''Nulla accade per caso''

di Harlequeen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritardo ***
Capitolo 2: *** Allenamento ***
Capitolo 3: *** Contatto ***
Capitolo 4: *** Ryonan vs. Shohoku ***
Capitolo 5: *** Imprevisto ***
Capitolo 6: *** Non ha importanza ***
Capitolo 7: *** Idea ***
Capitolo 8: *** Bisogna andare avanti ***
Capitolo 9: *** Amore e gelosia ***
Capitolo 10: *** Conforto ***
Capitolo 11: *** Ryonan vs. Kainan ***



Capitolo 1
*** Ritardo ***


BI-BI-BIP. BI-BI-BIP. BI-BI-BIP.
La sveglia ricominciò a suonare. Una mano sbucò dalle coperte, tastò il comodino più volte fino a trovare l’oggetto che emetteva quel fastidioso rumore e poi con due dita spense la suoneria.
Per la terza volta.
OH.
Mizuki si alzò di scatto, spostando le coperte che la coprivano fino alla testa, si mise seduta sul letto e si coprì gli occhi con una mano perché la luce era troppo accecante. Sua madre aveva aperto la finestra ed alzato la tapparella, ma lei aveva continuato a dormire nel buio delle coperte e quindi ora veniva letteralmente assalita dalla luce del mattino. Guardò la sveglia e un grido uscì dalla sua gola:
-Aaaaaah!!
Scese dal letto, si mise le ciabatte al contrario e corse in cucina tutta trafelata con i capelli scompigliati e la faccia ancora assonnata.
-Mamma, perché non mi hai chiamato mezz’ora fa? Sono in ritardooooo!
-Tesoro guarda che io ti ho chiamato, sei tu che non mi hai sentito. Su mangia.
E nel frattempo le porse un piatto con due frittelle e una tazza di caffèlatte. Mizuki bevve la bevanda calda in un sorso e si bruciò la lingua. Poi prese una frittella dal piatto, se la mise in bocca e corse in camera a cambiarsi.
Non poteva proprio permettersi di arrivare in ritardo proprio oggi: era il suo primo giorno di scuola. Una scuola nuova, una classe nuova, compagni nuovi e soprattutto…. professori nuovi. Doveva assolutamente fare bella figura. Perlomeno la prima settimana.
Finita la frittella corse in bagno per lavarsi i denti, prese la borsa con libri e quaderni ed uscì dalla porta. Dopo tre secondi rientrò per urlare:
-Ciao ma’! Ci vediamo stasera!
-Buona giornata tesoro!
Le rispose sua madre dalla cucina.
Quando uscì dal vialetto e chiuse il cancello iniziò a correre. Non poteva fare altro se voleva arrivare in orario.
Fortunatamente non abitava molto lontano dalla scuola, in questo modo poteva anche fare la strada a piedi senza usare altri mezzi di trasporto. Poi svoltò a destra nell’ultima traversa da percorrere e finalmente vide stagliarsi davanti a sé il grosso edificio bianco, il campo sportivo usato per educazione fisica, la palestra e il giardino. L’unica cosa che non vide, però, fu il ragazzo contro cui andò a sbattere.
-Ah!
Disse, mentre seduta a terra si massaggiava l’osso sacro.
Il ragazzo si teneva una mano dietro la testa mentre sogghignava e la osservava, poi andò a tenderle una mano per aiutarla.
-Stai più attento.
Gli disse lei mentre gli prendeva la mano e lui l’aiutava ad alzarsi.
-Potrei dirti la stessa cosa.
Le rispose lui, sempre sorridente.
Mizuki si imbarazzò e le sue guance si tinsero di rosso. Il ragazzo aveva ragione, era stata lei a sbattergli contro per prima.
-Ti sei fatta molto male?
Le chiese nuovamente lui, molto gentilmente.
Lei fece cenno di no con la testa, mentre le sue  guance erano ancora in fiamme.
-Perdonami, non volevo arrivare in ritardo alle lezioni e allora mi ero messo a correre.
Mizuki sorrise.
-Stavo facendo la stessa cosa.
E poi la ragazza guardò l’orologio. Quando lui vide l’orario sul quadrante le prese la mano senza pensarci troppo ed iniziò nuovamente a correre. Mizuki fece appena in tempo a stringere più forte la presa sulla sua borsa per poi venire trascinata via di corsa.
Quando entrarono nel cancello della scuola Mizuki fece per rallentare, ma il ragazzo invece non si fermò e proseguì a correre fino al portone d’ingresso dell’edificio, nell’atrio vuoto.
-Ehi! Adesso puoi anche fermarti!
Gli urlò Mizuki, che stava ancora venendo trascinata per mano.
Il ragazzo si fermò di colpo.
-Oh. Siamo arrivati.
Disse lui, quasi più a se stesso che a lei.
Poi sentirono la prima campanella. Incredibile, erano riusciti ad arrivare in orario.
-Ehm, ora puoi anche lasciarmi andare…
Disse lei piano.
Lui si voltò e la guardò con un’espressione strana, quasi come se non avesse capito le sue parole. Lei allora alzò le loro mani, ancora strette l’una nell’altra e il ragazzo capì e si mise a ridere. Mollò la presa e si allontanò per il corridoio senza dire nulla. Lei rimase ferma dov’era e lo guardò allontanarsi, sorpresa. Quando lui arrivò alla fine del corridoio si voltò verso di lei, prima di salire la rampa di scale, e la salutò con la mano. Stava ancora ridendo. Lei scosse la testa, sorridente e poi si avviò verso la sua nuova classe.
Il tempo di scegliere un banco dove sedersi e poi suonò la seconda campanella.
Le lezioni iniziarono.
 
Durante la ricreazione Mizuki e Karin uscirono in corridoio a chiacchierare e a prendere un po’ di aria. Erano amiche fin dalla scuola materna e si erano sempre ritrovate nella stessa classe, una grande fortuna per loro.
Parlarono un po’ di tutto, delle lezioni, dei professori, dei nuovi compagni e delle vecchie conoscenze che si erano ritrovate in classe.
All’improvviso, poi, Mizuki scoppiò a ridere e Karin la guardò sorpresa.
-Che ti succede Mizu? Sei esaurita dopo solo due ore del primo giorno di scuola?
-No Karin, è solo che… mi è venuto in mente quello che mi è successo stamattina mentre venivo qui!
-E che aspetti a raccontarmelo?!? Mizuuu!
La ragazza sorrise e poi raccontò all’amica tutta la storia, dalla sveglia al suo ritardo, fino allo scontro con il ragazzo che poi l’aveva letteralmente trascinata nell'edificio.
Karin si esaltò molto nel sentire questa storia e si prese molto bene riguardo all’incontro tra l’amica ed il ragazzo.
-Ma vi siete presentati almeno? Come si chiama? Ti ha detto di che sezione è? E’ carino?!?
-Calmati Karin! No, non lo so, boh e credo di sì.
-Eeeeh?! Che lingua stai parlando?
-Sono le risposte alle tue mille domande, tonta! No, non ci siamo presentati; non so come si chiama; boh, non so nemmeno di che sezione è! Però nell’andarsene è salito al piano di sopra. E mi è sembrato carino, sì…
-Quindi sappiamo che non è di prima… dobbiamo metterci alla sua ricerca Mizu! Secondo me è un super figo!
-No Karin, dobbiamo rientrare in classe perché la ricreazione è finita!
Disse la ragazza prendendo il braccio dell’amica e conducendola oltre la porta, facendo finta di non aver sentito la sua ultima esclamazione.
-Uffiiiiii!
Sbuffò Karin rivolta al corridoio.
 
Il resto delle lezioni passò abbastanza velocemente. I nuovi compagni di classe si erano rivelati quasi tutti simpatici ed anche i professori che avevano conosciuto in quella prima giornata non sembravano così male.
Uscite dal portone, però, Karin iniziò a lamentarsi della verifica di prova delle conoscenze di matematica già programmata per la settimana successiva. Mizuki la lasciò sfogare perché conosceva fin troppo bene l’amica: era meglio farla lamentare in un colpo solo, altrimenti sarebbe andata avanti all’infinito.
Poi, all’improvviso, davanti a loro passò di corsa il ragazzo con cui si era scontrata Mizuki quella mattina. Senza fermarsi lui si voltò verso di lei e le sorrise, poi entrò in palestra. La ragazza si fermò di scatto, accigliata, ma anche leggermente imbarazzata.
-Ma è sempre di corsa quello?
Karin si voltò verso l’amica a bocca spalancata.
-Non… non dirmi che… il ragazzo di stamattina… era LUI?!?
-Si, certo che era lui. Perché sei cosi agitata Karin?
-Che domande mi fai?! Non dirmi che non sai chi è?
Mizuki aveva uno sguardo sempre più preoccupato, la sanità mentale dell’amica verso i ragazzi la stava davvero facendo spaventare, Karin ora si agitava e sbraitava in mezzo allo spiazzo della scuola.
-Chi è?
Le chiese.
Karin sbarrò gli occhi e poi li alzò verso il cielo.
-Ti prego perdonala, non sa quello che dice.
Poi si voltò nuovamente verso Mizuki e le spiegò con foga:
-Quello è Sendoh! Sendoh Akira! E’ al secondo anno e gioca nella squadra di basket del nostro liceo. Pronto?! Non dirmi che non l’hai mai sentito nominare, è famosissimo!
Mizuki si mise il dito indice sul mento, pensierosa. Poi disse:
-Veramente… no. Mai sentito.
-Non ho parole Mizu. Non c’è altra scelta. Devo farti un corso intensivo sui fighi del liceo Ryonan!
E si picchiò un pugno nel palmo dell’altra mano.
Mizuki si mise a ridere e Karin, prendendola sottobraccio, cominciò ad elencarle i ragazzi carini della squadra di basket della loro scuola, poi passò a quella di baseball, a quella di calcio, a quella di pallanuoto, a quella di judo…

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Capitolo 2
*** Allenamento ***


Il giorno seguente Mizuki si svegliò presto. Aveva deciso che per almeno la prima settimana di scuola doveva sforzarsi di non arrivare in ritardo. Perlomeno la prima. Poi le altre chissà.
Per questo motivo riuscì a prepararsi e fare colazione con calma, non dovette correre e non si scontrò con nessuno per strada. Un po’ le dispiacque, ma non voleva nemmeno finire con il sedere a terra un’altra volta. Il cemento era duro e faceva male. Però se ci fosse stato lui ad aiutarla…
Scosse la testa per cacciare via quei pensieri, doveva concentrarsi sulla scuola e lo studio.
Arrivò in classe quasi per prima e quando vi entrò anche Karin si prese un bello spavento mettendosi ad urlare davanti a tutti gli altri:
-AH! CHE COSA CI FAI TU QUI?
Chiese molto, molto sorpresa.
-Karin ma perché devi urlare? E poi sono a scuola, dove dovrei essere secondo te?
-Eeeeh?!? Mizu tu dovresti essere là fuori a scontrarti con un bel ragazzo!
-Ma che cavolo dici? Karin sta zitta, non deve mica saperlo tutta la scuola!
Karin in tutta risposta si sedette sul banco dell’amica, si sistemò la gonna dell’uniforme scolastica e prese il viso di Mizuki tra le mani, dopodiché le scandì bene in faccia queste parole:
-Tu-devi-andare-a-conoscere-Sendoh!
L’altra per tutta risposta le sbuffò in viso. Nello stesso instante suonò anche la campanella e Karin, alzando gli occhi al cielo per la disperazione, si andò a sedere al suo posto. Alla destra di Mizuki, non molto lontano quindi.
Nelle ore seguenti Mizuki non pensò più alle parole dell’amica, ma si concentrò sulle lezioni. Era quello il suo obiettivo e doveva perseguirlo con tutta se stessa. Inoltre era sempre stata una studentessa diligente, brava in qualsiasi materia e molto attenta e disponibile, ma non voleva comunque perdersi le spiegazioni dei professori. Più si faceva vedere attenta e brava, meno l’avrebbero presa di mira con verifiche e interrogazioni a sorpresa, come accadeva invece a Karin fin dalle elementari. La sua amica era molto competente, ma svogliata e quindi spesso non eseguiva gli esercizi correttamente. Anche i professori lo sapevano, ma proprio per questo la spronavano ad impegnarsi sempre di più.
Poi arrivò la pausa e Mizuki venne assalita dalle idee dell’amica. Karin, al contrario di lei che era stata attenta alle lezioni, in quelle ore aveva escogitato piani su piani per aiutare Mizuki a conquistare Sendoh. Lei non aveva mai detto che le interessava quel ragazzo, ma ormai l’amica era partita per il Paese della Fantasia.
-Karin, tu ti fai troppi film mentali.
Le disse, agitandole una mano davanti alla faccia.
-Non puoi dirmi così, Mizu! Io desidero solo il tuo bene, lo sai!
-Ahahah, ma cosa dici?! Guarda che ho capito tutto: tu vuoi che io vada a conoscere Sendoh perché così poi posso presentarti gli altri membri della squadra di basket!
Karin rimase in silenzio, poi all’improvviso abbracciò forte l’amica e le disse:
-Mizu, ti voglio beneeee!
L’altra ragazza scoppiò a ridere e ricambiò l’abbraccio di Karin; era diventata un caso disperato.
Poi qualcuno picchiettò sulla spalla di Mizuki.
-Emh, scusatemi.
Disse una voce maschile.
-Si? - Rispose la ragazza voltandosi verso l’interlocutore, poi riprese: - Oh, ciao, tu sei Koshino, giusto? Hai bisogno di qualcosa?
Le due ragazze si sciolsero dall’abbraccio e anche Karin guardò il compagno di classe con un’espressione interrogativa sul volto.
-Ecco, io… Non ho potuto fare a meno di sentire il vostro discorso su Sendoh.
Il volto di Karin divenne rosso per l’imbarazzo, mentre quello di Mizuki rimase impassibile. Era quasi sicura che qualcuno avesse sentito i discorsi deliranti di quella scema della sua amica, aveva la voce troppo alta quando impazziva.
Non ricevendo altre risposte il ragazzo proseguì con il suo discorso:
-Anche mio fratello gioca a basket insieme a lui e devo confessarvi che… anche a me piacerebbe tanto entrare a far parte della squadra.
-Sai giocare a basket, Koshino? Che bello!
Disse Karin, tornando al suo tono entusiasta di sempre.
-Beh, si… Comunque, volevo sapere, siete interessate a venire con me a guardare l’allenamento della squadra domani pomeriggio..?
-Si!
-No.
Karin guardò l’amica con gli occhi spalancati e tristi.
-Mizu, ma che dici? Perchè?!
Mizuki non rispose a Karin, ma si rivolse verso il compagno.
-Come mai ti interessi così tanto a noi? Ci siamo conosciuti solo ieri, anche se già andavamo nella stessa scuola media, ma non ci eravamo mai parlati prima d’ora.
Koshino venne preso alla sprovvista da questa domanda, ma si riprese quasi subito dalla sorpresa:
-Beh, siete mie compagne e mi siete anche molto simpatiche. Voglio… aiutarvi.
-Aiutarci in cosa, esattamente?
Il ragazzo era ancora più imbarazzato di prima.
-Koshino… Non è che anche tu hai secondi fini come questa qui?
Disse Mizuki indicando Karin.
Koshino era ancora senza parole, sempre più rosso in viso.
-Ho capito. Anche tu vorresti spingermi verso Sendoh così poi io posso “suggerirgli” di prenderti in squadra.
Disse la ragazza incrociando le braccia, mentre la sua espressione diveniva sempre più seria e truce.
Il ragazzo si buttò a terra e strinse le gambe della ragazza.
-Mizuki ti prego aiutami!
-Koshino alzati subito in piedi e lasciami andare! Cavolo, sembri Karin!
-Ehi, ehi! Piano con gli insulti qui!
Disse la compagna.
Mizuki la guardò male. Karin non aveva capito niente.
Il ragazzo allora si alzò in piedi e si ricompose subito.
-Perdonatemi ragazze. Il mio comportamento è stato inammissibile. Mizuki, hai indovinato tutto. All’inizio pensavo solo di usarvi, ma la mia strategia si è rivelata inutile fin da subito. Oddio, che vergogna! Comunque tutto quello che ho detto prima sulla squadra di basket è la verità!
-Non capisco una cosa, però… perché volevi usare me per entrare in squadra anziché tuo fratello? Hai detto prima che lui è uno dei giocatori.
-Si, è così. Volevo usare te perché con lui ci ho già provato… ed ho sempre ricevuto risposta negativa. Non vuole “suggerire” all’allenatore di prendermi in squadra, mi dice sempre che devo fare come tutti gli altri, ovvero con un allenamento di prova durante la selezione.
-Koshino, io ti consiglio la stessa cosa. Non è bello imbrogliare. Se sei bravo vedrai che ti prenderanno di sicuro.
Mizuki era molto seria mentre gli parlava ed anche Karin non fece battute stupide o irritanti verso il compagno che si era confidato con loro.
Poi la campanella suonò, segno che la ricreazione era finita. Mizuki e Karin fecero per rientrare in classe mentre Koshino, dopo aver ascoltato le parole della sua compagna, era rimasto fermo immobile in corridoio.
Poi Mizuki si voltò nuovamente verso di lui con un grosso sorriso stampato sul viso:
-Koshino, ti ringrazio per averci invitato a venire con te all’allenamento della squadra di domani pomeriggio. Saremo liete di accompagnarti, se hai ancora voglia di andarci.
Il ragazzo sorrise.
-Si, certo!
Poi anche lui rientrò in classe e la lezione cominciò.
 
