Pure Imagination

di firephoenix
(/viewuser.php?uid=256723)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** "Alice nel paese delle meraviglie" ***
Capitolo 3: *** Spiacevoli sorprese e posate volanti ***
Capitolo 4: *** Sotto la sottoveste ***
Capitolo 5: *** Fidarsi di un gatto ***
Capitolo 6: *** Vani sacrifici ***
Capitolo 7: *** Tutto ciò che non è nero ***
Capitolo 8: *** L'allegra combriccola ***
Capitolo 9: *** Eroi pazzi e trote salmonate ***
Capitolo 10: *** L'ora di svegliarsi ***
Capitolo 11: *** La persona sbagliata ***
Capitolo 12: *** Profezie e misunderstandings ***
Capitolo 13: *** Problemi di parafrasi ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


«Ahi!» masticai un imprecazione sfilando uno spillo rimastomi impigliato nell'elegante vestito a balze blu. Fantastico, spero non ce ne siano altri! Se mio padre avesse scelto la sarta perchè era brava e non perchè era bella di sicuro non sarebbe successo!
Mi accomodai meglio sul taxi sapendo che ci sarebbe voluta una buona mezzora ad arrivare alla chiesa centrale e mi infilai le cuffiette.
Partì “Highway to hell” ne ascoltai i primi accordi, ma poi decisi di mandarla avanti convinta che forse non fosse la canzone più appropriata per recarsi ad un matrimonio; magari se fossi stata la sposa sarebbe potuta andare bene, ma essendo io la damigella decisamente non era il massimo.
Il finestrino leggermente aperto mi scompigliava i capelli biondi sciolti sulle spalle in grossi boccoli; guardai fuori e poi diressi lo sguardo verso l'autista davanti a me: doveva avere forse poco più della mia età, portava una canottiera bianca che lasciava perfettamente in vista i muscoli scolpiti delle braccia, aveva una stella tatuata sulla spalla destra, i capelli di uno stranissimo e inquietante color azzurro e andava decisamente troppo veloce per i miei gusti. Mi tolsi una cuffietta:
«Mi scusi potrebbe rallentare un attimo?»
«Rallentare?? Un dio della guida come me non rallenta piccoletta! Yahooo!» urlò lui talmente forte che lo avrei chiaramente sentito anche senza togliermi gli auricolari «E poi... siamo in ritardo!»
«Che cavolo vuol dire? Mancherà ancora un'ora al matrimonio! E poi che ne sai?!» Irritata riaccesi la musica senza aspettare nemmeno che rispondesse.
Quella mattina non ne era andata dritta una! Mi ero alzata presto rispetto agli altri giorni per andare a ritirare il vestito da damigella che Marie, la sposa, mi aveva costretto a mettere perchè “sei così carina tesoro” quando invece sembravo un confetto blu con tanto di fiocchi e sottoveste. Fin lì tutto bene, a parte ovviamente le continue incomprensioni sul “perchè diavolo una professoressa dovrebbe volere delle sue alunne come damigelle”, alle quali però non avevo trovato risposta plausibile... a parte forse quella che la sopracitata donna non fosse completamente fuori di testa, il che poteva anche essere vero visto la stana leggenda che girava a scuola secondo la quale Marie avrebbe provato a sposare una tazza del water. Comunque sia quello non era stato il peggio, la catastrofe era arrivata quando mio padre, che il cielo lo fulmini, si era ubriacato come un demente in compagnia delle sue amichette all'addio al celibato del marito della sposa, BJ, (manco fosse stato il suo, di addio!) e la mattina dopo, ovvero due ore fa, aveva lasciato che una di quelle oche guidasse la sua macchina, pardon, la NOSTRA macchina che, dopo l'inevitabile e del tutto prevedibile furto, mi aveva lasciata a piedi a più di 20km dalla chiesa e a meno di un ora dalla cerimonia.
E adesso ero lì su quel taxi giallo polvere, con uno spillo in mano, una chiappa dolorante e un dannato idiota con i capelli tinti che non andava sotto i 90!
Alzai al massimo la canzone trasmessa dalle mie cuffiette, senza nemmeno guardare cosa fosse, e puntai con insistenza lo sguardo verso il finestrino del mezzo quasi come se volessi mandarlo in frantumi col pensiero.
Fissavo fuori dal vetro da ormai più di 10 minuti quando, tra macchie colorate ed indistinte, una figura mi saltò all'occhio. Mi protesi verso il finestrino. Che diavolo di cosa è quello? Un animaletto completamente bianco, quasi da far male agli occhi, con addosso un panciotto, mi fissò, disse qualcosa e mi puntò contro un... bastone?
Poi scomparve. Sbattei gli occhi un paio di volte e tornai a fissare il solito panorama scorrere alla velocità della luce fuori dal taxi. Sbaglio o l'”azzurro” aveva accelerato?
«Ehi!» gli urlai da dietro «non la ho pagata per uccidermi! Rallenti cavolo!» fissai l'incrocio davanti a noi, il semaforo divenne giallo, il ragazzo accelerò nuovamente «È impazzito?! Non ce la farà a passare!» Lui si girò completamente verso di me.
«Scommettiamo?»
Quest'uomo è pazzo!
«No!! Guardi la strada e rallenti maledizione! Non voglio morire!» in mezzo all'incrocio un esserino bianco col panciotto puntò il suo bastone verso di noi «Nooo! Si fermi adesso!!» mi sporsi in avanti e afferrai il volante dalle mani del tassista per evitare l'impatto. Girai bruscamente verso sinistra, il taxi si schiantò contro un auto dall'altra parte del semaforo, vi fu un esplosione, mi sentii sollevare poi caddi... caddi... verso il nulla.







Salve salvinooooo

Che inizio di storia tranquillo, eh? Già già! Allora gente che ne pensate?? Spero che l'idea di Maka in Wonderland (il nome italiano è troppo lungo da scrivere e sono pigra U.U) vi sia piaciuta! Anche se questo è effettivamente solo il prologo ed è decisamente molto corto! Il prossimo capitolo è già in corso e ho già scritto di più di questo quindi don't worry!
Bè dai se vi va fatemi sapere sennò grazie comunque per aver letto :)

XOXO
firephoenix

PS: Grazie Rehara che ci sei sempre quando ti chiedo consigli :3 :* Come farei senza di te? ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** "Alice nel paese delle meraviglie" ***


Come with me...
And you'll be...
In a world of pure imagination...

La prima cosa che avvertii quando mi svegliai fu la mia guancia a contatto con qualcosa di poco soffice e non troppo caldo. Quando le mie dita risposero ai giusti comandi e affondarono nella “cosa” compresi che era terra. Mi faceva male un po' tutto. Avevo avuto un incidente? Era musica che sentivo?

Take a look...
And you'll see...
Into your imagination...

Gemetti un rantolio e aprii piano gli occhi mettendo a fuoco il terriccio marrone e un muro bianco davanti a me. La mia testa lanciò una fitta e mi accorsi di avere ancora un auricolare infilato nell'orecchio non appoggiato al terreno. Lo tolsi e tutto finalmente tacque. Sospirai cercando di ricordare. C'era uno specie di pinguino con panciotto e bastone in mezzo alla strada e io ho cercato di salvarlo, ma... maledizione a me e a quell'autista del cavolo! Oh mio dio sarà vivo? Dove sono? Mi alzai leggermente su un gomito e poi mi misi a sedere. Ero sola, avvolta in un'enorme coperta blu e... quello davanti a me... sollevai lo sguardo ancora mezzo sfuocato sul muro fino al suo apice.
«MA QUELLO È UN CAZZO DI FUNGO!!!!!» esclamai.
«La perspicacia non ti manca, ma forse dovresti dire meno brutte parole, non è così?» una voce allegra e baldanzosa risuonò dietro di me. Mi girai lentamente per trovarmi davanti ad un enorme muro nero petrolio.
«Salve salvino bambina!» una maschera di un teschio con tre buchi perfettamente identici mi piombò davanti in mezzo all'oscurità. Urlai come impazzita.
«CHI CAVOLO SEI? DOVE SONO? E... OOOH CAZZO!» davanti all'inquietante sguardo della maschera mi accorsi che ciò in cui ero avvolta non era un'enorme coperta, bensì il mio vestito da damigella.
«Non è carino questo linguaggio»
«PERCHÈ SONO MINUSCOLA?? CHE CAZZO DI POSTO È QUESTO? IL PAESE DELLE MERAVIGLIE??»
«Risposta esatta!»
Il silenziò si insinuò tra di noi come acqua sotto una porta. Inspirai profondamente.
«MI PRENDI PER IL CULO??????? CHE RAZZA DI SCHERZO È MAI QUESTO?»
«Non c'è nessuno scherzo, Alice. Ti ho solo risparmiato la parte in cui ti trovi nella stanza col tavolino e la porta minuscola e bla, bla, mangia qui, bevi là ed eccoti qua! Così è tutto meno noioso!»
«Come mi hai chiamata?»
«Col tuo nome: Alice»
Mi uscì una risata isterica.
«IO MI CHIAMO MAKA, TESTA BUCATA! E VOGLIO SAPERE CHE CAZZO STA SUCCEDENDO!!»
«Non... non sei Alice?»
«NO!»
La maschera sembrò rifletterci un attimo. Poi tirò fuori un enorme manona bianca e ne alzò un dito trionfante:
«Questo si che è un bel problemino!»
Mi cascò la mascella, ma cercai di ricompormi.
«Senti... chiunque tu sia sotto quella maschera. Tutto questo NON è divertente! Sembrerò una bambina, ma sono decisamente abbastanza grande da sapere che il paese delle meraviglie non esiste. È una gran bella storia davvero. Ho letto il libro e...»
«È proprio quello il problema, cara Maka! Hai letto un libro che non avrebbe mai dovuto essere scritto!» corrugai la fronte «Anni fa una bambina bionda è finita qui per sbaglio e quando è riuscita a tornare a casa ed è cresciuta ha scritto un libro su questo posto, ribattezzandolo “il paese delle meraviglie”! Da allora ogni tanto giungono visite inaspettate dal piano di sopra e non va bene, capisci?»
«Ma il libro è stato scritto da un uomo... Lewis Carroll» non potei fare a meno di controbattere.
«Certo... Alice sapeva che non avrebbe dovuto scrivere su questo posto e invece lo ha fatto usando un altro nome»
Stavo per chiedere altro quando il mio senso razionale si risvegliò.
«Ok... tutto questo è assurdo. Io non posso essere nel paese delle meraviglie perchè non esiste!» Mi alzai scoprendo di indossare la sottoveste azzurro chiaro del vestito da damigella.
«Me ne vado. Esco da qui... ci sarà una stupida uscita da qualche parte... cos'è un teatro? Una candid camera? Dovrei essere all'ospedale! Ho fatto un fottuto incidente!»
«Ma... Maka...» provò a chiamarmi la maschera, ma non mi seguì ed io ero già lontana.


Alice nel paese delle meraviglie... come no!
Camminavo lentamente sul sentiero battuto tra erba gigante e funghi immensi sperando di andare nella direzione giusta, quando un enorme porcino attirò la mia attenzione. Lo guardai per qualche istante indecisa se avvicinarmi o no. Magari se ne mangio un pezzo torno ad altezza normale... Ma che dico? Sono stupida? Mi guardai intorno. Ero completamente sola... il mio stomaco si contorse dall'inquietudine. Sbuffando scettica, decisi di recarmi sotto il fungo; era leggermente pendente verso il basso e forse allungandomi avrei potuto staccarne un pezzo. Provai ad alzarmi sulle punte, poi a saltare, ma il cappello era troppo alto ed io ero tappa già normalmente, figuriamoci rimpicciolita.
Forse se...
Mi fermai di botto. Che diavolo sto facendo? Sono impazzita? Stressata mi passai le mani tra i capelli e sugli occhi e calpestai qualcosa di piccolo e tondo. Alzai il piede trovandomi davanti una piccola boccetta di vetro blu. La presi. “BEVIMI” c'era scritto sopra. Mi lasciai sfuggire una risata sarcastica mentre la soppesavo con la mano.
«Fanculo!» esclamai e la svuotai in un sorso.
Fu un attimo e le mie budella si attorcigliarono facendomi tossire, vidi il cappello del fungo venirmi incontro velocemente ed abbassarsi fino alla mia vita ed ai piedi. Pregai tutti i santi del mondo di non diventare enorme e mi fermai forse a qualche centimetro in più del normale. Sospirai.
E finalmente me ne va dritta una!


Camminavo senza smettere di pensare a ciò che era appena successo, guardandomi intorno in cerca di punti di riferimento in mezzo all'infinito prato verde, quando una piccola sagoma mi sfrecciò davanti in un lampo. Mi fermai di botto ed iniziai ad indietreggiare.
Dello scalpiccio giunse da dietro le mie spalle. Mi voltai di scatto ed eccolo davanti a me.
«IL PINGUINO DI MERDA!! VIENI QUA BRUTTO...» iniziai a correre dietro quella figura senza nemmeno preoccuparmi più di tanto che si stesse infilando in mezzo al verde abbandonando il terreno battuto. Era tutta colpa di quel “coso” se avevo fatto l'incidente, probabilmente ero svenuta e stavo sognando queste stramberie. Lui mi gridò qualcosa che non capii.
«Fermati e dimmi quello che mi devi dire in faccia, codardo!»
A piedi nudi mi ferii più volte e rischiai di inciampare nei sassi che sbucavano invisibili tra l'erba, ma continuai ostinata ed imperterrita a seguire la figura di fronte a me.
«Fermati!» urlai ancora, prima di vederlo letteralmente scomparire davanti a me. Non feci in tempo a chiedermi dove fosse finito che sentii la terra venirmi meno sotto i piedi e precipitai nel buio.
Per la seconda volta in una mattina mi trovai con la faccia a terra.
Se vado avanti così comincerò a farci l'abitudine pensai sconsolata.
Mi alzai in piedi scoprendo di trovarmi dentro a una specie di salotto in legno costruito sotto terra. C'erano una poltrona rossa sgualcita, un tappeto giallo, un tavolo spoglio e delle scale che portavano ad un piano superiore dove probabilmente il “pinguino” bianco era sparito.
Presi forza e coraggio e le salii piano cercando di non farmi sentire da chiunque vi fosse al piano di sopra. Per fortuna la trasformazione aveva coinvolto anche la mia sottoveste che, per quanto leggera fosse, mi consentiva di preservare un minimo di pudore di fronte ad imprevisti estranei. Dopotutto volevo solo scoprire che diavolo doveva dirmi quel maledetto coso, magari mi avrebbe detto: “Sei su candid camera!” anche se dopo tutto quello che era successo sarebbe stato più probabile un: “Sei in coma!”. Sbuffai.
Trattenendo il fiato sbucai in uno stretto corridoio sul quale si aprivano due porte: quella di sinistra chiusa, quella di destra spalancata. Mi affacciai alla seconda.
«Eccoti qui, maledetto!» urlai incrociando le braccia sulla porta davanti alla strana figura bianca armata di bastone ricurvo «E adesso dimmi che cosa devo sapere»
Gonfiai il petto pronta a tutto. Lui mi fissò con i suoi profondi occhi neri.
«CRETINA!» urlò poi.
Spalancai la bocca.
«Cooooooooooooooooosa??? Mi prendi per il culo? Ho fatto un incidente, sono probabilmente in coma, ho ascoltato un pazzo mettere in dubbio l'esistenza di uno dei miei scrittori preferiti, ho bevuto quello schifo e ti ho inseguito fino a farmi sanguinare i piedi... PER QUESTO??»
«CRETINA! Scegli un numero da uno a dieci!»
«Che...»
«CRETINA! Nessuno ha detto che puoi parlare!»
Strinsi i pugni e mi lanciai con un urlo verso di lui con tutta l'intenzione di strangolarlo a morte.
«E tu chi sei?»
Mi voltai di scatto e vidi davanti alla porta due ragazze guardarmi, la più alta con sguardo assonnato, la più bassa con la bocca aperta e gli occhi spalancati.
«Eeeehm... salve»
«Sorellona, la sconosciuta stava per ammazzare Excalibur!» disse ridendo la seconda.
«Che ci fai in casa nostra?» mi chiese la prima.
«Io... ecco...» lanciai un occhiata al pinguino che evidentemente si chiamava Excalibur e poi guardai di nuovo le due ragazze «...è un po' complicato da spiegare... io vengo dal mondo di sopra... credo» dissi loro recuperando senza motivo le parole della maschera.
«Sei Alice?» la più alta trasalì alle parole della sorella minore.
«E dai con questa storia!» alzai gli occhi al cielo, ma poi mi ammorbidii «No, non sono Alice... mi chiamo Maka Albarn e vorrei tanto sapere dove diavolo sono finita»


«Quindi sono davvero nel paese delle meraviglie?» mi guardavo le mani mentre Liz, la sorella maggiore, mi porgeva un piatto di zuppa. Il mio stomaco brontolò: non mi ero nemmeno resa conto di quanto fossi affamata fino a quel momento.
«È inquietante che tutti nel vostro “mondo” conosciate la nostra esistenza a causa di quella bambina chiacchierona» fece lei come sovrappensiero.
«Già» mormorai con il cucchiaio fumante in bocca «Ora che ci penso... credo che si parli anche di voi due nel libro»
«Che cosa?» Liz sbiancò.
«Siamo famose sorellonaaa!!!»
«No Patty non va per niente bene! Che c'è scritto?» mi chiese poi sistemandosi i capelli come se si preoccupasse di un commento o una frase negativa sulla sua chioma.
«Oh non fa proprio riferimento a voi, ma parla di due fratelli gemelli molto legati tra di loro: Pincopanco e Pancopinco... credo possiate essere voi due, ecco» la mia ipotesi era molto azzardata, ma ce le vedevo.
«Io sono Pincopanco!» esclamò Patty entusiasta.
«C-come mi ha chiamata?? Quella dannata bambina se la vedo...»
Sorrisi. Nonostante l'atmosfera non potei non pensare che fossero un ottima compagnia.
Poi abbassai la voce:
«Sapete, credo ci sia anche Excalibur» dissi indicando il piano superiore col cucchiaio «Nei panni di un Bianconiglio!»
La voce giunse chiara da sopra le scale:
«CRETINA!»
Scoppiammo a ridere.
«Senti...» feci poi a Liz mescolando un po' la zuppa perchè si raffreddasse prima «Hai idea del perchè io sia qui? Capita mai, non so, che qualcuno giunga qui per sbaglio?»
«Oh no... tutti quelli che arrivano in questo posto ne sono consapevoli... io non so nulla, ma credo di conoscere chi fa al caso tuo»


«Salve, salvino cara Maka!»
«Tu...» mi trattenni dall'accasciarmi per terra per la depressione «Ma chi diavolo sei? Il Brucaliffo??»
«Uh... direi di no... sono Shinigami! Già già!»
«Lord Shinigami» lo salutò cordialmente Liz «Maka voleva sapere se sa come è arrivata qua giù»
«Certo che lo so!» esclamò come fiero della sua risposta.
«E perchè cazzo non me lo hai detto??» sbottai.
«Mi pare che tu te ne sia andata prima che ne avessi l'opportunità!»
Ruotai gli occhi.
«Allora?»
«Come ti dicevo cara Maka, Alice non avrebbe dovuto scrivere quel libro... così avevamo mandato Excalibur e un fidato consigliere della Regina Bianca a prenderla per trovare un compromesso. Ma evidentemente abbiamo preso, come dire, l'Alice sbagliata»
«Quindi sono qua per un errore? Ecco perchè mi hai chiamato Alice quando mi hai vista ed ecco perchè Excalibur mi dava della “cretina”... per via dell'aver scritto il libro!»
«Veramente lui lo dice sempre a tutti» mi sussurrò Patty nell'orecchio.
«Ah... Oh... questo spiega un sacco di cose...»
«A questo si può sempre rimediare con un bel chop!» rise Shinigami estraendo una manona.
«I libri funzionano meglio mi creda, mio padre ne ha collaudati parecchi!» sorrisi «Allora... nessuno mi sa dire come posso tornare a casa?» O come posso svegliarmi da questo sogno? Aggiunsi mentalmente guardandomi attorno.
Fu in quel momento che Liz iniziò ad urlare.







Salve salvinooooo

Ok gente, non ammazzatemi perchè nel secondo capitolo non ho ancora messo Soul! Giuro e stra giuro che nel prossimo apparirà il tutta la sua figheria (?)
Poooi... Ah si spero di non aver deluso nessuno mettendo Shinigami come Brucaliffo, Liz e Patty come Pincopanco e Pancopinco ed Excalibur come Bianconiglio (soprattutto per quest'ultima non odiatemi vi prego!)
Sto già pregando in anticipo che vi piacciano i prossimi personaggi perchè soprattutto alcuni sono molto azzardati :(
Infine ringrazio tutti quelli che hanno recensito o letto silenziosamente il primo capitolo! Vi adoro <3

XOXO
firephoenix

PS: la canzone iniziale dalla quale ho tratto il titolo è questa: http://www.youtube.com/watch?v=vx0ijgRZV7g

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Spiacevoli sorprese e posate volanti ***


Spaventata, spostai rapidamente lo sguardo dalla faccia pallida di Liz, al punto in cui era diretto il suo sguardo impaurito e le gambe mi tremarono.
Davanti a noi c'era un enorme figura che avrebbe potuto essere scambiata tranquillamente per un lupo se non fosse stato per la pelle a grosse righe bianche e nere, per la sua posizione semi eretta e per la palla da carcerato che stava legata al suo piede destro tramite una catena.
«Salve gente!» e parlava pure! Boccheggiai.
«L'uomo con l'occhio del demone! Non può essere!» sputò Shinigami stranamente serio «Dovresti essere in prigione»
«Sbagliato! Sono qua per uccidervi, ah si! Adesso mi chiamo Free» ghignò.
«Scappate!» urlò allora la maschera frapponendosi come barriera tra noi e il lupo mannaro.
Stavo per lamentarmi e chiedere perchè lui non venisse con noi quando Liz mi afferrò il polso e mi trascinò con se in una corsa sfrenata insieme a sua sorella.
«Shinigami è stato vincolato a quel luogo! Non può venire con noi! Tranquilla se la caverà, è pur sempre un dio della morte!» mi rivolse un sorriso tirato e io mi limitai a seguirla, affiancata da Patty.
Passarono pochi minuti dopodiché, dietro di noi, iniziarono a risuonare i passi del lupo, seguiti da un'imprecazione della sorella maggiore.
«Maledizione!» urlai io in preda allo sconforto più totale.
«Un grosso topo volante!!» urlò invece Patty guardando in cielo.
«COSAAA???» gridammo in contemporanea io e Liz prima che una creatura coi capelli rosati e dai lineamenti somiglianti vagamente ad un topolino precipitasse su di noi e in un lampo prelevasse agilmente le due sorelle lasciandomi sola.
«Liz! Patty!» urlai al cielo mentre la creatura si allontanava rapidamente portandole con se. Cercai di sopprimere una lacrima di frustrazione e, facendomi forza, continuai a correre sul sentiero fino a che non inciampai in qualcosa di aggrovigliato e caddi di faccia in un morbido telo blu: il mio ex vestito da damigella. Trasalii riconoscendolo: evidentemente ero tornata al punto di partenza.
Sentendo un ringhio dietro di me mi girai sui gomiti, a terra, per trovarmi davanti a Free.
«Pensavi che il tuo amico mi avesse fatto fuori, eh? Ma non può! Perchè sono immortale ahahahah!» ghignò nel suo muso da lupo indicandosi con l'unghia appuntita la scritta “NO FUTURE” sullo strano occhio. Indietreggiai in mezzo alle balze dell'abito fino a che le mie dita non toccarono qualcosa.
«E adesso muori!» il lupo mi saltò addosso e io fulminea lo colpii con lo spillo che stringevo tra le dita, infilzandoglielo nell'occhio destro. Lui si contorse urlando di dolore e si lanciò all'indietro lasciandomi in mano lo spillo ancora infilato nello strano bulbo oculare con il disegno rosso al posto dell'iride. Cercando di non vomitare dal disgusto, strappai una balza dal vestito blu conservandovi l'occhio del lupo e scappai a gambe levate ringraziando mentalmente mio padre per aver scelto una sarta sbadata.


Caddi stremata ai piedi di un albero di un inusuale colore violetto, tirando finalmente il fiato.
Avevo corso per non so quanto tempo a piedi nudi e con un bulbo oculare avvolto nella stoffa come fosse la merenda di un picnic e, appena avvistata una foresta, che mi era sembrata particolarmente rassicurante visti i vivaci colori della vegetazione, e aver superato il confine con il prato di parecchi metri mi ero fermata, stravolta, nella speranza di aver seminato quel maledetto lupo.
Chiusi gli occhi e appoggiai la testa al tronco dell'albero. I capelli sporchi e sudati mi stavano appiccicati alla pelle in modo fastidioso e avevo paura di guardare i miei piedi immaginando già la pietosa condizione in cui probabilmente si trovavano. Sbuffai ancora col fiatone. Quindi rimaneva un solo problema:
«E adesso come ci torno a casa?» esalai nel più profondo sconforto.
«Potresti chiedere informazioni a qualcuno» gelai mentre il mio cuore perdeva un battito. La voce maschile era arrivata da sopra la mia testa. Alzai lentamente lo sguardo, ma sui rami alti della pianta viola non stava nessuno. Mi alzai in piedi con la gola secca e i nervi a fior di pelle.
«Bu!» un paio di occhi felini rosso fuoco e un ghignò smagliante apparvero fluttuando davanti a me.
«Porca puttana, lo Stregatto!» urlai io con i capelli ritti in testa.
Il ghignò venne sostituito da una smorfia.
«Stregatto a chi, tappetta?» mi chiese poi aspramente rendendo visibile anche il resto del corpo felino ricoperto di candido pelo e una grossa e morbida coda.
Cercai di ricompormi.
«Mi pare che tu sia un gatto, no?» feci sarcastica.
«Io non sono un gatto bambina, sono quello che mi pare e questa forma è una delle più comode, per questo sono un felino adesso» rispose lui facendo un giro su se stesso a mezz'aria.
«Bè notizia dell'ultima ora: non me ne frega un'accidente! Voglio sapere come andarmene da questo posto»
«Cammina in quella direzione e sarai fuori dal bosco in meno...»
«No! Non voglio uscire dal bosco! Voglio uscire dal Paese e tornarmene a casa!» lo interruppi.
Lui si irrigidì di colpo e, un istante dopo, a pochi centimetri da me se ne stava un ragazzo albino più o meno della mia età che mi fissava dall'alto con uno sguardo indecifrabile. Arrossii per la inaspettata vicinanza.
«Vieni dal mondo di sopra?» mi chiese poi brusco senza smettere di scrutarmi con i suoi occhi cremisi come se volesse guardarmi l'anima.
«Si» risposi con più voce di quella che pensassi di avere. Allora lui mi afferrò il mento alzandolo leggermente e ruotandomi il viso prima a destra e poi a sinistra con inaspettata delicatezza.
«No... non sei Alice» decretò infine per poi lasciarmi il mento.
Non rimasi particolarmente colpita dalla sua osservazione, stavo cominciando a farci l'abitudine.
«Lei aveva gli occhi azzurri... e sarebbe più giovane, anche se la tua conformazione fisica non è molto diversa da quella di una bambina» ghignò passando i suoi occhi su di me dall'alto verso il basso e viceversa. Mi sentii nuda nella mia leggera sottoveste e tirai un cazzotto al ragazzo in difesa del mio pudore.
«Vedi di tenere gli occhi a posto, pervertito!»
«Ma sei fuori di testa?» mi chiese lui alzandosi da terra e massaggiandosi la mascella.
«Dimmi come devo fare per tornare a casa» sbottai con le braccia strette al petto.
«Le informazioni hanno un prezzo. Cosa mi dai in cambio?» fece poi lui con aria maliziosa riassumendo la forma felina e fluttuandomi attorno alla testa scompigliandomi i capelli.
«Un altro cazzotto?» ringhiai verso il ragazzo/gatto.
«No, no non ci siamo proprio» mi sussurrò con voce roca nell'orecchio. Io cercai di colpirlo ancora, ma il mio pugno scalfì il nulla; davanti a me ricomparvero occhi e bocca da gatto «Finché non me lo chiederai bene non ti potrò essere d'aiuto» fece e allargò il ghigno cominciando a fluttuare in mezzo agli alberi.
«Dove vai idiota?» gli urlai dietro seguendolo «Tanto non ti chiederò per favore!»
«Nessuno te lo ha richiesto»
«Ma...» mi arresi sbuffando e continuando a stargli dietro passandomi le mani sulle braccia infreddolite dalle ombre della foresta.
Passammo qualche minuto in silenzio nei quali sperai con tutta me stessa che, seguire quello strano personaggio, mi avrebbe portato ad avere un tetto sopra la testa per quella notte (senza dover sopprimere il mio orgoglio)... Questo almeno prima che un coltellino mi passasse sibilando a mezzo centimetro dall'orecchio e si schiantasse sul tronco giallo ocra dell'albero dietro di me.
Mi sfuggì un urletto.
«Sei in ritardo, Soul» ci misi qualche secondo a rendermi conto che chiunque da in mezzo al bosco avesse lanciato il coltellino si stesse riferendo al gatto fluttuante davanti a me, che riprese in quel momento forma umana. Seguendolo, sgusciai in un giardino nel quale era collocato un lungo tavolo vecchio stile, apparecchiato di una quantità indecifrabile di tazze da the di vario genere, teiere in porcellana, torte e pasticcini per tutti i gusti. A capo tavola, l'uomo che aveva parlato; impossibile non notarne la grossa vite incastrata nella sua testa e le cuciture sul suo viso. Alzò gli occhi sul ragazzo albino e i suoi occhiali emanarono un riflesso poco rassicurante.
Per evitare di incrociare il suo folle sguardo abbassai il mio, accorgendomi che stava sezionando la fetta di torta che aveva davanti con un bisturi. Sarà per quello che si è liberato del coltellino? Mi chiesi stupidamente.
Oltre all'uomo con la vite, intorno al tavolo c'erano un coniglio con l'aria assente e un uomo ricoperto di bende che lasciavano liberi solo tre occhi e parte di scompigliati capelli neri; beveva il the accostandosi la tazza alle bende davanti alla bocca e lasciando che la bevanda gliele inzuppasse. Non sapevo se effettivamente si potesse definire davvero “bere”... ma d'altronde lì sembravano essere tutti... matti. Guardai sgomentata nuovamente l'uomo coi capelli grigi.
«Il cappellaio matto» realizzai in un sussurro.
«Non è un cappellaio è un chirurgo» la voce di Soul nel mio orecchio mi fece trasalire, non mi ero accorta che si fosse avvicinato e arrossii.
«Io non sono un cappellaio» calcò poi l'uomo tutto concentrato a incidere la fragola sopra la sua torta «I cappellai sono matti, è risaputo...» poggiò un indice sulla sua testa e vi picchiettò due volte «...io sono solo svitato»
Doveva essere una battuta? Dall'espressione seria e risoluta dell'uomo non si sarebbe detto, il coniglio sull'altro lato del tavolo invece si ridestò improvvisamente iniziando a ridere senza freno. Il tipo coi tre occhi beveva impassibile il suo the.
Non avevo ancora capito se “l'allegra combriccola” avesse notato la mia presenza.
«Ashura, passami la forchettina» fece poi ancora lo “svitato”. L'uomo bendato, che evidentemente rispondeva a quel nome, posò con compostezza la tazza di porcellana sul tavolo dopodiché, con un movimento fulmineo quasi impercettibile afferrò una forchetta e la lanciò verso l'uomo. Non feci in tempo ad urlare che quest'ultimo aveva già afferrato prontamente la posata fermandola ad un centimetro dal suo occhio. Rimasi senza fiato.
«Tranquilla» fece Soul rivolto a me «Non sono sempre così» ghignò afferrando una fragola al di sopra di una torta a due piani e mangiandola in un solo boccone. Sarà stato per il ghigno o per il silenzio caduto... ma non mi sentii per niente rassicurata.
Fu in quel momento che il chirurgo alzò lo sguardo posandolo finalmente su di me. Pregai che non mi lanciasse nulla di affilato, ma lui si limitò a staccarsi dal bordo del lungo tavolo e a lanciarsi verso di me con... una sedia con le rotelline. Indietreggiai guardando il terreno sassoso. Che diavolo sta... a neanche due metri da me, come previsto, l'uomo si ribaltò finendo a gambe all'aria e, compostamente, si sistemò gli occhiali sul naso.
«Alice!» esclamò. Giuro che stavo per piangere dalla frustrazione.
«Lei non è Alice, Stein... anche se viene dal mondo di sopra» Soul parlò con risolutezza da una delle sedie sulla quale si era accomodato.
«So parlare da sola, sai?» sbottai frustrata verso il ragazzo. Lui alzò le mani come in segno di resa.
«Cercavo di essere gentile» proferì poi. Che tipo stano...
Mi schiarii la voce rivolgendomi all'uomo ancora ribaltato ai miei piedi:
«Mi chiamo Maka Albarn e sono finita qui per sbaglio perchè...»
«Nessuno finisce qua per sbaglio» mi interruppe lui schietto rialzandosi e sedendosi a cavalcioni sulla sedia dalla parte dello schienale. Feci per spiegarmi meglio, ma fui preceduta: «L'ultima persona che è finita qua per sbaglio non è stata una gran fortuna per noi, considerato che adesso ci troviamo invasi da persone come te che...»
«Ehi!» lo interruppi seccata «Io non ho invaso un bel niente! Se non fosse stato per quel maledetto Excalibur e quell'altro cretino dai capelli azzurri, io sarei...»
«Capelli azzurri? Aveva una stella sulla spalla?» mi interruppe Soul. Evidentemente quel giorno era destino che nessuno riuscisse a concludere le proprie frasi.
«Credo di si... ma non è questo l'importante!»
«Invece lo è» si intromise Stein «Che cosa può volere la Regina Bianca da una come te?»
«Bella domanda» calcò sottovoce l'albino con un tono vagamente sarcastico.
«Ehi, guarda che ti ho sentito, idiota!» poi mi rivolsi al chirurgo «Ok, non ho la minima idea di chi sia il cretino col tatuaggio né tanto meno di chi sia la Regina Bianca, ma sono finita qua per sbaglio perchè il Brucal... volevo dire, Shinigami era d'accordo con lei di andare a prelevare Alice dal mondo di sopra, ma hanno preso me. Purtroppo!» aggiunsi in fine tirando il fiato. Mi sembrava di aver corso una maratona.
«Che casino!» esclamò improvvisamente il coniglio sbattendo la tazza da te sul tavolo e mettendosi a ridere sguaiatamente.
«Bè... in questo caso, se è come dici...» fece Stein «...ti offro il the!»


