La città che non dorme mai

di Chihiro_90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** viaggio verso la grande mela ***
Capitolo 2: *** Le strade di New York ***
Capitolo 3: *** Le prove ***
Capitolo 4: *** ricordi e riflessioni ***
Capitolo 5: *** Una giornata a Central Park ***



Capitolo 1
*** viaggio verso la grande mela ***


Il rullare delle valigie sul pavimento dell’ aeroporto, e il vociare continuo di stranieri e signorine ai caselli la stordiva. Non era mai uscita dal Giappone, e adesso stava per andare a New York. Persino lo spettacolo le era quasi uscito dalla mente, quando aveva visto la città avvicinarsi lentamente, e piano aveva iniziato a scorgere i palazzi, i grattacieli, le case ed infine le macchine e le persone. Non aveva smesso di guardare attraverso il finestrino nemmeno a bordo del taxi che sfrecciava per le vie della città illuminata a giorno. Non si era accorta che per tutto il tempo aveva stretto la mano a Tokumori, e che lui aveva rispettato il suo silenzio di stupore per tutto il viaggio, con un mezzo sorriso sulle labbra. Adesso erano arrivati in albergo e lei si era gettata sul letto esausta. Nel giro di due minuti si era addormentata, e Tokumori  l’aveva messa sotto le coperte. Poi aveva disfatto le valigie ed infine si era disteso anche lui nel letto matrimoniale. Ci aveva provato, si era rigirato nel letto per circa mezz’ora, e alla fine ne aveva concluso che no riusciva a dormire. Così si era appoggiato su un gomito e si era messo ad osservare lei. Quella che da poche ore era sua moglie, Yukari. Il suo viso addormentato sembrava quello della Yukari di 10 anni prima, sempre solare. Ora, durante il giorno, c’era quasi sempre un’ombra di malinconia sul suo viso, che però era scomparsa da quando si erano scambiati gli anelli. E tokumori sperava che non ricomparisse mai più. Quando era iniziato ad essere così ? Lo sapeva, ma non voleva darsi la risposta, voleva continuare ad ignorarla, ma non poteva. Era tutto iniziato quando Yukari era entrata per la prima volta in quella maledetta “atelier”. E quando aveva conosciuto Joji. Stramaledettissimo Joji. Non che fosse geloso, no. Beh forse un pochino. Ma lui l’aveva fatta soffrire così tanto… questo non poteva sopportarlo. Eppure non si spiegava come lui avesse potuto rapirle il cuore in quel modo, tanto che  a 10 anni dalla loro separazione lei continuava a provare nostalgia. E adesso lui l’avrebbe portata nella “tana del lupo” , che in questo caso aveva la forma di uno dei più importanti teatri di New York. Ma perché l’aveva fatto? Perché aveva accettato quei biglietti? Si continuava a ripetere che non era stato intenzionale, che non aveva letto nell’angolino sul retro: “costumi di scena di Joji Koizumi”. Magari lei sì. Non gli aveva detto niente, però gli sembrava impossibile che i suoi profondi occhi neri non avessero scorto quel minuscolo nome, che le aveva provocato così tanti dolori e le aveva dato così tante false speranze. Cosa avrebbe fatto di lì a tre giorni?  Avrebbe per la prima volta dato sfoggio della sua gelosia? Immerso in una profonda angoscia, finalmente si addormentò.

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Capitolo 2
*** Le strade di New York ***


