Endlessly

di Esse_Edward
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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Diciamo che questa era la peggiore cazzata che avessi mai fatto in vita mia.
Ritrovarsi da sola alle due di notte in pieno centro non era proprio quello che intendevo.
I miei amici me l’avrebbero pagata cara questa volta.
Perché mi avevano lasciato per ultima?
Sbuffai sedendomi sopra la panchina nera e portai al petto le gambe.
Faceva un freddo cane ed eravamo solo alla fine di Febbraio.
Londra di notte metteva paura.
E, in quell’angolo di strada, non c’era proprio nessuno.
Non c’erano ubriacati, persone che uscivano dai locali, nulla di nulla.
Mi maledissi mentalmente per essere uscita di casa con indosso quell’abito decisamente troppo corto e troppo leggero per l’aria che tirava.
Mi strinsi nella giacca di pelle e sfregai forte le mani unendole e riscaldandole con il mio stesso calore, ma inutilmente.
Se avessi chiamato mio padre si sarebbe sicuramente infuriato a morte con me, chiamandomi con nomignoli tipo ‘immatura’, ‘stupida’ come era solito fare quando commettevo qualche errore.
Decisi dunque di chiamare Megan.
Con le mani tremanti premetti sul tasto verde del telefonino e me lo portai all’orecchio.
- Ciao, sono Megan. Purtroppo ora non posso rispondere ma lasciate un messaggio -
Riattaccai borbottando.
Perché diamine non rispondeva?
Mi domandai con quale ragazzo stava passando la notte.
Richard? Oppure Felix? 
Purtroppo non lo ricordavo, i nomi non mi interessavano più di tanto.
Doveva essere una giornata come le altre passate con le amiche, ed invece mi ritrovavo inchiodata ad una panchina gelida nel cuore della notte.
E se si fosse avvicinato qualcuno? Magari uno stupratore?
Rabbrividii al solo pensiero e continuai a chiamare Megan a vuoto.
Ormai l’unica cosa da fare era incamminarsi verso casa, a piedi.
Mi alzai dalla panchina di ferro e mi tolsi le scarpe.
Avrei fatto prima, decisamente.
I piedi mi facevano male, i tacchi erano troppo alti e le mie povere gambe avevano la pelle d’oca.
Iniziai a camminare lentamente, ma mi bloccai subito appena una luce – simile ad un flash – si proiettò davanti a me.
Che diavolo era stato?
Cercai di non pensarci e camminai più rapidamente.
Di nuovo quella luce.
Qui qualcuno si stava burlando della mia pazienza.
Se era uno scherzo non era divertente.
Provai a dire qualcosa ma appena vidi un uomo uscire da dietro la fontana posta in mezzo alla piazza mi bloccai.
Chi diamine era? Perché prima non c’era?
Indietreggiai un po’ intenzionata ad andarmene da lì ma, appena ne comparve un altro, mi accucciai verso la panchina.
Quei tizi non mi piacevano.
Uno di loro tirò fuori un bastone molto appuntito, mentre l’altro si limitò ad un paletto di legno.
Rabbrividii alla loro vista e, di conseguenza, strusciai verso le panchina in modo da avere una visuale completa ma senza dare nell’occhio.
- Credi che verrà ? – annunciò il primo, quello con il bastone.
Una terza risata si aggiunse ai due, facendomi rabbrividire – Ovvio che verrà. Lui è il principe -
Mentre i primi due parlavano in una lingua a me incomprensibile, il terzo ritornò con una decina di persone alle sue spalle.
- Pensi che siamo pronti Max ? – domandò uno di loro, una pistola in mano.
Ma chi diamine erano questi ?
Iniziai ad avere veramente paura ed ero intenzionata come non mai ad abbandonare quel mio mezzo ‘spionaggio’ per andare via ma, qualcosa di sconvolgente, mi convinse a restare.
Un ragazzo era appena piombato dal nulla.
Era comparso vicino la fontana, misteriosamente.
Assottigliai gli occhi pensando di essermi sbagliata, ma qualcosa si mosse ancora.
Un altro ragazzo ora seduto sopra un muretto con lo sguardo divertito stampato in faccia.
Avevo come un nodo alla gola, il respiro mozzato e la paura da ogni parte del corpo.
Come facevano ad essere così veloci?
Il ragazzo biondo – quello del muretto – si mosse ancora molto velocemente ed andò dall’altro.
- Buonasera Max – lo salutò con una voce fredda ed un notevole accento irlandese.
- Cos’è, ora il vostro principe non si presenta nemmeno? -
Il gruppo di Max si mosse in avanti con fare presuntuoso e sicuro di te, contro i due giovani – che avranno avuto 20 anni come massimo – che rimanevano immobili davanti a tanta sfacciataggine.
Uno dei due, quello con i capelli castani, sorrise languidamente – Come siamo ansiosi -
Improvvisamente si calò il silenzio più assoluto nella piazza.
Trattenni il fiato e sbarrai gli occhi.
Non dovevano scoprirmi o sarebbe stata la fine.
Il vento gelido mi avrebbe fatto prendere di sicuro una polmonite, ma cosa potevo fare? Scappare, forse?
Lasciai perdere i miei pensieri nel momento stesso in cui nella piazza ora c’erano due gruppi ben distinti.
Quello di Max, con una decina di persone massimo, e quello dei ragazzi misteriosi che ora erano diventati cinque.
L’uomo con il paletto si scagliò contro uno di loro, di carnagione olivastra.
Il ragazzo cadde a terra non tanto distante da dove mi trovassi.
Iniziai a sudare freddo.
Si rialzò subito, senza avere dolore da qualche parte.
Era come se non soffrisse.
Il più alto di loro, con i capelli ricci ed una statura da uomo maturo, si avvicinò con tranquillità al capo del gruppo avversario.
- Ciao Max – lo salutò con voce roca ma fredda al tempo stesso.
Sorrise malvagiamente – Addio Max – e per tutto il quartiere si sentì un crack dovuto alla rottura del collo.
Mi portai una mano alla bocca e sbarrai gli occhi ormai umidi.
Non era possibile.
L-Lo avevano ucciso?
Una moltitudine di lacrime salate mi rigarono immediatamente il viso.
Mi veniva da vomitare.
La carcassa del corpo dell’uomo era a terra, ai piedi della fontana.
C’era sangue ovunque.
La vista mi si appannò subito. Le lacrime miste a paura e terrore scendevano silenziose sul mio viso.
Chi erano quelli? Assassini?
Il ragazzo biondo si fiondò su un uomo con un paletto in mano e puntò dritto a mordergli il collo, subendo la stessa fine del primo uomo.
Gli altri ragazzi erano sparsi per la piazza, tutti con gli occhi rossi e le maglie sporche di sangue gocciolante.
I conati di vomito si facevano sentire.
Strisciai fuori dal mio ‘nascondiglio’ e mi appoggiai ai piedi della panchina iniziando a piangere.
Che razza di persone potevano fare tutto questo?
Il capo del gruppo, quello riccio, se ne stava in piedi in mezzo a tutta quella carneficina e, a giudicare dal suo viso, sembrava veramente soddisfatto del lavoro che i suoi compagni stavano facendo.
Iniziai a piangere provocando qualche lamento ogni tanto, fino a quando il silenzio piombò di nuovo.
- Cos’è stato ? – domandò di punto in bianco uno di loro, un ragazzo che fino a quel momento era sempre rimasto in disparte rispetto agli altri.
Smisi di respirare. Trattenni il fiato finché potei, ma le lacrime uscirono comunque.
Mi voltai nella loro direzione e solo quando notai che non c’era più nessuno – oltre alla moltitudine di cadaveri posti al suolo – iniziai a respirare a pieni polmoni.
Dov’erano andati?
- Cos’abbiamo qui ? – cantilenò una voce familiare alle mie spalle.
Mi rizzai subito in piedi e per poco non mi venne un tonfo al cuore appena li notai tutti e cinque.
Erano ragazzi.
Ragazzi come me o forse di qualche anno più grandi.
Non era vero tutto questo.
Non potevano aver ucciso tutte quelle persone.
Vedendoli immobili, non persi tempo ed iniziai a correre.
Per loro sfortuna conoscevo Londra molto bene, così presi una via secondaria che mi avrebbe condotto verso il mio quartiere.
- Umani, come siete patetici -
Mi fermai all’istante, come se mi fossi ricordata di qualcosa.
Ma avevo solo paura.
Quella voce proveniva da dietro la mia testa, ed era inquietante.
Era fredda, roca, prima di qualsiasi emozione.
- Vedo che non corri più – rise – hai paura ? -
Mi strattonò il polso e mi attirò a sé – Lasciami stare brutto bastardo. Assassino! -
- Non sono un assassino – ringhiò sul mio viso, facendosi sempre più vicino.
- Avete ucciso una decina di persona prima, tu come lo chiami? -
Ma perché stavo parlando con lui? Diamine.
Allentò la presa e me svignai lontana da quel vicolo e lontana da quel ragazzo pazzo da far paura.
Girai l’angolo ed andai a sbattere contro qualcosa di rigido, freddo e duro peggio di un mattone.
Alzai lo sguardo e ne vidi un altro.
Era il ragazzo che era rimasto un po’ in disparte rispetto agli altri quella sera.
Indietreggiai immediatamente, ma una voce mi portò alla realtà – Portala via -
Il ragazzo di fronte a me mi sorrise rammaricato e mi prese il polso con saldezza ma allo stesso tempo senza procurarmi alcun dolore – a differenza dell’altro.
- Non vogliamo farti del male -
Le lacrime fuori uscivano disperate, prima di venir trascinata contro la mia volontà in un’autovettura laccata di nero.  

