If we could only turn back time.

di dreamwithme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo. ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo. ***
Capitolo 3: *** Terzo Capitolo. ***
Capitolo 4: *** Quarto Capitolo. ***
Capitolo 5: *** Quinto Capitolo. ***
Capitolo 6: *** Sesto Capitolo. ***
Capitolo 7: *** Settimo Capitolo. ***
Capitolo 8: *** Ottavo Capitolo. ***
Capitolo 9: *** Nono Capitolo. ***
Capitolo 10: *** Decimo Capitolo. ***
Capitolo 11: *** Undicesimo Capitolo. ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo Capitolo. ***
Capitolo 13: *** Tredicesimo Capitolo. ***
Capitolo 14: *** Quattordicesimo Capitolo. ***
Capitolo 15: *** Quindicesimo Capitolo. ***
Capitolo 16: *** Sedicesimo Capitolo. ***
Capitolo 17: *** Diciassettesimo Capitolo. ***
Capitolo 18: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo. ***



Primo Capitolo.

 
A New York faceva davvero caldo per essere Settembre. Violet prese il mazzo di rose bianche dal suo fioraio di fiducia sulla ventisettesima e poi si diresse a passo svelto verso il cimitero. Non se lo sapeva spiegare nemmeno lei come fosse riuscita quella mattina ad andare alla cerimonia commemorativa che facevano a Ground Zero, non ci era mai andata in dodici anni da quel maledetto attentato. Violet scosse la testa, doveva andare a prendere suo figlio Edward dopo essere andata al cimitero, ultimamente passava molto tempo da Thomas. Varcò il cancello del cimitero e come sempre si diresse a destra, fece pochi passi e poi si fermò davanti alla tomba di marmo.
Harry Edward Styles. 01/02/1982 – 11/09/2001.
Vittima dell’attentano alle Torri Gemelle.
A Violet faceva sempre male leggere quella frase, e pensare che solo poche ore prima aveva fatto quel discorso davanti a tutti. Era stata felice che suo figlio Ed non avesse insistito per partecipare, a Violet non piaceva che lui fosse così presente a certi eventi. Si inginocchiò sull’erba verde e posizionò le rose sulla tomba, poi sorrise alla foto di Harry: il sorriso sghembo, le fossette appena accennate, gli occhi verdi scintillanti, la sua maglietta dell’Hard Rock di Londra che gli ricordava tanto casa e il suo cappellino di lana. Violet sorrise, quando avevano visto la foto l’avevano guardata male. Di solito al cimitero ci andavano foto eleganti, ma lei voleva quella, pensava che lo rappresentasse a pieno, che rappresentasse la sua innocenza quando non stava in quell’ufficio elegante e con la cravatta.
“Mi manchi.” – disse semplicemente guardando la foto –
Il silenzio del cimitero la avvolse, facendola sorridere. Ma a chi stava parlando? Lui non l’avrebbe mai sentita, come in quei dodici anni.
“Anche tu.” – sentì dire all’improvviso –
Alzò lo sguardo preoccupata ma davanti a sé c’erano solo altre tombe e un silenzio assoluto. Aggrottò le sopracciglia preoccupata e tornò ad osservare la foto di Harry sorridendo appena.
“Violet guardami.” – disse la stessa voce –
La ragazza si alzò di scatto, guardandosi intono impaurita. Perché sentiva quella voce ma non c’era nessuno.
“Sono qui.” – disse –
Violet si voltò verso destra, da dove proveniva la voce e quando vide Harry davanti a sé, credette di svenire. La fissava in ogni parte del corpo e sorrideva tranquillo mostrando le sue fossette. Violet distolse lo sguardo e poi scoppiò a ridere. Stava delirando completamente, adesso vedeva pure Harry, dopo dodici anni. Alzò di nuovo lo sguardo ed Harry non si era mosso nemmeno di un millimetro e continuava a guardarla.
“Sei bellissima.” – disse –
Violet arrossì e poi si alzò afferrando la borsa.
“Lasciami in pace.” – disse –
“Violet sono io..” – mormorò Harry facendo qualche passo in avanti –
“Non avvicinarti. – disse la mora – tu non sei Harry, Harry è morto dodici anni fa, davanti ai miei occhi e se hai voglia di divertirti non è davvero giornata, quindi fammi il piacere di sparire.”
“Violet ascoltami..” – disse prendendola per il braccio –
Violet strattonò il braccio per farsi lasciare, lo fissò con disprezzo e poi si allontanò ancora spaventata. Uscì velocemente dal cancello e percorse il marciapiede per raggiungere la casa dell’amico di suo figlio. Per un attimo ripensò al tizio al cimitero, era identico ad Harry, magari un po’ invecchiato, ma identico e questo la spaventava davvero. Afferrò il cellulare componendo il numero di Noah, la sua migliore amica.
“Ehi Violet!” – disse Noah euforica –
“Noah. – sorrise – non sai cosa mi è successo al cimitero.”
“Cosa?” – domandò l’amica preoccupata –
“Un ragazzo diceva di essere Harry” – la mora rise divertita –
“Ah..” – disse Noah. –
Violet rimase un po’ perplessa dalla risposta dell’amica, ma Noah sapeva. Noah sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, prima o poi sapeva che Harry, o meglio la sua anima sarebbe riapparsa, lei si era informata da alcune delle migliori psicologhe della città e le avevano spiegato che le anime tornavano quando era il momento di lasciarle andare per sempre.
“Non pensi sia una cosa assurda?”  - domandò Violet –
“Già.. – disse la bionda reggendole il gioco – molto strana, bè fai attenzione tesoro.”
Violet rise.
“Va bene mamma. – disse sarcasticamente – vado a recuperare Edward – disse seria – ultimamente è fisso dal suo amico Thomas, non so cosa ci trovi, io non sopporto né i genitori, né tanto meno il figlio.”
“Sono ricchi?” – domandò Noah ridendo –
“Parecchio.” – rispose Violet –
“Ecco spiegato perché tuo figlio l’adora. – disse Noah col tono ovvio – e comunque io vado a portare al parco mia figlia e vedi di venire a trovarmi ogni tanto.”
“Vengo il prima possibile. – disse Violet – salutami Zayn.”
Noah confermò e poi attaccò il telefono e Violet si rese conto di essere arrivata a casa di Thomas. Suonò il campanello e poco dopo vide Ed spuntare sulla porta col sorriso.
“Ciao tesoro.” – disse Violet baciandole la testa –
“Ciao mamma. – rispose Ed – com’è andata stamani alla cerimonia?”
“Tutto nella norma. – sorrise la donna – senti che ne dici se invece di tornare a casa ce ne andiamo a mangiare una pizza?” – domandò –
“Vedi mamma? Io ti voglio troppo bene.” – sorrise Edward prendendola a braccetto.
Violet sorrise: era incredibile quanto Ed fosse simile ad Harry, in ogni cosa.

 


 
Sono tornata, di nuovo. 
la smetterò mai di intasare 'sto fandom? credo di no, quindi vi prego, sopportatemi.
allora, come avevo detto in precedenza, sarei tornata, con una nuova storia a settembre e l'ho fatto. Questa storia è stata ideata (grazie ad una mia amica) dopo che ho scritto una OS. Come si può bene capire, l'argomento chiave è l'attentato alle Torri Gemelle di dodici anni fa. Io consiglio di leggere la one shot, tanto per fare il punto della situazione e per capire meglio la situazione. 
Vieni a prendermi. (basta che cliccate  sul titolo e vi si aprirà). 
ringrazio infinitamente la mia underthemistletoe aka la mia Fede che ha fatto un banner stupendo, grazie mille amore.

sotto vi lascio Harry ed i miei contatti, per qualunque cosa sapete dove trovarmi.

baci, sam.


 
 


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Capitolo 2
*** Secondo Capitolo. ***



Secondo Capitolo.
 
 
"Ed vuoi uscire da quel maledetto bagno? – sbuffò Violet dalla cucina mangiando un biscotto – siamo in ritardo, come sempre.”
“Mamma aspetta!” – sbraitò quell’altro –
Violet alzò gli occhi al cielo irritata, ma da chi aveva preso? Lei non era mai stata così, insomma le piaceva curarsi ma non passare ore in bagno, Harry nemmeno visto le molteplici volte che era uscito con i soliti ricci scompigliati. Violet rise: Harry e i suoi ricci, quanto avrebbe voluto toccarli. In un batter d’occhio le tornò in mente il ragazzo al cimitero e sussultò: che voleva quel ragazzo, uguale ad Harry per giunta, da lei? Scosse la testa afferrando la borsa.
“Edward se tra un minuto non sei alla porta ti lascio qui e a scuola ci vai a piedi.”
Non sentì niente, ma in meno di dieci secondi lo vide apparire davanti a sé.
“Amo quando mi capisci al volo tesoro.” – disse Violet sorridendo –
“Mamma questa me la paghi.” – disse serio –
“Certo tesoro, quando vuoi. – borbottò – poi non chiedermi il nuovo gioco per Fifa, perché non lo avrai.”
“Ma mamma!” – protestò quest’ultimo –
Violet inclinò la testa, osservandolo.
“Non puoi non comprarmi l’ultimo Fifa..” – borbottò –
“Vedremo.. – disse rimanendo sul vago - e adesso muoviti! – borbottò spintonandolo – siamo, come sempre, in ritardo.”
Edward rise e poi mentre sua madre chiudeva la porta di casa fermò un taxi sul marciapiede. Era nato lì e aveva capito fin da piccolo come funzionasse la vita a New York, ma diceva sempre che amava quella città e Violet ogni volta pensava a quando Harry gli aveva proposto di trasferirci a New York, erano sul London Eye e l’aveva detto con una calma quasi impressionante. Era rimasta interdetta per qualche minuto e poi aveva sorriso: ‘se è quello che vuoi andremo a New York.’ Adesso avrebbe pagato oro per tornare a quella sera e dirgli che no, non serviva venire a New York, che a Londra stavano bene. E quando sarebbe avvenuto quel maledetto attentato loro sarebbero stati lontani e soprattutto lui sarebbe vivo. In dodici anni Violet si chiedeva come quei pensieri le affollassero ancora la mente, com’era possibile che ancora non si fossi fatta una ragione del fatto che il suo ragazzo fosse morto in un attentato?
“Mamma mi stai ascoltando?” – domandò Ed sventolandole la mano davanti –
“No.. – disse sincera – scusami tesoro.”
“Stavo dicendo che la prossima settimana è il compleanno di Ashton e mi ha invitato alla sua festa, posso andarci vero?”
“Quando, come e perché?” – domandò seria –
“Sulla cinquantesima, a casa sua, la sera alle sette.” – disse sorridendo, lo stesso identico sorriso di Harry –
“Mmh, facciamo che ci penso.” – disse la donna –
“Ma mamma, ho riportato un buon voto in matematica.”
“Ed, non iniziare. – disse secca. – ci penso e poi gli dici se vai o no.”
“Che palle!” – esclamò facendo sorridere il tassista –
“Ed smettila.” – Violet lo fulminò –
Alzò le mani in segno di resa e pochi secondi dopo il tassista si fermò davanti alla scuola.
“Buona giornata tesoro.” – esclamò sorridente –
“Buona giornata mamma.” – disse Ed baciandole la guancia –
Poi scese dall’auto e in un attimo scomparve tra la folla della scuola. Sorrise al tassista e gli disse dove portarla, un’altra giornata di lavoro stava per iniziare.
 
“Noah ‘sta zitta.” – borbottò Violet tenendo il telefono incastrato tar la spalla e l’orecchio e camminando velocemente tenendo cinque buste nelle mani.
“Che c’è? – domandò indignata – una serata ci farebbe bene.”
“Certo, e mio figlio lo rinchiudo stile cane?” – domandò seria –
Sentì Noah sbuffare dall’altro capo del telefono.
“Lo porti qui e sta con Zayn e Selene.” – spiegò ovvia –
“Ma perché vuoi uscire a tutti i costi tu?” – domandò invece io attraversando le strisce pedonali –
“Quant’è che non usciamo noi due? Da sole?” – domandò –
Alzò gli occhi al cielo, erano state entrambe impegnate, non avevano solo trovato il tempo, mas in effetti la sua migliore amica aveva ragione.
“Okay usciamo.” – disse la mora facendola tacere –
Lanciò un gridolino entusiasta e o scoppiai a ridere facendo voltare alcune persone che mi camminavano accanto.
“Stasera ti chiamo e..” – fu interrotta da un corpo, decisamente più grande del suo che le venne addosso –
Il telefono scivolo dalla spalla cadendo a terra e le sue mani automaticamente lasciarono cadere anche le buste.
“Oddio io..” – balbettò questo in difficoltà –
Violet alzò lo sguardo e vide un ragazzo che aveva circa la sua stessa età guardarla dispiaciuto. Gli occhi azzurri, i capelli biondi, la pelle bianca, candida. Di sicuro non era americano, su questo poteva scommetterci.
“Tranquillo. – sorrise la mora – insomma può capitare.”
Violet si chinò per afferrare il suo iphone comprato la settimana prima e pregò in tutte le lingue che non si fosse graffiato/rotto. Quando vide lo schermo praticamente intatto sorrise soddisfatta.
“Tu.. – disse il biondo davanti a lei – tu qualche giorno fa eri alla cerimonia commemorativa a Ground Zero” – spiegò questo –
Violet lo guardò sorpresa e poi deglutì. Non ci credeva ancora di aver partecipato a quella cerimonia.
“Si.. cioè probabile.”
“Hai fatto un discorso sul tuo ragazzo. – disse questo – io.. bè… - balbettò poi in difficoltà – mi dispiace, la tua storia insomma …”
Violet sorrise, perché le faceva tanto tenerezza quel biondo?
“Grazie. – sorrise – già, una storia difficile.”
“Bè, complimenti per il discorso comunque.”
Violet annuì afferrando le buste e sorridendo al ragazzo.
“Molto gentile. – sorrise imbarazzata – e scusa ancora.”
“Scusami tu, sono un po’ distratto.” – disse scoppiando a ridere –
La sua risata. Violet non poté non paragonarla a quella di Harry, era completamente diversa dalla sua. La mora deglutì e poi scosse la testa superandolo.
“Ciao Violet.” – disse il biondo –
Violet non si voltò e continuò a camminare decisa. Perché ogni cosa doveva paragonarla ad Harry? Lui non c’era più e questo doveva entrarle in testa.

 


 
Buon sabato sera.
scusate l'immenso ritardo nel postare, ma purtroppo ho avuto una settimana strapiena e anche la prossima non sarà da meno. cc
allora questo capitolo è un po' di passaggio, anche perchè non accadono grandi cose.
si capisce molto meglio il rapporto che c'è tra Violet e suo figlio Ed. I due sono molto legati, perchè Violet ovviamente a dedicato tutto a lui, dopo che Harry l'ha "lasciata". Poi c'è il primo vero incontro tra Niall e Violet: forse sarà banale e scontato, ma boh, mi piaceva un sacco vederlo così, quindi ho scritto questo, ahahah
allora ricordo a tutti che questa storia è ispirata alla one shot che ho pubblicato l'undici settembre in occasione del dodicesimo anniversario della caduta delle Torri Gemelle a New York. La storia può essere letta anche normalmente, ma io consiglio, per chiarirsi le idee di passare anche dalla one shot 
Vieni a prendermi. (basta che cliccate sul titolo).

baci, sam.



 


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Capitolo 3
*** Terzo Capitolo. ***



 
Terzo Capitolo.
 

Violet pensava veramente che prima o poi suo figlio Ed gliel’avrebbe pagata, se continuava ad arrivare al lavoro in ritardo, quel posto le sarebbe scivolato dalle mani senza che nemmeno se ne accorgesse. Sospirò sentendo le porte dell’ascensore aprirsi e si diresse verso il suo ufficio.
“Violet. – la chiamò il capo – vieni un attimo per favore.”
Eccoci, era il momento. La mora guardò timorosa la porta del suo ufficio. Perfetto l’avrebbe licenziata e lei si sarebbe ritrovata senza un lavoro con una casa e un figlio di undici anni che voleva l’ultimo Fifa o poteva suicidarsi. Respirò profondamente e varcò la soglia della porta.
“Buongiorno Louis..” – mormorò Violet –
“Signorina Payne, buongiorno.” – disse lui tenendo gli occhi fissi al suo computer –
“Senta io sono desolata per questi ritardi, davvero ma..”
“Violet non ti ho chiamata per questo. – disse sorridendo – insomma non che i tuoi ritardi mi riempiano di gioia, ma hai un figlio di undici anni e sei single, insomma posso capirti.”
Violet respirò mostrando un sorriso, Louis capiva, beh almeno lui. E comunque appena sarebbe tornata a casa avrebbe fatto un bel discorsino pure ad Edward, insomma odiava i ritardatari e a maggior ragione odiava essere ritardataria.
“Accomodati dai.” – disse invitandola a sedersi su una delle due sedie davanti alla scrivania –
Violet gli sorrise cordiale e si accomodò accavallando le gambe.
“Ti ricordi di quel caso sui Williams dove ti ho chiesto di aiutarmi?” – domandò Louis –
La mora annuì. Si ricordava perfettamente il caso in quanto il suo capo le aveva chiesto di aiutarla e poi lui le aveva promesso una promozione se il lavoro fosse stato portato a termine con successo. Violet era stata felice di questa proposta anche perché la promozione significava un aumento di stipendio e nonostante non se la spassasse affatto male, un po’ di soldi in più non le avrebbero fatto di certo male.
“Che succede con i Williams? – domandò allora la ragazza – ci sono dei problemi?”
“No, niente del genere. Tutto procede come previsto – sorrise – ma ecco, è arrivato un ragazzo dall’Irlanda per lavorare qui, e vorrei che dividessi il lavoro con lui.”
Violet sorrise sorpresa, doveva dividere il lavoro con un ragazzo che sicuramente era meno esperto di lei, bè non ci sarebbero stati problemi, ne era sicura.
“Non ci sono problemi Louis.”
“Perfetto, allora te lo chiamo. – disse lui sereno – stava aspettando nella saletta.”
Violet annuì e pochi secondi dopo la segretaria bussò alla porta. Si scostò e fece passare il ragazzo. Violet si voltò curiosa di sapere con chi avrebbe lavorato, ma appena i suoi occhi scuri incrociarono quelli azzurri le si bloccò il respiro in gola. Lo stesso ragazzo che solo due giorni prima le era venuto addosso nel bel mezzo di New York adesso stava sulla porta, sorridente, in giacca e cravatta. La mora deglutì e poi si voltò verso Louis sorridendo.
“Ecco, lui è Niall James Horan, e viene dall’Irlanda come ti ho già detto ed ha venticinque anni e seguirà il caso con noi”.
“Puoi chiamarmi Niall..” – disse lui con uno strano accento –
“E io sono Violet..” – disse allora la ragazza –
“Lo so..” – rispose Niall –
“Vi conoscete?” – domandò Louis posando lo sguardo su entrambi –
“Più o meno..” – borbottò Violet –
“L’altro giorno sono stata alla cerimonia commemorativa sull’attentato del 2001 e ho ascoltato tutto il suo discorso e ieri ci siamo scontrati in strada.”
“Ma è fantastico!” – esclamò Louis esaltato –
Violet si trattenne dallo scoppiare a ridere davanti a tanta euforia e poi sorrise a Niall. Non poteva negare che fosse davvero bello e che le infondesse una sicurezza incredibile, quasi inquietante.
“Questi sono tutti i documenti, spero non ti dispiaccia se almeno per la prima settimana dividerete anche l’ufficio.” – disse Lou porgendoci i fogli –
“Nessun problema – sorrise la ragazza – e per i ritardi vedrò di eliminarli, e fare un bel discorsetto ad Edward.”
Louis annuì e Niall si diresse verso la porta seguito da Violet. Non sapeva quanto sarebbe rimasto, ma era sicura che con quel ragazzo si sarebbe trovata bene, che con lui qualcosa sarebbe cambiato, non sapeva ancora cosa, ma ne era più che certa.
 