Un raggio di luce filtrato dalle pesanti tende li trovò ancora profondamente addormentati. Fu Yukari a svegliarsi per prima. Aprì languidamente gli occhi e guardò l’orologio sulla parete che segnava le 10:15. Allora si girò di 180 gradi e scocco un sonoro bacio sulla guancia del suo nuovo marito, che si trovo davanti la bellissima Yukari del primo mattino, fresca come una rosa. Le rispose appoggiando leggermente le labbra sottili su quelle carnose di lei, e con un “buongiorno” pieno di speranza. – dove andiamo stamattina, mia bellissima moglie? – A quella domanda le si illuminarono gli occhi -Shopping!- annunciò trionfante A quella risposta entusiasta Tokumori si lasciò andare ad una risata così di gusto che fece arrossire Yukari, che cercò di tirarsi le coperte fin sopra la testa, con l’unico risultato di scoprirsi ancora di più. La risata di Tokumori non poté far altro che aumentare. -E va bene, ti porterò a fare shopping !- disse abbracciandola -ma per prima cosa vado a farmi una doccia, e conviene farla anche a te, dato che staremo fuori tutto il giorno- Dopo che entrambi si furono lavati, uscirono dall’albergo a braccetto, e si diressero verso la via principale. Gli occhi di Yukari erano pieni di negozi che non aveva mai visto nemmeno a Tokyo. Lo stesso stupore che l’aveva colta il giorno prima tornò ad invaderla. Si sentiva distaccata dalla realtà, e Hiro era l’unica cosa che la tratteneva dal fiondarsi di corsa in ogni negozio che vedeva. Anche Tokumori in realtà in realtà era abbastanza stupito. Non capiva come così tanti negozi potessero sopravvivere, nonostante vendessero tutti vestiti. Non si intendeva molto di moda, ma grazie al lavoro di sua moglie aveva comunque qualche conoscenza di base. E per questo riusciva a capire che molti degli articoli in vendita erano capi d’alta moda. Bastò un attimo di distrazione perché Yukari lo trascinasse nel primo negozio. Da quello ne seguirono molti altri. E per sfortuna della carta di credito di Tokumori, qualsiasi vestito Yukari si provasse, le stava stramaledettamente bene. Anche lui si provò un paio di completi, e la ragazza insistette per comprarglieli. Verso l’ora di pranzo si rifugiarono in una pasticceria molto invitante, e sfiniti si sedettero al tavolo. Quando la proprietaria del negozio venne a prendere le ordinazioni, scoprirono con grande stupore che anche lei era giapponese, e che stava facendo la prima esperienza di lavoro. Così la ragazza si prese una pausa e conversavano un po’. Andandosene promisero che nei giorni successivi sarebbero sicuramente tornati. Angolino dell’autrice Nel capitolo prima non ho scritto niente in quest’angolino perché essendo il primo capitolo in assoluto non sapevo proprio cosa scrivere,e a dirla tutta ero un po’ spaventata.... quindi ne approfitto adesso per dire che una recensione mi farebbe piacere, per sapere come sto andando, se ho fatto qualche errore, e se volete che continui, dato che ho in mente un progetto abbastanza lungo! E Grazie e mille a ViperaRossa che mi ha scritto la prima recensione!

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Capitolo 3
*** Le prove ***


-Ti ho detto che non è fattibile !- -Smettila, devo solo sistemare l’ultima balza- -Ma la prima è fra due giorni, e io devo fare le prove !- -E falle senza vestito. Inoltre è colpa tua se si è strappato, lasciami fare il mio lavoro- -Ma….!- La donna si bloccò a metà della frase, girò i tacchi e si avviò verso il palco, furente. Dietro le quinte incontrò Isabella, che con un sorriso comprensivo le disse: -Su lo sai come è fatto Joji. Tra qualche ora avrà finito, per adesso pazienta- La donna, con aria rassegnata, raggiunse gli altri attori. Si sentiva un po’ fuori luogo in jeans e maglietta in mezzo a tante balze e perline. E non fu l’unica a notare il contrasto. Infatti appena fece ingresso sul palco il regista –nonché suo fidanzato- piegò la testa di lato facendo una smorfia, e si avvicinò al palco. -Mary, dove diavolo è il tuo vestito?- -Emmm…. Ecco… Joji sta ricucendo la balza he si era staccata e… giuro, ci ho litigato per mezz’ora ma non vuole darmelo finché non ha finito!- A quella dichiarazione il regista si lasciò sfuggire un sospiro esasperato. Certo che gliene dava di grattacapi, quello stilista. Inoltre lavorava con loro da poco più di un anno, ma era già riuscito a portarsi a letto praticamente tutte le attrici della compagnia. E forse anche qualche attore. Aveva però rispettosamente tralasciato la sua fidanzata (grazie al cielo!). Ma nonostante ciò era troppo bravo per rischiare di perderlo a causa di uno stupido litigio. Quindi si trattenne dal fare alcun commento e riprese le prove da dove le aveva interrotte. Lo spettacolo stava andando bene. Anzi, era a dir poco perfetto. Le prove però, andavano fatte lo stesso, per evitare di perdere il lavoro di mesi. In più erano tutti eccitatissimi, dato che per molti quella era la prima rappresentazione nella capitale. Finite le prove Mike –il regista- esclamò: -Bravi! Siete stati bravissimi, come al solito!- A quella esclamazione la compagnia tirò un collettivo sospiro di sollievo, e con un lieve chiacchiericcio si avviarono tutti dietro le quinte per cambiarsi. Ad un certo punto, nello spogliatoio femminile, fece tranquillamente irruzione Joji. Qualcuno tentò, senza troppa convinzione, di tirargli una scarpa addosso. L’unica che gli urlò di uscire fu Mary. -E pensare che ero venuto qui per ridarti il vestito… allora me ne vado- -No, no, no, NO! ASPETTA!- -Oh…. Vuoi che rimanga qui con te ?- -Restituiscimi il vestito. E vattene- rispose con voce atona. Joji fece per un attimo finta di essere offeso, ma poi si girò verso Catherine. -Ti aspetto in macchina, ok?- -Ok!- fece lei arrossendo. Quando Joji uscì la guardarono tutte con una punta d’invidia, e lei arrossì ancora di più. In quel periodo era il suo “turno”. Ormai lo avevano capito tutte, come girava. Ciononostante speravano ancora in una relazione duratura. Quando Catherine ebbe finito idi vestirsi, salutò le ragazze, che le risposero in coro. Joji, come promesso, era in macchina, con una sigaretta accesa tra le labbra e i suoi immancabili occhiali da solo, nonostante fosse già buio. La ragazza si sedette di fianco a lui, un po’ a disagio, e la macchina partì, sferzando l’aria gelida della notte. ANGOLINO DELL'AUTRICE scusate... Scusate! Non riesco a pubblicare il capitolo come vorrei... Sono consapevole del fatto che così non si capisce nulla... Cercherò di rimediare,lo prometto!

