The Evil

di Shark Attack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Castello ***
Capitolo 2: *** Esercitazione / Micah ***
Capitolo 3: *** Quando tutto ebbe inizio ***
Capitolo 4: *** Possessione e Libertà ***
Capitolo 5: *** Ritrovo ***
Capitolo 6: *** Scoperte ***
Capitolo 7: *** Ritorno ***
Capitolo 8: *** Quelle bianche mura ***



Capitolo 1
*** Il Castello ***


The Evil



Era notte fonda quando la luce dell’ultima finestra del castello si spense in un soffio. Per rendere la stanza un po’ più suggestiva, Gea aveva acceso una candela sul comodino, diffondendo una luce tenue e calda nella sua camera da letto. La luce era tenue, e calda, sì, ma portava con se anche molti ricordi, un tempo belli.
Gea ricordava perfettamente le occasioni in cui si accendeva una candela in casa sua, ed era sempre alle feste o quando saltava la luce nell’abitazione. Da un buio pesto, con un’aria tesa e preoccupata, si avvicinava flebile una luce, una piccola fiamma che riaccendeva speranze e sicurezze negli animi, in particolare nel suo. E ad accenderla era sempre la mamma.
Un bel ricordo come questo, tenero e affettuoso, confortante nei momenti bui, si era trasformato in un ricordo triste, caratterizzato dalla solitudine e da un senso di vuoto interiore. La causa era il Padrone.
Spenta la candela, Gea si avvicinò alla finestra e il suo volto s’illuminò ai tiepidi raggi lunari che attraversavano il vetro che la separava dal resto del mondo. Il suo sguardo si gettò sulla foresta che si stagliava dinanzi al castello come una distesa verde e infinita, mentre il suo cuore volava sopra le cime degli alberi sognando libertà e vento fra i capelli, ma soprattutto libertà. Anche se il suo destino era così irrimediabilmente segnato che non era una grande conquista anche solo poter immaginare di essere libera.
Si allontanò controvoglia da quel sogno al sentire il verso del gufo, suo immaginario nemico. Con quei suoi solenni “uh-uh” la costringeva, ogni sera, a rinunciare a quel flebile piacere, a quella lieve e impercettibile gioia nel cuore che le rinnovava speranza, fiducia e voglia di svegliarsi la mattina successiva. In che cosa credesse, poi, talvolta non lo sapeva nemmeno lei.
La luna illuminava la stanza quel che bastava per non farsi male e muoversi tranquillamente tra i mobili. Prese una spazzola dal comodino e la fece sfilare fra i suoi capelli neri come lei sfilava nella stanza, a passi dolci e senza una precisa sequenza logica, come volteggiava una trottola. Nella sua mente suonavano semplici note di pianoforte, ricordo di qualche persona che le suonava quando lei era piccola. Si muoveva seguendole silenziosamente, in un movimento che in un certo senso poteva addirittura sembrare un ballo, simile ad un waler; purtroppo Gea non ne conosceva nemmeno il nome e non seppe mai dare una forma danzante a quella serie di movimenti che la liberava dall’oppressione della giornata.
Fra tutti i suoi volteggi, si fermò di fronte ad una porta. La sua stanza era comunicante con quella di Sheryl: coinquilina, amica, collega, rivale, alleata… talvolta anche sorella.
Sotto molti aspetti erano identiche e molto legate, ma sotto altrettanti altri erano l’esatto opposto. Un giorno erano incredibili amiche, quello seguente acerrime nemiche, pronte ad uccidersi a vicenda come due gatte randagie.
E il Padrone sapeva, e godeva.
Gea aprì cautamente la porta, per non svegliare l’amica, e la trovò seduta sul cornicione della finestra, il vetro rotto e gli infissi scorticati per poter passare. Non c’erano maniglie perché non potessero scappare.
- Ma che stai facendo! – esclamò Gea, avvicinandosi a grandi passi per impedirle di cadere – Lo sai che non si può!
Sheryl non la guardò nemmeno, ne parve avesse ascoltato le sue parole. Era ancora lì, imbambolata a fissare lontano, qualcosa d’irraggiungibile. Un vento d’aria gelida aveva pervaso entrambe le stanze ed entrambe le ragazze avevano le guance rosse per l’esposizione a troppa aria dopo mesi di astinenza.
- Vieni via, prima che ti scoprano…
- E chi vuoi che mi veda?Il gufo? – rispose finalmente l’altra, mentre stancamente dava retta al consiglio e s’accingeva a scendere. Aveva una mano bendata malamente con una strisciolina di stoffa strappata dalla camicia da notte, ed era tutta insanguinata. Doveva aver rotto il vetro con un pugno.
- Inutile fare la spiritosa – ribatté Gea acida – Tanto ormai il danno è fatto. Che credevi di fare, eh? Ti vuoi far ammazzare?
Sheryl le sorrise. Sapeva perfettamente che non poteva morire, lei. La guardò da capo a piedi, come per alleviare la tensione che le cresceva dentro nonostante fosse in lotta col suo corpo per non tradirsi con nessun espressione. Gea indossava la sua stessa camicia da notte, rosa invece che azzurra, e portava sempre un paio di calzine di cotone perché era freddolosa. Aveva i capelli scompigliati al vento, con riccioli fuori posto ovunque. Il suo volto era sereno, anche se arrabbiato. Non sorrideva, ma non poteva neanche perdersi in una sciocchezza: l’aveva detto lei stessa, il danno ormai era fatto.
- Se la cosa ti preoccupa tanto, sappi che la colpa è interamente mia, quindi me ne prenderò ogni responsabilità e..
- Lo sai benissimo che non è così! – sibilò l’altra, assottigliando gli occhi in due fessure – Il Padrone ti…
- Non m’importa niente del Padrone! – sbottò Sheryl, con ampi gesti delle mani - Quante altre cose può portarmi via, quanto altro dolore può infliggermi? Non ho più nulla da perdere, quindi tanto vale godersi un pochino di vita, un semplice soffio d’aria fresca dopo mesi passati qui dentro, rintanati come topi!
Gea la guardò a testa alta, col naso all’insù, come una che snobba qualcun altro. Non approvava quel genere di discorsi, ma in cuor suo sapeva che aveva ragione. Sheryl non aveva più niente al mondo per cui vivere, e il destino voleva che fosse incapace di morire. Era un particolarità di alcune creature magiche, una particolare maledizione che impediva di morire in qualsiasi circostanza stesse per accadere; e Sheryl era una di queste creature, come aveva abilmente intuito il Padrone qualche anno prima. Gea comprendeva il suo dolore e non poteva fare altrimenti. Quella che aveva davanti ne aveva passate così tante che non era più nemmeno classificabile come Creatura Umana Incapace di Morire. No, quello lo era alla nascita. Da quando il Padrone l’aveva presa con sé nel castello, era diventata velatamente una creatura aliena, qualcosa d’indescrivibile. Giovanissima, appena sulla ventina, ma così magra e segnata dalla vita che sembrava potesse avere cent’anni.
Calò il silenzio tra le due ragazze. Sheryl si attorcigliò nervosamente una ciocca di capelli attorno all’indice e si voltò verso la finestra, con lo sguardo posato lontano; Gea invece deglutì a forza e si limitò ad osservarla, come a volerne carpire i pensieri nella testa.
La sua amica aveva lunghissimi capelli di un tonalità castana molto opaca, resa tale dalla totale mancanza di luce di un paio d’anni prima; erano leggermente mossi, poco curati. La sua pelle era di un bianco quasi innaturale per lo stesso motivo dell’opacità dei capelli, ed era piena di graffi e lividi; nei suoi occhi azzurri come il cielo di prima mattina ci si poteva perdere per la solitudine che trasmettevano, e per il gelo che ti perforava le ossa quando li fissavi. Era anche per questo che molti nemici scappavano di fronte a lei, non solo per la sua potenza e le sue capacità magiche smisurate.
Annuì ai suoi pensieri ed uscì dalla stanza, non curante che Sheryl si fosse di nuovo seduta sulla finestra dondolando le gambe sul lato esterno del castello.

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Ho scritto questo capitolo sperando che una fic di questo genere possa piacere a qualcuno, e che questo qualcuno continui a seguirla anche se magari ha riscontrato delle incomprensioni. Diciamo che questo capitolo è volutamente enigmatico, serve a dare una base su cui appoggiarsi per il resto della storia: ho presentato i cosiddetti “cattivi”, dando anche qualche punto misterioso per il personaggio particolare di Sheryl, azzardando un racconto della sua vicenda fin dal primo capitolo. Ripeto, spero piaccia a qualcuno. Prometto che ne verrà fuori una storia molto interessante, anche perché ci sto lavorando su da molto tempo e la trama è curata fin nei minimi dettagli, non ci sarà nulla lasciato al caso. Che altro dire… RECENSITE IN MOLTI!!! ^^

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Capitolo 2
*** Esercitazione / Micah ***




Gea la guardò a testa alta, col naso all’insù, come una che snobba qualcun altro. Non approvava quel genere di discorsi, ma in cuor suo sapeva che aveva ragione. Sheryl non aveva più niente al mondo per cui vivere, e il destino voleva che fosse incapace di morire. Era un particolarità di alcune creature magiche, una particolare maledizione che impediva di morire in qualsiasi circostanza stesse per accadere; e Sheryl era una di queste creature, come aveva abilmente intuito il Padrone qualche anno prima.
Gea comprendeva il suo dolore e non poteva fare altrimenti. Quella che aveva davanti ne aveva passate così tante che non era più nemmeno classificabile come Creatura Umana Incapace di Morire.
No, quello lo era alla nascita.
Da quando il Padrone l’aveva presa con sé nel castello, era diventata velatamente una creatura aliena, qualcosa d’indescrivibile. Giovanissima, appena sulla ventina, ma così magra e segnata dalla vita che sembrava potesse avere cent’anni.


THE EVIL

Sheryl si svegliò che i raggi del sole ancora non erano del tutto comparsi da dietro la scura foresta sterminata che circondava il castello e che si stendeva in tutta la sua imponenza davanti alla finestra della stanza della ragazza.
Si passò le mani nei suoi lunghi capelli opachi e nel seguirli fino alla punta si stiracchiò le braccia pigramente. I suoi occhi chiarissimi e innaturali scrutarono l'orizzonte, ma un secondo dopo erano semplicemente puntati lontano, sognando di essere laggiù con loro.
Spostò con delicatezza il lenzuolo di tessuto grezzo e rabbrividì scoprendo le gambe, ossa sotto pelle.
Meno di un minuto dopo Sheryl era già pronta nella sua divisa bianca dai bordi blu scuri. Una fascia dello stesso colore dei bordi separava la giacca dai pantaloni e di quel blu scuro era anche l'elastico che teneva al loro posto in una treccia i capelli. Al collo aveva una catenina minuscola, con appeso un ciondolo a forma di lacrima, rubino color del sangue.
S'udirono due giri di maniglia e alla porta comparve Gea, l'unica compagnia di Sheryl in quell'immenso palazzo.
- Ben svegliata! - esclamò esibendo un enorme sorriso smagliante – Come va?
Se Sheryl le avesse gettato una secchiata d'acqua gelida addosso avrebbe avuto una reazione migliore.
- Va beh, ho sentito che il Padrone ti vuole nel suo studio. - fece un cenno alla porta, ma l'altra ragazza non parve comprendere il messaggio. Era rimasta perfettamente immobile. Gea indurì la sua espressione, il sorriso scomparve e, digrignando i denti, - Su-bi-to!
-D'accordo, vado..
Ogni volta che si muoveva lo faceva con pesantezza e controvoglia. Era il suo modo pacifico per esprimere che quella vita le faceva schifo. Immensamente schifo.
I primi tempi usava esprimere quel concetto cercando disperatamente di distruggere più ale possibili del palazzo, anche se ogni volta veniva regolarmente presa e rinchiusa senza tante cerimonie in un sotterraneo, e lì lasciata dimenticata da tutti anche per mesi. Poi la facevano uscire, il Padrone le faceva la solita lavata di capo e tutto tornava normale. Lei tornava una normalissima bambola. Qualche mese dopo aveva un'altra crisi e la storia si ripeteva.
La musica era sempre la stessa, ma il disco si frantumò dopo che il Padrone la lasciò nei sotterranei per più d'un anno, senza vitto ne igiene. Ne uscì profondamente cambiata. Le ci vollero due mesi perchè riprendesse conoscenza del sole, e ancora le dava qualche fastidio.
Nel palazzo tutti avevano una paura tremenda del Padrone, ma non erano pochi quelli che lo ammiravano per portamento, autorità e potenza. Soprattutto per la potenza.
Quando passava per i corridoi tutti cercavano il più possibile di essere invisibili e di non intralciarlo, mentre ogni volta che chiedeva che qualcosa venisse fatta scattavano come molle per eseguire l'ordine. Lo stesso atteggiamento il personale lo assumeva con Sheryl, e sempre per gli stessi motivi.
Era anche lei molto potente, e in giro si mormorava che fosse persino più forte del suo stesso Padrone.
A passi rapidi e decisi scese le scale della torretta in cui domivano lei e Gea e percorse tutti i corridoi prima di arrivare alla porta dello studio del Padrone. Lì davanti vide una ragazzina esile e molto giovane, non ancora sviluppata, fremere davanti ad una pila di piatti rotti che le erano caduti. Non appena scorse Sheryl la sua rapidità nel raccogliere i cocci si decuplicò e filò via all'istante chiedendo scusa fino a che non era più nel suo campo visivo. Sheryl scosse la testa tristemente e bussò alla porta.
Rispose una voce dal timbro forte. - Avanti.
La porta era di marmo sottile e s'aprì solo utilizzando una buona dose di forza. Era stata progettata per impedire l'accesso ai seccatori, perchè il Padrone sosteneva che chi non avesse la forza per decidere della sua vita senza coinvolgere gli altri non era neanche in grado di entrare al suo cospetto.
- Oggi andremo in missione. Sei contenta?
La poltrona era girata verso l'ampia vetrata che dava luce alla stanza e che mostrava ancora una volta la foresta. Erano al terzo piano del palazzo e si poteva benissimo vedere anche una parte del giardino sottostante. Dal lato destro della poltrona comparve una mano che reggeva un calice di una sostanza simile a latte argenteo. Si vedevano anche le gambe accavallate dell'uomo e una ciocca dei suoi capelli grigi che, alla luce del sole, apparivano bianchi.
La ragazza rimase leggermente interdetta dalla sua frase. Non si sarebbe aspettata ne convenevoli ne qualcosa di gentile, ma l'idea di una missione, per di più insieme.. solitamente le faceva da sola, e neanche di recente. Rispose allo stesso modo.
- Qual'è la missione?
- Un gruppo di gente a cui non piaciamo..
- L'esercito del Re?
- .. anche chiamato così, esatto.. - aggiunse con un gesto della mano di sufficenza.
Sheryl rimase sulla porta, mordendosi il labbro inferiore. Non aveva nulla da dire in contrario.
La poltrona si voltò di scatto e l'uomo le puntò addosso i suoi penetranti occhi neri. - Possiamo andare.
Posò il calice sul tavolo con irruenza mentre si alzava; una goccia del liquido biancastro schizzò sul dorso della sua mano. Senza troppe cerimonie lo leccò via, poi guardò di sottecchi la ragazza, sempre immobile accanto allo stipite.
- Ho ripensato – esordì mentre si sitemava la camicia e afferrava la parte superiore della sua divisa, molto simile sotto ogni aspetto a quella di Sheryl – Ho ripensato alla tua condizione attuale.. da quant'è che non esci dal palazzo?
- Non metto piede neppure nel giardino da 4 mesi, 2 settimane e 3 giorni – rispose prontamente lei.
Il Padrone si bloccò per un istante a quella risposta immediata e precisissima. Si allacciò un bottone con noncuranza e sistemò la banda che divideva diagonalmente il suo petto.
- E in missione? Da quanto?
- Da due mesi dopo che sono uscita dai sotterranei.
- Bene. Oggi azzereremo il contatore, allora. Ho bisogno di te perchè pare che siano davvero molte guarnigioni e ben scelte, non i soliti soldatucoli, contadini con in mano uno stupido fucile..
- Non se ne possono occupare i tuoi soldati?
Si stava riferendo ai cosiddetti “prigionieri” che il Padrone di tanto in tanto faceva tra i nemici più forti che gli si paravano davanti. Solitamente gli eserciti del Re erano piuttosto deboli in confronto a Sheryl, ma ongi tanto un esercito risultava esser messo meglio di altri e il Padrone decideva di prendere qualche soldato in “prestito”, come lo chiamava lui, per metterlo dalla sua parte. Ogni volta che c'era un esercito invadente non scendevano in campo personalmente ne lui ne Sheryl, ma venivano mandati avanti i suoi soldati, dopo averli ricoperti di uno speciale incantesimo che li rendeva infuocati, e quindi impossibili da attaccare per qualsiasi essere umano normale che si sarebbe ustionato al contatto.
- Detesto ammetterlo ma sono in minoranza.
E dopo uno sguardo gelido Sheryl capì che la discussione era terminata.