Il giorno dopo, finite le lezioni, i tre compagni di classe si diressero verso la palestra. Videro che non erano gli unici spettatori presenti. Salirono sulle gradinate perché non potevano stare a ridosso del campo. Si misero abbastanza centrali e sui primi gradini, in questo modo avevano una visuale perfetta di tutto il campo.
-Come mai fanno gli allenamenti “pubblici”?
Chiese Mizuki a Koshino.
-Non succede sempre, ma ogni tanto prima di qualche partita, può capitare che facciano allenamenti aperti per invogliare gli altri studenti ad andare ad assistere alle partite.
-Ma se sono una delle quattro squadre più forti! Non c’è bisogno che si facciano pubblicità nella propria scuola.
Disse Karin incrociando le braccia, come se questa notizia l’avesse fatta irritare.
-Ahahah! E’ proprio per questo che lo fanno Karin. Sanno che sono forti, quindi perché non vantarsene?
In tutta risposta Karin si gonfiò le guance e poi sbuffò.
Ed in effetti i giocatori erano proprio forti. Si davano molto da fare e si vedeva che il basket era lo sport che più amavano. Uozumi, il capitano della squadra, era un ragazzo molto alto e grosso, il più grosso in campo e proprio per questo si notava subito, sembrava una montagna. Mizuki stava seguendo una sua bellissima azione quando le arrivò una gomitata nello stomaco.
Si voltò verso Karin e la trucidò con lo sguardo, tirandole automaticamente una sberla sulla testa.
-Karin, che cavolo hai?
-E’ arrivato Sendoh! E’ arrivato Sendoh! Guardalo là sulla porta.
Le disse tutta esaltata; non sembrava nemmeno essersi accorta della sberla che aveva appena ricevuto.
Mizuki sentì il suo battito cardiaco accelerare.
Non comprendeva, però, il perché della sua reazione al nome di quel ragazzo, in fondo non le interessava, era Karin che continuava a parlarne. Però si voltò lo stesso verso la porta. Del ragazzo non c’era nemmeno l’ombra. Ma era impossibile che Karin si fosse sbagliata. Lo cercò con gli occhi e finalmente lo vide: era già in mezzo al campo, pronto a fare canestro dopo un passaggio ben riuscito di Uozumi.
-E’ sempre in ritardo quel ragazzo…
Disse Koshino scuotendo la testa e sorridendo leggermente al tempo stesso.
-Proprio come Mizu. Sono uguali quei due…
Disse Karin, scuotendo la testa come il compagno.
-Ehi, guarda che io sono qui!
Le urlò Mizuki in un orecchio.
Karin fece finta di non sentirla ed andò avanti a seguire le giocate della squadra.
L’allenamento finì abbastanza presto, o almeno così sembrò ai tre compagni. Si erano presi troppo bene a guardare quei ragazzi che giocavano con un ardore incredibile, perciò quando sentirono l’allenatore gridare a Uozumi che quella sarebbe stata l’ultima azione della giornata si rattristarono.
Koshino era a bocca aperta, mentre Karin non staccava gli occhi di dosso ai ragazzi in campo. Sendoh aveva la palla, quindi spettava a lui l’ultima azione della partita d’allenamento. Fece un ottimo passaggio ad Ikegami che tirò a canestro.
Punto.
Poi l’allenatore fischiò.
Tutti smisero di correre, si asciugarono il sudore dalla fronte e alcuni si misero a raccogliere i palloni per ripulire e sistemare la palestra.
Sendoh, invece, si voltò verso le gradinate e guardò nel punto esatto in cui erano seduti Mizuki, Karin e Koshino. Il basketman sorrise a Mizuki. La ragazza proprio non se lo aspettava e divenne tutta rossa in viso. Fortunatamente era abbastanza in alto e distante, così lui non poteva notare il suo imbarazzo. Per non essere scortese gli sorrise in risposta ed alzò leggermente la mano in segno di saluto, con una certa fatica.
Poi il ragazzo si voltò verso l’allenatore che lo stava chiamando e nello stesso momento Karin si avventò su Mizuki.  
-Oddio, oddio, oddio, ti ha sorriso! Vuol dire che ti ha riconosciuto!
E contemporaneamente le dava delle forti pacche sulla spalla.
Mizuki non le rispose, ma le prese la mano e gliela torse all’indietro. Karin fece nuovamente finta di niente e continuò con il suo discorso.
-Bene, questo vuol dire che siete pronti per uscire insieme. Poi vi sposerete ed avrete tanti bambini che giocheranno a basket. Che bello, non vedo l’ora!
Mentre Mizuki continuava ad ascoltare le sue cavolate le torceva sempre più la mano, che ora si trovava dietro la schiena di Karin.
Koshino le stava osservando e non riusciva a smettere di ridere.
-Karin, se hai finito di dire le tue cavolate possiamo anche andare. Se arrivo a casa in ritardo mio padre mi uccide.
-Sisi, Mizu, fai pure finta di ignorarmi… tanto sai che le mie previsioni si avverano sempre!
Le rispose l’amica sventolandole la mano salva davanti alla faccia.
-Koshino, se invece di ridere mi aiutassi a portare fuori questa svampita…
Gli disse Mizuki.
-Ahahah! Certo, certo. Comunque ti ci vedo sposata con Sendoh.
-Le vuoi prendere pure tu? - Lo minacciò Mizuki – Non riuscirai a fare le selezioni in questo modo eh! Sta attento! Ah, a proposito… quando sono?
-Mercoledì prossimo! Manca ancora una settimana, uff. Sono già agitato ora.
E il ragazzo sbuffò.
-Vedrai che andranno bene!
Lo esortò la compagna, sorridendo.
-Sì Koshino, concordo con Mizu! E ora Mizu… fatti portare a casa dal tuo uomo!
Intervenne dal nulla Karin.
-Karin ma che vai farneticando? E chi sarebbe il “mio uomo”?!?
-Mi sembra ovvio! IL TUO UOMO E’ SEN…
Ma Karin non riuscì a finire la frase perché Mizuki le mise una mano davanti alla bocca e la trascinò letteralmente fuori dalla palestra, seguita da Koshino che raccolse le loro borse. Fortunatamente le gradinate si erano già svuotate e nessuno aveva sentito i loro stupidi discorsi. O meglio, gli stupidi discorsi di Karin. Sul campo della palestra erano rimasti solo i ragazzi che pulivano il pavimento perché il resto della squadra era a cambiarsi nello spogliatoio. Insomma, se ne erano già andati tutti e Mizuki era in ritardo. Quando furono fuori disse:
-Karin, ora puoi anche smettere di mordermi la mano.
-Sholo she tu mi lashci andare.
Mizuki sbuffò e poi la liberò dalla sua presa. Karin non perse tempo e proseguì come se niente fosse.
-Insomma, Mizu! Hai visto anche tu cosa è success…
La ragazza venne interrotta ancora, ma questa volta senza ricevere manate sulla bocca.
-Karin, Kosshino, vi ringrazio della compagnia, ma ora devo proprio scappare. Sono in ritardo!
E poi si mise a correre salutandoli con la mano.
Koshino sorrise, si era proprio divertito con quelle due; mentre Karin sospirò.
-Ah, quella ragazza mi farà impazzire….

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Capitolo 3
*** Contatto ***


Era passato un mese dall’inizio della scuola e Mizuki non aveva più avuto incontri ravvicinati con Sendoh. Insieme a Karin e Koshino la ragazza era andata ad assistere agli altri due allenamenti pubblici della squadra di basket del loro liceo, ma poi non l’aveva più incontrato né di corsa in ritardo per la scuola, né per i corridoi durante le ricreazioni. Inoltre i ragazzi del secondo e terzo anno non andavano nella zona di quelli del primo, c’era una gerarchia da rispettare e tutti lo sapevano, anche se non era scritto da nessuna parte. Era una di quelle leggi studentesche che i ragazzi imparavano automaticamente a scuola.
E così Mizuki non aveva più incontrato quel ragazzo più grande di lei, finché non era successo nuovamente per caso. Più o meno.
Era una mattinata di metà autunno e faceva abbastanza freddo. Mizuki si era coperta con una sciarpa leggera ed un paraorecchie nero, dopodiché era uscita di casa correndo. Ovviamente era in ritardo. Non capendo come, però, era comunque riuscita ad arrivare a scuola prima del suono della seconda campanella, quindi burocraticamente non poteva esserle segnata nessuna nota negativa. Le stava andando abbastanza bene in quel periodo e se ne compiacque.
Non fece nemmeno in tempo ad entrare in classe, però, che Karin le rubò subito il paraorecchie dalla testa.
-Ma che bellino! Mizu dove l’hai comprato? Ne voglio uno uguale pure io!
-Karin, scema, l’hai già un paraorecchie uguale a questo. Li abbiamo comprati insieme, ricordi?
-Mmm… no. Non ricordo.
Mizuki sbuffò.
-Allora vuol dire che l’hai perso… Vabbè, ti accompagnerò a comprarne un altro.
E completò la frase alzando gli occhi al cielo e riprendendosi il suo dalle grinfie dell’amica. Se glie lo avesse lasciato in mano sarebbe sparito anche quello nel giro di pochi minuti, quindi era meglio non rischiare.
Koshino rideva di gusto, le sue due nuove amiche lo divertivano tantissimo. Non aveva mai conosciuto persone così strane e al tempo stesso normali.
Poi le lezioni cominciarono.
Durante la prima ricreazione Karin tentò di prendere nuovamente il paraorecchie dell’amica, ma Mizuki sapeva difenderlo bene; così per tutta la durata della pausa la compagna non fece altro che lamentarsi della sua cattiveria nei suoi confronti. L’altra, però, non la considerava nemmeno poiché era intenta a parlare con Koshino:
-Allora, come vanno gli allenamenti di basket?
-Benissimo! Sono così felice che mi abbiano preso! E’ dura, ma mi sto impegnando molto, anche mio fratello l’ha notato.
-Sono contenta per te!
-Grazie Mizuki. Purtroppo non sono ancora riuscito ad entrare nel quintetto base, ma arriverà il mio momento, me lo sento!
E il ragazzo, preso bene dal discorso, strinse la mano destra in un pugno, come per farsi forza da solo.
-Ahahah! Sì, lo penso anche io.
 
Al suono dell’ultima campanella, Mizuki si rimise il paraorecchie che Karin non era riuscita a sottrarle per tutta la giornata e si legò la sciarpa intorno al collo, coprendosi il viso fino al naso. L’amica, allora, cominciò a prenderla in giro:
-Ma dai Mizu! Mi fai venire caldo ad andare in giro conciata così…
-Ma che vuoi? Lo sai benissimo che soffro tantissimo il freddo.
-Sisi, lo so. E so che dormi già con il piumone invernale!
-Problemi?
E Mizuki le fece una linguaccia, uscendo poi spedita dalla porta della classe. Essendo voltata all’indietro per insultare Karin non si accorse, però, che in corridoio stavano passando degli studenti e così andò a sbattere contro uno di loro. Fortunatamente il ragazzo aveva i riflessi pronti e riuscì ad abbracciarla per non farla cadere e per non cascare lui stesso.
-Colpa mia, scusam…
E mentre la ragazza si girava tra le braccia del suo salvatore per guardarlo in viso, le morirono le parole in bocca. Era LUI.
-Ehi, sembri un pupazzo di neve, ahah!
Disse Sendoh sorridendo.
Mizuki diventò rossa, non per l’imbarazzo dello scontro e dell’abbraccio, ma rossa di rabbia per quello che considerò quasi un insulto. Anche se non ne era molto certa al momento.
-Ti sembra una cosa da dire ad una ragazza questa?!
Il ragazzo si mise a ridere mentre Mizuki continuava a guardarlo male.
-Dai, la mia non era una frase da maleducati, no?
Le disse lui portandosi una mano dietro la testa e sorridendole così calorosamente che gli si formarono due fossette sulle guance, ai lati della bocca.
Mizuki, vedendo quel sorriso così splendido si calmò e tranquillizzò immediatamente.
O meglio, il suo cervello si stava tranquillizzando, ma non il suo cuore che continuava a battere all’impazzata da quando l’aveva visto in volto. Inoltre era ancora tra le sue braccia, fattore assolutamente da non dimenticare.
-Mh... Comunque scusami, ti sono quasi caduta addosso un’altra volta!
-Non preoccuparti, sarà destino che noi due dobbiamo sempre incontrarci così!
Rispose lui senza smettere di sorridere.
Anche Mizuki sorrise e si scostò una ciocca di capelli dal viso.
Poi Sendoh la lasciò andare e le sistemò il paraorecchie che con la quasi-caduta le si era spostato.
-Ora devo andare all’allenamento, se arrivo in ritardo l’allenatore mi farà fare dei giri di corsa del campo extra. Spero proprio di vederti alla partita di sabato prossimo!
E le disse l’ultima frase mentre stava già correndo lungo il corridoio.
-Ciao…
Fu l’unica cosa che riuscì a dirgli lei. E non era nemmeno sicura che l’avesse sentita, anzi.
Dopo qualche millesimo di secondo, come se avessero voluto rimanere nascosti appositamente per non interrompere quell’incontro, all’improvviso sbucarono Karin e Koshino da dietro la porta della classe.
-Ma bravo il mio pupazzo di neveeeeee!
-Karin non chiamarmi cosi! E non dire una sola parola su quello che è appena successo.
-Ma vi siete appena scontrati in corridoio e lui ti ha preso tra le sue brac…
-Karin ti ho detto di no.
-Ma sembrava contento di vederti e l’hai fatto sorrid…
-Karin no.
-Ma ti ha invitata esplicitamente alla partita di sabat…
-Karin!
-E va bene! Ho capito, ho capito… Comunque secondo me gli piaci!
-KARIIIIIIIIIN!
Poi Mizuki si mise ad inseguirla per il corridoio. Era talmente infuriata che sembrava un demone. Raggiunse la compagna molto facilmente poiché era molto più abituata di lei a correre ed era anche molto più veloce. La scosse un po’, ma poi venne raggiunta da Koshino, che quasi con terrore le separò.
-Dai Mizuki non fare così. Lo sai com’è fatta Karin, no? Dice tutto quello che le passa per la testa senza pensarci troppo.
-Grazie Koshino.
-Prego Karin.
Rispose il ragazzo, poi parlo Mizuki:
-Karin, non era un complimento in tua difesa!
E si mise a ridere. I due ragazzi la guardarono stupiti, ma la sua risata era contagiosa e poco dopo iniziarono a ridere pure loro.
Quando riuscirono finalmente a calmarsi, Mizuki chiese al compagno:
-Che partita ci sarà sabato prossimo?
-Giocheremo un’amichevole contro lo Shohoku! Sarà una sfida entusiasmante perché Uozumi e Akagi, il capitano dell’altra squadra, sono rivali da sempre e il nostro capitano si è allenato tantissimo per riuscire a batterlo! Anche se sarà solo una partitella ci saranno sicuramente fuochi d’artificio in campo!
-Tu sarai presente Koshino?
-Sì, esatto. In panchina purtroppo, ma non importa! Osserverò meglio la partita. Era comunque mia intenzione chiedervi di venire a fare il tifo, sempre se vi va e se non avete altri impegni.
-Sì, certo, volentieri! Finalmente assisteremo alla prima partita della nostra scuola.
Disse Mizuki, molto entusiasta dopo quello che le aveva spiegato l’amico.
-Non possiamo di certo mancare Koshino! E poi Mizuki deve andarci, l’ha invitata Sendoh in persona…
Rispose anche Karin, proteggendosi automaticamente dai colpi che l’amica aveva iniziato a tirarle non appena aveva iniziato a parlare.
Poi Mizuki si fermò di scatto e disse:
-Koshino, ma… Sendoh prima stava correndo in palestra per non arrivare in ritardo. Perché tu sei ancora qui?
Il ragazzo allora spalancò gli occhi e la bocca, prese con una mano sola la sua giacca e lo zaino e poi corse via, urlando per il corridoio:
-Ci vediamo domani ragazze!
-CIAO!
Risposero le altre due in coro, mettendosi poi a ridere.