 
Le rose nel giro di due giorni erano visibilmente appassite, c’era troppo caldo a New York, davvero troppo caldo. Violet sbuffò, prese i fiori dalla tomba e li gettò nel cestino lì vicino. Avrebbe dovuto comprarne dei nuovi e magari più duraturi. Tolse qualche foglia caduta dall’albero e sorrise. Quanto le mancava Harry, quanto le mancava sentire la sua voce roca di prima mattina, sentire le sue mani che l’afferravano per i fianchi e la trascinavo sul letto insieme a lui, i baci che le lasciava sul collo, sulle spalle, come la guardava, come la coccolava, come la trattava. Violet era quasi certa che nessuno l’avrebbe mai più trattata come la trattava Harry ed ogni volta che ci pensava le veniva l’angoscia, nessuno sarebbe mai stato come Harry. Scosse la testa e si alzò dall’erba fresca per tornare a casa.
“Violet ti prego ascoltami.”– la stessa voce del giorno prima le arrivò da destra –
Si voltò spaventata e vide per l’ennesima volta quel ragazzo tanto simile ad Harry che la guardava serio.
“Senti non so chi sei e non so cosa vuoi da me, ma ti prego lasciami in pace.”
“Violet tu lo sai benissimo chi sono”. – disse lui fissandola dritta negli occhi –
“Non puoi essere qui, sei morto Harry, tu sei morto.” –disse chiudendo gli occhi e respirando a fondo.-
“Sono qui per un motivo Violet, okay magari non sono quello vero e non resterò a lungo, ma sono Harry, sono io sul serio.”
“Smettila, ti prego smettila.” – sussurrò sentendo le lacrime scenderle sulle guance –
Harry fece pochi passi e poi l’avvolse in un abbraccio. Violet sussultò quando sentì il cuore batterle come quando il vero Harry l’abbracciava, sentì il suo profumo invaderle le narici e alzò di poco lo sguardo incontrando i suoi occhi: quelli erano i suoi occhi, quelli verdi, quelle perfetti, quelli dove Violet si perdeva ogni volta.
“Ciao fiore.” – le sussurrò Harry all’orecchio –
La mora sorrise automaticamente e quella fu la conferma che quello fosse il suo Harry, quello vero. Qual soprannome gliel’aveva dato una sera d’inverno mentre stavano abbracciati sul divano in silenzio. Harry le aveva promesso che lo avrebbe usato solo quando si trovavano soli, in modo che quel soprannome fosse solo suo. Fiore.
“Io.. non.. – balbettò – tu.. insomma.. io..”
“Shh. – sorrise Harry vedendola così in difficoltà – sono qui, sono qui per voi.”
“Mi manchi Harry.” – sussurrò Violet –
“Mi manchi anche tu amore.” – rispose lui stringendola ancora più forte –
Non poteva essere vero, non poteva davvero essere reale. Harry la stava abbracciando, dopo dodici anni, dopo dodici anni dalla sua morte. D’accordo alla cerimonia l’aveva visto, ma aveva subito pensato che fosse normale visto il momento di commozione e tutto quello che aveva ricordato, e adesso era lì e lei non se ne rendeva nemmeno conto.
“Non hai ferite.” – disse lei staccandosi –
“Ecco cosa succede in paradiso.” – rise Harry –
“Sei uno stupido come dodici anni fa.” – ammise Violet asciugandosi le lacrime –
“Ma mi ami ancora vero?” – domandò lui –
“Come il primo giorno che ti ho visto.” – disse la mora sorridendo –
Harry sorrise. Voleva chiederle tante cose, voleva sapere talmente tante cose che in quel momento la sua mente non ne ricordava nemmeno una. Era bella Violet, come quando quell’undici Settembre 2001 l’aveva vista piangere mentre gli accarezzava i capelli, era bella come quando quel giorno a scuola lui si era seduto accanto a lei al corso di letteratura, come quando mentre un sabato sera d’estate passeggiavano sul Tamigi e lui l’aveva presa per mano facendola voltare e l’aveva baciata alla sprovvista, senza nemmeno rendersene conto del tutto. Era bella come quando sulla ruota le aveva chiesto di trasferirsi a New York con lui e lei aveva accetto subito. Violet era sempre stata bella ed Harry era sicuro che sarebbe sempre rimasta tale.
“Devo andare..” – disse Harry –
“No.. – mormorò Violet – non lasciarmi.”
“Domani – disse – torna qui e ci sarò, dobbiamo parlare.”
“Ti amo.” – disse Violet –
“Ti amo anch’io.”– sorrise Harry –
Fu un attimo e lui sparì dalla sua visuale. Scosse la testa riprendendosi. Harry era sulla terra per lei, non ci poteva davvero credere.
 

 


 
Hola.
allora nuovo capitolo e svolta abbastanza importante: Niall ha trovato lavoro dove Violet: secondo voi è stata pura casualità o destino? E poi Harry che finalmente si presenta e Violet capisce: lui non è falso, o almeno si, è un fantasma, ma è il vero Harry e non uno che gli assomiglia tantissimo.
Poi entra in scena Louis, che nella storia ha il ruolo di capo di Violet, ora lui non sarà un personaggio poi tanto rilevanete, come non lo sarà Zayn in succesione. Un personaggio abbastanza importante invece saranno Noah e Liam.

Credo di aver detto tutto, vi lascio Violet e anche i miei contatti se volete chiedermi qualcosa o semplicemente aggiungermi. 
baci.



 


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Capitolo 4
*** Quarto Capitolo. ***



 
Quarto Capitolo.

 
Violet non aveva chiuso occhio tutta la notte. Il letto matrimoniale dopo dodici anni era tornato ad essere troppo grande per una persona sola. Quel giorno aveva visto Harry, in carne ossa – più o meno – e non se l’era più tolto dalla testa. Pensava che col passare del tempo le sarebbe scivolata via questa storia, pensava che sarebbe riuscita a dimenticare Harry e tutto il resto. Ma in realtà Violet ricordava tutto perfettamente, aveva ancora un peso sul cuore  e il suo ragazzo le mancava come l’aria.
“Mamma?” – Ed fece capolino dalla porta –
Violet si asciugò una lacrima e si tirò a sedere sul letto.
“Dimmi amore.” – disse la mora sorridendo –
“Ti sta squillando ininterrottamente il telefono.” – borbottò sbadigliando –
“E ti ha svegliato. – rise Violet – scusami, ma non l’ho proprio sentito.”
Edward sorrise alla mamma e poi uscì dalla stanza avviandosi nella sua. Violet fu costretta ad alzarsi e dirigersi in salotto, afferrò l’iphone e se lo portò all’orecchio.
“Pronto?” – disse lei –
“Sorellina alza le chiappe e vieni in aeroporto.” – disse Liam ridendo –
“Dimmi che stai scherzando e che non mi sono davvero dimenticata di venire a prenderti.” – disse Violet mettendosi la mano sulla faccia –
“Farò finta che non te ne sia dimenticata e da buon fratello quale sono non lo dirò alla mamma.”
“Dammi il tempo di vestirmi e prendere un taxi e sono da te. – borbottò la mora – e giuro che mi farò perdonare.”
Liam rise e poi attaccò il telefono. Certo, era talmente presa dal fantasma di Harry che si era dimenticata di suo fratello.
“Ed, vieni anche tu in aeroporto?” – domandò poi mentre era in bagno a pettinarsi decentemente.–
“Ma non ne ho voglia.” – borbottò l’altro ributtandosi a peso morto sul letto –
“Okay, allora resta a casa. – disse seria – e prepara la stanza a tuo zio.”
“Quasi quasi voglio venire.” – disse sarcastico –
Violet spuntò in camera sua e lo fulminò con lo sguardo.
“Agli ordini capo.” – disse fingendo di essere serio –
La mora scosse la testa pescando un paio di jeans dal suo armadio e una maglietta. Poi scese le scale di fretta, afferrò le converse bianche e se le infilò saltellando per tutta casa.
“Ed fai attenzione e non aprire a nessuno.” – disse Violet afferrando la borsa e le chiavi di casa –
“Va bene mamma, a dopo.” – rispose il figlio dal piano di sopra. –
Violet sapeva di potersi fidare di Ed. aveva undici anni ma era davvero responsabile. Faceva battutine, rideva, scherzava, ma sapeva essere anche serio. Per questo sapeva che se gli chiedeva una cosa, lui la faceva senza farsi problemi. Era convinta che la parte comica l’avesse presa da Harry, mentre quella seria e responsabile da lei.
 
 
 
L’aeroporto non era mai stato tanto affollato come in quel giorno. Violet si sentì sballottata a destra e a manca da tutta quella gente che camminava – o meglio correva – nella direzione opposta alla sua. Sbuffò quando l’ennesimo ragazzo le venne addosso, spalleggiandola.
“Oddio scusa.” – si voltò questo –
Violet si voltò, almeno qualcuno che le chiedeva scusa c’era. Quando vide due occhi azzurri puntare dritti nei suoi si riscosse.
“Niall?” – domandò lei sorridendo –
“Violet.. – disse lui sorpreso – che ci fai qui?”
“Sono venuta a recuperare mio fratello. – rise lei – e tu?”
“Mio fratello è appena partito invece.” – disse lui sorridendo –
“Oh, tornato in Irlanda?”
“Già – sorrise – dalla moglie e la figlia.”
“Capisco.. – sorrise – bè, allora ci vediamo domani mattina al lavoro.” – disse Violet –
“Certo, e magari la prossima volta ci incontreremo senza scontrarci.” – rise lui –
Violet scoppiò a ridere. Quel ragazzo la faceva sentire terribilmente bene e diversa, e le sembrava stupido dirlo, ma lui la faceva sentire come Harry e questo in qualche modo la placava. Alzò la mano in segno di saluto e poi si avviò verso gli arrivi: Liam come minimo l’avrebbe uccisa.
Osservò tutte le persone che erano arrivate sedute sulle scomode seggioline e poi vide una cresta. Sorrise dirigendosi nella sua direzione: dall’ultima volta che l’aveva visto gli erano cresciuti i capelli: adesso non era più rasato, ma portava la cresta. Aveva messo più muscoli ed era sicuramente alzato di statura e aveva un accenno di barba sul viso. Violet si mise dietro di lui e poi con un gesto veloce lo abbracciò appoggiando il mento sulla spalla destra del fratello. Liam sussultò preso dallo spavento ma quando vide sua sorella sorridere si alzò stringendola in un abbraccio.
“Scusa.. – mormorò la mora – non so come abbia fatto a dimenticarlo.”
“Ehi – sorrise Liam – è tutto apposto, non ci sono problemi.”
“Da quando ho fatto il discorso alla cerimonia la scorsa settimana non ci capisco più nulla.”
“Com’è andato?” – domandò Liam stringendola maggiormente –
“Ehm..” – mormorò lei – bene credo.
“C’era anche Gemma?” – domandò –
Violet lo sapeva che Liam aveva sempre avuto una cotta per Gemma, da quando lei ed Harry si erano messi insieme e le famiglie si erano presentate. Ma Violet era certa che prima o poi quei due si sarebbero messi insieme, lo sapeva perfettamente.
“Sì. – disse Violet – e non è ancora tornata a Londra, quindi quando vuoi vederla..”
“Smettila. – disse lui serio – io e Gemma non faremo nulla.”
La sorella alzò le braccia mo’ di resa e sorrise.
“Dai andiamo a casa, Ed ti aspetta a braccia aperte.”
“Mi è mancato troppo mio nipote. – disse lui serio – gli hai comprato l’ultimo Fifa vero?”
Violet alzò gli occhi al cielo infastidita.
“Ma che avete tutti con questa Fifa? – borbottò indignata – non farò passare le giornate a mio figlio davanti ad una televisione.”
“Donne..” – borbottò Liam –
La mora lo spintonò e lui si aggrappò al braccio della sorella ridendo. Poi l’avvicinò a sé e le bacio la fronte.
“Mi sei mancata Violet.”
“Anche tu Liammino.” – lo prese in giro lei –
Scoppiarono entrambi a ridere si avviarono verso l’uscita. Lei adesso aveva bisogno di suo fratello Liam più che mai.

 


 
Buonasera!
vado di fretta in quanto non mi senta propriamente bene, quindi sarò davvero molto breve.
allora entra in scena un nuovo personaggio, Liam, nonchè come qualcuno aveva dedotto dalle recensioni, fratello di Violet. Premetto che lui non sarà molto presente nella storia, anche se sarà dei personaggi principali, ma ci sarà ogni tanto, anche se in quelle poche volte sarà un tassello fondamentale per la vita di Violet e di Edward. E' un capitolo molto di passaggio, dove si introduce in modo specifico il nuovo personaggio e il rapporto che ha con sua sorella.
Shippo ufficialmente i Viall, davvero. lol
credo di aver detto tutto, vi ringrazio davvero tantissimo per i complimenti che mi fate sulla storia, siete dolcissime e non sapete quanto ci tengo.
grazie davvero.
a presto, sam



 

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Capitolo 5
*** Quinto Capitolo. ***



 
Quinto Capitolo.
 
Noah sta zitta!” – sbottò Violet esausta –
La bionda si zittì di colpo osservando l’amica massaggiarsi le tempie. Forse aveva esagerato a parlare così tanto, infondo anche sua figlia Selena aveva smesso di ascoltarla per dedicarsi ad osservare i fiocchi sul suo vestitino azzurro. E immaginava che Violet non fosse molto interessata alla sua ultima sessione di shopping dove aveva trascinato – o meglio, obbligato – il suo ragazzo Zayn ad andare con lei. Noah prese nella mano destra il bicchiere di caffè e se lo portò alle labbra, sorseggiandone un po’.
“Scusa..” – disse dopo qualche minuto la mora –
“Mi dispiace Violet, non volevo annoiarti.” – disse Noah dispiaciuta –
“Noah devo dirti una cosa.” – disse seria –
“Mi stai spaventando.” – ammise la bionda –
“Io..- borbottò – non voglio che tu mi prenda per pazza.”
“Violet che succede?” – domandò l’amica seriamente preoccupata.
Violet sospirò. Non poteva più stare zitta e tenere quel ‘segreto’ per se stessa. Non poteva non dire a qualcuno che lei riusciva a vedere Harry, che lei ci parlava e che tra poche ore doveva recarsi al cimitero perché dovevano parlare. Violet non poteva assolutamente tacere, non con Noah almeno.
“Riesco a vedere Harry.”– disse Violet fissando fuori dalle vetrate della Starbucks. –
“Tu cosa?” – domando Noah alzando di un’ottava la voce –
“Non urlare diamine!” – disse Violet fissandola. –
“Scusa”. – disse la bionda –
Voltò la testa per guardare cosa stesse combinando Selene e la vide concentrata sui suoi fiocchetti. Sospirò tornando a fissare la sua migliore amica.
“E come faresti a vederlo?” – domandò Noah –
“Quando dici così sembra che tu parli con una pazza psicopatica.” – sbottò –
“Violet voglio solo capire.”– disse seria –
“Non so come sia successo. La prima volta è successo il giorno della cerimonia, e poi due giorni fa.”
“Quindi è recente.” – disse Noah –
Violet annuì sorridendo.
“È come se fosse vero, mi ha abbracciata, mi ha coccolata, mi ha detto che mi ama..” – sentì gli occhi farsi lucidi –
“E questo ti rende felice. – concluse Noah. – ma lui è un fantasma, non voglio che ti abitui così tanto a lui e non voglio che tu soffra come dodici anni fa.”
La mora rimase in silenzio ad osservare la strada affollata di persone. Noah aveva ragione, Noah aveva sempre ragione, ma lei era talmente presa da sentirsi quasi male ogni volta che ci pensava.
“Io credo di dover andare.” - disse recuperando la borsa –
Noah inclinò la testa osservandola, poi sorrise. Infondo si fidava di Violet e di Harry e sapeva già tutto, Noah sapeva ma non diceva.
“Ciao tesoro. – disse baciando la fronte della piccola Selene – ciao Noah. – disse lasciandole un bacio sulla guancia.”
“Poi ti chiamo per la nostra uscita.” – le ricordò Noah. –
La bionda le sorrise e osservò l’amica uscire dalla caffetteria e incamminarsi verso il cimitero. Noah sapeva, ma non parlava, nona desso, almeno.
 
 
Violet varcò il cancello del cimitero camminando velocemente, sapeva di essere in ritardo, ma non poteva farci niente. Non poteva di certo comandare in traffico newyorkese. Sorrise al guardiano – un uomo anziano, sulla settantina – e poi proseguì sul vialetto arrivando alla tomba di Harry. Si guardò intorno intimorita e poi tornò a fissare i fiori freschi sulla superficie di marmo – che sicuramente aveva messo Gemma -. Aspettò altri minuti interminabili e poi scosse la testa: ma davvero aveva creduto di poter vedere Harry? Davvero credeva di poter vedere dei fantasmi? Violet rise amaramente di se stessa e girò i tacchi per incamminarsi verso il cancello e tornare a casa.
“Aspetta.” – disse la stessa identica voce alle sue spalle –
Violet sussultò e poi si voltò fissando Harry dritto negli occhi. Era lui, ne era sicura.
“Sei in ritardo.” – borbottò fredda –
“Anche tu.” – disse Harry sorridendole . –
“Non comando il traffico di New York.” – ribatté stizzita –
“Qual è il problema?”
“Non ho problemi, Harry.”
Si sentiva così stupida a parlare con un fantasma, si sentiva così stupida a credere che Harry fosse lì per lei.
“Ascoltami Violet – disse il riccio pacato – lo so che parlare con un fantasma può sembrare assurdo, ma io ti giuro che voglio solo aiutarti.”
“Aiutarmi a fare cosa Harry?”
“A stare bene.”
“Io sto bene.”
“Prima di morire mi hai fatto una promessa – spiegò Harry – e non l’hai mantenuta.”
Violet si morse l’interno della guancia e sospirò.
“Non ho trovato la persona giusta, tutto qui.” – si giustificò –
“Violet non prendermi in giro. – disse lui serio – io lo so che mi ami, so che lo farai sempre, ma hai bisogno di qualcuno al tuo fianco.”
“Chi può vederti?” – domandò Violet ignorando le parole del ragazzo –
“Per il momento solo tu.” – spiegò –
La ragazza annuì, poi afferrò la borsa che aveva appoggiato a terra e si voltò.
“E posso vederti solo qui?” – domandò ancora –
Harry scosse la testa sorridendo.
“Posso andare adesso?” – domandò lei  spazientita dalla situazione –
“Mi manchi.” – disse lui di getto –
Violet batté più volte le palpebre sorpresa.
“Ti rendi conto di quando mi senta scema in questo momento? – domandò ridendo – insomma sto parlando con una fantasma, Harry tu sei morto dodici anni fa davanti ai miei occhi e adesso appari e parli con me come fosse la cosa più naturale del mondo. – scosse la testa – bè non lo è, mi sento una totale imbecille. Posso vederti solo io, questo significa che agli occhi degli altri parlo da sola. – lo guardò severa – e in più ho un lavoro di cui occuparmi, un fratello appena arrivato da Londra, una migliore amica ancora impaurita dall’essere diventata mamma, un collega appena arrivato dall’Irlanda e un figlio da crescere.”
“Come sta?” – la interruppe Harry –
“Sta bene.”
“Non l’hai mai portato qui.” – disse lui guardandola –
“Solo due volte. – spiegò la mora – ed è stata una sua scelta.”
“Violet hai evitato un sacco di volte le sue domande.” – disse Harry quasi arrabbiato –
“E cosa dovrei dirgli? – alzò il tono di voce Violet – vado da lui e gli dico: Ehi sai, tuo padre è morto perché dei terroristi si sono schiantati con l’aereo nel palazzo dove lavorava.”
Harry rimase immobile ad osservarla. E la vedeva. Vedeva come gli occhi le diventavano improvvisamente lucidi, come il respiro le si faceva pesante, come scuoteva la testa, come si agitava.
“Oppure gli dico: sai tuo padre dopo l’attentato mi ha detto che voleva riposarsi, non si è mai svegliato e praticamente è morto davanti a me e non ho fatto nulla.”
“Violet..”– sussurrò –
“Violet cosa? – domandò lei ormai sull’orlo di una corsi di pianto – non capisci quanto sia difficile anche se sono passati tanti anni. – disse scuotendo la testa – perché quel giorno non mi hai detto che stavi male? I medici potevano curarti Harry.”
“Il destino ha voluto questo.” – spiegò lui fissandosi i piedi nudi –
“Allora sai che c’è? – urlò lei – andate al diavolo tu e il destino.” – disse incamminandosi velocemente verso il cancello –
“Violet! – urlò lui – Violet fermati!”
Ma ormai era troppo tardi, Violet con gli occhi rossi e distrutti dal pianto si era già immersa nel caos cittadino di New York e si era lasciata alle spalle quel maledetto cimitero.