Il fango schizzò sui suoi pantaloni e rese ancora più indistinguibili le sue scarpe da ginnastica. I lembi del suo mantello strisciavano a ritmo della sua camminata stanca e la pioggia che cadeva fitta non lo aiutava di certo. Lui era stanco, erano ore ormai che vagava in quelle condizioni, non avrebbe retto ancora a lungo.
La sua grande speranza venne animata dall'avvistamento di alcune abitazioni, poco distanti dal bordo della foresta che lo aveva ingabbiato per giorni. Trovando in quella visione le forze necessarie a progesuire, Micah accelerò il passo ma una radice nascosta lo fece precipitare con la faccia a terra. Non per questo scoraggiato si alzò a sedere e si tastò il corpo per controllare che tutto fosse a posto. Che non avesse perso o rovinato un oggetto particolare..
Dieci minuti più tardi la foresta gli era alle spalle e le case erano diventate un paese di modeste dimensioni, con tanto di bar e poste.
Si rifugiò sotto il porticato dell'abitazione dello sceriffo, sperando di poter essere accolto da lui in quella notte di lupi, ma ben presto scoprì, grazie ad un passante, che se voleva trovarlo doveva andare al bar.
- Ragazzo! - sentì urlare dietro di lui non appena ebbe messo piede su uno scalino del portico del bar – Non osare metter piede in nessun edificio del paese, se sei un fuorilegge.. e ne hai tutto l'aspetto. Sei fuggito, per caso?
Micah alzò stancamente la testa verso l'uomo. Lo vide appoggiato al muro mentre fumava una pipa. Aveva il volto rosso, come se avesse bevuto troppo. Doveva esser uscito per una boccata d'aria.
- Non sono un fuorilegge. Sto solo cercando un posto dove stare stanotte, e una persona.
- In questo caso, benvenuto a Mervel ragazzo! Sono lo sceriffo, quindi se mai dovessi sgarrare, sappi che dovrai vedertela con me! - ed esibì un sorriso da furbastro. Avrà avuto una sessantina d'anni, ma aveva tutta l'aria di saper fare bene il suo mestiere.
- ..grazie signore.. posso chiederle dove potrei passare la notte? Sono molto stanco, è da tutto il giorno che vago nella foresta e..
- Con questo tempaccio? Buon Dio, figliolo, sei forse ammattito?
Micah sospirò e approfittò della chiaccherata per risposarsi sedendosi sui gradini. - Non so neanche io cosa stia succedendo, quel che è certo è che sto cercando una persona.. beh, in realtà anche un altro gruppo di gente, visto che non stavo viaggiando da solo..
Il vecchio prese posto accanto a lui e fece un'altra tirata di pipa. Il fumo venne abbattuto dalla piggia quasi ancor prima che potesse uscire dal camino.
- Ti ospiterò io, promesso. Ho un paio di letti che potranno fare al caso tuo.. ma pensa, ha anche l'imbarazzo della scelta, ah! Però in cambio.. - ruotò la pipa e gettò via il tabacco bruciato - .. voglio che mi racconti la tua storia. Che ne dici?
Micah non sapeva veramente se essere felice o meno.


- Non ti nasconderò che il mio scopo qui è di controllare quanto tu sia effettivamente capace, Sheryl. E' davvero tanto tempo che non ti eserciti..
La ragazza soffocò una risata amara. Le missioni erano sempre un eliminare qualcuno, possibilmente più di 10 persone alla volta, e adesso, di fronte ad un esercito di 4 scheramenti, osava chiamare l'imminente massacro di massa “esercizio”..
La risata sarebbe stata amara, ma il suo cuore sprofondò ugualmente nella tristezza. Quei soldati, almeno, potevano morire.. li vedeva già tremare dentro le loro ridicole armature. Lei li avrebbe sbaragliati in meno di un'ora e la sua massima copertura vestiaria era la giacca, di tessuto pesante perchè era un giorno invernale. Presto sarebbero cadute le prime nevi..
Iil Padrone trovò una roccia sporgente per sedersi, e si mise comodo. Sheryl rimase immobile come se non se ne fosse accorta. - Puoi cominciare con quelli in mezzo, direi.. è più interessante vedere i soldati in preda al panico.. almeno avranno qualche brivido prima di andarsene, non trovi?
Gli occhi di Sheryl si ridussero a due fessure, le loro pupille s'iniettarono di sangue. - Assolutamente.
Osservò per bene la sistemazione dei soldati: 8 file da 10. 80 in tutto per schieramento, e lì davanti a lei ne aveva ben 4. 3200 soldati in tutto. Utilizzando i suoi poteri riusciva a visualizzarli uno per uno, e anche ben distintamente. Uno si stava soffiando il naso.
Cercò di fare mente locale e visualizzò solo le file numero 4 e 5, quelle centrali, per l'appunto.
Fece qualche passo in avanti, i soldati della prima fila la videro. I comandanti gridarono di mettersi in difesa e partì un comando anche per alcuni maghi che, dalle retrovie, attivarono delle barriere protettive per neutralizzare i primi attacchi nemici, che erano sempre i più sbaraglianti. Poi si sarebbero ripresi e sarebbero andati al contrattacco. Sì, si ripeteva il comandante, sarebbe andata proprio così. Vide la ragazza e subito capì chi era. Ebbe la sensazione di essersela fatta nei pantaloni.
“I soldati delle file che ho scelto sono più tranquilli.. meglio per loro. La barriera copre fino ad un'altezza e profondità di 50 metri. Ingegnoso.. ma piuttosto scarso.”
Sheryl si era abituata ad avere una mente fredda e calcolatrice. A 200 metri circa dalla prima fila si fermò, puntò a terra i piedi e urlò a pieni polmoni – Il sommo Heebritvi offrela possibilità di salvare la pelle! Arrendetevi e tornate a casa!
Il comandante udì alle sue spalle molti consensi a quella proposta, e pure lui sperava di poter tornare a casa dalla moglie incinta. Guardò lo schieramento alle sue spalle, e gli stemmi luccicanti sulle loro divise. Voltò il cavallo e incoraggiò i suoi.
- Non fatevi tentare da quella strega, noi non torneremo a casa, noi combatteremo perchè chi vi abbiamo lasciato possa avere un futuro! Un futuro in cui regnino pace e serenità, in cui i nostri figli possano crescere e vivere come è meglio per loro, e come vogliamo che sia! Combatteremo!
- Sì! - urlarono gli altri comandanti.
- Combatteremo!
- Sì!! - urlarono i soldati all'unisono.
Il morale delle truppe s'alzò moltissimo all'udire quelle parole, era un concetto che premeva su tutti loro e dopo quel discorso erano pronti a dare il meglio per proteggere i loro cari. Volarono alcuni berretti, le urla si fecero sempre più forti, i sorrisi sempre più vivi. Sembrò persino spuntare il sole tanta speranza c'era nell'aria.
Tutta quell'esplosione di vita e motivazioni fece scattare qualcosa nel petto di Sheryl e le file designate, non solo dello scheramento centrale, crollarono a terra contemporaneamente.
Per i soldati e i comandanti fu un fulmine a ciel sereno. Un soldato della terza fila ebbe il coraggio di controllare come stessero i soldati dietro di lui. Gli cadde il fucile di mano e il suo rumore metallico creò una spaventosa consapevolezza nell'animo di tutti i presenti. Erano tutti morti, senza una goccia di sangue fuori dal corpo.
Lo sgomento raggiunse anche le frange più estreme dell'esercito. Un ghigno soddisfatto si disegnò invece sul volto della ragazza.
Il comandante che aveva fatto il suo discorso vincente qualche secondo prima aveva ancora gli occhi spalancati quando si voltò a guardarla. -..merda...
Sheryl alzò una mano parallela al terreno, si sitemò meglio in piedi e anche le ultime due file, le numero 7 e 8, crollarono a terra, stavolta con i petti lacerati da artigli invisibili. Si rivoltarono tutti nei propri laghi di sangue. Qualche soldato della sesta fila, esattamente in mezzo alle tre appena decedute, si lasciò scappare urla di terrore; altri disertarono lanciando via le armi e farfugliando qualche maledizione alla strega.
Sheryl puntò la mano contro gli schieramenti alla sua sinistra, ma conservò il loro terrore eliminando le prime tre file degli schieramenti opposti, pur senza muovere un muscolo. Le era bastato focalizzarli con la mente per segnare anche loro, stavolta con un soffocamento fulmineo.
I cavalli dei comandati s'imbizzarrirono, turbati da quella presenza demoniaca là attorno e così fecero anche tutti gli altri soldati dell'esercito.
- Ma come.. è già crollata la loro sicurezza?
Sheryl si stava divertendo un mondo. Aveva rabbia e odio e sgomento incanalati in lei da anni, ormai, e questo accresceva il suo potere sempre più. Era irrefrenabile. E sadica. Ma una voce sconvolse il suo delirio.
- Ora basta, Sheryl. - Heebrit, il Padrone – Falli fuori, ho visto quel che m'interessava. Andiamocene.
Il comandante vide in lontananza una figura vestita di bianco che s'alzava e si allontanava. La ragazza si era voltata verso di lui per il tempo che aveva parlato, poi era tornata ad occuparsi di nuovo dell'esercito.
Alzò entrambe le braccia, puntando le mani con le palme al cielo, parallele al terreno. Le divisioni più lontane dei soldati vennero sollevate in aria nell sconforto generale; i soldati a terra erano paralizzati dalla paura e quelli che non lo erano cercavano una via di scampo nella fuga. La treccia di Sheryl vibrò e le sue mani si tesero verso il cielo. I soldati in aria raggiunsero l'altezza di 50 metri o forse più, e nei secondi successivi alla loro librazione vennero gettati a terra di schianto addosso agli altri loro compagni.


Lo sceriffo si gettò nella sua poltrona e alzò goffamente un braccio per afferrare la sua tazza di the. Micah, seduto sulla sedia dall'altra parte della scrivania, fece altrettanto.
- Allora.. laggiù ci sono i letti su cui puoi passare la notte. Ovviamente ne dovrai scegliere uno..
Il ragazzo si voltò a guardare di quale portata fosse l'imbarazzo della scelta: i “letti” non erano altro che brande e la differenza consisteva semplicemente nel lato che la finestra con le sbarre dava sulla strada. Erano due celle per i prigionieri.
- Beh, la ringrazio molto per l'ospitalità, signore. - disse, prima di strozzarsi con la bevanda.
Lo sceriffo annuì compiaciuto. - Ora puoi raccontarmi la tua storia.
Micah si sistemò la coperta sulle spalle e prese la tazza a due mani, sulle gambe.
- Io non sono nato qui.. cioè, non in questo paese, ovvio.. vengo dall'altro Mondo.
L'uomo lo guardò con più attenzione.
- Fin da piccolo mio nonno mi ha raccontato dell'esistenza di questo posto e spesso lo accompagnavo da queste parti per le sue faccende.. non so di preciso cosa facesse, ma mi piaceva stare qui, imparavo anche qualche incantesimo..
Sospirò fissando le tavole del pavimento. Il fuoco nel camino scoppiettò allegramente. Bevve un altro sorso di the e riprese il suo racconto. Lo sceriffo lo stava ascoltando pazientemente.


- Ci hai messo relativamente poco tempo, Sheryl. Brava. E il panico tra i soldatini è stato.. molto esaltante. - Heebrit sorrise compiaciuto.
Sheryl si sedette su una delle sedie imbottite di fronte alla scrivania del Padrone e afferrò uno dei suoi soprammobili in pietra rigirandoselo fra le dita.
- Come hai terminato gli ultimi?
- Li ho fatti schiantare gli uni contro gli altri. - rispose senza alzare lo sguardo dall'elefantino bluastro che torturava con calma facendolo passare di mano in mano.
Gea, in piedi accanto allo stipite della porta metallica dei sotterranei, emise un'impercettibile gemito.
Il Padrone non se ne curò affatto. - Deve averti sottratto una buona quantità di energia. - Un po'.
L'uomo si sedette nella sua poltrona e spostò lentamente lo sguardo da Sheryl, all'elefantino con cui giocherellava svogliamente, a Gea. - La prossima volta che ci sarà un esercito simile andrete in missione voi due. Sarà la prova di Gea, contenta?
La ragazza sentì un fremito lungo tutto il corpo e la bocca le diventò all'improvviso secca.
Non s'udì la sua risposta.
Heebrit continuò a fissarla pazientando.
Sbatteva le palpebre nervosamente e non riusciva a controllarsi. Non aveva mai avuto il coraggio necessario ad uccidere, tanto meno per sterminare così tanta gente. Aveva ancora un cuore, dopo tutto. Gli altri due individui nella stanza no.
Sheryl continuava a rigirarsi fra le dita l'elefantino, tormentandogli la coda e seguendone l'attorcigliamento con un indice bianco.
Gea abbassò lo sguardo a terra, poi sentì rumore di qualcosa che si framtumava. Alzò lo sguardo e vide la sua amica con piccole scheggie di pietra bluastra in mano. La forza del pensiero.
- Allora? - il Padrone si gettò indietro sullo schienale, senza mai staccare gli occhi dalla ragazza. Se li sentiva passare su ogni centimetro del corpo, sentiva le sue occhiate come vampate ogni volta che pretendeva qualcosa di impossibile da lei.
Inspirò profondamente, resa nervosissima da quella situazione. Aveva anche iniziato a sudare.
Annuì in silenzio.
Quella notte non riuscì a dormire. Nella sua mente coscienza e egemonia del Padrone si stavano dando battaglia su ogni fronte. Alla fine la mattina la sorprese col volto rigato di lacrime. Quanto invidiava Sheryl, lei non aveva tutti quei problemi.
Lei non aveva più un cuore.






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Bene! Eccomi qui con il secondo capitolo! Che ve ne pare? Troppo trucido? Beh, che ci volete fare.. i personaggi sono così! ^_^
Grazie a tutti coloro che hanno letto, non mi spiacerebbe sentire le vostre opinioni in merito, un commentino non costa nulla! >_^
Grazie a matthew che mi ha recensita, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!

Al prossimo, ciao!