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Capitolo 4
*** ricordi e riflessioni ***


Joji si svegliò presto. La prima cosa che vide quando aprì gli occhi fu un viso dai lineamenti delicati, quasi da bambina. Catherine. Si alzò lentamente per non svegliarla e si sedette appoggiandosi allo schienale del letto. Tirò una lunga boccata d’aria, come risalito da una lunga apnea, e poi lasciò uscire l’aria dai polmoni tutta d’un botto. Si accese una sigaretta, e per un po’ guardò il fumo perdersi verso il basso soffitto dell’appartamento. Era un monolocale di un’ anonima palazzina di New York, vicino al teatro. Era arredata in modo essenziale, senza uno stile definito. La cucina era prevalentemente bianca, con un piano cottura, un forno, un frigo e poco altro. Il bagno non era molto diverso  (forse aveva qualche linea di colore in più) e gli unici altri spazi erano la camera da letto e un piccolo ingresso. Decisamente non faceva per lui. La sua villa, ecco cosa gli mancava. Quell’enorme appartamento dai soffitti alti e decorati, l’immenso letto a baldacchino., il bagno con la doccia e la vasca, il maestoso ingresso e la cucina spaziosa. Ma soprattutto gli mancava la stanza più piccola della casa, anche se per la funzione che doveva svolgere era sicuramente di dimensione anormali. Era infatti un gigantesco guardaroba che custodiva le sue creazioni. Certo, era un po’ particolare, dato che non conteneva solo abiti maschili, ma circa la metà dei capi erano da donna. Già. Poi, improvvisamente, divenne consapevole del fatto che tutte le sue creazioni per donna non si trovavano più nel suo appartamento a Tokyo, bensì in una stanza che aveva acquistato poco prima di partire per Parigi, dieci prima. Ma soprattutto non appartenevano più a lui ma a Yukari. Yukari. Nel momento in cui si ritrovò a pensare a quel nome, un dolore intenso gli invase il petto, e un’ondata di nostalgia gli prosciugò la gola e gli inumidì gli occhi. Durò solo un momento. Poi si ricompose. Abbassò lo sguardo sulla ragazza che ancora dormiva, alla sua sinistra. Sembrava una bambola di porcellana. Il suo respiro era leggero, come quello di una bambina. Chi era quella? Certo, era nel suo letto, ma chi era? Una ragazza che conosceva da un anno, anche se praticamente solo di vista. Cosa sapeva di lei? Nulla. Lei cosa sapeva di lui? Nulla. Eppure adesso era lì, nel suo letto, come fosse la cosa più naturale del mondo. Beh, non era di sicuro la prima volta che si portava a letto qualcuno conosciuto solo la sera prima. Era sempre stato un donnaiolo, e non lo aveva mai negato. Anzi, se ne vantava anche. Si divertiva. Sì, perché le donne cadevano ai suoi piedi con poco. Grazie a questo, col tempo, si era reso conto di avere un fascino particolare, e aveva iniziato ad usarlo. Ma ultimamente il gusto che provava ad essere “l’uomo di ghiaccio”, dedito solo al divertimento, non era più lo stesso. Stava iniziando ad avere relazioni in modo compulsivo, senza alcun ritegno. Come a voler cercare   qualcosa in quelle donne. Qualcosa che non riusciva a trovare… e nel momento in cui si accorgeva che non avevano ciò che così disperatamente bramava, le gettava, come fossero state oggetti. E ogni volta che questo accadeva si sentiva sempre più vuoto, sempre più depresso. Trovava un attimo di pace solo nel lavoro, cucire abiti lo rilassava. Gli ricordava i tempi dell’ Atelier. Un’altra cosa che lo teneva a galla era isabella. Inizialmente era stato contrario alla sua decisone di partire con lui. Ma adesso sentiva che se anche lei lo avesse abbandonato, sarebbe sprofondato. Si ritrovò a pensare, leggermente divertito, che in passato lui era stato lo scoglio a cui isabella si era attaccata, per evitare di essere trascinata dalla corrente. Era stato lui il punto fermo in una vita movimentata. Lui quello sempre sicuro nelle sue decisioni, testardo. Adesso i ruoli si erano invertiti, e Joji sentiva che stava vacillando. Per adesso era un sentimento lievi, quello che gli stava crescendo dentro, e non capiva bene da cosa fosse provocato, ma in ogni caso, come al solito, non lasciava trasparire nulla all’esterno.
Catherine era già sveglia da un pezzo, ma era rimasta ferma a guardarlo, senza interrompere il filo dei pensieri di Joji. Quando, finalmente, lui si accorse che anche lei era sveglia. Scaccio velocemente quelle riflessioni insolite dalla testa, e rindossò la sua solita maschera.
-tutto bene?- chiese lei con tono indagatorio.
Lui si limitò a guardarla con lieve stupore.
-Mi sembravi… strano… ma non importa. Dammi un tiro, invece-
Era incredibile… fino sa qualche giorno prima quella ragazza arrossiva se solo lui le rivolgeva la parola… e adesso era sdraiata nel suo letto con l’aria della padrona di casa. Evidentemente non era l’unico a portare una maschera.

