenendolo alto sopra di lei.

Deine alzò la testa e i suoi occhi incrociarono quelli di Basser. Per un attimo, nel Laboratorio non ci fu nient'altro che l'intrecciarsi dei loro respiri affanosi, e il gocciolio del sangue che dal pugnale cadeva sul viso di Deine.

Deine sorrise, un sorriso più feroce di quello di Basser.- Allora, signor Capo Sorvegliante?- ringhiò. -Contento di avermi finalmente sentita urlare?

Basser rimase a fissarla per qualche altro minuto, quindi scagliò con violenza il pugnale sul pavimento, facendola trasalire. -Io e te non abbiamo ancora finito, signorina. Non credere.- Si voltò verso gli altri sorvegliani, che erano rimasti a contemplare la scena, resi immobili dalla sorpresa. -Portatela in cella. Non voglio avere altre sorprese, mentre faccio parlare il bamboccio.

Deine questa volta non oppose resistenza, quando i sorveglianti la fecero alzare per portarla via. Semplicemente, una volta sulla soglia, si voltò per lanciare uno sguardo a Daywine. Lui le sorrise, ma lei non riuscì a ricambiarlo.

 

Rimase chiusa in una minuscola cella per quelle che le parvero ore, sentendo in lontananza le urla di Daywine che veniva torturato. Non aveva idea se alla fine avrebbe parlato o meno, non aveva idea di come alla fine sarebbero riusciti a fuggire, non sapeva più niente. Era cosciente soltanto delle ore che si trascinavano lente, del freddo, della solitudine, dell'ansia che stringeva lentamente il suo cuore in una morsa di ghiaccio.

Alla fine, stranamente, non vennero a prenderla. Deine era convinta che, presro, Basser avrebbe voluto vederla, giusto per prendersi la sua vendetta su di lei. Non si era pentita di quello che aveva fatto, solo aveva paura che le conseguenze potessero ricadere su Daywine.

Il tempo passò, e continuò a passare, senza che la ragazza potesse capire se quelli che stavano trascorrendo fossero giorni od ore. Alla fine, le urla di Daywine cessarono, ma Deine non lo vide, e non avere la minima idea di come stesse rappresentava la tortura peggiore per lei.

Alla fine, stanca di aspettare, si addormento, senza sapere se lei e Daaywine sarebbero arrivati vivi al giorno dopo.

 

-Adesso basta giocare, Basser.

Dodgers aveva pronunciato queste parole con un tono così irritato da indurre Basser a prestargli attenzione.

-Giocare?- ripeté tranquillo.

-Sono tre giorni, ormai, che vai avanti con il piccolo Ribelle nel Laboratorio, e non abbiamo ottenuto una sola informazione utile. Si può sapere cosa stai facendo?

-Il mio lavoro- rispose Basser, cercando di nascondere l'irritazione... e l'inquietudine. -Ma il bamboccio si sta rivelando più resistente del previsto. Almeno a tenere la bocca chiusa è capace.

Negli occhi di Dogers passò un lampo minaccioso. -Forse sei tu che non ti stai impegnando abbastanza- ribatté in tono gelido.

Basser abbassò lentamente lo sguardo, cercando di non mostrare quanto irritato fosse. -Lo pensa davvero?- replicò in tono neutro.

Per qualche secondo, rimasero entrambi a fissarsi negli occhi, poi Dodgers abbassò di scatto lo sguardo, tornando a rivolgere la sua attenzione a degli incartamenti. -Comunque sia, adesso basta- annunciò. -Ti sei già divertito abbastanza. Nella Cava si comincia mormorare sulla loro assenza, si sono decisamente fatti notare. Fingi di giustiziarli, così che le chiacchere cessino, poi porta il ragazzo al Laboratorio. Se non vuol parlare, almeno sarà un corpo in più per gli esperimenti.

-E la ragazza?- Basser non faticò a mascherare la sua delusione.

-Vale quanto detto prima. Fanne quello che ti pare, purché sia una cosa silenziosa. Ma entro domani, voglio lui in Laboratorio e lei fuori dai piedi, in un modo o nell'altro.

Queste parole chiudevano la discussione. Basser accennò un movimento col capo, quindi si diresse a grandi passi verso la soglia, superandola in fretta. Si sentiva irritato, estremamente irritato. Ma, pensò, se non poteva avere il ragazzo, niente gli impediva di divertirsi con la piccola Deine, anche se sarebbe stato molto più divertente torturarla sotto gli occhi del suo aitante cavaliere.

Beh, poco male, alla fine. Alla Cava non mancava mai carne fresca su cui sfogarsi, e una volta che fosse riuscito a piegare Deine, si sarebbe sentito pienamente soddisfatto.

 

Vennero a prenderla quando il sole era appena sorto. Entrarono aprendo con violenza la porta, strappandola improvvisamente al suo sonno. Prima che Deine, appena svegliata, potesse rendersi conto di quello che stava succedendo, quattro sorveglianti erano entrati e l'avevano tirata bruscamente su dal pavimento, trascinandola poi oltre la soglia.

Lì trovò Daywine, ricoperto di lividi e di tagli su tutto il corpo, eppure, stranamente saldo sulle gambe. Quando la vide, le rivolse un sorriso, nonostante il labbro spaccato, e Deine si chiese perché Basser ci fosse andato così leggero.

Forse semplicemente perché non c'era gusto con lui, pensò, o forse perché vuole fare sul serio adesso. Rabbrividì a quel pensiero.

Furono portati fuori, nella Piazza illuminata dal sole che stava sorgendo in quel momento. Basser era lì ad aspettarli, col frustino in mano ed il viso impenetrabile. Nel momento in cui li vide, iniziò ad incamminarsi, guidando loro ed i sorveglianti in un piccolo spiazzo dietro al dormitorio, in cui nel filo spinato che delimitava la Cava si apriva un piccolo cancello. Posto davanti a questo, un camion.

Quello normalmente utilizzato dai sorveglianti per portare via i cadaveri dei forzati, realizzò improvvisamente Deine. E in quel momento si rese conto di quello che stava per succedere. La rabbbia e la paura esplosero in lei, colmandole gli occhi di lacrime roventi, ma Deine si costrinse a stringere i pugni, a rimanere calma, come se la cosa non la toccasse. Se doveva morire, non lo avrebbe fatto dando soddisfazione a Basser.

Si volse a cercare Daywine con lo sguardo, e non lo vide particolarmente preoccupato. Camminava con passo baldanzoso, gli occhi azzurri fissi su Basser con sguardo di sfida. Vedendo la sicurezza che emanava, Deine osò sperare che, in qualche modo, avrebbe risolto la loro situazione.

-Ti prego, dimmi che hai un piano geniale per tirarci fuori di qui- gli sussurrò quando si ritrovarono fianco a fianco.

-Sì e no- rispose Daywine.

-Cosa vorrebbe dire sì e no?

-Non è un piano, ma è geniale.

Deine non si sentiva affatto più tranquilla, quando i sorveglianti li misero l'uno accanto all'altro e uno di loro si posizionò alle spalle di Daywine, portando la mano al calcio della pistola. -In ginocchio- gli intimò, posandogli una mano sulla spalla per costringerlo ad abbassarsi.

Nel frattempo, Basser si era portato di fronte a Deine, chinandosi per essere alla sua stessa altezza. -Allora, carina?- mormorò, prendendole il mento in una mano.- Hai un'ultima cosa da dirmi?

Per tutta risposta, Deine lo guardò con odio e gli sputò in faccia.

Basser rise, mentre si raddrizzava, asciugandosi il viso. -Mi va bene anche questo.- Il suo viso s'indurì improvvisamente. -E adesso basta con le chiacchere. Uccidete il bambocico, poi provvederemo a lei.

Il sorvegliante che aveva fatto inginocchiare Daywine, tirò la pistola fuori dalla fondina e gliela puntò contro la nuca. -Puoi chiudere gli occhi vuoi- esclamò in tono beffardo.

Daywine si aprì in un sorriso. -Gentile...- rispose.

E poi scattò in avanti, così veloce da essere quasi invisibile. Afferrò il polso del sorvegliante, costringendolo a mollare la pistola, quindi se lo tirò davanti: i colpi sparati dagli altri sorveglianti colpirono il suo scudo umano. Nel tempo in cui questo era caduto a terra, Daywine si era già impadronito della sua pistola e aveva sparato, freddando altri due sorveglianti.

-Ma che diamine...?- Basser, che non aveva avuto tempo di reagire, si mosse improvvisamente, una luce pericolosa negli occhi.

-Giù, Deine!- urlò Daywine, lanciandosi verso il Capo Sorvegliante.

Ma Deine si era già tirata indietro, sottraendosi alla presa dell'ultimo sorvegliante rimasto. Questi fece per estrarre la pistola, ancora nella fondina, ma un colpo lo raggiunse al petto, facendolo stramazzare a terra.

Deine si voltò, appena in tempo per vedere Basser che si scagliava su di lei, una luce di rabbia animale negli occhi. Il frustino sibilò, Deine si gettò all'indietro, cadendo a terra. Il frustino sibilò, ancora, e la ragazza si trascinò all'indietro, cercando disperatamente una qualsiasi arma.

-Tu...- ringhiò Basser, sferrando un altro colpo. -Tu, piccola inqualificabile...

-Daywine!- urlò Deine, gettandosi di lato, appena in tempo per evitare un altro colpo.

Il proiettile sparato da Daywine mancò di Basser lo mancò di un centimetro. Sufficiente, però, perché il Capo Sorvegliante si voltasse verso di lui e gli si scagliasse contro, brandendo la frusta.

Questa volta, però. Daywine era preparato. Schivava con eleganza tutti i colpi di Basser che gli sibilavano attorno, cercando nel frattempo l'occasione per colpirlo.

-Mi hai sorpreso, ragazzino, lo devo ammettere-Basser non smetteva di parlare, mentre faceva volteggiare la frusta attorno a Daywine. -Allora sei capace di fare il tuo lavoro. Chi l'avrebbe mai detto?

-Tu no di certo, Basser- Daywine si tirò indietro, evitando un altro colpo-E sbagliavi.

-Davvero?- la voce di Basser divenne quasi un ruggito, mentre sferrava un'altra frustata.

-Questo è quello che vedrem...

-Basser!

Sia Basser che Daywine si girarono, appena in tempo per registrare l'immagine di Deine, in piedi, con la pistola di uno dei sorveglianti in mano. Poi, Deine sparò.

La mano le tremava, e non aveva mai avuto una buona mira, eppure non fallì il colpo. Vide la testa di Basser scattare all'indietro, vide il suo occhio sinistro esplodere in uno schizzo di sangue, lo vide barcollare, portando una mano alla ferita. Basser cadde in ginocchio, la voce che gli si spegneva in un gorgoglio, mentre il sangue scorreva copioso tra le dita e si raccoglieva in una pozza ai suoi piedi.

L'ho colpito, pensò Deine, incapace ancora di crederci. Ho colpito Basser.

Sarebbe rimasta lì, immobile, stupefatta, con la pistola in mano, per chissà quanto tempo, se Daywine non avesse agito, mollando a Basser un secondo colpo che lo lasciò definitavamente steso. Rapido come il fulmine, Daywine frugò i corpi dei sorveglianti, finché non si drizzò vittorioso, con un mazzo di chiavi in mano. -Le chiavi del camion!- esclamò- Vieni, Deine!

-Ho colpito Basser- ribatté lei, ancora incapace di crederci. -Ho colpito Basser. Hai visto, Daywine?

-Sì, ho visto, e sei stata anche molto brava- Daywine la prese per un braccio e la costrinse a salire sul camion, ponendosi accanto a lei al posto di guida. Mise in moto il camion e premette il piede sull'acceleratore, dirigendosi verso il cancello. -E io ti ho salvato la vita. Quindi, adesso, siamo pari.

-Nemmeno per sogno- ribatté lei, prima di accorgersi di dove stavano andando. -Daywine... quello è il cancello.

-Lo so- rispose lui, impertutabile, dirigendovisi a velocità sempre più sostenuta.

-Come sarebbe a dire che lo sai?! Non vorrai mica andarci contro!

-Deine- ribatté lui, senza staccare gli occhi dal cancello- Hai mai veramente pensato che saremmo usciti di qui in qualsiasi altro modo?

Se Deine non cacciò un urlo, fu perché non ne ebbe il fiato. L'impatto del veicolo contro la cancellata fu tanto violento da scagliarli entrambi in avanti. Il cancello si aprì con uno schianto assordante ed il camion schizzò in avanti, avanzando a tutta velocità sulla strada sterrata.

Di fronte a loro, la strada che portava alla capitale si snodava come un gigantesco serpente grigiastro sotto la luce del sole. Fu lungo quella strada che Daywine guidò a tutta velocità, rischiando parecchie volte di sbandare.

Non ci volle molto prima che dalla Cava partissero altri mezzi al loro inseguimento, ma la distanza guadagnata ormai era quasi impossibile da recuperare. Oltre il vetro del finestrino, Deine vedeva, all'orizzonte la Cava farsi sempre più piccola, e non le sembrava vero quello che vedeva.

Fu quando la luce del pomeriggio era ormai sfumata in quella del tramonto che Daywine fermò improvvisamente il camion. Sotto lo sguardo stupito di Deine, aprì la portiera e saltò giù a terra, voltandosi poi per dare una mano a Deine.

-Che fai?- gli domandò lei, stupita. -Perché scendiamo?

-Perché dobbiamo abbandonare il camion, Deine.- In risposta allo sguardo interrogativo dell'altra, Daywine proseguì:-Non possiamo proseguire per sempre con il camion, Deine. Si nota troppo. Seguendo l'autostrada per un chilometro, poi c'è il bosco. E li possiamo rifugiarci, con meno probabilità che ci trovino.

Deine rimase a fissarlo ancora per qualche secondo, poi annuì, e scese agilmente dal mezzo, rifiutando la sua mano.

Si voltò a guardare quello che si era lasciata indietro. Sotto la luce aranciata del tramonto, l'autostrada si snodava di fronte a lei come un lungo nastro d'argento, e all'orizzonte c'era la Cava, nient'altro che un puntino nero contro il cielo rosato.

E fu allora che realizzò di essere libera. Veramente e totalmente libera. Era una sensazione inebriante, come se d'improvviso il mondo le si fosse spalancato davanti, ed ogni cosa fosse di colpo diventata più colorata, più viva, più vera. In quel momento, Deine capì di non aver mai veramente creduto alla salvezza. Ancora adesso non le sembrava possibile essere fuori. E invece era lì, viva, in pericolo, ma sopratutto libera.

Era un pensiero così inebriante da spingerla a gettare la testa all'indietro e a roteare a braccia aperte, ridendo a crepapelle. Rise, rise e rise, mentre Daywine la guardava intenerito.

-Va bene, Deine- disse ad un certo punto, prendendola per un braccio. -Adesso dobbiamo andare, però.

Senza smettere di ridere, Deine gli gettò le braccia al collo, con tanta forza da farlo barcollare. Daywine sorpreso, la strinse, prima incerto, e poi più convinto, mentre scoppiavano a ridere insieme, e di nuovo si faceva strada in loro quello strano calore.

Fu Daywine il primo a ritornare alla realtà, costringendo Deine a staccarsi da lui. -Ora dobbiamo veramente andare, però- mormorò in tono gentile. Quindi si voltò e cominciò a camminare.

Deine lo seguì quasi saltellando, certa che ora che aveva trovato la libertà, tutto sarebbe stato immensamente più facile.

 

Quasi un'ora e mezza dopo, Deine non ne era più altrettanto sicura.

Daywine, davanti a lei, avanzava ancora a passo spedito, ma lei non ce la faceva più a camminare: i muscoli delle gambe protestavano violentemente, l'aria fredda le bruciava la gola e le ferite alla schiena avevano ricominciato a dolerle. E in più, il fatto di camminare a piedi nudi non l'aiutava per niente.

Si era fatta notte, ormai, e sopra di loro, le stelle brillavano fredde contro il cielo notturno, mentre la luna spandeva la sua luce. Deine si fermò, la testa alzata a guardare il firmamento, e tutt'un tratto non fu più in grado di continuare.

-Daywine, basta. Non ce la faccio più a camminare.

Daywine si fermò di botto e si voltò a guardarla, stupito. -Che cosa intendi, Deine?

Deine si diresse verso il bordo della strada e lì si lasciò cadere, raggomitolata su se stessa come una bambina.

Daywine si diresse verso di lei, sospirando spazientito. -Deine, non possiamo fermarci ora. Al bosco manca poco, e i nostri inseguitori ci saranno addosso, a questo ritmo.- Si chinò su di lei e le tese una mano. -Per favore, vieni.

Improvvisamente, gli occhi di Deine si riempirono di lacrime. -Non ce la faccio, va bene? Non ce la faccio!

Era strano vedere Deine, sempre così forte e scontrosa, perdere improvvisamente ogni controllo e mostrare senza preavviso tanta fragilità. In quel momento, abbandonata sul ciglio della strada con le lacrime agli occhi, sembrava una bambina, e a Daywine fece tenerezza.

-Va bene, allora- ribatté, chinandosi a circondarla con le braccia. -Vuol dire che ti porterò io.

-Daywine, ma cosa...?- prima che la ragazza potesse ribattere, Daywine l'aveva sollevata da terra, caricandosela sulle spalle. -Daywine, guarda che non è...

-Non una parola- la interruppe lui. -Dopo tutto l'aiuto che mi hai dato, non esiste che io ti lasci qui.

Improvvisamente, Deine si lasciò cadere a terra, e, sotto lo sguardo stupito di Daywine, lo superò e prese a camminare. A metà strada, si voltò e gli sorrise. -Grazie- gli mormorò. -Ma non posso lasciartelo fare-

 

Quando finalmente arrivarono nei pressi della foresta, erano entrambi esausti. Ma si costrinsero ad avanzare, tra gli alberi tanto vicini da non lasciar passare la luce, con i rami secchi sotto di loro che scricchiolavano ad ogni passo. Continuarono ad avanzare, fnbché improvvisamente, Daywine non fece segno di fermarsi.

-Siamo arrivati- sussurrò.

-Arrvati dove?- ribatté Deine.

Daywine le lanciò uno sguardo malizioso, quindi si diresse verso una gigantesca quercia lì vicino, e poi, sotto gli occhi stupefatti di Deine, spostò un'enorme mucchio di foglie che fungeva da cammuffamento, rivelando un apertura nel tronco.

-Ma cosa...?- sussurrò Deine, stupefatta. -Come facevi a sapere...?

-Faccio parte della Resistenza, ricordi?- mentre parlava, Daywine s'infilò agilmente nell'apertura. -La mia fuga era programmata da un sacco di tempo.

Dieci minuti dopo, un piccolo fuoco brillava al centro del rifugio, rendendo più caldo il minuscolo ambiente. Daywine venne a sedersi accanto a Daywine, porgendole due striscie di carne secca. -Non è molto, lo so- si scusò- Ma non era in programma essere in due.

Non era molto, ma era il primo vero cibo che Deine mangiava da due anni a quella parte, e ci si avventò con avidità. Quando l'ebbe finito, si rivolse a Daywine con un piccolo sorriso. -Grazie-, sussurrò infine.

Daywine ricambiò il sorriso. -Dopo tutto quello che hai fatto per me, è il minimo.

-Adesso che si fa?

Daywine si fece improvvisamente serio. -Per stasera ce ne stiamo qui, nascosti. Ma domani dobbiamo dirigerci verso un villaggio, vicino alla Capitale, nel quale troveremo chi ci aiuterà nella fuga. Da lì, poi, ritorneremo alla Base.-Tornò a sorriderle. -Ma, per stasera, puoi dormire tranquilla.

Deine sorrise, poi, improvvisamente gli appoggiò la testa sulla spalla e chiuse gli occhi. Daywine sussultò, sorpreso, ma non ebbe il coraggio di scostarla, e la tenne lì, osservando il suo viso, stranamente pacificato.

E così, fu tra le sue braccia che Deine dormì, tranquilla, per la prima volta dopo due anni.

 

Buonasera a tutti! Spero che abbiate passato delle buone feste, e che passerete un buon Capodanno!

Sarò sincera, questo capitolo non mi piace granché, ma il giudizio finale spetta a voi, quindi vedete di lasciare delle recensioni!:)

E questo è tutto. Spero di avere presto il vostro parere, e che il capitolo sia valsa l'attesa. I prossimi due saranno più rapidi.

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** I Ribelli ***


La mattina seguente, fu Daywine a svegliarsi per primo. La luce che filtrava tra i rami che aveva collocato di fronte all'entrata del loro nascondiglio come cammuffamento gli suggerì che si era appena fatto giorno. Senza perdere tempo, scostò Deine, che ancora dormiva, appoggiata a lui, e la scosse dolcemente.

-Deine, svegliati. Sbrigati, dobbiamo andare. Deine!

Deine si rizzò improvvisamente a sedere, gli occhi di colpo aperti e vigili, un'espressione allarmata sul viso. Per qualche istante fissò Daywine come se faticasse a ricordare, poi, improvvisamente, realizzò dove si trovava, e dal suo viso sparì quell'aria terrorizzata.

-È vero- replicò, in tono improvvisamente pratico. -Prima, però, non potremmo mangiare?

Daywine sorrise, porgendole altre due striscie di carne secca. -Cosa credevi, che mi sarei fatto trovare impreparato?-D'un tratto, si rabbuiò. -In questo rifugio ho anche il necessario per curarci dalle nostre ferite, ma non c'è tempo, ora. Non c'è dubbio che si siano già messi in moto per cercarci, ed è solo questione di tempo prima che arrivino alla foresta. Perciò- aggiunse, alzandosi, e porgendole la mano perché si tirasse su a sua volta- vediamo di sbrigarci.

Ancora una volta, Deine si tirò su da sola, ignorando la sua mano. -Ma dov'è che andiamo?

-Te l'ho detto. Non molto lontano da qui, c'è un villaggio dove c'è chi potrà aiutarci a procurarci un mezzo di trasporto che ci porterà alla Base. Una volta lì, saremo relativamente al sicuro. Ma si tratta di arrivarci, Deine. Perciò, dovremmo essere più che attenti a non farci scoprire. Capito?

Deine annuì, decisa. -Certo- rispose, e fece per avviarsi verso l'ingresso del rifugio.

Daywine la bloccò improvvisamente, in volto un'espressione terribilmente seria. -Ti da' così fastidio?

Deine lo fissò, perplessa. -Che cosa, scusa?

-Il fatto che io ti aiuti.- Daywine aveva uno sguardo strano, come se fosse deluso. -Sei sempre decisa a fare da sola, come se il fatto di essere aiutata costituisse una debolezza.

Perché fai così? Io voglio soltanto proteggerti.

Lo sguardo di Deine, confuso all'inizio del discorso, si era fatto, adesso, decisamente duro. -Mi pare di averti raccontato la mia vita, vero, Daywine?- rispose, con voce neutra.

-Sono sempre vissuta in un villaggio sperduto sulle Montagne, vivendo di quello che riuscivamo a racimolare. Mia madre è morta che avevo due anni, e mio padre era un brigante che se andava sulle Montagne a rubare, lasciando a me la responsabilità di badare ai miei fratelli. Quando lui l'ha fatta troppo grossa, sono venuti ad arrestarlo e l'hanno trovato impiccato. E in quel momento, la giustizia degli Aldermen, che fino ad allora non si era mai ricordata di me, è venuta improvvisamente a dirmi che dovevo andarci io in quell'inferno, perché lui era stato troppo vigliacco per ricordarsi di noi!- gli occhi di Deine erano ardenti di rabbia, adesso, il suo viso era rosso. -Sin da quando sono nata, sono sempre stata sola, Daywine. Sempre. Quando li cercavo, gli altri non ci sono mai stati. Nessuno mi ha protetta, o aiutata. Perciò non aspettarti che cominci adesso, e con te.- Prima che Daywine avesse possibilità di replicare, si liberò bruscamente dalla sua stretta e si avviò a grandi passi verso l'uscita del nascondiglio, cominciando a strappare i rami che servivano da cammuffamento con gesti violenti e rabbiosi.

Non gli rivolse una sola parola, mentre avanzano cauti attraversi il bosco, nascondendosi ogniqualvolta le fronde venivano scosse da un rumore sospetto. Non passò molto tempo prima che cominciassero ad udire, in lontananza, il rombo dei veicoli che sicuramente erano stati mandati alla loro ricerca.

Dopo più o meno un'ora che procedevano, Daywine fece finalmente segno di fermarsi. Lui e Deine si nascosero rapidamente dietro ad un albero, e il ragazzo le indicò un piccolo gruppo di case poco oltre.

-Lì è dove dobbiamo andare- disse- Aspettami qui.

Superò rapidamente le poche file di alberi e si accovacciò, lanciando uno strano fischio che Deine non riconobbe. Prima che potesse fargli qualsiasi domanda, vide qualcosa lampeggiare ai piedi di una delle case più esterne del villaggio, e Daywine si mosse, scomparendo improvvisamente dalla sua vista. Deine, confusa, si alzò per seguirlo, ma all'udire il rumore dei suoi passi, il ragazzo si voltò di scatto, facendole cenno di restare giù. Sempre più perplessa, Deine si rimise accovacciata, chiedendosi cosa fosse d'improvviso tutta quella segretezza.

Oltre la barriera degli alberi, Daywine si avviò a passo spedito verso la cerchia più esterna degli alberi, facendo bene attenzione a controllare che non vi fossero nemici im giro.

L'uomo che l'aspettava, immobile nei pressi di una delle piccole case, era alto e asciutto, con un viso dai tratti regolari, coperto da due folti baffi neri, arricciati in un modo estremamente improbabile. Nel vederlo, Daywine sorrise.

-Alla fine, ci si ritrova sempre, eh, vecchio mio?- esclamò, arrivandogli a fianco.

-Evita tutta questa familiarità- ribatté l'altro, guardandosi intorno con aria circospetta. -Sai benissimo che, se non fosse stato per le minaccie di chi sappiamo entrambi, non avrei mai dato aiuto ad un ribelle, perdipiù fuggito dalla Cava.- mentre parlava, continuava a roteare gli occhi tutt'intorno, come aspettandosi che dei soldati spuntassero all'improvviso dagli alberi.

-Bene, allora vedrò di toglierti il disturbo il più presto possibile. Hai quello che mi serve?

-Ovviamente-replicò l'altro. Seguendo il braccio che aveva teso, Daywine vide, ormeggiata poco lontano, una piccola aereonave, dello stesso modello utilizzato dagli Aldermen, ma molto più piccola e modesta.

-Dentro c'è tutto quello che ti occorre- continuò l'uomo baffuto. -Cibo, vestiti, medicinali. E sopratutto, questa è una nave utilizzata dai commercianti, e quindi, quando vi cercheranno per via aerea, sugli schermi dei loro radar appariranno targati col simbolo del governo.

-Perfetto. Solo, c'è un piccolo cambio di programma.- Daywine non riuscì a nascondere un sorriso. -Siamo in due, adesso.

Il volto del suo interlocutore si oscurò. -Io non voglio saperne niente, amico. Ho rispettato i patti. Mi è stato detto di preparare tutto per te, e così ho fatto. E adesso prendi quello che devi, e lascia che io me ne vada. Sto cominciando a stufarmi di questo paesino, è stretto per i miei commerci.-Mano a mano che il suo discorso andava avanti, il mercante si faceva sempre più nervoso, saltellando come se il terreno gli scottasse sotto i piedi.

-Perfetto. Nessun problema, amico.- Daywine gli diede una vigorosa pacca sulla spalla. -Ci si rivede.

-Spero di no- ribatté l'altro, prima di scomparire, rapido com'era comparso.

E Daywine fu altrettano rapido nel raggiungere Deine, facendole freneticamente segno di raggiungerlo. Deine non fece domande, si limitò a guardarlo perplessa, e poi sorpresa, quando si accorse del piccolo mezzo a loro disposizione.

Una volta entrati, fu Daywine a mettersi la guida, mentre Deine si limitò a sedersi al suo fianco, stringendo tra le mani un pezzo di pane prelevato dalle provviste. Mentre Daywine era indaffarato a mettere in moto, lei sembrò tutt'intenta a divorarlo, senza mai alzare gli occhi su di lui.

-Allacciati la cintura- le disse Daywine, seguendo le sue stesse istruzioni. -Stiamo per metterci in volo.

Senza rispondergli, Deine gli porse un pezzo di pane.

Daywine lo accettò, sorpreso, quindi le lanciò uno sguardo malizioso. -Quindi, questo significa che posso considerarmi perdonato?- chiese con un sorriso.

Deine fece una smorfia. -Solo se non tenterai mai più di darmi una mano a scendere.

-Su questo, non ci scommetterei.- Daywine tirò una leva, e la navicella prese a vibrare sotto di loro, innalzandosi lentamente da terra.

Improvvisamente, Deine ebbe paura. Si stava avviando nell'ignoto, senza avere una minima idea di quello che l'aspettava. -Daywine- mormorò, con un filo di voce- che succede, adesso?

Il sorriso di Daywine fece sembrare spento il sole. -Preparati a conoscere un sacco di gente nuova, bellezza- un'altra leva, e l'aereonave balzò in avanti, con una brusca accelerazione.- Stiamo per incontrare la Resistenza.

 

Strano ma vero, Deine si sentiva quasi delusa dallo svolgimento dei fatti dopo la loro fuga dalla Cava. Non si era aspettata che fosse così... facile. Quasi troppo facile. In quel momento, mentre la navicella guidata da Daywine volava a tutta velocità sotto le Montagne, che scorrevano grigie sotto di loro. Presto, molto presto, avrebbero raggiunto la Base dei Ribelli, e a quel punto, Deine si sarebbe trovata di fronte all'ignoto.

La verità era che, in fondo, forse avrebbe voluto continuare a scappare. L'idea di conoscere “gente nuova”, usando le parole pronunciate da Daywine, le metteva addosso una profonda inquietudine. Non aveva voglia di conoscere gente nuova. Dentro di lei, anche se lei stessa non se n'era accorta, e se se ne fosse accorta non l'avrebbe mai confidato a nessuno, albergava il desiderio di tenere Daywine tutto per sé, di lasciare che entrambi rimanessero in quel limbo che la loro amicizia aveva creato sin dal loro primo incontro.

Perciò, nel momento in cui Daywine pronunciò la fatidica frase:-Siamo arrivati- Deine sentì qualcosa sprofondare dentro di lei, e la paura le afferrò lo stomaco in una morsa gelida.

-Arrivati dove?- si trovò a domandare per la seconda volta in due giorni.

Daywine tirò una leva e la navicella s'incurvò verso il basso, iniziando lentamente a planare verso una macchia di alberi situata ai piedi delle Montagne. Deine, istintivamente, chiuse gli occhi, aspettando il prossimo impatto, ma la la navicella si fece strada delicatamente tra le fronde degli alberi, arrivando a posarsi a terra con un piccolo sbuffo.

-Puoi aprire gli occhi, adesso, fifona- le sussurrò la voce divertita di Daywine all'orecchio.

Deine aprì gli occhi e si spostò di scatto, cercando d'ignorare il rossore che le si stava lentamente spandendo sulle guance. -Non avevo paura. Mi ero appisolata- mentì.

-Ovvio- replicò Daywine con finta condiscendenza, per poi aprire lo sportello e saltare a terra con una risata.

Deine lo seguì, sentendo rinnovarsi quella sensazione di disagio. -Dove stiamo andando?- gli gridò dietro, mentre lui si faceva strada tra gli alberi.

-Vieni e lo vedrai- replicò lui, e alla ragazza non restò altra scelta che seguire i suoi passi, sperando di non perdersi in quella selva di alberi tutti uguali.

Quando, finalmente, uscì dalla cerchia degli alberi, si fermò di scatto, con gli occhi spalancati per lo stupore.

Davanti a lei, un lago di forma perfettamente circolare scintillava argenteo sotto i ragg del solei, ai piedi di una parete di roccia che formava un tutt'uno con la base della Montagna. Da un'apertura che si trovava alcuni metri sopra di loro, scendeva un rivolo d'acqua che andava lentamente ad allargarsi, formando una parete scintillante il cui continuo scroscio pareva quasi animare quel piccolo bosco.

-Ti piace?- domandò Daywine, evidentemente divertito dalla reazione della sua compagna di viaggio. Prima che lei potesse rispondere, il ragazzo si era già avviato e si era calato nel lago, che non era molto profondo, per dirigersi verso la cascata.

Deine accennò un passo per seguirlo, poi restò indietro, confusa. -Daywine... io non so nuotare- comunicò con un filo di voce.

Il ragazzo si girò lentamente verso di lei, una luce divertita nei suoi occhi azzurri.- Non mi dirai che hai bisogno di aiuto?- domandò con voce beffarda.

Deine arrossì per la stizza. -Oh, va' al diavolo- sbottò, prima di calarsi con un movimento deciso in acqua... e rimanere ferma, immobile, senza sapere come avanzare.

Daywine scoppiò in una risata fragorosa, quindi avanzò verso di lei e se la prese in spalla, senza che questa volta Deine opponesse resistenza. Avanzarono così fino alla riva opposta, che non era altro che una piccola striscia di roccia, a pochi centimetri dalla quale cominciava la cascata.

-Bene... ma adesso, si può sapere dov'è che dovremmo andare?- domandò Deine, che era irritata per quello che era appena successo.

La risata di Daywine, questa volta, era ancora più fragorosa. -Non è ovvio, Deine?- allungò una mano dietro la parete d'acqua, rivelando allo sguardo stupefatto della ragazza, un corridoio scavato nella roccia. -Il trucco più vecchio del mondo. La porta dietro la cascata...

Deine non ebbe tempo di replicare, e quando il suo compagno fu sparito dietro il muro d'acqua non ebbe altra scelta che seguirlo. Fu così che sbucò, bagnata fin dentro le ossa, in un corridoio di pietra, illuminato da alcune lampade poste ad intervalli regolari lungo le pareti di roccia.

-Chi è là?- una voce brusca e l'improvvisa apparizione di una sagoma armata fecero sussultare Deine, ma non Daywine il quale fece un passo avanti, perfettamente calmo, con le mani.

-Parola d'ordine- sussurrò la figura arcigna davanti a loro.

-Sono Daywine, idiota, che razza di bisogno c'è della parola d'ordine?- sbottò il ragazzo. -Che comunque, per la cronaca, è “silenzio”- puntualizzò.

Un sorriso si aprì sul volto rugoso del soldato, il quale abbassò il fucile con gli occhi scintillanti di gioia. -Daywine, finalmente! Bentornato!- gli gridò con voce roboante, mollandogli una vigorosa pacca sulla spalla.

-Grazie, amico- Daywine ricambiò il sorriso, scostandosi allo stesso tempo per lasciar intravedere Deine.

Nel momento in cui la vide, gli occhi del vecchio soldato si restrinsero. -Questa chi è?

-Sta con me- assicurò Daywine con tono secco. -E adesso lasciaci passare, non vedo l'ora di arrivare ad un bagno caldo e ad un letto.

Il corridoio in cui erano entrati continuava per un altro paio di metri, e finiva con una gigantesca porta in metallo, a sua volta sorvegliata da due guardie, le quali, nel momento stesso in cui videro Daywine lo lasciarono passare, assestandogli allo stesso tempo vigorose pacche di benvenuto.

Fu così che Deine entrò per la prima volta nel quartiere generale della Resistenza: una stanza di forma quadrata, grande come non ne aveva mai viste, percorsa da una lunga balconata che seguiva tutto il perimetro del locale, collegata al suolo mediante una scala. La presenza di altre porte e di numerosi corridoi facevano supporre che la struttura continuasse a svilupparsi, ma a turbare Deine non furono le dimensioni del luogo, ne' la sua somiglianza con certe strutture della Cava: a farla sentire veramente e totalmente estranea al luogo, furono gli sguardi degli altri Ribelli.

Riempivano l'immensa stanza, uomini e donne di tutte le età, abbigliati tutti con la stessa identica uniforme nera, su cui qualcuno portava un lungo impermeabile dello stesso colore. Si muovevano con passo fiero e deciso, mostrando, alla luce delle grandi lampade, i corpi ben allenati, i volti decisi, per alcuni segnati dalle ferite della battaglia. E nel momento in cui Daywine entrò, su molti di quei volti si fece strada un sorriso, mani si levarono per salutarlo, voci isolate eccheggiarono nell'ampio spazio del locale. Ma per ogni volto che si rivolgeva a Daywine, c'era un altro che si fissava con Deine con sguardo pieno di sospetto, le labbra strette in un'espressione di disapprovazione.

Deine camminava in quest'atmosfera, consapevole come mai prima d'ora della sua magrezza, del suo capo rasato, del suo corpo segnato dalle frustate. Camminava a testa alta e con passo svelto, ignorando tutti gli sguardi puntati su di lei, ma ben presto il carico d'attenzione divenne insopportabile.

-Si potrebbe sapere cos'hanno tutti da guardare?- ringhiò all'orecchio di Daywine.

-Non ti conoscono- rispose lui semplicemente, gli occhi che frugavano attenti la folla. -Dagli un po' di...

-Daywine!

Il suono di una voce femminile li fece voltare di scatto, verso una figura minuta che in quel momento fendette la folla e si lanciò verso di loro, gettando le braccia al collo di Daywine.

Sotto lo sguardo stupefatto di Deine, Daywine scoppiò a ridere e la prese per la vita, cominciando a girare in tondo sempre più veloce. Parlavano e ridevano contemporaneamente, la voce acuta della ragazza che di tanto in tanto sovrastava quella di lui.

Deine rimase a fissarli, congelata sul posto, mentre il sangue le imporporava lentamente le guance, e il desiderio di sprofondare tre metri sotto terra s'impadroniva improvvisamente di lei. Non si curò delle lacrime roventi che le riempivano gli occhi, ne' della morsa che le stringeva lo stomaco, intenta com'era a lanciarsi tutti gli insulti possibili.

Stupida, stupida, stupida. Avresti dovuto immaginarlo che ci fosse qualcuna ad aspettarlo. Stupida idiota.

E proprio in quel momento, Daywine si voltava verso di lei, con un braccio attorno alle spalle della nuova arrivata, pronunciando con voce orgogliosa:- Deine, questa è Ariadne... mia sorella gemella.