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Capitolo 4
*** Ryonan vs. Shohoku ***


Passò la settimana e arrivò il sabato della prima fatidica partita del liceo Ryonan. Mizuki era stata indecisa fino all’ultimo se andare o meno, ma poi Karin e Koshino avevano preso il sopravvento sulla sua coscienza e l’avevano definitivamente convinta.
In ogni caso Mizuki sapeva che Sendoh non l’avrebbe mai trovata tra la folla, sarebbe stato impossibile, ma l’idea di andare alla partita perché le era stato chiesto da lui era ciò che le sembrava più strano. In fondo Sendoh non sapeva nemmeno il suo nome. Non si erano ancora presentati, né quando si erano scontrati correndo né per tutto il mese successivo.
La partita sarebbe stata giocata nella palestra del loro liceo perciò i giocatori si erano trovati un’ora prima per il riscaldamento. Ovviamente tutti tranne uno che, come al solito, era in ritardo.
Quando le due amiche entrarono e salirono la scalinata per raggiungere gli spalti e le gradinate, sentirono subito un’aria di concentrazione e di sfida che alleggiava per tutta la palestra. Perfino dov’erano loro, così in alto, la tensione era molto forte.
Si sistemarono nel posto che ormai occupavano sempre quando andavano ad assistere agli allenamenti: gradinata posto centrale. Erano presenti anche altri loro compagni e studenti che conoscevano, mentre altre persone continuavano ad arrivare, tutti riuniti per tifare la squadra del proprio liceo.
Mizuki e Karin guardarono verso la panchina ed appena trovarono con lo sguardo il loro compagno Koshino lo salutarono calorosamente con la mano e con due grossi sorrisi. Anche lui ricambiò il saluto, però si vedeva che era abbastanza teso anche se per quel giorno non avrebbe giocato, ma sarebbe rimasto in panchina.
Poi videro che gli si avvicinò suo fratello, uno del quintetto, e Karin non seppe tenere la bocca chiusa:
-Certo che Koshino-senior è proprio carino, eh!
La compagna la guardò scuotendo la testa, non aveva più parole per descrivere l’amica.
Poi le porte della palestra si spalancarono di botto ed entrarono loro: i giocatori dello Shohoku. Alti, grossi e seri.
-Che facce simpatiche che hanno!
Disse Mizuki.
-Sono degli strafigoni!
Disse invece Karin. 
Poi si guadarono e scoppiarono a ridere. Avevano parlato tutte e due nello stesso momento e nessuna aveva sentito cosa aveva detto l’altra.
La squadra appena arrivata andò a cambiarsi nello spogliatoio e poi vennero tutti chiamati sul campo. La partita sarebbe cominciata a momenti.
Prima del fischio d’inizio, però, un ragazzo dello Shohoku con i capelli rossi si avvicinò a Uozumi per chiedere chi di loro era Sendoh. Mizuki era molto intenta ad osservare la scena, ma all’improvviso disse:
-Karin non guardarmi con quella faccia. Se non la pianti ti faccio male.
-Quale faccia? Forse questa?
Disse Karin indicandosi il volto con il dito indice e facendo le boccacce all’amica.
-Si, quella faccia. Quella da: “Hai sentito? Stanno parlando di LUI”.
-Ma io non ho mica detto questo, uhuh!
-Ma l’hai pensato e stavi per dirlo.
-Quasi!
Disse Karin.
-Quasi.
Disse Mizuki.
-Quasi!
Disse Karin.
-Karin!
Disse Mizuki.
-Ok, la smetto. Però anche lui dai… non può invitarti alla partita e poi non venire! Che figura ci fa?!?
-Ma lui verrà, Karin. È uno dei giocatori più forti della squadra… deve venire.
Le rispose l’altra.
-Già. E poi è stato lui ad invitarti!
Nel frattempo la scenetta tra il rosso e Uozumi andava avanti e si era pure aggiunto a loro Hikoichi che cercava di tranquillizzarli.
All’improvviso un potente “Salvee!!” riecheggiò per la palestra e la figura di Sendoh si stagliò sulla porta. Tutti i presenti si voltarono a guardarlo e addirittura tra il pubblico c’era chi aveva la bocca spalancata. Alcune ragazze divennero super-esagitate e cominciarono a ridacchiare e a indicarlo.
Karin iniziò a sbavare e Mizuki sorrise senza, però, accorgersene.
-Scusate.
Disse lui mentre salutava con una mano e teneva l’altra nella tasca della divisa, come se niente fosse.
-Ti sembra l’ora di arrivare? Imbecille!!! Cos’hai fatto finora? Sendoooh!!!
Lo rimproverò l’allenatore.
-Mi scusi allenatore. Non ho sentito la sveglia…
Rispose lui sempre con il suo tono tranquillo e sorridendo.
L’allenatore, scioccato, se ne andò verso la panchina borbottando qualcosa mentre gli altri compagni gli si avvicinarono, compreso Uozumi che gli disse:
-Non c’è tempo per il riscaldamento. Entrerai subito in partita.
-Nessun problema, Uozumi. Sono venuto qui di corsa!! Allora, cominciamo?
Rispose lui spavaldo e più serio di prima mentre finiva di sistemarsi la divisa della squadra che gli aveva passato Hikoichi.
Poi Mizuki lo vide: Sendoh aveva lanciato uno sguardo nella sua direzione, proprio diretto a lei; era stato uno sguardo fugace, veloce, quasi per controllare se lei era presente. Si chiese allora come avesse fatto ad individuarla così velocemente, perché era proprio sicura che avesse guardato esattamente lei. Forse l’aveva semplicemente cercata nel solito posto in cui si sedeva, ma questa cosa non le piacque molto, nemmeno lei seppe spiegarsi il perché, però. Decise che la prossima volta avrebbe cambiato posto, altrimenti sarebbe stato troppo semplice.
Non le piacque, ma al tempo stesso si sentì anche lusingata.
Poi il fischio dell’arbitro diede inizio all’incontro.
 
Anche se era soltanto un’amichevole prima dell’inizio del torneo, fu una partita veramente entusiasmante.
Mancava un solo minuto alla fine della partita ed il Ryonan era in vantaggio di un solo punto. Tutti avevano il fiato sospeso. Anche i ragazzi venuti per fare il tifo erano troppo concentrati sulla partita per incitare i giocatori.
E poi la partita finì.
Il Ryonan aveva vinto, ma per poco, veramente poco. Lo Shohoku era diventata una squadra fortissima e si erano impegnati molto sul campo; avrebbero meritato di vincere loro. Ma in fondo era soltanto un’amichevole e si sarebbero affrontati ancora nelle partite del torneo. Tutta un’altra cosa.
-Karin, ora puoi anche asciugarti la bava che ti esce dalla bocca, ahah!
Le disse Mizuki.
-Eh? Cosa? Ah, si… Ahahah!
E Karin fece finta di pulirsi la bocca con la manica del maglioncino.
-Ma dico… Mizu hai visto che FI-GHI?!? Anche quelli dello Shohoku hanno proprio splendidi elementi in squadra!
Riprese subito dopo.
Mizuki scosse la testa, sapendo che rispondere all’amica sarebbe stato inutile, non c’era più niente da fare, il suo cervello si era liquefatto per il troppo ormone maschile presente in campo.
Poi arrivò lui.
Sendoh si era avvicinato agli spalti, appena sotto dov’era seduta lei e le stava sorridendo. Mizuki ricambiò, osservandolo anche con uno sguardo curioso, non riusciva a capire cosa voleva fare quell’enigmatico ragazzo. Lui allora le fece cenno di avvicinarsi. Quando fu a portata d’orecchio, appoggiata alla ringhiera, il ragazzo le urlò da sotto:
-Ti va di prendere un caffè con me un giorno di questi?
Mizuki lo guardò spalancando gli occhi dallo stupore. L’aveva appena invitata ad uscire urlandolo per tutta la palestra. Tutto quello che riuscì a dire fu:
-S-sì… O-ok..!
E fece cenno di sì con la testa. Lui sorrise ancora di più e prima di voltarsi per raggiungere i compagni le parlò ancora:
-Ottimo! Ci vediamo presto allora!
Dopodiché si voltò e scomparve tra la folla che lo acclamava ancora, insieme al resto della squadra.
-OMIODDIOO! Mizu! Ma che è successo? Non è stato un sogno, vero? Dammi un pizzicotto! Dammi un… AHI!
-Sei tu che mi hai detto di pizzicarti!
-Allora è tutto vero?!? Ti ha chiesto di uscire! Che bello!!
-Sì, ok, ma Karin abbassa la voce! Già lui ha urlato per tutta la palestra, non mettertici anche tu!
-Uhuh… Qui qualcuna è in imbarazzo, uh?
E un’occhiataccia dell’amica le fece capire che era proprio così. Però la compagna non poteva fermarsi proprio ora:
-Sono così felice che tu abbia accettato l’invito di quel maschione! Avrete molti bambini, sì, sicuro!
-Ma che vai a dire? E poi ti sembra che avrei rifiutato? Me l’ha chiesto davanti a tutti, se gli dicevo di no che figura ci facevo? Già mi stanno guardando malissimo tutte le altre ragazze presenti…
-Ma tu comunque non gli avresti detto di no anche se te lo avesse chiesto in privato, giusto? E poi fregatene di loro! Sono solo delle brutte racchie invidiose!
E poi la ragazza si voltò e fece una grossa linguaccia a tutta la palestra, voltandosi di centottanta gradi.
-Ahahaha! Dai basta Karin, ti prego usciamo di qui!
L’amica le sorrise e poi, prendendola a braccetto, percorse insieme a lei le gradinate fino all’uscita della palestra.
Non aspettarono il loro compagno Koshino perché sapevano che avrebbe festeggiato insieme alla squadra ovviamente, visto che ne faceva parte; allora si diressero subito verso casa con grande gioia di Mizuki che non vedeva l’ora di nascondersi da tutti quegli sguardi indiscreti.
Non riusciva, però, a nascondere l’ampio sorriso che aveva sul volto.
 
Durante tutto il tragitto verso casa Karin non fece altro che fantasticare ad alta voce sulla prima uscita dell’amica con il giocatore di basket. E Mizuki non poté fare altro che far finta di ascoltarla ed esserne interessata.
Poi davanti a casa si fermò e interruppe i suoi discorsi sognanti chiedendole seria:
-Karin, secondo te vuole davvero uscire con me?
-Ma certo Mizu! Te l’ha chiesto davanti a tutta la palestra, non potrebbe essere altrimenti! Di cosa sei preoccupata?
Anche la compagna si era fatta seria, notando l’apprensione dell’altra.
-E’ solo che… Non so. Magari l’ha fatto solo per rendersi ancora più… figo agli occhi degli altri..! Non sa nemmeno il mio nome e ci siamo incontrati solo un paio di volte, la prima è stata addirittura un mese fa!
-Non credo l’abbia fatto per quello. Sendoh non è uno di quei ragazzi, lo dice sempre anche Koshino! Poi l’hai notato tu stessa, sia le due volte in cui ci hai parlato, sia agli allenamenti a cui abbiamo assistito. Per me, Mizu, gli piaci davvero! Vedrai che un giorno di questi si presenterà davanti alla nostra classe e ti chiederà di andare a bere quel benedetto caffè ahah!
-Sì, hai ragione Karin… Grazie!
Finalmente il morale le si era risollevato. Con il cuore abbastanza in pace Mizuki si congedò dall’amica con la promessa di chiamarla subito se l’ansia l’avesse assalita ancora.

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Capitolo 5
*** Imprevisto ***


La partita Ryonan vs. Shohoku si era svolta di sabato, ma era quasi già passata una settimana e Sendoh non era ancora andato da Mizuki per chiederle quando uscire insieme. Ormai lei cominciava a pensare che fosse davvero uno scherzo del ragazzo, un brutto scherzo. Karin e Koshino invece erano di tutt’altra idea. Inoltre l’amico le aveva avvisate che la stella del Ryonan si allenava a basket più degli altri giocatori e spesso rimaneva in palestra con il capitano Uozumi fino a sera; non c’era quindi da pensare male se non era ancora andato da Mizuki a parlare.
-Dai Mizu, non starci male, probabilmente è anche… timido?
-Timido? Karin, devo ricordati che mi ha chiesto di uscire davanti a mezza scuola?!?
-Ah, già! Me ne ero dimenticata!
-Si, certo. Come no. Beh, comunque gli lascio ancora qualche giorno di tempo, se non si farà avanti ricomincerò a concentrarmi sullo studio e la scuola al cento per cento, non posso permettermi troppe distrazioni se voglio mantenere la mia media scolastica alta… E ne ho già avute fin troppe per adesso!
-AHAHAHAHAH!
-Karin che hai?!
-Mizu, smettila di sbaioccare! Lo so che Sendoh ti piace! E tu non hai mai avuto bisogno di studiare tanto per mantenere alta la tua media, quindi smettila di sparare stronzate!
-…Hai ragione Karin… Solo che cerco di giustificarmi in qualche modo… Uffiii! Perché non è ancora venuto da me..?
-Ehi, cos’è questo sfogo? Guarda che spaventi tutti a fare così!
Disse una voce maschile, che però non era quella che le ragazze erano in attesa di sentire.
-Ah, ciao Koshino!
-Ciao ragazze, tutto bene?
-Mizu si stava sfogando su tu-sai-cosa, ma per il resto tutto bene!
-Ah, ecco! A proposito, ho una notizia per voi!
-Dicci, dicci!
Dissero le due ragazze stringendosi vicine e avvicinandosi sempre più al compagno, che fece la stessa cosa. Quei tre visti dall’esterno sembravano molto strani.
-Ho saputo che Sendoh non viene a scuola da tre giorni perché è a casa malato con la febbre! Ecco perché non è ancora venuto da te per chiederti di uscire.
E disse tutto questo a bassa voce, rivolgendosi ovviamente a Mizuki.
-Oh, povero!
Disse subito Karin mettendosi una mano alla bocca.
-Non sai altro sulle sue condizioni di salute?
Chiese invece l’altra compagna, molto preoccupata.
-No, purtroppo no. Mi informerò oggi all’allenamento, poi ti farò sapere!
-Ok, grazie mille Koshino, sei molto gentile.
-Visto Mizu? Non c’era bisogno di pensare così tragicamente di lui, vedrai che tutto si risolverà per il meglio!
Poi la campanella che annunciava la fine della ricreazione suonò e riportò tutti gli alunni nelle rispettive classi.
 