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Capitolo 5
*** Una giornata a Central Park ***


-Yukari? Sei pronta ? – Chiese Hiro.
- Un’ attimo… ci sono quasi… ecco !-
La ragazza uscì dal bagno. Tokumori rimase imbambolato a guardarla. Era abituato a vederla vestita con abiti pieni di balze e alla moda, e con quel vestitino così semplice faceva uno strano effetto. E stava incredibilmente bene.
- Andiamo ? –
Lui si riscosse e la prese sottobraccio, come il giorno prima. Uscirono dall’albergo con l’augurio di una buona giornata da parte del portiere. Ricambiarono con un sorriso e si avviarono verso Central Park. Era una giornata magnifica : il cielo era completamente sgombro dalle nubi, e di un celeste profondo, e il spole faceva brillare la rugiada mattutina sull’erba ben curata. Si scelsero un posticino mezzo al sole e mezzo all’ombra, sotto un grande albero. Stesero a terra una coperta da pic-nic e subito Yukari ci si sdraiò di pancia, in modo da avere un’ ampia visuale del parco. Hiro invece si sedette con la schiena appoggiata al tronco, e tirò fuori un libro dallo zaino. Entrambi si apprestavano ad una giornata di totale relax. Mentre Tokumori si era già completamente immerso nella lettura, Yukari osservava interessata le persone al parco. Una mamma con un bambino, dei ragazzi che giocavano a calcio, famiglie felici. Notò, poco distante da loro, un ragazzo dai capelli turchini che suonava una chitarra elettrica senza amplificatore. Aveva sul volto infantile un’ espressione concentrata e assorto. Ogni tanto scribacchiava qualcosa su un quaderno, e poi  ripigliava a suonare. Yukari notò, con una punta di nostalgia, che aveva uno stile molto simile a quello di Arashi, anche se di sicuro aveva tutta un’altra indole. Una ragazza con una maglietta sbrindellata, capelli neri ed un sacco di pircing alle orecchie, si avvicinò al chitarrista e gli scompigliò i capelli turchini. Turchini. Giusto un po’ più chiari di quelli Joji. Se li ricordava ancora benissimo, come  fosse ieri. Quella tonalità assurda che credeva non avrebbe rivisto da nessun’ altra parete adesso paradossalmente se la ritrovava davanti durante il viaggio di nozze. Ridicolo. La sua attenzione passò alla ragazza. Lei non sembrava americana, aveva un che di orientale, forse era addirittura giapponese, anche se sotto tutto quel trucco era difficile capirlo. Continuò a guardare quei due che parlavano. Ogni tanto la ragazza accennava qualche nota di una canzone che lei non conosceva, accompagnata da una chitarra che non si sentiva. Col sole chele batteva sulla pelle chiara, senza neanche accorgersene, lentamente scivolò nel sonno. Si svegliò verso l’ora di pranzo, con l’ombra dell’albero che ormai la copriva completamente. Si girò verso Hiro, che stava preparando dei panini con ciò che si era portato dietro. Yukari un po’ intorpidita si mise a sedere e allungò una mano verso lo zaino.
- Ti aiuto…-
- ah , ti sei svegliata ! Dormivi così bene che non ho voluto interromperti…-
-ahahah ! e che ore sono ? –
-mmm… quasi le 14.30-
-accidenti se ho dormito ! ma adesso ho bisogno di sgranchirmi… anzi prima di riempirmi la pancia !-
Tokumori allora le passò un panino e si misero  a mangiare. Quando ebbero finito Yukari infilò prontamente una mano nella borsa e ne tirò fuori una palla.
- dai, andiamo a fare due tiri !-
Hiro notò che era piena di energia, non l’aveva mai vista così spensierata… forse era per il fatto che finalmente si era un po’ staccata dal lavoro. In ogni caso subito la imitò, togliendosi le scarpe e correndo verso un punto senza troppi alberi. Iniziarono a fare un paio di tiri un po’ maldestri.
-certo che se non fossimo solo noi due ci divertiremmo di più- Notò Tokumori.
Yukari, d’istinto, si voltò verso il punto in cu prima si trovava il chitarrista. Con grande stupore si accorse che sia lui che la ragazza erano ancora lì e che vicino a loro stava seduta un’ altra persona. Rassicurata dal fatto che anche quest’ultima sembrava avere tratti orientali, corse verso il gruppetto e, esprimendosi in perfetto inglese, chiese se avevano voglia di giocare con loro. Doveva però aver parlato con un forte accento, perché la ragazza coi capelli neri sorrise e rispose in giapponese. Yukari sollevata ripeté la domanda, e questi accettarono. Il ragazzo mise giù la chitarra e tutti si diressero verso il povero Tokumori , che era rimasto li tutto il tempo con la palla in mano e un’ aria confusa, e quando la ragazza lo raggiunse, la confusione mutò in sorpresa.