Sua...?

Ci volle un po' di tempo perché quelle parole arrivassero al cervello di Deine, e ancora di più perché lei ne comprendesse il significato. Durante quei minuti rimase lì a fissare Ariadne, mentre il rossore lasciava lentamente le sue guance, e il desiderio di sparire sotto terra si faceva ancora più forte.

Osservandola, ora, si chiedeva come avesse fatto ad equivocare: i lineamenti di Ariadne, circondati da una folto caschetto di capelli rossi che le arrivava al mento, erano la copia esatta di quelli di Daywine, forse appena più delicati e infantili. E gli occhi, che in quel momento osservavano Deine pieni di curiosità e di stupore, erano della stessa tonalità di azzurro di quelli del fratello.

-Ariadne, lei è Deine- proseguì intanto Daywine, indicandola- Mi ha aiutata parecchio durante la mia permanenza alla Cava.

Ariadne fissò per un attimo Deine, e poi improvvisamente le piombò addosso, stringendole la mano in una stretta vigorosa.

-Piacere di conoscerti- trillò, senza lasciarle la mano. -Io sono Ariadne. E ti ringrazio per aver aiutato mio fratello. -Quasi prima di aver finito la frase, si voltò verso Daywine, saltellando per l'eccitazione:- Forza, Daywine! Ci sono anche gli altri da salutare!

A queste parole, Deine fece per chiedere cosa avrebbe dovuto fare, ma Ariadne l'aveva già presa per mano ed era partita di corsa verso la scala, trascinandosela dietro. Frastornata, la ragazza lanciò un'occhiata confusa a Daywine, ma lui si limitò a fare un gesto tranquillizzante con la mano, sillabandole: “Tu vieni con noi.”

-Forza, Daywine!- gridò di nuovo Ariadne, impaziente. Si era fermata ai piedi della scala e saltellava nervosa sul posto, senza lasciare la mano di Deine.

Nel momento in cui Daywine, con passo calmo e misurato, le ebbe raggiunte, Ariadne volò al suò fianco e gli sussurrò in un orecchio: -C'è papà che ti vuole salutare.

Il viso di Daywine, fino a quel momento rilassato, s'indurì immediatamente.

Ariadne sospirò con impazienza. -Tranquillizzati, lui non c'è, quindi non hai nulla da temere... Oh, ma ecco che arriva!- esclamò, con voce improvvisamente gaia.

-Ciao, Daywine- sussurrò nello stesso momento un'altra voce, molto più profonda e pacata.

Deine alzò lo sguardo nello stesso momento in cui lo fece Daywine. Un uomo vestito di nero scendeva a passi lenti verso di loro, e, nel momento in cui lo vide, Deine non ebbe nessun dubbio sulla sua identità: sebbene appesantito e segnato, attorno agli angoli degli occhi, dalle rughe dell'età, il suo viso ricordava in modo impressionante quello di Daywine e Ariadne. Persino gli occhi erano gli stessi, sebbene la pacata tristezza che vi si scorgeva non avesse nulla a che fare con lo sguardo ardente e deciso di Daywine o con quello sbarazzino di Ariadne.

Scese lentamente le scale, e Daywine si portò verso di lui allo stesso passo: l'abbraccio che si scambiarono era forte e vigoroso,ma non privo d'affetto, e Deine si stupì di vedere gli occhi del più anziano riempirsi di lacrime.

-Daywine, Daywine- mormorò l'altro. Si separò da lui e lo guardò dall'alto in basso, valutando tutte le ferite. -Stai bene?

-Sono stato sicuramente meglio- rispose Daywine con un sorriso. Mise una mano sulla spalla del padre e si voltò, indicandogli Deine. -Questa è Deine. Mi ha... aiutato, mentre ero alla Cava.

L'altro uomo fece un passo avanti per salutarla, e in quel momento Deine si accorse che aveva i capelli completamente bianchi. La cosa la stupì: per quanto fosse vecchio, non le era sembrato così vecchio.

-Deine, ti presento mio padre: Jaywine Redhent.

E bravo Daywine, pensò la ragazza, stordita, mica me l'aveva detto di avere la famiglia al completo.

Redhent sorrise, e come aveva fatto Ariadne prima, strinse la mano di Deine, con una stretta vigorosa, calda e asciutta, che in qualche modo le trasmise sicurezza.

-Piacere di conoscerti, Deine- le disse lui. La sua voce, come lo sguardo, era calma e pacata, completamente diversa da quella del figlio. -E grazie per aver aiutato Daywine.

-Prego...- rispose Deine, ma Ariadne l'aveva già agguantata e aveva cominciato a trascinarla lungo la scala, salendo i gradini a due a due. -Forza, Daywine!- urlò, fermandosi per voltarsi verso di lui. -Ci sono anche gli altri da salutare!

Daywine le sorrise e cominciò a salire le scale dietro di lei, seguito dal padre.

Dopo le scale, percorsero un lungo corridoio, durante il quale Ariadne non smise mai di parlare. Aveva una parlantina fitta e veloce, nella quale le parole si accavallavano l'une alle altre, rendendo spesso impossibile capire quello che diceva. Per Deine era un'impresa starle dietro, e ancora di più lo era comprendere come un'essere tanto minuto-Ariadne era ben più bassa di lei- potesse essere tanto energico.

Di tanto in tanto, mentre le camminava dietro (o meglio, mentre Ariadne la trascinava) lanciava a Daywine uno sguardo totalmente perso, e lui le rispondeva con un sorriso e un'alzata di spalle.

-Eccoci arrivati- esclamò Ariadne con un gigantesco sorriso, quando furono giunti di fronte ad un'altra porta. L'aprì e piombò all'interno della stanza, gridando con voce trillante:- Derrick! È ritornato Daywine!

-Lo so, dolcezza. Sono stato io a dirvelo, ricordi?- L'uomo che aveva parlato spinse indietro la sedia su cui era seduto e si alzò, rivelando così la sua notevole statura.

Era robusto, anche se non quanto Daywine, e l'uniforme bianca che indossava creava un netto contrasto con la sua pelle color cioccolato. Lunghi capelli neri, divisi in molteplici treccine gli scendevano attorno al volto, e per un buon tratto lungo la schiena, evidenziando i contorni del viso gioviale. Nel momento in cui si alzò e vide Daywine, si bloccò, il volto atteggiato ad un'esagerata espressione di incredulità.

-Uuuh! Daywine Redhent ha scelto il look cupola cromata!- esclamò con voce roboante e un sorriso a trentadue denti. -Dimmi, Daywine, da quando hai scelto di darti alla pelata?

-Mi sei mancato anche tu, Derrick- Daywine rideva, mentre alzava la mano per scambiare un cinque con l'altro. -Come vanno le cose?

-Oh, è semplicemente una di quelle giornate storte in cui tutto va male, il computer non si decide ad accendersi, e il capo si è alzato dalla parte sbagliata del letto.- Derrick non aveva mai smesso di sorridere, mentre si allungava a stringere Daywine in un abbraccio vigoroso.

Deine, incuriosita, fece un passo avanti per esaminare la stanza. Non era moltogrande: la occupava un piccolo tavolo rotondo ingombro di carte. Un'intera parete era occupata da schermi di varie dimensioni, tutti spenti, davanti al quale era posta una grande tastiera e la sedia prima occupata da Derrick.

Fu in quel momento che questi si accorse di Deine. -Ooh, vedo che la pelata fa conquiste!- commentò, rivolgendosi a Daywine. Quindi passò lo sguardo su Deine. -Questa chi è?

-Oh, giusto- Daywine si fece da parte per lasciar vedere Deine. -Derrick, questa è Deine, mi ha aiutato alla Cava. Deine, lui è Derrick... l'esperto di computer, possiamo dire.

-Piacere di conoscerti!- con un sorriso smagliante, Derrick le tese la mano.

Ma Deine, che, per quel che la riguardava, era già stata toccata abbastanza, e che, potendolo, preferiva evitare il contatto umano, si limitò a guardarlo.

Il sorriso di Derrick si restrinse di un paio di molari, la mano si abbassò leggermente. -Puoi dirmelo, se vuoi mordermi la mano- le disse in tono gentile- ma ti avverto che mi serve.

A quest'uscita, lo sguardo di Deine si fece di fuoco.

-Ok, dove ho sbagliato?- chiese Derrick a Daywine.

-Deine non apprezza le battute- rispose l'altro con tono sarcastico.

Deine si voltò di scatto verso di lui, il volto più irritato che mai. -Posso parlare da sola, grazie- gli rispose in tono tagliente.

-Uuuh!- commentò Derrick.

Deine si volse a lui e rimase a guardarlo, con occhi di fuoco.

-Guarda tutti così, o le sono particolarmente simpatico?- chiese Derrick, rivolgendosi a Daywine.

-Lo fa con tutti- rispose Daywine, con l'aria di chi non sa che farci.

In quel momento, Redhent si fece avanti, posando una mano sulla spalla di Daywine. -Bene, ragazzi, immagino che sarete stanchi- esordì- quindi vi propongo di andare a rifocillarvi e di darvi una lavata.

-Sopratutto Daywine, che non profuma come un cesto di rose- commentò Derrick, arricciando il naso al suo indirizzo.

-Ariadne- riprese Redhent- ti dispiacerebbe accompagnare la nostra ospite negli alloggi femminili?

-Subito, papà!- rispose entusiasta l'altra, e prima che Deine, terrorizzata, potesse dire una parola, Ariadne era già piombata su di lei e le aveva preso la mano, cominciando a trascinarla. -Vieni, da questa parte!- esclamò entusiasta.

-Basta, Ariadne- le disse Redhent ridendo- così la stai frastornando.

Per tutto il tragitto che portava agli alloggi femminili, Ariadne parlò molto di meno, lasciando così a Deine un po' di respiro. Si sentiva frastornata da tutte queste novità, da tutti questi sconosciuti... e sopratutto sperava che non tutti, in quella Base, fossero espansivi come Derrick e Ariadne.

-Ecco, questi sono gli alloggi- disse Ariadne, una volta che vi furono arrivati. Era una stanza piccola, il cui unico mobilio era costituito da un letto e da un lavabo. -Non è molto, lo so- continuò- ma è tutto quello che...

-No, no, va bene, io... sono due anni che non dormo in un letto vero- balbettò Deine, più che altro per arginare quel fiume di parole.

A quelle parole, lo sguardo di Ariadne si fece perplesso, ma non commentò. -Vieni, andiamo a darci una lavata.

I bagni erano situati poco più in là delle stanze, e in quel momento erano vuoti. Nel momento in cui Deine si sfilò la casacca logora della Cava, udì dietro di lei un gemito soffocato.

-Chi... chi ti ha fatto questo?- la voce di Ariadne era piena di orrore, mentre la sua mano sfiorava delicatamente le ferite di Deine.

-Me l'hanno fatto alla Cava- rispose Deine, scostandosi istintivamente.

-Perché?

-Per punirmi- il tono di Deine era duro.

-Oh, mi dispiace...- mormorò Ariadne, e non c'erano dubbi che fosse vero. Rimase per un istante in silenzio, poi si voltò verso di Deine, esclamando con voce allegra:-Preferisci mangiare da sola o unirti a Derrick e Daywine?

Deine, che a quello scatto si era tirata indietro, spaventata, balbettò:- Preferirei... preferirei che ci fosse anche Daywine.

-Oh, perfetto- replicò allegra Ariadne, prendendola per mano. -Vieni, allora, andiamo a vestirci e poi mangiamo.

Questa volta, Deine non si oppose quando la prese per mano. Ariadne non aveva cercato di proteggerla, non le aveva fatto scene di compassione. Si era limitata semplicemente a comunicarle quanto fosse dispiaciuta, e poi era andata avanti.

Forse vivere qui non sarà così male, si trovò a pensare con un sorriso.

 

-Allora,Daywine- disse Derrick, passandogli un asciugamano- che ne dici di darmi un'anteprima della missione, così vedo di mitigare gli umori del capo?

Daywine sospirò, e si passò l'asciugamano sulle braccia, trattenendo una smorfia di dolore per le ferite. -La missione è andata uno schifo- esordì.

Il sorriso di Derrick vacillò. -Ah. Che cosa hai scoperto?

-Nulla più di quanto sapevamo prima.

Gli angoli della bocca di Derrick si curvarono verso il basso. -Bene. E cosa hai portato dalla Cava?

Le guance di Daywine erano di porpora. -Deine.

Per qualche minuto, gli occhi di Derrick vagarono, come cercando una soluzione, ma quando tornarono su Daywine, avevano lo sguardo dell'uomo sconfitto. -Mi sa che stavolta te la becchi tutta, amico.

Daywine fece una smorfia. -Già, lo penso anch'io.

-Eccoci!- la porta si aprì, ed entrò Ariadne, reggendo un vassoio con quattro scodelle fumanti.

Dietro di lei veniva Deine, con indosso un'uniforme simile a quella di Ariadne, che le stava larga. Si sedette accanto a Daywine, il quale le sorrise, dandole un buffetto alla mano.

-Allora? Che te ne pare di Ariadne?- chiese.

-Simpatica, ma faccio fatica a starle dietro- rispose Deine.

Daywine scoppiò a ridere. -Lo so, è sempre stata così. Ora non credo che avrai mai più il coraggio di dire che io sono troppo espansivo- parlando della sorella, il suo tono si fece pieno d'affetto, e Deine non poté impedirsi di provare una piccola fitta di gelosia.

Per impedire a se stessa di concentrarsi troppo su questi pensieri, immerse il cucchiaio nel porridge fumante che riempiva la ciotola e lo assaggiò, aprendosi improvvisamente in un sorriso. -È buonissimo- esclamò.

A risponderle, furono gli sguardi stupefatti di Ariadne e Derrick. -Si vede che sei stata alla Cava- commentò quest'ultimo.

-No, fidati, Derrick- replicò Daywine ridendo. -Dopo aver assaggiato il cibo della Cava, persino il porridge della Base sembra il paradiso.

-Allora credo che non vi dispiacerà prendere un po' del mio, vero?Dopotutto, ho vissuto per i primi due anni della mia vita mangiando pappette- così dicendo, Derrick spinse la ciotola verso i due ragazzi, compiendo allo stesso tempo l'atto di alzarsi. -Vi conviene sbrigarvi, però, perché, che ti piaccia o no, Daywine, prima o poi dovrai fare rapporto, e credo proprio che anche la tua amica qui abbia qualcosa da raccontare. E non so quanto sia conveniente presentarsi dal capo ancora con la scodella del porridge. Tenendo conto che al capo non piace nemmeno, il porridge.

-Esiste forse qualcosa che gli piace?- sbottò Daywine.

Per qualche istante, Deine passò gli occhi dall'uno all'altro, confusa. -Sono l'unica, in questa stanza, a non sapere di cosa state parlando?

-Credo proprio di sì- rispose Derrick con un enorme sorriso. -E non penso che te lo diremo. Non vogliamo certo rovinarti la sorpresa.

Deine e Daywine mangiarono in silenzio per i successivi due minuti, ma l'atmosfera cameratesca di poco prima era scomparsa: Daywine sembrava irritato, come se l'accenno a quel misterioso “capo” avesse di colpo spento tutta la sua allegria. Mangiava in silenzio, affondando con rabbia il cucchiaio nel porridge. Deine non osava porgli domande, e non si sentiva abbastanza in confidenza con Derrick e Ariadne al punto di rivolgergli la parola.

Quando ebbero finito di mangiare, Derrick raccolse tutte le scodelle e le impilò sul vassoio, lasciandolo in precario equilibrio sul letto. Quindi, aprì la porta con un sorriso:- Forza! Tutti a fare rapporto, ragazzi!

Mentre percorrevano un altro corridoio, continuò a parlare, ma la sua allegria non sembrava condivisa dal resto del gruppo: Daywine camminava con passo rabbioso, gli occhi accesi dalla furia che Deine ormai conosceva bene.

Ma quando furono giunti alla porta situata alla fine del corridoio, tutta la sua rabbia parve svaporare, sostituita da un' espressione afflitta. -Non voglio farlo- si lamentò- È una seccatura.

-Ma ti tocca- commentò filosoficamente Derrick, prima di aprire la porta e varcarne la soglia, seguito da Daywine.

Ariadne fece per venirgli dietro, ma Deine la bloccò, mettendole una mano sul braccio.

-Cosa stiamo andando a fare?- le sussurrò

-Daywine deve fare rapporto sulla missione ad Ethan Vale, l'altro capo della Ribellione.

-L'altro? E il primo chi è?

-Mio padre- Ariadne lo disse come se fosse una cosa ovvia, e prima che Deine potesse rispondere, varcò la soglia, non lasciandole così altra scelta che seguirla.

La stanza in cui si trovavano adesso era poco più piccola di quella che ospitava i computer di Derrick. Il suo unico arredamento era costituito da un ampio tavolo, al quale già sedeva Jaywine Redhent, intento a scorrere con espressione concentrata un fascio di fogli.

Accanto a lui, sedeva un uomo di qualche centimetro più alto, il cui fisico muscoloso lo indicava subito come un guerriero. Aveva un viso dai lineamenti duri e marcati, coperti sulle guance e sul mento da una rada barbetta di un colore indefinibile, che avrebbe potuto essere castano come grigio. Gli occhi erano di un blu scuro quasi liquido, che sembrava cristallizzarsi nel gelo del suo sguardo impassibile. E impassibile era anche il suo volto, atteggiato ad un'espressione totalmente neutra che sembrava quasi denunciare una totale mancanza di emozioni. A differenza dei Ribelli che lo circondavano, indossava un'uniforme blu che ricordava in modo inquietante quello portata dalle Guardie del Primo Aldermen.

Nel momento in cui Daywine e gli altri entrarono, si volse di loro senza mutare espressione, ma nei suoi passò un lampo che Deine non riuscì a decifrare.

-Ecco di ritorno il nostro eroe- commentò. La sua voce era esattamente come il suo sguardo, fredda ed impassibile, ma era praticamente impossibile non percerpire il sarcasmo nella sua affermazione.

-Di tutti quanti, sei quello che mi è mancato di meno, sai, Vale?- la voce di Daywine era invece piena di astio, mentre si accingeva a prendere posto.

-Oh, dolce quotidianità- mormorò Derrick, sedendosi- Quanto tempo era che non sentivo queste amorevoli espressioni.

Nel momento in cui anche Deine si fu seduta, Vale inarcò un sopracciglio, ma non fece commenti, limitandosi a rivolgere la sua attenzione a Daywine:- Bene, fai rapporto.

Daywine descrisse il suo soggiorno alla Cava con termini secchi ed espliciti, senza concedersi pause. Non tralasciò nessun dettaglio, ma era impossibile non accorgersi del suo disagio. Quando arrivò alla parte della storia che riguardava la punizione subita da Deine, tutti gli occhi si volsero a lei pieni d'ammirazione. Solo lo sguardo di Vale s'indurì per il sospetto, ma la ragazza preferì ignorarlo.

Quando finalmente Daywine ebbe finito di raccontare, nella stanza calò improvvisamente il silenzio.

-E questo è tutto- concluse il ragazzo, evidentemente a disagio.

Vale chiuse gli occhi, prese un profondo respiro, e si chinò in avanti, appoggiando i gomiti sul tavolo, le punte delle dita congiunte.

-Quindi, fammi capire- disse in tono gelido.

-Ethan...- intervenne improvvisamente Redhent, con un tono che voleva essere un avvertimento e una supplica.

Vale gli lanciò un'occhiata, di cui Deine non riuscì a decifrare il significato, quindi si rivolse di nuovo a Daywine.

-Sei rimasto nella Cava per ben di più di un mese, e in tutto questo lasso di tempo non sei riuscito a reperire per noi una sola informazione utile. Brancoliamo nel buio esattamente come prima. E come se non bastasse, sei vivo solo grazie ad un incontro fortuito- così dicendo, rivolse gli occhi a Deine, che dovette usare tutte le sue forze per impedirsi di abbassare lo sguardo.

Le guance di Daywine erano rosse per l'umiliazione. -Certo- ringhiò, scandendo bene le parole- è facile parlare, quando si sta dietro ad una scrivania e si mandano avanti gli altri, vero?

-Mandare avanti gli altri?- Vale inarcò un sopracciglio, mentre tornava ad appoggiarsi allo schienale della sedia. -Potrei sempre sbagliarmi, ma mi pare che sia stato proprio a proporti volontario per questa missione, e con una certa insistenza, anche- ad ogni parola, lo sguardo di Daywine si faceva sempre più ardente per l'umiliazione- ma dovevo immaginarlo che fossero solo le tue solite spacconate.

-Ethan!- sbottò improvvisamente Redhent con tono duro.

Ma Daywine si era già alzato e aveva fatto il giro del tavolo, portandosi ad un paio di centimetri da Vale, che non si era mosso. -Ma tu che ne sai?- gli sibilò fra i denti. -Tu non sei stato lì, non hai visto quello che ho visto io, non hai il diritto di venirmi a dire come dovevo fare il mio lavoro, quando tu te ne stai tutto il tempo chiuso qui dentro... a marcire- l'ultima parola Daywine la sputò con tutto il disprezzo che poteva.

Vale, rilevò Deine, non sembrava granché impressionato. Si limitò ad accavallare le gambe, senza distogliere lo sguardo dall'altro. -Di guerre ne ho viste molte più di te, ragazzino, ed in ogni caso ho appena ricevuto dalle tue labbra un rapporto dettagliato, quindi so esattamente cosa ti sei trovato ad affrontare, perciò non venirmi a dire che non so nulla. Il tuo fallimento non è giustificato.

Daywine ansimava pesantemente adesso, come a cercare di contenere la rabbia. Per un attimo sembrò sul punto di scagliarsi contro Vale, ma rimase al suo posto, le labbra che si muovevano, formulando imprecazioni. Alla fine, quando parlò, il suo tono era mortalmente velenoso:- Quindi, io dovrei accettare di farmi fare la predica da uno come te, uno che...

-Daywine!- esplose Redhent, la voce e lo sguardo improvvisamente duri. -Smettila!

-Certo- sbottò a quel punto Daywine, voltandosi verso di lui- tanto tu dai sempre ragione a lui, vero?

-Io non sto dando ragione a nessuno dei due, perché nessuno dei due ce l'ha- ribatté Redhent, bruscamente-È oggettivo che tu non sia stato in grado di portare a termine gli obbiettivi della missione. Ma non è necessario trattarlo in questa maniera- le ultime parole erano state rivolte a Vale.

-Dovrei fargli i complimenti perché è tornato vivo?- ribatté quello, incredulo.

-Potresti cercare di capire perché ha fallito, invece di continuare ad umiliarlo senza ragione- ribatté Redhent in tono secco.

Vale non commentò come Deine invece si aspettava. E non lo fece neppure Daywine, il quale si rimise a sedere con un gesto brusco, le mani che ancora gli tremavano dalla rabbia.

-Forse, però, la nostra giovane ospite ha qualcosa d'interessante da dirci- gli occhi di Vale si rivolsero a Deine come se si fosse ricordato di lei solo in quel momento.

Ancora una volta, la ragazza dovette farsi forza per sostenere lo sguardo impassibile di quegli occhi penetranti.

-Ti sei presa cinquanta frustate per un ragazzo che conoscevi appena- come prima, la voce di Vale trasudava sarcasmo. -Un gesto nobile, da parte tua.

Deine serrò la mascella per l'irritazione. -Immagino.

-Io, invece, non immagino perché avresti dovuto farlo. A meno che tu non sia una spia, soluzione che non vedo così improbabile- Vale parlò senza staccarle gli occhi di dosso, come a voler sondare i suoi pensieri più segreti.

-Alla Cava, non avrebbero avuto bisogno di una spia- rispose Deine,- Daywine si sarebbe comunque fatto scoprire da solo.

-Deine, per favore- gemette lui, sottovoce. Quindi, rivoltosi a Vale, continuò:- Senza contare che alla Cava non potevano sapere che sarei arrivato, e che sono stato io a rivolgerle la parola per primo, al mio arrivo.

Vale si limitò semplicemente ad annuire, rivolgendosi nuovamente a Deine:- Adesso, dovresti lasciarci...- si bloccò. -Non credo di aver afferrato il tuo nome.

-Perché non l'ho detto- rispose Deine in tono di sfida.

A quella risposta, le parve per un istante di scorgere sul volto di Vale l'ombra di un sorriso. -Bene, Deine, sei pregata di lasciarci. Anche voi, Derrick, Ariadne. Daywine, tu rimani.

-Se si tratta della solita predica, puoi anche risparmiartela. Ormai la conosco a memoria- sbuffò Daywine, facendo per alzarsi.

-Rimani seduto, Daywine-, gli disse Redhent.

Deine si alzò, lanciando uno sguardo comprensivo a Daywine, il quale le rispose con un sorriso. Quindi, lasciò la stanza, seguita da Derrick e Ariadne, la quale, nel momento in cui le porte si furono chiuse dietro di loro, si voltò immediatamente verso Deine, afferrandole una mano.

-Allora, come ti è sembrato Vale?- le chiese.

Deine sbatté le palpebre, perplessa. -Un tipo... difficile- rispose infine.

Derrick scoppiò a ridere. -Senza dubbio. Ma quando sai come prenderlo, il capo è un bravo uomo.

-Mi è sembrato che Redhent sapesse come prenderlo- commentò Deine.

A quelle parole, Derrick si bloccò in mezzo al corridoio e rivolse ad Ariadne uno sguardo esterrefatto. -Non gliel'hai detto?

-Beh, veramente pensavo che fosse ovvio- ribatté Ariadne, piuttosto imbarazzata.

-Ma è ovvio che non è ovvio!- esplose Derrick. -Cioè, è ovvio che è ovvio per noi che sappiamo che è ovvio, ma è altrettanto ovvio che non è ovvio.

Le due ragazze lo fissarono, perplesse.

-Ti stai incastrando- decretò infine Ariadne con un sorriso.

-E io non ho la più pallida idea di quello di cui state parlando-, aggiunse Deine.

Derrick si volse verso di lei. -Redhent e il capo stanno insieme- disse semplicemente.

Deine volse loro uno sguardo stupito. -Insieme in quel senso?

-Ce ne sono altri?- ribatté Derrick. -E comunque, cos'è che ti da' fastidio? Il fatto che siano entrambi uomini?

Deine scosse la testa. -No, non mi da' fastidio... solo che non l'avevo capito, tutto qui.

-Che ragazza di mente aperta- commentò Derrick, con un sorriso privo di qualsiasi sarcasmo.

Derrick si separò da loro per raggiungere gli alloggi maschili, e Ariadne proseguirono da sole fino all'alloggio di lei, dove l'altra ragazza si fermò con un largo sorriso.

-Beh, spero che ti troverai bene qui- disse. - E se sono stata invadente, mi dispiace.

-Non sei stata invadente- rispose Deine, e lo pensava davvero. Aveva cominciato ad abituarsi alla presenza di Ariadne, e trovava che ci fosse qualcosa di confortante nel modo in cui l'aveva accolta. -Grazie- le disse infine, ma non sapeva nemmeno lei di cosa la stesse ringraziando.

Il sorriso di Ariadne si fece ancora più largo. -Non c'è di che- rispose, prima di allontanarsi lungo il corridoio.

Deine la seguì con lo sguardo, sentendo un piccolo sorriso aprirsi sulle sue labbra.

Forse non sarà così male, vivere qui, si ritrovò a pensare per la seconda volta nella stessa giornata.

 

Quando la porta si fu richiusa alle loro spalle, Vale rivolse di nuovo la sua attenzione a Daywine. -E adesso parliamo un po' di te.

Daywine sbuffò e si appoggiò lentamente allo schienale della sedia, alzando gli occhi al soffitto. -Bene. Di cosa vuoi parlare?

-Della tua missione.

Daywine aprì la bocca per rispondere, ma fu Redhent a intervenire, lanciandogli un rapido sguardo d'avvertimento. -Secondo me, invece, c'è un argomento più importante di cui dovremmo parlare- disse, rivolto a Vale.

-E cioé?

-Della ragazza- rispose Redhent. Daywine stava per insorgere, ma fu di nuovo battuto sul tempo dal padre: -Ti fidi di lei?

-No, per niente- fu la replica secca di Vale. -Le ragioni che mi hanno dato lei e Daywine a sostegno della sua innocenza mi sono sembrate piuttosto deboli.

-Senza di lei, io non sarei tornato vivo- sbottò Daywine.

-Il che non depone esattamente a tuo favore- rispose Vale, lanciandogli uno sguardo gelido.

-Però depone a favore della ragazza- intervenne Redhent.

Ancora una volta, sembrò che Vale dovesse trattenere un sorriso. -Un punto per voi Redhent. Tu che consiglieresti di fare, allora?

Redhent scrollò le spalle. -Teniamola qui, se vuole rimanere con noi, e vediamo come va. Concederle il beneficio del dubbio non sarà un grande rischio.

Vale annuì appena, rivolgendosi poi a Daywine:- E finché non saremmo sicuri delle sue intenzioni, sarebbe bene che non venisse a conoscenza di nessuna informazione fondamentale. Il che vale per te come per Ariadne.

Daywine accennò un movimento d'assenso col capo, compiendo allo stesso tempo l'atto di alzarsi. -Se non c'è altro, penso di andare- declamò col suo tono più strafottente. Senza aspettare risposta, si voltò e lasciò la stanza a grandi passi, macinando in fretta il corridoio per smaltire la rabbia. Per quanto fosse sempre stato cosciente di quello che lo attendeva al ritorno, questo non bastava a attenuare la furia che provava per essere stato umiliato in quel modo.

Quasi incosciamente, i suoi passi rallentarono per poi fermarsi davanti alla porta dell'alloggio di Deine. Muovendosi delicatamente per non fare rumore, aprì la porta e scivolò silenziosamente nella stanza, fermandosi ai piedi del letto.

Dormiva. Per la prima volta da che la conosceva, il volto di Deine era disteso, le labbra sollevate in un piccolo sorriso. Sembrava così in pace, cosi al sicuro, e Daywine, guardandola, provò una fitta al cuore.

Spero solo che si trovi bene qui, pensò, allungando una mano per accarezzarle la guancia.

 

Vorrei sapere una cosa: per caso, quando ho detto che avrei aggiornato in fretta, qualcuno ha creduto che stessi parlando sul serio?

Naah, impossibile, non siete così ingenui:)

Cretinate a parte, mi scuso immensamente per il ritardo. Spero che il capitolo sia valsa l'attesa, e sopratutto, che abbiate apprezzato l'entrata in scena di tutti questi personaggi nuovi! Mi piacerebbe sapere quali sono i vostri preferiti. Personalmente, io ADORO Derrick e Ariadne, ma la vostra opinione è quella che conta, per me.

Un bacio a tutti,

Saitou

PS E un'ultima cosa: potete dirmi che questo capitolo fa schifo, che farei meglio a darmi all'ippica, e che come scrittore un cane cieco e drogato vale più di me, non riuscirete comunque a scalfirmi: perché io ho costruito un igloo e adesso sono in cima al mondo!!! Yuhuuu!

Ok, la pianto.

Però l'igloo l'ho costruito davvero.

Va bene, adesso basta.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Crescita e addestramento ***


La mattina seguente, Deine sfiorò molto da vicino il rischio di un infarto.

-Buongiorno!

Era ancora addormentata, quando, improvvisamente, qualcosa le piombò sul letto, mozzandole il respiro. Deine aprì gli occhi e si mise a sedere di scatto, le mani alzate a proteggersi dal colpo che pensava sarebbe arrivato.

E invece si trovò davanti il viso di Ariadne, illuminato da un sorriso a trentadue denti, e dietro di lei Daywine che faceva il suo ingresso nella stanza, ridendo a crepapelle.

-Ariadne, non puoi saltare addosso alla gente addormentata così, di primo mattino. Già non lo sopporto io, che ti conosco da una vita, figuriamoci lei!

-Oh, mi dipiace!- Ariadne si tirò immediatamente a sedere, mentre Deine faceva lo stesso, portandosi una mano al petto per calmare i battiti impazziti del cuore. -Ti ho spaventato, vero?

-Non capisco cosa te lo faccia pensare- rispose Deine, cercando di riprendere fiato.

Ariadne sorrise e scese con agilità dal letto, prendendo Deine per mano per tirarsela dietro. Sotto lo sguardo divertito di Daywine fu trascinata ai bagni, dove si dette una rapida sciacquata, e quindi alla mensa.

Lì, come il giorno prima, gli occhi che si puntarono su Deine erano pieno di curiosità e sospetto. E lei si sentì arrossire, mentre Ariadne, con perfetta disinvoltura, la trascinava al tavolo e la faceva sedere accanto a lei... e a Derrick, che la accolse con una vigorosa pacca sulla spalla.

-Buongiorno, bellezza!- le sorrise. -Oggi avrai l'occasione di vedere come funziona veramente questo posto.

-Sarebbe a dire?- ribatté Deine, piuttosto nervosa.

-Mica te lo dico, altrimenti che gusto ci sarebbe?

Avevano appena incominciato a mangiare che Redhent e Vale li raggiunsero per sedersi accanto a loro. Redhent, sedendosi, indirizzò a Deine un cenno di saluto, mentre Vale si limitò semplicemente a lanciarle uno sguardo obliquo.

Deine consumò la colazione tra le risate e le battute di Daywine, Derrick e Ariadne, e rimase incantata ad osservarli, totalmente catturata dalla complicità che correva fra loro, dagli sguardi affettuosi, dagli insulti scherzosi che si scambiavano vicendevolmente. In quel momento, mentre si trovava in mezzo ai suoi amici, Daywine sembrava aver completamente perso la rabbia e la tensione che lo contraddistinguevano alla Cava.

Di tanto in tanto, Deine lanciava uno sguardo anche a Redhent e Vale. Parlavano poco, anche tra loro, ma c'era un qualcosa negli sguardi che si scambiavano e nei gesti che incorrevano tra loro, anche casuali, che non poteva essere frainteso.

E stranamente, guardandoli, Deine si trovò a invidiare quella pace, quel senso di famiglia che sentiva spirare da quel piccolo gruppo riunito accanto a lei.

Chissà se anch'io sarò mai come loro, si trovò a pensare.

Ma non ebbe il tempo di concentrarsi, perché improvvisamente Derrick le venne dietro, e con un potente strattone le tirò via la sedia, e Deine sarebbe caduta, se non si fosse aggrappata con prontezza al bordo del tavolo davanti a lei.

-Forza, bellezza! È ora di conoscere il resto di questa grande barca di matti!- esclamò Derrick con voce roboante.

Deine, ancora aggrappata al bordo del tavolo, lo fissò sbattendo le palpebre. -Sei pazzo?- gli ringhiò infine.

-Io? Probabile, ma se lo fossi non saprei di esserlo- mentre parlava, Derrick la prese per un braccio, per aiutarla a tirarsi su, e quando Deine si liberò con uno strattone, fece finta di niente.

-Forza, ragazza- continuò, mentre Ariadne piombava già su Deine e la prendeva per mano- andiamo a vedere dove probabilmente passerai la maggior parte del tuo tempo per i prossimi mesi, se deciderai di restare qui.

Seguiti da Daywine, presero un lungo corridoio, che virava più volte, per poi giungere ad un altra porta di ferro, accanto alla quale, tuttavia, una grande vetrata lasciava scorgere l'interno della stanza: fu così che Deine vide una stanza ampia, quasi più ampia di quella che avevano incontrato lei e Daywine al loro arrivo, con appese alle pareti armi di tutti i generi; all'interno, individui di tutte le età, tutti coperti dalla stessa identica uniforme nera, intenti ad allenarsi, con le spade, con le pistole, con armi che Deine non aveva nemmeno mai visto.

-Questa è la Palestra- le disse Derrick, rivolgendosi ad un gruppo di computer posto accanto alla grande vetrata: molti, in realtà, erano semplicemente collegati all telecamere all'interno della Palestra, e vi scorrevano le immagini dei vari guerrieri in allenamento.

Accanto agli schermi, un gruppo di giovani, tutti sui diciassette anni, tra i quali spiccava un ragazzo particolarmente alto e dal fisico muscoloso, il quale, nel momento in cui Daywine entrò, si volse verso di lui con un sorriso sarcastico. -Guardate un po' chi è tornato!- Ad un esame più accurato, spiccava anche per la pronunciata presenza di brufoli sulle guance.

Daywine si bloccò improvvisamente, e alzò gli occhi al cielo, mandando un sonoro sbuffo. -Per piacere, Aaron- borbottò- sono appena tornato e non ho voglia di litigare con nessuno. Perché, se hai voglia di sfogarti, non vai un po' in Palestra a menare le mani?

-Educato come sempre, vedo- il ragazzo chiamato Aaron sogghignò, portandosi di un passo più vicino a Daywine. -Dimmi, come te la sei passata? Ho sentito che hai fallito pienamente la tua missione. Ma immagino che, poiché tuo padre qui è uno che conta, nessuno ti abbbia strigliato come si deve.

Le guance di Daywine si fecero di porpora, e il ragazzo si portò avanti, le labbra che già si muovevano per formulare una risposta tagliente, ma l'attenzione di Aaron era già stata attirata dalla ragazza alle spalle di Daywine. -E questa chi sarebbe?- domandò, con gli occhi fissi su Deine pieni di totale disprezzo. -Adesso, ai figli di papà è permesso anche di portarsi il lavoro a casa?

Si fece più vicino a Deine, fin quasi a non lasciare che pochi millimetri tra loro, e le si pose davanti, mettendo così in risalto tutti i centimetri di differenza che c'erano tra loro. Deine non arretrò di un passo e rimase lì immobile a fissarlo, il volto atteggiato ad un'espressione totalmente indifferente.

-Cielo, Daywine, credevo avessi più gusto- la voce di Aaron era caricata da una pesante nota di disprezzo- Almeno fosse stata carina; ma siamo già abbastanza, qui dentro, senza fare pure spazio agli avanzi di galera.

A quelle parole, Ariadne lanciò un grido d'indignazione e fece un passo avanti, il volto infiammato dalla collera:- Aaron, se non la pianti...- minacciò.