Quando le lezioni per quel giorno si conclusero, Mizuki dovette rimanere a scuola più degli altri perché era il suo turno di pulire la classe. Purtroppo la sua compagna che era in coppia con lei era a casa malata, c’era proprio un’epidemia in quel periodo, quindi dovette fare tutto da sola. Salutò i compagni e si mise al lavoro. C’era un bel po’ da fare perché quel giorno, oltre ad aver fatto educazione fisica, avevano anche partecipato ad un laboratorio d’arte quindi sul pavimento della classe si poteva trovare di tutto: dalla colla ai minuscoli pezzettini di carta che non erano stati raccolti e c’era quindi bisogno della scopa, dallo scotch fino ai piccoli pezzettini di polistirolo espanso che si appiccicavano dappertutto.
Fu dura, ma riuscì a pulire tutto molto bene. Inoltre, quando chiuse nell’armadio i vari secchi, scope e spugne, diede un’occhiata all’orologio. Erano le sei ed era ancora in orario, perciò non aveva bisogno di correre. Sarebbe arrivata a casa giusto in tempo.
O almeno questo era quello che credeva.
Quando svoltò nell’ennesima traversa, ormai quasi vicino a casa, si ritrovò davanti un gruppo di ragazzi che le sbarrarono la strada. Erano grandi e grossi, con l’uniforme di un liceo rivale al suo. Ed inoltre erano grandi; saranno stati di quarta superiore almeno.
Lei invece era di prima. Ed era una ragazza.
OH.
Il suo cuore cominciò a battere all’impazzata, ma cercò di mantenersi calma, non doveva dare a vedere che dentro stava tremando. Quei ragazzi avevano delle facce truci e sembravano anche più grandi di quel che erano.
-Guardate un po’! Ma che bella bambolina che c’è qui!
-Sei venuta per farci compagnia, tesoro?
Mizuki fece finta di non sentirli e provò a sorpassarli. Fu, però, una brutta mossa perché uno dei ragazzi, quello più vicino a lei, la prese per un braccio e la strattonò.
-Ehi! Lasciami andare, mi fai male!
-Ahahah! L’avete sentita? “Mi fai male”, ahahah!
La prese in giro uno di loro facendole il verso.
Mizuki provò a divincolarsi, se fosse riuscita a liberarsi e a correre probabilmente non l’avrebbero raggiunta.
-Credo proprio che ti porterò a casa mia stasera… eheh!
-E domani toccherà a me!
Disse un altro, che cercò di allungare una mano verso la sua gonna.
All’improvviso, però, un pallone da basket colpì il braccio del ragazzo che aveva tentato di allungare le mani.
-AHI! Chi cazzo è stato?!?
Disse guardandosi intorno e nel frattempo tenendosi il braccio colpito. La strada era illuminata da pochi lampioni e loro erano proprio sotto uno di questi, perciò intorno a loro era tutto buio.
-Sono stato io. Lasciatela andare.
Parlò una figura nell’ombra.
Mizuki non perse nemmeno un secondo e morsicò la mano del ragazzo che la teneva stretta a sé.
-ARGH! Brutta stronza!
Disse lui, ma non la lasciò andare, anzi la strinse ancora più forte di prima facendole male davvero. Le vennero le lacrime agli occhi, ma cercò di non piangere perché altrimenti la vista le si sarebbe offuscata, invece doveva riuscire a rimanere lucida per poter scappare alla prima occasione.
Poi la figura nell’ombra si fece avanti. Mizuki rimase a bocca aperta, non si sarebbe mai aspettata di vedere proprio lui.
Il ragazzo spinse via alcuni membri del gruppo con un paio di spallate mentre gli passava accanto e poi si avvicinò a quello che teneva bloccata la ragazza.
-State indietro se non volete finire male.
Disse agli altri guardandoli in cagnesco.
Uno di loro, però, prese il pallone che era stato tirato e glielo ritirò addosso, cercando di colpirlo alla testa. Lui, però, si volse e fermò il pallone con una sola mano.
-Vi ho detto di stare indietro.
Uno del gruppo scappò via, ma era il più piccolo. Gli altri si allontanarono solo di qualche metro, però rimasero comunque pronti a qualsiasi cosa.
-Tu sei uno del Ryonan… Cosa vuoi da noi? Lasciaci divertire!
-Non credo proprio! Ti ho detto: lascia andare la ragazza.
-Chi, questo bel bocconcino? Non ci penso nemmeno!
-Non voglio farti del male.
-Io, invece, si!
Poi il ragazzo iniziò a palleggiare il pallone.
-Uhuh, che vuoi fare? Guarda che io non voglio giocare con te, voglio picchiarti!
E digrignò i denti. L’unica cosa che non mollava era la ragazza e Mizuki non sapeva che fare per riuscire a dare una possibilità in più al suo salvatore. Sperava non si facesse male e temeva per lui.
L’altro rimase in silenzio, senza rispondere alla provocazione del teppista. Non guardava la ragazza, ma fissava l’altro negli occhi. Si sentiva solo il rumore della palla che rimbalzava ritmica sul terreno.
Mizuki era sicura che invece si potesse sentire anche il suo cuore battere all’impazzata; non sapeva proprio che fare.
-Sendoh, lascia stare… Non voglio che tu ti faccia del male.
Disse lei improvvisamente con la voce quasi rotta dal pianto.
-Ahahah! Senti, senti la ragazzina cerca di proteggerti!
Sendoh non rispose né a lei né all’ennesima provocazione dell’altro.
Poi all’improvviso disse:
-Giù!
Mizuki capì e si abbassò con la testa più che potè, mentre il basketman tirò il pallone dritto in faccia all’aggressore. Lui cadde a terra e lei riuscì finalmente a liberarsi dalla stretta.
Gli ultimi ragazzi della banda che non erano ancora scappati lasciarono lì il loro leader e corsero via, sparendo alla loro vista in meno di un secondo.
Mizuki era ancora in piedi, accanto al ragazzo steso a terra. Non riusciva a muoversi e allora continuava ad osservarlo con le mani che le coprivano la bocca. Gli occhi erano diventati lucidi e leggermente spalancati dal terrore.
Il ragazzo che l’aveva salvata le si avvicinò piano, un passo alla volta per non spaventarla ancora di più. Lo sguardo di Mizuki, allora, si spostò improvvisamente su Sendoh e quando i suoi occhi lo misero a fuoco, cominciò a piangere. Grosse lacrime avevano iniziato a rigarle le guance. Lui allora, ormai di fronte a lei, la prese tra le sue possenti e muscolose braccia e la strinse a sé. Poi, dopo qualche istante, anche lei che fino a quel momento aveva tenuto le braccia inerti lungo i fianchi, lo abbracciò e pianse ancora con la testa nascosta nel petto di lui.
Dopo qualche minuto Sendoh cominciò ad accarezzarle la schiena e a sussurrarle parole di rassicurazione. Stava tentando di calmarla.
A quanto pare funzionò perché dopo un poco Mizuki alzò la testa dal suo petto e si asciugò le lacrime con la manica del cappotto.
-G-grazie.
Gli disse, con la voce ancora spezzata dal pianto.
Lui le sorrise e le chiese:
-Tutto bene ora?
E lei fece cenno di sì con la testa. Non riusciva ancora a far uscire molte parole dalla bocca.
-Vuoi fare due passi per calmarti un po’?
E nuovamente ricevette un segno affermativo dalla ragazza. Lui allora andò a raccogliere il suo pallone da basket e dopo mezzo secondo fu nuovamente accanto a lei. Era meglio non lasciarla sola in quel momento.
Camminarono in silenzio, uno di fianco all’altra, ma senza toccarsi. Arrivarono davanti alla casa della ragazza, ma non si fermarono lì bensì in un parchetto poco distante con qualche gioco per bambini, una decina di alberi e un paio di panchine. Decisero di sedersi sulle altalene al centro del parco.
Mizuki si era ripresa dal brutto colpo e il suo viso era tornato normale, anche se non era ancora del tutto serena. Era una ragazza forte però.
-Grazie ancora per avermi salvato da quelli là, se non ci fossi stato tu chissà cosa….
-Stai tranquilla, ormai è tutto passato, non ci devi pensare più.
-Sei stato davvero gentile, altri non avrebbero avuto il coraggio di sfidare quei teppisti.
-Mi piace salvare i pupazzi di neve in pericolo.
E lo disse sorridendo, mentre le faceva l’occhiolino. Ovviamente stava cercando di tirarla su di morale e farle dimenticare quello che le era appena successo.
Lei lo guardò e rise.
-Sai, sei più carina quando sorridi, non mi piace vederti con lo sguardo triste.
E subito lei si imbarazzò, diventando tutta rossa in viso. Fortunatamente lui non poteva vederla bene poiché c’era buio e il lampione del parco che li illuminava era dietro di loro quindi faceva una luce abbastanza scarsa sul suo viso.
Poi lui si alzò in piedi e si mise di fronte a lei, ancora seduta sull’altalena. Lei lo osservò curiosa, poi lui allungò la mano destra verso di lei. Mizuki glie la strinse e lui disse:
-Akira Sendoh, piacere.
-Mizuki Kurotani, piacere mio. Però il tuo nome lo sapevo già…
E gli fece una mezza linguaccia.
-Ah sì? Non l’avrei mai detto, non mi conosce nessuno a scuola, ahah!
E tutti e due sorrisero. Lui si mise anche una mano dietro la nuca per l’imbarazzo. Poi proseguì:
-Almeno ora ci siamo conosciuti ufficialmente.
Poi si lasciarono andare la mano e Mizuki gettò uno sguardo al suo orologio da polso, spalancò gli occhi e si alzò di scatto dall’altalena dicendo:
-E’ tardi, devo andare!
Lui rise, raccolse il suo pallone e poi si avviarono verso casa della ragazza.
Pochi metri prima lei prese coraggio e gli disse:
-Posso chiederti una cosa? Se è troppo personale puoi anche non rispondermi, non vorrei sembrarti troppo sfacciata.
-Chiedi pure.
-Koshino mi ha detto che hai avuto la febbre in questi giorni… come stai ora? E come mai ti trovavi proprio qui, abiti in zona?
-Ho avuto la febbre fino a ieri, ma stamattina stavo già meglio. Il dottore e l’allenatore mi hanno comunque consigliato di stare a casa anche oggi per riprendermi completamente. Oggi pomeriggio, però, non riuscivo più a stare rinchiuso e allora sono andato in palestra ad allenarmi un po’. Quando ti ho incontrata stavo tornando a casa. Abito nel quartiere poco più avanti e quindi ogni tanto passo di qui per tornare a casa. Comunque ora sto bene, grazie per avermelo chiesto.
E le sorrise ancora. Ormai erano arrivati a casa di Mizuki e stavano parlando fermi davanti al cancello.
-Il basket ti deve piacere proprio tanto se ti allenti mentre sei ancora in convalescenza, eh.
Disse lei, sorridendo come lui. Poi proseguì:
-Sai, la settimana scorsa durante la partita di allenamento contro lo Shohoku mi è sembrato, soprattutto negli ultimi due minuti finali... Insomma, ti sei divertito tanto eh? Continuavi a sorridere ed eri molto preso. L’ultima azione allo scadere del tempo poi… Sei davvero un bravo giocatore.
Il basketman era molto stupito, non poteva credere che quella ragazza avesse notato delle emozioni così profonde in lui.
-Grazie dei complimenti. E sì, devo dire che mi sono proprio divertito, quella squadra è fenomenale, ahah!
-Già, ahah! Beh, comunque grazie di nuovo per avermi salvato la vita, davvero. Se ci penso ancora... Ora devo proprio andare, altrimenti mi aspetta una bella strigliata da mio padre..!
-Allora non ti trattengo oltre. Buona serata pupazzo di neve!
-Grazie mio salvatore!
Dopodiché Mizuki entrò nel vialetto di casa mentre Sendoh se ne andò palleggiando. All’improvviso, però, si voltò e le urlò:
-Questo, però, non lo considero il primo appuntamento! Dobbiamo recuperare!
Poi scomparve tra l’oscurità e la luce dei lampioni.
La ragazza, che si era fermata per ascoltare quelle parole, ricominciò a camminare con un grosso sorriso stampato sul viso.

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Capitolo 6
*** Non ha importanza ***


Quella sera stessa, subito dopo cena, Mizuki chiamò l’amica per raccontarle tutto quello che le era successo nel tragitto scuola-casa.
Karin fu molto preoccupata e spaventata quando le venne raccontato dell’aggressione e chiese più volte all’altra se ora stava bene e si era ripresa, poi quando le venne detto di Sendoh cominciò, invece, a fare i salti di gioia.
Iniziò a fantasticare come suo solito, ma stavolta anche l’altra ci prese gusto ad ascoltarla. Dopo il terzo rimprovero da parte di suo padre, però, Mizuki dovette chiudere la chiamata. Non aveva detto nulla ai suoi genitori di quello che era accaduto per non spaventarli, non voleva che si preoccupassero visto che il suo salvatore aveva fatto in modo che non le fosse accaduto niente di brutto.
Dopo aver salutato la compagna Mizuki si preparò per andare a letto, anche se quella notte non dormì quasi per nulla. I suoi pensieri, infatti, vagarono su tutto quello che le era successo poche ore prima, ma soprattutto su Sendoh.
 
Per tutto il resto della settimana Mizuki non vide più il basketman, ma non passava giorno in cui non pensava a lui e sperava sempre di incontrarlo da qualche parte. Ormai non era più preoccupata che lui l’avesse presa in giro riguardo al loro appuntamento, dopo quello che le aveva detto non aveva più dubbi, il problema era solo aspettare che si facesse vivo. Inoltre si sentiva in dovere di ringraziarlo ancora, ma non riusciva mai a trovarlo. Non poteva nemmeno andare a seguire i suoi allenamenti perché per quel mese le porte della palestra sarebbero rimaste chiuse agli spettatori, se non durante la partita contro il liceo Jujindori proprio a fine mese.
Sarebbe stata una partita facile, lo Jujindori non era una squadra forte, ma l’allenatore voleva mettere a punto una nuova tattica. Per l’appunto segreta. Perciò non poteva avvicinarsi nessuno.
-Uffiiiiii!
Sbuffò Karin.
-Piantala di rompere.
Le disse Mizuki.
-Ma se non ho ancora detto niente!
-Come no. Hai appena incominciato.
-Cattiva Mizuuuu!
Le due amiche erano uscite da scuola e avevano appena appreso la notizia degli allenamenti a porte chiuse.
-Ed ora che facciamo noi due?
Chiese Karin depressa perché non poteva andare ad ammirare i “suoi figoni”.
-Io direi di andare a trovare Koshino… neanche oggi è venuto a scuola.
Propose Mizuki.
-Grande Mizu! Sei un genio.
-Lo so!
E Karin le fece una boccaccia in risposta. Mizuki fece finta di tirarle la lingua e poi si avviarono per la strada.
Arrivarono a casa del loro amico in poco tempo, poiché anche lui abitava vicino, un quartiere di distanza dalle sue due compagne.
Citofonarono un paio di volte, ma nessuno rispose. Aspettarono allora qualche minuto davanti al cancello d’ingresso nell’attesa che qualcuno passasse di lì, ma la casa sembrava deserta.
-Forse sono partiti per un viaggio…
Disse Karin.
-Mi sembra poco probabile… Koshino ci avrebbe avvisate. E poi ho visto suo fratello a scuola.
-Giusto! Come abbiamo fatto a non pensarci? Mizu, andiamo subito a parlare con suo fratello!
Disse Karin battendosi un pugno sulla mano, entusiasta della sua geniale idea.
-Karin?
-Si?
-E’ agli allenamenti.
-Ah, vero.
-E sono a porte chiuse.
-Ah, già
-Beh, che facciamo ora? E’ da maleducati stare davanti ad una casa, andiamo a fare una passeggiata? Oppure prendiamoci un bel gelato, è quasi ora di merenda!
-Certo che tu pensi sempre a mangiare eh!
-Ahahah! Parla quella che si è appena sbafata un sacchetto di caramelle.
-In effetti ho un certo languorino ora… Sì, andiamo!
Disse allora l’amica, prendendo sottobraccio Mizuki. Si incamminarono, così, verso la fermata dell’autobus per poi andare in centro.
 
Le coppe di gelato che si mangiarono erano davvero esagerate, ma era proprio quello che ci voleva per tirar loro su il morale.
Quando anche l’ultimo cucchiaino del dolce finì nella loro bocca, Karin si appoggiò allo schienale della sedia e si mise le mani sulla pancia.
-Aaaaahh!
-Karin! Ma che versi fai in pubblico? Ahahah!
L’amica divenne tutta rossa, poi rispose:
-Beh, questo gelato era buonissimo, una grande soddisfazione! Ma poi… Mizu, perché hai mangiato il gelato ad ottobre? Sei la persona più freddolosa che io conosca!
-Lo sai che per me non è un problema il cibo! Mi dà solo fastidio la temperatura esterna, ma posso mangiare il gelato anche a dicembre!
-Si, vero. Poi corri sempre… perciò anche se mangi tanto gelato lo smaltisci subito.
Disse Karin agitando il cucchiaio vuoto davanti all’amica.
-Ecco, appunto! Quindi ora andiamo a passeggiare se vogliamo smaltire un po’ di questa roba!
E così le due ragazze pagarono alla cassa e poi uscirono dalla gelateria.
-Dove vuoi andare Karin?
-Beh, possiamo camminare verso i negozi!
L’amica diede un’occhiata all’orologio:
-Oppure avviarci verso casa… Non vorrei arrivare tardi visto che mi è già successo spesso in questi giorni..!
-Ma Mizu, vuoi tornare a piedi?! La mia morte! E poi sei quasi sempre in ritardo tu!
-Ah, ah. Su, cammina!
Ma purtroppo la scelta si rivelò sbagliata perché dopo aver attraversato un paio di quartieri ed essere uscite dal centro della città, le due amiche fecero un incontro più spiacevole che piacevole.
Nello svoltare l’angolo di una via si ritrovarono davanti una scena che le fece bloccare di colpo: non molto distante da loro si trovava Sendoh circondato da una decina di ragazze, molto probabilmente quelle del suo fan-club, che continuavano a sorridergli, parlargli e cercare di toccarlo dandogli la mano. Lui sorrideva, ma si vedeva che era un sorriso di imbarazzo; teneva anche una mano dietro la testa e con l’altra la sua borsa da basket. Rispondeva gentilmente alle ragazze e non faceva nulla per allontanarle, anche perché non sarebbe servito a niente. Una di loro, poi, gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia, poi si mise a ridere insieme alle altre ragazze, mentre lui le sorrise, sempre più impacciato.
Mizuki, dopo aver assistito qualche secondo di troppo a quella scena, spalancò gli occhi e poi con voce inespressiva si rivolse all’amica:
-Karin, io devo andare, mi sono ricordata che devo fare una cosa. Non posso arrivare in ritardo a casa… Ci vediamo domani. Ciao.
E detto questo si voltò e cominciò a correre lontano.
L’amica si girò verso di lei e le urlò:
-Mizuki no! Aspetta!
Ma era troppo tardi perché l’altra era già scomparsa.
Nel sentire le parole urlate da Karin, il ragazzo si voltò verso di lei e vide che a gridare era stata proprio l’amica della ragazza che le piaceva.
Quindi questo significava che fino ad un attimo prima Mizuki era stata lì e aveva visto tutto.
Il ragazzo si rattristò subito, poi vide che la compagna si era voltata verso di lui e scuoteva la testa da destra a sinistra con uno sguardo tetro. Lui la guardò triste, ma non riuscì a fare o dire nulla perché era bloccato da quelle rompiscatole del suo fan-club. Karin allora si voltò indietro e cominciò a correre anche lei. Gli aveva dato una possibilità per spiegarsi ma lui non aveva fatto nulla, perdendo la sua unica chance.
 