- così ci divertiamo di più !- annunciò Yukari. A quell’ affermazione Hiro si riscosse, le rivolse un sorriso, e si complimentò con lei.
Poi pensò a presentarsi.
- salve, io sono Hiro Tokumori, e lei è Yukari Ayazawa, da poco mia moglie. Siamo in viaggio di nozze.-
-oh,complimenti!- rispose la bruna- io sono Nana Osaki, e lei è Nana Komatsu (ma chiamatela pure Hachi). Lui invece è Shin, piacere di conoscervi.-
-piacere nostro !- rispose Yukari
- cosa ci fate qua a New York ?- aggiunse poi.
-siamo qui perché dei nostri amici sono in tour, e li stiamo accompagnando-
Questa volta a parlare era stata l’altra ragazza, e appena finita la frase, Nana la guardò con uno sguardo perplesso e disse:
-veramente io sono venuta perché tu mi hai implorata di non lasciarti sola, e tu perché in tour c’è anche Takumi.- Hachi la fissò con l’aria di un cane bastonato
-ma c’è anche Rem in tour!- protestò.
Nana chiuse la discussione con un sospiro esasperato. Tutti i commenti che seguirono, furono relativi solo alla palla. Quando cominciò ad imbrunire, Hachi propose di andare a mangiare tutti assieme al ristorante. Anche se non lo avrebbero mai ammesso, né Yukari, né tantomeno Hiro, uscivano con gli amici da un pezzo. Erano tutti e due talmente assorbiti dal lavoro e dal partner, che le serate tra amici sembravano ormai un lontano ricordo. Così accettarono entrambi di buon grado. Girando un po’ tra le vie lì intorno, scovarono, in una vecchia stradina, un ristorante assai carino e dai prezzi tutto sommato onesti. Il cameriere li accolse, un po’ stupito dal fatto che dei turisti avessero trovato quel posto, e li condusse verso un tavolo circolare. Yukari fu la prima a sedersi,  di fianco le si misero Hiro e Shin, e le due ragazze si posizionarono nelle sedie vuote che erano rimase di fronte a lei. Scelsero in fretta i piatti dal menù, e quando il cameriere si fu allontanato, Yukari esordì con una domanda che le ronzava in testa già da un po’.
-scusate ma… prima per caso, avete detto qualcosa a proposito di un tour ?- con voce squillante le rispose Hachi:
-si,si! Il mio fidanzato e quello di nana suonano  in una bend… in realtà anche nana e Shin suonano in una bend… ma loro non sono in tour… ma lo saranno presto, vedrai, sono bravissimi !...-
Nana interruppe il delirio della ragazza :
- Ok, Hachi, calmati. Probabilmente non ha capito niente. Scusa, quello che sta cercando di dirti è che il suo fidanzato suona in un gruppo che è in tour, lei lo ha seguito, e ha trascinato dietro anche me. –
- ma anche il tuo, di fidanzato, è in tour! – protestò Hachi. Nana la incenerì con lo sguardo, ma poi , con un’ espressione rassegnata, si corresse :
- si, anche il mio ragazzo è in tour. Ma preferisco non far sapere in giro chi è. Ma dato che ormai siamo arrivati qui, direi che non ha senso mantenere il segreto. Il mio ragazzo si chiama Rem, ed è il chitarrista dei Trapnest. Il suo invece si chiama Takumi, ed è il bassista.-
A quell’ affermazione , gli occhi dio Yukari si illuminarono:
- Quei Trapnest ?! ma sono piuttosto famosi !-
 Tokumori invece assunse un’aria interrogativa ed un po’ imbarazzata.
-scusate… io non seguo molto queste cose…  -
- beh, magari non li conosci di nome, ma scommetto che se ti facessi sentire qualche canzone, la riconosceresti. È impossibile che tu non li abbia mai sentiti. Li mandano in onda ovunque!- ribatté Yukari.
- non ascolto molto la radio…- cercò di giustificarsi. ma Yukari già non lo ascoltava più perché era troppo occupata a discutere con Hachi sull’ultimo live dei Trapnest. A quel punto anche Nana si sciolse un po’ e si mise a discutere con Hiro e Shin su quali fossero le migliori marche di amplificatori e si scoprì che Tokumori aveva una certa conoscenza in materia. Dopo aver pagato il conto, uscirono dal ristorante e fecero ancora due passi nella New York illuminata a giorno. Intorno a mezzanotte si separarono e Yukari e Hiro si diressero verso il loro albergo tenendosi per mano.


