Do you remember our kiss? di dadless (/viewuser.php?uid=348453)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La futura stella del pop ***
Capitolo 2: *** Sono passati quattro anni ***
Capitolo 3: *** Sarà cambiata? ***
Capitolo 4: *** L'avrebbe aiutata ***
Capitolo 5: *** Datemi una notte ***
Capitolo 6: *** Sono tuo fratello ***
Capitolo 7: *** La sua passione ***
Capitolo 8: *** In un altro mondo ***
Capitolo 9: *** Capelli castani, occhi verdi e pelle bianca. ***
Capitolo 10: *** Buon ventiduesimo compleanno ***
Capitolo 11: *** La sua nuova fiamma. ***
Capitolo 12: *** Mi odio ***
Capitolo 13: *** Crack. ***
Capitolo 14: *** Lui è... tuo padre. ***
Capitolo 15: *** È questo che vuoi? ***
Capitolo 16: *** Un cd natalizio ***
Capitolo 17: *** Per noi. ***
Capitolo 18: *** “Jemma” suona proprio bene. ***
Capitolo 19: *** Me l'hai promesso. ***
Capitolo 20: *** Vuole che la baci? ***
Capitolo 21: *** Gli rovineremmo la vita. ***
Capitolo 22: *** Ricordi il nostro bacio? ***
Capitolo 1 *** La futura stella del pop ***
Avevo finito il turno al bar in tempo
per andare a prendere
Emma a scuola.
Volevo farle una sorpresa.
Uscii dal centro commerciale e mi
precipitai verso la sua
scuola.
Ancora l'esterno dell'edificio era
completamente vuoto.
Guardai di sfuggita l'orario sul mio
Iphone. Sarebbe uscita
nel giro di pochi minuti.
Iniziai a fischiettare per passare il
tempo.
Non vedevo l'ora di baciare le sue
labbra morbide e dolci,
di perdermi nei suoi occhi verdi.
L'amavo profondamente, sin da quel
pomeriggio al centro commerciale.
Dal bar avevo sentito una melodia
natalizia e mi ero
incuriosito subito per la tristezza con cui le note risuonavano
nell'aria.
Sembrava quasi che celassero un segreto, un ricordo. Poi avevo visto
lei, una
ragazza appoggiata alla parete, con la testa rivolta alle corde della
sua
chitarra beige.
Emma.
Quel pomeriggio era stata abbastanza
acida con me, ma mi
piaceva. Mi faceva sorridere senza che ne capissi il motivo. Poi nel
giro di
qualche giorno mi aveva rivelato tutto il suo dolore, i suoi ricordi. E
la
tristezza della melodia aveva acquistato un senso.
L'amavo già, ma volevo che
fosse felice. L'avevo aiutata a
cercare James, in tutti i modi possibili. Ero andato anche fino a Miami
pur di
vederla sorridere.
Ancora adesso non me ne pento.
Dopo alcuni minuti iniziarono a
uscire alcuni studenti,
scuotendomi dai miei pensieri.
Cercai con lo sguardo la mia adorata
castana.
Era splendida.
Sorrise quando mi vide.
Ancora non potevo credere che lei mi
amasse.
-Ciao, piccola mia- dissi dolcemente
quando si fu
avvicinata.
Afferrò il labbro
inferiore con i denti, facendomi provare
un sacco di emozioni.
Volevo assolutamente baciarla.
-Ciao, Justin- rispose baciandomi la
guancia.
Ma io appoggiai le mani sul suo viso
freddo e catturai le
sue labbra con le mie.
La sentii sorridere durante il bacio.
-Non avevi il turno al bar?- chiese
prendendo fiato.
Sentii alcuni sussurri. Lei
ridacchiò.
La guardai confuso -No, oggi avevo il
turno di mattina... Ma
perché ridi?- chiesi.
Si avvicinò al mio
orecchio -Perché tutte le ragazze di
questa scuola si staranno chiedendo come tu possa stare con me e
sinceramente
me lo domando anche io- spiegò sfiorando con le labbra la
mia pelle.
Arrossii. Insomma, non era
assolutamente possibile. Poi ero
io a chiedermi come lei potesse amarmi.
Lei era perfetta.
-Perché ti amo- dissi e
lei sorrise. Poi mi guardai intorno.
Una buona parte degli studenti maschi ci stava osservando -Posso
assicurarti
che i ragazzi stiano pensando la stessa cosa, ovviamente per te- dissi
convinto.
Scosse la testa -Non credo- concluse
afferrando la mia mano
e iniziando a camminare.
Arrivammo davanti a casa sua in pochi
minuti.
Durante il tragitto avevo avvertito
il suo nervosismo.
-Cos'hai?- le chiesi preoccupato.
Scosse la testa -No, niente.
È solo che ho come il
presentimento che oggi debba succedere qualcosa di brutto- disse
rivelando il
suo tormento.
Non volevo che lei provasse quei
sentimenti.
Il mio desiderio era che lei fosse
tranquilla, ad ogni
costo.
-Non pensarci, vedrai che questa
giornata passerà in fretta,
portandosi dietro tutte queste paure- cercai di consolarla accarezzando
il suo
viso bianco e gelido.
Annuì -Grazie, Justin. Non
so cosa farei senza di te-
sorrise guardandomi negli occhi.
-Di niente, piccola mia- sfiorai le
sue labbra con le mie.
Poi la abbracciai, stringendola con tutto il mio amore nei suoi
confronti.
Appoggiò la testa sulla mia spalla ed io sorrisi.
L'avrei amata per sempre.
Sciolsi dolcemente l'abbraccio,
pronto a baciarla un'altra
volta.
Ma qualcosa nel suo sguardo mi
bloccò.
-Che succede, Emma?- chiesi
seriamente preoccupato.
La sua bocca era spalancata e i suoi
occhi sgranati. Era
troppo scioccata.
-James- sussurrò.
No. Non poteva essere vero. Mi girai
confuso, cercando di
seguire la traiettoria del suo sguardo. Rimasi scioccato pure io.
Capelli scuri e occhi azzurri.
-È lui, Emma? È
lui James?- chiesi girandomi nuovamente
verso di lei.
Annuì -Non lasciarmi,
Justin- disse singhiozzando.
Afferrò la mia mano e la
strinse forte. Ricambiai la
stretta.
-Emma, amore mio- esclamò
James.
Come si permetteva? Emma era mia. Lo
sarebbe stata per
sempre. Perché era venuto a cercarla? Proprio quando Emma ed
io eravamo
riusciti a dichiarare il nostro amore, lui arrivava a rovinare tutto.
Perché sapevo che sarebbe
stato così.
Lei probabilmente sarebbe corsa tra
le sue braccia e forse
sarebbe stato anche giusto. Lui era più maturo e ricco di
me.
Io ero solo un barista diciottenne e
innamorato.
Era solo a un metro da noi.
-Emma... Non mi dici niente? Non ci
vediamo da più di un
anno- disse riservando un'occhiataccia alle nostre mani intrecciate.
Lei aprì la bocca, ma non
emise alcun suono.
Accarezzai il dorso della sua mano
con molta dolcezza.
-Tu cosa ci fai ancora qui,
ragazzino? Lasciaci da soli-
esclamò crudelmente James.
Questo era il ragazzo dolce di cui
Emma era stata
innamorata?
Wow.
Lei cercò un contatto
visivo con i miei occhi, ma io guardai
James.
Ero completamente furioso.
Come avrei potuto lasciare la ragazza
che amavo nelle mani
di quello stronzo? Strinse la mia mano, ma io sciolsi delicatamente la
presa.
James sorrise soddisfatto.
Le sorrisi debolmente, per poi
iniziare a camminare verso la
strada che ci avrebbe allontanati.
-No, Justin, non andartene! Io ti
amo- gridò sincera,
facendomi sobbalzare.
Mi voltai verso di lei per pochi
istanti.
-Ti amo- dissi dolcemente, per poi
voltarmi nuovamente, come
se fosse stato un addio.
Una lacrima rigò il mio
viso.
Sotto le righe del nostro amore
qualcuno stava scrivendo la
parola "fine". Stava macchiando in questo modo le pagine del nostro
"Per sempre".
Iniziai a correre verso casa.
Volevo dimenticare tutto.
Come avrei fatto senza la mia piccola
Emma?
Lei sarebbe tornata fra le braccia di
James.
E io? Io cosa avrei fatto?
Calpestai la strada ghiacciata con
rabbia.
Avrei dovuto accettarlo. Per lei
sarebbe stato meglio. Lei
voleva un futuro con un marito accanto e dei figli da crescere.
Come avrei potuto io far
sì che il suo sogno si realizzasse?
Io volevo un futuro come cantante, ma
al tempo stesso farle
realizzare il suo sogno.
Non c'era molto che potessi fare.
L'avrei lasciata con James, avrei
fatto in modo che si
dimenticasse di me.
Ma io l'avrei mai dimenticata? No.
Presi le chiavi dalla tasca dei jeans
e aprii il portone.
Entrai in casa e mi sedetti sul
divano bianco.
Mi coprii il volto con le mani.
Come avrei potuto dimenticare Emma?
Io l'amavo con tutto il
mio cuore, come mai avevo amato prima.
Io avrei continuato ad amarla e lei
si sarebbe costruita una
famiglia con quello stronzo.
No. Dovevo assolutamente
dimenticarla, nonostante fosse una
cosa impossibile.
Ma come?
Serrai la mascella. Affondai le dita
fra i miei capelli
biondi.
-Ti amo, Emma- sussurrai frustrato.
Inumidii le mie labbra per poi
dirigermi in cucina.
Camminai lentamente, perso tra i miei
pensieri.
Alla fine il brutto presentimento di
Emma non era risultato
immotivato, o almeno per me.
Stavo perdendo la ragazza
più dolce che avessi mai
conosciuto.
Non avrei più sentito la
sua melodiosa voce.
Non avrei più avuto la
possibilità di perdermi nei suoi
occhi verdi.
Ma forse sarebbe stata la cosa
giusta, avrei dovuto farmi
coraggio e permettere che ciò avvenisse.
Entrai in cucina e aprii il
frigorifero. Tirai fuori una
mela rossa e, dopo averla lavata, iniziai a mangiarla.
Mi sedetti e diedi un altro morso.
Mi ricordai di quando avevamo
mangiato la pizza preparata da
lei, di quando avevamo fatto la colazione insieme dopo esserci
svegliati sullo
stesso letto, dopo aver fatto l'amore.
Sorrisi lievemente.
Non capivo nemmeno io
perché mi fossi arreso così
facilmente. Forse non era ancora arrivato il tempo di combattere.
Buttai il torsolo nel cestino e
ritornai a sedermi sul
divano.
Solo in quel momento mi accorsi della
giacca che stavo
ancora indossando.
Sospirai e tirai fuori il mio Iphone
dalla tasca, deciso ad
appendere poi il giubbotto all'ingresso.
Ma la mia mano sfiorò
qualcos'altro, oltre al cellulare.
Aggrottai la fronte e svuotai la
tasca.
Un biglietto bianco riempito di
parole nere.
Sgranai gli occhi. Era forse un
segno?
Il mio sguardo finì sul
bracciale che mi aveva regalato la
mia dolce Emma.
-Believe-
sussurrai. Avrei dovuto crederci? Forse quella sarebbe stata la scelta
migliore. Emma mi avrebbe dimenticato ed io avrei dimenticato lei.
Tutto per colpa di uno stronzo che io
stesso avevo cercato
su tutti i social network e in tutta Miami.
Strinsi la mano in un pugno. Respirai
profondamente nel
tentativo di calmarmi.
-Believe-
ripetei
afferrando il mio cellulare.
Composi un numero a me sconosciuto e
attesi.
-Believe-
mormorai
ad occhi chiusi.
-Pronto?- chiese la voce di un uomo.
Sperai vivamente di non aver
sbagliato numero.
Non sarei riuscito a prendere quella
decisione un'altra
volta, nonostante fosse l'unica soluzione.
Cercai di sembrare sicuro di me.
-Parlo con Scooter Braun?- chiesi
torturando il mio labbro
inferiore con i denti.
-Sì, sono io- sospirai
sollevato -Chi è?- chiese lui.
Feci un piccolo sorriso.
-Sono Justin Bieber. La futura stella
del pop- mi presentai.
Eccomi
ancora qui!
Questo
è il continuo di “Kiss me underneath the
mistletoe” i personaggi sono gli
stessi, ma questa storia sarà completamente dal punto di
vista di Justin.
Spero
vi piaccia!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 2 *** Sono passati quattro anni ***
Sono passati quattro anni. Quattro
anni da quella chiamata.
Adesso sono in pausa dal mio tour in
giro per il mondo.
Sto tornando a casa, dopo tutti
questi anni, per riposarmi.
Non mi sarei mai aspettato tutto
questo successo. È qualcosa
di incredibile.
Le mie Beliebers sono fantastiche e
mi sostengono sempre,
qualunque cosa io faccia. Certo, ci sono anche molte persone da cui
vengo
odiato, ma non è la fine del mondo. Sono contento di sapere
che tantissime
amano la mia musica e questo mi basta per continuare a vivere il mio
sogno.
Guardo fuori dal finestrino
dell'aereo e sorrido.
Los Angeles mi è mancata
troppo. Forse non solo la città. Ma
è terribile doverlo ammettere dopo tutti i tentativi per
dimenticarla.
Naturalmente scappare dalla mia città non è
servito a molto. Lei è rimasta
sempre nel mio cuore.
Beh, il lato positivo è
che ho realizzato il mio sogno di
diventare un cantante.
Sospiro pensieroso.
Quattro anni non mi hanno fatto
dimenticare di lei.
La distanza non mi ha fatto
dimenticare di lei.
Io amo Emma Wilson, esattamente come
quattro anni fa, se non
di più.
Sospiro nuovamente e mi inumidisco le
labbra.
-Che succede, amore?- la sua voce
stridula mi riscuote dai
miei pensieri.
Cerco di soffocare una smorfia di
fastidio.
-Niente. Sono solo nervoso- accampo
una scusa.
Mi infastidisce questa situazione. In
questo momento con me
dovrebbe esserci la mia piccola e dolce Emma. Lei avrebbe dovuto
accompagnarmi
nel mio sogno, così come mi aveva promesso quattro anni
prima.
Invece sul sedile accanto al mio
c'è una ragazza dagli occhi
e i capelli scuri.
Troppo diversa dalla mia piccola.
Ma in fondo è colpa mia.
Me ne sono andato senza avvisare
nessuno. Una volta raggiunto Scooter ad Atlanta ho poi deciso di
parlare della
mia decisione con Jazzy. Aveva cercato in tutti i modi di convincermi a
ritornare a Los Angeles. Diceva che insieme avremmo trovato una
soluzione, ma
io avevo già scelto. Avevo firmato un contratto con la casa
discografica di
Scooter e poi con la Island Records.
Sono felicissimo di come stia
procedendo la mia carriera, ma
certe volte è difficile essere una popstar internazionale.
Non posso fare nemmeno il minimo
errore.
La mia immagine, il mio
comportamento, la mia voce, ogni
cosa deve essere perfetta.
-Sì, anche io lo sono. Mi
è mancata Los Angeles- dice
sistemandosi il ciuffo dietro l'orecchio. -Dannazione!- urla dopo
qualche
minuto ricevendo le occhiatacce di molti passeggeri.
Sprofondo nel mio sedile cercando di
non farmi vedere.
Non mi piace essere al centro
dell'attenzione se non sono su
un palco scenico. Sono sempre stato molto timido, e ancora non capisco
come io
sia riuscito a fare carriera. Ma meglio così.
-Che è successo?- chiedo
spazientito.
-Ti sembra il tono adatto?- chiede
offesa. Alzo gli occhi al
cielo, sbuffando -Lo vedi?- mi mostra il suo pollice destro con
l'unghia perfettamente
curata.
-E allora?- chiedo alzando un
sopracciglio. Veramente non
capisco.
-Allora?! Lo smalto si è
rovinato è non ho più il rosso per
coprirlo, mi è rimasto solo il magenta, e il rosso e il
magenta non sono lo
stesso colore! Questa è una tragedia, non posso scendere
dall'aereo in queste
condizioni- dice drammaticamente.
Spalanco gli occhi.
Spero veramente che stia solo
scherzando.
Sì, sta solo scherzando.
Scoppio a ridere -Per un attimo ho
creduto che fossi seria-
dico tra una risata e l'altra.
Lei non fa una piega.
-Ti sembra che io stia ridendo,
Justin?- chiede seria.
Poi s’infila le cuffie
dell’iPod nelle orecchie, con aria
offesa.
Mi metto una mano sulla faccia e
scuoto la testa.
Ma che cos'ha nella testa al posto
del cervello? Una
nocciolina?
Ah, no. Di sicuro un procione in
prognosi riservata. O forse
una nutria in letargo. È ancora da verificare.
Perché mi ritrovo lei
accanto? Perché devo fingere di
amarla?
Tutto perché non sono
riuscito a trovare nessun’altra che mi
facesse battere forte il cuore, dopo Emma.
Ma un cantante di ventitré
anni, amato da tutte quelle
ragazze, deve avere una fidanzata che lo accompagni agli eventi e a
ritirare i
premi.
Perché? Beh, sempre per la
storia che la mia immagine deve
essere perfetta. Perché le Beliebers pensavano che io non mi
fidassi di loro,
che non volessi presentare loro una mia probabile fidanzata.
Così Scooter, adesso mio
manager, anni fa mi ha
costretto a trovarne una. E a chi avrei mai potuto pensare io?
Alta, formosa, occhi e capelli scuri.
Nicole.
Non la sopporto. È
egocentrica, egoista e superficiale. Ma
soprattutto non sopporto come ha trattato Emma quattro anni fa.
Mi manca la mia piccolina. Mi manca
la sua dolcezza, le sue
labbra, i suoi capelli, il suo corpo bianco e freddo. Mi manca lei.
Mi piacerebbe sapere cosa abbia fatto
in tutti questi
quattro anni. Starà ancora con James? O magari ha un
altro fidanzato.
Vorrei incontrarla, ma non posso. Non
riuscirei a resistere.
Mi fionderei sulle sue labbra in un istante.
Inizio a battere a ritmo le dita
sulla mia coscia.
Questo viaggio sta diventando
stressante.
Guardo distrattamente fuori dal
finestrino. Gli edifici
sembrano più vicini. Probabilmente manca poco.
-Gentili passeggeri, vi preghiamo di
allacciare le cinture
di sicurezza: l'aereo sta per atterrare- la voce metallica conferma i
miei
pensieri pochi minuti dopo.
Sorrido.
Tra non molto rivedrò la
mia amata città e i miei parenti.
Sono venuti al mio ultimo concerto, ma mi mancano ugualmente.
I miei genitori hanno poi accettato
la mia passione. Anche
perché se mi avessero proibito di realizzare il mio sogno,
io l'avrei fatto
comunque. Nonostante ciò, non mi hanno ancora spiegato
perché non accettassero
questa mia passione.
Con la coda dell'occhio noto che
Nicole non ha ancora
allacciato le cinture.
Le tocco il braccio per attirare la
sua attenzione e lei si
sfila una cuffia per poi sorridere.
Probabilmente pensa che io voglia
scusarmi. Ma per cosa? Non
è normale che una persona si preoccupi per lo smalto alle
unghie.
-Devi allacciare le cinture- spiego
semplicemente.
Lei è visibilmente delusa
-Ah, va bene- risponde.
-Non vedo l'ora di andare a fare
shopping. Soprattutto ora
che ho un sacco di soldi- dice lei eccitata dopo qualche minuto di
silenzio tra
noi due.
La guardo confuso -Di quali soldi
parli, Nicole?- chiedo
senza capire.
-Oh, ma i tuoi, naturalmente!- spiega
come se fosse la cosa
più ovvia del mondo.
Beh, ora capisco. Non mi interessa
dei soldi, ma se una
persona ne ha molti, perché dovrebbe sprecarli in stronzate?
Conosco Nicole da molti anni, e posso
assicurare che lei
spenderebbe i soldi in accessori rosa e pieni di diamanti per
chihuahua. E lei
non ha un chihuahua.
-Va bene- rispondo senza fare
polemica.
Non ho proprio voglia di discutere
con lei, in questo momento.
Quando atterriamo, sono molto
emozionato.
Sono passati quattro anni dall'ultima
volta che ho messo
piede in questo aeroporto. E, se quattro anni fa nessuno faceva caso a
quel
ragazzino di diciotto anni, adesso migliaia di fan lo aspettano
eccitate.
Le mie Beliebers sono meravigliose,
veramente.
Firmo gli autografi alle mie fans e
scatto delle foto con
alcune di loro.
Cerco di renderle felici una a una.
C'è anche qualche ragazzo
tra la folla e io non posso fare a
meno di sorridere e battergli il pugno, come se fossimo vecchi amici.
Tutto ciò avviene sotto lo
sguardo annoiato di Nicole, che
osserva la scena seduta sulle sue valigie rosa confetto.
Alzo gli occhi al cielo guardandola e
poi rivolgo l'attenzione
ad una ragazzina di dodici anni che mi afferra la mano è la
agita lievemente.
-Dimmi, piccola- la incito a parlare.
Lei mi sorride, poi si avvicina al
mio orecchio -La tua
fidanzata sembra una stronza- dice sincera lei provocando la mia
risata.
Annuisco -Oh, lo è
veramente- concordo con lei.
Mi guarda confusa -Allora
perché stai con lei?- mi chiede
-Dovresti stare con una ragazza che ti ami e che tu ami- continua
convinta.
-Lo so- rispondo semplicemente.
-Non ami nessuna ragazza? Escluse noi
Beliebers,
naturalmente- mi chiede.
Sorrido -Sì, ma
è un amore... impossibile- rispondo
sincero.
-Perché?- mi chiede
curiosa.
Firmo un altro autografo.
-Perché con me lei non
avrebbe realizzato il suo sogno-
rispondo malinconicamente.
È incredibile che io stia
raccontando tutti i pensieri, che
avevo tenuto nascosti per quattro anni, a una ragazza appena
conosciuta.
-E se il suo sogno fosse di seguirti
ovunque? Di poter
vivere il vostro amore?- ipotizza.
Non penso sia quello il suo
desiderio. Poi oramai sono passati
quattro anni. Non si ricorderà nemmeno della mia esistenza.
O forse sì, ma solo
per i giornalini di gossip.
Scuoto la testa -Non credo, piccola-
concludo.
-Justin, dobbiamo andare!- grida
Scooter.
-Arrivo- rispondo al mio manager.
Bacio la guancia di quella ragazza
-Come ti chiami?- le
chiedo gentilmente.
Lei sorride -Emma- risponde ed io
sento il mio cuore
velocizzare il battito.
Deglutisco per poi sorridere.
-È stato un piacere, Emma-
dico sincero.
Lei sorride donandomi infinita
felicità.
-Vi adoro!- annuncio allontanandomi,
scatenando i loro
gridolini di gioia.
Amo le mie Beliebers una a una!
EHI!
Ecco
il secondo capitolo, spero veramente che vi piaccia… avrei
dovuto aggiornare
domani, ma ho il dentista e non posso, perciò…
Vorrei
ringraziare chi ha inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate e chi
ha recensito, siete meravigliose!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 3 *** Sarà cambiata? ***
-Siamo arrivati- annuncio davanti al
palazzo dove Nicole
vive con la sua famiglia.
Lei rimane seduta dentro la mia nuova
macchina e si guarda
intorno.
È confusa.
-Ma questa è casa mia- mi
guarda aspettando delle spiegazioni.
-E dove dovrei portarti?- chiedo
grattandomi il collo.
Lei assume nuovamente
quell'espressione offesa che l'ha
accompagnata in tutti questi mesi in cui ho finto di amarla.
Ancora una volta mi chiedo
perché io non mi sia inventato di
dover ancora trovare la mia anima gemella. Di sicuro non avrei avuto
questa
scocciatura. Alla fine anche Nicole, per quanto io non la sopporti,
merita un
ragazzo che la ami veramente. Ma chi vorrebbe una fidanzata capricciosa
che
pensa solo all'apparenza?
-Forse a casa nostra?- chiede lei
retorica.
Sgrano gli occhi.
No.
Lei non metterà piede in
quella casa.
Non dormirà con me su quel
letto.
Non farà la colazione
insieme a me.
Nella mia casa c'è posto
solo per Emma.
-No, scusa- nego e cerco una
motivazione che non la offenda
più di tanto -È solo che in quella casa mi sento
già soffocare da solo,
figurati in due...- concludo.
Lei sorride e per un attimo penso che
lei abbia capito.
-E che problema c'è? Hai
una montagna di soldi ora, potresti
comprare una bella villa con piscina per noi due- propone lei.
Ah, ecco. Quindi non ha capito che
stavo solo cercando un
modo abbastanza carino per rifiutare la sua presenza in giro per casa.
E poi
come può dirmi una cosa simile?
-No, Nicole. Solo perché
adesso sono ricco, non vuol dire
che io debba cambiare tutte le mie vecchie abitudini. Io sono lo stesso
di
quattro anni fa- sospiro.
Io non voglio svegliarmi la mattina
con una ragazza accanto
che non sia la mia piccola Emma.
Non voglio mangiare una pizza che non
sia preparata dalla
mia dolce Emma.
Sembrerà una cosa stupida,
ma non sono più riuscito a
mangiare la pizza, dopo aver assaggiato la sua. Era semplicemente
deliziosa.
Mi inumidisco le labbra a questo
pensiero.
-Va bene- si arrende, per mia fortuna
-Ciao, amore- prima di
uscire dall'auto, si sporge verso di me per baciarmi, ma io giro in
tempo il
viso, così da ricevere solo un innocente bacio sulla
guancia.
Non voglio le sue labbra sulle mie.
Apre la portiera e la sbatte con
rabbia, come per farmi
sentire in colpa.
Prende le sue valigie e si allontana
verso l'ingresso
dell'edificio. Forse dovrei aiutarla a portare i suoi bagagli, ma di
sicuro
penserebbe che sia un modo per farmi perdonare.
Metto in moto e ricomincio a
sfrecciare tra le strade di Los
Angeles.
Probabilmente mi libererò
anche di questa macchina.
Quattro anni fa mi piaceva camminare
per queste strade,
sotto il sole o sotto la pioggia.
Ancora oggi adoro andare a piedi.
Forse perché riesco a
sentire tutti i profumi e i rumori di ciò che mi circonda.
Forse perché
camminando ho abbastanza tempo per riflettere, mentre dentro un'auto
pensi solo
a qualche autista che non ha rispettato la precedenza, il semaforo
oppure non
ha messo la freccia. Inoltre l'unico odore che si può
sentire è quello
nauseante dei deodoranti per automobili.
Alzo di sfuggita lo sguardo verso lo
specchietto e vedo
quell'odioso alberello verde.
Ecco perché mi viene da
vomitare.
Abbasso completamente il finestrino e
subito una leggera
brezza rinfresca l'aria.
Respiro profondamente e vedo in
lontananza quell'incrocio.
L'incrocio dove io e lei ci eravamo
spesso fermati a
parlare, prima di prendere ognuno la propria strada.
Sospiro e imbocco quella che mi
farà ritornare alla mente
tanti ricordi, che mi farà commuovere e probabilmente
soffrire, ma in questo
momento ho bisogno di percorrerla.
Voglio illudermi che non sia cambiato
niente in questi
quattro anni, nonostante non sia così.
Inizio a vedere i primi alberi della
strada e la malinconia
si impossessa subito del mio corpo.
Mi ricordo di quando mi ha rivelato
tutti i suoi ricordi, i
suoi sogni, di quando ancora non sapeva quali parole adattare alla sua
melodia
natalizia, di quando ho preso le sue mani per scaldarle con il mio
respiro, di
quando ho scattato la foto davanti a casa sua e, purtroppo, di quando
James è
arrivato a rovinare tutto.
Sospiro e parcheggio la macchina nel
primo posto che trovo.
Non so nemmeno se verrò a
riprenderla: è solo uno spreco.
Inizio a camminare.
Mi è mancata troppo in
questi quattro anni. Non so nemmeno
se lei viva ancora qui, a Los Angeles, o se magari si sia trasferita a
Boston
con James.
Per quanto ne so, potrebbe anche
essere fidanzata o
addirittura sposata con qualcuno che non sia James.
Stringo le mani in due pugni a questo
pensiero.
Emma è mia.
Avrei voluto che lei diventasse mia
moglie e la madre dei
miei figli. Invece tutto questo non succederà mai.
In alcuni minuti giungo davanti a
quella che era la sua casa
fino a quattro anni fa.
Non so se lo sia ancora.
Arrivo al citofono. Chiudo gli occhi
e prendo un respiro
profondo prima di guardare quale cognome formino le lettere scritte a
caratteri
minuti.
Lentamente riapro i miei occhi
nocciola.
-Wilson- leggo con voce tremante.
Le lacrime premono per uscire e
bagnarmi completamente il
viso.
La sua famiglia abita ancora qui. Ma
lei?
Vorrei verificare, ma non posso.
Mi appoggio al cancelletto e inizio a
piangere.
La amo. Non potrò mai
dimenticarla.
-Ehi, ragazzo! Perché
piangi?- una voce femminile richiama
la mia attenzione. Alzo lo sguardo e mi ritrovo davanti un'anziana
signora con
le rughe e i capelli grigi.
Cerco di asciugare queste dannate
lacrime.
-No, niente- rispondo continuando a
sentire quelle gocce
lungo le guance.
Dopo pochi minuti, pensando che se ne
sia andata, mi giro verso
la casa.
-Ti ha lasciato la tua fidanzata,
vero?- mi domanda la
stessa donna.
Torno a guardarla e scuoto la testa
-No, signora. L'ho
lasciata io- ammetto.
In questo momento mi rendo conto di
quanto sia assurda
questa situazione.
-Beh, allora lasciati dire che sei un
coglione, ragazzo mio-
dice alzando un sopracciglio bianco.
Scoppio a ridere.
-Ha ragione. Scusi, ora devo andare.
Buona giornata signora-
la saluto e poi ripercorro la strada per tornare all'incrocio.
Già, sono proprio un
coglione.
Ma poi cosa pretendevo? Di tornare
dopo quattro anni e di
riaverla tra le mie braccia?
Scuoto la testa, sconsolato.
Indosso i miei occhiali da sole neri.
Il sole di fine Maggio scalda il mio
corpo.
Quattro anni e ancora amo lei.
Quattro anni e ancora non riesco a
dimenticarla.
Ci riuscirò mai? Non
credo.
Attraverso varie vie della
città. Dopo qualche minuto,
raggiungo la casa in cui ho passato la mia infanzia.
Non è cambiato niente. Nel
giardino c'è ancora l'altalena su
cui mio padre mi spingeva da piccolo e, appesa a due alberi vicini,
un'amaca
bianca su cui Jazzy e io ci sdraiavamo per ascoltare le storie
raccontate da
nostra madre.
Da fuori riesco a sentire i
rimproveri della mamma rivolti a
Jaxon, la dolce risata di Jazzy e gli sbuffi di papà
perché non può leggere il
giornale in tutta quella confusione.
Rido.
Mi sono mancati moltissimo.
Suono il campanello e attendo.
-Vai tu, Jazzy!- grida mia madre.
L'ormai diciannovenne sbuffa.
Sento i suoi passi avvicinarsi al
portone.
-Chi è?- chiede.
Beh, almeno dopo tutti questi anni ha
capito che è sempre
meglio non aprire la porta senza sapere chi abbia suonato.
Sorrido.
-Ho portato le pizze che avete
ordinato- voglio farle una
sorpresa.
-Non abbiamo ordinato niente- dice
confusa.
Dopo pochi secondi apre la porta.
Alla fine la sua brutta
abitudine è rimasta. Ma almeno sono solo io e non qualche
maniaco o ladro.
Appena mi vede spalanca la bocca,
incredula.
Mi soffoca in un abbraccio pieno di
affetto e io non posso
fare altro che sorridere e stringere il suo corpo tra le mie braccia.
-Justin... mi sei mancato- sussurra
incredula.
-Anche tu, sorellina- bacio
dolcemente la sua guancia.
-Chi era alla porta?- chiede mia
mamma, poi mi vede e lascia
cadere per terra uno straccio umido -Justin?- chiede incredula
abbracciandomi
pure lei.
-Ciao mamma- sorrido.
Loro sono le donne della mia vita.
Solo che nell'abbraccio
ne manca una.
Emma.
Sciolgo lentamente l'abbraccio e
sorrido.
Nel frattempo sono arrivati anche
papà e Jaxon.
-Ehi campione!- saluto il mio
fratellino di nove anni battendogli
il cinque.
-Ciao papà- lo saluto con
un abbraccio veloce.
-Ciao Justin. Bentornato- mi
dà il benvenuto lui.
-Mi siete mancati troppo- ammetto.
-Anche tu ci sei mancato- rispondono
in coro.
Non mi chiedono cosa io abbia fatto
in questi quattro anni perché
ci siamo già visti non molto tempo fa e abbiamo avuto
occasione di parlarne, ma
ci siamo mancati comunque. È quasi come se io abbia fatto
una vacanza di
qualche mese.
Ognuno torna alle sue faccende.
Mi siedo sul divano e Jazzy prende
posto vicino a me.
Avvolgo le sue spalle con un braccio
e lei sorride.
Dopo pochi minuti squilla il suo
cellulare. Lo afferra e
risponde. Non ascolto la sua conversazione, ma prendo il mio Iphone e
sblocco
lo schermo.
La vedo di nuovo, come è
successo in tutti questi quattro
anni. Vedo la foto che ho impostato come sfondo quattro anni fa. La
nostra
foto. Lei era così bella. Sarà cambiata? Mi
piacerebbe saperlo. Beh, adesso ha
quasi ventuno anni, non è più la liceale di
quattro anni fa.
La malinconia prende il possesso del
mio corpo.
Non ho potuto festeggiare con lei i
suoi diciotto anni, il
suo diploma, non l'ho accompagnata al ballo di fine anno e non l'ho
baciata
sotto il vischio ogni Natale passato.
Continuo a fissare la foto e una
lacrima riga il mio volto.
L'asciugo subito, ma vedo con la coda
dell'occhio che Jazzy
è riuscita a notarla ugualmente. Il suo sguardo passa dal
mio cellulare al mio
viso, in continuazione. Vedo sul suo volto un'espressione di tenerezza,
quasi.
Lei ha capito che sto soffrendo e le dispiace.
-Va bene, come vuoi. Ci vediamo,
dolcezza- attacca la
conversazione telefonica.
La vedo agitata.
-Qualcosa non va?- chiedo
gentilmente.
Lei scuote la testa -No, non
preoccuparti- cerca di
rassicurarmi, ma io la conosco troppo bene. So che qualcosa la turba.
All'improvviso sorride per poi
guardarmi negli occhi.
È molto strana mia
sorella, forse lunatica.
Alzo un sopracciglio.
-Oggi andiamo al parco- non
è una domanda e nemmeno una
proposta. È un ordine.
Vedo uno strano luccichio nei suoi
occhi e la cosa mi spaventa.
-E sei così eccitata? Wow,
pensavo che, una volta raggiunta
una certa età, non ti sarebbero più piaciuti gli
scivoli, le giostre e
l'altalena...- dico sincero.
Lei mi rivolge una linguaccia -Quanto
sei simpatico- dice
ironica -Comunque niente scuse perché oggi si va al parco,
che la cosa ti
piaccia o meno- conclude alzandosi dal divano per poi chiudersi in
camera sua.
-Agli ordini, capitano- borbotto.
-Eh, che ci vuoi fare? Valle a capire
le donne...- dice mio
padre, senza distogliere gli occhi dal suo giornale, con il tono di un
vecchio
che ha appena rivelato una sua grande perla di saggezza.
Alzo gli occhi al cielo, sorridendo.