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Capitolo 3
*** Quando tutto ebbe inizio ***




Micah si sistemò la coperta sulle spalle e prese la tazza a due mani, sulle gambe.
- Io non sono nato qui.. cioè, non in questo paese, ovvio.. vengo dall'altro Mondo.
L'uomo lo guardò con più attenzione.
- Fin da piccolo mio nonno mi ha raccontato dell'esistenza di questo posto e spesso lo accompagnavo da queste parti per le sue faccende.. non so di preciso cosa facesse, ma mi piaceva stare qui, imparavo anche qualche incantesimo..
Sospirò fissando le tavole del pavimento. Il fuoco nel camino scoppiettò allegramente. Bevve un altro sorso di the e riprese il suo racconto. Lo sceriffo lo stava ascoltando pazientemente.



THE EVIL

- Quindi è grazie a tuo nonno che sei qui?
Lo sceriffo fece un'altra tirata di fumo, e la nuvoletta bianca si sparse nella stanza.
- Sì, anche se.. questa volta il passaggio l'ho aperto io. - Micah si sentì sotto interrogatorio.
- Sei minorenne.
- Lo so.
Per attraversare i due mondi, il mondo Terrestre e quello del Regno, esistevano vari passaggi, ma utilizzabili solo per i maggiorenni. I minorenni dovevano essere accompagnati, o potevano aprire dei passaggi propri solo grazie ad uno speciale permesso del regno. Un passaggio, normalmente, consisteva in un incantesimo di tipo semplice applicato sulla corteccia di un albero, nonostante la complessità delle strutture universali, e, dopo aver attraversato la pianta ci si ritrovava nell'altro Mondo.
I minorenni che attraversavano i passaggi senza permessi o accompagnatori non erano considerati fuori legge, ma, se venivano scoperti, dovevano scontare una pena di qualche mese in detenzione.
Lo sceriffo lo sapeva bene, essendo lui una figura di giustizia. Ma quel ragazzo gli ispirava una strana fiducia. Forse sua moglie Agatha aveva ragione, aveva un cuore troppo tenero per fare lo sceriffo. Sbuffò ancora una nuvoletta di fumo, e Micah riprese il racconto.
- Non ho aperto il passaggio perchè mi ero svegliato col piede sbagliato, signore.. - si giustificò lui, sperando di alleviare quell'espressione crucciata dal volto dell'uomo – Avevo ricevuto notizia che mio nonno era morto in questo Mondo, e volevo partecipare ai suoi funerali.
- Non è una giustifiazione.. - borbottò l'altro in uno sbuffo di fumo.
Il ragazzo fece finta di non averlo sentito. - Qualche giorno dopo il mio ritorno di là dovetti tornare per dichiarare se alcuni effetti erano del mio parente, e quel disgraziato giorno alcuni miei amici mi notarono.
Micah guardò sconsolato il pavimento e sorseggiò ancora il suo the, ma gli scricciolii della poltroncina dello sceriffo lo fecero tornare alla realtà molto in fretta. Il suo interlocutore si era alzato in piedi, la pipa a mezz'aria. Aveva un'espressione serissima sul volto, sembrava quasi preoccupato.
- Umani?
Il ragazzo non capì subito a cosa si riferisse. Stava pensando ai suoi amici, ma non era solito considerarli “umani”, sembrava quasi spregiativo. - Sì, Creature Umane..
- E hai permesso che ti seguissero?
La sua voce si fece più imperiosa e tuonò grave nell'ufficio.
Micah si sentì in trappola, era ciò che aveva sempre rimproverato a se stesso, ma non voleva che un estraneo, oltretutto suo ospitante, assumesse quel tono con lui. Si alzò in piedi ed assunse anche lui un duro cipiglio. Non aveva mai permesso a nessuno di mettergli i piedi in testa.
- Quando me ne sono accorto eravamo già arrivati qui.
Guardò l'espressione sul volto dell'uomo. Erano vicinissimi. Sentiva fortissimo l'odore del tabacco. Quella situazione di stallo rimase immutata per diversi minuti, nei quali i due si squadrarono torvi, gareggiando a chi si stacasse per primo.
Lo sceriffo sospirò e cadde sulla sua sedia, e con un ampio gesto della mano fece cenno a Micah di fare altrettanto, e di proseguire il racconto. Un'altra nuvoletta bianca riempì l'aria della stanza.
- Quindi siete arrivati qui tu e i tuoi amici senza che te ne accorgessi, giusto? - chiese l'uomo, cercando di contenere in fatto che si stesse spazientendo. Prima il passaggio aperto da un minorenne, poi degli Umani intrufolati nel suo Mondo.. chissà come sarebbe andato a finire il racconto..
Micah, dal canto suo, decise che sarebbe stato per lui conveniente tacere su alcuni dettagli. - Io e i miei amici, esatto. Quando sono uscito dall'albero me li sono ritrovati alle spalle.
- Quanti?
- Avvertirà le autorità?
Lo sceriffo sorrise. - Io sono l'autorità, figliolo..
- Intendo, la Polizia Suprema del Regno?
L'altro annuì.
Micah sospirò. - Con me eravamo in 8.
Lo sceriffo cercò di contenersi. Era oltre la sua tolleranza, ma decise di far proseguire il ragazzo.
- Prosegui..
- Mi denuncerà? - chiese in un fiato Micah, con una nota di timore nella voce. Forse non era un bene che raccontasse tutto allo sceriffo, anzi non sapeva neanche perchè lo stesse facendo. Era una storia privata, in fondo. E neanche bella.
Sorseggiò nervosamente il the, aspettando in trepidazione la risposta dello sceriffo.
Ebbe un sussulto. La bevanda gli si versò sulle mani, ma non si curò di quanto gli bruciasse sulla pelle. Possibile che non ci avesse pensato prima? C'era cascato come un pollo..
La bevanda era avvelenata. Nel the doveva aver messo qualche polvere di erba che donava loquacità e veridicità all'interloqutore, così ora era costretto a parlare e a dire cose vere. Serrò i pugni e assunse un'espressione irata. - Maledizione..
- Per le dosi che ti ho dato dire che l'effetto può durare dai 2 ai 3 giorni, notti comprese. Micah poteva prepararsi un'antidoto.
- Non ti permetterò di uscire dall'ufficio.
Niente antidoto, non aveva con se nessun materiale.
- Lo faccio per il tuo bene. Pensa se andassi a dire a tutti quel che mi stai raccontando..
- Mi fidavo di lei, sceriffo.
- Tu dici?
Micah fremeva di rabbia, non sopportava esser sopraffatto da qualcuno, tanto meno esser messo alle strette senza possibilità d'uscita. Da un vecchio, oltretutto!
Sospirò pesantemente, senza dissipare la sua espressione carica di risentimento verso lo sceriffo, e si risedette sulla sedia. Cercò di contenersi dal lanciare in testa all'uomo la tazza di the e la poggiò sul tavolo. Il fuoco scricciolava allegro, ignaro di quel che stesse accadendo nella stanza che riscaldava.
Lo sceriffo fece un'altra nuvoletta di fumo bianco. - Dunque.. eravate in otto. Prosegui.. Il ragazzo mise la mano sinistra sotto la gamba per nascondere che stava fremendo dalla voglia di fare di quell'uomo un sacco da pugilato. - Eravamo in numero pari maschi e femmine..- proseguì suo malgrado, e l'uomo non mancò di notare come aveva sottolineato quel vero principale.
- Eravate?
Sospirò. - Due sono morti. Un maschio e una femmina. Linda e Menui, miei carissimi compagni di classe.
- Non avrebbero dovuto seguirti – commentò freddo l'altro.
- Già.. quando me li ritrovai là dietro.. non sapevo che pensare. Una parte di me voleva che non fossi solo, ma sapevo bene che non avrebbero potuto andare avanti a lungo, insomma.. non in una terra martoriata dal Demonio come la nostra..
- L'esercito del Re sta facendo il possibile per fermare quel pazzo..
- .. solo che non è sufficente. - completò sconsolato il giovane. Lo sceriffo annuì.
Per un paio di minuti s'udirono solo i rumori del rimescolamento del tabacco nella pipa.
- Non ti chiederò come sono morti i tuoi amici, sono dettagli che non m'interessano. E' la foto della ragazza che vorrei vedere, e ora che so com'è arrivata qui..
Micah scattò di nuovo in piedi. - Che foto?
L'altro non si scompose. - Quella che hai nella giacca. Sbucava dalla tua tasca, quando sei arrivato sotto il portico della locanda..
Il ragazzo guardò a terra. Era stato proprio sfortunato ad aver incontrato quell'uomo. Ora doveva racontargli anche di Sheryl.

Alzò lo sguardo e vide l'uomo che gli tendeva la mano, aperta. Attendeva la foto.
Lui mise la mano in tasca e la tirò fuori. C'era un gruppo di ragazzi, tre in tutto. La ragazza a destra era stata cerchiata con un pennarello rosso, sorrideva allegra come gli altri due suoi amici e compagni di scatto. Lei aveva i capelli castani e gli occhi color nocciola.
Micah fissò la foto con un triste sorriso dipinto sul volto. Ricordava bene il giorno che era sbucata dall'albero passando dal mondo terrestre a quello magico. I suoi amici erano caduti uno sull'altro in una pila umana molto esilarante, ed erano indecisissimi se star lì a lamentarsi di chi avessero sopra e di chi stesse schiacciando il gomito a chi o se meravigliarsi di esser entrati ed usciti dalla corteccia di un albero, e di esser passati dal paesaggio metropolitano ad uno libero e campagnolo.
Durante i primi giorni aveva dovuto spiegare almeno sei volte a ciascuno che cosa stesse facendo lì, come erano passati nell'altro mondo, dove fossero e migliaia di altri dati che per lui erano noiosi e scontati ma che per loro, i suoi amici terrestri, assumevano tutto un altro significato. Era il sogno di tutti i bambini e i ragazzi della Terra, un mondo con la magia.
Il più grande problema di Micah era stato spiegare la tragica situazione in cui si trovava il Regno, con un Demonio a farla da padrone senza pietà e il pericolo costante ovunque si trovassero. Li pregò di tornare indietro e di dimenticare tutto, ma nessuno, come tevema, fece il passo indietro. Anzi.
Già dalla prima settimana di viaggio alcuni dei ragazzi mostravano di avere capacità magiche: c'era chi accendeva un fuoco, chi faceva volare le foglie, chi rendeva di altri colori i sassi..
Micah sapeva che solo chi aveva anche un minimale potenziale magico poteva attraversare gli alberi, e infatti la sua più grande sorpresa fu la rivelazione dei suoi amici. Tutti avevano qualche capacità.
Tutti tranne Sheryl.
Ma la cosa non le importava molto, almeno i primi tempi.
Micah la ricordava con gli occhi pieni di stupore per le prodezze degli amici e, soprattutto, per le sue, dato che era il più esperto tra tutti in fatti di magia.
Ma il viaggio non era una scampagnata, e di villaggio in villaggio, di foresta in pianura, incontrarono vari pericoli in cui l'uso della magia fu indispensabile.
In quel periodo Sheryl ancora non aveva scoeprto nessuna capacità magica, e la cosa si stava ritorcendo contro lei e la compagnia. Spesso era di cattivo umore perchè si sentiva inutile, e per una ragazza così piena d'iniziativa e di buon umore, era una cosa intollerabile.
Si addossò la colpa della morte di Linda e Menui, tormentandosi con miliardi di ipotesi sul quel che avrebbe potuto fare per salvarli se avesse avuto dei poteri anche lei. A nulla valsero i tentativi di consolazione.
Poi, un orrendo giorno che Micah ricorderà per tutta la vita, non trovò più Sheryl. Al mattino non era nel suo giaciglio, ne nelle zone attorno al loro accampamento. Nel frattempo il potere sempre più forte del Demonio alimentava la paura che potesse essere stata eliminata da una delle sue truppe in giro per il Regno.
La cercarono per mesi e mes, e ancora adesso Micah la stava cercando.
Non avrebbe mai potuto perdonarsi di averla persa. In fondo era colpa sua se li aveva coinvolti in quel Mondo..

- E così.. - lo sceriffo spense definitivamente la sua pipa, stanco per via dell'ora che si era fatta – E così hai perso la tua amica, quei due sono morti.. e gli altri?
Micah aveva ancora lo spirito triste per il brutto ricordo evocato.
- Beh, gli altri erano più autonomi e ho pensato che fosse meglio lasciarli in un villaggio, lontani dal Demonio.
- Heebrit.. - sussurrò l'uomo in un ultimo sbuffo di fumo.
- Come, scusi?
- Dicevo.. no, nulla..
- Ho già sentito quel nome..
- Eh, figliolo.. pare sia il vero nome del Demonio, perchè quello che usiamo noi è solo un appellativo.. Si chiama Heebrit, che nelle lingue preistoriche vuol dire “vento gelido”..
Micah sistemò la coperta. Il fuoco stava lentamente appassendo su se stesso, come un fiore che si chiude quando viene la sera.
- Io temo che la scomparsa di Sheryl sia legata a quel mostro. Ma ho paura solo al pensiero..
- Molto probabilmente è così, e mi dispiace. Da quel che ho capito, eravate tutti un gran bel gruppo di amici, uniti per la pelle, giusto?
Micah annuì in silenzio.
Lo sceriffo allungò ancora la mano per guardare la fotografia. Il ragazzo gliela diede a malincuore, come se stesse consegnando parte di se stesso.
Si fermò a contemplarla per lungo tempo, rimuginando sui lineamenti della ragazza.
Udì il giovane mormorare qualcosa.
- Come dici, scusa?
L'altro si schiarì la voce. - Chiedevo se fosse possibile che da queste parti l'abbiate vista..
- Ah! - tornò alla foto – Beh, non garantisco nulla, ma mi sembra un volto più o meno familiare.. ora vai a dormire, mentre io controllo il mio registro. Nel caso, domani chiederemo un po' in giro per il villaggio. Non è molto, ma tentare non costa nulla..
Micah si alzò senza sollevare il viso da terra, e mogio ringraziò in un borbottio l'uomo e si gettò sulla prima delle due brande che aveva a disposizione per la notte.

“Proprio come pensavo”, si disse fra se e se lo sceriffo, spostando senza far rumore alcune carte e disegni di identikit, “Questo volto non mi è nuovo..”
Lanciò un'occhiata a Micah, addormentato tranquillo con la bocca aperta sulla branda, una gamba sporgente dal letto quasi a toccare terra. Lo sceriffo sorrise tristemente, poi chiuse il suo registro reinserendovi dentro i suoi documenti. C'erano molti disegni di volti, tra cui uno molto somigliante alla giovane Sheryl.
Strinse il nodo che chiudeva il plico e uscì sulla veranda ad ossrevare il cielo e sperare che l'indomani non avrebbe piovuto.
“Mio caro giovanotto.. ”, il cielo era coperto di nuvole e la pioggia continuava a scendere, ma meno fitta di prima, “ Mi spiace dirlo, ma sei il migliore amico del braccio destro di quel Demonio di Heebrit..”



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Ebbene, ecco svelata la storia di Micah e, in parte, di Sheryl!
Che mi dite, vi piace? Spero di sì, o che almeno vi intrighi un pochino..^^

Ringrazio i lettori e i miei due recensori, matthew e Karen, molto gentili! ^_^ E anche intuitivi.. continuate a seguirmi, mi raccomando!