Per tutta la strada del ritorno, Mizuki non fece altro che pensare a quanto era stata sciocca. Aveva pensato a Sendoh tutta la settimana, ma non era detto che anche lui avesse pensato a lei. Era anche vero che le aveva chiesto di uscire, ma poi non si era più fatto sentire. Inoltre poteva benissimo avere due o tre fidanzate, era uno dei ragazzi più carini della scuola, ovvio che fosse cosi!
Continuava a ripetersi anche queste parole:
-Stupido, stupido, stupido! Stupido Sendoh!
Poi, però, l’aria fredda le svuotò la mente e il suo pensiero cambiò, divenendo più lucido:
-No, sono io la stupida. Mi sono illusa che un ragazzo così carino potesse interessarsi proprio a me! Probabilmente fa così con tutte, si mostra carino e gentile, sempre sorridente e molto allegro così la gente si convince che è un bravo ragazzo e la sua fama aumenta! Stupida io che ci sono cascata in pieno, stupida, stupida! Però non devo pensare male di lui, alla fine sono io che mi sono costruita mille castelli in aria… stupida!
Nello stesso istante, anche il ragazzo aveva mille pensieri per la testa:
-Sono uno stupido, stupido, stupido! Non mi sono mai interessato a nessuna ragazza, soprattutto a quelle che fanno parte del mio fan-club che si credono importanti per me, pensano di avere dei privilegi. Una volta tanto che c’è una che mi piace, carina, simpatica, intelligente e che mi capisce e mi considera per come gioco… io riesco a farla scappare! Sono uno stupido, stupido!
Nel mentre il basketman era riuscito a liberarsi dalla morsa delle sue ammiratrici ed era riuscito ad arrivare a casa sano e salvo.
Mizuki invece stava ancora correndo, le mancavano solo un paio di isolati per giungere a casa quando, all’improvviso, andò a sbattere contro qualcosa. O meglio, contro qualcuno. Finì a terra, picchiando il fondo schiena.
-Ahi…
-Ti sei fatta male?
Era la voce di un ragazzo, anche lui caduto a terra per lo scontro. Mizuki aveva ancora gli occhi lucidi a causa dei pensieri di prima, ma questo il ragazzo non lo sapeva quindi pensò che si fosse fatta davvero male. Lei si alzò velocemente, si pulì i vestiti e lo guardò bene in volto. Nel frattempo anche lui si era rialzato e stava aspettando una sua risposta.
-Ma… ma tu sei il senpai Koshino!
Lui la osservò con sguardo curioso, probabilmente quella ragazza era una studentessa della sua scuola e sotto quel cappotto così pesante si celava la divisa del Ryonan.
-Ci conosciamo?
Le chiese infine.
-Oh no! Scusami. Io sono in classe con tuo fratello, mi chiamo Mizuki Kurotani, piacere.
-Ah, sì! Mio fratello ogni tanto parla di te e se non ricordo male anche di una certa Karin Mori.
-Sì, siamo tutti e tre in classe insieme. A proposito, posso chiederti come sta tuo fratello? Sono due giorni che non viene a scuola e non abbiamo sue notizie. Oggi io e Karin siamo passate a trovarlo, ma in casa non abbiamo trovato nessuno.
-Ha avuto un po’ di febbre, in questo periodo c’è in giro una brutta influenza; ma oggi so che stava già meglio. Se siete passate nel pomeriggio io ero ad allenamento ed i nostri sono al lavoro, è probabile che mio fratello stesse dormendo in quel momento. Ma vuoi passare a salutarlo ora? Io stavo tornando a casa, vieni con me! Gli farà piacere.
-Ecco, io… - Poi la ragazza gettò uno sguardo veloce all’orologio – Ok, giusto il tempo di un saluto! Sei molto gentile, grazie.
E gli sorrise.
Il ragazzo ricambiò e durante il breve tragitto verso casa sua non fece che pensare a quanto era stato fortunato ad incontrare una ragazza così carina, simpatica e gentile.
Mizuki l’aveva proprio colpito.

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Capitolo 7
*** Idea ***


Quando il giorno seguente Mizuki andò a scuola era molto incazzata. Purtroppo non era riuscita a superare la situazione e sbollire la rabbia come voleva lei, quindi aveva deciso che se la sarebbe presa con chiunque. Ma proprio con chiunque.
Stranamente arrivò in orario, poche volte le era capitato negli ultimi tempi. Aprì abbastanza violentemente la porta della sua classe, si diresse al suo banco, gettò lo zaino sul tavolo e si sedette composta. Non si mosse da quella posizione per le successive due ore, fino alla ricreazione.
Koshino era ancora assente quindi, quando la campanella suonò, si avvicinò a lei solo Karin.
Aveva capito perfettamente cosa stava provando l’amica, perciò evitò di fare stupide battute sulla sua situazione sentimentale. Le prese semplicemente la mano e la portò in corridoio.
-Respira un po’ di aria pulita, dai. Dopo un po’ la nostra classe puzza!
E le sorrise simpaticamente. Stava cercando di farla ridere e tirarle su un po’ il morale.
Mizuki non rispose, ma le sorrise leggermente. Poi si mise a guardare fuori dalla finestra. Karin le faceva compagnia standole vicino, sapeva che in quel momento non poteva fare molto altro.
Poi Mizuki si allontanò di scatto dalla finestra perché fuori in cortile aveva notato Uozumi e pensava ci fosse nei paraggi anche Sendoh; e visto che preferiva dimenticarlo, meno lo vedeva meglio era. Karin notò lo scatto dell’amica e allora guardò fuori. Non appena vide il capitano della squadra di basket e giocatori di altri club chiacchierare allegri, le venne in mente un’idea. Forse sarebbe riuscita a tirar su il morale della sua amica, doveva farla divertire. Ma per mettere in atto il suo piano avrebbe dovuto aspettare la fine della scuola. E così fece.
Quando la campanella dell’ultima ora suonò, Karin si fece accompagnare da Mizuki fino al cancello della scuola e poi si sedette sul muretto lì vicino. Doveva solo aspettare che passasse chi le interessava.
-Mizu, tu cosa vuoi fare? Aspetti qui con me oppure vai a casa?
-Chi stai aspettando?
-Una persona, ma tranquilla, NON è assolutamente chi pensi tu.
-Perfetto, anche perché io NON voglio assolutamente pensare più a lui.
Poi osservò l’amica per qualche secondo. Non sapeva cosa avesse in mente, ma sperava non fosse nulla di brutto. Almeno per lei. Poi riprese a parlare:
-Se non ti spiace Karin, vado a casa. Non voglio rischiare di fare incontri… spiacevoli.
-Si, certo. Ti capisco. Ci vediamo domani allora!
E le sorrise, rassicurante.
Dopo aver visto quel sorriso Mizuki cominciò davvero ad avere dei dubbi, ma non chiese cosa l’amica aveva in mente, non le interessava e probabilmente era meglio non saperlo. La conosceva e quel comportamento non prometteva nulla di buono.
Poi prese a camminare per la strada verso casa e come al solito i suoi pensieri si diressero verso il ragazzo di cui era innamorata da morire, ma di cui non voleva più saperne nulla.
Se solo lui si fosse fatto vivo almeno una volta… Lei non ne aveva il coraggio, purtroppo sembrava una ragazza forte, ma nel profondo era un’inguaribile romantica che credeva spettasse all’uomo fare il primo passo. E poi si imbarazzava troppo; doveva essere lui a cercarla.
 
Nel frattempo Karin trascorse un po’ di tempo ad osservare gli studenti che uscivano da scuola finché non uscì pure lui. La persona che le interessava così tanto in quel momento. La ragazza scese dal muretto e si diresse verso il ragazzo, chiamandolo:
-Ehi, scusami! Tu sei Ryoji Ikegami, vero?
Un ragazzo alto e abbastanza grosso, con i capelli castani e corti si volse verso Karin.
-Sì, sono io. Hai bisogno di qualcosa?
Karin sorrise.
-Veramente sì. Molto piacere, io sono Karin Mori. – E nel frattempo gli tese la mano destra – Sai, vorrei parlarti di una cosa…
 
Quando la sera suonò il telefono, Mizuki sapeva già che c'era Karin all'altro capo.
-Sì?
-Ciao Mizu, come stai?
-Bene dai, tu?
-Sicura?
-Sìsì.
-Mizu, non mi piace quando ti comporti così.
Karin era molto seria e preoccupata per la sua migliore amica.
-Perdonami Karin. È solo che… boh, non lo so nemmeno io.
-Io invece lo so cosa ti sta succedendo… ma non preoccuparti che ho già sistemato tutto io!
E il tono della ragazza cambiò subito, ora era tornato quello allegro di sempre.
-Cosa vuol dire che hai già sistemato TUTTO TU?
Anche Mizuki pian piano si stava riprendendo perché Karin l’avrebbe fatta nuovamente sfollare di lì a poco, se lo sentiva.
-Vuol dire che sei a posto! Non devi più preoccuparti di nulla!
-Karin?!?
-E va bene, ora ti spiego! A metà dicembre finirà la prima parte di tutti i campionati sportivi… ed ho pensato che si sarebbe potuto festeggiare in grande stile! Così ho consigliato e caldamente suggerito ad Ikegami, il vicecapitano della squadra di basket nonché membro del consiglio studentesco, di organizzare una festicciola con tutta la squadra, gli altri club sportivi e la scuola… uhuh…
-Una festicciola.
-Si!
-Festicciola.
-Si!
Mizuki spalancò gli occhi castani. Era partita, Karin era proprio partita con la testa.
-Ma ti sembra il caso di organizzare una cosa del genere?!?
-Certo! Cosi tu potrai chiarire le cose con Sendoh e poi finalmente starete insieme, no? E’ un’idea geniale, ammettilo! Vi troverete in palestra… con una bella e romantica musica in sottofondo… vi guarderete negli occhi e.. puff! Capirete di essere stati due stupidi a comportarvi come bambini!
Mizuki rimase in silenzio. Dall’altro capo del telefono non si sentiva più nulla.
-E dai Mizu, non fare cosi! Lo sto facendo per te!
Le disse poi Karin.
Dopo un attimo l’altra le rispose, la sua voce era tornata calma.
-Lo so Karin e ti ringrazio. In fondo non è una così brutta idea.
Karin esultò, era felice di aver fatto qualcosa di bello per l’amica.
In fondo, pensò Mizuki, l’idea della festa non sembrava cosi male. O almeno lo sperava.
 
Il giorno successivo tornò a scuola anche il loro compagno Koshino, e la prima cosa che Karin fece fu quella di spiegargli il suo piano. Il ragazzo non fu sorpreso, al contrario della compagna che almeno da lui si era aspettata un’esultanza in grande stile visto che nemmeno Mizuki le aveva dato quella soddisfazione. Il compagno, però, le spiegò:
-Ieri sera, quando mio fratello è tornato a casa dagli allenamenti mi ha parlato di questa cosa. Ne borbottava Ikegami durante una partita di allenamento. E’ piaciuta a tutti i giocatori! Mi ha anche detto che oggi l’avrebbe proposta al consiglio studentesco… Speriamo bene! Piace un sacco anche a me come idea.
-Speriamo, sì! Io avevo pensato ad una cosa in stile “ballo-di-fine-anno-americano”, in cui le ragazze vengono invitate dai ragazzi, si balla, si chiacchiera, ci si diverte… sarebbe bello avere anche una band che suona dal vivo! E le limousine! E… E…
-Karin, non stai sognando un po’ troppo?
Intervenne un’altra voce femminile.
-Uff, Mizu! E lasciami un po’ alla mia immaginazione!
-Ha ragione, sarà già tanto riuscire a farla questa festa… ahah!
Disse poi il loro amico.
Infine la campanella suonò e riportò tutti gli studenti in classe per cominciare un’altra lezione.
Al termine della giornata un annuncio agli altoparlanti della scuola creò grande eccitazione e scompiglio: la festa di metà-campionato si sarebbe fatta, era stata approvata dai professori e dal preside. L’appuntamento era per il 20 dicembre e tutti gli studenti del liceo Ryonan erano ovviamente invitati.
Dopo l’annuncio Mizuki e Koshino si girarono verso Karin con gli occhi spalancati e la bocca aperta dallo stupore, mentre la ragazza li guardava sorridente facendo il segno di vittoria con le mani.
Karin era riuscita nel suo intento, mai era successo prima d’ora.

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Capitolo 8
*** Bisogna andare avanti ***


Sembrava che il tempo passasse molto in fretta. Era strano, però.
Solitamente quando Mizuki era triste le pareva che il tempo scorresse molto lentamente e, viceversa, quando era felice il tempo volava via in un istante.
Stavolta per lei, invece, era il contrario.
Erano già arrivati a metà Dicembre. Faceva freddo, verifiche ed interrogazioni gli piombavano addosso ogni settimana e inoltre non aveva più visto Sendoh se non durante qualche partita, ma lui non le si era avvicinato. E soprattutto lei non era andata da lui. Erano due testoni. La ragazza si limitava ad osservarlo, contemplarlo, odiarlo ed amarlo da lontano.
Karin le aveva detto che più di una volta l’aveva visto guardare verso di lei, ma Mizuki non aveva mai fatto nulla per fargli capire che andava a vedere le partite della squadra principalmente per osservare lui. Sendoh con le ragazze non era uno di quelli così coraggiosi e sfacciati come poteva sembrare.
Anche qualcun altro, però, aveva notato la presenza di Mizuki in palestra, non solo la stella del Ryonan.
 
Durante quel periodo la ragazza aveva capito una cosa: era perdutamente innamorata del basketman. Più non lo vedeva, più ne sentiva la mancanza. Capitava spesso che la notte sognasse il suo sorriso e il modo in cui le aveva parlato quell’ormai lontano giorno: “Ti va di prendere un caffè con me un giorno di questi?”. Purtroppo per lei, però, quel momento non era mai arrivato. Tutto ciò l’aveva molto intristita, ma non voleva darlo a vedere, soprattutto per non dare troppo fastidio ai suoi amici; per quello faceva finta che la cosa non le interessasse più. Si era auto-convinta pure lei stessa, ma Karin e Koshino non ci credevano. Dentro di lei vorticavano ormai due sentimenti contrastanti: l’amore e il disinteressamento verso Sendoh.
 
Mizuki, però, non era l’unica ad avere quei pensieri per la testa perché anche il suo caro basketman pensava le stesse cose di lei. Quello che si rimproverava ogni giorno era di non essersi più fatto vivo con la ragazza, nonostante ne fosse assolutamente incantato. Purtroppo, però, non riusciva a perdonarsi l’accaduto con una di quelle tizie del suo fan-club. Lui non aveva fatto niente di male, ma non riusciva comunque a perdonarsi il comportamento scorretto che credeva di aver tenuto; avrebbe dovuto scusarsi con Mizuki e basta, invece non ne aveva avuto il coraggio.
Era successo tutto per una stupidata, un fraintendimento che gli aveva fatto perdere la sua occasione con la ragazza che le piaceva.
Aveva poi passato tutto il mese successivo ad osservarla e ammirarla alle partite di basket e a sognarla la notte, ma questo non era servito al riavvicinamento. Almeno si consolava nel vedere la ragazza in palestra ed era felice che lei non avesse smesso di andarci per colpa sua.
Mentre questi pensieri continuavano a vorticargli in testa, il ragazzo non smetteva di tirare il pallone e fare canestro. Dei bambini lo stavano osservando ai bordi del campetto del parco, ma lui era troppo concentrato su se stesso per accorgersene.
Poi, all’improvviso, prese una decisione: alla festa di metà-campionato avrebbe chiesto a Mizuki di perdonarlo e di uscire con lui seriamente. Era la sua ultima possibilità, sempre che la ragazza si fosse presentata, ma su questo non aveva dubbi poiché la festa era stata un’idea della sua pazza amica. Doveva farsi perdonare e cercare di riconquistarla, era troppo importante per lui e non poteva farsela scappare; era una ragazza speciale e lui lo sapeva. Quella sarebbe stata la sua occasione, finalmente dopo più di un mese aveva trovato il coraggio di farsi avanti.
Non sapeva una cosa, però: era ormai troppo tardi.
 
Arrivò il giorno dell’ultima partita prima della pausa di metà-campionato ed erano tutti molto eccitati. Innanzitutto perché lo Jujindori era una squadra facile da battere e poi perché la sera ci sarebbe stato il ballo ed era quello, quindi, ciò che tutti realmente stavano aspettando.
Le due ragazze entrarono in palestra, la partita si sarebbe svolta nel loro liceo, e Karin si diresse subito verso il loro solito posto in gradinata, ma Mizuki fu più veloce e la prese per un braccio, fermandola.
-Ti fa niente se stavolta ci sediamo da un’altra parte? Voglio provare a guardare la partita da un’altra angolazione.
-Ma i posti migliori sono que… si, ok. Non c’è problema, andiamo dove vuoi!
Anche questa volta Karin aveva capito. Quelli erano i loro soliti posti, dove Sendoh la cercava sempre con lo sguardo. Era ovvio che Mizuki non volesse sedersi lì, o per lo meno non quel giorno.
Così si sedettero in gradinata, lato destro, posti in alto. I più lontani dal campo insomma.
Poi la partita iniziò ed il Ryonan si portò subito in vantaggio grazie ad alcuni canestri di Uozumi.
Quel ragazzo era veramente bravo, si vedeva che si esercitava costantemente ogni giorno della settimana. Voleva vincere, perciò si preparava esclusivamente per la vittoria.
Poi fece canestro Sendoh. Mizuki notò che dopo aver fatto punto portò il dito indice in alto. Era la prima volta che lo faceva e la ragazza si chiese se aveva un significato particolare, ma la sua domanda rimase senza risposta.
La squadra dello Jujindori, però, non si rivelò cosi incapace come molti si aspettavano, anche loro si erano molto allenati per questa partita; o forse era solo l’adrenalina che scorreva nei loro corpi a farli andare avanti così di corsa. Sta di fatto che ribaltarono quasi subito il punteggio. Ci pensò, però, Sendoh a rimettere le cose come stavano, seguito dai boati del pubblico.
-Koshino giocherà stasera?
Chiese Karin.
-Non saprei, lo vedo ancora seduto in panchina…
Poi la partita finì.
Il Ryonan aveva vinto con un distacco di 35 punti. Un’altra vittoria che andava ricordata.
 