Daywine la trattenne per un braccio, scuotendo la testa. -Lascia fare- le sussurrò.

Ariadne posò su di lui uno sguardo allibito. -Ma sei impazzito? Non vedi come la sta trattando?- gli sibilò.

-Fidati di me- Daywine sorrise- Se conosco Deine anche solo un po', non ci vorrà molto perché lo rimetta al suo posto.

Nel frattempo, l'attenzione di Aaron era tutta concentrata su Deine:-Allora?- la provocò- Il gatto ti ha mangiato la lingua? Non hai niente da dirmi?

Deine rimase a fissarlo, assolutamente calma. -Sì- rispose, dopo qualche minuto – in effetti avrei qualcosa da dirti.

Rimase a fissarlo per qualche altro istante di silenzio... prima che il suo pugno chiuso si abbattesse sulla mascella di Aaron ,in un colpo di tale violenza da scagliarlo all'indietro, contro il gruppo dei suoi compagni.

Esclamazioni di sorpresa e di terrore sorsero dalla folla di ragazzi, mentre tutti gli occhi si rivolgevano a Deine, illuminati adesso da un po' di paura e da un'ammirazione rispettosa. Alle spalle di Deine, Daywine e Ariadne scoppiarono a ridere senza ritegno, mentre Derrick si esibiva in un caloroso applauso.

-E brava la nostra ragazza!- esclamò, battendole una pacca sulla spalla. -Recepito il messaggio, ragazzi?- domandò, rivolto al gruppo di giovani alle loro spalle:- Non lisciatela contropelo!

Deine si drizzò lentamente, massaggiandosi il pugno chiuso, e passò lentamente sulla folla uno sguardo gelido, vedendoli ritrarsi sotto ai suoi occhi. -Qualcun altro ha qualcosa di gentile da dirmi?- domandò in tono assolutamente calmo.

-Complimenti- rispose una voce gelida alle sue spalle.

Deine,Daywine e Ariadne si voltarono di scatto, con le guance rosse per l'imbarazzo, e i loro sguardi incontrarono quello di Ethan Vale, che veniva proprio in quel momento verso di loro, seguito a pochi passi di distanza da Redhent.

-Qui non ci si fa strada con i pugni- iniziò, portandosi a pochi passi di distanza da Deine, e lanciando uno sguardo ad Aaron, intento ad asciugarsi il sangue che gli colava dal naso- ma almeno hai dimostrato di saperti difendere. Il che, in questo posto, è un requisito fondamentale- fissando Deine, i suoi occhi si ridussero a due fessure- Sempre che tu voglia restare, ovviamente.

Deine non rispose e gli occhi di tutti si puntarono su di lei, indifferenti quelli di Vale, pieni di ansiosa aspettativa quelli di Ariadne e Daywine. E fu lo sguardo di quest'ultimo che Deine cercò, quasi a cercarvi quella risposta che tuttavia già sapeva. Non avrebbe avuto senso lottare tanto per aiutare Daywine e poi andarsene. E poi, dove? E a fare che? Tutte le possibilità che Deine aveva di una vita diversa si trovavano lì, all'interno di quelle mura.

Perciò, il suo sguardo era assolutamente sereno quando si rivolse a Vale, e la sua voce era calma e determinata quando disse:- Resto.

Dietro di lei, sentì Daywine ed Ariadne esultare, e si concesse un sorriso. Ma Vale non sorrise, si limitò a tenere gli occhi fissi su di lei, il volto imperturbabile:- Questo non è un gioco, ragazza- le rammentò- qui si combatte. Non pensare di aver guadagnato una vita più facile, unendoti a noi.

-Non l'ho mai pensato- rispose Deine tranquillamente.

Gli occhi di Vale, adesso le sembrarono meno gelidi mentre quello anniuva e si voltava, facendole cenno di seguirlo. -Allora vieni con me.

Deine accennò un passo per seguirlo e subito Daywine le fu addosso battendole una pacca vigorosa sulla schiena. -Lo sapevo che non ci avresti abbandonato!- rise, circondandole le spalle con un braccio- E in ogni caso, sono anni che attendo di vedere Aaron umiliato davanti a tutti, perciò, ancora una volta mi hai fatto un immenso favore.

Deine sorrise, stordita dalla sensazione che le dava il braccio di Daywine stretto attorno a lei, e fece per rispondere, ma Ariadne le piombò addosso dall'altro lato, cingendole la vita. -Sei stata mitica!- le gridò- Credo proprio che, adesso che ci sei tu, la vita qui sarà molto più interessante- aggiunse, con gli occhi che le brillavano.

Derrick, per una volta, non disse nulla: semplicemente, passandole accanto, le fece l'occhiolino.

Condussero Deine in una stanza attigua alla Palestra, piuttosto piccola. La parete di fronte a Deine era occupata quasi per intero da un grande schermo, davanti al quale si alzava una piccola colonna di metallo, ancorata al pavimento, che ospitava sulla sua cima un blocco di cristallo di forma quadrangolare, che alla luce emanata dalla lampada al centro del soffitto brillava di riflessi multicolori.

Deine lo fissò, interessata, mentre Vale gli si poneva accanto, e Derrick andava a posizionarsi di fronte al grande schermo, cominciando a digitare freneticamente su una tastiera posta lì di fronte.

-Dobbiamo vedere se possiedi, anche solo in minima parte, la capacità di controllare l'energia del Cristallo- disse Vale in risposta allo sguardo perplesso di Deine.

Le sopracciglia della ragazza s'inarcarono in un'espressione confusa. -Perché mai dovrei essere capace di controllare l'energia del Cristallo? Non capisco...- queste ultime parole erano state rivolte a Daywine- Credevo che solo gli Aldermen ne fossero capaci.

Fu Redhent a farsi avanti, un sorriso cordiale sul volto. -Non funziona così, Deine- le spiegò in tono gentile- Il Potenziale, ovvero la capacità di controllare e manipolare l'energia contenuta all'interno del Cristallo è una dote di cui si dispone dalla nascita e che non può essere acquisita, e la sua intensità varia di persona in persona. Individui con un Potenziale molto sviluppato- come gli Aldermen- sono in grado di trarre grandi quantità da energia anche da un Cristallo molto piccolo, mentre persone con un Potenziale meno sviluppato utilizzano l'energia del Cristallo con molta fatica. Il Potenziale è una dote molto rara, e gli Aldermen hanno sempre fatto in modo di tenere sotto controllo chiunque ne fosse dotato, in qualsiasi misura.

-Ariadne, per esempio, ha un grandissimo Potenziale- intervenne Daywine in tono orgoglioso.

Deine si volse verso Ariadne, stupita, e Ariadne le sorrise, scostando con una mano il colletto del lungo giaccone nero che indossava, rivelando allo sguardo di Deine un frammento di Cristallo appeso al suo collo mediante un laccio di cuoio. Deine osservò, ammirata, la luce che all'interno del Cristallo di Ariadne s'intrecciava e si svolgeva, in un intersecarsi di fili luminosi che ricoprivano tutta la gamma dei colori. Una strana vibrazione parve percorrere l'aria attorno a loro, e Deine si voltò di nuovo, osservando lo stesso fenomeno che si ripeteva nel Cristallo più grande.

-Non... non lo sapevo- balbettò, ammirata.

-Beh, non è che lo sappiano tutti- rispose Ariadne, lasciando ricadere il colletto- È stato mio padre a trasmettermelo.

Deine si volse a Redhent e questi le sorrise, sollevando tra le dita il frammento di Cristallo che portava appeso al collo: ma il suo era stranamente opaco, e a Deine non sfuggì la profonda crepa che l'attraversava, dividendolo quasi in due.

-Ormai lo porto solo come abitudine- il suo sorriso era triste.

-Perché?- fu la replica di Deine.

-Ho perso i miei poteri in un incidente, molti anni fa- Redhent parlò in tono tranquillo, ma la scintilla di dolore nei suoi occhi era evidente. -Ormai il mio Potenziale è praticamente nullo.

Deine era curiosa, e avrebbe voluto fare altre domande su questo argomento, ma qualcosa nello sguardo che Vale le lanciò la convinse a desistere.

-Metti la mano su quel Cristallo, Deine, per favore- intervenne Derrick, forse per spezzare quel momento di tensione.

Deine avanzò e pose la mano sul blocco di Cristallo di fronte a lei, lo sguardo perso nell'intrecciarsi di luci al suo interno. Il blocco era freddo sotto la sua mano, sebbene la luce che pulsava al suo interno trasmettesse, al primo sguardo, una sensazione di calore.

Aspettò, e per alcuni secondi non accadde nulla. Poi, sullo schermo appeso alla parete apparve una lunga linea piatta, mentre nella stanza rieccheggiava uno strano sibilo acuto.

-Allora, Derrick?- chiese Vale.

-Vuota come la testa di Aaron nei momenti di concentrazione- fu la risposta del giovane. Si voltò verso Deine con un gran sorriso:- Mi dispiace, ragazza mia, ma non hai un briciolo di Potenziale. Proprio come Daywine. Si vede che siete fatti l'uno per l'altra.

Le guance di Daywine si colorarono di una decisa sfumatura porpora, mentre gli occhi di Deine si rivolsero a Derrick animati da una strana scintillla metallica. Derrick le sorrise, ma la mente di Deine era già stata distratta da un nuovo pensiero. -Non capisco- mormorò, la fronte aggrottata- perché,se Ariadne ha un Potenziale altissimo, e gliel'ha trasmesso vostro padre, com'è possibile che tu non ne abbia, se siete gemelli.

Ancora una volta, fu Redhent a risponderle:- Il principio attraverso il quale il Potenziale si trasmette non sembra funzionare secondo regole precise- rispose- Se almeno uno dei due genitori lo possiede, è quasi ovvio che lo trasmetta. Per motivi che non comprendiamo, è più facile che, in una coppia di fratelli, il Potenziale passi ad uno solo, oppure, viene trasmesso ad entrambi in maniera ridotta.

Deine aggrottò le sopracciglia, cercando di assimilare tutte quelle informazioni, quindi annuì.

-Non credo che tu abbia bisogno di sapere altro- intervenne in quel momento Vale. -Hai deciso che vuoi rimanere con noi, ma questo significa anche addestrarsi con noi, e qui l'addestramento non è un gioco. Dovrai faticare, per ottenere i tuoi obbiettivi- lasciò passare una breve pausa- Puoi ancora ripensarci, se vuoi.

Ma Deine aveva già incominciato a scuotere la testa, prima ancora che Vale avesse terminato la frase, cercando Daywine con lo sguardo. -Voglio restare qui- rispose, gli occhi fissi in quelli azzurri di lui, brillanti d'orgoglio. -E voglio combattere con voi. Esattamente come voi.

Accanto a lei, Derrick e Ariadne sorisero, mentre Daywine le sfiorava il braccio con espressione soddisfatta. Vale rimase indifferente, ma Redhent, nel passarle accanto per uscire, le sorrise, sfiorandole una spalla.

Mentre anche Vale lasciava la stanza, Derrick si fece vicino a Deine e le mollò una vigorosa pacca sulla spalla, sfoderando un sorriso a trentadue denti- Vedo che ti piace fare scena, ragazza- commentò- Beh, allora preparati, perché finora ci siamo solo riscaldati. Il bello comincia ora.

E su quello, Deine non aveva il minimo dubbio.

 

Nei quattro mesi che seguirono, Deine si allenò più duramente di quanto non avesse mai fatto in vita sua. Non furono pochi i momenti in cui pensò di non farcela, in cui la fatica la convinse di essere quasi sul punto di morire, eppure, in quei momenti, resistette. Resistette sempre. Perché era animata da una rabbia bruciante che le faceva desiderare di cancellare per sempre dalla faccia della terra qualsiasi segno della presenza degli Aldermen.

Fu Daywine a sostenerla in quei mesi estenuanti. Non lasciò un attimo il suo fianco, e fu sempre prono ad aiutarla, con consigli e incoraggiamenti. Ma non fu l'unico. Perché, piano piano e con sua enorme sorpresa, quella ragazza chiusa e scontrosa stava cominciando a trovare un suo posto nella cerchia eterogenea dei Ribelli.

Ariadne si era fin da subito imposta come sua migliore amica, e ben presto Deine scoprì che l'energia incontenibile e l'allegria di quella ragazza avevano un effetto rilassante sul suo animo e sulla rabbia che sempre lo pervadeva. In capo a poche settimane, Deine si trovò a passare la maggio parte del suo tempo con Ariadne... il che voleva dire passare la maggior parte del suo tempo con Derrick, visto che i due erano praticamente inseparabili.

Quella con Aaron non fu l'ultima volta in cui la ragazza dovette dare mostra della sua indipendenza. Numerosi furono gli episodi nei quali Deine dovette farsi strada con i pugni, ma ben presto la sua determinazione, nonché l'uso spregiudicato delle unghie e dei denti fecero sì che, quando passava nei corridoi, gli sguardi che la seguivano fossero di ammirazione e di rispetto.

Di tutti i membri della Base, Vale fu l'unico che trattò esattamente come Deine si aspettava. Non le dimostrò ne' simpatia ne' antipatia, si limitò semplicemente a prendere atto della sua presenza, riservandole esattamente la stessa indifferenza che tributava a chiunque non fosse Redhent.

Sebbene fosse un uomo difficile da avvicinare, Deine non ebbe difficoltà a farsi un'idea della sua personalità: Ethan Vale era un uomo estremamente rigido, dalla morale ferrea ed ossessionato dalle regole. La rigida disciplina che regolava ogni singolo aspetto della sua vita si era, dal momento del suo arrivo, lentamente estesa a tutti i membri della Base, a cui non erano concessi sgarri. Naturalmente, l'unico ad esulare da questa regola era Redhent, che non avrebbe potuto essere più diverso dal suo compagno: indulgente fin quasi all'esagerazione, nascondeva tuttavia, sotto l'atteggiamento gentile, una forza ed una volontà fuori dal comune.

-Nessuno sa niente su chi fosse il capo prima di unirsi ai Ribelli- le disse Derrick, un giorno in cui Deine cercò di stracciare la cortina che avvolgeva il passato di quell'uomo misterioso. -È arrivato qui circa sette anni fa, pochi mesi prima che vi giungessi anch'io. Da quel che mi raccontano, arrivò completamente coperto di ferite, praticamente con un piede nella tomba. Nessuno sa cosa facesse prima di unirsi a noi. L'unico che ha una qualche probabilità di saperlo è Redhent, e non credo che se glielo chiedessi te lo direbbe.

-Perché Daywine lo odia così tanto?- aveva allora domandato Deine.

Il volto di Derrick si era momentaneamente oscurato. -Anche questa è una storia complicata- aveva replicato-La madre di Daywine e Ariadne è morta dieci anni fa, quando loro avevano sette anni. La sua morte è stata “l'incidente” in cui Reddhent ha perso i suoi poteri, per questo non gli piace parlarne.-Scosse la testa- Daywine non è mai riuscito ad accettarlo. Amava moltissimo la madre, ed ha sempre incolpato Redhent della sua morte. E, ai suoi occhi, l'averla “rimpiazzata” con uno come Vale è una colpa più grave. Per questo fa tutto quello che può per rendere la vita impossibile ad entrambi. Tutto sommato, non lo considero un atteggiamento sano. Tutta quella rabbia finirà per danneggiargli il fegato, a lungo andare.

Ma Deine non aveva certo bisogno di Derrick per accorgersi della rabbia che divorava Daywine giorno e notte, quella stessa rabbia che bruciava nei suoi occhi, e che entrambi sfogavano nei lunghi allenamenti, lottando l'uno contro l'altra finché non crollavano esausti, e anche allora la rabbia e l'ardore non avevano ancora lasciato i loro corpi.

Eppure, persino attraverso il furore che li divorava, entrambi si rendevano conto che qualcosa stava nascendo tra loro, un legame sottile e silenzioso, che era iniziato alla Cava e che gli allenamenti quotidiani contribuivano a cementare.

Così, sotto la paziente guida di Daywine e degli altri guerrieri della Base, Deine si allenò, giorno e notte. I suoi sensi si affinarono, il suo corpo si fece più robusto e i suoi riflessi più pronti. Imparò a maneggiare diverse armi, anche se certo non al livello di Daywine e di altri Ribelli, e piano piano, i segni dei tormenti che aveva subito alla Cava cominciarono a farsi più sbiaditi sul suo corpo.

 

-Deine?

Quando Daywine, quella mattina, aprì con cautela la porta della Palestra e vi si affacciò, erano passati circa quattro mesi dal fatidico giorno della loro fuga dalla Cava.

Deine si bloccò e si voltò verso di lui: sebbene fosse ancora magra, sotto l'uniforme nera dei Ribelli il suo corpo aveva un'agilità nuova e sotto la pelle chiara si profilava una muscolatura appena accennata, ma già tesa e scattante. I capelli biondo chiaro le circondavano il viso sottolineandole il contorno delle guance con folte ciocche. Il suo viso era diventato più pieno, ma i lineamenti affilati erano ancora atteggiati ad un'espressione tesa e feroce, resa ancora più determinata dalla scintilla rabbiosa che illuminava gli occhi grigi.

-Sì- si limitò a rispondere.

Daywine le si avvicinò e sfoderò un sorriso a trentadue denti, mollandole una vigorosa pacca sulla spalla. -Faresti meglio a tirare fuori un sorriso, bellezza, perché sono venuto a portarti una notizia bomba.

-E sarebbe?

-Non è ovvio?- il sorriso di Daywine si fece, se possibile, ancora più largo. -Preparati a fare armi e bagagli.

Il volto di Deine si illuminò:- Vuoi dire che...

-Proprio così, Deine. Hanno deciso di affidarti la tua prima missione.

 

E finalmente ce l'ho fatta!

Sinceramente, a parte inchinarmi fino agli inferi per chiedervi scusa di questo spaventoso ritardo, non so che altro fare. La mia vera paura, in realtà, è che questo capitolo non vi piaccia, perché è un odioso capitolo di transizione spaventosamente lungo. Spero che capirete che era necessario per spiegare meglio alcuni aspetti importanti della trama e dei personaggi, che tuttavia temo di aver trattato in maniera un po' superficiale. Ma, del resto, spetta a voi lanciare i pomodori, non a me;)

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Cambio al vertice ***


Numerose volte, nel corso della sua lunga e travagliata esistenza, Basser si era trovato faccia a faccia con la morte. Ma mai era stato così convinto di averla raggiunta come nel momento in cui aveva sentito la pallottola di Deine trapassargli l'occhio sinistro.

Era stata una fortuna per lui che Deine non avesse mirato bene come aveva creduto.Quando Dodgers, preoccupato per l'assenza del gruppo di sorveglianti che aveva mandato ad uccidere Deine e Daywine, aveva inviato qualcuno a cercarlo, Basser era ancora vivo. E lo rimase, ma quando si svegliò,il suo occhio sinistro era perso per sempre.

Da quel giorno, Basser passò ore a osservare il suo riflesso allo specchio, rimirando la lunca cicatrice biancastra che gli sfregiava un lato del viso. E osservando quella cicatrice, il suo odio aumentava giorno per giorno, una fiamma inestinguibile che lo divorava e acuiva il suo desiderio di morte.Nella sua mente, rivedeva Deine e immaginava tutte le pene che le avrebbe inflitto una volta che fosse stata di nuovo nelle sue mani. Vendicarsi della ragazza che lo aveva sfidato e gli aveva inflitto quell'orrenda mutilazione divenne la sua ragione principale di vita, la sua ossessione.

Il suo odio era alimentato anche da un'altra circostanza, ben più grave: nel momento in cui finalmente si era ripreso, Dodgers lo aveva declassato.

-Hai fallito il tuo compito- Basser ricordava ancora chiaramente le parole sprezzanti che Dodgers gli aveva rivolto, in piedi di fronte a lui in ginocchio, il capo tenuto basso e i pugni stretti. -E il fallimento non permette giustificazioni. Da questo momento in poi, sei declassato dalla tua posizione di Capo Sorvegliante. Sarai un sottoposto qualunque, almeno finché non avrò deciso una punizione più appropriata... e più definitiva.

Basser aveva serrato i denti, cercando di trattenere il violento fiotto di bile che gli risaliva rovente lungo la gola. Un tempo, forse, avrebbe accettato quella condanna definitiva dall'uomo che riconosceva come suo padrone. Ma non ora. Perché, adesso, l'idea che la sua vendetta nei confronti di Deine potesse essere distrutta dalla decisione arbitraria di quel piccolo uomo instillava in lui un sentimento che non aveva mai provato prima: ribellione. In quel momento, tutta la paura che aveva sempre provato per quell'uomo era scomparsa, sostituita da un odio puro e terrificante, che tuttavia non aveva trovato sfogo.

E così, aveva ripreso a lavorare, declassato dalla sua posizione di autorità, cercando di ignorare le occhiate di scherno e le risatine degli altri sorveglianti. E ogni giorno che passava, il suo odio era aumentato in maniera esponenziale dentro di lui, e nella sua mente, Dodgers aveva smesso di essere il suo terrificante padrone: era ancora lui il padrone, ma adesso Basser non aspettava altro che l'occasione per liberarsi dalle sue catene.

E l'occasione venne circa tre mesi dopo la fuga di Deine e Daywine dalla Cava.

-Basser!

L'uomo si voltò lentamente e piantò i suoi feroci occhi neri in quelli del sorvegliante che era accorso a chiamarlo. Questo sussultò e fece un passo indietro, balbettando scuse incoerenti, e Basser sorrise: non era più il Capo Sorvegliante, ma questo non significava che il rispetto non gli fosse dovuto.

-Che cosa vuoi?- domandò.

-Signore, è arrivata una delle Guardie del Primo Aldermen. È qui fuori nella Piazza... signore.

Basser inarcò un sopracciglio. -E mi disturbi per questo? Cosa aspetti a comunicarlo a Dodgers?

-Ha chiesto esplicitamente di parlare con lei, signore.

Il sopracciglio di Basser arrivò ancora più in alto. -Con me? E perché mai?

-Non ha ritenuto opportuno dirmelo, signore.

Per qualche istante, Basser rimase in silenzio, cercando di capire perché mai una delle Guardie degli Aldermen avesse richiesto la sua presenza, poi tornò ad osservare il secondo sorvegliante. -Quale?

-Signore?

-Quale delle Guardie è lì fuori, idiota.

-Quella che chiamano Vara, signore.

Basser lasciò il dormitorio in tutta fretta e percorse la Piazza a passi larghi. Il sole splendeva alto nel cielo, e l'ex Capo Sorvegliante dovette farsi schermo con la mano per poter distinguere la pedanda di fronte a lui.

In piedi sulla pedana, Vara attendeva, le grandi ali spalancate che si allargavano come vele nel cielo azzurro. I raggi del sole mattutino le accendevano riflessi dorati tra i capelli rossi , e qualche soffio di vento le agitava le piume.

Guardò arrivare Basser con le labbra sottili piegate in un sorriso, gli occhi verdi accesi da una luce maligna. Nel momento in cui l'uomo arrivò ai piedi della pedana, dall'altezza in cui si trovava, abbassò lo sguardo e rivolse a Basser un ghigno che gli fece gelare il sangue.

-Ma buongiorno, signor Capo Sorvegliante- la voce argentina e trillante con cui gli rivolse queste parole creava un contrasto netto ed inquietante con i suoi occhi scintillanti-Da quanto tempo non ci vediamo?

-Ex Capo Sorvegliante-Basser rispose senza un minimo di emozione.

Vara inarcò un sopracciglio, divertita. -Davvero? E che cosa hai fatto, sentiamo.

Qualcosa, nella sua voce, irritò Basser: -Ho fatto tante cose, carina, e non credo ti piacerebbero tutte.

Con sua grande sorpresa e irritazione, Vara scoppiò a ridere, come se trovasse la sua risposta la cosa più divertente del mondo. -Ma che faccia spaventosa che hai- con un movimento elegante, si mise in ginocchio sul bordo della pedana, riducendo la distanza tra lei e Basser a pochi centimetri. -Sei davvero pericoloso come dicono?

-Vuoi davvero provare?- ribatté Basser con voce impassibile.

A quella risposta, Vara scoppiò a ridere, e poi, con un gesto del tutto inaspettato, diede un colpetto con l'indice al naso di Basser, facendolo trasalire. -Quando vuoi, bestione- gli sussurrò, quindi saltò agilmente a terra. In questo modo, arrivava poco sotto il mento di Basser. -E mi piacerebbe davvero, ma non sono qui per giocare- la sua voce adesso, era diventata fredda e metallica, non sorrideva più- Il mio signore, il Primo Aldermen, mi ha affidato una missione importante, e poiché la Cava era di strada, mi ha chiesto di metterti al corrente delle sue ultime... disposizioni- nel pronunciare il titolo del suo signore, la sua voce si fece vibrante di deferenza, esattamente come quella di Dodgers.

-E quali sarebbero queste... disposizioni?- replicò Basser, mentre uno strano presentimento si agitava dentro di lui.

Vara piantò i suoi scintillanti occhi verdi in quelli neri di Basser, e quando parlò la sua voce aveva la fredda determinaziome di una condanna a morte- Alla Cava è necessario un “cambio al vertice”. Dodgers non è più adatto a svolgere il suo ruolo di Direttore, e tu sei stato scelto per sostituirlo.

Basser fissò la Guardia, e improvvisamente l'aria attorno a lui sembrò vibrare, mentre una strana eccitazione serpeggiava tra le sue viscere e si faceva largo fino al suo stomaco, facendolo fremere:- E questo significa...

-Che Dodgers dovrà morire- Vara pronunciò queste parole con la stessa indifferenza con cui avrebbe annunciato che l'indomani sarebbe piovuto.

-Perché io?

-Il mio signore ha deciso così, e io non sono solita discutere le sue disposizioni.

Per qualche istante, Basser esitò: suo malgrado, una parte di lui ancora tremava al pensiero di togliere la vita a l'uomo cui si era volontariamente sottomesso anni prima. Ma fu la sua parte sanguinaria a prevalere, quella parte di lui che chiedeva violenza e vendetta.

Chinò il capo. -Accetto- disse semplicemente.

Le labbra di Vara si aprirono in un sogghigno di soddisfazione:- Non avresti potuto fare molto altro. E adesso che ne dici se ti accompagno? È noioso volare da sola per giorni, e una bella uccisione potrebbe risollevarmi il morale.

 

L'ex Capo Sorvegliante e la Prima Guardia degli Aldermen attraversarono il corridoio che portava all'ufficio del Direttore tra gli sguardi stupiti e timorosi che si appuntavano su di loro. Vara camminava a passo spedito, sorridendo delle occhiate stupefatte che venivano rivolte alle sue grande ali.

Arrivarono alla porta di Dodgers e Basser bussò con un colpo secco. Pochi minuti dopo, dall'altro lato della porta, una voce rispose:-Avanti.

Basser aprì la porta e si fece avanti. Gli occhi di Dogers si posarono su di lui con uno sguardo di fastidio. -Non ti ho mandato a chiamare, Basser.

-Signore, Vara, la Guardia del Primo Aldermen è qui- mentre parlava, Basser si fece da parte per lasciar passare Vara.

Prima ancora che avesse finito di parlare, Dodgers era scattato in piedi, gli occhi scintillanti di venerazione, e si era fatto avanti, porgendo una sedia a Vara, balbettando velocemente una serie di frasi untuose:- Mia signora.. quale onore... non riesco a capire il perché di una tanto gradita visita... ma come mai...

-Poche chiacchere, Dodgers- lo interruppe Vara, scostando la sedia con un movimento brusco. -Sono venuta perché il mio signore non è per niente soddisfatto di come stanno procedendo le cose in questo posto.

A queste parole, il colorito di Dodgers si fece giallognolo, mentre un velo di sudore gli inumidiva la fronte. -Io faccio sempre tutto quello che posso per servire gli Aldermen- ribatté, portandosi velocemente dietro la scrivania e sedendosi.

-Evidentemente, tutto quello che puoi non è abbastanza, Dodgers- Vara si sporse in avanti, appoggiando le mani al piano della scrivania. -Il Primo Aldermen vuole dei risultati, e li vuole adesso.

-Come ho già spiegato a sua Eccellenza il Primo Aldermen- ribatté Dodgers, mentre il tremito nella sua voce si faceva sempre più evidente- i risultati non possono essere immediati. Per portare a termine con successo gli esperimenti ci vogliono mezzi e finanziamenti che al momento non...

-Dodgers, mi sono stancata io di sentire queste scuse, figuriamoci il Primo Aldermen, che è costretto a sorbirsele ogni santo giorno.

-Mia signora, le assicuro che...

Mentre la conversazione procedeva, Basser si era lentamente mosso attraverso la stanza, portandosi, con un movimento silenzioso e quasi invisibile,alle spalle di Dodgers. Rimase lì, in piedi dietro di lui, mentre il Direttore continuava a balbettare. I suoi occhi incrociarono quelli di Vara, e la donna mosse il capo in un impercettibile cenno di assenso.

Le mani di Basser circondarono il collo di Dodgers e lo girarono con uno scatto secco. Si udì il rumore del collo che si spezzava, e il Direttore si abbatté pesantemente sulla scrivania.

-Oh, finalmente- con un sospiro, Vara fece il giro della scrivania e fissò con disprezzo il cadavere di fronte a lei. -Devo ammettere che mi piaccioni le morti un po' più spettacolari, ma il Primo Aldermen si era raccomandato che fosse una cosa pulita- portò gli occhi su Basser e le sue labbra si allargarono in un ghigno spaventoso- Benvenuto, Direttore.

Basser la fissò con occhi impassibili. -Vedrò di ottenere risultati migliori di quelli del mio predecessore.

Inaspettatamente, la mano di Vara scattò e abbatté Basser sulla scrivania, serrandogli la nuca con violenza inaudita. Prima che il nuovo direttore, completamente sconvolto, potesse anche solo accenare una mossa, la donna si era chinata su di lui, le labbra che gli lambivano l'orecchio.

-E sarà meglio per te, mio caro- gli sussurrò- Perché basta poco, e lo hai visto tu stesso, molto poco, per ritrovarsi improvvisamente all'altro mondo. Rammentalo sempre.

Fece un passo indietro e lasciò andare Basser, che si rialzò, massaggiandosi la nuca con sguardo sconvolto. Negli occhi del Direttore, adesso, c'era una nuova forma di timore nei confronti di quella donna bellissima ed esile.

-Lo terrò a mente- mormorò.

Vara sorrise- Ti conviene- disse, prima di lasciare la stanza.

Pochi minuti dopo, Basser la osservava levarsi in volo nel cielo mattutino. Accanto a lui, il cadavere di Dodgers lo fissava ad occhi sbarrati.

Basser ricambiò lo sguardo di quegli occhi morti e sogghignò.

Adesso comando io, pensò.

E a quel pensiero, le sue labbra si aprirono in un ghigno omicida.

 

E finalmente siamo arrivati ai fatidici capitoli a due cifre!

Adesso, prima che qualcuno di voi scopra dove abito e si apposti sotto casa mia con un bazooka, vorrei specificare una cosa: se ci pensate bene, io non ho mai DETTO che Basser era morto. Da nessuna parte viene espresso questo concetto. Voi l'avete creduto, ed io mi sono limitata a non contraddirvi. Un po' disonesto, lo ammetto, ma che storia sarebbe senza colpi di scena? XD

Detto questo spero che vi sia piaciuto il capitolo, anche se in realtà dovrebbe intitolarsi “Due psicopatici a confronto” perché pure Vara non è che stia tanto bene. Il capitolo serviva anche un po' a dare un'idea della sua personalità.

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** La prima missione ***


-Ma si può sapere in cosa consiste la missione?

Deine e Daywine avanzavano a passo svelto lungo il corridoio che portava alla Sala Comando, la ragazza che al suo fianco saltellava nervosa.

-Ma quanto sei impaziente!- Daywine rise, lanciandole uno sguardo affettuoso. -Non posso dirtelo. Ordini dall'alto.

Deine si fermò al centro del corridoio e mandò un sonoro sbuffo, scostandosi dalla fronte una ciocca ribelle.

Daywine si piazzò di fronte a lei. -Qual'è il problema, Deine?

La ragazza gli rivolse uno sguardo irritato. -Odio non sapere a cosa sto andando incontro.

Daywine rise e le pose una mano sulla spalla, stringendogliela per trasmetterle forza. -Andrà tutto bene, vedrai.

A quelle parole, Deine scosse la testa e le sue labbra accennarono un sorriso. -Sembra che anche stavolta dovrò crederti sulla parola- commentò.

Ad attenderli davanti alla porta della Sala Comando c'era Ariadne, e, nel momento in cui le si avvicinarono, Deine notò con sorpresa che la sua amica non sembrava animata dalla solita allegria: le labbra erano atteggiate ad una specie di broncio, e negli occhi c'era un'espressione insodisfatta.

-Ehi- Deine le venne vicino, lanciandole uno sguardo interrogativo- Che cosa è successo?

-Te lo spiego dopo- ribatté Ariadne con voce cupa- Adesso entriamo, vi stanno aspettando.

Ad attenderli, seduti al tavolo ingombro di carte, c'erano Redhent e Vale, intenti a conversare tra loro, e Derrick, abbandonato contro lo schienale della sua poltrocina, nella mano una tazza di caffé e i piedi appoggiati sul bordo del tavolo. Nel momento in cui i tre ragazzi entrarono, alzò lo sguardo verso di loro e gli sorrise, agitando la tazza nella loro direzione.

-Pronta per la tua prima missione, dolcezza?- esclamò con una strizzatina d'occhio.

Deine prese un lungo respiro, cercando di allentare la tensione che le stringeva le viscere. -Se almeno sapessi in cosa consiste- borbottò.

A quelle parole, Vale interruppe improvvisamente quello che stava dicendo e si alzò, portandosi verso una serie di schermi posti sulla parete. -Qui- si limitò a dire, facendo cenno a Deine di avvicinarsi.

Deine si fece vicina agli schermi, incuriosita. -Che è successo?

-Lo vedrai tu stessa- rispose brusco Vale- Derrick, per favore.

-Subito, capo- dicendo questo, Derrick si sporse e premette un tasto rosso sulla tastiera posta davanti agli schermi.

I monitor si accesero immediatamente e davanti agli occhi di Deine apparve un piccolo villaggio, situato probabilmente alle pendici delle Montagne, bagnata dalla luce rossa del tramonto... e da quella delle esplosioni. Le piccole case che componevano l'abitato erano avvolte dalle fiamme, e nelle spire di fumo che si levavano lente nel cielo rosato, Deine riusciva a intuire il confuso andirivieni degli abitanti che scappavano. Soldati degli Aldermen si aggiravano tra le case in fiamme, sparando a tutto ciò che riuscivano a scorgere.

-Questo è un villaggio situato poco lontano dalla Cava da cui tu e Daywine siete fuggiti- Vale era a braccia conserte di fronte allo schermo, il volto impassibile, ma gli occhi fissi sulle immagini erano pieni di disgusto- Un gruppo di soldati che era di strada vi si è fermato per razziare. Non è raro che succedano cose del genere, il Primo Aldermen ci tiene a mantenere alto il livello di terrore. Di solito, noi Ribelli interveniamo per stroncare queste razzie, ma questa volta c'è dell'altro. Derrick, blocca e ingrandisci l'immagine.

Derrick premette un pulsante, e i movimenti sullo schermo cessarono. Quindi, l'uomo prese a cliccare ripetutamente su un altro tasto e gli oggetti più esterni sparirono dall'inquadratura, mentre l'immagine di una piccola capanna in fiamme si faceva sempre più nitida.

-Basta così- l'ingrandimento s'interruppe. -Qui- disse Vale, battendo con il dito su un punto preciso dello schermo.

Deine strizzò gli occhi e vide, dietro alla capanna che bruciava, un camion, evidentemente di proprietà dei soldati. Quello che tuttavia attirò la sua attenzione fu il logo impresso sulla parete esterna del camion... un logo che Deine ricordava fin troppo bene.

-Quel camion viene dalla Cava- sibilò, con la voce tremante d'odio.

-Esattamente.- le rispose Vale- I soldati provenivano dalla Cava, ed è probabile che si siano fermati per un guasto e che poi abbiano deciso semplicemente di divertirsi un po'. E se quel camion viene dalla Cava...

-Allora è probabile che al suo interno vi sia dell'altro Cristallo che ci aiuti a far luce sugli esperimenti che avvengono lì dentro- fu Redhent a concludere la frase.

-E quindi la vostra missione- continuò Vale voltandosi verso Deine- è scacciare i soldati da quel villaggio e cercare di far luce sul carico di quel camion. Senza combinare sciocchezze- l'ultima frase era stata pronunciata con gli occhi rivolti verso Daywine, che alzò i suoi al cielo.

-D'accordo-rispose Deine, tranquilla- Chi sarà a guidare la missione?

-Aaron.

Le sopracciglia di Deine schizzarono fin verso l'attaccatura dei capelli. -Aaron?- quasi strillò- State scherzando, spero.

Gli occhi di Vale si fecero più che gelidi. -Se hai intenzione di questionare sulla composizione della missione, puoi anche rimanere dove sei.

-Assolutamente no- ribatté subito Deine: per quanto fosse determinata, Vale aveva il potere di incuterle timore, e in più non aveva nessuna intenzione di rinunciare alla sua prima occasione di farsi valere.

-Benissimo- replicò Vale, portandosi verso il tavolo- Insieme a voi ci saranno circa un'altra decina di persone... tra cui Daywine.

A quelle parole, le labbra di Deine si aprirono in un sorriso e la ragazza rivolse al comandante della Resistenza uno sguardo pieno di gratitudine: -Grazie- sussurrò.

-Non ringraziarmi- la gelò lui, voltandosi a guardarla- È stato lui a fare il diavolo a quattro, pur di poter venire.- Mentre parlava, tuttavia, Redhent posò gli occhi su Deine, e l'occhiolino che le rivolse convinse Deine che non era stato Daywine a convincere Vale.

La ragazza sentì Daywine ridacchiare e si voltò verso di lui, che alzò la mano per darle il cinque:- E indovina un po' chi ci seguirà via radio?- disse, con negli occhi uno scintillio divertito.