Recensiteeeee!!
XD
Ciao a tutti!
Shark

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Capitolo 4
*** Possessione e Libertà ***




Micah sapeva che solo chi aveva anche un minimale potenziale magico poteva attraversare gli alberi, e infatti la sua più grande sorpresa fu la rivelazione dei suoi amici. Tutti avevano qualche capacità.
Tutti tranne Sheryl.
Spesso era di cattivo umore perchè si sentiva inutile, e per una ragazza così piena d'iniziativa e di buon umore, era una cosa intollerabile.
Si addossò la colpa della morte di Linda e Menui, tormentandosi con miliardi di ipotesi sul quel che avrebbe potuto fare per salvarli se avesse avuto dei poteri anche lei. A nulla valsero i tentativi di consolazione.
Poi, un orrendo giorno che Micah ricorderà per tutta la vita, non trovò più Sheryl. Al mattino non era nel suo giaciglio, ne nelle zone attorno al loro accampamento. Nel frattempo il potere sempre più forte del Demonio alimentava la paura che potesse essere stata eliminata da una delle sue truppe in giro per il Regno.
La cercarono per mesi e mesi, e ancora adesso Micah la stava cercando.



THE EVIL

La sua divisa la stava aspettando, linda e candida maschera di un animo che più nero e macchiato non poteva essere.
Si asciugò i ricordi del pianto della notte precedente col dorso della mano e si alzò a sedere sul letto. Odiava quella vita, non vedeva l'ora di finirla, ma sapeva che se fosse morta il Padrone si sarebbe vendicato con i suoi parenti, abitanti nel Regno. Distanti, ma mai abbastanza.
Gea scrutò l'orizzonte, il cielo era chiaro come sempre e il sole salutava il mondo ignaro dei suoi mali. Guardò la divisa, identica a quella di Sheryl e molto simile a quella del Padrone. La odiava. Segnava la sua appartenenza e sottomissione a quell'uomo, e lei odiava pure lui. E lui lo sapeva. Basava molto del potenziale magico su quel sentimento, da lui molto apprezzato.
Si alzò e si stiracchiò, sperando che quel giorno sarebbe stato migliore degli altri e che il giorno della sua “esercitazione” tardasse il più possibile ad arrivare.
Nella stanza accanto, Sheryl stava ancora dormendo tranquilla sotto le lenzuola. Stava sognando.
Ogni volta che si ricordava dei suoi sogni rimaneva con un tarlo in testa per giorni, fino a che il Padrone non le cancellava il ricordo col pretesto di farle del bene. Lei sapeva che non era così, ma non poteva fare altrimenti.
I suoi sogni erano tutti stranissimi, ed erano caratterizzati dalla continua presenza e comparsa di alcune persone, circa una decina, di cui ricordava a malapena i volti. Sentiva di averli già visti da qualche parte, ma non ricordava nulla di più.
Quella notte aveva sognato di piangere accanto a due cadaveri, ma il sentimento triste non la sfiorò quasi per nulla. Sentiva solo un lievissimo dispiacere, più che altro perchè non ricordava le identità delle salme.
Un brusco bussare la fece tornare alla realtà, e, dopo un iniziale spaesamento, si avviò verso la porta. Gea si trovò davanti una ragazza assonnata e coi capelli in completo disordine.
- Per oggi non è previsto nulla di che – esordì la ragazza in divisa, entrando nella stanza senza aspettare che l'altra la invitasse – Solo noie nel Castello.
- Posso dormire ancora, quindi?
- Sai che al Padrone non piace l'ozio..
Si sedettero su letto, l'una di schiena all'altra. Era un rituale mattutino: Gea sistemava in una treccia i lunghi capelli di Sheryl e lei fissava il vuoto antistante la finestra.
A lei non faceva alcuna differenza avere i capelli a posto o no, ma sapeva che farsi pettinare rendeva l'amica più felice. Gea adorava pettinare e prendersi cura del proprio corpo, per questo aveva imposto quello strano rituale mattutino a Sheryl: era una delle poche cose che le era concesso fare che le ricordassero di essere una persona, e non una macchina da guerra.
Prese la spazzola rossa dal comodino della ragazza e s'incantò a pettinare con cura ogni ciocca, per un tempo che pareva essere infinito quanta era la calma che veniva trasmessa ad entrambe. Sheryl sentì l'altra canticchiare qualcosa. Era piuttosto allegro, o malinconico.
- Che cos'è? - le chiese, gli occhi ancora imambolati sul mondo esterno.
- Una canzoncina.. me la cantava mia madre da piccola per farmi addormentare.
- Perchè la mugoli?
- Non capisco.
- Non vuoi cantarla?
Ci fu qualche secondo di silenzio.
- Non ricordo più le parole..
Sheryl udì una velata tristezza in quella frase, ma non continuò il discorso. Anche a lei sarebbe piaciuto poter ricordare di più sulla sua vita passata.. perchè sapere che c'e n'era stata una era tra le sue poche certezze.
Bussarono alla porta, e la voce di Gea riacquistò un tono fermo. - Avanti.
Apparve sulla soglia una ragazza esile e tremante. Chiese scusa per l'intromissione e posò un abito piegato con cura sul bordo del letto. Poi, con un inchino profondissimo, scomparve dietro la porta di legno nero.
Il rituale delle due ragazze si bloccò, entrambe rimasero impietrite dalla comparsa dell'abito nella stanza. Era molto semplice, diviso in due alla media altezza della cassa toracica, sopra scollato e rosso scuro e sotto, gonna lunga fino al ginocchio, bianco a fiorellini rossi chiari disegnati finemente.
Solitamente Sheryl e Gea vestivano la loro divisa bianca e blu o, per dormire, la camicia da notte, ma quell'abito aveva un significato molto particolare: era l'inconfondibile segno che Heebrit voleva stare in compagnia di Sheryl.
Gea strinse le labbra e con nervosismo sciolse la treccia che stava facendo all'amica e cominciò a passarle la spazzola con foga, lisciando i capelli.
- Meglio scioglierli, lui li preferisce così.
Sheryl si limitò ad annuire. Ancora una volta, non era lei a decidere delle sue azioni.


Non molto lontano dal Castello, un uomo basso e grassoccio camminava nervosamente davanti ad una tenda, controllando di tanto in tanto un orologio terrestre. Erano in ritardo.
Il suo modo di vestire metteva in risalto una volontà di apparire normale, mal riuscita perchè nessun abito tra quelli che indossava gli stava bene. In particolare la camicia verde scuro che gli stringeva al collo. Insopportabile.
Sussultò ed esultò quando dalla tenda uscirono tre ragazze, tutte in abiti borghesi, pronte ad una partenza. - Era ora!
- Ci scusi – disse una delle tre, con aria dispiaciuta – Non è stato facile trovare degli abiti adatti..
Tutte e tre erano vestite di bianco, non in modo appariscente ne sobrio: magliette corte, gonnelline, pantaloni.. cose normali per qualunque terrestre, un po' meno per gli abitanti del Regno.
- Possiamo partire – esclamò la seconda delle tre, mentre sistemava con un ampio movimento della testa i suoi capelli rossi.
L'uomo sbuffò, e la congrega si mosse. Dopo qualche minuto di camminata raggiunsero altri due ragazzi, di età simile alle ragazze, ed anche loro vestiti di bianco. Non persero tempo in convenevoli e si avventurarono subito alla volta dei villaggi limitrofi al Castello del Demonio.


Il Castello era stato costruito nel bel mezzo di una piccola radura al centro di un'enorme foresta impenetrabile, sia per ragioni naturali che per ragioni di natura magica, come molte barriere protettive che si incontravano nell'attraversarla.
L'edificio era molto ampio, ma relativamente vuoto al suo interno. Era stato costruito con blocchi di marmo bianco resi opachi e scuri dalle presenze maligne che lo abitavano, e per chi non sapeva cosa fosse, ad un primo impatto poteva sembrare addirittura il castello di una dolce principessa imprigionata in una delle due alte torri.
Da un lato, la radura era stata fortificata, e la foresta era più diradata per permettere il passaggio di merci e persone. Vi era una specie di dogana a controllare il via vai più o meno continuo, e alte mura incuriosivano i ragazzi dei villaggi che si sfidavano in prove di coraggio per scavalcarle e vedere e effettivamente c'erano tutte le mostruosità che si narravano in giro.
Heebrit vedeva ogni movimento di quell'ingresso dall'ampia vetrata che occupava un muro intero del suo ufficio. Era solito passare il suo tempo lì dentro, con la sua bevanda argentata in mano, intento a trattare con personaggi di risalto del Regno che patteggiavano con lui per la salvezza loro e di chi stava loro a cuore o a controllare i movimenti del Re che gli dava battaglia senza tregua. Altre volte si ritrovava semplicemente a fissare lontano, sognando come sarebbe diventato il Regno sotto il suo dominio totale.
Era assorto in simili pensieri quando Sheryl bussò alla porta ed entrò ancor prima che l'uomo avesse potuto darle il permesso.
- Oggi ho riflettuto parecchio sulle nostre condizioni – esordì lui senza voltarsi – Passiamo il nostro tempo chiusi qua dentro, incutiamo terrore pur facendoci vedere molto raramente e riusciamo ad imporci grazie a conoscenze magiche apprese ed utilizzate fra queste mura.. non ci giriamo i pollici, è evidente, ma non mi sembra che abbiamo neanche una vita abbastanza movimentata. Capisci cosa intendo?
- Veramente no.
Heebrit si voltò e poggiò il bicchiere sul tavolo, rimanendoci poi appoggiato con le braccia. - Quel che intendo dire è che dovremmo uscire e continuare la nostra vita, come se non fossimo i Demoni del Regno.. non solo, almeno.
- Ma non passeremmo in condizione di svantaggio? - chiese la ragazza timorosamente, rimanendo sempre immobile e in piedi – Saremmo più vulnerabili e ci potremmo far pervadere da.. dai.. sentimenti.
L'uomo la guardò, e un sorriso gli si tirò in faccia.
- Risposta esatta, mia cara. Sarebbe estremamente pericoloso lasciare la nostra dimora, anche se ormai siamo così potenti che dovremmo cascarci proprio come delle pere cotte per porre fine al nostro dominio – le si avvicinò sinuosamente, sempre più – Lasciamo pure le amicizie e le generosità varie, pietà e cose simili a quei perdenti che si oppongono a noi.. che importa?
Le prese fra le dita una ciocca di capelli e se l'annusò. Profumavano, certo, ma sapevano anche di chiuso. Sheryl deglutì e cercò di spostare lo sguardo altrove, ma lui ormai le era entrato nella mente, qualsiasi cosa le venisse in mente di fare poteva anche scordarsela. Era iniziato il gioco delle bambole.
- Hai imparato bene la lezione, ma voglio di più.. - continuò l'uomo, avvicinandosi sempre più al collo – Voglio che tu capisca, provando sulla tua pelle, perchè non c'è altro luogo in cui tu possa stare bene se non questo castello..
Sheryl si limitò ad ascoltare l'ennesima richiesta del Padrone, il suo sguardo era sempre perso sulle cime della foresta. Ormai aveva imparato che era meglio rimanere piuttosto indifferenti a tutto quel che le faceva Lui, anche perchè non poteva replicare, ribellarsi o non stare alla sua mercè. Heebrit era di carattere molto testardo, e quando si metteva in testa di fare qualcosa non esisteva nulla che potesse fermarlo, e in quel momento voleva giocare col corpo della ragazza. Sheryl lo leggeva a chiare lettere nella propria mente, completamente sotto la volontà del Padrone.
Sentiva il suo fiato sul collo, caldo e sensuale, ma col tempo divenuto abituale e privo di emozioni; sentiva il suo vestito muoversi, e le mani di lui che non indugiavano sulla sua pelle chiara..
Il discorso s'interruppe nel momento in cui Heebrit cominciò a baciare con trasporto la ragazza, come un uomo che beve dopo giorni di astinenza; lei ricambiava il minimo indispenzabile per tenere buono lo stato d'animo del Padrone, che altrimenti si sarebbe alterato. Poi sentì il suo tocco nell'incavo dei seni, e l'abito sollevarsi fino ad esser levato del tutto; infine sulla schiena sentì il ruvido del tappeto e la mente di Sheryl non ebbe più nessun potere sulla ragazza.
Heebrit giocava con avidità con quel bel fiore che gli si schiudeva davanti agli occhi ogni volta che ne aveva voglia, e ogni volta per lui era come la prima. Quando si concedevano l'uno all'altra, nel Palazzo di tirava un sospiro di sollievo, perchè la presenza di Heebrit nella mente di tutti i suoi posseduti si allentava via via che si scioglieva nel piacere, pur non dissolvendosi mai del tutto.
Gea, all'estremità opposta del corridoio, sentendo i gemiti dell'amica, sospirava tristemente su quella libertà che sentiva nel cuore, una sensazione di oppressione che lentamente lasciava posto a leggerezza, sapendo bene quanto costasse.


Il villaggio aveva una forte presenza contadina, sia per la qualità delle persone che ci vivevano che per lo stile di edificazione usato, capanne di pietra con tetti di frasche e paglia, l'una attaccata alle altre. Zac le guardò e individuò nell'aria i pigmenti di magia che proteggevano tutta la zona.
Sentì alle sue spalle una voce femminile notare con enfasi il modo di vestire di tutti, nel villaggio. - Pensavo fosse una specie di leggenda.. si vestono davvero tutti di bianco!
- Ma certo, è il segno distintivo del Demonio, non lo sapevi? - replicò lui, ironizzando sull'ingenuità di Patty – Ed è per questo che anche noi ci siamo vestiti di questo colore, per non dare nell'occhio..
- Lo fanno per compiacere il loro Padrone – aggiunse Frederick, cupo, raggiungendoli al fianco – Non capisco proprio cosa spinga così tanta gente a seguire quel pazzo..
- Siamo qui per scoprirlo, Fred! E poi.. lascia fare alla grande Helen, e il caso verrà risolto in un istante! - aggiunse la seconda ragazza del gruppo con ampi gesti delle braccia per enfatizzare la sua persona, proprio mentre Patty la tirava per un braccio e le faceva cenno di stare zitta. - Vuoi attirare l'attenzione di tutti? Siamo in incognito, scema!
L'altra si limitò ad una linguaccia e il gruppo varcò con decisione le soglie del villaggio. Come temevano, vennero subito individuati come estranei e gli sguardi si fecero immediatamente di fuoco. Erano stati tacitamente bollati.
L'uomo che aveva atteso le ragazze fuori dalla loro tenda aveva precedentemente messo bene in chiaro che non avrebbe messo piede nel villaggio, e così fece. Rimase sul suo cavallo a fissare i ragazzi mentre cercavano di mescolarsi nella confusione di una strana euforia che riempiva le stradine.
- Ma che succede? - si chiese Zac, vedendo che all'improvviso lo stato d'animo dei paesani si era radicalmente trasformato da serietà e assoluta rassegnazione al proprio destino ad allegria visibile in ogni occhio che incrociava.
Un tacito segnale li aveva scossi, tutti all'unisono, e sembrava che il loro giogo fosse stato sciolto donando libertà e felicità a tutti. Le fanciulle avevano i visi pieni di allegria e sorrisi sinceri, i bambini osavano giocare a palla in strada e tutti gli adulti facevano sospiri di sollievo e godevano più tranquillamente la loro gioia.
- Il loro legame col padrone si è allentato – disse Helen richiamando l'attenzione dei compagni, che si voltarono verso di lei incuriositi dalla novità. La trovarono accanto ad una ragazza poco più piccola di loro, che sorrideva stanca.
- Me lo ha detto lei – comunicò subito la ragazza, e chiese alla paesana di continuare la spiegazione.
Quella non se lo fece ripetere due volte, e sentire le sue parole era come sentire uno sfogo. - Non sappiamo la reale causa, ma ogni tanto sentiamo che il nostro cuore si allieta, in comunione con quello del Padrone! La morsa della sua possessione si allenta e noi torniamo a respirare il profumo della vita!
Il gruppo di terrestri fece fatica a comprendere quelle parole, e non solo perchè le ultime parole erano fuggite con la ragazza nella gioia comune, ma soprattutto per il concetto.
- Morsa della possessione? - chiese stupita Patty, con un punto interrogativo in fronte.
Si voltò verso gli altri e li vide rattristati in volto. - Che avete?
Zac espirò. - Questa è gente dannata.. non sappiamo i motivi per cui si sono uniti a quel folle, ma ormai è cosa certa, non sono leggende metropolitane..
- Che cosa?
- Il Demonio prende pieno possesso dell'anima degli altri. - concluse Fred in tono grave. Ma la questione non era del tutto chiara, per i ragazzi era ben difficile immaginare quale sensazione possano avere i sottomessi al Demonio, anche perchè nessuno sapeva ben descriverla.
Sapevano solo che era terribile e difficilmente sopportabile a lungo. Ma tutti gli abitanti dei villaggi, tutte le persone soggette a Heebrit convivevano quotidianamente con quella sensazione.