«Cin, cin!» e le tazze del coniglio e di Ashura si spaccarono con un gran fracasso, spandendo il loro contenuto ovunque.
«Questo brindisi» iniziò Stein con un tono poco sobrio (che si fosse ubriacato di the?) «è per “l'Alice sbagliata”!» e si trangugiò la calda bevanda in un sorso emettendo un sonoro sospiro compiaciuto. Soul, seduto difronte a me, alzò la tua tazza con i bordini rossi per brindare con me. Sorrisi debolmente pensando che tutto sommato fosse un ragazzo per bene, ma non feci in tempo a dire “cin” che lui urtò la mia porcellana verde con la sua, sbeccandola, e rovesciandomi il the bollente sulla fetta di torta. Ghignò.
«Tu...» ringhiai verso l'albino dopodiché, fulminea, gli strappai la tazza di mano e gli gettai il suo the in faccia.
«Come hai osato, maledetta...» prima di poter finire la frase, Ashura gli rovesciò a sua volta la propria tazza in testa. Scoppiai a ridere e un ondata di the speziato mi colpì in faccia. Soul aveva rubato la tazza a Stein e me la aveva svuotata in faccia. Il coniglio affianco a me, che aveva seguito in silenzio la scena, all'improvviso prese deciso la teiera piena e la calzò in testa a mo di capello, creando una specie di cascata marroncina sulla sua faccia. Stein e Ashura iniziarono a tirarsi direttamente le tazze vuote dando prova di agilità tutte le volte che uno dei due ne fermava una ad un centimetro dalla testa. Non so come, in poco tempo mi trovai quasi in ginocchio sulla tavola mentre Soul, già in piedi su di essa, prendeva palettate di torta da tirarmi in testa. Rovesciai parecchie tazze e una zuccheriera, ma una volta salita sul tavolo, dopo aver evitato per un pelo una forchetta lanciata da Ashura, riuscii nell'intendo di rovesciare addosso all'albino un litro di latte freddo.
Inutile dire che in vita mia non avessi mai fatto una cosa del genere. Ma chi se ne fregava? Ero pur sempre nel paese delle meraviglie, no? O meglio sognavo di esserci... perchè stavo sognando, giusto?
L'esitazione mi fu fatale, Soul si lanciò contro di me con le mani sporche di panna e me le spiaccicò in faccia con fin troppo slancio. Feci appena in tempo a vedere il coniglio che, con la teiera sugli occhi, andava in giro alla cieca evitando per chissà quale miracolo divino tutte le porcellane che si tiravano dietro gli altri due, e poi caddi giù dal tavolo trascinando il ragazzo con me.
Soul ghignò sdraiato sopra di me e io misi il broncio fingendo che il rossore sulle mie guance fosse di rabbia.
«Per tutti i re! Che cos'è questo casino??» Una voce isterica giunse dall'altra parte del tavolo. Vidi Soul reprimere il suo ghigno con preoccupante velocità.
«Chi...» feci per chiedere, ma lui mi coprì la bocca con una mano dalle dita lunghe e affusolate e mi intimò silenziosamente di non parlare. Finché eravamo dietro quella parte del tavolo chiunque avesse parlato non ci avrebbe visto. Già... Ma chi?
Mi sporsi lentamente per vedere sotto il tavolo da dietro a Soul: otto cavalli, dei quali riuscivo solo a vedere le zampe e gli stendardi rossi ai fianchi, erano fermi di fronte a noi.
«Sei qui per un brindisi?» la voce di Stein giunse allegra da sopra il tavolo.
«No» fece l'altra voce, piuttosto seccata. Sembrava giovane, quasi quella di un ragazzo della mia età «Sono qui per portarvi da Lei»

 

 



Salve salvinooooo

Ok... ho pauraaaa!!! :O Ma sono fiduciosa dai (che mi torturiate senza uccidermi : S)
Bè eccovi a voi svelati altri personaggi!! Che dire? Mi sono divertita un sacco a scrivere soprattutto il pezzo del “circolo dei malati di mente”! Li adoro tutti! An si! Ho messo un coniglio insieme a Stein e Ashura in onore al film “Alice in Wonderland” dal quale traggo ispirazione perchè è uno dei miei personaggi preferiti! :) Non me la sentivo di cambiarlo... Spero non vi dispiaccia :/
Fatemi sapere! Soprattutto per quanto riguarda Soul ovviamente... è stato un po' azzardato metterlo come Stregatto, ma per me ci sta! Cioè, anche solo il fatto che lui normalmente possa cambiare forma in arma, in quanto buki, per me crea già un nesso... però ditemi voi :)

XOXO
firephoenix che si lancia forchettine con Ashura :)

Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sotto la sottoveste ***


«Lei chi, scusa?» l'allegra e noncurante voce di Stein anticipò i miei pensieri.
«La Regina di Cuori! Chi sennò?» rispose la voce sconosciuta.
Soul sussultò ancora sdraiato sopra di me sussurrando qualcosa che suonava molto come “non può essere”.
«Si può sezionare?» chiese invece il chirurgo; potevo percepire il suo ghigno anche senza vederlo.
«Che..? No! Sta minacciando forse di rompere la sua perfetta e rigorosa simmetria??»
«Conosco la Regina... non è mai stata granché equilibrata nelle forme... con quel testone...»
«Come osa? Lei è perfettamente proporzionata! La simmetria delle sue forme è impagabile!!» sentii un cavallo muoversi e sbuffare, probabilmente innervosito dalle urla del padrone «Sono stufo delle vostre insinuazioni! Prendeteli tutti» ordinò poi risoluto ai suoi uomini che si avvicinarono alla tavola. Stein, Ashura e il coniglio del quale ancora non sapevo il nome si alzarono con compostezza.
«Merda» sussurrò l'albino. Poi qualcosa gli cadde in testa. Lui la prese, la esaminò, sorrise, biascicò un “grazie amico” e me la porse: era un pezzo di torta.
«Mangia e non fare domande. Presto!» mi sussurrò notando un soldato avanzare sul nostro lato della tavola. Io scettica misi in bocca il dolce ed, un colpo di tosse soffocato dopo, ero piccola come una teiera. Soul assunse velocemente la forma di un cappello a cilindro e mi si mise sopra, nascondendomi in un buio totale. Trattenni il fiato. Se l'uomo avesse deciso di alzare il copricapo mi avrebbe subito visto.
Mi appoggiai automaticamente alla parete nera come in cerca di un qualche tipo di conforto.
«Trovato qualcuno?» fece da lontano il ragazzo a cavallo.
«No, signore» la voce giunse paurosamente vicina.
«Allora muoviti! Sua Maestà ci aspetta»
Dei passi decisi si allontanarono seguiti dal rumore di zoccoli sul terreno sassoso, poi cadde il silenzio. Dopo pochi secondi Soul riassunse la forma di un ragazzo scoprendomi e lasciando che la forte luce del sole mi accecasse. Si sollevò e cercò qualcosa sul tavolo.
«Ed eccola qui. Sapevo che ce l'avrebbe lasciata. Quell'uomo è un genio a modo suo» proferì e mi lanciò una boccetta azzurra di mia conoscenza.
«Oh no, di nuovo» feci una smorfia. Cambiare dimensione poteva sembrare divertente, ma non era sicuramente piacevole.
«Muoviti, brontolona, dobbiamo andarcene da qui» fece poi. Borbottai un insulto verso il ragazzo, stappai la boccetta e la svuotai in un sorso. Un paio di budella spostate dopo ed ero di nuovo me stessa. Soul mi squadrò per l'ennesima volta.
«Non è cambiato molto» proferì.
«Vuoi un abbonamento ai miei pugni o cosa?» lo fulminai io con lo sguardo «Muoviti micetto» ghignai poi.
«Non sei per niente divertente, sai?»
«Allora, chi era “Mr la simmetria delle sue forme è impagabile”?» chiesi ignorando la sua constatazione mentre ci inoltravamo nella colorata boscaglia.
«Death The Kid...» sospirò lui come rassegnato «È il figlio di Shinigami, dovresti averlo incontrato se vieni davvero dal mondo di sopra...» ripensai alla maschera che urlava a me, Liz e Patty di scappare mentre ci proteggeva dal licantropo e annuii, Soul proseguì «Kid ha sempre avuto un debole per la simmetria e la roba equilibrata, non sapevo che lavorasse per la Regina e sinceramente non credevo sarebbe mai stato possibile vista la sua nevrosi e il... bè...capoccione sproporzionato della nostra sovrana... e poi...» si interruppe.
«E poi...» lo spronai.
«Non so, c'è qualcosa che non mi quadra... tutto ciò che è appena successo non ha senso» lo guardai camminare di fianco a me.
«Perché?» chiesi poi notando che non accennava a dare spiegazioni.
La risposta giunse secca e brutale.
«Perché la Regina Rossa è morta due giorni fa»
Sgranai gli occhi.
«Oh... an... questo si che è un colpo di scena» proferii non trovando migliori parole.
«Quando ti ho incontrato stavo andando da Stein a chiedergli se avessero saputo la notizia»
«Evidentemente no, visto che sono andati con Death The Kid»
«Dimentichi che ci ha lasciato la torta» mi allertò lui «E Stein non fa mai le cose per caso. Aveva un motivo preciso per non farci trovare da lui, dopotutto, nevrosi a parte, Kid non è una brutta persona. Deve per forza esserci un motivo. Ne sono sicuro»
«Ti fidi ciecamente di lui» constatai io girandomi per guardarlo.
«Già...» Il bagliore nei suoi occhi mi fece stringere lo stomaco. Che cosa sapevo in fondo io di quel ragazzo? Ci stavo insieme come niente fosse quasi ignorando che Soul avesse un passato del quale non conoscevo nulla. Se non fosse stato per l'albinismo avrei anche potuto pensare che Stein fosse suo padre. Avrei dovuto fidarmi di lui? Sperai di si.
«Quindi...» proseguii io schiarendomi la voce e riportando l'attenzione sull'argomento principale «Se non è stata la Regina a convocare Stein e gli altri... chi è stato? Perché la soluzione più logica sembrerebbe quella che qualcuno l'abbia uccisa e abbia preso il suo posto...» Soul fece una smorfia di dissenso.
«Ma non può essere... chi potrebbe avere intenzione qui di spodestare la Regina dal trono o di ucciderla? Lei è sempre stata una buona sovrana insieme alla Regina Bianca e non ci sono “cattivi” a piede libero da anni nel paese...»
«Ti sbagli» la mia mente volò all'occhio che nascondevo sotto la sottoveste.
«Cosa?»
«Stamattina una specie di topo volante ha rapito due ragazze e un mezzo lupo mi ha inseguito fino allo stremo, è per quello che...»
«Due ragazze?» Soul trasalì fermandosi.
«Liz e Patty... le conosci?»
«Maledizione! Come era fatto il lupo? Aveva un occhio strano?» senza rispondere mi alzai con un certo imbarazzo parte della sottoveste facendo sgomentare e arrossire il ragazzo e ne estrassi il pezzo di stoffa con il bulbo mettendolo in mano all'albino ancora rosso in viso.
«Intendi come questo?» chiesi, mentre lui apriva il fagotto e imprecava in lingue a me estranee.
«Come accidenti lo hai preso?» mi chiese con voce stridula e vagamente femminile.
«Ho chiesto per favore»
«Non è il momento di fare del sarcasmo!!» il suo tono era salito di diverse ottave, gli occhi cremisi spalancati. Gli spiegai dello spillo e del mio fortunato ed imprevisto successo.
«Tu...» Soul mi guardò allibito, poi parve riprendersi e, borbottando qualcosa che aveva a che fare con essere “figo”, recuperò in parte il controllo di sé «Maka... hai idea di cosa ti sei tenuta nelle mutande tutto questo tempo?» arrossii.
«Non ce l'avevo nelle mutande, pervertito!»
«Non me ne frega! Maka... tu hai preso l'occhio della Grande Vecchia Strega»
Battei un paio di volte le ciglia.
«Oh dai adesso non mi dirai che, oltre al paese delle meraviglie, esiste anche il regno di Oz?»
«Credimi sei l'unica che ne abbia ancora dei dubbi a riguardo, ma non parlo di Oz... parlo del mondo delle streghe. O pensavi che il vostro mondo fosse l'unico?»
Strozzai una risata isterica e appoggiai una mano al tronco azzurrino di un albero, colta da un improvviso senso di smarrimento. Inspirai profondamente. Troppe informazioni tutte insieme non fanno bene... non ci siamo.
«Ok» mi ricomposi «Procediamo per gradi. Parlami dell'occhio»
«Questo...» iniziò lui sollevando il fagotto «...apparteneva alla faccia della Grande Vecchia Strega ed è molto potente, come lei d'altronde. Parecchi anni fa, ancora prima che io nascessi, un lupo mannaro del Clan degli Immortali tentò la fortuna, sfidò la strega e riuscì a cavarle un occhio; data la sua immortalità la strega non poté ucciderlo, ma per questo fu imprigionato nelle sue prigioni per un tempo tale da dimenticarsi il suo nome, almeno così dice la leggenda»
«Che a quanto pare ha un bel gran fondo di verità. Comunque si chiama Free adesso, il lupo intendo» mi intromisi mentre ricominciavamo a camminare.
«Poetico...»
«Già...»
E il nostro lungo discorso cadde nel silenzio. Ero talmente spossata da non aver nemmeno la forza di chiedergli dove fossimo diretti. Forse nemmeno lui lo sapeva... forse stavamo semplicemente vagando senza meta trasportati ognuno dalla forza dei propri pensieri.
Camminammo per diversi minuti nel più completo ed imbarazzante silenzio finché, prima di potergli chiedere se si ricordasse di avere un bulbo oculare in mano, così per sdrammatizzare, una pietra mi tagliò la pianta del piede destro. Soffocai un urlo di dolore che non sfuggì a Soul. Avevo camminato e corso così tanto da quella mattina che i miei piedi si erano intorpiditi fino a farmi quasi dimenticare di essere scalza.
«Forse dovremmo fermarci» fece l'albino sedendosi senza aspettare alcun consenso ai piedi di un grande albero rosso.
«Non ce n'è bisogno, ce la faccio davvero» posai il piede ferito a terra e una fitta di dolore mi attraversò tutta la gamba.
«No che non ce la fai. Non mi scandalizzo se ti fai vedere debole per una volta»
Arrossii un po' per rabbia un po' per imbarazzo.
«Io non sono debole. E poi tu non sai niente di me...» quindi taci avrei voluto aggiungere con disprezzo, ma invece mi sedetti di fronte a lui con la schiena poggiata ad un tronco verde foglia. Non sia mai che si offendesse e mi lasciasse lì da sola. Chi lo capisce è bravo!
Pazientemente mi strappai un pezzo di sottoveste e lo usai per fasciarmi la pianta del piede in modo che la ferita non si infettasse più di quanto probabilmente avesse già fatto. Soul mi guardava in silenzio con i gomiti poggiati sulle ginocchia.
«Che hai da fissare?» chiesi brusca io sperando di non essere arrossita.
«Niente è che stavo pensando che tra poche ore farà buio e sarà ora di cena... e noi non abbiamo niente da mangiare né un posto dove dormire»
«Potresti trasformarti in un letto» chiesi ironicamente io senza pensare minimamente a ciò che avrebbe implicato.
«Dormiresti davvero sopra di me?» Soul alzò un sopracciglio ghignando divertito. Evidentemente lui ci aveva pensato eccome all'implicazione.
«Non... intendevo quello, cioè...» inciampai imbarazzata nelle mie stesse parole.
«Che carina che sei quando vai in confusione» lanciai al ragazzo uno sguardo di fuoco.
«Comunque per quanto la tua celata proposta mi lusinghi» continuò lui facendomi fremere dalla voglia di spaccargli la faccia «Pensavo che sarebbe più semplice se mi allontanassi in volo per andare a prendere ciò che ci serve e... non guardarmi con quella faccia»
«Non ti sto guardando con nessuna faccia!» urlai sulla difensiva distogliendo lo sguardo mentre pensavo che Soul mi stava per lasciare da sola in quella folta boscaglia per chissà quanto tempo.
«Non sono solito abbandonare le fanciulle in pericolo, non ti preoccupare» ghignò e io trasalii chiedendomi come facesse a leggere facilmente le mie espressioni. Si alzò e io lo imitai.
«Vengo con te»
Soul sbuffò un po' divertito, un po' seccato, mi si avvicinò e poggiò le mani sulle mie spalle. Io abbassai lo sguardo.
«Non ti sto lasciando da sola. Non devi avere paura, Maka»
Oh no, certo! Sono in un fottuto luogo sconosciuto, mezza nuda e con un completo sconosciuto che non ha alcun motivo plausibile per non abbandonarmi all'istante! Potrei cantare una bella canzone invece di morire di paura! Avrei voluto urlargli questo, ma il mio orgoglio mi ricacciò tutto in gola e alla fine alzai fiera lo sguardo, fissandolo nel suo, e mi uscì questo:
«Io non ho paura!» scrollai le sue mani giù dalle mie spalle con disprezzo «Quindi smettila di fare il gradasso! Vengo con te per aiutarti. Io non ho paura» ci fissammo in cagnesco per qualche istante e fu Soul il primo ad abbassare gli occhi, tuttavia ciò che disse non corrispondeva per nulla a ciò che speravo:
«Non puoi venire con me»
«Perchè?» urlai esasperata.
«Non posso certo portati in volo con me! Tornerò con le provviste» disse e mi voltò le spalle. Cercai di ricacciare indietro la lacrima che mi appannava la vista. Lo guardai mentre si chinava leggermente per spiccare il volo in forma di uccello, o almeno pensai che stesse per fare quello, ma poi lui tornò in posizione eretta, si girò, si avvicinò velocemente a me a grandi falcate e, senza la minima esitazione, mi prese il mento tra il pollice e l'indice sollevandomi il viso e lasciandomi basita: le mie labbra non erano state mai così vicine a quelle di un ragazzo. Lo guardai con fiato corto perdendomi nel rosso vivo dei suoi occhi.
Lui percorse il contorno della mia guancia sfiorandola con le labbra fino ad arrivare al mio orecchio sinistro:
«Vedi di non farti uccidere mentre sono via» sussurrò facendomi trasalire, poi si trasformò in una grossa fenice rossa fuoco e si librò in volo.

 

 

 


Salve salvinooooo

Si vede che la scuola è iniziata eh? Non ho mai tempo per scrivere quindi mi scuso per il ritardo presente e anche, molto probabilmente, per quello futuro...
Comunque siaaaaa... torniamo a noi! Che ve ne pare? Il viaggio di Maka e Soul verso l'ignoto sarà lungo od a Maka capiterà qualcosa mentre lui è lontano? Lo scoprirete solo nei prossimi capitoli!! Muahaahahh :)
Per il resto... sono contenta di aver già messo Kid che fa lo schizzato :) è sempre un piacere :)
Alla prossima :)
XOXO
firephoenix

PS: mmmm molto profondo questo commento a fine capitolo...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Fidarsi di un gatto ***


Mi tormentai l'orlo della sottoveste, seduta sotto il mio albero verde, con lo sguardo fisso nel vuoto. Il sole stava cominciando a scendere e la temperatura si abbassava, eppure mi sembrava che i punti in cui Soul mi aveva afferrato il mento e sfiorato con le labbra bruciassero. Emisi un lungo gemito risvegliandomi dalla mia trans e sfregandomi con forza le mani fredde sulla faccia come per togliermi di dosso quella stupida sensazione.
Era parecchio che Soul era via e io non volevo farmi prendere da inutili paranoie così mi alzai in piedi e decisi di allenarmi un po' per scaldarmi.
Praticavo karate da qualche anno ormai, mi aiutava a calmare i nervi impegnata com'ero tra mio padre che si comportava da bambino e gli impegni scolastici.
Iniziai a tirare calci nell'aria. Mi sentivo un po' stupida a farlo in sottoveste, ma dopotutto non c'era nessuno che potesse giudicarmi.
Soul tornerà, me lo ha promesso.
Un calcio. Ripensai al nostro frettoloso e astioso dialogo: no, lui non aveva mai promesso. Un altro calcio.
Non ha alcun motivo per abbandonarmi.
Un pugno, un altro.
Non ha nemmeno alcun motivo per non farlo.
Destro, sinistro, calcio.
Non lo conosco. Perchè mi ha portato qui? Perchè se ne è andato?
Giravolta, calcio.
Se non torni ti uccido con le mie mani! Razza di cretino!
Con un urlo di rabbia colpii l'albero rosso sotto il quale si era seduto prima di andarsene.
«Sei ridicola»
Mi girai emettendo questa volta un urlo di disperazione. Soul di fronte a me ghignava con in mano un fagotto e delle coperte.
«Tu...» cercai di non piangere per la gioia mentre gli mollavo un destro sulla mascella. Lui, colto alla sprovvista, cadde a terra trascinandosi dietro ciò che portava con se.
«Tu sei completamente impazzita!» mi urlò rosso in viso.
«E tu sei in ritardo» lo guardai con durezza nascondendo in ogni modo la mia felicità.
«E io che mi aspettavo un abbraccio caloroso»
«Mi perdoni se non le ho riservato l'accoglienza che sperava, ma ero troppo impegnata a congelare mentre tu te la prendevi con comodo!»
Soul sbuffò e mi lanciò una coperta e una camicia da uomo che evidentemente gli apparteneva. La indossai grata di avere qualcosa che mi coprisse le braccia nude.
«Almeno un grazie me lo devi»
«Un gesto vale più di mille parole, no?» dissi io alludendo al mio destro sulla sua faccia.
«Tutto questo è molto poco fico» esordì lui concludendo il discorso, dopodiché ci sedemmo sulle nostre coperte nello spiazzo d'erba ad esaminare cosa Soul avesse racimolato.
Acqua, pane, del cioccolato, formaggio, pezzi di torta e boccette azzurre ormai troppo note. Storsi un po' il naso, ma non feci commenti, il mio stomaco parlò per me. Presi un pezzo di pane e lo morsi con gusto.
«Allora... dove siamo diretti?» chiesi poi al ragazzo di fronte a me.
«Pensavo di recarmi alla corte della Regina Bianca. Magari lei sa cosa sta succedendo... è ad una giornata di cammino da qui»
Annuii in silenzio. Che altro potevo fare?
Sbuffai infastidita cercando di sistemarmi i capelli sporchi che mi si appiccicavano alla pelle sudata per l'allenamento e la tensione accumulata durante il giorno. Non ero per nulla abituata ad averli sciolti.
«Tieni» alzai gli occhi giusto in tempo per vedere Soul strappare un pazzo di stoffa dal fagotto del cibo e porgermelo. Lo presi senza ringraziarlo e lo spezzai in due. Lui sembrò incuriosito sul momento, poi alzò quasi impercettibilmente le spalle e tornò a piluccare la sua razione di cibo. Io mi divisi i capelli in parti uguali e usai i lacci improvvisati per farmi dei comodi e pratici codini. Finita l'operazione sospirai soddisfatta. Era bello avere ancora qualcosa di me stessa anche in quel posto lontano.
Il mio buon umore si spense nel momento esatto in cui avvertii il grugnito di una risata soffocata di fianco a me.
«Che hai da ridere?» chiesi acida all'albino notando i suoi continui sguardi verso i miei capelli «Oh insomma! Vivi in un cavolo di paese dove la gente si tira le tazze da tè, cambia forma e ruba occhi e non hai mai visto una ragazza coi codini?»
E lui scoppiò a ridere come un deficiente. Lo guardai allibita. Sta cominciando a seccarmi.
«La vuoi piantare! Non sei divertente!» gli urlai addosso esasperata, ma non concludevo altro che non fosse farlo ridere ancora più forte. «Tu non sei normale! Sei veramente...» cercai di contenermi eppure, vedendolo lì a terra a ridere senza alcun motivo apparente in modo così buffo, mi fece venir da ridere anche a me.
«Finiscila!» gli tirai il fagotto vuoto in faccia cercando di non lasciare che i miei muscoli facciali si allargassero in un sorriso.
Perchè cavolo sto ridendo? È evidente che mi sta prendendo per il culo!
Soul usò il fagotto che gli avevo tirato per asciugarsi le lacrime del troppo ridere.
«Oh mi hai rotto, ok!» feci per sciogliermi i codini, ma in un baleno lui si avvicinò bloccandomi i polsi e fissandomi a pochi centimetri dal mio viso con sguardo serissimo. Se non fosse stato per le lacrime ai lati dei suoi occhi avrei potuto pensare di essermi sognata tutto. Per qualche secondo non ebbi il coraggio di parlare poi, prima di poter fare qualsiasi cosa, lui si staccò delicatamente e tornò sulla sua coperta trasformandosi nel grosso, peloso, gatto albino che avevo incontrato quel giorno.
«Dormiremo poche ore e poi ci sposteremo verso la corte della Regina Bianca. Non sono tranquillo qui. Siamo ancora troppo vicini ai soldati, ma hai bisogno di riposare quindi ripartiremo tra qualche ora» fece acciambellandosi.
Troppo vicini? HAI bisogno? Qualche ora? Ma che cacchio...
«Tu sei pazzo...» sussurrai sdraiandomi e guardandolo di traverso da sotto la mia coperta.
«Una volta ho sentito qualcuno dire che non si può vivere nel paese delle meraviglie se non si è folli almeno un po'»
Ebbi giusto il tempo di chiedermi se forse fossi folle anche io, poi sprofondai in un sonno senza sogni.