SPAZIO AUTRICE

Si, sono sempre io lol 
invece di aggiornare le storie mi metto a scriverne altre. sopportartemi voi che potete. 
questa è senza dubbio la prima ff che faccio sui vampiri. 
non so come verrà, spero di esserne all'altezza. 
ho già in mente tutto quanto per questa ff, speriamo riesca anche a buttarlo giù ahah
che dire, spero che a voi piaccia quanto me. 
per qualunque chiarimento potete contattarmi sia in questo sito sia su ask: 
Caroline

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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Il ragazzo dagli occhi nocciola mi teneva saldamente per il polso fino a condurmi ad una vettura nera.
Mi incitò ad entrare ma cercai in tutti i modi di evitare quella cosa.
Stavo per essere rapita? Perché?
- Ragazzina entra in macchina, non ho tutta la notte – protestò spazientito il ragazzo riccio, comparendo dietro la mia schiena.
Con un tocco ai fianchi mi spinse dentro, facendomi accomodare vicino allo stesso ragazzo di poco prima.
Ma come aveva fatto a salire così rapidamente?
- Feccia – borbottai, mentre il ragazzo vicino a me mi allacciava accuratamente la cintura di sicurezza.
- Liam, falla stare zitta. La sua voce da bambina viziata mi irrita – brontolò quello riccio, osservandomi attentamente dallo specchietto retrovisore.
La macchina era partita, impedendomi di fuggire. Dannazione.
La cintura era troppo stretta perché Liam – il ragazzo al mio fianco – me l’aveva legata nemmeno fossi un salame.
- Non sono una bambina, ho sedici anni brutto bastardo – sputai, sfidandolo con lo sguardo.
Me ne pentì amaramente nello stesso istante in cui si voltò verso di me e puntò i suoi occhi con i miei.
Era buio, la macchina era scura, l’unica luce che c’era derivava dai pochi lampioni ancora accesi.
I suoi occhi apparivano blu, celesti, quasi grigi. Ma forse era solo l’effetto della notte.
- Portami rispetto ragazzina, io sono il principe – era arrabbiato – potrei ucciderti da un momento all’altro, ti conviene tenere la bocca chiusa – e si rigirò come se nulla fosse.
Abbassai lo sguardo intimorita ed al tempo stesso spaventata e mi accorsi che per tutto il tempo che avevo parlato con quel ragazzo le mani non avevano fatto altro che tremarmi.
Con molta angoscia e stanchezza mi appoggiai al finestrino ed inaspettatamente iniziai a piangere, chiudendo gli occhi.
Mi sarebbero venuti a cercare, mi avrebbero trovata e li avrebbero arrestati. Solo non sapevo quando.
Sentii una mano gelata accarezzarmi il braccio – Hai freddo? Vuoi la mia giacca? – mi domandò con premura nella voce Liam.
Lo guardai con gli occhi spalancati tirando su con il naso. Perché era gentile con me?
Le lacrime non la smettevano di uscire, erano come attratte da qualcosa che c’era nel mio viso.
Ma era solo paura.
Perché diamine mi ero cacciata in quel guaio? Perché non mi ero data una mossa? A quest’ora sarei stata benissimo in compagnia dei miei amici.
- Liam smettila di essere gentile con questa mocciosa. – borbottò lanciandomi un’occhiataccia dallo specchietto.
Ma che razza di problemi aveva?
Dannazione, questi ragazzi avranno avuto su per giù 20 anni! Come facevano ad essere degli assassini così esperti?
Ricordai il sangue e le teste mozzate in quella piazza e di conseguenza il mio stomaco si stava contorcendo dal disgusto.
Mi veniva da vomitare e le lacrime in viso non aiutavano di certo.
- Ehi ragazzina – mi rimproverò il ragazzo riccio – se stai pensando di vomitare sulla mia bambina sappi che ne pagherai le conseguenze una volta arrivati a casa -
Sgranai gli occhi ormai lucidi e piansi ancora.
Era un mostro, non si poteva paragonare nemmeno ad un essere umano.
- Harry calmati, la stai spaventando. – lo ammonì Liam.
E così il suo nome era Harry? Che nome di merda..
Il riccio mi fulminò con lo sguardo dallo specchietto come se avesse appena sentito cosa stessi dicendo.
Ma questo era impossibile.
- Come ti chiami ? – mi domandò Liam, sorridendomi incoraggiante.
Ma non c’era nulla da incoraggiare in quella situazione.
Non volevo rispondere, ma lo sguardo insistente di Harry mi fece rabbrividire.
- Violet – sussurrai intimorita, pensando che nessuno mi avesse ascoltato.
Ma mi sbagliavo. Quei ragazzi avevano l’udito più affilato di qualunque altro essere umano.
Erano inquietanti.
- E dimmi Violet, i tuoi genitori ti fanno uscire di sera in questo modo? Non sia mai che qualcuno non ne approfitti – ridacchiò maligno Harry, facendomi venire la pelle d’oca.
Cos’era quello? Un modo gentile di dire che mi avrebbe violentato?
Iniziai a piangere di più, stringendo le mani sul fondo del vestito.
Ma dov’ero capitata? Questi erano tutti svitati fino al midollo.
Liam serrò la mascella – Harry smettila – lo ammonì, poi si voltò verso di me – Nessuno vuole farti del male Violet. Ora prova a dormire, manca ancora molto prima di arrivare -
Perché nessuno voleva capire che io non avevo nessuna intenzione di arrivare fino alla loro casa ed essere loro prigioniera?
Mi appoggiai di nuovo al finestrino, ma stavolta chiusi direttamente gli occhi senza protestare.
Sentivo gli occhi stanchi, le palpebre si stavano per chiudere.
Ma non volevo dormire, non in una macchina con degli assassini.
Così mi limitai a guardare fuori dal finestrino, aspettando la mia sorte.