L’arbitro, dopo che i giocatori si erano stretti la mano per salutarsi e complimentarsi a vicenda, prese il microfono ed annunciò l’inizio della “Festa dello sport” per le otto di quella sera stessa. Ovviamente anche quelli dello Jujindori erano stati invitati; il liceo Ryonan non si sarebbe mai comportato in modo tanto maleducato con un’altra scuola.
Gli spettatori si alzarono dagli spalti e si diressero verso le uscite per tornare a casa a prepararsi per la festa.
-Ci vediamo tra qualche ora Mizu!
E Karin la salutò con la mano, sorridendo. L’altra ricambiò e poi si diresse verso casa, pure lei doveva prepararsi anche se la voglia di andare a quella specie di ballo non era poi molta.
Karin non aveva voluto dirle con chi sarebbe andata alla festa e non si era fatta dire dall’amica chi sarebbe stato il suo accompagnatore, voleva che tutto fosse una sorpresa. Mizuki non aveva potuto dirle di no; e poi era anche molto curiosa.
Per quella sera si fece bella, doveva e voleva fare colpo: si mise delle scarpe nere con un leggero plateau ed un tacco non troppo alto, con cinturino alla caviglia. Il vestito era blu elettrico, lungo fino al ginocchio con le spalline non troppo sottili ed una bella scollatura sul davanti. Infine indossò un coprispalle nero perché anche se la palestra era riscaldata, faceva comunque freddo essendo il 20 Dicembre.
I capelli lisci e lunghi stavolta erano stati trasformati in leggeri boccoli che le ricadevano morbidi sulle spalle. Sugli occhi si era truccata con una leggera riga di eyeliner nero, un po’ di blush rosa sugli zigomi e infine un delicato lucidalabbra rosa.
Poi il citofono suonò. Si mise il cappotto nero, la sciarpa ed i guanti e fu pronta per uscire.
-Ciao ma’! Io vado!
-Buona serata e divertiti!
-Grazie, a più tardi!
-E per il ritorno a casa?
-Ci pensa lui, non preoccuparti.
Poi diede un bacio sulla guancia a sua madre che richiuse la porta non appena la figlia fu uscita.
-Ehm, ciao.
Mizuki salutò il suo accompagnatore che la stava aspettando davanti alla porta.
-Ciao… Sei bellissima.
-Oh, grazie.
-Vogliamo andare?
-Si, certo.
E il ragazzo le allungò la mano per dirigersi insieme verso la loro scuola.
Camminarono per qualche minuto in silenzio, tutti e due in imbarazzo, dopodiché quando arrivarono finalmente in palestra l’atmosfera si distese subito.
Aprirono le porte e mille luci colorate li accolsero con una calda e divertente atmosfera. La palestra era già piena di gente che ballava, beveva, rideva e chiacchierava. Sembrava la cosa più normale del mondo e solo pochi occhi vennero puntati su di loro perché una marea di gente entrava ed usciva continuamente. La musica li travolse con un ritmo potente che li trascinò subito in pista.
-Mizu, sei stupenda!
Karin aveva assistito all’entrata dell’amica e l’aveva subito raggiunta per salutarla.
-Anche tu sei bellissima Karin! Ma… Chi è il tuo accompagnatore?
-Ahahaha, lo sapevo che non saresti riuscita a resistere! Sono venuta con Ryoji Ikegami, della squadra di basket, è appena andato a prendere da bere! Ma tu invece?!? Dov’è Sendoh, uh? Anche lui è andato a prenderti qualcosa?
-Veramente nemmeno io so dove sia. Non sono venuta qui con lui e l’ultima volta che l’ho visto è stato alla partita di qualche ora fa.
L’amica rimase letteralmente a bocca aperta.
-Io… Ma… Io… Pensavo fossi venuta con lui!
-No, mi spiace ma il tuo piano non ha funzionato del tutto. Sono venuta con un altro ragazzo: Hiroaki Koshino, giocatore di basket nonché fratello del nostro caro amico. A proposito, dov’è lui?
-Mizu, mi stupisci, davvero! Non l’avrei mai detto… Cioè… Wow! Riguardo al nostro caro amico invece… è già in pista! E’ qui con una ragazza della classe prima sezione sette, molto carina!
-Mi fa piacere, più tardi andrò a salutarlo.
E nel frattempo Karin fu raggiunta dal suo accompagnatore con due bicchieri di ponch in mano. Il ragazzo venne presentato all’amica e poi tutti e quattro si misero a chiacchierare un poco. A Mizuki sembrò un ragazzo molto gentile e simpatico e fu contenta di vedere Karin così felice accanto a lui.
L’unica persona infelice a quella festa era lei. Non perché Hiroaki non la facesse divertire o non le piacesse, era molto simpatico e intelligente, ma fin dall’inizio non le era mai interessato come futuro “fidanzato”. Quei suoi pensieri erano rivolti ad un altro e lei lo sapeva benissimo; anzi, forse l’aveva capito pure il suo accompagnatore. Questo perché Mizuki continuava a guardarsi intorno, nella speranza di veder comparire davanti a lei come per magia un’altra certa persona.
Ma di Sendoh non c’era traccia.
Durante la serata Karin cercò in tutti i modi di far divertire l’amica, la fece ballare, chiacchierarono di qualsiasi cosa e le fece pure conoscere molti ragazzi di quasi tutti i club sportivi della scuola, ma non servì a molto. Ovviamente l’altra cercava di divertirsi ed apprezzava lo sforzo dell’amica e pure del suo cavaliere, ma le dispiaceva comunque essersi fatta accompagnare da Hiroaki al ballo senza potergli dare la giusta compagnia che si meritava.
E così il tempo passò. La festa era quasi giunta a conclusione e il morale di Mizuki toccava ormai terra.
Poi, all’improvviso, le porte della palestra si aprirono di colpo sbattendo contro il muro ed una figura si stagliò ferma, in piedi, lì davanti a tutti. Un taglio di capelli inconfondibile.
Sendoh.
Il ragazzo non guardò in faccia nessuno, ma si diresse a grandi falcate verso la persona che aveva già localizzato non appena aperte le porte.
Era una scena da non perdere, quindi tutti rimasero fermi immobili con il fiato sospeso per osservare cosa sarebbe successo. Anche la musica venne abbassata di volume, sembrava davvero di essere in un film americano, come aveva sognato Karin.
Il basketman si fermò davanti a Mizuki, che nel frattempo tratteneva il respiro, quasi intimorita dal ragazzo che ora la stava fissando negli occhi. Nessuno dei due riusciva a muoversi e a parlare. Dopo qualche istante, però, lui prese coraggio e le disse:
-Mi… V… U… C… M..?
Lei spalancò ancor di più gli occhi e gli rispose:
-Mi spiace ma… Non ho capito una parola di quello che hai detto.
-Mizuki… Vuoi uscire con me?
La ragazza, anche se lui aveva parlato a bassa voce, stavolta aveva sentito perfettamente e per lo stupore fece un passo indietro andando ad appoggiarsi con la schiena al suo accompagnatore. Dopo aver assistito alla scena Sendoh divenne ancor più sicuro di quello che voleva fare perché vedere la sua innamorata tra le braccia di un altro anche solo per un secondo l’aveva già fatto arrabbiare, anche se Hiroaki era un suo carissimo amico. Perciò prese tra le sue mani quelle di Mizuki, si inginocchiò davanti a lei e urlò per tutta la palestra:
-Mizuki, chiedo scusa ad Hiroaki, ma voglio e devo chiederti qui davanti a tutti: vuoi uscire con me?
Lei rimase scioccata, per quanto già non lo era. Aprì la bocca un paio di volte, ma nessun suono ne uscì. In palestra erano tutti tesi, aspettavano una sua risposta.
Lei guardò Karin che le sorrideva e le faceva un gesto con la mano come per spingerla verso di lui, poi guardò il suo amico Koshino che le sorrideva a sua volta dalla pista, si girò verso Hiroaki che aveva un sorriso triste ma non cercava di trattenerla a sé, ed infine guardò il ragazzo inginocchiato davanti a lei e sentì il calore delle sue mani pervaderle tutto il corpo. Era questo che voleva, ciò che bramava sentire e finalmente tutti e due l’avevano capito. Ci avevano messo un po’, ma finalmente tutto sembrava essersi sistemato.
-Sì. Akira non vedo l’ora di uscire con te!
E dopo qualche secondo di silenzio un boato esplose nella palestra. C’era chi aveva iniziato ad applaudire, chi invece urlava, chi rideva e chi aveva ricominciato a bere e ballare.
I due ragazzi, però, non si erano accorti di nulla di tutto questo. Continuavano a guardarsi negli occhi e anche quando il basketman si alzò da terra i loro sguardi non si staccarono l’uno dall’altro nemmeno per un secondo. Poi lui l’abbracciò stringendola forte e le disse in un orecchio:
-Sei bellissima.

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Capitolo 9
*** Amore e gelosia ***


Era passato ormai un mese dalla festa sportiva del liceo Ryonan e tutto quello che vi era accaduto era ormai un lontano ricordo, o quasi. Mizuki Kurotani e Akira Sendoh stavano ufficialmente insieme da quel giorno. Ovviamente lo sapeva tutta la scuola, ma non solo, anche gli altri licei e i diversi quartieri. I pettegolezzi viaggiavano più veloci della luce. Soprattutto se il loro protagonista era la stella del Ryonan, uno dei giocatori di basket più bravi del momento.
A Mizuki la cosa risultava ancora molto strana, ma cercava di farci l’abitudine, per non impensierire troppo il suo ragazzo che era fin troppo premuroso con lei; ed era una cosa normale vista tutta la fatica e tutte le sofferenze che i due avevano passato per riuscire a diventare una coppia.
I due ragazzi erano felicissimi, sempre insieme e più innamorati che mai. Non si mollavano nemmeno per un secondo: arrivavano a scuola insieme (ovviamente in ritardo), pranzavano insieme, studiavano insieme anche se erano di anni diversi e poi Mizuki lo accompagnava agli allenamenti prima di tornare a casa. Assisteva inoltre a tutte le partite della squadra e spesso lui le chiedeva di andare a vedere insieme pure le partite degli altri licei, soprattutto quelle dello Shohoku.
Durante gli allenamenti e le gare del Ryonan, però, Mizuki non era mai sola, ma sempre accompagnata da Karin, anche lei ora fidanzata con un membro della squadra di basket: Hiroaki Koshino.
Con Ikegami non era andata bene come lei si era aspettata e dopo la “Festa dello sport” Karin si era ritrovata a parlare spesso con il fratello del suo amico, così tra loro era nato qualcosa e coltivando bene quel sentimento avevano deciso di provare a mettesi insieme, con ottimi risultati.
Oltre a tifare per i propri fidanzati, però, ovviamente le ragazze facevano il tifo pure per il loro migliore amico Koshino che aveva iniziato ad entrare in partita, anche se solo per qualche minuto ogni tanto; ma per lui era un grande passo avanti, era molto migliorato in quello sport e ne andava fiero, il suo obiettivo era diventare bravo almeno quanto il fratello, se non di più.
 
Sendoh durante il gioco non era mai stato un esibizionista; quando faceva canestro non si vantava mai, ma negli ultimi tempi aveva cominciato a mandare un bacio con la mano verso la gradinata o la tribuna, in base a dove si sedeva Mizuki. Ovviamente era un bacio rivolto a lei, ma nel tempo era anche diventato un gesto di “spettacolo” e i tifosi ne rimanevano sempre estasiati, applaudendo e gridando il suo nome. Lui, però, aveva occhi solo per Mizuki ed ogni volta che lei gli sorrideva sembrava ricaricarlo ancor più di energia.
 
Un giorno, mentre stavano passeggiando mano nella mano, lui le chiese:
-Avresti voglia di venire con me e la squadra ad assistere a una partita domani?
-Chi gioca?
Gli chiese lei, molto interessata.
-Lo Shoyo. Contro lo Shohoku.
-Davvero?! Quindi ci sarà anche Sakuragi? Verrò di sicuro allora!
-Ah! Quindi lo fai solo per Sakuragi eh? Non per me? Che colpo al cuore Mizuki!
-Scemo!
E gli diede un leggero pizzicotto sul braccio.
-Ahi! Ora non potrò più giocare! Aiuto, allenatore, aiutoooo!
-Sei proprio stupido, ahahah!
-Ahahah!
Poi lui si fermò e le prese il mento con le mani, la guardò negli occhi e le diede un bacio sulla bocca.
Dopo qualche minuto si staccarono e, con le guance in fiamme, Mizuki gli disse:
-E’ meglio se corro a casa, altrimenti se arrivo in ritardo domani non mi faranno uscire.
-Ci vediamo domani, allora.
Le disse lui sorridendo e tenendo sempre il suo viso tra le mani.
-Ok, ciao!
Poi lei si voltò e corse verso casa. Aveva le guance leggermente arrossate, ogni volta che veniva baciata si emozionava come se fosse il primo bacio e preferiva nasconderlo ad Akira, altrimenti avrebbe pensato di essersi messo con una ragazza strana, ma Mizuki non sapeva che lui se n’era già accorto ed era una cosa di lei che gli piaceva tantissimo.
Il giorno successivo lei e Karin accompagnarono la squadra di basket alla partita cui volevano tanto assistere e rimasero piacevolmente stupite nel notare il palazzetto così pieno di gente. Inoltre il Ryonan non era l’unica squadra interessata alla partita perché incontrarono sulle tribune anche il Kainan, capitanato da Maki.
Le due ragazze si trovavano in fondo al gruppo a chiacchierare con Hikoichi, quindi inizialmente non ci fecero caso, ma quando Karin andò a sbattere contro Koshino capirono che il gruppo si era fermato perché era successo qualcosa.
Mizuki spiò tra i membri della squadra e riconobbe i giocatori del Kainan, ma preferì non andare vicino a Sendoh, rimanendo nelle retrovie. Nello stesso istante in cui questi pensieri le balenavano in testa vide, però, che un giocatore della squadra avversaria si era accorto di lei e la stava osservando con interesse. Era un ragazzo piccoletto con i capelli lunghi e neri e gli occhi molto vispi. Ma come lui si era accorto di Mizuki, Sendoh si era accorto dello sguardo con cui lui osservava la ragazza. Per distrarlo, allora, si rivolse proprio al Kainan:
-Kainan, chi pensate che vincerà? Eh, Maki?
E il capitano della squadra avversaria gli rispose prontamente:
-Lo Shoyo con dieci punti di scarto…
-E secondo il Ryonan, Uozumi?
Chiese un altro giocatore del Kainan rivolto stavolta al loro capitano.
-Io punto tutto sulla squadra favorita..!!
Dopodiché la conversazione terminò e le due squadre scesero le gradinate della tribuna per andare a sedersi in attesa dell’inizio della partita.
Sendoh fece passare davanti i suoi compagni di squadra e aspettò che Mizuki lo raggiungesse. Quando fu accanto a lui le diede la mano e un bacio sulla testa, poi si sedettero vicini.
 