 

Mi svegliai lentamente prendendo coscienza del mio corpo a mano a mano che mi stiracchiavo indolenzita. Scostai la coperta e mi misi a sedere; solo allora mi accorsi di un paio di cose che avrei dovuto notare subito: era giorno e Soul non c'era. Il cuore sembrò salirmi in gola come spinto da una molla. Mi misi in piedi improvvisamente sveglissima guardandomi attorno. Avevo ancora addosso la sua camicia e ne arrotolai nervosamente le maniche troppo lunghe. Stavo per chiamare a squarciagola l'albino quando una voce giunse da sopra la mia testa:
«Sei sveglia finalmente!» alzai lo sguardo per trovarmi a fissare due occhi felini colore del sangue a pochi millimetri dal mio viso.
«Soul!» tenni il “grazie a Dio non te ne se sei andato” per me. Avevo un orgoglio da preservare «Non dovevamo dormire poche ore? È mattina! I soldati...»
«Non ti preoccupare i soldati non si sono fatti vedere. Ho provato a svegliarti stanotte, ma russavi come un trattore, così ho fatto la guardia»
Arrossii.
«Cosa? Io non russo! Potevi almeno...» ma lasciai cadere la frase. Era meglio così dopotutto. Soul riprese forma umana e mi si piazzò davanti col suo ghigno sghembo.
«Pronta per il viaggio?»
Annuii e, raccolte coperte e fagotto, partimmo verso il confine della foresta.

 

«Allora... com'è questa Regina Bianca?» chiesi a Soul per rompere quel silenzio imbarazzante creatosi tra di noi fin da quando eravamo partiti. C'erano stati dei momenti in cui, quando per sbaglio le nostre mani si sfiorarono per la troppa vicinanza, rimpiangevo il fatto che l'albino non fosse rimasto in forma di gatto.
«È buona, gentile, giovane... un'onesta sovrana a cui tutti gli abitanti sono affezionati» il mio stomaco si strinse. Da come ne parlava sembravano molto legati.
«L'hai già conosciuta di persona, immagino»
«Oh si, da piccoli... ha la mia età»
Sussultai.
«Ma è una Regina? Come può essere così giovane?»
«Qui non badiamo a questo. Lei è brava e lo fa volentieri. Non è obbligata. È questo che conta»
Annuii pensierosa stringendomi nella camicia di Soul. Camminavo a testa bassa per evitare che qualche sasso mi graffiasse ulteriormente il piede fasciato e cercando di pensare che mancava poco alla nostra meta. Che non ci sarebbero stati più problemi poi. Che magari sarei tornata a casa. Chissà se Marie e BJ si sono sposati? E mio padre? Sarà preoccupato per me? Pff... che domande...
«Maka, guarda» la voce di Soul interruppe i miei pensieri; alzai lo sguardo di fronte a me e rimasi senza fiato: la foresta dalla quale eravamo sbucati si interrompeva bruscamente, lasciando spazio ad un'infinita distesa di erba verde che sembrava brillare sotto i raggi del sole. In fondo al prato lucente si ergeva un enorme castello bianco incastonato in un'alta e imponente montagna di uguale colore. La sterminata pianura era percorsa da diversi fiumi sgargianti di ogni sorta di colore che parevano scintillare per effetto del sole come pietre preziose. Mi avvicinai affascinata a uno di essi e, sfiorandone la superficie arancione, notai che scorreva al contrario: invece di scendere dalla montagna alla pianura, saliva fino al castello disperdendosi tra colonne e strutture marmoree.
«Com'è possibile?» sussurrai ritraendo di poco la mano.
«È proprio come sembra... tutti i fiumi scorrono dalla foresta al castello» mi spiegò Soul «scambiano i colori con gli alberi del bosco e li portano fino alla Montagna Bianca...»
«Dove si mischiano creando il bianco, certo...» guardai il castello in lontananza quasi accecata dalla sua candida bellezza ripensando a quando, alle elementari durante l'ora di arte, mi avevano insegnato come, se si mischiavano tutti i colori principali, il risultato fosse il bianco.
«Secchiona» ghignò Soul. Mi guardai attorno ancora una volta incredula di tanta bellezza.
«Tutto questo è... è...»
«Meraviglioso?» guardai l'albino: sotto la luce del sole i suoi capelli risaltavano quasi come il castello alle mie spalle.
«Già... non si può certo dire che chi ha dato il nome a questo paese fosse una persona incoerente...»
«Coraggio non imbambolarti» fece poi Soul muovendosi verso il castello «la nostra meta non è vicina come sembra»


E, per quanto mi costasse ammetterlo, aveva ragione. Era ormai mezzogiorno passato, come indicava il sole sulle nostre teste, e, nonostante avessimo camminato già parecchio, il castello in lontananza non sembrava avvicinarsi di un metro.
Di comune accordo io e Soul avevamo deciso di saltare la sosta pranzo e di mangiare durante la strada per non perdere tempo.
Ogni tanto mi capitava di lanciare occhiate al ragazzo di fianco a me, chiedendomi chi fosse davvero. Il ragazzo gentile che ogni tanto trapelava, quello scontroso o forse quello strafottente e menefreghista che sembrava prevalere sugli altri? Mi tornò in mente il modo in cui la sera prima mi aveva afferrato i polsi perchè non mi sciogliessi i codini. Forse era solo un pazzo; e allora eccomi al punto di partenza, a chiedermi cosa mi spingesse a fidarmi di lui.
Guardai per l'ennesima volta il paesaggio mozzafiato per distrarmi da quei pensieri e una domanda mi sorse spontanea.
«Credi davvero che i soldati di Death The Kid ci stiano ancora cercando?»
«Ne sono sicuro»
«Ma... perchè?» forse era una domanda stupida. Adesso mi prenderà per il culo...
E invece il suo tono arrivò più serio di quanto mi sarei mai aspettata:
«Non so... le persone che sono state portate via da Kid e poi Liz e Patty... rapite in modo così strano ed improvviso... l'altra notte pensavo se ci fosse un motivo del perchè tutte queste persone possano essere state portate ipoteticamente nello stesso luogo...»
«Dici che abbiano un qualcosa che le unisce? Una sorta di punto in comune?»
Soul ghignò.
«Oh si, lo hanno... ed è così poco cool che io non ci sia arrivato subito, ma...» il ghigno dell'albino sparì alla stessa velocità con la quale gli si sgranarono gli occhi cremisi «Corri!» urlò prendendomi per mano e trascinandomi con se in una folle corsa. Guardai velocemente dietro di me e sussultai.
Ci hanno trovati.

 

 

 


Salve salvinooooo

Sorry, I'm late! *Cita con orgoglio la frase di Regina in Once Upon A Time*
Oook gente! Sono tornata! Meglio tardi che mai, no?
Bè, che dite? Ammetto che è un po' inutile per la trama, ma ci tenevo a fare un capitolo only SoMa :) sono troppo carini <3 Vaaaabbè ma questa è la mia opinione mentre io voglio sapere la vostra! In più ho bisogno di sapere che ve ne pare del paesaggio “meraviglioso” perchè è tipo la prima volta che mi capita di inventare e descrivere un paesaggio e non so se ho trasmesso bene ciò che immaginavo :/
Grazie di tutto in anticipo ;)

XOXO
firephoenix

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Vani sacrifici ***


I cavalieri avanzavano a gran velocità verso di noi. Non ce la faremo mai!
«Soul!» urlai senza fiato attirando l'attenzione dell'albino che correva davanti a me tenendomi per mano «Perchè non ci lasciano stare?»
Forse non era il momento più giusto per chiederlo, ma Soul stava per dirmi qualcosa prima dell'arrivo dei soldati e sembrava importante.
«Vogliono te!» mi urlò lui di rimando. Quasi inciampai dallo stupore «Cioè, non tu. Ma ciò che pensano tu sia»
Capii al volo.
«Credono che io sia Alice! Allora fermiamoci!» feci per frenare, ma Soul mi tirava troppo forte perchè potessi farlo.
«E che cosa pensi di fare? Di dir loro che non sei tu? Non ti crederebbero, stupida!»
Avrei voluto insultarlo pesantemente, ma gli zoccoli dei cavalli e le urla degli uomini avrebbero coperto comunque la mia voce.
Poi di fronte a noi apparve un boschetto che separava la pianura dall'imponente montagna. Al contrario della foresta che ci eravamo lasciati alle spalle le foglie degli alberi non erano variopinte, ma bianche, solo i fusti mantenevano un po' delle tinte colorate che sparivano però mano a mano che ci si addentrava nella vegetazione. Evidentemente tutto nei pressi del castello della Regina Bianca rifulgeva di quel candido colore. Mi chiesi scioccamente se anche Soul fosse nato lì.
Correndo ci addentrammo tra gli alberi nella speranza di seminare i nostri inseguitori, ma, al contrario della folle corsa che ero pronta ad affrontare, Soul mi strattonò e mi spinse con se ad accucciarmi dietro un cespuglio bianco dalle vaghe sfumature verde-azzurre.
«Che fai?» chiesi attonita.
«Le persone scomparse, Stein, Ashura... hanno davvero tutti qualcosa in comune» fece lui ignorando la mia domanda «Ci ho pensato a lungo e ho scoperto che tutti hanno conosciuto o hanno incontrato Alice quando venne qui. Non so per quale motivo, ma stanno portando, presumo, dalla falsa Regina Rossa tutti coloro che hanno avuto dei contatti con lei»
«Quindi...» cercai di ragionare più veloce dei cavalli che si avvicinavano «vogliono me perchè credono che sia lei e vogliono te perchè la hai incontrata?»
Soul annuì.
«E noi faremo in modo di non dar loro nessuno dei due»
«Oh bel piano quello di fermarsi dietro un cespuglio allora!» dissi acida digrignando i denti.
Lui ghignò.
«Chiudi gli occhi»
«Cosa? Io non...»
«Per favore» lui si avvicinò e poggiò le sue mani sulle mie spalle. In qualsiasi altro momento lo avrei allontanato con disprezzo «so che non sai nulla di me, ma ti chiedo di fidarti. Solo questa volta Maka, puoi fidarti di me?»
I cavalieri entrarono nel bosco. Non ti ha abbandonato, Maka. È ancora qui.
Chiusi gli occhi.
Fu un contatto leggero, quasi inesistente, eppure un brivido mi corse lungo tutta la schiena quando Soul mi sfiorò le labbra con le sue, in un piccolo quanto esplosivo bacio. Non feci in tempo a socchiudere la bocca che tutto era già svanito. Aprii gli occhi, forse un po' più supplichevole di quanto mi sarei mai aspettata, ma Soul non c'era più.
Accucciata davanti a me c'era però la copia esatta di me stessa, stesso viso, stessa espressione, persino stessa vestaglia e stessa camicia, le uniche cose che facevano eccezione erano i capelli non raccolti nei codini e gli occhi azzurri invece che verdi.
Tutto ciò che l'albino mi aveva detto ebbe senso in un istante.
«Soul, no!» tentai di fermarlo, ma lui si era già alzato imitando la mia andatura e uscendo dal nostro nascondiglio.
I cavalieri, ormai arrivati dove ci trovavamo, si fermarono di botto impennando i cavalli. Soul davanti a loro si strinse nelle spalle ed iniziò a piangere. Sussultai. Io non piango pensai in un moto d'orgoglio, ma poi mi diedi subito della sciocca: quella non ero io, era Alice.
«Oh ma guarda!» fece uno dei cavalieri ridendo «Il tuo ragazzo ti ha abbandonato?» gli altri uomini risero sfrontatamente.
«State zitti. Siamo qua per potarla dalla Regina, vedete di togliervi dalle menti ogni altro genere di pensiero perverso» un ragazzo moro di elegante aspetto con tre strane strisce bianche tra i capelli smontò da cavallo dirigendosi verso Soul-Alice. Lo riconobbi come Death The Kid dal suo tono di voce.
Sbirciando tra le foglie del cespuglio notai un dolce sorriso allargarsi sulle sue labbra mentre si fermava davanti alla finta Alice.
«Non ti preoccupare, non ti faremo del male» gli disse in tono rassicurante porgendogli una mano «Il tuo amico è ancora qui?» chiese poi riferendosi a Soul. Mi domandai perchè il moro non chiamasse l'albino per nome, pur sapendo chi fosse.
«Mi ha lasciato indietro...» sussurrò lui affranto. Era un ottimo bugiardo. Che avesse recitato anche con me?
«Lo troveremo, tranquilla. Adesso però andiamo dalla Regina. Credo abbia voglia di rivederti, Alice»
Ripensai al libro che avevo letto da bambina e a come la Regina Rossa vi venisse presentata: nemmeno lì correva buon sangue tra le due. Non riuscivo proprio ad immaginare che genere di voglia avesse di vederla, considerato che non era neanche la Regina vera.
Prima che potessi realizzare qualsiasi altra cosa vidi i cavalieri e Soul allontanarsi da me. Li guardai in modo assente, come se avessi messo in pausa il mio cervello, fino a che non lasciarono il bosco poi, appena non riuscii più a scorgere nessuno, il panico mi trafisse come una lancia in pieno petto. Ansimai guardandomi attorno incredibilmente consapevole. Il mio stomaco si strinse: ero sola. Non ero mai stata davvero sola da quando ero caduta in questo mondo o per lo meno senza la speranza che qualcuno tornasse. Soul, le due sorelle, Shinigami... non c'era nessuno lì a dirmi cosa fare. Mi alzai in piedi frettolosamente. C'era un silenzio estenuante in quel paesaggio bianco. Insopportabile. Sono sola. Sono sola. Usai tutta la mia forza di volontà per impedirmi di non urlare a squarciagola o di non piangere. Respirai profondamente e misi le mani sotto le ascelle per calmare l'incessante tremore.
Sei viva, è tutto ciò che conta. Hai piedi, mani, puoi muoverti, puoi agire. Te la sei sempre cavata da sola. Puoi farcela.
Si, potevo. Ma potevo fare cosa adesso? Soul mi aveva salvato la vita, rubando il mio aspetto e fingendosi Alice e adesso io ero persa, in ogni senso. Perchè l'hai fatto? Perchè? Stupido pazzo! Sospirai e guardai verso la Montagna Bianca: le architetture del castello incastonato nella roccia erano appena visibili tra le fronde degli alberi. Poi guardai verso l'inizio del bosco, dove Soul era scomparso. Mi aveva salvato la vita perchè voleva che riuscissi ad arrivare al castello per parlare con la Regina Bianca. Si era sacrificato per me, una sconosciuta. Soul, Stein, Ashura, il coniglio, Liz, Patty e chissà quanti altri erano stati rapiti e portati da qualcuno che si fingeva la Regina Rossa...
E tutto questo a causa mia.
Guardai di nuovo il castello e poi la “pianura dei fiumi”. La scelta ruotava attorno a due perni: la sicurezza materiale del castello, ciò per cui Soul si era sacrificato, o il salto nel vuoto per cercare di rimediare al danno che avevo indirettamente causato alle persone rapite, ovvero seguire Death The Kid fino alla dimora della Regina Rossa; anche se era evidente che quest'ultima idea fosse più un suicidio che un piano.
Dovevo prendere una decisione. Cercai di ragionare stillando i pro e i contro di entrambe le soluzioni finché l'esasperazione non prese il sopravento. Non c'era posto per la razionalità in ciò che stavo vivendo, santo cielo ero nel paese delle meraviglie! Scossi la testa incredula. Devo essere diventata pazza...
Inspirai forte e, lasciandomi trasportare dal puro istinto, iniziai a correre nella direzione presa dai soldati lasciandomi alle spalle il castello bianco.
Non si può vivere nel paese delle meraviglie se non si è folli almeno un po'.*

 

Chiunque avesse mai scritto o detto che prendere la strada più difficile desse più soddisfazione e garantisse il successo era un emerito cretino.
Sbattei violentemente un pugno contro un albero giallognolo scorticandomi la pelle meno di quanto fosse già scorticato il mio orgoglio. Oh, era stato tutto così fantastico inizialmente! Avrei seguito le tracce dei cavalieri fino alla Regina Rossa... peccato che nemmeno mezzora dopo avevo già perso ogni singolo segno del loro passaggio e ogni punto di riferimento in mezzo al bosco variopinto nel quale ero nuovamente incappata. Sembrava tutta una gran bella presa per il culo. Mi accasciai ai piedi dell'albero sfinita.
Stava arrivando l'ora di cena e tutto ciò che riuscii a pensare era che, se avessi fatto come pensava Soul, in questo momento sarei stata in quello sfarzoso castello bianco, al caldo, con delle scarpe comode e del cibo sotto i denti. Gemetti un lamento affondando il volto nelle mie mani. Non avevo nemmeno la forza di autocommiserarmi.
«Cretina!» sollevai la testa di scatto scattando in piedi dallo spavento.
«Excalibur!» esclamai mettendomi quasi a piangere. Fino ad un'ora prima non avrei mai pensato che sarei stata felice di vederlo un giorno.
«Cretina! Sei in ritardo!» urlò lui puntandomi addosso il suo bastone bianco. Ignorai volutamente il suo insulto.
«In ritardo per cosa? Puoi portarmi dalla Regina Rossa?»
«Nessuno ti ha detto che puoi parlare! Scegli un numero da uno a dieci!»
«Se lo farò mi porterai da Soul?»
«Mi hai chiesto di portarti dalla Regina, cretina!»
Desistetti dall'ucciderlo solo perchè senza il suo aiuto non avrei potuto salvare gli altri.
«È lo stesso! Portami da lei!»
«Cretina! Io decido dove andare!» poi rimase immobile qualche istante come fosse immerso in chissà quale ragionamento, facendomi gonfiare l'arteria sulla tempia dalla frustrazione. Stavo per strangolarlo quando lui proferì:
«Andiamo dalla Regina!» e prima che potessi esultare aprì col bastone un grosso portale tondo blu-azzurro davanti ai miei occhi.
Rimasi senza fiato per qualche istante. Mio Dio... Deglutii ricomponendomi. Davanti a quello, il mio arrivo lì, il mio piano, la strada fatta... tutto diventava così reale... Adesso avrei dovuto affrontare la Regina Rossa. Lo stomaco mi si contrasse per l'agitazione.
Questo è per te Soul! Ed entrai nel varco spazio temporale.

 

Oltrepassai il portale con così tanto slancio che, quando il mio piede non trovò alcun suolo su cui appoggiarsi, mi sbilanciai inevitabilmente in avanti cadendo nel vuoto. Ebbi giusto il tempo di chiudere gli occhi e aspettare l'inevitabile impatto che atterrai rovinosamente su un terreno duro e irregolare con un gemito di dolore.
«Ma che cazz...!» il terreno sotto di me si mosse mentre spalancavo gli occhi trovandomi davanti a due iridi verde acqua.
Io e il ragazzo su cui ero precipitata urlammo contemporaneamente in maniera decisamente imbarazzante. Mi alzai in piedi in tutta fretta indietreggiando fino ad andare a sbattere contro una balconata bianca. Mi guardai attorno basita per poi puntare gli occhi sul ragazzo.
«Che cazzo sta succedendo?? Oddio, che cazzo ci fai qui tu?»
«Ehi, biondina! Sono io quello che fa le domande qui! Mi sei appena caduta in testa, cazzo!»
Rimasi senza parole squadrando ancora una volta il ragazzo davanti a me: i capelli azzurri, la canottiera bianca, il tatuaggio a stella sulla spalla... non c'era dubbio, era il mio tassista.
Stavo per insultarlo pesante, ricordando il nostro incidente, quando un dettaglio paesaggistico mi spiazzò completamente. Ero su una balconata (bianca) collegata ad un ala di un palazzo (bianco) e avrei potuto giurare di vedere la cima dell'enorme montagna (bianca) che si stagliava nel cielo insieme al castello. Non mi girai per vedere il panorama che si poteva intravedere dalla balconata, ma ci scommettevo i codini che ci fosse una meravigliosa pianura segnata dal percorso di lunghi fiumi colorati.
«Ti prego dimmi che quel cretino non mi ha scaricata al castello della Regina sbagliata...» sussurrai affranta più a me stessa che al ragazzo davanti a me.
«Mi prendi per il culo? Ti ho detto che le faccio io le domande!»
L'arteria sulla mia tempia si gonfiò pericolosamente.
«Tu...» mi avvicinai all'azzurro a grandi passi «tu dovresti proprio stare zitto! Se non fosse stato per te... e poi si può sapere chi te la ha data la patente razza di cretino tatuato?!?! Creeeepaaaa!» e lo colpii alla mascella con tutta la forza della mia disperazione; al contrario di ciò che mi aspettavo, però, lui si mosse solo di qualche metro senza cadere a terra agonizzante.
«Come osi colpire un Dio come me!» e caricò un destro venendomi incontro a gran velocità. Oh si... ho proprio voglia di una bella rissa!
Arrotolai le maniche della camicia di Soul pronta a contrattaccare.
«Fatti sotto, incapace!»
«Black*star!» una voce femminile giunse preoccupata dall'interno del palazzo. L'azzurro, che evidentemente si chiamava così, si fermò girandosi verso la ragazza dai lunghi capelli neri che ci correva in contro con aria affranta e preoccupata. Indossava un delicato e vaporoso vestito bianchissimo, in tinta con la pelle diafana ed in netto contrasto con la liscia chioma mora.
La ragazza si fermò ansimando difronte a noi e sospirò ricomponendosi.
«Black*star...» questa volta il tono era un misto tra rimprovero e rassegnazione «pensavi davvero di colpirla? Ha bisogno di una mano non di un pugno...»
«Mi è caduta in testa e mi ha colpito prima lei!» si lamentò lui sbraitando.
«Sono sicura che potrai perdonarla e poi potrete andare d'accordo» gli sorrise dolcemente e poi si rivolse verso di me «Perdona Black*star per il suo comportamento, sembri stanchissima, come ti chiami?»
«Oh... io sono Maka» risposi spiazzata da tanta gentilezza. Lei mi abbraccio calorosamente, poi si staccò e mi prese la mano conducendomi verso l'interno del palazzo.
«Vieni dentro te ne prego, io sono Tsubaki» sorrise ancora «la Regina Bianca»

 

 

 


*frase di Soul tratta dal capitolo precedente.

Salve salvinooooo
E la risposta è si: si sono baciati!!! Lo ammetto è stato molto frettoloso però per me ci stava un saccooo *.* (perdonatemi sto delirando :)
Allora che ve ne pare? È finalmente entrata in scena la Regina Bianca (Tsubaki :) chi meglio di lei?) e Maka è decisa a salvare tutti!
Come finirà lo scoprirete solo nel prossimo capitolo! (se il mio prof di italiano non mi seppellisce prima nella massa di roba che devo studiare già, già!)
Alla prossima e grazie di cuore!
XOXO
firephoenix

 

Ps: questo capitolo è dedicato a Rehara che si sta ammazzando letteralmente di studio! Vai che ce la fai, socia!

Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Tutto ciò che non è nero ***


E così, a distanza di quasi due giorni dal matrimonio della professoressa Marie, mi trovavo, al contrario di ogni previsione, a camminare in uno sfarzoso e accecante castello bianco, mano nella mano con una regina e scortata personalmente dal consigliere, non che tassista non patentato, di quest'ultima verso un'enorme sala da pranzo. Roba da matti.
«Ho pensato che avessi fame» mi fece cordialmente la Regina Bianca mentre Black*star, davanti a noi, spalancava ridendo a squarciagola i grossi battenti che davano sulla stanza. I miei occhi si sgranarono mentre il mio stomaco esultava affamato: di fronte a noi si apriva un'enorme sala bianchissima illuminata da sfavillanti lampadari in diamanti; al centro si trovava il tavolo più lungo che avessi mai visto in vita mia, pieno di ogni cibo desiderabile e bevanda succulenta. Le sedie, quasi impossibili da contare, erano disposte ai lati del tavolo a parte una, collocata a capotavola. Non vidi altro, avevo talmente fame che mi si appannò la vista.
«Avevi ragione! Sto crepando di fameeeeeeeee!» le parole che avrebbero dovuto uscire gentilmente dalla mia bocca uscirono più rudemente da quella di Black*star che salì direttamente in piedi sul tavolo afferrando la coscia di un pollo e mordendola con gusto.
La Regina arrossì per l'imbarazzo mentre attraversavamo la lunga sala.
«Perdonalo» mi fece fermandosi «accomodati pure qui» aggiunse poi scostando dal tavolo la sedia a sinistra del posto a capotavola, mi sedetti e lei si schiarì la voce:
«Tutte a tavolaaaaa!» urlò improvvisamente facendomi trasalire, poi in un attimo fu il putiferio. Dalle porte laterali della sala sgorgarono ridendo e chiacchierando tante dame bianche quante molto probabilmente erano le sedie del lunghissimo tavolo. Mi guardai attorno spaesata. Essendo l'unica a non essere vestita di bianco nella stanza, risaltando come un pugno in un occhio, temetti che le dame mi riempissero di domande, ma loro sembrarono quasi non accorgersi di me e continuarono i loro discorsi:
«L'ho visto ieri! È così bello...» «Trovo che il tuo vestito sia divino...» «Lasciamo perdere, quel ragazzo è incorreggibile...» «Guarda Black*star! Sempre il solito!»
Le voci delle ragazze risuonavano nella stanza in una baraonda stordente finché non si sedettero tutte. La Regina Bianca sorrise calorosa e nella stanza calò il silenzio totale.
«Spero che la cena che ho cucinato sia di vostro gradimento» proferì e si sedette.
La cena che ho cucinato”?? Lei ha preparato tutta sta roba da sola? Sta scherzando vero?
Le dame, per niente colpite, ringraziarono e sorrisero iniziando a mangiare e riprendendo a chiacchierare con più moderazione.
«Serviti pure» mi incitò la mora. Non esitai, mi riempii il piatto e iniziai a mangiare trattenendo la foga.
«Ehi Tsubaki!» mi girai per vedere chi avesse chiamato la regina per nome e una ragazza dai capelli rosa corti alzò il suo bicchiere «Non c'è l'idromele?»
«Mi dispiace Kim, ma temo siano finite le scorte»
«Come mai la sedia alla tua destra è vuota?» chiese poi una ragazza dai lunghi capelli neri seduta accanto a Kim. Proprio in quel momento la porta laterale di fonte a me si spalancò e ne uscì una prosperosa ragazza dai lunghi capelli viola.
«Ciaooo Tsu! Scusa il ritardo, ma ciò messo un po' a sistemare il vestito!» disse entusiasta mettendosi le mani sui fianchi, solo allora mi accorsi che il suo vestito bianco, originariamente lungo come quello delle altre dame, era stato tagliato e ricucito all'altezza del sedere per lasciare scoperte tutte le gambe e le spalline di pizzo erano state tolte. «Come ti sembra?»
Black*star sputò mezzo pollo per non soffocarsi.
«È molto bello Blair, vieni pure a sederti» fece la regina gentile pur mostrandosi in imbarazzo. Blair si sedette al suo fianco, ovvero di fronte a me.
«Pensavo di tingerlo di nero, il bianco non mi dona molto» continuò poi rivolta alla mora mentre prendeva con le mani un pezzo di pesce e lo metteva nel piatto.
«Blair il vestito è molto bello, ma sai che è un antica tradizione quella del colore bianco. Credo che non si possa proprio» guardai la regina allibita. Ma perchè non glielo dice e basta che così sembra una zoccola?
«Che peccato!» fece Blair increspando le labbra.
Black*star la fissava da sopra il tavolo con così tanto interesse che gli avrei tirato un piatto in testa. Sussultai ripensando alle stoviglie che volavano. Mi stavo dimenticando della cosa più importante.
«Ehm...» come avrei dovuto chiamare la regina? Regina Bianca, Sua Maestà? «Io...»
La mora si accorse del mio imbarazzo.
«Non farti problemi Maka chiedi pure quello che vuoi e chiamami Tsubaki, qui mi chiamano tutti così»
«Ok, certo. Volevo solo dirle che...»
«E tu da dove sbuchi fuori bambina?» Blair mi guardava con tenerezza. Mi ha ignorato fino ad adesso e proprio ora deve intromettersi?
«Non importa e non sono una bambina» risposi bruscamente, ma anche fin troppo contenuta (insomma un bel “fatti i cazzi tuoi” non sarebbe stato opportuno di fronte ad una regina).
«Non posso rimanere qui» feci poi a Tsubaki.
«Come mai? C'è qualcosa che non ti piace? Posso dire a Black*star di scendere dal tavolo se vuoi»
«Oh no, non è quello» ero a disagio, Tsubaki mi fissava in ansia e Blair continuava a non farsi i cazzi suoi seguendo la nostra conversazione come una partita di tennis, muovendo lo sguardo da me lei «ho un lavoro da fare» non sapevo ancora se fidarmi di lei tanto da raccontarle di Soul e della Regina Rossa.
«Capisco, potresti restare qua fino a domani mattina magari. Lascia che ti dia il necessario per il tuo lavoro»
«Che lavoro devi fare?» fulminai la ragazza prosperosa con lo sguardo «Se non fossi così piccola penserei che dovresti andare dal tuo ragazzo?» mi sorrise maliziosa. Arrossii di rabbia e di imbarazzo. Ma quanti anni pensava che avessi, dieci?
«Per tua informazione, si, devo proprio andare dal mio meraviglioso, ultra figo e dolcissimo ragazzo» doveva essere una bugia per preservare l'orgoglio, ma davanti agli occhi mi balenò l'immagine di Soul.
Blair si illuminò.
«Oddio hai un ragazzo? Chi è? Come si chiama? Dove vive?»
Merda.
«Credo che Maka sia stanca. È meglio se la accompagno a vedere la sue stanze» santa Tsubaki intervenne in mio aiuto alzandosi e prendendomi a braccetto diretta verso una delle porte laterali.
«Ciao ciao Makuccia! È stato un piacere!» Blair mi lanciò un bacio e io alzai gli occhi al cielo.