- Violet – mi richiamò Liam, allungandosi verso di me per togliermi le ‘catene’ – come avevo chiamato le cinture.
Il respiro mi si fermò, il cuore pompava ad una velocità quasi finta. La paura e la voglia di urlare mi perforavano.
Lui era così vicino, le mani ancora impastate di sangue.
- Non devi aver paura, non vogliamo farti del male – mi sorrise.
La cintura era ormai stata tolta, ma la portiera era comunque bloccata.
Liam si posizionò ad aprirmi con estrema calma, porgendomi la mano.
Non l’avrei afferrata nemmeno se mi avessero offerto tutto l’oro del mondo.
Scesi e mi guardai intorno.
Dio mio, davanti ai miei occhi si estendeva una magnifica reggia.
Era forse una casa quella?
Qualcuno mi afferrò per il polso e notai subito che si trattava di Harry.
Chi altri usava quel tono prepotente con me?
- Muoviti – mi strattonò con la grazia di un elefante.
Quella casa aveva delle scale immense, bianche e decorate con rilievi d’oro di uno stile antico.
Sembrava surreale che dei ragazzi così giovani abitassero in una casa così imponente e maestosa.
Appena arrivammo di fronte alla porta, questa si aprì con slancio facendoci passare.
Oh no, sono in trappola.
Harry lasciò la presa sul mio polso e si allontanò da me, lasciandomi sola nell’atrio della casa.
Era uno spazio poco illuminato, le uniche luci che c’erano erano delle lampade, e le uniche che c’erano erano offuscate.
Notai che si avvicinò alla tenda di una finestra, per poi coprirla di nuovo.
In quella casa regnava il colore nero.
Mi voltai appena sentì una presenza alle mie spalle. Era Liam – Vuoi darmi la tua giacca ? – mi domandò, sorridendomi.
Quel ragazzo era l’opposto di Harry. Era gentile e rassicurante, ma non mi sarei fatta ingannare.
Erano assassini, rapitori e solo Dio sa cos’altro.
Scossi la testa – Ne sei sicura? – aggiunse lui con un sorriso, e non potei non fare caso ai suoi occhi color cioccolato.
Sfilai la giacca dalle mie spalle con la consapevolezza di non doverla mai più utilizzare ed estrassi il cellulare.
Spalancai gli occhi.
Dannazione, perché non ci avevo pensato prima? Il mio cellulare!
Iniziai a digitare un numero in preda all’agitazione, ma qualcuno me lo sfilò dalle mani agilmente.
- Grazie per avermelo ricordato. Questo lo terrò io – sogghignò divertito Harry.
Sbloccò la tastiera del telefonino e iniziò a curiosare tra i vari messaggi che c’erano.
- Uh, questa Megan deve essere proprio una ragazza che se la spassa – rise, continuando a leggere.
- Fermo! – lo implorai saltandogli addosso, ma mi scansò con estrema facilità facendomi perdere quasi l’equilibrio.
- Perché dovrei? – sogghignò ancora e riprese a farsi gli affari miei.
- Ti prego, ridammelo! – mi avvicinai di nuovo allungando un braccio per afferrare il cellulare, ma lo spostò sopra la sua testa.
Merda, era tre volte la mia altezza quel ragazzo.
- Su con la vita Violet -
Mi stava prendendo per il culo? – Muori -
- Harry – lo richiamò Liam, gelandolo con lo sguardo.
Ci furono svariati minuti di silenzio, finché il riccio non gli lanciò il cellulare.
Lui lo prese e se lo infilò in tasca.
Harry scrollò le spalle e si andò a sedere sul divano di pelle assieme ad altri tre ragazzi – gli stessi di quella sera.
Tamburellò le dita sui suoi pantaloni e mi guardò divertito.
- Le cose stanno così. Tu hai visto troppo. Ora puoi scegliere se essere come noi o restare qui dentro. Per sempre -
Ancor prima che Harry finisse la sua frase, sapevo già la risposta.
Questi era pazzi.
- Non diventerò mai un’assassina come voi -
Lui si strinse nelle spalle, sprofondando nello schienale – Allora preparati a rimanere qui dentro fino alla fine dei tuoi giorni. E non aspettarti che qualcuno verrà a salvarti ragazzina, nessun essere umano può entrare qui dentro senza che non ce ne accorgiamo -
Aggrottai la fronte – Essere umano? -
- Già – si voltò verso gli altri, ridendo – non è divertente quando non se lo immaginano neanche? – rise ancora. Un brusio di consenso generale, tranne Liam.
- Immaginano cosa ? – domandai senza pensarci, curiosa ma spaventata allo stesso tempo.
Harry smise di ridere, guardandomi attentamente – Quanti anni pensi che abbia? – domandò, indicando Liam.
Anche se non riuscivo a capire bene il senso della domanda, risposi senza contraddirlo – Più o meno diciannove -
- Errato. Ne ha seicento – Liam si incupì in volto.
Aggrottai la fronte – Non è possibile. Nessuno può vivere così a lungo..-
- La nostra razza si – il suo volto era serio – Siamo vampiri, Violet -
Restai immobile di fronte a tutti loro – che ora mi stavano guardando.
Si stavano prendendo gioco di me? Volevano farmi ridere? No perché ci erano riusciti.
Iniziai a ridere, sfidandoli con lo sguardo – Voi siete tutti pazzi -
Harry si alzò dal divano e si avvicinò – Attenta a come parli ragazzina -
- I vampiri non esistono! – gli urlai contro, iniziano ad avere paura.
Perché dovevano comportarsi così?
Non era meglio sequestrarmi, imbavagliarmi e rinchiudermi in una stanza buia?
Dio, stare in quella casa mi faceva diventare scema.
