And I am telling you I'm not going

di pallina90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Fiducia ***
Capitolo 3: *** Dark shadows ***
Capitolo 4: *** Cambiamenti ***
Capitolo 5: *** Non è una favola ***
Capitolo 6: *** Odi et amo ***
Capitolo 7: *** Come se non fosse amore ***
Capitolo 8: *** Unconditionally ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                         And I Am Telling You I'm Not Going

 

Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, un giovane principe viveva in un castello splendente. Benché avesse tutto quello che poteva desiderare il principe era viziato, egoista e cattivo. Accadde però che una notte di inverno una vecchia mendicante arrivò al castello e offrì al principe una rosa in cambio di un riparo dal freddo pungente. Lui, che provava repulsione per quella vecchia dal misero aspetto, rise del dono e la cacciò. Ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore. Il principe la respinse di nuovo e in quel momento la bruttezza della mendicante si dissolse ed apparve una bellissima fata. Il principe si scusò, ma era troppo tardi, perché lei aveva visto che non c'era amore nel suo cuore e per punirlo lo tramutò in una orrenda bestia e lanciò un incantesimo sul castello e su tutti i suoi abitanti. Vergognandosi del suo aspetto mostruoso la bestia si nascose nel castello con uno specchio magico come unica finestra sul mondo esterno. La rosa che gli aveva offerto la fata era davvero una rosa incantata e sarebbe rimasta fiorita fino a che il principe avesse compiuto 21 anni. Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta prima che fosse caduto l'ultimo petalo, l'incantesimo si sarebbe spezzato; in caso contrario sarebbe rimasto una bestia per sempre. Con il passare degli anni il principe cadde in preda allo sconforto e perse ogni speranza... chi avrebbe mai potuto amare una bestia? 

 

 

 

 

 

 

 

Quando il taxi mi lasciò davanti la villa, rimasi per un attimo senza fiato: sapevo di stare andando a lavorare in una villa molto antica e prestigiosa, ma non avevo capito quanto. Un cancello enorme mi separava dall’ingresso nella tenuta, la quale era circondata da un bellissimo parco, e davanti a me si ergeva, in tutta la sua maestosità, la casa: il lungo sentiero di ciottoli arrivava alla scalinata d’ingresso, che comprendeva un ampio patio, in cui sarebbe stato bellissimo poter stare seduti a leggere nelle giornate primaverili.
Suonai il campanello e il cancello si aprì, permettendomi di entrare dentro; persi più tempo del previsto a percorrere il viale d’ingresso, rapita dalla varietà di alberi e fiori che abbellivano il parco. Quando salii i gradini del portico, notai che sulla porta mi attendeva un maggiordomo, che si premurò di venirmi incontro e prendermi le valigie.
“ La signorina Swan? ” Mi chiese gentile.
“ Sì, sono io. ”
“ Venga, il padrone la sta aspettando. Ha fatto buon viaggio? ”
“ Abbastanza grazie. ”
Ci fermammo dietro una porta che probabilmente celava lo studio del mio capo, e dopo aver bussato, attendemmo che ci venisse dato il permesso per entrare.
“ Avanti. ”
Il maggiordomo aprì la porta quel tanto che gli bastava per entrare nella stanza, facendomi segno di aspettarlo fuori.
“ Signore, la signorina Swan è appena arrivata ed è qui fuori in attesa di fare la vostra conoscenza. Posso lasciarla entrare? ”
“ Sì, grazie William. ”
Il maggiordomo, che ora avevo sentito si chiamasse William, uscì dallo studio e mi aprì maggiormente la porta per consentirmi di entrare e poi la richiuse alle nostre spalle.
La prima cosa che notai entrando in quella stanza, fu la strana penombra che la rischiarava: fuori c’era il sole mentre in quella stanza tutte le finestre erano coperte da pesanti tende che lasciavano passare a malapena un raggio di sole tra le fessure e l’unica altra fonte di luce nella stanza era dovuta al monitor del computer posto sulla scrivania dietro la quale si trovava il mio nuovo datore di lavoro: Edward Cullen.
“ Isabella Swan, giusto? ” Mi chiese con una voca monocorde, quasi che stesse parlando ad un essere inferiore a lui.
“ Sì, sono io. ” Risposi decisa, non lasciandomi intimidire, dopo tanti anni ero abituata ad essere trattata così.
“ Quello che vede davanti a lei è il foglio con le sue mansioni e gli orari a cui voglio che siano serviti i pasti. William le mostrerà la casa e la sua stanza: l’unico divieto per lei sarà l’accesso al mio studio, perché non mi piace che le mie carte da lavoro vengano maneggiate da altri, e al secondo piano, quella zona è off limits per tutti. ”
“ Perché? ” Chiesi di getto, incuriosita da quello strano divieto.
“ Non sono affari suoi. Ora può andare. ”
“ Tutto qui? Non vuole le mie referenze? ”
“ Signorina, se già di lei non sapessi vita, morte e miracoli stia pure certa che non l’avrei assunta. Ora può andare o ha bisogno che glielo ripeta nuovamente?! ”
Afferrai il foglietto, profondamente turbata dal suo comportamento, e quando mi avvicinai alla porta, prontamente William l’aprì, facendomi sussultare.
“ Grazie. ”
“ Dovere. Se vuole seguirmi, le mostrerò la sua stanza e il resto della casa. ” Salimmo la scalinata che portava al primo piano, dove sicuramente si trovavano le camere da letto, e non riuscii ad evitare di gettare uno sguardo alle scale che continuavano a salire fino al secondo piano, dove non riuscivo a capire quale mistero potesse nascondersi.
“ La prego William, mi dia del tu, non sono così vecchia. Questo lei mi fa sentire a disagio. ” 
“ Come vuole signo… ehm Isabella. ”
“ E se non le dispiace, mi chiami semplicemente Bella, il mio nome per esteso non mi piace, è antiquato. ”
“ Allora, Bella, questa è camera tua. ” Aprì una delle varie porte che si affacciavano nel corridoio del primo piano e rimasi meravigliata dalla stanza che si celava: mi ero aspettata una stanza piccola, magari a pian terreno e vicino le cucine, come nel caso della precedente famiglia da cui ero stata a servizio, e invece quella era una vera e propria camera padronale.
“ Da quello che abbiamo letto io e il signor Edward nei documenti della villa, questa era la stanza di una delle amanti del conte che aveva fatto costruire la villa. Qui puoi fare come se fosse camera tua, trattandola come meglio credi, al padrone non importa se farai dei cambiamenti, lui vuole che tu ti senta a tuo agio qui. ”
“ E’ una camera bellissima, neanche a casa ne avevo una così. ” Entrai dentro, ruotando su me stessa per ammirarla da ogni direzione.
“ Se mi segui un attimo in corridoio ti mostro le altre stanze e poi ti lascio sistemare, per vedere il piano inferiore c’è tempo. ”
Feci come mi disse William e scoprii così che l’ultima camera in fondo al corridoio era quella del padrone, mentre lui dormiva dalla parte opposta, per essere vicino alle scale e non disturbare nessuno se fosse dovuto scendere di corsa nel cuore della notte: sua madre abitava nel paese vicino e capitava che avesse bisogno di suo figlio fino a tardi.
Quando rimasi da sola mi sedetti sul letto, osservando il cielo azzurro dalla finestra, e poi presi la lista delle cose che avrei dovuto fare e dovetti ammettere con me stessa che il signor Cullen sapeva fare bene il suo lavoro, visto che ogni giornata sarebbe stata dedicata a cose diverse, così che tutto fosse sempre in ordine ma io avessi anche il mio tempo libero. Mi lasciava parecchio perplessa il fatto che fosse specificato che le stanze di uso comune dovessero essere rigorosamente tenute in penombra, perché al padrone non piaceva la luce. Era una cosa che avevo già notato entrando nel suo studio e salendo qui al primo piano, dove le uniche stanze con le finestre aperte erano la mia e quella di William: chissà, magari il signor Cullen aveva quella strana forma di allergia che rende la pelle sensibile alla luce.
Lasciai perdere la lista e decisi di disfare i bagagli, e per prima cosa appesi la mia uniforme di lavoro; avrei iniziato domani, e non volevo che fosse tutta spiegazzata, volevo dare una buona impressione al mio datore di lavoro per cui volevo che tutto fosse apposto.
Dopo una doccia scesi di sotto per vedere il resto della casa e magari fare quattro chiacchiere con William per cercare di sapere qualcosa in più su Edward Cullen. Solo in quel momento notai uno strano corrimano fissato lungo la parete delle scale, esattamente di fronte a quello originario di legno pregiato, e continuando a scendere, notai che finiva con una pedana e capii cosa fosse: era quel macchinario che permetteva alle persone con la sedia a rotelle di salire le scale e visto che a quanto ne sapevo in quella casa c’eravamo solo io, William e il padrone, non fu strano ipotizzare che fosse proprio quest’ultimo ad averne bisogno.
Una volta sotto non fu difficile individuare dove si trovasse il maggiordomo, visto che sentivo rumore di quelle che quasi sicuramente erano stoviglie, così mi diressi verso la zona dove si trovava la cucina; per arrivarci fui costretta a passare dalla sala da pranzo e rimasi piacevolmente sconvolta dalla bellezza di quella stanza: emanava splendore da ogni angolo la si guardasse, forse a causa dei colori caldi con cui era dipinta, o forse per via del lampadario in cristalli che rifletteva i raggi del sole ormai calante.
“ E’ meravigliosa quella stanza. ” Esordii entrando in cucina e attirando l’attenzione di William.
“ Bella, ti sei sistemata? ”
“ Sì, la stanza è davvero magnifica, non mi aspettavo di averne una così bella. ”
“ Sono felice ti piaccia, il padrone ci tiene molto che i suoi aiutanti godano di tutti i confort possibili. ”
“ E’ da molto che lavori qui? ”
“ Prima lavoravo per la famiglia Cullen, che abita in città: solo da quando il signor Edward ha deciso di venire ad abitare qui suo padre mi ha chiesto di seguirlo. ”
“ Perché ha deciso di separarsi dalla sua famiglia? ” Chiesi curiosa: di solito un giovane uomo non decide di isolarsi in una villa in campagna, per quanto maestosa possa essere, e considerando che non era del tutto autonomo.
“ Non credo di potertene parlare. ” La risposta di William mi lasciò di sasso, a quanto pare c’erano molte stranezze con cui avrei dovuto fare i conti durante la mia permanenza in quella casa.
“ Deduco quindi che non mi dirai neppure per quale motivo il secondo piano mi sia interdetto. ”
“ Esatto. ” Concluse asciutto, mentre finiva di preparare un’insalata e un piatto misto di salumi e formaggi che a quanto pare avrebbero costituito la cena del signor Cullen.
“ Almeno posso sapere se è lui ad avere bisogno della sedia a rotelle? Ho visto quel coso nelle scale e mi è venuto naturale pensare che serva al padrone. ”
“ Sì, è lui che la usa. Ma ti prego non farti scorgere da lui a fissarlo, è una cosa che lo innervosisce parecchio e credimi, non ha certo bisogno di altre scuse per essere di cattivo umore. Inoltre, se non è lui a chiedertelo esplicitamente, non lo aiutare, non vuole che la gente provi compassione o pietà. ”
“ Oh certo, starò attenta. ”
“ Puoi assicurarti che nel salone tutte le luci siano soffuse e le tende ben chiuse? ” Mi chiese William, prendendo in mano i piatti che avrebbe servito ad Edward.
“ Certo. Ha una qualche forma di allergia alla luce? ” William rise e io lo guardai stranita, non riuscendo a capire.
“ Sei davvero spiritosa. ” Mi guardò sorridendo, e io inarcai un sopracciglio.
“ Guarda che non era una battuta, altrimenti perché dovrebbe stare al buio? ” William finse un colpo di tosse, per mascherare lo sconcerto che a quanto pare gli aveva provocato la mia domanda.

“ Se vorrà, sarà lui a parlartene. ” Così dicendo mi lasciò interdetta in cucina, mentre lui si dirigeva in sala per portare la cena al padrone.

Ok, ho una fifa pazzesca, ma ecco qui il prologo della nuova storia. E' da un bel po' che non posto una long, ma alla fine mi sono decisa, anche se i tempi non sono dei migliori, infatti gli aggiornamenti saranno ogni 10 giorni più o meno (spero più meno che più, LOL).
Poi, c'è un'altra cosa che devo dirvi e stavolta coinvolge voi in prima persona: la storia non ha una copertina, quindi sarete voi a farla. Non ci saranno nè vincitori nè vinti, semplicemente, qualora arrivassero più copertine, si alterneranno nei vari capitoli :) Quando avrete fatto, potete inviarmela come mesaggio privato su fb Paola Efp, specificando chi siete, così potrò ringraziarvi. Spero partecipiate in tante!
Credo di aver detto tutto, quindi, liberate la fantasia e alla prossima gente :D 
Paola

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Capitolo 2
*** Fiducia ***


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FIDUCIA

< Solo io posso giudicarmi. Io so il mio passato, io so il motivo delle mie scelte, io so quello che ho dentro. Io so quanto ho sofferto, io so quanto posso essere forte e fragile, io e nessun altro. >  Oscar Wilde

 

 