Al termine del primo tempo tutta la squadra si alzò dal proprio posto tranne l’allenatore ed Hikoichi che stava filmando la partita, e si diressero verso gli spogliatoi e le macchinette delle bibite. Ad un certo punto sentirono qualcuno urlare prima nel corridoio e poi proprio davanti a loro. Quando i giocatori si girarono verso la fonte di tutto quel chiasso si ritrovarono davanti un giocatore del Kainan.
Il ragazzo si diede un’occhiata veloce in giro per cercare di capire dov’era finito, ma poi il suo sguardo cadde sulla ragazza che aveva già visto sulle tribune insieme alla squadra del Ryonan. Mizuki lo stava osservando con sguardo neutro, mentre beveva una Coca-Cola da una cannuccia arancione. Poi notò che era lo stesso ragazzo che si era accorto di lei sugli spalti e allora piegò la testa leggermente di lato, quel ragazzo aveva un aspetto buffo che la faceva ridere.
Anche un’altra persona si era nuovamente accorta della situazione, Sendoh.
Improvvisamente il ragazzo del Kainan si mise ad urlare davanti a tutti loro:
-State parlando con la matricola n°1 della provincia!! Nobunaga Kiyota!! Uno del quintetto base del Kainan!! Ricordatevelo bene!!
Poi il ragazzo venne interpellato proprio da Sendoh, perdendo tutta la sua spavalderia:
-E allora… è già sceso in campo il n°4 dello Shoyo…? Eh, Nobunaga bello…?
-Beh… proprio ora…
Rispose lui. Nel sentire quelle parole tutto il Ryonan si fece serio e, capitanato da Uozumi, si diresse nuovamente verso le gradinate per assistere alla fine della partita.
Stavolta fu Mizuki ad aspettare Sendoh perché il ragazzo era l’unico seduto per terra ed appoggiato con la schiena agli armadietti. Lui in tutta calma si alzò e la raggiunse, si presero per mano e cominciarono a camminare. Dopo aver fatto qualche passo, però, il basketman si fermò e si voltò indietro verso il giocatore del Kainan che era ancora fermo immobile.
-Ah, un’ultima cosa Nobunaga bello. Lei è la MIA ragazza.
Dopodiché si voltò nuovamente verso di lei e ripresero a camminare.
Il ragazzino, ancora immobilizzato, riuscì a pensare un’unica cosa: “Se… Sendoh!”
Dopo qualche passo in silenzio Mizuki si voltò verso il suo ragazzo e notò che aveva un’espressione abbastanza accigliata. Lui si accorse che lei lo stava guardando e quando si voltò verso di lei vide che aveva un enorme sorriso stampato sul viso.
A quella vista anche lui si distese un poco, eliminando l’espressione imbronciata.
-Sei un tenerone.
Nel sentire quelle parole, però, divenne completamente rosso, come un pomodoro.
-P-perché mi dici questo? C-che ho fatto?
-Eri per caso geloso di quel ragazzetto? Era così simpatico… sembrava una scimmietta! Però, sai, mi ha fatto piacere vederti comportare in quel modo, in un certo senso… Vuol dire che sei geloso!
-Chi, g-geloso io? N-non credo proprio!
-Con lui facevi tanto il figo e ora davanti a me balbetti? Sei proprio un tenerone!
E poi Mizuki si alzò in punta di piedi e gli diede un bacio sulla bocca molto appassionato che venne subito ricambiato. Sendoh non sapeva resisterle e lei non sapeva resistere a lui.
Poi si avviarono nuovamente verso la palestra per assistere alla tanto agognata vittoria dello Shohoku.

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Capitolo 10
*** Conforto ***


Era iniziato il torneo per le qualificazioni ai nazionali di basket e lo stesso giorno della partita Kaynan vs. Shohoku si sarebbe svolta pure l’altra gara molto importante: Ryonan vs.Takezato.
Mizuki era agitatissima e non vedeva l’ora di vedere il suo ragazzo scendere in campo. Ogni volta le faceva provare grandi emozioni ed era sicura che soprattutto in queste gare avrebbe dato il massimo. Sapeva che si divertiva moltissimo a giocare ed era molto felice per lui.
Quel giorno la palestra era completamente satura di spettatori, seduti sugli spalti non c’erano solamente gli studenti delle due scuole che si sarebbero affrontate sul parquet, ma anche diversi giornalisti pronti a stupirsi ed emozionarsi per quello sport meraviglioso, ma soprattutto per quei giocatori eccezionali.
Prima dell’inizio della gara Mizuki non si era incontrata con Akira, ne era andata a salutarlo in palestra perché non voleva disturbarlo o deconcentrarlo. Non era stata una sua richiesta specifica, ma semplicemente aveva deciso lei di non distrarlo ulteriormente con la sua presenza, sapeva che aveva bisogno di concentrazione prima di una partita e quelle che stavano disputando adesso erano più importanti rispetto quelle del campionato regolare.
Ciò che vide durante la gara fu fantastico. Akira era davvero la stella del Ryonan, ma non solo perché faceva moltissimi canestri, era un ottimo giocatore in qualsiasi ruolo. Faceva degli assist perfetti e ad un certo punto, verso la metà del primo tempo, ne fece uno a Koshino che segnò a canestro in pochi secondi e portò il risultato a 31-8.  
Poi Sendoh riprese subito in mano la palla ed incoraggiò la squadra, come suo solito.
-Allora, andiamo?
Gli spalti si infervorarono e tutti gli spettatori cominciarono a tifare per la squadra favorita:
-Ryonan! Ryonan! RYONAN!
Ovviamente anche Mizuki e Karin si unirono al coro, ridendo e battendo le mani.
A metà del secondo tempo il risultato era di 100 a 54 e giocatori come Sendoh e Uozumi erano stati messi in panchina. Ormai la partita era vinta perciò l’allenatore aveva deciso di non far affaticare troppo i suoi migliori giocatori nel secondo tempo. Aveva deciso che li avrebbe messi in campo solo alla fine preferendo far giocare anche gli altri che comunque erano molto bravi. Pure Koshino Jr., infatti, ebbe la sua occasione di entrare in partita e fare canestro.
Quell’incontro, però, serviva anche e soprattutto per dar spettacolo alla scuola, perciò quando il tempo rimasto era arrivato a circa 50 secondi alla fine, l’allenatore del Ryonan fece la sua mossa e rimise in campo sia il capitano che la stella del liceo, urlando a squarciagola:
-Avanti!! Andate a dargli il colpo di grazia!!
Ed un ulteriore boato scoppiò nella palestra.
-Vaaaaiiiii Akiraaaaa!
Urlò Mizuki, anche lei presa dalla foga. Era contenta che il suo ragazzo potesse ancora divertirsi e dare spettacolo. Dopo l’ultimo canestro il basketman lanciò un bacio verso gli spalti e la ragazza lo salutò con la mano.
Quando l’incontro finì gli applausi per i giocatori durarono qualche minuto, se li erano proprio meritati concludendo la partita con un risultato in tripla cifra.
Sendoh ovviamente si era risparmiato, non mostrando ancora quello di cui era capace al massimo del suo potenziale, ma si era comunque divertito un sacco. Poi le due squadre si salutarono e i giocatori si diressero nei rispettivi spogliatoi.
Le due ragazze aspettarono che la marea umana uscisse dalla palestra per potersi dirigere verso le porte d’uscita con calma e tranquillità perché comunque avrebbero dovuto aspettare i relativi fidanzati e amici.
Quando poi la squadra finalmente le raggiunse, Akira si diresse subito da Mizuki e la prese in braccio sollevandola in aria. Lei, mentre il basketman ancora la reggeva, si abbassò sul suo viso e gli diede un bacio. Poi gli sorrise e gli disse:
-Ti sei trattenuto oggi in partita, eh?
Lui per tutta risposta le fece l’occhiolino e poi la rimise a terra. Lei continuò:
-Sono comunque felice che tu ti sia divertito a giocare.
-Tantissimo.
Le rispose lui, sorridendole a sua volta.
Poi si sentirono chiamare da Hiroaki, che ormai era uscito dalla palestra e stava dando la mano a Karin:
-Ehi, Akira! Che fate voi? Venite a vedere il Kainan giocare contro lo Shohoku?!?
Il ragazzo si voltò verso Mizuki e le chiese:
-Che dici, ti va?
-So che tu ci tieni molto ad andare a vederli, no? Allora andiamo! E poi gioca la scimmietta, come potrei perdermela?
Nel sentire quelle parole il volto di Sendoh assunse un’espressione un po’ cupa e la ragazza se ne accorse immediatamente, quindi gli spiegò:
-Intendevo Sakuragi! Non Nobunaga. Oh adoro quando sei geloso, tenerone!
E per tutta risposta Sendoh la guardò male, ovviamente per finta e lei scherzosamente gli fece una linguaccia.
 
Arrivati al palazzetto rimasero tutti piacevolmente sorpresi del risultato.
-45 a 47?
Disse Sendoh.
-Akagi non c’è..?!
Si stupì invece Uozumi.
Poi, senza staccare gli occhi dal parquet, assistettero ad un’azione grandiosa: mancavano 20 secondi alla fine del primo tempo ed una matricola dello Shohoku, Kaede Rukawa, stava riuscendo a tener testa da solo a tutta la squadra avversaria; con un’azione fenomenale era riuscito a passare oltre Maki, il capitano del Kainan, e segnare un canestro spettacolare.
Tutto il palazzetto urlava il suo nome e Mizuki vide per la prima volta un’espressione stupita sul viso di Sendoh. Mai una volta il suo ragazzo era stato cosi stupefatto dalla giocata di una semplice matricola del primo anno, per di più di una squadra che fino a qualche tempo prima nessuno prendeva in seria considerazione.
-Che…!?
Disse lui, senza riuscire a finire la frase.
Poi il primo tempo terminò e la squadra del Ryonan riuscì a sedersi sulla gradinate, potendo finalmente distrarsi un attimo dal campo di gioco. Si stava prospettando una partita davvero interessante.
Mizuki si sedette vicino ad Akira, che le aveva tenuto un posto accanto a sé, ma per tutto il restante tempo della partita si rivolse solo a Karin, perché i giocatori del Ryonan erano troppo intenti ad osservare le mosse dei loro avversari. Sendoh era seduto con le mani giunte su cui aveva appoggiato il mento mentre i gomiti erano posati sulle ginocchia, molto concentrato ed interessato, ma anche i suoi compagni e l’allenatore non erano da meno.
Ad un certo punto il mister disse:
-Hanno fatto andare Maki su di giri, se non prendono provvedimenti in fretta sarà troppo tardi.
-Non è possibile marcarlo uno contro uno, e se la difesa non chiude in mezzo, sfonderanno centralmente!
Rispose Uozumi, ma poi intervenne Sendoh:
-Sembra che abbiano dato delle indicazioni dalla panchina…
E così fu perché lo Shohoku cambiò immediatamente modo di giocare, raddoppiando la marcatura verso Maki e stupendo così tutti gli altri.
Anche Mizuki era interessata a quei discorsi perché in quel modo poteva imparare ancor più cose sul basket. Ormai era diventata abbastanza esperta, ma mai come un giocatore o addirittura come un allenatore.
Poi venne fischiato un time-out per lo Shohoku e fu nuovamente l’allenatore del Ryonan a parlare ai suoi ragazzi:
-Anzai è stato obbligato a prendere un minuto di sospensione. Ma per lo Shohoku questo è palesemente un ritmo di gioco troppo elevato, non hanno più forze.
-Non direi… ne è rimasto ancora uno che ha energie da vendere…
Disse Sendoh. Mizuki si girò verso di lui e lo guardò con aria interrogativa, allora il basketman gli fece un cenno verso la panchina della squadra protagonista dei loro commenti. Un unico giocatore era seduto scomposto e sorseggiava una bibita senza avere il fiatone come gli altri: Sakuragi.
La ragazza allora si rigirò verso Akira e gli sorrise, aveva capito a chi si stava riferendo e lui ricambiò, poi si concentrò nuovamente sul campo.
Quando il time-out finì e la gara ricominciò, Sakuragi aveva già iniziato a dare in escandescenze, nessuno ormai poteva fermarlo. Sembrava una macchina da guerra.
Poi Uozumi parlò:
-Però, avete visto come si muove Sakuragi…!! Era quello che dicevi tu, Sendoh?
-Già. Nonostante siano trascorsi tre quarti della gara, i suoi movimenti sono come quelli di inizio partita. È la sua resistenza illimitata a costituire una minaccia.
Ed in effetti Sakuragi era un vero carro armato. Il palazzetto ora aveva cominciato a gridare il suo nome. Un passo avanti davvero eccezionale per quel ragazzo che aveva iniziato a giocare a basket solo da pochi mesi.
Anche Karin e Mizuki osservavano la partita con molto interesse, nessuno riusciva più a staccare gli occhi dal campo. Una ragazza dello Shohoku si era addirittura messa a piangere. Una partita così intensa da parte di quella squadra non si era mia vista, la loro determinazione e forza a voler vincere metteva i brividi.
Poi tutto finì, con un punteggio di 88 a 90. Aveva vinto il Kainan per soli due punti.
Era triste vedere Sakuragi piangere, ma gli spettatori provavano solo un decimo delle emozioni che aveva provato lui in campo fino a quel momento. Anche Mizuki era triste perché aveva tifato per loro, aveva sperato in una vittoria di quel ragazzo dalla testa rossa e dei suoi compagni, ma purtroppo ci erano solo arrivati vicino senza riuscire ad afferrarla.
Poi la ragazza si sentì prendere una mano e si volse verso Sendoh. La stava osservando con uno sguardo dolce e Mizuki gli fece un piccolo sorriso. Nessuno in quel momento aveva voglia di parlare tranne i giocatori e i tifosi del Kainan che continuavano ad urlare e festeggiare.
Poi lei guardò un’ultima volta verso il campo ed incrociò lo sguardo di un particolare ragazzo, Kyota Nobunaga. Lui sorrise mentre lei, facendo finta di non averlo visto, si girò verso Akira e gli diede un bacio sulla guancia.
-Andiamo?
Gli chiese.
-Certo.
Rispose lui.
Poi salutarono i compagni di squadra e si avviarono verso le porte d’uscita del palazzetto.
Una volta fuori Mizuki chiese all’improvviso:
-Cosa ti va di fare? Ho ancora un po’ di tempo prima di dover tornare a casa.
E Sendoh le rispose, dopo averci pensato un attimo:
-Ti va di fare una passeggiata? Vorrei portarti in un posto…
-Ok, andiamo!
E così si incamminarono per il quartiere, tenendosi per mano.
Chiacchierarono di molte cose, ma un argomento che non toccarono mai fu quello della partita appena terminata. Mizuki non sapeva cosa dire e probabilmente Akira non voleva parlarne, preferiva ripassare mentalmente quello che aveva visto o magari farlo con i compagni di squadra e il mister.
Dopo qualche tempo arrivarono in un piccolo parco recintato e il ragazzo vi entrò, sempre tenendo per mano Mizuki che cercava di stargli al passo visto che l’altro aveva leggermente accelerato ed inoltre aveva le gambe ben più lunghe delle sue.
Si fermarono dopo qualche istante, ai margini di un campetto da basket vuoto con un canestro non proprio nelle condizioni migliori, si vedeva che era stato usato moltissimo, quasi consumato.
-Come mai siamo qui? Che posto è?
Gli chiese lei, molto interessata e con un’espressione interrogativa sul viso.
-Qui è dove ho iniziato ad allenarmi da piccolo e dove ogni tanto mi alleno ancora.
-Davvero? Che bella cosa. Quindi è qui che hai imparato a giocare a basket!
Nel frattempo lui aveva preso dalla sua sacca un pallone e aveva cominciato a paleggiare. Il pavimento non era più perfettamente liscio come un tempo, ormai era attraversato da alcune crepe, ma nessuno se ne preoccupava, era una cosa che non pesava. L’unica cosa importante era giocare a basket, ovunque ed in qualsiasi modo.
Poi Akira tirò la palla a canestro, totalizzando ben tre punti. Mizuki sorrise e poi raccolse la palla. Si concentrò, prese bene la mira e tirò.
Il pallone rimbalzò sul cerchio di metallo, ma poi cadde fuori.
-Aaaahh, fortuna che non faccio parte di nessuna squadra, ahah!
Disse rivolta a lui con una smorfia. Per tutta risposta Sendoh si mise a ridere e le si avvicinò. Raccolse il pallone e si mise dietro di lei, le mise la palla tra le mani tenute tra le sue e le fece fare i giusti movimenti; poi tirarono insieme e la palla stavolta finì dentro il canestro.
-Siiii!
Mizuki si mise ad esultare per finta, come se grazie a quel canestro avesse vinto la partita, così fece ridere Akira che nel frattempo scuoteva la testa. Poi lo abbracciò ed alzò la testa per guardarlo in viso, era molto più alto di lei che in confronto sembrava una ragazzina.
Anche lui le sorrise e l’abbracciò a sua volta.
-Sai, in questo momento sono proprio felice.
-Anche io.
Rispose lui a sua volta.
Poi si strinsero nell’abbraccio ancor di più. Dopo qualche istante lei si staccò e, sempre guardandolo dritto negli occhi, gli chiese:
-Cos’è che ti impensierisce?
Lui le sorrise e scosse la testa.
-Come hai fatto a capirlo?
-Credo ti conoscerti abbastanza bene ora…
Poi lui si voltò e andò a sedersi su una panchina proprio di fronte al campetto da basket, sotto un bellissimo e grandissimo albero.
Lei lo seguì e gli si sedette accanto, in silenzio, aspettando che fosse lui a ricominciare a parlare. Se aveva voglia di confidarsi con lei l’avrebbe fatto, non voleva sforzarlo e fargli fare cose che invece magari preferiva non fare.
-Stavo pensando alla nostra prossima partita. Contro il Kainan. Non sono preoccupato, anzi, non vedo l’ora di giocare contro di loro, però… Però… Boh.
E poi rimase in silenzio. Mizuki per tutta risposta, preferendo non usare le parole in una situazione del genere, gli prese una mano e glie la strinse.
Lui allora, dopo quel gesto, si girò verso di lei e vide che gli stava sorridendo calorosamente. Era uno di quei sorrisi sinceri ed allegri, quei sorrisi che non potevano significare altro se non “andrà tutto bene”. E, infatti, fu proprio quello che lei gli disse:
-Andrà tutto bene.
Lui le sorrise rincuorato e le mise un braccio intorno alle spalle abbracciandola e ringraziandola per il suo sostegno. Lei aveva davvero capito quello che provava per il basket e quello che a lui più piaceva era che Mizuki fosse felice per quello che lui sentiva e viveva giocando. In quel momento Sendoh fremeva in attesa della partita contro il Kainan, il suo cuore scalpitava. Ma non solo per il basket. Anche per quella ragazza che ora era seduta lì accanto a lui. Era davvero felice.
Rimasero su quella panchina ancora per qualche tempo, finché la ragazza non dovette tornare a casa, di corsa.