EHI!
Ecco
un nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Emma
non è ancora tornata, ma non dovrete aspettare molto ;)
Dunque,
volevo dirvi che se non capite qualcosa della storia, è
perché in realtà questo
è il continuo di Kiss me underneath the mistletoe…
Volevo
ringraziare chi ha inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate e chi
ha recensito, siete fantastiche!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 4 *** L'avrebbe aiutata ***
Il
campanello suona, avvertendomi dell'arrivo di mia
sorella.
-Arrivo-
grido dal salotto. Mi avvicino alla porta
d'ingresso e, prima di aprirla, afferro i miei occhiali da sole e un
capello
per nascondere il mio viso. Sono pur sempre una popstar
internazionale...
Apro
il portone e mi ritrovo davanti mia sorella. È
cresciuta molto in questi anni ed è proprio una bellissima
ragazza.
Mi
sorride -Andiamo?- chiede spostandosi un ciuffo di
capelli dietro l'orecchio.
Annuisco
-Sì, anche se non ho ancora capito tutta questa tua
voglia di andare al parco- ammetto chiudendo la porta a chiave.
-Devo
incontrare una persona e di solito va al parco- spiega
lei vagamente.
Questo
suo comportamento mi porta ad una sola conclusione.
Alzo
un sopracciglio -Non è che stai diventando la stolker
di qualche ragazzo che ti piace?- chiedo sospettoso.
Il
caldo di Maggio a Los Angeles è veramente soffocante.
Agito una mano davanti al mio corpo nel tentativo di rinfrescare l'aria
che mi
circonda.
-No.
A volte mi chiedo come ti vengano in mente certe
stronzate- risponde lei acidamente.
Scoppio
a ridere -Ehi, stai tranquilla, ho solo chiesto-
alzo le mani in segno di resa -A proposito, sei fidanzata?- le chiedo
curioso.
Quattro
anni fa le parlavo in continuazione di quanto mi
piacesse Emma e adesso non mi dispiacerebbe se lei mi dicesse qualcosa
della
sua vita sentimentale.
Lei
arrossisce ed io capisco che qualche ragazzo è riuscito
a farle battere forte il cuore.
-Ah,
ti ho scoperta. Allora, come si chiama? Lo conosco?
Studia o lavora? Dove vive? E a lui piaci?- chiedo a raffica
estremamente
voglioso di scoprire ogni singolo dettaglio di questo ragazzo.
Lei
scoppia a ridere -Ehi, vai piano!- esclama nel tentativo
di calmarmi -E comunque non ti dirò niente- mi fa la
linguaccia ed io sbuffo. È
veramente cattiva.
-Tu,
invece? Ho letto su molti giornali che sei fidanzato
con... Nicole, giusto?- chiede poco dopo.
Il
mio
entusiasmo viene smorzato da queste parole. Perché ho aperto
questo discorso?
-Lei
non ti piace, dico bene?- chiede.
Annuisco,
confermando la sua ipotesi. Sorride lievemente e
non approfondisce l'argomento. Grazie.
Arriviamo
davanti a quel parco, quello del concerto di
Natale.
All'improvviso
sento un vuoto terribile allo stomaco. Forse
non è stata proprio la scelta migliore tornare a Los
Angeles. Qualsiasi cosa mi
ricorda Emma.
Mi
accorgo di essermi fermato quando Jazzy afferra la mia
mano e mi trascina tra le piante verdi e rigogliose del parco.
Sento
le risate dei bambini e sorrido. Mi ricordano me e
Jazzy da piccoli.
Spero
che nessuno mi abbia riconosciuto.
Mi
siedo su una panchina insieme a mia sorella.
La
vedo agitata.
-Non
è ancora arrivato?- chiedo cercando di indovinare cosa
le passi per la testa.
Lei
scuote la testa -No. Spero solo che venga pure oggi-
mormora guardandosi intorno.
Sospiro
e afferro il mio cellulare.
Quattro
chiamate perse da Nicole.
Sbuffo.
Perché
mi ha chiamato?
Non
posso nemmeno passare un pomeriggio tranquillamente.
Forse voleva andare a fare shopping. Beh, può andarci da
sola. L'idea di
aspettarla davanti ad un camerino mentre prova centinaia di vestiti non
è molto
allettante.
Fortunatamente
Jazzy mi ha portato qui al parco...
Ritorno
a guardare mia sorella e noto che il suo sguardo sta
ancora vagando.
Dopo
qualche minuto sorride ed io seguo la traiettoria dei
suoi occhi nocciola per capire dove stia guardando.
Una
ragazza dai capelli castani lunghi fino al seno sulla
ventina che cerca disperatamente di farsi obbedire da due bambini di
circa
quattro anni, biondi con gli occhi verdi, ma loro ridono e continuano a
correre.
Probabilmente
è la sorella o la baby-sitter dei due.
Gli
occhi della ragazza sono coperti dalle grosse lenti
scure degli occhiali che indossa. Contrastano con la sua pelle chiara.
Jazzy
si alza dalla panchina -Arrivo subito- dice ed io
annuisco.
Stava
aspettando lei, quindi.
Si
avvicina alla castana e le bacia una guancia.
Sarà
una sua amica.
Poco
dopo si inginocchia e rivolge l'attenzione ai due
bambini e li riempie di coccole, facendoli ridere, come se li
conoscesse da
molto tempo.
Forse
prima era in attesa di tutti e tre.
Alzo
di sfuggita lo sguardo verso la ragazza e noto che in
quel preciso istante lei si è accorta di me e mi sta
guardando.
Deglutisce
e continua a fissarmi.
Sembra
incredula.
Forse
è una mia fan e mi ha riconosciuto. Chi può
dirlo?
Le
sorrido gentilmente e lei distoglie subito lo sguardo.
Chiede
qualcosa che non riesco a sentire a Jazzy.
Sembra
molto preoccupata. Mia sorella scuote la testa e la
ragazza si tranquillizza.
È
molto bella.
Torna
a guardarmi ed io sorrido nuovamente. Lei ricambia
incerta.
Dopo
pochi minuti distolgo lo sguardo dalla ragazza e torno
al mio cellulare. Sblocco lo schermo e mi soffermo qualche secondo di
troppo
sullo sfondo.
I
suoi capelli lunghissimi mi piacevano da impazzire, così
come le sue labbra morbide e i suoi occhi verdi.
Sospiro
e digito il numero della mora, sbuffando.
Dopo
qualche squillo risponde -Finalmente ti sei degnato di
chiamarmi- il suo tono è talmente stridulo che sono
costretto ad allontanare il
telefono dall'orecchio.
-Cosa
dovevi dirmi?- chiedo scocciato.
Di
sicuro non voleva augurarmi un buon pomeriggio.
-Forse
non ti ricordi, ma sull'aereo ti avevo detto quanto
volessi andare a fare shopping. Quindi, perché non sei
venuto a prendermi?-
chiede arrabbiata.
Chiudo
gli occhi e cerco di calmarmi. Sono sempre stato un
ragazzo gentile, dolce e comprensivo, ma lei riesce a farmi innervosire
solo
con la sua presenza.
-E
tu mi hai chiamato per questo? È il mio primo giorno di
riposo, sono stanco, non vedevo la mia famiglia da mesi e dovrei stare
sotto il
sole per portare le tue buste piene di vestiti? Non credo proprio,
Nicole- dico
cercando di trattenere la rabbia. Questa ragazza è proprio
incomprensibile.
-Ti
sembra il modo di trattarmi, Justin?- chiede con il suo
solito tono offeso che, sinceramente, mi ha stufato.
-Senti,
chiama un'amica e vai a fare compere. Lasciami in
pace almeno per oggi- non riesco più a rimanere gentile.
Mi
rendo conto di aver alzato troppo il tono di voce durante
la telefonata e che la maggior parte delle persone in questo parco mi
sta
fissando. Chiudo la conversazione telefonica senza nemmeno salutarla.
Sorrido
timidamente a quelle persone, sperando che smettano di osservarmi. Odio
essere
al centro dell'attenzione inutilmente.
Dopo
pochi secondi non sento più i loro sguardi addosso, ma
Jazzy e la sua amica mi lanciano di sfuggita qualche occhiata durante
la loro
conversazione.
Chiudo
gli occhi per percepire meglio i vari suoni e profumi
che mi circondano. Finalmente una sensazione di pace invade il mio
corpo e i
raggi del sole scaldano la mia pelle in modo piacevole.
All'improvviso
sento una mano sul mio braccio. Apro subito
gli occhi e mi ritrovo davanti mia sorella Jazzy sorridente.
-Hai
fatto?- chiedo voglioso di lasciare quel parco.
Annuisce
-Sì, possiamo andare- risponde afferrando la sua
borsa dalla panchina.
Mi
alzo e con una veloce occhiata mi rendo conto che non ci
sono più tracce di quella bella ragazza.
Sorrido
a Jazzy e le prendo la mano, stringendola
dolcemente.
-Quindi
stavi aspettando una tua amica e i suoi fratelli,
giusto?- chiedo per rompere il silenzio.
Lei
mi guarda di sfuggita -Ecco, in realtà sono i suoi
figli- risponde lasciandomi a bocca aperta.
I
suoi figli?
-Oh,
ma...- non so proprio cosa dire -Insomma, è molto
giovane per avere dei figli, non credi?- dico ancora scioccato da
quella
notizia.
Annuisce
-Ha partorito il giorno del suo diciottesimo
compleanno- mi informa. Quindi, sì, è molto
giovane. -Ma comunque i suoi figli
sono adorabili e lei li ama con tutta se stessa. Io voglio un bene
immenso a
quei bambini, mi fanno sorridere sempre- dice con una strana luce negli
occhi.
-Sai,
sembra quasi che tu li conosca da quando sono nati-
dico.
-Io
c'ero il giorno del parto- conferma Jazzy.
Devono
essere molto amiche.
-E
il suo fidanzato come ha reagito quando ha scoperto che
lei era incinta così giovane?- chiedo cercando di portare
avanti la
conversazione.
Lei
sgrana gli occhi -Beh... ecco... lui nemmeno lo sa-
balbetta.
Poverina.
Avrà mandato avanti la gravidanza da sola.
-Oh,
mi dispiace- non so che altro dire.
Lei
annuisce con lo sguardo perso nel vuoto.
-Comunque,
la conosco?- chiedo curioso.
Deglutisce
-No, l'ho conosciuta quando tu eri già partito
per Atlanta- dice non molto convinta.
-Beh,
se fossi rimasto qui, quattro anni fa, mi sarebbe
piaciuto conoscerla e assistere al parto. Magari avrei anche conosciuto
i suoi
figli, così come hai fatto tu- dico sorridendo.
L'avrei
fatto veramente, se solo avessi potuto. Mi sono
sempre piaciuti i bambini ed io piaccio a loro. Inoltre quella ragazza
non
meritava di crescere ben due bambini da sola.
-Sì,
l'avresti fatto sicuramente- conferma in tono
misterioso.
Mia
sorella è incomprensibile, ma ormai mi sono abituato a
questi suoi strani comportamenti.
Mancano
ancora alcuni minuti di strada ed io non riesco a
sopportare questo improvviso silenzio.
-Ehm...
conosci il padre?- chiedo togliendomi gli occhiali
da sole.
Questa
strada è deserta.
Sembra
indecisa. Forse preferisce non dirmelo.
Annuisce
lievemente.
-Cosa?!
E non l'hai avvertito?- chiedo incredulo.
-Lei
non vuole. Non posso prendere la decisione al suo
posto. Quando vorrà, glielo dirà lei- risponde
alzando le mani come per
discolparsi.
Annuisco
semplicemente.
Magari
se questo ragazzo l'avesse saputo, l'avrebbe aiutata.
Magari
avrebbe visto la nascita dei suoi figli.
Magari
gli avrebbe comprato tanti bei regali per Natale.
Magari
gli avrebbe fatto ascoltare tante belle canzoni.
O
almeno è quello che avrei fatto io.
EHI!
Scusate
se non ho aggiornato prima, ma sono stata tutti i pomeriggi in piscina
e non ho
avuto un minuto libero…
Comunque,
spero che vi piaccia (:
Chi
sarà questa ragazza misteriosa? Vabbè, questa
domanda è a dir poco ridicola…
Allora,
ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate
e chi ha
recensito, siete meravigliose, veramente!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 5 *** Datemi una notte ***
Sono
passati molti giorni da quando ho visto per la prima
volta quella ragazza al parco.
Da
quel giorno ci torno spesso con Jazzy.
Loro
due parlano ed io resto sulla panchina con il
cellulare in mano, a fissare quella foto.
Emma
mi manca terribilmente e ogni giorno che passa mi
rendo conto sempre di più di quanto sia impossibile un
futuro insieme a lei. È
passato troppo tempo e non ho più notizie di lei da quel
maledetto pomeriggio.
Se
solo James non fosse tornato, io adesso sarei accanto
a lei.
Non
sarei partito quattro anni fa.
Non
sarei diventato un cantante famoso.
Non
avrei tutte queste fan in giro per il mondo.
Ma
in fondo, se avessi la mia piccola Emma, non penserei
nemmeno a tutte queste cose.
Invece
niente di tutto ciò è successo.
Sono
partito quattro anni fa.
Sono
diventato un cantante famoso.
Ho
moltissime fan in giro per il mondo.
Non
ho la castana dagli occhi verdi accanto.
Sospiro.
Ho
perso quattro anni in cui avrei potuto amarla senza soffrire.
Ho
perso quattro baci sotto il vischio.
Ho
perso la possibilità di vederla crescere e diventare
una donna.
Adesso
ho solo il suo ricordo che mi accompagna ogni
giorno da quattro anni.
Sorrido
tristemente.
Davvero
mi ero illuso di poterla dimenticare? Solo adesso
mi rendo conto di quanto fosse insensata e stupida quella pretesa.
Continuo
a fissare quella foto.
Eravamo
così felici in quel momento. Mi ricordo che
eravamo appena usciti da casa sua dopo essere stati insieme sul suo
letto.
L'avevo tenuta stretta al mio corpo, quasi come se avessi paura di
perderla.
Per un attimo avevo creduto che ci saremmo baciati, ma sono felice che
il
nostro primo bacio sia stato sotto il vischio, il bacio che lei aveva
tanto
desiderato. Quando le nostre labbra si erano sfiorate per la prima
volta sotto
quel ramo, avevo sentito come la sensazione che io e lei saremmo
rimasti
insieme per sempre, che lei fosse la mia anima gemella. Ma il nostro
"Per
sempre" si è interrotto in quel preciso istante in cui ho
sussurrato
"Ti amo" come un addio.
Appoggio
le mani sul viso e sospiro, frustrato.
Non
so cosa darei per fare l'amore con lei.
Anche
solo una notte mi basterebbe.
Le
accarezzerei i fianchi per poi far scorrere le mani
fino al suo viso.
Strofinerei
il mio naso sul suo collo bianco e profumato.
Bacerei
quella sua voglia sul collo, l'unico spazio di
pelle che non sia bianco come il latte.
Morderei
dolcemente il suo labbro inferiore, leggermente
più grande di quello superiore.
Affonderei
i denti nella sua profonda fossetta sotto la
bocca, come ha fatto lei quattro anni fa con la mia.
Le
direi che la amo da impazzire, che l'ho sempre amata.
E
poi entrerei in lei dolcemente, soffocando i suoi
gemiti di piacere con un bacio pieno di passione.
Datemi
anche solo una notte e sarei la persona più felice
del mondo.
Datemi
una notte per poterla amare senza alcun freno.
Datemi
una notte, non desidero altro.
La
suoneria del mio cellulare mi riscuote dai miei
pensieri. Rispondo senza verificare chi mi stia chiamando.
-Pronto?-
chiedo leggermente scocciato, pensando che
potrebbe essere Nicole.
-Pronto,
sono Scooter- sospiro sollevato.
-Oh,
ciao Scooter, dimmi tutto- mi sistemo meglio gli
occhiali da sole sul naso.
-Volevo
ricordarti che tra un'ora hai un'intervista e un
servizio fotografico. Dove sei ora?- mi dice il mio manager.
Sgrano
gli occhi.
Me
n'ero completamente dimenticato.
-Sono
al parco, dove ci siamo conosciuti. Adesso mi
sbrigo. A dopo, Scooter- lo saluto velocemente e chiudo la
conversazione
telefonica senza aspettare la sua risposta.
Cerco
con lo sguardo Jazzy e la trovo vicino a uno
scivolo rosso con in braccio la figlia della sua amica.
Afferro
la sua borsa e mi avvicino a lei velocemente.
-Jazzy,
io devo andare ad un'intervista- dico porgendole
la borsa -Stasera, se vuoi, vieni a casa mia con Jaxon- le propongo
dandole un
bacio sulla guancia.
Lei
annuisce e ricambia.
Mi
giro per allontanarmi quando qualcosa mi trattiene
dalla maglietta bianca.
È
una mano minuscola dalla pelle chiarissima.
Sorrido
alla bambina.
-Ciao
piccola- le bacio dolcemente una guancia che al mio
tocco si scalda.
Lei
sorride timidamente. Non sembra nemmeno quella
bambina che l'altro giorno faceva impazzire la sua mamma.
Guardo
i suoi occhi verdi e noto quanto siano familiari.
Striature
gialle intorno alla pupilla e contorno azzurro
dell'iride.
Mi
ricordano terribilmente quelli della mia piccola Emma.
Scuoto
la testa per evitare di perdermi tra i miei
pensieri e prendo la sua mano per poi baciarla delicatamente, proprio
come
farebbe un padre.
Poi
inizio a correre verso casa per prepararmi.
Appena
entro in casa, butto per terra il cappello e
appoggio da qualche parte i miei occhiali da sole. Mentre vado in bagno
per
lavarmi, lascio sul pavimento le scarpe, la maglietta e i pantaloni.
Chiudo la
porta e mi sfilo i boxer.
Devo
assolutamente sbrigarmi!
Non
lascio nemmeno il tempo all'acqua di scaldarsi un po'
e mi metto sotto il getto gelido.
Fortunatamente
è quasi Luglio e il caldo è
insopportabile.
Passo
velocemente il sapone sul mio corpo, ripensando
agli occhi di quella bellissima bambina. Possibile che fossero
così simili a
quella della mia Emma? Forse mi manca talmente tanto da farmi venire le
allucinazioni.
Sospiro
e mi sciacquo un'ultima volta prima di coprirmi
con un asciugamano bianco. Ne prendo un altro e inizio a tamponare i
miei
capelli biondi nel tentativo di asciugarli.
Cosa
mi chiederanno?
Che
cosa dovrei rispondere nel caso mi chiedano qualcosa
su Nicole?
Sono
agitato.
Respiro
profondamente e inizio a vestirmi.
Mi
infilo le scarpe, mi asciugo per bene i capelli e sono
finalmente pronto per l'intervista, mentre per il servizio fotografico
penseranno loro a come sistemarmi.
Afferro
le chiavi di casa, quelle della macchina, il
cellulare e gli occhiali, per poi uscire e chiudere il portone.
Guardo
di sfuggita l'orario.
Mancano
esattamente ventisette minuti.
Ce
la farò? Lo spero.
Salgo
in macchina e mi inoltro nel traffico di Los
Angeles.
Avrei
preferito andare a piedi, ma è troppo tardi.
Arrivo
davanti ad un semaforo rosso. Sbuffo e inizio a
picchiettare le dita sul volante. Scatta il verde ed io premo
sull'acceleratore,
quando un ragazzo in moto mi passa accanto per poi tagliarmi la strada,
facendomi venire un colpo. La rabbia prende il possesso del mio corpo.
Respiro
profondamente -Stai calmo, Justin- mi ripeto nel
tentativo di calmarmi.
Sono
arrivato anche a parlare da solo. Fantastico.
Riesco
finalmente ad arrivare davanti all'hotel in cui si
svolgeranno l'intervista e il servizio fotografico.
Parcheggio
l'auto e scendo per entrare di corsa nella
hall.
Sono
in anticipo di esattamente due minuti, ma so che
Scooter avrebbe preferito che io fossi qui già dieci minuti
fa.
-Eccomi-
avviso il mio manager del mio arrivo.
Appoggio
una mano sul mio petto e respiro profondamente.
Ho
il battito del cuore accelerato.
-Sei
in ritardo, Bieber- mi ammonisce lui guardando le
lancette del suo orologio.
Alzo
un sopracciglio -No, Scooter. Sono in anticipo di
ben due minuti- affermo sicuro.
Lui
prende in mano il suo cellulare e controlla l'orario.
Annuisce
-Hai ragione. Cazzo, due minuti! Un vero record
per te- dice ironico.
Fingo
di spolverarmi la spalla -Modestamente- concludo
fiero di essere riuscito a fare tutto in poco tempo.
Scooter
alza gli occhi al cielo scherzosamente. Io rido.
-Ora
andiamo, Bieber- con due dita afferra il mio
orecchio destro e mi trascina in una stanza sotto lo sguardo divertito
dei
presenti.
Appena
entrati nella stanza, mi guardo intorno. È pieno
di vestiti, scarpe e vari accessori. Non vedo l'ora di scoprire come mi
vestiranno. Mi siedo davanti ad uno specchio e, dopo pochi minuti,
arriva una
donna sui venticinque anni. Probabilmente è la stylist.
Senza degnarmi di un
saluto, mi afferra per un braccio e mi alza. Poi mi squadra da capo a
piedi
prima di annuire a se stessa. Si volta verso i vestiti e afferra un
indumento
nero. Me lo lascia tra le mani.
-Cambiati-
ordina uscendo dal camerino.
Mi
chiedo come faccia certa gente a lavorare.
Scuoto
la testa prima di verificare cosa io debba
indossare.
Corrugo
la fronte.
Me
lo rigiro tra le mani.
Sì,
è proprio un costume.
Strano,
di solito mi fanno vestire con T-shirts, giacche,
jeans, sneakers, e oggi solo un costume.
Lo
infilo velocemente, appoggiando i miei vestiti in un
angolo, piegati.
Esco
e davanti alla porta trovo un uomo abbastanza
giovane e calvo ad aspettarmi. Mi trascina fino a una porta dell'hotel.
La apre
e ci ritroviamo nel giardino. Intravedo una piscina.
Ho
un brutto presentimento.
L'uomo
continua a trascinarmi fino a quando, senza che io
me ne renda conto, mi ritrovo fradicio.
Sputo
l'acqua che mi è entrata in bocca e tossisco per
quella che ho ingoiato.
Un
attimo.
Io
mi sono lavato, asciugato e profumato, cercando di
essere veloce, per poi essere buttato dentro una piscina?
Wow.
Sospiro
e lascio che mi sistemino i capelli bagnati. Che
io avevo già lavato e asciugato.
Justin,
stai calmo.
Bene,
sto parlando di nuovo da solo...
Dopo
pochi minuti arriva il fotografo.
-Allora,
Justin. Voglio delle pose che siano molto
naturali. Quindi, guarda il meno possibile l'obiettivo. Tutto chiaro?-
mi
chiede l'uomo.
Annuisco
e subito dopo i flash iniziano ad accecarmi.
Sbatto
velocemente le palpebre e inizio a fare alcune
pose.
Seguo
i consigli del fotografo e non guardo l'obiettivo,
ma rivolgo lo sguardo altrove.
-Perfetto,
ora scelgo le migliori- dice dopo l'ultimo
flash. Schiocca le dita e qualcuno mi lancia addosso un asciugamano
bianco per
coprirmi.
-Bravo,
Justin- si congratula Scooter -Ora c'è
l'intervista, quindi sbrigati- conclude il mio manager.
Annuisco
e mi appoggio l'asciugamano sulle spalle. Scuoto
la testa per sistemare meglio i miei capelli e seguo Scooter fino a un
tavolino
bianco situato sotto un ombrellone del medesimo colore. Una donna sulla
trentina è seduta con un tablet in mano, ma, appena ci nota,
si alza per
stringerci la mano.
-Ciao,
sono Julie e ti farò qualche domanda- si presenta.
-Ciao-
la saluto con un sorriso prima di sederci per
iniziare l'intervista.
Scooter
mi dà una pacca sulla spalla, per poi lasciarci
soli.
Mentre
lei è presa dal suo tablet, io mi guardo un po'
intorno.
Passano
alcuni minuti e, non sapendo cosa fare, inizio a
canticchiare una melodia.
Mi
mordo subito il labbro inferiore perché è proprio
la
canzone della mia piccola Emma.
Julie
sorride e passa varie volte il dito sullo schermo.
Sento un suono e capisco che è iniziata la registrazione.
-Allora,
Justin... Come procede la tua carriera?- ecco la
prima domanda.
Sorrido
-Beh, credo stia andando tutto molto bene.
Insomma, le mie Beliebers mi sostengono sempre e spero che
apprezzeranno anche
il nuovo disco che sto incidendo- risposta abbastanza diplomatica. O
almeno lo
spero.
Lei
spalanca gli occhi -Questa è una notizia bomba! Care
Beliebers, preparatevi perché tra poco potrete ascoltare
nuove canzoni- dice eccitata
per aver scoperto questa informazione. Poi non capisco
perché durante questa
registrazione parli come se le mie fans l'ascolteranno.
Quest'intervista finirà
su un giornale, che le persone leggeranno...
-Vuoi
darci qualche anticipazione del nuovo album?-
chiede.
Sorrido
-Preferisco che sia una sorpresa- rispondo.
Julie
però sembra non voglia cedere così facilmente.
-Dai, Justin. Solo un piccolo dettaglio- cerca ancora di convincermi
-Per
esempio, potresti dirci se la melodia di qualche minuto fa sia una
traccia del
nuovo CD- propone.
Spalanco
gli occhi. L’ha sentita?
Cerco
di riassumere un'espressione normale -Ehm... no...
insomma- non so proprio
cosa dirle.
-Quindi
è così?- chiede sorridendo.
-No,
è una canzone che ha scritto una mia... amica-
spiego balbettando.
Vorrei
che Emma fosse la mia fidanzata, invece ormai non
siamo più nemmeno amici. Ma di certo non potrei dire a Julie
tutta questa
storia.
-Oh,
va bene- dice non molto convinta -Cambiamo
argomento...- propone.
Grazie.
-Allora,
parliamo di amore. Come va con Nicole?- chiede
con un sorriso malizioso.
Bene,
avrei preferito continuare a parlare del nuovo
album.
-Ecco,
non penso ci sia molto da dire. Insomma, i
giornali ne parlano già molto e penso che ormai le persone
ne abbiano
abbastanza della mia vita sentimentale- rispondo senza lasciar
trapelare
informazioni.
Lei
annuisce.
Bravo,
Justin. Se solo non ci fosse Julie di fronte a me,
mi farei un applauso.
L'intervista
finisce dopo pochi minuti e il fotografo mi
porge le foto scelte.
Le
guardo attentamente.
-Vanno
bene- dico semplicemente.
Lui
annuisce per poi sparire da qualche parte.
Spero
che le mie Beliebers le apprezzeranno, anche se mi
dispiace che ormai io mi ritrovi costretto a fare solo foto a torso
nudo.
Insomma,
le mie vere fans mi amano anche senza bisogno di
queste immagini, no?
EHI!
Sì,
ho cambiato colore… sinceramente preferisco
l’altro, ma in
questo momento non ho nemmeno voglia di respirare, figuriamoci
schiacciare due
tasti per cambiare colore… cioè, è
troppo stancante… forse è colpa di questo
caldo… BOH!
Vabbè,
tralasciando le mie stronzate, spero vi piaccia questo
capitolo, anche se so che in questi capitoli la storia è
noiosa, ma sono di
passaggio e mi servono.
Vi
ringrazio come sempre tutte, dalla prima all’ultima (o dal
primo
all’ultimo, non so se ci siano maschi a seguire questa
storia) siete
fantastiche/fantastici o_O
Sì,
esatto, non ho nemmeno le forze per scrivere che ringrazio come
al solito chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate,
chi ha
recensito e chi ha semplicemente letto… e alla fine
l’ho scritto… vabbè, me ne
vado!
Un
abbraccio very coccoloso,
la
vostra Morena (^.^)
p.s.
buona estate e che Heartbreaker sia con voi (??)
|
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Capitolo 6 *** Sono tuo fratello ***
La
guardo negli occhi, incredulo.
-Ho
capito bene, Jazzy?- le chiedo la conferma.
Lei
annuisce -Certo. Sparisci da questa casa nel giro di
due minuti- dice incrociando le braccia sotto il seno.
Spalanco
gli occhi prima di scuotere la testa, deluso.
Lei
alza un sopracciglio e inizia a battere ritmicamente
il piede sul pavimento.
-Non
ho intenzione di andarmene- annuncio sedendomi
comodamente sul divano.
-Mamma,
potresti dirgli qualcosa, per favore?- chiede.
Mia
madre esce dalla cucina con uno straccio umido in
mano. Possibile che sia sempre davanti ai fornelli?
-Justin,
alza il culo da quel divano ed esci da quella
porta- mi indica il portone di casa cercando di assumere un'espressione
seria,
ma non riesce a trattenere una risata.
-No-
dico senza muovermi di un millimetro.
Lei
rimane a fissarmi, convinta che riuscirà a
convincermi con quello sguardo e io cerco l'appoggio di mio padre, in
fondo
anche lui sarà geloso, no?
-Papà,
aiutami- dico guardando quell'uomo comodamente
seduto sulla poltrona con il giornale davanti. Ma non lavora mai?
Distoglie
qualche secondo lo sguardo da quei fogli, per
poi tornare a leggerli.
-Dai,
Justin. Se tua sorella non ti vuole in giro per
casa, io non posso farci niente- dice con il suo solito tono pacato.
-Jaxon,
almeno tu...- spero che almeno una persona in
questa famiglia mi appoggi.
Il
mio fratellino sembra svegliarsi al suono delle mie
parole dall'ipnosi provocata da quell'aggeggio che stringe tra le mani.
-Eh?-
domanda confuso guardandosi intorno. Quei
videogames gli stanno veramente bruciando il cervello.
Alzo
gli occhi al cielo.
-Ma
dove sono finito?- sussurro. Mi alzo dal divano,
profondamente offeso. -Bene, me ne vado. Volevo solo proteggere la mia
sorellina da un possibile maniaco, in qualità di fratello
maggiore, visto che
qualcuno- lancio un'occhiataccia a mio padre -se ne sta
disinteressando-
annuncio quasi drammaticamente.
Insomma,
dov'è finito il prototipo di padre che è geloso
della propria figlia?
-Oh,
ma smettila. Derek non è un maniaco- si lamenta
Jazzy.
-Certo,
perché se lo fosse, verrebbe di certo a dirtelo-
dico ironico afferrando i miei occhiali da sole neri. -Poi non ho
ancora capito
perché tu non mi voglia qui. In fondo l'hai invitato per
conoscere la tua
famiglia, no? Beh, io, fino a prova contraria, sono tuo fratello-
continuo poco
dopo.
-Perché
tu lo metteresti di sicuro in imbarazzo- risponde
mia madre al suo posto -E ora vattene- conclude spingendomi verso
l'uscita.
-L'ho
sempre detto che lei è la vostra preferita- dico
facendo scoppiare in una fragorosa risata la mia famiglia.
Il
campanello suona ed io curvo le labbra in un sorriso
di soddisfazione.
-Oh,
no!- esclama Jazzy cercando di arrivare davanti alla
porta prima di me. Ma io, essendo più veloce, la batto sul
tempo e apro il
portone.
Alzo
un sopracciglio e inizio a squadrare da capo a piedi
il ragazzo che mi ritrovo di
fronte.
Capelli
rossi e occhi azzurri, jeans e camicia a quadri.
Tipica aria da finto bravo ragazzo.
-Oh,
ciao Derek- mia sorella spunta da dietro le mie
spalle e lo saluta.
Lui
sorride.
-Derek-
pronuncio il suo nome, quasi come se fosse un
insulto, in segno di saluto.
-Oh,
ciao, tu devi essere...- lascia in sospeso la frase
per farmi presentare. Probabilmente non sa che sono un cantante e non
conosce
il mio nome.
Esco
dal portone, passandogli accanto, e lui si gira
verso di me.
-Non
ti serve sapere il mio nome, ma sappi che ti tengo
d'occhio- lo avverto minaccioso.
Jazzy
scoppia a ridere, mentre lui sbianca, come se non
fosse già abbastanza pallido. No, ok. È veramente
un bravo ragazzo.
-Sì,
certo. Ciao Justin- mi saluta mia sorella tra una
risata e l'altra.
Sbuffo
-Sei cattiva. Così mi togli tutto il divertimento-
borbotto avviandomi verso una meta ancora non decisa.
Mi
piaceva che avesse paura di me. Almeno avrebbe tenuto
le mani a posto fino al trentesimo compleanno di Jazzy, o anche
più tardi.
Arrivo
sul marciapiede e inizio a camminare per le strade
di Los Angeles.
Il
caldo è insopportabile.
Mi
passo una mano sulla fronte per asciugare le
goccioline di sudore.
Non
so veramente cosa fare questo pomeriggio. Avrei
preferito rimanere a casa della mia famiglia e conoscere meglio Derek.
Di
sicuro non voglio assolutamente stare con Nicole. Annullerei
completamente le
possibilità di passare un pomeriggio in serenità.
È da alcune settimane che non
passiamo qualche ora insieme e ormai i paparazzi iniziano a capire che
il
nostro amore non è sincero.
Mi
incontrano sempre da solo e mi riempiono di domande
sulla nostra relazione.
Mi
chiedono se nella mia vita ci sia una persona speciale
ed io sorrido, pensando alla mia piccola Emma, ma loro fraintendono,
credendo
che io mi riferisca alla mora.
Mi
chiedono se io ami Nicole e naturalmente non rispondo.
Non potrei di certo mentire fino a questo punto.
Afferro
il mio cappello e inizio a sventolarlo davanti al
mio viso.
Fa
troppo caldo.
Da
lontano scorgo l'insegna di un bar e ci entro subito.
L'aria del condizionatore mi fa sorridere, sollevato. Mi avvicino al
bancone e
mi metto in fila per comprare qualcosa di rinfrescante. Ci sono
tantissime
persone in attesa e la ragazza dietro la cassa sembra in procinto di
impazzire
da un momento all'altro.
Non
riesco a trattenere un sorriso.
Mi
ricordo di quando lavoravo come barista nel centro
commerciale quattro anni fa. Grazie a quel lavoro ho conosciuto quella
splendida ragazza dagli occhi verdi e i capelli lunghissimi e castani.
Mi
piacerebbe sapere cosa stia facendo in questo preciso
istante.
Sospiro
pensieroso.
Manca
poco al mio turno.
Sento
la ragazza dai capelli neri e gli occhi azzurri
sbuffare mentre cerca di far funzionare la macchina dello yogurt. Spero
non sia
così negata da riempire l'intero bar di yogurt alla fragola
come succede nei
film.
Serve
altri due clienti e poi è il mio turno.
-Ciao,
scusa per l'attesa, cosa posso servirti?-
pronuncia queste parole in modo talmente meccanico da farmi capire che
probabilmente abbia ripetuto questa frase a tutti i precedenti clienti.
-Ehm...-
ci penso qualche secondo prima di togliermi gli
occhiali da sole, dimenticandomi di essere una famosa popstar. Lei
sgrana gli
occhi guardandomi ed io sorrido. Forse è una mia fan.
-Una
granita al limone e una bottiglia d'acqua naturale,
per favore- lei annuisce ancora un po' scossa.
-Comunque
non preoccuparti. Ho lavorato in un bar e so
cosa vuol dire avere tutti questi clienti- continuo mentre lei riempie
un
bicchiere di plastica con la granita.
Sorride
-Davvero lavoravi in un bar?- chiede eccitata
infilando una cannuccia viola nel bicchiere.
Annuisco.