 


 
Buona domenica a tutte.
Nella prima parte entra finalmente in scena Noah e si capisce parecchio di lei e della sua personalità. Ha un bambina piccola: Selene e per chi fosse ancora confuso: il padre di Sel è Zayn. 
Nella seconda parte invece vediamo Violet tornare al cimitero e avere un confronto abbastanza diretto con Harry che la fa riflettere e allo stesso tempo arrabbiare: tanto che se ne va senza spiegazioni. 
Cosa ne pensate della sua reazione? e di Harry? a voi i commenti.
bene, adesso vi lascio con Noah e i mie contatti, per qualunque cosa aggiungetemi/seguitemi/domandatemi.
baci, sam
 


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Capitolo 6
*** Sesto Capitolo. ***



 
Sesto Capitolo.
 
La mattinata al lavoro si stava svolgendo con tranquillità. Violet aveva dimenticato – o meglio, messo da parte – Harry e la scena che le si era presentata al cimitero pochi giorni prima. Non voleva pensarci, non voleva che quello influenzasse la sua vita e che di conseguenza la distraesse da quello che in quel momento contava, ovvero il lavoro ed Edward. Quando le veniva in mente Harry e il fatto che lo vedesse di sentiva terribilmente stupida, perché insomma, com’era possibile? Com’era possibile vedere il tuo ragazzo morto? Non era una cosa normale, non da persone sane di mente, a maggior ragione se avevano quasi trent’anni. Scosse la testa quado vide entrare Niall con in mano una pila di fogli.
“Ehi – sorrise – Louis mi ha detto che dobbiamo controllare questi per il caso Morris”
“Oh – sorrise – poggiali pure sulla scrivania e unisciti a me”
Niall sorrise accomodandosi davanti a Violet e iniziando a ricontrollare i fogli come richiesto da Louis. Rimasero in silenzio per un tempo indefinito mentre si lanciavano sguardi senza farsi beccare in pieno. Violet poi tornava con la testa bassa, sui documenti, e sorrideva. Si sentiva una liceale alla sua prima cotta e le veniva davvero da ridere, ma si tratteneva. Era strano come Niall la calmasse o la facesse sentire bene, era come un dono e si sentiva fortunata. D’altro canto Niall la osservava svolgere il suo lavoro. Per la prima volta l’aveva vista a Ground Zero un mese prima circa, mentre faceva il suo discorso, poi si erano scontrati per caso e il destino – per quel poco che ci credeva Niall – aveva voluto che lavorassero insieme e lui fin da subito aveva pensato a quando fosse bella e quanto fosse forte, non sapeva precisamente la sua storia, ma da quel discorso che aveva fatto l’undici settembre scorso lui aveva capito che non era affatto facile la sua vita, che la morte del suo ragazzo non era stato un passo facile da affrontare.
“Violet?” – la richiamò lui-
“Dimmi” – sorrise lei alzando lo sguardo dalle mille scartoffie –
“No.. ecco .. – balbettò lui in difficoltà – io..”
Violet sorrise poggiando la sua mano su quella di Niall.
“Ehi, ci conosciamo da più di un mese – sorrise – puoi dirmi tutto.”
Niall sospirò, abbassò lo sguardo e poi lo rialzò puntando i suoi occhi azzurri in quelli di Violet.
“Mi chiedevo se.. ecco.. – sorrise diventando improvvisamente rosso in volto – se una sera di queste ti andasse di andare a berci qualcosa..”
Violet sgranò gli occhi sorpresa. Era stata sicuramente presa in contropiede da quella proposta che non si sarebbe mai e poi mai aspettata.
“Niall io..” – disse in difficoltà la mora –
“No okay – disse subito lui alzandosi dalla sedia – io.. mi dispiace davvero, sono stato decisamente troppo sfacciato.” – continuò aprendo la porta dell’ufficio –
Violet rimase interdetta per qualche istante: se Niall la faceva stare così bene, che male c’era ad uscire una sera per una bevuta ad un pub o semplicemente una cena? Prima che lui potesse uscire definitivamente dall’ufficio lei tossicchiò, facendolo voltare.
“Niall mi farebbe molto piacere uscire con te …” – ammise aprendosi in un sorriso –
Il biondo la osservò e poi sorrise. Lui sapeva che Violet era speciale, ed era felice che avesse accettato quella specie di appuntamento.
“Ti va un caffè?” – domandò poi –
“Sì, mi ci vuole decisamente una pausa”. – disse Violet alzandosi e uscendo con Niall dall’ufficio –
Noah: Violet aveva decisamente bisogno di parlare con Noah, perché aveva si ventinove anni, aveva un figlio ma si sentiva come una ragazzina quando il ragazzo che le piaceva da una vita le aveva finalmente concesso un’uscita. Sorrise camminando accanto a Niall verso le macchinette del caffè, quella sera lei doveva vedere Noah, a qualunque costo.
 
 
“Scherzi?” – urlò Noah battendo le mani –
“Ho la faccia di una che scherza?” – domandai con ovvietà –
Venerdì sera, ventisettesima strada, locale all’angolo. Violet e Noah quando uscivano per una bevuta si recavano sempre nel solito posto, un piccolo pub stile inglese sulla ventisettesima strada, dove le due amiche si trovavano a proprio agio e dove i proprietari ormai erano loro amici. Violet era stretta in un paio di skinny  jeans neri, un maglioncino bordeaux e i tacchi neri. La bionda guardò la mora mentre si sistemava il tubino nero che aveva indossato per l’occasione con i suoi immancabili tacchi neri.
“E tu cosa hai risposto? – domandò euforica Noah – insomma hai accettato o no?”
Violet sospirò, osservando la birra nel boccale davanti a sé.
“Sì, ho accettato” – disse infine –
La bionda lanciò un grido di gioia facendo voltare mezzo locale verso di loro. Violet la fulminò e poi le diede un colpo sul braccio per farla zittire.
“Ehi – si lamentò Noah – mi fai male”
“La smetti di urlare? – disse seria – sei imbarazzante”
“E tu sei cotta” – disse la bionda con un sorriso –
“Io non sono proprio nulla” – ammise Violet seria –
Non era affatto vero che si era presa una cotta per Niall! Ma che aveva sul serio quindici anni e  una crisi ormonale in atto? No, No, No. Violet non aveva una cotta per nessuno. Ma conosceva Noah, e se si puntava su una cosa, dissuaderla era pressoché impossibile.
“Dai Violet – insistette – lui sembra davvero carino da come lo descrivi, e poi è giovane, è irlandese, e tu sei single..”
“Non iniziare, ti prego.”
Noah sorrise bevendo un sorso della sua birra.
“Hai una sua foto?” – domandò poi –
Violet scosse la testa.
“Ma che sono una stalker?” – domandò –
Noah scoppiò a ridere sotto lo sguardo divertito di Violet. E doveva ammetterlo, una serata così le era mancata, ma mancata davvero tanto.
“Ma ce l’hai su Facebook, vero?” – domandò ancora facendo un sorriso sornione –
Violet arrossì di colpo, al diavolo Noah, la conosceva troppo bene. Afferrò la borsa e afferrò il suo iphone, entrò sul suo profilo Facebook e poi cercò Niall tra gli amici e poi passò il cellulare a Noah. La bionda rimase in silenzio per qualche minuto, contemplando la foto sul telefono di Violet. Poi alzò lo sguardo, fissò la mora, riabbassò la testa tornando a fissare la foto, e poi la rialzò di nuovo facendo apparire sul suo volto un sorriso.
“Porca merda, ma quanto è figo?” – disse  -
“Noah le parole..” – la riprese –
“No, Violet, altro che parole e parole, è bellissimo”
“Lo so che è bellissimo” – disse Violet –
“Quindi lo ammetti!” – esclamò Noah –
La mora boccheggiò per qualche istante non sapendo bene cosa dire e poi sorrise abbassando lo sguardo.
“Noah ho trent’anni..”
“Ventinove” – la corresse l’amica –
“Okay, ho ventinove anni, un figlio, un lavoro, una casa.. – disse seria – e con questa storia mi sembra di essere una ragazzina alla prima cotta, sono una donna e devo mettere in primo piano altro, non Niall”
“Violet meriti un po’ di felicità, il fatto che tu esca con un ragazzo, ti rende comunque una donna matura.. – sorrise prendendole la mano – senti ma, quanti anni ha questo Niall?
“Venticinque.”
“È da sposare Violet, da sposare.”
“Noah – la riprese – basta.”
“Nono, tu ci esci e poi mi dici com’è andata la serata e prima che tu abbia qualcosa contro, Edward lo tengo io.” – disse mostrando un sorriso a trentadue denti –
Violet annuì sorridendo, fu Noah a prendere il suo boccale di birra e alzarlo in aria seguita dalla mora.
“A cosa brindiamo?” – domandò –
“Al tuo appuntamento con Niall, mi sembra ovvio” – sorrise Noah facendo scontrare i boccali – 

 


 
Hello.
allora le cose iniziano pian piano a movimentarsi, so che è un po' lunga la cosa e noiosa, ma Violet è fatta così, ci va piano e il fatto che Harry sia "tornato" la blocca maggiormente, quindi spero che al cosa non vi annoi lol
per quanto riguarda il resto è tornato Niall e l'ha invitata ad uscire, e a parte l'esitazione iniziale, Violet ha accettato.
Nella seconda parte invece c'è la famosa uscita tra Violet e Noah, e io amo alla follia quest'ultima perchè è pazza, del tutto fuori dalle righe.
volevo dirvi una cosa importante per quanto riguarda la storia.
detto questo, mi dileguo e vi lascio con un gif dolcissima di Niall e con i miei contatti.
a presto, sam

 


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Capitolo 7
*** Settimo Capitolo. ***



 
Settimo  Capitolo.
 
Una settimana.
Una settimana da quando Noah e Violet erano state in quel pub sulla ventisettesima strada.
Una settimana e due giorni da quando Niall le aveva chiesto di uscire.
Una settimana e quattro giorni che non andava al cimitero da Harry.
Violet si fissò allo specchio nella sua stanza e si lasciò scappare un sorriso: jeans stretti le fasciavano le gambe snelle e slanciate, e una camicetta bianca, abbastanza scollata le faceva intravedere il seno ben formato. Inclinò la testa, osservando meglio il trucco leggero che si era messa e i capelli lisci che aveva lasciato sciolti sulle spalle magre.
“Mamma ma tra quanto passa Zayn?” – urlò Edward dal salotto –
Violet osservò l’orologio. Noah si era assicurata che il suo ragazzo sarebbe passato alle sette in punto a prendere Ed per accudirlo durante la serata, e le aveva anche assicurato che sarebbe rimasto a dormire da lei e che in tal caso Violet avesse voluto andare oltre con Niall, non doveva certamente occuparsi di Edward. Violet aveva storto il naso e l’aveva fulminata con lo sguardo: ma da quando in qua si andava a letto con un uomo al primo appuntamento? Scosse la testa tornado a guardare l’ora.
“È in ritardo. – commentò Violet – come sempre”
Conosceva Zayn da ormai da nove anni e sapeva perfettamente che la puntualità non era la sua miglior caratteristica. Afferrò i tacchi e scese le scale di fretta. Quando arrivò in salotto sorrise ad Edward e si sedette accanto a lui.
“Mamma?” – la richiamò dopo attimi di silenzio –
“Mmh?” – disse lei voltandosi e sorridendo al figlio –
“Non vorrei rovinarti l’appuntamento ma avrei da chiederti un favore..”
Violet sospirò. Aveva detto ad Edward di Niall, del fatto che l’aveva invitata ad uscire ma che non era niente di serio. Suo figlio era grande ormai ed intelligente e infatti aveva capito la situazione e come Violet si era aspettata non aveva fatto scenate.
“Dimmi” – disse lei assumendo un tono quasi preoccupato –
Edward si torturò le mani – come faceva Harry quando era in difficoltà – e si fissò le converse sciupacchiate, poi alzò di nuovo il viso tornando a fissare Violet.
“Uno di questi giorni vorrei che tu mi portassi al cimitero da papà..” – disse poi, quasi in un sussurro –
Violet sussultò presa alla sprovvista e le si gelò il sangue nelle vene. Non si aspettava quella domanda, non da Edward, non così. Erano mesi ormai che non andava al cimitero con suo figlio e non credeva che lui avesse questo desiderio.
“Va-Va bene.. – balbettò – andremo da papà.”
“Grazie.” – sorrise lui raggiante abbracciandola –
“Quando vuoi andare?” – domandò poi –
“Anche domani, quando mi vieni a prendere da Noah” – propose lui –
Così presto? Perché così presto? Violet per un attimo fu presa dal panico, si alzò di scatto dal divano guardandosi intorno.
“Ma possiamo andarci anche un altro giorno” – intervenne Ed –
“N-no no.. – balbettò Violet – domani andrà benissimo”
Il campanello suonò interrompendo – per fortuna – i suoi pensieri. Ancora scalza andò ad aprire la porta dell’appartamento, trovandosi davanti uno Zayn sorridente.
“Scusa il ritardo. – ammise dispiaciuto per poi inclinare la testa – Violet stai bene?”
Violet annuì e poi si voltò vedendo Edward arrivare sulla porta.
“Comportati bene, non fare confusione e non rompere niente.” – gli raccomandò la mora –
“Violet non rompere – la interruppe Zayn – siamo uomini ormai”
La mora li squadrò e poi scoppiò a ridere dimenticandosi per un attimo la situazione.
“Buona serata Violet” – annunciò Zayn –
“Buona serata mamma” – disse Edward –
Violet lo abbracciò baciandogli la fronte e poi li lasciò uscire e si chiuse la porta alle spalle. Si appoggiò ad essa respirando a pieni polmoni. Okay che c’era di male? Era suo padre, era normale che volesse ‘vederlo’. Violet se lo doveva aspettare, Edward stava crescendo e se fino a quel momento aveva evitato le domande, adesso era certa che di lì a breve sarebbero arrivate a raffica. Il campanello suonò ancora facendola – per l’ennesima volta – sobbalzare. Si sistemò i capelli e poi aprì la porta. Niall le sorrideva cordiale, una maglietta bianca dei Beatles e jeans che gli fasciavano le gambe che Noah aveva definito perfette.
“Metto i tacchi e andiamo” – sorrise la mora tornando in salotto a prendere le sue scarpe –
Era la sua serata e non ci dovevano essere nessun Harry, Noah, Zayn e nemmeno Edward. C’erano solo lei e Niall e il fatto che suo figlio dieci minuti prima le avesse chiesto di portarlo da suo padre adesso non c’entrava. Questa era la sua serata, tutto il resto stava in secondo piano.
“Pronta.” – sorrise a Niall –
“Sei bellissima.” – ammise lui sincero –
Violet arrossì e poi insieme scesero le scale del palazzo: era la sua serata.
 
“Sul serio?” – domandò Niall ridendo –
“Giuro” – ammise lei – mia madre non mi ha parlato per un mese.
“Non ti facevo così.. come dire ..” – boccheggiò Niall –
“Scapestrata?” – lo aiutò lei –
Niall annuì ridendo.
“Non me lo immaginavo nemmeno io – rise – ma vallo a dire a mio fratello”
“È ancora qui?” – domandò allora il biondo –
Violet annuì sorridendo.
“Se non ci sono problemi resterà fino a dopo Natale, ma oggi non si è fatto vedere.. – rise – non voglio immaginare cosa stia facendo”
Niall la osservò e si chiese se tanta bellezza fosse reale. Violet era qualcosa di incredibile che nemmeno lui sapeva spiegarsi, era qualcosa di inaspettato, di magico. E si sentiva così fortunato ad averla incontrata. In Irlanda non aveva mai conosciuto persone come Violet. E Niall non si riferiva solo alla bellezza, ma anche alla personalità.
“Ti manca?” – domandò poi l’irlandese di punto in bianco –
Violet lo guardò perplessa, non sapendo bene a cosa si stesse riferendo o forse stava semplicemente tentando di nasconderlo.
“Harry, ti manca?” – si corresse il ragazzo –
“Sì. – ammise – sai ci sono in quei momenti in cui mi chiedo come faccia ad essere ancora qui dopo tutti questi anni senza di lui, ma ci fai l’abitudine, il dolore piano piano svanisce, mai del tutto, ma lo senti meno e impari a conviverci.”
“Io non volevo intromettermi davvero”
“Non l’hai fatto, mi fido di te, hai qualcosa di speciale, e parlarti di Harry non mi da fastidio”
Niall sorrise prendendole la mano.
“Tu sei incredibile.. – ammise allora – insomma ti ho sentita al discorso a Ground Zero e non so come tu abbia fatto a sopportare tutto, ad affrontare tutto, da sola.”
“Edward mi ha aiutata, credo sia l’unica ragione per cui sono ancora qui”
Si avvicinò a lei scostandole una ciocca di capelli dal viso e le sorrise accarezzandole la guancia.
“Devo conoscerlo tuo figlio”
Violet sorrise prendendo un lungo sorso dalla sua birra. In realtà iniziava a sentirsi un tantino alterata, era la sua terza birra ed era certa che da quel momento, alla fine della serata si sarebbe ubriacata.
“Oggi mi ha detto che vuole andare al cimitero da suo padre” – disse accennando un sorriso amaro-
“E non sei felice di questo?” – domandò Niall-
“Sinceramente? – rise – no, non lo sono affatto. Non mi piace l’idea che mio figlio vada ad un cimitero a vedere la tomba di suo padre, per ricordargli cosa? Che la vita fa schifo? Che già prima che nascesse uno stupido attentando gli ha portato via suo padre? Che lui non avrà mai una figura paterna come merita? No, non posso farlo, non posso fargli del male, non ancora.”
Niall rimase in silenzio osservandola ed era più che sicuro che gli occhi castani di Violet fossero diventati improvvisamente lucidi.
“So che non sai cosa dire.. – disse la mora quasi spensierata – ma sai che c’è? Vuole andare da lui? Bene, domani lo porterò da lui. È suo padre, non posso negargli questo diritto”
“Violet tu sei forte, tu sei speciale e anche se non ti rende felice che tuo figlio si accorga che la vita in effetti fa schifo, bè per lui il momento del cimitero è speciale, ed è l’unico contatto che ha con suo padre.” – spiegò Niall cauto –
Violet lo fissò negli occhi, quei maledetti occhi azzurri. Era certa di non aver mai conosciuto nessuno con degli occhi stupendi come quelli, nemmeno quelli del suo capo, Louis – che lei considerava bellissimi – non erano come quelli di Niall.
“Tu hai venticinque anni e sei maledettamente saggio – borbottò la mora – ed hai pure ragione – proseguì – e io odio chi ha ragione.” – concluse per poi scoppiare a ridere.
Adesso ne era certa: era ubriaca.
 