Quando la sveglia suonò, per un attimo mi sentii spiazzata, non riconoscevo il posto in cui mi trovavo né tantomeno mi ricordavo come ci fossi finita, ma poi la situazione tornò ad essere chiara: ero nella mia nuova stanza e oggi sarebbe stato il mio primo giorno di lavoro. Solo quel pensiero bastò a farmi balzare giù dal letto quanto più velocemente possibile e farmi fiondare in bagno.
Finii di preparare la colazione giusto in tempo per l’arrivo del signor Edward: quando sentii il rumore delle ruote della sedia a rotelle risuonare nel salone, mi affacciai con i piatti in mano.
“ Buongiorno signor Cullen, ecco la sua colazione. ” Lo salutai, poggiando i piatti sul tavolo. Mi sentivo un po’ nervosa, era la prima volta che lo affrontavo da sola e feci di tutto per evitare di incrociare il suo sguardo.
“ Le tende, le chiuda subito. ” Disse a denti stretti, rimanendo sulla soglia della porta così che non fosse illuminato dalla luce diretta, ma rimanesse in penombra.
“ O mio dio, certo, che sbadata, mi scusi. ” Mi affrettai a chiuderle, maledicendomi per la mia sbadataggine e poi mi misi accanto al tavolo, in attesa che lui si avvicinasse e iniziasse a mangiare.
Merda! Come inizio non era niente male, se avessi continuato così non sarei rimasta a servizio lì per molto tempo.
Rimasi accanto a lui senza sapere cosa fare o dire, facendo vagare lo sguardo per la stanza; non sapevo se avessi potuto allontanarmi o meno, così ingannai il silenzio e l’attesa ripassando a mente i vari compiti della giornata.
“ Isabella, dormito bene? ” La sua domanda mi colse alla sprovvista, tanto che impiegai qualche secondo a rispondere.
“ Ehm sì, grazie. Lei? ”
Lo avevo chiesto davvero? Figure di merda 2- Bella 0.
“ Normale. ”
Mi presi un attimo per osservarlo meglio, ora che eravamo vicini, e mi accorsi che era più giovane di quanto avessi pensato ieri, forse non raggiungeva neppure i trent’anni; eppure sembrava più grande, sia negli atteggiamenti, che nel modo di vestire, con quei maglioni a scollo rotondo e i foulard annodati al collo, e poi da quel poco che avevo visto, in casa non c’erano fotografie di nessun tipo, nulla che testimoniasse la sua vera presenza in quella casa, sembrava quasi che fosse un inquilino più che il proprietario.
“ William le ha fatto vedere la casa? ”
“ Si, mi ha mostrato tutto. ” Lo fissai in attesa di una qualsiasi reazione che la mia risposta avrebbe potuto provocargli, visto che dalle mie parole poteva anche intendere che il maggiordomo mi avesse mostrato quella parte della casa che lui mi aveva precluso, e invece nulla, rimase impassibile, finendo di bere il suo the.
“ Perfetto, allora non avrà problemi a cominciare appena io finirò. ” Era evidente che riponeva molta fiducia in William, sapeva che lui non lo avrebbe mai tradito disubbidendogli, e chissà se anche tra noi si sarebbe instaurato questo rapporto di fiducia e stima come tra loro due.
“ Era tutto squisito, grazie. Se ha bisogno di me sono nel mio studio. ” Si allontanò dal tavolo e lasciò la stanza senza aggiungere altro, chiudendosi al buio in quella esattamente di fronte.
Era strano il fatto che quella casa fosse sempre al buio, mi metteva inquietudine, così la prima cosa che feci fu aprire le tende e lasciare che i raggi del sole inondassero la stanza. Era anche complicato muoversi con quella penombra, gli occhi faticavano ad abituarsi a quello strano bagliore che si creava, e se fossi rimasta ancora a lungo con quella poca luce mi sarei ritrovata con un mal di testa tremendo nel giro di poche ore.

Dopo aver riordinato la cucina, salii quasi di corsa le scale per andare al primo piano: oggi avrei dovuto pulire la camera padronale, e forse così avrei potuto scoprire qualcosa sulle stranezze che circolavano in quella casa.
La porta era stata lasciata aperta e la leggera penombra che illuminava la stanza mi permetteva di muovermi senza sbattere contro i mobili, ma io andai ad aprire le finestre e feci cambiare l’aria, dando a quella stanza un aspetto meno tetro. Corsi a chiudere la porta così se lui fosse salito non si sarebbe accorto della mia trasgressione alle sue regole.
Mi guardai intorno e notai come anche quelle quattro mura, il luogo in cui solitamente la gente si sente più al sicuro, fossero completamente impersonali: non c’era nulla che mostrasse la sua effettiva vita lì dentro; sembrava come se lui volesse scomparire, come se non volesse farsi trovare, e per un attimo ebbi paura che fosse, magari, un ricercato della polizia, ma mi diedi subito della sciocca: per quanto io fossi poco informata sulle famiglie per bene della città, i Cullen erano abbastanza famosi, per cui se uno dei figli fosse in pericolo, non l’avrebbero lasciato nascondersi in aperta campagna.
Mi avvicinai alla sua scrivania e aprii i cassetti, sentendo addosso l’ansia di stare facendo qualcosa di sbagliato, ma, nello stesso tempo, volendo scoprire quali misteri nascondesse quell’uomo.
C’erano solo delle carte, forse i registri contabili della villa, non riuscivo a capire, così chiusi velocemente quelli e mi diressi verso l’armadio, spalancando le ante. La prima cosa che mi colpì fu la presenza preponderante, per non dire assoluta, di colori scuri: nero, marrone e blu erano gli unici colori che distinguevo, per non parlare del fatto che c’era solo roba a maniche lunghe, come se l’estate non dovesse mai arrivare; certo, era possibile che tenesse le cose estive di sopra, in quell’ala della casa che mi era vietata, ma qualcosa mi faceva intuire che non fosse così, e ripensando all’abbigliamento di stamani, era come se lui volesse scoprire  meno possibile il suo corpo: le uniche parti libere dai vestiti erano le mani e il viso, che però non potevano essere viste chiaramente per via del perpetuo buio in cui si muoveva. Sembrava quasi che volesse scomparire nei muri, che volesse nascndersi nello stesso buio in cui si muoveva così a suo agio.
Poi notai, in una mensola in alto, una chiave, uguale a quelle che avevo visto nelle serrature delle altre porte e mi incuriosì parecchio il fatto che lui la tenesse conservata lì.
Sobbalzai quando sentii un rumore provenire da sopra la mia testa, forse Edward era salito sopra, e quello non era il momento più adatto per fare indagini.
Riassettai la stanza con cura, e poi passai al bagno; fortunatamente il padrone sembrava essere un tipo abbastanza ordinato, e non di quegli uomini che lasciavano il bagno in condizioni pietose. Mentre pulivo il lavandino, uno schizzo di detersivo mi finì sul viso, e alzai istintivamente gli occhi per vedere dove fosse andato a finire precisamente e toglierlo, ma lo specchio non mostrava alcuna traccia di sporco e rimasi perplessa, visto che sentivo chiaramente la gocciolina percorrermi la guancia, ma ugualmente mi portai una mano sul viso per accertarmene e fu in quel momento che lo notai: lo specchio del bagno rifletteva solo metà del mio corpo, non vedevo la mano sinistra riflessa, potevo specchiarmi solo la parte destra del viso, ecco perché non scorgevo la gocciolina di detersivo; rimasi completamente sconvolta da quella anomalia, perché si capiva che non fosse difettoso, chiunque se ne sarebbe accorto subito, era stato fabbricato appositamente in quel modo. Mentre ero ancora sconvolta da quella scoperta, un bussare frenetico alla porta mi fece sobbalzare.
“ Isabella, è qui dentro? ” La voce di Edward era parecchio irritata, forse perché avevo chiuso la porta contrariamente a quello che aveva fatto lui.
“ Arrivo. ” Urlai, sciacquandomi velocemente le mani e il viso.
“ Chiudi le finestre prima di aprire. ” Mi ammonì con voce dura e a quel punto l’ipotesi che lui non volesse farsi vedere, divenne certezza.
Feci come mi aveva detto e poi aprii la porta della stanza. “ Ha bisogno di qualcosa? ”
“ Devo cambiarmi, mia madre mi vuole a pranzo oggi. Se lo desidera, dopo aver terminato le faccende, può prendersi la giornata libera, William verrà con me. ”
“ Grazie, ne approfitterò per dare un’occhiata al giardino. ”
“ Bene, allora può andare, e si ricordi, la prossima volta che disubbidisce ai miei ordini non sarò così clemente. ” E dicendo così, chiuse la porta alle sue spalle, lasciandomi allibita sul corridoio: si riferiva sicuramente al fatto che avessi aperto le tende nella sua stanza, ma io non mi pentivo di quanto avevo appena fatto, le stanze avevano bisogno di prendere luce ogni tanto, o sarebbe finita per ammuffire, proprio come lui, che sembrava un vecchio nel corpo di un giovane.

Aspettai che fossero usciti e dopo aver finito le faccende, tornai in camera di Edward e presi la chiave che era nascosta nell’armadio.
Con quella stretta nel pugno, mi portai la mano al petto, quasi volessi trattenere il cuore che pulsava come un matto: ero agitata, sapevo di stare per infrangere tutte le regole della casa, ma ero anche curiosa. Ero indecisa, non riuscivo a capire cosa era giusto fare, ma se non mi fossi sbrigata a prendere una decisione, loro sarebbero tornati prima che avessi combinato qualcosa.
Con il cuore che mi rimbombava nelle orecchie, decisi di salire quei gradini, e ad ogni passo le gambe sembravano diventare sempre più pesanti; quando arrivai al pianerottolo, mi trovai davanti solo due porte e non sapevo a quali delle due appartenesse la chiave, così mi avvicinai a quella che si trovava di fronte a me. Presi un respiro profondo, cercando di rilassare le spalle, e alzai la mano impugnando la chiave come se stessi stringendo qualcosa da cui sarebbe dipesa la mia vita. Le mani mi tremavano a tal punto che non riuscivo ad infilare la chiave nella serratura, e quando mi cadde a terra, il rumore prodotto mi fece sussultare e fu in quel momento che presi veramente coscienza di quanto stavo per fare: ero pronta a tradire così la fiducia della persona che mi aveva dato lavoro? Ero pronta a perdere tutto dopo la fatica che avevo fatto per trovare un nuovo impiego?
Raccolsi la chiave da terra e scesi le scale di corsa, precipitandomi di sotto quasi fossi inseguita da qualche mostro, mostro che in realtà era la mia coscienza, che mi stava facendo sentire in colpa come se avessi davvero aperto quella porta. Andai subito nella camera di Edward e rimisi la chiave al suo posto, assicurandomi che ogni cosa fosse come lui l’aveva lasciata e quando chiusi la porta alle mie spalle, dovetti appoggiarmi un attimo ad essa per evitare che le mie gambe cedessero: cosa diavolo mi era venuto in mente? Se anche fossi entrata, come avrei fatto a continuare a lavorare in questa casa e a guardare il padrone in faccia dopo averlo tradito così spudoratamente?
Per cercare di calmarmi e non farmi trovare come se avessi appena visto un fantasma, decisi di fare una passeggiata per il giardino, ammirando le bellissime piante che lo rendevano così rigoglioso da sembrare un orto botanico: erano soprattutto le rose, bianche e rosse, in netto contrasto tra loro, ma per questo ancora più affascinanti, ad avere catturato la mia attenzione, con i loro petali soffici e delicati, in piena fioritura nonostante la temperatura fosse parecchio rigida.
Sentendo il rumore di una macchina avvicinarsi e capii che William e il signor Edward erano di ritorno. Mi avvicinai al vialetto d’ingresso, per accogliere il mio padrone, e per la prima volta vidi la macchina con cui viaggiava, e non mi stupii che avesse i vetri oscurati. Ero lì ad aspettarlo, quando vidi William venirmi incontro, dopo aver fermato la macchina.
“ Bella, posso chiederti di entrare in casa o andare dall’altra parte del giardino? ” Mi chiese con tono sommesso, guardandosi nervosamente alle spalle.
“ Come? ” Ero sicura di non aver capito bene, non poteva chiedermi davvero una cosa del genere.
“ Ti prego, il padrone non vuole essere visto. ”
“ Ma è una cosa allucinante. Lavoro per un fantasma per caso? Non avrò mai il permesso di vedere in faccia l’uomo per cui lavoro. ” Sbottai, senza riuscire a trattenermi.
“ Bella, non mettermi nei guai, il signor Cullen non è un tipo molto paziente. ” Mi supplicò William.
“ Lo faccio solo per te. Ma puoi tranquillamente dirgli che non mi era mai capitato di incontrare dei padroni così maleducati. ” Scesi i gradini e mi diressi verso il cancello della tenuta, non prima, però, di aver lanciato uno sguardo pieno di astio verso la macchina nella quale, ero certa, Edward Cullen avesse spiato tutta la scena.
Sentii il rumore della carrozzella che veniva aperta da William e poi il padrone che lo ringraziava, ma certo non mi sarei mai aspettata che prima di entrare in casa si rivolgesse a me.
“ Signorina Swan, non sono un fantasma ma potrei diventare il suo peggior incubo se lei continua ad essere così impertinente. E le assicuro che lei non ha conosciuto il mio lato maleducato, se lo avesse fatto probabilmente non sarebbe ancora qui: non giudichi prima di conoscere. ”
Rimasi impietrita, come poteva trattarmi così quando era lui ad essere palesemente in torto? Contravvenendo ai suoi ordini, mi voltai pronta a rispondergli, ma lui stava già varcando la porta di casa e decisi di lasciai perdere, ripromettendomi, però, che la prossima volta non mi sarei lasciata trattare così.

 

 Ed ecco a voi il primo capitolo. Ci sono ancora tanti misteri da svelare, ma qualcosa viene fuori, anche se per questa volta non saprete cosa si trova al piano di sopra XD

Volevo ringraziarvi per l'immenso affetto che mi avete dimostrato con lo scorso aggiornamento, è sempre un piacere ritrovarvi mie fedeli :)
Adesso ringraziamo tutte in coro mikkiko 78 (la mia Michy <3) per aver realizzato la copertina del capitolo: grazie Michy!

Ok, lo studio mi ha dato alla testa, quindi vi do appuntamento al prossimo aggiornamento (wow, ho fatto pure la rima), lasciandovi nuovamente il mio indirizzo fb Paola Efp dove potete inviarmi le vostre copertine: su, ci sono ancora tanti capitoli, date libero sfogo alla fantasia u.u

A presto, Paola.

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Capitolo 3
*** Dark shadows ***


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DARK SHADOWS

< Se tutto il resto perisse e lui restasse, io potrei continuare ad esistere; ma se tutto il resto durasse e lui fosse annientato, il mondo diverrebbe, per me, qualche cosa di immensamente estraneo. > Cime tempestose.