-E
come hai fatto a diventare un cantante così famoso?-
chiede poco dopo.
-Ecco,
io ci ho creduto- affermo fissando quel bracciale.
Dopo
quattro anni non l'ho ancora tolto e dubito che lo
farò.
Lei
segue la traiettoria del mio sguardo per poi
sorridere.
-Allora
quel bracciale ha un significato importante per
te... Sai, noi Beliebers ci siamo domandate spesso perché lo
indossassi- dice
afferrando una bottiglietta d'acqua.
-Oh,
allora sei una Belieber?- chiedo tirando fuori dalla
tasca dei pantaloni una banconota, alcune monetine e una penna.
-Certo,
amo le tue canzoni- dice fieramente.
Prendo
un tovagliolo rosso dal bancone.
-Come
ti chiami?- le chiedo.
-Charlie-
risponde emozionata.
Sorrido.
-Bene,
Charlie, hai un sogno?- le chiedo scrivendo alcune
parole sul tovagliolo.
Annuisce
-Vorrei diventare una ballerina- balbetta.
Firmo
la dedica per poi avvicinarmi a lei e darle un
bacio sulla guancia.
-Credi
nel tuo sogno, Charlie- le sussurro nell'orecchio
e lei arrossisce.
Lascio
tutti i soldi sul bancone e indosso nuovamente i
miei occhiali da sole -Tieni il resto- dico prima di uscire dal bar con
in mano
la granita e l'acqua.
Ricomincio
a camminare per la città. Appoggio le labbra
sulla cannuccia viola e inizio a gustare la mia granita al limone. Mi
sento già
meglio, ma il caldo rimane comunque insopportabile.
Cammino
senza sapere realmente dove io stia andando.
Guardo
le persone intorno a me e noto tante coppie di
fidanzati felici.
Inevitabilmente
ripenso a quando Emma ed io stavamo
insieme. Mi manca terribilmente quel Natale.
Mi
chiedo cosa stia facendo lei in questo preciso istante.
Di
sicuro, se fosse accanto a me, bacerei le sue labbra
morbide.
I
miei piedi mi portano fino al solito parco, dove io e
Jazzy abbiamo trascorso gli ultimi pomeriggi. Beh, almeno
potrò stare sotto
l'ombra di tutte queste piante...
Mi
siedo sul prato verde dopo aver buttato nel cestino il
bicchiere, ormai vuoto.
Mi
guardo intorno e il mio sguardo incontra quello
dell'amica di Jazzy.
Agito
lievemente la mano come per salutarla, ma lei non
ricambia.
È
un po' strana.
Sembra
quasi che abbia pure paura di sorridere o di
togliersi quegli occhiali che indossa sempre. Quelle lenti sono troppo
scure e
non mi è possibile vedere i suoi occhi.
Oggi
ha i capelli legati in una coda alta e un vestito
molto largo che nasconde le sue forme.
Tiene
per mano i suoi figli. Quei due gemelli sono
veramente belli. Loro due mi sorridono, forse perché ormai
si sono abituati a
vedermi. Ricambio prima di afferrare la bottiglietta e bere un piccolo
sorso
d'acqua.
Sospiro
e appoggio la schiena al tronco dell'albero che
mi copre dai roventi raggi del sole.
Avrei
voluto fare tante cose con la mia piccola Emma.
L'avrei
portata in Canada, dove sono nato.
L'avrei
portata al mare per scherzare insieme nell'acqua.
L'avrei
portata a un mio concerto, perché se adesso sono
un cantante è proprio grazie a lei.
Afferro
il mio telefono dalla tasca dei pantaloni e mi
soffermo, come sempre, a guardare quella foto in ogni minimo
particolare.
Scuoto la testa e volgo nuovamente lo sguardo ai due gemelli.
I
capelli color grano dei due bambini splendono sotto il
caldo sole di Luglio, che illumina i loro occhi chiari donandogli delle
sfumature azzurre.
Sorrido
vedendo come si divertono a giocare con un
pallone blu.
La
loro mamma, invece, cerca in tutti i modi di evitare
che corrano in ogni direzione, con il rischio di perdersi.
Forse
ha bisogno di una mano. E poi ormai è come se la
conoscessi anche io.
Mi
alzo dal prato e mi avvicino lentamente, sorridendo.
Ma,
appena lei capisce le mie intenzioni, afferra i due
bambini per mano e sparisce dalla mia visuale, lasciandomi a bocca
aperta.
Che
cosa ho fatto di sbagliato?
EHI!
Come
state? Spero bene (^.^)
Allora,
ecco un nuovo capitolo. Vi piace la gelosia di
Justin verso la sua sorellina? A me sì, sinceramente!
Bene,
non manca molto all’incontro di questi due, giusto
un paio di capitoli. Comunque tenete a mente Charlie perché
tornerà tra due
capitoli, che io ho già scritto.
Vi
ringrazio come sempre per aver inserito la storia tra
le preferite/seguite/ricordate, aver recensito e anche semplicemente
letto, vi
adoro!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 7 *** La sua passione ***
-Ok,
ragazzi, in posizione- Karine ci richiama dalla
pausa di cinque minuti.
Torno
al centro della grande sala e rivolgo lo sguardo
agli specchi. Prendo un respiro profondo prima di forzare un sorriso.
-Cinque,
sei, sette, otto- dà l'attacco e io inizio a ballare,
seguito dai miei ballerini. La coreografa continua a battere le mani
per
mantenere il ritmo. -Guarda di fronte a te e sposta il microfono
nell'altra
mano- mi suggerisce le mosse che io eseguo cercando di non inciampare
su quel
pavimento troppo liscio.
I
ballerini ballano con naturalezza, mentre io mi sento
un tronco. Sono troppo agitato per colpa di queste prove. Ormai manca
poco più
di una settimana a Settembre e la mia pausa dal tour è
terminata.
Sento
la musica proveniente dallo stereo e mi
irrigidisco: è arrivata quella mossa che proviamo da giorni
senza riuscire ad
eseguirla decentemente.
Prendo
un altro respiro profondo per cercare di calmarmi.
-Dai,
Justin. Sembri un mattone- mi rimprovera Karine, ma
so cerca solo di farmi lavorare al meglio.
Annuisco
di sfuggita e dallo specchio guardo Zack e Mike,
due ballerini, che dovranno eseguire questo dannato passo con Marie.
Inoltre
per la prima volta non ci sarà il materasso sotto di loro.
Inizio a tremare
mentre Mike afferra la ragazza dalle gambe per lanciarla a Zack. A
questo punto
lui dovrebbe prenderla mettendo un braccio sotto le gambe e l'altro
intorno
alle sue spalle. Prego fino all'ultimo che ci riesca e chiudo gli
occhi. Tutti
sono agitati e si sono fermati per guardare loro.
Un
grido di dolore mi fa capire, purtroppo, che qualcosa
non è andato per il verso giusto.
Mi
giro immediatamente verso di loro e mi precipito a
guardare come stia la ballerina.
-Marie,
come stai?- chiedo inginocchiandomi accanto al
suo corpo.
Noto
che con le mani stringe la sua caviglia sinistra e
ha un'espressione di sofferenza dipinta sul viso.
Brutto
segno.
-Penso
di essermi rotta qualcosa- morde il suo labbro
inferiore cercando di trattenere lacrime e urla di dolore. Sono tutti
riuniti
intorno a noi.
-Beh,
fate qualcosa, chiamate un'ambulanza!- sbotto. Dopo
pochi minuti sento Karine parlare al telefono e mi calmo leggermente.
Accarezzo
il braccio di Marie e lei forza un sorriso.
-Justin,
io credo di non poter ballare nelle prossime
tappe del tour... Scusami- balbetta dispiaciuta.
Spalanco
gli occhi.
-Ma
non preoccuparti minimamente! L'importante è che non
sia niente di grave, Marie. Non pensare al tour- dico sincero.
Tutti
loro per me sono innanzitutto degli amici ed è
più
importante la loro salute, piuttosto che una stupida coreografia nei
concerti.
-Grazie-
sussurra.
Le
sorrido in attesa che arrivi l'ambulanza, per poi
rivolgere lo sguardo a Zack.
Nei
suoi occhi grigi riesco a vedere tutta la sua
agitazione e i suoi sensi di colpa. Sono sicuro che in questo
momento stia
pensando di essere la colpa di ciò che è successo
a Marie, ma la verità è che
non eravamo ancora pronti per provare quel passo della coreografia.
Si
inginocchia anche lui accanto alla ballerina e inizia
a parlare con lei del più e del meno per farle dimenticare
del dolore.
Dopo
pochi minuti sentiamo le sirene dell'ambulanza,
così, senza pensarci due volte, afferro Marie e mi dirigo
verso le scale per
poi uscire dall'edificio. Sento i passi affrettati di Zack e degli
altri alle
mie spalle. Intravedo i medici e mi avvicino a loro. Prendono Marie e
la fanno
salire sull'ambulanza, che parte subito dopo, lasciandoci nel
parcheggio. Zack
tiene lo sguardo fisso sulla strada, dove il veicolo è
sparito. Gli do una
pacca sulla spalla e poi mi avvicino alla mia auto. La apro ed entro
subito.
-Ci
vediamo al pronto soccorso, ragazzi- li saluto
mettendo in moto. Loro salgono sulle rispettive auto per poi
ricambiare.
Sfreccio
alla massima velocità consentita lungo le vie di
Los Angeles, aprendo i finestrini. Per la fretta non mi sono nemmeno
cambiato,
ma alla fine non è poi così importante, pensando
che forse Marie sta rischiando
la sua carriera da ballerina.
Sbuffo
all'ennesimo semaforo rosso che incontro sul mio
percorso.
Premo
sull'acceleratore e poi riparto verso il pronto
soccorso.
Sento
una vibrazione e capisco che qualcuno mi sta
chiamando.
Allora,
se prendo il cellulare potrei distrarmi e fare
qualche incidente, ma se per caso fosse un'emergenza?
Guardo
la strada davanti a me, mentre il mio iPhone continua
a vibrare.
Sono
indeciso.
Oh,
fanculo.
Sfilo
il cellulare dalla tasca della mia tuta e con molta
attenzione continuo a guidare mentre cerco di capire chi mi stia
chiamando.
Nicole.
Mi
mordo il labbro inferiore per evitare di imprecare e
lancio il telefono sul sedile del passeggero.
Possibile
che quella ragazza chiami sempre nei momenti
meno opportuni?
Non
vedo l'ora di chiedere a Scooter se io possa
finalmente lasciarla ufficialmente. Tanto, ormai, le mie Beliebers
avranno
capito che mi fido di loro, no? Annuisco a me stesso durante l'ultima
curva del
tragitto.
Riesco
a vedere l'edificio e, dallo specchietto
retrovisore, le auto degli altri ballerini.
Cerco
un parcheggio nei dintorni perché tanto so già
che
proprio lì di fronte non ne troverei uno nemmeno se
piangessi in qualche lingua
oscura. Che poi, in realtà, nel mondo piangiamo tutti allo
stesso modo. Le
lacrime rimangono tali sia in America, che in Europa, per esempio.
Scuoto
la testa per cacciare questo pensiero e intravedo
un posto che sembra libero. Spero che non ci sia parcheggiata qualche
Smart o,
ancora peggio, qualche motorino. Sospiro di sollievo quando noto che
è libero e
posteggio velocemente l'auto. Scendo, dopo aver afferrato il telefono,
ed esco
chiudendomi la portiera alle spalle. Mi guardo intorno e noto che Zack,
Karine,
Mike e gli altri stanno ancora cercando dei posti, così mi
incammino da solo
verso il pronto soccorso.
All'interno
dell'edificio non riesco a trattenere una
smorfia. C'è un odore insopportabile di alcool. Vedo una
donna con un camice
blu, probabilmente un'infermiera. Mi avvicino correndo.
-Mi
scusi- attiro la sua attenzione -Dove posso trovare
il reparto ortopedia?- le chiedo gentilmente.
-Al
secondo piano- mi risponde.
La
ringrazio e mi dirigo agli ascensori. Schiaccio
ripetutamente il pulsante, ma, stanco di aspettare, scelgo di salire
per le
scale. Arrivato al piano, richiamo l'attenzione di un medico, che mi
indica una
porta di fronte alla sala d'attesa. Mi siedo su una poltrona e pochi
minuti
dopo sento delle voci familiari provenienti dalle scale.
-Ehi,
Justin!- mi chiama Zack. I ballerini mi sorridono
per poi sedersi accanto a me. -Scusaci, ma è stato difficile
trovare dei
parcheggi... Ti hanno già detto qualcosa?- mi chiede
timoroso.
Tutti
rivolgono l'attenzione a me.
Scuoto
la testa.
Noto
la tensione nei loro sguardi.
Siamo
tutti molto preoccupati che quella caduta possa
aver compromesso il suo futuro da ballerina.
Dalla
porta di fronte a me, esce un medico con il camice
bianco. Cerco subito di parlare con lui.
-Dottore,
come va la gamba di Marie?- chiedo dando per
scontato che lui sappia già a chi io mi stia riferendo.
Insomma, sono agitato e
non penso prima di parlare.
Ma
sembra che lui abbia capito -Le ho appena fatto le
lastre. Appena saranno pronte, deciderò se fasciarle la
caviglia o se
ingessarla direttamente- mi informa.
Annuisco.
Tanti
anni fa, Jazzy si era fratturata il radio e io e la
mia famiglia abbiamo aspettato a lungo, prima che le lastre fossero
pronte.
Quindi, immagino che oggi staremo qui al pronto soccorso almeno per un
paio di
ore.
Sento
lo sguardo del dottore addosso.
-Ma
tu sei Justin Bieber?- mi chiede incerto.
Non
ho nemmeno indossato i miei occhiali da sole, per la
fretta.
Fortunatamente
non sono stato assalito dai paparazzi, o
almeno non ancora...
Annuisco
e lui sgrana gli occhi.
-Le
mie figlie ti adorano- ammette enfatizzando l'ultima
parola.
Cerco
di trattenere una risata.
-Marie
è una ballerina, vero?- mi chiede la conferma.
-Sì,
stavamo facendo le prove per il tour, ma abbiamo
sbagliato un passo e quindi lei adesso è qui. Spero solo che
non debba smettere
di ballare- rispondo tutto d'un fiato.
Annuisce
comprensivo.
-Cercherò
di fare più in fretta possibile- mi rassicura.
Poi
si gira incerto per tornare al suo lavoro.
Sorrido.
-Vuole
un autografo?- chiedo.
Si
volta verso di me.
-Oh,
me lo faresti davvero?- chiede incredulo.
Ridacchio
e allungo una mano verso di lui aspettando che
mi porga una penna e un foglietto.
Dopo
alcune ora di totale agitazione, il dottore ci
avvisa che ha dovuto ingessare la caviglia di Marie e che non
potrà ballare per
alcuni mesi.
-Ma
non dovrà smettere completamente, giusto?- chiedo
speranzoso.
Lui
mi sorride -Non preoccupatevi, dopo questi mesi
tornerà a ballare tranquillamente- risponde.
Sospiriamo
tutti di sollievo, per poi ringraziarlo.
Fortunatamente
potrà continuare la sua passione, sono
veramente felice per lei.
-Justin-
Karine attira la mia attenzione -Adesso dobbiamo
trovare una nuova ballerina, perché dubito che le ragazze
vogliano sostituire
Marie, dopo ciò che è successo- mi spiega lei.
Annuisco
-Va bene. Come facciamo?- le chiedo curioso.
Sorride
-Faremo dei provini- risponde eccitata.
Beh,
speriamo almeno di riuscire a trovare una brava
ballerina che possa sostituire Marie in questi mesi. E, sinceramente,
spero anche
che non si rompa qualcosa pure lei.
-Tu
conosci qualche ballerina che potresti proporre?- mi
chiede.
Ci
penso un po'.
-No,
non mi...- interrompo a metà la frase, per poi
sorridere -Sì, ne conosco una- concludo.
Mi
è venuta una brillante idea!
EHI!
Ecco
un altro capitolo, spero vi piaccia, anche se è solo
di passaggio…
Secondo
voi qual è l’idea di Justin? Non è
tanto
difficile da indovinare, in realtà…
Ringrazio
come sempre chi ha inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito e chi ha semplicemente
letto, vi
adoro (^.^)
Bene,
vi lascio come al solito con un mio abbraccio
moooolto coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 8 *** In un altro mondo ***
Prendo
la bottiglietta d'acqua e ne bevo un piccolo
sorso, prima di riappoggiarla sulla cattedra. Afferro la penna, pronto
a
scrivere.
-Entrate!-
ordina Karine al mio fianco.
Il
portone bianco lucido di fronte alla nostra cattedra
si spalanca, facendo entrare una ventina di ragazze dai quindici ai
vent'anni.
Questa
in realtà non è la prima selezione, ma proprio
l'ultima e l'unica alla quale io sono presente. Infatti, durante tutta
questa
settimana, Karine ha dovuto valutare le centinaia di ballerine che si
sono
presentate per sostituire Marie in questi prossimi mesi del tour.
Secondo lei,
se fossi stato presente fin dall'inizio, le avrei distratte solamente,
quindi
preferisce che io scelga una ballerina tra quelle che lei
già ritiene degne di
danzare nei concerti.
Ogni
ragazza è diversa dall'altra.
Ci
sono ballerine con pantaloni e maglietta larga con un
berretto sproporzionato alle loro teste, probabilmente ballerine di hip
hop,
come ci sono anche ballerine con il tutù, ovvero ballerine
di danza classica.
Sarà
molto difficile scegliere.
Cerco,
tra le ragazze scelte da Karine, una chioma nera e
degli occhi azzurri. Spero proprio che sia riuscita a superare le prime
selezioni, nonostante io non l'abbia mai vista ballare. Vago con lo
sguardo,
fino a soffermarmi su una ragazza dai capelli scuri legati in una
crocchia
disordinata. Quando si gira verso di me, facendo incontrare i nostri
occhi,
sorrido. Lei alza timidamente la mano come per salutarmi. Beh, sono
felice che
sia qui.
Karine
si alza in piedi e inizia a battere le mani.
-Forza,
alla sbarra- dice in tono autoritario per poi
sedersi nuovamente.
Lei
può sembrare severa, ma in realtà è
solo una
coreografa che svolge correttamente il suo lavoro, ed io l'ammiro per
questo.
Le
ragazze si dirigono velocemente verso la sbarra beige,
mettendosi in posizione, mentre Karine ordina loro i passi da eseguire.
Io non
ascolto nemmeno le sue parole, anche perché tanto non ho
idea di cosa
significhino, ma mi soffermo su ogni ragazza. Noto che alcune sono
veramente
agitate, come le ballerine di hip hop, molto probabilmente
perché non si
trovano a loro agio a compiere questi passi di danza classica. Altre
ancora
muovono le braccia e le gambe in modo molto naturale.
Karine
cerca un contatto visivo con i miei occhi, come
per chiedermi se mi basti ciò che ho visto.
Annuisco.
-Bene,
può bastare- annuncia -Ora ballate tutte insieme
la coreografia che abbiamo provato questa settimana- conclude mentre le
ragazze
si sistemano nella sala mettendosi in posizione.
Karine
si alza per accendere lo stereo e far partire una
mia canzone che risuona nell'aria.
Le
osservo attentamente, notando che adesso quasi tutte
le ballerine si sono rilassate, nonostante commettano qualche piccolo
errore.
Quando
torna a regnare il silenzio, io e Scooter
applaudiamo per incoraggiarle e loro sorridono riconoscenti. Mi
piacerebbe
sapere quante tra loro siano mie fan.
Beh,
una di sicuro.
Karine
concede alle ragazze qualche minuto di pausa, per
poi iniziare a scrivere sul foglio le sue prime impressioni,
così come stiamo
facendo io e il mio manager.
Sono
tutte molto brave, sarà difficile.
-Adesso
passiamo alle esibizioni singole. Quando vi
chiamo, venite qui, vi presentate e poi iniziate a ballare la
coreografia che
avete portato, va bene?- alle parole di Karine, loro annuiscono.
Afferra
una cartellina viola, dalla quale estrae dei
fogli. Li esamina qualche secondo prima di chiamare una ragazza. Lei si
presenta velocemente per poi iniziate a ballare. È molto
brava, anche se
leggermente insicura.
-Quanti
anni hai?- chiede Karine alzando un sopracciglio.
-Sedici-
balbetta lei.
Mi
mordo pensieroso il labbro inferiore.
-Non
pensi sia ancora presto per te lasciare la tua
famiglia per girare il mondo?- le chiedo gentilmente.
-Beh,
è il mio sogno- risponde.
Annuisco.
-Penso
tu abbia ancora molto da imparare- conclude secca
Karine.
Noto
l'espressione delusa sul volto della ragazza.
-Potresti
partecipare ai provini tra qualche anno,
magari. Per adesso finisci la scuola e continua a migliorarti- dico
cercando di
rassicurarla. Lei sorride e, dopo aver preso le sue cose, esce dalla
sala.
Sospiro -Ragazze, so che è il vostro sogno, ma non ce la
sentiamo di
allontanarvi dalle vostre famiglie se siete troppo giovani, cercate di
capirci.
Avrete di sicuro altre opportunità in futuro, forse anche
migliori di questa,
quindi è meglio che prima terminiate la scuola e stiate con
la vostra famiglia
e i vostri amici- dico nel tentativo di prepararle a un possibile
rifiuto -Non
smettete di credere nel vostro sogno, capito?- chiedo e tutte
annuiscono.
Alcune
ragazze si alzano dal pavimento per poi uscire,
probabilmente convinte dalle mie parole.
-Bravo,
Justin- mi sussurra Scooter.
Sorrido
lievemente.
Valutiamo
altre ballerine, fino ad arrivare all'ultima.
Sorrido quando si posiziona davanti a me, in mezzo alla sala da ballo.
-Come
ti chiami?- chiede Karine.
-Charlotte
Reed- risponde sistemandosi meglio i capelli
neri.
Le
sorrido e lei ricambia.
-Quanti
anni hai?- continua Karine.
-Quasi
diciannove- risponde, mentre Scooter e Karine
annuiscono.
-Bene,
Charlotte, puoi iniziare- dice la coreografa
avviando la canzone.
Guardo
attentamente Charlie. È bravissima. Ho fatto bene
a proporle di presentarsi alle audizioni. Quando le ho parlato al bar,
non ci
poteva quasi credere e temeva che non sarebbe riuscita a ballare. Beh,
fortunatamente sta danzando benissimo e sembra quasi che per lei in
questo
momento ci sia solo la musica, proprio come quando io canto e mi sento
come se
fossi in un altro mondo, il mio mondo.
Quando
termina la sua coreografia, sorrido, seguito da
Scooter e Karine.
È
stata spettacolare.
-Bene,
adesso decideremo, voi intanto andate pure a
cambiarvi- dico afferrando i miei fogli.
Le
ragazze escono per entrare negli spogliatoi.
-Allora?-
chiedo per iniziare il discorso.
-Io
penso di sapere chi meriti il posto- annuncia
Scooter.
-Mmh...
Anche io- dice Karine osservando i suoi fogli.
Mi
guardano negli occhi ed io annuisco, per poi
sorridere.
Le
ballerine rientrano nella sala da ballo e si
dispongono in fila davanti a noi.
-Siete
state tutte bravissime, complimenti!- inizio -Ma
una tra voi si è contraddistinta dalle altre per
l'incredibile talento-
annuncio e riesco a sentire la loro agitazione. -La ragazza che
verrà con me in
tour è...- cerco di creare un po' di suspense, ma sapendo
come sia fastidiosa
in momenti come questo, mi affretto ad annunciare chi abbiamo scelto
-Charlie
Reed!- concludo provocando le sue grida di gioia.
Io,
Scooter e Karine ci alziamo per stringerle la mano,
ma arrivato il mio turno, mi abbraccia -Grazie, Justin- mi sussurra.
Le
accarezzo la schiena.
Le
altre ragazze lasciano l'edificio dopo averle fatto i
complimenti.
-Ora
devi festeggiare- dico sorridendo.
-Festeggi
con me?- mi chiede speranzosa.
Annuisco.
Salutiamo
Scooter e Karine per poi uscire dall'edificio.
-Dai,
ti offro un gelato, va bene?- le chiedo una volta
in strada.
-E
me lo chiedi pure?- domanda spalancando gli occhi.
Ridacchio.
Durante
il tragitto scherziamo tra di noi. È una ragazza
molto simpatica e dolce.
-Che
gusto?- le chiedo davanti al chiosco di gelati.
Lei
ci pensa un po'. -Nocciola- sceglie poi.
Io
annuisco, per poi rivolgermi al gelataio -Un gelato
alla nocciola e uno alla stracciatella, per favore- dico porgendogli
una
banconota.
L'uomo
sorride per poi darmi i due cornetti e il resto.
-Grazie-
diciamo in coro io e la mora.
Iniziamo
a camminare, mangiando i nostri gelati, fino a
ritrovarci di fronte al solito parco.
Sembra
quasi una persecuzione.
Sospiro
pensieroso per poi seguire Charlie verso una
panchina di fronte agli scivoli, dove ci sediamo solitamente io e
Jazzy.
-Che
succede?- mi chiede curiosa, forse notando la mia
espressione.
Fingo
un sorriso -No, niente, non preoccuparti- rispondo
semplicemente.
-È
molto bello qui- considera guardandosi intorno.
Annuisco
-Già, ci vengo praticamente tutti i pomeriggi
con Jazzy- dico distrattamente.
Le
si illuminano gli occhi -La conoscerò prima o poi?- mi
chiede speranzosa.
Ridacchio
-Certo. Ha deciso che verrà con me in tour per
le prossime tappe, perché ha ormai finito la scuola-
rispondo.
Mi
guardo intorno in cerca di quella ragazza e i suoi
figli.
Dopo
pochi secondi la trovo e noto che mi sta guardando.
Alzo
la mano per salutarla e sorrido, ma lei non
ricambia, anzi, sembra triste oggi.
Mi
viene quasi spontaneo alzarmi per chiederle cosa le
succede, ma resto seduto pensando che Charlie potrebbe in qualche modo
offendersi.
Sento
la mora dagli occhi azzurri ridacchiare.
-Perché
ridi?- le chiedo sorridendo.
-Sei
tutto sporco- commenta tra una risata e l'altra.
Oh,
che figura...
Prendo
il fazzoletto che mi ha dato il gelataio e cerco
di pulirmi.
Sento
lo sguardo dell'amica di Jazzy addosso, ma
stranamente non mi infastidisce per niente.
Charlie
appoggia la mano sulla mia.
-Fermo,
faccio io- prende il fazzoletto e mi strofina
lievemente il viso.
Sorrido
timidamente.
Lo
sguardo di Charlie è sempre più vicino al mio e
non
capisco le sue intenzioni finché non chiude gli occhi.
Deglutisco
rumorosamente.
Beh,
pensavo che questo fosse tipico dei ragazzi.
Insomma, non credevo che anche le ragazze potessero usare la scusa del
gelato
per baciare qualcuno. In ogni caso, io non l'ho mai fatto.
Appoggia
le labbra accanto alle mie, sfiorando
leggermente l'angolo della mia bocca.
Spalanco
gli occhi.
No,
io non posso fare una cosa del genere.
Io
amo Emma.
L'amica
di Jazzy ha un'espressione di delusione dipinta
sul volto. Forse mia sorella le ha parlato di me ed Emma e quindi le
sembra
strano che io sia qui con Charlie.
Appoggio
le mani sulle spalle della ballerina e
l'allontano.
-No,
scusa, non è ciò che voglio- le spiego.
-Scusami
tu, non so cosa mi sia successo. Tu hai Nicole ed
io...- lascia la frase incompleta.
Davvero
pensa che sia per Nicole? Beh, non è proprio
così...
Mi
alzo dalla panchina per poi iniziare a correre.
Sento
Charlie gridare il mio nome, probabilmente si sente
in colpa.
Ma
lei che colpa può avere, se io amo solo e unicamente
la mia piccola Emma?
EHI!
Eh,
questa era l’idea di Justin… e la cara Charlie ne
approfitta.
Ma
Justin l’allontana sotto lo sguardo deluso della
“”””””””misteriosa“”””””””
amica di Jazzy…
Spero
veramente che vi sia piaciuto il capitolo e vi
ringrazio per aver inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate, per
aver recensito e anche solo letto, vi adoro!
Non
manca molto all’incontro con Emma, se vi va, potete
dirmi come ve lo immaginate, anche se io l’ho già
scritto.
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 9 *** Capelli castani, occhi verdi e pelle bianca. ***
Chiudo
gli occhi e respiro profondamente.
Io
posso farcela, anzi, devo assolutamente farcela.
Riapro
gli occhi e incontro il mio riflesso sullo
specchio rettangolare del mio camerino.
Lancio
un grido di frustrazione affondando le dita nei
miei capelli color grano.
-Io
non posso farcela- annuncio mandando all'aria tutti i
miei buoni propositi per questo giorno.
-Oh,
andiamo Justin. Devi capire che non puoi continuare
a vivere nei ricordi- dice Scooter dal divanetto di pelle del mio
camerino.
Sospiro
-Lo so, Scott. Ma io non ci riesco veramente- non
alzo nemmeno lo sguardo, pronunciando queste parole.
Si
alza lentamente dal suo posto e si avvicina al mio
corpo, per poi appoggiare la mano sulla mia spalla.
-Justin,
hai idea di quante fan ti stiano aspettando lì
fuori?- mi chiede. Annuisco. -Bene, allora non deluderle. Dimentica
Emma e
preparati al concerto. Manca poco- di queste parole riesco solo a
sentire il
nome della mia piccola.
Scooter
sa quanto io abbia sofferto in questi quattro
anni. Quando sono arrivato ad Atlanta quattro anni fa, lui mi ha
chiesto dove
fosse Emma, perché pensava che saremmo diventati un duo. Ma,
una volta che gli
ho raccontato l'accaduto, ha compreso tutto e mi ha sempre aiutato.
-Io
vorrei farlo, ma come pretendi che io canti su quel palco,
come se non fosse successo niente, proprio il giorno del suo
compleanno?- gli
chiedo guardandolo finalmente negli occhi.
Dei
singhiozzi iniziano a scuotere il mio petto e lui
appoggia una mano sulla mia schiena, come per calmarmi.
Oggi
è il 22 Settembre, il compleanno di Emma, ed io non
potrò di nuovo festeggiare con lei.
Oggi
compie ventidue anni e ancora non riesco a crederci.
Mi
alzo dalla mia sedia per poi prendere posto sul
divanetto, seguito da Scooter.
-Mi
dispiace, Bieber. Posso fare qualcosa?- mi chiede
comprensivo. Scuoto la testa. -Justin, dovrai salire per forza su quel
dannato
palco, quindi dimmi per favore cosa posso fare per aiutarti- insiste
pochi
secondi dopo.
Ha
ragione. Non posso abbandonare così le mie Beliebers.
Molte di loro avranno percorso tanti chilometri di strada, per arrivare
fino a
Los Angeles, solo per sentirmi cantare ed io non posso stare qui a
piangere.
Sospiro.
-Ho bisogno di Jazzy- annuncio subito dopo.
Lui
sorride. -Sapevo che mi avresti ascoltato. Ora vado a
cercarla- si alza e si dirige verso l'uscita del camerino.
Mi
ritrovo solo qui dentro, così inizio a camminare
avanti e indietro dal nervosismo. Mi odio profondamente in questo
momento.
Io
sono l'unica causa delle mie lacrime: è stata una mia
scelta quella di partire quattro anni fa e di lasciare Emma tra le
braccia di
James. Certo, l'ho fatto per lei, credevo fosse per il suo bene, ma, se
potessi,
mi prenderei a schiaffi da solo. Io ero solo un barista innamorato e
lei una
dolce diciassettenne bisognosa di qualcuno che fosse più
maturo e ricco, che
potesse far avverare il suo sogno di una famiglia unita. Io non ci
sarei mai
riuscito per colpa del mio sogno. Mi sento così egoista
adesso. Ho pensato più
che altro a me stesso e alla mia carriera. Pensandoci ora, mi sembra
quasi che
quella mia scelta sia stata una totale stronzata. Non riesco
più a trovare un
senso alle mie decisioni prese. Se fossi rimasto a Los Angeles non
avrei
realizzato il mio sogno. Partendo, però, ho lasciato la mia
piccola Emma. Cosa
avrei dovuto fare?
Sono
troppo confuso e ho una marea di pensieri affollati
nella mia mente.
-Oh,
fanculo tutto!- grido calciando un paio di Supra, in
precedenza sistemate sul pavimento.
Qualcuno
bussa alla porta riscuotendomi da tutti quei
pensieri.
-Justin,
posso entrare?- domanda la voce dolce della mia
sorellina.
-Certo-
le rispondo.
Apre
la porta, lasciando entrare le grida delle mie fans.
Sorrido
lievemente.
Loro
mi stanno aspettando, ma io non riuscirei a cantare.
Ho bisogno di calmarmi.
Jazzy
mi osserva attentamente, per poi sospirare.
-Smettila
di pensarci, Justin- mi ordina sedendosi sul
divano.
In
tutti questi mesi di pausa non abbiamo mai parlato di
Emma, ma non mi stupisce che lei abbia già capito cosa mi
stia succedendo. Io e
lei ci capiamo con un solo sguardo.
-Dimmi
come fare, per favore. Io proprio non ci riesco-
la supplico sedendomi accanto a lei.
Appoggia
le sue dita calde sulle mie tempie e compie dei
movimenti circolari.
Chiudo
gli occhi.
-Pensa
alla cosa più bella che tu abbia mai visto- mi suggerisce
in un sussurro.
Annuisco
e inizio a cercare tra i miei ricordi.
Vedo
solo Emma. I suoi capelli castani lunghi fino ai
fianchi e i suoi occhi verdi dalla forma lievemente allungata.
Scuoto
la testa e riservo un'occhiataccia a mia sorella.
Lei
comprende -Ehm... pensa al tuo ricordo più bello-
continua a massaggiare le mie tempie.
Mi
sembra quasi di sentire la pelle liscia e fredda di
Emma. Sento il suo profumo dolce e i suoi gemiti di piacere. Il mio
ricordo più
bello è proprio la nostra prima volta.
Appoggio
le mie mani su quelle di Jazzy e le allontano
dal mio viso.
-Non
funziona- dico frustrato. Io ho in mente solo lei.
-Ho
capito, ti dico io a cosa pensare- riprende i movimenti
circolari sulle mie tempie -Pensa alle tue fans. Senti come gridano il
tuo
nome? Ti stanno aspettando, Justin- mormora per far sì che
io riesca a
concentrarmi su di loro.
Annuisco.
Loro
mi sostengono da quando la mia carriera è iniziata ed
io non voglio assolutamente deluderle.
Sento
finalmente l'adrenalina scorrere nelle mie vene.
Adesso voglio salire su quel palco e cantare per loro. Apro gli occhi e
sorrido
a Jazzy.
-Sono
pronto- annuncio facendola sorridere soddisfatta.
La guardo negli occhi -Grazie, Jazzy. Ti devo un favore- bacio la sua
guancia
dolcemente e lei stringe con le sue braccia minute il mio corpo.
Ricambio
l'abbraccio per poi scioglierlo lentamente e alzarmi dal divanetto per
infilarmi le scarpe.
Jazzy
afferra il suo telefono dalla tasca dei jeans e
sblocca lo schermo per poi leggere un messaggio.
Sgrana
gli occhi e subito dopo sorride -Oh mio Dio!-
grida, piacevolmente sorpresa.
Alzo
un sopracciglio e la osservo curioso. -Che succede?-
chiedo, ma lei sembra non ascoltarmi.
Continua
a fissare lo schermo del suo cellulare,
completamente persa nei suoi pensieri.