-Chi...- Deine non aveva ancora finito di parlare, che già aveva intuito e si era voltata verso Derrick, che alzò il pugno nella sua direzione.

-Proprio io, bellezza- sorrise l'uomo dalla pelle color cioccolato- Io starò lì a farvi da chioccia e a riempirvi di chiacchere tutto il tempo. Niente più di quanto già non faccia, insomma.

-Adesso basta- li interruppe Vale- Andate a prepararvi. Vi voglio nell'hangar tra dieci minuti.

-Agli ordini, capo- ribatté Derick con tono solerte, rimanendo però stravaccato sulla poltroncina.

Vale gli lanciò uno sguardo, e, per un istante, a Deine parve di veder passare nei suoi occhi un lampo di divertimento, ma prima che la ragazza potesse stabilire di avere avuto o meno un'allucinazione, l'uomo aveva già lasciato la stanza a passo marziale.

-Perché fai così?- domandò Deine, voltandosi verso Derrick.

-Così come?

-Perché lo chiami “capo”?- ribatté Deine- Con Redhent non lo fai mai.

Per un attimo, l'espressione di Derrick parve farsi quasi seria. -Vedi, Deine, io sono arrivato in questa Base più o meno sette anni fa. Ed è solo per merito del capo se io sono ancora qui. All'epoca fu lui a salvarmi la vita. E così, per ripagare il debito che ho nei suoi confronti lo considero il mio capo... e non faccio mai nulla senza la sua autorizzazione.

Deine inarcò un sopracciglio. -E prima di fare qualcosa la chiedi mai, la sua autorizzazione?

I denti bianchissimi di Derrick tornarono a splendere in un sorriso luminoso contro la sua pelle color cioccolato. -Che bisogno ho di chiederla, se tanto so già che me la darà?

Alle sue spalle, Redhent rise. -Credo proprio che farete meglio ad avviarvi, ragazzi. Ethan s'impazientisce quando lo fanno aspettare.

L'hangar della Base era una grande stanza di forma quadrangolare, occupata da circa un'ottantina di piccole aeronavi simili a quella che aveva condotto Deine e Daywine al covo della Resistenza.

Vale li aspettava vicino ad una di queste. Accanto a lui c'era Aaron, più una decina di altri ragazzi, tutti all'incirca della stessa età di Deine. In piedi poco distante dal gruppo, c'era Mathisse, l'esperto dei veicoli della Resistenza. Era arrivato alla Base con Derrick circa sette anni prima, ma col gioviale esperto di computer condivideva solo il colore della pelle: era un gigante silenzioso, dalla muscolatura taurina e dal capo rasato, che non andava mai molto più in là delle due parole al giorno. Non che ce ne fosse bisogno, sosteneva Derrick, dal momento che c'era lui a svolgere anche la sua parte di conversazione.

In quel momento Ariadne, che insieme a Redhent li aveva seguiti nell'hangar, si avvicinò a Deine ed esalò un profondo sospiro. -Quanto ti invidio-mormorò.

Deine la guardò. -Perché?

-Almeno tu ci vai, in missione- sbuffò sonoramente Ariadne, lanciando un'occhiataccia in direzione di Redhent.

-Cioè, mi stai dicendo che non sei mai andata in missione?- ribatté Deine, allibita.

-No, ti sto dicendo che non sono mai uscita da qui, se è per questo- replicò Ariadne, acida. -Mio padre non vuole.

Deine stava per dire qualcosa, quando Redhent, che evidentemente aveva seguito la conversazione, si avvicinò a loro, negli occhi un'espressione intristita. -Ariadne, ne abbiamo già parlato- disse con un sospiro. -Non sei ancora pronta.

-Per te, non lo sarò mai- Ariadne scosse la testa, e fissò il padre con occhi imploranti- Dai, papà. Tu lo sai che posso tranquillamente affrontare una missione.

Redhent scosse la testa. -No, invece- le accarezzò la guancia- Abbi pazienza, tesoro. L'anno prossimo ne riparliamo.

-Di anno in anno, finirò per passarci la vita, qui dentro- borbottò Ariadne- Ho praticamente più Potenziale di chiunque di voi qui dentro, ma non mi fate combattere. E poi uno si chiede perché stiamo perdendo la guerra.

Redhent stava per ribattere, ma le parole di Ariadne avevano instillato un dubbio nella mente di Deine, che si voltò verso Vale. -Un momento- esclamò.

Vale interruppe quello che stava dicendo ad Aaron e la guardò. -Che cosa c'è?

-È possibile che i soldati che stiamo andando ad affrontare possiedano il Potenziale?- domandò Deine.

Vale scosse la testa. -Molto, molto improbabile. Perché mi fai questa domanda?

-Nel caso il nostro nemico ne fosse dotato, come faremmo a sconfiggerlo?- ribatté quindi Deine.

Vale ricambiò il suo sguardo, e un ghigno gli solcò il volto. -Te lo mostrerò subito- disse- Vieni con me.

Deine e gli altri lo seguirono in Palestra e Vale si piazzò al centro del campo, estraendo con un gesto fluido la spada che portava appesa alla cintura: una spada dalla lama lunga e sottile, ad un taglio solo, che s'incurvava leggermente verso la punta. Non sembrava fatta di metallo: alla luce delle lampade appese al soffitto della Palestra la lama argentata sembrava attraversata da riflessi bronzei e a tratti bluastri. L'impugnatura era abbastanza lunga da poter essere brandita a due mani, avvolta da molteplici strisce di tessuto nero intrecciate, che in prossimità della guardia contornavano una placca dorata con strani simboli neri.

Deine inarcò un sopracciglio. -E quella quando l'ha tirata fuori?

Ariadne le lanciò uno sguardo perplesso. -Ce l'ha sempre avuta.

-Non l'avevo notata.

-Beh, ce l'ha sempre addosso, quindi dopo un po' non ci si fa più caso.

-Ariadne- chiamò Vale- Vieni qui, se non ti dispiace.

Ariadne sorrise e si avviò saltellando verso l'uomo, fermandosi pochi metri di fronte a lui. A giudicare dall'eccitazione che le accendeva gli occhi, evidentemente sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco.

-Pronta?- domandò Vale.

Il sorriso di Ariadne era eloquente. -Ovvio.

-Bene- replicò Vale. -Al mio tre. Uno, due...

-Ehi, un attimo, aspettate!- intervenne Redhent, mentre nella voce gli vibrava una nota di panico- Si può sapere cosa state...

-Tre.

Il Cristallo sul petto di Ariadne sfolgorò improvvisamente, e dalle mani della ragazza esplose un fiotto di luce azzurra che attraversò la stanza con uno stridio assordante, diretto verso Vale.

-Ehi, ma che cosa...?- esclamò Daywine con voce strozzata.

-Ethan!- esplose Redhent, con gli occhi pieni di terrore che seguivano il raggio azzurrino.

Con un movimento fulmineo delle braccia, Vale eseguì una parata orizzontale pressochè invisibile per quanto fu rapida. Il raggio ceruleo investì rintoccandolo il taglio della lama, colorandola completamente di azzuro sfolgorante, e il contraccolpo fece slittare l'uomo all'indietro di quasi mezzo metro, mentre la suola dei suoi stivali fumava leggermente per l'attrito. Tuttavia, Vale rimase sostanzialmente immobile, senza neanche sudare per il calore che in parte avevano avvertito tutti. La spada brillava sempre di più, ingoiando praticamente il raggio lanciato dalla ragazza, finchè il flusso di energia non si interruppe e sparì completamente dentro la lama, che a questo punto era luminosa quanto le lampade al neon della Base. Vale chiuse gli occhi e gli angoli della sua bocca si incresparono lievemente.

Poi i suoi occhi si aprirono di scatto e la sua spada si mosse altrettanto rapidamente, roteando con lui, che avanzò di un passo e vibrò con tutto il corpo con un fendente laterale. Nel movimento, la mano destra cambiò posizione, portandosi sulla placca dorata. Nel momento in cui la punta della lama fu rivolta contro Ariadne, Vale premette quello che in realtà era un interruttore e l'energia azzurra assorbita dalla lama saettò fuori in un'onda d'urto dello stesso colore, dirigendosi a tutta velocità verso Ariadne.

La ragazza sorrise e alzò una mano. L'onda azzurrina si fermò contro il suo palmo e vi si frantumò contro, saettando poi lungo il suo braccio in molteplici scintille che le risalirono il braccio e poi vennero riassorbite dal suo frammento di Cristallo. Nel momento in cui l'energia incontrò la sua mano, Ariadne barcollò ed indietreggiò di qualche passo, mentre alcuni frammenti luminosi si disperdevano nell'aria intorno a lei.

Per alcuni istanti, nella Palestra regnò il silenzio. Gli occhi di tutti si fissarono su Vale e Ariadne, pieni di rispettoso stupore.

Il primo a riprendersi fu Derrick, che fece un passo avanti, scuotendo ripetutamente la testa:- No, scusami un attimo, capo- disse, sbigottito- Tu sei qui da sette anni... e nessuno di noi sapeva nulla su quello che il tuo gingillo era in grado di fare? Com'è possibile?

-Sono anni che non vado su un campo di battaglia, Derrick. Non ho mai avuto modo di darvi una dimostrazione delle proprietà della mia spada- mentre parlava, Vale tracciò un cerchio nell'aria con un abile torsione del polso e conficcò la spada nel pavimento, lasciandola lì a vibrare. -Il materiale di cui è fatta la lama si chiama Termoiridio- spiegò, rivolto a Deine, che lo fissava ancora con occhi stupefatti. -È un materiale rarissimo su Aretha, in grado di assorbire e poi rimandare l'energia del Cristallo. Non si trova facilmente, e gli Aldermen hanno fatto presto in modo di appropriarsi delle ultime scorte rimaste.

Estrasse la spada con un movimento secco e passò le dita sulla lama, lo sguardo improvvisamente perso e lontano.-Sono stato io stesso a modificare la mia spada, poco dopo essere sceso per la prima volta su un campo di battaglia- continuò- quando mi sono reso conto dell' enorme differenza che intercorreva tra coloro che possedevano il Potenziale e quelli che invece ne erano privi. Ed ho voluto rendere di nuovo la lotta ad armi pari, perché non c'è nessun onore in una vittoria ottenuta con una superiorità che ti hanno fornito la natura e il caso.

-Esibizionista- sibilò Daywine, ma nella sua voce si leggeva una punta d'invidia.

Vale rialzò di scatto la testa e i suoi occhi si cristallizarono, ritornando ad assumere quell'espressione gelida che Deine aveva imparato a conoscere. -Adesso basta chiacchiere. Ritorniamo all'hangar.

In quel momento, Redhent gli si avvicinò a grandi passi, il volto pallido per la rabbia ed il terrore. -Non farmi mai più una cosa del genere!- ruggì, rivolto al compagno- Ho sfiorato l'infarto!- Poi, prima che Vale potesse aprir bocca, si era voltato verso Ariadne, con sguardo severo. -Da quanto tempo vi allenate insieme?

Ariadne assunse un'espressione decisamente imbarazzata, e si voltò verso Vale, come in cerca d'aiuto. -Boh... non so... un paio d'anni, credo?- azzardò con un sorrisetto timido.

Redhent la fissò, poi scoppiò a ridere e scosse la testa.

Ritornati che furono all'hangar, Vale impartì una serie di ordini secchi, e i componenti della missione cominciarono a muoversi, salendo velocemente su una delle aeronavi. Deine fece per seguirli, ma Vale le si pose accanto, bloccandola al suo posto con un'occhiata.

-Ti affido un compito- le disse.

Deine lo ricambiò con uno sguardo confuso.

-Tieni d'occhio Daywine. Vedi che non faccia idiozie.

Le sopracciglia di Deine s'inarcarono. -Non mi era sembrato che vi preoccupaste tanto per lui.

-Io infatti non mi preoccupo, ma Redhent sì. E, purtroppo per me, ormai conosco Daywine abbastanza bene da sapere che approffitterà della prima occasione utile per compiere qualche idiozia. Quindi conto su di te perché lo tieni a freno.

-Deine, sali- intervenne in quel momento Aaron con voce secca. -Non abbiamo il tempo di stare qui ad indugiare.

Deine annuì, lanciando uno sbrigativo cenno di saluto ad Ariadne, e salì rapidamente sull'aeronave, voltandosi per aspettare la venuta di Daywine.

Il ragazzo, tuttavia, non la seguì. Sin dalla scena nella Palestra era rimasto immobile, con la fronte aggrottata e gli occhi fissi su Vale, come cercando la risposta a una sua misteriosa domanda. -Aspetta un attimo- esclamò improvvisamente- Tu hai appena detto di avere modificato la tua spada poco dopo la tua prima battaglia.

Vale lo fissò. -E allora?

-Ma una volta mi hai anche detto che la prima volta che sei sceso su un campo di battaglia avevi tra i tredici e i quattordic'anni.

-Pressapoco. E quindi?

Daywine lo fissò sbigottito per qualche istante, come cercando di controbattere, poi scosse improvvisamente la testa. -Oh, ma che cavolo- sbottò, e cominciò a borbottare una serie di imprecazioni, mentre si dirigeva verso l'aeronave e vi saliva con un balzo agile, andando poi a sedersi al fianco di Deine.

Quando si voltò verso di lei, tuttavia, il suo volto era sereno, e negli occhi gli brillava una scintilla d'eccitazione. -Questa volta si fa sul serio- commentò. -Sei pronta?

Gli occhi che ricambiarono il suo sguardo erano freddi e determinati, resi ancora più luminosi dalla scintilla metallica che ne illuminava le iridi grigie. -Sì- rispose Deine, e la sua voce era un ringhio basso e feroce- E questa volta sul serio.

 

Il viaggio durò circa due ore, e quando il pilota cominciò finalmente le manovre per l'atteraggio, il sole aveva incominciato lentamente ad abbassarsi verso l'orizzonte, tingendo il cielo di un rosso sanguigno.

-Ascoltate- Aaron, in piedi fra i suoi compagni, parlava in fretta e con tono determinato- Il piano è questo: atterreremo fra pochi minuti e raggiungeremo il villaggio senza farci vedere, e poi circonderemo il villaggio. Al mio segnale, attaccheremo il contigente di soldati che è lì. Quando saremo certi di aver attirato la loro attenzione e di averli impegnati nella battaglia, io ed altri quattro agenti ci appropieremo del camion. Mi raccomando: niente colpi di testa e niente atti di inutile eroismo. Non fate nulla senza che prima ve lo abbia detto io. Chiaro?

Si voltò di scatto, e i suoi occhi trapassarono Deine e Daywine, seduti l'uno accanto alle altra. -E tu vedi di non creare problemi- aggiunse, rivolto alla ragazza.

Deine sospirò. -Aaron, quanti pugni devo darti prima che tu ti decida a lasciarmi in pace?

Aaron non ebbe il tempo di replicare, perché proprio in quel momento la navetta vinrò sotto i loro piedi, e si sentì un lieve tonfo, che indicava che il veicolo era atterato. I membri della Resistenza si alzarono e cominciarono a scendere rapidamente a terra.

Deine e Daywine toccarono terra con un lieve balzo. Il villaggio era a pochi metri di distanza da loro, e persino nella luce del tramonto si potevano distinguere le fiamme che divoravano alcune delle piccole casupole.

Si mossero ventre a terra, andando a lentamente a formare un anello intorno al piccolo abitato. L'odore di fumo era intenso, quasi soffocante, ma ancora più opprimente era quello del sangue, emanato dai cadaveri raggruppati a terra in piccoli mucchi.

Deine era immobile, la schiena appoggiata alla parete di una casa, la mano destra stretta sul calcio della pistola che portava alla cintura. Il cuore le batteva all'impazzata, il suo respiro si era fatto corto, e la paura, adesso, le stringeva le viscere in una morsa ghiacciata. Benché si fosse addestrata per mesi per essere preparata a quel momento, adesso che si trovava lì, sentiva di essere sul punto di collassare.

Voltò la testa, e i suoi occhi incontrarono lo sguardo tranquillo e sicuro di Daywine, inginocchiato accanto a lei. Sentendosi osservato, il ragazzo alzò la testa e le sorrise, mostrandole il pollice alzato. Deine si sentì più tranquilla.

Poi, un rumore alle sue spalle la fece sobbalzare. Deine sporse cautamente la testa oltre il bordo del muro, e vide un gruppo di soldati farsi avanti. Alla loro testa, un colonello, con l'uniforme coperta di medaglie e mostrine. Il colonello si fermò, e si voltò di scatto, facendo un cenno ai suoi soldati. Questi avanzarono, trascinando con loro vecchi e donne, sanguinanti e piegati sotto il peso del terrore. Ad un cenno del colonello, vennero gettati con violenza a terra, e lì rimasero, tremanti sotto i fucili dei militari.

-Forza- esclamò il capo dei soldati con voce piena di disprezzo- eliminiamo questa feccia e torniamocene alla base.

I soldati si disposero in fila di fronte ai prigionieri e spianarono i fucili, mentre il comandante alzava un braccio, preparandosi ad ordinare il fuoco.

Nella fila dei prigionieri, una donna cominciò ad urlare. Si alzò di scatto e si gettò di lato, gridando istericamente, ma uno dei soldati la afferrò per i capelli, scagliandola con violenza a terra, dove quella rimase rannicchiata a singhiozzare.

Deine avvertì un movimento al limite del suo campo visivo e si voltò di scatto, appena in tempo per vedee Daywine che lasciava il suo nascondiglio e si scagliava verso i soldati, pallido di rabbia.

-Daywine, no!- gridò, ma era già troppo tardi: il ragazzo estrasse la pistola e freddò con un unico colpo il colonello. I militari si mossero altrettanto rapidamente, accerchiandolo,mentre il giovane compiva una giravolta e sparava, colpendo un altro soldato nella mischia.

Deine non aveva scelta: si alzò, e si gettò nella battaglia anche lei, ignorando i richiami infuriati di Aaron alle sue spalle. Il primo colpo prese un soldato alla nuca, abbattendolo, ma già un altro correva verso di lei, puntandole addosso il fucile. Deine si abbassò di scatto, sentendo il calcio dell'arma sfiorarle sui capelli, e girò su se stessa, colpendo il nemico allo stomaco con la gamba tesa. Mentre quello si accasciava a terra, piegato per il dolore, la ragazza gli tolse il fucile dalle mani e si rimise in piedi, voltandosi per mirare al prossimo nemico, e premette il grilletto.

Uno strano fiotto di calore percorse la canna del fucile, e l'arma sputò un raggio di energia azzurrina, che attraversò l'aria stridendo. Il soldato puntato da Deine non ebbe il tempo di reagire: il raggio lo colpì con violenza al petto ed esplose, avvolgendolo in un sudario di fiamme azzurrine.

Il rinculo fu così forte da scagliarla all'indietro di un paio di metri, gettandola con violenza sulla schiena. Deine rimase stesa a terra, con il fucile stretto tra le mani e il respiro affannoso, il bicipite che protestava per il dolore, lì dove il calcio del fucile l'aveva colpito.

Non ebbe però il tempo di riprendersi dalla sorpresa: un'ombra occupò il suo campo visivo, e Deine ebbe appena il tempo di rotolare, mentre un lungo coltello si abbatteva sul terreno, lì dove fino a pochi secondi prima c'era stata lei. Il soldato che lo impugnava si voltò verso di lei e le si scagliò contro, ma la ragazza si era già rialzata con un movimento fluido, la pistola puntata contro il suo avversario. Il colpo che lo uccise, tuttavia, non venne da lei; e nel momento in cui il soldato si accasciò a terra, morto, a ricambiare lo sguardo stupefatto di Deine furono gli occhi torvi di Aaron.

-Muoviti. Forza- le sibilò, prendendola per un braccio- Stanno partendo con il camion!

La battaglia, intorno a loro, era esplosa in tutta la sua violenza, ma i due ragazzi la attraversarono correndo, incuranti dei proiettili che sibilavano poco sopra le lore teste Davanti a loro, alcuni dei soldati si affannavano attorno al camion, sagome a malapena visibili attraverso il fumo spesso che si allargava di fronte ai loro occhi.

Aaron superò Deine e si scagliò attraverso il fumo, la mano stretta sul calcio della pistola, agile silenzioso. Attraverso la cortina grigiastra che li divideva dai nemici, Deine vide uno dei soldati voltarsi e spianare il fucile.

-Aaron, attento!- urlò. Troppo tardi.

Il raggio di energia azzurrina passò sibilando attraverso la coltre di fumo, e Aaron le esplose davanti agli occhi, trasformandosi in un fascio di fiamme azzurrine. Deine barcollò all'indietro, mentre il calore la investiva, e l'onda d'urto la faceva tremare. Si portò una mano alla bocca e si gettò in avanti, cercando d'ignorare l'odore pungente di carne bruciata e il corpo in fiamme del suo compagno accanto a lei. Attraversò correndo la cortina di fumo, gli occhi che le si riempivano di lacrime.

Il soldato che aveva sparato ad Aaron la vide spuntare dal banco di fumo, e non fece in tempo a colpirla: il proiettile di Deine lo centrò in mezzo agli occhi. Rapida come un fulmine, la ragazza gli prese il fucile ed alzò la testa: il camion era già in moto, ed avanzava sbandando lungo la strada, allontanandosi sempre di più dal villaggio.

Deine si alzò e imbracciò il fucile, seguendo con occhi scintillanti di rabbia il veicolo che si allontanava.

Premette il grilletto, e il raggio azzurrino schizzò stridendo dalla canna del fucile, andando a colpire il terreno ad un centimetro dalle ruote posteriori. La terra esplose, ed il camion sbandò con violenza, ora da una parte e ora dall'altra, completamente fuori controllo. Un altro colpo, e il veicolo fu proiettato in avanti e poi cadde a terra con un fragore spaventoso, rovesciandosi su un fianco.

Deine abbassò il fucile e, attraverso il fumo che le si allargava lentamente davanti agli occhi, vide altri Ribelli dirigersi verso il camion, e poté distintamente udire il colpo che uccise il conducente. Vide i suoi compagni di missione radunarsi attorno al mezzo, li sentì discutere e agitarsi, ma non vide soldati tra loro. Ce l'avevano fatta.

Fu allora che tutta la paura, tutto il dolore, e tutta la consapevolezza del pericolo appena corso le piombarono addosso in un colpo solo, e Deine cedette. Cadde a terra, in ginocchio, piegata su se stessa, i respiri che lentamente si trasformavano in singhiozzi. Le lacrime cominciarono ad accumularlesi roventi agli angoli degli occhi, e Deine si premette le mani sul viso, respirando affannosamente, cercando senza successo di calmare i battiti impazziti del cuore.

Due braccia forti la strinsero da dietro e la costrinsero a sollevarsi. Daywine. Deine si aggrappò a lui con disperazione, osservando, attraverso le lacrime, il camion circondato dalle fiamme. Poteva sentire, da lì dove Aaron era morto, l'odore rivoltante di carne bruciata. La nausea la sopraffece, e la ragazza si piegò in due, cercando di trattenere il conato di vomito.

-Shh- il braccio di Daywine la strinse più forte attorno alla vita, l'altra mano salì ad accarezzarle i capelli- Shh, basta adesso. Basta. È finita. Va tutto bene. La missione è andata bene e tu sei stata bravissima.

La condusse verso la navetta, lontano dal campo di battaglia, e fu lì che Deine diede sfogo ai singhiozzi violenti che le squassavano il petto. Ma non alle lacrime. Perché in Deine non c'era posto per il dolore, ma solo per la rabbia. Rabbia contro gli Aldermen, che avevano reso tutto questo necessario, rabbia per le loro razzie assurde, rabbia per la morte insensata di Aaron.

Mentre salivano sulla navetta che li avrebbe riportati a casa, Deine giurò a se stessa che Aaron, e tutti quelli che con lui erano morti per colpa degli Aldermen sarebbero stati vendicati. Non avrebbe mai più permesso uno scempio del genere.

Si sarebbe vendicata presto.

Molto presto.

 

Vorrei cominciare col rendere noto un particolare: prima di questo capitolo, io non ho mai descritto scene d'azione, quindi perdonatemi per la schifezza che ho tirato fuori.

E SÌ, lo so, questo capitolo è oscenamente lungo, ma serviva. Sia per raccontare la prima missione di Deine, sia per presentare finalmente quella che mio fratello chiama “L'ARMA CAZZUTA”. E a questo proposito, devo ringraziarlo moltissimo, perché è stato lui a (diciamola tutta) scrivere il pezzo della parata, e a trovarmi il nome per il termoiridio (ma il resto è tutta roba mia, vi giuro :)

Nella speranza che non vi siate suicidati per la noia a metà capitolo...

Un bacio a tutti, Saitou

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Misteri ***


Quando l'areonave che trasportava gli agenti Ribelli finalmente atterrò nell'hangar della Base, Deine era tranquilla. Era rimasta silenziosa durante tutto il viaggio, e a nulla erano valsi i tentativi di Daywine di scuoterla dalla sua meditazione.

Atterrarono, le porte della navicella si aprirono con un sibilo, e Deine scattò fuori dall'aeronave praticamente con un balzo, ignorando la mano di Daywine che cercava di trattenerla. Nel momento stesso in cui pose piede a terra, i suoi occhi incontrarono quelli di Redhent e Vale, in piedi di fronte a loro nell'hangar. Accanto a loro, Ariadne, che nel momento in cui gli occhi di Deine incrociarono i suoi, le si gettò addosso con un grido.

-Stai bene, stai bene?- continuava a ripeterle, mentre le stringeva il collo in una stretta convulsa.

Deine ricambiò a malapena l'abbraccio, esausta. -Sì- esalò- sto bene.

Alzò lo sguardo, e vide Derrick venire verso di loro, il volto stranamente pallido e teso. -Che cos'è successo?- le chiese- Ero in collegamento radio con Aaron, e poi, improvvisamente, la comunicaziome si è interrotta. Che è successo? È andato storto qualcosa?

-La missione è andata bene- fu Daywine a parlare, scendendo dalla navicella. Ariadne lasciò subito Deine e corse ad abbracciare anche lui.

Vale volse immediatamente gli occhi verso di lui. -E allora cos'è successo?

Daywine strinse le mani sulle spalle di Ariadne, che stava ancora abbracciata a lui, come a cercare di prenderne forza. -Aaron è morto- rispose con voce secca.

Ariadne fece un passo indietro e si portò una mano alla bocca, gli occhi spalancati e pieni di lacrime; Derrick scosse la testa; Redhent sospirò pesantemente; Vale non lasciò trasparire nessun dolore. Nello sguardo che rivolse a Daywine, per la prima volta, la superficie immobile dell'iride blu era agitata da un'emozione: rabbia pura.

Tuttavia, quando parlò, la sua voce era calma e controllata, come sempre. -Andate a ripulirvi e a mangiare. Poi ci ritroveremo a fare rapporto- lanciò uno sguardo duro a Daywine- Siete riusciti a recuperare il carico del camion?

-Sì- rispose Daywine, che sembrava pesantemente a disagio- più un altro paio di cose che credo t'interesseranno.

-Fate portare tutto in Sala Comando- ribatté allora Vale, girando i tacchi ed uscendo a grandi passi dall'hangar.

Redhent lo seguì con lo sguardo, preoccupato, quindi si rivolse a Daywine con espressione improvvisamente severa:- Che cos'hai combinato stavolta, Daywine?

-A giudicare da quel che mi stava dicendo Aaron prima di perdere il collegamento, deve averne fatta un'altra delle sue- intervenne Derrick, sarcastico. Scherzava, ma non più di tanto.

Redhent scosse la testa, quindi sospirò. -Adesso andate a risistemarvi, poi ne parleremo al momento di fare rapporto- disse, quindi lasciò anche lui l'hangar.

Nel suo alloggio, Deine si diede una ripulita, valutando le conseguenze della battaglia: non aveva ferite gravi, ma lì dove il calcio del fucile l'aveva colpita, si stava allargando sul bicipite un grosso livido violaceo, che pulsava dolorosamente.

Quando raggiunse la Sala Comando, Daywine era già presente, insieme con tutti gli altri. Il motivo della loro missione, ovvero una parte del carico rubato al camion, era poggiata sul tavolo: si trattava di un blocco di Cristallo di forma quadrangolare di dimensioni medie.

Questo Cristallo, però, era diverso, e Deine se ne accorse subito: l'energia al suo interno non era tranquilla come quella che brillava, per esempio, nel frammento di Ariadne. L'energia all'interno di questo Cristallo era irrequieta, si agitava tra le sfaccettature del blocco in lampi violenti ed improvvisi, dai colori accesi ed innaturali. La luce emessa dal blocco a tratti era flebile, a tratti era esplodeva improvvisamente, illuminando la stanza di un bagliore azzurrino, e a quegli scoppi una strana vibrazione pareva percorrere l'aria. Accanto al cubo di Cristallo, era posato il misterioso fucile con cui Deine aveva sparato.

Daywine era in piedi di fronte al tavolo a cui sedevano Redhent e Vale, e Deine gli si mise accanto, percependo tutto il suo dolore e tutto il suo disagio. Gli pose una mano sul braccio e Daywine le lanciò un sorriso.

-Fai rapporto- disse Vale.

Come quel giorno di quasi quattro mesi prima, Daywine espose il suo rapporto con parole secche e chiare, senza pause, e senza guardare in faccia i suoi interlocutori. Deine intervenne di tanto, colmando le lacune su quegli avvenimenti a cui Daywine non aveva assisti, sotto lo sguardo tornato gelido ed impenetrabile di Ethan Vale.

Quando entrambi ebbero finito, nella Sala Comando calò il silenzio. Poi Vale parlò, e le sue parole calarono sui due ragazzi come una frusta gelida.

-È sorprendente vedere- commentò- come le mie parole continuino puntualmente a cadere nel vuoto.

Daywine alzò la testa, gli occhi fiammeggianti, ma Vale lo interruppe prima che potesse parlare. -Nonostante tu sia stato addestrato a valutare i pro e i contro di qualsiasi azione prima di intraprenderla, continui a lanciarti a testa bassa nella battaglia, incurante dei tuoi compagni e della tua missione. Perché dovrei darti fiducia, dimmi, quando continui a comportarti come un ragazzino immaturo alla sua prima battaglia?

Poi si volse verso Deine:- E tu- disse.

Deine sussultò. -Io?- chiese.

-Sì, tu. Ti era stato chiesto di tenerlo d'occhio.

Negli occhi di Deine passò un lampo metallico, e la ragazza rispose con voce piena d'irritazione: -Daywine ha diciassette anni, ormai, signore, e non obbedisce nemmeno a suo padre, quindi perché dovrebbe dare retta a me?

-Proprio perché tu non sei suo padre- intervenne Redhent con un sospiro, lanciando a Daywine un'occhiata strana. -Ma credo che non sia questo il momento di rimproveri e di recriminazioni. Piuttosto, vedete di mostrarci quello che avete trovato.

Deine annuì, grata di quell'intervento, e allungò verso di lui il fucile posto sul tavolo. -Questo era in dotazione ai soldati che abbiamo affrontato- spiegò- Non è un fucile normale. È in grado di sparare un raggio d'energia di singolare potenza ed ha ucciso Aaron in un secondo. Mi è... praticamente esploso davanti agli occhi.

Vale si sporse e lo prese, esaminandolo con lo sguardo. Lo aprì con uno scatto secco, e nei suoi occhi passò un lampo di sorpresa, mentre con estrema cautela sfilava qualcosa dal caricatore.

-Questa non me l'aspettavo- commentò, tendendo la mano perché tutti potessero vedere cosa vi teneva: un frammento di Cristallo di circa dieci centimetri di lunghezza, di forma rettangolare, ancora grezzo, e non raffinato come quello che di solito usciva dalle Cave.

Tutti lo osservarono, incuriositi.

-Che cosa significa?- domandò Ariadne.

-Significa che il nostro Hostel ha deciso di renderci la vita complicata- Vale lanciò il frammento di Cristallo in aria e lo riprese al volo, quindi lo passò a Redhent, che prese a rigirarselo tra le dita con aria concentrata.

-Ha deciso di fornire al suo esercito delle armi caricate con del Cristallo- commentò quest'ultimo, stupito. -Sapevo che era possibile una cosa del genere, ma non l'avevo mai vista messa in pratica. Evidentemente, con la sua sperimentazioni Hostel è andato più avanti di quanto pensassimo.

-Forse non così avanti, Jaywine- ribatté Derrick, intento ad esaminare il fucile- A giudicare da quel che ci ha raccontato Deine, queste armi mi sembrano piuttosto instabili. Se ogni colpo genera lividi di quel tipo, ben presto i soldati dell'esercito degli Aldermen si ritroveranno monchi.

-Credo che queste armi non siano altro che dei prototipi, passibili di modifiche nel tempo- commentò Vale, accavallando le gambe. Aveva un'espressione tesa, concentrata.

-È possibile che Hostel abbia semplicemente deciso di verificare quanto è “andato avanti”, come dite voi, e non mancherà molto prima che si accorga di quegli stessi difetti che ha notato Derrick e che decida di provvedere. Il che significa che in capo a qualche mese ci ritroveremo davanti armi molto più sofisticate e precise.

-Beh, mi sembra ovvio- ribatté Derrick- Dopotutto, che gusto c'è a fare i ribelli, se il tuo oppressore non è infinitamente più equipaggiato, cattivo e pericoloso di te?*

Deine chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e si voltò di scatto verso di lui. -Derrick, c'è in tutta la terra qualcosa che prendi sul serio, a parte te stesso?

-Me stesso?- Derrick la guardò alzando un sopracciglio- Ma la prima cosa che non prendo sul serio è proprio me stesso, tesoro.

Deine lo osservò, quindi sbuffò e scosse la testa, soffiandosi una ciocca via dalla fronte.

-Bene, Hostel sta progettando delle nuove armi, e questo lo abbiamo appurato- intervenne nel frattempo Redhent. I suoi occhi si appuntarono sul blocco di Cristallo poggiato sul tavolo. -Ma tutto questo cosa avrà a che fare con il Cristallo che abbiamo qui?

-C'è un solo modo per scoprirlo- ribatté Vale, spingendo indietro la sedia.

Pochi minuti dopo, il nuovo Cristallo si trovava nella stessa stanza in cui una volta avevano controllato la presenza di Potenziale di Deine, assicurato alla piccola colonna in metallo posta sul pavimento.

Derrick accese gli schermi sulla parete, quindi cominciò a muovere velocemente avanti e indietro le dita lungo la tastiera. Sullo schermo nero si allungò una luminosa linea rossa, per il momento piatta.

-E adesso, vediamo un po' cosa sai fare, bellezza- sussurrò Derrick, e premette un tasto.

In concomitanza con gli scoppi irregolari che animavano l'interno del Cristallo, il diagramma presente sullo schermo cominciò ad agitarsi e contorcersi, i livelli che salivano e scendevano ad una velocità incoerente. Uno strano crepitio risuonò nella stanza, e poi, senza alcun preavviso, lo schermo si spense.

-Uoh, uoh- esclamò Derrick, cominciano convulsamente a premere tasti- Niente scherzi, dolcezza, cosa diavolo sta succedendo?

Premette più volte un tasto rosso accanto allo schermo, ma quello non si accese.

-Non credo che così ricaverai niente, Derrick- intervenne improvvisamente Redhent. -C'è qualcosa nel Cristallo, che interferisce con i tuoi macchinari. A questo punto, credo proprio che dovremmo passare ai vecchi metodi.- Dicendo questo, l'uomo si fece più vicino al Cristallo.

-Redhent, che cosai stai dicendo?- ribatté Vale, improvvisamente teso.

-Se riesco a entrare in contatto con l'energia di quel Cristallo, forse potrò capire qualcosa sui cambiamenti che ha subito la sua natura- rispose Redhent.

-L'idea non mi piace.

Redhent scosse la testa e gli lanciò un sorrisetto. -Il mio Potenziale è praticamente nullo, Ethan. Non credo che il Cristallo reagirà a quel poco che ho.

Così dicendo, Redhent si mise davanti al Cristallo e vi pose la mano. Prese un profondo respiro quindi chiuse gli occhi, il viso che si faceva intensamente concentrato.

Per qualche istante non accadde nulla. Poi, improvvisamente, la luce all'interno del Cristallo, che fino a pochi secondi prima si era quieta, sfolgorò con un bagliore accecante. Un raggio azzurrino partì direttamente dal centro del blocco e colpì Redhent in pieno petto, scagliandolo contro il muro.

-Papà!- gridò Ariadne, ma Vale era già scattato. S'inginocchiò accanto al suo compagno e con cautela lo stese sulla schiena. Redhent aveva gli occhi chiusi e il viso pallido, ma respirava.

-Che nessuno tocchi quel Cristallo- la voce gelida di Vale risuonò insolitamente forte nella stanza. -Ariadne, esci immediatamente di qui. Il Cristallo potrebbe reagire al tuo Potenziale.

-Ma...

-Ho detto esci.

Ariadne lanciò uno sguardo sperduto a Daywine quindi uscì frettolosamente dalla stanza.

Dal pavimento, Redhent aprì gli occhi e respirò profondamente.-Ok- commentò, con voce improvvisamente affaticata- questa decisamente non me l'aspettavo.

Con movimenti lenti e impacciati, si mise a sedere, appoggiandosi al petto di Vale. Il volto era pallido, il respiro leggermente affannoso.

-Fai rientrare pure Ariadne, Ethan.- Continuò, con una smorfia di dolore- Non mi avvicinerò più a quel Cristallo.

Vale fece un cenno col capo a Daywine e questi aprì la porta, facendo un cenno ad Ariadne, la quale rientrò con il viso rigato di lacrime.

-Papà, che cosa è successo?- domandò.

-Adesso vi spiego tutto, tesoro, tranquilla- mentre parlava, Redhent fece per mettersi in piedi, ma il braccio di Vale scivolò intorno alle sue spalle e le strinse in una morsa di ferro.

-Non muoverti- gli intimò.

Redhent gli lanciò un'occhiata leggermente irritata. -Sto, bene, Ethan, sul serio.

-Questo lo decido io. Aspettare qualche minuto in più non ci farà grande differenza.

Redhent aprì la bocca per protestare, poi sorrise.