Gea si alzò di scatto e decise di andare a fare una passeggiata in giardino. Ora le era concesso, Sheryl era ancora impegnata col Padrone e lui non avrebbe curato ogni suo passo per un bel po'.
Heebrit era felice, ma anche un pochino triste. Quel rapporto che stava avendo con la sua prediletta poteva essere l'ultimo per molti mesi. Ma non se ne curò più di tanto, e scacciò con forza quel pensiero ogni volta che tornava a galla nella sua mente.
Sheryl ormai si era completamente persa nella passione dell'uomo e non riusciva a pensare a null'altro che non fosse accontentarlo in ogni sua richiesta, dalla più passabile alla più spinta. La sua mente era imbambolata e lei si sentiva persino felice, ma sapeva che quella felicità non era affatto sua: Heebrit, da quando l'aveva posseduta per la prima volta, in senso sia fisico che spirituale, influenzava tutto di lei, dalle volontà alle sensazioni. Ora lui era felice, e lei di conseguenza. Ma Sheryl era anche triste, triste per il suo destino crudele.
Quello che udì poco dopo la risvegliò completamente. Erano sdraiati, lei al suo fianco mentre lui le accarezzava ancora tutto il corpo, talvolta non sfiorandola solamente. I battiti della ragazza erano molto alti, quelli dell'uomo l'esatto opposto.
- Ricordi che ti ho detto che avresti provato sulla tua pelle che questa è la tua unica casa, ridotta come sei?
Lei annuì, ma si sentì in dovere di puntualizzare l'affermazione. - Non sono ridotta.. sono diversa, trasformata...
Lui sorrise. - Ho intenzione di farti avere quest'esperienza immediatamente – gettò uno sguardo all'ampia vetrata, il sole stava cominciando a calare, come ogni giorno nel primo pomeriggio – Stasera stessa sarai fuori dal Castello, contenta?
Sheryl si alzò a sedere per guardarlo preoccupato, una mano sul suo torace. - In che senso sarò fuori dal Castello, che vuoi dire?
- Non mi sembra molto difficile da capire..
- Intendo dire.. per quanto tempo, dove andrò, cosa devo fare..? - le solite domande che faceva ogni volta prima delle missioni per lui. L'idea della libertà era ancora troppo velata sotto lo spesso involucro del sogno.
Sentì una mano accarezzarle il seno e poi rigirare tutto il petto disegnando ghirigori arrivando fino alla guancia. Lo sguardo di Heebrit si fece più tenero, mentre la fissava negli occhi. - Fino a quando non capirai quel che ti ho detto. Dove andrai non lo so, e francamente non m'importa. Hai piena libertà di decidere, non verrò ad importunarti, promesso. Stessa cosa per il “cosa fare”.. cerca di vivere il più normalmente possibile, come hai sempre desiderato fare.
Sheryl rimase impietrita dalla notizia. Le stava donando la libertà? Poteva tornare a vivere normalmente, andare dove voleva, fare quel che le pareva.. Ancora si stava chiedendo come potesse essere possibile che non si accorse che Heebrit aveva ripreso l'attività con lei. Si ritrovò ancora il tappeto sulla schiena e la testa per terra e il gioco ricominciò. La possessione continuava, ma il cuore di Sheryl cominciava ad assaporare una strana libertà.
Questa volta lei sorrideva di gusto, ed era lei a volerlo.



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Piaciuto il capitolo? Spero di sì! ^^
Che gioia, mi avete recensita in ben 3! Il primo record della fic! Vi ringrazio di cuore e spero di vedere nick nuovi anche per questo capitolo, ditemi che ne pensateee!!!

Alla prossima, ciao!
Shark


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Capitolo 5
*** Ritrovo ***





THE EVIL

Sheryl udì i suoi passi distintamente fin dal giardino. Quando uscì dall'ufficio del Padrone Gea le si parò davanti, ansimante.
- E' vero?
- Dipende da cosa.
- Te ne vai? Ti lascia andare?
La ragazza fece spallucce. - Così pare..
Gea sembrò sciogliersi e sorrise di cuore. - Sono così contenta per te.. - mormorò mentre abbracciava l'amica – Per quanto tempo?
- Indeterminato.
Salirono le scale e entrarono nella stanza di Sheryl. Sul letto c'erano una maglietta nera con maniche corte e bordini bordaux, dello stesso colore del motivo a stella in basso a sinistra, e un paio di jeans chiari con strette tasche ovunque. A terra, un paio di scarpe da tennis nere.
Mentre Gea si chiedeva cosa fossero, Sheryl sentì un tuffo al cuore, pur non ricordando molto dei giorni in cui indossava queli abiti. Nonostante fossero stati lavati anche più d'una volta erano ancora ben visibili macchie insanguinate, ricordino delle sue permanenze nei sotterranei. Sheryl però non ricordava più di questo. Forse li usava nell'altro Mondo..
- Questo.. - esordì Gea sollevando la maglietta, in netto contrasto con ciò che avevano indossato per anni – Questo è un segno. Mettili, su!
Ebbero qualche problema solo con le stringhe delle scarpe, ma nel giro di poco erano comunque riuscite a finire l'opera di vestizione. Stavano per uscire dalla stanza quando Sheryl si ricordò di una cosa. Tornò indietro, aprì il cassetto del comodino e ne estrasse una lametta affilata.
- Che vuoi far.. - ma Gea non ebbe neanche il tempo di finire la frase che l'amica aveva già reciso i suoi lunghi capelli. Li lasciò cadere sul letto e se ne uscì sorridendo radiosa, con un caschetto di fortuna lungo poco sotto le orecchie.

Era da tutto il giorno che marciava senza sosta alle spalle dello sceriffo e Micah non dimenticò di ringraziare il cielo quando il vecchio alzò una mano per fermare il compagno. Il ragazzo lo vide scendere da cavallo e aggirarsi nei dintorni con circospezione, poi spostò un paio di rami di cespugli e vide, oltre una collina, un villaggio di medie dimensioni.
- Stanotte dormiremo qui, ma non prima di aver raccolto le informazioni che ci servono – annunciò lui tornando dall'avanscoperta, e Micah annuì convinto. Era stato lui a chiedere di andare al Castello, dopo che i registri dello sceriffo e le testimonianze in paese avevano confermato la sopravvivenza di Sheryl e la sua partecipazione nelle schiere del Demonio. Micah non si scoraggiò affatto nella sua missione, e anzi si sentì sollevato. Era salva. Non aveva un terzo morto sulla coscienza.
Inutili i tentativi di tutti di fargli cambiare idea sul conto della ragazza. - E' il braccio destro del Demonio, lo capisci? - continuava a ripetergli il buon vecchio sceriffo, ma Micah non si lasciava convincere.
- E' una mia amica – continuava a sostenere – e non l'abbandonerò per nulla al mondo. La riporterò nell'altro Mondo, fosse l'ultima cosa che faccio, e torneremo tutti ad una vita normale, come prima.
Giorno dopo giorno la sua convinzione lasciava intendere a tutti coloro che incontrava che nulla lo avrebbe smosso, e così Jeremia Stewart, lo sceriffo, si decise ad accompagnarlo fino al Castello di Heebrit, ma segnando a chiare lettere la condizione, e cioè che non si sarebbe mai avvicinato neanche alle mura del primo villaggio assoggettato a quel mostro per meno di 300 metri. - Ho una moglie a casa, io.
E ora erano finalmente arrivati all'ultimo villaggio prima delle terre sotto il dominio del Demonio. Solo qualche centinaio di metri più avanti avrebbero incontrato solo gente vestita di bianco. Già alcuni di questi abitanti giravano per le stradine di Mejoul, ma era una minoranza così ristretta che non ci si poteva fare troppo caso.
Per raccogliere informazioni Micah e lo sceriffo chiesero alloggio in una locanda, e la sera cenarono assieme a gente molto simpatica che non negò risposte. - Il Castello? Ma certo che so dove si trova.. - rispondevano tutti, tergiversando poi sulla reale ubicazione dell'edificio.
Dopo ore di chiacchere, erano solamente venuti a sapere che oltre i villaggi c'era un'enorme foresta, dalla quale si potevano scorgere solamente un paio di torri, e neanche tanto facilmente. Dopo la foresta infinita c'erano delle mura altissime, aperte solo in un punto ben sorvegliato, e poi un giardino che pareva pietrificato, rigoglioso ma secco. Al centro di esso, vi era il Castello. Ma nessuno del villaggio aveva mai neanche visto la foresta, se non in lontanaza.
La mattina seguente Micah si offrì volontario per andare al mercato e cercare qualche alimento per proseguire il viaggio e per non chiedere vitto ai “bianchi”, come venivano chiamati i sottomessi a Heebrit a Mejoul.
Il ragazzo però non avrebbe mai immaginato di ritrovare i suoi amici fra le file delle bancherelle. E meno che mai si sarebbe aspettato di vederli vestiti di bianco.
Quando Patty notò che era rimasto molto interdetto da quella visione si preoccupò di tranquillizzarlo subito. - Abbiamo fatto gli infiltrati..
- Infiltrati?
- Sì – rispose Zac – Ci siamo offerti per fare da spie per un paio di giorni nel villaggio laggiù.. tral'altro non ha neanche un nome..
- Spie? - Micah continuava a non capire e lo faceva ben intendere agli amici con occhiate vacue. Tutti gli mostrarono una spilletta a forma di cuore, nera. Il simbolo delle truppe ribelli a Heebrit.
- Vi siete uniti al gruppo dei ribelli, allora..
- Proprio come ti avevamo detto. Vogliamo renderci utili e aiutare questo Mondo.
Micah prese in mano la spilletta di Patty e la osservò, anche se non c'era nulla di particolare, a parte la scritta incisa lungo il bordo. “Per sempre a fianco della libertà “ sul lato sinistro e, sul destro, “Non ci arrenderemo”.
Sorrise. - E che risultati avete ottenuto fin'ora?
I suoi compagni s'incupirono. Segno evidente di insuccesso.
- E tu? Hai trovato Sheryl? - ruppe il silenzio Helen, spostando l'asse dell'interrogatorio. Stavolta fu Micah ad incupirsi, ma non troppo. - Sono ad un ottimo punto delle indagini, ma.. non è una cosa bella.
Vide un'ombra di paura insediarsi negli sguardi dei suoi amici. - E'.. morta? - balbettò Fred da dietro la spalla di Zac. Micah tirò un angolo della bocca a mo' di sorriso e scosse la testa. - E' viva, ma sotto il potere del Demonio, anzi.. pare sia il suo braccio destro.
- Sheryl?!? Ma non ha capacità magiche!
- Pare di sì, invece. E neppure roba di poco conto.. ma non parliamo qua in strada, venite, andiamo a quella locanda e continuiamo la discussione con un boccale sotto il naso!

Con un balzo, Sheryl si lasciò alle spalle il piccolo dirupo che separava le mura del giardino dalla foresta. Non appena toccò terra, uno stranissimo fremito la pervase e sentì l'impellente bisogno di fare una corsa, in gara col vento, senza una meta precisa. E come l'ebbe pensato, subito lo mise in pratica e la sua potenza magica si riversò nella foresta trasformandola in un fulmine.
Corse col vento fra i capelli per migliaia di metri ed anche più, così rapidamente che ancor prima che la notte fosse scesa era già all'uscita della foresta che faceva perdere infiniti viandanti nei suoi lunghi meandri.
Non appena fu sbucata fuori dal fitto degli alberi si fermò e rimase per qualche minuto a respirare affannosamente e ad ammirare stupefatta i villaggi che le si presentarono alla vista. Solo dopo un po' notò che erano deserti, e che nelle case era raro vedere dei lumi. Si fece coraggio e scese in paese a cercar qualche anima viva che le potesse consigliare cosa fare o dove andare, ma non trovò nessuno, a parte un cane randagio.
Quella prima notte la passò in un campo coltivato, accoccolata sotto un covone. Non le ci volle molto, però, per accorgersi che di notte il freddo era molto pungente e che i suoi abiti non erano adatti.
La mattina seguente si svegliò al canto del gallo e se ne andò presto, ma non dimenticandosi di dare un'occhiata al villaggio che la notte precedente era deserto. Si alzò da terra tutta infreddolita e si passò una mano fra i capelli. Non erano più lunghissimi, come ricordò in ritardo. Tagliarli di netto era stato il suo primo gesto completamente volontario dopo molto tempo. Indossare i suoi vecchi abiti, che ormai le stavano molto larghi, la faceva sentire come una ribelle: dopo tanto bianco esasperante, finalmente un po' di colore.
Con quei pensieri nella testa si avviò verso il primo villaggio oltre quello che aveva avvistato la sera prima e s'imbattè in un centinaio di persone tutte vestite di quell'orrendo colore candido che odiava tanto.
Strinse i pugni e passò in mezzo alla gente senza neanche guardarla in faccia, troppo arrabbiata per quel che doveva sopportare. Aveva appena conquistato la libertà e si ritrovava subito in un villaggio devoto a Heebrit?
Di una cosa però si accorse, e più camminava più ne era certa: la gente non l'aveva riconosciuta.
Proseguì la sua camminata senza guardare in faccia nessuno.