Mi
avvicino a lei e schiocco le dita davanti ai suoi
occhi. Finalmente si degna di guardarmi.
-Che
succede?- ripeto.
-Niente.
Devo andare, ci vediamo qui alla fine del
concerto- risponde velocemente.
-Non
rimani nel backstage?- le chiedo confuso.
-No,
voglio assistere al concerto in mezzo alle tue fans-
mi spiega aprendo la porta del camerino.
Annuisco
semplicemente.
In
questi giorni è veramente strana. Rimane con lo
sguardo fisso sul cellulare aspettando che qualcuno le scriva. Non
credo che
tutto questo sia dovuto a Derek.
Scuoto
la testa e mi siedo nuovamente di fronte allo
specchio.
Subito
dopo Scooter torna nel camerino.
-Allora,
sei pronto?- mi chiede speranzoso. Annuisco e
lui sorride. -Tua sorella è un genio- commenta.
Alzo
gli occhi al cielo.
-Certo,
come no. Quanto manca?- chiedo impaziente.
Afferra
il suo cellulare e controlla l'orario -Pochi
minuti, inizia ad andare- risponde.
Prendo
un respiro profondo prima di uscire dal camerino e
dirigermi verso il palco.
Le
mie fans urlano emozionate ed io sono troppo felice di
avere tutte queste persone a supportarmi.
Il
tecnico mi aiuta a mettere il microfono. Scooter mi ha
raggiunto e mi avverte che ormai il concerto dovrebbe già
essere cominciato.
Così prendo un respiro profondo e salgo sul palco,
aumentando le grida delle
mie Beliebers.
-Ciao
Los Angeles!- non faccio in tempo a terminare la
frase che loro lanciano un grido incredibile. Sembrano impazzite.
Davvero
faccio quest'effetto?
Parte
la base ed io inizio a cantare, accompagnato da
tutte loro.
Le
nostre voci si uniscono in un unico suono ed io mi
sento finalmente bene.
Se
non avessi incontrato Emma davanti al bar, non sarei
mai diventato un cantante e in questo momento non sarei qui. Lei mi ha
fatto
credere nel mio sogno e le sarò sempre grato per questo. Ma
vorrei tanto che
lei fosse qui.
Cerco
di scacciare questi pensieri per non perdere la
concentrazione e continuo a cantare le mie canzoni.
Ecco,
è il momento di One less lonely girl.
Scooter
mi fa segno di scegliere una ragazza e così
faccio. Mi avvicino al bordo del palco e vago con lo sguardo. Vorrei
farle
salire tutte, ma è impossibile.
Noto
una ragazzina che cerca di mettersi sulle punte per
vedermi meglio, mentre la folla la spinge sempre più
indietro.
Sorrido
e allungo la mano verso di lei.
Mi
guarda incredula e piano piano le altre ragazze creano
uno spazio intorno a lei.
Afferra
la mia mano e la faccio salire sul palco e poi
sedere. Appoggio la corona sulla sua testa e guardo le lacrime scorrere
sul suo
viso dolce.
Lacrime
di gioia.
Mi
inginocchio davanti a lei e continuo a cantare, mentre
le sposto una ciocca di capelli rossi dal viso, per poi asciugare i
suoi occhi
blu.
-Come
ti chiami?- le chiedo poi.
Si
avvicina al mio orecchio per farmi sentire -Madison-
balbetta.
-Madison?-
chiedo la conferma scatenando le grida delle
altre ragazze.
Lei
annuisce emozionata.
Leggo
nei suoi occhi blu tutta la felicità nell'essere
qui di fronte a me e avermi sentito pronunciare il suo nome. In questo
momento
mi rendo conto che quando le mie Beliebers sono felici, io non posso
fare a
meno di esserlo.
Il
concerto finisce ed io mi sento in colpa a dover
lasciare la fan, ma torno comunque nel camerino.
Mi
siedo di fronte allo specchio e inizio a osservare il
mio riflesso. Questo giorno è praticamente finito e io ho
perso anche il
ventiduesimo compleanno della mia piccola Emma.
Sospiro
affondando le dita fra i capelli.
Qualcuno
bussa alla porta.
-Avanti-
dico alzando lo sguardo.
Sbuca
la chioma di Jazzy.
-Ti
ricordi che mi devi un favore, vero?- mi chiede
restando fuori.
Annuisco
confuso e lei sorride aprendo maggiormente la
porta e facendo entrare qualcuno.
Due
bambini biondi dagli occhi chiari.
Mi
saltano letteralmente addosso iniziando a gridare di
gioia.
Sorrido.
-Ehi,
ma io vi conosco- dico abbracciandoli.
-Tu
sei Justin!- la bambina mi prende la mano e la
stringe tra le sue, bianche e minuscole.
-Sì,
piccola. Voi come vi chiamate?- chiedo rendendomi
conto che in questi mesi Jazzy non me l'ha mai detto.
-Io
mi chiamo Alex- risponde la bambina.
-Io
sono Drew- continua il fratello facendomi sorridere.
Si chiama come me.
-Siete
miei fans?- chiedo accarezzandoli.
-Sì,
la mamma ci fa ascoltare i tuoi CD da quando siamo
nati- risponde Drew commettendo qualche tenero errore tra una parola e
l'altra.
Giusto,
dov'è la loro mamma?
Guardo
mia sorella.
-Ma
sono venuti con te al concerto?- chiedo curioso
mentre loro scendono dalle mie gambe e iniziano a giocare con i vari
oggetti
che trovano.
Che
teneri.
Scuote
la testa.
Si
mette di lato per permettere a qualcun altro di
entrare.
Capelli
castani, occhi verdi e pelle bianca.
Sgrano
gli occhi, incredulo.
Emma.
EHI!
Sono
pessima, lo so. Ho interrotto il capitolo sul più
bello… chiedo peeeerdoonooooo!!!
Beh,
il tanto atteso incontro è arrivato… come vi
immaginate il prossimo capitolo?
Ok,
passando ai ringraziamenti… ma vi rendete conto che
lo scorso capitolo ha raggiunto le NOVE recensioni?! Mi sono
commossa…
Vi
ringrazio, siete magnifiche e mi fate sorridere
sempre!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 10 *** Buon ventiduesimo compleanno ***
Non
è possibile che sia lei.
La
mia piccola Emma non può essere qui, non può
essere
già madre di due bambini.
Due
bambini che non sono miei figli.
Continuo
a guardarla.
No,
tutto questo deve essere uno scherzo. Sarà di sicuro
una ragazza che assomiglia molto a Emma, ma non può essere
assolutamente lei.
Sposto
velocemente lo sguardo su Jazzy, che abbassa il
viso verso le sue scarpe. Quindi è così. Emma
è a pochi metri di distanza da me
ed è già madre di due gemelli. Non posso
crederci.
Una
lacrima riga il mio viso e riesco a sentire il suo
gusto salato.
Le
grida di Alex e Drew mi riscuotono dai miei pensieri.
Li guardo attentamente.
Un'estate
intera e non mi sono accorto di nulla. Non mi
sono accorto che loro fossero i suoi figli. Sono stato così
stupido. Hanno i
suoi stessi occhi e la stessa pelle bianca come il latte. Avrei dovuto
capirlo.
Non mi sono mai accorto di avere a pochi metri di distanza la mia Emma.
Come ho
potuto non riconoscerla?
Altre
lacrime scorrono lungo il mio viso e noto che la
mia Emma le sta guardando. Il suo labbro inferiore trema visibilmente.
Tutti i
suoni che mi circondano spariscono. Ci siamo solo Emma ed io. Dopo
quattro anni
provo ancora gli stessi sentimenti. La amo con tutto il cuore ma, ora
che so
come stanno le cose, non riesco ad andarle vicino e baciarla come
vorrei.
Lei
ha due figli e non sono miei.
Cerco
di regolarizzare il mio respiro e stringo il mio
labbro inferiore tra i denti.
Perché,
ora che è qui davanti a me, mi sembra di sentire
maggiormente quei quattro anni che ci hanno separati? Non mi ero mai
reso
veramente conto di tutti gli anni passati, fino a questo momento.
-Vi
lasciamo soli- sussurra Jazzy afferrando per mano i
bambini e uscendo dal camerino con loro.
Il
rumore della porta mi riscuote completamente dai miei
pensieri.
-Emma-
sussurro con voce tremante.
Mi
avvicino finalmente a lei e riesco a vedere le sue
lacrime, che prima non avevo minimamente notato, avendo la vista
appannata
dalle mie.
Perché
piange?
È
cambiata tanto in questi quattro anni. I suoi capelli
adesso arrivano a malapena alle spalle, sono persino più
corti dell'ultima
volta che l'ho vista al parco. Afferro una ciocca e la rigiro tra le
mie dita.
Pochi secondi dopo mi sfugge. È troppo corta.
Sento
il suo respiro irregolare.
-Perché
li hai tagliati?- balbetto mentre innumerevoli
lacrime inondano il mio viso.
Abbassa
lo sguardo verso le sue scarpe.
Non
risponde.
Prendo
nuovamente una ciocca con il pollice e l'indice
partendo dalla radice dei capelli e la percorro. Mi sfugge un
singhiozzo quando
arrivo alle punte pochissimi secondi dopo. A quel suono Emma alza lo
sguardo
verso il mio viso.
Osservo
i suoi occhi verdi. Adesso sono spenti e segnati
da profonde occhiaie.
Sento
un vuoto nel petto.
Non
c'è più vivacità nei suoi occhi
chiari, non c'è lo
stesso luccichio di quattro anni fa.
Lentamente
avvicino la mano al suo viso e lei chiude
automaticamente le palpebre, dove io appoggio subito dopo il dito.
Nemmeno
un velo di trucco.
Accarezzo
dolcemente il suo occhio e le sue ciglia lunghe
e scure solleticano il mio dito. Faccio scorrere anche le altre dita
della mano
lungo il suo viso bianco.
Arrivo
alle labbra e mi soffermo a guardarle. Sono
rimaste bellissime. Le accarezzo e noto come abbiano però
preso una strana
forma. Sembrano quasi leggermente incurvate in giù.
-Da
quanto non sorridi, Emma?- sussurro.
Sento
i brividi invadere il suo corpo quando pronuncio il
suo nome.
Tenendo
gli occhi chiusi curva le sue morbide e dolci
labbra in un sorriso finto che qualcuno potrebbe scambiare per vero, se
solo
non la conoscesse.
-Un
sorriso vero- mormoro.
Dai
suoi occhi ricominciano a scorrere delle lacrime.
Non
riesco a vederla piangere. È una tortura.
Le
mie dita continuano ad accarezzare il suo viso. Arrivo
alla sua voglia sul collo e la sento rabbrividire. Chiudo gli occhi e
ripenso a
quando l'ho baciata dolcemente, facendola gemere dal piacere. Magari
anche lei
lo sta pensando... No, lei non mi ama più, ne sono sicuro.
Apro
gli occhi e guardo tutto il suo corpo.
Indossa
vestiti larghi, scuri e tristi. Non si veste più
da ragazza. Si veste da adulta.
-Che
fine hanno fatto le T-shirts colorate e i jeans
stretti?- chiedo tristemente.
-Sono
una mamma, ora- risponde facendomi finalmente
sentire la sua voce.
È
cambiata anche quella, ma sono sicuro che sia ancora
bravissima a cantare. Sempre se lei non abbia smesso di farlo.
-Questo
non vuol dire che tu debba stroncare la tua
gioventù- dico facendo scorrere le mani sulle sue braccia.
Le
appoggio poi sui suoi fianchi. La gravidanza li ha
modellati e per me rimangono spettacolari, proprio come quattro anni
fa. Il mio
pollice sfiora la sua pancia. La pancia dove Alex e Drew sono rimasti
fino al
giorno del parto. Non posso pensare che i suoi figli non siano anche
miei. Ho
sempre sperato che lei diventasse mia moglie e la madre dei miei figli,
ma è
troppo tardi.
Ripenso
a quando Jazzy mi ha parlato di Emma, senza che
io sapessi che fosse lei. Mi ha detto che ha partorito il giorno del
suo
diciottesimo compleanno. Quindi, considerando che i gemelli nascono
qualche
settimana prima dei nove mesi, deve averli concepiti verso Gennaio di
quell'anno, quando io me ne sono andato, lasciando il posto a James.
Spalanco
contemporaneamente gli occhi la bocca, per poi
allontanare di scatto le mani dalla sua pancia.
Lei
apre all'istante gli occhi, mentre io sto calciando
tutto quello che i miei piedi incontrano.
Mi
guarda confusa.
La
rabbia invade il mio corpo.
Torno
davanti a lei.
-Sono
figli di quel bastardo, vero?- sbotto facendole
sgranare gli occhi.
Ecco,
lo sapevo.
-Allora
ho fatto bene a lasciarti, non è così?- chiedo
retorico.
Lei
non fiata.
-Come
hai potuto?- le chiedo quando le lacrime tornano a
bagnare il mio viso. -Non hai aspettato nemmeno qualche mese dalla mia
partenza... Credevo… che mi amassi- singhiozzo poco dopo.
Afferro
la sua mano. Nonostante questo, io la amo ancora.
-E
lui ti ha lasciato crescere per quattro anni i vostri
figli. Non posso sopportare tutto questo- continuo.
Mi
sento male al solo pensiero che quei due bambini siano
di James. Emma ha dovuto sopportare tutto da sola. Non voglio che
continui
così.
-Emma,
io ti amo- sussulta alle mie parole sincere.
Solo
che continua a tacere.
-Torna
con me, amore mio- sussurro nel suo orecchio.
Lei
socchiude gli occhi.
-Potremmo
vivere insieme, io e te. Potresti seguirmi nel
tour- propongo senza nemmeno ricordarmi che ha dei figli da crescere.
Lei
se ne accorge -Io ho la mia famiglia e tu sei
fidanzato con Nicole- mi riporta alla realtà con una sola
frase.
Il
suo tono è tornato tremendamente acido, come quel
giorno al centro commerciale.
-Dimentichiamoci
di tutto, piccola mia. Scappiamo
insieme, solo tu e io- continuo sperando che lei accetti. Ma,
effettivamente, è
proprio impossibile che lei sia d'accordo.
Scuote
la testa, allontanando le mie mani dal suo corpo.
-No,
Justin- dice fredda.
-Perché?-
chiedo esasperato.
-Io
amo Alex e Drew- risponde provocandomi un dolore allo
stomaco.
Allora
è per i loro figli che non vuole tornare con me.
-Staranno
con noi. Per favore, ho bisogno di te- mormoro.
Lei
sembra addolcirsi alle mie parole. Ma subito dopo
scuote la testa e torna a essere fredda e distaccata.
-Non
voglio nessuno, solo i miei figli. Sono cresciuti
fino ad adesso solo con me e non voglio che le cose cambino- mi asciugo
una
lacrima a quelle parole.
Abbasso
lo sguardo verso i nostri piedi.
Noto
che lei indossa delle scarpe basse. Beh, ormai è
diventata molto più alta e non ha bisogno di tacchi.
Torno
a guardare il suo viso.
-Ti
prego. Perché non vuoi tornare con me? Io ti amo-
ritento disperato.
Chiude
gli occhi lasciando che le lacrime percorrano il
suo viso bianco. Non le asciuga.
-Te
ne sei andato senza nemmeno avvisarmi. Mi sono
ritrovata sola, di nuovo- sussurra.
Sento
un vuoto allo stomaco.
Già,
io l'ho lasciata sola, proprio come aveva fatto
James prima che Emma ed io ci conoscessimo.
-Ti
avevo chiesto di rimanere con me, ma non l'hai fatto-
continua, facendomi perdere tra i miei ricordi.
-È
lui, Emma? È lui James?- chiesi girandomi verso di lei.
Annuì
-Non lasciarmi, Justin- disse singhiozzando.
Afferrò
la mia mano e la strinse forte. Ricambiai la stretta.
Strinse
la mia mano, ma io sciolsi delicatamente la presa.
James
sorrise soddisfatto.
Le
sorrisi debolmente, per poi iniziare a camminare verso la strada che ci
avrebbe
allontanati.
-No,
Justin, non andartene! Io ti amo- gridò sincera, facendomi
sobbalzare.
Mi
voltai verso di lei per pochi istanti.
-Ti
amo- dissi dolcemente, per poi voltarmi nuovamente, come se fosse stato
un
addio.
Era
stato veramente un addio, ma finalmente eravamo di
nuovo insieme e non avrei permesso che ci separassimo di nuovo.
-Emma,
io ti amo e non potrei sopportare ancora la
distanza- lei apre gli occhi per poi fissare i miei -Ti ricordi cosa ti
dissi
quattro anni fa? Che sarei stato il tuo principe azzurro- sorride
ricordando
quel momento -Lo sarò, Emma- concludo in un sussurro.
Per
un momento mi illudo che lei possa accettare, ma
scuote la testa poco dopo.
-No,
Justin. Come posso fidarmi di te?- mi chiede.
Ha
ragione.
Di
sicuro dopo tutto quello che ha passato non riuscirà a
fidarsi subito di me.
Accarezzo
il suo viso.
-Permettimi
almeno di essere il tuo migliore amico, per
favore- curva lievemente le labbra -Come quattro anni fa, ricordi?-
sussurro
dolcemente e lei sorride, riempiendo il mio cuore di gioia.
Annuisce.
Mi
avvicino incerto al suo corpo per poi stringerla tra
le mie braccia.
Lei
affonda il viso nel mio petto.
-Buon
ventiduesimo compleanno, piccola mia- mormoro nel
suo orecchio.
EHI!
Non
ci posso credere: si sono incontratiiiiiii. Yeahhh!!
(?????)
Spero
di non avervi deluso, veramente.
Beh,
ringrazio chi ha inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito e chi ha anche solo
letto, vi
adoroo!!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 11 *** La sua nuova fiamma. ***
-Cosa?!
Spero tu stia scherzando, Justin- appoggio una
mano sull'orecchio. Credo mi abbia spaccato un timpano con il suo tono
stridulo.
-Hai
capito bene, Nicole- dico poco dopo facendo apparire
una smorfia di disappunto sul suo viso dalla pelle scura.
-Tu…
mi stai lasciando?- chiede incredula sgranando gli
occhi.
Annuisco.
Finalmente
Scooter mi ha dato il permesso di lasciarla. È
successo esattamente un'ora fa ed io mi sono precipitato subito da
Nicole per
non perdere tempo. Non voglio che questa pagliacciata continui a lungo.
Non
sarebbe giusto sotto alcun punto di vista.
-Ma...
perché? Siamo una coppia perfetta, perché vuoi
lasciarmi?- chiede singhiozzando, nonostante io non veda nemmeno
l'ombra di
lacrime.
Scuoto
la testa.
-No,
Nicole. Non lo siamo affatto. Io...- mi interrompo.
Non
so se sia giusto dirle la verità proprio ora, ma in
fondo ha il diritto di saperlo, no?
-Io
non ti ho mai amato. La nostra coppia esisteva solo
per le fan, e, oltretutto, tu non sei mai piaciuta a loro. Mi sembra
quindi
inutile continuare questa messa in scena- concludo tutto d'un fiato.
Beh, ora
che le ho detto la verità, mi sento molto meglio.
Lei
spalanca la bocca, incredula.
Di
sicuro anche lei non ha mai provato niente per me, ma
mi sento comunque in colpa.
Ho
fatto una cosa terribile.
-Senti,
Nicole, mi dispiace tantissimo- mi avvicino al
suo corpo e l'abbraccio.
Lei,
come ogni persona, merita di essere amata ed io non
sarei in grado di farlo.
-Sono
stato uno stronzo, ma sappi che ti voglio bene- lei
cinge incerta il mio corpo con le sue braccia, per poi annuire.
Accarezzo la
sua schiena.
-Adesso
vestiti, truccati e vai a farti un giro in città.
Magari incontri qualche bel ragazzo- lei ride per poi sorridere.
Ricambio
ed esco poi dalla sua casa.
Mi
sento finalmente libero, come se finalmente le cose
stiano andando per il verso giusto. Ho ritrovato la mia piccola Emma e
ho
finalmente lasciato Nicole. Che cosa potrebbe succedere di brutto?
Niente,
assolutamente niente.
Sorrido
a me stesso mentre passo da un marciapiede
all'altro.
Mi
sento finalmente felice e voglio recuperare un po' del
tempo perso.
Afferro
il mio iPhone dalla tasca dei jeans e digito quel
numero che in tutti questi anni non ho mai dimenticato.
Spero
solo che non abbia cambiato numero di telefono.
-Pronto?-
risponde incerta dopo alcuni squilli.
Sorrido.
-Ciao
piccola- rispondo con il tono di voce più dolce
possibile.
Lei
mi fa quest'effetto.
Lei
è la mia piccolina e devo proteggerla, coccolarla e
amarla.
-Ciao
Justin- balbetta facendomi sfuggire un sorriso.
-Ci
vediamo tra un'ora al parco, va bene? Voglio passare
il pomeriggio con voi tre- propongo passandomi la mano libera tra i
capelli.
-Va
bene, a dopo- accetta dopo alcuni minuti.
-Perfetto-
concludo la chiamata e infilo il cellulare
nella tasca.
Bene,
ho un'ora di tempo da passare e non ho la più
pallida idea di come passare il
tempo.
Mi
mordo il labbro mentre il telefono squilla.
Lo
afferro e guardo chi mi stia chiamando.
Charlie.
Alzo
un sopracciglio per poi rispondere alla chiamata.
-Pronto?-
continuo a camminare per le strade di Los
Angeles.
-Pronto,
sono Charlie. Hai qualcosa da fare adesso?- mi
chiede allegra.
-Beh,
adesso no, ma in realtà...- non mi fa terminare la
frase.
-Perfetto,
ti aspetto per fare la prove- attacca subito
il telefono senza lasciarmi il tempo di rispondere.
In
questi giorni Charlotte non smette nemmeno un secondo
di fare le prove. È convinta di essere inferiore agli altri
ballerini,
nonostante negli ultimi concerti del tour abbia ballato benissimo.
Sospiro.
Ormai
non posso più rifiutare. Non posso fare tardi
all'appuntamento con Emma e le prove mi occuperanno almeno un'oretta di
tempo.
Quindi, mi conviene correre. Non potrei mai dare buca a Emma.
Fortunatamente
mi trovo abbastanza vicino all'edificio
bianco in cui abbiamo provato l'ultima volta e, nel giro di pochi
minuti ci
arrivo.
Charlie
è appoggiata accanto al portone con le cuffie
nelle orecchie. Tocco la sua spalla e lei rivolge il suo sguardo a me,
per poi
sorridere.
-Dai,
andiamo- mi prende per mano e mi trascina
all'interno.
Mi
mordo il labbro, pensieroso.
Se
arrivassi tardi, non potrei mai perdonarmelo.
Una
volta arrivati nella sala, lei accende subito lo
stereo, ma io interrompo immediatamente la musica.
-Charlie,
potresti infortunarti se non smetti nemmeno un
secondo di ballare- dico severamente.
È
giusto che lei balli, ma ci sono anche altre cose da
fare durante la giornata.
Lei
abbassa lo sguardo verso i suoi piedi.
-Vorrei
solo... essere la migliore in quello che faccio-
sussurra, ma riesco comunque a sentirla.
Sospiro.
-Charlie,
tu sei bravissima a ballare. Perché ti ostini a
credere il contrario?- le chiedo avvicinandomi al suo corpo.
Singhiozza
-Nessuno crede in me, Justin- una lacrima
sfugge dal suo occhio.
-Io
credo in te, Charlie. Karine, Scooter e tutti i miei
ballerini credono in te. Ti sembra poco?- le chiedo retorico.
Lei
sorride lievemente.
-Grazie,
Justin- mormora.
Sorrido
prima di abbracciarla.
-Adesso
basta ballare. Che ti va di fare?- le chiedo.
Forse
dovrei iniziare a prepararmi per andare al parco,
ma lei ha bisogno di me, in questo momento, e posso anche fare a meno
di
cambiarmi per stare con Emma.
Riuscirò
a passare un po' di tempo con Charlie e ad
andare poi da Emma in orario.
Ho
tutto sotto controllo. O almeno lo spero.
-Dovrei
andare al centro commerciale per comprarmi
qualche vestito invernale. Mi accompagneresti?- mi chiede speranzosa.
Annuisco
-Certo. Dai, andiamo- afferro la sua mano e in
pochi attimi siamo di nuovo in strada.
Rabbrividisco
leggermente. Si sta già avvicinando
l'inverno.
Visto
che sono venuto a piedi, saliamo sulla sua macchina
e lei fa guidare me.
Nel
giro di pochi minuti siamo già arrivati nel centro
commerciale, dove ho conosciuto Emma, la mia piccolina.
Spero
solo di arrivare in tempo.
Sospiro
per poi sorridere falsamente quando Charlie mi
mostra una giacca.
In
questo momento vorrei essere altrove, ma Charlie è una
mia amica e io sono sempre disponibile quando i miei amici hanno
bisogno di me.
Quando mi chiede un parere, io le rispondo sempre che di sicuro
starebbe
benissimo con quel determinato capo e lei mi ringrazia con un caloroso
abbraccio. Ho fatto esperienza, grazie a Nicole, e so per certo che le
ragazze
hanno bisogno di conferme e non che qualcuno aumenti i loro dubbi. In
sostanza,
è importante elogiare sempre il capo che mostrano, in ogni
caso.
Mi
sembrano passate ore da quando siamo entrati qui.
Sbuffo
cercando di non farmi sentire mentre lei è
all'interno di un negozio.
Questa
volta sono riuscito a non entrare, fingendo di
dover andare in bagno.
Guardo
di sfuggita l'orario sul mio telefono per poi
sgranare gli occhi.
Emma
mi sta aspettando da un'ora e mezza. Non sono mai
stato così in ritardo.
Appena
Charlie esce dal negozio, le bacio la guancia per
salutarla e inizio a correre verso l'uscita del centro commerciale,
lasciandola
confusa. Le persone per strada mi guardano curiose, ma io continuo a
correre
verso il parco.
Mi
sembra quasi di andare sempre più lentamente, come se
l'asfalto della strada mi stia inghiottendo.
Deglutisco
e cerco di aumentare la velocità, ma sono
comunque in ritardo e ormai non c'è molto da fare per
rimediare.
Dopo
vari minuti mi ritrovo finalmente al parco, ma non
c'è traccia di Emma e dei suoi figli.
Ho
il respiro affannato e il mio cuore batte
all'impazzata nel petto.
Afferro
velocemente il cellulare, per poi comporre il
numero di Jazzy.
Appena
mi risponde non le lascio nemmeno il tempo di
parlare.
-Dove
vive Emma?- le chiedo.
-Nelle
ville vicino al parco- mi risponde semplicemente.
Sbuffo
-Quale, precisamente?- domando.
-Nella
penultima della strada, ma perché?- mi chiede poi,
curiosa.
-Perché
sono un coglione, ecco perché. Grazie, Jazzy-
concludo la conversazione telefonica senza lasciarle il tempo di
aggiungere
altro è ricomincio a correre.
Appena
intravedo la casa, sorrido e mi ci avvicino per
suonare il campanello.
Mi
apre una ragazza bionda che conosco benissimo.
Alex.
-Justin?-
domanda lei, sconvolta.
-Ciao,
Alex. Scusa ma dovrei passare per rimediare alle
mie stronzate- lei annuisce ancora scossa e mi lascia entrare nella
villa.
Non
mi fermo nemmeno a guardarla nei suoi particolari.
Adesso ho di meglio da fare.
-Alex,
chi era?- domanda la voce dolce di Emma.
Raggiungo
la stanza da dove proviene la sua voce e mi
ritrovo nel salotto.
La
mia piccola è seduta su un divanetto con un pc sulle
gambe, mentre Alex e Drew dormono sdraiati accanto a lei.
Sorrido
a quella scena.
-Ah,
sei tu- mi guarda con un'espressione indecifrabile.
-Emma,
mi dispiace da morire. Posso spiegarti perché sono
arrivato in ritardo, non mi ero assolutamente dimenticato del nostro
appuntamento- dico tutto d'un fiato.
So
già che non sto facendo un buon lavoro per
riconquistare la sua fiducia e per questo mi prenderei a schiaffi da
solo.
-Non
devi spiegarmi niente, Justin. So già che non sei
venuto perché stavi con Charlie, non preoccuparti- dice
alzandosi e posando il
computer su un tavolino.
Questo
suo tono di voce mi fa soffrire.
Lei
ormai non si fida più di me, ma comunque non vuole
farmi pesare niente, quasi come se lei se lo aspettasse e non avesse
creduto
molto che io mi sarei fatto perdonare.
Sì,
sono proprio un coglione.
-Come
lo sai?- le chiedo confuso.
Lei
con la testa indica il pc.
-Sai,
le immagini girano velocemente su internet,
soprattutto se ritraggono la popstar internazionale Justin Bieber con
la sua
nuova fiamma Charlotte Reed, nonché ballerina del suo tour-
risponde acida.
Mi
mordo il labbro.
-Ti
posso giurare che è stato un imprevisto, io avrei veramente
voluto passare del tempo con... voi- faccio ancora fatica ad accettare
che lei
abbia dei figli.
Alza
gli occhi al cielo.
-Justin,
io capisco che tu volessi passare del tempo al
centro commerciale con la tua fidanzata...- inizia, ma io la interrompo
subito.
-Non
è la mia fidanzata- metto in chiaro per evitare che
lei creda a ciò che sostengono i paparazzi.
-...ma
almeno avresti potuto evitare di farci aspettare
un'ora e mezza al parco- conclude senza nemmeno considerare le mie
parole.
Ripenso
al freddo che ho provato appena uscito
dall'edificio bianco con Charlie e mi sento ancora più in
colpa.
Ho
lasciato che la mia piccolina e i suoi bambini di
quattro anni stessero al freddo per aspettarmi.
Chiudo
gli occhi e mi mordo il labbro inferiore.
Che
razza di persona sono?
-Mi
dispiace piccola- tento di avvicinarmi al suo corpo,
ma lei indietreggia.
Sospiro.
-Io
non sono sicura di volerti dare un'altra possibilità,
Justin- dichiara facendomi
deglutire.
-No,
per favore. Ho perso già quattro anni della vostra
vita. Ho perso i vostri momenti più belli e non voglio
perdermene altri- dico
sincero.
In
fondo mi sto affezionando a quei due bambini e mi
dispiace veramente di aver perso anche del tempo da poter passare con
loro,
nonostante non siano figli miei.
Dopo
interminabili minuti di silenzio, Emma scuote la
testa.
-Sono
passati quasi cinque anni, in realtà- mi corregge
in tono duro, facendomi abbassare lo sguardo verso il pavimento.
-Mi
dispiace- sussurro trattenendo le lacrime.
Si
avvicina al mio corpo e appoggia due dita sotto il mio
mento, per poi far incontrare i nostri occhi. È bellissima e
non posso fare a
meno di perdermi nei suoi occhi verdi, nonostante non brillino come
molti anni
fa. Ero riuscito a farla sorridere di nuovo, dopo tutto il suo dolore
causato
da James, quindi perché non potrei provarci ancora
una volta?
-Hai
molto da recuperare, superstar- abbozza un piccolo sorriso
e il mio cuore viene invaso dalla felicità.
Come
potrei non amarla?
EHI!
Eccomi
con un nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Alla
fine Justin riesce sempre a farsi perdonare, eh? O forse
è Emma ad essere troppo buona… mah…
Cooooomunque,
ringrazio come sempre chi ha inserito la
storia tra le preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito e chi ha
anche solo
letto, siete meravigliose!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
p.s.
avete visto il video del profumo The key?! Stavo per
morire *.* forse ho anche sbavato un po’, ma pazienza
x’D
|
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Capitolo 12 *** Mi odio ***
Il
mio iPhone squilla, distogliendo la mia attenzione dai
paparazzi appostati sulla strada. Copro la finestra con la tenda
arancione e
sospiro, afferrando il cellulare.
Scooter.
-Pronto?-
rispondo incerto.
So
già il motivo della sua chiamata.
-Cos'è
questa storia, Bieber?- urla rabbioso.
Allontano
di qualche centimetro il cellulare
dall'orecchio. Per questa sua rabbia potrei rimetterci un timpano.
-Di
che parli?- domando ingenuamente.
-Justin
Bieber e Charlotte Reed in giro per Los Angeles.
Una nuova fiamma per la nostra popstar?- dal suo tono capisco che le
sue parole
siano il titolo di qualche rivista di gossip. -Justin Bieber e
Charlotte Reed.
Il ventitreenne ha già dimenticato la bella Nicole Torres?-
cita un altro
titolo.
Sospiro
affondando le dita della mano libera tra i miei
capelli biondi.
-Ascolta
Scooter...- tento di spiegare, ma lui mi
interrompe subito.
-No,
ascoltami tu, Justin- inizia -Cosa ti passa per la
testa? Avevi appena lasciato Nicole e ti sei fatto subito vedere con
Charlotte.
Pensi che i fans accetteranno tutto questo?- continua in tono severo.
-Tra
me e Charlie non c'è assolutamente niente. L'ho solo
accompagnata al centro commerciale- spiego sperando che lui mi capisca.
Mi
avvicino nuovamente alla finestra e sussulto. Sembra
quasi che i paparazzi si siano moltiplicati in questi pochi minuti.
Appena mi
notano, un'ondata di flash mi travolge, così sposto
immediatamente la tenda.
-Oh,
io questo lo so bene. Non credo che tu sia in grado
di cambiare fidanzata nel giro di poche ore, soprattutto ora che hai
incontrato
di nuovo Emma- dice facendomi sorridere.
Forse
perché sa che io non potrei mai fare una cosa del
genere.
Forse
perché ha pronunciato quel nome che alle mie orecchie
suona come una dolce melodia.
-Ma
i fans?- mi chiede poco dopo.
Mi
mordo il labbro inferiore, pensieroso. Credo che i
miei fans si fidino di me, ma se li avessi delusi?
-Sarà
sufficiente smentire tutto- concludo cercando di
assumere un tono sicuro, nonostante abbia molti dubbi.
-Justin,
mi dispiace dirtelo, ma se accetteranno tutto
ciò, dovrai fingere che Charlie sia veramente la tua nuova
fidanzata- queste
sono le sue ultime parole che sento prima che lui interrompa la
conversazione
telefonica.
Probabilmente
vuole darmi del tempo per capire tutta
questa situazione, ma io ho già compreso ogni cosa.
Le
mie fans conoscono già Charlie. È molto probabile
che
loro approvino una nostra relazione.
Sbuffando,
mi siedo sul divano bianco e appoggio la testa
al cuscino.
Perché,
proprio ora che tutto sembrava essersi risolto,
la mia vita si deve complicare in questa maniera? Io voglio Emma, solo
lei.
Vorrei farmi perdonare per il mio ritardo, per i cinque anni in cui non
le sono
stato vicino e... per tutto. Vorrei riuscire a guadagnarmi nuovamente
la sua
fiducia e magari anche quella dei suoi due figli. Vorrei essere
più di un amico
per lei.
Ma
tutto ciò sembra impossibile. Inizio a odiare la mia
vita, insomma, perché devo fingere sempre di amare ragazze
che in realtà vedo
solo come amiche? Prima con Nicole e adesso con Charlie... È
una grande presa
in giro. Sto mentendo ai paparazzi, alle mie fans, a chiunque. Vorrei
poter
uscire da questa casa e gridare ai giornalisti che amo solo Emma, la
mia dolce
castana dagli occhi verdi, il sorriso splendente e la voce armoniosa.
Ma
non posso.
Il
telefono squilla nuovamente, riscuotendomi dai miei
pensieri.
-Pronto?-
mormoro, rendendomi conto solo in questo
momento delle lacrime che lottano per inondare il mio viso.