Circa cinque minuti dopo, erano di nuovo riuniti nella Sala Comando, e Redhent si era completamente ristabilito.

-L'energia all'interno di quel Cristallo è estremamente instabile- iniziò a spiegare- Hostel ha cercato di modificare la potenza e il ricambio del flusso di radiazioni al suo interno, ma in questo modo ha ottenuto solo di...

-Se vedessi di aggiungere anche la versione per noi profani, Redhent, te ne saremmo tutti molto grati- lo interruppe Derrick.

Redhent annuì. -Per fare sì che capiate, dovrò spiegarvi dall'inizio come funziona l'energia contenuta all'interno del Cristallo. Per quelli di voi che già lo sanno sarà noioso, ma vi chiedo di avere un po' di pazienza.

Appoggiò le mani sul piano del tavolo, e il suo tono si fece quasi didattico.

-Ogni frammento di Cristallo contiene al suo interno un determinato quantitativo di energia, che non dipende sempre dalla sua grandezza. Come vi ho già spiegato una volta, individui dotati di un Potenziale particolarmente sviluppato possono compiere grandi incantesimi anche con un Cristallo di dimensioni modeste. Ma attenzione- esclamò, alzando le mani- l'energia all'interno del Cristallo è limitata, e col tempo inizia a diminuire, fino a scomparire. A quel punto, il Cristallo diventa inservibile, e non c'è modo di riutilizzarlo. Quindi, coloro che hanno il Potenziale, come Ariadne, gli Aldermen, e anche io fino a qualche tempo fa, hanno bisogno di ricambiare continuamenti il loro frammento di Cristallo, specialmente dopo incantesimi particolarmente importanti.

-Quindi, anche il Cristallo all'interno delle nuove armi ha bisogno di essere continuamente ricambiato- intervenne Derrick.

Redhent annuì. -Probabile, a meno che non abbiano trovato qualche altro metodo per ricaricarlo. Ora- e qui i suoi occhi si fecero concentrati- l'energia all'interno di quel Cristallo non è normale. È instabile, e reagisce anche alla presenza di un Potenziale estremamente povero come il mio. Questo significa che è stata manipolata, ma non so a quali fini.

A quelle parole, Deine aggrottò la fronte e si volse a Daywine. -Aspetta- mormorò- Il giorno della visita degli Aldermen, Dodgers disse che il problema più grande nella manipolazione del Cristallo stava nel creare un Cristallo in grado di rigenerare autonomamente la sua energia, ricordi?

Daywine annuì- Sì, ora che me lo dici, ricordo una cosa del genere.

Redhent rivolse a Deine uno sguardo di approvazione. -Questa è senza dubbio l'ipotesi più probabile. Evidentemente, Hostel sta cercando di creare un Cristallo che non esaurisca la sua energia. Quel che non capisco è il perché di un esperimento del genere.

-Non può essere che semplicemente Hostel stia cercando di trovare un modo per riutilizzare il Cristallo, senza doverne sempre estrarre di nuovo?- obbiettò Vale.

Redhent scosse la testa. -Segui il mio ragionamento, Ethan- ribatté con una lieve sfumatura d'impazienza nella voce- Hostel non avrebbe bisogno di una cosa del genere. Hai idea di quanto Cristallo le Cave riescano a produrre al giorno, e di quante ancora siano le miniere inesplorate? Se anche il Cristallo prima o poi dovesse finire, questo sarà un problema di cui si dovranno occupare i i figli di Hostel. No, non funziona.

Dopo quelle parole, calò il silenzio, durante il quale ognuno si trovò a riflettere su quanto avevano appena appreso.

-Bene, adesso sappiamo tutto questo- disse Daywine alla fine. -Quindi, che facciamo?

-Per il momento, nulla- rispose Redhent. -Possiamo solo aspettare, e vedere se questi esperimenti vanno avanti.

Negli occhi di Daywine passò un lampo di rabbia, e le sue mani strinsero con forza il bordo del tavolo. -Certo- proruppe con voce disgustata- Aspettare, aspettare e vedere. Gran bel piano. Non sai dire altro?

-Gettarsi a testa bassa contro il nemico senza nemmeno sapere contro chi o cosa stiamo andando a sbattere. Piano ancora migliore- lo gelò Vale. La sua voce era diventata di colpo più dura, come ogni volta che si trattava di prendere le difese di Redhent.

Daywine si volse a lui di scatto, gli occhi lampeggianti. -Ovviamente- ribatté con voce ancora più disgustata. -Vi date sempre ragione a vicenda. Siete disgustosi.

Nelle pupille di Vale brillò un lampo minaccioso. -Non prendertela con tuo padre semplicemente perché hai bisogno di sfogare su qualcuno la rabbia per il tuo fallimento. Entrambi conosciamo la guerra da abbastanza più tempo di te da saper valutare quando è il momento di agire. Ragionamento che tu evidentemente ancora non sei in grado di fare.

-Ma per favore!- replicò Daywine- Voi due ormai non siete altro che relitti di un tempo passato che hanno concluso il loro corso e che adesso stanno qui a marcire. Cosa avete fatto di utile per questa guerra?

-Oh, questa è forte- sussurrò Derrick.

La mascella di Vale si serrò e la sua mano scivolò sull'elsa della spada. -Fossi in te, misurerei bene le parole- sibilò con voce minacciosamente calma.

-Oh, adesso basta!- sbottò Redhent, e per la prima volta da che Deine ricordava, sembrava veramente arrabbiato. Si rivolse a Vale: -Molla quella spada e piantala di fare l'idiota- gli ringhiò.

Vale lasciò di scatto la spada, e l'uomo posò sul compagno uno sguardo stupefatto. -Idiota io?- replicò.

-Sai qual'è il problema, Ethan?- ribatté Redhent- Vi comportate entrambi da adolescenti immaturi, con l'unica differenza che Daywine è un adolescente. È troppo chiederti di fare l'adulto?

-Non sono io l'immaturo.

-Oh, questo è certo- sibilò Redhent con pesante sarcasmo, prima di rivolgersi a Daywine:- E tu, piantala di pestare i piedi come un bambino viziato- gli disse- Mettiti in testa, una volta per tutte, che ai nostri occhi sei un ragazzino e che ancora devi sottostare al giudizio di chi ne sa più di te.

Daywine aprì la bocca per replicare, ma Redhent si alzò e uscì a grandi passi dalla stanza, sbattendo la porta.

Vale lo seguì con lo sguardo, poi lanciò un'occhiata di puro gelo a Daywine e si alzò, seguendo l'altro fuori dalla stanza.

Nella Sala Comando calò il silenzio. Tutti gli occhi si puntarono su Daywine, pieni di accusa.

-Beh, che volete?- ribatté lui sulla difensiva. -Avevo ragione io.

-Contaci, Daywine- rispose Derrick- Contaci.

 

Redhent camminò a lungo per smaltire la rabbia, finché non giunse alla soglia della Palestra. Lì si fermò e si passò una mano sugli occhi, cercando di calmarsi. Odiava perdere la calma, sopratutto con uno dei suoi figli o con Ethan. Ma questa volta non aveva davvero potuto assistere impassibile all'ennesimo litigio di quei due.

E poi c'era il dolore, che tornava a riaccendersi in un angolo remoto della sua anima. Perché Redhent sapeva, in fondo, che tutta la rabbia di Daywine non aveva che una causa. In ogni parola di disprezzo, in ogni sua singola esplosione, Daywine si rivolgeva a lui e gli lanciava la stessa, identica accusa.

Non mi perdonerà mai, pensò con tristezza.

Fu così che, quasi involontariamente, la sua mente ritornò a quel lontano giorno di dieci anni prima, quel lontano giorno in cui aveva perso tutto quello che per lui contava: i suoi poteri e sua moglie.

 

-Forza, Jaywine! Non abbiamo tanto tempo!

Redhent si ferma e con gli occhi fruga il buio attorno a lui, cercando sua moglie. La individua poco dopo: è accovacciata davanti al portone del magazzino, intenta a scassinarlo.

-Muoviti!- gli sussurra lei, senza staccare gli occhi dal suo lavoro.

Con movimenti agili e silenziosi, Redhent si porta accanto a lei e si inginocchia al suo fianco. Con un scatto, la serratura finalmente si apre.

-Fatto!- esulta Gloria, scostandosi una ciocca di capelli neri dal volto. Si alza con un movimento fluido e s'intrufola all'interno del magazzino.

Redhent la segue, ma non è tranquillo come lei. Qualcosa, nella segnalazione che è arrivata alla Base poche ore prima, gli puzza di bruciato. Un magazzino situato poco distante dal loro quartier generale, pieno di armi e informazioni utili, e completamente abbandonato. Troppo veloce e troppo facile. Ci dev'essere qualcosa sotto, ed è proprio per questo che Redhent ha accettato di affiancare sua moglie. Senza contare che non potrebbe mai lasciarla sola: Gloria è troppo entusiasta, troppo impulsiva, e senza lui a sorvegliarla commetterebbe sicuramente qualche sciocchezza.

-Forza, Jaywine!- gli sussurra lei con un sorriso-Lo sapevo che avrei dovuto sposare un uomo più giovane!

Redhent accenna un sorriso e la raggiunge. Gloria è di fronte ad un'altra porta, che forza con facilità. -Qui è dove dovrebbero essere custodite le armi- sussurra, prima di scivolare al suo interno.

All'ultimo, Redhent le prende il braccio e la attira verso di sé. -Stai attenta- le dice, prima di baciarla rapidamente sulla bocca.

Lei sorride contro le sue labbra, poi sguscia dalla sua presa e si addentra nel buio.-Non fare il menagramo, Jaywine.

Redhent la segue, e, improvvisamente, il buio del magazzino viene squarciato dal potente bagliore delle luci al neon. L'uomo barcolla, e si porta una mano al viso, infastidito.

È in quel momento che la sensazione di pericolo che lo attanaglia si fa più forte, e Jaywine sente una morsa di ghiaccio stringergli le viscere. D'un tratto, sente di essere osservato.

-Gloria, attenta!- urla con tutta la voce che ha in gola.

Troppo tardi.

Le porte del magazzino si aprono e vomitano soldati che li circondano, le armi puntate. Gloria, che era qualche passo avanti a lui, si ferma e si mette in posizione di combattimento.

Redhent alza una mano, il Cristallo sul suo petto brilla, e una barriera lucente si allarga attorno a lui e sua moglie. Contro di essa, i proiettili s'infrangono come schegge di vetro e Gloria può scagliarsi in avanti e falcidiare i soldati, precisa e letale.

Uno schiocco di dita, e un cerchio di fiamme azzurrine si allarga a partire dai piedi di Redhent per scagliare lontano le file di nemici. L'uomo fa un passo avanti per aiutare sua moglie e scaglia un altro raggio nella mischia, uccidendo il soldato che stava per colpirla.

-Forza, Gloria, dobbiamo andarcene!- urla, facendo per afferarla.

Una vibrazione nell'aria è l'unico avvertimento, prima che il mondo attorno a loro esploda in uno scoppio di luce azzurra. L'onda d'urto colpisce Redhent al petto con violenza inaudita e lo solleva da terra, scagliandolo tre metri più in là. L'impatto col suolo è doloroso, ogni singolo osso del corpo protesta.

A fatica, Redhent si mette seduto, e vaga con gli occhi lungo il magazzino. Nell'aria c'è una strana puzza di bruciato, e attorno a lui alcuni soldati giaccioni carbonizzati. Poco distante da lui, c'è Gloria, distesa a terra, col fiato mozzo.

Redhent si concede di esultare per un istante appena, poi alza lo sguardo, e quello che vede gli spezza il fiato in gola.

-No- riesce solo a mormorare.

Di fronte a lui, Vara plana lentamente e atterra con delicatezza, le ali che si chiudono con un fruscio. Si raddrizza con eleganza e rivolge a Redhent un sorriso tanto splendido quanto crudele.

-Salve, Jaywine Redhent- dice con voce trillante- Per il mio signore sarà un piacere apprendere della tua morte.

-Non ne dubito- ringhia Redhent a voce bassa. -Meno contento sarà della tua.

Le scaglia contro un raggio di energia, e Vara lo para con la stessa noncuranza con cui scaccerebbe una mosca. Non ha nemmeno bisogno del Cristallo.

-Andiamo, Redhent- prorompe con voce sprezzante- Uno come te saprebbe sicuramente fare di meglio.

Fa un passo verso di lui, e il suo piede urta il fianco di Gloria. Vara abbassa lo sguardo. La donna è distesa di fronte a lei, il petto che si alza e si abbassa affanosamente, le mani unite a comprimere una ferita sullo stomaco.

-Ma guarda un po' chi abbiamo qui?- Vara si china e con la punta del piede rigira Gloria sulla schiena. -Beh, tutto mi sarei aspettata,meno che ti portassi dietro l'amata mogliettina. Poco male. Di certo sarà molto divertente giocare con lei.

A quelle parole, il panico afferra Redhent in una morsa gelida, e lui chiama a sè tutta l'energia del suo Cristallo. Il Potenziale fuoriesce dalle sue mani in lampi e flussi colorati, che convergono tutti su Vara, facendo vibrare l'aria con la loro potenza.

Sotto quell'attacco, la Guardia del Primo Aldermen per un secondo vacilla, poi improvvisamente si drizza, e con un movimento delle braccia spezza la gabbia scintillante che il potere di Redhent aveva creato attorno a lei. Il suo attacco colpisce l'avversario con violenza e lo fa vacillare, ma l'uomo riesce a rimanere in piedi.

-Avanti, Jaywine Redhent- sibila Vara, il viso distorto da un ghigno- Non vorrai davvero lasciar morire la tua amata così?

Estrae la spada che porta legata alla cintura e la alza sopra Gloria, preparandosi a sferrare il colpo mortale.

In quel momento, Redhent non può più ragionare.

La sua mente viene riempita da un unico, martellante pensiero: salvare sua moglie. E allora alza le braccia e chiama a raccolta tutto il suo potere. Sente il Cristallo reagire al suo richiamo, sente la sua energia fluire in lui come un fiume caldo e inarrestabile, che riempie e scalda ogni singola cellula del suo corpo.

Ed è allora che accade.

Qualcosa, dentro di lui, si rompe.

E il potere fluisce libero, senza controllo.

Redhent ne viene investito, sente il potere esplodere incontenibile dal suo corpo e divorarlo, bruciandolo all'interno. Tenta di fermarlo, di contenerlo, ma è come arginare un fiume in piena: l'energia non gli risponde, prosegue inarrestabile.

Il potere fuoriesce con un boato assordante e la luce avvolge ogni cosa, bianca e accecante. Il fuoco sembra divorare tutto, persino l'aria, mentre gigantesche crepe si aprono nei muri del magazzino e la struttura stessa trema fin dentro il suo centro.

Poi, improvvisamente com'è venuto, tutto finisce. La luce si dissolve, l'energia lentamente diminuisce. L'ultima scintilla di potere scompare da dentro di lui.

Redhent cade in ginocchio, e lì rimane, ansimando. Si sente svuotato, come se improvvisamente tutta la vita gli fosse stata strappata dal corpo. Non ha più energie, non ha più nulla. Il sangue gocciola sul pavimento dalla bocca e nel momento in cui alza lo sguardo e vede il suo riflesso ad una finestra, Redhent sente fermarsi il cuore: i suoi capelli, da rossi, sono diventati completamente bianchi.

Cerca di sollevarsi, ma il corpo non lo sorregge, e cade a terra. Alza lo sguardo e la vede: Vara avanza barcollante verso di lui, l'uniforme bianca lacera e sporca, il viso attraversato da numerosi graffi, le ali spettinate, e il sangue che cola da uno squarcio sul fianco.

-Ma che bravo, Jaywine Redhent- stride, portandosi una mano alla ferita. -Ma ormai non hai più nulla- abbassa lo sguardo, e davanti a lei c'è Gloria, ancora viva. -E quel poco che hai, non ci vorrà molto a portartelo via.

Sotto gli occhi inorriditi di Redhent, estrae la spada e colpisce. Un affondo secco, e Gloria sussulta. Poi non si muove più.

Redhent vorrebbe urlare, ma non ha più voce. Vorrebbe alzarsi, ma non ha forze. Non può fare niente, solo osservare quello che è appena successo con occhi pieni d'orrore.

Vara alza lo sguardo, e i suoi occhi incontrano quelli di Redhent con uno sguardo quasi di pietà. -Non vale la pena ammazzarti, Jaywine Redhent- sussurra-Vivi, per quello che può dare la vita a uno come te, ormai.

Flette la schiena, poi con un potente battito d'ali si solleva in aria e con eleganza si alza in volo, uscendo da una finestra.

Passano pochi minuti, poi, con le poche forze rimastegli, Redhent si trascina stancamente verso il corpo della moglie. La scuote, la chiama, ma ormai non c'è più nulla che possa fare.

E allora stringe il cadavere di lei tra le braccia e piange.

Ha ragione lei, pensa con disperazione, non ho più nulla.

 

Redhent chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, cercando di arginare le lacrime. A quell'epoca, la disperazione era stata tanta, ma per fortuna Vara aveva avuto torto: non aveva perso tutto. Aveva ancora la sua missione da portare avanti, aveva i suoi figli, e sopratutto Ethan , che aveva definitivamente lenito quella ferita.

Eppure, in parte, il dolore c'era ancora. Perché era stata quella morte a causare il divario incolmabile tra lui e Daywine, quel divario che cresceva giorno dopo giorno, creato dalla convinzione del ragazzo che lui non fosse stato in grado di proteggere sua madre. Ed era stata quella morte ad alimentare in suo figlio la rabbia che lo caratterizzava, che lo faceva soffire e che trovava sfogo solo nei campi di battaglia. E Redhent avrebbe voluto lenire quella rabbia, avrebbe voluto alleviare la sofferenza del figlio, che era anche la sua, ma non trovava modo. Daywine gli lasciava tutte le porte chiuse.

Il suono di passi misurati dietro di lui lo distolse dalle sue riflessioni, poi delle braccia lo avvolsero da dietro e lo strinsero. Redhent chiuse gli occhi.

-Mi dispiace per prima- sussurrò, sempre con gli occhi chiusi. Non aveva bisogno di guardare per sapere chi era. -Non avrei dovuto urlare.

-Non è colpa tua- ribatté Vale, col mento appoggiato alla sua spalla. -Avevi ragione tu. Siamo stati entrambi immaturi.

-Dovresti cercare di capirlo, Daywine, sai- continuò Redhent- È un ragazzino, non capisce quando è il caso di controllarsi.

-Questo l'avevo notato.

-Ma tu non dovresti dargli corda.

Vale sospirò, quindi indietreggiò di un passo e prese Redhent per le spalle, costringendolo a girarsi. -Farò del mio meglio-promise.

Redhent sorrise e lo baciò leggermente sulla bocca. -Bravo- sussurrò. Quindi si volse e si avviarono insieme verso la Sala Comando.

 

Catcher: 'Cause you'll be in my heart, yes, you'll be in my heart, from this day on,now and forever more...

Ehm, sì... ehm, ok, d'accordo, tutto quello che vuoi, adesso levati però...

Catcher: E la ragazza muore, e la ragazza muore... e la ragazza muo-o-o-o-ooreee!!

Sì, va bene, abbiamo capito che Gloria non ti piace. Non piace nemmeno a me, del resto. Anzi, mi sono divertita a scrivere della sua morte.

Salve a tutti, amici e vicini!

No, tranquilli, non sono diventata improvvisamente schizofrenica. Quella che si è appena introdotta nel MIO angolo d'autore è la mia gemella Catcher, che condivide con me l'account. Ero riuscita a tenervela nascosta fino a questo punto, ma ormai l'avete conosciuta, e da adesso in poi la pace vi sarà negata.

Catcher: E a differenza di voi altri lettori, conosco tutti i retroscena. E io godo, godo, godo.

Catcher, o ti levi o ti levi.

Comunque.

Mano a mano che si va avanti, la lunghezza dei capitoli aumenta, ma non posso farci niente, visto che ho tanti avvenimenti da narrare, e non so dove metterli.La scena pucciosa tra Redhent e Vale alla fine, inoltre, ci ANDAVA messa, perché io adoro quei due come coppia, e fino ad adesso si sono visti poco. E poi, diciamocelo, io odio la moglie di Redhent, quindi ho dovuto equilibrare il momento d'affetto che c'era tra loro.

Non suicidatevi per la noia, vi prego, non voglio morti sulla coscienza.

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Decisioni importanti ***


Erano passate circa due settimane dalla prima missione di Deine, quando l'agente della Resistenza di nome Soale irruppe improvvisamente nella Sala Comando, di ritorno da tre settimane di missione.

Alta e robusta, con la carnagione scura e i lineamenti marcati perennemente atteggiati ad un'espressione accigliata, era uno degli agenti più anziani e più abili che i Ribelli avessero mai reclutato tra le loro fila: unitasi alla Resistenza fin dalla sua fondazione, era nota per il suo carattere scorbutico e per la notevole abilità in battaglia. Inoltre, alla Base non costituiva un mistero per nessuno il fatto che Soale fosse innamorata di Redhent, e che questo costituisse uno dei principali motivi dell'antipatia esistente tra lei e Ethan Vale.

Ma, quel giorno, ne' Redhent ne' Vale erano presenti in Sala Comando, e nel notare la loro assenza, le sopracciglia di Soale si aggrottarono. -Dove sono i comandanti?- domandò con voce secca e brusca.

-Non ci sono- Derrick le rispose senza nemmeno voltarsi, gli occhi fissi sullo schermo del computer di fronte a lui. -Sono a fare non so cosa, non so dove.

Soale lo fissò con gli occhi neri e penetranti, registrando, nel frattempo, l'identità delle altre persone presenti nella Sala: Ariadne era seduta con le gambe ciondoloni sul bordo del tavolo, alla sinistra di Derrick; Deine e Daywine, in piedi in un angolo, avevano bruscamente interrotto la loro conversazione per portare gli occhi su di lei.

-Ho bisogno di parlare con almeno uno dei due- replicò.

-Te l'ho detto, non ci sono- Derrick ruotò la poltroncina girevole e si voltò a guardarla, un braccio indolentemente appoggiato al bordo della tastiera. -Però, qualsiasi cosa ti bruci in gola, puoi tranquillamente riferirla allo zio Derrick, e lui riporterà le tue confidenze a chi di dovere.

Soale lo fissò per qualche istante, quindi annuì bruscamente. -Molto bene- rispose- Alla Cava stanno iniziando i preparativi per il trasferimento.

A quelle parole, la stanza parve animarsi, come se fosse appena stata attraversata da una scarica di elettricità improvvisa: Ariadne balzò giù dal bordo del tavolo, mentre Derrick si alzava in piedi e prendeva posto al grande tavolo, imitato da Daywine.

Dal suo angolo, Deine si voltò di scatto e si avvicinò a Soale, gli occhi grigi improvvisamente ardenti nel volto diventato più affilato. -Che cosa?- le sussurrò, la voce di colpo diventata bassa e ringhiante.

-Circa cinque giorni fa, dalla Cava hanno cominciato a partire camion carichi non solo di Cristallo, ma anche di detenuti e di tutte le varie attrezzature che possono essere spostate senza particolari problemi. E a giudicare dalle voci che girano, sembra proprio che non ci siano dubbi: stanno trasferendo la Cava, e tutto ciò che contiene.

Per qualche istante, nella Sala Comando non regnò null'altro che uno stupefatto silenzio. Poi, Derrick si riscosse e si alzò, portandosi davanti ai computer, ed iniziano velocemente a digitare sulla tastiera. -Bisogna immediatamente avvertire Redhent e il capo- disse- ma non so quando potranno essere di ritorno.

-Trasferire la Cava?- mormorò Daywine, sconvolto- Ma perché?

-Non è ovvio?- ribattè Deine in tono aspro- Sanno che abbiamo trovato i fucili e che stiamo indagando sui loro esperimenti. Se il centro principale delle loro sperimentazioni è la Cava, allora stanno facendo tutto il possibile per far sì che tutto ciò che vi è collegato non ci pervenga mai. Cristallo modificato compreso.

Soale annuì rapidamente, e allora Deine si rivolse a lei, gli occhi grigi intenti e concentrati. - Sai per caso chi sorveglia i lavori adesso, alla Cava?

Un altro cenno d'assenso. -Ho avuto modo di osservare da vicino i lavori per il trasferimento. A dirigere le operazioni c'era un uomo piuttosto alto, muscoloso, con la testa rasata e una cicatrice sull'occhio sinistro.

Le sue parole parvero penetrare nel silenzio della stanza e affondare negli occhi stupefatti di Deine e Daywine. Per qualche istante, nessuno disse nulla. Deine rimase immobile, i pugni che si aprivano e si serravano spasmodicamente, il respiro che si faceva sempre più ansante. -È ancora vivo- sussurrò.

Daywine non le rispose.

L'odio divampò negli occhi grigi della ragazza e deformò il suo volto, mentre un sordo ruggito di collera le fuoriusciva dal petto. Le sue mani strinsero il bordo del tavolo e lo rovesciarono con violenza, mandando all'aria tutti gli incartamenti, mentre Deine sferrava loro calci rabbiosi. Colpì il tavolo, ancora e ancora, mandandolo con un sonoro tonfo a sbattere contro la parete.

-Deine!- gridò Ariadne, spaventata, ma fu Daywine a stringere con forza le braccia della ragazza e a tirarla via, serrandole la vita in una stretta d'acciaio. Deine gli si dibatté contro come una pazza, le gambe che continuavano a sferrare calci al pavimento, gli occhi scintillanti di furia selvaggia, mentre ringhi violenti le uscivano dai denti serrati.

-Deine, sta' ferma... sta ferma!- Daywine la strinse più forte, trascinandola al centro della stanza, lontano da tavolo e pareti.

Deine si separò da lui con uno strattone violento e cadde in ginocchio, il petto che si alzava e si abbassava affanosamente, stringendo le mani sulle ginocchia con tanta violenza da far impallidire le nocche.

-Non l'ho ucciso, Daywine- sussurrò, la voce a metà tra un ringhio e un singhiozzo. -Pensavo di averlo fatto, e invece non l'ho ucciso. È ancora vivo, quel bastardo!- sferrò un altro pugno al muro e le sfuggì un altro singhiozzo.

Gli occhi degli altri presenti si volsero verso di lei, evidentemente confusi, ma fu Derrick il primo che si riscosse. -Grazie, Soale- mormorò, rivolgendosi alla donna- Riferiremo. Adesso puoi andare.

La donna annuì con un gesto brusco e uscì dalla stanza.

-Bene, bene- continuò poi Derrick, voltandosi verso la ragazza accasciata sul pavimento- Poiché ho la leggera impressione che io ed Ariadne siamo gli unici cretini a non sapere nulla sul perché d'un tratto Deine abbia deciso di fare a pezzi i mobili, che ne dite di illuminarci?

-Il Sorvegliante della Cava, l'uomo che Deine credeva di essere riuscita a uccidere...- mormorò Daywine- è ancora vivo.

-Beh, non mi sembra che ci sia motivo di infuriarsi per questo. Uccidere una persona è sempre una brutta cosa, e quand'anche non lo fosse, si può sempre rimediare.

-Non si tratta di un Sorvegliante qualunque- sibilò Deine dal pavimento- Si tratta di Basser.

Derrick inarcò un sopracciglio. -Chissà perché, sapere il suo nome non mi illumina granché sulla natura del problema.

-È l'uomo che mi ha somministrato le cinquanta frustate e che ha torturato Daywine per due giorni quando ci hanno portato al Laboratorio- rispose Deine, la voce tremante per l'odio.

-Ed ecco a chi va il premio di Uomo dell'Anno, signore e signori- commentò Derrick.-Chi se lo accolla questo simpaticone?

Deine si rialzò di scatto e si portò davanti ai computer. -Basser è mio- nella sua voce si era insinuata una nota metallica, gli occhi erano ardenti e decisi- E questa volta non ho intenzione di sbagliare.

Si voltò di scatto verso Daywine. -Dobbiamo impedire che trasferiscano la Cava. A qualsiasi costo. Forse si aspettano un attacco in grande stile, quindi un piccolo gruppo potrebbe essere sufficiente per coglierli di sorpresa, e rubare loro i progetti.

Daywine annuì, lo sguardo concentrato. -Sì, penso che tu abbia ragione. E ora come ora, è l'unico modo che abbiamo per avere delle risposte.

-Allora dobbiamo subito cominciare ad elaborare un piano. Già sappiamo che alla Cava non ci si può infiltrare così facilmente, quindi...

-Ehi, voi, frenate un attimo- intervenne improvvisamente Ariadne. Gli occhi di tutti si volsero a lei. -Non credete di stare correndo un po' troppo? Voglio dire, d'accordo un manipolo ridotto, ma veramente pensate di riuscire a violare la Cava semplicemente in due? La vostra squadra ha bisogno di qualche altro elemento.

-Ossia?- ribatté Deine.

Il sorriso di Ariadne avrebbe fatto sembrare spento il sole. -Ma io, ovviamente.

Daywine strabuzzò gli occhi, completamente scioccato. - Tu cos...?- la voce gli morì in gola. Scosse energicamente la testa. -No. Non se ne parla nemmeno. Assolutamente e categoricamente...

-Pensaci- lo interruppe Ariadne, parlando in fretta- Ho un Potenziale immenso, e sono in grado di combattere. Potrei esservi d'aiuto, se solo mi lasciaste provare. Daywine, ti prego, io voglio fare qualcosa.

Se gli avessero proposto di tagliarsi un braccio, Daywine non avrebbe potuto avere un'espressione più scandalizzata. -Fingiamo per un secondo che nostro padre non mi leverebbe la pelle se solo osassi presentargli un'idea del genere... credi davvero che lascerei mai che la mia sorellina metta piede in un posto come la Cava?

A quelle parole, gli occhi di Ariadne s'infiammarono. -Senti un po', razza di bellimbusto- sbottò- tanto per cominciare, io non sono la tua sorellina, perché siamo gemelli ed abbiamo la stessa età; in secondo luogo, sia tu che papà dovete mettervi bene in testa che io prima o poi uscirò di qui, e non c'è nulla che possiate fare per impedirmelo.

Per i successivi cinque minuti, nella Sala Comando regnò uno stupefatto silenzio.

-Bene- intervene improvvisamente Deine. - Mettiamoci in moto. Non abbiamo il tempo di indugiare. Dobbiamo assolutamente attaccare la Cava, e costringere Dodgers a consegnarci quei progetti, in un modo o nell'altro. Metteremo tutto a ferro e fuoco, se sarà necessario.

-Oh, certo- ribatté Derrick. Era appoggiato al muro ed osservava Deine con espressione ironica. -Andiamo lì, bussiamo e gli chiediamo se ci consegnano i progetti. Se tutto ci va bene, ci srotolano il tappeto rosso davanti, e magari ci offrono pure il caffé.

A quelle parole, Deine si voltò di scatto e si scagliò verso Derrick, mollandogli un violento spintone che lo fece barcollare all'indietro. -Smettila- gli ringhiò, il viso a pochi centimetri dal suo, i lineamenti distorti da una rabbia selvaggia- Smettila di prendere tutto sul ridere, la vita non è tutta da ridere. Se tu avessi visto, se tu avessi assistito, anche solo a metà di quello che abbiamo visto io e Daywine lì alla Cava non saresti così ridanciano.

Indietreggiò di un passo, il respiro reso pesante dalla rabbia.

Derrick la fissò, e i suoi occhi si fecero stranamente freddi. Sotto gli sguardi perplessi di Daywine e Ariadne tese il braccio destro e cominciò ad arrotolarsi lentamente la manica bianca fin sopra il gomito.

Deine lo fissò. Contro la pelle color cioccolato di Derrick, spiccava chiaramente un numero in cifre azzurrine: 0349.

-Derrick...- sussurrò Deine con un filo di voce- Tu sei stato un forzato.

Alle sue spalle, Ariadne si portò di scatto le mani alla bocca.

-Spiacente di bruciarti il primato della storia più lacrimevole del mondo, Deine- ribatté tranquillamente Derrick, svolgendo la manica- ma . E al confronto del posto in cui sono stato io, la Cava che avete conosciuto tu e Daywine era un asilo.

Coprì nuovamente il numero. Davanti a lui, Deine non riusciva a parlare.

-Sai perché porto queste treccine, Deine?- continuò poi, prendendone una tra le dita. -Quando ero alla Cava, mi avevano rasato. Completamente. Ma quando finalmente ne sono uscito, ho cominciato a farmele crescere, perché avevo giurato a me stesso che non avrei mai permesso a niente e nessuno di segnarmi a vita. Potevano piegarmi, ma non sono mai riusciti a spezzarmi. -Alzò lo sguardo su di lei, e nei suoi occhi c'era qualcosa che Deine non aveva mai visto prima. -Il passato è passato, Deine. E non tornerà. Non nego che a volte ho ancora gli incubi la notte, e che il solo pensiero di ritornare in una Cava mi fa venire i sudori freddi, ma vado avanti. La vita è piena di cose per cui vale la pena ridere, e tutto sommato, lo trovo meglio che piangermi addosso per qualcosa che non posso cambiare.

-Derrick, io...- Deine scosse la testa. -Mi dispiace.

Derrick la fissò per qualche istante, poi la bocca gli si aprì in un sorriso che fece brillare i denti candidi contro la pelle scura. -Ma non fa niente! Amici come prima!- le gridò, stringendola in un abbraccio poderoso.

Quando Deine si fu staccata, con un certo imbarazzo, Derrick si rivolse agli altri ragazzi.

-Allora, lo prepariamo o no, questo piano?

-Cosa?- Daywine gli lanciò uno sguardo sorpreso. -Vuoi dire che tu vieni con noi?

Derrick sospirò. -Sembra che qualcuno dovrà tenere un occhio su voi teste calde, e dato che ho dieci anni più di voi, nonché una certa esperienza, credo proprio che toccherà a me assumermi l'ingrato compito.

Si voltò verso Deine. -Allora?- le chiese con un gigantesco sorriso- Cominciamo?

 

Il piano era semplice: una volta arrivati alla Cava, il gruppo composto da Deine, Derrick, Daywine e Ariadne si sarebbe infiltrato alla Batteria. Lì, con l'aiuto di Ariadne, Derrick avrebbe violato i computer della Cava, e avrebbe cercato tutte le informazioni possibili sull'ubicazione dei progetti. Dopodiché, avrebbe attivato l'allarme e liberato i forzati, distraendo così l'attenzione dei sorveglianti e permettendo a Deine e Daywine di infiltrarsi nel Laboratorio in mezzo al caos generale.

Quando finalmente Redhent e Vale furono tornati alla Base, fu Deine ad esporre il piano, in piedi di fronte a loro nella Sala Comando. Fu semplice e concisa, e non appena ebbe finito, tornò subito a sedersi.

Fu Vale il primo a parlare dopo qualche istante di silenzio. -Il piano sembra funzionare- commentò- ed effettivamente non vedo altro modo di mettere le mani su quei progetti. Tu che ne dici, Redhent?

Il volto di Redhent era diventato improvvisamente duro. -Assolutamente no.

Vale si voltò di scatto a guardarlo. -Cosa?

-Papà?- replicarono, sorpresi, Daywine e Ariadne.

Redhent si alzò e prese a camminare in giro per la stanza,negli occhi un principio di rabbia. -È un piano con troppe incognite. Non c'è possibilità che funzioni.

-Tutti i piani hanno delle incognite, Redhent- ribatté Vale

-Questo è troppo rischioso- ribadì Redhent. -Attaccare la Cava è fuori discussione. Non siete in grado.

Vale cominciava a manifestare chiari segni d'irritazione. -Se ragionassimo così, non concluderemo mai nulla.

Redhent si voltò di scatto verso di lui. -Come puoi anche solo prendere in considerazione un'idea del genere?- sbottò- Infiltrarsi alla Cava non è un gioco. Mi rifiuto di mandare entrambi i miei figli a farsi ammazzare. Non sono preparati per una missione del genere.

-Papà, smettila!- protestò Ariadne- Sai che sono in grado...

-No, non lo sei, Ariadne- la interruppe il padre, voltandosi verso di lei- Sei solo una ragazzina indifesa che non ha mai calcato un campo di battaglia. Non dureresti nemmeno un minuto alla Cava.

-Smettila! Sai che non è vero!

-Quello che so è che tu non andrai da nessuna parte. Tantomeno alla Cava- fu la dura risposta.

Per qualche istante nessuno osò parlare, ma poi la rabbia di Daywine ebbe la meglio. -Che ti prende?- esplose- Sai benissimo che sono abbastanza preparato per una missione del genere, così come lo sono Deine e Derrick, e anche Ariadne. Se non agiamo subito, quei progetti saranno perduti.

-Per quanto mi costi ammetterlo, ha ragione, Redhent- intervenne Vale- Abbiamo bisogno di quei progetti, altrimenti non riusciremo mai a capire la natura degli esperimenti che Hostel sta conducendo sul Cristallo. E Daywine è preparato per una missione del genere. E anche Ariadne è pronta.

Redhent scosse la testa, come a voler negare la verità di quelle parole. -Non se ne parla nemmeno- ribadì.

La mascella di Vale si serrò leggermente. -Stai lasciando che le tue questioni personali interferiscano con le missioni- mormorò in un tono di voce molto calmo e pacato.

Gli occhi dell'altro s'incendiarono:- Tu invece non lo fai, vero? Tu rimani sempre concentrato sul tuo obbiettivo. Anche se questo significa mandare entrambi i miei figli a farsi ammazzare- Lo sguardo che gli lanciò era di sfida- Beh, allora se è questo che pensi, Ethan, fallo pure. Metti la missione prima di tutto.

Rimasero a guardarsi, impegnati in una lotta silenziosa, ma tutti sapevano già quale sarebbe stata la conclusione: Vale non si sarebbe mai messo contro Redhent, per nessun motivo.

Vale scosse la testa, poi, con un'imprecazione soffocata, si alzò di scatto e uscì a grandi passi, sbattendosi con violenza la porta alle spalle.