 

Da qualche giorno il signor Cullen aveva la febbre alta, e non lasciava mai la sua stanza.
Io, naturalmente, non potevo entrare lì dentro con lui presente, visto che le luci sarebbero rimaste accese per permettergli di lavorare o di passare il tempo leggendo, quindi mi limitavo a preparargli i pasti e portarli a William che poi glieli consegnava.
Non riuscivo a capire il suo comportamento nei miei confronti, ormai erano passati alcuni mesi dalla mia assunzione, eppure continuava a trattarmi come se fossi un’estranea, rivolgendomi la parola solo quando era indispensabile e senza mai mostrarmi il suo volto; ero stanca del suo modo di fare, ma avevo le mani legate, i soldi mi servivano per vivere e lasciare il lavoro poteva voler dire darsi la zappa sui piedi se lui avesse deciso di farmi terra bruciata intorno.
Approfittando del fatto che avesse smesso di nevicare e ci fosse un pallido sole, ero uscita a fare una passeggiata in giardino, concedendomi una piccola pausa dalle faccende domestiche, quando la mia attenzione venne catturata da un piccolo micio rosso che giocava con un rametto.
“ Ciao piccolino. ” Mi avvicinai cautamente, avevo paura potesse scappare, ma a quanto pareva anche lui era in cerca di compagnia, perché non si intimorì, anzi, allungò la sua zampetta verso la mia mano tesa e iniziò a giocarci.
Mi inginocchiai e presi ad accarezzarlo, mentre lui miagolava e faceva le fusa.
“ Cosa ci fai in giro con questo freddo? ” Gli chiesi, come se potesse rispondermi: era davvero piccolo, avrà avuto al massimo qualche settimana; doveva essersi allontanato dalla madre attirato da qualcosa, e chissà come, era finito nel nostro giardino. Lo presi in braccio e lo avvicinai al mio viso per osservarlo meglio e lui per tutta risposta mi leccò il naso, provocando le mie risate.
Iniziai a giocarci, solleticandogli il pancino e lui scacciava la mia mano, tutto intento a cercare di catturare il mio dito, e vedere la concentrazione con cui lo faceva scatenava le mie risa ancora di più.
Improvvisamente un brivido mi corse lungo la schiena, era come se sentissi gli occhi di qualcuno puntati addosso; mi voltai di scatto, alzando gli occhi e fu in quel momento che lo vidi: Edward Cullen mi stava spiando dalla finestra della sua camera. Fu un attimo, il tempo che lui capisse che mi ero accorta di averlo visto e i nostri sguardi si incatenassero, e scomparve dietro la tenda.
Lasciai andare il fiato, che non mi ero neppure accorta di stare trattenendo, e rimasi per un attimo immobile, turbata dal fatto che mi stesse spiando, perché altrimenti non si sarebbe ritratto così in fretta, e ancora di più perché in quel modo avevo avuto la prova che lui non fosse allergico alla luce del sole, ma semplicemente non si volesse far vedere da me, visto che la finestra era colpita dal sole in quel momento.
Feci un’ultima carezza al gattino e rientrai, profondamente scossa, correndo a chiudermi in camera mia; mi sentivo strana, il fatto che lui fosse rimasto lì a spiarmi da chissà quanto tempo mi faceva sentire inquieta, come se fossi stata privata della mia privacy, e debole perché ero in suo potere, considerando che lui poteva osservarmi in ogni minuto della giornata ma io non potevo fare lo stesso.

Quella sera dissi a William che non mi sentivo tanto bene, per cui doveva essere lui a preparare la cena per il signor Cullen.
“ Veramente Bella il padrone pensava di scendere a cena, da due giorni ha solo qualche linea di febbre, e poi io ho la serata libera, dovrei andare in città. ” Si scusò.
“ Oh, non preoccuparti, è solo un po’ di mal di testa, posso benissimo preparare la cena e poi salire di sopra.”
“ Sei sicura? Posso rimandare la mia uscita. ”
“ Vai, hai diritto al tuo giorno di riposo, non sto così male. ” Lo incoraggiai e finalmente parve deciso a godersi la sua serata libera.
La cena trascorse in un’atmosfera surreale, che sarebbe quasi potuta sembrare comica ad occhi estranei: con il tenue bagliore creato dal caminetto accesso dall’altro lato della stanza, Edward non aveva proferito parola durante tutto il corso della cena, e io mi ero guardata bene dal farlo, visto che avevo  solo voglia di andare in camera mia e rilassarmi leggendo un bel libro. Quando terminò, tirai un sospiro di sollievo e velocemente misi in ordine per poi chiudermi in camera.

Non sapevo bene che ora fosse, ma certamente era parecchio tardi quando sentii un urlo lacerare il silenzio della notte: riconobbi distintamente la voce di Edward, così balzai giù dal letto e corsi in camera sua senza pensarci due volte. Accesi la luce e mi precipitai verso di lui, che si dibatteva nel letto urlando come un pazzo.
“ Tanya, non lasciarmi, ti prego. ”
Non sapevo cosa fare, se toccarlo o meno, avevo paura di una sua reazione, ma in qualche modo dovevo tirarlo fuori da quell’incubo che sembrava lo stesse divorando dentro.
“ Edward, signor Cullen, si svegli. ” Lo chiamai, ma inutilmente, visto che le sue urla sovrastavano la mia voce.
“ Perché? Tanya, perché tu? ” Continuava a  dibattersi come impazzito, mentre notai che adesso il suo viso era bagnato di lacrime.
“ Edward, è un incubo, apra gli occhi. ” A quel punto lo presi dalle spalle e iniziai a scuoterlo, fino a quando non si svegliò.
Per un attimo si guardò attorno confuso, sembrava osservare qualcosa che non era realmente in quella stanza, e poi mi mise a fuoco, e in quel momento vidi il panico e poi la furia attraversargli lo sguardo.
“ Cosa ci fai tu qui? ” Ansimò, completamente sconvolto, agitandosi a tal punto che gli lasciai le spalle, allontanandomi, temendo che potesse farmi male.
“ Vi ho sentito urlare e sono entrata. ” Mi giustificai, mentre la paura di aver fatto la cosa sbagliata si impossessava di me.
“ Sai bene che ti è vietato accendere la luce. ” E fu in quel momento che capii il motivo per cui fosse restio a farsi vedere: la parte sinistra del suo viso era completamente deturpata da cicatrici, probabilmente derivanti da una profonda ustione. Inevitabilmente i miei occhi si fissarono su quella parte del suo viso, ma quando mi resi conto che lui mi stava guardando con odio, abbassai immediatamente gli occhi.
“ Io… mi dispiace. ”
“ Fuori da questa casa. ” La voce gelida, priva di qualsiasi emozione.
“ Come? ”
“ Pensavi che ti tenessi ancora qui dopo aver disubbidito più volte ai miei ordini? ”
“ Mi dispiace, davvero, l’ho fatto solo perché credevo vi stesse sentendo male. ” Cercai di giustificarmi.
“ Stavolta forse, ma quando sei entrata al secondo piano, dove ti avevo espressamente vietato di andare? Anche lì aiutavi qualcuno? ” Il suo tono di voce era duro, da saccente, fatto apposta per ferire e schernire.
“ Ho sbagliato, ma vi giuro che mi sono fermata prima, non ho aperto nessuna porta. ” Quasi urlai, accalorandomi nella mia difesa: stavo per sbagliare, ma mi ero fermata in tempo, non poteva punirmi per qualcosa che non avevo fatto.
Scattò su a sedere come un fulmine e si protese verso di me, come se si volesse alzare dal letto, e in quel momento lessi nei suoi occhi la rabbia e la frustrazione nel non poter muovere le gambe; cercò lo stesso di scendere dal letto, aiutandosi con le braccia per sollevare i suoi arti inferiori, ma fu tale la furia dei suoi movimenti, che perse l’equilibrio e istintivamente mi chinai su di lui per sostenerlo e non farlo cadere, e lo sentii diventare un pezzo di ghiaccio tra le mie mani. Chiusi gli occhi e tentai di reprimere un urlo quando vidi la sua mano sollevarsi e abbattersi verso di me, ma non colpì il mio viso, come mi sarei aspettata, bensì il comodino, ma lo schianto mi fece comunque paura.
“ Non voglio più sentire una sola parola uscire da questa bocca. Vai via. ” Disse ad un centimetro dal mio viso, mentre il suo era trasfigurato dalla rabbia.
“ La prego. ” Rantolai, il respiro affannato e le lacrime che mi bagnavano il viso.
“ Non lo sai che si pregano solo i santi? Dovevi pensarci prima, e adesso FUORI. ” Urlò, per poi afferrarmi per un braccio e spingermi all’indietro, facendomi perdere l’equilibrio e cadere a terra. Non riuscii a trattenere un singhiozzo: ero letteralmente sconvolta, non pensavo che in lui si potesse scatenare una tale furia.
Non me la sentivo di rimanere in quella casa un minuto di più, volevo solo fuggire, allontanarmi da lì il più velocemente possibile.
Scesi di corsa le scale, non curandomi di prendere la roba che avevo portato con me, l’avrei potuta ricomprare, era l’ultimo dei miei pensieri; mi dispiaceva solo non poter salutare William, ma non potevo aspettare il suo ritorno, non avevo intenzione di rimanere in quella casa un minuto di più.
L’aria ghiacciata della notte mi colpì in pieno, facendo aumentare i miei tremori e le lacrime che mi offuscavano la vista; non sapevo bene dove andare, tra il buio e la neve, che rendevano il paesaggio tutto uguale, mi sentii smarrita per un attimo, ma poi notai i segni degli pneumatici lasciati dalla macchina di William, così decisi di seguire quelli, per allontanarmi da quella casa e dal suo padrone.
La cosa che mi faceva più rabbia, poi, era il fatto che nonostante il modo in cui mi avesse trattata non riuscivo ad odiarlo, ma provavo solo tanta pena per lui: si era rinchiuso in quella casa per nascondere quelle cicatrici, ora ne ero certa, e il suo isolamento lo aveva portato a non riuscire più a comunicare con gli altri in maniera civile, era come se si fosse abbrutito. E poi c’era quel nome che mi vorticava in testa, non avevo idea di chi fosse, ma, a quanto pareva, era qualcuno di molto importante per lui, probabilmente la sua ragazza, che adesso non faceva più parte della sua vita, da quello che avevo intuito dalle sue urla, e questo aveva sicuramente peggiorato il suo carattere, portandolo a non avere più fiducia nelle persone.
Quelle cicatrici risalivano a prima o a dopo l’allontanamento della ragazza? Era stato per il suo aspetto fisico o per il carattere così scorbutico che questa Tanya lo aveva lasciato? Non si mostrava perché temeva che anche io potessi scappare di fronte al suo aspetto? Ma non poteva sapere che l’unica cosa che mi era rimasta impressa erano i suoi occhi: avevo avuto il privilegio di vederli bene solo questa sera, ma non avevo mai visto occhi tanto verdi. Verdi e freddi come due smeraldi a prima vista, ma ad un’occhiata più attenta rivelavano un fondo di disperazione che rischiava di fare annegare chiunque avesse provato a farlo risalire a galla.
Ad un tratto mi arrestai di colpo, rendendomi conto solo in quel momento che stavo girovagando a vuoto, senza più seguire la pista lasciata dalle ruote dell’auto, persa come ero nei miei pensieri, e la neve che aveva ripreso a scendere ne aveva cancellato le tracce.
Il panico si impossessò di me, non avevo idea di come muovermi ed il freddo mi era ormai penetrato nelle ossa così profondamente che non riuscivo più a sentire le mani o i piedi; mi accasciai al suolo, non sapevo dove andare, e la possibilità che qualcuno mi trovasse era davvero remota a quell’ora della notte: ammesso che fossi rimasta nel sentiero principale, senza addentrarmi nella campagna circostante, chi si sarebbe avventurato per quelle stradine durante una nevicata?
Rimasi lì, immobile, cercando di restare al caldo quanto più potevo, avvolgendomi le gambe con le braccia, combattendo lo stato di sonnolenza che si stava impossessando di me, fino a quando la battaglia non divenne troppo dura e le palpebre vinsero, chiudendosi.

 

Ho da dire due cose, prima di tutto.
La storia, come ho anche scritto nelle recensioni a chi me lo chiedeva, prende spunto dalla Bella e la bestia, ma a parte qualche similitudine, non hanno molto a che spartire le due storie.
Secondo, se qualcuno si è sentito offeso dalla mia " richiesta " di copertine me ne scuso: non volevo obbligare nessuno a lavorare al posto mio, lo trovavo semplicemente un modo carino per coinvolgervi, tutto qui. Non pretendo certo che perdiate tempo per me, se vi va di farlo sarò felice di pubblicare, altrimenti niente, userò quelle che ho avuto e andremo avanti tranquilli.

Detto ciò, grazie di cuore per l'affetto che state dimostrando alla storia, sono molto felice che vi stia coinvolgendo tanto già dai primi capitoli!
Ringrazio tantissimo anche Ilenia, che ci ha fortito una bellissima copertina per questo capitolo: sei un tesoro!
Bene, vi lascio il link del mio gruppo, dove possiamo chiacchierare e dove ogni tanto metto spoiler della storia, se voleste passare, siete le benvenute: Musica e Parole
Ci sentiamo tra una decina di giorni, Paola.

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Capitolo 4
*** Cambiamenti ***


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CAMBIAMENTI

< Qualcosa in lui si trasformò,
era sgarbato un po' volgare ora no:
è timido, piacevole,
non mi ero accorta che ora è incantevole. > La bella e la bestia.

 

 

Avevo freddo, tanto freddo. Ma contemporaneamente mi sentivo accaldata, sudata. Brividi mi attraversavano continuamente il corpo, facendomi battere i denti e tremare tutta, ma non avevo le forze per alzarmi e prendere una coperta, speravo che qualcuno si accorgesse di come stavo e mi aiutasse prima che morissi di freddo.
C’era confusione intorno a me, sentivo delle voci, ma erano lontane, non capivo da dove provenissero né tantomeno a chi appartenessero.
Ero tanto stanca, volevo solo dormire per sempre, e qualcuno parve dar retta al mio pensiero, perché le voci smisero di disturbarmi e l’oblio mi avvolse nuovamente.

 

Quando ripresi nuovamente conoscenza, sentii qualcosa scorrere lungo la mia guancia: non capii subito cosa fosse, ma quando rimase in bilico sul profilo della mia mandibola, capii essere una gocciolina d’acqua colata da qualcosa di freddo che era poggiato sulla mia fronte; la gocciolina era indecisa se proseguire la sua corsa lungo il mio collo o arrestarsi lì, ma qualcuno prese la decisione al posto suo, asciugandola con un dito.
“ Quanto tempo è passato, William? ” Riconobbi subito la voce di Edward e cercai con tutte le mie forze di non muovere un solo muscolo per fargli capire che ero più o meno cosciente.
“ Trentasei ore signore. ”
Da cosa erano passate tutte quelle ore?
“ Forse è il caso di portarla in ospedale. ”
“ Il dottore ha detto che il peggio è passato, dobbiamo solo aspettare che si svegli, abbia fede. La febbre è scesa, non ha più convulsioni, deve solo recuperare un po’ le forze. ”
“ Se anche lei dovesse… ” Il signor Cullen non riuscì a finire la frase, la voce gli si spezzò prima, pregna di dolore.
“ Non accadrà signore, vedrà. ” Lo rassicurò William, ma a quel punto ero già per metà nel mondo dei sogni, troppo stanca per stare a sentire altro.

