ColoRifugi

di Mezzo_E_Mezzo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentazione -Mmmh. Insolito.- ***
Capitolo 2: *** La Foresta Scarlatta ***
Capitolo 3: *** La Palude Indaco ***
Capitolo 4: *** L'Oceano Ocra ***



Capitolo 1
*** Presentazione -Mmmh. Insolito.- ***



Solitamente non è di mio uso mettere 'note' a ciò che scrivo, ma stavolta.. mmh, stavolta è diverso. E' un ciclo di poesie a cui tengo davvero molto. Perciò, mi pare giusto dare qualche spiegazione, per salvare loro da voi (senza offesa..) e voi da loro, ecco.
La prima, l'ho scritta circa due anni e mezzo fa, la sento come piuttosto melanconicoromantica.
Dopo qualche tempo che l'avevo scritta, però, ancora non mi lasciava quel formicolio di necessità, quella mancanza, quell'incompletezza. E allora ho deciso. E -con molta difficoltà, davvero- ho scritto la seconda qualche mese fa. Ed è, a mio parere, la più complicata di tutte, è.. oggettivamente più personale, con alcuni riferimenti che hanno significato solo per me [uno per tutti: avevo scritto una storia che finiva con un personaggio che piangeva cicuta blu, e ho immaginato che quest'altro mondo nascesse da questa lacrima], e siccome la sua aria è specificatamente più intrisa di dolore, più densa, ho l'impressione che questa densità si sia riversata nelle parole, ingarbugliandole più del dovuto. Ma.. uomo avvisato, mezzo salvato. Non c'era altro modo, per me, per esprimere nel modo più esatto quella sensazione, e quell'immagine. Pardon.
La terza, aah, l'ho finita ieri, dopo tutta una serie di rimuginamenti, e mi piace pensarla come un'evoluzione della prima, troppo sdolcinata, e della seconda, troppo disperata, giungendo ad un equilibrio di meraviglia, calore, animosità e comunque la mia personale intima maledizione che ha sempre qualche cosa da bisbigliarmi in seno, in mezzo ai versi.
Ok. Questa era la parte con un po' meno senso.

La parte più tecnica -e ho già in mente qualcuno a cui piacerà solo quella, nonostante per la sottoscritta abbia la commestibilità di un guscio d'uovo [di gallina] dipinto-, è presto riassumibile:
le poesie sono in qualche modo parallele, nello schema delle rime, e si potrebbe dire, anche nei contenuti (luogo, fauna, emozione. OhDdìo! Sto parlando come la mia professoressa d'italiano! Bleah- ) I colori che ho scelto sono quelli primari, dalla cui mescolanza s'irradiano tutti gli altri, come dalle emozioni da cui scaturiscono i limbi viene vomitata l'intera me.
La cosa che realmente mi piace è il fatto che le rime principali dell'ultima strofa di ognuna sono le stesse della prima della successiva, cioè ogni rifugio ha già in sè la strada dell'altro, non ho paura di perdermi, non c'è pericolo che resti senza guida tra uno e l'altro, e il mondo
ah! Il mondo non potrà avere ragione di me.

... Un ultima cosa: il Moro sul veliero, non è 'nècastanonèbiondo', ma appartiene alla Stirpe Moresca, per capirci. E adesso, se non dormite o non siete scappati borbottando, vi lascio entrare.
Lo faccio senza paura, perché credo che i miei ColoRifugi si plasmino a seconda di voi che li leggete, e nelle mie personali versioni, sarò
sempre,
stupendamente
sola.

Dasvidania.








Ah, sì. E Buona Pasqua.

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Capitolo 2
*** La Foresta Scarlatta ***


La Foresta Scarlatta


Esiste un posto sul fondo
di me, ove segretamente
mi nascondo, se la mia mente
vuole esiliarsi dal mondo,
anche solo per un secondo,
in cerca di purezza.

In quel luogo è sempre notte,
sopra di me vedo le rosse nuvole,
tra i ciliegi solo erba e fragole,
sotto, la terra nera, che batte.
Di lapilli accesi son fatte
le sabbie cremisi che porta la brezza.

Tra le fronde ragni gentili
e farfalle dagli occhi vermigli
e le ali che sembrano gigli
ridono con starnuti fragili,
ma singhiozzano se uno dei fili
di un'impalpabile ragnatela si spezza.

Piangono lagrime di ciottoli
i giganti di roccia, sotto stelle d'ardesia,
pregando, che dalla malinconia,
il cuor d'ognuno via se ne rotoli.
I loro corpi son vuoti, come barattoli,
mai riempiti da una sola carezza.

Questo mio rifugio arcano,
sciabordante di pena astratta,
lo chiamai "La Foresta Scarlatta",
poichè v'odo un canto, che, sovrano,
sanguigno e pudico, pian piano
mi trafigge, di soave dolcezza.

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Capitolo 3
*** La Palude Indaco ***


La Palude Indaco


Limo -di fuoco che brucia propano-
sotto i piedi; l'aria è rarefatta;
il freddo è da diventarci matta.
Mi guarda, diafano, da lontano
il cielo di questo mondo inumano,
nato [come] lacrima di cicuta.

Eccomi. Nelle lusinghe della tua ombra
mi sprecherò, e darò in pasto le dita
alle formiche, e all'erba inumidita
mi legherò i capelli, e in pozze d'ambra
lascerò assopire le membra:
ne udrò la fossilizzazione muta.

Cantando ogni notte sulla riva del fiume
farò implodere il petto dei grilli,
sarò trafitta da un milione di spilli;
sanguinando pinte di barlume
azzurro, trasuderò vitreo senno implume,
e sarò mera come un nume di iuta.

Singhiozzano, bianche, banshee ritrose
accovacciate dietro tronchi di salice,
nella nebbia si spande olezzo d'anice.
Minuscoli rospi turchese
e gazze, e civette ascose
consolano l'aurora sparuta.

Rimbalza il mio respiro rauco
su teschi di ratti, di zaffiro
e sull'anello vistoso di un emiro
... Ma (io) ho gli occhi timorosi dell'eunuco,
licheni d'acciaio sotto il petto glauco,
e brama salmastra che piaga, pur canuta.

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Capitolo 4
*** L'Oceano Ocra ***


L'oceano Ocra


Mentre questo pianeta caduco
di se stesso diventa vampiro,
riuscirò a compiere il raggiro
perfetto, e a rintanarmi nel mio buco:
accoccolarmi, trepida, bruco
nella più dolce e bizzarra delle mele.

Svettano, pallidi, obelischi
di cera, da una distesa di giallo
mare, popolato da città di corallo.
Svettano, avvinti da spire d'ibischi
mentre il vento ruggisce i suoi fischi.
Il sole è spento, accese le candele.

Ogni flutto più scuro è una duna
sotto la quale seppelliti stanno
squali di coccio, con occhi d'inganno.
E ancor più giù, una piovra bruna
e pavida, e ancor più giù una cuna
in cui, silente, una sirena piange fiele.

C'è invece, in superficie, un veliero
che beccheggia, ancorato, tutto d'oro,
su cui siamo io e il capitano, un Moro,
a giocarci a dadi: uno schiniero
bronzeo, lui, io il mio pensiero
di pece. Sorseggiamo, da fiaschette, del miele.

In quest'utero salato e biondo
troverò un vecchio sogno sfuggente
che splende, irriverente
di un lucore iracondo
e mi formicola nel cuore errabondo:
ecco! Sarò dannata, frizzante, crudele.

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