Lui si avvicinò a me ed automaticamente feci un passo indietro.
Aprì piano la bocca, mettendo in evidenza due canini appuntiti che prima – per colpa della poca luce – non si vedevano.
- Sono finti – sussurrai, fissandoli attentamente.
- Vuoi provare? – mi sfidò.
- I vampiri non esistono -
Prima che potessi aggiungere qualcosa mi ritrovai schiacciata alla porta, in contrasto con il suo fisico.
Il suo fiato non era caldo e rassicurante, ma freddo da far venire la pelle d’oca.
Il petto si alzava e si abbassava ad una velocità disumana, e nei suoi occhi si poteva leggere quanta potenza, forza e fame avesse.
Chiusi gli occhi sentendo le sue labbra piazzate sulla mia giugulare.
Appena sentì un canino conficcarsi nella mia carne e farsi strada sempre più in profondità cacciai un urlo.
Aprì di scatto gli occhi, trovandolo ancora avvinghiato su di me.
Lui era nato per uccidere, io decisamente no.
Non avrei mai permesso di diventare in quel modo.
Si allontanò dal mio collo e mi guardò in viso, facendomi perdere un battito.
I suoi occhi – che fino a poco prima erano color smeraldo – ora erano rossi. Come il sangue.
- Sentimi bene ragazzina. Non sono un comune vampiro, il mio nome è Harry Edward Styles e sono un vampiro della famiglia reale. Non ti conviene sfidarmi e soprattutto – si avvicinò al mio orecchio – ti conviene fare tutto quello che dico, perché non puoi mai sapere quando ho fame -
Si allontanò – O diventi una di noi, o rimani in questa casa. A te la scelta -
Non aspettai che aggiungesse altro. Cercai a tentoni la maniglia della porta e sgattaiolai fuori.
Iniziai a correre per la casa in cerca dell’ingresso – che trovai subito.
Mi fermai solo per controllare il collo. Appena constatai che del sangue era fuori uscito, rabbrividì.
Sentii delle voci in sottofondo e non me lo feci ripetere due volte.
Sgattaiolai fuori casa, correndo il più veloce possibile verso il bosco.
L’unica mia salvezza.
Dovevo scappare. Subito. 

SPAZIO AUTRICE
Buonasera ragazzi!
come potete vedere sto diventando una saetta ad aggiornare lol 
spero che il capitolo vi piaccia e mi scuso per la lunghezza. 
come sempre potete contattarmi qui: 
Caroline

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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Il fiato iniziava a mancarmi.
La milza e tutto il resto dei miei organi iniziava a farmi male.
I rovi mi strappavano la pelle e i piedi nudi protestavano quando calpestavo qualche spina o ago per terra.
Un silenzio assordante mi circondava; c’eravamo solo io ed il mio fiato che mancava.
Le forze stavano andando via ma la mia voce interiore era capace di dirmi solo una parola: corri.
Sapevo che non li avevo pedinati. Sapevo di averli dietro e di essere automaticamente in trappola, ma non finché non arrivai alla fine del bosco.
Dannazione.
Com’è possibile che i vampiri esistano veramente? E, cosa ancora più strana, com’è possibile che proprio a Londra si sia stanziata una famiglia di originari?
Iniziai a tremare, ed istintivamente mi portai le mani attorno le spalle.
Il bosco era poco illuminato, sentivo rumori da tutte le parti ed il vento mi faceva rabbrividire.
I vampiri non esistono. Però..
Con le dita sfiorai il punto dove Harry mi aveva morso.
Il sangue non c’era più; al suo posto si trovava solo una leggera crosticina che grattai via con le dita.
Il rumore di un ramo spezzato.
Mi guardai intorno per capire da dove provenisse, ma tutto sembrava immobile.
Il mio respiro si fece affannoso, ogni volta che prendevo fiato il mio petto si gonfiava.
Scostai i capelli dietro le orecchie e guardai oltre la foschia.
Qualcosa si faceva strada nella vegetazione bassa, rompendo il silenzio.
Rabbrividì ancora, iniziando a correre.
Dovevo andare via da lì, da quel posto.
Ma c’era come una sorta di barriera attorno. Da qualunque parte andassi il percorso di ripeteva all’infinito.
Che diamine ho fatto di male?
Smisi di correre solo quando capì di essere uscita completamente dal bosco – questa volta sul serio – e di trovarmi in un’ampia raduna.
C’era una distesa di acqua di fronte a me che metteva i brividi.
Calò il silenzio.
Un altro fruscio si celò alle mie spalle.
Costeggia il lago correndo e, nel frattempo che raggiunsi la riva opposta, mi resi conto che loro erano lì con me.
Improvvisamente cinque figure saltarono fuori dagli alberi. Indietreggiai spaventata e, non ricordando di avere il lago alle mie spalle, gridai annaspando.
Sentii l’acqua gelida ancor prima di toccare la superficie, e in un istante la mia pelle diventò blu. L’acqua si sollevò e mi riempì la bocca, ancora spalancata in un grido.
Tossii e sputai, bevendo ancora di più.
La corrente mi trascinò in profondità e, anche per colpa della mia poca pratica nel muovermi in acqua, iniziai a bere come non mai.
Sentivo i polmoni esplodere e la testa girare e, per quanto cercassi di risalire in superficie, capii che ormai era tutto inutile.
Poi realizzai che non potevo fare altro che arrendermi, e chiusi gli occhi.