Quando anche l'ultima vibrazione nell'aria si fu spenta, Redhent si volse verso i ragazzi. I suoi occhi erano gelidi come non li avevano mai visti. -Il regolamento di questa Base classifica come insubordinazione qualsiasi tentativo di intraprendere una missione non autorizzata dai comandanti. E tale lo riterrò, se persisterete.- Dette queste parole, lasciò la Sala Comando.

Il silenzio che si lasciò dietro era carico di sconforto. Ariadne si lasciò cadere su una sedia, i pugni stretti e gli occhi sfavillanti di rabbia, mentre Daywine imprecava silenziosamente.

-Non dirò “Ve l'avevo detto”- fu l'intervento di Derrick. -Ma ve l'avevo detto- aggiunse.

Deine si voltò di scatto verso di loro. -Andiamo, non vi starete davvero arrendendo?- esclamò- Davvero volete rinunciare alla missione solo perché Redhent ha detto di no?

-Ecco, lo sapevo- commentò Derrick- Se prima di colazione Deine non ha rovesciato almeno sei regimi costituiti non è contenta.- Scosse la testa- Non so se tu lo hai capito, bellezza, ma l'insubordinazione non è qualcosa da prendere alla leggera. Se proprio ci dovesse andar bene, verremmo chiusi in cella a pane e acqua per una settimana. Non possiamo portare a termine una missione, se il comandante ci ha detto di no...

D'un tratto, s'interruppe, e nel suo volto si accese una scintilla strana. -A meno che...- mormorò, mentre gli si illuminava lo sguardo.

-Derrick, che c'è?- chiese Daywine.

-Seguite il mio ragionamento- esclamò quello, alzando le mani-Redhent ci ha negato la sua autorizzazione, e questo è assodato. Ma Redhent non è l'unico a comandare in questa baracca.

Gli occhi di Ariadne si spalancarono. -C'è anche Vale...- intervenne, improvvisamente eccitata.

-Precisamente- le rispose Derrick- E lui non ci ha negato la sua autorizzazione. Se riuscissimo ad ottenerla, di nascosto da Rehent, la nostra missione sarebbe perfettamente regolare, e noi potremmo andare a dormire con l'anima in pace.

-Non lo farebbe mai- disse Daywine, disgustato- Non si metterebbe mai contro mio padre per noi.

-Beh, non è necessario che lo faccia.

Daywine inarcò un sopracciglio. -Vuoi mettere mio padre di fronte al fatto compiuto?

Derrick fece spallucce. -Beh, come si suol dire, tentar non nuoce.

Il ragazzo sospirò e si alzò dalla sedia. -Se proprio dobbiamo provarci, facciamolo- disse.

Derrick annuì e si alzò anche lui, avviandosi a grandi passi verso la porta- Allora, visto che siamo tutti d'accordo...- la spalancò- ... in marcia, truppa!

-Derrick?-intervenne improvvisamente Deine.

Lui si voltò a guardarla. -Sì, pupa?

-Cosa succederebbe se anche Vale ci negasse la sua autorizzazione?

Il sorriso sul volto del giovane vacillò. -Beh, vedete il lato positivo: di sicuro non ci propineranno il porridge.

 

Trovarono Vale in Palestra, intento ad allenarsi. Per alcuni istanti rimasero immobili ad osservarlo attraverso la vetrata. Il corpo dell'uomo si spostava nello spazio della Palestra ad una velocità quasi inverosimile, con movimenti fluidi e precisi, mentre la sua spada sibilava nell'aria, tracciando scintillanti archi d'acciaio. Mentre lo osservava, gli occhi di Daywine brillavano per l'invidia.

Derrick alzò una mano e bussò alla porta della vetrata. Vale si fermò di scatto e si voltò a guardarli. Non sembrò particolarmente sorpreso di vederli. Si avviò verso la porta e la aprì, facendo loro cenno di entrare.

-Perché siete qui?- gli domandò, mentre riponeva la spada nel fodero assicurato alla cintura.

Derrick gli si avvicinò, e gli disse, in tono confidenziale: -Redhent non ha autorizzato la nostra missione. Ma tu non hai fatto altrettanto, o sbaglio?

Vale non rispose.

-Quindi, abbiamo pensato che, se tu ci dessi la tua autorizzazione, la nostra missione sarebbe perfettamente regolare. E poi- continuò Derrick con aria innocente- Potrei mai fare qualcosa senza l'autorizzazione del mio capo?

-Che poi quell'autorizzazione sia stata data o meno, è a tua libera interpretazione- ribatté Vale, a metà tra il divertito e l'irritato.

-A me basta uno sguardo per capirti, capo- ribatté Derrick, con un' ammirevole faccia da schiaffi.

Vale si prese tempo per meditare, gli occhi persi e distanti. -Non ho mai mentito a Redhent- disse improvvisamente- E non ho voglia di cominciare ora.

-Beh, capo, non è che tu debba proprio mentire- rispose Derrick- Dovresti solo omettere di sapere dove siamo andati.

Vale rimase in silenzio per qualche istante. -Ad una condizione- rispose infine.

-Tutto quello che vuoi- rispose prontamente Derrick.

-Ariadne non viene con voi.

Ariadne spalancò la bocca. -Cosa?!- strillò.

-Affare fatto- disse Derrick.

-Cosa?- Ariadne si voltò di scatto verso di lui- No!

-Senti, Ariadne- le disse Derrick- A conti fatti, tu sei ancora inesperta, e se ti portassimo alla Cava dovremmo passare tutto il tempo a proteggerti.

-Senza contare che, se Redhent scoprisse che, oltre ad autorizzare questa missione, ho anche lasciato che ti portassero con loro, non mi rivolgerebbe mai più la parola- intervenne Vale.

Ariadne scosse la testa. -No!- replicò, sull'orlo del pianto. -Non potete continuare ancora a trattarmi come una ragazzina! Perché non volete capire che io sono in grado di vincere questa battaglia? Io sono più potente di quanto chiunque di voi potrà mai sognare, e voi continuate a tenermi lontana dalla battaglia!

-Oh, piantala- sbottò Deine- Stai solo facendo i capricci come una bambina viziata. Tu non sai niente. Sei solo una ragazzina che ha visto solo il lato luminoso della vita e non sa nulla di quello che c'è al di fuori.-

Probabilmente, non avrebbe parlato con tono così duro, se non avesse voluto bene ad Ariadne e non avesse desiderato di tenerla al sicuro.

I lineamenti di Ariadne s'indurirono improvvisamente. Si avvicinò a Deine, e nonostante le arrivasse appena al mento, per un attimo parve torreggiare su di lei. Quando parlò, la sua voce era limpida e determinata.

-Può darsi che io abbia visto solo il lato più luminoso della vita, ma questo non fa automaticamente di me una ragazzina viziata. E del resto, se io ho visto solo il lato bello della vita, tu hai visto solo quello brutto, e allora quale dei due è più vero dell'altro?

Finito di parlare, si allontanò di un passo e rimase a fissare Deine con occhi scintillanti.

Deine scosse la testa ed accennò un sorriso. -A quanto pare, oggi è la giornata delle lezioni di vita- commentò. Quello che rivolse ad Ariadne era uno sguardo di puro cameratismo. -Per me sei dei nostri, piccoletta- dichiarò.

Ariadne sorrise e le due si scambiarono un cinque. Quindi, si voltò a fronteggiare gli altri. -Avete nulla da dirmi?- domandò con voce falsamente dolce.

Invece di risponderle, Derrick rivolse il suo sguardo a Vale. -Allora, capo? Abbiamo il via libera?

Vale annuì lentamente. -Per me va bene.

-Perfetto, allora! Senza contare che, con almeno uno dei capi informato, avremo possibilità di avere rinforzi- Derrick guardò gli altri ragazzi. -Siete pronti?

Deine annuì. Daywine anche. E Ariadne sorrise, lanciando uno sguardo a Derrick:-Il bello comincia ora.

 

Ragazze, sono costretta a preparavi: ci stiamo avvicinando alla fine!

Non vorrei aver deluso chi di voi si aspettava una storia più lunga,ma cercate di capire: come ho già ripetuto fino alla nausea, questo è il primo capitolo di una trilogia, e serviva ad introdurre persinaggi e trama. Gli altri due capitoli, del resto, saranno più lunghi.

Detto questo, mi scuso per l'ignominioso ritardo, e vi prego: cercate di non insultare troppo Redhent, è solo un padre ansioso!

E adesso, una cosa.

Poiché io sono una chiusa totale, mi sono messa con mia sorella a cercare tutti gli attori che avrebbero potuto interpretare i miei personaggi in un eventuale film, e qui sotto troverete i link delle immagini . Ovviamente, non me li immagino uguali (tranne nel caso di Vale) ma sono quelli più vicini alla mia idea, ma se voi li immaginate diversi non fa niente. Mi piacerebbe condividere le mie scelte di casting con voi, e sopratutto sapere se qualcuno di voi può consigliarmi un'attrice adatta per interpretare Deine, perché con lei sono veramente alla frutta.

Comunque, eccoli qui;

Vara: Scarlett Johansson

http://wac.450f.edgecastcdn.net/80450F/comicsalliance.com/files/2014/01/black-widow-poster.jpg

Redhent:Liam Neeson

http://www.thecinemasource.com/blog/wp-content/uploads/liam_neeson-the_a_team-4.jpg

Vale:Russell Crowe

http://myswordandpen.files.wordpress.com/2013/04/russell-crowe-javert.jpg

Gloria:Megan Fox

http://hdwallpapersuk.com/wp-content/uploads/2013/07/Megan-Fox-megan-fox-14692357-1500-2266.jpg

Ariadne:Alizee

http://www.publimetro.com.mx/_internal/gxml!0/r0dc21o2f3vste5s7ezej9x3a10rp3w$acw9xdfku85djgcoewkdz1ma99th1ni/alizee31.jpeg

Daywine:Taylor Lautner

http://wallchips.com/young-taylor-lautner-2013-full-hd-wallpaper.html

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Battaglia alla Cava-Parte 1 ***


Non ci volle loro molto tempo per prepararsi: entro pochi minuti dal colloquio con Vale, tutti e quattro erano pronti nell'hangar, vicino all'aeronave che Vale aveva messo a loro disposizione. Vicino al portellone, Ariadne saltellava eccitata, il suo entusiasmo stranamente in contrasto con i volti tesi e concentrati dei suoi compagni. Gli occhi di Daywine non la lasciavano un attimo, quasi temessero che potesse succederle qualcosa semplicemente se si fosse avvicinata all'aeronave.

Lo sguardo di Derrick, invece, era stranamente assorto: pochi secondi dopo il colloquio con Vale, aveva preso da parte Deine.

-Non possiamo lasciare che Ariadne partecipi- le aveva detto- Finirebbe sicuramente per farsi male, e in più poi toccherebbe a noi subirci la ramanzina di Redhent. Senti qual'è il piano: appena ci danno il via libera, saliamo come fulmini sulla nave e la lasciamo indietro.

Deine aveva inarcato un sopracciglio, scettica. -Non ci perdonerà mai, lo sai, vero?- aveva domandato.

-Preferisco doverci litigare al ritorno che stare tutto il tempo alla Cava con la paura che si faccia male- gli occhi gli si erano fatti di colpo seri- Non è perché non voglio responsabilità, Deine: io ci tengo a quella ragazzina, e il pensiero che possa succederle qualcosa mi fa rizzare i peli delle braccia. Quindi, mi aiuterai?

Deine aveva annuito, e uno strano sorriso le aveva rialzato gli angoli delle labbra.

-Che hai da ridere?- le aveva domandato Derrick.

-Oh, niente- aveva ribattuto Deine, allontanandosi- E adesso sbrighiamoci, o faremo tardi.

La porta dell'hangar si aprì, e Ethan Vale fece il suo ingresso a grandi passi, porgendo a Derrick una piccola radio dotata di un minuscolo auricolare. -Tieni il contatto tutto il tempo- gli disse- E se dovesse succedervi qualcosa, chiamatemi immediatamente. Vedrò di farvi arrivare dei rinforzi quanto prima. Intesi?

Derrick annuì, infilandosi l'auricolare nell'orecchio. -Ricevuto, capo. Vedi di trattarlo bene, il mio computer.

Vale annuì, quindi girò i gelidi occhi blu su tutti loro. -State attenti. Non fate sciocchezze- il suo sguardo si soffermò su Daywine, che sbuffò. -Ho autorizzato questa missione nonostante Redhent l'avesse vietato espressamente, e se le circostanze fossero state appena meno gravi, non l'avrei fatto. Quindi, il minimo che possiate fare per ricambiarmi il favore è tornare tutti vivi. E possibilmente interi- Pronunciate queste parole, girò i tacchi e lasciò l'hangar.

-Simpatico come sempre, eh?- Daywine sbuffò- Poteva almeno far finta che gli importasse della nostra salute.

-È chiedergli troppo, Daywine, e lo sai- Derrick fece scorrere il portellone dell'aeronave e fece per salirvi:-In marcia, truppa!

Proprio in quel momento, Ariadne gli agguantò la spalla con una presa decisa: -Chi credi di fregare, Derrick?- prima che l'uomo potesse fare una qualsiasi mossa, con un balzo agile la ragazza saltò sull'aeronave e si voltò a guardarlo. -Allora?- domandò, con il sorriso più innocente del mondo- Salite?

Derrick rimase a guardarla, il volto assolutamente sconvolto che lentamente si contraeva in una smorfia frustata. -Ariadne, tu vuoi proprio vedermi morto, vero?- le domandò con voce triste.

Deine lo superò e salì sul mezzo.

-Oh, a proposito, Deine- Derrick si frugò nella tasca ed ne estrasse un oggetto particolare. -Qualche giorno fa ho trovato questo gingillo nel magazzino delle armi, e visto che a te piace graffiare, ho pensato che magari avresti potuto gradirlo.

Lo lanciò, e Deine lo prese al volo, portandolo poi al livello del viso per osservarlo meglio: era un guanto di metallo simile a quello delle antiche armature, dotato sul palmo di un frammento di Cristallo rotondo che lanciava bagliori irridescenti. Stupita, Deine lo prese: si adattava perfettamente alla sua mano, e le le giunture poste sulle nocche le permettevano di aprire e chiudere il pugno senza nessuna difficoltà.

-Ehm... è molto bello, Derrick- disse, perplessa- Ma... a che mi dovrebbe servire?

L'uomo sospirò. - Le grandi intuizioni si sprecano con te, vero, Deine? Chiudi il pugno e premi il bottone sul palmo.

Deine lo fece... e, con uno scatto, dalle nocche uscirono tre artigli di acciaio affilatissimo.

La ragazza sobbalzò, poi osservò nuovamente il guanto, e un ampio ghigno le si aprì sul volto. -Geniale- commentò.

-Sapevo che l'avresti apprezzato- ribatté Derrick, mentre saliva a bordo accompagnato da Daywine. Si mise al posto di guida, mentre il ragazzo prendeva il sedile del secondo pilota. -Il Cristallo sul palmo serve a parare i colpi di energia, ma non può assorbirli come la spada del capo, visto che non è termoiridio.

-Mi sarà utilissimo, Derrick, davvero- Deine scosse la testa, ancora ammirata.

Derrick sospirò. -Speravo in un grazie, ma immagino che sarebbe stato troppo- commentò, rivolto a Daywine. Quindi, dal suo posto di guida, si voltò ad osservare le due ragazze. -Cominciano i giochi, pollastre- annunciò- Nessun ripensamento?

Deine scosse la testa. Ariadne fece altrettanto.

-Proprio nessuno, Ariadne?- domandò Derrick con una punta di supplica nella voce.

Ariadne gli lanciò un'occhiataccia. -Piantala, Derrick. Sai che non cambierò idea.

Derrick sospirò, quindi tornò ad appoggiarsi alla poltroncina e tirò una leva. Sotto i loro piedi, la navetta vibrò e prese lentamente ad innalzarsi.

-Inizia il divertimento, ragazzi- mormorò.

 

Era già calato il buio quando finalmente le luci della Cava apparvero all'orizzonte. Lo stomaco di Deine si serrò in un nodo di ghiaccio, a quella vista. Erano passati quattro mesi, ormai. Quattro mesi dal momento in cui aveva osservato per l'ultima volta quella Cava, convinta di essersela definitivamente lasciata alle spalle. E invece, adesso era di nuovo lì, e Basser non era morto. Sembrava che non fosse cambiato nulla.

E invece, qualcosa è cambiato, si disse. Tanto per cominciare, adesso hai i mezzi per sconfiggerlo. E sopratutto, adesso non sei sola.

Il suo sguardo andò quasi inconsapevolmente a Daywine, e il quel momento sentì la stretta allo stomaco sciogliersi. Quasi avesse percepito il suo sguardo, Daywine si voltò e le sorrise, alzando il pollice nella sua direzione. Deine non reagì, ma si sentì immediatamente più calma.

Accanto a lei, Ariadne saltellava nervosa al suo posto, gli occhi a tratti attraversati da lampi di eccitazione. La sua mano andava a stringere convulsamente quella di Deine, e spesso la sua voce si levava trillante nel silenzio dell'aeronave:- Ma come fate a stare così calmi? Non siete eccitati?

-È la prima missione solo per te, Ariadne- le rispose Derrick in tono acido: non aveva gradito il modo in cui Ariadne l'aveva fregato. -Preparatevi: tra pochi minuti diamo inizio all'atterraggio.

La navicella planò lentamente, fino ad atterrare con un piccolo sbuffo in una macchia di alberi poco distanti dalla Cava. Spenti i motori, i quattro scesero ed attraversarono in silenzio il boschetto.

La Cava adesso era pochi metri davanti a loro, la sagoma nera del muro che s'innalzava nera contro la notte nera. Poco oltre, s'intravedeva il profilo della Batteria, e ancora più in là quello del Dormitorio.

Erano pressapoco vicini alla stessa porta dalla quale Deine e Daywine erano fuggiti quattro mesi prima, e vederla fece ad entrambi uno strano effetto. Si scambiarono uno sguardo, quindi, seguiti da Derrick e Ariadne strisciarono sul ventre e vi giunsero.

-Adesso guardate e ammirate- mormorò prima d'inginocchiarsi e di scassinare abilmente la serratura.

La porta si aprì con un cigolio che li fece trasalire, e i quattro scivolarono rapidamente all'interno del complesso, appiattendosi immediatamente contro l'ombra del muro. La Batteria si ergeva nella notte, poco distante da loro... così come i due sorveglianti che sorvegliavano l'entrata.

Deine si chinò, prese un sasso e lo scagliò nel buio. Immediatamente uno dei due sorveglianti volse la testa verso l'origine del rumore.

-Che cosa è stato?

-Che cosa è stato cosa?- ribatté l'altro con voce annoiata.

-Ho sentito un rumore.

-Tu senti sempre rumori.

-E l'ultima volta che pensavo di averlo sentito, qualcuno di quei vermi aveva atterrato uno dei nostri e aveva cercato di infiltrarsi nel Laboratorio. Vuoi davvero rischiare?

Senza aspettare risposta, si avviò a grandi passi verso il luogo da cui aveva sentito provenire il rumore. Un rapido affondo nel buio, e il sorvegliante crollò a terra con un gorgoglio, la gola squarciata dagli artigli di Deine.

-Ehi?- il secondo sorvegliante, nervoso, accennò un movimento- Tutto bene?

Il proiettile di Daywine lo colpì in mezzo agli occhi. Cadde a terra con un tonfo.

-Presto- sussurrò Derrick, concitato. Scivolarono fino alla porta della Batteria, ma quella non fu altrettanto facile scassinarla.

Poi, furono dentro. L'interno era completamente immerso nel buio. Eppure, Deine riusciva a intuire le sagome delle macchine che, giorno dopo giorno tagliavano il Cristallo in blocchi sempre uguali, che accumulavano l'energia del Cristallo e la trasmettevano ai macchinari rimasti. E poi, il grande computer che controllava tutte le telecamere e i sistemi di sicurezza.

-Ci siamo, Derrick- sussurrò.

-Luce, allora- ribatté quello, tastando la parete, finché non trovò l'interruttore.

La luce si accese, e Derrick si diresse svelto verso il grande schermo posto sulla parete di fronte a loro. Arrivato che vi fu, si voltò, e i suoi occhi si appuntarono su Ariadne con uno sguardo estremamente serio.

-Tu, adesso, ti cuci al mio gomito, e non te ne staccherai più finché questa storia non sarà finita- le disse. Ariadne annuì e si portò svelta al suo fianco. Entrambi si volsero a guardare i loro compagni di squadra.

-Beh, buona fortuna, allora- Derrick tese loro una mano e Daywine la strinse con forza. -Una decina di minuti dopo che sarete usciti, vi comunicherò quello che ho trovato, e poi attiverò l'allarme. Nel frattempo, non fate cazzate.

Daywine annuì, il viso tutto d'un tratto attento e concentrato. -Contaci- mormorò.

-Trattandosi di te, non lo farei- con un sorriso, Derrick portò la sua attenzione su Deine- Spacca tutti, pupa.

Deine accennò appena un movimento d'assenso col capo. -Stai attento ad Ariadne.

-Contaci. Ma adesso, andate, svelti.

Rapidi com'erano entrati, Deine e Daywine scivolarono al di fuori della Batteria.

-E adesso a noi- Derrick si voltò verso il computer, premette un tasto, e quello prese vita con un ronzio. Sullo schermo comparve una scritta fluorescente.

INSERIRE PASSWORD.

Derrick scosse la testa con un sorriso. -Chi credi di fregare, bellezza?- Le sue dita corsero rapide sulla tastiera, con una velocità che le rendeva quasi indistinguibili, e le lettere sullo schermo scomparvero, subito sostituite da un'altra serie di parole.

PASSWORD INSERITA. ACCESSO AUTORIZZATO.

-Così si ragiona- le dita di Derrick volarono un'altra volta sulla tastiera- E adesso, vediamo che cosa hai da dirci.

Passarono alcuni istanti di silenzio, durante i quali gli occhi di Ariadne seguirono ammirati i numeri e le lettere che si succedevano sullo schermo ad una velocità impossibile. Poi, una mappa del complesso fece la sua comparsa sullo schermo, alcuni percorsi segnati da fluorescenti linee verdi.

-No, aspetta- Derrick aggrottò improvvisamente la fronte. -Qui c'è qualcosa che non va.

-Derrick? Che succede?- intervenne Ariadne, preoccupata.

-Zitta un attimo, Ariadne. Sto cercando di pensare- Derrick chinò la testa, seguendo con le dita delle linee immaginarie sulla tastiera. Poi alzò di scatto lo sguardo.

-Porco cane- esalò, gli occhi spalancati e fissi- Ci hanno fregati.

-In che senso? Derrick, che vuol dire?

-Vuol dire che siamo andati dritti in una trappola, Ariadne. Qui i progetti non ci sono.

-Cosa?!- Ariadne volò al fianco di Derrick, il viso improvvisamente ridotto a una maschera di terrore. -Che significa? Non sono nella Cava?

-Evidentemente.

-Nemmeno nel computer?

-Se ci sono, sono nascosti molto bene. Una cosa è certa: il grosso della documentazione non si trova qui. E quel che potrei provare a estrapolare dal computer di sicuro non è la parte fondamentale del progetto.

Ariadne lo guardò fisso per un lungo istante, poi il suo volto perse ogni traccia di colore, la sua bocca si spalancò. -Ma questo significa...

-Lo so- Il volto di Derrick era improvvisamente diventato grigiastro. -Deine e Daywine sono lì fuori. E quasi sicuramente, non sono soli.

 

Fuori dalla Batteria, l'aria era gelida, tagliata da un vento freddo e aspro che toglieva il respiro. Deine e Daywine si mossero con cautela, cercando sempre di tenersi nell'ombra, gli occhi fissi sull'edificio del Laboratorio che incombeva di fronte a loro. Aspettavano da un momento all'altro la chiamata di Derrick che avrebbe loro comunicato dove dovevano andare.

Fu Deine ad accorgersene per prima. Forse fu solo uno scricchiolio di troppo, o forse fu semplicemente l'istinto della guerriera. Uno strano formicolio le pervase la nuca, e allora ogni pensiero si cancellò dal suo orizzonte. Non aspettò, agì: si scagliò su Daywine con violenza, spingendolo via.

Il proiettile sibilò pochi centimetri sopra le loro teste, mentre i due cadevano scompostamente a terra. Rapido come il fulmine, Daywine si rialzò ed estrasse la pistola; dietro di lui, Deine era già in piedi, la mano artigliata tesa e pronta. Quello che videro, però, li bloccò sul posto, incapaci di credere a quello che vedevano, mentre la consapevolezza della verità cominciava lentamente a farsi strada in loro.

Li circondavano completamente, le armi puntate: sorveglianti della Cava e soldati che portavano le insegne degli Aldermen. Prima che i due ragazzi potessero anche solo accenare una mossa, li avevano stretti in un anello di ferro, i fucili al Cristallo minacciosamente puntati alle loro teste.

-Merda- imprecò Daywine- Lo sapevano.

-Probabilmente- ribatté Deine, concentrata, mentre i suoi occhi scorrevano lentamente le file dei nemici. Basser non c'era. Come mai?

Si voltò a fronteggiare i nemici, la schiena premuta contro quella di Daywine, e impose al suo cuore di calmarsi: il momento di affrontare Basser sarebbe venuto. Adesso dovevano pensare a salvarsi la pelle.

-Gettate le armi!-a parlare era stato quello che evidentemente era il comandante del drappello.

Daywine strinse la mascella. -Gettare le armi?- ripeté, fingendo di rifletterci- Che ne dici, Deine, l'accendiamo?

-Non credo proprio- replicò lei, gli occhi accesi da un bagliore assassino.

-Proprio quello che pensavo- disse Daywine... prima di alzare la pistola e centrare l'uomo che aveva parlato.

Soldati e sorveglianti si scagliarono su di loro esattamente nello stesso momento, andando a chiudere l'anello che si era formato, ma Daywine era pronto: si abbassò di scatto, evitando un proiettile che gli sibilò sopra i capelli. Nel momento esatto in cui si trovò piegato ad angolo retto, Deine si gettò all'indietro ed eseguì una capriola sulla sua schiena, atterrando in piedi di fronte a lui. Prima quasi di aver toccato terra, la ragazza compì un mezzo giro col busto, squarciando con gli artigli lo stomaco di un sorvegliante davanti a lei. Si abbassò per evitare un altro colpo, quindi si drizzò e colpì un altro nemico con un calcio al ventre, andando poi a squarciargli la gola.

Presto tutti i pensieri scomparvero, sostituiti semplicemente dalla frenesia della battaglia. Nulla contava più, contava solo la realtà di uccidere o essere uccisi, la realtà dei colpi sferrati e di quelli da schivare. Deine e Daywine si persero completamente in quella danza mortale, ben consapevoli, tuttavia, della presenza dell'altro, dei loro colpi che s'intrecciavano.

Poi, improvvisamente, il grido acuto dell'allarme si sovrappose al frastuono della battaglia, e, con uno schianto poderoso, le porte del dormitorio si aprirono. Prima che i sorveglianti, congelati dallo stupore, potessero fare qualasiasi cosa, i forzati irruppero come una marea e riempirono la Piazza, spinti ad una fuga disordinata dalla convinzione che vi fosse qualche emergenza.

I sorveglianti rimasero al loro posto solo per un istante: quello successivo, si stavano già scagliando verso i detenuti. Ma questa volta, a spingere i galeotti c'era una paura ben più grande di quella dei sorveglianti: questi furono praticamente investiti dalla folla in corsa.

I primi colpi diretti ai forzati vennero sparati dai fucili dei soldati lì presenti, e fu allora che si scatenò il caos. Come un sol uomo, i detenuti si scagliarono verso i loro aguzzini, stringendoli in una morsa ferrea con la forza conferita loro dal numero. I nemici distolsero la loro attenzione da Deine e Daywine, troppo concentrati a sedare l'improvvisa ribellione.

I due ragazzi si trovarono improvvisamente liberi, ansimanti ma fortunatamente illesi nel caos della battaglia. Si scambiarono uno sguardo.

-Santo Derrick- ansimò Daywine. -Andiamo, Deine, presto.

Deine annuì, ed entrambi scattarono verso il Laboratorio, mentre dietro di loro la battaglia infuriava.

 

Nella Batteria, Derrick aveva appena azionato l'allarme. Chino sulla tastiera del computer, con la fronte aggrottata, cercava di capire dove potessero trovarsi i progetti.

Accanto a lui, Ariadne cominciava per la prima volta a capire la pericolosità della missione che aveva scelto di affrontare.

-Derrick, quanto ci vuole ancora?- domandò con voce tremante.

-Un attimo Ariadne- mentre parlava, Derrick si chinò e si sdraiò supino sotto la tastiera, armeggiando con un cacciavite. Dopo pochi secondi, staccò il pannello e cominciò a frugare tra i fili con espressione assorta e concentrata. -Vai a fare la guardia.

Con espressione nervosa, Ariadne si portò di fronte alla porta. Per alcuni secondi non accadde nulla. Poi, improvvisamente, attraverso l'acciaio spesso della porta, le sue orecchie captarono dei suoni.

Passi. Più di uno. E si avvicinavano.

-Derrick...- chiamò nervosamente- Che significa se ci sono dei passi fuori dalla porta?

Dalla sua postazione, Derrick si bloccò. Quindi, si mise seduto con un sospiro, cominciando ad arrotolarsi le maniche dell'uniforme bianca. -Significa, dolcezza, che stanno arrivando i cattivi- si alzò e si scrocchiò le nocche con uno sbuffo- Odio menare le mani- borbottò- È scomodo, e ti rovina l'appetito.

Si portò anch'egli alla porta, ed Ariadne indietreggiò intimorita. I passi adesso erano più vicini. Derrick attese, il corpo teso ed il volto concentrato.

Il rumore di passi s'interruppe. Da oltre la porta si udì la voce di un soldato:- C'è qualcuno qui dentro?

Derrick e Ariadne si scambiarono uno sguardo e lui si pose un dito sulle labbra.

-Molto bene, allora- continuò la voce da dietro la porta- Aprite la porta!

La porta si aprì, la testa di un soldato fece capolino... e Derrick la afferrò, sbattendola al muro con violenza. Rapido, l'uomo si fece indietro, trascinando dietro il nemico esanime, e quando il resto del drappello fece irruzione, lui era pronto, col corpo del loro compagno posto davanti a sé come scudo.

I soldati esitarono un solo istante, ma per Derrick fu sufficiente: lasciò cadere il corpo, si scagliò in avanti e strinse tra le mani le teste di altri due nemici, sbattendole l'una contro l'altra. Colpì con due pugni ben assestati i due soldati che seguivano e scagliò un altro attraverso la stanza con la stessa facilità con cui avrebbe lanciato un sasso.

Ma dalla porta i nemici continuavano ad entrare, e ben presto Derrick si trovò in difficoltà. Ariadne, immobile in un angolo, lo osservava con gli occhi sbarrati, tremante contro la parete. Davanti a lei si stava svolgendo una battaglia, ma quella scena non era come se l'era sempre immaginata. Vedeva i soldati farsi più vicini a Derrick, vedeva che aveva bisogno di aiuto, ma non riuscivaa muoversi. Il terrore, improvviso, le stringeva lo stomaco in una morsa di ghiaccio.

-Ariadne!- Derrick barcollò all'indietro e cadde in ginocchio, parando a stento un colpo. -Un po' di scintilline mi farebbero comodo adesso!

Ma Ariadne rimase schiacciata contro il muro, incapace di muoversi, nella mente un unico, martellante pensiero.

Non so cosa fare, non so cosa fare!

-ARIADNE!

Il grido di Derrick esplose con violenza nella sua mente. Ariadne si riscosse improvvisamente. Osservò, vide il suo amico in difficoltà, e d'un tratto, la paura parve scomparire, sostituita dalla decisione più pura.

Devo aiutarlo. Non sarà difficile, basta concentrarsi.

Chiuse gli occhi. Il potere fluiva in lei, un flusso costante e continuo, che risuonava all'unisono con l'energia del Cristallo. Ariadne evocò quel potere, lasciò che fluisse in lei, e lo sentì scorrere nel suo corpo. Il Cristallo sul suo petto rispose, illuminandosi e vibrando contro il suo corpo. Il suo Potenziale e l'energia del Cristallo si unirono e l'energia la colmò, calda e inarrestabile.

Ariadne lasciò che si accumulasse, lasciò che il suo corpo fosse avvolto da un'aura scintillante, mentre il frammento di Cristallo brillava sempre più forte.

Poi aprì gli occhi, e liberò il potere.

Esplose dalle sue mani in un getto di luce azzurrina, e l'aria stridette e bruciò, mentre il lampo accecava i loro occhi. L'energia liberata scagliò i soldati da ogni parte, mentre i computer espoldevano in una pioggia di scintille.

Nel fumo che lentamente si levava, Derrick si alzò da terra, le treccine scompigliate, i vestiti strappati, il viso segnato da lunghe striscie di fuliggine. Il suo sguardo vagò esterrefatto tra i colpi immobili dei soldati. Poi si voltò, e i suoi occhi incrociarono quelli altrettanto stupefatti di Ariadne.

-Ce l'ho fatta, Derrick- mormorò lei, muovendosi tra i corpi esanimi, gli occhi sbarrati. Un sorriso trionfante le si allargò sul volto. -Ce l'ho fatta!

-Brava- replicò Derrick, portando gli occhi sui nuovi nemici che in quel momento facevano il loro ingresso- Ma se replichi il pezzo, ti garantisco che non ti sputo in un occhio!

Si tirò indietro e Ariadne colpì di nuovo. Questa volta l'energia fuoriuscì dalle sue mani in getti mirati, che andarono a colpire i soldati individualmente, scagliandoli al di fuori della soglia. Accanto a lei, Derrick colpiva chiunque provasse ad avvicinarlesi, allontanandoli da lei con violenti pugni.

Ben presto, i soldati cominciarono ad arretrare, spaventati da quei ribelli che in due riuscivano a trattenerli. Non ci volle molto perché il drappello che era stato mandato a contrastarli fosse sconfitto.

-Forza, ora- rapido, Derrick chiuse la porta a chiave, e si voltò verso Ariadne, alzando la mano con un gigantesco sorriso. -E vai, nana!- esclamò, mentre lei balzava per dargli un cinque- Quando si parla di arma letale!

Ariadne scoppiò a ridere, ma subito dopo il suo volto s'indurì in un'espressione seria e determinata. -Torneranno, non è vero?

-Questo è certo- ribattè Derrick, facendosi più vicino alla porta. -Ma noi saremmo pronti a riceverli, non è vero?- continuò, voltandosi verso di lei con un sorriso... che però gli si spense sul volto.

-Che c'è?- Ariadne sentì una strana inquietudine stringerle lo stomaco- Derrick, che succede?

Derrick alzò un dito per indicarle di fare silenzio, la testa inclinata da un lato per ascoltare. -Ascolta.

Ariadne ascoltò. E sentì. Improvvisamente, l'aria era come attraversata da una strana vibrazione, e, in lontananza si poteva percepire uno strano rumore frusciante, simile ad un ronzio.

-Che cosa significa?- domandò.

Il viso di Derrick era diventato grigiastro. -Significa che siamo nei guai. Di nuovo. E peggio di prima.

 

Deine bloccò di scatto la sua corsa e si fermò, la testa volta verso il cielo. Quello che vide le tolse il respiro.

Aeronavi che portavano le insegne degli Aldermen avanzavano lentamente verso di loro, la luce dei fari che squarciava accecante il buio della notte. Il ronzio prodotto dai loro motori era udibile fin da quella distanza, e le loro sagome si stagliavano nere contro il cielo notturne, precedeute dalla luce accecante.

-No- sussurrò Deine tra i denti- Non è possibile!

Daywine si fermò accanto a lei, il volto pallido, gli occhi dilatati e fissi. -Ci stavano aspettando, Deine- disse- Hanno sempre saputo che saremmo venuti. E si sono preparati di conseguenza. Ma noi non siamo la quantità di nemici che si aspettavano.

Deine lo fissò, e le sue labbra si tesero all'indietro, a lasciare i denti scoperti in un ringhio. -E allora vedremo di dargli altrettanti problemi- sibilò, prima di voltarsi e riprendere a correre, svanendo nel buio della notte.

 

Nella Sala Comando della Base della Resistenza, Ethan Vale era decisamente in alto mare, anche se non lo avrebbe mai ammesso.

In piedi di fronte alla tastiera del computer, muoveva le mani sui pulsanti con un'esitazione che non gli era abituale, mentre i suoi occhi si perdevano assorti fra le varie cifre che scorrevano sullo schermo.

-Come diavolo fa Derrick a premere tutti questi tasti contemporaneamente?- sibilò.

-Ethan, per caso hai una idea di dove sia Ariadne?

Se alla voce del suo compagno Vale non sussultò come un bambino appena sorpreso a rubare la marmellata, fu solo grazie ad anni passati ad affinare l'autocontrollo.

Si voltò ad osservare Redhent che faceva il suo ingresso in quel momento. -No, non ne ho idea. Perché dovrei?- domandò con la sua migliore espressione impassibile.

-Perchè non riesco a trovarla- ribatté Redhent aggrottando la fronte. -L'ho cercata dappertutto, in Palestra, nei suoi alloggi, alla mensa, ovunque. Ma non riesco a trovarla.

-Forse è semplicemente andata a farsi un giro- replicò Vale, voltandosi a fronteggiare nuovamente il computer.

-Sì, ma allora perché non la trovo da nessuna parte?

Fu in quel momento che Vale realizzò qual'era il dettaglio fuori posto in quella conversazione. Ariadne avrebbe dovuto esserci alla Base. Non aveva dato l'autorizzazione perché partecipasse anche lei a quella missione.

Chiuse gli occhi nel momento in cui intuì la verità.

Se riescono a tornare vivi, mi sentiranno. TUTTI E TRE, promise silenziosamente a se stesso.

Mentre era intento in queste meditazioni, Redhent gli lanciò uno sguardo perplesso, ed aggrottò la fronte. -Ethan, che ci fai tu al computer?- domandò- Che fina ha fatto Derrick?

-L'ho mandato in ricognizione.