 

Nel momento in cui aprii le palpebre vidi buio fitto intorno a me, tanto che pensai di stare ancora dormendo e quello fosse solo un sogno. Poi una debole luce proveniente dalla mia sinistra attrasse la mia attenzione e voltando lo sguardo vidi che era la luna che risplendeva da dietro la finestra.
Provai a muovermi, avevo la gola secca e volevo bere, ma quando cercai di sollevarmi, notai che qualcosa me lo impediva: era Edward, mi teneva la mano e si era addormentato con la testa sulle mie gambe; non doveva essere una posizione comoda, ma dormiva tanto profondamente che non sapevo bene cosa fare.
La sete però era parecchia, mi sentivo la gola in fiamme, cosi cercai di spostarmi senza scuoterlo troppo, ma a quanto pare aveva il sonno leggerissimo, perché bastò solo che allentassi la stretta della sua mano per farlo svegliare di colpo.
“ Che succede? ” Chiese senza capire, con la voce ancora impastata di sonno.
“ Mi scusi, io… ”
“ Bella, sei sveglia. ” Mi interruppe, senza lasciarmi il tempo di parlare. “ Come ti senti? ”
“ Meglio grazie, avrei bisogno di bere però. ”
“ Devo accendere la luce, forse è meglio se socchiudi gli occhi. ”
Stavolta non me lo feci ripetere due volte e ascoltai subito i suoi ordini; poco dopo sentii una sua mano aiutarmi a sollevare il capo e avvicinarmi il bicchiere alle labbra. Bevvi tutto d’un fiato, come un’assetata che trova un’oasi nel deserto dopo miglia e miglia di camminata sotto il sole cocente.
“ Ne vuoi ancora? ”
Scossi semplicemente la testa, certa che lui mi avrebbe vista, infatti mi aiutò a sorseggiare un altro bicchiere, e finalmente la mia gola cessò di bruciare, alleviata dalla frescura dell’acqua.
“ Come sono finita qua? ” Chiesi, dopo qualche secondo, curiosa di sapere chi mi ci avesse riportato: pensavo che avrebbero trovato un ghiacciolo invece che me ancora viva.
“ Isabella, puoi anche aprire gli occhi, ti avevo detto di socchiuderli per non farti infastidire dalla luce. ” La sua frase mi spiazzò parecchio, non credevo possibile che mi stesse dando il permesso di osservarlo liberamente: è vero che lo avevo già visto, ma non credevo che le regole potessero cambiare.
Aprii gli occhi lentamente, prima uno e poi l’altro, e solo quando lo vidi guardarmi rilassato, mi decisi ad aprirli del tutto.
E in quel momento accadde: Edward si aprì in un bellissimo sorriso, uno di quelli che ti scaldano il cuore anche quando senti il gelo dentro di te, uno di quei sorrisi che ti viene voglia di ricambiare, anche se non sai il motivo, perché sono talmente dolci che ti costringono a farlo.
“ Temevi che ti urlassi nuovamente contro? ” Mi chiese sereno e io non potetti smentirlo.
“ Un po’. ” Ammisi, stringendomi nelle spalle.
“ Hai ragione, sono stato imperdonabile, e ti porgo le mie scuse. Non avrei mai dovuto reagire così, sono stato un mostro, non mi sono controllato; quando sei fuggita via mi sono sentito sollevato per un attimo, ma poi ho capito l’enorme errore che avevo fatto, il modo ignobile in cui ti avevo trattata e le accuse, infondate, che ti ho lanciato contro. Sono sceso a cercarti, ma tu ti eri allontanata più del previsto, considerando quanto io possa essere veloce – indicò la sua sedia a rotelle, sottolineando quanto fosse difficile per lui muoversi – e  la neve stava ricominciando a cadere, coprendo le tue orme, e nelle mie condizioni non mi è possibile fare molto da solo, così ho chiamato William, gli ho detto di tornare indietro e di osservare con attenzione il bosco per vedere se riusciva a scorgerti. Ti ha trovata lungo il sentiero, quasi in stato di ipotermia, e quando ti ho vista svenuta tra le sue braccia, mi sono sentito morire: ero io la causa di tutto quello che ti era successo, era solo mia la colpa di ogni cosa accaduta. ”
“ Shh, basta Edward, si calmi. Adesso sto bene, non c’è bisogno di fare così, è andato tutto bene. ” Lo interruppi, perché ad un certo punto stava iniziando ad incolparsi per cose che lui non avrebbe potuto controllare, per vecchi scheletri nascosti nel suo armadio.
“ Solo a mente lucida ho capito che se eri entrata in camera mia, lo avevi fatto solo perché eri veramente in pensiero per me, per avermi sentito urlare. E quando sono andato di sopra a controllare cosa avessi fatto, ho avuto la prova che le tue parole erano vere, perché se davvero fossi entrata lì dentro, ci sarebbero state le impronte dei tuoi piedi sullo strato di polvere, e invece era tutto esattamente come lo avevo lasciato. ”
“ Allora perché mi avete accusata? ” Lui non era in casa, non poteva sapere che io fossi salita sopra, non avevo lasciato nulla fuori posto. Forse, spaventata, mi ero data la zappa sui piedi ammettendo qualcosa che lui non sapeva? O c’erano delle telecamere e io non ci avevo fatto caso?
“ Perché avevo trovato la chiave posata nell’armadio dal verso opposto rispetto a come la poso sempre io. ”
“ E’ vero, ho sbagliato a frugare nei vostri effetti personali, ma vi giuro che quando sono arrivata davanti a quelle porte mi sono sentita davvero uno schifo per quello che stavo facendo, non potevo tradire così la vostra fiducia, avrei dovuto tenere a freno la mia curiosità. Se ora non mi vorrete più al vostro servizio, lo capirò, non preoccupatevi. ” Conclusi, non riuscendo a guardarlo più negli occhi perché mi vergognavo profondamente per quello che avevo fatto.
“ Isabella, sono io a doverti chiedere se vuoi rimanere ancora qua dopo quello che ti ho fatto. ” Mi mise due dita sotto il mento, costringendomi a sollevare con delicatezza il volto e a guardarlo negli occhi.
“ Non mi piace lasciare le cose a metà, quindi rimarrò a lavorare qui. ” Risposi subito.
“ Allora è tutto apposto. ” Sorrise nuovamente, e stavolta ricambiai anche io, sentendomi più tranquilla.
“ Potrò continuare a sperare che vi comporterete in maniera gentile con me? Voglio dire, non dovete risparmiarmi il lavoro, ma solo trattarmi in modo giusto e magari consentirmi di parlarvi alla luce del sole e non più solo ad un’ombra. ” Parlai con tono volutamente scherzoso, ma lui dovette capire dalle mie parole e dalla serietà del mio sguardo che non stavo affatto scherzando, che non avrei più tollerato un comportamento del genere da parte sua, e volevo la sua parola che ciò non accadesse più.
“ Non ho più motivo di nascondermi, ma per quanto riguarda il mio carattere, farò del mio meglio per essere più gentile, ma non vi posso promettere nulla. ”
“ Mi basta il vostro rispetto. ” Ribattei decisa e lui annuì.
Rimanemmo per un po’ in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, quando io non riuscii a trattenere uno sbadiglio.
“ Sei stanca? ” Mi chiese premuroso.
“ Un po’, anche se ho dormito parecchio. In effetti, quanto sono stata addormentata? ”
“ Quasi due giorni. ”
Lo guardai con una faccia sconvolta. “ E come faccio ad essere ancora stanca? ”
“ Il dottore ha detto che è normale. Su, ora riposa. ” Dicendo ciò si allontanò leggermente con la sedia dal bordo del letto e attese che io mi rimettessi sotto le coperte, poi spense la luce.
“ Buonanotte signore, e grazie. ” Sussurrai nel buio.
“ Buonanotte Isabella. ”

 

Il giorno dopo mi svegliai decisamente più in forze e anche affamata, a giudicare dal brontolio del mio stomaco. Mi accorsi che era parecchio tardi, se non mi fossi sbrigata il signor Cullen non avrebbe trovato niente in tavola; feci una doccia al volo e dopo aver indossato la divisa, scesi in cucina a preparare la sua colazione. Tutto fu pronto nel momento esatto in cui Edward fece il suo ingresso nel salone.
“ Ecco a lei la sua colazione. ” Gli dissi, sistemando tutto perché fosse a sua portata di mano.
“ Isabella, non pensavo di vederti già stamani a lavoro. ” Rispose, piacevolmente sorpreso, zuccherando il suo caffè.
“ Sto bene, non volevo rimanere oltre a poltrire nel letto inducendola così a pensare che fossi una scansafatiche. ” Ammisi sincera.
“ Non lo avrei assolutamente pensato, per cui nel momento in cui dovessi stancarti interrompi pure quello che stai facendo. ”
Nel momento in cui lui stava per addentare la sua fetta di pane e marmellata, il mio stomaco decise di brontolare in maniera così rumorosa che pensai lo avesse potuto sentire anche William dal piano di sopra; rimasi perfettamente impassibile, sperando che il signor Cullen non ci facesse caso, ma il rossore del mio viso mi tradì subito non appena lui voltò lo sguardo verso di me, e non avevo bisogno di altre conferme per capire che lui aveva sentito tutto.
“ Hai mangiato Isabella? ” Indagò subito, e io scossi semplicemente la testa, troppo imbarazzata per rispondere.
“ Sei in piedi senza aver toccato cibo da più di quarantotto ore? ” La sua voce diventava sempre più furiosa.
“ La sveglia non ha suonato e se avessi fatto colazione non sarei riuscita a preparare per tempo la sua. ”
“ Siediti. ”
“ Come? ”
“ Ho detto siediti, faremo colazione insieme. ”
“ Ma? ”
“ Vuoi disobbedire ancora ai miei ordini? Non voglio vederti nuovamente svenuta per colpa mia, quindi, per favore, siediti: divideremo la mia colazione, tanto ce n’è in abbondanza per sfamare un esercito. ”
Non me lo feci ripetere due volte e mi accomodai di fianco a lui,
“ Burro e marmellata? ” Mi chiese, prendendo una fetta di pane.
“ Solo marmellata, grazie. ” Pigolai, in tremendo imbarazzo per trovarmi allo stesso tavolo del mio padrone: non mi era mai capitato prima, al massimo nelle precedenti famiglie in cui avevo lavorato potevo mangiare insieme ai bambini, al tavolo in cucina, ma mai potevo permettermi di mangiare nel salone.
“ Ecco a te. ”
“ Grazie. ” L’afferrai e l’addentai subito, incapace di resistere oltre con quel ben di Dio in mano: solo ora mi rendevo pienamente conto di quanto fossi affamata e di come le forze mi avrebbero abbandonata da un momento all’altro.
“ Non voglio più che salti la colazione a causa mia, intesi? Posso benissimo aspettare se dovessi fare tardi. ”
“ Grazie, ma le assicuro che non succederà più. Posso? ” Chiesi, indicando la spremuta d’arancia davanti a me.
“ Lascia, faccio io. Posso farti una domanda? ” Annuii mentre lui mi passava il bicchiere. “ Cosa spinge una ragazza di ventiquattro anni a chiudersi in una casa sperduta tra i boschi per venire a fare la cameriera ad un vecchio orso come me? ” La sua domanda mi soprese parecchio, soprattutto per il modo con cui si era descritto; mi presi un attimo per rispondere, bevendo un sorso di aranciata.
“ Il mio sogno era quello di laurearmi in lettere, ma la pensione di papà non sarebbe bastata per pagarmi gli studi, così ho deciso di iniziare a lavorare per mettere da parte i soldi necessari per il college. Ma le famiglie da cui ho lavorato prima non mi hanno mai pagata per le effettive ore di lavoro che ho svolto da loro, non avevo nessun contratto a cui potessi appellarmi, così il college è rimasto solo un sogno e sono rimasta a fare la cameriera. ” Conclusi, abbassando gli occhi che si erano riempiti di lacrime al ricordo del mio sogno nel cassetto: era un rimpianto che mi sarei portata dietro a vita, ma ormai era troppo tardi, il momento dei sogni era finito e dovevo fare i conti con la realtà, in fondo con una laurea non era detto che avrei trovato un lavoro migliore, ero già fortunata ad averne uno.
“ Sono sicuro che il tuo sogno si avvererà. ” Edward si era avvicinato a me, sollevandomi il viso con due dita sotto il mento, e mi guardava con una tale intensità che, per un attimo, credetti anche io che il mio sogno si sarebbe potuto avverare.

 

 Buongiorno ragazze, come va?
Ecco il tanto atteso cambiamento di Edward: dai tutto sommato c'è voluto poco per farlo redimere. Da adesso la storia prenderà un nuovo corso, ci sarà maggiore interazione tra lui e Bella, quindi... 
Ilenia si sta divertendo a fare varie copertine, per cui anche in questo capitolo ne abbiamo una nuova e perfetta direi: grazie mille cara :3
Ringrazio di cuore anche tutte voi, chi mi lascia il proprio parere e anche solo chi legge, è sempre un piacere vedere i numerini crescere!
Alla prossima e forse, se fate le brave, anticipo l'aggiornamento a metà settimana visto che il capitolo è quasi finito :)
A presto, Paola

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Capitolo 5
*** Non è una favola ***


NON E’ UNA FAVOLA

< Qualcuno le manca, vero? È scritto a lettere maiuscole nei suoi occhi. > Marc Levy.