- Violet, svegliati! – disse Liam, avvinghiato sul mio corpo.
Mi schiaffeggiò una volta, poi un’altra ed un’altra ancora e, quando stava per alzare il braccio per ripete di nuovo l’azione, aprii gli occhi ed iniziai a sputare acqua e tossire.
Liam allontanò la mano e si scostò, lasciandomi respirare tranquillamente.
Notai con la coda dell’occhio Harry avvicinarsi e slanciare il braccio in alto.
La mia guancia si tinse di un rosso sangue, lasciandomi scivolare una lacrima.
Mi aveva..colpito? Lo aveva fatto veramente?
Ancora poco cosciente mi limitai solo a piangere, senza protestare.
Si allontanò dal mio viso, scostandosi una ciocca di capelli da davanti gli occhi – Solo per sicurezza – scrollò le spalle.
Lo guardai in modo gelido. Stavo odiando quel ragazzo.
- O mio eroe, come potrò mai ringraziarti ? – ansimai, cercando di riprendere fiato.
Harry si voltò corrugando la fronte – Ora fai anche la sarcastica? -
- Questo è l’unico ringraziamento che riceverai, quindi ti conviene accettarlo -
Il riccio si voltò senza nemmeno considerare le mie parole e richiamò gli altri tre ragazzi, dicendo loro di tornare a casa.
Liam mi porse la mano per aiutarmi a mettermi in piedi, ma appena l’afferrai la testa iniziò a girare ed una sensazione forte di vertigini mi pervase.
Caddi di nuovo.
- Portala tu – ordinò, incamminandosi verso la vegetazione.
Senza nemmeno esitare Liam mi raccolse da terra e mi portò in braccio.
Teneva le mie gambe nude con saldezza, mentre la schiena era appoggiata sull’altra mano libera.
Con quella nebbia sembrava impossibile proseguire ancora di qualche passo, ma loro sembravano così esperti.
Intravidi poco dopo la villa in lontananza e mi agitai.
Harry sentì la mia rigidità e rallentò il passo.
Subito qualcosa catturò la mia attenzione. Qualcosa – o qualcuno – stava entrando dentro la mia mente.
La testa mi scoppiava e cercai con tutta me stessa di evitare che leggesse o scoprisse qualcos’altro, fino a quando non uscì completamente.
Come si permetteva di entrarmi nella mente e vedere tutti i miei ricordi? Cazzo.
Liam mi teneva stretta al suo petto, guardando male il riccio con lo sguardo.
Harry si fermò e si girò – Come hai detto che è il tuo cognome? -
- Lee. Te l’ho già detto -
- Chi è tuo padre ? -
- Un uomo molto potente – dissi decisa.
Lui si avvicinò spavaldo – Scommetto su tutta l’eredità di mio padre che il mio farebbe nero il tuo. Come si chiama? Che lavoro fa? -
Sollevai il mento, trionfante – John Lee. È il segretario di Stato della Difesa -
Osservai come Harry cambiò colorito di pelle e Liam per poco non mi faceva cadere a terra.
- Merda -
Liam si incupì – Stavolta l’hai fatta grossa Harry -
Non capivo di che cosa stessero parlando. Cosa c’entrava mio padre con questi tizi?
Guardai il ragazzo negli occhi, cercando di capirci qualcosa di più ma, appena mi guardò a sua volta, abbassai lo sguardo.
- Il re non te la farà passare liscia – borbottò scontroso Liam, appoggiandomi a terra.
Avrei potuto scappare via, ma le mie poche forze non me lo permettevano.
Harry mi afferrò per il polso bruscamente, iniziando a percorrere gli scalini.
- Cosa stai facendo ? – gli domandai, cercando di non lamentarmi per il fastidio al polso.
- Cerco di uscire da questo casino -
- E pensi di riuscirci senza slogarmi il polso? -
Lui si fermò, ma non perché aveva finalmente ascoltato le mie proteste.
Guardava dritto a sé come sollevato nel vedere una figura femminile che lo guardava accigliata in viso, in cima le scale.
La ragazza mi prese per mano senza rivolgermi parola.
- Questa l’hai fatta veramente grossa, fratellino. – borbottò e mi spinse dolcemente su per la scalinata.
Osservai con la coda dell’occhio come Harry e Liam erano rimasti ancora lì, aspettando qualcuno.
Iniziai ad agitarmi nel momento stesso in cui entrammo dentro casa.
Ogni tentativo di fuga era invano. Merda.
Avevo ancora i capelli ed i vestiti bagnati, i piedi doloranti e lo stomaco in subbuglio.
Mi condusse davanti ad una porta, al piano di sopra, e l’aprì con grazia.
Era una bellissima ragazza, alta, occhi verdi e capelli neri fin metà schiena.
Ma non mi sarei fatta ingannare.
Ero dentro la stanza, ed era enorme.
- Mi chiamo Lyla comunque. Puoi rivolgerti a me se ti serve qualcosa – mi sorrise, cercando di essere incoraggiante.
Si richiuse la porta alle sue spalle ed uscì definitivamente.
Ero sola in una casa piena di vampiri.
Benvenuta all'inferno, Violet.  