-Justin,
sono di nuovo io. Ascolta, ho bisogno che tu mi
raggiunga, devo assolutamente parlare con te e Charlie. Manchi solo tu-
la voce
di Scooter giunge al mio orecchio come un sussurro.
Probabilmente
si trova in qualche luogo pubblico e cerca
di evitare che le persone captino la nostra conversazione.
Alzo
gli occhi al cielo.
-Scooter,
hai una vaga idea del delirio che c'è fuori
dalla mia casa? Come credi che possa uscire?- domando retorico.
-Oh,
cazzo- sussurra -Giusto, l'avevo quasi
dimenticato... ehm... pazienza, ti posso dire tutto dal telefono- alza
di
qualche tono la voce e riesco a capire che, probabilmente,
ciò che ha da dirmi
non mi piacerà.
Mi
alzo dal divano per dirigermi verso la finestra.
-Ti
ascolto- lo incito a parlare, mentre scosto la tenda.
I
paparazzi non si sono mossi dalle loro precedenti
posizioni e continuano a fissarmi, scattando migliaia di fotografie.
Agito
la mano e sorrido lievemente, come per salutarli,
ma, quando i flash aumentano notevolmente, ricopro immediatamente la
finestra.
-Ecco,
a quanto pare le Beliebers hanno accettato la
vostra probabile relazione. Non sono entusiaste, ma nemmeno contrarie.
Potresti
anche smentire la notizia, ma...- tenta di spiegare, ma io lo
interrompo.
-Davvero?
Ma è fantastico!- esclamo eccitato.
Sento
dei mormorii e capisco che Charlie è riuscita a
sentire le mie parole.
Dannazione.
-Grazie
mille, Justin, veramente!- grida arrabbiata.
Allontano
il cellulare dall'orecchio per evitare di
rimanere sordo.
-Beh,
purtroppo per te, Scooter vuole ugualmente che i fans
credano che la nostra relazione sia vera- le sue parole sembrano
veleno, ma
sento anche un pizzico di delusione nella sua voce.
Perfetto,
sono riuscito anche a offendere Charlie.
Sono
proprio un genio...
-Amico,
quando imparerai ad ascoltarmi fino alla fine?-
mi chiede retorico Scooter. Sicuramente Charlie gli ha passato di nuovo
il
telefono.
Sospiro.
-Scott,
mi dispiace, ma io sono stanco di mentire- mi
passo una mano fra i capelli, sono molto nervoso -E vorrei poter
finalmente
passare del tempo con Emma- sussurro quando una lacrima solca il mio
viso.
Sono
stanco di questa vita da popstar.
A
volte... ho come l'impressione che non riuscirò a
continuare per molto tempo ancora la mia carriera. Non sono abbastanza
forte
per tutto ciò e l'unica persona che potrebbe aiutarmi
è la mia piccola Emma, ma
è anche quella persona che non riesco più a
frequentare come vorrei, per colpa
del mio lavoro e di tutte queste menzogne.
-Justin,
mi dispiace dirtelo, ma potrai presentarla solo
come amica ai giornalisti- queste parole infrangono in un attimo tutti
i miei
sogni.
Sgrano
gli occhi.
-Ma...
come? Anzi, perché?- balbetto incredulo.
-Emma
ha due figli, Justin. Le tue fans potrebbero
giudicarla per questo- mi spiega, cercando di mantenere un tono
rassicurante.
Ma
ogni suo tentativo di farmi mantenere la calma risulta
vano.
Inizio
a tirare calci a tutto quello che i miei piedi
incontrano.
Dopo
alcuni minuti, mi rendo conto di non aver mai detto
a Scooter dei figli di Emma.
Proprio
in quel momento, il mio piede sbatte contro il
tavolino, facendomi urlare dal dolore. Di sicuro i paparazzi hanno
sentito. Mi
mordo violentemente il labbro inferiore, cercando di
non imprecare.
-Aspetta
un attimo. Tu lo sapevi?- chiedo confuso.
Insomma,
sono sicuro che me l'avrebbe detto, se l'avesse
saputo.
-Che
cosa sapevo?- chiede ingenuamente, ma, dal suo tono
stridulo, capisco che sa bene di cosa io stia parlando.
-Tu
sapevi di Alex e Drew e non mi hai avvertito- non è
più una domanda.
Sono...
sono veramente deluso. Tutte le persone che mi circondano,
mi nascondono la verità.
-Devo
andare, Justin. Una ballerina ha bisogno di essere
confortata- cambia discorso per evitare di dire altre bugie.
Chiudo
la conversazione telefonica e getto il telefono
sul divano con rabbia.
-Oh,
fanculo tutto!- grido.
Non
mi preoccupo dei paparazzi. Sono totalmente stanco e
non mi importa che abbiano sentito.
Ma,
in fondo, non dovrei nemmeno arrabbiarmi.
Sono
proprio io il primo a mentire alle persone che amo.
Sto mentendo alle mie Beliebers e non mi perdonerò mai per
questo.
Avrei
bisogno di parlare con qualcuno, ma chi? Vorrei che
Luke fosse qui, ma si è trasferito in Inghilterra da due
anni e non ci sentiamo
da un po'. Mi sembra ingiusto chiamarlo adesso che ho bisogno di lui.
Certo, i
veri amici si riconoscono nel momento del bisogno, ma io c'ero quando
ha deciso
di trasferirsi a Londra per studiare e ha dovuto lasciare Alex? No, io
ero solo
dall'altro capo del telefono, pronto a salire sul palco per cantare e
non sono
stato d'aiuto. Forse sarà anche arrabbiato con me,
nonostante siano passati due
anni e mi abbia assicurato che non si è offeso.
Ma
io so che ci è rimasto male.
La
mia carriera mi sta allontanando troppo dalle persone
che amo e non mi lascia minuti liberi, nemmeno per confortare il mio
migliore
amico dopo la rottura con la sua fidanzata.
Mi
odio.
Vorrei
poter tornare a quel preciso momento e mandare a
fanculo Scooter, ascoltare il mio migliore amico e iniziare con qualche
minuto
di ritardo il concerto.
E
invece non posso cambiare il passato.
Quel
giorno, Scooter mi ha incitato a chiudere la conversazione
telefonica, non ho ascoltato il mio migliore amico e ho iniziato
comunque in
ritardo il concerto.
Cosa
sarebbe cambiato se avessi ritardato di qualche
altro minuto? Niente.
Sospiro,
sedendomi accanto all'iPhone.
Voglio
cambiare questa situazione. Voglio tornare a
essere come cinque anni fa.
Fanculo
la carriera, i paparazzi, i giornalisti e i
pregiudizi di quelli che non sono veramente miei fans.
Scatto
in piedi come una molla e, dopo aver afferrato il cellulare
e le chiavi, esco di casa velocemente, per evitare i paparazzi.
Salgo
in macchina e metto in moto.
Sfreccio
tra le strade di Los Angeles, attento a non
passare col rosso. Ogni tanto mi guardo intorno e mi rendo conto che ho
fatto
bene a scegliere di tornare qui dopo i concerti del tour, quando
è possibile.
Questa
è la mia città ed è meravigliosa.
Abbasso
il finestrino e mi godo l'aria fresca di Ottobre.
Quando
arrivo a destinazione, parcheggio l'auto e scendo.
Per fortuna mi sono ricordato la strada.
Mi
avvicino alla villa e busso, dopo aver preso un
profondo respiro.
La
porta si apre, mostrando i dolci lineamenti della mia
piccola Emma.
Spalanca
gli occhi.
-Justin?
Che ci fai qui?- chiede curiosa.
Abbozzo
un sorriso.
-Beh,
devo recuperare questi cinque anni, ricordi?-
chiedo afferrando la sua mano bianca.
Lei
sorride ed io non posso fare altro che perdermi nei
suoi meravigliosi occhi verdi.
EHI!
Ecco
un nuovo capitolo, spero vi piaccia, nonostante sia
abbastanza noioso.
Prometto
che il prossimo sarà dedicato interamente ai
Jemma (??)
Come
sempre vi ringrazio per preferire/seguire/ricordare,
recensire e leggere la mia storia, siete meravigliose!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 13 *** Crack. ***
-Dove
stiamo andando, Justin?- chiede per l'ennesima
volta nel giro di dieci minuti.
La
guardo di sfuggita prima di prestare nuovamente attenzione
alla strada.
Sorride.
-Non
posso dirtelo, Emma- le ricordo accarezzando la sua
mano.
-E
voi due, lì dietro, non vi azzardate a dire qualcosa-
cerco di assumere un tono severo, ma loro tre scoppiano a ridere. Non
posso
evitare di aggregarmi alle loro dolci risate.
Io,
Emma e i suoi figli sembriamo proprio una famiglia.
Peccato che Alex e Drew non siano i miei figli.
Scuoto
la testa cercando di cacciare questi pensieri.
Con
la coda dell'occhio noto che Emma sta avvicinando la
mano al suo viso. So esattamente cosa sta cercando di fare.
-Emma,
non provare a toglierti la benda dagli occhi- la
ammonisco facendola sorridere.
Alza
le mani in segno di resa -Va bene. Bambini, dove
stiamo andando?- chiede mostrandomi un sorriso di vittoria.
-Non
possiamo dirlo, mamma- sussurra Drew.
È
un po' strano pensare a Emma come una mamma, ma non
posso farci niente. Inoltre i suoi figli sono adorabili.
-Già,
Justin non vuole- concorda Alex.
Cerco
di non scoppiare a ridere, ma è veramente
inevitabile.
-Sai,
adoro i tuoi figli- sussurro a Emma.
-Sono...-
sembra voglia dire qualcosa, ma si interrompe.
Prende un respiro profondo -ehm... felice che voi vi troviate bene
insieme-
conclude balbettando.
Ho
come l'impressione che questo non sia ciò che volesse
dire inizialmente, ma non faccio domande.
Annuisco
per poi accendere la radio.
Ora
nella macchina rimbomba una mia canzone e, mentre
Alex e Drew cantano sulla mia voce registrata, io stringo la mano di
Emma.
Accarezzo con il pollice il dorso della sua mano e lei ricambia con
dolcezza la
stretta.
Mi
sento... tremendamente bene in questo momento.
Alex
e Drew sono allegri, non pensano al loro padre
assente.
Emma
mi sembra serena, spero non sia ancora arrabbiata
con me per tutto ciò che ho fatto in questi anni. Anzi, per
tutto ciò che non ho
fatto.
Dopo
qualche minuto parcheggio l'auto davanti
all'edificio. Faccio scendere Alex, Drew e per ultima la mia piccola
Emma. Si
guarda intorno, nonostante abbia gli occhi bendati, per poi sbuffare.
-È
terribile non riuscire a vedere ciò che mi circonda.
Mi sento quasi soffocare- sussurra terrorizzata.
Sgrano
gli occhi.
Appoggio
le mani sui suoi fianchi da dietro e le
accarezzo il collo con il naso.
-Stai
tranquilla, piccola mia. Ci sono io con te- cerco
di tranquillizzarla.
-Lo
so, ma sono abituata ad avere il controllo della
situazione e non riuscire a capire dove ci troviamo e se i miei figli
sono al
sicuro, mi fa impazzire- spiega abbozzando un sorriso.
Potrebbe
sembrare paranoica, ma io so che ha
semplicemente paura di non poter proteggere i suoi figli, se per caso
dovesse
succedere qualcosa. La trovo una cosa... molto dolce.
Mi
mordo il labbro inferiore.
-Fidati
di me, amore mio- sussurro nel suo orecchio. Alle
mie parole, i brividi percorrono il suo corpo bianco, facendomi
sorridere. Lei
non ha la minima idea di quanto io voglia baciarla. È
così bella e profumata.
Scuoto
la testa per evitare di perdermi tra i miei
pensieri.
-Andiamo!-
incito i bambini a seguirmi, mentre guido Emma
dentro il suo vecchio liceo.
Ormai
le lezioni dovrebbero essere finite e nessuno
dovrebbe infastidirci.
Cerco
di orientarmi nei corridoi per trovare la porta
bianca che mi ha indicato la preside qualche giorno fa.
Quando
la trovo, afferro le chiavi dalla tasca dei miei
jeans e, dopo molti tentativi, riesco finalmente ad aprire la porta.
Alex
e Drew spalancano le bocche, affascinati dalla
grandezza di questa sala, e si siedono sulle poltroncine rosse.
Conduco
Emma fino alla prima fila di poltrone e appoggio
le mani sulla benda.
-Sei
pronta?- mormoro nel suo orecchio.
Annuisce
ed io slego il nodo.
Si
guarda intorno confusa, ma l'ombra di un sorriso
appare sul suo viso bianco.
-Perché
siamo nel teatro del mio vecchio liceo?- chiede
guardando le tende rosse e il leggio con il microfono appoggiati sul
palco di
legno.
-Beh,
ti ho promesso che avrei recuperato questi cinque
anni, no? Allora iniziamo da questo- spiego afferrando da una
poltroncina la
tunica e il cappello rosso con il nastro oro.
Una
lacrima minuscola sfugge dal suo occhio.
-Grazie,
Justin- sussurra emozionata.
-Di
niente, piccola mia. Indossali- le dico dopo averla
abbracciata e aver asciugato il suo viso.
Annuisce
e li prende in mano.
-Bambini,
venite qui- chiamo Alex e Drew che arrivano
subito.
-Sedetevi
qui- indico due poltroncine in prima fila e
loro prendono subito posto, mentre io salgo sul palco e Emma indossa la
tunica
e il cappello. Batto le dita sul microfono un paio di volte con
professionalità
e poi tossisco lievemente.
-Bene,
signore e signori- attiro l'attenzione di Alex e
Drew cercando di imitare il tono di voce nasale della donna che mi ha
ceduto le
chiavi del teatro, ovvero la preside del liceo. Dalla risata soffocata
di Emma,
capisco che proprio lei quel giorno ha consegnato i diplomi agli
alunni. Magari
la sto anche imitando bene. I bambini, invece, non si preoccupano
assolutamente
di nascondere le loro risate spensierate. Cerco di mantenere uno
sguardo serio,
ma mi lascio sfuggire un sorrisetto.
-Ecco
a voi i diplomati di quest'anno- annuncio
afferrando un foglio arrotolato dal leggio e aprendolo.
Il
foglio è lunghissimo, nonostante contenga solo il nome
della mia piccola, e per questo Emma si morde il labbro inferiore e
abbassa lo
sguardo, cercando di non scoppiare a ridere.
-Un
bell'applauso per Emma Wilson!- esclamo, cercando di
mantenere lo stesso timbro di voce della preside.
I
figli di Emma battono le mani ridendo e lei sale sul
palco con le lacrime agli occhi.
Sorrido
a quella vista. È veramente splendida e quel
rosso le dona molto. Le porgo un foglio legato da un nastro oro come
diploma,
ma lei si fionda fra le mie braccia.
Una
lacrima solitaria sfugge dal mio occhio nocciola,
mentre ormai le sue innumerevoli lacrime hanno inondato il mio collo,
dove lei
ha appoggiato il viso. Circondo con le braccia la sua vita stretta e la
avvicino maggiormente al mio corpo.
I
due bambini dai capelli color grano e gli occhi verdi,
ci osservano incantati. Probabilmente non riescono a capire il motivo
delle
nostre lacrime, considerando le risate che qualche secondo fa
riempivano il
teatro. Sono troppo piccoli perché capiscano. Ma io no.
Queste
lacrime per me dicono più di migliaia di parole.
Riesco
a capire tutto il dolore della mia piccola Emma.
Dolore
perché quel giorno non c'ero per congratularmi con
lei.
Non
c'ero per tenere i passeggini dei suoi gemelli
biondi, durante la sua presenza su questo palco.
Ma
non ero assente solo in questa occasione. Non ci sono
mai stato in questi cinque anni.
Afferro
violentemente il mio labbro inferiore fra i denti
per evitare di singhiozzare, ma non posso impedire alle
lacrime di
bagnarmi le gote.
Spero
che anche solo una piccola parte delle sue lacrime sia
di gioia.
Perché
adesso sono tornato, e non me ne andrò più.
Perché
sto cercando di fare finta che tutti questi anni
non siano passati e le sto facendo rivivere uno dei momenti
più importanti per
la vita di una persona.
Ma,
in fondo, io so che non potrò mai cancellare gli anni
pieni di dolore passati.
-Perdonami,
ti prego- sussurro nel suo orecchio, sfiorando
la sua pelle bianca con le labbra.
Lei
non risponde.
Ma
come potrei biasimarla? Non posso pretendere niente da
lei, anzi, dovrei solo essere grato del fatto che lei sia qui, ora. Qui
vicino
a me.
Alza
il viso verso i miei occhi nocciola. Per qualche
secondo rimango imbambolato a fissare i suoi pozzi verdi e non mi rendo
nemmeno
conto del suo viso sempre più vicino al mio. Quando le sue
labbra morbide
sfiorano la mia guancia, sgrano gli occhi. Le sue labbra mi sono
mancate tanto...
Non pensavo che un giorno le avrei avute nuovamente sulla mia pelle. O
meglio,
ci speravo, ma non credevo fosse possibile.
Vorrei
che questo momento durasse per sempre, ma
allontana subito le labbra e gli applausi dei gemelli risuonano
nell'aria. Emma
avvampa davanti ai sorrisi dei suoi figli, mentre io mi sfioro la
guancia con
le dita.
Non
posso ancora crederci.
Mi
riscuoto dai miei pensieri, quando Alex e Drew
iniziano a rincorrersi per il teatro, tra le file di poltroncine.
Scuoto
la testa, ancora incredulo, per poi afferrare la
mano della mia piccola Emma e guidarla giù dal palco.
Voglio
parlare un po' con lei, ma è lei la prima a
prendere parola.
-Come
hai fatto ad avere le chiavi?- chiede guardandosi
intorno emozionata.
-Beh,
diciamo che essere Justin Bieber serve almeno a
qualcosa- rispondo malinconico, abbassando lo sguardo verso la sua mano
ancora
stretta alla mia.
Stringe
le labbra in una linea sottile -Oh, non dire
sciocchezze. Tu rendi felici milioni di fans in tutto il mondo. E anche
due
gemelli a Los Angeles- mi rassicura in tono dolce.
Sorrido.
-Come
mai hai fatto ascoltare ai tuoi figli la mia
musica?- alzo lo sguardo e incontro i suoi dolci occhi verdi.
Sul
suo viso si dipinge una smorfia alle mie parole.
-Non
voglio parlare di questo, adesso- conclude subito
l'argomento.
Sospiro.
So
che probabilmente non voglia parlare di questi cinque
anni passati, ma io ho bisogno di sapere. Questa volta è lei
a distogliere lo
sguardo, posandolo sul bracciale di cuoio. Il suo sguardo si illumina,
facendomi sorridere.
-Non
l'hai mai tolto?- domanda accarezzando la targhetta
argento con le dita.
-No-
sussurro semplicemente.
Mi
guardo un po' intorno.
Vorrei
farle molte domande, ma ho paura di come potrebbe
reagire.
-Che
lavoro fai?- chiedo poi, sicuro che questo argomento
non sia troppo delicato da trattare.
Alza
lo sguardo verso il mio viso.
-Aiuto
la signora Stillman durante le lezioni di musica
alla scuola elementare. Era il lavoro dei miei sogni e, quando lei
andrà in
pensione, lascerà il posto a me- spiega distrattamente,
guardando un punto
imprecisato.
Sorrido
-Oh, sono felice per te!- esclamo.
Sono
veramente felice che abbia realizzato il suo sogno.
Forza
un sorriso -Inoltre, quando i miei figli frequenteranno
le elementari, potrò stare con loro e il pomeriggio non
staranno a casa da
soli- continua poco dopo.
Annuisco.
Mi
sento quasi... in colpa.
Ogni
cosa che lei faccia, ha lo scopo di rendere felici i
suoi figli. Mentre io ho pensato solo a me stesso in questi anni.
-Non
hai intenzione di dire al loro padre che...- cerco
di chiedere, ma lei mi interrompe subito.
-Non
voglio parlare di questo, Justin- mi risponde acida.
Cerca
di alzarsi dalla poltroncina, ma io la blocco per
il braccio.
-Ho
il diritto di sapere, Emma- dico, provocando una sua
risata amara.
-Tu
hai il diritto di sapere?!- chiede retorica -Te ne
sei andato cinque anni fa e se tu avessi veramente voluto sapere
qualcosa di
me, di noi, avresti fatto almeno una telefonata- sbotta, strattonando
il suo
braccio per liberarlo dalla mia presa ferrea.
Ma
non ce n'era bisogno. Sono talmente scioccato, che non
mi rendo nemmeno conto di ciò che mi circonda.
Ha
ragione, dannazione!
Avrei
potuto chiamarla, ma non l'ho fatto.
-Alex!
Drew!- li chiama, attirando la loro attenzione.
Loro
smettono di giocare e la guardano curiosi.
-Andiamo
a casa- annuncia levandosi la tunica e il
cappello.
Loro
annuiscono semplicemente ed Emma torna a guardarmi.
Riesco a scorgere nei suoi occhi tutto l'odio che sta provando nei miei
confronti. Mi sembra quasi di ricevere delle pugnalate allo stomaco.
-Bel
pomeriggio, veramente. La prossima volta, però,
evita di coinvolgerci- commenta sarcastica.
Il
mio sguardo è perso nel vuoto e, quando mi rendo conto
di cosa stia veramente succedendo, loro sono già davanti
alla porta del teatro.
-Emma,
dove vai? Siamo venuti in macchina e la tua casa è
distante- cerco di farla ragionare.
-Preferisco
andare a piedi, piuttosto che passare anche
solo un secondo di più con te- grida con le lacrime agli
occhi.
Oh,
questo fa veramente male.
Si
voltano definitivamente, sbattendo il portone.
È
possibile sentire il rumore di un cuore che si spezza?
Perché io ho appena sentito un "crack".
EHI!
Questa
volta sono stata molto più veloce, spero che vi
piaccia.
A
quanto pare questa volta Justin non è riuscito a farsi
perdonare…
Ringrazio
come sempre chi ha inserito la storia fra le
preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito e chi ha anche solo
letto, mi
commuovete sempre!
Nel
prossimo capitolo si scoprirà finalmente perché
Pattie
e Jeremy fossero contrari alla passione di Justin per la
musica… avete delle
idee? Se sì, mi piacerebbe saperle, magari qualcuno
indovina…
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 14 *** Lui è... tuo padre. ***
Cammino
senza una direzione precisa.
Mi
sento completamente svuotato da ogni emozione
positiva. In questo momento, nei miei confronti, provo solo ribrezzo.
Cinque
anni fa, pensando di poterle offrire il futuro
tanto desiderato, me ne sono andato. Certo, lei ha fatto dei figli con
James,
ma in fondo non l'avrei mai odiata. Sarei rimasto accanto a lei durante
la
gravidanza, durante il parto, il giorno del suo diploma e in qualsiasi
altra
occasione. Proprio come ha fatto Jazzy. E invece ho inseguito il mio
sogno, rovinando
i rapporti con le persone più importanti della mia vita.
Sto
cercando di rimediare, ma sembra proprio che Emma non
voglia darmene la possibilità.
Stringo
le mie mani in due pugni per la rabbia.
Io
ho fatto i miei errori, ma perché deve trattarmi in
questo modo? Non vuole darmi alcuna spiegazione e non ne capisco il
motivo.
Insomma, penso di averne il diritto, visto che quando me ne sono
andato, lei
non ha aspettato molto prima di fare dei figli con quel bastardo.
Afferro
violentemente il mio labbro inferiore fra i denti
per evitare di urlare a tutta la città i miei pensieri e
sentimenti.
Per
la prima volta da quando l'ho incontrata al concerto,
sento una strana sensazione.
Mi
sento... deluso.
Diceva
di amarmi, ma era stata sincera?
Adesso
non riesco nemmeno a capire il perché di questi
miei dubbi. Io la amo e ciò che ha fatto non cambia i miei
sentimenti, ma non
posso comunque fare a meno di pensare che lei abbia solo mentito. Se mi
spiegasse ciò che è successo cinque anni fa,
magari potrei capire il perché
delle sue azioni. E invece non si sforza minimamente di farmi cambiare
idea.
Forse non vuole. Vorrebbe sono allontanarmi probabilmente.
Tiro
un calcio a un sasso sul marciapiede.
Beh,
avrebbe potuto anche dirmelo prima.
Perso
fra i miei pensieri, non mi rendo nemmeno conto dei
centinaia di flash provenienti dai vari lati della strada. Mi accorgo
dei
giornalisti solo quando ormai ne sono circondato.
-Allora,
Justin, è tutto vero?- chiede uno di loro con un
paio di bizzarri occhiali da vista.
-Parlaci
di Charlotte, Justin- mi incita una donna con un
registratore in mano.
-Tu
e Charlie Reed state insieme?- domanda un altro
giornalista dai capelli rossi. A tutte queste domande, alzo gli occhi
al cielo,
scocciato. Non mi interessa cosa sia giusto o meno per Scooter, sono
pronto a
smentire quest'ennesima menzogna.
Ma
una domanda diversa mi ferma -Chi è la ragazza con i
due gemelli? Si chiama Emma Wilson, giusto?- queste parole mi offuscano
la
mente.
La
mia piccola Emma ormai ha la sua famiglia e, a quanto
pare, non vuole che io ne faccia parte. Probabilmente ama ancora James
e, se
lui fosse rimasto a crescere i due gemelli con lei, Emma non mi
penserebbe
nemmeno.
Stringo
nuovamente i pugni -Emma non è nessuno. Charlie è
la mia nuova fidanzata- preso dalla rabbia, sputo queste parole piene
di
cattiveria.
Con
una velocità assurda riesco poi a scappare da quei
paparazzi e mi incammino in una strada quasi deserta.
Non
posso credere di averlo detto veramente. Inoltre non
mi sento meglio dopo che quelle parole hanno abbandonato le mie labbra.
Anzi,
mi sento peggio di prima.
Perché
continuo a mentire?
La
verità è che Charlie non è nessuno e
vorrei tanto che
Emma fosse la mia fidanzata. Amo la mia piccola come cinque anni fa, se
non di
più, e non potrei mai provare rabbia nei suoi confronti.
Semplicemente odio che
Alex e Drew siano anche figli di quel... non saprei come definirlo, so
solo che
lo detesto con tutto il cuore.
Camminando,
mi ritrovo davanti alla casa in cui ho
passato la mia infanzia.
Bene,
ho proprio bisogno di stare in compagnia della mia
famiglia.
Non
ho rivolto la parola a Jazzy per quasi un giorno
perché non mi aveva detto che Emma avesse avuto dei figli,
ma alla fine ho
ceduto e l'ho perdonata.
Suono
il campanello e attendo che qualcuno venga ad aprirmi.
Sento dei passi leggeri e veloci dietro la porta e, subito dopo, mia
sorella mi
rivolge un sorriso forzato.
-Ciao,
Justin. Entra- mi accoglie con una nota di
delusione nei miei confronti.
Ok,
cosa ho fatto adesso? So di essere un danno, ma
ancora non sono nemmeno entrato in casa...
-Che
succede, Jazzy?- le chiedo preoccupato.
Afferra
la mia mano e mi trascina in soggiorno, dove la
tv è accesa su un canale di musica. Riesco a vedere me,
mentre scappo dai
giornalisti.
Abbasso
lo sguardo verso le mie scarpe. Ora ho capito.
-È
così, Justin? Emma, la tua piccola Emma, non è
nessuno?- mi chiede.
La
sua voce è un mix di delusione e rabbia. Cerco in
tutti i modi di evitare il suo sguardo accusatorio.
-Ero...
arrabbiato. Non potrei mai pensare una cosa del
genere e lo sai meglio di me- spiego, azzardandomi a guardare i suoi
occhi
nocciola.
È
ancora arrabbiata, ma sembra essersi addolcita alle mie
parole.
-Non
dovresti trattarla così, Justin. Non hai idea di
quanto abbia sofferto in questi anni- mi ammonisce. Ha ragione, io non
ne ho
idea. Non ne vuole parlare.
-Tu
sì?- le chiedo curioso, facendo abbassare lo sguardo
a lei. Capisco che Jazzy sa ogni cosa, mentre io pagherei oro per avere
anche
solo una vaga idea della vita di Emma in questi cinque anni.
-Ti
prego, Jazzy. Dimmi quello che sai. Sto soffrendo
veramente- la supplico.
Il
mio labbro inferiore trema.
Sono
totalmente disperato e Jazzy sembra rendersene
conto, infatti apre la bocca per parlare, ma qualcosa la interrompe.
Il
suo cellulare.
-Scusami-
sussurra veramente dispiaciuta prima di
dirigersi verso la sua camera per rispondere.
Dannazione!
Ero
vicinissimo alla verità, finalmente, e adesso mi
ritrovo come prima, solo con più dubbi ad assillarmi la
mente.
Mi
butto di peso sul divano, sospirando.
Di
certo non rinuncerò alla verità per una stupida
interruzione.
Afferro
il mio iPhone, per poi sbloccare lo schermo. Ed
ecco che mi ritrovo nuovamente a fissare quella foto.
Perché
le cose più belle devono finire? Non penso sia
giusto. Io e lei ci eravamo finalmente dichiarati e quel maledetto
pomeriggio è
arrivato, portandosi via la mia felicità.
Nella
mia mente si fa strada quella canzone. La canzone
natalizia scritta da Emma, che è stata la colonna sonora di
quel meraviglioso
Natale. In questo momento vorrei essere con lei sotto il vischio.
Vorrei
baciarla, giurandole amore eterno.
Sfioro
delicatamente il mio bracciale di cuoio e, senza
rendermene conto, canticchio qualche verso.
-With you, shawty with
you... With
you, shawty with you... With you, under the mistletoe...-
non ci impiego molto a capire perché io l'abbia cantata
nella tonalità
originale, la stessa di quel 30 Novembre al centro commerciale.
Ho
capito cosa provasse Emma quel giorno.
Lei
cercava James, le mancava il ragazzo che amava. Aveva
quel brutto ricordo a minacciare la sua felicità e la sua
tranquillità.
Adesso
io... voglio lei. Sento la sua mancanza e ho anch’io
un brutto ricordo nella mente.
Sospiro
e appoggio la testa sul cuscino dietro di me, ma
la alzo subito dopo lo scatto della serratura.
Continuo
a canticchiare, sapendo che sono i miei genitori.
Stanno chiacchierando e, quando entrano nel salotto, rimango sorpreso
notando
le loro espressioni. Sembrano quasi dispiaciuti, ma anche un po'
spaventati.
Le
mie labbra smettono di muoversi, togliendo la voce a
quei versi natalizi.
So
il perché di questa reazione. Sin da quando ero un
bambino, sono sempre stati chiari, riguardo al mio sogno di diventare
un
cantante. Non volevano, nonostante non mi abbiano mai spiegato il
motivo. Non
ho mai partecipato ai saggi di musica insieme ai miei compagni di
classe e per
questo avevo il terrore del palco scenico. Terrore che solo Emma
è riuscita a
farmi passare. Ma adesso ne ho abbastanza. Sono stufo di tutti questi
segreti.
Insomma, Jazzy sarà anche stata interrotta dal cellulare, ma
ora pretendo delle
spiegazioni riguardo a quest'altra questione.
Noto
gli occhi celesti di mia mamma diventare
improvvisamente lucidi, facendomi spalancare la bocca.
L'ho
fatta addirittura piangere?
-Perché
piangi?- le chiedo cauto, avvicinandomi.
-Penso
sia arrivato il momento, Jeremy- sussurra senza
calcolare la mia domanda.
Lui
annuisce semplicemente.
-Siediti,
Justin- rivolge un'occhiata al divano ed io
seguo le sue parole.
Dopo
vari minuti di silenzio, mia mamma smette di
piangere e sorride malinconica. Si avvicina alla libreria e afferra un
album
fotografico rilegato in pelle e un CD, inserendo quest'ultimo nello
stereo.
Schiaccia qualche pulsante e, poco dopo, una melodia classica, suonata
al
pianoforte, giunge alle mie orecchie.
È...
meravigliosa, ma non capisco perché mia mamma me la
stia facendo ascoltare.
-Perché...?-
tento di chiedere, ma lei mi interrompe.
-Ti
prego, fammi parlare- supplica e io annuisco.
Apre
l'album e afferra una foto, porgendomela.
È
un ragazzo sui vent'anni, con una folta chioma.
Sorrido, riconoscendo mio padre.
-Oh,
eri un capellone!- commento, scoppiando a ridere.
Ma
lui rimane serio.
-Non
sono io- mi informa.
-E
allora chi è?- chiedo confuso.
-È
il mio gemello- continua poco dopo.
Non
sapevo avesse un gemello...
Inarco
un sopracciglio, mentre una strana sensazione si
fa strada dentro al mio corpo.
-Lui
è... tuo padre- conclude mia madre, di nuovo in
lacrime.
Spalanco
contemporaneamente occhi e bocca.
Non
è possibile, non può essere vero.
Mio
padre è l'uomo seduto sulla poltrona, accanto a me.
L'uomo che ogni pomeriggio legge il suo giornale pieno di informazioni.
L'uomo
con cui vedevo le partite di hockey e che mi accompagnava agli
allenamenti
quasi ogni pomeriggio.
Una
lacrima sfugge dal mio occhio nocciola.
Non
è forse così?
-Venticinque
anni fa conobbi George Bieber, fratello
gemello di Jeremy- dice, notando
che ho lo sguardo perso nel vuoto. -Mi innamorai di lui per la sua
dolcezza
incredibile e per le sue meravigliose dita affusolate. Era un pianista
pieno di
talento e mi dedicò molte melodie, come quella che stai
sentendo. Sai, ti
somigliava molto- continua, interrompendosi ogni tanto per dei
singhiozzi.
Parla
al passato.
Chiudo
gli occhi, intuendo cosa possa essere successo.
-Un
giorno decise di partire per l'Italia, voleva
migliorare come pianista e pensava che stare in Europa potesse
ispirargli
qualche nuova melodia indimenticabile. Ero già incinta di te
in quel periodo e
lui mi assicurò che per nulla al mondo si sarebbe perso il
giorno del parto-
singhiozza.
Le
sue parole giungono ovattate alle mie orecchie, ma
riesco comunque a comprenderle.
-Lui
è morto, vero?- chiedo, quando ormai non ho più
dubbi.
Mi
sento perso.
Guardo
un punto imprecisato, con la consapevolezza che
per ventitré anni ho vissuto pensando che Jeremy fosse mio
padre, quando in realtà
non lo è.
Mio
padre è morto e io non l'ho mai conosciuto.
Annuisce.
-Stava
facendo un viaggio in aereo e...- tenta di spiegare,
ma io non voglio più sentire niente.
-Basta,
ti prego- le dico, cercando di trattenere le
lacrime.
Mi
alzo dal divano, dopo aver afferrato il mio iPhone, e
mi dirigo verso la porta.
Sento
le loro voci chiamarmi, ma non mi volto indietro ed
esco dalla casa segnata da ricordi pieni di menzogne.
Ora
capisco perché non mi abbiano mai fatto partecipare
ai saggi, perché fossero contrari a una mia possibile
carriera canora. Temevano
che potessi fare la stessa fine di... George.
Come
potrei chiamare "padre" una persona che
non ho mai conosciuto?
Le
lacrime ormai scorrono incessantemente sulle mie
guance e mi offuscano la vista. Non mi accorgo nemmeno delle persone
che mi
circondano, infatti, vado a sbattere contro qualcuno.
Occhi
verdi e capelli castani.
Sgrano
gli occhi.
-Emma-
sussurro. Non avrei voluto incontrare nessuno,
esclusa lei.
Lei
sbuffa quando si rende conto di chi l'abbia fatta
cadere.