 

«Perdonala, lei è sempre così...» iniziò a scusarsi Tsubaki, ma la interruppi subito:
«Non fa niente davvero. Non devi per forza addossarti colpe che non ti appartengono» lei socchiuse la bocca come per aggiungere qualcosa, ma poi la richiuse sorridendo delicatamente. Sembrava che fossi stata la prima ad averle mai rivolto quelle parole.
Camminammo per i bianchi e tortuosi corridoi del castello fino ad arrivare ad una porta di legno con sopra disegnato un giglio.
«Bel fiore...» dissi sovrappensiero pensando alla delicata sensazione dei morbidi capelli di Soul sul mio viso quando mi aveva baciata. Lieve come un giglio...
«Io preferisco la camelia... però è davvero un bel fiore»
Guardai Tsubaki. Strano, era malinconia quella che trapelava nei suoi occhi?
«Allora, questa sarà la tua camera per quanto tempo vorrai» mi disse riprendendo il suo solito sorriso caloroso ed aprendo la porta.
La stanza era semplice, ma perfetta: c'era un letto a due piazze pieno di cuscini, un armadio in legno, una scrivania con fogli e penne, una porta aperta su un piccolo bagno e una finestra che dava sulla terrazza nella quale ero spuntata poco tempo prima (il tutto rigorosamente bianco).
Non ero sicura di meritarmi tutto quello mentre Soul e gli altri marcivano chissà dove, ma tuttavia, vinta dalla stanchezza, mi lasciai cadere sul comodo letto e guardai la Regina Bianca sulla soglia della porta. Mi aveva offerto una calda accoglienza, una cena, una camera da letto sapendo solo il mio nome...
«Grazie» solo allora mi accorsi di non averglielo mai detto.
«Figurati»
«Perchè lo fai?» chiesi subito dopo mordendomi la lingua. Avrei dovuto farmi gli affari miei.
«Perchè è quello che una buona persona fa» rispose spontanea e io mi accorsi subito di come avesse preferito usare “persona” a “regina”. Non le chiesi il perchè.
«Potresti... potresti sederti un attimo?» le chiesi.
Lei alzò incuriosita un sopracciglio e si sedette affianco a me sul letto.
Se c'era una cosa che avevo capito di quel posto è che non c'era tempo per inutili ragionamenti o ripensamenti. Solo l'istinto contava e, pur conoscendola da poco, sentivo che di Tsubaki mi potevo fidare... e tanto bastava.
Le raccontai tutto.

 

Mi rigirai nelle coperte irrequieta. La faccia preoccupata di Tsubaki mi appariva ancora davanti agli occhi mentre risentivo tutte le parole che erano sgorgate dalla mia bocca come un fiume in piena: chi ero, da dove venivo, Liz, Patty, Shinigami, Soul, Stein... e in fine il mio piano di andare a salvarli. Non avevo tralasciato nulla. Lei aveva ascoltato tutto attentamente e si era decisa ad aiutarmi dicendo che l'indomani a colazione ne avremmo parlato meglio e avremmo trovato una soluzione.
Mi strinsi nel piumone ripensando a quando i miei problemi erano limitati a mio padre che si ubriacava. Mi sembrava fossero passati anni dall'ultima volta che lo avevo visto.
Poi ripensai a Tsubaki, a ciò che le avevo detto in corridoio ed a ciò che Soul mi aveva detto di lei quando gli avevo chiesto come potesse fare la regina una ragazza così giovane:
«Qui non badiamo a questo. Lei è brava e lo fa volentieri. Non è obbligata. È questo che conta»
Forse mi ero sbagliata, ma... Tsubaki era talmente gentile e buona che mi dava l'impressione che facesse la regina per cortesia e che se avesse potuto magari avrebbe voluto vivere una vita diversa... anche se, pensavo, sembrava troppo gentile persino per ammetterlo a se stessa. Sospirai nel buio e chiusi gli occhi.
Quella notte sognai Soul in una cella rossa.

 

«Un dio come me con questa qui? Non ci penso nemmeno!» Black*star sbraitò sputando briciole di pane, seduto tra alcuni bignè e delle tazze di tè sul tavolo bianco.
«Non credere che io ne muoia dalla voglia» dissi io atona infossando il mio volto nel palmo della mano sinistra mentre giravo il cucchiaino nel latte.
«Coraggio ragazzi. Black*star sai che non posso lasciar andare Maka da sola e Maka sai che non puoi farcela senza aiuto» Tsubaki cercava di fare da mediatrice. Era stata sua l'idea di mandare l'azzurro insieme a me nella missione di salvataggio, ma lui non ne voleva proprio sapere.
Eravamo soli nell'enorme sala da pranzo da ormai un quarto d'ora. Le dame avrebbero fatto colazione solo un ora più tardi e noi ne stavamo approfittando per parlare in tranquillità. Quella mattina appena svegliata avevo trovato sulla sedia della scrivania dei pantaloni bianchi, il fagotto contenente l'occhio di Free (per fortuna non stato aperto da nessuno) e la camicia azzurra di Soul lavata e stirata, che avevo indossato con una cintura. Quando avevo trovato anche dei comodi stivali i miei piedi nudi avevano quasi urlato di gioia. Mi ero lavata in fretta, fatta i codini e poco dopo Tsubaki aveva bussato alla mia porta accompagnandomi alla sala da pranzo che non avrei mai saputo ritrovare senza il suo aiuto.
«Che cosa ci guadagno ad aiutare questa nana?» calcò ancora Black*star.
«Non è me che devi aiutare sottospecie di puffo! È a Soul e agli altri che serve aiuto!» risposi io scocciata.
«Non lascerai che a Soul succeda qualcosa?» chiese Tsubaki. L'azzurro sembrò riflettere intensamente poi alzò un dito al cielo trionfante.
«Certo che no! Un dio non abbandona i suoi sudditi!» urlò.
Guardai Tsubaki sorridere. Lei si che sapeva come trattare Black*star.
«Yahoooooo! Quando si parte?» chiese poi fin troppo gasato alzandosi in piedi all'improvviso e rovesciando un paio di dolci e una tazza di tè. Cercai di prendere almeno l'ultima al volo, ma la porcellana cadde a terra sbeccandosi e il manico si ruppe. Stavo per raccoglierla, quando Tsubaki mi fermò appoggiando la mano coperta dal lungo guanto bianco sulla mia spalla
«Guarda» mi disse dolcemente. Davanti ai miei occhi la tazza si sollevò da terra, insieme al suo manico ed ai piccoli pezzi di ceramica rotta, ed iniziò a salire fluttuando nell'aria assottigliandosi fino a dissolversi in polvere colorata che scomparve nel nulla. Rimasi a fissare il vuoto sopra di me a bocca aperta per alcuni secondi.
«Che cosa è... dove è andata?» chiesi quasi in un sussurro alla Regina Bianca.
«È andata nel tuo mondo...o in altri, non possiamo saperlo»
«Nel mio mondo? Ma com'è possibile?»
«Nel paese delle meraviglie tutto ciò che si rompe, come una porcellana, o viene dimenticato, come un sogno, si trasferisce in un altro mondo. Quella tazza potrebbe essere finita nel tuo, tanto quanto potrebbe essere rotta in un cassonetto o intera su uno scaffale»
Meraviglioso... fu tutto ciò che riuscii a pensare. Quel paese sembrava essere una risorsa inesauribile di sorprese.
Sorrisi.

 

«Maka, sei sicura di volerlo fare?» Tsubaki mi guardava afflitta tenendo le mie mani nelle sue.
«Si. Devo rimediare a ciò che ho causato» non ero mai stata così sicura di una cosa in vita mia. Black*star sbuffò spazientito alzandosi dai gradini dell'infinita scalinata bianca che conduceva ai piedi del castello, nel boschetto che dava sulla pianura.
«Partiamo si o no?» per uno che fino ad un'ora prima si opponeva categoricamente all'idea mi sembrava un po' troppo impaziente, ma aveva ragione. Dovevamo partire subito.
Tsubaki mi abbracciò e poi lanciò uno sguardo all'azzurro in evidente imbarazzo.
«Non... non fare lo scemo Black*star e ricordati che...» ma il ragazzo fece due ampi passi verso di lei, la prese per la vita, la rovesciò come se avessero appena finito di ballare il tango e disse:
«Meno parole, più azione» e la baciò. Tsubaki emise un gridolino e divenne rossa come un peperone, ma senza perdere l'occasione allacciò le braccia al collo dell'azzurro e rispose al bacio. Arrossii per l'intensità di quel gesto tanto atteso quanto inaspettato e mi girai verso la scalinata per concedere loro quel minimo di privacy che potevo offrire.
Imposi a me stessa di non pensare a Soul. Per quanto ne sapevo il bacio che mi aveva dato avrebbe potuto essere solo un pretesto per rubarmi l'aspetto. Era stato un furto, tutto qua.
«E adesso si che possiamo andare!» Black*star sorrise a 32 denti staccandosi dalla mora con uno schiocco mentre Tsubaki assunse ancora di più il colore del fiore che tanto le piaceva e di cui portava il nome.
«Seguiremo il fiume rosso fino al castello della Regina e torneremo con Soul e gli altri» dissi io sorridendo fiduciosa. Guardai verso il cielo azzurro.
Sto venendo a salvarti.

 

 

 


Salve salvinooooo

Ok... mi sto dilungando troppo? Se si potete (anzi dovete assolutamente) dirmelo!
Comunque prometto che da prossimo capitolo comincerà a succedere qualcosa di interessante! È iniziata l'operazione di salvataggio!! Eee già! In più ho finalmente inserito Blair :) (si Rehara lo so che per te non doveva essere così il suo ruolo :'( spero potrai perdonarmi un giorno ;P)
Un'ultima cosa: l'ultima frase (Sto venendo a salvarti che in inglese sarebbe I'm coming for you) è presa dalla seconda puntata della nuova serie tv Once Upon A Time in Wonderland :) e ho voluto inserirla in onore della serie tv che parla del paese delle meraviglie come la mia ff U.U
Qui è tutto!

XOXO
firephoenix

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** L'allegra combriccola ***


Seguimmo il fiume rosso, quello che secondo Tsubaki ci avrebbe condotto al castello della Regina Rossa, in silenzio. Senza interferenze la nostra mente vagava libera alla ricerca del piano perfetto per liberare i prigionieri e scoprire cosa la perfida regina volesse. Il viaggio con l'azzurro fu tranquillo, ricco di loquaci idee, e le nostre anime, perfettamente in sintonia, riuscivano ormai a cogliere ogni momento di difficoltà e si animavano per dare un aiuto reciproco.
Si, come no.
«Cos'è quella faccia da babbea? Dovresti trasudare gioia da ogni parte! Stai o non stai viaggiando con un dio? Ahahahahahah»
Cos'era 20, 25 minuti che eravamo partiti? Se il viaggio sarebbe stato così a lungo Black*star non sarebbe scampato alla mia ira ancora per molto.
«Yahooo! Immagino già le facce di tutti quando il sottoscritto li salverà dalle ingiustizie! “Oh Black*star sei il migliore!” “Salvaci ancora ti prego!” Ahahahah sono un dio!»
L'arteria sulla mia tempia si gonfiò pericolosamente mentre cercavo di ignorare i miei istinti omicidi (o suicidi, dipendeva dal momento).
Per evitare di rimuginare troppo sulla questione, mi persi nelle sfumature rosse arancioni del fiume che affiancavamo, il quale sembrava andarsi restringendo mano a mano che procedevamo verso la nostra meta. Avevamo attraversato per un pezzo la colorata pianura di fronte al Castello Bianco e poi ci eravamo infilati nel variopinto bosco che ormai mi dava la nausea. Era inutile negarlo, avrei voluto che ci fosse Soul al posto di Black*star... quasi mi mancava quel senso di imbarazzo e le poche parole rubate al silenzio che ci rivolgevamo ogni tanto. Scrollai la testa ed insieme ad essa il ricordo delle labbra dell'albino sulle mie.
Un ruggito mi fece rizzare i capelli in testa dallo spavento.
«Ahahahah il mio amico qui richiede attenzione!!» Black*star rideva in modo esagerato dandosi affettuose pacche sulla pancia a livello dello stomaco.
«Ma... hai fatto colazione neanche mezzora fa!» lo guardai allibito. Lui mi squadrò come se avessi detto la cosa più stupida del mondo. Sbuffando aprii la sacca dei viveri che Tsubaki ci aveva lasciato e gli lanciai un panino al prosciutto di chissà-quale-animale-si allevava-in-questo-posto, dopodiché ripresi a camminare.
«Mi prendi in giro? Gli dei non mangiano in piedi!»
«Che cosa?» mi girai fulminandolo con lo sguardo «Mi tocca sopportare le tua grida e i tuoi discorsi totalmente no sense per un viaggio che avrei volentieri fatto da sola, un viaggio che per altro ha la massima urgenza perchè ci sono in gioco delle vite, e tu, oltre che disturbare la mia psiche con un irritante quanto stupido sproloquiare, ti vuoi fermare a mangiare come se fossimo in gita scolastica?? Ma neanche tra cent'anni!»

 

Guardai Black*star mordere il suo panino seduto su un comodo fungo grande quanto uno sgabello. Non posso credere di aver ceduto. Non ci posso credere.
Incrociai le braccia al petto studiando la lentezza estenuante con cui Black*star soddisfaceva il suo maledetto stomaco. Ci metterà poco continuavo a ripetermi iniziando a battere il piede per terra in un evidente segno del mio disappunto... finché il mio codino sinistro si sollevò dalla mia spalla e Black*star quasi si soffocò col prosciutto alieno per lo stupore. Mi voltai di scatto trovandomi davanti due dolci occhietti azzurri che mi fissavano curiosi. Inghiottii un urlo di sorpresa e la fatina che mi aveva tirato il codino si allontanò da me ridacchiando.
«Chi sei?» chiesi sovrastando il rumore di Black*star che tossiva cercando si salvare la sua trachea dall'infausto prosciutto assassino.
«Sono una fata, messaggera, cuoca, stira-camice, quello che volete sotto pagamento» sollevai un sopracciglio mentre l'azzurro urlava: “Cuoca!”
«Sotto pagamento?» ripetei allibita.
«Tempi di crisi nel paese delle meraviglie oggigiorno»
«Tempi di crisi?» probabilmente sembravo un'idiota perchè la mia faccia convinse la fatina a spiegarsi meglio.
«Da quando la cara Regina Rossa è morta ho perso il lavoro, come tanti altri... cerco il modo di sopravvivere»
«Ma... sei una fata! Cioè... da quando le fate lavorano e hanno problemi di un alto tasso di disoccupazione causato da un mal governo?» era tutto così terribilmente fuori luogo.
«La nuova regina...» la creaturina si strinse nelle spalle rabbrividendo «...l'ho vista il giorno in cui ho perso il lavoro. È cattiva...»
«Mi dispiace» non sapevo che altro dire.
«E adesso lei ce l'ha» la fata sembrava parlare più con se stessa che con me.
«Cos'ha?» chiesi comunque.
«La più potente di tutte le armi, quella che custodivo per lavoro. È venuta da me e l'ha presa... l'arma più potente...» ripeté in tono rassegnato.
«Non essere triste sono sicura che riuscirai a trovare un altro lavoro o magari a riavere indietro il tuo» lei mi guardò metà curiosa metà speranzosa «Stiamo andando dalla Regina Rossa. Vogliamo liberare dei nostri amici. Se ci dici dove si trova l'arma magari...»
La fatina sbatté velocemente le ali visibilmente emozionata e mi si strinse al petto in qualcosa di simile ad un abbraccio in miniatura.
«Ho sentito altre fate che ne parlavano in effetti!» mi sorrise «Dovrebbe trovarsi...»
«Eccovi qua! Pensavo di avervi persi ormai!» mi girai di scatto giusto in tempo per vedere l'ultima persona che mi sarei mai aspettata di veder comparire da dietro un albero.
«Blair!» esclamai sconvolta «Che diavolo ci fai qui?»
«Mi annoiavo a corte... in più qui posso sfoggiare il mio nuovo look!» disse fiera indicando con lo sguardo il suo attillato vestito completamente nero.
«Oh si che puoi!» Black*star alzò il pollice sorridendo. Ma quando lo capiranno che non è un'allegra gitarella?
La fatina di fianco a me sgranò gli occhi.
«La conosci?» mi chiese improvvisamente brusca.
«Io.. si più o meno»
«Allora possiamo anche dirci addio!» annunciò e volò via arrabbiata.
«Che... che è successo? Aspetta, dove vai? » la chiamai ad alta voce.
«Oops! Colpa mia!» Blair alzò un dito indicandosi.
«Vi conoscevate?»
«Diciamo che ero più in confidenza col suo ragazzo... com'è che si chiamava?»
E così la possibilità di trovare un'arma che avrebbe potuto essere d'aiuto sfumò come la mina di una matita su un foglio bianco.

 

Se mai un giorno mi avessero chiesto come definire il nostro viaggio avrei risposto con tanti aggettivi, ma un solo sostantivo: incubo.
Tra Blair che solo-Dio-sa come riuscisse a camminare in un bosco con un tacco 12 e Black*star la quale voce andava ben sopra i 100 decibel arrivai alla sera con un gran mal di testa e la pancia vuota (evidentemente strozzarsi col prosciutto non era stato da lezione). Stavo per dare di matto e prendere a calci i due dietro di me, quando l'occhio mi cadde sul fiume rosso che seguivamo da quella mattina: improvvisamente il corso si era ristretto e, al posto di una cascata o di una qualsiasi cosa ci si potesse aspettare alla fine di un corso d'acqua, il fiume si divideva in due piccoli rami che curvavano indietro, formando una grande freccia rossa che puntava davanti a noi. Mi fermai e seguendo con lo sguardo la direzione della freccia trovai in lontananza, ma visibile sopra gli alberi più alti, un enorme cupola rossa vivo che luccicava degli ultimi raggi del sole: eravamo arrivati alla nostra meta.
«Avviciniamoci ancora un po', poi decideremo come entrare» annunciai agli altri due (i quali persi tra le loro chiacchiere senza senso probabilmente non si erano nemmeno accorti dove fossimo).
«Ok capo!» Blair si mise una mano con le dita tese a livello della fronte.
«Ehi, sono io il capo!» fece l'azzurro indispettito.
«Certo sei tutto quello che vuoi Black*star» e ricominciarono a parlare.
Ringraziai il cielo di essere quasi arrivata.

 

«Un labirinto? Davanti al castello c'è un enorme, fottuto labirinto e nessuno ha pensato di dirmelo?» sbraitai esasperata a qualche albero di distanza dall'ingresso del apparentemente infinito dedalo di siepe. Black*star alzò le spalle mentre Blair sbadigliò in modo vagamente felino.
Davanti all'arco verde che fungeva da ingresso sulle intricate siepi c'erano due uomini vestiti di rosso con in mano lunghe lance che terminavano con la punta di un cuore. Maledizione, non entreremo mai. Non potevo permettermi di mollare, dovevo salvare gli altri: sarei entrata in quel maledetto castello a tutti i costi.
Mi allontanai dalla postazione per cercare una visuale migliore. Serve una distrazione... potrei mandare Blair. Dopotutto sono uomini... poi io entro, aah, ma come ne esco? Quel labirinto è enorme. Magari se Black*star riuscisse ad arrampicarsi sopra un albero...
Improvvisamente una mano emerse dal suolo e mi afferrò la caviglia destra tirandomi verso il terreno. Lanciai un urlo. Che cavolo...?! La mia caviglia era ormai sottoterra quando Black*star comparve dietro di me e mi afferrò per le ascelle tirandomi verso di lui, liberandomi il piede. La mano bluastra scomparve sotto il suolo.
«Che diavolo era quella cosa?» chiesi senza fiato per lo spavento.
«Non se n'è andata» si limitò a rispondermi lui. Aspettammo in totale silenzio, immobili, finché la mano non riapparve all'improvviso afferrando la caviglia di Black*star. L'azzurro non fece in tempo a muovere un dito che Blair spuntò da dietro un cespuglio brandendo una delle sue scarpe e piantò il tacco a spillo nel dorso della mano bluastra che si spalancò dolorante. Black*star la afferrò e, tirando con tutte le sue forze, estrasse un'intera persona dal terreno. L'uomo, dello stesso colore malsano della mano, alzò gli occhi completamente bianchi su di me:
«Hai paura?»*
Strinsi lo sguardo. Poi colpii la sua mandibola squadrata con un pugno così forte da fargli quasi perdere l'equilibrio.
«Se ho paura? SE HO PAURA? No! Sono solo incredibilmente e totalmente esausta! Esco di casa per andare ad un matrimonio e mi ritrovo catapultata in un posto che non dovrebbe nemmeno esistere, dove trovo gente completamente sballata che a causa mia, e per colpa di una fottutissima bambina di nome Alice che evidentemente era troppo superiore per accettare l'idea di un infanzia normale passata in casa sua, vengono rapiti da una persona cattiva che è diventata regina e adesso devo salvarli tutti o non dormirei per il resto della mia vita!» ripresi fiato «Quindi no! Non ho paura! Non ho nemmeno tempo da perdere quindi, razza di zombie o qualsiasi cosa tu sia, togliti di mezzo!»
Cadde un silenzio imbarazzante. Blair accennò un applauso, ma lo stroncai sul nascere con un'occhiata gelida.
«Bene, come entriamo per liberare gli altri?» feci poi tornando a rivolgere l'attenzione al Castello Rosso come se lo zombie non si fosse mai presentato.
«Potrebbe aiutarci il signore!» propose Blair appoggiandosi sulla grossa spalla dell'uomo.
«Non abbiamo bisogno di nessuno! Avete un dio qui con voi!» disse Black*star gonfiando il petto orgoglioso.
«E perchè dovrei?» chiese invece lo zombie.
«Scommetto che sotto tutti questi muscoli c'è un grande cuore» continuò Blair imperterrita sbattendo le ciglia «giusto.....?»
«Sid. Mi chiamo Sid. Effettivamente aiutavo sempre la gente in difficoltà, ero fatto così»
«Lo sapevo!» Blair esultò e schioccò un bacio sulla guancia di Sid. Non avrei mai detto che gli zombie potessero arrossire.
«Ci aiuterai?» chiesi ignorando le lamentele di Black*star sul fatto che Sid non gli avrebbe mai potuto rubare la scena.
«Certo. Ho sempre avuto un debole per i ragazzini coraggiosi, ero fatto così» i suoi occhi privi di colore diventarono improvvisamente seri «Le vostre intenzioni sono nobili, vi farò entrare, ma una volta dentro non potrò più fare nulla. Dipenderà tutto da voi»
«Capito» annuii «Come funziona?»
Sid ci guardò uno dopo l'altro con attenzione, poi improvvisamente sbatté una mano per terra:
«Sepoltura forzata!»
Il terreno sotto noi tre si aprì in cavità squadrate come bare. Urlai sentendomi precipitare nel vuoto. L'ultima cosa che vidi prima di sprofondare nell'oscurità fu il volto bluastro di Sid che mi guardava.
«Buona fortuna ragazzi»

 

 

 


*frase ripresa dall'episodio 4 dell'anime quando incontrano Sid :)

 

Salve salvinooooo

bo. Non so cosa dire. Mi sa che sto facendo un casino ahahahah XD c'è troppa gente in questa ff!! Giuro sui miei libri di Harry Potter che nel prossimo capitolo c'è Soul! Non andatemi in astinenza che poi mi sento in colpa ;) ;)
Ecco... dopo questo mio pensiero profondo posso andare :) Aspetto con ansia il vostro parere!
XOXO
firephoenix

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Eroi pazzi e trote salmonate ***


Atterrai stranamente quasi in piedi, inciampando all'ultimo in un avvallamento del pavimento. Accanto a me, Blair e Black*star toccarono terra con la stessa facilità con la quale avrebbero sceso il gradino di una scala, la prima silenziosa e morbida come un gatto (cosa inconcepibile visti i tacchi) e il secondo come una palla da demolizione nel pieno della sua azione.
Mi guardai attorno massaggiandomi la caviglia: eravamo atterrati in un corridoio buio e spoglio, interamente fatto di pietra. A intervalli regolari erano collocate delle fiaccole che gettavano oscure ombre sulle pareti rendendo la via ancora più tetra di quello che era. Per rendere ancora più inquietante quell'angusto luogo si aggiungevano poi le apparentemente infinite diramazioni nelle quali si divideva il corridoio, che sembravano andare in ogni luogo e da nessuna parte; ad ogni svolta stavano collocati cartelli rossi sgualciti dal tempo a forma di freccia che recitavano “sei proprio sicuro che sia il corridoio giusto?” “non è questa la via che cerchi” “secondo me ti sei perso” e altri rincuoranti messaggi del genere.
«Devono essere i sotterranei...» sussurrai.
«Quindi sotto al labirinto c'è un altro labirinto? I comuni mortali non hanno proprio fantasia!» sputò Black*star con sdegno e a parte le sue solite straparlate qualcosa di vero c'era; quel posto ricordava davvero un dedalo, o meglio, mi ricordava le vecchie prigioni sotto i castelli medioevali che facevano vedere nei documentari alla tv.
«Bè, che si fa?» chiese Blair guardandomi come se dovessimo esplorare un parco divertimenti e non le segrete di un castello.
Guardai le varie diramazioni. Sospirai afferrando una torcia.
«Per di qua» e iniziai a camminare per il corridoio a destra ignorando la freccia rossa con sopra inciso “sinistra”.
«Dovrei essere io a guidare la spedizione! Cosa sei tu in confronto ad un dio come me?» si lamentò Black*star.
Cos'ero io? Un'eroina? Una combattente? Una pazza?
«Non lo so» risposi sinceramente «ma spero di scoprirlo prima di farci uccidere tutti»
Proseguimmo per qualche tratto accompagnati dallo snervante fischiettare dell'azzurro. I corridoi sembravano essere tutti uguali e temetti che non saremmo usciti di lì tanto facilmente come credevo all'inizio. Entriamo, prendiamo Soul e gli altri e poi ce ne andiamo. Come no! Se solo sapessi dove andare...
«Lo so!» mi girai sussultando a guardare Blair che alzava un dito come se fosse stata colta dall'idea del secolo «Ho capito!»
«Cosa?» chiedemmo in coro io e Black*star.
«Chi è il tuo ragazzo!»
L'azzurro spalancò la bocca e quasi mi cadde la fiaccola di mano.
«Eeeh?» poi mi venne in mente il Castello Bianco, Tsubaki, la tavola imbandita, le dame, Blair che faceva la ficcanaso superiore e io che per zittirla le mentivo sul fatto che avessi un ragazzo meraviglioso ad attendermi.
«È Soul!» la gola mi si seccò nello stesso istante in cui Black*star scoppiava in una fragorosa risata.
«T-tu e Soul? Ahahahah! Ti prego, non si metterebbe mai con una come te!»
«Ottima scelta! Non è male per niente!» disse invece Blair facendomi l'occhiolino.
Io arrossii un po' per l'imbarazzo un po' per la rabbia. Avrei voluto spaccare la faccia a Star pur sapendo che quasi sicuramente aveva ragione e avrei voluto schiaffeggiare Blair anche se il fatto che probabilmente avesse avuto una storia con Soul in passato non erano certo fatti miei ed era stupido esserne gelosa.
«Ma perchè non vi fate gli affari vostri!» sbottai invece offesa e tornai sui miei passi sbattendo furiosamente le ciglia per evitare che si riempissero di sciocche e inutili lacrime di frustrazione.
Improvvisamente mi bloccai facendomi quasi venire addosso gli altri due.
«Che c'è?» mi chiese debolmente la ragazza.
Il corridoio si piegava in un angolo. La parete davanti a noi rifletteva ombre più vivaci rispetto alle altre. Qualche passo. Delle voci.
«Scappate! Adesso!» 