ANGOLINO DELL'AUTRICE... :)
ok, inizio con le mie più sentite scuse. davvero, davvero, mi dispiace. per cosa ? beh, non ho aggiornato per i tre mesi di vacanza, e questo capitolo è stato trascritto molto di fretta, quindi ci saranno probabilmente errori dovuti alla mancanza di una revisione. detto ciò vi informo che non avevo assolutamente idea, inizialmente, di inserire qualche accenno di crossover... e invece l'ho fatto ! sono proprio inaffidabile... ma la cosa è  venuta da sè! stavo scrivendo e guarda un po' chi nota Yukari ! mi sono sorpresa da sola...va beh, a parte ciò spero vi sia piaciuto il capitolo, e spero anche che abbiate pazienza (sempre che vogliate continuare a leggere ! XP) di aspettare fino al prossimo capitolo dato che non l'ho ancora scritto! vi preannuncio che non sarà una giornata felice e spensierata come le altre, quella di Yukari e Hiro, dato che sarà quella pecedente allo spettacolo. non dico altro perchè non vorrei compromettermi, dato che quì i personaggi fanno un po' ciò che vogliono... va beh, se vi siete annoiati ad arrivare fino a qui non c'è che dire, tanto di cappello! vi sarei etrnamente grata per eventuali recensioni, un beso !

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