L'aiuto
a rialzarsi per poi abbracciarla. Stringo il suo
corpo bianco e freddo fra le mie braccia, cercando di trasmetterle
tutto
l'amore che provo per lei. Ho bisogno di lei e di nessun altro. Ma lei
scioglie
l'abbraccio, sicuramente arrabbiata.
-Scusa,
io non sono nessuno. Abbraccia qualcun altro- le
sue parole sembrano veleno e non mi ha nemmeno guardato negli occhi.
Beh,
la capisco.
-Per
favore, Emma- la supplico, ma inizia a camminare
senza ascoltarmi.
Non
voglio perdere una delle persone più importanti della
mia vita e, inoltre, in questo momento ho bisogno di sfogarmi con lei.
So che è
l'unica che potrebbe capirmi.
-Jeremy
non è mio padre!- grido attirando la sua
attenzione.
Si
gira verso di me con gli occhi spalancati.
-Cosa?!-
chiede, incredula.
EHI!
TA
DAAAN! Ecco la rivelazione. Sì, un po’ drammatica,
ma
mi è venuta così. Inizialmente volevo scrivere di
un fratello di Justin che
faceva il chitarrista ed è morto prima che lui nascesse, ma
fortunatamente sono
brava in matematica e i conti mi hanno fatto capire che figlio e madre
sarebbero dovuti nascere nello stesso momento, quindi… no.
Ahahah
okay, passiamo ad altro.
Spero
che il capitolo non vi abbia deluse e vi ringrazio
come sempre per aver inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate, per
aver recensito e anche solo letto, vi voglio troppo bene!
Volevo
salutare Giada. So che non leggerai mai quello che
sto scrivendo, ma mi basta sapere che ormai tu stia passando al lato
oscuro x’D
Un
bacio immenso a Francesca, non hai idea di quanto io
ti voglia bene!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 15 *** È questo che vuoi? ***
Appoggia
una coperta verde sulle mie spalle e mi porge
una tazza di tè caldo. Non fa molto freddo, il clima
è piacevole, ma io sto
tremando.
-Grazie-
sussurro, avvolgendo le dita intorno alla tazza.
Si
siede sul divano anche lei, ma mantenendo una certa distanza.
Mi sfugge un singhiozzo e lei mi accarezza la guancia. Forza un
sorriso, per
poi rivolgere lo sguardo altrove.
Sospiro.
So
che sta facendo tutto questo solo perché le faccio
pena e non per qualche sentimento anche lontanamente paragonabile
all'affetto.
Questo
mi distrugge.
Spero
che le cose possano aggiustarsi, ma in questo
momento ne dubito fortemente.
Mi
volto verso di lei e osservo il suo profilo perfetto,
mentre avvicino la tazza alle labbra. Prendo un piccolo sorso di
tè,
scottandomi la lingua. Lo ingoio rumorosamente e, subito dopo, respiro
affannosamente. Attiro l'attenzione della ragazza dagli occhi verdi che
adesso
mi guarda con aria interrogativa.
-Scotta-
sussurro.
Di
sicuro in questo momento sembro proprio un bambino, infatti,
Emma scoppia a ridere.
La
sua risata è il suono più armonioso che io abbia
mai
sentito e lei è così bella quando sorride, che mi
incanto a fissare le sue
labbra rosee e morbide.
Vorrei
baciarla.
Poi,
però, il pensiero della rivelazione di mia madre mi
riscuote dai miei pensieri, facendomi abbassare lo sguardo. La sua
dolce risata
si interrompe e, con la coda dell'occhio, riesco a scorgere la sua
espressione.
Sembra
dispiaciuta.
Dopo
una leggera esitazione, sì avvicina al mio corpo.
-Ti
va di... raccontarmi ciò che è successo?- mi
chiede
cauta.
Annuisco,
per poi alzare lo sguardo verso il suo viso.
Emma è semplicemente bellissima e, come sempre, mi perdo nei
suoi occhi verdi
per un tempo che a me sembra infinito.
-Ti
ricordi quando ti dissi il motivo della mia paura da
palco scenico?- le chiedo, ripensando a cinque anni fa.
Si
inumidisce le labbra -Certo. I tuoi genitori non ti
hanno mai permesso di esibirti. Ma questo cosa centra?- è
visibilmente confusa.
Sospiro.
-A
quanto pare il mio vero... padre... era un pianista e
lui è...- balbetto prima di interrompermi.
Una
lacrima sfugge dal mio occhio ed Emma si affretta ad
asciugarla e ad abbracciarmi. Ricambio l'abbraccio senza pensarci due
volte,
affondando il viso nell'incavo del suo collo bianco. Mi accarezza
dolcemente i
capelli e capisco che è stata una vera fortuna incontrarla
per strada. Mi basta
averla vicino per sentirmi meglio. Le sue carezze delicate mi sono
mancate
tanto in questi anni. Appoggia le sue labbra sulla mia fronte,
scaldandomela
con il fiato tiepido.
I
palmi delle sue mani e le sue labbra sono le parti più
calde del suo corpo, insieme al ventre piatto coperto da una felpa
bianca e blu
enorme. Per il resto, è perennemente fredda e riesco ancora
a ricordare,
nonostante gli anni passati, come il contatto della sua pelle gelida
con la mia
calda, riuscisse a farmi venire innumerevoli brividi di piacere mentre
facevamo
l'amore.
Annuso
il suo delicato profumo, prima di sciogliere
controvoglia l'abbraccio.
-Mi
dispiace, Justin- sussurra, asciugandomi altre
lacrime -Ma il tuo vero padre, è l'uomo che ti ha cresciuto-
continua poco dopo
nel tentativo di consolarmi.
-Lui
sarebbe tornato, Emma. Avrebbe voluto esserci il
giorno del parto, mi avrebbe cresciuto lui, e invece è
morto- grido disperato.
La
mia piccola Emma si morde il labbro inferiore,
visibilmente tremante, e riesco a scorgere un luccichio nei suoi occhi.
Sembra
quasi che stia per piangere.
-Devo
dirti una cosa importante, Justin- sussurra impaurita.
Non ho la più pallida idea di ciò che voglia
dirmi.
Mi
asciugo le guance con il dorso della mano destra.
-Dimmi-
la incito a parlare, leggermente agitato.
Dopo
aver sospirato, apre la bocca, pronta a parlare, ma
uno squillo la interrompe.
Alzo
gli occhi al cielo. Sto iniziando a odiare
profondamente i telefoni.
-Ehm...
perdonami, devo rispondere. Fai come se fossi a
casa tua nel frattempo- dice gentilmente.
Annuisco,
mentre lei si allontana dalla stanza.
Mi
guardo un po' intorno. Finalmente ho la possibilità di
osservare questa casa.
I
mobili di legno e i colori caldi rendono la casa molto
accogliente. Trasmette calore e mi ricorda la mia villetta. Le pareti
sono
color pesca, ma il colore non è uniforme. Sembra quasi che
l'imbianchino abbia
tracciato con il pennello dei tratti irregolari sul muro, lasciando
intravedere
il bianco.
Mi
avvicino.
Anzi,
forse ha usato una spugna.
Alzo
gli occhi al cielo.
Non
so nemmeno perché io stia pensando a come possa
essere stata dipinta la casa.
Scuoto
la testa per scacciare questo pensiero e mi volto
da un'altra parte, verso una parete che non avevo nemmeno considerato.
Spalanco
la bocca a quella vista.
Il
muro è completamente bianco, senza tracce del color
pesca, ma è ricoperto da quadri di varie dimensioni.
Un
quadro in particolare attira la mia attenzione. Ci
sono quattro persone in fondo ad una strada deserta. Un ragazzo sui
vent'anni e
dai capelli biondi tiene la mano a una bambina, che a sua volta stringe
quella
di un altro bambino, che accarezza quella di una ragazza dai capelli
castani.
Le quattro figure sono abbastanza colorate, ma il resto del quadro
è sui toni
del grigio.
Questi
siamo... noi?
Accarezzo
la tela che Emma non ha ricoperto con il vetro
della cornice e volgo lo sguardo altrove, con le lacrime agli occhi.
Ci
sono dei miei ritratti, o almeno credo di essere io il
ragazzo con il ciuffo all'insù in alcuni quadri e con il
ciuffo a coprire la
fronte in altri disegni. Portavo i capelli così cinque anni
fa.
Guardo
il resto della parete.
Lo
stesso ragazzo compare molte altre volte, in compagnia
dei due gemelli. Sono tutte scene che la fantasia di Emma ha inventato,
tranne
una.
Ricordo
perfettamente quel giorno.
Il
giorno in cui mi ero dimenticato dell'intervista e del
servizio fotografico.
Il
giorno in cui ho accarezzato la bambina dagli occhi
verdi, di cui ancora non conoscevo il nome.
Quel
giorno non sapevo nemmeno che Emma fosse a pochi
metri da me.
Sfioro
anche questa volta la tela.
-Eccomi,
Just...- Emma si interrompe sul mio nome, mentre
io mi giro verso di lei. Ha stretto le labbra in una linea sottile ed
evita il
mio sguardo.
-Sono...
sono io?- chiedo esitante, indicando i disegni.
Annuisce.
Sembra leggermente nervosa.
-Perché
hai fatto questi disegni?- le chiedo, per poi
mordermi il labbro inferiore.
-Perché
non avevo le foto- spiega acida.
Abbasso
lo sguardo verso i miei piedi. Poi mi accorgo
finalmente della loro assenza.
-Dove
sono Alex e Drew?- chiedo curioso.
Alza
le spalle -I nonni volevano passare un po' di tempo
con loro- risponde prendendo posto sul divano.
Mi
risulta un po' difficile pensare a Kate e a Joseph
come dei nonni, loro sono così giovani. Per non parlare del
fatto che ancora io
non riesca a realizzare che Emma abbia due gemelli a ventidue anni e li
abbia
cresciuti da sola.
Torno
a guardare i quadri.
-Sai,
anche io potrei esserlo per loro- commento dopo
alcuni minuti di silenzio.
Si
volta verso di me, confusa.
-Cosa?-
chiede.
-Potrei
essere il loro papà. L'hai detto tu, no? Il
genitore è chi ti cresce e io vorrei passare la mia vita con
voi- rispondo
fissando le dolci pennellate di Emma.
Con
la coda dell'occhio la vedo irrigidirsi.
-Per
Alex e Drew è diverso. Loro hanno già un padre-
risponde freddamente.
Alzo
entrambe le sopracciglia.
James
non li ha cresciuti.
-Ma
non hai detto che...- tento di parlare, ma lei mi
interrompe.
-In
questi quattro anni io sono stata sia mamma che papà
per loro- conclude. Non è un ragionamento giusto. I bambini
devono crescere con
entrambe le figure, sia quella materna, che quella paterna.
Mordo
distrattamente il mio labbro inferiore.
Prima
sembrava essersi addolcita, ma con le mie domande
ho peggiorato le cose.
-Al
telefono era Jazzy- annuncia, attirando la mia
attenzione.
Distolgo
lo sguardo dai quadri e lo punto sulla mia
piccola Emma. Questo la incita a continuare.
-La
tua famiglia è preoccupata e Jazzy mi ha chiesto se
per caso sapessi dove potessi essere andato. Le ho detto che eri qui,
ma adesso
ti aspettano a casa-mi informa afferrando una ciocca dei suoi capelli e
rigirandola fra le dita.
-Oh,
adesso vado, allora. Ho bisogno di scusarmi con
loro- rispondo.
Adesso
la mia presenza sembra darle quasi fastidio. Non
mi rivolge nemmeno uno sguardo.
Ma
io ho bisogno di sapere cosa volesse dirmi di
importante.
-Cosa
stavi tentando di dirmi, prima della chiamata?- le
mie parole la fanno sobbalzare.
La
ciocca le sfugge dalle dita, mentre si volta
finalmente verso di me. Anzi, verso il quadro che per primo aveva
attirato la
mia attenzione. Abbassa il viso, non intenzionata a parlare, ma sono
riuscito a
vedere una lacrima rigare il suo viso.
Sospiro.
-Va
bene, me ne vado. Grazie per... tutto- la saluto e mi
dirigo verso il portone.
Quando
ormai sono pronto a uscire, lei si affretta a
raggiungermi.
-Aspetta-
mi ferma.
Mi
giro verso di lei. Il suo viso è stato completamente
bagnato dalle lacrime e dei singhiozzi scuotono il suo petto.
Deglutisce
-Io ti chiedo di dimenticare, se non l'hai già
fatto, tutto quello che c'è stato fra noi- balbetta
lasciandomi a bocca aperta.
-Ma...
perché?- le chiedo incredulo.
Non
posso credere che me lo stia chiedendo veramente.
-Perché
per me quel periodo non esiste più e voglio che
tu ti faccia una vita senza pensare a noi tre- spiega fra un singhiozzo
e
l'altro.
Il
mio labbro inferiore trema.
Se
cinque anni fa mi avessero detto che prima o poi
queste parole sarebbero uscite dalla bocca di Emma e che, soprattutto,
sarebbero state rivolte a me, sarei scoppiato a ridere. Ora, invece,
riesco
solo a chiudere gli occhi e a respirare irregolarmente.
-È
questo che vuoi?- le chiedo, asciugandomi velocemente
alcune lacrime con il dorso della mano.
Annuisce.
-Perfetto-
sussurro.
Apro
la porta, ma ancora non esco.
Vorrei
gridarle che questa è una grande stronzata, che la
amo e sono pronto a prendermi cura di loro tre, ma mi sento ferito e
probabilmente,
dopo tutto ciò che ha detto, sembrerei solo un povero
disperato.
-Addio,
Emma- mormoro, ma sono sicuro che lei abbia
sentito.
EHI!
Sì,
il capitolo è triste, ma spero vi piaccia ugualmente.
Sapete, ero un po’ depressa quando l’ho scritto e
non sono riuscita a
nascondere le mie emozioni.
Comunque,
vorrei ringraziarvi come al solito per
preferire/seguire/ricordate e recensire questa storia, ma anche solo
per
leggerla, non sapete quanto tutto ciò mi renda felice.
Ah,
prima che mi dimentichi come l’altra e volta e
qualcuno mi accusi (sì, parlo con te Francy), volevo dirvi
che ho iniziato una
nuova storia, visto che questa è abbastanza vicina alla
fine. Se vi può
interessare, la nuova storia si chiama “Promises.”
e potete trovarla sul mio
profilo, dato che non sono capace di inserire un collegamento
ipertestuale T.T
Francy,
ti voglio un mondo di bene, sappilo!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 16 *** Un cd natalizio ***
La
mia mano stringe debolmente quella di Charlie, mentre
lei si è ancorata al mio corpo.
Vuole
che io mi faccia una vita? Perfetto, non aspettavo
altro.
Sospiro.
Sono
pessimo.
In
questo momento le sue parole mi rimbombano nella mente
e non riesco ancora ad accettarle, nonostante sia passato un mese da
quel
giorno.
Ti
chiedo di dimenticare. Ti chiedo di dimenticare. Ti chiedo di
dimenticare.
Come
potrei dimenticare tutto ciò che abbiamo passato
cinque anni fa? È totalmente impensabile. Io voglio passare
la mia vita con
Emma e i suoi figli e invece mi ritrovo a passeggiare per strada, mano
nella
mano con Charlotte, mentre i paparazzi scattano migliaia di fotografie
e i
passanti ci osservano curiosi. Certo, incontrare Justin Bieber con la
sua
fidanzata non è una cosa da tutti i giorni, ma penso sia
ancora più strano che
lui abbia un'aria infastidita, mentre lei sembra spensierata e felice.
E soprattutto
appiccicata a lui.
Oh,
fantastico.
Ora
parlo di me stesso in terza persona.
Spalanco
gli occhi per tutte le stronzate che mi intasano
la mente, per poi scuotere la testa.
È
meglio non pensarci.
Mi
manca Emma. Ora che ci penso mi mancano anche i suoi figli,
sono così teneri. Hanno gli stessi occhi profondi e verdi di
Emma e i capelli
biondo grano di... nessuno.
Se
non ricordo male, James ha i capelli scuri.
Sì,
mi ricordo perfettamente il pomeriggio in cui è
tornato. Mi ricordo come i suoi capelli scurissimi facessero contrasto
con i
suoi occhi color mare.
Stringo
le labbra in una linea sottile.
Pensare
a James mi ricorda inevitabilmente quei momenti
passati con Emma a parlare di lui.
Mi
ricordo di quando ho lasciato Los Angeles per andare
alla ricerca di quel... di quel bastardo.
Ricordo
la disperazione negli occhi verdi di Emma, quando
mi ha raccontato del giorno dell'incidente. Mi ha parlato della sua
dolcezza,
ma io non sono riuscito a trovare in lui niente di simile. Come poteva
pensare
che lui fosse una specie di principe azzurro? Oh, io di sicuro non
l'avrei
abbandonata come ha fatto lui.
Questo
mio discorso, però, non ha assolutamente senso.
Io
me ne sono andato.
Certo,
non l'ho lasciata incinta, ma comunque ho preso
quel maledetto aereo.
Charlie
si avvicina al mio viso mentre camminiamo e mi
sfiora l'orecchio con le labbra.
Inarco
un sopracciglio, prima di guardarla con sguardo
interrogativo, ma lei mi rivolge un sorriso malizioso. Ma in che razza
di guaio
mi sono cacciato? A volte sembra quasi che si dimentichi che noi non
stiamo
veramente insieme. Davanti ai paparazzi mi bacia spesso sulle labbra,
cogliendomi di sorpresa. Io, naturalmente, sono costretto a fingere dei
sorrisi, come se essere baciato da lei sia la cosa che mi riempia
maggiormente di
gioia. Loro scattano le foto e le pubblicano ovunque. Sembrano
soddisfatti di
tutto ciò.
Ma
io sono deluso. Non riesco a credere che io non possa
fare niente. Devo solo accettare ciò che mi viene obbligato
da Scooter.
Il
cellulare squilla, riscuotendomi da quei pensieri.
Socchiudo
gli occhi e avvicino il telefono al mio viso,
sperando che sia la mia Emma, come tutte le volte che qualcuno mi
chiami.
Sospiro
e accetto la chiamata.
-Dimmi
Scooter- chiunque potrebbe capire quanto sia
annoiato in questo momento.
-Ehi,
Mr Voglia-di-vivere, che combini?- chiede
scoppiando a ridere. Inarco un sopracciglio, attendendo la fine di
queste sue
risate isteriche, ma credo che potrei stare qui con il
cellulare in mano
per ore.
-Ti
sembra che io stia ridendo?- chiedo scocciato,
guadagnandomi un'occhiata interrogativa da parte di Charlie. Io mi
limito a
sciogliere la stretta delle nostre mani e allontanarmi da lei.
Scooter
torna serio -Scusa, volevo solo sapere cosa
stessi facendo- se fosse davanti a me, probabilmente alzerebbe le mani
in segno
di resa.
Sospiro,
passandomi una mano fra i capelli biondo grano.
-Perché,
le foto dei paparazzi non sono ancora su
internet?- chiedo ironico.
Mi
guardo un po' intorno e spero di non avere giornalisti
e paparazzi a spiarmi dalle vetrine dei negozi o dietro qualche siepe,
ma
sarebbe troppo. Di sicuro, in questo momento, ogni mio movimento viene
fotografato per fare in modo che nessuno lo dimentichi. Il suo silenzio
mi fa
comprendere che ogni persona in tutto il mondo sa cosa stia facendo. O
comunque, ogni persona cui interessi saperlo.
-C'è
qualcosa che dovresti dirmi?- chiedo, cercando di
capire quale sia il vero motivo di questa telefonata.
Mi
siedo su una panchina di legno alla fermata
dell'autobus e vedo Charlie raggiungermi e sedersi accanto a me. Cerco
di non
sbuffare per evitare che possa in qualche modo offendersi.
-Beh,
come sai mancano poco meno di due mesi a Natale...-
inizia con tono tranquillo.
Questa
è una delle poche cose di cui preferirei non
parlare. Questa festività mi riporta alla mente troppi
ricordi. Non ho
intenzione di passare un altro 25 Dicembre senza la mia Emma, senza la
sua
dolce voce a farmi gli auguri e... sì, nemmeno senza un
nostro bacio sotto il
vischio. Mi mancano troppo le sue labbra sulle mie, ma non credo che
potrò più
baciare la castana dagli occhi verdi.
-Sì,
ma vai al dunque. Sai quanto mi faccia soffrire
questo pensiero- lo incito a continuare.
-Pensavo
che potresti incidere un CD natalizio... che ne
dici?- propone, lasciandomi a bocca aperta. Beh, è un'idea
fantastica, ma naturalmente
qualcosa mi blocca dall'accettare subito la sua offerta.
-Scooter,
come farò con il ricordo di quel Natale?-
chiedo tristemente.
Non
voglio cantare canzoni di Natale senza la mia piccola
Emma. Il ricordo delle nostre voci unite in un unico suono è
ancora vivido
nella mia mente.
Le
mie parole non fanno altro che attirare nuovamente
l'attenzione di Charlotte su di me.
-Justin,
devi cercare di andare avanti con la tua vita-
mi rimprovera Scooter. A volte mi tratta come se fossi suo figlio,
peccato che
io abbia già due padri.
Alzo
gli occhi a quel pensiero, prima di elaborare le
parole del mio manager.
Mi
mordo il labbro inferiore violentemente.
-È
la stessa cosa che mi ha detto...- lancio un'occhiata
alla ragazza seduta accanto a me prima di continuare -tu sai chi-
concludo
malinconicamente.
Nessuno,
esclusi Scooter e la mia famiglia, sa della mia
relazione con Emma di cinque anni fa. Sono sicuro che se Charlie lo
venisse a
sapere, mi riempirebbe di domande alle quali non voglio assolutamente
rispondere.
Lui
cerca di trattenere una risata -Oh, giusto. Sei con
Charlotte in questo momento- commenta.
-Scooter!-
lo richiamo, indignato.
Come
può ridere in un momento come questo?
-Sì,
scusa. Comunque ho contattato un paio di artisti per
delle collaborazioni e hanno già accettato, quindi non puoi
rifiutarti- con
questa frase mi mette alle strette.
Non
voglio di certo passare per il ragazzino viziato che
non vuole fare ciò che gli viene detto. E poi, lo ammetto,
sono elettrizzato
all'idea di collaborare con qualcuno per un disco natalizio.
Mi
sfugge un sorriso -Va bene, Scott. Potrei almeno
sapere con chi collaborerò?- chiedo eccitato.
Scooter
ride al mio comportamento -No, voglio che sia una
sorpresa- annuncia poi.
Sbuffo,
ma non riesco a trattenere un sorriso sincero.
Ho
il presentimento che questa sarà una bella esperienza.
Mi è sempre piaciuto il Natale. L'unico problema sono i
ricordi. Il Natale di
cinque anni fa è stato perfetto, ma perché con me
c'era la mia Emma. Gli anni
successivi sono stati orribili e non sono riuscito a godermi le
festività a
causa dei troppi pensieri tristi. Ma devo andare avanti, proprio come
mi ha
detto la mia Emma.
-Va
bene, Scooter- acconsento, sorridendo lievemente.
Il
mio manager sospira di sollievo.
-Fantastico!
Vieni alla casa discografica domani alle
quattro di pomeriggio, così iniziamo a incidere la prima
traccia- dice
professionalmente.
Annuisco,
sapendo comunque che lui non possa vedermi, per
poi guardarmi intorno.
Soffermo
lo sguardo su una ragazza dai capelli biondi e
gli occhi nocciola, in fila davanti alla gelateria. Sorrido,
riconoscendo mia
sorella Jazzy e mi alzo dalla panchina.
-Non
prima delle quattro, Justin- si raccomanda Scott,
scandendo bene le parole. Ma io lo sento a malapena e non do molto peso
a
queste parole.
-Certo,
a domani- lo saluto distrattamente, per poi
concludere la conversazione telefonica.
Mi
avvicino alla mia sorellina e le appoggio le mani
sulle palpebre.
Lei
sussulta al mio tocco e rafforza la presa sui tre
gelati.
-Chi
sono?- le chiedo, soffocando una risata.
Lei,
invece, scoppia a ridere.
Probabilmente
anche Jazzy si è ricordata di tutte le
volte in cui, da bambini, eravamo da soli in casa e le facevo questo
scherzo.
La parte più comica era che, nonostante in casa ci fossi
solo io oltre a lei,
non riuscisse mai ad indovinare.
-Mmh...-
finge di pensarci -Justin?- chiede assumendo un
tono insicuro.
Mi
unisco alle sue risate, per poi baciarle la guancia.
Tutto ciò mentre Charlie ci osserva adorante. Solo ora mi
ricordo di quanto
volesse conoscere mia sorella.
Jazzy
le riserva un'occhiata indecifrabile, ma io riesco
comunque ad immaginare cosa le stia passando per la testa. È
arrabbiata perché
vorrebbe vedere me ed Emma in giro per Los Angeles.
-Oh,
ehm... lei è Charlie. Charlie, lei è mia sorella
Jazzy- dico, leggermente imbarazzato.
-Certo,
lo sapevo. È un piacere conoscerti- trilla
Charlie. Chiunque potrebbe capire quanto sia emozionata in questo
momento.
Jazzy
stringe le labbra in una linea sottile e le curva
leggermente verso l'alto. Ma non sta sorridendo.
-Altrettanto-
risponde semplicemente, guadagnandosi una
mia occhiataccia.
-Cosa
ci facevi qui?- le chiedo, nel tentativo di
allentare la tensione.
Lei
rivolge uno sguardo alle sue mani -Compravo il
gelato?- chiede con sarcasmo.
Alzo
gli occhi al cielo, ma sorrido.
-Tre
gelati- le faccio notare.
-Oh,
giusto. Uno per me e gli altri due per loro- spiega,
facendo un cenno con la testa verso una panchina, situata a pochi metri
di
distanza.
Alex
e Drew sono seduti uno accanto all'altra, con delle
espressioni allegre dipinte sui visi. Il bambino afferra una margherita
dal
prato e la sistema fra i capelli biondo grano della sua sorellina. Sono
troppo
teneri e, guardandoli, mi sfugge un sorriso sincero.
-Sono
carinissimi- commenta Charlie, dando voce ai miei
pensieri.
-Lo
so- risponde freddamente mia sorella, ma la mia
"fidanzata" sembra non accorgersene.
-C'è
anche...- tento di chiedere se ci sia Emma, ma Jazzy
mi interrompe.
-No,
sta lavorando- risponde, mentre io annuisco, con lo
sguardo perso nel vuoto.
Di
sicuro Charlie non capisce di cosa stiamo parlando, ma
è meglio così.
-Posso
portarglieli io?- chiedo poi, guardando i gelati.
Jazzy
alza lievemente le spalle -Certo- mi porge i gelati
e io li afferro prontamente, per poi dirigermi verso i bambini
più belli che io
abbia mai visto.
-Ciao
piccoli- li saluto, attirando la loro attenzione.
Loro
mi sorridono sinceramente, prima di scendere dalla
panchina e venirmi incontro. Drew mi afferra la mano, mentre Alex
sporge la sua
guancia rosea, come per farsi baciare. Scoppio a ridere, seguito da
Jazzy, per
poi avvicinarmi al suo viso bianco. Do a Drew il suo gelato, poi con il
braccio
libero cingo la vita della biondina e le schiocco un dolce bacio sulla
guancia
liscia, vicino alle labbra.
Lei
sorride e mi abbraccia -Ci sei mancato, Justin- dice
tristemente.
Drew
annuisce, mangiando il suo gelato al pistacchio, ed
io gli scompiglio dolcemente i capelli.
-Chi
è lei?- chiede poi il biondo, alludendo a Charlie.
Apro
la bocca come per parlare, ma lei mi precede.
-Sono
la fidanzata di Justin- annuncia fieramente, provocando
una smorfia sul viso di mia sorella.
Abbasso
lo sguardo.
Non
volevo che loro lo sapessero.
-Ma
tu non stai con la mamma?- chiede ingenuamente Alex.
Sento
un vuoto allo stomaco.
No,
io non sono fidanzato con la ragazza che amo.
-No,
piccolina- sussurro nel suo orecchio.
-Ma
tu saresti il migliore papà del mondo, stando con la
mamma- commenta Drew, facendomi sorridere.
Voglio
un bene immenso a questi due gemelli e mi fa molto
piacere sapere che loro si siano affezionati a me.
Le
sue parole, però, provocano una reazione diversa in
mia sorella.
La
vedo a bocca aperta, con gli occhi sgranati, e non ne
comprendo il motivo.
EHI!
Sì,
mi sto rendendo conto che Justin è veramente un
idiota in questa storia, maaaa… ormai l’ho fatto
così, quindi basta. Non si
renderà mai conto da solo di avere i suoi figli davanti,
credo abbia bisogno
dell’aiuto del pubblico :’)
Allora,
vi piace l’idea del cd? Beh, ci saranno delle
novità, ma non vi dico altro ^_^
Ringrazio
come sempre chi ha inserito questa storia fra
le preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito o anche solo letto, mi
fa
molto piacere tutto ciò!
Oh,
ho iniziato una nuova fan fiction, se può
interessarvi si chiama “Promises.”
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 17 *** Per noi. ***
Sbadigliando,
mi giro sull'altro fianco e cerco di
recuperare qualche minuto di sonno. Stanotte non ho dormito molto,
avevo troppi
pensieri ad affollarmi la mente.
Certe
volte mi sembra quasi di non sapere niente della
mia vita. Mi sembra di essere una marionetta nelle mani di altre
persone, che
decidono ogni cosa al mio posto. Non intendo solo Scooter e il fatto di
non
poter gridare al mondo il mio amore per Emma. Ho come la strana
sensazione che
le persone alle quali voglio bene mi nascondano qualcosa. Ma non una
sciocchezza. Una cosa veramente importante, che potrebbe cambiarmi la
vita, ma
non capisco cosa possa essere. In realtà potrebbe anche
trattarsi solo di una
mia impressione, ma questo dubbio non mi lascia dormire la notte.
Sarebbero
veramente capaci di mentirmi? La mia famiglia, Scooter e le altre
persone che
amo potrebbero prendermi in giro?
Tutti
questi pensieri, in qualche maniera, mi riportano
alla mente la tanto attesa verità che Jazzy stava per
rivelarmi un mese fa. Non
so quale collegamento possa esserci fra queste cose, ma non posso di
certo
decidere io cosa far pensare al mio cervello, o almeno credo. Da quel
giorno
non le ho più chiesto quelle informazioni su Emma. Insomma,
lei mi ha detto di
dimenticare tutto ed io sto cercando di farlo. Senza risultati, ma
comunque ci
provo. Dovrei rifarmi una vita, ma sento che qualcosa di profondo mi
leghi
ancora a Emma e non intendo solo l'amore che provo per lei da cinque
anni.
Scuoto
la testa per evitare di perdermi fra tutti questi
pensieri assurdi. Evidentemente, non dormire mi fa delirare.
Sospiro,
girandomi sul letto in modo da rivolgere lo
sguardo al soffitto.
Ho
una grande confusione mentale e non sopporto questa
situazione.
Slaccio
la cintura dei miei jeans per stare più comodo e
poi prendo un respiro profondo.
Tra
un'ora ho l'appuntamento alla casa discografica con
Scooter e non sono più tanto sicuro della mia scelta, ma
ormai non posso
tirarmi indietro. Nonostante questo, però, non vedo l'ora di
uscire di casa per
andare lì. Almeno, cantando, smetterò di pensare.
Chiudo
gli occhi, sperando di riposarmi altri venti
minuti, ma li riapro subito dopo. Non ho più sonno ed
è inutile perdere tempo
qui sopra.
Mi
alzo dal letto.
Quel
letto dove io e la mia piccola Emma ci siamo uniti
in un unico corpo cinque anni fa. Quel letto dove le ho detto di
amarla.
Riallaccio
la cintura e controllo l'ora sul mio iPhone.
15.17
Beh,
mancano circa quaranta minuti, ma non mi interessa.
Almeno, per una volta, Scooter non si lamenterà a causa di
un mio ritardo.
Indosso
le mie scarpe e, dopo essermi rinfrescato il
viso, esco dalla mia villetta.
Mi
stringo nella mia giacca, cercando di procurarmi
calore.
Il
cielo è ricoperto di nuvole grigie e potrebbe iniziare
a piovere da un momento all'altro. Beh, mi sembra inutile sottolineare
di non
aver portato un ombrello. Ma in fondo non mi importa molto. Mi
è sempre
piaciuto, sin da piccolo, stare in mezzo alla strada, durante i
temporali, con
lo sguardo rivolto verso il cielo e le braccia leggermente sollevate.
Mi fa
sentire... libero.
Socchiudo
lievemente gli occhi e continuo a camminare. La
solitudine prende il possesso del mio corpo ed io non posso fare altro
che
perdermi nei miei pensieri.
Vorrei
tante cose in questo momento, come afferrare le
mani bianche della mia Emma e guidare le sue braccia lievemente verso
l'alto.
Vorrei che lei appoggiasse la testa sul mio petto, in modo da sentirsi
libera.
Io so che potrei renderla felice, ne sono certo. Potrei aiutarla in
qualsiasi
cosa.
Sospiro.
Ma
lei non vuole.
Senza
nemmeno accorgermene, nel giro di quindici minuti
mi ritrovo nella casa discografica, seduto sul divanetto di pelle fuori
dalla
sala di registrazione.
Guardo
di sfuggita l'orario sul display del telefono.
15.43
Roteo
gli occhi.
Altri
venti minuti e potrò entrare. Inizio a picchiettare
le dita sul bracciolo del divanetto, in attesa.
-Stai
facendo la cosa giusta- riesco a sentire la voce di
Scooter. Il suo tono è dolce e rassicurante.
-Io
non voglio questo- distinguo un sussurro, ma è
difficile capire chi stia parlando.
-Ma
hai bisogno di soldi per portare avanti la tua
famiglia e... incidere questa canzone è l'unica maniera per
ricavare qualche
denaro- continua il mio manager, terminando con un sospiro.
Adesso
sento dei singhiozzi e sono sicuro che, chiunque
sia in quella stanza, sia scoppiato in un pianto.
-Vado
a prenderti un tè caldo, tu intanto stai
tranquilla- si congeda Scooter.
Oh,
quindi stava parlando con una ragazza.
Pochi
secondi dopo, la porta si spalanca e io mi alzo per
salutare Scott.
Lui,
vedendomi, sgrana gli occhi e spalanca la bocca.
-Justin-
pronuncia il mio nome in tono agitato -Proprio
oggi arrivi in anticipo?- continua in un sussurro, ma io percepisco
comunque le
sue parole.
Che
cosa vorrebbe dire questo?
Alzo
un sopracciglio -Ciao anche a te, Scooter. Quando
vuoi, io sono pronto per iniziare a incidere la canzone- lo informo.
Mi
sembra quasi che, al suono della mia voce, il pianto
sommesso della ragazza, sia cessato.
-Chi
c'è dentro?- chiedo curioso.
Scooter deglutisce
-Oh, non preoccuparti. Sai, ho deciso di fare una raccolta di canzoni
natalizie
cantate da artisti non ancora conosciuti- annuncia, facendo un gesto di
noncuranza con la mano.
Cerca
di mostrare sicurezza, ma riesco a capire quanto
sia nervoso.
-Scooter-
lo richiamo severamente.
Mi
sta nascondendo qualcosa.
Lui
sospira, arrendendosi, prima di farmi entrare nella
sala di registrazione.
Quello
che vedo mi lascia a bocca aperta.
Emma,
seduta con una chitarra acustica sulle cosce magre
e le mani a coprire il viso in lacrime.
-Emma-
sussurro.
Mi
avvicino velocemente al suo corpo e, senza pensarci
due volte, la stringo in un abbraccio caloroso. Era lei la ragazza con
cui
stava parlando Scooter? Beh, mi sembra ovvio. Mi fa male vederla in
questo
stato.