Il grattare delle sedie sul pavimento di pietra risuonò solitario nel locale: il suo orario di maggior affluenza iniziava dalla metà del pomeriggio, e i ragazzi invece vi entrarono nel pieno della mattina. Ordinarono il minimo indispensabile per non venir cacciati fuori a calci e cominciarono a raccontarsi le rispettive storie. Il gruppetto composto da Zac, Patty, Helen e Frederick si adoperò per sintetizzare al massimo la loro esperienza nel villaggio dei bianchi, ma ripetute volte i dettagli ebbero la meglio e il racconto perse il suo tentato riaccunto. Micah riuscì comunque a capire che non avevano scoperto nulla di che, solo qualche esperienza di persone su come si erano uniti a Heebrit. Meglio di niente, magari li avrebbe aiutati a capire Sheryl, quando mai avessero avuto possibilità di parlarle. Quando fu il turno di Micah, toccò a lui raccontare e spiegò come fosse arrivato in quel villaggio e chi lo accompagnasse. Non fece in tempo a finire di spiegare la missione che si era dato che entrò nel locale un uomo sulla sessantina, correndo trafelato in direzione dei ragazzi.
- Micah, figliolo! - disse Jeremia quasi urlando per la fretta – Non ci crederai mai, vieni presto!
Immediatamente le sedie grattarono ancora sul pavimento e in una manciata di secondi il locale era di nuovo deserto. Unico, rimase il garzone dietro il banco. - Tks..- disse- Ora mi toccherà pure cercarli, per farmi pagare il conto..
Uno stilo scarabocchiò dei nomi su un pezzo di carta; non appena ebbe finito, l'uomo se lo ficcò in tasca.
E' lui lo sceriffo di.. di cui ci hai parlato? - Helen non era mai stata brava nella corsa e riusciva a parlare bene, ansimava molto.
- Sì, ehm.. ragazzi, lui è Jeremia! Sceriffo, loro sono i miei a..
- L'avevo intuito, sai ragazzo? E ora meno chiacchere o non usciremo più dal villaggio! - Uscire? - chiese Fred raggiungendo il capo del gruppo – Ma si può sapere dove stiamo andando?
Lo sceriffo sorrise. - Fuori, no?
Il gruppo non potè far altro che seguirlo e continuare a chiedersi in silenzio quale fosse la meta della corsa.
Superati i portoni del villaggio si aprì ai loro occhi la piana antistante la collina del villaggio e, molto più lontano, i primi villaggi del Demonio; subito dietro questi ultimi, la foresta. Fra le nuvole si potevano distinguere, a fatica, le torri del Castello, ma erano così lontane che non sembravano neanche tali.
- Giù di qua, svelti – esclamò lo sceriffo mentre scendeva rapido il versante della collina, e subito fu seguito dai ragazzi.
Corsero ancora per centinaia di metri, sempre più vicini ai villaggi bianchi, e si fermarono solo in prossimità di un fiume.
Jeremia fece cenno di non fare rumore e di non fiatare e poi si avvicinò ad un canneto con molta calma e circospezione, facendo attenzione ad ogni passo. Micah ricevette molte occhiate interrogative da parte dei suoi compagni, ma non potè far altro che scuotere la testa e seguire il vecchio. Daltronde, neanche lui capiva cosa stesse cercando di fargli vedere, fino a che non scostò un paio di canne e vide una ragazza dai capelli cortissimi e chiari seduta dall'altro lato del fiume.
Lo sceriffo gli comparve a fianco sorridendo. - Che ti dicevo, eh? Ho o no una super memoria fotografica?
Micah non capì all'istante quell'affermazione, gli ci volle qualche secondo, durante i quali la ragazza si alzò da terra e tirò un calcio ad un sasso, che cadde in acqua con un tonfo.
All'unisono l'intero gruppetto ebbe un sussulto, ma solo Patty ebbe abbastanza fiato per pronunciare il nome che tutti stavano pensando.
- Ma quella è Sheryl..
La ragazza alzò la testa di scatto e li scovò all'istante. Aveva un'espressione indecifrabile. - Non mi sembra proprio tanto contenta di vederci – mormorò Zac, subito ripreso da un'occhiataccia dello sceriffo.
- Io non giurerei troppo in fretta che sia ancora vostra amica, come ho già detto a Micah, ma lui è così testardo che non mi ha ascoltato un solo istante!
- Infatti – rispose l'altro – Non è come dici.. io credo che si ricordi ancora di noi, e una volta ristabilito il contatto di amicizia che c'è fra noi sarà tutto come prima, vedrai vecchio!
Si voltò verso Sheryl, ma non era più dov'era prima. Le canne che erano dietro di lei si stavano ancora muovendo.
Jeremia mise una mano sulla spalla del giovane. - Non mi piace dire “te l'avevo detto”, ma come vedi..
Micah si liberò con forza dalla presa dell'uomo e saltò più in basso, a pochi centimetri dal fiume. - Hey! - udì alle sue spalle – Che stai facendo!
Si tolse la giacca e la gettò a terra con la borsa, poi si tuffò nell'acqua e nuotò fino all'altra sponda senza dare ascolto a coloro che gli gridavano di tornare indietro.
Uscì dal canneto seguendo la traiettoria di Sheryl che si era ideato in mente e la trovò non molto distante da lui, seduta rannicchiata all'ombra di un albero. Si avvicinò lentamente accorgendosi piano piano che l'acqua del fiume era gelida e che cominciava a sentire freddo. Ma lei era lì, e più camminava più confermava la sua identità. Era quasi identica all'ultima volta che l'aveva vista. I vestiti erano gli stessi, mancava solo la felpa che Zac le aveva prestato quella fatidica notte perchè avea freddo; era molto più magra, ma non sembrava troppo deperita, ne che avesse sofferto particolarmente la fame. Ultimo dettaglio, i capelli.
Raggiunse il metro di distanza. Lei si limitò ad alzare lentamente gli occhi e Micah rabbrividì al vederli. Avevano un colore innaturale, come se avesse avuto due lastre chiare di ghiaccio al posto delle iridi.
- Non hai freddo? - chiese lei. Il ragazzo ebbe una stretta allo stomaco e sentì la voce dello sceriffo nella testa, mentre gli diceva di non illudersi che gli sarebbe saltata al collo la prima volta che si sarebbero visti.
- Non molto.. - cercò di sembrare il più naturale possibile e le si sedette accanto – E tu? Non sei vestita adatta all'inverno..
- Non faccio mai caso alla temperatura.
- Ah.
Sheryl continuò a guardarlo, studiando ogni tratto del viso e del corpo.
- Come stai? - disse lui, per rompere il silenzio e togliersi dall'imbarazzo di essere osservato da occhi così raggelanti. Li ricordava azzurro cielo.
Lei rimase interdetta dalla domanda. - Come sto? In che senso?
- Beh.. stai bene, ti sei fatta male..
- Sono il ritratto della salute.
- Perfetto.. - non era il piede migliore con cui si poteva iniziare, si disse – Dove abiti?
Dritto al sodo, forse avrebbe trovato una strada migliore.
- Per ora da nessuna parte.
- Come sarebbe a dire? Dove passi le notti, dove mangi..
- Stanotte ho dormito in un campo agricolo e non ho ancora mangiato da ieri mattina.
- E non hai fame?
- Non faccio mai molto caso alla fame.
- Come per il freddo?
Lei annuì.
Micah sentì una strana sensazione scomoda. Stava per ammettere che Jeremia avesse ragione quando gli venne in mente un modo semplicissimo per trattenere Sheryl con lui e gli altri, giusto il tempo di farle tornare la memoria, visto che ormai non c'erano più dubbi che non l'avesse riconociuto.
- Ti va di venire da me, al villaggio? Offro sia il letto che i pasti!
- Villaggio?
Micah indicò la collina. - Lassù, vedi? Con me poi ci sono alcune persone molto simpatiche, potreste fare amicizia..
Sheryl lo guardò interessata. Fare amicizia rientrava fra le cose che si era ripromessa di fare in quel periodo di libertà. Forse doveva mostrarsi un po' più sociale e meno fredda con quel ragazzo, ma, un po' per uno strano pensiero che le vorticava in testa, un po' per la disabitudine a socializzare con gli altri, non riusciva a dire nulla di troppo carino. E poi questo ragazzo gli ricordava qualcosa.. era come se l'avesse già visto.
- Mi.. mi farebbe molto piacere.. – provò, aggiungendo subito dopo un sorriso che le parve non troppo convincente.
Anche Micah sorrise. Non avrebbe potuto sperare di meglio.




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Tatatataaann... ditemi che ne pensate di questo capitolo con una recensioncina, anche ina ina..! ^^
Ringrazio ancora tutti i lettori e coloro che mi seguono manifestando le loro opinioni, spero che la storia continui a piacervi!
Ciao!
Shark

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Capitolo 6
*** Scoperte ***




Stava per ammettere che Jeremia avesse ragione quando gli venne in mente un modo semplicissimo per trattenere Sheryl con lui e gli altri, giusto il tempo di farle tornare la memoria, visto che ormai non c'erano più dubbi che non l'avesse riconociuto.
- Ti va di venire da me, al villaggio? Offro sia il letto che i pasti!
- Villaggio?
Micah indicò la collina. - Lassù, vedi? Con me poi ci sono alcune persone molto simpatiche, potreste fare amicizia..
Sheryl lo guardò interessata. Fare amicizia rientrava fra le cose che si era ripromessa di fare in quel periodo di libertà. Forse doveva mostrarsi un po' più sociale e meno fredda con quel ragazzo, ma, un po' per uno strano pensiero che le vorticava in testa, un po' per la disabitudine a socializzare con gli altri, non riusciva a dire nulla di troppo carino. E poi questo ragazzo gli ricordava qualcosa.. era come se l'avesse già visto.
- Mi.. mi farebbe molto piacere.. – provò, aggiungendo subito dopo un sorriso che le parve non troppo convincente.
Anche Micah sorrise. Non avrebbe potuto sperare di meglio.



THE EVIL


Jeremia aveva consigliato di tornare al villaggio ad aspettarli, e il gruppo molto controvoglia lo seguì. Zac però non ce la faceva più ad aspettare, li vedeva in lontananza a chiacchierare da almeno mezz'ora e lui era impaziente quanto Micah di risentire la voce di Sheryl. Non capiva perchè venisse riservato solo a lui quel privilegio. Era un suo amico quanto Micah! E così pure Fred, Helen e Patty.
Calciò un sasso e distolse lo sguardo furioso.

Non passò moltissimo che i due comparvero alle soglie del villaggio. Stavano per andare ad abbracciare Sheryl e a travolgerla di saluti e abbracci quando contemporaneamente, alla sua vista, i ragazzi rimasero quasi impietriti. Occhi gelidi, nessun sorriso sul volto, pelle bianchissima e capelli opachi.. Emanava un'inconfondibile potenza maligna e d'aspetto ricordava solo vagamente la loro amica. Persino gli abiti erano in un certo senso diversi. La Sheryl che ricordavano non sembrava essere lì, a un metro da loro.
Helen però non si fece fermare da simili sciocchezze, era da tre anni che non vedeva la sua amica del cuore e non si fece problemi ad abbracciarla con tutto il trasporto che le era possibile tirare fuori. - Sono così felice di rivederti.. - le mormorò da sopra la spalla.
- Sì... anch'io..
- Ora dovrai raccontarci tutto quello che hai fatto in questo tempo, dove sei stata, che poteri hai.. tutto!
Sheryl notò che aveva gli occhi lucidi e che singhiozzava per trattenere le lacrime. La gioia comportava il pianto?, si chiese. Guardò Micah un po' spaesata, e lui le sorrise sornione. Era questo l'affetto che le stava raccontando prima. Quei ragazzi le vogliono bene, ma lei non aveva ben chiaro in mente cosa volesse dire. Aveva solo un vago ricordo.

La locanda si riempì per la seconda volta del grattare delle loro sedie, e il ragazzo dietro il bancone fece svolazzare il conto precedente davanti al naso dei ragazzi ancor prima che potessero avvicinarsi ad un tavolo. - Almeno avete avuto il buon gusto di tornare..
Il foglietto passava davanti ai visi di tutti, e lui continuava la sua predica. - Aggiungo al conto di prima quel che volete ordinare ora, giusto? O preferite pagare adesso e scappare di nuov..
- E falla finita – ordinò gelida Sheryl non appena il fogliettino si apprestava ad avvicinarsi a lei. S'incenerì al suo sguardo. - Sono dettagli inutili, dacci un tavolo e torna al tuo posto!
Il ragazzo abbassò gli occhi sui granelli di cenere e obbedì. Non fu però l'unico a rimanere raggelato da una simile reazione. Nella locanda calò un silenzio innaturale, alcuni clienti se ne andarono per la paura. Quando il gruppo si sedette erano rimasti solo loro nel locale. Ogni parola di Sheryl aveva emanato qualcosa di maligno che aveva colpito nelle ossa i placidi abitanti del villaggio che volevano farsi una pinta di birra in pace, lontani dai pericoli del Mondo.
Persino Helen comprese quanto fosse sfuggita loro di mano la situazione. Crollò il suo castello di carte di illusioni sulla sua amica.
Durante il pasto Sheryl si aspettava di venir travolta di domande, invece quelli che Micah aveva chiamato “suoi amici” non osavano aprir bocca. Fu lei a bombardarli di domande, voleva sapere tutto di tutto. Si scoprì straordinariamente loquace.
- Quindi fate parte del corpo dei Ribelli?
Tutti annuirono senza guardarla.
- E che ruoli avete?
- Andrai a riferire tutto al tuo adorato Padrone, vero? - cantilenò l'altro per tutta risposta.
- Zac!
- Lascia Micah.. - Sheryl squadrò quello che aveva subito capito essere il Capo dei Ribelli in quella zona – E' una domanda lecita, no?
Micah mugugnò qualcosa e tornò ad occuparsi del suo minestrone.
Zac voleva toccare quel tasto a tutti i costi, voleva anche lui sapere tutto, e soprattutto fino a che punto poteva essere libero di parlare con lei. - Quindi?
- Al momento non sono affatto legata a lui. Sono qui, non mi vedi? E poi non credi che avrei già cercato di farvi fuori tutti, sapendo che siete dei ribelli?
L'altro rimase qualche secondo interdetto, ma lei riprese. Aveva una voce sinuosa e molto seducente, evidentemente sapeva come trattare la gente e come manipolarla.
- Credimi, non sareste ancora qui.
- Va bene. Okay. Non riferirai nulla.
- Esatto.
- Okay.
- Che ruoli avete? - ripetè pacatamente lei.
- Io sono il Capogruppo in zona, loro sono subalterni, ma non mi considero affatto superiore, anzi. Helen, per esempio, è molto più potente di me..
Lo diceva come se stesse mettendo in chiaro una cosa. Probabilmente avevano avuto qualche diverbio in merito. Sheryl non ebbe difficoltà a visualizzare qualche scena ipotizzando il diverbio. Era molto abile a intuire le cose, visto tutto ciò che le ometteva Heebrit.
Patty allontanò da se il piatto. - E tu, Sheryl.. che poteri hai? Non ne hai mai dimostrati con noi..
La ragazza sentì mancare qualcosa vicino al cuore. Stava cominciando ad esplorar eil suo passato dimenticato. - Boh..
- Oh andiamo! - incalzò Helen, aggiungendosi alla conversazione – Prima hai incenerito il foglietto, no? E' già qualcosa..
- Il mio “boh” non stava per un “non so”.. ma per un “non so da che parte cominciare”.
Zac annuì. Micah si fece più attento, pronto a non dimenticare una sola sillaba uscita da quelle labbra rosee. Fred finì rumorosamente la sua zuppa e Patty fece cadere il cucchiaio. Helen era impaziente, ma anche intimorita da quell'affermazione. “Micah ha detto che è il braccio destro del Demonio.. dimmi di no, ti prego..”
- Non so bene quali poteri io abbia, quel che è certo è che sono molto potente e che lo divento ancora di più se sto odiando qualcuno. Quali poteri.. credo di poter fare più o meno tutto.. basta il pensiero, no?
Prese il suo boccale di birra e si decise a berne un bel sorso. Il sapore era amarognolo e le si riversò in gola bollente nonostante il liquido nel bicchiere fosse freddo. Tossì e osservò i suoi amici ridacchiare. - E' buffo vedere una persona dura e sicura di se come sei tu rimanerci secca per una birra..
- Rimanerci secca?
- Noi ne scoliamo a galloni! - disse Fred alzando il suo boccale e bevendolo tutto d'un fiato.
- Suppongo sia abitudine..
- Anche, ma non solo! Ci vuole stomaco e tu, Sheryl, non ne hai neanche un po'! - scoppiarono tutti a ridere, e pure Sheryl sorrise. Un giuzzo di gioia le attraversò le pupille. Da quel momento Sheryl s'impose di voler imparare a bere la birra.
Chiese con che cos'altro si divertissero, ma vide solamente i loro volti incupirsi. - Non c'è molto di questi tempi, in verità.. - Patty si rigirava nervosamente il cucchiaio fra le dita – Se sei da solo, nei villaggi trovi solo coprifuoco o controlli agli stranieri. Se sei con amici devi essere guardingo e attento..
- Coprifuoco? Che intendi?
- E' tutta colpa del Demonio! - sbottò Fred picchiando un pugno sul tavolo; alcuni sobbalzarono per lo spavento; Sheryl rimase impassibile e spopstò lo sguardo da Patty al ragazzo - Quel maledetto.. la sua minaccia incombe sulle nostre teste e non possiamo fare nulla senza il timore di finire nelle sue mani.. da quando sei stata presa tu abbiamo limitato qualsiasi misura di divertimento, ma anche di minimo svago. Mai uscire dai sentieri, mai stare fuori anche quando è appena buio..
- Io ero un obbiettivo ben preciso, a quanto ho scoperto in seguito.
- Ma eri senza poteri. Come potevamo immaginare che eri così tanto in pericolo? E come possiamo immaginare di essere o no i prossimi, Sheryl? Scommetto che neanche tu sai qualcosa dei piani della sua mente..
- Effettivamente..
- Effettivamente.
Fred spostò indietro la sua sedia e uscì dal locale. Cadde il silenzio, rotto solamente dal ritmico cadere delle goccie d'acqua dal rubinetto del bancone. Sheryl abbassò lo sguardo sul suo piatto. Erano seduti da almeno un'ora e lei non aveva toccato cibo, se non per scoprire cosa ci fosse nella zuppa. Aveva osservato per tutto il tempo i suoi amici mentre mangiavano, bevevano, vivevano normalmente. Fred aveva detto che non avevano più divertimenti a disposizione, ma per lei la vita normale era così anormale che cominciava a divertirla. Annuì tra se e se. Aveva appena deciso di non tornare più da Heebrit.