Mi precipitai nella direzione dalla quale eravamo arrivati accompagnata dal ticchettio dei tacchi di Blair che correva dietro di me. Mi girai. Black*star era fermo al centro del corridoio a scrocchiarsi le nocche.
«Che diavolo fai? Muoviti!» dissi a denti stretti.
«Sono un dio. Non fuggirò via come un codardo» era serio in modo inquietante.
«Non sai nemmeno quanti sono!»
Blair appoggiò una mano sulla mia spalla.
«Sa quello che fa, Maka...»
Guardai prima lei poi Black*star. Le voci dal corridoio vicino all'azzurro si facevano sempre più forti. Sospirai. Non avremmo dovuto dividerci.
«Va bene» esalai alla fine «Blair tu vieni con me» lei annuì e svoltammo nel corridoio alla nostra sinistra. Appena girato l'angolo la voce dell'azzurro risuonò tra le pareti di pietra.
«Ehilà comuni mortali! Fatevi sotto!»
Soffocai un sorriso. Era una cosa da pazzi, tuttavia, se tutto andava bene, ci avrebbe consentito di allontanarci e di avere più possibilità di trovare le prigioni. Pregai che funzionasse.
Non facemmo però in tempo a percorrere due metri che Blair inciampò in una pietra e un tacco le si ruppe.
«Oh no!»
«Maledizione» imprecai, eravamo ancora troppo vicine ai soldati. Speravo che Black*star li distraesse abbastanza.
«Erano nuovi» fece Blair affranta.
«Non è il momento! Dobbiamo allontanarci!»
La ragazza si alzò, si sfilò anche l'altra scarpa e le abbandonò in disparte nascoste dall'ombra tra le torce. Stavamo per ricominciare a correre quando la voce di Black*star risuonò tra il clangore delle spade e delle scazzottate.
«Dove sono i prigionieri?»
Forse avevo sottovalutato le capacità cognitive dell'azzurro. Fermai Blair e mi misi ad ascoltare, ma tutto ciò che arrivò alle mie orecchie fu il silenzio. Li ha sconfitti tutti?
«Non li troverai mai!» la voce di un soldato risuonò forte, ma affaticata.
«Sono un dio e un dio può fare qualsiasi cosa! Muhahah!»
Un verso strozzato. Avrei voluto vedere cosa stava succedendo, ma sapevo di non potermi permettere di rischiare. Giocai col sacchettino contenente l'occhio di Free appeso alla cintura per calmare i nervi.
«Lei ti ucciderà» dovetti tendere l'orecchio al massimo per udire la flebile voce dell'uomo.
Il rumore di uno sputo risuonò tra le pareti.
«Non sono certo cazzi tuoi questi. Dimmi dove sono i prigionieri» un altro verso strozzato. Un urlo soffocato. Degli ansimi.
«Il... il corridoio dietro di me... due volte a destra... il cartello...» una risata risuonò roca «non ce la farai... mai» poi il silenzio. Guardai Blair, morsa dall'indecisione e lei alzò le spalle. Oh, fanculo! E uscii allo scoperto.
Come mi aspettavo Black*star era in piedi in mezzo a 8 soldati distesi scomposti a terra. Aveva il dito puntato contro uno di essi, presumibilmente l'ultimo che aveva sconfitto (qualcosa dentro di me sperò che non li avesse uccisi), e stava parlando sommessamente:
«Se mi hai mentito tornerò a prenderti lo giuro. Nessuno può prendersi gioco di un dio»
«Black*star è il nostro eroe!» Blair corse a piedi nudi verso di lui e lo abbracciò soffocandolo nelle sue prosperosità. Io gli andai in contro con un sorriso appena accennato, troppo orgogliosa anche solo per scucire un “grazie”.
«Allora» esordii «il corridoio dietro di lui e due volte a destra, giusto?» gli altri due annuirono e io imboccai la strada verso Soul.
Il problema apparve immediato dopo pochi metri: non c'era nessuno sbocco verso destra; il corridoio era un vicolo cieco. Sulla parete di pietra un cartello recitava “giro giro tondo, ma caschi tu”.
Black*star sgranò gli occhi.
«Mi ha preso per il culo. MI HA PRESO PER IL CULO!» e col fumo dalle orecchie fece per precipitarsi indietro probabilmente ad ammazzare di botte il soldato.
«Aspetta» lo sussurrai appena, ma lui si fermò.
«Aspetta?! Nessuno può prendere per il culo un dio!»
«Nessuno lo ha fatto» mi avvicinai al cartello a freccia rossa e ci appoggiai la mano sopra. Forse mi sbagliavo, forse Black*star avrebbe dovuto riempire quel tizio di botte e forse gli avrei dato una mano.
“Il... il corridoio dietro di me... due volte a destra... il cartello...”
Sospirai e ruotai il cartello sgualcito due volte in senso orario. La parete tremò. Il cartello cominciò a vorticare come impazzito e dal nulla si creò un portale come quello che Excalibur aveva usato per portarmi da Tsubaki, ma di colore rosso. Sorrisi incredula.
«Ci siamo gente!» esclamai vittoriosa e mi voltai, ma Black*star e Blair non stavano guardando né me né il passaggio. Evidentemente reputavano l'orda di soldati che era sbucata all'entrata del corridoio più interessante. Merda.
«Yahooooooooooo! E adesso si che si ragiona!» lo sguardo dell'azzurro sembrava quello che Spirit riservava a delle stripers «Andate pure fanciulle! Qui ci pensa il grande Black*star!» e con un altro urlo si scagliò contro i soldati. Rimasi un secondo attonita.
«Ehm... ok. Blair!» chiamai la ragazza e insieme ci tuffammo nel portale che si richiuse alle nostre spalle. Sperai che Star se la cavasse.
 

«Per tutte le trote salmonate!» Blair espresse pienamente i miei pensieri.
Di fronte a noi c'era un'enorme sala rossa circolare che si sviluppava a cilindro verso l'alto. In mezzo ad essa saliva una lunga scala a chiocciola coperta da un tappeto rosso vivo, la quale si diramava in diversi punti verso le pareti della stanza tappezzate di celle. Guardai in alto. Il soffitto era di vetro ed era l'unica fonte di luce per i circa 50 metri di altezza del “cilindro”. Chiunque ci fosse stato al di sopra ci avrebbe visto subito. Salii insieme a Blair i primi gradini della scala in modo da concederci un po' più di riparo.
Quel posto non mi piaceva per niente e il rosso sulle pareti, invece che rendere l'ambiente più colorato, gli dava una certa sfumatura di malsano che mi faceva rabbrividire.
«Come facciamo a trovare gli altri? Le celle sono infinite» mi chiese la mia compagna di viaggio.
«Non lo so... per non attirare troppo l'attenzione dovremmo guardarle una ad una, ma ci metteremmo un vita»
«E se li chiamassimo per nome?» stavo per guardarla male, ma qualche istante dopo mi trovai a darle ragione. Da quanto tempo regnava quella Regina? 4 giorni? Le celle non potevano essere tutte occupate. Forse non sarebbe scoppiato il pandemonio.
«Possiamo provare...» non feci in tempo ad aggiungere altro che Blair strillò:
«Sooooooooooooooooooooooouuul!»
Saltai in aria per lo spavento.
«Ma sei impazzita?» avevo il cuore in gola. Avrei voluto prendere la ragazza per i capelli, ma nel contempo pregai con tutta me stessa che Soul rispondesse. Nella stanza però risuonò solo l'eco della voce di Blair. Mi salirono le lacrime agli occhi. No, no non mi arrenderò! A costo di guardare dentro ogni sudicia cella per trovare lui e gli altri!
«Soul! Stein! Dove siete?» urlai correndo su per la scala a chiocciola seguita da Blair. Inciampai un paio di volte dalla foga prima che una flebile voce mi giungesse alle orecchie:
«Maka? Sei tu?»
Mi girai di scatto verso una cella un piano più alta di me. Inginocchiata dietro le sbarre, appena visibile nell'ombra, c'era una ragazza bionda che si teneva aggrappata ai pali di ferro della prigione come se fossero la sua unica salvezza.
«Liz!» esclamai sorridendo e in un lampo salii i gradini e attraversai lo stretto corridoio che andava dalla scala a chiocciola verso la parete nella quale era incastonata la sua cella, fregandomene del tetto trasparente. Mi aggrappai alle sbarre e lei mi rivolse un debole sorriso. I suoi capelli da super modella erano sgualciti e smunti. Il volto e le braccia erano coperte di lividi e la maglietta che indossava lo stesso giorno in cui ci eravamo incontrate era strappata e rossastra nei punti in cui il “topo volante” l'aveva afferrata per rapirla.
«Sei venuta»
«Certo e adesso ti tiriamo fuori di qua. Blair!» la ragazza coi capelli viola arrivò saltellando.
Io guardai la serratura della cella di Liz «Ehi non è che hai... non so delle forcine?» le chiesi e lei mi guardò sorridendo.
«No, ma ho queste» e sollevando la mano destra mi mostro un mazzo di chiavi che le penzolava dall'indice. La guardai strabiliata «Le ho prese dal tipo che Black*star ha steso. Ho pensato che sarebbero servite»
Risi di gusto.
«Sei un genio!» esclamai incredula, lei mi passò le chiavi e dopo un paio di tentativi la cella di Liz si aprì «Dove sono gli altri?» le chiesi poi.
«Lì c'è Patty, lassù Stein...» e andò avanti ad indicare prigioni fino a che non ci ritrovammo tutti sulla grande scala a chiocciola, malconci, ma vivi. Tutti, tranne Soul.
Li guardai: Liz e Patty erano abbracciate da quando le avevamo liberate, Stein fumava con aria compiaciuta una sigaretta tirata fuori da chissà dove, il coniglio della tavola del tè infastidiva Ashura che rimaneva rigorosamente impassibile e Blair batteva le mani contenta. Finalmente trovai il coraggio di parlare.
«Dov'è Soul?» nessuno mi rispose; Liz e Patty abbassarono persino lo sguardo, Stein invece buttò fuori un po' di fumo e indicò una cella dell'ultimo piano con lo sguardo.
«Quello che troverai potrebbe non piacerti» disse, ma io avevo già iniziato a correre.


Appena giunsi alla cella buia, incurante del soffitto di vetro a pochi metri da me, pensai subito che fosse vuota. Forse avevo sbagliato, forse era quella affianco. Poi sentii una voce, come una cantilena o una preghiera ripetuta all'infinito. Mi salì il cuore in gola. Era la sua voce.
Senza esitare presi le chiavi e al settimo maldestro e tremante tentativo la porta della prigione si aprì. Entrai piano nell'ombra, timorosa. Ora che ero più vicina, la sagoma di Soul era ben distinguibile nell'oscurità, seduta in un angolo; i suoi capelli chiari ondeggiavano seguendo i movimenti del capo, avanti e indietro, avanti e indietro.
«Soul...» la mia voce tremò. Mi avvicinai ancora per sentire meglio le parole che sussurrava senza tregua e mi inginocchiai di fronte a lui.
«Un arma, lei la vuole, potente, non-abbastanza, non-abbastanza, lingua biforcuta, un ago, senza pagliaio» risata isterica «sangue, giorno, notte, tik, tok, tik, tok, occhi di vetro... nessuno può salvarti... Alice» per un attimo si fermò e parve guardarmi intensamente con occhi vuoti e scuri, poi ricominciò.

 


 


Salve salvinooooo

Lo so, sono una stronza.
Un sacco di ritardo e poi me ne vengo fuori con questo capitolo del cavolo.
Perdonatemiiii!! Giuro che il prossimo sarà meglio!
Un grazie comunque a chi non mi ha insultato a fine capitolo e a tutti gli altri che comprensibilmente lo hanno fatto :D (perdincibaccola a volte mi insulterei anche io!)

XOXO
firephoenix

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** L'ora di svegliarsi ***


Il paese delle meraviglie.
Il luogo dove per vivere bisogna cedere alla follia almeno un po', dove la ragione è sottomessa agli impulsi.
Erano tre giorni che mi trovavo in quel posto ormai, eppure solo adesso riuscivo davvero a capire cosa la gente intendesse per “pazzia”. Il ripetersi continuo di parole senza senso, l'incessante movimento del capo, gli occhi vuoti, inespressivi e il terrore di chi assiste allo spettacolo con un baratro nel cuore.
Pensai di scappare.
Lontano, il più lontano possibile da quel castello, da quel mondo, da me stessa.
Mi ero sbagliata, dovevo essermi sbagliata, perchè quello non poteva essere lui. Gli occhi vuoti, scuri, erano solo una pallida e vana imitazione del rosso vivo che solitamente li accendeva; forse però conoscevo Soul così poco da non potermi permettere nemmeno di pensare cosa fosse “solitamente” o meno per lui. Forse avrei dovuto semplicemente andarmene da lì e dimenticare tutto. Eppure rimasi immobile, inginocchiata davanti a quello strano ragazzo che avevo più volte definito pazzo e che, adesso che lo era davvero, mi prosciugava, con ogni sua parola e con ogni suo movimento, dell'energia che mi aveva fatto arrivare fin lì. Socchiusi la bocca, il suo nome sulla punta della mia lingua premeva per uscire, ma non riuscivo a parlare, a mala pena sopportavo il suo incessante bisbigliare. Probabilmente se lo avessi ascoltato ancora un po' sarei impazzita anch'io, sarei piombata nel suo mondo irraggiungibile. Improvvisamente non sembrava più una cattiva idea.
Soul era lì, proprio davanti a me, a pochi centimetri di distanza tanto che i suoi capelli sfioravano la mia fronte quando il suo oscillare pendeva verso di me. Avrei potuto toccarlo, accarezzarlo, semplicemente allungando un dito, ma sapevo che non lo avrei mai raggiunto davvero. Mi costrinsi a chiudere gli occhi per concentrarmi e mettere in pausa quello spettacolo.
«Un'arma, lei la vuole, potente, non-abbastanza, non-abbastanza, lingua biforcuta, un ago, senza pagliaio, sangue, giorno, notte, tik, tok, tik, tok, occhi di vetro... nessuno può salvarti... Alice»
Era la quindicesima volta che lo diceva da quando ero entrata, non sapevo nemmeno come il mio cervello fosse riuscito a tenerne il conto, in tilt com'era. Inspirai ed espirai più volte. Non posso esitare.
La dentro c'era Soul, e al diavolo tutti, lo avrei tirato fuori.
Sfiorai la sua mano con la mia senza, come immaginavo, sortire il minimo effetto. Lui non poteva riconoscermi, era ovvio, quindi avrei dovuto fargli ricordare chi ero.
«Ehi, Soul» cercai di non far tremare la voce mentre ignoravo la sua infinita cantilena «ti... ti ricordi quando ci siamo incontrati per la prima volta? Io ero seduta ai piedi di un albero viola e... ero distrutta. Effettivamente l'ultima cosa che avrei voluto era un incontro con un idiota a forma di gatto che faceva del sarcasmo» sorrisi per un secondo, prima che Soul ricominciasse la nenia facendomi tornare alla realtà «Mi hai... mi hai cambiato la vita, sai? In un certo senso senza di te non avrei concluso nulla, probabilmente sarei ancora là... sotto quell'albero viola a piangermi addosso»
«Un'arma, lei la vuole, potente, non-abbastanza...» continuava lui.
«Mi avevi scambiato per Alice... che novità! Quel giorno tutti mi hanno scambiato per quella ragazza... però tu sei stato l'unico a capire subito che non ero io»
«...lingua biforcuta, un ago, senza pagliaio, sangue...»
«Non...» sospirai tesa, la situazione stava diventando insostenibile «... non dimenticherò mai quando ti sei trasformato in un ragazzo... mi presi per il mento... ed eri così vicino...»
«...tik, tok, tik, tok, occhi di vetro... nessuno può salvarti... Alice... un'arma, lei la vuole...»
«...pensavo che mi avresti baciato»
Soul si fermò. Spalancai gli occhi. Ce l'avevo fatta?
L'albino teneva la testa bassa, i capelli bianchi gli coprivano gli occhi, la bocca era aperta, bloccata a metà frase.
«Soul! Soul, puoi sentirmi?» gli afferrai il volto con entrambe le mani cercando il contatto visivo. Le sue labbra si mossero piano.
«...potente...» era quasi un sussurro.
«Soul... guardami»
«...non-abbastanza... non...»
Il terrore scorreva liquido dai miei occhi.
«Non ricominciare! Ci sei quasi! Non lasciarmi! Non lasciarmi...» la voce mi si ruppe, Soul alzò la testa di scatto e cominciò a parlare senza tregua:
«Un'arma lei la vuole potente non-abbastanza non-abbastanza lingua biforcuta un ago senza pagliaio sangue giorno notte tik tok tik tok occhi di vetro, nessuno può salvarti, Alice»
«No! No! No!» le lacrime cominciarono a sgorgare incessantemente dai miei occhi «Maledetto cretino! Stronzo del cavolo!» urlai mentre tempestavo il ragazzo di pugni e sberle nell'intento di ferirlo almeno apparentemente. Un impeto di rabbia più forte degli altri mi scosse. Mi alzai in piedi e, con una forza che non pensavo di avere, sollevai l'albino sbattendolo contro il muro per farlo rimanere in posizione eretta mentre lui continuava imperterrito con la sua cantilena.
«Tu adesso ti svegli dalla tua cazzo di trans, sono stata chiara? Perchè sono venuta fin qui e pretendo uno straccio di riconoscenza, brutto bastardo!!»
Urlai esasperata la mia rabbia senza sortire effetti finché non mi svuotai così tanto da rimanere completamente priva di forze. Mi accasciai emotivamente sfinita sul petto di Soul, ancora in piedi appoggiato al muro, e ascoltai per qualche minuto, ore forse, il battito regolare del suo cuore; l'unico rumore che nel mio orecchio risultava forte abbastanza da sovrastare almeno un po' il suo incessante sproloquiare.


Il paese delle meraviglie.
Il luogo dove per vivere bisogna cedere alla follia almeno un po', dove la ragione è sottomessa agli impulsi.
Oh si, lo sapevo, lo sapevo bene, ma solo in quel momento mi accorsi di non averlo mai fatto davvero, di non aver mai abbandonato la ragione a me tanto cara. Pensavo sarebbe stato più facile lasciarsi andare, ma una vita di azioni controllate, una vita passata a pensare alle conseguenze, non si poteva cancellare in un istante.
Mi staccai a malincuore dal petto di Soul che, dall'ultima volta, non aveva più interrotto l'oscura “filastrocca”. Lo guardai intensamente parlare con lo sguardo fisso su un punto indefinito davanti a sé e a malincuore compresi che l'unico modo per combattere la follia... era con la follia. Così feci qualcosa che non avevo mai fatto prima: non pensai.
«Sai cosa ti dico?» sussurrai a fil di voce sorridendo appena «...è una cosa che dovresti sapere... avrei dovuto dirtela molto tempo fa effettivamente...»
Con nonchalance afferrai i lembi della sua camicia sudata e sporca e lo tirai verso di me fino ad averlo talmente vicino da non vedere più la sua bocca sproloquiare senza tregua. Strinsi le dita nella stoffa.
«Vaffanculo» scandii davanti al suo viso fissandolo intensamente negli occhi, poi mi staccai ed iniziai a ridere senza motivo «Oh si mi hai sentito bene! Vaffanculo! E vuoi sapere perchè?» mi avvicinai saltellando verso di lui e lo guardai negli occhi «Lo so che sotto, sotto lo vuoi sapere! Anche se continui a parlare!» puntai l'indice contro il suo petto e lo colpii col dito:
«Uno: perchè sei un coglione, questo ci sta sempre bene» lo colpii una seconda volta «Due: perchè mi hai salvato la vita! Diciamocelo, chi te lo aveva chiesto, eh? Tre:» altro colpo «perchè non stai zitto e mi stai facendo venire mal di testa. Quattro: perchè sei un coglione, si, lo ho già detto, ma lo ripeto, problemi? E cinque: perchè mi hai fatto sprecare ore della mia vita a fantasticare su come ci saremmo ritrovati e alla fine cosa trovo? Un pazzo in preda allo shock che cerco inutilmente di far rinsavire con le buone maniere! Non era così che doveva andare!» alzai il tono di voce per contrastare la cantilena che ancora gli usciva dalla bocca «Quindi è per questo che ti mando a fanculo! Per tutto quello che ho detto!»
Incastonai il mio sguardo acceso nei suoi occhi spenti. Follia contro follia.
«E anche per questo» afferrai il colletto della sua camicia abbassandolo alla mia altezza e lo baciai. Mi aggrappai ai suoi capelli nivei tirandoli nella speranza di fargli male mentre assaporavo con foga le sue labbra, alternando baci con insulti. Ero così felice di non sentirlo più straparlare che lo avrei baciato per il resto della mia vita a costo di rimanere senza fiato. Respirai sulla sua bocca e, quando oltre al mio sentii anche un altro sospiro e una mano stringermi il braccio, non feci in tempo a farmi domande che in un istante mi trovai schiacciata contro il muro di pietra con le mani di Soul che premevano bramose sui miei fianchi. Il freddo della parete di pietra sulla mia schiena era così intenso da penetrare fin sotto la camicia, tuttavia il corpo caldo di Soul contro il mio riusciva a rendere quel gelo una frescura quasi piacevole. Poggiai entrambe le mani sulle sue guance lasciando che lui mi baciasse meglio che in qualsiasi fantasia che a volte mi ero concessa di immaginare.
«Maka...» lo sentii ansimare mentre mi mordeva delicatamente il labbro inferiore. Emotivamente sfiniti ci lasciammo cadere a terra senza smettere di baciarci neanche per un istante fino a che la ragione non tornò a bussare alla mia porta e mi costrinsi a chiedere qualcosa di cui avrei dovuto accertarmi fin da subito:
«Stai bene?» sussurrai fissando i suoi occhi lucidi, vivi, guardarmi da vicino. Lui mi baciò un'altra volta.
«Direi di si. Andiamo» si alzò e mi porse una mano per aiutarmi con così tanta naturalezza da sembrare la cosa più assurda del mondo. La afferrai sorridendo e lui mi tirò su.
«Gli altri ci staranno aspettando...» arrossii pensando che avessero potuto sentire tutto ciò che era successo nella cella.
Prima di uscire fermai Soul sfiorandogli un braccio. Anche se lui cercava più che poteva di mantenere l'aria da figo e da duro, come se nulla fosse successo, si vedeva che era ancora sconvolto. Io lo vedevo.
«Cosa ti hanno fatto?» gli chiesi passando leggermente l'indice su un livido bluastro che aveva sul polso. Lui alzò le spalle.
«Pensavo fossi più perspicace» sollevò un sopracciglio.
«Ok... allora perchè ti hanno torturato?» perchè era dolorosamente evidente che lo avessero fatto «Riesci a ricordare le parole che dicevi poco fa? Cosa vogliono dire?»
«Ricordo a mala pena di essere esistito poco fa... tutto ciò che so è che la Regina vuole Alice e vuole un'arma. Non ho idea di come le due cose si colleghino»
«Ok... dai usciamo da questo posto» proferii pensierosa.
Un'arma? Secondo la fatina la Regina era già in possesso dell'arma più potente... perchè avrebbe dovuto volerne un'altra?
Non chiesi altro a Soul. Non mi sembrava giusto fargli pressione in quel modo dopo nemmeno 5 minuti dall'essersi ripreso da tutto ciò che aveva passato. Feci per uscire.
«Ah e... Maka» mi girai verso di lui per vedere cosa volesse. Mi guardava con il suo solito ghigno che avevo imparato ad odiare e amare dal primo istante «Vaffanculo anche a te»


«Sooooul!» Blair si lanciò letteralmente sull'albino abbracciandolo con slancio rischiando di soffocarlo. Ben presto anche gli altri andarono a salutarlo e io sorrisi senza impedirmi di essere compiaciuta.
«Ottimo lavoro» Stein mi sorrise con una sigaretta in bocca.
Approfittai del fatto che gli altri stessero parlando tra di loro senza badare a noi.
«Sai qualcosa riguardo un'arma che la Regina vuole?» chiesi. Lui buttò fuori un po' di fumo.
«Ho origliato una conversazione tra le guardie qualche giorno fa... sembrerebbe che un piano della Regina sia andato storto e per questo ha bisogno di un'arma» Stein girò la vite in testa come se lo potesse aiutare a ricordare «il giorno dopo è arrivato Soul» concluse.
«Se ha bisogno di un'arma si vede che ha una debolezza o che teme qualcosa...»
Mi guardò con approvazione.
«È quello che ho pensato anche io, ma...» in quel momento Liz venne verso di noi interrompendoci.
«Allora? Come si esce da qui? Non vedo l'ora di andarmene» fece rabbrividendo. Guardai l'apice della scala a chiocciola, terminava nel soffitto di vetro e dava accesso alla sala superiore ad esso.
«Temo che l'unico modo sia quello...» dissi indicando in alto «vado in avanscoperta» e, prima che qualcuno avesse da ridire, salii due giri di scale e, cercando di essere più silenziosa possibile, sollevai la testa al di sopra del soffitto/pavimento di vetro. Mi riaccucciai immediatamente col fiato corto e scesi le scale fino a dove si trovavano gli altri. Iniziai a parlare prima che Soul si lamentasse della mia azione.
«6-7 uomini armati di spada. Giocano a carte ad un tavolo all'angolo della sala. Ci vedrebbero di sicuro se uscissimo allo scoperto... francamente anche solo se ad uno di loro venisse la malsana idea di guardare di sotto»
Cadde un pesante silenzio. Cercai di pensare a qualcosa di utile quando una voce giunse dal piano di sopra:
«Sono qui le prigioni? Finalmente le ho trovate! Come osi attaccare un dio! Adesso subirai la mia ira! Yahoooooooooooo!»
Scoppiai a ridere mentre Blair, Soul, Liz e Patty esclamavano in coro: «Black*star!»


Corsi nuovamente per le scale seguita dagli altri e nel momento in cui sbucai dal pavimento l'azzurro stese l'ultimo degli uomini. Il ragazzo era sudato, sporco e ferito in più punti, ma sorrideva compiaciuto come un ebete.
«Ehi Star!» Soul uscì dopo di me e fece per andare a salutare il suo amico.
«Che nessuno si muova» Death The Kid se ne stava sulla porta della stanza a guardarci con aria crucciata, tenendo una pistola puntata su Black*star e una su Soul. Pistole nel paese delle meraviglie? Pensavo combattessero ancora con le spade! Rimasi spaesata «Sono appena tornato da un mondo pieno di cose asimmetriche, ho scoperto che il motivo perchè mi sono recato la è morto da innumerevoli anni e l'unica cosa buona che mi è capitata tra le mani è ancora tra le mie mani quindi vi consiglio di ubbidirmi perchè... sono di pessimo umore»
Era stato nel mio mondo? Tutto mi apparve all'improvviso incredibilmente chiaro. Era andato nel mio mondo per cercare Alice! Quella vera! 14 gennaio 1898, lo ricordavo ancora, era la morte dell'autore di Alice nel paese delle meraviglie. Ovvero Alice stessa. Come avevo fatto a non pensarci subito? Il tempo scorreva diversamente nei due mondi, molto diversamente. Forse avrei dovuto dire agli altri che la loro Alice era morta sepolta da 2 secoli.
«Chi ti credi di essere con quegli affari in mano?» Black*star iniziò a muoversi verso di lui.
«Fermo!» urlai «Può ucciderti con quelle!»
«Vieni dal mondo di sopra» dedusse il moro dalla mia frase e mi squadrò attentamente «Chi sei?»
«Kid!» Liz uscì dal buco del pavimento e fece per correre in contro al ragazzo. La pistola puntata su Soul si spostò su di lei.
«E tu chi diavolo sei?» quella domanda sembrò sconvolgere completamente Liz.
«Vi conoscete?» chiesi ingenuamente.
«Sono fidanzati» Patty emerse dal buco sorridendo persa nei suoi pensieri.
«Che ti hanno fatto? I tuoi occhi...» Liz riprovò ad avvicinarsi a lui.
Guardai gli occhi del ragazzo. Sembravano non avere nulla di sbagliato; notai però che erano di un giallo appannato e spento.
«Ferma o ti sparo»
«Liz...» provai a desisterla, ma lei decisa si chinò e raccolse un pugnale dalla cintura di un soldato a terra.
«Ultimo avvertimento, ragazza. Mettilo giù subito» la voce di Death The Kid era forte e risoluta.
«Lo farò quando tornerai in te» e con estremo sacrificio si tagliò i capelli che le ricadevano sulla parte sinistra del corpo fino alla spalla. Il moro sbiancò e le braccia tese si inclinarono leggermente. Gli occhi mandarono un bagliore. Sembrava che stesse combattendo contro qualcosa. Liz approfittò del suo smarrimento e gli si avvicinò. Seguii la scena col cuore in gola. La ragazza appoggiò il pugnale ad alcune ciocche scure dei capelli di lui.
«Oh oh» proferì quasi allegra Patty.
«Non costringermi a farlo» fece Liz.
Kid crollò a terra e lasciò andare le armi. Si mise le mani tra i capelli e strinse gli occhi. Quando li riaprì erano di un ambrato luminoso e vivo.
«Liz...» sussurrò guardandola dal basso.
«Kid!» la ragazza si inginocchiò e gli gettò le braccia al collo seguita subito dopo dalla sorella. Sorrisi.
«Bene, dopo questo romantico momento...» Stein interruppe la frase buttando fuori un po' di fumo «... possiamo andare»
«Dove si esce?» chiese Blair ancora in un brodo di giuggiole per la scena a cui avevamo assistito. Kid si sciolse dall'abbraccio di Liz e Patty e mi guardò:
«Se permettete vi faccio da guida» disse e imboccò la porta dalla quale era entrato poco prima. Lo seguirono tutti.
«Soul va tutto bene?» mi girai e notai Blair, rimasta in mezzo alla sala, che guardava l'albino affianco a lei con aria preoccupata. Lui ignorò la domanda della ragazza e fissò il suo sguardo nel mio.
«Mi ricordo, Maka» i suoi occhi si illuminarono «ricordo tutto»

 



 


Salve salvinooooo

E tutto per voi... il bacio SoMa! Tadaaaan!
So che vi sentirete un po' a bocca asciutta dopo questo finale, ma che ci posso fare? E più forte di me finire i capitoli nel pieno della suspance! Non odiatemi :D
Be... bo ecco... fatemi sapere :3
Grazie di tutto a tutti non sapete quanto vi adoro e quanto mi facciate felice! <3

XOXO
firephoenix

Disegninoooo :)

Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** La persona sbagliata ***


«Aspetta... cosa?» domandai confusa. Che avesse recuperato i ricordi durante i giorni in cui era stato torturato? E allora perchè sembrava così raggiante?
«Non c'è tempo dobbiamo andare alla sala del trono!» disse e iniziò a correre imboccando con sicurezza un corridoio alla destra della stanza, esattamente nel senso opposto rispetto a dove erano andati gli altri. Io e Blair ci guardammo allibite per un istante, poi lo seguimmo.
«Aspetta Soul! Cosa c'è nella sala del trono? È una follia!» gli urlai da dietro.
«Non lo è! Mi ricordo tutto capisci! Le cose che dicevo... hanno tutte un senso!»
«Cosa dicevi?» chiese Blair che non aveva mai sentito la nenia di Soul.
«Maledizione, fermati un attimo!» gridai invece io, ignorandola e afferrai l'albino per il gomito costringendolo a fermarsi in mezzo al corridoio tappezzato di rosso e a girarsi verso di me «Non ci muoviamo da qui finché non mi spieghi che sta succedendo»
«Non abbiamo tempo, Maka!»
Io puntai i piedi e incrociai le braccia. Soul sospirò arreso.
«Ricordo perchè sono finito qui, ok? Perchè la Regina voleva un'arma» alzai un sopracciglio e lui continuò sbuffando «Una delle forme che riesco ad assumere è la forma di una falce. La Regina mi ha torturato perchè cercava di tirare fuori “l'arma c'è in me”...» mimò le ultime parole facendo delle virgolette con le dita «...in modo che tutte le altre forme che assumo scomparissero»
«Tirare fuori? Che diavolo significa?» chiesi.
«Significa questo» disse lui e sollevò bruscamente la camicia mostrando una cicatrice non del tutto rimarginata che andava dalla sua spalla sinistra al fianco destro. Mi si mozzò il fiato e Blair si portò le mani alla bocca.
«Ti hanno fatto questo?» chiese innocentemente. Lui fece una smorfia.
«Tranquilla, se ti interessa hanno lavorato anche a livello psichico, è per quello che davo di matto»
«Soul...» sussurrai affranta senza capire come riuscisse a scherzarci su.
«Comunque sia... non ci sono riusciti»
Presi fiato e scansai momentaneamente l'immagine del petto squarciato di Soul dalla mia mente. Ne discuteremo un'altra volta mi promisi.
«Ma allora cosa stiamo andando a fare nella sala del trono? Non ha senso! In più la regina ha già l'arma più potente del paese delle meraviglie... lo so per certo»
«Be... c'è un motivo se la Regina voleva me... ed è perchè l'arma che dici tu in qualche modo non si è rivelata quella giusta. Sentivo spesso la Regina lamentarsi del fallimento»
Assimilai le informazioni.
«Ok, quindi... la Regina ha preso l'arma più potente del paese delle meraviglie, che per qualche motivo non è servita per i suoi scopi, così quando ti ha catturato e ha scoperto cosa potevi fare ha cercato di usarti come rimpiazzo, provando a fare di te solamente un pezzo di metallo. Resta solo da stabilire a cosa le serva quest'ipotetica arma...»
«Chissene frega del perchè! Maka, la Regina tiene l'arma più potente del paese delle meraviglie nella sala del trono!» Soul posò concitato le mani sulle mie spalle «Ti rendi conto che è a sole poche stanze da noi! Possiamo usarla per sconfiggerla!»
Rimasi di sasso.
«Pff... certo lo stavo per dire io!» arrossii orgogliosa e Soul ghignò, alzando il mio livello di rossore da “oh ma che belle guanciotte” a “ credo che tu stia andando a fuoco”.
«Allora andiamo! Coraggio!» esclamò Blair, della quale mi ero per un istante dimenticata dell'esistenza. Soul mi guardò negli occhi, come per accertarsi di avere il mio pieno consenso.
Sarebbe stata un'azione sprovveduta, pericolosa, folle... sospirai e sorrisi all'albino.
«Andiamo» confermammo all'unisono.