-In ricognizione?- ribatté Redhent, stupefatto- Ma se Derrick dice sempre che il suo cuore trova la pace solo quando si trova col sedere saldamente piantato su una sedia!

-Non ho detto che gli sia piaciuto. Ho detto solo che l'ho mandato in ricognizione- disse Vale- E ho mandato anche Daywine e Deine con lui.

Redhent non disse nulla, ma per un istante parve confuso. Scosse la testa e andò a sedersi al tavolo della Sala Comando, cominciando a scorrere con occhi concentrati un fascio di rapporti.

Fu in quel momento che l'auricolare infilato nell'orecchio destro di Vale comiciò a suonare. L'uomo si allontanò di scatto dal tavolo, portandosi una mano al volto.

-Derrick?- chiamò.

Dal tavolo, Redhent alzò lo sguardo, interessato.

-Ehm, capo?- nell'auricolare, la voce di Derrick, accompagnata da continui sibili e fruscii, suonava stranamente allarmata- Hai presente quei rinforzi di cui parlavamo? Ecco, adesso non sarebbero per niente una cattiva idea!

Un botto improvviso esplose nell'orecchio di Vale facendolo trasalire. -Cosa sta succedendo? Derrick, che succede?

-Muoviti, capo! Qui non ne avremo ancora per molto!

La voce di Derrick si spense, sostituita da una serie di rapidi botti. Ethan Vale non esitò un istante: si diresse verso il computer e lo accese, mentre avvicinava il capo al microfono posto vicino alla tastiera.

-A tutti gli agenti disponibili- chiamò, la voce gelida e controllata che rieccheggiava in ogni angolo della Base- Prepararsi immediatamente per la partenza. Fra cinque minuti vi voglio nell'hangar, pronti a partire e completamente armati. Ci dirigiamo alla Cava. Mathisse, prepara i mezzi.

Alle sue spalle, Redhent si alzò di scatto, il volto improvvisamente pallido. -Cos'è questa storia?- ruggì- Che diavolo succede?

-Dobbiamo andare- mentre parlava, Vale si diresse vero l'uscita, sistemandosi meglio la spada assicurata alla cintura. -Alla Cava sono nei guai.

-Alla Cava...?- ci volle qualche secondo perché quelle parole acquistassero senso pieno nel cervello di Redhent, e nel momento in cui comprese, i suoi occhi parvero dilatarsi. -No- esalò- Dimmi che non l'hai fatto davvero.

Vale si fermò e si voltò a guardarlo. -Sai bene quanto me che era necessario.

Redhent rimase a fissarlo, apparentemente senza parole. -Tu... tu... tu hai davvero...- improvvisamente scosse la testa e si avviò verso l'uscita, il volto composto in un'espressione determinata- Non c'è tempo adesso. Alla Cava hanno bisogno di noi.

A un passo dalla soglia si voltò a guardarlo con occhi gelidi- Ma io e te faremo i conti al ritorno.

Sempre se ritorneremo, non poté fare a meno di pensare Vale, mentre lo seguiva fuori dalla stanza.

 

-Signor Direttore! Signor Direttore!

Basser si levò con estrema calma dal suo giaciglio, l'unico occhio rimastogli fisso sul sorvegliante che aveva appena fatto irruzione nella sua stanza.

-Spero che tu abbia una valida ragione per svegliarmi urlando in questo modo- sussurrò, la mano destra pericolosamente vicina al frustino posato sul guanciale.

L'uomo si fermò di fronte a lui, respirando affannosamente. -I Ribelli ci stanno attaccando, signore- riuscì finalmente a dire.

Basser spalancò gli occhi. -Allora il Primo Alderman aveva ragione- sussurrò, prima di alzarsi. Seguito dal suo sottoposto, entrò nel suo ufficio, ed azionò i vari schermi collegati alle numerose telecamere di sorveglianza.

All'esterno, la Cava era in preda al caos. Forzati sfuggiti alle catene correvano ovunque, scagliandosi contro i sorveglianti e i soldati, che ben poco potevano fare per fermare la loro avanzata. Nel cielo, le aeronavi degli Aldermen si levavano con lentezza, ma ad attrarre la loro attenzione non era lo scontro che si svolgeva a terra.

Poco distanti dalla Cava, aeronavi piccole e veloci, indubbiamente appartenenti alla Resistenza, coprivano rapidamente la distanza che le separava dal complesso. Il lampo di un colpo squarciò il buio della notte, e una delle navi governative vacillò, mentre il suo fianco detro veniva rapidamente avvolto da un bozzolo di fiamme. Altri colpi la raggiunsero in rapida successione, mentre anche le sue compagne venivano bombardate.

Nel suo ufficio, Basser imprecò silenziosamente. Era ben cosciente di una possibilità del genere- ed il Primo Alderman gli aveva esplicitamente ordinato di tenersi preparato ad una simile eventualità- ma ugualmente la difesa sembrava andare peggio del previsto.

-Voglio che quei dannati vermi siano fatti fuori immediatamente- ordinò, voltandosi verso il sorvegliante che lo accompagnava- Abbiamo cose ben più importanti da fare che non lasciarci fermare da un gruppo di forzati pulciosi. Estirpateli col fuoco, se necessario, e nel frattempo, tenete occupate quelle aeronavi. Quanto al resto...

Mentre parlava, l'occhio gli cadde su uno degli schermi più piccoli. Si bloccò. L'immagine di una ragazza intenta ad affrontare due sorveglianti occupava lo schermo, nitida e precisa.

Si era irrobustita e le erano cresciuti i capelli, ma Basser la riconobbe subito. Un lento sogghignò gli si allargò sulle labbra, mentre i suoi occhi iniziavano ad accendersi di una luce assassina.

-... me ne occuperò personalmente- sussurrò, e la mano si serrò sul manico del frustino, mentre lui lasciava l'ufficio a grandi passi, diretto verso la vendetta che pregustava da mesi.

 

Ed eccomi qui! I'M STILL HERE!!!

Ok, tralasciando i miei sbrocchi anglofili, sono finalmente riuscit ad aggiornare, e spero che il capitolo vi piacerà. Ovviamente, voglio delle recensioni rapide ed osannanti! ;)

Non so quando arriverà il prossimo capitolo, ma vi garantisco che, se verrà come dico io, sarà sicuramente valso l'attesa, perché ho intenzione di farlo spettacolare!

Sperando che nel frattempo vi siate goduti questo,

Un bacio a tutti,

Saitou

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Battaglia alla Cava-Parte 2 ***


Seduto sul suo scranno, nella Sala Principale del Palazzo degli Aldermen, Zanoch Hostel attendeva, cercando di nascondere l'impazienza che lo divorava. Le notizie giuntegli appena pochi minuti prima dalla Cava avevano scavato rughe di preoccupazione sul suo viso da studioso, contratto in un'espressione di gelido disprezzo. Sedeva composto sul suo scranno, il corpo perfettamente immobile, se non fosse stato per il tremito delle lunghe dita nervose che tradiva la sua impazienza.

Finalmente, la porta si aprì, e le Guardie degli Aldermen fecero il loro ingresso, inginocchiandosi immediatamenti ai piedi del trono. Charya fu la prima ad alzarsi, il volto da folletto reso ancora più inquietante dal suo sguardo gelido.

-Ci avete mandato a chiamare, mio signore?- domandò. La sua voce era stridula e nervosa, simile a quella che si sarebbe potuta associare all'immagine di una bambola maligna.

-Sì- Hostel alzò lo sguardo verso di loro. -Mi è giunta notizia notizia che i Ribelli hanno appena attaccato la Cava.

Charya sibilò, sorpresa; alle sue spalle, Adon inarcò un sopracciglio; appoggiata ad una parete, Vara sembrava troppo impegnata a contemplarsi le piume.

-Saranno schiacciati presto, mio signore- commentò; nel rivolgersi al Primo Alderman, la sua voce era tutta d'un tratto attraversata da un fremito di pura adorazione. -Non c'è motivo di agitarsi tanto.

-Questo non rende la cosa meno seccante- ribattè Hostel, tagliente- E, arrivati a questo punto della mia sperimentazione, non posso permettermi di ritardare il tasferimento della Cava per dei problemi di natura così insignificante. Questo rende necessario un intervento di natura drastica.

-Quando volete che vada?- intervenne Vara, staccandosi immediatamente dalla parete.

-Chi ti dice che il Primo Alderman si stesse riferendo a te?- ribatté Charya, in tono estremamente irritato. Charya odiava Vara più di quanto le parole avrebbero mai potuto esprimere. La odiava per un motivo molto semplice: era perfettamente consapevole del fatto che Vara fosse molto più potente di lei.

Vara volse gli occhi verso di lei, lo sguardo colmo del più puro disprezzo. -Non sta a te contrastare le decisioni del Primo Alderman- ribatté.

-Ma nemmeno a te- la gelò Hostel. -E del resto, il problema rappresentato dai Ribelli non è tale da costituire un'emergenza primaria. Per questo sarai tu ad andare, Charya.

Charya fremette per l'implicita dichiarazione della sua inferiorità contenuta in quell'affermazione, ma si limitò a chinare lentamente il capo. -Come il mio signore comanda- sussurrò.

Vara avanzò di un passo. -Mio signore... per me non è mai un peso servirvi. Lasciate che sia io a estirpare quella feccia, ve ne prego.

-Come tu stessa hai detto poco prima, non sta a noi discutere le decisioni del Primo Alderman, quindi risparmiati queste lamentele. Sono certa che troverai presto un'altra occasione per metterti in mostra- sibilò Charya con cattiveria.

Vara si voltò verso di lei, e la colpì al viso, sul volto un'espressione assolutamente fredda ed indifferente. Prima che Charya potesse reagire, la prese per la gola e la sollevò da terra, serrandole la trachea finché il suo viso non cominciò a diventare bluastro.

-Il tuo tono non mi piace per niente, Charya- le sibilò ad un centimetro dal viso.

La gettò ai suoi piedi con indifferenza. Charya si sollevò a sedere, una mano posata sulla gola, cercando affannosamente di riprendere fiato. Alzò sul viso di Vara uno sguardo di puro odio. -Tu... maledetta...- ansimò.

-Ragazze, ragazze- con espressione annoiata, Adon s'interpose fra loro, inginocchiandosi accanto a Charya per circondarle le spalle con le mani. -Non litigate di fronte al Primo Alderman. Non siete un bello spettacolo, e in più non è affatto elegante.

Dal suo scranno, Hostel si portò le mani al viso, massaggiandosi le tempie con le punte della dita. -Non ho intenzione di perdere altro tempo con voi- dichiarò. I suoi occhi gelidi si fermarono su Vara. -Ho dato un ordine, e non mi piace essere messo in discussione. Tu resterai qui, Vara. Per sedare la rivolta alla Cava, Charya è più che sufficiente.

Vara indietreggiò di un passo, gli occhi bassi. -Mi dispiace, mio signore. Sarà come volete- sussurrò.

Charya si alzò lentamente, lanciando a Vara uno sguardo di puro odio. Per un istante, parve guardare Adon come per cercare sostegno, ma lui si limitò semplicemente a scuotere la testa, lanciandole un'occhiata di avvertimento.

La donna rivolse allora la sua attenzione al Primo Alderman, chinando leggermente il capo. -Sarà come voi volete- ripetè, per poi lasciare la stanza a grandi passi, seguita dagli occhi sprezzanti di Vara.

 

Derrick chiuse la porta con violenza, puntando i piedi per resistere alla pressione dei nemici. Alle sue spalle, Ariadne caricava il colpo, gli occhi chiusi, e le mani avvolte da un fascio di luce sempre più intenso.

-Pronta, Ariadne?- gridò Derrick, appoggiandosi con la schiena alla porta, ansimando per lo sforzo.

Ariadne aprì gli occhi di scatto, le iridi improvvisamente luminose. -Pronta.

Derrick prese un profondo respiro e scattò in avanti. Dietro di lui, la porta si aprì con violenza, e i nemici si riversarono all'interno del piccolo complesso.

Il colpo di Ariadne li raggiunse tutti, avvolgendoli in un'assordante esplosione di luce bianca. Il complesso tremò, l'aria stessa parve bruciare. I nemici vennero scagliati all'indietro come foglie morte, mentre larghe crepe si aprivano lungo le pareti della struttura.

-E vai, nana!- gridò Derrick alle sue spalle. -E per quelli che la magia non riesce a fermare...

Si scagliò in avanti e colpì con un pugno ben assestato un soldato che minacciava Ariadne.

-... ci sono sempre la persuasione e il buonsenso!- esclamò con un sorriso.

Ma, nonostante i colpi assestati da Ariadne, i nemici non avevano tardato a circondarli un'altra volta. Con un movimento così veloce da risulate quasi invisibile, Derrick corse verso Ariadne, la sollevò per la vita e la fece girare in tondo: il potere della ragazza tracciò un incadescente cerchio di energia attorno a loro, sciogliendo l'anello formato dai nemici.

I soldati arretrarono, spaventati e indecisi, e i due Ribelli ne approffittarono per incalzarli, con colpi sempre più veloci e precisi, finché anche l'ultimo dei nemici non ebbe battuto la ritirata.

-Bene, Ariadne- Derrick, indietreggiò, ansimando pesantemente. -E adesso non ci resta altro che...

Non finì mai la frase. Un sibilo nell'aria fu il loro unico indizio, prima che una parete della Batteria esplodesse.

Ariadne venne scagliata all'indietro con violenza, mentre attorno a lei, frammenti di muro piovevano da tutte le parti. L'impatto col terreno le tolse il respiro, mentre ogni centimetro del suo corpo urlava di dolore.

Rotolò di lato, evitando appena in tempo il crollo di un'altra porzione di muro, e strisciò all'indietro, respirando affanosamente. Un refolo di aria bollente le tagliò il respiro, accompagnato da un penetrante odore di fumo.

La ragazza alzò la testa. La parte di Batteria che era crollata le apriva adesso la vista dell'intero campo di battaglia. Lì dove i colpi delle aeronavi avevano bombardato il tereno si levavano alte colonne di fuoco, alla luce delle quali erano nettamente distinguibili le sagome nere dei sorveglianti che combattevano contro i Ribelli. In alto nel cielo nero, i colpi delle due flotte nemiche continuavano ad intrecciarsi, mentre le sagome picoli ed agili delle aeronavi della Resistenza volteggiavano beffardamente atorno a quelle ben più massicce delle navi dell'esercito governativo. L'odore di fumo e sangue era penetrante.

Ariadne si costrinse a rialzarsi, gemendo nel momento in cui una fitta improvvisa le colpì il fianco. Con un nodo allo stomaco, decise di ignorare il fiotto di sangue che le scorreva da sotto l'impermeabile. Si guardò attorno, spaesata.

-Derrick...?- chiamò.

Nel mucchio, una pietra si mosse, e Derrick emerse dalle macerie, il volto sporco ed assolutamente offeso. -Ma tu guarda che inciviltà!- sbottò, liberandosi dai framenti- Se scopro che a tirare quella sventola è stato uno dei nostri, alla Base mi sentono.

Si rialzò e si portò accanto ad Ariadne. A differenza della ragazza, non aveva riportato ferite gravi.

-E bravo, Derick- ansimò lei, scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi- Non sapevo che fossi anche bravo a combatere.

-Io sono un tipo pacifico, bellezza, ma tendo ad irritarmi quando cercano di uccidermi- ribaté quello. -E adesso forza, andiamo a fare a striscie qualche bel sedere governativo.

Si gettarono nella mischia, e fu allora che accadde: un solo istante di distrazione, e Ariadne perse l'altro di vista. Si guardò intorno, completamente spaesata, ma non riusciva a distinguere la sagoma del suo compagno nella confusione della lotta.

Mentre esitava, ferma, sul campo di battaglia, la punta di una frusta le si avvolse intorno alla caviglia. Ariadne non se ne accorse finché un potente strattone non la gettò con la schiena a terra. Alzò lo sguardo, e quello che si trovò davanti fu un uomo enorme, dalla muscolatura possente e sviluppata, il viso ghignante attraversato da una cicatrice biancastra sul lato sinistro, lì dove un tempo vi era l'occhio.

Le labbra dell'uomo si allargarono in un sorriso simile ad un ringhio, che lasciava scoperta una fila di denti acuminati. -Ma tu guarda guarda che cosa abbiamo qui- sussurrò. Si avvolse più volte la frusta intorno al polso, quindi le diede un altro potente strattone, trascinandola più vicina a sé, e poi un altro ancora.

Ariadne si dibatté furiosamente, ma l'uomo era ben più forte di lei, e la distanza tra loro continuava a diminuire, mentre la frusta le segava la carne.

Si trovò ai piedi dell'energumeno, l'unico occhio nero che la fissava con sguardo avido. L'uomo rise, una risata gorgogliante, simile al latrato di un cane rabbioso. -Adesso le mandano in campo anche così piccole?- la provocò- Beh, poco male. Adoro accanirmi sugli avversari minuti.

-Io sono di taglia abbastanza piccola per te?

Basser si bloccò improvvisamente, il sorriso che lentamente lasciava le sue labbra. Si voltò, e a ricambiare lo sguardo fu Deine, in piedi di fronte a lui, la luce delle fiamme che traeva dai suoi artigli bagliori assassini.

Basser la fissò... e sorrise, un sorriso molto più maligno del precedente. -Ma tu guarda chi si rivede- commentò- Mi sei mancata, carina.

Deine ghignò. -Piaciuto il ricordino che ti ho lasciato, signor Capo Sorvegliante?

-Direttore, adesso- Basser rispose quasi distrattamente, mentre le sue dita andavano a sfiorare la lunga cicatrice biancasta. Il suo sguardo s'indurì improvvisamente. -E sì, mi è piaciuto. Talmente tanto che penso che ti ricambierò con un regalo ancora migliore.

-Direttore?- Deine inarcò un sopracciglio- Ti hanno promosso, complimenti! Che fine hai fatto fare a Dodgers?

-Migliore di quella che farò fare a te- con un movimento fluido, Basser sciolse la frusta dalla caviglia di Ariadne. La ragazza si alzò e si allontanò in fretta, lanciando uno sguardo esitante a Deine, che le fece cenno di andarsene.

-Niente intermediari, carina. Ci siamo solo tu ed io. Sono mesi che aspetto questo momento- Basser fece schioccare un'altra volta la frusta a terra e si dispose in posizione di combattimento.

Deine lo imitò, e in quel momento i loro occhi s'incrociarono, illuminati dallo stesso lampo assassino.

-Sono mesi che aspetto la mia vendetta, Deine. Hai idea di quanto abbia bramato un momento come questo?- sussurrò lui.

-E allora vieni a prendertela- ringhiò Deine.

 

Il colpo di una delle mitragliatrici colpì di striscio l'aeronave ammiraglia della Resistenza, facendola ondeggiare pericolosamente. A bordo, Redhent e Vale barcollarono nel tentativo di mantenere l'equilibrio.

La battaglia era impari, per via della differenza di dimensioni fra le due flotte, ma le aeronavi della Resistenza stavano resistendo egregiamente, riuscendo persino a mettere in seria difficoltà i mezzi nemici. Dietro agli ordini secchi e precisi di Redhent, le navicelle dei Ribelli sfruttavano le loro minori dimensioni per volteggiare come mosche fastidiose intorno agli avversari, logorandole a forza di piccoli colpi.

-Valle dietro, Mathisse- ordinò Redhent, gli occhi azzurri fissi con espressione determinata sulla battaglia in corso. Alle sue spalle, Vale frugava con occhi gelidi il campo di battaglia, cercando di individuare i membri originari della missione.

Non riusciva a vederli, e, mano a mano che la battaglia procedeva, prendeva sempre più corpo in lui il sospetto che qualcosa fosse andato storto.

Qui c'è qualcosa che non va, pensò. E il suo pensiero fu immediatamente confermato da quello che vide sotto di lui.

 

Charya fermò la sua corsa e lasciò vagare lo sguardo sull'imponente complesso situato a pochi metri da lei. Oltre la barriera di filo spinato che la cingeva, la Cava bruciava, lunghe colonne di fuoco che si levavano ardenti dal terreno, ad illuminare le sagome dei combattenti. Nel cielo sopra di loro, le aeronavi si scontravano in un caos di proiettili volanti.

Charya sorrise, sprezzante, osservando le sagome nere dei Ribelli in lotta. Feccia, nient'altro che feccia, che non le ci sarebbo voluto molto per spazzare via. Perfino adesso, dopo aver percorso in corsa la distanza che separava la Cava dalla Capitale, si sentiva fresca, riposata, perfettamente in grado di schiacciare quei miseri vermi.

Così il Primo Alderman vedrà di cosa sono capace, pensò con un sorriso maligno, prima di scattare diretta verso la Cava.

 

Il colpo di frusta sibilò nell'aria, diretto verso la sua testa. Deine si abbassò di scatto, sentendo l'arma sfiorarle i capelli, ed indietreggiò di un passo.

Scattò in avanti e compì un affondo con la mano artigliata, diretta al ventre di Basser, ma il Direttore schivò il suo colpo senza problemi, facendo sibilare la frusta a pochi centimetri dal suo volto.

Deine roteò su se stessa, ma Basser schivò nuovamente il suo calcio. Il braccio di lui scattò, la frusta sibilò nell'aria, ma la ragazza si abbassò, passò sotto il suo braccio teso, e con gli artigli descrisse un arco davanti a sé. Il suo avversario, questa volta, non fu abbastanza veloce: sul ventre di Basser si aprì una larga striscia vermiglia.

Il Direttore della Cava fece un passo indietro, il volto distorto in una leggera smorfia di dolore.

Deine sogghignò. -Uno a zero per me.

-Credi veramente di mettermi in difficoltà con graffi come questi?- ribatté lui con un sorriso sprezzante. -Mi conosci veramente poco.

La sua frusta scattò, velocissima, quasi invisibile, e stavolta non ci fu modo di evitarla: la testa di Deine scartò di lato, mentre un lungo squarcio le si apriva sulla guancia. Un altro colpo, questa volta sul collo. La ragazza si portò rapidamente a distanza di sicurezza, una mano premuta sul collo a tamponare la ferita.

-Fa male, eh?- Basser sogghignò- Ma è niente in confronto a quello che ti aspetta, te lo assicuro.

Deine si scagliò verso di lui, balzò in avanti, colpì con gli artigli; Basser alzò il braccio, e con una mano le serrò il polso, sollevandola da terra. La ragazza scalciò, colpendolo al petto; l'uomo barcollò, ma non lasciò la presa. Deine si torse, cercando di sfuggire alla presa di quelle dita d'acciaio, mentre la mano libera brancolava in avanti, cercando di colpirlo agli occhi.

Basser le afferrò anche l'altro braccio, e glielo torse dietro la schiena, facendola ringhiare per il dolore. Le spinse il braccio ripiegato in alto, sempre più in alto, finché Deine non sentì le ossa scricchiolare, e non ebbe l'agghiacciante certezza che la spalla si sarebbe rotta.

Il suo corpo agì per lei: le sue gambe scattarono con violenza in avanti e colpì Basser al ventre con i piedi uniti. L'uomo grugnì, e per la violenza del colpo allentò la presa, quel tanto che bastava perchè Deine sgusciasse via e cadesse a terra.

Rotolò di lato e si rialzò faticosamente. La spalla le pulsava, il sangue scorreva a fiotti dalla ferita sul collo. Barcollò all'indietro, il campo visivo che le si riempiva di puntini rossi.

Basser sogghignò. -Dimmi, che fine hai fatto fare al tuo bietolone?- mentre parlava, avanzò verso di lei, la mano che rapida si serrava sul manico del frustino.

-Non ho bisogno di lui per difendermi- ribatté Deine, mentre si spostava di lato, cercando di portarsi al suo fianco destro.

-Oh, questo è certo- con una giravolta, Basser assecondò la sua mossa, trovandosi di nuovo di fronte a lei.- Sei parecchio migliorata dall'ultima volta.

Tirò il braccio indietro e poi sferzò l'aria con la frusta. Deine alzò un braccio, e quella le si avvolse attorno ad un polso: con un movimento della mano artigliata, la ragazza la recise di netto.

Si portò più indietro, il brandello di frusta attorno al suo polso che cadeva a terra; con un sogghigno, osservò l'arma dimezzata del suo nemico.

-Che fai, adesso?- sogghignò.

Con espressione perfettamente impassibile, Basser lanciò la frusta di lato. -Non mi serve- replicò... per poi scagliarsi su di lei.

Si era mosso ad una velocità quasi impossibile per uno della sua stazza, e Deine non fece in tempo ad evitarlo: in pochi secondi, Basser fu su di lei, una mano che le serrava la gola, impedendole il respiro. Il pugno di lui la raggiunse al ventre, piegandola in due; il mondo attorno a lei esplose in un vortice di dolore, mentre il sangue le fuoriusciva a fiotti dalla bocca.

Fu quando credette di essere sul punto di morire che Basser la scagliò con violenza a terra. L'impatto col suolo fece protestare ogni osso del suo corpo. Deine si stese sulla schiena, gemendo, e Basser fu su di lei, un ginocchio che le schiacciava il torace premendo con tutto il suo peso. Deine udì distintamente il rumore di qualche costola che s'incrinava.

-Non puoi salvarti, adesso, Deine- la voce di lui era vicina, adesso, sentiva il suo fiato contro l'orecchio- Questa volta si fa sul serio; non c'è nessun eroe pronto a salvarti, e non puoi cavartela con qualche frustata. Questa volta perdi, carina. E perdere significa morire. Ho intenzione di gustarmi la mia vendetta fino in fondo. Non sarà rapido. E non sarà piacevole.

Deine sentì gli occhi riempirsi di lacrime, mentre in lei si faceva strada il pensiero che, forse, il suo nemico aveva ragione.

 

Daywine si accorse della presenza di un nuovo guerriero solo quando un lampo azzurrino esplose al limite del suo campo visivo, e nove agenti dei Ribelli vennero scagliati via, i corpi carbonizzati. Girò lo sguardo, e la vide: una donna piccola ed esile, che gli arrivava appena alla spalla, e che pure si muoveva agile e precisa fra i soldati, falciandoli con improvvise esplosioni di potere.

Sembra la versione cattiva di Ariadne, pensò Daywine, mentre osservava il volto da folletto, circondato da una folta zazzera di capelli neri, contorto in una smorfia assassina. Ma non c'era proprio niente di Ariadne nella risata maligna che le eruppe dalla gola quando un altro dei soldati cadde morto ai suoi piedi.

-Ehi, bellezza!

Nel sentirsi apostrofare in quel modo, Charya si voltò di scatto, appena in tempo perr vedere un colpo partire dalla pistola di Daywine... e per schivarlo, con una contorsione quasi impossibile.

Ma come diavolo...? Daywine non ebbe il tempo di completare il pensiero: un colpo secco lo raggiunse improvvisamente alla gola, scagliandolo a terra senza respiro. Si girò sulla schiena per difendersi, la vista annebbiata da mille puntini neri, e un altro colpo lo raggiunse al centro dello stomaco.

-Mettiamo subito le cose in chiaro, giovanotto- la voce di Charya era stridula e acuta, il suo volto attraversato da un sorriso perverso. -Primo: non mi piace sentirmi chiamare bellezza. Da nessuno.- Gli piantò il tacco dello stivale nella gola, strappandogli un gemito. -Secondo: non mi piace essere disturbata -Si chinò verso di lui, le labbra rosse sollevate in un sorriso inquietante. -Terzo: però mi piace giocare. E tu sei un partner perfetto.

 

Dall'alto dell'aeronave da cui stava osservando il campo di battaglia, Ethan Vale strinse i denti.

-Porca puttana- sibilò- In tutti i sensi.

Redhent si portò accanto a lui, frugando con lo sguardo il campo di battaglia. -Che succede?

Vale gli indicò la minuscola guerriera a diversi piedi sotto di loro. -Quella è Charya. Una delle Guardie degli Aldermen. E non la meno pericolosa.

Redhent seguì il suo braccio ed impallidì. -Quello è Daywine!- esclamò con voce strozzata- Che diavolo ci fa lì?

Vale sospirò pesantemente, quindi si abbassò su un ginocchio, cominciando ad allentare i lacci degli stivali per poi serrarli meglio.

Redhent lo osservò. -Che stai facendo?

-Daywine non può farcela da solo- Vale si alzò, avvicinandosi al bordo dell'aeronave. -Devo aiutarlo.

-Cosa...?- ci volle qualche secondo perché Redhent comprendesse. Fece un passo verso il compagno. -Non pensarci nemmeno!

Vale lo fissò intensamente. -Non seguirmi- mormorò.

-Non ci sarà bisogno di seguirti, perché tu non andrai da nessuna parte!- sbottò Redhent- Ethan...

Non ebbe il tempo di finire la frase. Prima che potesse concludere, Ethan Vale piegò le gambe e saltò nel vuoto.

 

Vale atterrò sul campo di battaglia e si raddrizzò con un movimento elegante, girando il capo per valutare la situazione. Attorno a lui, le fiamme si levavano in alte colonne rossastre contro il cielo nero, illuminando le figure confuse di sorveglianti e Ribelli. Non gli ci volle molto per individuare il suo obbiettivo: Charya incombeva su Daywine a pochi metri da lui, il volto contorto in una smorfia assassina e il tacco dello stivale che sprofondava dolorosamente nella gola di Daywine, ormai livido.

Era da tempo ormai che non calcava un campo di battaglia, eppure nel momento in cui la sua mano sfiorò l'elsa della spada, fu come se non avesse mai abbandonato la guerra: tutte le emozioni scomparvero, sostituite da una freddezza assoluta che non gli permetteva di pensare ad altro.

Come ai vecchi tempi, pensò, mentre estraeva la spada con un sorriso feroce.

-Terzo: mi piace giocare- la udì affermare.

Una lunga lama entrò nella visuale di Daywine, appoggiandosi con delicatezza alla gola di Charya. La donna s'irrigidì.

-Ti va di giocare con me?- sussurrò una voce inconfondibile.

Charya chiuse gli occhi, quindi si mosse di scatto e si allontanò con un balzò dal corpo di Daywine, mettendosi in posizione di combattimento. Un sopracciglio sottile le schizzò fino all'attaccatura dei capelli.

-Ma tu guarda chi è finalmente strisciato fuori dal buco in cui si era nascosto- commentò, con una tangibile nota di disprezzo nella voce. -Mentirei se dicessi che è un piacere rivederti, Ethan Vale.

-Lo stesso vale per me, Charya- Vale assunse anch'egli la posizione di combattimento, assencondando i movimenti della donna.

-Confesso di essere un tantino delusa- Charya si fece vicina a Daywine, che ancora ansimava, steso a terra. -Non credevo che saresti arrivato ad unirti alla feccia.

Sferrò un calcio al ventre di Daywine. La spada di Vale scattò così veloce da rendere praticamente impossibile evitarla, ma Charya la schivò, portandosi vari metri più indietro con un salto praticamente impossibile.

-Vara ti manda i suoi saluti- disse con tono beffardo.

Gli occhi di Vale si strinsero. -Non li ricambio.

-Ne sarà dispiaciuta.

-La vita è piena di delusioni.

Ai loro piedi, Daywine rotolò di lato e si rialzò, portandosi barcollando alle spalle di Vale.

Questa volta fu il turno di Charya di scattare, librandosi in aria per sferrare un calcio a gambe unite che Vale evitò con prontezza, passando sotto di lei e girandosi di scatto per colpirla. Non ci riuscì, ma mentre Charya indietreggiava per portarsi a distanza di sicurezza, un raggio di energia le passò accanto, ferendola di striscio alla spalla.

La donna si voltò, inferocita,e il suo sguardò si posò su Daywine che, una pistola al Cristallo in mano, si metteva al fianco di Vale.

Gli sguardi dei due s'incrociarono.

-Sembra che questa volta dovremo collaborare- commentò il ragazzo.

-Triste, ma vero- rispose Vale, mentre si metteva di nuovo in posizione.

 

-Ariadne!

La ragazza si voltò... appena in tempo perché Derrick le piombasse addosso e la spingesse a terra, schiacciandola con tutto il suo peso.

-Ahi!- la ragazza si dibatté, premendo le mani contro il suo petto. -Cosa fai, sei matto?

-Io no, ma il tipo che ha appena cercato di spararti forse sì- ribatté l'altro aiutandola a rialzarsi. Il viso di Ariadne si contrasse in una smorfia di dolore.

-Che c'è?- le chiese immediatamente.

-No... non è niente- rispose Ariadne, ma la sua mano era scivolata verso il fianco, lì dove si allargava lentamente una macchia di sangue.

Derrick la fissò, e il suo viso assunse improvvisamente una tonalità grigiastra. -Guarda tu se questa dev'essere la volta che Redhent mi fa fuori sul serio- commentò, mentre circondava con un braccio le spalle di Ariadne e si faceva strada con lei nel campo di battaglia.

Combatterono a lungo, ed Ariadne ignorò le ferite, ignorò il dolore, esaltata dal potere che adesso fluiva così liberamente dalle sue mani, e, dovunque lei lo dirigesse, portava la vittoria. Dimenticò di avere accanto Derrick, dimenticò di aver perso di vista Deine e Daywine, completamente persa in una sorta di strana frenesia che rendeva irrilevanti le ferite, la fatica, il dolore. Si annullò senza riserve nel potere che scorreva in lei, e non si accorse quando nuove ferite solcarono il suo corpo, e il sangue cominciò a scorrere così copiosamente da farla barcollare.

Poi, due mani robuste la presero per le spalle e la scrollarono così forte da farle battere i denti.

-Ariadne! Ariadne!Vuoi starmi a sentire, maledizione!- la voce di Derrick penetrò improvvisamente nella coltre ovattata in cui la frenesia della battaglia aveva volto il suo cervello. Ariadne sbatté le palpebre e lo fissò, sentendosi improvvisamente ritornare con i piedi per terra.

-Derrick... cos'è successo?-domandò, confusa.

-Sei improvvisamente ammattita, ecco cos'è successo- ribatté quello, stringendole le spalle. -Controllati. Stiamo vincendo, ma ci sono un paio di situazioni brutte da risolvere.

Improvvisamente, Ariadne ricordò. -Dov'è Deine?

Derrick la fece voltare e la ragazza vide Deine, sporca, sanguinante, con il respiro affannoso, intenta a schivare i colpi di Basser.

-Immagino che Mister Occhietto Bello laggiù sia Basser- commentò Derrick.

-Hai ragione- rispose Ariadne. -E Deine mi sembra nei guai.

-Di più- ribatté Derrick, cupo. -A me sembra disperata.

 

Deine era più che disperata. Era sull'orlo del crollo. Ogni singolo minuscolo del suo corpo gridava di dolore, il sangue la ricopriva come una patina viscosa, sentiva che le gambe non l'avrebbero sorretta ancora per molto. E più di tutto, sentiva la frustrazione serrarle le viscere in una stretta rovente, riempirle gli occhi di lacrime. Lei non avrebbe retto un altro colpo, era così piena di ferite da avere l'impressione che da un momento all'altro sarebbe potuta cadere a pezzi, ed invece il suo nemico era ancora in piedi, il corpo segnato da pochi, sottili squarci, lì dove i suoi artigli avevano trovato, più per fortuna che per abilità, la via libera. Basser la osservava, ed il sorriso beffardo che gli inarcava le labbra era la cosa più insopportabile per Deine.

-Già stanca, carina?- il ghigno del suo avversario parve allargarsi. -Stai tranquilla, non ne avrai ancora per molto.

Si gettò su di lei, di nuovo, e Deine, indietreggiando per sottrarsi al suo attacco, urtò in un sasso ed inciampò, rovinando a terra. Le sue mani frugarono freneticamente il terreno, e si strinsero attorno al sasso che l'aveva fatta cadere. Obbedendo più all'istinto che a una vera strategia, Deine afferrò il sasso e lo scagliò contro Basser, colpendolo alla fronte. La testa del Direttore scattò all'indietro, mentre la pelle si lacerava e un fiotto di sangue gli colò nell'occhio.

L'uomo abbassò lentamente la testa e digrignò i denti. -Credi veramente di fermarmi a sassate?

-È così che si fa con i cani rognosi, giusto?- Deine si tirò lentamente in piedi, le dita strette attorno ad altri due ciottoli che prontamente scagliò contro il suo avversario, senza fallire il bersaglio. Ringhiando, Basser si scagliò di nuovo contro di lei, ma questa volta Deine era pronta: si abbassò per evitare le sue mani e fece scattare gli artigli, piantandoli in profondità nel suo fianco. Ringhiando come un cane selvatico, Basser le sferrò un pugno che la scagliò per terra, mandandola a rotolare un metro più in là. Deine si rialzò a fatica, ma un sorriso le sollevava gli angoli delle labbra: adesso sapeva cosa fare.

Da quel momento in poi, si tenne a distanza, girando attorno a Basser per irritarlo, infierendogli danni minimi, ma che aumentavano sempre di più la sua irritazione. Lo colpì ripetutamente con i sassi, sfruttando ogni occasione possibile per portarsi lontano da lui. Di tanto in tanto, lasciava che Basser le si avvicinasse, e allora colpiva, facendo scattare gli artigli con mortale precisione.

Vide la frustrazione crescere negli occhi del suo nemico. I colpi di Basser si fecero più improvvisi, perse la coordinazione. Adesso si preoccupava soltanto di colpire con più violenza possibile, senza perdere tempo in strategie e trucchetti.

Sta perdendo la testa, meglio, pensò Deine, ma quel pensiero le costò caro: Basser la raggiunse e le strinse la gola in una presa ferrea, sollevandola da terra. Deine scalciò per liberarsi, e Basser l'accontentò, scagliandola a terra con tanta violenza da incrinarle un altro paio di costole.

-Adesso mi stai veramente stufando, carina- sibilò. Uno scatto, e la lama di un coltello scintillò nella sua mano sinistra. -Credevo che le buone maniere potessero funzionare, ma evidentemente hai bisogno di un trattamento più severo.

Calò il coltello, e Deine lo respinse con un colpo della mano artigliata, in un tripudio di scintille. Ma Basser la incalzò, ancora e ancora, costringendola ad indietreggiare. Ogni colpo faceva correre una dolorosa fitta lungo il braccio di Deine.