 

Era passata una settimana da quell’incidente e le cose sembravano andare meglio. Edward era diventato meno burbero nei miei confronti, sembrava essersi abituato alla mia presenza e io mi sentivo più a mio agio ora, anche se facevo di tutto per non fargli trovare degli appigli che potessero farlo innervosire nuovamente.
Stavo pulendo il salone, quando ad un tratto sentii miagolare; affacciandomi dalla finestra notai subito  che il mio piccolo amico era tornato.
Stavolta andai prima in cucina e riempii un piatto di plastica con un po’ di latte, e poi uscii fuori dal micetto, che mi aspettava sotto l’albero dove avevamo giocato la prima volta.
“ Ciao, sei ritornato. ” Lo salutai, inginocchiandomi ed accarezzandogli la testolina, e lui subito rispose facendomi le fusa.
“ Sei proprio un ruffiano, guarda che ti ho portato. ” Poggiai a terra il piattino e subito lui si avvicinò, e dopo averlo annusato, cominciò a leccare il latte furiosamente.
“ Eri proprio affamato. ” Constatai, continuando ad accarezzare il suo corpicino caldo. Quando finì, si girò sulla schiena e iniziò a giocare con la mia mano, mordicchiando le mie dita.
“ Devo trovarti un gomitolo da qualche parte. ” Risi, vedendo come cercava di separare le mie dita senza riuscirci più di tanto.
Lo presi in braccio e lo poggiai sul mio petto, coccolandolo un po’ e in quel momento sentii nuovamente la sensazione di essere osservata: mi voltai verso la casa e vidi il signor Cullen osservarmi dalla finestra del suo studio. Stavolta quando si accorse del mio sguardo non si nascose, ma rimase a guardarmi con un leggero sorriso sulle labbra; lo ricambiai e lo salutai con un gesto della mano, al quale lui rispose prontamente, per poi tornare alla sua scrivania.
Era stato uno sguardo diverso dall’altra volta, come se si volesse accertare che ci fosse realmente qualcuno nel giardino, e non volesse solo spiarmi.
Dopo aver giocato un altro po’ con il mio amichetto peloso, tornai dentro per terminare i miei lavori.
“ Isabella. ”
Sobbalzai, non avevo sentito Edward avvicinarsi: i tappeti occultavano il rumore della sedia a rotelle ed era facile non accorgersi del suo arrivo.
“ Scusa, non volevo spaventarti. Puoi venire un attimo con me? ”
“ Certo signore. ” Poggiai lo straccio con cui stavo spolverando e lo seguii nel suo studio.
“ William mi ha detto che ti piace leggere, e quindi ho pensato che questa ti potesse interessare. ” Si fece da parte, per lasciarmi osservare meglio quello che c’era alle sue spalle e rimasi completamente scioccata: una libreria enorme si stagliava davanti a me, colma di libri, così tanti che ci sarebbero volute almeno due vite per leggerli tutti.
“ Non ci posso credere, non ho mai visto tanti libri in vita mia. ” Dissi, completamente incantata da quello che i miei occhi stavano vedendo.
“ Ti piace? ” Mi chiese Edward.
“ E’ meraviglioso! ”
“ Sono tutti tuoi, quando vorrai leggere qualcosa, qui sei la benvenuta. ”
Mi voltai sconvolta verso di lui, non potevo credere che mi stesse davvero dando la possibilità di attingere a quella meraviglia.
“ Grazie signore, davvero, io non so cosa dire. ” Lo guardai grata, quasi con le lacrime agli occhi.
“ Puoi cominciare con il darmi del tu. ”
“ Come? ” Quello si stava rivelando un pomeriggio parecchio strano, non sapevo più cosa aspettarmi.
“ Sai, io non sono poi così tanto più vecchio di te: direi che dopo tutto questo tempo, e visto quello che è successo in passato, è arrivato il momento di abbandonare questi toni formali. ”
“ Per me non ci sono problemi se è quello che tu desideri. ”
“ Perfetto. ” Sorrise.
“ Ma William non ci rimarrà male per questa nostra confidenza? ” Mi preoccupai, in fondo lui lavorava per Edward da molto più tempo di me.
“ William è un testardo: lavora per la mia famiglia da tempo immemore, mi ha conosciuto che io avevo solo cinque anni ed ero una piccola peste, ma ciò non gli ha impedito di continuare a darmi del lei o addirittura del voi nonostante io gli abbia specificatamente chiesto di non farlo. ” Scosse la testa fintamente esasperato.
“ Strano, con me ha accettato subito di darmi del tu. ” Constatai.
“ Perché voi siete entrambi alle mie dipendenze. ”
La sua frase mi risvegliò da quella sorta di sogno ad occhi aperti che stavo vivendo nella mia testa: questa era la vita reale, non uno stupido cartone in cui la Bestia si innamora della Bella; non che io fossi innamorata di lui, ma pensavo che potessimo considerarci amici ora, invece che serva e padrone, ma, a quanto sembrava, avevo frainteso la sua gentilezza.
Forse era solo un modo per ringraziarmi per essere rimasta dopo quello che era successo.
“ Giusto, infatti è ora di tornare a lavoro o rimarrò indietro. ” Dissi, allontanandomi dalla libreria e uscendo dalla stanza senza neppure guardarlo negli occhi.
“ Isabella, va tutto bene? ” Mi chiese: era incredibile come riuscisse a capirmi così in fretta.
“ Sì, certo. Ti ringrazio ancora per questa meravigliosa opportunità che mi hai dato, ne farò buon uso. ” Lo ringraziai e lasciai la stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
Lavorai nervosa per il resto della giornata, rispondendo a monosillabi anche a quel poverino di William che non c’entrava nulla; mi aveva visto uscire parecchio tesa dallo studio di Edward e pensava che lui mi avesse nuovamente richiamato per qualcosa, ma gli avevo spiegato che ero stata io a fraintendere tutto, che stavolta il padrone non aveva nessuna colpa.
“ Bella, vedi, la famiglia Cullen ha sempre trattato tutti i suoi dipendenti con grande umanità: il fatto che loro fossero nati privilegiati rispetto le altre persone, ha fatto sì che prendessero pienamente coscienza dell’opportunità che la vita ha dato loro, rendendoli molto più magnanimi e gentili di quanto non debbano essere. Questo però non ci autorizza a farci castelli in aria, non dobbiamo dimenticare che comunque siamo dei sottoposti e dobbiamo quindi rispettarli e trattarli come il loro ruolo merita, anche se ci fanno sentire parte della famiglia. ” Mi spiegò William, non lasciandosi intimidire dai miei modi poco educati in quel momento.
“ Questo lo so, non sono nata ieri. ” Precisai stizzita.
“ Desidero solo che tu non ti faccia male, proteggiti finché sei in tempo. ”  E se ne andò a sbrigare delle commissioni in paese con questa frase, lasciandomi in uno stato di totale confusione: cosa aveva voluto dire? Avrei dovuto proteggermi da Edward?

 

 

Ero in salone in attesa che Edward scendesse per la colazione e ne stavo approfittando per osservare l’alba: era incredibile come il cielo passasse, nel giro di pochissimo, dal blu scuro della notte all’azzurro limpido della mattina. Anche se io, da sempre, preferivo i tramonti: li trovavo molto più magici.
Oggi si prospettava una bellissima giornata, non c’era una sola nuvola in cielo e finalmente sembrava volesse arrivare la primavera.
“ C’è nessuno? ” La voce di Edward mi risvegliò dai miei pensieri.
“ Eccomi, buongiorno. ” Lo salutai, uscendo da dietro le tende.
“ Cosa ci facevi nascosta dietro la tenda? ”
“ Osservavo l’alba. Sistemati che vado a prenderti la colazione. ” Gli dissi per poi correre in cucina.
“ Tu hai fatto colazione, vero? ” Mi chiese mentre poggiavo il vassoio davanti a lui.
“ Sì, giuro. ” Sorrisi per quella sua preoccupazione, me lo chiedeva quasi ogni mattina da quando era capitato che l’avessi saltata.
“ E’ una bella giornata fuori? ” La sua domanda mi sorprese parecchio, credevo che quando fosse da solo tenesse le tende aperte o comunque desse un’occhiata fuori, almeno la mattina appena sveglio, e invece lui sembrava proprio voler scappare dalla luce. Fu in quel momento che mi venne in mente un modo per farglielo scoprire, mi sarei giocata il tutto per tutto, ma forse ne valeva la pena.
“ Dimmelo tu stesso. ” Gli risposi e andai ad aprire la tenda. Nella stanza calò il silenzio e io non avevo il coraggio di guardare in faccia Edward, così mi limitai a guardare i miei piedi, in attesa di una sua sfuriata; quando sentii il rumore della sedia che veniva sospinta e la suo ombra avvicinarsi, chiusi istintivamente gli occhi, il ricordo di quella volta era ancora vivido in me, e anche se lui aveva giurato che non si sarebbe più comportato così, non potevo sapere se fosse riuscito a tenere a freno la rabbia a causa della mia sfrontatezza.
“ Sì, è veramente una bella giornata. ” Disse, sfiorandomi con le dite il dorso della mano. Aprii gli occhi e mi mancò il respiro quando incrociai il suo sguardo e vidi le sue iridi brillare come smeraldi, erano bellissime, sembravano finte per quanto erano luminose. Rimanemmo in silenzio a guardarci negli occhi per attimi interminabili, lui non smise mai di carezzarmi la mano, anzi, aumentò leggermente la pressione delle dita, quasi a volermela stringere.
“ Era da tanto che non sentivo il calore del sole sulla mia pelle in maniera così diretta. ” Ammise, gustandosi quel raggio di sole che lo colpiva in pieno viso.
“ Vieni con me allora. ” Mi posizionai dietro la sedia a rotelle e presi a spingerlo verso l’ingresso, non curandomi delle sue lamentele, ed entrambi uscimmo in giardino.
I raggi ci colpirono in pieno, senza nemmeno la schermatura dovuta al vetro della finestra, e sia io che lui rilasciammo un sospiro di beatitudine. Edward intrecciò le sue dita alle mie, stringendole forte, e godendosi quella sensazione ad occhi chiusi; io mi girai a guardarlo, sorridendo contenta quando notai le sue labbra incurvate in un leggero sorriso.
“ Che c’è? ” Quasi sussultai sentendo la sua voce, non mi ero accorta avesse aperto gli occhi e mi avesse colto in fallo a contemplarlo.
“ Nulla. ” Distolsi subito lo sguardo, puntandolo su un cespuglio di rose.
“ Provi ribrezzo a guardarmi, vero? ” Puntai nuovamente gli occhi su di lui, non potevo pensare che credesse che io alla luce non riuscissi a guardarlo in faccia. Forse era per questo che, nonostante oramai lo conoscessi, non mi aveva dato l’ordine esplicito di tenere le tende aperte e le luci accese.
“ Non dirlo neppure per scherzo Edward. Tu non fai ribrezzo, il tuo viso non è meno bello perché ci sono delle cicatrici, io neppure le vedo se mi soffermo ad osservare i tuoi occhi. Sono così luminosi, così vivi e pieni di vita che è difficile non notarli, anche se c’è sempre un velo di malinconia a coprirli, a renderli più foschi, ma non per questo meno interessanti. C’è un mondo dietro che ti tormenta, ma tu sei una bellissima persona Edward, ho avuto modo di vederlo in questi mesi, e le cicatrici non cambiano quello che sei. Se qualcuno ti fa pesare ciò, non sei tu ad avere problemi, ma loro. Non c’è nulla che possa farmi provare ribrezzo nei tuoi confronti. ” Gli risposi sincera, senza smettere per un attimo di guardarlo negli occhi, inginocchiandomi per arrivare alla sua altezza; non so cosa mi spinse a farlo, ma come se fosse dotata di vita propria, sollevai la mano che non stringeva la sua e con estrema lentezza, così che lui capisse cosa volessi fare e avesse, in caso, il tempo di bloccarmi, la poggiai sulla guancia lesa.
All’inizio il tocco era appena percepibile, non volevo forzarlo, notavo la paura nei suoi occhi, così gli strinsi più forte la mano e non staccai mai lo sguardo da lui, per cercare di infondergli quanto più coraggio potessi. Quando intensificai il tocco, poggiando completamente la mano sulla sua guancia, fu strano sentire quegli avvallamenti sotto le mie dita, ma non provai ribrezzo; Edward dopo un attimo di tensione, si poggiò completamente sulla mia mano e chiuse gli occhi, liberando un sospiro, e a quel punto feci anche io lo stesso, non rendendomi conto che durante tutto quel tempo lo avessi trattenuto.
Quando li riaprì, sorrise felice, un sorriso che finalmente arrivò anche ai suoi occhi, facendoli brillare, un sorriso che mostrò tutta la giovane età e la spensieratezza di quell’uomo che la vita aveva provato più di quanto meritasse.
“ Ciao. ” Disse senza un motivo.
“ Ciao. ” Risposi io a mia volta.
E poi accadde.
Lentamente Edward avvicinò il suo viso al mio, cercando un segno di rifiuto nei miei occhi, ma non ve ne trovò, perché in quel momento lo volevo anche io, volevo sentire il suo sapore sulle mie labbra; quando i nostri nasi si sfiorarono e il suo respiro s’infranse sul mio viso, chiusi gli occhi per gustare meglio quegli attimi e per evitare di rovinare tutto accelerando le cose e avvicinandomi a lui con impeto.
Schiusi le labbra nell’attimo in cui Edward giocò con i nostri nasi, come in una sorta di bacio all’eschimese, e poi…
Poi lo sentii irrigidirsi e tirarsi indietro.
“ Scusami, non posso. ” Mormorò, e poi si allontanò, utilizzando tutta la forza nelle sue braccia per spingere indietro la carrozzella e rientrare quanto più velocemente possibile in casa, lasciandomi lì, con la voglia di sentire le sue labbra sulle mie, la delusione di essere stata respinta e la consapevolezza che chiunque fosse quella ragazza che aveva sognato quella notte, era una presenza ancora importante per lui.
E adesso capii cosa volesse dire William.
Avevo iniziato a farmi male.