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Capitolo 11
*** Ryonan vs. Kainan ***


Arrivò veloce il giorno della tanto agognata partita Ryonan vs. Kainan. Nel palazzetto, che aveva cominciato a riempirsi prestissimo, rimbombavano già le urla dei tifosi anche se i giocatori stavano solamente facendo riscaldamento.
-Kainan!
-Ryonan! Ryonan!
-Kainan! KAINAN!
-RYONAN! RYONAN!
Anche Mizuki e Karin, sedute nei posti migliori, si stavano già sgolando per dare tutto il supporto possibile alla loro squadra. Sembravano tutti impazziti, c’era gente che urlava, gente che ballava, chi montava gli striscioni, chi suonava trombe e tamburi.
Poi alcuni studenti del Ryonan si misero a ridere indicando la parte del campo dove si stavano riscaldando gli avversari e le due ragazze si voltarono per vedere cos’era successo: Nobunaga aveva tentato di fare un alley-opp ma con scarsi risultati perché la palla, da lui stesso tirata, era entrata nel canestro da sola.
Pochi secondi dopo furono invece Sendoh e Fukuda a fare un alley-oop favoloso e tutto il palazzetto si infiammò ancora di più. A Mizuki non era mai capitato di assistere ad un pre-partita così acceso. La cosa le stava piacendo molto, si stava divertendo un sacco e la partita non era ancora cominciata.
Poi le due squadre smisero con il riscaldamento e si avvicinarono ognuna al proprio allenatore. La partita sarebbe iniziata di lì a momenti e bisognava essere pronti e carichi.
Nel frattempo Mizuki si diede un’occhiata intorno e si stupì di notare, poco più in basso di lei, tutta la squadra dello Shohoku venuta per assistere alla partita.
Poi i giocatori, più seri che mai, si posizionarono in campo.
-Andiamo!?
Disse Sendoh, il più serio di tutti.
E il tifo riprese a rimbombare per tutto il palasport.
-KAINAN!
-RYONAN!
Uno stupore generale colpì tutti i presenti quando, poco dopo l’inizio della partita, si notò che Sendoh era stato inserito in campo con il ruolo di playmaker, diverso dal suo solito. Il disorientamento, però, durò poco perché i ritmi della partita prendevano freneticamente e si faceva molta fatica a restare concentrati.
Dopo un lancio del basketman che sembrava fin troppo lungo, il Ryonan fece canestro grazie a Fukuda che mise la palla dentro il cesto senza nessun problema.
Da quando quel ragazzo era tornato in squadra dopo un espulsione, il Ryonan sembrava cambiato. Ovviamente in meglio; aveva una nuova forza, un nuovo fuoco bruciava nel cuore dei giocatori. Fukuda sembrava quasi indispensabile, nonostante tutti e cinque i giocatori del quintetto principale fossero fondamentali.
La squadra aveva preso ritmo e grazie alle giocate di Sendoh, di Koshino, di Uozumi e degli altri era passata in vantaggio in poco tempo. Non si riuscivano a staccare gli occhi dall’area del parquet. Mizuki e Karin rimasero a bocca aperta per tutto il tempo.
Quando poi il punteggio del Ryonan raggiunse i 25 punti contro i 14 del Kainan, il loro allenatore chiamò un time-out e tutti, giocatori e spettatori, poterono tirare un sospiro di sollievo.
Mizuki, al fischio di stop dell’arbitro, si lasciò andare appoggiandosi con il corpo allo schienale. Fino a quel momento era rimasta in tensione, non le era mai successo prima. Le sembrava quasi di avere il fiatone e chissà come stavano i giocatori in campo!
Ripreso il gioco Sendoh si trovò a fronteggiare un Maki più preso che mai e che, riuscendo a sfondare la sua difesa, tirò subito verso Nobunaga per fare canestro. La stella del Ryonan, però, si catapultò dal ragazzo in un lampo, rubandogli la palla ed evitando di farlo segnare.
A Mizuki piacque pensare che, in quel momento, Sendoh volesse far sentire la sua superiorità alla scimmietta non solo per quello che accadeva in campo, ma anche fuori. E divenne rossa all’improvviso, cercando di non farlo vedere a Karin.
Durante il secondo tempo Nobunaga e Maki vennero incitati da Sakuragi e così cominciarono a giocare con ancora più foga. Addirittura la scimmietta del Ryonan riuscì a scavalcare Uozumi e fare canestro. Dopodiché, tutto gasato, urlo:
-Non sottovalutate i campioni del Kainan!
E le tifoserie si fecero ancor più convinte, aumentando il volume del tifo.
Ad un certo punto Koshino venne sbalzato via dall’imponenza di Maki, i passaggi della squadra si fecero più intensi e il loro punteggio cominciava a salire più rapidamente di prima. Purtroppo per gli avversari, la schiacciata di Nobunaga aveva trascinato la squadra del Kainan che ora faceva scintille.
La rivalità tra Sendoh e Maki non accennava a diminuire nemmeno un po’, erano i giocatori più infervorati in campo e non si mollavano nemmeno per un secondo. Poi accadde qualcosa che spiazzò tutti, soprattutto Sendoh: Uozumi venne espulso per aver compiuto cinque falli, il massimo per ogni giocatore in una partita.
Tutti quelli del Ryonan, allora, si voltarono verso la loro stella; ora era da lui che ci si aspettava tutto. Doveva cercare di coprire anche il ruolo che in squadra fino a quel momento aveva rivestito Uozumi.
In un attimo di silenzio rimbombò per la palestra un grido:
-Vai Akiraaaaaa!
Mizuki si fece rossissima in volto e si coprì con la sciarpa fino al naso per non farsi vedere in faccia dagli spettatori che si erano voltati verso di lei, ma nonostante l’imbarazzo era comunque riuscita nel suo intento: Sendoh aveva alzato un attimo lo sguardo e aveva sorriso. I muscoli del suo viso ora sembravano più rilassati, si era disteso, cancellando un po’ della montagna di tensione che lo aveva assalito.
Riprese il gioco sorridendo, perché era questo che lui provava per il basket e la rivalità con Maki non faceva altro che aumentare questa sua felicità.
Poi l’allenatore rimise in campo Fukuda e il Ryonan cominciò a rimontare il Kainan. A 20 secondi dalla fine il punteggio era di 79 a 77, ma grazie ad un canestro di Sendoh la partita passò ai supplementari pareggiando il punteggio prima della fine del secondo tempo.
Era una partita veramente intensa.
 
Il tutto finì con un risultato di 89 ad 83 per il Kainan. La squadra avversaria aveva vinto.
Con due vittorie, le superiori dell’università Kainan si guadagnarono l’accesso diretto agli interscolastici, mentre il giorno seguente il Ryonan e lo Shohoku (entrambe con una vittoria ed una sconfitta) si sarebbero affrontate per decidere l’assegnazione dell’ultimo posto in palio.
La parte del palasport in cui si erano radunati gli studenti della squadra vincitrice scoppiò in un boato potentissimo, insieme a grida, risate e applausi. Anche gli studenti dell’altro liceo si misero ad applaudire perché la partita era stata così entusiasmante da far rizzare la pelle. Tutte e due le squadre avevano giocato veramente bene.
Mizuki e Karin si erano alzate in piedi e senza smettere di battere le mani continuarono ad osservare i propri ragazzi in campo. Dopo aver compiuto i soliti gesti di rito, i giocatori delle due squadre cominciarono a dirigersi verso gli spogliatoi per lavarsi e cambiarsi. Sendoh e Koshino, però, stavolta non guardarono verso gli spalti. Non era la prima volta che non lo facevano e quindi le due ragazze non se la presero, anzi, cominciarono a radunare tutte le loro cose per poi uscire dal palazzetto.
Dopo aver preso la borsa e la giacca Mizuki guardò nuovamente il parquet e vide che Nobunaga Kyota stava facendo roteare la palla da basket su un dito solo e stava guardando proprio lei, sorridendo spavaldo.
La ragazza non riusciva proprio a capire cosa lui volesse da lei, forse era solo per far arrabbiare Sendoh che si comportava in quel modo; non che facesse nulla di strano, comunque.
Lei fece finta di non averlo visto e si mise davanti a Karin, precedendola verso l’uscita. Da parte sua il giocatore del Kainan lasciò cadere la palla per terra e le voltò le spalle in malo modo, avviandosi verso lo spogliatoio. Mizuki, però, non si accorse di nulla visto che l’aveva snobbato per prima.
 
Quando finalmente i giocatori del Ryonan uscirono dal palazzetto, una folla di studenti del loro stesso liceo che era rimasta lì ad aspettarli per applaudirli ancora, li accolse vivamente. La squadra non se lo aspettava e rimasero tutti piacevolmente colpiti, compreso l’allenatore. Anche se non erano riusciti a vincere erano stati comunque bravissimi e si meritavano lo stesso grandi festeggiamenti.
Karin si diresse subito da Hiroaki, che l’abbracciò abbastanza sorridente nonostante la sconfitta, mentre Mizuki si guardò intorno alla ricerca di Akira. Lo vide in fondo al gruppo che stava discutendo con Hikoichi, poi il ragazzo gli passò qualcosa di nero e il basketman se lo mise in tasca, mettendo poi una mano sulla spalla del ragazzino come per ringraziarlo. Infine alzò lo sguardo ed incrociò gli occhi di Mizuki, che gli stava sorridendo amorevolmente. Lui, però, non si avvicinò a lei, al contrario di quello che la ragazza aveva pensato, ma la salutò con la mano con un sorriso leggermente tirato e se ne andò via.
Karin si avvicinò alla compagna e le mise una mano sulla spalla, notando la sua sorpresa:
-Come mai Sendoh sta andando via da solo?
-Non lo so Karin.. Ma preferisco non disturbarlo. Magari proverò a chiamarlo stasera.
-Ok, allora vieni con noi a prendere una cioccolata calda?
-Mh, sinceramente stavo pensando di tornare a casa.
Poi si avvicinò a loro anche Koshino, che disse:
-Dai Mizuki, vieni con noi! Nonostante la sconfitta noi giocatori abbiamo bisogno di rilassarci e rimetterci in forze per domani, vieni a farci compagnia, ti divertirai!
-Ok… Mi avete convinto!
Così si diressero tutti insieme verso la caffetteria più vicina alla scuola. La ragazza fece del suo meglio per ridere e scherzare insieme ai suoi amici e alla squadra, anche se in cuor suo era molto preoccupata per Sendoh, non si era mai comportato così con lei prima d’ora e quindi non sapeva che fare.
In quel momento era pensierosa e stava osservando il cielo grigio fuori dalla vetrina del bar, quando qualcuno attirò la sua attenzione. Due ragazzi del Kainan passarono sfrecciando davanti a loro, uno seduto sulla bicicletta che pedalava e l’altro, Nobunaga, in piedi sulla ruota posteriore. Per una frazione di secondo il ragazzo guardò verso la vetrina e sorrise spavaldo, facendo un cenno con la mano destra.
Mizuki non riuscì a capire se il sorriso era rivolto a lei, e quindi il ragazzo l’aveva notata, oppure se più semplicemente aveva cercato di schernire i giocatori seduti lì insieme, che comunque se ne erano altamente fregati ormai già concentrati sulla partita dell’indomani e sulla loro cioccolata calda.
-Che c’è Mizu?
Le chiese Karin, dopo essersi accorta dello sguardo interrogativo della ragazza.
-Mh? – Mizuki si voltò verso di lei con il cucchiaio in bocca – No, nulla; sono passati qui fuori due del Kainan e uno di loro ha salutato con la mano.
-Lasciali perdere, sono solo degli sbruffoni che vogliono mettersi in mostra in qualsiasi momento!
Risposte Hiroaki, che aveva sentito la conversazione poiché seduto accanto a Karin.
La ragazza allora scosse la testa e si concentrò nuovamente sulla sua cioccolata.
Il dubbio riguardo al comportamento di Nobunaga, però, l’accompagnò fino a casa; insieme ai pensieri su Sendoh.
 
Una volta arrivata a casa mise la mano sulla maniglia della porta, ma rimase pensierosa per qualche minuto. Si guardò le scarpe e prese al volo una decisione: sarebbe passata a casa di Sendoh per salutarlo e vedere come stava.
Ripercorse il vialetto, aprì il cancellino e una volta fuori lo richiuse con calma. Poi senza guardare niente e nessuno cominciò a correre il più veloce possibile.
Non era mai stata a casa di Akira, ma sapeva dove abitava; sperava solo che le aprisse la porta una volta arrivata, ma cominciava a dubitarne visto lo sguardo che aveva avuto nel pomeriggio, all’uscita dalla palestra.
Era preoccupata per lui.
 
Quando arrivò sotto casa sua controllò le finestre e vide che tutte le luci erano spente. Forse i suoi non erano in casa e probabilmente nemmeno lui. Provò comunque a suonare una volta il campanello e attese. Nessuna risposta.
Prima di andarsene gli mandò un sms sul cellulare:
Sono appena passata da casa tua, ma visto che non ci sei ci vediamo domani… :)
Aveva cercato di essere dolce e non troppo assillante. Poi si voltò, dirigendosi verso il suo quartiere passeggiando.
Dopo qualche secondo le arrivò un messaggio di risposta:
Se sei ancora in zona e vuoi entrare ti apro!”
Dopo aver letto la riposta Mizuki sorrise e fece dietro front; risuonò il campanello e attese. In pochi secondi Akira comparve davanti a lei, aprendole la porta.
-Ciao…
Disse lei sorridendo.
-Ciao.
Le rispose lui, contraccambiando il sorriso.
-Come stai? Mi sono preoccupata oggi nel vederti così… così abbattuto, ecco. Te ne sei andato via senza dire una parola, con un’espressione serissima, non ti avevo mai visto comportarti in quel modo, mi sono preoccupata tanto.
E la sua espressione divenne più seria, quasi triste, come quella del suo ragazzo quel pomeriggio.
Lui la prese per mano e la tirò a sé, dandole un bacio sulla bocca.
-Perdonami, non volevo farti spaventare. Scusami tanto. – Le diede un altro bacio leggero – Vieni, ti faccio vedere cosa stavo facendo.
E la tirò dentro, chiudendo la porta alle sue spalle.
Era la prima volta che Mizuki entrava in casa di Akira. Aveva capito che i suoi genitori non c’erano e ne avrebbe approfittato volentieri per dare uno sguardo in giro, magari spiando anche la stanza del suo ragazzo, ma era tutto buio e non riusciva a vedere né distinguere nulla. Non immaginava nemmeno quanto la casa potesse essere grande e con quante stanze. La sua fantasia cominciò a viaggiare; e tutto questo in pochissimi secondi.
Sendoh, sempre tenendola per mano, la trascinò in un corridoio e poi a destra verso un grande salotto. C’era accesa solo una abat-jour e tutte le tende erano tirate; i cuscini dei divani erano appoggiati per terra, sul tappeto, e sul basso tavolino c’era una bottiglia d’acqua con un bicchiere. Sendoh si sedette per terra, appoggiandosi con la schiena al divano e fece sedere Mizuki accanto a lui. Poi prese il telecomando e schiacciò il tasto “play”. Sul grande televisore ripartì il filmato della partita di quel pomeriggio.
Mizuki si voltò verso di lui:
-E’ tutto il pomeriggio che sei qui a riguardare questo filmato?
-Questo, ma anche quelli delle partite precedenti e pure delle altre squadre.
La ragazza lo osservò ancora per un attimo, poi gli mise le dita sul mento e lo fece girare verso di lei:
-Potevi anche dirmelo, non credi? Io pensavo ti fosse accaduto qualcosa, pensavo stessi male.
-Scusami, lo so. Solo che in quel momento, finita la partita, l’unica cosa che volevo fare era tornare a casa e mettermi a guardare questi filmati. Scusami ancora. Avrei dovuto avvisarti, mi spiace che tu ti sia preoccupata così tanto.
I suoi occhi erano tristi, si era accorto di aver sbagliato.
Prima di rispondere la ragazza fece passare qualche secondo.
-Sì, magari avresti dovuto avvisarmi. Ma non fa nulla.
Mizuki sapeva quanto Sendoh teneva a quello sport; non voleva metterlo nella posizione di scegliere, sarebbe stata la sua più grande cavolata. Almeno adesso avevano chiarito la situazione, gli aveva spiegato come si era sentita dopo essere stata trattata in quel modo.
Appoggiò la testa sulla sua spalla.
Lui sorrise, le diede un bacio sulla fronte e la cinse con un braccio.
-Grazie.
Le disse in un sussurro.

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