“No.. Violet aspetta.. Aggrappati a me, Violet cadiamo entrambi.”
Due e un quarto di notte. Cielo stellato, pochi taxi gialli che giravano per le strade di New York, i tacchi di Violet che battevano sull’asfalto in modo decisamente troppo rumoroso, Niall che la sorreggeva come una ragazzina alla prima sbornia, il freddo di fine Ottobre che le faceva arrossire le guance e la punta del naso, l’alito che puzzava di birra e della sigaretta che – a sua insaputa – si era fumata con Niall.
E come aveva previsto qualche ora prima, Violet era completamente ubriaca, al suo primo appuntamento, con il suo collega.
“Ce le hai le chiavi?” – domandò Niall fermandosi davanti al portone del suo palazzo –
“Io.. non.. forse.. –balbettò accennando un sorriso – ma non ricordo dove!” – esclamò poi potandosi la mano alla bocca scoppiando a ridere.-
“Aspetta, appoggiati al muro, e fammi vedere se hai le chiavi nella borsa.”
Niall le si avvicinò, le aprì la borsa e ci frugò dentro alla ricerca delle chiavi. Pochi minuti dopo le estrasse infilandole nella serratura. Le poggiò una mano sul fianco destro e sorreggendola la fece entrare, facendola salire fino al sesto piano, dove si trovava il suo appartamento.
“Non entri?” – domandò Violet sulla soglia, mentre si sorreggeva –
“Non so se sia il caso..” – commentò Niall –
Violet annuì quasi convinta, poi si voltò e fece altri due passi cadendo rovinosamente a terra. Scoppiò a ridere togliendosi i tacchi e tentò con le poche forza che aveva di issarsi sulle braccia e tirarsi su. Niall l’aiutò e poi chiuse la porta alle sue spalle.
“Direi che è meglio se ti metto a letto e poi vado” – disse il biondo –
Violet lo prese per mano e lo condusse – a stento – nella sua camera da letto. Si sdraiò ed invitò Niall a fare lo stesso. L’Irlandese per un attimo si guardò intorno imbarazzato dalla situazione ma poi sospirò e si sdraiò sul materasso vicino alla mora. Restarono per quale minuto in silenzio e poi fu la risata di Violet a spezzare l’atmosfera mentre continuavano a fissare il soffitto della stanza.
“Dio, ho trent’anni e sono completamente ubriaca – borbottò – quale razza di madre si ubriaca?”
“Diciamo che la prossima volta opteremo per un ristorante e ci fermeremo alla prima bottiglia di vino.” – sorrise Niall voltandosi a fissarla –
“Tu sei anche simpatico oltre che saggio.. – sorrise – e bello. –ammise tranquilla – perché sì, insomma anche la mia migliore amica Noah, una pazza sclerotica con una figlia di tre anni e mezzo dice che sei un figo da paura e c’ha ragione, per la miseria”
Niall arrossì di colpo. Era ubriaca, com’era possibile che pensasse certe cose? No, era sicuramente l’effetto dell’alcool.
“Forse dovremmo dormire.” – propose il biondo –
Violet annuì, poi si voltò verso di lui e si avvicinò ulteriormente appoggiando la guancia sulla maglietta. Fu solo questione di pochi secondi e poi cadde in un sonno profondo: beh, come primo appuntamento non era male.. appunto, era stato un completo disastro.


 
Ciao!
Scusate l'immenso ritardo, sono imperdonabile. Ho avuto tantissimo da fare e non ho minimamente avuto tempo per mettermi qui ed aggiornare, quindi chiedo scusa.
Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo: finalmente il fatidico appuntamento. 
Ho rivoluzionato completamente Violet, il suo modo di essere o di fare, l'ho fatta ubriacare, "perdere" il controllo e l'ho fatta diventare simpatica, sfacciata e perchè no, molto diretta. A me personalmente è piaciuto molto questo cambio di personaggio, è uscito un po' dalle righe e dalle abitudini, soprattutto dopo la prima parte dove Edward fa una richiesta parecchio importante e che mette in difficoltà - come si può ben notare - Violet anche se alla fine cede, ora resta solo da scoprire se questo cedimento sarà sicuro - visto il discorso di Niall - o se cambierà idea... voi che ne pensate?
bene, ho detto tutto, anche troppo, quindi vi lascio.
Ringrazio davvero di cuore tutte quelle che seguono questa storia, e chi la recensisce, sapete che ogni parere per me è importantisimo, quindi grazie infinite.
Vi lascio con Violet e i miei contatti, a presto :).

baci, sam.


 


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Capitolo 8
*** Ottavo Capitolo. ***



 
Ottavo Capitolo.
 
Violet mugugnò qualcosa di incomprensibile quando la luce del sole fece capolino dalla finestra della sua stanza puntandola dritta nei suoi occhi castani. Batté le palpebre più volte per fare in modo che si abituassero alla luce e poi sbadigliò. Chiuse gli occhi ancora una volta e solo in quel momento si rese conto di essere appoggiata a qualcosa di morbido. Sgranò gli occhi e alzò le coperte di scatto. Sospirò quando si accorse si essere ancora completamente vestita come la sera prima: bene, almeno era andata a letto con nessuno. Poi alzò di poco la testa e quando vide Niall steso accanto a lei che dormiva sorrise quasi automaticamente. I capelli arruffati, con alcuni ciuffi che gli ricadevano sulla fronte, gli occhi ben serrati, le labbra socchiuse che accennavano un sorriso. Con un movimento lento spostò la mano che era appoggiata sulla sua spalla e poi si alzò cautamente dal letto. Appena fu in piedi una fitta alla testa la costrinse a chiudere gli occhi, perché diamine erano anni che non si ubriacava e adesso se ne rendeva conto. Scese le scale dirigendosi in cucina e aprì ogni anta dell’armadietto per cercare una maledetta aspirina per quel mal di testa che le stava perforando il cervello.
In quel momento si sentiva estremamente patetica. Si era ubriacata, a trent’anni, al primo ‘appuntamento’, con il suo collega venticinquenne. Ma nemmeno nei suoi romanzi preferiti o in stupidi film succedevano cose del genere. Con un sorso buttò giù l’aspirina con l’acqua e poi so diresse verso il salotto, cercò la borsa e quando la trovò afferrò il cellulare.
Sette chiamate perse: Noah, Noah, Zayn, Noah, Zayn, Zayn, Noah.
Violet sospirò componendo il numero di Noah.
“Ma mi dici che fine avevi fatto? Porca miseria Violet, sono le undici di mattina!” – inveì la bionda dall’altro capo del telefono –
“Mi dispiace, ma siamo tornati tardi e oh mio dio, ho fatto un casino – borbottò – Ed sta bene?”
“Si Edward sta benissimo e non so perché ma.. – si interruppe di colpo – che casino hai fatto?” – domandò poi –
“Senti quando passo ne parliamo – disse la mora – salutami Ed e digli che tra due ore circa sono da voi”
“Tu non me la racconti giusta, guarda te se l’ingenua Violet Payne..” – disse Noah ridendo –
“Smettila! – l’ammonì Violet non trattenendo un sorriso – a dopo”
Attaccò e poi posò il telefono sulla mensola. Raccolse i tacchi sparsi per il salotto e mentre si stava per alzare vide Niall scendere le scale.
Si fissarono rimanendo in silenzio entrambi. Gli occhi scuri di Violet scrutavano attentamente Niall, fino a quando non incontrarono i suoi azzurri.
“Buongiorno.” – mormorò Violet in imbarazzo –
“Buongiorno – sorrise lui – come stai?”
“B-bene.. – balbettò – ho solo un po’ di mal di testa”
Niall sorrise scendendo del tutto le scale e quando su davanti a lei sorrise.
“Credo di dover andare..” – disse Niall –
“No – annunciò Violet – ti offro la colazione, è il minimo”
“Guarda che non hai fatto niente di male – sorrise il biondo – se no ridere per ogni cosa e reggerti a stento in piedi”
Violet arrossì di colpo e si abbassò posando le scarpe a terra.
“Andiamo in cucina – disse avviandosi – il caffè ti va bene?”
“Perfetto” – ammise Niall seguendola –
Violet mise a scaldare il caffè mentre Niall si sedette al tavolo rettangolare al centro della stanza. La ragazza non sapeva che dire, ma forse doveva scusarsi per la sera prima, anche se non si ricordava praticamente niente o almeno poco e si sentiva – per l’ennesima volta – patetica e imbarazzata.
“Senti io.. – balbettò voltandosi – vorrei scusarmi per ieri sera, non so cosa mi sia preso, davvero.”
Niall la osservò e sorrise vedendola così impacciata, la trovava ancora più bella de solito.
“Violet è tutto apposto, ti sei solo ubriacata un po’, non è un problema”
La mora verso il caffè nelle tazze e ne porse una a Niall.
“Ho detto qualcosa che non dovevo dire?” – domandò allarmata –
“Abbiamo parlato un po’ di tutto e ti prego, stai tranquilla, non hai fatto niente di male”
Violet sospirò, si sentiva ancora imbarazzata da morire e non sapeva cosa le fosse preso la sera precedente.
“Adesso devo andare sul serio – sorrise Niall alzandosi – ci vediamo domani al lavoro..”
“Certo – sorrise alzandosi anche lei – a domani allora”
Si avviarono verso la porta e prima di uscire Niall si voltò e si avvicinò a lei, le lasciò un bacio sulla fronte e sorrise.
“Buona fortuna per oggi, per qualunque cosa chiamami”
Violet aggrottò le sopracciglia, come faceva Niall a sapere che oggi doveva andare con Ed al cimitero? Quando gliel’aveva detto? Per un attimo fu presa dal panico, quanto aveva parlato, e soprattutto cosa aveva detto di Harry?
“Sì, abbiamo parlato di Harry, ma stai tranquilla, mi ha fatto piacere.”
Poi prese la giacca e in un batter d’occhio era già fuori dalla porta di casa. La mora sospirò e sorrise: Niall era davvero speciale, tanto speciale.
 
 
Violet suonò il campanello e poi si scostò una ciocca di capelli dal viso. Dopo pochi secondi Zayn apparve sulla porta assonnato.
“Buongiorno Zayn – sorrise Violet – fattelo dire, non hai una bella cera”
“Tuo figlio è un fenomeno a Fifa – ammise serio – forse anche troppo”
“Oh, per questo prenditela con mio fratello” – risi –
Zayn scosse la testa e poi si scostò per farmi passare. Vidi Noah spuntare dal piano di sopra mentre teneva Selene in braccio. Sorrisi vedendo la bambina che aveva i capelli biondissimi come l’amica e gli occhioni color cioccolato come Zayn.
“Guarda Sel, c’è zia Violet” – disse Noah baciando una guancia alla bambina –
Quest’ultima lanciò un gridolino di esaltazione e poi sorrise battendo le mani. Le lasciai un bacio sulla fronte e poi vidi Noah guardarmi.
“Non incominciare..” – l’ammonii –
“Che c’è? – domandò indignata – tu hai detto di aver fatto un casino”
“Smettila”
“Ma..”
“C’è Selene, è piccola”
Noah rise quasi in modo malefico poi guardò Zayn che capì al volo e venne a prendere l bambina, lo guardai pregandolo di non farlo e di non andarsene ma poco dopo erano già spariti al piano di sopra.
“Adesso Selena non c’è” – disse con un sorriso sornione –
Maledetta Noah.
“Te l’ho mai detto che non ti sopporto?” – domandò la mora sorridendo –
“Forse.. alcune volte.. – disse prendendomi per un braccio e trascinandomi in cucina – ora dimmi tutto”
“Non c’è nulla da dire..” – cercò di sviare –
“Che casino hai fatto?” – domandò invece lei –
Violet sospirò rassegnata, tanto con Noah non sfuggiva niente e anche se si sentiva tremendamente in imbarazzo, doveva dirle la verità.
“Mi sono ubriacata” – sussurrò –
Noah strabuzzò gli occhi fissandola sbalordita.
“Tu cosa?”
“Hai capito benissimo” – disse Violet stizzita –
“Ci sei andata a letto?”
“No” – urlò la mora
Noah scoppiò a ridere e poi scosse la testa.
“Allora com’è andata? Dai racconta”
“Siamo usciti e siamo andati in questo pub e ho bevuto parecchio e mi sono ubriacata, mi ha riportata a casa e ha dormito con me”
Noah sorrise compiaciuta battendo le mani.
“Violet Violet..”
“Dov’è Ed?” – tagliò corto la mora –
“Cambi discorso, tanto non mi scappi” – ammise Noah andando verso le scale per chiamare Edward.-
Adesso le aspettava una sfida maggiore, e doveva dimenticarsi per un attimo di Niall, doveva pensare a suo figlio e ad Harry e il fatto che non andasse al cimitero da tanto tempo, doveva pensare a come si sarebbe comportata e cosa le avrebbe chiesto Edward, perché per quanto aveva cercato di negarlo: aveva paura, forse non ne aveva mai avuta da quando suo figlio era nato e oltretutto si sentiva anche in colpa perché non aveva detto niente a Noah. Ma non se la sentiva, preferiva tenerselo per sé e averlo confessato solo a Niall la rendeva più sicura, su di lui poteva contare, lo sapeva. Vide Edward apparire sulle scale e sorrise alla mamma. Violet si avvicinò e gli lasciò un bacio sulla fronte, poi lo prese per mano e si avviarono verso la porta. Ce l’avrebbe fatta, bastava un po’ di coraggio e un po’ di forza: Violet ne sarebbe uscita vincente, se lo sentiva.

 


 
Buona domenica.
allora eccomi qui con un nuovo aggiornamento.
Nella prima parte viene descritto il post - appuntamento che io trovo tipo dolcissimo gfhgdghdhg e shippo i Viall alla follia, so per em i loro momenti insieme sono troppo speciali.
Nella seconda parte Violet va a casa di Noah per riprendere Edward, come vedete è abbastanza agitata in quanto dovrà portare suo figlio al cimitero, dopo tanto tempo, tuttavia non racconta niente e Noah della richiesta che Ed le ha fatto, vedremo nei prossimi capitoli cosa accadrà.
Faccio uno spoiler e vi dico che, a mio parere il prossimo sarà uno dei capitoli più tristi e malinconici della storia, ma secondo me anche uno dei più belli. :)

bene, ho detto veramente troppo, quindi vi lascio sperando che il capitolo non vi abbia deluse e spèerando di ricevere qualche parere.
vi lascio con Niall e con i miei contatti
vi amo, sam.

 

 
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Capitolo 9
*** Nono Capitolo. ***



 
Nono Capitolo.
 
Violet era sicura del fatto che non fosse mai stata così tanto agitata in vita sua. Nemmeno al suo esame per il diploma, nemmeno alla cena in cui lei ed Harry dovevano dire ai loro genitori che volevano trasferirsi a New York, nemmeno quando l’aereo era decollato dall’aeroporto Heathrow a Londra.
“Mamma stai bene?”
Violet si riscosse dai suoi pensieri e sorride ad Ed, bè, infondo si, andava tutto bene, più o meno.
“Tutto bene.”
“Ma secondo te, papà mi sente?”
Violet guardò la strada scorrere velocemente fuori dal finestrino e sospirò.
“Certo che ti sente, papà ci sente e ci osserva sempre.”
“Quindi sa tutto di me?”
Violet annuì sicura e poi poggio il braccio sulla spalla del figlio attirandolo a sé per abbracciarlo stretto mentre gli lasciava un bacio tra i capelli.
 
Violet aveva appena pagato il tassista, quando questo sfrecciò sulla strada libera davanti al cimitero. Edward camminava accanto a lei, la testa bassa e i passi lenti ma decisi. Varcarono il cancello in contemporanea e lei ispirò a pieni polmoni: loro due insieme erano stati in quel posto solo due volte, e sinceramente l’ultima volta non se la ricordava nemmeno.
“Vieni.” – disse la ragazza prendendo per mano il figlio –
Edward non si tirò indietro e proseguì con la mamma in religioso silenzio. Pensava a cosa dire al papà, cosa raccontargli, come trattarlo. Arrivarono davanti alla tomba e rimasero a fissarla per minuti interminabili, poi fu Violet a lasciare la mano del figlio e sorridere.
“Vi lascio soli, che ne dici?” – domandò indietreggiando –
Ed annuì e quando alzò il viso vide Harry immobile davanti a loro che guardava Edward con gli occhi lucidi.
Il bambino si sedette davanti alla tomba e sorrise.
“Ciao papà – sussurrò – come stai? Io bene. Si gioca a calcio in paradiso? Zio Liam dice di sì, è arrivato quasi un mese fa da Londra e la sera dopo cena stiamo circa due ore a giocare a Fifa, ma non lo dire a mamma o si arrabbia e mi toglie il gioco. – sorrise – Oggi a scuola ho preso un bel voto in Geografia, e la scorsa settimana in Storia. Mamma ha detto che a Natale mi farà un bel regalo e che posso andare al compleanno del mio amico. E sempre la scorsa settimana sono andato una sera a casa della zia Noah e dello zio Zayn. Mi hanno fatto fare da baby-setter a Selene, ma tutto sommato mi sono divertito. La mamma ha detto che doveva uscire con un amico, non so chi sia e forse non lo voglio nemmeno sapere, probabilmente sono piccolo.”
Violet dietro le sue spalle sorrise e per un attimo si immaginò se in quel momento ci fosse davvero stato Harry nella loro vita, se fosse tornato ogni sera dal lavoro, se avessero giocato insieme dopo cena, se la domenica mattina avessero portato a spasso il cane al Central Park. E si rese conto che lei di Harry ne parlava poco, con tutti. Aveva tenute nascoste ad Edward troppe cose, non aveva mai detto tutta la verità e forse era davvero arrivato il momento, perché infondo era l’unica persona della sua vita che le sarebbe sempre rimasto accanto. Gli si avvicinò e gli accarezzo la spalla, sedendosi con lui.
“Mamma?” – domandò pochi minuti dopo –
“Si?”
“Com’è morto papà?”
Violet annuì e si disse basta bugie, basta evitare le domande, basta girare intorno alle cose. Edward stava crescendo ed era giusto che sapesse le cose come stavano davvero. Lo strinse e sé e respirò iniziando a parlare.
“Era l’11 Settembre del 2001, ed io e tuo padre la mattina eravamo usciti di casa andando al lavoro come sempre. Era una giornata normale, come tutte le altre insomma …”
“E cosa è successo?”
“Mentre ero nel mio ufficio, un’amica è entrata e mi ha detto che c’era stato un attentato.”
“Cos’è un attentato?” – la interruppe Edward curioso –
“L’attentato è quando delle persone cattive decidono di uccidere altre persone che sono state brave”. – spiegò in modo spicciolo la mora –
“E dov’era stato questo attentato?”
Violet chiuse gli occhi mentre la prima lacrima le bagnava la guancia destra.
“L’attentato l’avevano fatto dove lavorava il tuo papà.”
“E quindi non l’ho mai conosciuto per questo?”
“Più o meno. – inclinò la testa – quando me l’hanno detto mi sono fatta portare dove era successo tutto e tuo papà era ancora vivo, mi ha detto che mi voleva tanto bene e che se gli fosse successo qualcosa doveva ricordarsi di lui, e di quanto fosse speciale. Poi mi ha detto che era stanco e che voleva riposarsi e quindi l’ho lasciato dormire.”
“E poi?” – domandò ancora Ed curioso –
“Poi papà non si è più svegliato, se lo sono preso gli angeli.”
Edward annuì serio.
“Quando gli angeli se lo sono preso sapeva che aspettavi me?”
Violet sorrise amara sentendo l’ennesima lacrima scenderle sulla guancia.
“No, non lo sapeva. – ammise – ma so che gli angeli gliel’hanno comunicato.”
“Quindi sa di me? Cioè che ho undici anni, e tutto il resto?”
“Certo che sa di te amore, ci protegge sempre, dal cielo.”
Violet alzò la testa ed Harry non aveva fatto un passo, era rimasto immobile davanti a loro, le braccia lungo i fianchi, le labbra serrate, e gli occhi verdi lucidi, pieni di lacrime come forse non aveva mai visto. Harry le mimò qualcosa con le labbra e lei capì al volo, non aprì bocca, annuì e basta e lo vide avvicinarsi. Si chinò davanti al figlio e lo guardò attentamente negli occhi, gli stessi occhi verdi. Poi gli sorrise e gli accarezzò i capelli.
“Ed vedi niente tu?” – domandò curiosa Violet –
Il bambino scosse la testa e si posò una mano in testa.
“Anche se qualcuno, o qualcosa mi ha mosso i capelli.”
Violet guardò prima il figlio e poi Harry e quando lo vide sporgersi per abbracciarlo sentì il cuore batterle talmente forte che credeva di sentirsi male. Le lacrime iniziarono a scendere e cercava di singhiozzare silenziosamente.
Perché la vita era stata così ingiusta con lei? Perché gli avevano portato via l’unica persona che l’aveva resa davvero felice? L’unica con cui avrebbe voluto passare la sua vita. Li stava stringendo entrambi e lei lo sentiva, sentiva le sue mani che la toccavano, che l’accarezzavano, che la coccolavano. Sentiva il suo cuore battere, sentiva i ricci sfiorarle la guancia e sentiva il suo profumo invaderle le narici.
“Grazie Fiore. – disse poi all’orecchio della mora – grazie per avermi fatto conoscere mio figlio.”
Violet non disse niente, non sapeva che dire,  tutte le parole le erano morte in gola e adesso voleva solo Harry al suo fianco, lo voleva a casa, seduto sul divano, al tavolo in cucina per il pranzo o la cena, lo voleva nel bagno a farsi la barba mentre lei si faceva la doccia, lo voleva sotto le lenzuola mentre la abbracciava, ma lui non c’era, non c’era mai stato – se non quei pochi anni – e non ci sarebbe mai più stato e questo la rendeva talmente triste e sola che si sentiva persa in quel mondo che sembrava non appartenerle. Appoggiò la testa sulla spalla di Harry e chiuse gli occhi, doveva godersi quel momento, perché non sarebbe mai più ritornato.
 