SPAZIO AUTRICE
Salve a tutti:) 
vi chiederete: " perché questa cogliona ha fatto passare due settimane prima di aggiornare? " 
il perché ve lo spiego subito. Inizialmente avevo scritto questo capitolo dal punto di vista di Harry, ma poi ho notato che non mi piaceva e ho dovuto riscriverlo tutto quanto. E poi ora che ha iniziato la scuola ho il tempo di scrivere solo la sera, quindi mi dispiace moltissimo se non aggiornerò molto frequentemente. 
Spero che non mi abbandonate per questo, anche perché io non ho nessuna intenzione di abbanondonare questa e l'altra storia. 
Detto questo. 
Il capitolo è abbastanza corto, lo ammetto. 
Ma è un capitolo importante perché da qui in poi inizierà la ''permanenza'' di Violet in casa dei vampiri. 
Come la prenderà il re di questa umana in casa? 
Spero che la storia piacca a voi quanto piaccia a me, continuate a seguirla:) 
un bacio:* 
ps: per ogni dubbio o se volete semplicemente parlare con me ho messo il mio twitter sul mio profilo, oppure mi trovate sempre qui: Caroline

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


                     Image and video hosting by TinyPic

La pioggia picchiava ancora sul vetro quando mi svegliai. Fuori era buio; la trapunta che mi ero messa sulle spalle era scivolata via.
Sentii qualcosa di bagnato sulla guancia e asciugai dal vetro la condensa prodotta dal mio respiro.
Mi portai la mano al collo.
Vampiri.
Che assurdità.
Fuori, sulla finestra, caddero alcune grosse gocce di pioggia. Battei le palpebre. Dietro gli occhi chiusi vedevo un corpo insanguinato disteso a terra.
No, non posso negare che esistano. E non voglio. Se lo facessi, vorrebbe dire che sono stati degli esseri umani a massacrare altri esseri umani. I vampiri sono mostri. E i mostri fanno cose orribili. Gli esseri umani no.
L’orologio di fianco a me segnava le cinque del mattino. Mi stropicciai gli occhi, erano anni che non mi svegliavo così presto. Dunque doveva essere il 1° agosto. Era passato un
giorno.
Un giorno doveva essere sufficiente perché la polizia trovasse dei testimoni, organizzasse una squadra di ricerca e si mettesse sulle mie tracce.
Ma sapevo benissimo da sola che non mi avrebbero mai trovato qui, sperduta nella radura.
Sospirai affranta, voltando lo sguardo verso la porta chiusa.
Solo in quel momento notai un piccolo foglio ripiegato su se stesso che giaceva a terra.
Mi alzai e lo presi, ritornando nella mia postazione al caldo.

Violet,
sei libera di curiosare in tutta la casa quando preferisci, ma non uscire nella tenuta. Se incroci mio padre, fa’ la riverenza e rivolgiti a lui con «Vostra Maestà». Per qualsiasi cosa, cercherò di aiutarti, basta che chiedi alla servitù di chiamarmi.
                 