Scusate, posto di corsa e non ho tempo per inserire la copertina o rispondere alla recensioni, ma lo farò. Vi avevo promesso un aggiornamento più rapido, ma non mi è stato possibile. Grazie a chi continua a seguirmi, siete magnifiche e un benvenuto ai nuovi arrrivati. Alla prossima, Paola

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Capitolo 6
*** Odi et amo ***


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ODI ET AMO

< Contro i sentimenti siamo disarmati, poiché esistono e basta, e sfuggono a qualunque censura. Possiamo rimproverarci un gesto, una frase, ma non un sentimento: su di esso non abbiamo alcun potere. > Milan Kundera

 

 

Avevo passato la notte insonne, ma in fondo come avrei potuto dormire? Le sue parole non facevano altro che rimbombare nella mia testa, come se un registratore le ripetesse all’infinito, per essere certi che mi rimanessero impresse e forse, chissà, mi facessero riflettere.
Ma su cosa avrei dovuto riflettere?
La mia vita era diventata qualcosa che non volevo più controllare, ero quasi un automa che passava le sue giornate a scandire il tempo che mancava perché il sole tramontasse e un nuovo giorno desse nuovamente inizio alla mia misera vita.
Io non riuscivo più a vedere il mondo che mi circondava, mi sentivo totalmente abbandonato a me stesso, solo Tanya avrebbe potuto riportarmi alla vita, perché la sua assenza aveva lasciato un vuoto enorme dentro me. Se chiudevo gli occhi riuscivo ad immaginarla accanto a me, sentivo il calore del suo corpo, che mi mancava come l’aria nei polmoni; mi mancava così tanto che spesso avevo sentito il desiderio di seguirla, di farla finita e raggiungerla ovunque lei fosse, ma poi mi tiravo indietro, troppo codardo e vigliacco per porre da solo fine alla mia vita, se così poteva chiamarsi la mia esistenza: vivevo in assenza di lei, in me non c’era più vita.
E invece lei mi aveva fatto credere che io fossi migliore di quello che credevo, che per me ci fosse ancora speranza.
In tutti questi mesi non riuscivo a capire cosa quella ragazza stesse cercando di fare: l’avevo trattata male più di una volta, arrivando a cacciarla in piena notte da questa casa, eppure lei era rimasta con me, pensando forse di potermi aiutare, ma non sapeva che era una guerra persa in partenza.
Certo, alcune battaglie le aveva vinte, era riuscita a farmi apprezzare nuovamente il sole, la bellezza di quel calore che riesce a scaldarti anche quando dentro il tuo cuore alberga solo il gelo, era riuscita in qualcosa che mai nessuno prima aveva tentato: era caparbia e furba, con l’inganno aveva aperto quelle tende che non venivano schiuse da cinque lunghi anni, e io non mi ero infuriato con lei, anzi, avevo apprezzato il suo gesto, soprattutto quando mi aveva condotto fuori, in giardino, e mi aveva sorriso felice quando aveva visto che mi stavo godendo quel momento.
Ma non ero pronto quando aveva preso a toccarmi la guancia ferita.
Non avevo mai permesso a nessuno di toccarmi lì, neppure a mia madre, a malapena poteva farlo mio padre quando, i primi tempi dopo l’incidente, doveva cambiarmi la fasciatura; non volevo essere toccato per vedere nei loro occhi la pena e la compassione per quel figlio che non sarebbe stato più lo stesso, non sopportavo di vedere le loro mani tremanti mentre si avvicinavano a me, cercando di non sfiorare quella guancia, e non riuscivo a capire se fosse per paura di fare del male a me o perché davvero si schifavano del mio nuovo aspetto.
Lei, invece, mi aveva accarezzato delicatamente, con un tocco appena percettibile, e quando aveva notato che io non rifuggivo il suo tocco, non aveva esitato ad appoggiare completamente la mano sulla mia guancia, e io mi ero lasciato andare a quel tocco, desideroso di sentire nuovamente il calore umano penetrare attraverso la mia pelle martoriata. Le avevo sorriso, felice per aver superato quella prova che per me era stata sempre tanto ardua, ma che lei aveva affrontato con enorme coraggio: io stesso a volte non riuscivo a toccare la mia guancia, e invece lei lo aveva fatto come se fosse la cosa più normale del mondo. E io in quel momento avevo provato il desiderio, l’impulso di baciarla: stavo quasi per farlo e avevo capito che lei non si sarebbe tirata indietro, ma poi il coraggio mi era venuto meno, sopraffatto da tutto quello che quel bacio avrebbe significato, e così ero scappato.
Desiderio… davvero il mio corpo era ancora in grado di desiderare qualcuno? Io non potevo provare certe sensazioni, io non potevo continuare a vivere come se nulla fosse accaduto quando due delle persone più importanti della mia vita non potevano più farlo.
Ma nonostante questo, sentivo il bisogno di aprirmi con Isabella, di raccontarle cosa mi era successo: non avevo mai avuto la voglia di parlarne con qualcuno, il solo pensiero di rivivere quegli eventi mi gettava nel panico, ma lei era davvero  una ragazza molto dolce, capace di farmi sentire voluto bene anche se nessuno più aveva deciso di dimostrarmelo, e volevo condividere con lei il mio dolore.
Non mi aveva mai chiesto nulla, eppure io avrei voluto coinvolgerla, da egoista quale ero, nel mio dramma, raccontandole tutto.
Decisi di scendere a fare colazione, sapevo che Bella si alzava presto per farla con William e preparare la mia, per cui non sarebbe stato un problema se fossi sceso prima.

All’ingresso del soggiorno, però, mi bloccai, sentendo le loro voci: non so perché lo feci, ma fu come se una strana sensazione mi dicesse di non palesare subito la mia presenza, che loro erano impegnati in un discorso privato.
“ Hai dormito un po’ stanotte? ” Le chiese il mio maggiordomo, ma da lei non udii alcuna risposta, probabilmente aveva risposto con un cenno della testa.
“ Bella, ti avevo avvisato di stare attenta. Edward non è una persona semplice. ”
“ William, ma come potrebbe esserlo? E’ legato a qualcuno del suo passato, credo la stessa donna che ha sognato la notte in cui è stato male, ma non può continuare a vivere ingabbiato nei ricordi, si farà solo del male. ” Gli rispose lei, con voce accorata.
“ Ti avevo avvisato che poteva essere pericoloso, anche a lui avevo detto che prendere una ragazza come te non era una buona idea: guardati, sei pallida come un lenzuolo, hai gli occhi cerchiati, stai iniziando a  distruggerti per lui. ”
“ Sto bene, ok? Non potevi pretendere che dormissi sonni sereni dopo quello che è successo in giardino, non ho fatto altro che pensarci tutto il giorno e stanotte ho rivissuto la scena continuamente. Come si fa a rimanere impassibili di fronte al suo gesto? ”
“ Come fa lui. ”
“ Cosa vuoi dire? ”
Sapevo cosa William le avrebbe detto e quale, probabilmente, sarebbe stata la reazione di Isabella, ma non avevo intenzione di interromperli proprio ora: se le parole del mio maggiordomo fossero servite a salvare la ragazza, lo avrei lasciato fare, lei non meritava tutto questo.
“ Lui è incapace di provare sentimenti, non è più in grado di provare gioia, felicità, neppure gratitudine vero chi lo ha sempre aiutato: non lasciarti trascinare nella sua spirale di autodistruzione. ”
“ Non è vero, io ho visto la felicità nei suoi occhi: quando siamo andati in giardino lui era realmente felice, ho visto i suoi occhi illuminarsi. È vero che sono annebbiati da un profondo velo di tristezza, ma amandolo sono sicura che quel velo volerà via. ” Vidi chiaramente il mio maggiordomo irrigidirsi quando lei usò quel verbo che ormai era fuori dal mio vocabolario, completamente cancellato.
“ Bella, tu lo ami? ” Quando William glielo chiese, io trattenni automaticamente il respiro: mi amava? No, non poteva essere, non glielo avrei permesso, io non ero più in grado di amare, io ero solo un mostro, una bestia che era diventata incapace di provare sentimenti, perché donare il proprio cuore a qualcuno alla fine portava solo tanto dolore, in un modo o nell’altro te lo avrebbero sempre spezzato, e allora era meglio non concederlo più a nessuno.
“ Non lo so. Se amare vuol dire stare bene quando lo sta lui, essere felici perché lui è felice, allora sì, credo di essere innamorata di lui. Fino a due giorni fa non lo credevo possibile nemmeno io, ma vederlo così sereno, in giardino, ha smosso qualcosa in me” Concluse, con la voce rotta dal pianto, e poco dopo sentii i suoi singhiozzi e il rumore di una sedia che veniva spostata: quasi certamente William si era alzato per consolarla.
Mi allontanai velocemente da lì, andando nel mio studio, con il fiato corto come se avessi appena corso una maratona e il cuore che pompava furioso nel petto: cosa mi stava succedendo?
Quella ragazza stava stravolgendo il mio mondo, stava succedendo quello che non sarebbe mai dovuto succedere ed era solo colpa sua. Se lei non avesse preso quella maledetta chiave dal mio armadio, se lei non fosse entrata in piena notte in camera mia, io non l’avrei cacciata, lei non si sarebbe ammalata e io non mi sarei sentito in dovere di scusarmi con lei e di mostrarmi meno distaccato nei suoi confronti; se lei non si fosse dimostrata così ben disposta nei miei confronti, se non si fosse prodigata tanto per farmi assaporare nuovamente alcune delle bellezze della vita, io non l’avrei certo coinvolta nella mia vita e adesso lei non starebbe di là a piangere, e io qui a torturarmi cercando di capire come poterla allontanare.
Ma poi mi vennero in mente le parole che Tanya mi ripeteva sempre, che nella vita non bisognava vivere di ipotesi, che i “ se ” avrebbero dovuto abolirli, perché ci saremmo trovati sempre davanti a delle scelte, e continuare a pensare a come sarebbe stato se si fosse intrapresa l’altra strada, ci avrebbe impedito di vivere appieno quella che avevamo deciso di percorrere; e adesso le sue parole sembravano profetiche, considerando come era andata con lei.
I nostri sogni erano andati infranti nel giro di pochi secondi, una intera vita passata a fare progetti, ad immaginare le nostre vite, e tutto era scomparso, tutto era come se non fosse mai esistito. Le nostre promesse, i nostri progetti, il nostro amore, non esisteva più niente, eppure io sapevo che non erano andati via del tutto: era come quando sogni qualcosa di notte e poi ti svegli di soprassalto, cercando di ricordare invano cosa stavi sognando, ma con la consapevolezza che era qualcosa di bello e che ti lascia addosso quella strana sensazione di insoddisfazione che non se ne va facilmente. Solo che da me non se ne sarebbe mai andata, perché io non volevo dimenticare Tanya, non volevo che il mio cuore appartenesse a qualche altra donna, ecco il motivo per cui mi ero rifugiato in questo casolare che doveva essere la nostra casa: mi ero nascosto dal mondo esterno, dalle tentazioni che potevano esserci, e adesso il comportamento di Isabella mi stava portando in confusione.
In questo momento avrei avuto bisogno della mia migliore amica, di sfogarmi con lei, che sicuramente mi avrebbe saputo dire cosa fare. Immaginai cosa mi avrebbe detto lei se fosse stata qui con me, e quasi sentii la sua voce sussurrarmi nelle orecchie < Ascolta il tuo cuore, fai quel che dice anche se fa soffrire, prova a volare oltre questo dolore, perché questo non potrà mai cancellare il tuo destino. Nel silenzio troverai le parole: chiudi gli occhi e lasciati andare. È difficile capire qual è la cosa giusta da fare, ma anche quando ti sembra che tutto stia per crollare, credi in te e ascolta il tuo cuore, solo così non ti ingannerai. >
Cosa voleva il mio cuore? Davvero era pronto ad aprirsi nuovamente al mondo, a rischiare di spezzarsi in pezzi ancora più piccoli?
Se fossi stato un ragazzino alle prime armi, non avrei saputo dare un nome a queste sensazioni che mi agitavano l’animo e quasi mi toglievano il sonno la notte; ero certo che non fosse ancora amore, non di quello forte e intenso che mi avrebbe spinto a dirle “ ti amo ”, ma era un’emozione intensa, che riusciva a farmi mancare il respiro e accelerare i battiti del mio cuore non appena lei cercava di fare qualsiasi cosa che potesse farmi stare meglio.

Decisi di chiamare Isabella nel mio studio, forse un confronto diretto con lei mi avrebbe schiarito meglio le idee; entrò dopo qualche minuto, dopo aver finito di pulire un vetro, e quando lo fece provai una strana fitta all’altezza dello stomaco.
“ Voleva vedermi, signore? ” Rimasi interdetto: non le avevo mai visto questo atteggiamento di sottomissione nei miei confronti, aveva il capo chino ed evitava di guardarmi negli occhi, e poi mi stava dando del lei quando oramai ci davamo del tu.
“ Isabella, perché mi stai dando del lei? ”
“ Preferisco ristabilire i confini del nostro rapporto. ” Rispose mesta.
“ E’ davvero questo che vuoi? ” Mi accertai: volevo che me lo dicesse guardandomi negli occhi.
“ Questo è quello a cui tu mi costringi Edward. ” Urlò, e stavolta fissò il suo sguardo nel mio, ma forse sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto: stava piangendo, i suoi occhi erano colmi di lacrime e dolore, ed era tutta colpa mia. “ Io non riesco a starti dietro, i tuoi sbalzi d’umore rischiano di mandarmi al manicomio, e io ho bisogno di proteggermi. Non posso rischiare di farmi ancora più male, e l’unico modo per farlo è ristabilire i confini, ritornare ad essere serva e padrone. ” Continuò, asciugandosi rabbiosamente le lacrime che le solcavano le guance.
In quel momento capii che la stavo uccidendo, che la stavo trascinando affondo insieme a me, e non lo volevo, non me lo sarei mai perdonato, quindi era giusto lasciarla andare se questo fosse servito a salvarla. Non importava che adesso avessi avuto la certezza che lei stava facendo tornare a battere il mio cuore come un tempo.
“ Se pensi che questa sia la cosa giusta da fare, sentiti libera di andare via, non voglio trattenerti qui contro la tua volontà. ”
“ No, ho bisogno di questo lavoro, almeno fino a quando non ne troverò un altro, quindi stringerò i denti e rimarrò. ” Disse, alzando lo sguardo verso il soffitto per evitare che nuove lacrime strabordassero dai suoi occhi: era la ragazza più orgogliosa e combattiva che avessi mai incontrato.
“ Qualsiasi tua decisione per me andrà bene. ” Annuì e poi lasciò la stanza prima che io potessi aggiungere altro.

Ma in quel momento seppi che da ora in poi avrei fatto di tutto per trattenerla.