Nel pomeriggio fecero un brevissimo giro del villaggio per cercare Fred, ma lo trovarono meno di dieci minuti dopo esser usciti dalla locanda, appoggiato ad un albero vicino una bancarella. Non chiese scusa per essersene andato così bruscamente e non rivolse più la parola a Sheryl per tutto il giorno. La ragazza, dal canto suo, non ci fece affatto caso e non diede nessun peso alla discussione. Carpiva le informazioni che voleva e dimenticava il resto. La bancarella accanto a loro vendeva oggetti intagliati in legno, non perfetti ma pieni di cure e dipinti a mano in alcuni punti, come le labbra di una signora. Sheryl osservò nei dettagli ogni pezzo in vendita, ma non ne prese nessuno. Non aveva soldi, disse con semplicità al mercante quando le chiese, dopo mezz'ora, se volesse comprare qualcosa.
- Andiamo via Sheryl.. - Micah la prese per un braccio e fece per trascinarla fuori da quella stradina, ma una vecchia s'impose sulla loro strada. - Vattene immediatamente.
- Come, scusi?
- Mi hai sentito. - sibilò la donna.
- Levati di torno, vecchia! - intimò Micah, ma l'altra non si mosse di un millimetro. - Non siamo qui per cercar rogne, va!
- E allora perchè porti in giro questo mostro?
Sheryl incassò male quell'offesa. “Mostro” per lei era solo Heebrit, non aveva mai pensato a se stessa in quel modo. Forse però era giusto, ma non le piaceva l'idea di essere considerata un mostro, la faceva sentire molto male. - Non è un mostro – sentì Micah risponderle – E' una mia amica, hai capito?
- Falla sparire di qui prima che sia tardi..
- Sparisci tu, invece!
La vecchia rimase ancora immobile a fissar male Sheryl. - Vi siete tutti bevuti il cervello, per passeggiare allegramente nel villaggio col demonio..
- Non è lei il Demonio, e non sono affari tuoi! - stavolta fu Patty a difendere l'amica, e lei ne rimase molto colpita. In circostanze normali avrebbe fatto fuori la donna in meno di un secondo, forse ancor prima che aprisse bocca, ma la presenza di quei ragazzi l'aveva fermata e l'idea del mostro l'aveva paralizzata anche nella parola. La vecchia si spostò si mala voglia di lato e iniziò a mormorare qualcosa d'incomprensibile.
Il gruppo allora decise di fare due passi fuori dal villaggio, almeno per far vedere le terre confinanti a Sheryl. - Laggiù c'è il mare.. - iniziò Helen indicando la parte opposta al Castello.
- Non si vedeva dalla mia stanza.. è bello?
- Molto! Un giorno ti ci portiamo, va bene?
- Mi farebbe molto piacere. E laggiù c'è..?
- Una pianura. Ci sono molti villaggetti, uno diverso dall'altro, e poi c'è la scogliera che si trasforma in catena montuosa.
- Un giorno voglio andare anche lì..
- Ma certo! E laggiù..
Si bloccò indicando la foresta fitta che nascondeva il Castello.
- .. e laggiù c'è la prigione.
- Il Castello del Demonio, sì. - si voltò verso l'amica – Perchè la chiami prigione? Non sei stata trattata bene?
L'attenzione di tutti s'incentrò lentamente su quel loro discorso. Prima gli altri stavano chiacchierando fra di loro senza badare alle connotazioni geografiche di Helen.
Sheryl si sedette a terra e fissò gli altri, posando lo sguardo su tutti, ad uno ad uno. - Vediamo se la mia intuizione è esatta.. tu, e probabilmente tutti lo fate, tu pensi che io sia stata presa da Heebrit per essere “allenata” in magia e per stare dalla sua parte.. magari pensi anche che sia stata costretta da qualche promessa e che vi abbia dimenticati per suo ordine o per giuramenti vari ed inimmaginabili.. poi pensi che tutto quel che ho fatto l'ho fatto incoscientemente o sotto effetti magici, perchè quando mi avete conosciuta non avevo poteri, quindi potevo essere raggirata ingenuamente in qualsiasi cosa.. non è così?
Continuò a fissarli tutti, e le sue parole li costrinsero ad distogliere gli sguardi da lei. Helen mormorò qualcosa, poi la ripetè a voce più alta perchè nessuno aveva capito cosa avesse detto. - E' solo un'idea generale.. non ci hai detto nulla, le ipotesi sono così..
- Dicci tu, allora, che ti è successo! - propose Zac – E cosa di preciso hai fatto, visto che le nostre informazioni sono piuttosto scarse in merito! Se non ti è stato imposto o ordinato, perchè hai ucciso centinaia di persone? Perchè non sei fuggita al volere di quel folle, perchè..
- Perchè non potevo.
- E come mai..?
Sheryl deglutì. Non aveva voglia di parlarne in quel momento. Finalmente stava assaporando libertà, gioia e felicità, non voleva tornare a pensare a quegli orrori subiti. - Magari un giorno te lo dirò.
Si alzò, prese per mano Helen e si avviò verso il villaggio. - Dove andiamo, Sheryl? - chiese la ragazza.
- Andiamo a cercarmi un vestito come il tuo!
Helen si guardò, portava una gonna bianca e una camicetta. Sorrise. - Conosco una signora che è bravissima a cucire i vestiti!

- Sai Gea..
Heebrit si riempì il calice di latte argenteo. - Ho come l'impressione che rivedremo la nostra Sheryl molto presto..
La ragazza rimase impassibile. - Come mai dite così?
Lui passò l'indice sul bordo del calice, poi lo immerse di poco nel liquido e se lo portò alle labbra. - Non so.. ma più ci penso e più mi convinco che capirà in fretta lo scopo di questa missione..
Gea si voltò di scatto verso di lui. - E' una missione? Non era un periodo di libertà?
- Sì.. libertà.. - le comparve alle spalle, sussurrando all'orecchio la fine della frase – Non sarete mai libere da me, non l'avevi ancora capito?



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Non ho potuto augurarvi Buon Natale perchè non ho potuto attaccarmi mai ad internet, non ho potuto augurare neanche Buon St. Stefano.. almeno Buon Capodanno sì! ^_^
Prometto che il prossimo capitolo sarà più entusiasmante di questo!
Ringrazio tantissimo tutti i lettori e coloro che mi seguono manifestando le loro opinioni, spero che la storia continui a piacervi!
Ciao!
Shark

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Capitolo 7
*** Ritorno ***




Osservò ancora per un istante quel corpicino aggraziato stremato a terra, fra le foglie cadute nell'autunno appena trascorso, poi uscì dalla barriera candida e già visibilmente resistente e si avvicinò a Micah. Schiantò un soldato che lo stava per attaccare alle spalle e che lui non aveva notato e gli mise una mano sulla spalla sinistra. Sanguinava in gran quantità. - A quella ci penserà Patty – rispose lui al suo sguardo sorridendo. - Mi dai una mano, allora?
Fu lei a sorridere, con un velo di tristezza negli occhi. - In quanti secondi?



THE EVIL


Who are you now? Are you still the same or did you change somehow? What do you do at this very moment when i think at you?

Micah la osservò sparire fra gli alberi e rimase immobile a ripetersi nella mente le ultime frasi, le ultime cose viste..
Si accasciò a terra esausto. “Decisamente no”, si disse, “Non è più la mia Sheryl..”
Un fruscio alle sue spalle lo fece girare di scatto e mettere sull'attenti: era solo Helen, che stava riprendendo conoscenza. - Come stai? - le chiese avvicinandosi.
- Ho fatto in tempo con la barriera, allora! - esclamò lei gioiosa tastandosi il corpo con entusiasmo.
Micah sorrise triste. - Sì e no, Helen..
Lei gli puntò addosso uno sguardo interrogativo.

Sheryl scorse l'uscita della foresta e si affrettò per raggiungerla, non voleva rimanere ancora in quel postaccio. Aveva scoperto in maniera cruda la differenza di cui le parlava Heebrit giorni prima, il motivo per cui non sarebbe mai stata a suo agio in quello strano mondo che non le apparteneva più.
Il suo sguardo si posò sulle mura del villaggio. I soldati avevano battuto in ritirata: mai, che lei sapesse, lo avevano fatto. La temevano fino a quel punto?
La vecchia prima l'aveva chiamata “mostro”..
Che fosse veramente diventata un mostro? Sheryl non lo sapeva. Lo temeva solamente.
Udì il suo nome alle spalle. Helen.
Sheryl si alzò e soppesò per qualche istante il villaggio, poi la ragazza che le correva dietro.
Sospirò.
Helen uscì dalla foresta col fiatone, si piegò in due per recuperare le forze ma, guardandosi attorno, non vedeva l'amica. Eppure era sicura di averla vista su quel promontorio..

Zac imprecò, era una cosa che odiava quando l'avversario si ritirava a metà battaglia, e inoltre senza motivazione. Certo, i ribelli erano in maggior difficioltà, ma lui voleva continuare a combattere, gli piaceva e si trovava a suo agio.
Improvvisamente, però, sono giunti alcuni altri maledetti soldati di fuoco e hanno detto agli assedianti qualcosa che non aveva udito, poi tutti se n'erano andati via, più veloci di quanto non avessero fatto all'andata.
- Chi li capisce è bravo.. - commentò Patty mentre lui si sfogava a suon di imprecazioni mentre lei, pazientemente, gli curava il braccio.
- Noi dobbiamo capirli, Patty! Sono i nostri nemici, lo capisci? - si alzò in piedi irato. Tutti nella sala medica lo fissarono stupiti e intimoriti dalla sua reazione – E' da loro che vengono le ferite che poi tu curi, lo sapevi? O pensi che sia tutto un gioco, come quando eravamo nell'Altro Mondo?
La ragazza gettò a terra le garze e s'inalberò a sua volta. - Non prendermi per una stupida, so benissimo in che situazione siamo, smettila di credere che tu sia un mito e che gli altri siano deficienti o, peggio ancora, bambini!
Frederick si alzò a sua volta, rovesciando le sue bende non ancora legate del tutto, e si avvicinò a sua volta ai due amici. - Possibile che non sappiate far altro che litigare!? Smettetela, non ne vale la pena.
Zac lo fulminò furente. - Non ne vale la pena?
- Esattamente. Nessuno di noi pensa che sia un gioco – disse lui alludendo alle molte battaglie che avevano affrontato; nessuno del loro gruppo era rimasto indenne – Ma penso che sia altrettanto importante che rimaniamo uniti. Siamo un gruppo, tu sei il capo, è vero, ma da solo sei nulla. E tu lo sai.
Per tutta risposta ricevette un pugno in faccia
- Zac! - urlò alle sue spalle Patty, ma lui era già uscito dalla stanza.

- La vetrata è incrinata – tuonò pacatamente il Padrone, e una ragazzina gracile e spaurita comparve dalla porta.
- La ripariamo subito, Signore.. - pigolò.
Heebrit annuì. La sua visuale doveva essere perfetta. Quella vetrata gli permetteva di vedere praticamente tutto il mondo senza muoversi dal suo ufficio. Era come una lente gigante. Teneva così sottocontrollo tutta la situazione mondiale senza sforzi inutili.
E aveva visto qualcosa di molto interessante in prossimità del villaggio dov'era andata la sua Sheryl. Anzi, due cose.

Zac marciò a grandi passi fin oltre il fiume, penetrando molto nella prateria. Il Castello del Demonio era ancora visibile, ma non in maniera chiarissima.
- Cerchi qualcosa?
Comparve dal nulla mettendosi a sedere tra le spighe ingiallite.
Il ragazzo increspò le labbra in un sorriso.
- O cerchi qualcuno? - lo incalzò Sheryl.
Il ragazzo riflettè per una manciata di secondi su come dire quel che voleva, ma non trovò una giusta formulazione e incespicò.
- Sì, cercavo..
- So già cosa vuoi – Zac rimase sorpreso – No, non ti preoccupare.. non corri pericoli se non fai stupidaggini.
- Dimmi cosa sai.
- Vuoi mollare i ribelli e venire da noi. Non ti senti a tuo agio, senti che le tue potenzialità sono sprecate e non riconosciute..
Zac cercò di dissimulare il suo stupore, ma probabilmente non ci riuscì, visto il sorriso divertito della ragazza. - Non mi dire che ho indovinato! - esclamò.
Lui deglutì e annuì.
Sheryl alzò la mano destra e, ignorando il suo istintivo gesto di difesa, evocò il globo per riconoscere il grado di potenziale magico. - In teoria io ora sono libera da Heebrit e non ho doveri nei suoi confronti.. ma qua fuori.. non so, non ho trovato quel che volevo.. - fissò intensamente il globo, fino a che non divenne di un blu molto intenso.
- E cosa volevi?
Sheryl non spostò lo sguardo. - Forse ritrovare quella che ero, e quello che eravamo, non so.. forse volevo solamente tornare indietro..
Una voce emerse dai ricordi del ragazzo, unisona alla domanda che gli aveva appena fatto Sheryl.
- Sei sicuro di quello che stai per fare?
L'aveva pronunciata lui stesso in occasione della partenza di Micah, quando li aveva lasciati tra i Ribelli per cercare l'amica. Zac voleva dissuaderlo dalla ricerca sostenendo che ormai era morta e che, se non lo fosse stata, sarebbe stata sicuramente vittima in qualche modo del Demonio. - Quello è pazzo e crudele, probabilmente non sarà più la stessa, non si ricorderà più di noi!
Ma Micah non aveva voluto sentire ragioni. - Non esiste, io non la abbandonerò mai. Può anche avermi dimenticato del tutto, può anche volermi uccidere non appena mi vede, ma io.. devo.