                                                                                                                           Lyla


Lasciai scivolare il biglietto  a terra e mi diressi verso la porta, tendendo l’orecchio.
Nessun rumore.
Silenzio.
Mi tranquillizzai un po’ prima di aprire piano la porta ed uscire da lì.
Mi girai a destra e sinistra per controllare se ci fosse qualcuno, e camminai a tentoni in cerca del bagno.
Lo trovai e mi chiusi dentro, sollevata di trovare una chiave al suo interno.
Rimani meravigliata nel trovare l’interno della stanza completamente sui noti del rosso porpora.
Era spazioso, illuminato – una vera rarità in quella casa! – e sapeva di buono.
Senza attendere ancora decisi di farmi una doccia.
Non mi ero nemmeno guardata allo specchio quando ero andata.
Ma forse era meglio così.
Sapevo di avere terra e fango da tutte le parti. Gli occhi mi pizzicavano ed erano deboli, la mia pelle era piena di terra.
Scossi la testa con veemenza ed entrai dentro, beandomi dell’acqua che mi accarezzava il corpo e ricopriva ogni muscolo.
Uscii solo quando iniziai a sentire l’acqua ormai fredda sulla pelle. Afferrai un asciugamano, poi mi infilai di nuovo il vestito di prima. Strizzai quanto possibile i capelli e corsi di nuovo in camera.
Rimasi congelata quando mi accorsi che qualcuno era entrato e aveva rimesso in ordine.
La coperta che avevo tolto dal letto era tornata al suo posto e le lenzuola rincalzate.
Proprio in quel momento, mi brontolò lo stomaco. Lo ignorai e mi buttai sul letto, ma la fame non faceva che peggiorare.
Forse avrei dovuto cercare Lyla e chiederle qualcosa da mangiare. Non sembrava poi tanto male, anche se la prospettiva di uscire di lì non mi faceva impazzire.
Il corridoio pareva ancora tranquillo, qualcosa però mi diceva che non era perché dormivano tutti.
Una volta in cima alle scale mi sporsi, pensando di chiedere di Lyla a qualcuno dei domestici. Nello stesso istante al piano di sotto comparve Liam.
Trasalii e feci per nascondermi di nuovo, ma lui mi vide e mi sorrise.
- Buongiorno – disse allegro, sorridendomi.
Lo guardai, cercando di rimanere indifferente.
- Hai fame? – domandò.
Nello stesso momento che stavo provando a rispondere con ‘no’, il mio stomaco protestò rumorosamente facendomi arrossire.
Liam rise – Avanti vieni, ti preparo qualcosa da mangiare – disse – giuro che non ti farò del male. -
Sembrava abbastanza sincero, così scesi le scale e lo seguì.
La casa, oltre ad essere immensa, era fatta anche a varco temporale.
Per andare ad un’altra stanza bisognava passare per lunghi corridoi che conducevano ad una porta che conduceva ad un’altra porta e via dicendo.
Quando arrivammo finalmente in cucina ne restai meravigliata.
Oltre ad essere bella spaziosa, aveva tutte le comodità di cui una persona avesse bisogno.
- Ti va un po’ di pane tostato? – domandò, cercando qualcosa in dispensa.
Annuì e mi misi a sedere su uno sgabello.
- Pane tostato sia! – sorrise, iniziando ad imburrare il pane.
Iniziai ad osservando meglio, una volta di fronte. Lo vidi distanziarsi un attimo per prendere un piatto per poi ritornare e mettere il pane dentro il tostapane.
- Ehi, so di essere un figo sovrannaturale, ma non c’è bisogno che mi fissi – il viso si aprì in un grande sorrise e mi fece l’occhiolino.
Avvampai, distogliendo lo sguardo – Non ti stavo mica fissando -
Lui sorrise – Certo, come no. Comunque sono contento di sentirti parlare. Non sembravi una ragazza timida -
Già, pensai.
Di solito non ero timida per niente.
Ma di solito non venivo tenuta prigioniera da dei vampiri.
Lo vidi aprire il frigo per disporre al suo interno il tocco di burro che aveva usato, e di sfuggita intravidi delle sacche rosse. Sangue. Rabbrividì.
- Mi dispiace non poterti preparare altro, ma qui facciamo solo spuntini – spiegò Liam – I domestici cucinano di sotto quando abbiamo voglia di cibo o di sangue -
Fece scivolare il piatto vicino a me e mi guardò – Hai qualche domanda? – sorrise.
Strabuzzai gli occhi, mordendomi il labbro inferiore – Posso domandare tutto ? -
Per un istante sembrò incerto, poi sul suo viso il dubbio sparì. -Certo.-
Rimasi in silenzio per qualche minuto, ripetendo tra me e me la domanda. Lui aspettò e mi versò un bicchiere di succo di frutta.
-Tutto questo.. è reale, vero?-
Liam mise i gomiti sul bancone e appoggiò il mento sulle mani, osservandomi affascinato quasi quanto lo ero io da lui. -Sì, perché?-
-Non vorrei credere a nulla di ciò che ho visto, ma ci credo. È troppo per pensare che tutto questo non esista.- presi a giocherellare con una ciocca di capelli e abbassai lo sguardo sul pavimento di marmo.
-Quanti uomini hai ucciso?-
-Non sono sicuro che tu lo debba sapere.-
-Quanti?- ripetei.
-Centinaia, migliaia, forse.. Ho perso il conto.-
Spalancai gli occhi e mi ritrassi, cercando di allontanarmi da lui. Così tanti?
Liam scosse la testa. -Non guardarmi in quel modo. È un curriculum di tutto rispetto considerando che ho seicento anni – il marrone dei suoi occhi scomparve e divenne nero pece.
-E gli altri?- sussurrai con voce roca, tentando di trattenere l’orrore.
-Harry? Migliaia. Niall più o meno una trentina. Ma solo perché non ha ancora raggiunto il pieno sviluppo. Degli altri non saprei.-
Mi aggrappai al bancone. -Non potreste bere il sangue di donatori?-
-Potremmo, sì.-
-Però avete scelto di uccidere.-
-No- sibilò lui, e io mi spaventai del suo repentino cambio di tono. -Abbiamo scelto di bere dagli umani. Non vogliamo ucciderli.-
Mi accigliai – Oh certo. E la pensavate così anche quando avete ucciso tutti quegli uomini nella piazza di Trafalgar Square ? -
- Quello è diverso – aggiunse solo.
- Non penso -
Sentivo il suo sguardo addosso, e ciò mi procurò milioni di brividi in tutto il corpo.
Mi concentrai sul mio toast e ripresi a mangiare, beandomi di quel silenzio.
Mi disgustava e mi metteva paura al tempo stesso il suo modo di parlare della morte come se non fosse nulla.
- So che pensi che siamo assassini, Violet. Hai tutti pensieri orribili su di noi, ma ti consiglio di frenarli almeno fino a quando non ci conoscerai sul serio -
Erano così cocciuti.
Chi ha mai detto di volerli conoscere?
Cercai di cambiare argomento – Che vuol dire che Niall non ha raggiunto il pieno sviluppo? -
- Un vampiro pienamente sviluppato è un vampiro adulto.-  sorrise alla mia espressione confusa.
- Un vampiro nato vampiro.. sì, molti di noi nascono così, non vengono trasformati-  aggiunse, interrompendo la sua spiegazione.
- Di solito un vampiro cresce fino ai diciotto anni, e ogni anno sembra un po’ più grande. Ma a quell’età non siamo ancora cresciuti del tutto, perciò siamo più deboli e non così assetati. Niall ha sedici anni, dunque il suo sviluppo non sarà completo prima di due anni. Mi segui?-
Raccolsi una briciola dal piatto. - Più o meno. Cosa succede dopo, quando un vampiro arriva a diciotto?- feci per prendere un’altra briciola, ma il piatto oscillò sul bordo del bancone e cadde. Mi aspettavo di sentirlo frantumarsi a terra, ma non successe: Liam l’aveva afferrato al volo.