 
Violet chiuse la porta di casa e Edward in silenziò andò in camera sua. Si erano fermati a cena in un ristorante Italiano, anche se entrambi avevano toccato a malapena cibo. La mora si tolse i tacchi e poi si sedete sul divano tenendosi la testa tra le mani: non sapeva cosa fare, non sapeva come reagire. Quello era stato sicuramente il pomeriggio più intenso che aveva vissuto dalla morte di Harry. Salì le scale in silenzio e aprì la porta della stanza di Edward. Suo figlio era già sotto le coperte che dormiva – o cercava di farlo invano. Violet si tolse i jeans e poi si infilò silenziosamente nel letto e sentì subito Ed girarsi verso di lei e abbracciarla stretta. Solo quando sentì la maglietta bagnata si accorse che suo figlio stava piangendo. Lo strinse talmente forte quasi da soffocarlo e nessuno dei due trattenne i singhiozzi.
“Voglio papà.” – sussurrò –
“Papà è qui tesoro, è qui con noi”
Si addormentarono abbracciati, stretti in quel letto con il cuore a pezzi e le lacrime che avevano solcato le guance: nessuno cancella quei dolori, nessuno può fare niente, e forse Violet si sentiva un po’ in colpa ad aver fatto provare a suo figlio tutto il dolore, tutto quel dolore che non si meritava, che nessuno si meritava.

 


 
Buona domenica a tutte!
allora sono un po' di fretta in quanto devo cenare, ma ho deciso di aggiornare e di postare il capitolo per me più triste in assoluto.
Questa scena è stata davvero molto difficile da scrivere ed è per questo che ho impiegato parecchio ad aggiornare, quindi non voglio dilungarmi, voglio lasciare i commenti e le impressioni a voi.
a presto, sam.

 


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Capitolo 10
*** Decimo Capitolo. ***



 
Decimo Capitolo.
 
Violet sospirò e aprì piano gli occhi. Probabilmente doveva essere mattina vista la poca luce che filtrava dalla finestra della camera si Edward.
Quella notte avevano dormito insieme, Violet non se l’era sentita di lasciarlo solo, non in un momento come quello, e adesso se lo ritrovava ancora avvinghiato a lei, il respiro – finalmente – tranquillo e regolare e la maglietta di lei umida per le lacrime che suo figlio aveva versato.
Ecco perché non voleva portarlo al cimitero, ecco perché ogni volta evitata le domande: la verità faceva male, troppo male, soprattutto per un bambino di undici anni con un papà mai conosciuto.
Scostò le coperte e leggermente posò la testa di Ed sul cuscino, poi si alzò e lo ricoprì con la sua coperta blu e uscì cautamente dalla stanza, cercando di non svegliarlo.
Era lunedì, e lei non se la sentiva di andare al lavoro come non se la sentiva di mandare suo figlio a scuola; avrebbe telefonato a Louis e avrebbe detto di non sentirsi bene e si sarebbe dedicata ad Edward e a se stessa, una volta tanto.
Scese le scale e si avviò in cucina per prendere un bicchiere d’acqua.
“Ehi – disse Liam sorridendole – Buongiorno.”
Violet sorrise e si avvicinò al fratello: forse aveva ancora gli occhi rossi e gonfi dal pianto e forse la poca luce mattutina poteva impedire a Liam di riempirla di domande se l’avesse vista in quelle condizioni.
“Buongiorno.” – disse Violet in un sussurro –
“Edward non si sveglia? – domandò Liam – sono già le sette e venti – ammise – se vuoi ce lo porto io a scuola.”
“Oggi non va a scuola.” – mormorò la sorella –
“Ohw. – disse Liam – giorno di riposo?”
“No – sorrise – solo non sta tanto bene”
Liam annuì serio e poi prese a sorseggiare il suo caffè, non sapeva perché ma sentiva che sua sorella aveva qualcosa che non andava. Aveva una strana sensazione allo stomaco che gli diceva di stare lì e abbracciarla, parlarci e farsi raccontare tutto, era come se sua sorella volesse, ma non potesse dire e Liam per un attimo ebbe un brivido e una scossa di terrore gli attraversò il corpo.
Si sposò dalla penisola e si avvicinò all’interruttore per accendere la luce, quando lo fece si voltò di scatto e Violet abbassò di colpo lo sguardo, come se fosse stata colta in flagrante.
Liam non disse niente, ma tornò nella posizione di prima, continuando a bere il suo caffè. Dopo cinque minuti buoni di quel silenzio carico di tensione fu Violet a spezzarlo con un singhiozzo forse un po’ troppo rumoroso. Il ragazzo appoggiò la tazza sul marmo e poi si avvicinò abbracciandola talmente stretta che per poco Violet non si sentì soffocare.
“Tesoro sono qui” – disse lui cercando di rassicurarla –
Violet iniziò a piangere rumorosamente e Liam avrebbe preferito morire piuttosto che sentire la sorella piangere così disperatamente, per una cosa di cui non era a conoscenza.
“Liam aiutami.” – sussurrò soltanto Violet tra i singhiozzi –
Liam sospirò, poi la prese in collo e la fece sedere sulla penisola – come faceva quando era più piccolo e voleva dimostrare che aveva forza – e la guardò dritta negli occhi.
“Dimmi cosa è successo.”
Violet cercò di regolarizzare il respiro per parlare normalmente e quando ci riuscì si disse che doveva parlarne con qualcuno o sarebbe scoppiata.
“Due giorni fa Edward mi ha chiesto di portarlo da Harry… - sussurrò – e… e..” – balbettò.-
“Tu cosa?” – la incitò Liam –
“Ieri ce l’ho portato e gli ho detto tutto Liam, tutta la verità.”
Liam sussultò sorpreso e improvvisamente anche i suoi occhi diventarono lucidi.
“Gli ho detto dell’attentato, di come è morto… tutto – singhiozzò di nuovo – e mi ha fatto così tanto male Liam.”
Il fratello rimase in silenzio, era rimasto spiazzato e non sapeva davvero cosa dire, e di certo non si aspettava quel cambiamento di “programma” da parte di Violet.
“Ascoltami, va tutto bene, okay?” – disse Liam
“No Liam, non va tutto bene – singhiozzò Violet – come si fa ad uccidere una persona come Harry? Come diavolo si fa?”
Liam alzò gli occhi al cielo tentando di reprimere le lacrime.
“Violet guardami – disse alla sorella – Edward è una bambino intelligentissimo e io so alla perfezione che capirà, oggi tu vai in giro, vai a fare shopping, chiama Noah, fai quello che vuoi, ma goditi questa giornata, ad Ed ci penso io.”
Viole sorrise abbracciandolo.
“Ti voglio bene Liam.”
“Anch’io tesoro.”
E Violet sapeva che su Liam poteva sempre contare.
 
 
Niall si guardava intorno ansiosamente mentre scriveva l’ennesima mail. Violet quella mattina non si era presentata al lavoro e al biondo sembrava molto strano. Si conoscevano da diversi mesi e ormai aveva imparato a conoscerla. Poi gli venne in mente che il giorno precedente Violet doveva portare il figlio al cimitero, dal suo ragazzo ormai morto e sentì il cuore battergli all’impazzata. Era preoccupato e sapere che Violet poteva star male faceva di conseguenza star male anche lui. Afferrò il cellulare e pochi secondi dopo questo iniziò a squillare facendo apparire il nome della mora. Niall sospirò e una sensazione di preoccupazione mista a felicità lo invase di colpo. Poi si portò i’IPhone all’orecchio e sospirò.
“Ehi Violet!” – esclamò –
“Niall, ehi, buongiorno.” – mormorò la mora –
“Come mai non sei al lavoro?” – domandò serio il biondo –
“No – disse in difficoltà – non mi sento molto bene.”
“Ohw, beh per il momento è tutto tranquillo.”
Violet rimase in silenzio e lo stesso fece Niall. Era un momento carico di tensione e di cose che entrambi volevano dirsi ma che non riuscivano ad esprimere. Era come se Niall, attraverso quello stupido cellulare avesse davvero sentito il dolore di Violet e si sentiva praticamente impotente. Poi un singhiozzo da parte della ragazza interruppe il silenzio e Niall capì che davvero aveva avuto la giusta sensazione, e davvero qualcosa non andava.
“Violet perché piangi?” – domando diretto –
La mora rimase in silenzio e poi tirò su col naso.
“Ti prego vieni qui.” – disse soltanto prima di attaccare.-


 
 

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Capitolo 11
*** Undicesimo Capitolo. ***



 
Undicesimo Capitolo.

Liam sospirò entrando nell’ennesimo negozio di videogiochi. Era contento di trascorrere un po’ di tempo con suo nipote, ma sapere che Violet era a casa da sola non lo rincuorava per niente.
Edward sorrise felice osservando tutti i giochi impilati nello scaffale e iniziò ad afferrarne qualcuno leggendo attentamente le descrizioni sul retro. Liam si grattò la nuca e poi si guardò un po’ in torno: nel negozio c’erano si e no sei persone e due di queste stavano parando con uno dei due commessi, mentre un’altra stava pagando.
Si voltò verso destra e quando una chioma color rosa pesca attirò la sua attenzione ridusse gli occhi a due fessure: chi diavolo si faceva i capelli di quel colore? Poi questa si portò una ciocca dietro l’orecchio e si voltò di scatto e alzò di poco la testa. Liam indietreggiò sorpreso rendendosi conto che quella fosse Gemma, e non un Gemma qualunque, ma bensì Gemma Styles.
“Liam?”  domandò lei sorpresa avvicinandosi –
“Zia!” – strillò Ed abbracciandola –
Liam sorrise piegando la testa di lato e osservando la scena.
“Zio posso andare a vedere nell’altra stanza che giochi ci sono?” – domandò poi il bambino? –
Liam annuì serio e poi sorrise alla ragazza: “Non ti aspettavo qui.”
“Mi stavo portando avanti con i regali di Natale. – spiegò mostrando la confezione – Tu invece?”
“Io ho solo portato via da casa Ed, mia sorella sta attraversando un brutto periodo.”
“Non la vedo da un po’ – ammise – vorrei tanto riportarla a Londra, ma penso sia una battaglia persa in partenza.”
“A lei piace qui, piace andare al cimitero e parlare con.. – si soffermò un attimo sospirando – sì insomma, con tuo fratello.”
“Dodici anni fa doveva prendere tutto e tornare a Londra, anche con Harry, vivo o morto che fosse.”
Liam sospirò abbassando lo sguardo: “E tu come stai?”
“Io bene – sorrise – insomma la vita va avanti no? È passato così tanto tempo ormai…”
“Sei sempre stata più forte – disse Liam – mia sorella non ci riesce.”
“Non ci sono riuscita nemmeno io per nove anni – ammise – ha solo bisogno di più tempo, e poi passerà.”
Liam annuì e: “Forse devo richiamare Ed o lo perdo qui veramente.”
“Io vado a pagare questo per lui, e non dirgli del mio regalo.”
Liam alzò le braccia in aria:” Tranquilla, il tuo segreto è al sicuro.”
Lei si avvicinò lasciandogli un bacio sulla guancia: “A presto.”
Lui rimase immobile, colpito da quel gesto che non si sarebbe mai aspettato, la vide andare alla casa e prima che uscisse si disse che no, non poteva farsela scappare, che sua sorella aveva ragione e che Gemma era Gemma e lo era sempre stata da quando Harry e Violet si erano messi insieme e le famiglie si erano conosciute. Gemma era quella timida ma sfacciata, era quella gentile ma scorbutica, era quella sorridente ma triste. Gemma era tutto quello di cui aveva bisogno Liam da tanto tempo e che non era riuscito ancora ad avere.
“Gemma – la richiamò facendola voltare – ti va uno di questi giorni di prenderci un caffè?”
 
 
 
 
 
 
Violet finì di bere il bicchiere d’acqua e poi si appoggiò al marmo della cucina respirando a fatica. Le sembrava che le mancasse il respiro, continuamente e questo non la faceva affatto stare bene. Far capire ad Edward tutta la verità era stato più difficile del previsto e tutta la storia del cimitero e di Harry era stata decisamente troppo. Violet aveva visto suo figlio piangere si e no due volte, e quando la sera prima lo aveva trovato nel letto a singhiozzare era stato decisamente un colpo al cuore, un colpo che ogni mamma non vorrebbe mai e poi mai avere.
Il campanello suonò e la mora sussultò colta alla sprovvista. Con tutti quei pensieri si era pure dimenticata che stava aspettando Niall da ormai un’ora abbandonante.
Con ancora i piedi scalzi e un paio di jeans rotti accompagnati da un maglione color porpora si diresse alla porta e la aprì.
Niall era immobile sul pianerottolo, lo sguardo serio e preoccupato e gli occhi sempre più azzurri. Accennò un sorriso e fu Violet a fare un passo buttandogli le braccia al collo. Niall fu abbastanza sorpreso dal gesto, ma nonostante tutto posò le sue mani sulla schiena della ragazza e la strinse a sé, come se quel gesto volesse dire che l’avrebbe protetta sempre. Violet dopo qualche minuto si staccò e gli occhi erano già lucidi: “Vieni, entra.” – sussurrò –
Niall le sorrise e poi entrò in casa. Se la ricordava alla perfezione visto che erano passati appena due giorni dalla sua ultima visita.
“Io – balbettò Violet in difficoltà – mi dispiace averti chiamato così all’improvviso, davvero Niall – proseguì – non è che Louis ha fatto storie?”
“Violet stai tranquilla, se sono qui è perché volevo esserci, quindi non preoccuparti di niente.”
“Siediti pure – disse poi – vuoi qualcosa da bere?”
“No, grazie.”
“Vuoi qualcosa da mangiare? – domandò ancora – qualcosa di più comodo?”
“Voglio che tu ti sieda, ti calmi e mi dica perché mi hai chiamato. – disse lui serio – so che ieri eri al cimitero con Edward e visto il tuo stato deve essere successo qualcosa, quindi vieni qui e dimmi tutto quello che devo sapere.”
Violet sospirò e si sedette accanto a lui sul divano: “Siamo stati al cimitero quasi due ore e mezzo. Mi sono seduta con Ed davanti alla tomba di Harry e gli ho raccontato tutta la storia, da quando ci siamo conosciuti, fino a quando lui se n’è andato – sospirò sentendo già una lacrima farsi spazio sul suo viso – non sai quanto è stato difficile Niall. Edward era lì e stava in silenzio, mi ascoltava parlare con così tanta attenzione che ero impressionata. E io a malapena riuscivo a parlare, raccontavo con fatica e piangevo e basta – scosse la testa – Niall sono passati dodici anni e fa ancora tanto male, e non è possibile, non è normale.”
“Violet certo che è normale, era la persona che amavi.”
“Sai quanti ragazzi mi hanno chiesto di uscire in questi dodici anni? – domandò più a se stessa che al biondo – tantissimi Niall, tantissimi e ho sempre rifiutato. Harry era sempre qui – si indicò il cuore – e qui – si indicò la testa – e io non riesco a togliercelo e ad andare avanti. Harry era il mio passato ma è anche il mio futuro e io Niall – disse imbarazzata e terribilmente in difficoltà – io lo vedo Harry. Lo sento e ci parlo. Sta qui con me e mi sorveglia, ogni tanto appare e parliamo, ci raccontiamo un po’ di cose, e non sai quanto faccia strano vederlo qui e non poter fare niente, perché lui non c’è Niall, è solo nella mia immaginazione.”
“Aspetta – disse lui guardandola – tu vedi Harry?”
Violet abbassò lo sguardo: “Adesso penserai che sono pazza.”
“No, ma cosa dici? – sorrise – Quando lo vedi?”
“Al cimitero da due mesi circa parliamo sempre, dice che è tornato qui per me, per aiutarmi.”
“E come ti fa stare questa cosa?”
“Bene – sorrise – ma anche male. Insomma ho ventinove anni, un figlio, un lavoro e mi sembra di essere così stupida a parlare con una persona morta che tanto non tornerà mai più.”
Niall la fissò e si avvicinò ulteriormente. Stava piangendo e ormai aveva tutte le guance bagnate: “Violet io ti prometto che ti farò stare bene – sorrise scontandole una ciocca dal viso – fosse l’ultima cosa che faccio.”
“Niall perché fai tutto questo per me? – domandò fissandolo dritto negli occhi – perché quando ti chiamo arrivi subito? Quando ti chiedo aiuto sei sempre qui? Quando sono giù sei sempre pronto a tirarmi su di morale?”
Niall deglutì e si disse che ormai erano diversi mesi che la conosceva e mentire non sarebbe servito a niente: “Perché tu mi piaci Violet.”
La mora lo guardò sorpresa di quella “dichiarazione” inaspettata poi si avvicinò e quando si rese conto di essere quasi sulle sue labbra sorrise: “Anche tu mi piaci Niall – disse – ma ho paura.”
“Tu non devi averne perché qui ci sono io.” – aggiunse prima di annullare ogni distanza e baciarla su quelle labbra che aveva desiderato tanto -.


 
Finalmente sono tornata col mio spazio autrice! 
Mi mancava un sacco, ma davvero il tempo era pochissimo e infatti gli aggiornamenti sono saltati un sacco di volte.
Allora nella mia scaletta mentale il capitolo doveva essere completamente diverso e invece è uscito questo,  per il resto ho lasciato un po' di spazio anche al fratello di Violet, Liam, che ha un ruolo di grande importanza nella storia e che sostiene sempre Violet.
Non voglio dilungarmi molto e non voglio annoiarvi, volevo solo dirvi grazie mille per tutti i complimenti che ricevo, per le recensioni che mi lasciate sempre e per le seguite/preferite e ricordate. Siete fantastiche e ringraziarvi sembra davvero poco.

Detto questo vi auguro Buon Natale e spero che il capitolo vi sia piaciuto, per qualunque cosa sotto ci sono i miei contatti.
a presto, sam.

 

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Capitolo 12
*** Dodicesimo Capitolo. ***



 
Dodicesimo Capitolo.
 