 

Corremmo seguendo l'albino per un altro paio di corridoi guidati dai suoi ricordi recuperati. Non osavo nemmeno immaginare perchè ricordasse quella parte del castello così bene, considerato cosa gli avevano fatto, ma lui sembrava così eccitato per la sua idea da non pensarci nemmeno. Vuole sempre essere il più forte, il più figo, quello che non potrà mai essere scalfito da nulla pensai con un po' di rammarico; ma forse era per quello che mi piaceva così tanto... perchè per quanto diversi potessimo essere (e lo eravamo parecchio) a volte mi ricordava me stessa.
All'improvviso si fermò davanti ad una porta finemente decorata in oro.
«Eccoci. Dietro questa soglia c'è l'anticamera e poi la sala del trono» proferì Soul, facendo per girare il pomello.
«Aspetta» lo fermai. Lui si girò a guardarmi, alzando un sopracciglio «Se, entrando nell'anticamera, scopriamo che la Regina è nella sala del trono devi promettermi... devi prometterci» e indicai Blair affianco a me «che ce ne andremo immediatamente. Non sono una codarda, ma non ti permetterò di rischiare la vita un'altra volta» per me pensai.
«Nemmeno io» calcò Blair facendo un passo avanti. Anche a piedi nudi manteneva una certa persuasione femminile.
«Se le dame insistono» fece lui inchinandosi con fare sbeffeggiante e il suo solito ghigno. Poi aprì la porta.

 

L'anticamera era una stanzetta di modeste dimensioni, tappezzata di rosso ed oro. C'erano un paio di divanetti, un tavolino in un angolo e dei quadri appesi ad una parete ritraevano il volto di una donna di mezza età con una testa parecchio sproporzionata. Sulla parete opposta, un ritratto di Tsubaki mi fece trasalire.
«Le due Regine andavano parecchio d'accordo» spiegò Soul notandomi guardare il quadro. Annuii. Mi ero quasi dimenticata che Tsu fosse una sovrana.
La porta che dava sulla sala del trono faceva impallidire a confronto di quella dell'anticamera. Finimenti d'oro si inseguivano intrecciandosi in piccoli fiori e in rubini intagliati per tutto il perimetro, la maniglia avrebbe fatto invidia ad un diamante stesso. Tuttavia, l'unica cosa di tutto quello sfarzo che notai, fu che la porta era socchiusa. Mi avvicinai ber sbirciarvi attraverso, ma la voce di Blair mi desistette dal proseguire:
«Ragazzi...» fece tremante. Seguii il suo sguardo e gli occhi mi caddero sui cuscini dei divanetti all'angolo della stanza: erano squarciati come se un'enorme tigre vi avesse fatto le unghie sopra. Non feci in tempo ad emettere alcun suono che una porta segreta nella parete si spalancò e un lupo senza un occhio mi piombò addosso.
«Maka!» sentii esclamare Soul e, prima che le grosse fauci di Free mi dilaniassero, una fenice rosso fuoco si gettò addosso al licantropo sbattendolo alla parete. Ero così impietrita dal terrore e dalla sorpresa che feci fatica a rialzarmi da terra, mentre la pennuta forma di Soul indietreggiava con le sue grosse ali aspettando che Free si sollevasse.
«Chi non muore si rivede, eh? Anche se un occhio in meno cambia un po' le prospettive» disse lui amareggiato guardandomi intensamente. Non riuscivo a smettere di fissare la cavità vuota sul suo muso e il mio cuore pareva volermi uscire dal petto. Era così strano sentirsi in colpa?
«Non provare nemmeno ad avvicinarti a lei» fece Soul minaccioso.
«Oh, passerò volentieri sul tuo cadavere se è quello che intendi» ringhiò e fece per attaccare.
«No! Aspettate!» esclamai e mi piazzai in mezzo ai due con le mani alzate «Possiamo trovare un accordo»
«Un accordo? Mi prendi in giro?» disse Free.
«Maka sei pazza! Stai indietro!» fece invece Soul.
«No» sibilai all'albino, poi mi rivolsi al licantropo «Abbiamo entrambi bisogno di qualcosa. Io ho ciò che serve a te e tu ciò che serve a noi. Questa è la mia proposta: tu ci lasci andare alla sala del trono... e io ti ridò il tuo occhio»
Vidi lo stupore riflettersi nel suo sguardo. Non può rifiutare, non può rifiutare, non può rifiutare...
«Mostramelo» disse a denti stretti. Cercai di non far trapelare il senso di sollievo che mi pervadeva e sfilai dalla cintura il fagotto che mi ero portata dietro per tutto il mio folle viaggio in quel folle paese. Lo aprii piano e, con un certo disgusto, esposi il bulbo oculare sul palmo della mia mano.
«Dammelo!» ringhiò il lupo spalancando il suo unico occhio.
«Prima devi farci passare» feci io risoluta più di quanto credessi di essere «Fai andare di la Blair e Soul e quando sarò sulla porta te lo consegnerò. Lo giuro» sentii la fenice lamentarsi, ma la ignorai.
«Altrimenti?» mi chiese Free canzonatorio.
Senza rispondergli alzai la mano con l'occhio all'altezza delle zampe artigliate di Soul come a voler dire “prendilo e stritolalo”. Free sbuffò.
«Tanto non uscirete comunque vivi da questo castello» ci sbeffeggiò, ma lasciò libera la porta spostandosi di lato. Seguii i suoi movimenti fino a quando Blair e Soul non oltrepassarono la porta e, quando fu il mio turno, feci rotolare il bulbo oculare fino a lui come promesso.
«A mai più rivederci» dissi, poi entrai nella stanza chiudendomi la porta alle spalle e tirando un enorme e tremante sospiro di sollievo.
Non feci in tempo a dire nient'altro che Soul mi piombò addosso e mi strinse il volto tra le mani.
«Sei impazzita!» esclamò come per farmi un complimento (o un insulto, non capii). Poi mi baciò lasciandomi per un attimo in apnea; si staccò con uno schiocco, abbassò un sopracciglio come se stesse valutando la sua azione e ne uscì con un: «Figo»
E poi sono io “l'impazzita”...
Rimasi ancora un attimo interdetta ed imbarazzata con la schiena premuta contro la porta, finché Blair non emise un gridolino degno dei migliori saldi invernali, attirando la mia attenzione verso l'enorme sala rotonda che si apriva davanti a me. Di fronte ad un'imponente trono tutto oro e rosso e alle due sedie(che mi sembrava di insultare chiamandole così) riccamente decorate posizionate ai lati, esattamente al centro della sala, si trovava un tavolino ovale di mogano sul quale spiccava uno scrigno rettangolare aperto.
Era quello che Blair guardava con ammirazione, o meglio, quello che conteneva.
Mi avvicinai a grandi passi sul tappeto rosso che portava dalla porta al trono, fissando il coperchio dello scrigno e la faccia basita di Blair che, difronte ad esso, era tutto un gioire. Soul camminava poco davanti a me.
Diciamocelo, conoscevo Blair da poco, ma pensai subito che lo scrigno contenesse non so quali gioielli reali; quella ragazza non mi sembrava proprio il tipo da andare in brodo di giuggiole per un'arma.
Dovetti ricredermi.
Appena girai attorno al tavolino per vedere il misterioso contenuto dello scrigno, rimasi quasi abbagliata da una bianca e lucente spada, appoggiata su un cuscino rosso. Sgranai gli occhi. La lama, lunga e sottile, pareva rifulgere di luce propria, l'elsa sembrava invitarti a stringerla e dava l'impressione di potersi adattare a qualsiasi mano. Fui combattuta dall'irrefrenabile voglia di stringerla a me e cimentarmi in un'esilarante imitazione di Smigol alla “il mio tesssoro”. E no, non faceva ridere. Quell'arma trasudava potere da ogni sfumatura di luce che emanava. Capii che avrebbe potuto rendere la più innocua delle persone un temibile assassino.
«L'arma più potente del paese delle meraviglie» proferì Soul. Non potei che essere d'accordo.

 

«Bene... la prendiamo e ce ne andiamo?» chiesi un perplessa guardandomi in giro, mi sembrava tutto un po' troppo facile.
«Siamo qui per questo, no?» mi disse Soul e si allungò per prendere la spada.
«Aspetta!» il tono di Blair era decisamente urgente «E se... e se fosse una trappola?»
Lo avevo pensato anche io, ma non sapevo proprio come uscirne.
«L'unico modo per saperlo è provare a prenderla» ghignò l'albino. Gli bloccai il polso.
«Non provarci nemmeno. Hai già rischiato troppo» e prima che potesse reclamare allungai l'altra mano e afferrai l'elsa della spada.
«Maka!» sentii Soul urlare.
Troppo tardi. Una luce bianca accecante mi invase, costringendomi a chiudere gli occhi; persi la presa sull'elsa e mi sbilanciai cadendo all'indietro. Finì tutto in un attimo, come era iniziato.
Sollevai piano le palpebre, accorgendomi di essere semi sdraiata per terra, sostenuta da Soul. Guardai bene davanti a me: la spada era sparita, al suo posto c'era qualcos'altro.
Qualcun altro.
«Excalibur!» strillammo tutti e tre un'ottava sopra del normale.
«Ma che cazzo?» proferì poi Soul sdegnato mentre Blair poneva le mani giunte sul seno in modo teatrale e io ero troppo costernata per parlare.
Per un attimo il silenzio nella sala fu così pesante che pensai che qualcuno ci avesse messi in muto. Poi fu il caos:
«Cretini!»
«Cos'è una presa per il culo?»
«Non capisco...»
«Che ci fai qui?»
«La mia leggenda inizia nel XII secolo!»
«Sai dove te la infilo la tua leggenda?»
«Nya?»
«Dov'è la spada?»
«Non capisco...»
«Cretini!»
«Da dove sei uscito?? Ridacci la spada!»
«Lui è la spada»
Silenzio. Soul e Blair passavano lo sguardo basito da Excalibur a me, cercando di dare senso alle mie parole.
«Ma... non può essere» fece l'albino afflitto.
«Mi stupisco che questa frase esca da un'abitante del paese delle meraviglie» una voce canzonatoria giunse dalle nostre spalle. Ci girammo di scatto con la pelle d'oca.
Sul trono, inizialmente vuoto, era ora seduta in modo scomposto una donna vestita di nero che ci guardava sorridendo tra il perfido e il divertito. I capelli castani corti, cadevano più lunghi sul suo seno attorcigliandosi come spire.
«Tu più di tutti, ragazzino, dovresti sapere che tutto è possibile qui» continuò col suo discorso, aprendo le braccia lunghe e sottili ad indicare ciò che la circondava e mostrandoci i tatuaggi che le si annodavano sulla pelle. Soul non mosse un muscolo. Lessi nei suoi occhi un profondo stordimento, un vuoto smisurato, un gelo implacabile. Era sospeso su un baratro che dava nel vuoto.
Guardai gli occhi allungati della donna sul trono. La donna che lo aveva torturato alla follia. La Regina Rossa.
Lei posò gli occhi su di me.
«Ciao, Maka» e il mio nome scorse lentamente sulla sua lingua come il sibilo di un serpente.

 

«Tu...» una rabbia cieca iniziò a montarmi da dentro pensando a ciò che quella donna aveva fatto a Soul «...pagherai per ciò che hai fatto»
La Regina rise come se le avessi raccontato una barzelletta.
«Che grinta! Nemmeno mi conosci e già mi dai tutta questa confidenza»
Stavo per lanciarmi verso il trono per prenderla a pugni fino a rendere la sua faccia simile al tronco di un albero, quando Blair si stiracchiò del tutto rilassata e disse:
«Bene... credo che il mio compito sia finito, giusto?»
La guardai confusa pensando si stesse riferendo a me; il suo sguardo invece era rivolto verso la donna sul trono.
«Blair... che...?» il fiato mi si bloccò in gola. Non capisco... che sta succedendo?
«Certo cara sei stata molto brava a condurli fin qui, anche se dopotutto i tuoi sforzi si sono rivelati inutili» disse la Regina con teatrale rammarico.
«Non sono stata utile come desideravate, lady Medusa?»
No. No, c'era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto ciò. Blair non può...
«Oh no, tranquilla. È che ho trovato un'altra soluzione ai mie problemi. Apprezzo comunque il tuo impegno. Puoi andare Blair»
Feci fatica a trattenere le lacrime e il mutismo di Soul non aiutava. Mi alzai dalla posizione in cui ero ancora incastrata da quando ero caduta atterra dopo la comparsa di Excalibur e mossi qualche passo verso la ragazza dai capelli viola.
«Blair!» urlai affranta mentre lei se ne andava. Si girò verso di me «Tu... tu stai con lei? Come hai potuto? Come hai potuto tradirci?» la voce mi si ruppe.
«Tradirvi?» chiese lei innocente «Io non sono mai stata dalla vostra parte tesori, nya!»
«Hai tradito tutti i tuoi amici!» urlai adirata.
Lei alzò le spalle.
«HAI TRADITO SOUL!»
Mi sembrò di vedere un lampo di rimpianto passarle davanti agli occhi.
Era sotto incantesimo. Doveva esserlo! Come Kid! Eppure i suoi occhi gialli tornarono ad emanare la solita luce viva che non somigliava minimamente al velo pallido che ricopriva gli occhi del moro mentre era sotto il sortilegio.
«Che tristezza, che pena... tanto dolore, tanto rammarico. Possiamo concentrarci adesso? Puoi andare, Blair» la Regina sembrava piuttosto scocciata. La nostra ex amica uscì dalla sala ancheggiando.
«Che cazzo ti abbiamo fatto, eh? Cosa?» urlai addosso alla donna.
«Oh, giusto. Temo di doverti delle scuse»
Rimasi basita.
«È stata tutta colpa di un terribile fraintendimento. Uno... scambio di persone»
«Non capisco» tutto mi aspettavo meno di quello.
«Alice» mormorò Soul sollevandosi e parlando per la prima volta da quando era arrivata Medusa.
«Brillante come sempre Soul» sorrise la Regina, l'albino strinse i pugni «Temevo che tu fossi Alice, cara Maka»
Temevo?
«Ma si può sapere cosa avete tutti con quella ragazza?» chiesi esausta. La donna si alzò agile e silenziosa dal trono e iniziò a camminare verso di noi in una tenuta e con portamenti che di regale non avevano proprio nulla. I suoi piedi nudi avevano giusto mosso due passi che Soul era già lentamente scivolato davanti a me a farmi da scudo.
«Quella ragazza... è la mia rovina» sibilò.
«La tua rovina? Non ha senso... Alice è morta secoli fa» cominciavo a sudare freddo ed a chiedermi se sarei mai uscita viva di lì.
«Adesso lo so. Ma quando ho ucciso quella megera di una capocciona per rubarle il trono e lei mi ha inchiodato al muro con quella maledetta profezia non lo sapevo» l'irritazione era evidente nelle sue parole. Profezia? Che profezia?
«Di megera c'è ne solo una... e sfortunatamente è ancora in vita» ringhiò Soul alzando lo sguardo su Medusa. Lei lo ignorò.
«Quindi...» riprese con voce melliflua fermandosi ad un passo dall'albino «...credo che vi lascerò in vita... davvero, potete andare. Tanto siete totalmente inutili... quasi mi fate pietà. Avete fegato però: ci vuole coraggio anche solo pensarlo di usare quel... coso per sconfiggermi» ed indicò disgustata Excalibur; sembrava stranamente tranquillo, quasi... immobile «L'ho congelato, ecco perchè sta zitto»
La mia testa ebbe un capogiro.
«Che c'è? Oh... che sbadata!» e si esibì in un perfetto palm-face «Sono una strega»
Tutti i discorsi di Soul sul fatto che esistevano altri mondi oltre a questi mi piombarono addosso.
«Ma gettiamoci alle spalle questo spiacevole inconveniente! Potete andare! Usate pure il vostro pinguino per aprire un portale» allungò la bocca in un perfido sorriso e passò un unghia nera sotto il mento di Soul che mi stava ancora davanti «Puoi andare anche tu piccola falce. Gli esperimenti su di te mi hanno condotto a qualcosa di più utile di un pezzo di metallo freddo» poi un serpente nero sibilò dalle sue labbra e Medusa scomparve.
Per qualche secondo, l'unica cosa che si mosse nella sala fu la goccia di sangue nero che scivolò fuori da sotto il mento di Soul.




 

 

Salve salvinooooo

Si, questo capitolo è un po' più lungo (spero non più noioso) degli altri, ma questo perchè ormai siamo prossimi alla fine :) diciamo un altro capitolo ed un epilogo e poi sarete finalmente liberi :D
Allora: Medusa è la Regina rossa :) -complimenti a chi lo aveva già indovinato :)- Excalibur è l'arma più potente ed entra in gioco pure il sangue nero! Ma che casino è 'sta fich?? :D

Comunque sia ringrazio sempre tutti quelli che leggono e recensiscono questa storia :) vi voglio bene ;) :) Alla prossimaaa.

XOXO
firephoenix

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Profezie e misunderstandings ***


«Non so... mi è sembrato tutto inspiegabilmente semplice» una spirale di fumo uscì danzando dalla sigaretta di Stein, diffondendosi nell'aria.
Eravamo tutti riuniti all'enorme tavolo da pranzo nel palazzo bianco di Tsubaki. Avevamo davanti ogni sorta di prelibatezza, ma nessuno toccava cibo (Black*star solo perchè momentaneamente assente si intende). Io e Soul eravamo seduti vicini, oscillando, la sua gamba sfiorava leggermente la mia in un gesto che, pensai, stava a dimostrare che mi era vicino senza tuttavia farlo risultare sdolcinato o meno figo.
In quelli che mi erano parsi interminabili minuti, avevamo raccontato agli altri della spada/Excalibur, della Regina Rossa e del tradimento di Blair suscitando emozioni contrastanti nei nostri ascoltatori. Tsubaki era uscita dalla sala con le lacrime agli occhi per il comportamento della sua ex dama, che considerava un'amica, e Black*star l'aveva seguita. Così adesso ci trovavamo lì, a discutere di ciò che era successo mentre la sera scendeva sul paese delle meraviglie portando con sé un pesante velo di stanchezza.
Annuii seria all'affermazione di Stein.
«Hai ragione... quando Medusa ci ha detto che potevamo andare pensavo fosse una trappola...»
«Bè...» fece Soul sistemandosi meglio sulla comoda sedia e incrociando le mani dietro la testa «...ormai è inutile pensarci, no? Siamo qua»
«E adesso che facciamo con la Regina Rossa? La lasciamo semplicemente lì?» la voce di Liz giunse piena di rammarico. Kid le mise un braccio dietro le spalle stringendola a sé.
«Finché non sappiamo che intenzioni ha non possiamo fare nulla» proferì.
«Non ci resta che aspettare» disse atono Stein mentre un'altra nuvola di fumo assumeva la forma di un drago e volava via, dissolvendosi. Annuendo abbassai lo sguardo rimasto ancora su Kid e Liz. Ok... non ero una persona sentimentale, proprio per niente, ma per una volta avrei voluto qualcosa di più di ginocchia che si sfioravano. Avrei voluto poter appoggiare la mia testa sul petto di Soul, per sapere che sarebbe andato tutto bene. Mi vergognai dei miei deboli pensieri.
Stavo per alzarmi e dire a tutti che sarei andata a dormire, quando il rumore di passi veloci che rimbombavano in lontananza ci fecero sollevare tutti lo sguardo verso la porta chiusa della sala da pranzo. Il frastuono si avvicinava cadenzato a gran velocità, io e Stein ci alzammo in piedi pronti a tutto, subito seguiti dagli altri. I passi erano ormai vicinissimi, strinsi i pugni... e la porta si spalancò con un unico colpo. Tsubaki, in mezzo all'uscio, le braccia ancora ferme e aperte nel gesto di aprire i battenti, sollevò lo sguardo stravolto su di noi ansimando per la corsa, i capelli neri le ricadevano scomposti sugli occhi.
«È guerra» proferì nel silenzio di tomba, poi cadde sfinita sulle ginocchia e Black*star spuntò da dietro di lei per sostenerla.

 

«Guerra, guerra!» urlò Patty alzandosi in piedi sulla sedia con aria trasognante, spezzando il silenzio innaturale che era caduto nella sala.
«Guerra? Che diavolo significa guerra?» la maggiore delle sorelle aveva gli occhi sgranati alla ricerca di qualcuno che avesse risposte. Tutti ci girammo contemporaneamente verso Black*star che, come Tsubaki, veniva da fuori.
«Che cazzo sta succedendo?» gli chiese aspro Soul.
«La Regina Rossa ha inviato un messaggio» rispose, era la prima volta che vedevo il suo sguardo trapelare di una matura serietà. Tsubaki continuava a farfugliare parole confuse tra le sue braccia:
«La Regina... lei ha... guerra e...» vidi il ragazzo tatuato accarezzarle dolcemente i capelli e sussurrarle parole dolci. Lei gli passò una mano sul viso, accarezzandogli dolcemente la guancia.
«Non posso riposarmi. Sono una regina... che mi piaccia o no...» sussurrò alzandosi e, barcollando, si avvicinò al lungo tavolo da pranzo, appoggiandovi i palmi sopra, ma tuttavia rifiutando di sedervisi. 
Così quello che avevo pensato su di lei era giusto... dedussi. Non vorrebbe fare la regina, ma è così leale alla sua gente ed al suo paese che lo avrebbe difeso ad ogni costo. Ammirai Tsubaki con tutta me stessa.
«Dobbiamo organizzarci» proferì lei «La Regina Rossa ha mandato la creatura Mizune ad avvertirci di una guerra imminente: quella che lei muoverà contro di noi»
Un brusio riempì la sala.
«Perchè dovrebbe muovere guerra contro di noi?» domandai allibita, comprendendo finalmente il motivo per cui ci avesse lasciati andare dal suo castello così facilmente
Fu Kid a rispondermi:
«Le sue azioni non hanno un perchè... non escludo l'ipotesi che la sua azione sia solo per puro divertimento»
«O perchè vuole provare la sua nuova arma» concluse Soul. Ci girammo tutti verso di lui con sguardi interrogativi. Lui guardò me: «Prima di lasciarci andare Medusa ha detto che i suoi esperimenti su di me l'avevano condotta a qualcosa di più interessante, di più potente si suppone»
Annuii ricordando le sue parole: “puoi andare anche tu piccola falce. Gli esperimenti su di te mi hanno condotto a qualcosa di più utile di un pezzo di metallo freddo”.
«È assurdo» mormorò Liz.
«È il paese delle meraviglie» l'apostrofò Stein e il silenzio si posò rassegnato su di noi. Mai come in quel momento desiderai di essere a casa mia, a prendermela con Spirit perchè aveva bevuto troppo o perchè era un porco pervertito e invece eccomi qua, a pianificare una guerra.
«Abbiamo fino all'alba per organizzarci, poi lei ci attaccherà. Lo scontro si svolgerà alla Grande Scacchiera» disse Tsubaki in tono grave e la sua voce risuonò per la stanza «Vedrò di avvertire il nostro esercito, le dame sono allenate e pronte a qualsiasi evenienza: loro ci saranno»
Non avrei mai immaginato che tutte le ragazze che avevo visto la prima volta che ero stata lì fossero delle guerriere, ma dopotutto si sapeva che lì nulla era ciò che sembrava.
«Un dio aiuta sempre la sua Regina» disse Black*star e si avvicinò alla mora «Guiderò l'esercito» affermò poi. Tsubaki gli rispose sorridendo calorosa, poi si rivolse a noi:
«Nessuno verrà costretto a combattere. Se non volete...» improvvisamente la sedia di Liz venne spostata con un gran frastuono e la ragazza si alzò interrompendo la mora:
«Mi prendi per il culo? Quella stronza mi ha rovinato i vestiti, rapito la sorella e quasi instupidito il fidanzato più di quanto non sia già. Non vedo l'ora di prenderla a calci nel culo!»
Kid sbottò con un “Ehi!”, ma per il resto gli altri si sollevarono e confermarono il suo punto di vista con entusiasmo.
Io non sapevo cosa fare. Non appartenevo a quel posto, ma davvero non avrei combattuto per salvarlo? No, non potevo di certo... che persona sarei stata? Così feci per aggiungermi all'euforia generale, ma Tsubaki mi guardò invitandomi a seguirla. Ci allontanammo di poco dagli altri e lei fissò i suoi occhi nei miei col suo solito sguardo apprensivo.
«Maka, sei davvero una persona stupenda e coraggiosa e non hai bisogno di dimostrare niente a nessuno, lo sai vero? Quindi...»
«No. Lo so cosa stai per dire... che non dovrei combattere se non voglio, ma...» sorrisi guardando gli altri «...lo voglio. Anche se mi trovo in questo paese da poco so che una parte di esso rimarrà con me per tutta la vita e non permetterò mai che qualcuno lo distrugga. Io devo combattere»
Lei mi guardò sinceramente commossa.
«Allora c'è una cosa che devo mostrarti»

 

La biblioteca del palazzo era qualcosa di indescrivibile. Semplicemente rimasi sulla soglia senza parola per qualche istante prima che Tsubaki mi riportasse alla realtà.
Direttamente incavata nella bianca e marmorea roccia della montagna sulla quale si “arrampicava” l'intero palazzo, la stanza sembrava interminabile, il pavimento si congiungeva al soffitto tramite un numero imprecisabile di colonne modellate ognuna diversa dall'altra (prima un tronco di un albero, poi il corpo sinuoso di una donna, una finta scala e così via). I libri erano ovunque: nelle pareti, nelle colonne, alcuni in incanalature del soffitto sembravano sfidare la forza di gravità, altri si susseguivano, mostrando il dorso, apparentemente incastrati nel pavimento, formano lunghe ed ininterrotte file colorate che si districavano tra le colonne come fiumiciattoli arcobaleno in quel bianco spettrale. Pensai che i libri erano l'unica cosa colorata che avessi visto in tutto il palazzo.
Tsubaki si muoveva nella biblioteca con disinvoltura seguendo quasi sovrappensiero una di quelle scie formate dai volumi incastonati nel freddo pavimento di roccia. La seguii guardandomi attorno a bocca aperta fino a che lei non si fermò ed io quasi le andai a sbattere addosso.
«Eccoci» proferì. Seguii il suo sguardo fino ad incontrare un'enorme colonna bianca, a forma di albero. Il suo tronco robusto si diramava a livello della mia vita in una moltitudine infinita di rami ricurvi così intricati tra loro da formare una sorta di ripiano che circondava il corpo della colonna. Era come se un albero fosse cresciuto in mezzo ad un tavolo, facendoci un buco all'interno. Mi avvicinai ammaliata dall'incredibile scultura nivea e solo allora mi accorsi che, poco sopra la piatta superficie del tavolo, il tronco si allargava in modo che degli spessi rami formassero una conca, quasi una gabbia; al suo interno si trovava racchiuso un foglio di pergamena.
«Bella vero? È la colonna centrale della biblioteca» disse Tsubaki sorridendo e piegando il capo dolcemente, facendo scivolare i lunghi capelli neri verso sinistra.
«Si, è molto bella, ma... perchè mi hai portato qui?»
In tutta risposta la mora si avvicinò alla colonna e allungò la mano verso la conca formata dai rami; nonostante le mani della ragazza fossero piccole e sottili era ovvio che non sarebbero passate dai piccoli spazi tra un ramo e l'altro, eppure, con mio grande stupore (forse la dovevo smettere di stupirmi in quel dannato paese), l'immobile roccia marmorea si deformò lentamente e lasciò passare la mano di Tsubaki come se l'avesse riconosciuta.
«Questo» proferì porgendomi il foglio giallognolo dopo averlo recuperato «me l'ha consegnato Shinigami quando sono diventata regina e da allora, fino ad adesso, è stato rinchiuso nel tronco della colonna in attesa di essere liberato. Solo io e lui e la defunta Regina Rossa lo abbiamo mai letto»
Presi la pergamena quasi sovrappensiero e la osservai.
«Non capisco... perchè me lo stai dando? Perchè a me?»
La mora mi sorrise con una dolcezza che poteva appartenere solo a lei e disse:
«È la profezia»
Trasalii. Il foglio sembrava improvvisamente scottare nelle mie mani. 
La profezia... quella che Medusa aveva nominato nella sala del trono, quella che la vera Regina Rossa le aveva rivelato prima di venir uccisa, quella che “l'aveva inchiodata al muro” come Medusa stessa aveva affermato.
Tsubaki mi fissava come in attesa di una mia parola o di un mio gesto.
«Continuo a non capire perchè la stai dando a me... io proprio non so cosa farmene»
«Potresti cominciarle col leggerla magari» mi voltai. Soul era dietro di me, il fianco e la spalla destra poggiati su una colona bianca. Ghignava, come al solito.
«Non mi pare il momento di ironizzare» brontolai io gonfiando le guance arrossate.
«Bè, dovresti davvero leggerla» Tsubaki mi sorrise gentile. Ma da che parte sta? 
Sbuffai fintamente seccata e, dopo aver lanciato un'altra occhiataccia a Soul che si era avvicinato, aprii decisa la pergamena; lessi ad alta voce:

 

Pace, guerra: circolo vizioso mai infranto
un istante, un secondo, e la gioia si fa pianto,
anni di armonia si affacciano al confine
la luce tenebra inizia a divenire.