 

 

 

Buongiorno ragazze! Scusate il ritardo, ma le settimane appena trascorse sono state un po' caotiche. Ho notato un calo nelle letture: so che tra scuola, università e lavoro il tempo è sempre poco, ma vorrei capire se è qualcosa che dipende dalla storia e se, eventualmente, io potrei porvi rimedio...
Detto ciò, ringrazio infinitamente chi continua ad esserci, infatti volo a rispondere alle recensioni!
E un grazie speciale a Ile per la copertina :)
Dimenticavo, il pov naturalmente è un pov Edward, ma credo non ci fosse bisogno di specificarlo: avete quindi conosciuto la sua testolina bacata e confusa.
Alla prossima, Paola

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Capitolo 7
*** Come se non fosse amore ***


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COME SE NON FOSSE AMORE

< It's in the stars 
It's been written in the scars on our hearts 
We're not broken just bent 
And we can learn to love again. >  Just give me a reason, Pink



Edward, Edward, Edward: sempre e solo lui.
Più mi ostinavo a non pensarci, più la mia testa decideva di ripresentarmelo.
Più cercavo di evitarlo, più lui sembrava essere dotato del dono dell’ubiquità, me lo ritrovavo sempre davanti, e se prima il giardino era una mia via di fuga, adesso, per causa mia, neppure più quello lo era, dato che lui non temeva più di mostrarsi alla luce del sole. Sapevo di doverne essere contenta, che in questo modo avevo contribuito a rendere meno triste la sua vita, e lo ero, ma rischiavo di diventare matta così.
Non riuscivo a capire cosa gli passasse per la testa, sembrava intenzionato a mandarmi al manicomio più velocemente di quanto non avesse provato a fare in passato, e la cosa che mi faceva infuriare era che adesso i nostri rapporti erano ridotti al minimo, quindi lui non avrebbe dovuto avere tutto questo potere su di me.
Stavo pulendo la camera degli ospiti quando sentii miagolare, e affacciandomi dalla finestra, vidi il mio amichetto peloso girovagare nel giardino in cerca del suo latte.
Dopo aver riempito un piatto di plastica, andai fuori e mi crogiolai un po’ al sole insieme a lui.
“ Ciao piccolino, hai fame, vero? ” Mentre lui leccava frenetico, io lo accarezzavo godendomi le sue fusa. Ad un tratto sentii la porta di casa scricchiolare e non so perché, seppi immediatamente che di lì a qualche minuto Edward mi avrebbe raggiunto, infatti poco dopo vidi la sua ombra sovrastarmi.
“ Se ti fa piacere puoi anche tenerlo: la casa è grande, non è un problema. ” Mi propose gentile.
“ Grazie, ma no. È un gattino randagio, abituato ad avere i suoi spazi, a scorrazzare ovunque; in casa si sentirebbe in gabbia, tenterebbe continuamente di scappare. ” Gli spiegai, senza distogliere gli occhi da quella palla di pelo che aveva preso a morsicarmi il dito e a leccarlo tutto quasi fosse un lecca-lecca.
“ Sei tu l’esperta. ” Disse e allungò quanto più possibile il braccio, così che potesse accarezzare anche lui il gattino, e quando alzai gli occhi lo trovai intento a fissarmi, e per un attimo mi smarrii in quel verde tanto intenso che erano le sue iridi.
“ Come si chiama? ”
“ Chi? ” Chiesi come una scema, ancora inebetita dalla bellezza dei suoi occhi.
“ Il gattino, a chi vuoi che mi riferisca. ” Rise, guardandomi come se davanti a lui ci fosse una ritardata.
“ Non ci ho mai pensato. ”
“ Fallo ora. Abbiamo tutto il tempo che vuoi. ”
Ci pensai un po’ su, cercando un nome che si adattasse a quel piccolino, che rispecchiasse il suo carattere girovago e curioso.
“ Cloch. ”
“ Cloch? ” Ripeté interdetto Edward.
“ Un diminutivo di clochard, in fondo è un senzatetto. ” Spiegai, arrossendo un po’ per quel nome parecchio strambo che gli avevo trovato.
“ Mi piace, si addice a lui. ” Disse Edward sorridendo, strizzandomi l’occhiolino.
“ Adesso devo andare. ” Mi alzai, e riordinando le pieghe della gonna, mi allontanai.
“ Bella, aspetta. ” Mi richiamò lui.
“ Devo andare signore, ho delle cose da sbrigare. ” Mi incamminai a passo svelto, quasi correndo, allontanandomi dalla tentazione che quell’uomo rappresentava per me.
Tornata nella stanza che stavo pulendo, mi chiusi la porta alle spalle e tirai un sospiro di sollievo per essere riuscita a tenerlo a bada, per avergli tenuto testa, anche se alcune volte mi ero persa ad osservare quei due smeraldi che si ritrovava al posto degli occhi. Alzai gli occhi al cielo, seccata con me stessa per non stare mantenendo fede alla promessa di non pensare più a lui in certi modi, e quel movimento mi fece notare qualcosa poggiato sul comodino che prima non c’era; mi avvicinai curiosa, e presi quel bigliettino, leggendo quello che vi era scritto.

< Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare. Non le hai scelte e nemmeno le vorresti, ma arrivano e dopo non sei più uguale. A quel punto le soluzioni sono due: o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le affronti. Qualsiasi soluzione tu scelga ti cambia, e tu hai solo la possibilità di scegliere se in bene o in male.
Edward >

Rilessi quel biglietto all’infinito, fin quasi ad impararlo a memoria, cercando di capire cosa volessero dire quelle parole. Si riferivano a me o a lui? Era lui che stava scappando da me, con i suoi sbalzi d’umore, con il suo allontanarmi non appena le cose diventavano più intime, o io, con la mia decisione di prendere le distanze da lui e ristabilire i confini com’era giusto che fosse? Era un modo per farmi capire che era cambiato, che adesso era pronto ad affrontarmi oppure che stava scappando definitivamente, capendo di non poter andare oltre quello che aveva già fatto?
Decisi di lasciare perdere, in quel momento non volevo altre complicazioni, era già abbastanza difficile combattere con i miei sentimenti: ogni volta che chiudevo gli occhi sentivo nuovamente il calore delle sue braccia circondarmi, mi mancavano le nostre discussioni, i nostri momenti felici; sapevo che tutto questo era solo nella mia testa, che potevo amarlo solo la notte, quando le mie difese si abbassavano e mi permettevano di sognare un mondo nel quale io e lui saremmo potuti stare insieme, ma non appena sorgeva il sole le mie fantasie svanivano, era un amore a senso unico.
Sapevo di dovermene andare al più presto, solo la lontananza e il dimenticarlo potevano impedire al mio cuore di amarlo più di quanto non stesse già facendo ora, perché un sentimento senza nutrimento muore, quindi speravo che allontanarmi da lui fosse la cosa giusta da fare per tornare a stare bene.

 
“ E’ andata bene la tua giornata oggi? ” Mi chiese Edward mentre tagliava un pezzo del suo arrosto.
“ Sì, una normalissima giornata, non è accaduto nulla di particolare. ” Risposi schietta, evitando accuratamente ogni riferimento al bigliettino.
“ Veramente qualcosa è accaduto. ” Precisò, e io sentii subito il sangue affluirmi alle guance e colorarmele di rosso: ero stata scoperta, ma decisi di fare la finta tonta.
“ E cosa? ” Balbettai.
“ Abbiamo dato il nome a Cloch, no? ” Rispose come se niente fosse, ed effettivamente non era nulla, ma io avevo rischiato di morire d’infarto.
“ Oh, sì certo. ” Farfugliai poco convinta, in quel momento mi ero pure dimenticata del mio amichetto peloso.
“ Isabella, ti senti bene? Hai le guance parecchio rosse. ”
“ Forse è perché ho bevuto un po’ di vino durante la cena. ” Mentii, ma lui parve bersela e non fece ulteriori domande, continuando a mangiare tranquillo.
Attesi che finisse di cenare per fargli la domanda che mi frullava nel cervello da un paio di giorni ma che non avevo ancora trovato il coraggio di fare.
“ Signore, volevo chiederle, se dovessi imbucare delle lettere, devo scendere fino in città? ”
“ Perché? A chi devi scrivere? Puoi usare il mio computer se vuoi sentire qualcuno, è più semplice. ” Mi offrì gentilmente il suo aiuto, stupendosi per quella mia particolare richiesta, al giorno d’oggi non era molto usuale che qualcuno scrivesse delle lettere.
“ Se per lei va bene dovrei inviare dei curricula ad un paio di famiglie… ” Quasi sussurrai, perché ero sicura che quello che avevo in mente di fare non sarebbe stato molto gradito da lui.
“ Quindi sei intenzionata ad andartene... ” Puntualizzò con un tono di voce secco, completamente diverso da quello affabile che aveva usato poco prima offrendomi il suo aiuto.
“ Sì, credo sia la scelta migliore. ” Precisai.
“ Fa come vuoi Isabella, ma in questo caso dovrai andare fino al paese più vicino per imbucare le tue lettere e potrai farlo solo nel tuo giorno libero, non ti concederò alcun permesso, dovrai aspettare altri 5 giorni. Non ti aiuterò a scappare. ” Si girò di scatto, con talmente tanta furia da sbattere contro il tavolo e far tremare le bottiglie, che per poco non caddero, e io feci un passo indietro spaventata, non volevo si arrivasse ad uno scontro del genere.
“ Io non sto scappando! ” Ribattei, guardandolo dritta negli occhi, senza lasciarmi intimidire dalla rabbia che animava i suoi.
“ Invece mi sembra che tu stia facendo proprio questo. ”
“ Si sbaglia, io voglio solo riavere un po' di serenità. ” Urlai in risposta, frustrata per la scenata che mi stava facendo. Lui si avvicinò rapido a me, e io indietreggiai fino a trovarmi con le spalle al muro, così da risultare incastrata tra la parete e la sua sedia a rotelle, con lui che era proteso in avanti, e non potei non notare quanto risultasse attraente nonostante avesse i lineamenti stravolti dalla furia.
“ E pensi che cambiando casa e famiglia potrai dimenticare tutto quello che è accaduto qui? ” Sussurrò, con la voce pregna di rabbia.
“ Lo spero. ” Ammisi.
“ Mi sono sbagliato su di te, non pensavo fossi così. ” Parlò con un tono malinconico, quasi triste, come se finalmente avesse accettato la sconfitta.
“ Anche io ho sbagliato, mi ero illusa fossi una persona migliore. ” Gli diedi nuovamente del tu e lui se ne accorse subito, lo vidi dai suoi occhi che si spalancarono e nello stesso tempo si velarono di dolore, e mi pentii di aver detto quelle parole. Sbatté un pugno al muro, facendomi sussultare dallo spavento, per poi liberarmi dalla sua stretta; si allontanò  senza dire una sola parola, lasciandomi lì, con il fiato corto e la testa frastornata da mille domande che non avrebbero mai trovato risposte molto probabilmente.
Presi un respiro profondo, ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di uscire, e rimisi a posto la tavola, volevo fare qualcosa che mi riportasse alla normalità, lavorando meccanicamente così da non dover pensare. Ma quando afferrai il suo piatto, trovai un altro bigliettino ripiegato, e sapendo già cosa aspettarmi, lo presi con mani tremanti, mentre il cuore sembrava volermi uscire dal petto.

 < Qualcuno ha detto che nel momento in cui ti soffermi a pensare se ami o no una persona, hai già la risposta >

 Stavolta rimasi completamente sconvolta, ma decidi di non lasciar perdere, avevo bisogno di chiarimenti dopo questa sua ultima confessione così esplicita, e li avrei ottenuti. Andai a cercarlo nel suo studio, ma era deserto, così salii in camera sua e dopo aver bussato, non ottenendo alcuna risposta, spalancai la porta ma anche lì non c’era anima viva; a quel punto capii che si era rifugiato al piano di sopra, quello che mi era interdetto. Mi sedetti sul suo letto, sperando che non rimanesse lì tutta la notte; quando sentii il cigolio della sedia a rotelle e l’apparecchio che lo aiutava a scendere le scale, mettersi in moto, il cuore cominciò a battere come un forsennato, sembrava quasi volesse uscirmi dal petto, perché temevo che non sarebbe stato felice di vedermi lì ad attenderlo.
“ Cosa ci fai qui? ” Chiese con un tono sorpreso non appena i nostri sguardi si incrociarono.
“ Non ti trovavo e ho deciso di aspettarti qui. ”
“ Salgo su quando ho bisogno di pensare e di stare da solo. ” Sussurrò, entrando nella stanza e chiudendo la porta, forse per avere maggiore privacy.
“ Se vuoi vado via, ma avrei bisogno di parlarti. ” Mantenni anche io un basso tono di voce, quasi non volessi spezzare quel fragile equilibrio che si era creato.
“ Ora mi dai nuovamente del tu? ”
“ Edward, sei stato tu a costringermi a fare marcia indietro nel nostro rapporto, sei tu che rischi di farmi impazzire. ”
“ Isabella non ho le forze di portare avanti una nuova discussione, quindi dimmi cosa vuoi e poi lasciami solo. ”
“ Cosa significano questi bigliettini? ” Visto che aveva fretta di rimanere da solo, andai dritta al punto. Vidi Edward prendere fiato e poi accasciarsi nella carrozzella come se portasse addosso tutto il peso del mondo.
“ Quello che c’è scritto. ”
“ E cosa vogliono dire? ”
“ Ho sentito la tua discussione con William di qualche giorno fa, volevo aiutarti a prendere delle decisioni che avrebbero cambiato la tua vita ma a quanto pare ho fallito. ” Sembrava triste, come se realmente avesse perso una battaglia.
“ Edward vuoi che rimanga qui? ”
“ Io non voglio niente, io non imporrei mai la mia presenza a nessuno, né tantomeno tratterrei qualcuno contro la sua volontà, quindi va per la tua strada Isabella. ”
“ Perché non riesci mai a darmi una risposta precisa? Usi questi giri di parole che non fanno altro che confondermi e farmi esasperare. ” Lo attaccai, infischiandomene del fatto che lui non volesse più litigare per quella sera.
“ Vuoi che parli chiaro e tondo? Perfetto, vattene se hai la possibilità, io non ti tratterrò o ti legherò per convincerti a restare. Sono stato abbastanza chiaro adesso? ” Sputò minaccioso.
“ Sì, adesso sì. ” Lasciai la stanza senza aggiungere altro, chiudendomi la porta alle spalle.
Avevo sentito quello di cui avevo bisogno per rendere definitiva la mia scelta di andare via: lui non mi voleva.