Violet era scossa, decisamente. Erano le due di notte, Niall dormiva nel suo letto e lei invece era in piedi, in cucina con una tazza di camomilla tra le mani perché davvero, non riusciva a chiudere occhio.
L’aveva baciato.
Violet aveva baciato Niall.
O meglio, Niall aveva baciato Violet, ma infondo questo poco importava.
Sospirò, bevve un sorso e chiuse un attimo gli occhi: cercava di non pensarci, cercava di far finta di niente, ma lei si sentiva in colpa, maledettamente in colpa. Aveva un peso all’altezza del cuore che non riusciva a mandare giù, qualcosa di tropo grande che le toglieva il respiro.
Riaprì gli occhi e l’immagine di Harry era immobile davanti a lei.
No.
Non poteva essere.
No, stava delirando. Era notte fonda, e non dormiva da tre giorni, stava sicuramente delirando.
“Prima che tu te lo chieda, sì, sono io – disse Harry tranquillo afferrando una mela – e dai che schifo, sai che queste non mi piacciono”
“No, non sei tu – disse secca – sono io, che non dormo da tre giorni e sto delirando.”
Harry addentò la mela e si sedette sul tavolo: “No Violet, non stai delirando, sono io, Harry”
“Davvero, non è il momento, per favore.”
“Pensi che mi diverta a girare per New York mentre milioni di persone mi vengono addosso? – domandò retorico – aspetta ti do la risposta, no, non mi diverto, ma sono qui per te.”
Violet sospirò: “Mi manchi amore.”
“Anche tu, ma Niall sta facendo un buon lavoro” – sorrise –
“No ascolta, qualunque cosa tu abbia visto, io non…”
“Violet questo doveva accadere dieci anni fa, quindi qualunque cosa abbia visto, va bene.”
Harry appoggiò la mela sul tavolo e si avvicinò alla mora: “Sai cosa amore? – si domandò più a se stesso che alla ragazza – in paradiso non si balla mai, e sinceramente le ragazze lassù non sono un granché e a me mancano quelle serate dove ballavamo come matti, quindi sì beh, non è proprio il poto più adatto ma, me lo concedi un ballo?”
Violet sorrise e pensò che Harry era tutto quello di cui aveva bisogno adesso.
“Davvero prima con Niall, io non so cosa mi sia preso, non pensavo che, insomma...”
“Shh – sussurrò il riccio – è tutto apposto. – sorrise – Tu e Niall siete così belli insieme, e a me piace lui, lui sa prenderti e sono sicura che saprà prendersi cura di te.”
“Io non voglio farti del male.”
“Cosa? – domandò Harry quasi arrabbiato – tu non mi stai facendo del male e mai me lo farai. Sei Violet, la mia Violet e io non ho saputo tenerti come dovevo. Hai avuto la fortuna di incontrare Niall, e lui è tutto quello di cui tu ed Edward avete bisogno.”
Violet non disse niente, appoggiò la testa sulla sua spalla e si lasciò cullare da quella musica immaginaria che li stava avvolgendo.
“Ora che ci penso – disse lei rimanendo nella stessa posizione – da quando posso vederti anche in casa mia?”
Harry sorrise e le baciò una tempia: “In realtà da sempre, solo ho deciso solo adesso di farmi vedere.”
“Vieni più spesso, che ho bisogno di te.”
“Niall colmerà questo vuoto”- disse lui fermandosi –
Violet lo fissò e si rese conto di quanto, dopo tutto quel tempo, fosse ancora bello. E forse aveva ragione, forse era vero che Niall era quello di cui aveva bisogno, di quello di cui aveva bisogno Edward, forse era vero che lui è quello che aveva aspettato per dodici anni dopo Harry, forse era vero che doveva lasciare il passato alle spalle e costruirsi qualcosa di concreto, forse doveva capire che la sua vita continuava, nonostante tutto.
“Te ne stai per andare vero?” – domandò, triste –
“Devo – sussurrò – ma ti prego, adesso ascoltami attentamente: vai da Niall e dormite, uscite divertitevi e godetevi la vita, fai che lui sia quello che hai sempre desiderato, fai che lui sia quello che io non sono riuscito ad essere e ti prego sii felice.”
“Ti amo.” – disse solo lei –
“Violet promettimelo.”
“Te lo prometto” – disse lei, sicura –
“Dai un bacio enorme ad Edward e digli che suo papà gli vuole bene.”
“Torna presto”
“Promesso”
E Violet restò lì, una lacrima sospesa, il cuore più leggero e Niall che dormiva nel suo letto.
 
 
Noah picchiettò le dita sul tavolo e Zayn era seduto accanto a lei, con Selene in braccio. Liam era in ritardo e Niall era seduto su uno sgabello ed aveva sicuramente la testa tra le nuvole.
Erano le nove di mattina, Violet era al lavoro e non doveva assolutamente sapere di questo incontro, riunione o come voi preferiate chiamarla.
Il campanello suonò, Selene emise un grido di gioia e Noah sorrise a sua figlia prima di andare ad aprire a Liam che, inaspettatamente, era seguito da Gemma Styles.
“Bene, ci siamo tutti.” – disse Noah –
“Come mai questo incontro?” – domandò Liam –
“Allora, intanto vorrei dire che ho chiamato anche Niall, che nell’ultimo periodo è stato comunque molto vicino a Violet.”
Niall alzò lo sguardo e incrociò quello di Liam, capì al volo che era il fratello di Violet perché si somigliavano davvero tanto e sorrise anche alla ragazza di fianco, che aveva una certa somiglianza con Edward, ma lasciò perdere stringendo la mano al moro.
“Allora vi ho chiamato, perché sono sicura che Violet vi abbia parlato di Harry e delle sue visioni”
“Quali visioni?” – intervenne Liam, non capendo –
Noah sospirò e guarda prima Niall e poi Gemma che non era riuscita a capire bene il discorso.
“Violet riesce a vedere Harry.” – spiegò Niall –
“Cosa? – domandò Liam – è impossibile, insomma lui..”
“Lui è morto” – concluse Gemma –
“Sentite, so che può essere incredibile o surreale ma qualche anno fa, prima che lei iniziasse a vederlo, sono stata da una psicologa e lei mi ha spiegato che è una reazione normale. È l’ultima fase che avviene per superare il trauma, l’ultima fase porta la sua testa ad immaginarselo e poi sparirà per sempre”
“Noah ma che stai dicendo?” – domandò Liam non capendo –
“Sto spiegando quello che sta accadendo a tua sorella.” – disse lei, secca –
“Mia sorella sta bene, queste cazzate del vede Harry e altro ve le state solo inventando.”
“Liam tua sorella mi ha detto di vedere Harry, non me lo sono inventata.” – ribatté Noah, stizzita –
“A me l’ha detto ieri sera e beh – sospirò il biondo – stanotte ho dormito da lei e l’ho vista parlare da sola.”
“Harry è qualcosa di immaginario che solo lei può vedere, lo ha impresso nella mente e ci resterà fino a tempo debito, fino a quanto non riuscirà ad affrontare a pieno il trauma e lasciarselo alle spalle. – spiegò la bionda – è una cosa che accade quasi sempre quanto succedono queste cose, prima o poi avvengono.”
Liam sospirò e si sentì come tradito, perché tutti in quella stanza sapevano di cosa stava accadendo a sua sorella e lui era stato messo da parte e da Violet non se lo sarebbe mai aspettato
“Pensate sia necessaria una psicologa?” – domandò –
“Non lo so – ammise Niall – secondo me se noi le stiamo accanto, lei può farcela senza psicologi e robe varie.”
“E poi insomma – iniziò Liam – tutta questa storia di raccontare ad Edward la verità sulla morte di suo padre non è stata semplice”
“Cosa?” – domandò allora Noah
“Due giorni fa è stata al cimitero con Edward e lui ha voluto sapere come  morto Harry e tutto i resto.”
Noah si morse le labbra e adesso era lei a sentirsi fuori dal mondo e era delusa dal comportamento di Violet.
“Forse una sera dovremmo uscire a cena e parlare tutti insieme.” – disse Gemma –
“Credo che abbia ragione.” – le diede ragione Niall –
“Allora facciamolo, domani sera usciamo a cena e parliamone.” – confermò Liam –
“ A me va bene.” – disse Zayn –
Harry sospirò scendendo dalla penisola della cucina con un biscotto in mano, non era d’accordo con quello che si erano detti, la sua Violet non era pazza, la sua Violet non attraversava nessun trauma e davvero parlava con lui. Scosse la testa e da buon angelo qual’era si disse che doveva parlare con Violet per preparala ad ogni eventualità.


 
Buonasera.
mi è venuta l'ispirazione questo pomeriggio e dopo aver studiato ho deciso di buttare subito giù quello che avevo in mente per questo capitolo e ho deciso anche di pubblicarlo subito senza tanti ripensamenti.
Come vedete ho deciso di far rientrare Harry e di rendere le sue apparizioni un po' più simpatiche mentre nella seconda parte come avrete notato viene a galla quello che Violet ha tenuto nascosto prima a suo fratello e poi alla sua migliore amica, e beh, vedremo come andrà questa fatidica cena, perchè infondo l'unico a cui ha raccontato tutto è Niall.
lascio a voi i commenti e vi auguro anche se un po' in ritardo un buon anno.
vi lascio i miei contatti ed Harry.
baci, sam.


 


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Capitolo 13
*** Tredicesimo Capitolo. ***



 
Tredicesimo Capitolo.
 
 
Era un venerdì sera quando Violet si fissò allo specchio della sua camera storcendo la bocca.
“Secondo me il nero ti sta meglio” – disse una voce alle sue spalle –
La mora sussultò spaventata: “Puoi avvertire quando appari? – disse seccata – diamine Harry non ci sono ancora abituata.”
“Scusa” – sorrise per poi sedersi più comodamente sul loro letto –
Violet si voltò e rimase immobile a contemplarlo per qualche minuto. Harry arrivava al’improvviso ovunque lei fosse e si metteva a parlare come se fosse una persona normale.  Camminava con lei per le strade trafficate di New York, si sedeva sulla sedia davanti la sua scrivania in ufficio, stava seduto sul divano accanto a lei mentre guardava la televisione e ormai sembrava che lui fosse tornato a far parte della sua vita.
“Questo come va?” – domandò Violet voltandosi verso di lui con il tubino nero –
“Sei stupenda.”
La ragazza sorrise abbassandosi nella sua cabina armadio per prendere un paio di scarpe da abbinarci quando la porta si aprì di scatto e: “Mamma dove hai messo il mio maglione blu?”
Si alzò di scatto e vide Harry seduto sul letto irrigidirsi di colpo. Era strano come lui fosse sempre con lei, tranne quando stava con Edward. Era come se lui avesse qualcosa che lo tenesse lontano da suo figlio e questo un po’ a Violet dispiaceva anche se non l’aveva mai detto. Harry era rimasto immobile, i suoi occhi puntati in quelli del bambino che comunque non poteva vederlo mentre lo scrutava attentamente. Violet si riscosse dai suoi pensieri e: “Vieni, deve essere ancora a lavare, mettine un’altra.”
Fece uscire Edward dalla stanza e poi si voltò verso Harry scusandosi con lo sguardo. Passarono pochi minuti prima che desse un maglione a suo figlio e poi rientrasse in camera: il riccio era ancora immobile sul letto con lo sguardo perso nel vuoto.
“Io – iniziò la mora – mi dispiac…”
“Quanto è bello” – la interruppe Harry –
Violet sorrise: “Assomiglia a suo papà”
Fu Harry ad alzarsi e avvicinarsi, rimase davanti a lei per qualche attimo e poi si sporse per abbracciarla e quando i suoi ricci si scontrarono col collo di Violet fu lei a sussultare e cadere tra le sue braccia beandosi di quel profumo che le era tanto mancato.
“Perché non ci sei mai quando sono con nostro figlio?” – domandò  -
Il riccio si staccò, chiuse gli occhi e si soffermò a fissare una foto che li ritraeva negli anni passati: “Non ce la faccio” – mormorò soltanto –
“Harry è tuo figlio, è la cosa più bella che due persone  che si amano possono fare”
Harry rimase in silenzio ma si sentì morire, si sentì morire perché la vita faceva schifo, si sentì morire perché lui ci aveva provato, eccome se ci aveva provato ma non aveva avuto la forza, lui ci aveva davvero provato a stare lì con suo figlio ma ogni volta gli era mancata l’aria ed era dovuto scappare.
“Fa così male sapere che lui è qui, che voi siete qui, ed io non ci sono – sospirò – che io sono lontano e non posso fare quello che ogni padre dovrebbe fare, non posso fare niente di quello che vorrei fare e fa schifo, fa terribilmente schifo e male. ”
E Violet restò in silenzio e ci furono lacrime amare e quel bacio che valeva più di mille parole.
 
 
La tavola tonda mostrava al centro una composizione di rose bianche accompagnate da gerbere arancioni, Violet le aveva fissate tutta la sera e non aveva ancora aperto bocca se non per le cose basilari e per ordinare da mangiare, che poi aveva comunque mangiato davvero poco. Noah era seduta alla sua destra e ogni tanto le lanciava occhiate strane, mentre alla sua sinistra c’era Niall che anche se nessuno se n’era accorto le aveva tenuto la mano tutta la sera. Liam era di fronte, lo sguardo cupo e solo qualche raro sorriso a Gemma seduta accanto a lui. Edward cercava di giocare e tenere occupata Selene mentre Zayn osservava la situazione in silenzio.
“Come mai questa cena?” – domandò Violet guardando tutti i presenti attentamente –
Nessuno parlò e fu Noah ad intervenire: “Credo che tu debba dirci qualcosa, soprattutto a me e a tuo fratello.”
Violet ridusse gli occhi a due fessure non capendo bene la situazione e quando sentì le dita di Niall intrecciarsi alle sue rabbrividì.
“Perché non mi hai detto delle visioni?”
“Cosa?”
“Violet perché?”
“Perché non mi hai detto di aver parlato con tuo figlio di Harry?”
Edward alzò di scatto lo sguardo quando sentì il nome di suo padre pronunciato dalla bionda. Violet lo fissò e diamine le veniva da piangere ma non poteva mostrarsi così debole davanti a suo figlio.
“Edward vieni a fare un gioco con me e Selene?” – intervenne Zayn alzandosi e prendendo in braccio sua figlia –
Il bambino annuì e Violet non staccò gli occhi da suo figlio fino a quando non lo vide scomparire nell’altra stanza.
“Violet credo sia il momento che tu dica tutta la verità.”
“Cosa dovrei dirvi?” – domandò seccata –
“Tu vedi Harry Violet, vedi una persona morta!” – esclamò Liam –
“Tu non… - balbettò – tu non capisci.”
“No, tu non capisci – disse – ma sei impazzita? Sai quale ripercussioni puoi avere su Ed?”
Violet rimase in silenzio e alzò gli occhi al cielo provando in ogni modo a ricacciare indietro le lacrime.
“Violet sono la tua migliore amica e non mi hai mai detto niente del fatto che tu volessi parlare a tuo figlio! – disse quasi arrabbiata – e cazzo, ci sono sempre stata per te!”
“Non sono obbligata dirvi quello che accade nella mia vita, se non ve ne foste accorti sono grande ormai.”
“Violet sono passati dodici anni, sono dodici anni che è morto, falla finita!” – alzò il tono Liam –
Violet lo fissò e sentì gli occhi farsi lucidi, faceva così terribilmente male e quando si rese conto che Harry era dietro suo fratello immobile che la fissava sentì il cuore spezzarsi.
“Violet credo che tu abbia bisogno di una psicologa, qualcuno che ti aiuti.”
Ed Harry si sentiva in colpa, perché non aveva avuto il coraggio di parlare con Violet e di dirle cosa stava davvero accadendo e adesso, che stava lì, seduto al posto di Zayn ad osservare la scena sentiva il cuore battergli all’impazzata e il dolore impossessarsi di lui quando la sua  Violet aveva iniziato a piangere.
“Noah ha ragione – disse secco Liam – hai bisogno di una persona che ti aiuti psicologicamente.”
Violet sospirò prima di alzarsi di scatto e gettare il tovagliolo sul tavolo, staccò la sua mano da quella di Niall e poi guardò prima Noah e poi Liam: “Ma cosa diamine ne volete sapere voi eh? Come vi permettete di parlare e giudicare quando non sapete niente? – singhiozzo attirando l’attenzione di alcuni tavoli vicini – Siete tutti qui pronti a parlare e a dire le solite cazzate ‘ io ci sono’, ‘per ogni cosa chiama’ ma voi non avete capito un cazzo. Non avete idea di cosa voglia dire perdere la persona ch si ama all’improvviso, senza nemmeno rendersene conto. Non avete idea di cosa voglia dire vederlo morire sotto i propri occhi. Non avete idea di come mi senta in colpa perché Harry stava male ed io non ho fatto niente per salvarlo, io sono stata immobile davanti all’evidenza ed ogni giorno mi ripeto che al posto suo dovevo esserci io – respirò a pieni polmoni lasciando che le lacrime le bagnassero le guance – voi non sapete come ci si sente quando si scopre di aspettare un bambino e ci si rende conto di essere soli, ci si rende conto che tuo figlio non avrà la vita che merita o il padre che merita. Voi sete tutti pronti a parlare ma mai a capire. E sapete cosa? – rise amara – sì, vedo Harry, lo vedo e adesso è seduto al posto di Zayn – disse facendo voltare tutti nella postazione indicata dalla mora – e vi guarda, vi guarda tutti e gli fate pena perché avete un comportamento così ridicolo – l’ennesimo singhiozzo e l’ennesima pugnalata al cuore – e fa male, sapete perché fa male? Perché tu sei mio fratello Liam e tu sei la mia migliore amica e vi siete permessi di fare questi discorsi assurdi! Voi siete tutto quello che mi rimane e mi attaccate senza riflettere sul male che potreste causare – scosse la testa – e un’ultima cosa, Harry in questo posto di merda è l’unica persona che mi sorregge e che mi fa andare avanti.” – concluse prima di afferrare le sue cose e sparire dalla sala.-
Noah e Liam rimasero in silenzio e forse per la prima volta si sentirono in colpa, si sentirono male perché volevano davvero bene a Violet non pensavano che questa cena potesse causare tutta questa confusione. Si sentirono in colpa perché le parole della mora erano state dure, ma vere e loro non ci avevo mai pensato quanto poteva essere difficile convivere con quel dolore. Gemma strinse la mano di Liam per dargli un po’ di forza mentre Noah bevve un bicchiere di vino per riprendersi da quella che era stata probabilmente la serata più brutta degli ultimi anni. Era calato il totale silenzio al tavolo e l’unico rumore fu quello di Niall che fece strusciare la sedia sul pavimento, prima di alzarsi e raggiungere Violet fuori dal ristorante. Si guardò intorno appena l’aria fredda di inizio dicembre lo colpì nel viso e quando la vide seduta sulla panchina del giardino del locale si avvicinò e si sedette accanto: “Mi dispiace così tanto, io non credevo che fosse una cosa del genere, non credevo che…”
“Ti prego abbracciami.” – sussurrò appena prima ce i singhiozzi riprendessero il sopravvento –
“Violet sono qui, te lo giuro sono qui e non ti lascio andare, per nessuna ragione.”
Solo dopo dieci minuti buoni la mora alzò il viso e guardò Niall dritto negli occhi, sorrise asciugandosi qualche lacrima ed ebbe il desiderio di baciarlo di nuovo, come era accaduto qualche sera prima. Harry in piedi, accanto all’albero le sorrise annuendo come per darle la conferma anche se faceva terribilmente male vederla tra le braccia di un altro e lei si sporse di colpo annullando ogni distanza, perché Niall era l’unica cosa di cui aveva bisogno.
 
 


 
 
Buon sabato pomeriggio a tutte!
ho aggiornato perchè avevo scritto questo capitolo ormai da un po' ed ero troppo curiosa di vedere cosa voi ne avreste pensato.
come vedete nella prima parte troviamo Harry e Violet (sì, ultimamente ci sono spesso) e vediamo anche Harry parecchio restìo per suo figlio: diciamo che per lui è molto difficile accettare il fatto di non poter fare il padre e di conseguenza molto difficile passare del tempo con lui quando Edward non può nè toccarlo, nè vederlo, nè sentirlo.
Ma quella che in assoluto preferisco è la seconda parte dove c'è un po' una "rivoluzione".
Come avevate letto nel capitolo precedente c'era stata questa "riunione" tra Niall, Liam, Gemma, Noah e Zayn e  avevo deciso di fare questo incontro, ovvero una cena per paralre con Violet: questa cena è avvenuta e beh non è stata molto positiva come avete visto, sopratutto perchè questo comportamento ha fatto parecchio dispiacere Violet.
In ogni caso non mi soffermo ulteriormente e lascio a voi i commenti.
vi auguro un buon weekend e spero che il capitolo sia davvero di vostro gradimento.
vi lascio con Violet e con i miei contatti.
a presto, sam.