Oscurità e chiarezza giungon da lontano
l'una distrugge, l'altra ripara
ciò che non è in lor mano.

Coraggio ed intelletto con freddo metallo,
ristabiliranno l'ordine in stallo
folli risa si alzeranno in battaglia,
strazianti pianti saran di faglia.

Regina di scacchi sarà pedina di dama
i vinti vincitor
e il domani non vedrà chi ama.

 

«Sento terribilmente la mancanza del “e vissero tutti felici e contenti”» proferii alla fine della lettura con amarezza per spezzare il silenzio creatosi nella sala.
«Tutto questo è molto poco fico» commentò invece Soul. Tsubaki si limitò ad annuire mesta come se ricordasse a memoria le parole.
«Tu sai cosa significa?» le chiesi sospettando già la risposta.
«No, purtroppo mi era stato concesso il permesso di leggerla una sola volta e tutto ciò che ho saputo è che bisognava tirarla fuori quando una guerra sarebbe stata imminente»
Sospirai e rilessi mentalmente la profezia, poi mi venne in mente una cosa:
«Ma se Medusa, venendo a sapere della profezia dalla Regina Rossa prima di ucciderla, stava cercando Alice significa che “l'oscurità e la chiarezza che giungon da lontano” sono appunto Medusa e Alice. La cosa avrebbe senso...»
«Se Alice non fosse morta da tempo» aggiunse Soul mesto.
«E allora siamo da capo» guardai Tsubaki alla ricerca di conforto e notai nel suo sguardo una luce birichina che rivelava lei sapesse più di ciò che affermava. Corrugai la fronte e lei parlò:
«Credo tu sia vicina alla mia stessa conclusione, Maka»
Ma se non c'ho capito un...
Soul di fianco a me iniziò a ridere.
«Siamo fottuti» proclamò tra una risata e l'altra. Ma che...? Poi capii.
Tre era il numero di coloro che erano giunti nel paese delle meraviglie da lontano: Alice, Medusa ed io. Se si escludeva la prima perchè era morta e la seconda perchè era “l'oscurità”... rimaneva una sola “chiarezza”.
«Io?» chiesi basita guardando prima il foglio e poi Tsubaki. Lei annuì e Soul ricominciò a ridere.
«Cioè tu saresti davvero quella che ci deve salvare dalla guerra?» esclamò ilare; d'impeto afferrai uno dei volumi sul tavolo bianco e glielo spaccai sul cranio tornando poi a rivolgere lo sguardo non curante alla mora che guardava l'albino spiaccicato a terra con un po' di apprensione.
«Ho pensato così...» mi disse poi «...perchè effettivamente la seconda strofa avrebbe senso: tu e Medusa venite da lontano, l'una per salvare e l'altra per distruggere un paese che non è il loro»
L'esasperazione e l'ansia mi attanagliarono.
«Ma io non sono venuta a salvare un bel niente! Sono finita qui per caso!»
«Credi nel destino?» mi chiese Tsubaki improvvisamente.
Feci per dirle di no, che pensavo fosse un'emerita stronzata, quando due parole della profezia mi trapassarono come un fantasma: “freddo metallo”.
Puoi andare anche tu piccola falce. Gli esperimenti su di te mi hanno condotto a qualcosa di più utile di un pezzo di metallo freddo”.
«Oh mio dio, Soul» mormorai. L'albino si rialzò dolorante in quel momento dal pavimento e mi guardò truce «credo che tu faccia parte della profezia» esalai.
«Cosa?» esclamò lui e mi strappò la pergamena di mano. La lesse velocemente, la rilesse e poi proruppe in un sonoro e conciso:
«Cazzo!»
«Davvero, Soul? È tutto quello che hai da dire: “cazzo”??» gli sbraitai addosso e stavo per afferrare un'altra volta un libro quando Tsubaki ci fermò:
«Smettetela di litigare! C'è scritto che tu e Soul ristabilirete l'ordine insieme»
«Eeee?» sbottammo in coro. Santa Pazienza ci indicò due versi della profezia:
«”Coraggio ed intelletto con freddo metallo, ristabiliranno l'ordine in stallo” è chiaro» disse «Maka, tu sei il coraggio e l'intelletto, Soul tu sei il freddo metallo»
Io e Soul ci guardammo a bocca spalancata.
«Tu non mi puoi impugnare!» sbraitò poi Soul quasi se ne vergognasse.
«Ma ti pare il momento di fare il bambino!? C'è in ballo una guerra non lo faccio mica perchè è divertente!» gli sbottai addosso, chiedendomi come potessi essermi innamorata di un tale deficiente ed arrossendo subito dopo per averlo ammesso.
«Non intendevo quello» l'albino mi guardò orgoglioso «è che nessuno ci è mai riuscito»
Oh... 
Guardai Tsubaki per l'ennesima muta richiesta di soccorso e lei alzò i palmi e le spalle all'insù. Nemmeno lei sapeva che fare. Merda.
«Be, possiamo provare a continuare a decifrare la profezia e...» ma una voce alle nostre spalle ci interruppe:
«Tsubaki, siamo venute a sapere della guerra!» a parlare era stata la ragazza coi capelli rosa che avevo notato alla tavola della Regina Bianca la prima volta che ero stata lì, Kim se non sbagliavo. Vidi la mora annuire e la nuova arrivata proseguì:
«Niente festini con alcol stasera tutti a letto presto! Siamo chiari, li batterei anche da sbronza quei bastardi, ma voglio dare il meglio di me! Noi dame siamo tutte pronte» affermò, poi ci diede la buonanotte e si congedò. Rimasi un po' basita. Festini con alcol? Per un attimo pensai a mio padre... cosa sarebbe successo se fossi morta l'indomani? No, non potevo pensarci.
«Kim ha ragione. Dobbiamo riposare» calcò Tsubaki.
Così insieme, dopo aver lasciato la pergamena all'interno della colonna-albero, uscimmo dalla biblioteca e ci separammo ognuno verso la propria camera con aria mesta.

 

Appena sfiorai il cuscino del grosso letto bianco con la guancia, tutta l'eccitazione, la paura e l'angoscia che mi aveva attanagliato durante il giorno sfumarono e la stanchezza mi invase i sensi talmente in fretta che feci appena in tempo a togliere stivali e pantaloni ed avevo già chiuso gli occhi sperando di trovare pace per qualche ora.
Per alcuni minuti dimenticai tutto: dove mi trovavo, perchè, la guerra... ed ero solo una ragazza che dopo un'intensa giornata andava a letto stremata e... qualcuno bussò alla porta, interrompendo i miei vaneggiamenti; l'irritazione mi invase così in fretta che in un attimo ero in piedi a spalancare la porta e a sbottare un elegante “chi cazzo sei e che cazzo vuoi?” dimenticandomi di essere in mutande.
«Ho davanti così tanto materiale per prenderti in giro che non basterebbe una vita» Soul ghignò fissando tutta la mia figura dall'alto verso il basso e viceversa.
Improvvisamente il fatto di essere spettinata, assonnata e di indossare solo una camicia (la sua tra l'altro) mi travolse tanto da far male. Cominciai a balbettare frasi sconnesse che nella mia testa suonavano come: cazzo guardi, maniaco di merda? Porco maledetto! Esci dalla mia camera! Ma lui si avvicinava e io non riuscivo a parlare. Ero in panico totale.
E poi lui mi baciò con impeto, chiudendosi la porta alle spalle, e i miei pensieri furono inondati da altri di ben altro genere. Non feci in tempo però ad allacciargli le braccia dietro il collo che lui si era già allontanato come se nulla fosse, come se avesse avuto bisogno di quel breve momento. Giuro che per un secondo pensai che se ne sarebbe andato via, lasciandomi lì in piedi da sola come un'idiota, invece lui mi prese una mano e la strinse forte.
«Dobbiamo fare una cosa» sussurrò rauco.
Oddio era una mia impressione o cominciava a fare caldo li dentro?
«uh-oh, cosa?» balbettai come una deficiente. E il premio per la loquacità va a...
«Tipo...» Soul fece aderire il suo corpo col mio spingendomi fino a che non mi scontrai contro la tastiera del letto, fermandomi. Avevo il fiato corto, ma cercavo di non darlo a vedere sostenendo il suo sguardo e il mio orgoglio (per quanto potesse essermene rimasto dopo aver detto “uh-oh”).
«...questo» concluse e le sue labbra calarono nuovamente sulle mie che si socchiusero automaticamente. Volevo stringerlo a me, ma Soul continuava a tenermi una mano nella sua come se volesse ballare il tango, così mi accontentai di affondare la mano libera nei suoi capelli nivei mentre lui mi stringeva il fianco con un ardore tale da mozzarmi il fiato. Constatai velocemente che dormire non era l'unico metodo che mi avrebbe aiutato a dimenticare. Ero nel paese delle meraviglie, all'alba avrei dovuto combattere una guerra e morire probabilmente, ma adesso ero in camera da letto da sola con Soul e lui era li per me. Fanculo il resto! Mi strusciai sull'albino rossa in volto senza mai smettere di baciarlo mentre lui mi accarezzava il volto col palmo sinistro. Ma perchè non mi lascia andare quella dannata mano? Pensai frustrata.
Nel momento in cui cercai di allentare la presa dalle sue dita queste cominciarono a diventare fredde e lisce. Trasalii e spalancai gli occhi, accorgendomi di tenere in mano una lunga asta di metallo. Mi staccai con uno schiocco soffocando un urlo: davanti a me Soul appariva dalla vita in su, il resto del corpo sembrava affondare nella lama rossa e nera della grossa falce che stavo impugnando.
«Che cosa pensavi che volessi fare, pervertita?» ghignò e, prima che potessi ucciderlo, si ritirò completamente nell'arma.
Io tenevo il braccio completamente teso come per tenere la falce il più possibile lontana da me (cosa un po' contraddittoria visto che ero io stessa ad impugnarla) e la guardavo sbalordita.
«Lo so, sono un figo» la voce di Soul risuonò stranamente metallica.
«No... cioè si... no! No, non intendo quello!» diventai un pomodoro «Non avevi detto che nessuno c'era mai riuscito?»
«Evidentemente mi sbagliavo» disse guardandomi dall'estremo del manico.
Coraggio ed intelletto con freddo metallo, ristabiliranno l'ordine in stallo” pensai e dentro di me capii che stavo cominciando a crederci, in quel maledetto destino.

 


 

 

Salve salvinooooo

Non odiatemi per favore :/ ma mi sa che il prossimo non sarà l'epilogo, come anticipato, bensì un ultimo capitolo prima del “the end”. Lo so, mi dilungo troppo :( però mi sono divertita un casino a scrivere la profezia :D spero vi sia piaciuta :)
Grazie di tutto a tutti e un bacio a _Kazuha_Takumi_ che ha recensito anche il capitolo scorso :*
Alla prossima!

XOXO
firephoenix

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Problemi di parafrasi ***


Com'è che iniziava quella poesia? Quella che avevo letto appena una settimana prima in classe e che mi sembrava di aver letto anni e anni fa? Ah già.
Tutto è così silenzioso intorno a me e la mia anima è così tranquilla.”
Iniziava così, con le riflessioni di un uomo che stava per togliersi la vita. Ricordo di essere rimasta basita di fronte a quel testo; come poteva una persona prossima al suicidio pensare una cosa del genere? Mi ero chiesta. Era disumano, era arrendevole, e io non sopportavo arrendermi.
Eppure ora, appoggiata sulla terrazza bianca di un castello delle fiabe, ad aspettare l'alba immersa in un'irreale tranquillità insieme a ragazzi e ragazze molti dei quali a me sconosciuti, forse riuscivo a comprendere quel passo, quei versi che mi avevano inquietato. Il protagonista non si stava arrendendo, aveva capito quale era il suo destino e aveva deciso di intraprenderlo anche se conduceva dritto alla morte. O forse era solo un pazzo.
Quale fosse il mio caso tra questi?
Il sole sorse all'orizzonte tingendo le nuvole di un piacevole colore oro-aranciato.
Lo avrei scoperto molto presto.
Strinsi la ringhiera della terrazza così forte che le mie nocche sbiancarono. Soul di fianco a me mi batté due volte la mano sulla schiena in modo consolatorio.
«Vinceremo non essere nervosa» mi disse poi in tono strafottente senza però riuscire a nascondere un lieve tremore e soffermando le sue dita sulla mia scapola sinistra più del dovuto, come in una carezza.
«Non sono nervosa, sono determinata» presi una lunga boccata d'aria. Orgogliosa lo ero di sicuro.
Soul non fece in tempo a rispondere alcunché, che all'orizzonte in lontananza una colonna di fumo prese a vorticare e ad alzarsi precipitosamente verso il cielo color pesca. Avvertii il mormorio sommesso dalle persone sulla terrazza e con la coda dell'occhio vidi Tsubaki affiancarmisi per guardare meglio il tremendo spettacolo di fumo nero che improvvisamente si deformava rivelando la forma di un uomo imponente con in mano una sorta di bastone e con una corona in testa. Un istante dopo la figura scomparve così com'era arrivata.
«La guerra è ufficialmente aperta. Andiamo a combattere» annunciò la mora sconsolata e la fine ebbe inizio.

 

«Cosa voleva dire l'uomo di fumo nero?» chiesi a Tsubaki mentre aspettavo il mio turno per entrare nel portale azzurro aperto da Excalibur.
«È una specie di tradizione. Il posto dove stiamo andando è la pianura desolata dove sono state combattute tutte le guerre del paese delle meraviglie. Si chiama Grande Scacchiera e ne capirai il perchè quando la vedrai. Comunque sia, quello che ha fatto comparire Medusa è il re nero, un pezzo degli scacchi come ben saprai, e significa semplicemente che lasciano a noi la prima mossa con i bianchi»
«Capisco» annuii e insieme avanzammo verso il vortice azzurro biancastro che dava apparentemente nel nulla, ma che ci avrebbe condotti al campo di battaglia. Cercai Soul con lo sguardo e lo notai proprio mentre entrava nel portale.
«Andrà tutto per il meglio me lo sento» Tsubaki mi sorrise dolcemente, ma riconobbi nella sua voce quel misto di preoccupazione e ansia che la contraddistingueva. Annuii.
Poi, senza darmi il tempo per eventuali ripensamenti, mi gettai a capofitto nel portale.

 

La prima cosa che percepii fu il trambusto di uomini e donne che parlavano e il clangore di spade che stridevano insieme all'accozzaglia di armature indossate dall'uno e dall'altro esercito. Solo dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte per abituarmi alla luce del sole mi accorsi del panorama da brivido: mi trovavo all'angolo sinistro della scacchiera più grande che la mente umana potesse concepire; era disegnata su di una pianura secca e giallastra come un enorme prato che non veniva annaffiato da anni. Le pedine erano giganti, solo i pedoni erano alti come una casa a due piani e delle altre pedine faticavo a vederne la cima.
Come anticipatomi da Tsubaki eravamo nel lato dei bianchi, mentre l'esercito di Medusa stava coi neri; cercai di glissare sul fatto che sembrassero molto più numerosi di noi.
«Maka» la voce di Soul giunse inconfondibile alle mie orecchie. Lo vidi avvicinarsi con in mano un'armatura bianca che faceva perfetto pendant coi suoi capelli nivei «Indossala, non è pesante, ma è resistente e ti proteggerà almeno la parte superiore del corpo»
«Tu non la metti?» gli chiesi mentre mi aiutava a legarmela addosso.
«Hai mai visto una falce con l'armatura?» ghignò «E poi se la avessi sarei talmente figo che ammalierei tutti e vinceremmo subito»
Feci una smorfia per trattenere il sorriso che mi si affacciava sulle labbra.
Mentre mi stringevo i codini e mi sistemavo ripensai alla sera prima; ci eravamo allenati qualche ora e mi ero sorpresa a scoprirmi più brava di quanto pensassi. Certo, non ero la campionessa mondiale, ma con l'aiuto di Soul magari non sarei morta prima ancora di cominciare a combattere. Sospirando alleggerii la mia mente da quei pensieri e tesi una mano verso l'albino.
«Vorresti concedermi l'onore di questo ballo?» gli sorrisi divertita.
«Non aspettavo altro che me lo chiedessi» ghignò ancora e, stringendomi la mano, si trasformò in una falce: l'unico fascio rosso in quel bianco surreale.

 

Una volta che fummo tutti pronti Tsubaki mi condusse accanto a sé, in prima linea, ed iniziammo ad avanzare verso il centro della scacchiera, imitati corrispettivamente dai nostri nemici. Non so perchè, ma mi sembrava tutto troppo calmo; intendiamoci... guerra? Mi sarei aspettata come minimo assalti e urla in stile Black*star uno contro l'altro e un casino da fondere i timpani. Invece c'era un silenzio irreale, quasi forzato, e non saprei dire quale delle due situazioni avrei preferito.
E poi la vidi. Avanzava di fronte a noi vestita di nero, senza armatura o alcuna protezione che non fosse il suo viscido ego: Medusa.
Mi avevano chiesto prima di incamminarci se volessi un elmo, avevo rifiutato; volevo che quella bastarda mi guardasse bene in faccia prima di morire. Strinsi con forza Soul e, non so bene come, ma percepii che ricambiava i miei stessi sentimenti e il mio stesso odio.
«Mi occupo io di Medusa» fece Stein armato di una lunga spranga di metallo e della sua solita sigaretta quasi leggendomi nel pensiero «Non è la prima volta che ho a che fare con delle streghe... sono soggetti al quanto... interessanti» un lampo sinistro gli passò tra le lenti degli occhiali.
«Ma...» feci per protestare. Avrei voluto occuparmi io di lei.
«Ho la sensazione che dovrai affrontare qualcos'altro, Maka, forse qualcosa di peggio» mi interruppe e Tsubaki annuì mesta come a dire che condivideva la stessa preoccupazione.
«Di tutti gli altri ci occuperemo io e il mio esercito. Nessuno può sconfiggerci» fece poi Black* star sorridendo sicuro, anch'egli in prima fila. Stavo per chiedere loro cosa potesse esserci di peggio di Medusa quando vidi la mora trasalire e, seguendo il suo sguardo, notai una figura ancheggiante accanto alla “Regina Rossa”. Blair si spostò i lunghi capelli viola dietro le spalle con una mano, guardandoci con aria lasciva. Ormai ci separavano pochi metri e riuscivo a vedere il sorriso compiaciuto sulle sue labbra traditrici. Mi fece “ciao ciao” con la manina e strizzò un occhio. Stronza.
Stavo per urlarle dietro un intero vocabolario di parolacce quando tutti si fermarono. Eravamo al centro del campo di battaglia, faccia a faccia col nemico. Il silenzio era pesante e palpabile come la tensione.
«Medusa» disse Tsubaki e la sua voce suonò per tutta la scacchiera.
«Cara Regina Bianca» la strega accennò un falso inchino irrisorio.
«Questa guerra è inutile. Ritirala e molte vite saranno risparmiate» tipico di Tsubaki proporre la pace. Medusa rise sprezzante.
«Prima o poi moriamo tutti, no?»
«È davvero necessario?» tentò ancora la mora.
«Assolutamente si! Devo mostrarvi il mio nuovo gioiellino» rispose la strega assottigliando gli occhi in maniera raccapricciante «Tesoro mio, vieni avanti non essere timido»
Dalle retrovie emerse barcollando una figura magra e molle, fissava insistentemente per terra, trascinando i piedi e lasciando che i capelli rosa tagliati apparentemente senza alcuna regola gli coprissero buona parte della faccia. Indossava un vestito lungo e nero col collo alto e bisbigliava frasi senza senso quasi come non si accorgesse di ciò che gli succedeva attorno. Era la persona più strana che avessi visto in vita mia.
«Ma è maschio o femmina?» mi sussurrò Soul con voce metallica, facendomi quasi strozzare per non scoppiare a ridere. Un po' di contegno, Maka! Poi la figura alzò il capo e ogni briciola di ilarità mi fu aspirata via dal corpo. I suoi occhi neri e vuoti si fissarono su di me ed io riuscii quasi a sentire i muscoli di coloro che mi circondavano contrarsi.
«Su Chrona, non essere maleducato. Dì qualcosa» fece Medusa con falsa gentilezza. Con estrema lentezza la testa di Chrona girò a scatti come un ingranaggio verso la donna.
«Ma io... non so come comportarmi» sussurrò con voce flebile ed un brivido mi percorse la schiena.
«Lascia parlare me allora! Dai!» una voce sgradevole giunse dalla seconda linea. Allungai il collo per capire chi avesse parlato, ma non vidi nessuno farsi avanti.
«No...» cercò di imporsi debolmente Chrona.
«Come se avessi bisogno del tuo permesso!» disse ancora la voce, dopodiché il corpicino esile del ragazzo iniziò ad essere percosso da forti spasmi e convulsioni e la sua schiena prese a deformarsi. Inorridii di fronte a quello spettacolo raccapricciante; vidi Tsubaki coprirsi la bocca, Black*star fare una smorfia schifata, Kid distolse lo sguardo mentre Liz copriva con le mani il viso della sorella minore ed io fissavo con la bocca aperta una montagna informe nera con due sfere bianche al posto degli occhi emergere tra le scapole del ragazzino sfinito.
«Finalmente! Stupido, idiota!» sbuffò poi colpendo Chrona sulla testa «Io sono Ragnarok, chi è che dobbiamo uccidere, eh?»
«Me» prima di pentirmene le parole erano scivolate fuori dalla mia bocca e udite da tutti. Per un attimo un baccano indistinto tra lamentele ed imprecazioni riempì il campo di battaglia «Mi avete detto che avrei dovuto affrontare qualcosa di peggio di Medusa... credo che non vi sia altro da aggiungere»
«Oh, Maka cara! Pensavo che non ti avrei più rivista» la strega mi sorrise beffarda.
«E io pensavo di ucciderti con le mie mani. Siamo rimaste deluse entrambe a quanto pare»
Percepii il ghigno di Soul affianco a me.
«Chi sei? Io... io non ti conosco...» Chrona mi fissava smarrito.
«Mi chiamo Maka Albarn e...»
«Non so come comportarmi coi tuoi codini...» cos'è un insulto?
«Non devi comportarti in nessun modo, razza di idiota! Uccidila!»
Feci roteare Soul tra le mie mani e mi misi in posizione di attacco cercando di non dare a vedere quanto fossi nervosa.
“Andrà tutto bene, non sei sola” la voce di Soul giunse direttamente nella mia mente. Se fossi stata in qualsiasi altra situazione lo avrei preso a calci nel culo anche solo per averci provato ad entrare nella mia testa, in quel momento però gli fui solo grata.
“Lo so” pensai e seppi che mi aveva sentito.
«Dimentichi che spetta a voi la prima mossa» ghignò Medusa. Mezzo secondo dopo un lampo di luce attraversò la distanza tra i due eserciti e venne fermato di riflesso dalla mano della “Regina Rossa” che perse immediatamente la sua espressione falsa in favore di uno sguardo di odio puro. Medusa si fissò il palmo dal quale scorse un piccolo rivolo di sangue e lasciò cadere il bisturi.
«Scacco» ghignò Stein e la guerra ebbe inizio.