- Sei sicuro di quello che stai per fare? - gli chiese Sheryl di sottecchi. Lui la fissò, cercando il più possibile di penetrare tutto quel che il suo sguardo celava e mostrava allo stesso tempo, e quando gli sembrava di sprofondare in atroci malvagità, risate crudeli e poteri mistici e temuti, si sentì pronto per la sua risposta.

La porta si chiuse di scatto e la ragazzina scomparve dalla stanza. Heebrit ammise che aveva fatto un buon lavoro, la vetrata era perfetta, esattamente come lo era prima.
Si voltò e prese dalla sua scrivania una chiavetta, dorata e piccina, priva di particolari fregi. Alla destra dell'ampia scrivania c'era una cassettiera, composta da tre scomparti. Sheryl stessa ne aveva visti solamente due. Inserì la chiave nella serratura del cassetto di mezzo, e dopo che questa ha scintillato per un secondo o anche meno, si udì il “clac” metallico e il contenuto scattò in avanti. Heebrit afferrò un fascicoletto impolverato e ne estrasse un paio di fogli, moduli poco compilati con un paio di fotografie. In una di queste comparivano gli amici di Sheryl in gruppo mentre combattevano e nell'altra foto c'era solo una persona. La stessa che stava varcando il cancello del giardino al seguito del braccio destro del Demonio.
Gea corse loro incontro. - Che stai facendo? - sibilò a denti stretti afferrando la ragazza per un braccio – Perché sei tornata?
- Mi annoiavo – replicò l'altra atona – E poi abbiamo un aspirante..
Gea si staccò di scatto, riluttante. - Ecco – soffiò – lo sapevo: stai diventando praticamente come Lui!
Zac la guardò interrogativo. Notò che aveva lo stesso patimento addosso che aveva Sheryl, ed entrambe sembravano molto a loro agio dentro le mura del Castello. La stessa Sheryl sembrava quasi a casa.
- Lascia perdere – Sheryl riprese a camminare nel giardino candido di neve, diritta al portone di pietra del Castello – Vieni, Zacharias.
Zac sentì qualcosa scivolargli dentro e infrangersi gelido nello stomaco. Non l'aveva mai chiamato col nome intero, e lui percepì che qualcosa era cambiato.
Che stesse per conoscere la vera nuova Sheryl Coleen?












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Capitolo un po' cortino, lo ammetto, ma spero vi piaccia lo stesso! In ogni caso.. commentateeee!!! ^_______^ Alla prossima!


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Capitolo 8
*** Quelle bianche mura ***




Riassunto del capitolo perduto, perdonatemi ma non riesco a riscriverlo o non vado più avanti! ^^”

Sheryl cerca sempre più di integrarsi nella vita normale del villaggio, ma il tentativo fallisce un po' per i suoi ostacoli mentali e un po' per le ostilità che molti abitanti hanno nei suoi confronti. Nelle vicende pubbliche l'avevano già vista in compagnia del Demonio, era ovvio che non fosse ben vista. Gli abitanti che invece non la conoscevano potevano, sì, prenderla in simpatia, ma non se avevano la facoltà di percepire a pelle la sua natura. Così infatti incappa in una vecchia che ammonisce i compagni e minaccia la ragazza.
Intanto giunge nel villaggio la notizia che un gruppo molto consistente di soldati di fuoco, cioè sotto il controllo del Demonio, sta giungendo nella loro direzione. Vengono istituiti turni di guardia e gruppi di combattenti per difendersi dall'assalto ma anche gruppi di cacciatori per prepararsi all'assedio nel caso in cui fosse durato più giorni.
La maggior parte della gente teme che quei soldati siano lì per Sheryl, quindi decidono all'unanimità di non metterla fra i gruppi di difesa anche se da sola, dice, avrebbe potuto sbaragliarli in pochi minuti. Va nel bosco a cacciare con Helen e Micah, ma dopo poco i soldati di fuoco, dalla “fabbrica” posta dalla parte opposta della foresta, li accerchiano e in grandissimo numero. Micah combatte strenuamente mentre Helen sviene per lo sforzo maggiore alle sue possibilità. Per salvarla, mossa da un moto involontario, agendo come in trance, Sheryl fa schiantare lontano con un semplice gesto della mano una decina di soldati. L'incanto si rompe e anche gli altri nemici, nascosti dietro le fiamme che li maledicono e che coprono il loro corpo, riconoscono la ragazza e alcuni si danno alla fuga, altri la chiamano traditrice e continuano a combattere.
Sheryl li elimina tutti in poco più di un minuto, ma l'espressione spiazzata dell'amico la porta a riflettere. Non è normale agire come fa lei, ma se lo sente nella natura. Riuscirà mai ad essere accettata, ad essere più normale?



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THE EVIL


Heebrit sembrava quasi radioso. Aveva modi stranamente gentili e la sua vista, dopo due settimane, la faceva sentire più sicura. Si maledisse per averlo solamente pensato. Prima fa di tutto per andarsene e poi torna di sua spontanea volontà e poi si sente felice di essere di nuovo prigioniera tra quelle mura? “Pazza”.
- Mi fa piacere vedere che sei tornata, e presto anche.
- Hai mandato tu i soldati, vero?
Heebrit tirò l'angolo della bocca e fece un sorrisino malizioso. - Io non ne so nulla..
Sheryl sospirò. C'era da immaginarselo. - Allora non hai mantenuto del tutto i patti, avevi detto che mi avresti lasciata libera di scegliere!
- E tu hai scelto! - alle sue spalle Gea si contorse le mani e guardò con odio l'amica – O no?
Sheryl si morse il labbro e abbassò lo sguardo. Lui continuò.
- Non sei più una bambina, avresti dovuto capirlo fin da subito che non saresti mai stata libera. Ormai sei mia qui – disse toccando il petto. L'anima. Sheryl era marchiata non nella mente ne sul corpo, ma molto più in profondità. Aveva l'anima nera, sporca come quella di pochi altri. Al primo posto, ovviamente, Lui.
- Non posso credere di essere stata così ingenua..
- E ora hai capito che razza di schifezza sono i sentimenti e gli amici: buoni a nulla!
Per la foga del discorso i suoi capelli argentei continuavano a svolazzare di qua e di là. Sheryl era inchiodata in mezzo alla stanza come lo era Zac in corridoio sentendo quali discorsi avevano cambiato radicalmente la sua amica. Continuava a ripetersi nella sua mente una strana playlist, i bei momenti in cui l'aveva vista ottimista, piena di sé, allegra, libera.. e cominciò a rimpiangere la sua scelta. Avrebbe subito lo stesso, sarebbe rimasto anche lui in balia del Demonio, non avrebbe avuto più una sua volontà come Sheryl?
- Li hai dovuti salvare tu, quei due, nella foresta, altrimenti sarebbero già cenere!
<>Sheryl li ha salvati..
- Non valgono a niente, noi non possiamo vivere con loro, dividere lo stesso pane, niente! Non sono come noi, sono inferiori!
Che stupido, che speranze ho di venire accettato dal Demonio?
- E, non contenta, ti porti dietro uno di loro? - Zac si sentì gelare – Spero che valga qualcosa..
- Livello Blu – disse prontamente lei – Con un po' di allenamento può arrivare al viola anche in poco tempo.
Gea sospirò e abbassò lo sguardo. Un altro nel Castello. Un'altra vittima. Heebrit si voltò di scatto e la fulminò con lo sguardo. Lei alzò la testa e cercò di sostenere lo sguardo, ma non ce la fece.
Lui la prese per un polso e la lanciò verso la porta, ma non quella d'ingresso. Era l'altra porta, quella che entrambe le ragazze temevano e che non auguravano a nessuno, forse solo al loro peggior nemico, di varcare. Heebrit la spalancò e fece cenno alla ragazza di entrare. Senza una parola, Gea accettò il suo destino. Scese gli scalini e venne inghiottita dall'oscurità.
Sheryl si sforzò di non pensare a nulla. La voce tuonante del Padrone la riscosse. - Fallo entrare. Sarò io a decidere se è adatto o no.
- Subito – si voltò e si affacciò fuori dall'uscio. Zac era rannicchiato a terra, la testa fra le braccia. Alzò lo sguardo su di lei e ne vide una durezza che prima aveva solo immaginato e visto di scorcio. Improvvisa, arrivò nella sua mente la consapevolezza che era stato l'ultimo a vederla sorridere.
- Muoviti.
Obbedì.

Le porte del villaggio erano visibilmente provate, ma si reggevano ancora in piedi. Carpentieri e gente comune si dava continuamente il cambio per rimettere in sesto quelle e tutte le mura, pronti per un altro assalto. Avevano resistito bene, dopo tutto. Il grosso dei soldati se n'era andato in fretta, spostando il fulcro della battaglia dove Micah confermò.
- Ci ha salvati lei, non è crudele! - continuava a dire a tutti i passanti accompagnato da Helen. Patty li inseguiva disperata per curare le loro ferite ma non le badavano molto, almeno fino a che non li bloccò con un incanto paralizzante e furono costretti a star fermi.
- Dove sono gli altri? - chiese Micah, rassegnato.
- Fred è di là a spostare la legna e Zac.. non ne ho idea.
I tre si guardarono interrogativi. Solitamente Zac rimaneva nel campo a rimettere tutto a posto e a gasarsi delle sue gesta, non era tipo da scomparire dopo una vittoria. - E Sheryl, l'hai vista?
Patty scosse la testa. - Ma non era con voi?
- L'abbiamo.. persa di vista.
- Tornerà.. - Helen sorrise e cercò di infondere la cura anche negli altri due.
- Torneranno entrambi, magari devono solo risistemare le idee.

- Prego, siediti.
La stanza era molto buia nonostante la vetrata fosse enorme e di stendesse su uno scenario completamente bianco. La figura in controluce del Demonio lo metteva in agitazione, così come la posa statica di Sheryl alle sue spalle.
Zac si sedette come se fosse su un riccio, per paura di rilassarsi troppo era tutto teso e non riusciva a stare calmo. Heebrit si avvicinò e si poggiò alla scrivania, a mezzo metro da lui.
Notò che era molto più giovane di quanto non si dicesse in giro.
- Come ti chiami?
- Zacharias Murray.
L'altro annuì. - Sheryl, il rilevatore.
La ragazza si avvicinò ad una velocità innaturale, in un battito di ciglia. Il globo già pronto nel palmo della sua mano era blu scuro esattamente come un paio d'ore prima.
Heebrit annuì ancora. - Elenca ciò che sai fare.
Il ragazzo ebbe un fremito. - So creare e lanciare globi infuocati e ho un'ottima mira come arciere.. so anche creare un filo magico che uso come frusta e..
Il Demonio sbuffò divertito. - Tutto qui?
- Ho molto coraggio e sono un buon stratega – deglutì, poteva dire di più, in fondo.. stava passando dalla parte del nemico, no? - Sono il capo dei ribelli del settore circostante il Castello per un'area di 3 miglia.
L'uomo si alzò e si voltò verso la vetrata. Una striscia del vetro si mosse, come sciolta, e mostrò immagini diverse dal paesaggio. Zac le riconobbe come le frontiere dei ribelli, esattamente quelle che aveva appena descritto. Quella vetrata era una lente d'ingrandimento a comando!
- Vedo, è il fronte che da più noie, sempre in agguato.. beh, caro Zacharias, hai trovato la chiave giusta per piacermi. Un traditore è il miglior alleato, soprattutto se proviene dal fronte più agitato, giusto Sheryl?
- Assolutamente.
- Assolutamente.. - ripetè Heebrit portandosi una mano al mento. La lente difronte a lui si agitò ancora e comparve il villaggio dal quale il ragazzo proveniva. Vide i lavori di riparazione delle mura e Zac ebbe un groppo in gola.
In uno svolazzare di capelli argentei Heebrit si voltò e afferrò un calice di ferro molto lavorato. Lo appoggiò sul tavolo e ci passò la mano sopra: immediatamente si riempì di un liquido biancastro e denso, molto lucente. Porse il calice al ragazzo.
- Ho già in mente un paio di ideuzze, sai? - Zac prese il calice e fissò il contenuto con aria scettica – Non rimarrai qui con noi, tornerai dai tuoi amichetti e continuerai a lavorare come capo dei ribelli. Trova qualsiasi scusa e allontanati dal campo il più possibile. I miei soldati attaccheranno così tanto che non molti si preoccuperanno delle tue assenze.
- Cosa devo fare? - chiese con un filo di voce il ragazzo.
- Sheryl ti allenerà in queste pause e tu ci passerai tutte le informazioni che ti è possibil e raccogliere sugli altri fronti. In particolare m'interessano i ribelli che mi danno fastidio vicino alle zone del Re – fece spallucce con un'ingenuità assolutamente fasulla – Non mi lasciano passare..
Zac annuì convinto. - Non la deluderò, non mi farò scoprire e seguirò ogni ordine..
- Bevi! - la voce di Heebrit tuonò così imponente che il ragazzo eseguì subito il comando senza pensarci un secondo, vuotando il calice con una rapidità strabiliante.
Sheryl osservò la scena. Come le era familiare..
Sbirciò dallo schienale della poltrona il livello di pozione rimasta nel calice. Non potè non rimanere stupita, lei stessa ci aveva messo un'eternità per convincersi a bere, il Padrone stesso le aveva ficcato in gola con la forza le ultime gocce. Col tempo poi la sostanza ha assunto sempre più un sapore vuoto, simile a quello dell'acqua, che non fa differenza. Heebrit l'aveva letteralmente drogata con quella pozione, i primi tempi non la nutriva con altro, poi la faceva diventare l'unica speranza di salvezza nei mesi di prigionia e infine gliela propinava ogni volta che era troppo su di giri. E lei non riusciva a rifiutare, assuefatta dalla sostanza stessa.
Zac era caduto subito ai piedi di Heebrit: lo avrebbe odiato come fa lei?
Questi ed altri pensieri continuavano a tormentarla anche mentre accompagnava con lo sguardo Zac fuori dalle mura del Castello.
Il portone si chiuse e attraverso la vetrata vide tutto il suo percorso. Era così che Heebrit riusciva a seguire tutto ciò che avveniva nel mondo.
Zac arrivò al villaggio solo dopo essersi buttato di proposito nel fiume ed essersi ferito ad un braccio. - Astuto – commentò il Padrone notando con quanta facilità aveva ricreato una scusa perfetta per la sua assenza.
Sheryl non poté far altro che annuire, convinta. Non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo potesse essere così.
Questo vestito mi da la nausea – esordì l'uomo senza guardarla – Vatti a cambiare, subito.
Sheryl abbassò lo sguardo e fece un microscopico inchino. Passò oltre la porta delle segrete e varcò quella d'ingresso. Salì le scale e si preparò ad essere di nuovo una bambolina.


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Innanzitutto chiedo scusa ai lettori per il disguido del capitolo, sono veramente mortificata! Il fatto è che quando scrivo un capitolo solitamente lo posto subito, poi quando torno nel foglio di word cancello tutto e inizio a scrivere quello nuovo. Il disguido sta nel fatto che non ho aggiornato subito e ho cancellato il testo dimenticando di non averlo inserito nel sito! ^^”

Spero che il riassunto vi possa bastare, ovviamente se avrò bisogno di dettagli li inserirò integralmente nella storia al momento che servono. Spero vi piaccia anche questo capitolo, ci ho messo un sacco a ragionarci su, non mi veniva mai! Cercar di far quadrare fantasia e scrittura non è facile..
Ringrazio i recensori (esigui ma esistenti!) e i lettori! ^_^
A presto!
Ciao!


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