Affonda
il viso nell'incavo del mio collo e da questo capisco
quanto sia disperata. Non ha tempo di pensare al rancore nei miei
confronti, a
quando mi ha chiesto di dimenticare tutto. Lei non ha abbastanza soldi
per
mantenere i suoi figli e questo mi distrugge. So che è
troppo orgogliosa per
chiedere un aiuto economico ai suoi parenti o agli amici, ma
è sbagliato tutto
ciò. Non voglio che muoia di fame.
-Amore
mio- sussurro nel suo orecchio.
Il
suo respiro affannato, diventa ancora più irregolare
alle mie parole e, in un'altra situazione, sorriderei ma non
è il momento.
Afferra
fra le dita la mia giacca, continuando a
piangere.
-Che
succede, Emma?- le chiedo.
Ho
capito i suoi problemi economici, ma ancora non
capisco perché sia qui.
-Le
ho proposto di incidere la... vostra… canzone- spiega
Scooter, notando quanto sia scossa Emma per parlare.
Mi
irrigidisco alle sue parole.
La
nostra canzone.
-Ma...-
tento di dire qualcosa, quando la voce di Emma me
lo impedisce.
-Lo
so, Justin. È la...- deglutisce -...nostra canzone,-
continua sospirando -ma ho bisogno di quei soldi- mi spiega,
singhiozzando.
Mi
sento egoista. Emma è in difficoltà ed io riesco
solo
a mostrarmi... possessivo nei confronti di quella canzone che mi
riporta alla
mente troppi ricordi. È quasi come se io non voglia
condividere con tutto il
mondo il nostro passato. Un passato che appartiene solo a noi due. Un
passato
che lei vorrebbe farmi dimenticare.
La
stringo maggiormente, annusando i suoi capelli.
All'improvviso,
mi viene un'idea.
-Cantala
con me, Emma- mormoro e non riesco a trattenere
un sorriso, così come Scooter.
-Cosa?-
chiede lei, asciugandosi qualche lacrima.
-Cantiamola
insieme. Probabilmente venderebbe di più
e...- mi interrompo un attimo, ricevendo una sua occhiata -...voglio
che
rimanga la nostra canzone. Voglio che il mondo la conosca come "la
canzone
di Emma e Justin". Voglio che il mondo sappia quello che siamo stati e
che
vorrei tanto fossimo ancora- sussurro dolcemente nel suo orecchio,
facendola
rabbrividire.
Deglutisce
rumorosamente.
Io
so che lei non si è dimenticata nulla di cinque anni
fa, come invece vorrebbe farmi credere.
So
che mi ama ancora.
Ma
allora perché non vuole ammetterlo? Perché si
ostina
ad allontanarmi?
Il
suo labbro inferiore trema e una strana voglia di
baciarla mi assale.
Vorrei
riuscire a confortarla con un solo bacio, so che
potrei farlo se me lo permettesse, ma devo per forza limitarmi alle
parole.
È
indecisa. Lo noto da come si tocca ripetutamente un
ciuffo castano.
-Allora?-
chiede Scooter, totalmente elettrizzato.
Vorrei
che accettasse subito, ma conoscendola so quanto
sia impossibile.
-Justin,
ti ho già detto che dovresti dimenticarti tutto-
dice, provocando un'espressione indecifrabile sul viso del mio manager.
Sospiro
-Sai che non potrei mai- sussurro, accarezzando
la sua guancia umida e procurandole altri brividi.
Sorrido
involontariamente.
-No,
Justin- ribatte debolmente, allontanando la mia
mano. Ma ormai so che sta per cedere.
-Emma,
entrambi ne abbiamo bisogno e tu lo sai- commento,
sicuro delle mie parole. Un silenzio assordante riempie la sala. Non
deve
assolutamente rifiutare e so che non lo farà. Mi fido di
lei.
-Va
bene- accetta con voce tremante.
Sorrido
soddisfatto, mentre Scooter blatera qualcosa
riguardo a quanto abbia aspettato questo momento.
Beh,
pure io.
-Ma
lo faccio solo per Alex e Drew- cerca di mettere in
chiaro, ma io do poco peso alle sue parole. Di sicuro i suoi figli sono
stati
un fattore determinante per la sua scelta, ma non può negare
quanto le piaccia
l'idea di cantare di nuovo con me.
-Certo,
per Alex e Drew- concordo, appoggiando una mano
sul suo viso -Ma anche per noi- concludo, baciando la sua guancia e
cercando di
reprimere l'impulso di sfiorare di nuovo le sue labbra con le mie.
La
amo.
EHI!
Ecco
un nuovo capitolo che spero sia di vostro gradimento
^^
Vi
ringrazio come al solito tutte quante, siete perfette!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 18 *** “Jemma” suona proprio bene. ***
Sospiro,
passando una mano fra i miei capelli color
grano. Mi avvicino maggiormente al microfono e deglutisco.
Non
sono mai stato così agitato al pensiero di cantare
questa canzone con la mia piccola Emma. Cioè, il giorno del
concerto di Natale
mi sono rannicchiato in un angolino a piangere, ma non sapevo che avrei
cantato
con Emma, quindi non conta, no?
Batto
una mano sulla fronte a questi pensieri.
Ma
perché ho la mente così contorta?
Emma
si trova di fronte a me, con il suo dolce viso a
pochi millimetri di distanza dall'altro microfono, ma non mi guarda. Il
suo
sguardo è rivolto al pavimento e riesco a sentire da qui il
suo respiro
affannato.
-Perfetto,
adesso vi metto la base che abbiamo inciso
prima e appena sentite... oh, ma che sto dicendo? La canzone l'avete
scritta
voi, non c'è bisogno che vi dica quando iniziare a cantare-
sento la voce di
Scooter grazie alle cuffie.
Sorrido
alle sue parole e mi volto verso la vetrata della
sala di registrazione. Lui è seduto davanti alla consolle,
pronto a far partire
la base. Gli rivolgo un lieve sorriso, mentre lui alza entrambi i
pollici, come
per incoraggiarmi. Respiro profondamente e mi volto di nuovo, proprio
quando la
base mi rimbomba nelle orecchie. Ma Emma non mi sta ancora guardando e
non
posso cominciare a cantare così. Allungo una mano verso il
suo viso e le poso
due dita sotto il mento, per poi far incatenare i nostri occhi. Non
distoglie
lo sguardo e questo mi dà la giusta carica per cominciare a
cantare la nostra
canzone.
-Let's go! It's
the most beautiful time of the year. Lights fill the streets spreading
so much
cheer. I
should be playing
in the winter snow, but I'mma be under the mistletoe...-
la
mia voce risuona nella sala e non posso fare a meno di sorridere.
Dopo
cinque anni sto cantando di nuovo questa canzone con
Emma e, finalmente, non ho brutti pensieri nella mente.
Adesso
ci siamo solo Emma ed io. Beh, ci sono anche Scooter
e un cameraman a riprendere ogni cosa, ma per me è come se
non ci fossero.
Tutti
i ricordi di quel Natale mi ritornano in mente.
Spero
che Emma decida di cantare. Deve assolutamente
farlo.
Non mi delude affatto
-I don't want to miss out on the holiday,
but I can't stop staring at your face. I should be playing in the
winter snow,
but I'mma be under the mistletoe...- intona lievemente
insicura.
La
sua voce è rimasta bellissima. È il suono
più dolce e
limpido che esista al mondo e sono felice di poter cantare di nuovo
insieme a
lei.
I
nostri occhi si incontrarono.
I
miei nocciola nei suoi verdi.
I
suoi verdi nei miei nocciola.
Mi
sorride ed io capisco che in questo momento non sta
pensando alla mia assenza in questi cinque anni. Di certo non l'ha
dimenticata,
ma adesso c'è posto solo per noi due e la nostra musica. Nient'altro.
-With you, shawty with
you... With you, shawty with you... With you
under the mistletoe...- quando le nostre voci si uniscono in
un'unica
melodia, riesco a sentire un piacevole calore allo stomaco.
-Everyone's gathering
around the fire, chestnuts roasting like a hot
July. I should be chillin' with my folks, I know, but I'mma be under
the
mistletoe...- la sua voce è stupenda. Sembra
quella di un angelo.
Il suo sguardo è così intenso che mi sembra quasi
stia dedicando a me le parole
della canzone, ma preferisco non sperarci troppo.
-Word on the streets
Santa's coming tonight, reindeer's flying through
the sky so high. I
should be making a list, I know, but I'mma be under the mistletoe...-
canto rivolgendo un dolce sorriso alla castana dagli occhi verdi, che
ricambia
immediatamente.
Mi
sembra quasi che tutto intorno a me sia sparito. Tutto
tranne Emma e la musica. Afferro una ciocca dei suoi capelli, per poi
accarezzarle il viso, mentre lei appoggia dolcemente la sua mano sulla
mia. In questo momento mi sento in paradiso.
-With you, shawty with
you... With you, shawty with you... With you
under the mistletoe... With you, shawty with you... With you, shawty
with
you... With you under the mistletoe...- cerco di
farle capire quanto
io creda in queste parole.
Vorrei
tanto che lei possa capire che io non sono
cambiato in questi cinque anni.
Rimarrei
sotto il vischio con lei per tutta la vita.
Non
giocherei nella neve. Non farei la lista dei regali.
Stare
sotto il vischio con la mia dolce Emma è meglio di
tutto ciò.
Meglio della soffice
neve. Meglio di qualsiasi regalo.
Oggi come cinque anni
fa.
-Hey love, the Wise
Men followed a star, the way I followed my heart,
and it led me to a miracle- afferro la sua mano, mentre canta
queste parole
e la vedo arrossire.
-Hey love, don't you
buy nothing, 'cause I am feeling one thing-
continuo io.
-Your lips on my
lips... That's
a merry, merry Christmas!-
appoggio una mano sul mio petto,
chiudendo gli occhi.
Quando
pronuncio questa frase insieme alla castana,
riesco a sentire un calore piacevole invadere il mio corpo. Le sue
labbra mi
mancano troppo.
Una
volta ripetuta la prima strofa, cantiamo la fine
della canzone.
-Kiss me underneath
the mistletoe... Show me baby that you love me so,
oh oh oh oh oh oh... Kiss
me underneath the mistletoe... Show me baby that you love me so, oh oh
oh oh oh
oh...-
pronuncio con lei, prima di perdermi nei suoi pozzi
verdi.
Anche
l'ultima nota invade le nostre orecchie, ma noi
restiamo a fissarci, persi l'uno negli occhi dell'altra, con il respiro
lievemente affannato.
Poi,
senza che io possa rendermene conto, Emma si butta
fra le mie braccia, stringendomi forte. Sgrano gli occhi dalla
sorpresa, ma non
perdo tempo e cingo il suo corpo con le mie braccia.
-Ti
amo, Emma- sussurro nel suo orecchio.
Sento
i battiti del suo cuore accelerare alle mie parole
e non riesco a trattenere un sorriso. Bacio la sua guancia e lei
allontana
lievemente il viso, come per dirmi qualcosa. -Ti amo, Justin- mi giunge
un
sussurro quasi silenzioso, per colpa dell'ingresso abbastanza rumoroso
del mio
manager.
Sciogliamo
l'abbraccio per ricevere le congratulazioni di
Scooter.
Me
l'ha detto veramente? Ha detto di amarmi? O è stata
solo la mia immaginazione?
-Siete
stati fantastici!- esclama, battendo le mani. Emma
arrossisce, mentre io mi gratto il collo, in imbarazzo.
-Mi
sembra di essere tornato indietro nel tempo a cinque
anni fa. È stato troppo emozionante- continua ancora
eccitato.
Sembra
quasi che non voglia smettere di farci i
complimenti.
-Mi
immagino già le parole delle fans su Twitter,
Facebook e gli altri social network- le sue labbra si muovono senza
tregua.
-Scooter-
cerco di riportarlo alla realtà, ma sembra non
sentirmi proprio.
-Magari
combinerebbero i vostri nomi per farne uno solo,
come... Jemma! Vi piace il nome “Jemma”? A me
moltissimo- spalanco gli occhi a
quelle parole. Ma cosa sta dicendo? Emma sembra esterrefatta almeno
quanto me,
ma credo che da un momento all'altro possa scoppiare a ridere.
-Vedo
pure i cartelloni: “Jemma! Jemma! Jemma! Jemma!”-
dice, gesticolando, ma prima che possa dire altre assurdità,
Emma ed io lo
interrompiamo.
-Scooter!-
gridiamo, attirando la sua attenzione. Lui si guarda
intorno, spaesato ed io devo fare uno sforzo assurdo per non ridergli
in
faccia.
-Ma
che...?- non so nemmeno cosa chiedergli, ma lui
sembra capire.
-Oh,
scusate. Stavo sognando a occhi aperti- ammette.
Emma
ed io ci guardiamo, per poi non trattenere più le
risate.
-Ce
ne eravamo accorti- commenta la ragazza dagli occhi
verdi, ormai con le lacrime agli occhi. Mi soffermo a osservare le sue
labbra.
È così bello il suo sorriso e mi fa impazzire il
pensiero che stia scherzando
proprio insieme a me. È... incredibile.
-Va
bene, ora sparite. Paul ed io dobbiamo elaborare
tutto- annuncia, tornando serio.
Beh,
penso che Paul sia il cameraman.
Annuisco,
per poi afferrare la mano della mia piccola
Emma e guidarla fuori dalla casa discografica.
Una
volta usciti, la guardo dritto negli occhi. Vorrei
parlare di quello che penso mi abbia detto dopo la canzone, ma ho paura
che di
essermi immaginato tutto. Che figura ci farei?
Afferro
la sua mano e la porto davanti alle mie labbra,
per baciarla.
-Vuoi
stare un po' con me?- le chiedo speranzoso. Lei
deglutisce e mi accarezza la guancia. Riesco a sentire il suo
nervosismo.
-Non
saprei, Justin. Non è cambiato niente fra noi, sono
ancora dell'idea che dovresti dimenticare tutto- sussurra, con il
labbro
tremante.
Abbasso
lo sguardo verso le mie scarpe. Ecco, avrei
dovuto immaginarlo. Probabilmente lei non mi ama più ed io
mi sono soltanto
illuso.
-Va
bene- mormoro, prima di girarmi e dirigermi verso la
mia casa. Sono solo un illuso.
-Aspetta!-
grida, quando ormai ho già percorso parecchi
metri. Mi giro verso di lei, con sguardo interrogativo. Si guarda
intorno,
mordendosi qualche volta il labbro inferiore.
Sospira
-Io credo che Alex e Drew vogliano passare del
tempo con te- conclude, per poi abbassare lo sguardo. Sorrido
involontariamente.
Mi
fa molto piacere sapere quanto si siano affezionati a
me quei bambini. Inizio a correre verso di lei, per poi stringerla fra
le mie
braccia.
-Ehi!
Ho detto che lo vogliono i miei figli, non io- mi
fa notare lei.
Sporgo
leggermente in fuori il labbro inferiore e
continuo ad abbracciarla.
-Sei
più acida di quel giorno al centro commerciale-
commento, facendole alzare gli occhi al cielo.
Emma
alza gli occhi al cielo e, con un po' di sforzo,
riesce a sciogliere l'abbraccio.
-E
tu sei proprio un bambino- ribatte, facendomi la
linguaccia.
Inarco
un sopracciglio -Ah, ed io sarei il bambino?-
chiedo sarcastico, riuscendo a strapparle una risata.
Annuisce
e si volta verso la strada da percorrere per
arrivare a casa sua. La seguo fino a ritrovarmi accanto a lei e le
cingo la
vita con il braccio, ma lei si sposta, sbuffando.
-So
che prima o poi mi allontanerai più- annuncio, sicuro
di me.
-Non
sperarci troppo- sussurra, guardandomi di sottecchi.
Alzo
lievemente le spalle -Io non lo sto sperando- sottolineo,
afferrandole la mano.
Con
grande stupore, noto che non cerca assolutamente di
sciogliere la stretta. Anzi, accarezza il dorso della mia mano con il
suo
pollice ed io non posso trattenere un sorriso.
-Ah,
no?- chiede ironica.
-No.
Io so che
succederà- sussurro, sfoderando un sorrisetto alle mie
parole, mentre lei
rabbrividisce.
-Come
mai tutta questa sicurezza?- balbetta, spostando un
ciuffo di capelli castani.
Alzo
le nostre mani intrecciate fino ai suoi occhi e la
sento deglutire a quella vista -Sai, “Jemma” suona
proprio bene- mormoro nel
suo orecchio, sfiorandolo con le labbra.
EHI!
Scusate
il ritardo, ma la connessione non funzionava di
nuovo… colpa dei temporali ^__^
Ed
ecco che in questo capitolo facciamo un tuffo nel
passato… spero vi piaccia (:
Ringrazio
come sempre tutte quante, vi adoro!
Ora
vado ad aggiornare “Promises.” La mia nuova
fanfiction,
un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 19 *** Me l'hai promesso. ***
-Guarda,
Justin- sussurra Alex nel mio orecchio.
Stringo
maggiormente le sue gambe sulle mie spalle.
-Cosa,
piccola?- le chiedo, non capendo cosa voglia farmi
vedere. Con le sue manine afferra la mia testa e la gira in direzione
di una
bancarella di caramelle. Alzo il viso, facendo scontrare i nostri
sguardi.
Sorrido vedendo l'eccitazione nei suoi occhi.
-Hai
fame, eh?- le chiedo divertito.
-Sì-
risponde accarezzando i miei capelli color grano. Le
persone intorno a noi ci guardano intenerite. Sembriamo proprio padre e
figlia.
Ormai ho anche detto a Scooter che non posso rinunciare a Emma e ai
suoi figli
solo per ciò che possono pensare i giornalisti. Soprattutto
ora che la mia
piccola Emma sta iniziando a perdonarmi. Posso sempre dire che,
purtroppo,
siamo solo amici. Beh, naturalmente evitando di dire quanto mi
dispiaccia non
essere qualcosa di più.
-Me
le compri, Justin?- mi chiede poi in tono dolce. Oh,
nessuno potrebbe resisterle in questo momento. Nemmeno io.
-Va
bene, piccolina- acconsento, ricevendo come
ringraziamento un bacio sulla fronte.
Sorrido.
Questa
bambina è meravigliosa. Anche se un po' ruffiana,
ma in fondo anche io lo sono.
-Justin,
troppi zuccheri fanno male ai bambini- mi
ricorda Emma, che nel frattempo tiene sulle spalle il piccolo Drew.
Alzo
scherzosamente gli occhi al cielo.
-Oh,
ma dai. Solo qualche caramella- cerco di
convincerla.
-Per
favore, mamma- Alex e Drew si aggregano alla mia
supplica.
Sorrido.
Ora
non può di sicuro dire di no.
-Va
bene, ma poche- anche lei non riesce a trattenere un
sorriso.
I
due gemelli battono le mani, mentre io, cercando di non
allentare la presa sulla piccolina, inizio a saltellare per la strada.
Quando
le loro dolci risate mi giungono alle orecchie, sento una sensazione
piacevole
allo stomaco.
-Sembri
proprio un bambino, Justin- commenta Charlie, con
tono scocciato.
Oh,
giusto. Mi ero quasi dimenticato che fosse qui con
noi al mercatino del venerdì.
Alzo
gli occhi al cielo, cercando di non farmi vedere da
lei, mentre il sorriso sulle labbra di Emma si spegne improvvisamente.
Forse
nemmeno lei si ricordava della sua presenza.
-Sì,
come vuoi- dico, cercando di mettere fine al
discorso. -È solo invidiosa perché io mi sto
divertendo, mentre lei no-
sussurro ad Alex, provocando la sua spensierata risata. In
realtà, credo le dia
fastidio il fatto che io tratti questi bambini come dei figli. Ma non
posso
farci niente.
-Allora...
quali volete?- chiedo ai due bambini, una
volta arrivati di fronte alla bancarella.
-Le
rotelle di liquirizia rossa- risponde prontamente
Drew.
-Lo
sai che piacciono anche a me?- gli chiedo, mentre il
ragazzino della bancarella infila qualche rotella in un sacchetto di
carta. Mi
sembra un po' troppo giovane per lavorare, credo abbia circa quindici
anni, ma
magari sta aiutando i suoi genitori con la bancarella.
Drew
sorride in risposta.
-E
tu, piccolina?- chiedo ad Alex, alzando il viso per
guardarla negli occhi. Mentre cerca di decidere ha un'espressione
veramente
buffa: fronte corrucciata, guance gonfie e labbro inferiore leggermente
all'infuori.
-Mmh...
gli orsetti colorati!- decide poi. Il ragazzino
sorride, infilando gli orsetti in un sacchettino e aggiungendo due
caramelle
gommose rosse a forma di cuore. Inarco un sopracciglio, facendo
scendere Alex
dalle mie spalle per poi stringerla al mio petto. Lei ridacchia,
dandomi un
bacio sulla guancia.
-Tieni,
piccola- dice, porgendo il sacchetto alla mia
bambina. La biondina avvampa e affonda il viso nel mio petto, troppo
imbarazzata per guardarlo.
Allungo
la mano per afferrare il sacchetto e, dopo aver
pagato le caramelle, rivolgo un'occhiataccia al ragazzo.
Dopo
aver percorso alcuni metri, sento la spensierata
risata di Emma.
-Che
succede?- chiedo confuso, poi mi ricordo del
sacchetto -Oh, tieni- dico, dando le caramelle alla mia piccolina.
La
castana non riesce a parlare e ha quasi le lacrime
agli occhi per le risate. Cerca di calmarsi -Ma sei serio?- chiede,
prima di
scoppiare di nuovo a ridere.
Temo
che sia impazzita.
-Justin,
quel ragazzo avrà avuto almeno dieci anni in più
di Alex- esclama Charlie, visibilmente divertita dalla situazione.
Ah,
ora ho capito.
Alzo
gli occhi al cielo -Oh, ma andiamo! Avete visto come
la fissava? Fidati che se la mia piccolina avesse avuto quindici anni,
non
avrebbe esitato a provarci con lei- spiego, baciando ripetutamente la
sua
guancia.
-Sei
paranoico, Justin- commenta Emma, dividendo una
rotella con Drew.
Alzo
le spalle -Questo ed altro per la mia principessa-
concludo, facendo il solletico alla bambina più bella del
mondo.
Lei
scoppia a ridere.
Ricominciamo
a girare tra le bancarelle e ogni tanto
firmo gli autografi alle mie Beliebers. Alcune di loro, vedendo i
bambini, li
accarezzano affascinate dalla loro bellezza.
Dopo
una ventina di minuti, ci ritroviamo davanti ad una
bancarella di bracciali. Dietro il bancone, un ragazzo dai capelli
color
cioccolato e gli occhi grigi smette di consigliare ad alcuni clienti
cosa
acquistare appena ci vede. Anzi, appena vede Emma, considerata la luce
nei suoi
occhi alla vista della bella castana. Si avvicina velocemente a lei e
la
stringe in un caloroso abbraccio, che lei ricambia senza esitare.
Stringo
le labbra in una linea sottile.
Non
sono geloso. Semplicemente non voglio che quel
ragazzo metta le mani sulla mia... cosa?
Emma
ed io non siamo più niente, ma tutto ciò mi
infastidisce ugualmente.
-Ciao
Tyler- sussurra Emma.
Le
sue labbra sono incurvate in un sorriso sincero. Un
sorriso di cui vorrei essere la ragione.
-Ciao
Emma- la saluta lui allegramente, per poi rivolgere
un sorriso a Drew. I suoi occhi grigi vagano in cerca della piccola che
stringo
fra le braccia.
-Vi
conoscete?- chiedo. Certo, la domanda è parecchio
stupida, ma ormai...
Il
suo sguardo si posa sul mio viso alle mie parole.
Sorride.
-Certo!
Conosco questa bella ragazza da quando il suo
pancione incuriosiva ogni singola persona per strada- spiega,
accarezzando il
ventre della castana. -Ma questo non ti impediva di ricevere tutte
quelle
occhiate di apprezzamento dai ragazzi, eh?- si rivolge poi ad Emma,
facendola
avvampare.
Deglutisco,
abbastanza infastidito.
Anche
lui c'era durante la gravidanza. Io no.
Sinceramente
sono anche abbastanza furioso del fatto che
i ragazzi guardassero con interesse la mia piccolina.
-Oh,
tu devi essere Justin! Beh, ho sentito qualche tua
canzone e... sei bravo- commenta, squadrandomi dalla testa ai piedi. Il
suo
sguardo, però, non sembra cattivo. Mi pare che sia solo
curioso, ma comunque
non posso ancora accettare come abbia abbracciato Emma. -Sono contento
che tu
abbia finalmente conosciuto i bambini- continua poco dopo.
Inarco
un sopracciglio -In che senso?- chiedo confuso.
Emma
spalanca i suoi meravigliosi occhi verdi -Oh,
niente... Sai, Tyler sa quanto i bambini adorassero la tua musica-
spiega,
spostando una ciocca castana dietro l'orecchio. Questo gesto mi fa
capire il
suo nervosismo.
Tyler
le rivolge uno sguardo confuso. Beh, di sicuro non
può esserlo più di me. Tutti questi strani
comportamenti di Emma non mi fanno
capire niente.
La
ragazza dagli occhi verdi afferra il suo labbro
inferiore fra i denti, mentre Tyler si limita ad annuire, perso fra i
suoi
pensieri.
Poi
scuote lievemente la testa -Beh, io devo tornare al
lavoro, è stato un piacere incontrarvi- si congeda
gentilmente.
-Altrettanto-
concludo, per poi avviarmi verso qualsiasi
altra bancarella. Sento Emma e Charlie salutare il ragazzo e, subito
dopo, i
loro passi dietro di me.
-Justin,
mi fai scendere?- mi chiede la voce delicata di
Alex.
Sorrido
-Certo piccola- sussurro, per poi farle
appoggiare i piedi per terra. Mi aspetto che inizi a correre, invece si
gira
verso il suo fratellino.
-Vieni
Drew- dice, mentre Emma fa scendere il biondino
dalle suo spalle.
Poi,
una volta che ci ha raggiunti, il bambino afferra la
mia mano e, contemporaneamente, Alex mi stringe l'altra.
Sorrido
di nuovo. Non so perché, ma questo è uno dei
momenti più belli della mia vita. È strano che io
mi sia affezionato così tanto
a questi due bambini, ma non posso farci niente, se non sentire una
piacevole
sensazione allo stomaco.
-Tu
sei altissimo- commenta Drew, alzando il viso verso
il mio. –
Oh,
no. Fidati, non sono veramente tanto alto- rispondo,
accarezzando il dorso della sua mano -Ma tu diventerai sicuramente uno
spilungone e tutte le ragazze ti faranno il filo- continuo,
immaginandomi la
scena.
Poi,
la risata di Emma riempie le mie orecchie -Non
mettergli strane idee in testa- si raccomanda divertita.
Sorrido
-Ehi, non ho ancora finito. Tua sorella sarà una
bellissima ragazza dagli occhi verdi e tanti ragazzi proveranno a
rubare il suo
cuore, ma tu la proteggerai, vero Drew?- concludo in tono
improvvisamente
serio.
Lui
annuisce, affascinato dalle mie parole.
Mi
guardo intorno di sfuggita.
Charlie
sembra essere sparita. Beh, meglio così.
Ci
fermiamo nuovamente davanti ad una bancarella. I
bambini guardano i vari colori dei tessuti, mentre io mi avvicino a
Emma, per
poi baciarle la guancia. Lei rabbrividisce al mio tocco, facendomi
sorridere
sulla sua pelle. Ma mi allontano subito dopo, pensando ai giornalisti.
-Allora...
che farai per Natale?- chiede in tono vago,
come per iniziare un discorso a caso.
Alex
si gira verso di me, sentendo le parole della sua
mamma.
-Starai
con noi, vero?- mi domanda speranzosa.
Sorrido
-Certo che...- tento di accettare, ma una voce
non me lo permette.
-No-
Charlie rispunta all'improvviso da non so dove -Dobbiamo
stare insieme questo Natale, ricordi? Me l'hai promesso- conclude,
dando
un'occhiata ai vestiti in vendita.
Già,
le ho promesso che sarei stata con lei. Mi
piacerebbe poter dire che si stia inventando tutto, ma è
successo quando Emma
mi aveva chiesto di dimenticarla ed io, non sapendo che altro fare
durante quel
giorno, ho accettato la proposta di Charlie.
Il
viso di Emma si rabbuia ed io mi sento di nuovo in
colpa per tutto quello che le ho fatto passare. Vorrei farle
trascorrere
finalmente un Natale felice, ma sembra che non sia possibile.
-Oh,
sarà per un'altra volta- conclude, senza distogliere
lo sguardo dai vari tessuti.
L'ho
delusa di nuovo e mi vergogno per questo. Vorrei
poter tornare indietro nel tempo e rimediare a ogni mio errore, ma non
è
possibile, purtroppo.
-Mamma,
andiamo a casa? Sono stanca- dice Alex,
afferrando la mano di Emma.
-Certo,
amore mio- acconsente lei, prima di guardarmi
-Grazie per il pomeriggio. È stato... divertente- commenta,
forzando
addirittura un sorriso, che io ricambio con uno vero.
-Sono
felice che siate stati bene. Volete che vi
accompagni a casa?- propongo, ma lei scuote la testa.
Annuisco,
senza aggiungere altro. Poi saluto Emma e i
suoi figli e torno a casa senza prendere la macchina. Preferisco
camminare.
Nel
giro di venti minuti sono a casa.
Entro,
mi tolgo la giacca e solo in questo momento mi
ricordo di non aver pensato a Charlie.
Sospiro,
prima di chiamarla al cellulare.
Dopo
pochi squilli mi risponde -Dimmi Justin- il suo tono
è indecifrabile.
-Scusa
se non ti ho portata a casa, ma in questi giorni
sono veramente distratto- dico sincero, accendendo la televisione su
Mtv.
Sento
che Charlie mi sta rispondendo, ma io ho rivolto
l'attenzione alla televisione.
-With you, shawty
with you...- spalanco contemporaneamente gli occhi e la
bocca, vedendo me
ed Emma nella sala di registrazione, uno di fronte all'altra, con
sguardi
innamorati.
Devo
assolutamente chiamarla.
-Scusa,
Charlie, ti chiamo dopo- concludo la chiamata
senza nemmeno attendere una sua risposta.
Compongo
il numero della mia piccola Emma e attendo,
mordendomi il labbro inferiore.
-Pronto?-
risponde lei dopo pochi squilli.
-Sei
a casa?- le chiedo subito, senza giri di parole.
-Sì,
perché?- risponde molto confusa.
-Accendi
immediatamente la televisione su Mtv- ordino,
con un tono che non ammette repliche.
Pochi
secondi dopo, riesco a sentire dal telefono le
nostre voci provenienti dalla televisione di Emma.
Trattiene
il respiro. Probabilmente è molto emozionata.
-Ma
questi...- tenta di chiedere, balbettando, ma io la
interrompo.
-Sì,
siamo noi, amore mio- sussurro sulle note della sua
melodia.
EHI!
Ecco
un altro capitolo che spero vi piaccia (:
Ringrazio
come sempre tutte voi, siete meravigliose, sul
serio!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
p.s.
so che non centra niente, ma sono troppo emozionata
per i VMAs di stanotte… Taylor era stupenda *-*
|
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Capitolo 20 *** Vuole che la baci? ***
-Se
Emma e Justin si fidanzassero, sarei la persona più
felice del mondo- mormoro, leggendo dal mio iPhone il post di una fan
su uno
dei tanti social network. A quanto pare, la nostra canzone ha riscosso
moltissimo successo fra le mie fans e moltissime di loro vorrebbero
addirittura
un altro duetto. Peccato che oggi sia la vigilia di Natale ed io mi
ritrovi a
casa di Charlie, mentre la mia piccola Emma e i suoi figli passeranno
l'ennesimo Natale senza di me.
-Anche
io- sussurro, sorridendo tristemente. Poi, blocco
il display e Charlotte mi raggiunge da una delle stanze.
-Hai
detto qualcosa?- mi chiede curiosa. Scuoto la testa
in segno di negazione. Sarebbe inutile spiegarle tutto. Non capirebbe o
comunque non le importerebbe molto sapere che io voglia andare da Emma.
Non
ho ancora ben capito perché Charlie si comporti da fidanzata
gelosa, quando in realtà questa è tutta una
pagliacciata.
La
mora si siede sul divano, a pochi centimetri da me,
tenendo qualcosa dietro la schiena.
-Cos'hai
in mano?- le chiedo, inarcando un sopracciglio,
ma lei scuote la testa, sorridendo.
-Niente,
è solo una sorpresa- annuncia allegramente.
Annuisco, perdendo poi lo sguardo nel vuoto.
Forse
questo Natale è addirittura peggiore degli altri
passati senza Emma. Insomma, adesso so che la mia piccola è
a qualche isolato
di distanza e non posso fare niente per raggiungerla. È
terribile.
Sospiro,
passandomi le dita fra i capelli, mentre Charlie
si avvicina maggiormente al mio corpo.
-Stai
bene?- chiede, visibilmente preoccupata. Finalmente
riconosco quella ragazza che lavorava nel bar e sognava di diventare
una
ballerina.
Sorrido
lievemente, guardandola negli occhi.
In
fondo ormai sono qui, no? È inutile pensare a quello
che vorrei o potrei fare.
-Certo-
rispondo -Allora, qual è questa sorpresa?- le
chiedo eccitato.
Le
sue labbra si curvano in un sorriso di soddisfazione
alle mie parole -Beh... ecco... credo che ti piacerà da
morire- risponde vaga.
Sporgo
leggermente il labbro inferiore in fuori -Dai,
dimmelo! Non mi piace la suspense- mi lamento proprio come un bambino,
ma in
fondo a chi importa?
Io
sono ancora un bambino, o comunque mi manca molto la
mia infanzia.
Mi
manca il profumo delle lenzuola pulite del mio vecchio
letto.
Mi
mancano i pasti che preparava la mamma.
Mi
mancano quei pomeriggi d'inverno passati davanti al
camino insieme a mio... padre.
Mi
mancano tutti quei bei momenti, ma sono cresciuto.
-Oh,
va bene- le parole di Charlie mi riscuotono dai miei
pensieri -Ecco- dice, mostrandomi la sorpresa.
Sgrano
gli occhi, incredulo.
-Qualcosa
non va?- mi chiede, vedendo la mia reazione.
Deglutisco
-No... ehm... ma perché hai questo ramo di
vischio?- le chiedo, balbettando.
Il
nostro primo
bacio è stato sotto un ramo di vischio.
Sotto
un ramo di vischio lei mi ha
chiesto di baciarla ed io, nel preciso istante in cui le
nostre labbra si sono sfiorate, ho sentito che avrei passato il resto
della mia
vita con la dolce ragazza dagli occhi verdi, ma... non è
stato così.
Mi
mordo il labbro inferiore, cercando di trattenere le
lacrime.
-Ecco...
so che è stupido come desiderio, ma... vorrei
baciarti sotto questo rametto- dice, osservando il vischio.
Oh,
questo non me lo sarei mai aspettato. Insomma, il
vischio mi ricorda troppo quel Natale e ho sempre pensato che i baci
sotto il
vischio fossero il desiderio della mia Emma, ma è ovvio che
altre migliaia di
persone in tutto il mondo trovino questa cosa romantica.
Sorrido
lievemente, trovando finalmente una cosa in
comune tra le due ragazza.
-Perché
vuoi baciarmi sotto il vischio?- le chiedo,
accarezzandole il viso.
Magari
potrei baciarla, se questo dovesse renderla
felice.
Mi
ricordo ancora benissimo il momento in cui Emma mi
disse cosa significasse per lei un bacio sotto il vischio.