 


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Capitolo 14
*** Quattordicesimo Capitolo. ***




Quattordicesimo Capitolo.
 
 
Erano passate appena due settimane dalla fatidica cena e Violet non si era ancora ripresa. Il suo cellulare aveva suonato ininterrottamente per giorni e lei no aveva mai risposto. Liam era venuto solo una mattina mentre lei era al  lavoro e si era  preso le sue cose sparendo dalla circolazione, da quello che sapeva era andato a stare da Gemma, almeno per un po’. A Violet dispiaceva, a Violet faceva tanto male sentire il fratello così lontano ma non poteva fare altrimenti. Era convinta che le scuse non bastassero a chiudere quella ferita e lo stesso valeva per la sua migliore amica Noah, che sì, le mancava tantissimo, ma che sicuramente non era pronta a perdonare.
Stasera per lei non era un sabato qualunque, ma un sabato speciale: Niall sarebbe andato a cena da lei e avrebbe conosciuto ufficialmente Edward, visto che al ristorante non ce n’era stato modo.
“Harry risparmiati perché so già che sei alle mie spalle.” – disse secca la mora voltandosi –
“Uhm, perspicace.” – ammise lui prima di scoppiare a ridere –
Violet si voltò sorridendo: “E se sei qui per farmi la predica su Noah e Liam, puoi anche andartene.”
“Sei arrabbiata?”
“Delusa – mormorò – delusa è il termine giusto.”
“Io penso che comunque non l’abbiano fatto con cattiveria e che comunque ti vogliono bene.”
“Mi hanno dato della pazza e pensano che sia necessario che vada da uno psicologo.”
“Violet io…”
“Tu niente Harry, tu niente – sorrise appena - va bene così.”
Il riccio si avvicinò e la strinse in un abbraccio perché la conosceva Violet e lo sapeva che niente andava bene, lo sapeva che era rimasta delusa da quello che suo fratello Liam e la sua migliore amica Noah le avevano fatto e la conosceva, la conosceva bene e sapeva che le ci voleva tempo per metabolizzare le cose, per farsele passare.
“Che prepari di buono?” – domandò allora Harry staccandosi –
“Niall mi ha detto che ama il cibo italiano e  visto che mia madre lo è mi ha insegnato tante cose e quindi ho optato per pasta e vari stuzzichini italiani.”
“A me non cucinavi mai Italiano.” – ammise offeso –
Violet boccheggiò e poi scoppiò ridere: “Questo non è vero!”
Harry sbuffò, prese una fetta di pane a la mangiò sorridendo: “Ottimo lavoro tesoro.” – commenta poi –.
Passarono pochi secondi di silenzio prima che Edward arrivasse in cucina. Violet guardò prima il figlio e poi Harry e si sentì a disagio, perché sapeva cosa lui provasse ma quando lo vide immobile a sorridergli si tranquillizzò di colpo. Ci voleva tempo, ci voleva tempo prima che le cose tornassero alla normalità.
“Mamma posso chiederti una cosa?”
“Sì, certo, dimmi.”
“Questo Niall, ti rende felice?” – domandò Edward incerto –
Harry sorrise per suo figlio, che seppur piccolo riusciva già a capire la situazione.
“Sì – disse Violet - sì, Niall mi rende felice.”
“Ed è bravo come lo era papà?”
A Violet mancò per un attimo il fiato e poi sorrise appena: “Sì, è bravo come lo era papà.”
“E – sospirò – ultima cosa, ti rende felice come lo faceva papà?”
Alzò lo sguardo verso il riccio che era rimasto immobile e scosse la testa ridendo, suo figlio era più furbo ed intelligente di quanto pensasse.
“Mi rende felice come faceva papà, ma voglio che renda felice anche te, okay? – domandò – quindi se stasera non ti piacerà, o non ti starà simpatico, o qualunque altra cosa voglio che tu prima di dormire me lo dica. Ed, io e te siamo una squadra e finché non stiamo bene entrambi, non va bene.”
“Va bene mamma, ma sono sicuro che se è simpatico come dici, lo sarà anche per me.”
Violet sorrise prima di guardare Harry. Niall era quello giusto per lei e lo sapeva, aveva paura, una paura tremenda ma lo sapeva, e sapeva che sarebbe stato giusto che per Edward.
 
 
Liam si sedette sul divano e si massaggio le tempie stanco. Non parlava con Violet da due settimane e si sentiva così in colpa che non riusciva nemmeno la  dormirci la notte. L’aveva chiamata, eccome se l’aveva chiamata ma lei non aveva mai risposto e lui allora non aveva nemmeno tentato di andare a casa sua, perché sapeva che non era il momento, perché nonostante tutto sua sorella la conosceva.
Aveva preso le sue cose e si era trasferito momentaneamente da Gemma, perché con Gemma infondo stava bene.
“Non è stato molto carico trattare così Violet, lo sai vero?”
Una voce lo fece sussultare di scatto, appoggiò la lattina di Coca Cola sul pavimento e si guardò intorno.
“E lo so che non mi vedi, ma riesci a sentirmi – ammise la voce – e beh, devo ammetterlo, mi diverto abbastanza a giocare a nascondino.”
“Chi diavolo sei? – sbottò Liam – non è divertente e soprattutto non è il momento.”
“Ehi ehi, sentitelo - rise la voce – non trattarmi male che potresti pentirtene.”
“Dimmi chi sei o chiamo la polizia.”
Il ragazzo che parlava fece pochi passi e in un batter d’occhio si ritrovò al centro del salotto, le mani in tasca mentre lo sguardo vagava per la stanza.
“Ciao Liam” – disse Harry –
Il diretto interessato chiuse gli occhi a due fessure: “Oddio no, sto solo delirando.”
Harry alzò gli occhi al cielo seccato: “Sto delirando, non è possibile, tu sei morto e bla bla bla, quando ti riprendi fammi un fischio e parliamo.”
Liam aprì bocca e la richiuse subito dopo, le opzioni erano due: o lui stava davvero delirando o sua sorella aveva ragione. La seconda scelta risultava davvero disastrosa e davvero lui non aveva idea di come comportarsi.
“Andiamo, non posso vedere una persona morta.”
“In paradiso accade di tutto – commentò Harry sorridendo – in ogni caso se ti sei abbastanza ripreso parliamo.”
Liam annuì poco convinto, poi si ritrasse di poco e fissò Harry dritto negli occhi.
“Perché hai trattato Violet così? – domandò il riccio scuotendo la testa – ti sembra che dopo tutto si meriti un comportamento del genere? Liam è tua sorella, e sì, magari sarà pure pazza perché mi vede, e posso confermare che non lo è perché sono qui per un particolare motivo, ma non devi darle contro, devi supportarla e starle accanto come merita. Liam io amo Violet alla follia e pagherei l’oro del mondo per tornare qui e stare con lei e con mio figlio ma non posso, la vita è stata talmente ingiusta da portarmi via da quello che più amavo e conto su di voi, per Violet, conto su di voi per la donna che amo.”
Liam deglutì e sentì gli occhi farsi improvvisamente lucidi, Harry aveva ragione e lui non aveva parole per dire o per spiegare quanto gli dispiacesse.
“Ho fatto un casino, lo so – ammise – è che io, io sono rimasto così deluso dal fatto che non si sia confidata con me, ma con Niall e lui è un perfetto sconosciuto in confronto.”
“Liam lei si aggrappa ad ogni persona perché non ne ha a sufficienza accanto, Niall non è arrivato per caso, Niall è qui per un motivo come me.”
“Come scusa?”
“Io ho fatto arrivare Niall a New York, io l’ho fatto licenziare dal suo lavoro di barista irlandese e io ho invitato Louis ad assumere un nuovo dipendente, io ho spedito Niall qui e sempre io ho fatto il colloquio e l’ho fatto assumere.”
“Oh mio dio, credo di sentirmi male.”
“Che vuoi che ti dica, in paradiso mi annoiavo.”– sorrise alzando le spalle –
“Tu stai comandando tutti noi?” – domandò quasi spaventato Liam –
“Oh no – sorrise – in questi dodici anni vi ho osservato tutti, in particolare Violet e mio figlio, e ho visto come lei ha lottato da sola, come si è costruita una vita da sola. Poi ho capito che lei non deve stare sola, che lei deve aver una persona accanto che la ami e che la renda felice per il resto della vita, ha bisogno di un uomo che faccia da padre ad Edward e che faccia tutto quello che io non potrò mai fare – abbassò lo sguardo – mi sono messo a cercare ed ho trovato Niall, l’ho osservato per almeno tre anni ed ho capito che era quello giusto ed ho fatto in modo che si combinassero le cose.”
“Devo scusarmi con mia sorella, devo farlo ora.” – disse deciso Liam alzandosi –
“No! – esclamò Harry – stasera Niall è a cena da lei, conoscerà mio figlio. Vai domani da lei e parlaci, digli che ti sei sentito messo da parte e che comunque non te l’aspettavi e lei capirà, io ne sono sicuro.”
“Grazie Harry – accennò Liam – posso abbracciarti?” – domandò impacciato. –
“Puoi vedermi, ma non puoi toccarmi – spiegò il riccio – solo Violet può farlo.”
Liam sorrise ed Harry si alzò di scatto, doveva fare un bel discorsetto anche a Noah e non c’era davvero da perdere tempo. Salutò il suo amico e poi sparì nella luce fioca di quella fredda sera prima di riposarsi un po’ per poi riprendere il suo lavoro, e doveva ammettere che lo stava facendo davvero bene.

 


Buonasera a tutte, mi scuso per l'immenso ritardo, ma ho passato una settimana piena di impegni e l'ispirazione era andta a farsi fottere, inoltre ieri ho avuto dei problemi con internet e poche ore fa con questo editor, ma finalmente ce l'ho fatta ad aggiornare.
Vado abbastanza di fretta quindi non mi dilungherò, lascio a voi i commenti e spero davvero che vi piaccia, anche perchè non manca poi tantissimo alla fine.
Baci a tutte, sam.

 

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Capitolo 15
*** Quindicesimo Capitolo. ***



 
Quindicesimo Capitolo.
 
 
“Ti piace Fifa?” – domandò Niall seduto sul divano –
“Sono un campione di Fifa!” – ammise Edward fiero delle sue capacità –
“Ahh – borbottò Niall – non ci credo, non mi batterai mai.”
“Questo lo dici tu! – urlò quasi – io batto sempre lo zio Liam e anche mamma – spiegò veloce – anche se mamma infondo è un po’ una schiappa!”
“Ed ti sento!” – esclamò Violet dalla cucina –
Niall scoppiò a ridere e fissò il bambino seduto accanto a lui: okay, allora facciamo che se vinco io domani ti porto al museo di storia naturale mentre se vinci tu andiamo al parco giochi.”
Edward annuì convinto: “Ci vediamo al parco giochi” – disse serio prendendo a giocare –
Violet sorrise scuotendo la testa e finendo di sistemare le stoviglie al proprio posto. Erano le dieci di sera e la cena era finita da un’oretta buona. Avevano mangiato tutto cibo italiano e Niall aveva molto appezzato, avevano parlato di tutto, del lavoro, degli hobby e anche del passato e Violet per la prima volta non si era sentita a disagio. Lei era felice con Niall, lei stava bene con lui e le sembrava così assurdo aver trovato qualcuno di così perfetto e speciale dopo Harry che a volte nemmeno lei ci credeva davvero.
Era felice perché aveva visto come il biondo aveva guardato Edward, aveva visto come lo aveva trattato e come ci aveva parlato e le era parso che fosse stato suo padre da tutta la vita e questo per lei era forse il punto più fondamentale perché prima di tutto veniva la felicità di Edward e poi la sua.
Sentì due mani posarsi sui suoi fianchi e delle labbra sul suo collo e sorrise perché aveva già capito di chi fossero.
“Tuo figlio mi ha appena battuto a Fifa – disse serio – adesso devo mantenere la promessa”
Violet rise di gusto: “Regola numero uno: mai sfidare mio figlio a Fifa, mai.”
Il ragazzo sorrise facendo maggior pressione con le mani sui fianchi di Violet e spostando le labbra appena dietro l’orecchio: “Sono le undici e mezza di sera, che facciamo?”
“Edward è andato a letto?”
“Si.”
“Niall?
“Mh?”
“Grazie”
“E di cosa?”
“Di tutto.”
Violet si voltò e lo baciò di sorpresa, quasi con trasporto e Niall sorrise sulle sue labbra perché gli aveva regalato una serata bellissima che non riusciva nemmeno a descrivere.
“Grazie lo devo dire io, per questa serata fantastica.”
“Edward ti adora”
“E io adoro voi: siete così legati, così vicini, avete un rapporto stupendo e forse mi dispiace essere entrato così ed avervi in qualche modo allontanato.”
“Non hai allontanato nessuno, smettila di dire queste cose assurde”
“Violet?”
“Si?”
“Se ti dicessi che mi sono innamorato sarebbe troppo affrettato?”
“E se ti dicessi che anch’io mi sono innamorata?”
Niall sorrise e solo per un attimo aveva pensato che lei sue parole fossero state sbagliate, aveva pensato che tutto quello era solo una cosa troppo grande persino per lui.
“Dormi qui?” – domandò poi la mora –
Niall annuì prima di baciarla di nuovo e portarla in camera.
 
 
 
Noah sospirò stanca quando finalmente Selene si era addormentata ne suo letto. Scese in cucina per prendere un semplice bicchiere d’acqua e solo quando accese la luce si rese conto di non essere sola.
“Harry che diavol... – si bloccò di scatto – Harry?” – domandò poi scioccata –
“Esatto, proprio Harry in carne ed ossa o più o meno, qualcosa del genere.” – rispose grattandosi la nuca –
“Perché tu sei qui?”
“Devo parlarti.”
“E perché io ti vedo?”
Harry alzò le spalle: “Ascoltami Noah, credo che tu debba riflettere un po’ su come hai trattato Violet qualche sera fa…”
“Sei qui per la ramanzina?”
“Sono qui per aprirti gli occhi, diamine Noah sei la sua migliore amica!”
“Non mi ha detto che voleva raccontare tutto a suo figlio!” – esclamò questa –
“Perché non ve ne accorgete?”
Noah aprì la bocca per ribattere e poi la richiuse non riuscendo a capire il ragazzo.
“Perché non vi accorgete che ha paura? Che è sola, che nonostante tutti voi gli stiate vicini lei è sola e ha una paura tremenda di tutto, .”
“Io non…”
“Tu non ne avevi idea e bla bla bla – commento Harry – domani vai da lei e parlaci, scusati e probabilmente lei stessa si scuserò per averti tenute nascoste determinate cose, ma per favore non abbandonare anche tu Violet, lei ha bisogno di te.”
“Non lo farò – disse sincera – te lo prometto.”
Harry sorrise rincuorato mettendosi improvvisamente in piedi: “Bene, credo di aver terminato.”
“Allora è vero che Violet riesce a vederti e parlarti.”
“Solo che sembra così assurdo parlare con un morto, vero? – domandò retorico – vi osservo tutti da dodici anni.”
“Hai mandato tu Niall, vero?”
“Ho solo fatto coincidere un po’ di cose.”
Noah sorrise prima di avvicinarsi al riccio e stringerlo in un abbraccio: “Grazie per aver protetto Violet in questi anni, grazie per averla tenuta al sicuro.”
“Mi ha fatto solo piacere.”
Noah sorrise prima di baciargli una guancia e lasciarlo sparire tra la luce fioca del lampadario e il buio della notte fredda di New York.


 
Buona domenica a tutte!
so di essere un po' - parecchio - in ritardo, ma giuro che ho avuto tantissimo da fare e mi ero un po' bloccata su questa storia, ad ogni modo credo che come ben vedete le cose si stiano finalmente sistemando e che comunque la storia sta giungendo al termine.
Sinceramente non ho calcolato quando manchi alla fine, ma penso davvero poco quindi preparatevi al più presto ad un epilogo.
ringrazio di cuore tutte quelle che seguono questa storia, che la recensiscono e che mi hanno sempre supportata, per me siete stupende e ringraziarvi infinitamente sarà sempre poco.
credo di aver detto tutto, quindi lascio a voi i commenti e vi mando tantissimi baci,
sam.

 

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Capitolo 16
*** Sedicesimo Capitolo. ***



 
Sedicesimo Capitolo.
 
 
Quando Liam e Noah si sono presentati a casa sua Violet ha avuto la tentazione di sbattere la porta in faccia ad entrambi e tornarsene a dormire perché lei le cose non riesce a dimenticarle così facilmente e quando qualcuno la fa stare male lei prima di perdonare ci pensa su sempre due volte – o forse dieci -.
Noah aveva i capelli biondi raccolti in una lunga coda che le ricadeva sulla spalla, i jeans sempre stretti alle gambe snelle e il cappotto bianco che le copriva la camicetta nera sotto.
Liam era come sempre con la i suoi jeans un po’ troppo larghi per i gusti di Violet, la camicia blu notte abbinata e il capelli tenuti fermi dal gel.
E davvero ha voluto mandarli al diavolo ma la verità è che sono passate quasi due ore e loro sono ancora tutti e tre seduti sul suo divano in salotto. Edward dorme ancora – grazie a Dio – e Violet ha offerto loro un caffè caldo prima di parlare e comunque confrontarsi. E hanno parlato, si sono pure chiariti e Violet ha pure sorriso ma davvero qualcosa non la fa stare tranquilla e spensierata.
“Quindi ieri sera Niall era a cena da te?” – domandò Noah interessata, come sempre. –
La mora annuì: “Ha conosciuto Edward” – mormorò poi –
“Edward adora Niall – intervenne Liam – me l’ha detto quando siamo usciti l’ultima volta.”
Violet sorrise: “Ha bisogno di qualcuno che comunque sia come suo padre.”
Entrambi annuirono convinti e poi fu Liam ad intervenire di nuovo: “Sono contento che abbiamo chiarito e che siamo tornati come prima.”
Violet sorrise forzatamente e avrebbe voluto urlare ad entrambi che non era passato nulla e che faceva ancora male, troppo male, ma rimase in silenzio perché davvero non ne aveva la forza.
“Io devo entrare al lavoro, quindi se non vi dispiace andrei…”
Violet si alzò di scatto e ringraziò mentalmente Dio perché stava per esplodere, lo sentiva.
“Si certo, va pure.” – disse sorridente –
Noah si avvicinò per abbracciarla ma Violet fece un passo indietro incerta: “Vado a svegliare Ed o arriveremo tardi al pranzo con Niall – disse – ci vediamo.” – la liquidò prima di sparire al piano superiore –
E Noah l’aveva capito che niente era risolto, perché la conosceva la sua migliore amica e non le passava così facilmente nemmeno una stupida discussione per dove cenare. L’aveva capito quando dopo tutti quei discorsi lei aveva semplicemente annuito e non aveva aggiunto altro e Violet aggiungeva sempre altro. Liam guardò la bionda negli occhi e scosse la testa: “Ci vorrà più del previsto vero?” – domandò preoccupato –
“Consoci tua sorella, non le passa niente con due parole e questa volta l’abbiamo fatta grossa.”
E Liam lo sa anche troppo bene com’è fatta sua sorella, ma pensava che per questa volta, per questa benedetta occasione avesse messo da parte tutto e avesse capito anche loro.
“Credevo fosse diverso” – commentò –
Noah alzò semplicemente le spalle prima di sparire nel corridoio seguita da Liam, per Violet niente era diverso, soprattutto dopo che dodici anni prima aveva perso Harry.
 