 

Mi rimangiai tutto quello che avevo detto prima sulla tranquillità.
Ci lanciammo direttamente gli uni contro gli altri con così tanto ardore che quasi persi di vista Chrona... almeno finché dalla sua schiena non si alzarono un paio di orribili ali nere e lui si sollevò, dirigendosi verso il margine della scacchiera. Lo seguii.
Per la strada abbattei e stordii diversi soldati di Medusa un po' grazie a Soul ed un po' grazie ai miei anni di karate che di certo non mi furono di peso.
“Guarda i loro occhi, Soul! Sono come quelli di Kid!” pensai mentre colpivo uno di loro col manico della falce, atterrandolo.
“Sono ipnotizzati... combattono contro la loro volontà” mi rispose ed io provai l'ennesima ondata di disprezzo verso la strega. Finalmente, dopo parecchi avversari, giungemmo al confine della scacchiera ansanti e sudati ed io ebbi la brillante idea di guardare il campo di battaglia; per poco non mi venne un infarto. Gli uomini non erano gli unici a combattere quella guerra; davanti ai miei occhi le enormi pedine del gioco si muovevano, distruggendosi a vicenda come se un'entità invisibile stesse conducendo una partita a scacchi. Grazie al cielo gli enormi cocci rotti che esplodevano quando una pedina “mangiava” una sua simile svanivano prima di toccare il suolo (ovvero prima di sfracellarsi sulle teste dei soldati) e si materializzavano ai bordi del campo. Proprio accanto a me giaceva una grande testa di uno dei due cavalli neri rivolta verso l'alto, decisi di salire sopra i cocci alla base del suo collo per per avere una visuale migliore della scacchiera.
Spada contro spada i due eserciti avanzavano l'uno addosso all'altro senza tregua; notai Tsubaki con la sua chioma nera raccolta in una coda alta, spalla a spalla con Black*star, vidi il perfetto (e simmetrico) gioco di squadra di Liz, Kid e Patty, scorsi anche Kim, la ragazza dai capelli rosa, abbrustolire tre soldati grazie ad una specie di lanterna (Soul mi spiegò poi che Jacqueline, l'amica di Kim, aveva le sue stesse capacità) ed infine, ancora esattamente al centro del campo di battaglia, a metà tra una casella nera ed una bianca, mi si mostrarono Stein e Medusa, intendi in una danza mortale tra colpi magici e arti marziali. Erano così veloci che il mio occhio faticava a seguire i loro movimenti e nessuno dei due sembrava prevalere sull'altro. Poi un urlo raccapricciante mi portò alla realtà. Girai la testa di scatto e notai subito la figura di Chrona, con le ali nere ancora spalancate dietro di sé ed un'enorme spada nera che gli penzolava tra le mani, stagliarsi contro il cielo azzurro barcollando sopra il naso del cavallo, parecchi metri sopra di me.
«Forza, cretino! Uccidila!» urlò Ragnarok, e con un salto scomposto al quale nessun essere umano sarebbe sopravvissuto, Chrona si lanciò dal muso della pedina e atterrò con un frastuono davanti a me, provocando un'onda d'urto che per poco non mi fece cadere a terra. Senza ulteriori esitazioni il ragazzino mi scaraventò addosso la spada nera che riuscii per un pelo a parare con Soul, avvertendo il suo dolore come mio; dopodiché mi affrettai ad allontanarmi velocemente da lui con un salto all'indietro ed il fiato corto.
«Sai? Il mio sangue è nero...» sussurrò Chrona, poi mi attaccò ancora, questa volta ero più preparata, così lo schivai velocemente, passando sotto la sua spada e ruotai fulminea la falce per colpirlo alle spalle, mietendo il nulla. Chrona era sparito.
“Cazzo, è veloce!” imprecò Soul. Non feci in tempo a rispondere che un nuovo attacco arrivò dall'alto. “Maka!” l'urlo rimbombò nella mia mente mentre alzavo immediatamente la falce sopra la testa e paravo l'affondo del ragazzino, creando due profondi solchi dei miei piedi nel collo del cavallo. Pregai che non mi cedessero le ginocchia. Poi Chrona caricò nuovamente ed io, schivandolo, mi lanciai contro la curva a elle tra il collo ed il muso dell'animale di alabastro; prima di pensare se fosse la cosa giusta da fare, usai la parete come base per slanciarmi e saltai all'indietro mietendo l'aria con la falce e, per mia fortuna, non solo quella.
Chrona non fece una piega mentre osservava il suo sangue nero come l'inchiostro scivolargli lento giù da un fianco ferito; la cosa non mi piacque neanche un po'. Un istante dopo infatti il suo sangue che sgorgava iniziò a ribollire e, fluttuando nell'aria, si divise in centinaia di spilli appuntiti. Chrona sorrise in modo disumano.
«Il mio sangue è nero...» sussurrò.
“Scappa!” mi urlò Soul; mossi appena due passi e l'insieme di aghi mi piombò addosso.
Mi graffiarono gambe, braccia, viso, rigarono l'armatura e mi tagliarono parte dei codini, ma riuscii per miracolo a nascondermi dietro ad un coccio della pedina, salvandomi la vita.
“Maledizione, ma cosa cavolo è quel tipo?”
Nuovamente l'attacco di Chrona arrivò all'improvviso, tranciando in due il masso dietro il quale mi ero riparata. Colta di sorpresa scivolai all'indietro e, non trovando alcun appiglio col piede, rovinai giù dal collo del cavallo fermandomi solo quando andai a sbattere la schiena contro una superficie frastagliata. Mi massaggiai i muscoli indolenziti gemendo dal dolore e mi accorsi di essere caduta in un angolo nero della Grande Scacchiera con le spalle ancorate alla mezza testa di un alfiere bianco. Avrei dovuto alzarmi e scappare, se Chrona fosse atterrato lì in quel momento sarei morta di sicuro in quell'angolo; invece, che un fulmine mi colpisca, mi misi a ragionare.
“Soul! Tu hai del sangue nero in corpo giusto?”
“Maka che cavolo fai? Togliti di lì! Ti stai mettendo in trappola da sola!”
“Rispondimi!”
“Si! Lo ho! Adesso alzati!”
“Credo... Soul credo che il sangue nero sia ciò che rende così forte Chrona... non c'è un modo in cui possiamo sfruttare il tuo?”
“Non lo so... forse si, ma non so quanto possa funzionare”
“Dobbiamo provarci o non riusciremo mai a batterlo. Soul... qualunque cosa tu debba fare io... non ti lascerò mai. Sono con te fino alla fine”
“Maledizione, Maka! Ti preferisco quando mi urli addosso. Almeno non sono costretto a pensare cose tremendamente poco cool come il fatto che ti amo”
Avvampai e il mio cuore perse un battito. Santi numi lo ha detto!
“Maka, adesso mi abbandonerò al sangue nero... non so cosa succederà a te ne a me, ma... spero che riusciremo a venirne fuori. Ehi, cavolo! Ovvio che ci riusciremo!”
Sorrisi ancora un po' imbarazzata.
«Grazie, Soul» dissi ad alta voce, poi chiusi gli occhi.
Chrona atterrò in quel momento davanti a me, impugnò la spada a due mani e, dopo averla alzata sopra la testa, la abbatté con un urlo su di me. Il battito del mio cuore mi rimbombò in testa come uno sparo e all'improvviso non ero più me stessa, non ero più la ragazza secchiona e coraggiosa che tutti conoscevano.
Io. Ero. Follia.
Ancora seduta, alzai le gambe fulminea e fermai la spada nera di Chrona con i piedi. Il rumore del sangue nero contro le mie scarpe si diffuse come un'onda su tutta la pianura e, mentre il ragazzino dai capelli rosa spalancava gli occhi ed iniziava a tremare, io cominciai a ridere senza freno. Eravamo immobili, in stallo.
«Che... che cosa hai fatto? Pe-perchè non muori? Io non so cosa fare...» poi caricò e mi colpì ancora nello stesso punto «NON SO COSA FARE! NON SO COSA FARE! NON SO COSA FARE!» urlò senza mai smettere di colpirmi e senza sortire alcun effetto che non fosse farmi ridere ancora più forte. Improvvisamente però il sorriso mi scomparve dalle labbra, mi sollevai velocemente e bloccai la sua spada a mani nude. Guardai il mio sangue rosso scorrermi insieme a quello nero sui polsi, ma non faceva male, proprio no, neanche un po'. Lasciai una mano sulla lama e con l'altra mi abbassai a prendere la falce della quale mi ero quasi dimenticata.
«Muori» proferii sorridendo dolce e, con un gesto del braccio piuttosto scoordinato, tranciai Chrona a metà.
Davanti a me, il corpo del ragazzino prese a vorticare e, con un urlo disumano, scomparve per sempre.
«Yu-uuuuuu! Ho vinto, ho vinto!» esultai iniziando a saltellare nel campo di battaglia tra giganti che si distruggevano e persone che combattevano fino alla morte.
Poi successe l'inaspettato:
«Ok ragazzi! Com'è noiooooso fare i cattivi, non vi pare? Su, su! Svegliatevi!» ordinò Blair in piedi sopra un pedone. Improvvisamente la testa iniziò a farmi male tanto che pensai potesse scoppiarmi. Mi afferrai il capo tra le mai, lasciando cadere la falce, e crollai sulle ginocchia; un vorticare infinito di voci mi turbinavano nella mente: “Maka! Maka mi senti?” “Follia, follia, follia” “Afferra la mia mano” “Non lasciarti andare ti prego” “Abbandonati a me, Maka” “Più potente, più potente!” “MAKAAA!”
La voce di Soul mi colpì come uno schiaffo in faccia. Trasalii respirando più aria che potessi, come se fossi rimasta in apnea. L'albino, che aveva ripreso forma umana, si inginocchiò accanto a me e mi abbracciò con slancio.
Il ricordo di tutto ciò che avevo fatto mi avvolse.
«L'ho ucciso» mormorai con il viso premuto contro il petto si Soul e le lacrime agli occhi.
«Ce l'abbiamo fatta Maka, ce l'hai fatta» mi disse lui accarezzandomi dolcemente i capelli. Ripensai al viso di Chrona mentre lo falciavo in due. Era stato orribile.
Per un attimo mi abbandonai alle carezze del ragazzo che mi stringeva; non eravamo in un campo di battaglia, non c'era nessuna guerra, solo io e lui. Poi però la realtà urlò troppo forte per essere ignorata e fui costretta ad aprire gli occhi.
Rimasi basita. Tutto l'esercito nero era in ginocchio, alcuni si tenevano la testa con le mani, altri avevano già recuperato il senno e, come Kid nel Castello Rosso, abbracciavano persone che fino ad un momento prima sembravano a loro sconosciute. In mezzo a tutta quella gente semi seduta le due figure in piedi al centro della scacchiera attirarono subito la mia attenzione. Fu questione di un secondo, una distrazione fatale, e in lontananza potei scorgere la spranga di Stein trafiggere Medusa la quale si accasciò al suolo priva di vita. All'estremità della scacchiera una torre bianca si mosse in verticale intrappolando con la regina il re nero in un perfetto scacco matto, disintegrandolo sul posto. Seguì un momento di silenzio stupefatto, poi tutti i sopravvissuti iniziarono ad esultare, prima con una certa incredulità e poi lasciando andare tutta la gioia e la felicità con urli liberatori.
«È finita» esalai emotivamente sfinita.
«È finita» mi confermò Soul stampandomi un bacio affettuoso sulla fronte «andiamo dagli altri»
Insieme ci ricongiungemmo alla nostra compagnia: Kid, Liz e Patty si stavano abbracciando, erano tutti e tre pieni di lividi e ferite, ma sembravano quasi non farci caso, Black*star urlava come un ossesso su quanto la vittoria fosse tutta merito di un certo dio, Kim stringeva professionalmente la mano ad uno Stein piuttosto provato per complimentarsi mentre Jacqueline gli accendeva una sigaretta (e quando dico gli accendeva intendo proprio che era lei stessa a fare da accendino) Soul si allontanò da me per andare a darsi grosse pacche da macho con altri suoi conoscenti, alcuni dei quali dell'esercito nero, mentre io vagai in cerca dell'unica persona che non avevo ancora visto.
Trovai Tsubaki a parlare in modo concitato insieme a Blair. Blair! Come ho fatto a dimenticarmene! 
«Ehi! Potevi dircelo che era tutto un piano santi numi!» la sgridai bonariamente avvicinandomi.
«Oh, Makina! Blair avrebbe voluto tanto dirtelo, ma Tsu ha insistito nel mantenere tutto un segreto!»
Mi voltai di scatto verso la mora con una faccia sconcertata.
«Eh si, c'ero io dietro tutto» sorrise lei un po' imbarazzata «io ero l'unica a conoscere il segreto di Blair»
«Cioè che è una strega?» perchè era ovvio che fosse riuscita a risvegliare tutti dalla trans grazie ad un incantesimo.
«Oh no... solo solo una gatta con poteri magici» sorrise «un misto tra Soul e Medusa, nya!» e si trasformò in un morbido micio viola. Proprio il paese delle meraviglie!
«Abbiamo sfruttato le sue capacità a nostro favore, decidendo di “infiltrarla” tra i nemici» mi spiegò Tsubaki felice.
«Pazzesco... quindi adesso tornerà tutto come prima?» domandai, chiedendomi quale sarebbe stato il mio posto d'ora in avanti.
«Non proprio... io...» Tsubaki arrossì trattenendo un sorriso «ho deciso che non voglio più fare la regina»
«Tsu è fantastico! Finalmente avrai più tempo per te!»
«E l'altra sera Black*star mi ha chiesto di sposarlo» i suoi occhi irradiavano felicità «così il Castello Bianco sarà in una sorta di democrazia tra dame, ma Black*star rimarrà convinto di esserne lui il re»
Risi di gusto.
«E il Castello Rosso?»
«Lo governerò io» mi rispose Blair «Il magenta mi sta molto meglio del bianco non trovi?» sorrisi incredula.
«E così vissero tutti felici e contenti, insomma» quell'affermazione mi fece tornare alla mente la profezia e quasi mi venne un colpo accorgendomi che tutto combaciava alla perfezione: io e Soul avevamo sconfitto Chrona in posizione di stallo, all'angolo della scacchiera (Coraggio ed intelletto con freddo metallo, ristabiliranno l'ordine in stallo); per farlo avevamo dovuto ricorrere alla follia ( folli risa si alzeranno in battaglia); Tsubaki aveva deciso di prendere in mano il suo destino e si era ritirata dalla carica di sovrana e Blair aveva risvegliato l'esercito nero, facendo loro ricordare da che parte stavano (Regina di scacchi sarà pedina di dama, i vinti vincitor).
Stavo per condividere le mie riflessione con Tsubaki quando il grido di Liz mi fece voltare bruscamente.
E il tempo si fermò.
Si fermò il sangue nelle mie vene.
Si fermarono i miei pensieri, il vento, il suono di ogni cosa.
Poi delle ginocchia caddero a terra con estenuante lentezza ed il resto accadde tutto troppo in fretta.
«No... NO!» scattai in avanti afferrando il volto di Soul tra le mani ed inginocchiandomi accanto a lui. Ignorai l'ultimo perfido sorriso di Medusa mentre scompariva per sempre in fasci di oscurità come aveva fatto Chrona. Sarebbe stato inutile inveire contro qualcuno già morto, anche se era stato lui stesso a compiere quel crudele gesto, quell'abominevole ingiustizia.
«Soul! Soul! Resisti! Ti prego resisti...» ma la dura consapevolezza dell'asta di ferro conficcata nel suo petto ruppe la mia voce e le mie lacrime.
«Maka...» provò ad avvicinarsi Tsubaki che già piangeva.
«NO! Andate via! Andate via tutti!» urlai come impazzita. Sapevo cosa avrebbero detto, che non avrei potuto fare più nulla per lui, ma non mi importava; così, facendo sdraiare lentamente Soul a terra, lo strinsi a me dondolandomi avanti e indietro finché non rimase più nessuno.
«Soul... Soul... Soul...» singhiozzavo cercando invano di coprire l'enormità di sangue che gli usciva dal petto, la dove l'asta era spuntata. Pronunciai il suo nome fino allo stremo, fino a quando non ebbi più voce. Solo allora mi accasciai completamente sfinita sul corpo del ragazzo che amavo e che, per colpa del mio orgoglio, non lo avrebbe mai saputo. Ma ormai era troppo tardi.
Sola, in quella pianura di morte, rinnegai i mie ricordi e la mia vita fino a dimenticare il mio stesso nome e mi abbandonai al nulla, cadendo in una profonda oscurità che sapeva di sangue.

e il domani non vedrà chi ama.”

 

 

 

 

 

Salve salvinooooo (?)
*Questo messaggio è registrato, l'utente firephoenix è già scappata col suo pc dall'altra parte del mondo onde evitare imminenti percosse. Ci tengo perciò, solo a precisare qualche punto:
1 il verso di poesia iniziale è preso da “I dolori del giovane Werther” di Goethe.
2 questo capitolo era di una lunghezza estenuante quindi complimenti per chi è arrivato alla fine
3 per chi è arrivato alla fine... firephoenix invoca pietà
4 il prossimo capitolo è l'epilogo
Grazie per la vostra gentile attenzione e buona giornata.

XOXO
voce registrata di firephoenix*

Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Epilogo ***


Bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip...
Carica a 200!
Chi sono? Dove sono?
Bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip...
Libera!
Sussulto. Sono morta?
Carica a 250!
Che succede? Cerco di aprire gli occhi, di reagire, ma c'è troppo rumore.
Libera!
Mi fa male tutto, mi fa male il cuore. Voglio che smetta.
Bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip...
Le voci attorno a me mi confondono. Sussulto ancora e ancora.
Carica a 300!
Voglio uscire di li. Voglio che il dolore scompaia.
Libera!
Sussulto un ultima volta, poi sprofondo nel nulla.

 

Quando riaprii gli occhi fui investita da un bianco accecante. La testa mi girava e mi sentivo debole e spossata; dopo qualche istante di disorientamento capii di star fissando il soffitto bianco e crepato di una piccola stanza. Sbattei ancora un po' le palpebre e feci una fatica immane quando cercai di ruotare il collo quel minimo che mi avrebbe consentito di esplorare la camera con lo sguardo.
Alla mia sinistra c'era solo una finestra; le tende bianche erano tirate e rendevano la luce del giorno proveniente dall'esterno quasi surreale. Alla mia destra c'era un comodino con un vaso enorme di fiori variopinti, un monitor che bippava a ritmo costante e una flebo. Fu allora che capii di essere in un ospedale e non... la testa prese a vorticarmi più velocemente... quel bianco sembrava richiamarmi alla memoria antichi ricordi. Ricordi che forse era meglio non riesumare. Lo schermo del computer vicino a me prese a emettere bip sempre più veloci e irregolari. Strinsi con forza le unghie nel materasso morbido del letto mentre il mal di testa mi perforava la mente come un martello pneumatico.
Una maschera. Alice. Due sorelle. Un gatto. Un tavolo imbandito. Un castello bianco. Uno rosso. Una guerra e...
Soffocai un urlo di orrore mettendomi una mano sulla bocca mentre un bippare frenetico e impazzito invadeva la stanza in una lugubre e interminabile colonna sonora.
Poi la porta della stanza si spalancò e ne entrò un medico seguito a rotta di collo da una cascata di capelli rossi e degli occhi scavati.
«Makina, tesoro! Sei sveglia!» esclamò Spirit piangendo come un bambino e abbracciandomi, facendomi più male che bene.
«Signore deve calmarsi o la signorina rischierà di...» provò a dire il dottore, ma mio padre lo prese immediatamente per il colletto del camice bianco fissandolo con rabbia.
«La mia bambina è stata in coma per due settimane intere e adesso si è svegliata. Non provare a dirmi cosa devo fare!»
«In coma per due settimane» sussurrai accasciandomi sul cuscino. Due settimane. Forse mi ero sognata davvero tutto... non ero mai stata in quel mondo, non avevo combattuto alcuna guerra, non avevo perso nessun amico.
Persa completamente nei miei pensieri non mi accorsi che Spirit aveva lasciato fulmineamente il dottore per venirmi a stringere una mano.
«Come stai, tesoro? Di al tuo papino come ti senti»
Come mi sentivo? Distrutta era un eufemismo. Avevo viaggiato in un paese di un'altra dimensione, ci avevo messo parecchio a credere che quello che stavo vivendo fosse vero e quando c'ero riuscita mi ero innamorata, poi il mio cuore era stato preso a calci e lacerato dalla visione di una morte orribile e infine, eccomi qui, travolta dalla possibilità che tutto ciò che avevo vissuto fosse stata un'allucinazione causata dal coma.
«Perchè non parla?» mio padre stava nuovamente guardando il medico con aria accusatoria «Che cosa le hai fatto, eh? È colpa tua, eh?»
Fu allora che iniziai a ridere. Ogni sussulto mi faceva male fisicamente eppure non riuscivo a smettere e con le risate uscirono presto anche lacrime, che bruciavano come lava sulla mia pelle fredda. Diciamocelo... tutto questo era semplicemente esilarante. Avevo vissuto l'avventura più assurda ed emozionante di tutta la mia vita ed eppure ero lì, con Spirit che faceva il paparino iperprotettivo. Dio, avevo vissuto l'inferno e non era cambiato niente. Niente. A cosa erano valsi i miei sacrifici? Ad una comica normalità?
«Makina?» la voce di mio padre era un sussurro.
«È probabile che sua figlia stia attraversando uno shock post traumatico. I ricordi dell'incidente stradale si stanno facendo vivi nel suo cervello»
Risi ancora più forte. L'incidente stradale, un trauma? Loro non avevano idea di che “trauma” avessi sofferto in quei giorni.
«È-è sopravvissuto qualcuno?» chiesi in preda all'ilarità.
«Il corpo dell'autista non è stato rinvenuto e nell'altra macchina coinvolta i paramedici hanno trovato solo un ragazzo che adesso è in coma, come lo eri tu» mi rispose il dottore.
Non è stato trovato alcun corpo. La mia risata si spense in un istante. Black*star, certo... e un altro ragazzo era in coma. Fantastico... a quante persone dovevo ancora rovinare la vita con la mia presenza?
Spirit preoccupato dal mio cambiamento d'umore provò un approccio:
«Vuoi che papino ti porti da bere?»
Non sapendo cosa rispondere annuii, pur non avendo sete. Mio padre uscì come un tornato dalla stanza urlando per i corridoi “qualcosa di caldo per la mia Makinaaaa!!”e il medico che c'era nella stanza si avvicinò al monitor, controllò alcuni parametri, sistemò la flebo e mi disse in tono rassicurante che il peggio era passato, poi uscì anche lui.
Io tornai a fissare il soffitto bianco con le lacrime agli occhi.
Sapevo che avrei dovuto convivere con quei ricordi, falsi o veri che fossero, per tutta la vita. Sapevo che non sarebbero mai scomparsi, come sapevo che non avrei trovato più nessuno come... Soul. Il suo solo pensiero mi faceva venir voglia di smettere di esistere.
«Makina tesoro, ti ho portato da bere» mio padre entrò piano dalla porta con in mano una tazza di porcellana piena di tè fumante. Non mi chiesi dove l'avesse presa in un ospedale; quando Spirit voleva fare qualcosa per me in qualche modo ci riusciva sempre.
«Grazie» biascicai prendendola e coprendone la superficie coi palmi per scaldarmi le mani.
Bevvi un sorso di tè ed il mio pensiero corse a Stein, Ashura ed il coniglio. La battaglia di pasticcini e posate riuscì ancora a strapparmi un piccolo, seppur malinconico, sorriso.
Spirit mi guardò contento di aver fatto stare meglio la sua “Makina” e uscì dalla stanza dicendo che avrebbe chiamato mamma per informarla del mio risveglio.
Io mi accoccolai meglio tra le coperte a bere il mio tè.
«Come with me... and you'll be... in a world...» sospirai canticchiando un po' stonata «of pure imagination...» era iniziato così quel viaggio. Con quella canzone a fare da sfondo.
Che fosse stata davvero tutta “pura immaginazione”, come suggeriva il titolo? Poteva una fantasia, un sogno, una non realtà, cambiare in modo così profondo una persona? Perchè era ovvio che non fossi più la Maka del giorno del matrimonio di Marie... una Maka migliore, peggiore forse, chissà, ma sicuramente diversa. Avevo visto la morte, la guerra, l'amore... in meno di una settimana avevo vissuto un'intera vita. Aveva un che di inquietante, ma non potevo negare che non fosse incredibile.
E adesso cosa succederà? Mi chiesi chiudendo gli occhi. La distrazione fu fatale: le due settimane di coma mi avevano indebolito parecchio, così la tazza mi scivolò dalle mani e, rimbalzando sulle lenzuola si schiantò a terra, rompendosi.
«Merda» biascicai ringraziando il cielo che almeno fosse vuota e che quindi non avessi imbrattato nulla di tè. Con una fatica immane e la testa che girava, mi sporsi dal bordo del letto, allungandomi per afferrare i cocci e deporli sul comodino. Ad un centimetro di distanza dal coccio più grande la testa prese a vorticarmi così forte che mi sembrò quasi che fossero i pezzi della tazza a ruotare. Mi risollevai sul letto e affondai il capo nel cuscino col respiro accelerato sperando che passasse in fretta; di porcellane che si sollevavano nell'aria e svanivano nel nulla ne avevo avuto abbastanza nel paese delle meraviglie.
Quando il mal di testa si fu placato abbastanza tornai a rivolgere lo sguardo verso i pezzi di tazza sul pavimento. Era rotta proprio come si era rotta quella nel palazzo di Tsubaki... mi avvicinai ulteriormente... i bordini azzurri finemente decorati, quel bianco così puro... cavoli quella sembrava proprio la porcellana del palazzo di Tsubaki!
Affascinata ed incredula ne afferrai un pezzo e, tornando a mettermi comoda sul letto, lo esaminai con cura. Non c'era dubbio, sogno o no, quella tazza era uguale identica a quella della Regina Bianca. Ripensai alle parole che mi aveva rivolto quel giorno:“ Nel paese delle meraviglie tutto ciò che si rompe, come una porcellana, o viene dimenticato, come un sogno, si trasferisce in un altro mondo. Quella tazza potrebbe essere finita nel tuo, tanto quanto potrebbe essere rotta in un cassonetto o intera su uno scaffale”
Che quella fosse dunque arrivata da...? No. Non poteva essere. Non avevo visto nessuno stupido paese! Ero stata in coma! Cercai di convincermi. Ed allora perchè il monitor affianco a me emetteva bip a ritmo sempre più calzante? Perchè i miei pensieri iniziarono a viaggiare indipendentemente dalla mia volontà?
Come sei tornata a casa dal paese delle meraviglie, Maka? Sembrò chiedermi la mia coscienza.
E in un attimo seppi risponderle: ero rimasta sola, mi ero lasciata andare, mi ero dimenticata della mia stessa esistenza. Dimenticata.
Nel paese delle meraviglie tutto ciò che si rompe, come una porcellana, o viene dimenticato, come un sogno, si trasferisce in un altro mondo.”
Rotto... dimenticato. E se non valesse solo per gli oggetti o per i sogni?
Presa in pieno stomaco da una speranza mozzafiato, spostai le coperte con un unico gesto, lasciando il mio piccolo corpo avvolto nel camice d'ospedale allo scoperto. Alla maggior velocità che mi era concessa spostai le gambe atrofizzate giù dal letto, fregandomene dei cocci di porcellana ancora a terra. Mi strappai la flebo la braccio con un gemito di dolore e mi alzai in piedi. Traballai per un attimo, ma la mia forza di volontà sarebbe bastata da sola per un intero esercito; sarei uscita da quella camera anche strisciando.
Una volta giunta alla porta la socchiusi e sbirciai fuori. Con sollievo notai che la mia stanza non era collocata in un corridoio centrale e quindi il via vai non era frenetico. Aspettai paziente che le due infermiere che camminavano spettegolando sparissero dietro il primo angolo e mi fiondai fuori.
Come prevedibile ero nel reparto di terapia intensiva, dove stavano le persone in coma; nel corridoio, oltre la mia, c'erano altre tre porte. Presi un bel respiro profondo per calmare il tremore delle gambe ed entrai nella prima.
Le tapparelle della stanza erano abbassate e la camera era immersa in buio tanto profondo che dovetti affidarmi alla sola luce che proveniva dalla porta che avevo socchiuso per vedere qualcosa. Senza nemmeno sapere bene cosa stavo cercando, mi avvicinai al letto d'ospedale inquietata dal costante rumore che il respiratore diffondeva nello spazio circostante e sbirciai la testa della figura nel letto. Sembrava un uomo di mezza età, era pelato e di un colore poco rassicurante.
Soffocai una risata di scherno. Che ti aspettavi, eh?
Nonostante tutto uscii dalla stanza e, per placare la mia infondata paranoia, controllai anche le altre due: la prima era occupata da una figura mingherlina, poco più di una bimba, che sembrava quasi scomparire in mezzo alle montagne di pupazzi e fiori che costellavano la camera e la seconda ospitava un'anziana e scheletrica signora dall'aria buona. Quelle visioni mi fecero salire le lacrime agli occhi e sperai solo che adesso, tutte quelle persone, stessero vagando in un mondo meraviglioso e di pace, vero o non vero che fosse.
Alla fine della perlustrazione ero sfinita. In mezzo al corridoio le mie gambe stanche e provate cedettero e crollai distrutta con la schiena alla parete. La prima infermiera che fosse passata di li mi avrebbe riportata a letto e poi... sospirai afflitta senza nemmeno riuscire ad immaginarmi in un prossimo futuro.
Non volevo ammetterlo a me stessa, così cercavo di pensare ad altro tutte le volte che il pensiero di chi avrei voluto trovare in quei letti mi dilaniava cuore e mente. Fissai lo sguardo sulla porta di fronte a me cercando di focalizzare la mia attenzione su qualcosa che non mi facesse venir voglia di piangere come una bambina.
La speranza è una grandissima figlia di... e fu allora che mi accorsi delle cartelle mediche appese ad ogni porta. Quella di fronte a me era la stanza dell'uomo pelato col respiratore, ma, alla maniglia, non c'era un foglio come sulle altre, ce n'erano due. Rimasi a fissare la cartellina in più da terra, troppo lontana per leggere il suo contenuto. Avrei dovuto andare a controllare? Si, per ricevere un altro schiaffo in faccia?
Incrociai le braccia al petto e fissai la porta con astio. Era una fottutissima presa in giro. Non ci sarei cascata di nuovo.
Perchè le mie gambe si stavano muovendo allora? Perchè improvvisamente ero in piedi? Quello che stavo facendo non aveva alcun senso... aprii per la seconda volta la porta della camera buia e la richiusi alle mie spalle. Era autolesionismo puro.
Nella completa oscurità, mi diressi verso la finestra che avevo intravisto poco tempo prima; allungando le dita della mano sinistra sfiorai il bordo del letto dell'uomo calvo, poi il nulla e infine un'altra testiera. Trasalii. Così c'erano davvero due persone.
Giunta alla parete cercai a tentoni la cordicella per aprire le tapparelle e, quando la sfiorai, una lacrima corse calda sul mio viso. La toccai esitante. In un'unica goccia era contenuta l'anteprima di tutta la rabbia, l'impotenza e il senso di ingiustizia che avrei vissuto quando, facendo entrare la luce, avrei trovato un letto vuoto od uno sconosciuto. Eppure non riuscivo a fermarmi, come se un burattinaio stesse tendendo i miei fili ed io, marionetta, non potevo fare nulla per impedirglielo.
Con un urlo di rabbia strattonai con forza la cordicella.
...tutto ciò che si rompe o viene dimenticato si trasferisce in un altro mondo...”
...nell'altra macchina coinvolta i paramedici hanno trovato solo un ragazzo che adesso è in coma, come lo eri tu...”
...e il domani non vedrà chi ama...”
Erano passate due settimane.
«Mi stavo effettivamente cominciando a chiedere se ci fossi anche tu» disse.
Fissai il mio sguardo nei suoi occhi cremisi e sorrisi.

 

 

 

 

 

Salve salvinooooo
non c'è niente di più appagante di mettere il punto finale ad una ff che ti ha impegnato per 14 capitoli :)
Quasi mi commuovo :)
Allora, che mi dite? Vi è piaciuta? Io la ho amata e odiata allo stesso tempo :)
So che il finale è apertissimo, ma spero che vi abbia scucito un sorriso come ha fatto con me :) e poi Soul è vivo! È questo che conta! ;P
Amo gli happy ending :')

XOXO
firephoenix

 

Ps: ringrazio ovviamente tutti quelli che hanno letto, che hanno recensito o messo nei preferiti, ricordati o seguiti! Non so cosa farei senza di voi :)

Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2159753