E' stato strano riaprire word e efp dopo tutto questo tempo, ma eccomi. Scusate l'enorme ritardo, ma di questi tempi io e la scrittura, causa parecchi impegni, non andiamo molto d'accordo.
Le frasi tra le virgolette sono, rispettivamente, di Giorgio Faletti e di Carlo Ruiz Zafòn. 
Alla prossima, spero di non farvi aspettare tanto, Paola

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Capitolo 8
*** Unconditionally ***


UNCONDITIONALLY

< E’ facile innamorarsi di qualcuno per la prima volta. Ma prova a innamorarti una seconda volta dopo il dolore e i lividi sul cuore. Forse l’amore inizia proprio lì, nonostante sai cos’è il dolore, rischi ancora tutto. > Kimochi

 

Chiusi l’ultima valigia e con quel gesto chiusi anche il mio cuore.
Asciugai rabbiosamente le lacrime che non smettevano di solcarmi le guance e diedi un’ultima occhiata in giro per accettarmi di non aver lasciato nulla.
Erano passati quindici giorni da quando avevo preso la mia decisione di trovare un altro lavoro; William mi aveva accompagnato in paese per imbucare le buste, sorridendomi incoraggiante quando la mia mano aveva iniziato a tremare e si rifiutava di lasciar cadere quei curricula nella cassetta.
“ Hai fatto la scelta migliore. ” Mi consolò mentre tornavamo verso la macchina.
Ma se era davvero la cosa migliore, perché io mi ero sentita morire? Perché adesso sentivo un tremendo dolore al petto all’idea di abbandonare lui?
Lui che non mi rivolgeva da giorni la parola, lui che evitava persino il mio sguardo se per caso ci incrociavamo in casa; mi aveva dispensato dal servigli i pasti, così c’erano giorni in cui realmente non lo vedevo mai, proprio come negli ultimi due. Speravo almeno di riuscire a salutarlo prima di partire, ma ne dubitavo.
Avevo trovato una famiglia disposta a concedermi tre settimane di prova e se fossi andata bene, mi avrebbero preso a servizio. Quando lo avevo comunicato a Edward lui si era limitato a farmi firmare le mie dimissioni, senza dire una sola parola.
Presi un respiro profondo e, afferrata la valigia, mi chiusi la porta alle spalle di quella che era stata la mia camera in quei mesi. Con passo pesante scesi di sotto, dove trovai solo William ad aspettarmi: si era gentilmente offerto di accompagnarmi dalla mia nuova famiglia e a quanto sembrava Edward gli aveva concesso il permesso di farlo.
“ Sei pronta? ”
“ Lui? ” Non c’era bisogno che specificassi di chi stessi parlando, William lo sapeva benissimo e poi non era difficile capire a chi mi stessi riferendo considerando che eravamo gli unici tre abitanti della casa, che presto sarebbe tornata ad ospitarne solo due.
“ Mi dispiace, ma non ha lasciato la sua camera da ieri. ”
Annuii, scacciando l’ennesima lacrima traditrice e aiutata da William, indossai la mia giacca e lasciai definitivamente quella casa.
In macchina regnava il silenzio ad eccezione dei miei singhiozzi che non riuscivo a trattenere; infilai una mano in tasca per cercare un fazzoletto e quando la tirai fuori, mi cadde qualcosa dalla tasca. Mi chinai a raccoglierlo, pensando fosse qualche scontrino che avevo dimenticato di buttare, ma il mio cuore perse un battito non appena riconobbi la calligrafia di Edward su quel bigliettino. Lo aprii con mani tremanti, trattenendo il fiato:

 

< " L'ho lasciata andare! "

" Cosa? Come avete potuto farlo? "

" Ho dovuto.. "

" Ma perchè? "

" Perchè ne sono innamorato! " >

 ” FRENA! ” Urlai a William di colpo, prendendolo totalmente alla sprovvista.
“ Bella che c’è, ti senti male? ” Si allarmò quel pover uomo, immaginando chissà quale malessere mi stesse venendo.
“ Dobbiamo tornare indietro. ”
“ Hai dimenticato qualcosa? ”
“ Il mio cuore. ” Gli risposi sincera, stringendo al petto quel bigliettino che aveva riacceso in me una piccola speranza. Non ci fu bisogno di aggiungere altro, con molta attenzione William fece un’inversione ad U e ripercorse la strada appena fatta all’incontrario.

Quando arrivammo al viale d’ingresso non attesi nemmeno che la macchina fosse del tutto ferma prima di scendere e precipitarmi dentro casa; salii le scale di corsa, con il cuore in gola e quando arrivai davanti la sua camera non bussai nemmeno, ma spalancai direttamente la porta, trovando Edward disteso sul letto che fissava il soffitto.
“ Dimmi che ho capito bene questo bigliettino. ”
“ Bella? ” Si mise a sedere di scatto, meravigliato che io fossi di fronte a lui. “ Cosa ci fai qui? ”
“ Edward, ti prego, dimmi che in questo foglietto ci sono scritti i tuoi sentimenti per me, ti prego. ” Abbassai del tutto le mie difese, mettendo a nudo i miei sentimenti per lui, seppur in maniera indiretta.
Tese una sua mano, in un chiaro invito ad avvicinarmi, e io lo feci, stringendo forte la sua e Edward se la portò sul cuore, che batteva all’impazzata.
“ Lo senti? ” Sussurrò e io annuii, stregata dal luccichio dei suoi occhi che brillavano emozionati.
“ Sei stata tu a farlo battere nuovamente così, prima era morto e adesso invece batte come un forsennato. Bella, non so quale stregoneria sia mai questa, ma io mi sono accorto che con te sto tornando a vivere e questa cosa all’inizio mi ha spaventato da morire, non potevo accettare che una ragazza si frapponesse tra me e il mio dolore. Ma poi ho capito che continuare a vivere nel dolore non mi avrebbe restituito ciò che ho perso, che tornare ad amare  non mi avrebbe fatto dimenticare i ricordi della mia precedente vita, che conserverà sempre un posto speciale nel mio cuore. Ma quest’ultimo è abbastanza grande per ospitare anche l’amore che provo per te, perché sì Bella, io mi sono innamorato di te. ”
Non mi ero neppure accorta di stare nuovamente piangendo fino a quando lui non mi carezzò dolcemente le guance con i pollici per eliminare quelle scie di acqua salata.
Con uno scatto gli afferrai il viso tra le mani e lo baciai d’impulso; fu un bacio tutt’altro che dolce, sembrava quasi che io volessi soffiargli via l’anima, ma avevo bisogno di sentirlo mio, volevo imprimere il suo sapore nel mio cuore per serbarlo in eterno, volevo che lui capisse quanta sofferenza ma anche quanto amore mi avesse fatto provare, come fosse riuscito ad entrami dentro senza che avesse fatto nulla per farlo. Quando ci staccammo, lui sorrideva felice, senza quel velo di malinconia ad offuscare il verde dei suoi occhi.
“ Sei entrata nella mia vita come un uragano e l’hai completamente stravolta; non riesco mai a prevedere cosa farai, e forse è per questo che mi hai subito attirato nella tua rete, come fa il ragno con la sua preda, perché ogni tua azione è impulsiva, è dettata solo dai tuoi sentimenti, sei una ragazza passionale ma razionale quel tanto che basta per non farti trascinare in qualcosa di folle, e infatti eri pronta ad andartene rinunciando ai tuoi sentimenti. Sono stato uno stupido a non palesare prima i miei sentimenti per te, ma avevo paura. ” Mi rivelò commosso, e io mi buttai tra le sue braccia, nascondendo il viso nel suo petto, annusando il suo odore particolare.
“ Ti prego Edward, non costringermi mai più ad andare via, non farmi più scappare, non lo sopporterei. ”
Rivelai, senza vergognarmi di apparire patetica ai suoi occhi, avevo bisogno che lui me lo promettesse per farmi totalmente fidare di lui.
“ Te lo giuro piccola, non farò mai più una cosa del genere. Sei diventata troppo importante per me e io sono tendenzialmente egoista, quindi non ti libererai di me tanto facilmente. ” Mi rispose, racchiudendo il mio viso tra i suoi palmi, guardandomi a lungo negli occhi, e in quel momento sentii un brivido percorrermi la schiena, perché il suo sguardo sembrava leggermi dentro, scavare a fondo nella mia anima e creare una connessione con la sua. Lentamente si avvicinò a me, iniziando a baciarmi la fronte, gli occhi, le guance, il naso e infine le labbra; stavolta il bacio fu molto più dolce, all’inizio era solo uno sfiorarsi di labbra, come se stesse accarezzando le mie con le sue, poi aumentò l’intensità, premendo maggiormente contro le mie labbra ma senza mai esagerare, assaporando appieno ogni attimo di quei secondi che sembravano essersi cristallizzati mentre le nostre bocche ballavano una danza tutta loro, la cui musica erano i nostri sospiri, la cui energia era il nostro amore.
Qualcuno che si schiariva la gola, interruppe il nostro bacio, ed entrambi imbarazzati ci voltammo verso la porta da cui William ci guardava sconvolti.
“ Scusate, volevo solo sapere cosa fare con i bagagli di Isabella, sono ancora in macchina. ”
“ Credo che tu li possa riportare in camera sua, vero? ” Disse Edward abbracciandomi stretta a lui e guardandomi felice negli occhi. Io annuii semplicemente, troppo emozionata per dire qualcosa: non potevo crederci di essere finalmente stretta tra le sue braccia, mi sembrava di essere in un sogno e per accertarmi che non fosse così mi morsi il labro inferiore, talmente forte che sentii una gocciolina di sangue bagnarmi la punta della lingua e capii di non essere addormentata, ma che questo era il mio sogno ad occhi aperti.

 

“ Perché non mi hai lasciato più bigliettini? ”
Eravamo sdraiati sul suo letto, io totalmente appoggiata sul petto di Edward, che giocava con i miei capelli, mentre io disegnavo ghirigori con il dito sul suo torace.

“ Non servivano più a nulla: quando mi hai detto di star spedendo le lettere e che una di queste era andata a buon fine, ho capito di aver fallito e che quel poco che avevo fatto non era servito a farti capire i miei sentimenti. ”
“ Però poi mi hai dato questo. ” Dissi, prendendo il bigliettino che avevo trovato quella mattina e che non avevo lasciato un attimo, a riprova del fatto che non fosse tutta una mia illusione.
“ Era il mio modo per dirti addio. L’ultima chance che avevo per farti conoscere i miei sentimenti, stavolta senza fraintendimenti. L’ho infilato nella tua giacca prima di rifugiarmi in camera mia, a differenza di quello che credeva William sono rimasto chiuso nello studio a lungo per cercare un modo degno di salutarti.” Sorrise triste, ripensando probabilmente alla sofferenza che anche lui aveva provato in questi giorni.
“ Mi dispiace non aver capito prima che quei bigliettini parlassero di te. Erano ambigui, sembravano descrivere i miei sentimenti per te, e mi sono convinta maggiormente di ciò quando tu mi hai detto di aver ascoltato la discussione tra me e William. E’ stato questo ultimo pezzetto di carta a chiarirmi tutto, era inequivocabile il suo significato. ” Gli diedi un bacio all’altezza del cuore e lui ne posò uno sui miei capelli.
Di colpo mi drizzai a sedere, cercando di divincolarmi dal suo abbraccio.
“ Che succede Bella? ”
“ I signori Foster! Mi sono dimenticata di avvisarli. ” Strepitai, scansando le sue mani che facevano di tutto per trattenermi.
“ Tranquilla, ho detto a William di farlo mentre tu sei andata a cambiarti; spero di non aver sbagliato nell’avergli detto che rimarrai ancora a lungo qui. ” Mi accoccolai nuovamente sul suo petto, strisciando la guancia contro il suo costato come se fossi un gatto che faceva le fusa.
“ Dipende tutto da te. ”
“Attenta, perché ti vorrò sempre. Per sempre. ”
“ Non chiedo altro. ” Risposi, mentre Edward mi avvolgeva la schiena con il suo braccio, addossandomi ancora di più a lui, quasi volesse inglobarmi in lui.
“ Sai che sei davvero carina con questo pigiama? ” Disse, lasciandomi un dolce bacio sulla punta del naso.
“ Ti prego. Non avrei mai pensato che potessi odiare tanto il mio pigiama con gli orsetti: quando non ho trovato altro da mettere non sarei più voluta tornare qui dentro. ”
“ Non dire sciocchezze, sei bellissima anche così. ” Sentii immediatamente le guance colorarsi di rosso e abbassai gli occhi di conseguenza, ma lui me li riportò alla stessa altezza dei suoi sollevandomi il mento con due dita.
“ Non privarmi mai della vista di questo cioccolato fuso, mi sentirei perso.
Vuoi sapere quale sarebbe stato l’altro, e forse definitivo, indizio che ti avrei lasciato per mostrarti i miei sentimenti se tu non fossi andata via? ” Mi chiese speranzoso e come avrei potuto rispondere di no? Sorridendo, si sporse verso il suo comodino, sempre tenendomi stretta a lui, come se potessi decidere di scappare, e prese un altro bigliettino dal cassetto. Me lo porse e io lo afferrai, aprendolo solo dopo avergli lasciato un bacio in quella guancia che lui tanto odiava ma che io avevo imparato ad amare fin da subito.

< Mi sentivo già innamorato, ma di innamorarsi sono capaci tutti, e a tutti può accadere. Amare una persona è un'altra cosa. 
Quello l'ho dovuto imparare.
>

 
“ Anche io. ” Sussurrai solamente, guardandolo negli occhi e mi sollevai quel tanto che bastava per poggiare le mie labbra sulle sue e lasciarmi andare ad un bacio carico d’amore, perché era questo che entrambi provavamo, amore.

E sapevo già che non sarebbe stato facile, Edward nascondeva ancora dei segreti nel suo cuore, non avevo avuto risposte su cosa avesse causato quelle ferite, sia quelle visibili sul suo viso che quelle nascoste e più profonde nella sua anima, ma avevo tutte le intenzioni di portare avanti quella storia, non mi sarei lasciata abbattere dalle prime difficoltà: eravamo arrivati fin lì, rischiando quasi di perderci, ma ci eravamo ritrovati in tempo e questo per me valeva più di qualsiasi segno del destino.





Preferisco postare oggi piuttosto che domani perchè non sono sicura di avere il tempo... Grazie a chi non mi ha mandato a quel paese dopo questo immenso ritardo, ma è inutile che prometta che non accadrà più perchè so perfettamente che è impossibile.
Le frasi dei bigliettini di Edward sono tratte da La bella e la bestia (naturalmente!) e da Fabio Volo.
A presto, Paola.
E visto che non credo farò in tempo a postare un altro capitolo, vi faccio tantissimi auguri di buon Natale!

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