Senza battere ciglio, lo riappoggiò sul bancone spazzando via con la mano le briciole sparse.
-Diventiamo più veloci e più forti-  disse a bassa voce, guardandomi negli occhi.
Ero a bocca aperta. Si era mosso così rapidamente, e senza nessuno sforzo.
-E cominciamo a invecchiare, anche se molto lentamente. I secoli passano senza lasciare alcun segno su di noi.-
-Quindi i vampiri non sono immortali?- domandai, con un guizzo di curiosità.
Lui sorrise, forse avendo già compreso dove volessi parare – In teoria no. Abbiamo un processo di invecchiamento molto più lento del vostro, è per questo che sembriamo così giovani. Il vampiro più anziano ha centinaia di migliaia di anni ed è più forte che mai -
Per poco non mi strozzai con lo stesso succo che stavo bevendo. – Wow – mi lasciai sfuggire sottovoce.
Era impensabile come una persona potesse vivere tutto quel tempo.
- E potete uscire alla luce del sole? -
- Sì, ma rischiamo di scottarci. Comunque no, spingermi fuori non mi ucciderà, se è a questo che stavi pensando-  specificò Liam - e se stai cercando un modo per farmi fuori, sappi che darmi da mangiare dell’aglio mi farà solo puzzare l’alito; mettermi al collo una croce mi farà solo sembrare un tipo che va in chiesa, e farmi fare la doccia nell’acqua benedetta mi farà profumare.-
Mentre bevevo mi sfuggì una risata. - Allora come si uccide un vampiro?-  
-Conficcandogli un paletto di legno nel cuore e spezzandogli il collo, oppure rompendogli e mordendogli il collo e succhiandogli tutto il sangue-  mi spiegò, con una strana espressione negli occhi.
- E puoi veramente trasformarti in un pipistrello come dicono? -
La curiosità mi stava divorando. Se sarei dovuta rimanere in questa casa per l’eternità, era mio diritto sapere con che razza di ‘coinquilini’ sarei capitata.
Liam trattenne una risata – No -
- Puoi entrare in casa di qualcuno senza essere stato invitato? -
- No, non è educazione. E, per anticipare le tue prossime domande, posso dirti che un essere umano può essere trasformato solo se un vampiro beve tutto il suo sangue e lui beve il sangue del vampiro. Poi sì, il colore dei nostri occhi cambia a seconda dell’umore.-
Incrociai le braccia al petto e mi scostai da lui. - Come facevi a sapere che te l’avrei chiesto?-
Si batté un dito sulla tempia e mi fece un gran sorriso; le guance si fecero tonde e piene.
- Lettura del pensiero.-
Lo guardai sorpresa. -Stai scherzando?-
- No. E siamo anche telepatici, ma non con gli umani- osservò Liam, come se fosse una cosa ovvia. -- Ti svelo un segreto. Finché sei qui, se vuoi evitare che qualcuno entri nella tua mente, chiudi in una scatola tutto quello che hai di più intimo e concentrati su una cosa sola. Lo so, adesso ti sembrerà assurdo, ma smetterai di ridere quando ti accorgerai che qualcuno potrebbe non rispettare la tua privacy.-
- Tipo Harry? – pronunciai il suo nome con una punta di disprezzo in voce.
Ancora ricordavo come, il giorno prima, aveva saputo di mio padre leggendo i miei pensieri.
Chissà poi cosa gli sarà servito.
Liam scrollò le spalle – Forse – si voltò di scatto – a proposito..-
Harry comparve accanto al frigorifero e in un lampo anche il ragazzo con i capelli scuri si trovava sullo sgabello accanto al mio e stava aprendo sul bancone il giornale che fino a poco prima teneva sotto il braccio.
Gli altri vampiri arrivarono subito dopo e la tranquillità svanì insieme al calore della cucina, proprio ora che avevo iniziato a sentirmi a mio agio con Liam.
- Buongiorno – cinguettò Lyla allegramente. -ho saputo che questo branco di maleducati non si è nemmeno presentato. Quello è Niall- indicò con un cenno del capo il ragazzo biondo, che annuì in risposta. -E l’altro è Louis - il vampiro con i castani mi salutò. -lui invece è Zayn- il ragazzo alzò gli occhi dal giornale.
-Sarà un piacere, ne sono sicuro- disse con un accento strano.
- Ed immagino tu conosca già i miei stupidi fratelli.-  Lyla pizzicò Harry sulla guancia e lui le diede uno spintone in risposta, borbottando qualcosa. - e poi, ovviamente, c’è Liam - Lyla accennò un sorriso e si sedette accanto a lui.
Gli altri cominciarono a passarsi una delle bottiglie con il liquido rosso e vari bicchieri.
-Harry-  mormorò Zayn con tono cupo, sfogliando il quotidiano. -dai un’occhiata qui.-
Lui si avvicinò e, senza una parola, Zayn fece scivolare il giornale dalla sua parte.
Spostai lo sgabello di qualche centimetro e sbirciai da dietro la sua schiena.
Spalancai gli occhi.
Su doppia pagina c’era una foto aerea di Trafalgar Square transennata e in gran parte nascosta da grandi teli bianchi. L’immagine era in bianco e nero, ma si distinguevano chiazze più scure in corrispondenza delle pozze di sangue.
Il titolo, tutto in maiuscolo, recitava: STRAGE A LONDRA. MASSACRO A TRAFALGAR SQUARE.
Mi accorsi di essere scattata in piedi e mi aggrappai al bancone per non perdere l’equilibrio
Non volevo ricordare. Era solo un orribile sogno.
Che mi era saltato in mente? Loro erano gli stessi che avevano fatto fuori quella dozzina di persona.
Mi accorsi solo in quel momento di aver trattenuto il respiro quando mi sporsi per vedere le immagini.
Il massacro.
Il sangue.
Sentii qualcosa di salato sulle labbra: stavo piangendo.
Quello che era accaduto era ripugnante, ma le mie lacrime erano soprattutto per la mia famiglia.
Alzai lo sguardo e vidi Harry con un bicchiere di sangue in mano. Me la presi con lui.
-Perché l’hai fatto?- lui aggrottò la fronte e strinse le palpebre, tanto che agli angoli degli occhi spuntarono piccole rughe.
-Non capiresti- sussurrò, così piano che quasi le labbra non si mossero.
-Ah no?- lo sfidai, avvicinandomi a lui di un passo.
-No – Harry aprì la bocca come per aggiungere qualcosa, poi si bloccò. Nella stanza era calato il silenzio, interrotto solo dal mio respiro pesante e irregolare.
-Quegli uomini avevano delle famiglie!-
-Anche noi -
Scossi la testa. -Tu sei pazzo- sbottai, poi allungai le braccia contro di lui e gli diedi uno spintone, lasciando che ogni emozione si concentrasse sulla volontà di fargli male. Con mia grande sorpresa lui fece un passo indietro. Non era inciampato: ero stata io a farlo muovere. Lo spinsi ancora e lui non reagì. – pazzo - ripetei.
Gli passai accanto e corsi nella mia stanza. Ora le lacrime scendevano senza controllo. Il
pensiero di quegli uomini, abbandonati in una pozza del loro stesso sangue, continuava a
martellarmi in testa. Mi si rivoltò lo stomaco. Andai in bagno e vomitai.

SPAZIO AUTRICE
Salve a tutti:) 
quanti giorni ho tardato? 2? 3? ho cercato di aggiornare il più in fretta possibile, scrivendo anche di sera tardi. 
Il capitolo è molto lungo -se vi azzardate a dire che è corto come l'altro vi fucilo- 
spero vi piaccia. Qui incominciamo a capirci un po' di cose, ma la storia è ''nata'' solo ora, quindi mi scusa se sarà un po' pallosa all'inizio. 
Detto questo vi saluto, un bacio:* 

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