 
Niall fece due passi entrando nel cimitero, poi si voltò e scosse la testa: no, non era il caso. Uscì e svoltò l’angolo prima di tornare indietro e superare di nuovo il cancello: non era il caso, ma doveva farlo.
Percorse il vialetto di destra e quando arrivò davanti alla tomba deglutì.
Harry Edward Styles. 01/02/1982 – 11/09/2001. 
Vittima dell’attentano alle Torri Gemelle.
“So che sei qui.” – borbottò –
Un fruscio ruppe il silenzio e un anziano signore camminò dietro di lui tenendo stretto tra le mani un mazzo di rose rosse.
“Devo parlarti, per favore.” – insistette il biondo –
Harry fece due passi e si sedette davanti a lui, sull’erba fredda di Dicembre: “Sono qui, dimmi.”
Niall abbassò lo sguardo e lo osservò per qualche istante: “Sei stato tu, vero?”
Harry sorrise: “A mettere dei fiori decenti qui? – domandò indicando la tomba accanto – sì sono stato io, questa ragazza meritava dei bei fiori.”
“Non intendevo questo.” – disse secco Niall –
“Oh, allora dici a tagliare l’erba? – domandò – sì, ho fatto anche quello.”
“La smetti di giocare e parli seriamente?”
Harry sorrise alzandosi in piedi e parandosi davanti a lui: “Sono stato io a fare cosa?”
“A farmi licenziare, a farmi tradire dalla mia ragazza, a farmi fare questo colloquio qui, a farmi trovare così velocemente l’appartamento – disse senza nemmeno prendere fiato – sei stato tu a sconvolgermi la vita?”
Harry sospirò annuendo: “Non volevo farti del male.”
Niall si voltò seccato: “Lo sapevo, diamine lo sapevo! – esclamò seccato – lo sapevo da quando Violet mi ha detto che riusciva a vederti!”
Il riccio rimase in silenzio, non sapendo come reagire e fu Niall a guardarlo dritto negli occhi: “TI sei divertito a rovinarmi al vita eh?”
“Cosa? – urlò quasi Harry – “Non ti ho mai voluto fare del male.”
“Hai fatto in modo che Madelaine mi tradisse e tu lo sapevi quando io l’amassi.”
“Lei non ti amava davvero!”
“Cosa ne sai tu della mia vita? – urlò – cosa ne sai di quanto mi amasse o di quanto io la amassi?”
Harry rise prima di guardarlo dritto negli occhi: “Perché prima di rovinarti la vita come dici tu ti ho osservato per undici anni.”
Niall stava già per ribattere ma gli mancarono le parole per dire qualunque cosa.
“Madelaine non ti amava, e io non l’ho spinta a fare nulla, e tu sai più che bene che se quella sera lei avesse tenuto davvero a te non avrebbe fatto quello che ha fatto, quindi piantala di darmi colpe, perché io in questo non centro nulla.”
“Ho passato l’ultimo anno a chiedermi cosa avessi sbagliato con lei o cosa avessi sbagliato sul lavoro e c’eri solo tu dietro a tutto questo casino.”
“Se ti ho scelto un motivo c’è, non credi?”
“Non mettere in mezzo a questa storia Violet.”
“Sei tutto quello di cui Violet ha bisogno, sei un ragazzo dolce, gentile, romantico e sai difenderla quando serve, sai come trattarla, come farla sentire bene. E oltre a questo sei il padre giusto per mio figlio, come vi divertite insieme voi due? Come scherza con te? O come semplicemente lo fai ridere? – dice secco, con le parole tremolanti perché sta per finire tutto – tenerlo vicino a me in questi mesi è stato il dono più bello che potessi ricevere e io non potrò mai fare quello che invece tu puoi fare con solo pochi passi, allora io posso essere stato stronzo, posso anche averti rovinato la vita e allora ti chiedo anche scusa, ma fidati che ho imparato ad osservare la gente in questi dodici anni e ho capito chi ama e chi non, e Madelaine non ti amava come tu amavi lei, e tu odiavi quel lavoro anche se facevi credere a tutti il contrario.”
Niall abbassò lo sguardo e rimase in silenzio perché Harry aveva ragione e non c’era motivo di negare: “Te ne stai per andare vero?”
Harry annuì sorridendo malinconico.
“Saluta Violet come si deve, se lo merita.”
Nessuno dei due aggiunse altro, perché Harry sparì tra le persone che passeggiavano per il cimitero e Niall uscì dal cancello recandosi al lavoro.
 

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Capitolo 17
*** Diciassettesimo Capitolo. ***



 
Diciassettesimo Capitolo.
 
 
Maggio è sempre stato il mese preferito di Violet. Il sole caldo che inizia ad illuminare New York dalle prime luci dell’alba, gli alberi del Central Park ormai pieni zeppi di foglie verdi e scintillanti e i grattaceli che si confondono col cielo blu.
Sono passati diversi mesi e le cose sono notevolmente cambiate: per esempio Niall si è trasferito da lei, Edward ha imparato a parlare  sua madre di Harry, Noah ha riconquistato il cuore della sua migliore amica e sono tornate più forti di prima, Liam e Gemma sono tornati a Londra almeno tre mesi fa e New York City ha un profumo tutto nuovo.
La verità è che nonostante quei mesi passati, Violet adesso sta veramente bene, e questo la fa sentire libera e in pace con se stessa: chiama sua madre molto più spesso e le racconta cose che probabilmente prima non avrebbe mai fatto, chiama anche Anne, la mamma di Harry, più spesso e alcune volte piangono pure, ma questo a Niall non l’ha mai detto perché solo donne trafitte da certi dolori possono capire.
Anche adesso, quando seduta sulla penisola come ogni mattina mentre beveva il suo caffè sorrise, perché era iniziato un nuovo giorno ed era particolarmente di buon umore.
“Buongiorno” – la salutò Niall poggiando una mano calda sulla sua coscia scoperta e posandole un bacio a fior di labbra –
Violet sorrise e: “Buongiorno amore.”
“Edward sta ancora dormendo?” – domandò poi posando la tazza vicino a lei –
Niall annuì: “Ieri sera abbiamo fatto tardi.”
“E tra meno di un’ora deve essere a scuola e noi al lavoro.”
“O potremmo tornare sotto le coperte” – commentò Niall poggiando la testa sul suo petto-.
“Quanto sei cretino!” – commentò Violet colpendolo sulla spalla.
Niall scoppiò a ridere e si sedette sul tavolo bevendo il suo succo mentre osservava Violet ed era bella, era così bella da sentirsi male e lui non se ne rendeva nemmeno conto, non ci credeva nemmeno che fosse lì, nella sua stessa casa, nella sua vita da tutti quei mesi.
“Ciao mamma, ciao papà.” – disse Edward entrando in cucina –
Violet tossicchiò e per poco il caffè non le andò di traverso mentre Niall rimase immobile con il bicchiere di succo a mezz’aria. Edward non aveva mai chiamato Niall papà, ogni volta usava il suo nome e se stavano scherzando lo chiamava “capo”. Mai in tutti quei mesi aveva deciso di chiamarlo papà e Violet adesso era scossa.
“Che ho detto?” – domandò allora preoccupato Ed guardando i due –
Violet sorrise scendendo dalla penisola: “Hai chiamato Niall papà?” – domandò quasi come conferma –
Il bambino annuì: “Bè io sono che il mio vero papà è con gli angeli e che mi ha mandato Niall per non lasciarmi solo, quindi lui è a tutti gli effetti mio papà.”
Violet alzò appena lo sguardo e fissò Niall dritto negli occhi: si era emozionato, anche  lui erano diventati gli occhi lucidi.
Violet si abbassò di poco e gli lasciò un rumoroso bacio sulla guancia e dopo Niall intervenne sorridendo: “Sono fiero di essere il papà di un ragazzo come te.”
 
 
 
Dopo una settimana da quell’accaduto, Violet si era recata al cimitero come richiesto da Harry.
Nei mesi precedenti era stato molto meno invasivo, capitavano anche periodi dove non si faceva mai vedere. A Violet un po’ mancava, ma dentro di sé sapeva che era la scelta giusta, sapeva che prima o poi lui ne sarebbe andato definitivamente.
“Fiore.” – mormorò Harry alle sue spalle –
Violet si voltò di scatto sorridendo: “Ehi”
Il riccio non disse altro ma si avvicinò a lei e l’abbracciò stretta, assaporando probabilmente per l’ultima volta il suo profumo.
“Dove eri finito’ – domandò lei preoccupata – sono settimane che non ti fai vedere.”
Harry sorrise amaro: “Violet devo andarmene.”
“Cosa?” – urlò quasi –
“La mia missione qui è finita, Violet sono qui per salutarti.”
Violet si staccò di colpo: “Non puoi andartene, non di nuovo.”
“Ascoltami…” – iniziò lui prima di essere interrotto dalla mora –
“Ascoltarti? – iniziò a piangere – No Harry, non voglio ascoltarti. Io non… non… - balbettò in difficoltà – io non posso pensare che da domani non ci sarai più di nuovo, che da domani sarà di nuovo tutto finito e tornerò ad essere sola, come sempre. Io non posso accettarlo Harry, fammi parlare con loro, fammi parlare con gli angeli.”
“Violet – disse afferrandola per le braccia – adesso ascoltami attentamente: tu non sarai mai sola, hai capito? Mai. Noah è qui con te, siete due amiche stupende, credo che il vostro sia uno dei rapporti più veri che abbia mai visto. Liam è a Londra – continuò – e sapevo che alla fine sarebbe finito con mia sorella e a proposito, digli di stare attento che lo controllo anche dall’alto – specificò – ma comunque lui è relativamente lontano, sai che per te c’è e ci sarà sempre, nonostante l’oceano che vi divide. E Niall? Dove lo metti Niall? – domandò infine – diamine Violet, ti ama più della sua stessa vita e farebbe carte false per te e tu ami lui, e non sai quanto mi renda felice questo. Mi rende felice perché ce l’ho fatta, ho compiuto la mia missione e tu adesso stai bene.”
“Harry io non posso farcela senza di te.”
“Tu ce la farai benissimo senza di me, e poi io sarò qui: okay magari non mi vedrai più e non potrò parlarti normalmente, ma io ti osserverò e ti ascolterò sempre e stai tranquilla che ne momento del bisogno dall’alto saprò aiutarti.”
“Ti amo.” – mormorò appena Violet –
“Lo so – sorrise Harry – e ti amo pure io, lo farò per sempre.”
“Mi mancherai.”
“Anche tu: sorridi sempre, combatti col mondo e goditi la vita – disse lui – e non abbatterti mai, sei forte e sei una donna fantastica.”
Questa volta fu la ragazza ad avvicinarsi e abbracciarlo poggiando la testa sulla sua spalla.
“Promettimi che starai bene.”
“Te lo prometto.”
“E salutami Edward, okay? Digli che il suo papà è sempre accanto a lui.”
La mora annuì.
“Addio Fiore.”
“Addio Harry.”
E furono le ultime parole prima che una ventata fresca lo spazzasse via con il sorriso sulle labbra e il cuore di Violet vuoto.


Buon pomeriggio a tutte!
Si sembra ssurdo ma finalmente ce l'ho fatta ad aggiornare e questo è definitivamente l'ultimo capitolo.
Ci sarà un epilogo che devo ancora iniziare a scrivere ma che spero arriverà presto.
Sono molto felice dei risultati che ha avuto questa storia anche se ultimamente siete diminuite notevolmente e non so, spero che questo ultimo capitolo vi faccia un po' riprendere.

Ricordo a tutte che in settimana ho pubblicato un missing moment su questa storia se vi interessa vi lascio qui il link (Ciao Harry)
Grazie di cuore a tutte, un bacio enorme
sam

 


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Capitolo 18
*** Epilogo. ***



 
Epilogo.
 
 
Violet osservò i tavoli disposti nella sala ed annuì soddisfatta.
“Mi pace” – commentò inclinando la testa –
“Secondo me è venuto un ottimo lavoro, e amo le composizioni nel centro di ogni tavolo” – disse Noah tenendo per mano Selene che ormai aveva cinque anni compiuti il mese precedente –
“L’unica cosa che non mi convince sono quei fiori all’arco d’entrata – intervenne poi la mora – ma a Niall piacevano”
“So che sei una specie di maniaca del controllo ma no, non farlo! – esclamò ridendo – a me piacciono poi”
“Harry li avrebbe adorati”
Noah non disse niente e sorrise lasciando per un attimo al mano della figlia che prese a camminare esplorando la sala e poi abbracciò da dietro l’amica: “Ehi – sorrise – Harry è qui ed è fiero di te tesoro”
Violet annuì e chiuse per un attimo gli occhi prima di essere interrotta dall’amica: “Sei sicura di tutto questo? – domandò – voglio dire, non per metterti il dubbio o cose del genere ma sei pronta a questo grande passo?”
La mora abbassò lo sguardo e sorrise: “Sono sicura Noah, forse non sono mai stata tanto sicura nella mia vita”
Selene tornò poco dopo in braccio ad Edward che ormai aveva tredici anni: i capelli sempre più ricci e gli occhi sempre più verdi come suo papà: “Niall ci sta aspettando a casa e Selene sta morendo di fame” – annunciò sorridendo –
Violet afferrò la sua borsa che aveva depositato nell’angolo e poi diede un bacio sulla guancia della bambina che era tornata in collo alla mamma: “Allora ci vediamo domani mattina”
“Respira, dormi serena, e alle otto a casa mia e per l’amor di dio tu sia puntuale almeno il giorno del tuo matrimonio”
Violet scoppiò a ridere seguendo Edward davanti a lei: “Sarò puntuale capo!” – esclamò in modo teatrale prima di lasciare la sala de ricevimento –.
 
 
Niall era agitato, probabilmente non era mai stato tanto agitato come in quel periodo.
“Perché ti trema la mano?” – domandò Violet appoggiando i piatti sul tavolo –
“Quale mano?” – domandò lui voltandosi –
La mora rise: “Stai tremando, mica andiamo in guerra Niall!”
Niall scosse la testa: “Dai Violet mi conosci – ammise – e poi insomma, il matrimonio, non è una cosa da poco e tu insomma… io non…” – balbettò –
“Tu?” – lo incitò la ragazza avvicinandosi a lui –
“Io non ho amato mai nessuno quanto amo te, e giuro che non vedo l’ora di passare la vita con te, di crescere Edward e magari di avere altri bambini, o un cane, o un gatto ed è tutto così strano, così assurdo.”
Violet si morse le labbra intenerita dal momento e poi sospirò: “Senti Niall a proposito di questo dovrei dirti una cosa”
Niall si bloccò di scattò, appoggiò lo straccio che teneva in mano sul tavolo e fissò la fidanzata negli occhi: “Senti se vuoi lasciarmi fallo velocemente e non farmi soffrire e se vuoi annullare il matrimonio possiamo anche farlo anche se non vedo l’ora di vederti con l’abito bianco e insomma voglio dire…”
“Niall” – lo interruppe lei –
“No davvero, se devi mollarmi sull’altare davanti a tutti ti prego fallo qui – ammise – non voglio che avvenga davvero in pubblico questa cosa, oddio ma immagini come reagirebbe mia madre…”
“Niall mi vuoi ascoltare?” – intervenne lei spazientita –
Niall si zittì di colpo: “Sì, ti ascolto”
“Sono incinta” – mormorò la ragazza –
“Come scusa?”
“Niall aspetto un bambino” – ripeté –
Il biondo rimase impietrito e non mosse un muscolo e per poco Violet ebbe paura della sua reazione ma poi di colpo si avvicinò afferrandola per i fianchi e l’abbracciò stretta facendola volteggiare per la cucina.
“Tu scherzi! Capito? Tu sei fuori! Io papà, io, proprio Niall Horan, cioè ma ti pare? Oddio sei pazza!”
Violet sorrise e quando finalmente fece tornare i suoi piedi scalzi a terra lo baciò quasi con forza perché non era mai stato tanto felice in vita sua come in quel momento dalla morte di Harry.
“E così avrò un fratellino?” – intervenne Edward facendo capolino –
La mora sorrise: “Sei contento?” – domandò avvicinò –
“Mamma non sorridevi così da non so quanti anni e quindi direi che lo sono, anche troppo.”
Violet sentì la gola seccarsi e abbracciò il figlio e le sembrava davvero assurdo che dopo tutti quegli anni, dopo tutto quel tempo fosse riuscita ad avere quella famiglia che aveva sempre sognato con Harry e che lui purtroppo non aveva potuto avere.
 
 
 
L’abito probabilmente era un po’ troppo stretto per i suoi gusti, ma nonostante tutto Violet era felice del successo che aveva avuto. La sala era piena di parenti ed amici e il ricevimento si stava svolgendo come previsto. Fuori c’era un sole immenso e il cielo era davvero più azzurro del solito e quando lei mise piede nell’erba fresca sorrise sinceramente dopo tanto tempo.
“Sei bellissima con quel vestito, lo sai?”
La mora si voltò di scatto e quando vide Harry immobile davanti a lei sentì il cuore esploderle dentro.
“Sei qui” – sussurrò –
“Da sempre.”
“Mi manchi”
“Non ti ho mai vista così felice Viola, non è assurdo?”
La ragazza sorrise: “Probabilmente per la prima volta dopo che te ne sei andato sono felice”
“E se fossi stato qui?”
“Ci saremmo sposati di sera, al tramonto, forse a Londra e tu avresti indossato uno dei tuoi abiti eleganti e io un abito probabilmente più stravagante e quella stessa mattina mi avresti svegliato con uno dei tuoi soliti baci mentre dormivo con il viso nell’incavo del tuo collo e probabilmente come ultimo giorno da fidanzati mi avresti portato la colazione in camera e ti avrei detto di Edward, ti avrei detto che aspettavo un bambino e che sognavo che avesse i tuoi occhi verdi come i prati in primavera e il capelli ricci e sempre in disordine come i tuoi.”
“Violet e se tutto questo fosse un sogno? Se tutto questo fosse falso e noi fossimo ancora nel nostro letto nel piccolo appartamento in periferia?”
“Adesso mi sveglierei e mi metterei a ridere raccontandoti quando sia stato assurdo quel sogno, quanto sia stato assurdo che tu fossi morto in uno stupido attentato quando in realtà eri accanto a me con il profumo tra le nostre lenzuola sfatte.”
 
Giuro che non ci sto credendo, mi sembra un sogno!
Sarà lo spazio autrice più lungo della storia e sono tipo in un mare di lacrime ma prima o poi anche questa doveva avere la sua fine.
Parto parlando di come ho deciso di strutturare questo epilogo in caso a qualcuno fosse sfuggito qualcosa: nella mia testa, sin da quando la scorsa estate ho iniziato a scriverla ronzava l'idea di fare un finale col botto un finale che nessuno si sarebbe mai aspettato e che avrebbe sicuramente spiazzat tutti e quest finale consisteva nel fare essere tutta la storia solo un sogno che Violet aveva avuto durante una notte: questo equivaleva a dire che Harry non era mai morto e che tutto era stato finto. Poi però mi rimangiavo la cosa perchè nel corso della storia mi ero davvero affezionata a Niall tantissimo e farlo sparire così non sarebbe stato corretto e allora dopo quattro ore di sano lavoro è uscita questa cosa qua: un finale aperto (inoltre ringrazio il mio amore gaia per avermi dato l'idea). Non credevo di riuscire a fare una cosa dle genere e invece è uscito qualcosa di decente. Cosa vuol dire? Che ognuno ha la libera interpretazione e che quindi può immaginare che sia stato davver un sogno e che Harry sia vivo oppure che Violet si sia sposata con Niall e che la sua vita infondo sia andate per il meglio.
Ho già parlato troppo quindi passo ai ringraziamenti e li faccio in primis a Gaia e Federica che mi hanno sempre supportata in questo lavoro, sin da quando ho iniziato a scriverlo e mi hanno sempre dato dei saggi consigli.
Poi ovvimente ringrazio tutte voi che in queste mesi avete letto e spero apprezzato la storia ne sapete che a me ha fatto un piacere immenso perchè ci tenevo tantissimo.
Quind grazie a tutte davvero, perchè siete magnifiche e vi adoro!
Spero di risentirci presto, un bacio enormemente grande
sam

 

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