-Hai sbagliato, carina- la voce di Basser era mortalmente calma, mentre continuava a vibrare colpi su colpi. -Hai sbagliato e devi pagare. E questa volta sarai da sola. Nessun Principe Azzurro prenderà il tuo posto. Sarai completamente nelle mie mani, e credimi, a quel punto non desidererai altro che morire.

Deine parò un altro colpo e strinse i denti, ma non poté impedire che una lacrima le scivolasse lungo una guancia.

 

Per la prima volta nella sua vita, Daywine non era sicuro che sarebbero riusciti a sconfiggere il nemico.

Charya era piccola, ma straordinariamente forte, e saltava da un punto all'altro del campo di battaglia con straordinaria agilità, tenendo i nemici a distanza con improvvisi scoppi di potere. Vale, pur essendo il doppio più grosso di lei, le teneva testa abilmente, assencondando le sue mosse e rimandandole indietro i suoi colpi, ma persino con l'aiuto di Daywine, che colpiva Charya non appena gli si presentava ,l'occasione, e spesso e volentieri l'aveva distratta per consentire all'altro di colpirla, stava cominciando ad incontrare qualche difficoltà.

-Che ti succede, Ethan Vale?- chiese lei con un sorriso di scherno. Chiuse gli occhi, tese le mani, ed un raggio di luce verdastra le esplose dalle palme.

Vale lo parò con prontezza, scivolando all'indietro per la violenza del colpo, quindi premette il pulsante sull'elsa e vibrò un tremendo fendente nella sua direzione, rimandadole indietro il suo colpo sotto forma di una lama di luce. Charya lo schivò con un balzo laterale, rotolò, quindi si rimise in piedi, e già scattava verso l'avversario. Daywine, però, era pronto: le si gettò addosso quando era a pochi metri di distanza da Vale e la scagliò a terra, stringendole la gola in una morsa ferrea. Charya gli sferrò un pugno in pieno petto, dibattendosi follemente sotto di lui, ma Daywine tenne duro e strinse la presa, deciso a soffocarla.

Il potere di Charya esplose a pochi centimetri dal suo volto, scagliandolo via con un boato assordante. Cadde addosso a Vale, ma non se ne accorse: il volto sembrava essergli diventato una maschera di fuoco, ogni singolo centimetro del suo corpo bruciava fino all'osso per la violenza delle ustioni. Si spostò su un fianco respirando pesantemente, le orecchie che gli fischiavano e il petto che gli doleva.

Maledetta, è troppo forte, pensò, cercando di ignorare il dolore. Come diavolo facciamo a sconfiggerla?

-Stai bene?

Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Vale, in piedi davanti a lui, con la spada tesa davanti a sé ed il respiro pesante.

-Ti prego, dimmi che hai un piano- biascicò, rimettendosi in piedi.

-Può essere- rispose l'altro con gli occhi fissi su Charya.

-Può essere che significa?

-Che non sono sicuro che possa funzionare.

-E meno male che “tutti gli attacchi vanno pianificati e non ci si deve gettare a testa bassa senza riflettere”- borbottò Daywine.

Vale gli lanciò uno sguardo assassino. -Ci sono situazioni e situazioni. Un vero guerriero deve saper distinguere quando buttarsi e quando... attento!

Si gettarono in direzioni opposte, appena in tempo per evitare un altro colpo di Charya. Vale si lanciò in avanti e Charya non fece in tempo ad evitarlo: la spada si mosse così veloce da risultare quasi invisibile, tracciando un solco rosso sul petto della donna.

-Uno a zero per me- sussurrò il guerriero.

Charya si passo lentamente una mano sulla ferita, trattenendo una smorfia di dolore, e se la portò al livello degli occhi, rossa di sangue. Gli angoli delle sue labbra si sollevarono in un sorriso. -Non credo proprio- sibilò- Ferita o no, tanto non riuscirete a sconfiggermi.

-Vogliamo provare?- uno sguardo, e Daywine e Vale si compresero.

Si gettarono su di lei da entrambi i lati, sferrandole colpi su colpi nello stesso istante, ma Charya li tenne a bada senza problemi, ora evitando uno, ora parandone un altro. Daywine cominciava ad accusare la fatica, sentiva le ustioni sul viso bruciare, ma la donna non dava minimamente segni di stanchezza. Forse aveva ragione, forse non sarebbero riusciti a sconfiggerla.

-Non possiamo farcela- le parole uscirono dalle sue labbra in un sussurro concitato, mentre indietreggiava per portarsi a distanza di sicurezza. -Non riusciremo a sconfiggerla. Non è assolutamente stanca.

-Oh, io non credo- rispose Vale- Guardala bene.

Daywine lo fece, ed in quel momento Charya sparò di nuovo contro di loro un raggio che Vale parò prontamente, ma in quel breve attimo che intercorse tra il colpo e la risposta, un fremito parve scuotere la donna fin dentro le ossa; Charya non riuscì a nascondere l'improvvisa smorfia di dolore che le distorse il viso, ed in quel momento Daywine intravide una possibilità.

-Siete proprio ottusi, eh?- Charya abbassò le braccia, ed il suo volto rimase improntato a quella strana espressione sofferente, mentre il suo petto si alzava e si abbassava a scatti.

-Cosa le succede?- esclamò Daywine- Perché tutt'ad un tratto sembra essersi affaticata?

-Il controllo che ha sull'energia del Cristallo non è naturale- spiegò Vale- Riesce ad evocarlo senza l'ausilio di un frammento solo perché Hostel l'ha modificata geneticamente. Ma l'uso prolungato del suo potere alla lunga risulta dannoso sul suo organismo.

Daywine lo fissò. -Quindi?

-E quindi facciamola giocare. Spingiamola ad usare il suo potere, ancora e ancora, finché non sarà più in grado di reggersi in piedi. Finché non sarà lei stessa a decretare la sua sconfitta.

-Questo piano sembra buono...- con la coda dell'occhio, Daywine colse Charya prendere la rincorsa e spiccare un balzo nella loro direzione.

-... tutto sta nell'applicarlo!- urlò, abbassandosi per evitare il suo colpo.

Un colpo al polso, e la spada di Vale gli sfuggì scintillando dalle mani, roteando nell'aria per cadere qualche metro più in là. Vale alzò di scatto le mani, serrando entrambi i polsi di Charya in una presa ferrea, ma quel punto la donna gli sferrò un calcio alla caviglia, facendolo barcollare; la guerriera approffittò di quell'esitazione per liberarsi e scattare, puntando agli occhi.

Vale indietreggiò di qualche passo, senza smettere di parare il turbinio di colpi che la donna gli stava infliggendo; con la coda dell'occhio scorse la sua spada a pochi centimetri da loro. Quella distrazione gli costò cara: Charya ne approffitò per fargli lo sgambetto. Vale cadde, mentre la donna gli si faceva più vicina, i pugni stretti e un sorriso di selvaggia soddisfazione sulle labbra.

-Sei uno stupido, Ethan Vale- gli sussurrò, tendendo lentamente la mano per prepare il colpo finale. -Saresti dovuto rimanere nell'esercito degli Aldermen. Ho sempre saputo che saresti finito così.

-Io non credo- replicò Vale.

Charya lo osservò stupita... e le braccia di Daywine la cinsero da dietro, stringendosi in una presa ferrea sul suo collo. Il ragazzo indietreggiò, strattonandola, mentre dalla bocca di Charya uscivano gemito strozzati e lampi di energia del Cristallo esplodevano incontrollati dalle sue dita, bruciando il terreno tutto intorno. Vale, rapido, recuperò la spada ed intercettò con la lama uno di quei colpi, rimandandolo prontamente indietro. Charya e Daywine vennero scagliati all'indietro, ma il ragazzo riuscì miracolosamente a rimanere in piedi, allentando però la presa sulla sua nemica. Charya si svicolò e gli sferrò una gomitata alla gola.

Daywine cadde su un ginocchio e Charya lo colpì al ventre, rovesciandolo su un fianco. Continuò a colpirlo, ancora e ancora, mentre una smorfia di rabbia selvaggia le distorceva i lineamenti.

-Stupido... piccolo... bamboccio- sibilò, aumentando la violenza dei colpi.

La spada di Vale sibilò nell'aria, tracciando un lungo solco rosso lungo il suo braccio.

La donna si voltò di scattto, e un grido che non aveva quasi nulla di umano le eruppe dalla gola; si scagliò su Vale con furia selvaggia, le sue braccia divennero quasi indistinguibili nel turbinio di colpi che scatenò addosso all'altro. In breve tempo, i suoi colpi parvero perdere coordinazione. Come Vale aveva previsto, cominciò ad usare sempre di più il suo Potenziale, la sua frustrazione che aumentava ad ogni colpo che Vale le rimandava. Il respiro di Charya cominciò a farsi affannoso, la smorfia di dolore che le attraversava il volto divenne più frequente. Vale poteva quasi vedere la frustrazione aumentare dentro di lei, come un'onda rovente che mano a mano le sottraeva lucidità.

-Se pensi di potermi fermare, Ethan Vale, ti sbagli di grosso- con agilità, la donna evitò un colpo- Io servo il primo Alderman, e il Primo Alderman non sceglie i suoi servi a caso.

Continuò ad incalzarlo, affondando lo sguardo dei suoi occhi roventi in quelli impassibili dell'avversario.

-Hai fatto un errore, anni fa- gli sibilò ad un centimetro dal volto- ed ora ne pagherai le conseguenze.

Gli diede uno spintone, quindi gli assestò un calcio al ventre. Vale le procurò una ferita alla coscia e ne approffitò per portarsi indietro, a distanza di sicurezza.

-Ho fatto un errore?- ribatté- Questo è quel che vedremo.

La mascella di Charya si serrò. -La tua arroganza non ti salverà a lungo, Ethan Vale.

-Vale!

Il grido che esplose alle sue spalle lo fece voltare di scatto. Daywine era in piedi di fronte a lui, nella mano stringeva una pistola caricata con il Cristallo.

Bastò uno sguardo, e con quell'impercettibile intesa che contraddistingue i veri guerrieri, si compresero. Daywine premette il grilletto, e una scarica di energia azzurrina attraversò vibrando lo spazio che intercorreva tra loro. La lama di Vale si mosse ad una velocità che la rese quasi invisibile ed intercettò il colpo: la luce si avvolse vibrando attorno alla lama, avvolgendola in un alone di brillante energia. Vale strinse la presa sull'elsa, quindi, con una torsione del busto disegnò un arco di fronte a sé... e premette il pulsante.

L'energia rilasciata attraversò l'aria sotto forma di una lama di luce vibrante e Charya non fece in tempo ad evitarlo: il colpo la raggiunse in pieno, scagliandola all'indietro con violenza. Vale e Daywine la videro attraversare l'aria e cadere a terra con uno schianto assordante, il corpo avvolto da un bozzolo di fiamme.

Lentamente, Vale si raddrizzò. Daywine lo raggiunse e, l'uno di fronte all'altro, rimasero ad osservare il corpo della loro nemica che bruciava, mentre attorno a loro i rumori della battaglia sembravano di nuovo tornare ad avvolgerli.

Daywine aveva il respiro affannoso, il corpo dolorante, ed era copertodi ferite dappertutto; Vale aveva il respiro leggermente accelerato e sanguinava da un taglio sulla fronte.

Il ragazzo lo osservò, ancora incapace di credere a quello che era appena successo: erano riusciti a sconfiggere una delle Guardie degli Aldermen, e lo avevano fatto insieme.

Vale ricambiò lo sguardo. -Sei stato bravo- osservò.

Daywine lo fissò. -Grazie- ribatté. Poi aggrottò le sopracciglia. -Non pensare che questo cambi le cose fra noi.

Vale sogghignò. - Mai pensato.

 

Deine finì scagliata contro un mucchio di macerie che un tempo era stata una porzione di uno dei capanni che contenevano i forzati. Rapidamente, ignorando il dolore, si portò dietro al piccolo ammasso di rovine e vi si accucciò, cercando di sottrarsi per qualche momento alla vista di Basser. Si portò una mano dietro alle teste, lì dove la nuca si trasformava in un ammasso di muscoli pulsanti: la ritirò rossa di sangue.

-Smettila di nasconderti, carina- la voce di Basser risuonò a poca distanza da lei, assieme al rumore dei suoi passi che si avvicinavano. -Tanto lo sai che uno di noi due oggi morirà.

Da dietro il suo nascondiglio, Deine digrignò i denti. -Sì, lo so...- ringhiò.

Con un balzo, superò il piccolo cumulo di macerie e gli saltò al collo, stringendosi a lui con le braccia e con le gambe; gli artigli scattarono, affondando crudelmente nella spalla dell'ex Capo Sorvegliante.

Basser ringhiò e si dibatté selvaggiamente, nel tentativo di scrollarsela di dosso, ma Deine tenne duro, rigirando a fondo gli artigli nella sua carne, il sangue di Basser che le scorreva a fiotti lungo il braccio.

Con un ruggito, Basser si gettò all'indietro. Deine fece appena in tempo a balzare via dalla sua schiena e a rotolare via prima che il suo avversario rovinasse a terra.

Lentamente, Basser si rimise in piede, portandosi con una smorfia la mano alla ferita. Osservò per un istante le dita lorde di sangue, quindi agitò sprezzantemente la mano, spargendone alcune gocce nell'aria. -Adesso mi hai veramente fatto arrabbiare- sibilò.

Si gettò nuovamente su di lei, ma una fitta alla spalla lo bloccò a metà del movimento. Deine ne approffitò per infliggergli una nuova ferita al ventre, girandogli subito intorno per portarsi alle sue spalle.

Basser si voltò nella sua direzione. Lento, troppo lento; Deine era già scattata, con gli artigli tesi, ma la mano del suo avversario le si strinse con forza intorno al polso, strattonandola nella sua direzione. La colpì con un manrovescio che le fece scattare di lato la testa, mentre mille puntini neri affollavano la sua visuale.

Deine cadde su un ginocchio, cercando di liberare il braccio dalla presa di Basser, ma un calcio che la raggiunse al ventre la piegò in due, mentre il caldo sapore del sangue le riempiva la bocca.

La mano di Basser la strinse la gola e le piegò la testa all'indietro, costringendola a fissare lo sguardo in quello delirante del suo unico occhio: era vicinissimo, adesso, Deine sentiva sul viso, il suo fiato rancido.

-Mi hai deluso, carina- la voce di Basser era poco più di un sussurro- Quando sei venuta qui, credevo che ti saresti rivelata abbastanza furba da sopravvivere; e fino ad un certo tempo sei stata brava, lo ammetto, ma poi è bastato che un bamboccio in preda agli ormoni arrivasse a farti gli occhi dolci perché tu ti rivelassi per quello che sei: una piccola, stupida ragazzina.

La strinse ancora più forte, strappandole un gemito.

-Ed è qui che tutto finisce, per colpa della tua boria. Questa volta non verrà nessuno a salvarti. Non c'è una seconda possibilità. Muori qui- uno strano lampo gli attraversò lo sguardo- Un po' mi mancherai, lo ammetto.

S'irriggidì, il suo unico occhio si dilatò, il colore parve sparire dal suo viso. La sua bocca si dilatò, un fiotto di sangue gli scese lentamente lungo la gola. Cercò di parlare, ma gli uscì soltanto un gorgoglio.

-Tu no, bastardo- ringhiò Deine.

Basser, incredulo, abbassò lo sguardo sui tre artigli di metallo che gli affondavano nel petto fino al cuore. Per un istante fissò Deine, l'unico occhio dilatato per lo stupore; poi, il suo sguardo si fece vitreo, dal suo viso scomparve ogni espressione.

Poi, con un tonfo, Basser cadde addosso a Deine. Morto.

 

Ci vollero alcuni istanti perché Deine comprendesse appieno quello che era successo. Non seppe per quanti istanti rimase stesa sotto il corpo del suo nemico, lo sguardo fisso nel suo unico occhio vuoto. Non riusciva a credere a quello che era appena successo: Basser era morto, il suo nemico peggiore era morto, e non l'avrebbe mai più tormentata. Aveva vinto. Era finita.

Ma il peso di Basser sul petto le impediva il respiro, quindi fu costretto a tornare alla realtà. Si dibatté con foga, premendo le mani sul petto di quel colosso, ma quel bastardo non si spostava.

-Serve una mano?

Non le occorse guardare per capire chi era: Deine tese le braccia alla cieca e due mani forti le strinsero i polsi, tirandola indietro con un potente strattone.

Deine giacque qualche minuto sulla schiena, esausta, quindi si girò lentamente su un fianco. Gli occhi di Daywine ricambiarono il suo sguardo, accompagnati da un luminoso sorriso.

-Grandioso, bellezza- le disse. Le tese una mano, un sopracciglio ironicamente inarcato.- La vuoi una mano, adesso?

Deine lo fissò per qualche istante, quindi sorrise e pose la mano in quella di lui.

Daywine la prese, la strinse, e la tirò su con tanto impeto da farla finire contro di lui. Deine barcollò, cercando di mantenere l'equilibrio, e istintivamente si appoggiò a lui; le mani di Daywine le strinsero delicatamente i fianchi, tenendola in piedi.

Deine alzò lo sguardo, Daywine abbassò il suo: i loro occhi s'incontrarono, e Deine non seppe mai cosa la spinse a fare quello che fece; forse non ci fu nessun motivo logico, perché lei non rifletté affatto. Semplicemente, si sporse verso di lui e lo baciò.

Daywine esitò, stupito, ma fu solo per un attimo: subito le sue labbra si aprirono sotto quelle di Deine e le sue braccia le strinsero la vita con tanta foga da sollevarla da terra; Deine si aggrappò al suo collo, sentendosi travolgere da un'emozione che mai aveva provato prima.

Attorno a loro esplosero grida di sorpresa, applausi, acclamazioni, ma nessuno dei due se ne curò. Solo un commento, emerso tra quelli della folla, li fece sorridere.

-Ho l'impressione di essermi perso un passaggio- sentirono osservare Derrick.

-Beato te che te ne sei perso uno- ribatté Vale- Io ho l'impressione di averne saltati parecchi.

Ci volle un po' perché i due tornassero alla realtà. Deine si staccò lentamente da lui, battendo le palpebre pern osservarlo meglio. Lo vide sorridere, e ricambiò il sorriso.

Attorno a loro, i sorveglianto sopravvissuti venivano resi inoffensivi, i forzati venivano accolti e radunati, le navi dei Ribelli lentamente si posavano a terra tra gli applausi e le acclamazioni. Deine e Daywine, ancora abbracciati, osservarono tutto questo con un sorriso sulle labbra, quindi si scambiarono un altro bacio.

Avevano vinto.

 

E seppur con scandaloso ritardo, eccomi di nuovo qui!

Cercate di capirmi, sono riuscita a non prendere nessun debito, quindi diciamo che non ho aggiornato prima per poter aggiornare regolarmente adesso.

Non riesco a crederci, manca solo un capitolo alla fine! Ma non preoccupatevi, la seconda parte della trilogia verrà pubblicata quanto prima :)

E adesso...

Un minuto di silenzio per la dipartita del compianto Basser...

...

SÌÌÌ!!! Crepa, bastardo! Credevi di arrivare vivo fino alla fine, ma la forza della TRAMA ti ha spernacchiato!

Un sentito commiato anche a Charya, che ha avuto più o meno la stessa introspezione psicologica che riserverei al bracciolo del mio divano.

(E , lo so che alcuni di voi si aspettavano Vara, ma la ragione per cui non è comparsa verrà chiarita. Vi giuro.).

E, niente. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo. Mi raccomando, celeri con le recensioni!

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** L'inizio ***


L'aeronave ammiraglia della flotta Ribelle atterrò con delicatezza sul terreno devastato del campo di battaglia, sollevando una grande nube di polvere. Le porte si aprirono con un sibilo e Redhent attraversò la passerella che conduceva a terra a passo spedito, il volto sconvolto dalla preoccupazione.

-Ethan!- gridò. Si avvicinò a grandi passi al compagno e gli prese il viso tra le mani, sfiorando con le dita il taglio sulla fronte. -Stai bene?

-Sto bene- rispose Vale, sottraendosi alla stretta dell'altro. Gli occhi di Redhent vagarono allora alle sue spalle, lì dove i Ribelli si stavano radunando dopo la vittoria.

-Papà!- una voce squillante risuonò tra il brusio della folla, e subito dopo Ariadne si fece largo tra i guerrieri accalcati, dirigendosi di corsa verso il padre.

-Ariadne!- Redhent se la strinse convulsamente al petto, gli occhi chiusi per il sollievo. La prese per le spalle e la fece indietreggiare, passando freneticamente lo sguardo su ogni centimetro del suo corpo. I suoi occhi si dilatarono. -Ariadne... sei ferita?

Il volto della ragazza si contrasse in una smorfia di dolore, mentre indietreggiava di qualche passo e si portava una mano alla ferita sul fianco. -È solo un graffio- tentò.

Il volto di Redhent s'indurì in un'espressione gelida. -Vai a curarti- le disse, e prima che Ariadne potesse muovere qualsiasi obiezione la fece voltare e la spinse tra le braccia di Soale, che la trascinò via dal campo di battaglia.

Redhent prese un profondo respiro, chiuse gli occhi, quindi si voltò, lì dove Deine, Derrick e Daywine attendevano con un'espressione estremamente colpevole sul volto.

-Voi tre- li apostrofò tra i denti, gli occhi animati da una scintilla minacciosa.

Deine sussultò e si guardò intorno, quasi cercando di capire a chi l'uomo potesse essersi rivolto. -Io?- ripeté.

-Sì, anche tu, signorina-. Redhent incrociò le braccia sul petto e li scrutò a lungo, fino a che Daywine non abbassò lo sguardo e Derrick iniziò a fischiettare.

-Allora?- la parola parve calare come un macigno nel silenzio che si era creato.

-Allora cosa?- ribatté il figlio, sulla difensiva.

-Si può sapere com'è vi è saltato in testa di portarvi dietro Ariadne?! Siete pazzi o cosa?- il ruggito li fece sobbalzare.

-Guarda che è stata lei a voler venire- tentò debolmente Daywine.

-Non m'interessa! È tua sorella, ci si aspetta che tu sappia come controllarla! E tu- questa volta, a essere fulminata fu Deine- Sei la sua migliore amica, non hai un minimo di influenza su di lei?

-Ho cercato di convincerla a non venire- rispose Deine- Ma Ariadne non si lascia influenzare da nessuno- aggiunse con un sorriso.

-Poteva morire- continuò Redhent senza nemmeno badarle- Poteva essere catturata, poteva essere ferita, poteva essere uccisa...

-Potevano capitare anche a me tutte queste cose- ribatté Daywine, offeso.

-Lei non ha il tuo addestramento! Cosa diavolo vi è passato per la testa? È solo una ragazzina indifesa!

-Ehm, Redhent- intervenne Derrick- Ti faccio notare che, se non fosse stato per la ragazzina indifesa, a quest'ora dovreste raccogliermi con il cucchiaino.

-Parla un'altra volta, e provvederò personalmente- ruggì Redhent, e nello sguardo che lanciò a Derrick c'era qualcosa in più della rabbia, un'ombra di sospetto che fece sì che l'altro distogliesse gli occhi. Prese un profondo respiro. -Se anche volessi chiudere un occhio- e non credo che lo farò- sul fatto che abbiate autorizzato la missione alle mie spalle, certo non ho intenzione di farvela passare liscia per aver permesso la presenza di Ariadne...

-Io non le avevo dato il permesso di venire- specificò Vale, comparendo in quel momento alle spalle di Redhent.

-Tu dovresti essere dalla nostra parte- insorse Daywine- Guarda che è solo merito mio se puoi ancora rompere le scatole.

Vale volse lo sguardo verso di lui, un sopracciglio elegantemente inarcato. -Correggimi se sbaglio, ma sono io che sono venuto a salvare te, non il contrario.

Le guance di Daywine si fecero di brace. -Non avevo nessun bisogno del tuo aiuto. Me la stavo cavando benissimo da solo.

-Oh, naturalmente.

-Tu sta' zitto- sbottò Redhent. -con te farò i conti tra poco.

Si volse di nuovo verso i tre ragazzi, gli occhi ridotti a due fessure. -Ho bisogno di riflettere per decidere quali provvedimenti adottare nei vostri confronti. Non solo avete compiuto una missione senza il mio permesso, ma vi siete anche portati dietro una ragazzina...

-Oh, adesso basta, papà!

Il suono della voce di Ariadne li fece voltare di scatto, e la ragazza si frappose fra loro, il volto pallido e determinato, nonostante le bende che le fasciavano il fianco. Redhent fece per avvicinarlesi, ma la ragazza alzò una mano per bloccarlo e disse, con tono duro e deciso:- Stammi bene a sentire, papà. Ho dimostrato di essere in grado di combattere, e questo non puoi negarlo, visto che Derrick non sarebbe vivo senza il mio intervento. Per cui, una volta per tutte- e questa volta vedi di mettertelo bene in testa- : non puoi tenermi bloccata, sopratutto ora che ho scoperto che cosa so fare. Quindi, o vedi di assegnarmi tu stesso le missioni, in modo da poter sapere sempre dove sono o perché, oppure ti rassegni al fatto che le missioni me le sceglierò da sola, con o senza il tuo consenso.

Tacque, e gli occhi di tutti si posarono su di lei, stupefatti. Per alcuni istanti nessunò odò parlare... poi Ariadne guardò il padre, e le sue labbra si sollevarono in un sorriso terribilmente birichino.

Redhent la osservò ancora per un attimo, quindi scoppiò a ridere e attirò la figlia in un abbraccio, scompigliandole affettuosamente i capelli. -Ha ragione Deine- commentò- Non ti fai influenzare da nessuno.

-E adesso te ne accorgi?- replicò Daywine con un sorriso.

Lo sguardo di Redhent si volse di nuovo a loro, gelido- Il che non significa che voi non vi ritroverete a dover scontare una punizione coi fiocchi.

-Accidenti a te, Daywine- gemette Derrick- parli sempre al momento sbagliato.

 

I sorveglianti vennero legati e rinchiusi in una delle stanze del laboratorio, mentre alcuni dei Ribelli si preoccuparono di provvedere ai forzati. Vale e Redhent perlustrarono la Cava da cima a fondo, ma non trovarono nulla che potesse fornire loro un qualsiasi indizio sull'ubicazione dei progetti.

Deine e Daywine li seguirono nel loro giro avvolti in una strana sensazione di irreatà e di straniamento nel vedere sfilare davanti a loro tutti quei luoghi che ricordavano attraverso un velo di orrore. Nel momento in cui, per la prima volta dopo quasi quattro mesi, fecero di nuovo il loro ingresso nel Dormitorio, Deine credette quasi di svenire.

-E io che credevo che non avremmo mai più rivisto questo posto- commentò Daywine tra i denti.

-Oh, andiamo, Daywine, non è poi così male- ribatté Derrick- Certo, è un po' lugubre, ma una volta che avremmo dato una mano di vernice...

Una volta finita la perlustrazione, i cinque responsabili dell'assalto e i due capi si ritrovarono riuniti in quello che era stato l'ufficio di Basser, una stanzetta abbastanza asfittica, con pochi posti a sedere.

-Non abbiamo trovato nessuna traccia, ne' dei progetti ne' del Cristallo modificato- iniziò Redhent- ma questo non significa che non ve ne siano. Questo implica che dovremo passare i propri giorni a setacciare ogni angolo della Cava per trovare il luogo in ci ha potuto nascondere i suoi segreti. Dobbiamo assolutamente venire a capo di questo mistero.

-Non abbiamo però molto tempo- intervenne Vale- Siamo riusciti ad infliggere un duro colpo al sistema degli Aldermen, ma di certo non è un danno definitivo, e non ci vorrà molto prima che Hostel passi al contrattacco. Perciò, qualsiasi cosa Hostel abbia nascosto qui, dobbiamo sbrigarci a trovarla prima che arrivino qui a raderci al suolo.

Per alcuni istanti, nel piccolo ufficio regnò il silenzio, poi Redheny si alzò, strofinandosi stanncamente gli occhi. -Ma adesso basta parlare di questo- disse con un sorriso- Andate a festeggiare la vittoria con gli altri, ragazzi. Ve lo siete meritato. E dopo, andate pure a riposare.

-Beati voi che ci riuscirete- sospirò Ethan Vale- Io stanotte non chiuderò occhio.

-Mi fa piacere- ribatté Redhent con un sorriso malizioso.

-Redhent!- sbottò l'altro lanciandogli uno sguardo... e se non fosse stato impossibile, trattandosi di Ethan Vale, Deine avrebbe giurato che per un attimo fosse arrossito.

-Andate a godervi la vittoria, ragazzi- ripeté Redhent, battendo una pacca sulla spalla di Daywine e arruffando i capelli di Ariadne.

I quattro lasciarono la stanza e si avviarono lungo i corridoi della Cava: attorno a loro, aumentavano i rumori degli agenti in festa. Ovunque andassero, incontrarono solo sorrisi ammirati e sguardi di approvazione, e per la prima volta da che si era unita ai Ribelli, Deine si sentì accettata, nel pieno senso della parola; sorrideva, fiera, mentre camminava accanto a Daywine, Ariadne dall'altro lato che le si appendeva al braccio e non smetteva un attimo di parlare, descrivendo con accenti entusiasti le sue prodezze in battaglia.

-E scusami se io ti ho soltanto salvato la pelle un altro paio di volte, scricciola- la sbeffeggiò Derrick.

Deine non prestava molta attenzione alle parole dei suoi amici intorno a lei; si sentiva svuotata, come se tutta la forza le fosse scivolata via dal corpo. Aveva battuto Basser, aveva sconfitto il suo nemico di sempre: il Direttore non sarebbe più riuscito a tormentarla. Ma quel pensiero le dava una strana sensazione di straniamento, comese se in quel momento fosse difficile affrontarlo in tutta la sua realtà.

Si allontanò dai suoi amici quasi senza accorgersene, superando la soglia del Laboratorio, inoltrandosi nell'aria fredda della sera: il cielo sopra di lei brillava immenso, e vuoto, illuminato dalle luci distanti di mille piccole stelle. Deine alzò lo sguardo e lo osservò, sentendo un soffio di vento scostarle i capelli.

Poco lontano da lei, i cadaveri di tutti colore che erano morti nella battaglia bruciavano in un'unica, grande pira che si levava rossa contro il cielo nero. Deine scrutò nelle evoluzioni delle fiamme, quasi a cercare di scorgere, attraverso i tanti corpi, quello del suo nemico, ma sapeva che era inutile: di Basser, ormai, non rimanevano altro che ceneri.

Un soffio di vento le sfiorò il viso, e l'odore del fumo le raggiunse le narici. Deine lo ispirò a fondo, e in quel momento percepiì chiaramente che qualcosa era cambiato: della ragazza che aveva conosciuto Daywine alla Cava, della forzata priva di scopo che un tempo era stata non rimaneva più nulla. Era cambiata più di quel che avrebbe creduto possibile, e in quella notte, in quella pira, la morte di Basser suggellava la fine di ciò che era stato.

È finita, si sorprese a pensare.

-Cosa ci fai qui, tutta sola?

Il suono di una voce la fece voltare, e gli occhi di Deine incontrarono quelli di Daywine, brillanti nel viso illuminato a tratti dalle fiamme.

-Niente. Pensavo.

Il ragazzo le si mise a fianco e le circondò le spalle con un braccio, osservando, come lei, la pira che si consumava. Per alcuni istanti, nessuno dei due sentì il bisogno di dire nulla.

-Che ne dici di tornare a godersi la festa, come gli altri?- disse Daywine dopo un po'. -Dopotutto, siamo quelli che se lo meritano di più.

La fece voltare, e la condusse verso il dormitorio. Per un solo istante, provò la fortissima tentazione di guardarsi indietro.

Guardarsi indietro non serve mai a nulla, per un istante, la voce di Derrick parve rieccheggiarle nella testa. Deine si strinse più forte contro il fianco di Daywine.

-È proprio finita- commentò.

Daywine scosse la testa e rise, una risata calda e sicura nel buio della notte. -No, non finita- ribatté stringendola più forte- Anzi, è appena cominciata.

 

Zanoch Hostel attraversava i corridoi del Palazzo degli Aldermen a grandi falcate, gli occhi scintillanti e il viso contratto in una smorfia di furore. La porta dell'alloggio delle Guardie gli si parò davanti, e lui le aprì con violenza, irromprendo nella stanza come una furia.

Gli si presentò alla vista un ambiente spazioso, grandemente illuminato, che di tutto parlava, fuorché di rigore militare: la luce delle lampade al neon si rifletteva sulle linee morbide di divani dai colori tenui, ricoperti di cuscini ricamati; su uno di questi divani giaceva Adon, mollemente sdraiato, i lunghi boccoli che ricadevano sul petto nudo. Accanto a lui, Vara sedeva a gambe incrociate su un piccolo sgabello, apparentemente intenta a giocherellare con un pugnale.

-I Ribelli hanno preso la Cava- annunciò Hostel a denti stretti.

Adon non ebbe nessuna reazione; dal suo angolo, Vara alzò appena la testa, gli angoli delle labbra sollevate in un sorriso di sufficienza. -L'avevo detto io che Charya non era sufficiente- osservò.

-Charya è morta- ribatté seccamente Hostel.

Adon si mise seduto di scatto, sul viso un'espressione di sorpresa, e di dispiacere:-No!- esclamò.

Vara inarcò un sopracciglio. -Oh- replicò con un piccolo broncio- Che peccato.

-Ad ucciderla è stata una nostra vecchia conoscenza- continuò il Primo Alderman. -Il suo nome è Ethan Vale.

A quelle parole, Vara alzò la testa di scatto e tutto il colore parve defluire dal suo viso, mentre gli occhi le si dilatavano in un'espressione assolutamente pietrificata. Il pugnale le sfuggì di mano e cadde sul pavimento, con un rumore metallico.

Adon fece una smorfia. -Ethan Vale?- pronunciò il nome con lo stesso tono che avrebbe riservato ad un insetto particolarmente disgustoso. -È ancora vivo?

-No- sussurrò Vara a voce appena udibile, gli occhi fissi e scintillanti nel viso cianotico- Non è possibile.

-Non ci sono dubbi- replicò Hostel seccamente- È lui. Le testimonianze che abbiamo raccolto non lasciano spazi a fraintendimenti. È tornato, e si è messo a capo della Resistenza.

-Credevo che tu l'avessi ucciso- osservò Adon, rivolto a Vara.

-Non abbiamo mai trovato il suo corpo- rispose lei, gli occhi fissi su qualcosa che nessun'altro era in grado di vedere.

Alzò la testa e il suo viso s'indurì in una smorfia assassina, mentre le guance le si coloravano lentamente di rosso. -Ma vedrò di rimediare- sussurrò, la voce inespressiva e gli occhi verdi illuminati da un lampo metallico.

-Ed al più presto- aggiunse Hostel. -I Ribelli ci hanno assestato un colpo duro, ma possiamo riprenderci, e lo faremo. In fretta, anche, perché non possiamo permetterci indugi. Non lascerò che quella feccia s'impadronisca del nuovo Cristallo che ho creato.

-Ma guarda guarda- commentò Adon, quasi divertito- I topi hanno finalmente cominciato a giocare sul serio, eh?

-E così faremo anche noi- sussurrò Hostel. Il suo viso era calmo, adesso, ma i suoi occhi erano accesi da una scintilla che non aveva nulla di umano: una scintilla della più pura e ferrea decisione.

-La guerra vera è appena iniziata.

 

E dopo undici mesi, sedici capitoli e 131 pagine di Word, finalmente siamo arrivati all'epilogo! Non sono del tutto convinta che sia all'altezza degli altri, ma sinceramente, chi se ne frega :).

Questa è la prima storia originale che riesco a finire, e non avete idea di quanto la cosa sia emozionante. Sono contenta che questa storia abbia ricevuto una risposta tanto positiva, e vi dico una cosa: non disperate! Il prossimo capitolo della trilogia, “Potere Assoluto”, verrà pubblicato quanto prima.

Ed ora, passiamo alla parte più importante di questo capitolo: i ringraziamenti!

Senza dubbio, i miei primi ringraziamenti vanno:

 

-A mia sorella Catcher. Perché è lei. Perché è la mia gemella e mi definisce. Perché per undici mesi, 16 capitoli e 131 pagine di Word è stata al mio fianco, rompendomi le palle per gli errori di battitura ;). Perché è la mia fan numero uno. E perché... non ti montare la testa, Catcher, i tuoi meriti sono assai limitati!

-A Fabrixz, il mio adorato fratello maggiore, che spesso capisce cosa voglio dire prima ancora che io lo dica. E che non mi risparmia nulla, critiche e frecciatine. Le sue recensioni sono tra le cose più belle che abbia mai letto.

 

E adesso, passiamo a ringraziare tutti coloro che hanno reso questa storia degna di essere scritta.

Un sentito grazie a:

-Tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite: Alli_210, Chione regina delle neve, Fabrixz, Lettrice Segreta, Lucy_Susan, martacamifilo, The Swordmaster, Vivians e Zampa di Lupo;

-Tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite: Arya373, asukashira, Baki, Elyana, evuzzola, Fabrixz, ladyathena, LinsdayBlackRose (*_*), Slite Moon, Soheila, StewyT, Ualee e Zampa di Lupo;

-Tutti coloro che hanno messo la storia tra le ricordate: chiocciolina o_o, Hola1994, Hoshi98 e Noemisworld( e a chiunque l'ha tolta dalle ricordate, che la peste lo colga).

-Tutti coloro che hanno recensito la storia: Alli_210, Chione regina della neve, The Swordmaster, Zampa di Lupo (ovvero quella che io chiamo “la banda”) e Fabrixz, LinsdayBlackRose e Arya373. I vostri pareri mi sono stati preziosissimi per poter trovare la forza di andare avanti e per comprendere pregi e difetti della mia storia. Voi per me siete diventate delle amiche, e spero che lo stesso valga per voi.

Concludo la pappardella (e nel frattempo, le pagine di Word sono diventate 132) dicendo che vi adoro e che spero di risentirvi presto con il secondo capitolo!

Un bacio gigantesco a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

 



 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2152022