-Kiss
me underneath the mistletoe, show me baby that you love me so oh oh oh
oh oh oh...- canticchiò Emma,
distrattamente.
-Posso
farti una domanda?- le chiesi, fissandola, mentre lei bloccò
bruscamente il
movimento del polso.
-Dimmi-
sorrise.
-Cosa
significa per te un bacio sotto il vischio? Magari riuscirei a
interpretare
meglio la canzone se lo sapessi- spiegai, toccando ripetutamente il mio
ciuffo
biondo.
Lei
sospirò -Beh, è una cosa romantica. Ho sempre
saputo che nel preciso istante in
cui le labbra si incontrano, puoi capire se la persona che stai
baciando è la
tua anima gemella e, se è così, resterai per
l'eternità legato a lei. È sempre
stato il mio sogno- confessò, osservando le corde della sua
chitarra beige.
In
quel momento non potei fare a meno di sorridere.
La
sua spiegazione mi aveva affascinato molto e l'avevo
trovata molto dolce.
Emma
aveva solo bisogno di affetto, proprio come ora.
Charlie
sorride -Beh, così avrei la sicurezza di restare
per sempre con Justin Bieber- risponde, senza un minimo di vergogna.
Smetto
subito di accarezzarle il viso, completamente
stupito.
È
questo il motivo? Per restare con Justin Bieber in eterno?
Aggrotto
la fronte -Questo è quello che pensi?- le
chiedo, deluso.
Certo,
tutti amano il mio successo. Tutti amano i miei
soldi, le feste, la fama e tutte le altre stronzate.
Mi
alzo velocemente dal divano e mi dirigo verso il
portone della casa.
Nessuno
ama me.
Anzi, le uniche persone che mi amano veramente, mi stanno aspettando.
-Dove
vai, Justin?- chiede Charlie, raggiungendomi. Non
pensavo fosse così falsa.
-Dove
avrei dovuto essere sin dall'inizio, dalle persone
che mi amano veramente- dico, infilandomi il giubbotto.
Lei
alza gli occhi al cielo -Tu sei Justin Bieber, è
ovvio che chiunque voglia stare con te per questo- commenta acida.
-Oh,
no. Fortunatamente ti sbagli di grosso- rispondo -Ma
tu non eri una Belieber?- le chiedo, fissandola negli occhi.
-Ero
solo una ballerina ambiziosa- risponde, con lo
sguardo perso nel vuoto.
Stringo
le labbra in una linea sottile.
Non
posso più fidarmi delle persone e questo è
terribile.
-Ti
chiedo di lasciare la crew senza troppe sceneggiate-
concludo, prima di uscire da quella casa.
Il
freddo è insopportabile, ma le lacrime scaldano il mio
viso.
Quel
giorno al bar sembrava sincera, ma ho capito che
nessuno lo è da quando sono famoso. Solo la mia famiglia e,
ovviamente, la mia
Emma sono affidabili. So che loro non mi mentirebbero per alcuna
ragione al
mondo.
Adesso
l'unica cosa da fare è andare da Emma. Avrei
dovuto farlo sin da subito, nonostante avessi promesso a Charlotte di
restare
con lei oggi. Mi sento quasi un vigliacco, andando da lei solo adesso,
ma so
che mi capirà. O almeno lo spero.
Una
volta arrivato davanti alla villa, premo il pulsante
del citofono.
-Chi
è?- mi risponde dopo qualche secondo la mia piccola
Emma.
-Sono
Justin- rispondo e, solo in questo momento, mi
rendo conto delle lacrime che ancora bagnano il mio viso. Non ho smesso
un
secondo di piangere.
-Perché
sei qui?- mi chiede stizzita.
Deglutisco
-Sono un pessimo... amico, lo so. Vi ho
lasciati per stare con quella vipera e ho deluso i bambini, che
avrebbero
voluto passare la vigilia con me, ma ormai il passato è
passato. La verità è
che io non sono capace di fare l'amico, Emma- sorrido lievemente -Io ti
amo e
vorrei dimostrartelo, anche se forse non ho più chance-
concludo, abbassando lo
sguardo verso le mie scarpe.
Lei
non parla. Di sicuro ha paura di ricevere altre
delusioni ed io non posso biasimarla.
Dopo
interminabili minuti di silenzio, la sento sospirare
-Entra- sussurra, prima di far scattare la serratura del cancelletto.
Non
riesco a trattenere un sorriso sincero, mentre
spalanco il cancello e mi dirigo verso il portone, già
aperto.
-Ciao
Justin- mi salutano i bambini all'ingresso.
Prendo
in braccio la biondina e scompiglio lievemente i
capelli color grano di Drew. Emma ci raggiunge e mi sorride
semplicemente.
Faccio scendere Alex dalle mie braccia e mi avvicino alla sua mamma per
stringerla in un caloroso abbraccio. Lei è un po' titubante
inizialmente, ma
poco dopo circonda il mio corpo con le sue braccia bianche.
-Scusa
se sono arrivato solo ora- sussurro, provocando
una sua risatina.
-Non
preoccuparti. Adesso, però, lasciami: sto
soffocando- commenta divertita.
Sciolgo
lentamente l'abbraccio e, subito dopo, le
accarezzo la guancia.
I
bambini ci guardano sorridendo e nei loro occhi
riconosco la stessa gioia di Jaxon per il Natale.
-Allora,
si festeggia?- chiedo eccitato.
Ricevo
subito l'approvazione dei gemelli, ma Emma scuote
la testa.
-Sai
che ore sono?- mi chiede severamente.
Alzo
entrambe le sopracciglia, perplesso. Avvicino il
polso al mio viso, ma mi rendo conto di non indossare un orologio.
-Ehm...
no- rispondo.
-È
l'ora della nanna!- annuncia Emma, battendo le mani.
Dagli
sguardi di Alex e Drew capisco che preferirebbero stare
ancora svegli, ma hanno solo quattro anni, così annuisco.
-Andiamo
principessa- dico, prendendo in braccio la
biondina, mentre Emma si occupa di Drew.
-Dov'è
la loro camera?- chiedo poco dopo.
-Seguimi-
risponde semplicemente, andando verso l'ultima
porta in fondo al corridoio.
Poco
dopo, mi ritrovo in una stanza immersa nel buio, ma
Emma non accende la luce. Appoggia Drew su uno dei due letti, visibili
solo
grazie alla lieve luce proveniente dal corridoio. Intravedo il letto di
Alex e
la appoggio delicatamente sul materasso, coprendola poi con le coperte
calde.
-Buonanotte
dolcezza- sussurro nel suo orecchio, per poi
baciarle una guancia.
Poi
mi avvicino a Drew, mentre Emma saluta la biondina.
-Buonanotte
campione- mormoro, accarezzando il suo viso.
Pochi
minuti dopo, Emma ed io ci ritroviamo sul suo
divano, senza sapere cosa dirci.
Afferro
la sua mano e inizio a osservarla nei dettagli.
La pelle è bianca e gelida, mentre le unghie sono lievemente
rovinate, forse
per colpa delle corde della chitarra.
-Cos'è
successo?- mi chiede, spezzando il silenzio.
Alzo
lo sguardo verso il suo viso, ma lei evita di
guardarmi -Voleva che la baciassi sotto il vischio- rispondo, attirando
la sua
attenzione.
-Davvero?-
mi sembra di sentire un pizzico di gelosia nel
suo tono.
Sorrido
e appoggio una mano sulla sua schiena e avvicino
il suo corpo al mio.
-Davvero-
sussurro, appoggiando il viso nell'incavo del
suo collo e baciando la sua pelle liscia e profumata.
La
sento deglutire -E tu che cosa hai fatto?- mi chiede
con voce tremante.
Sospiro,
appoggiando la fronte sulla sua pelle -Le ho
chiesto il perché- rispondo, mentre lei annuisce,
incitandomi a parlare -Mi ha
detto che voleva assicurarsi che Justin Bieber fosse per sempre suo-
continuo.
Alzo la testa e la guardo negli occhi. È stupita per quello
che le ho detto.
-Ho ripensato al nostro bacio, Emma- mi avvicino al suo viso. Lei
deglutisce nuovamente
per la vicinanza delle nostre labbra. -Fermami se non vuoi- sussurro,
sicuro
che voglia impedirmi di incontrare nuovamente le sue labbra con le mie.
Ormai
solo pochi centimetri ci separano e lei non si è ancora
tirata indietro.
Perché?
Appoggio
le mie mani sul suo viso e le accarezzo le
guance con i pollici, facendole chiedere gli occhi.
Quindi
lo vuole? Vuole che la baci?
I
nostri nasi si toccano e anch’io chiudo gli occhi.
-Ti
amo Emma- sussurro, facendo in modo che le nostre
bocche si sfiorino finalmente.
Dopo
cinque anni sento di nuovo il suo dolce gusto.
Inizio
a muovere le mie labbra sulle sue e lei ricambia
il bacio. Poco dopo le sfioro il labbro inferiore con la lingua,
facendole
socchiudere la bocca e dando inizio a una rincorsa senza fine. Sposto
le mie
mani sul suo collo e poi sul suo seno. La sento ansimare al mio tocco e
questo
accende una strana sensazione dentro di me.
Non
ho mai sentito così tanto il desiderio di fare l'amore
con lei, in questi cinque anni passati.
Inizio
a baciarla con foga e passione, cercando di farle
capire quanto la ami.
Ma
lei mi ama? Credo di sì o almeno lo spero.
Le
mie mani raggiungono i suoi fianchi morbidi. Premo le
dita in fondo sulla sua schiena e mi appoggio totalmente sul divano,
facendo
sdraiare Emma su di me.
-Ti
amo, piccola mia- sussurro, mordendole il labbro
inferiore e avvertendo qualcosa di salato con la punta della lingua.
Spalanco
gli occhi e vedo il viso della mia piccola Emma
ricoperto di lacrime. Deglutisco e la allontano velocemente da me,
mentre lei
continua a piangere.
-Scusa,
io non volevo costringerti a fare qualcosa contro
la tua volontà- sussurro, abbracciandola, ma lei scioglie
velocemente
l'abbraccio.
Ho
rovinato tutto, di nuovo.
Appoggia
le mani sul suo viso, senza interrompere il suo
pianto.
Non
riesco a vederla in queste condizioni.
-Perdonami,
Emma. Io ti amo- continuo poco dopo.
-Vattene-
singhiozza, evitando il mio sguardo -Non avrei
dovuto lasciare che mi baciassi- mormora, pentita, alzandosi dal
divano.
-Perché?-
le chiedo confuso.
Stringe
le labbra in una linea sottile, senza
rispondermi.
Mi
alzo anch'io e mi avvicino a lei.
-Perché?-
ripeto, appoggiando una mano sulla sua guancia
umida.
-Io
devo pensare solo al bene dei miei figli e tu non...
non faciliti le cose, sconvolgi sempre tutto e io non ho la forza per
affrontare tutto da sola- risponde balbettando.
-Allora
permettimi di aiutarti, io potrei...- tento di
parlare, ma lei mi interrompe.
-No,
Justin. Voglio restare solamente con i miei figli.
Tu non sei un bene per loro- dice.
Abbasso
lo sguardo verso le mie scarpe.
Se
non ci fossero i suoi figli, lei mi darebbe
l'opportunità di tornare a fare parte della sua vita.
La
guardo negli occhi -Li odio, Emma. Li odio
profondamente perché non ci permettono di amarci- dico
accarezzando la sua
guancia.
Lei
scuote la testa, ridendo amaramente.
-Che
succede?- chiedo confuso.
Fissa
i suoi occhi nei miei -Sai, è già orribile che
qualcuno possa odiare dei bambini indifesi, ma è ancora
peggio che un padre odi
i propri figli- conclude.
Sgrano
gli occhi, incredulo.
TA
DAAAAAAAAAAAAAN!
Mi
sento stronza per vari motivi, ad esempio per il
ritardo e per il punto in cui ho terminato il capitolo, ma spero che
voi
possiate perdonarmi :’(
Questo
capitolo era pronto da una decina di giorni, ma
avevo deciso di sospendere la storia… non sto passando un
bel periodo e non
volevo postare il capitolo per poi interrompere proprio
qui.
Ma
ho deciso di continuare, perché mi fate sorridere,
perché
vi conosco da Marzo/Aprile (i tempi di Kiss me underneath the
mistletoe) e perché
voi non centrate nulla con i miei problemi e non vi meritate ritardi o
cose
varie. Io vi devo molto, sul serio.
Bene,
dopo questo poema, vi ricordo che nel prossimo
capitolo ci sarà tutto quello che avete aspettato per mesi, Justin scoprirà di
essere padre (o meglio, elaborerà il
tutto), avrete delle risposte su Emma, e tanto altro.
Spero
di non farvi aspettare troppo di nuovo, davvero.
Vi
ringrazio come sempre tutte quante, siete a dir poco
meravigliose!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
#befearless
(il mio motto)
|
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Capitolo 21 *** Gli rovineremmo la vita. ***
-Che
cosa?!- le chiedo, sicuro di aver sentito male.
Anzi, sperandolo.
Lei
spalanca i suoi occhi verdi e avvicina le mani alle
sue labbra, pentita delle sue parole.
Deglutisco
-Che cosa hai detto, Emma?- ripeto, alzando il
tono di voce.
-Non
urlare- mi rimprovera -Non ho detto niente, vattene-
balbetta, spingendomi verso la porta.
Afferro
i suoi polsi saldamente.
In
questo momento vorrei urlare per la rabbia, ma riesco
solo a riflettere. Io, a ventitré anni, sono padre di due
gemelli. No, non è
assolutamente possibile. Eppure mi ritornano alla mente tutti quegli
indizi che
non ho mai voluto analizzare: il colore dei capelli di Alex e Drew, il
fatto
che siano nati a Settembre, ovvero otto mesi dopo la mia partenza, il
fatto che
tutti sapessero dei bambini, tranne me, e che Jazzy fosse
così affezionata a
loro da conoscerli dalla nascita.
-Io
sono il padre di Alex e Drew- sussurro, stringendo
maggiormente i polsi di Emma.
-Mi
stai facendo male- singhiozza Emma, cercando di
liberarsi.
In
questo momento la rabbia ha preso il possesso del mio
corpo, ma sono anche totalmente scioccato.
-Io
sono il padre di Alex e Drew- urlo, con le lacrime
agli occhi.
-Non
gridare, ti prego- mi supplica la ragazza dagli
occhi verdi. La ragazza di cui mi sarei fidato ciecamente. La ragazza
che mi ha
tenuto nascosto di essere padre di due bambini. In tutto questo tempo
sono
stato male al pensiero che Emma fosse già madre di due
gemelli, ma soprattutto
perché credevo di non essere il padre dei biondini. Ma, ora
che so di esserlo,
riesco solo a provare una profonda rabbia nei confronti di chiunque. Mi
pento
solo di aver detto di odiare quei due angioletti, credendo che per loro
Emma ed
io non potessimo amarci, quando in realtà è tutta
colpa della castana. Emma mi
ha mentito, Jazzy mi ha mentito, la mia famiglia e persino Scooter mi
hanno
mentito per tutto questo tempo. Nei quattro anni della mia assenza e
anche da quando
sono tornato.
Lascio
all'improvviso i suoi polsi.
-Sai
una cosa?- chiedo ironico -Siete dei bastardi, dal
primo all'ultimo, ma soprattutto tu- continuo, sputando veleno da tutti
i pori.
Emma
spalanca gli occhi.
Mi
avvicino al suo corpo, facendola indietreggiare fino a
una parete.
-Sei
una stronza- continuo, stupito dalle mie stesse
parole -e mi hai tenuto nascosto per quattro anni tutto questo- grido,
non
riuscendo a trattenere la rabbia.
-Per
quanto avresti voluto tenermi all'oscuro di tutto,
eh?- le chiedo.
Delle
lacrime rigano il suo viso, ma fingo di non
vederle. La amo troppo e non devo assolutamente farmi addolcire dal suo
pianto.
-Justin,
io te lo avrei detto- sussurra impaurita. Se non
fossi così arrabbiato, mi vergognerei del mio atteggiamento
nei suoi confronti.
-Quando?
Il giorno del matrimonio di uno di loro? O alla
nascita dei loro figli?- domando, ironico, facendole abbassare lo
sguardo.
Stringo le labbra in una linea sottile. -Non pensavo che fossi capace
di una
cosa del genere, Emma- mormoro, distogliendo lo sguardo da lei.
-Credi
che per me sia stato facile?- domanda,
allontanandosi dal muro e appoggiando l'indice contro il mio petto.
-Credi che
bastasse una telefonata e dirti “Sai, sono incinta dei nostri
figli, lascia
tutto e torna a Los Angeles”?- continua poco dopo,
picchiettando il dito sulla
mia felpa. -Credi che sia stato bello vedere le immagini sui giornali
dove tu e
quella sgualdrina passeggiavate insieme per strada, mentre io quasi non
riuscivo ad alzarmi dal letto per il pancione?- continua con le lacrime
agli
occhi.
Mi
mordo il labbro inferiore.
Io
non sono stato vicino a Emma durante la gravidanza.
Non le ero accanto per tenerle la mano il giorno del parto. Non ho
tenuto in
braccio i... miei figli. Non ho
sentito la loro prima parola e non ho visto crescere il loro primo
dentino. Ma
l'avrei fatto, se solo lei me l'avesse permesso.
-Ti
sarei stato vicino- sussurro, con lo sguardo perso
nel vuoto.
-No!-
urla, arrabbiata -Tu te ne sei andato, lasciandomi
sola, anzi, con due gemelli nella pancia e non ti sei mai fatto vivo.
Vedevo il
tuo sorriso nei programmi televisivi, vedevo i tuoi cd nei negozi e la
tua mano
intrecciata con quella di Nicole nelle copertine delle riviste di
gossip-
continua, singhiozzando.
Il
suo viso è completamente ricoperto di lacrime, ma non
si preoccupa di asciugarle. Apre la bocca, come per dire qualcos'altro,
ma la
richiude pochi secondi dopo.
-Io...-
tento di parlare, ma lei mi interrompe.
-Non
saresti stato un buon padre- balbetta, insicura.
Spalanco
gli occhi -Cosa?!- chiedo, incredulo.
Lei
deglutisce e cerca di placare il suo pianto -Non
saresti stato un buon padre per Alex e Drew- ripete, cercando di
mostrare
sicurezza.
-Ah,
davvero? Credi che non sarei stato in grado di amare
i nostri figli?- chiedo, alzando
nuovamente il tono di voce.
-No,
non intendevo questo- sussurra, mordendosi il labbro
inferiore.
-Basta
Emma. Sono stanco di tutte le menzogne che mi
vengono raccontate- grido, dimenticando di nuovo che i bambini
potrebbero
sentirmi.
Sento
dei passi leggeri e veloci provenienti dal
corridoio, ma sono troppo arrabbiato per dare peso a questa cosa,
così apro la
bocca per continuare a sfogarmi, ma qualcuno mi interrompe.
-Mamma,
perché gridate?- chiede Drew, assonnato,
strofinandosi l'occhio con la mano.
Emma
cerca di asciugare velocemente le lacrime -Niente,
amore mio. Torna a dormire- sussurra, forzando un sorriso.
-No,
Emma. Basta mentire- dico, sentendo il sangue
ribollire nelle vene per la rabbia -Digli che sono suo padre e che mi
hai
mentito per cinque anni- grido furioso.
Il
piccolo Drew spalanca i suoi occhi verdi e posa il suo
sguardo su di me e poi sulla sua mamma, prima di scoppiare a piangere.
-Lui
è papà?- chiede a Emma.
Mi
mordo il labbro inferiore, maledicendomi in tutte le
lingue del mondo. Non avrebbe dovuto saperlo così,
è solo un bambino di quattro
anni e non meritava di crescere senza un padre, così come
sua sorella Alex.
-Sì,
amore. Sono il tuo papà- sussurro con le lacrime
agli occhi, avvicinandomi al suo piccolo corpo per abbracciarlo, ma lui
continua a piangere e affonda il viso nell'incavo del collo di Emma.
-E
allora perché non sei stato con noi? Ci odi, non
è
vero?- grida, mentre Emma cerca di calmarlo.
-No,
io non...- mi interrompo sentendo il sapore salato
di una lacrima sulla lingua. Deglutisco. Chiudo gli occhi e lascio che
le
lacrime scorrano lungo il mio viso.
Ho
rovinato il Natale di un bambino, di mio figlio.
-Vattene,
Justin- conclude Emma, accarezzando la schiena
del piccolo Drew.
Dopo
aver lanciato un ultimo sguardo a mio figlio e alla
donna che amo, esco dalla villetta.
-Che
Natale di merda- borbotto arrabbiato, camminando
verso casa.
Non
so se essere più arrabbiato con me stesso o con Emma,
ma di sicuro sono infuriato anche con quelle persone che mi hanno
mentito
insieme a lei. Jazzy sapeva tutto e non mi ha mai detto la
verità.
Sono
deluso.
Una
persona passa la sua vita pensando di potersi fidare
degli amici e della famiglia, quando invece anche loro possono
deluderci. Ma la
cosa peggiore è che per loro ci rimani peggio,
perché non te lo aspetteresti
mai.
In
pochi minuti giungo a casa mia, perso fra i miei
pensieri.
Apro
velocemente il portone e lo chiudo a chiave,
sistemando all'ingresso il mio giubbotto. Con passo strascicato, mi
dirigo
verso la mia stanza, mi sfilo i vestiti di dosso e, dopo aver indossato
il
pigiama, mi sdraio sul mio letto, sotto le calde coperte profumate.
-Fanculo-
sussurro, quando una lacrima riga il mio viso.
Il
suono del campanello mi sveglia, facendomi borbottare
qualche parola incomprensibile.
Mi
giro a pancia in giù, per riaddormentarmi, ma il
campanello suona di nuovo, ininterrottamente, come se il mio ospite
indesiderato
voglia rinfacciarmi tutta la sua gioia nel giorno di... Natale.
Lentamente
raggiungo la porta di casa, con gli occhi
socchiusi, e riesco a sentire la voce di Jazzy.
-It's the most
beautiful time of the year...- sentendo queste parole, mi
affretto a
spalancare il portone, ritrovandomi davanti il viso allegro di mia
sorella.
-Oh,
ehi Justin! Buon Natale!- esclama allegra.
Rimango
impassibile guardandola, ma dentro sono furioso.
-È
un Natale di merda- annuncio, chiudendo il portone e
lasciando mia sorella fuori di casa.
Il
campanello suona per l'ennesima volta, così vado ad
aprire per evitare che mi faccia diventare sordo.
-Ma
che succede?- mi chiede preoccupata.
-Che
succede?- ripeto, con un sorrisetto stampato sul
volto -Succede che tu sapevi tutto e non mi hai mai detto niente,
nonostante le
varie occasioni- grido, sbattendo di nuovo la porta, per poi appoggiare
la
schiena contro il legno.
-Justin,
mi dispiace. Io avrei voluto dirtelo- tenta di
scusarsi, ma io non riesco a perdonarla per avermi mentito su una cosa
del
genere.
-Tutti
me l'avrebbero detto, ma alla fine sono io quello
che non ha visto crescere i propri figli. Sono io quello che ha creduto
per
cinque anni in un sacco di menzogne- urlo, con le lacrime agli occhi.
-Justin,
apri la porta- mi supplica Jazzy, battendo i
pugni sul legno.
Scuoto
la testa, prima di andare a sdraiarmi su uno dei
miei divani.
Ho
perso quelli che sarebbero stati gli anni migliori
della mia vita. Perché i figli sono il regalo più
bello che si possa ricevere
nella vita, ed io quasi non li conosco.
Quando
Jazzy si arrende, riesco finalmente ad
addormentarmi di nuovo.
Dopo
varie ore, i deboli raggi del sole, provenienti
dalla finestra, mi risvegliano. Sbatto un paio di volte le palpebre per
abituarmi alla luce e poco dopo sbadiglio, alzandomi dal divano. Mi
avvicino
alla finestra e sposto la tenda.
Sta
nevicando. Sembrerebbe il Natale perfetto, ma è proprio
il peggiore. Mi basterebbe correre da Emma e i nostri figli per
risolvere
tutto, ma non ci riesco. Mi ha mentito e non so nemmeno il
perché.
Guardo
attentamente i fiocchi di neve, quando un ricordo
di cinque anni fa mi ritorna alla mente.
Sentii
una goccia gelida bagnare la mia guancia.
Emma
volse lo sguardo verso l'alto e sorrise.
-Nevica-
sussurrò nel mio orecchio.
Dei
fiocchi bianchi accarezzarono la mia bocca quando alzai lo sguardo per
osservare il cielo. Con la lingua sfiorai quelle gocce ghiacciate,
desiderando
che al posto della neve ci fossero le labbra morbide della mia piccola
Emma.
Le
sue guance si infuocarono. Sorrise imbarazzata e la guardai
interrogativo, ma
lei arrossì maggiormente in risposta.
Altri
fiocchi scesero lievi avvolgendo i nostri corpi.
-I
should be playing in the winter snow, but I'mma be under the
mistletoe...- intonai avvicinandomi al suo
orecchio.
Si
morse
il labbro inferiore, sorrise e mi strinse forte con le sue braccia
bianche.
Sospiro,
prima di girarmi verso il mio caminetto.
Cosa
ci fa uno scatolone lì?
Inarco
un sopracciglio, confuso, e mi avvicino.
-La
prossima volta cambia la serratura se non mi vuoi in
casa tua, o forse non ti ricordavi di avermi dato un doppione delle
chiavi?
Comunque, qui dentro troverai i quattro anni che ti sei perso. Spero
che tu non
decida di perderne altri- leggo ad alta voce le scritte nere sulla
scatola
beige, seguite dalla firma di mia sorella.
Alzo
gli occhi al cielo, prima di sedermi e aprire il
cartone.
Cerco
di trattenere un singhiozzo, vedendo il contenuto.
In
cima ci sono due di quei braccialetti bianchi che
legano ai polsi dei neonati in ospedale. Li afferro e li osservo da
vicino.
Deglutisco, prima di appoggiarli sul pavimento accanto a me.
Nella
scatola trovo anche una copertina bianca con le
cuciture verdi, coperta usata di sicuro da Emma per coprire i due
gemellini
durante i loro pisolini.
Sorrido
lievemente immaginando i visi di quei due
angioletti durante il sonno. Mi sarebbe piaciuto stare accanto ad Emma
e
osservarli per ore...
Sospiro
malinconico e annuso la coperta, sentendone il
delicato profumo, prima di sistemarla vicino ai braccialetti bianchi.
Tiro
fuori dei peluche colorati, due biberon e quattro
paia di calze antiscivolo minuscole, adatte solo a dei bambini di pochi
anni,
ai miei bambini. Le lacrime
iniziano
a scorrere lungo il mio viso, ma mi affretto ad asciugarle con il dorso
della
mano. Sul fondo della scatola ci sono moltissimi disegni e dei... cd?
Aggrotto
la fronte e ne tiro fuori uno.
-Sei
mesi- sussurro, leggendo un'etichetta bianca
attaccata sul disco.
Sei
mesi?
Mi
alzo dal pavimento, inserisco il cd nel lettore posto
vicino alla televisione e in pochi minuti riesco ad avviarlo.
-Sei
pronta? Tre, due, uno... azione!- lo schermo è nero,
ma sento la voce di Jazzy. Subito dopo, la dolce risata di Emma riempie
le mie
orecchie e sullo schermo riesco a vedere il suo... pancione.
-Oh
mio Dio!- sussurro sconvolto e meravigliato al tempo
stesso.
Mi
avvicino alla televisione con gli occhi spalancati e
allungo la mano verso lo schermo, per sfiorare con le dita l'immagine
della
pancia di Emma. Ma è solo un video e questo mi fa piangere,
perché io quel
giorno non c'ero.
-Jazzy,
non dobbiamo mica girare un film- commenta Emma
divertita.
-Oh,
lo so, ma lasciami sognare- risponde mia sorella,
inquadrando il viso della mia piccola Emma.
È
stupenda ed è proprio vero che le donne, durante la
gravidanza, sono ancora più belle. I suoi capelli sono
lunghissimi e mossi. Mi
dispiace tanto che li abbia tagliati.
-Allora,
signore e signori, ecco a voi...- si interrompe,
mentre Emma si sfila un enorme vestito color panna.
-Come
li chiamerai?- chiede, confusa.
-Non
ci ho ancora pensato, a essere sincera- risponde
Emma, prima di liberare una risatina dalle sue soffici labbra.
Afferra
una maglietta da un letto, probabilmente quello
della sua vecchia camera, e la indossa.
-Oh,
mi viene stretta pure questa- commenta, dispiaciuta.
-Non
preoccuparti, dopo il parto potrai tornare ad
indossare i tuoi vecchi vestiti- la rassicura mia sorella, con il dolce
tono
che solo lei sa usare.
Emma
abbassa lo sguardo verso il suo pancione e lo
accarezza dolcemente.
-Lo
so, ma... mi sembra enorme- dice sorridendo.
-No,
è semplicemente bellissimo- sussurro.
-Credo
che lei si chiamerà Alexandra, mentre lui Drew
come suo... padre- conclude tristemente.
Jazzy
sospira, mentre io afferro il mio labbro inferiore
fra i denti.
-Quando
glielo dirai?- chiede mia sorella ed io sono
sicuro che si riferisca a me.
-Non
lo so- confessa Emma, sedendosi sul letto.
-Sarebbe
un ottimo padre- commenta Jazzy, facendo
sorridere la ragazza dagli occhi verdi.
-Lo
so! Sarebbe il miglior padre del mondo, così dolce,
comprensivo e...- si interrompe, arrossendo.
Allora
perché mi ha detto che non lo sarei stato?
Aggrotto
la fronte, confuso.
-Oh,
una certa ragazza qui è innamorata di mio fratello,
non è vero?- commenta mia sorella, mentre le guance di Emma
s’infuocano
maggiormente.
-Lo
amo con tutta me stessa- sostiene la ragazza -ma ha
trovato la sua felicità e mai gliela porterei via con una
dannata telefonata.
Lo amo così tanto che mai penserei di spegnere quel sorriso
che vedo su tutti i
giornali, di interrompere la sua carriera musicale o di impedirgli di
amare
Nicole- sul suo viso si è formato un sorriso malinconico.
Lei
mi amava.
-Non
ho mai amato Nicole in vita mia- sussurro a me
stesso.
-Gli
rovineremmo la vita- singhiozza -Mi odierebbe e non
potrei sopportarlo- balbetta, facendomi sgranare gli occhi.
Come
può aver pensato una cosa del genere? Come può
pensarla ancora?
Il
video s’interrompe, ma io rimango a fissare lo schermo
nero, pensando a come la mia vita sarebbe stata diversa se Emma mi
avesse detto
di essere incinta dei nostri figli.
Magari
non sarei diventato un cantante famoso, ma sarei
rimasto me stesso e non avrei mai dovuto mentire a milioni di persone.
Sarei
rimasto con la mia famiglia, con le persone che
amo.
Avrei
sfiorato il pancione di Emma.
Avrei
accompagnato i nostri figli all'asilo e li avrei
visti crescere.
L'ennesima
lacrima riga il mio viso.
OHMAIGAHD!
Questo dovrebbe
essere il penultimo capitolo… non sto piangendo, no.
:’( :’( :’(
Ok,
spero che con il video girato da Jazzy le cose vi
sembrino più chiare e che il capitolo (il penultimo T.T) vi
piaccia.
Vi
ringrazio come sempre tutte, siete meravigliose!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
#befearless
|
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Capitolo 22 *** Ricordi il nostro bacio? ***
Mi
asciugo velocemente le lacrime con il dorso della mano
e rimetto il cd nella custodia, prima di cercare in fretta nella
scatola un
disco che spero di trovare. Ci saranno almeno una ventina di cd, ma
sembra
proprio che l'oggetto delle mie ricerche sia escluso. Sto per perdere
le
speranze, quando una data scritta su l'etichetta di un cd mi fa
sospirare di
sollievo.
-Ventidue
Settembre- mormoro.
Inserisco
il cd nel lettore e aspetto, sedendomi sul
pavimento.
Finalmente
il video si avvia, mostrandomi il corridoio
bianco di un ospedale e le facce di tutti i miei amici e parenti.
Sussulto.
È
proprio il video del giorno della nascita dei miei
figli.
Adesso
vedo il viso di mia sorella.
-Allora,
oggi è il compleanno di Emma, ma potrebbero
anche nascere Alex e Drew... Sono troppo emozionata!- esclama
sorridendo.
Abbasso
lo sguardo, chiudendo gli occhi.
Io
non c'ero e non potrò mai perdonarmi per questo.
-Ehi,
Jaxon. Cosa vorresti dire a Justin in questo momento?-
a queste parole rivolgo nuovamente l'attenzione allo schermo della
televisione.
-Justin,
avresti dovuto usare il... preservativo. Giusto?
È così che si chiama, no?- alzo entrambe le
sopracciglia sentendo queste
parole.
Jaxon
aveva solo cinque anni in questo video.
Sullo
schermo compare di nuovo il viso di Jazzy, sul
quale si è dipinta un'espressione sconvolta.
-E
tu come lo sai?- chiede, confusa.
Jaxon
alza lievemente le spalle -Ho sentito che ne
parlavi con la tua amica Wendy un po' di tempo fa. Ma non so nemmeno
cosa sia-
conclude.
-Ok,
direi che può bastare- sussurra Jazzy, prima che lo
schermo diventi completamente nero.
Scoppio
a ridere per qualche secondo, prima che sulla
televisione compaiano di nuovo le pareti bianche dell'ospedale.
-Questo
è un momento magico- sussurra Jazzy, coprendo
l'obiettivo della videocamera con la mano.
Sorrido
sentendo il suo tono dolce.
-Ecco
i due angioletti- annuncia, spostando la mano e
rivelando i visi dei miei due bambini.
Spalanco
la bocca.
Sono
semplicemente meravigliosi.
-Anzi,
i tre angioletti- si corregge, inquadrando pure la
mia piccola Emma.
Il
suo viso è leggermente sudato e si capisce quanto sia
sfinita, ma nei suoi occhi è impossibile non notare la gioia
di poter tenere in
braccio i bambini che per otto mesi ha solo potuto immaginare.
Una
lacrima sfugge dal mio occhio.
Sarei
stato la persona più felice del mondo in quel
momento, se fossi stato lì, accanto a lei, con i bambini in
braccio.
Emma
sorride -Hai visto quanto sono belli?- chiede
osservando i loro visi.
-Ti
somigliano molto- commenta Jazzy.
Emma
scuote la testa, sorridendo -Sono uguali a Justin-
replica, accarezzandoli.
Sospiro.
Anche
in un giorno come quello, Emma ha pensato a me, che
me ne sono andato.
Metto
in pausa il video, troppo pensieroso per continuare
a vederlo.
Mi
alzo e mi dirigo verso il bagno, per farmi una doccia
calda. Apro il getto dell'acqua mentre mi svesto, prima di entrare nel
box
doccia. Inarco la schiena quando l'acqua colpisce il mio corpo e cerco
di
godermi quel piacevole calore. Senza successo, però. Infatti
non riesco a fare
altro che pensare ad Emma e ai nostri figli. Non so cosa fare. Sono
ancora
arrabbiato con lei per avermi tenuto nascosto tutto, ma ora comprendo
il perché
della sua scelta.
Non
so nemmeno se lei mi ami ancora.
Non
so se lei mi voglia effettivamente nella sua vita,
nella loro vita.
Chiudo
il getto dell'acqua per insaponarmi e alzo lo
sguardo verso il vetro della doccia.
Spalanco
gli occhi vedendo il mio riflesso.
I
miei capelli, a causa dell'acqua, mi coprono la fronte,
proprio come cinque anni fa.
Allungo
la mano verso il vetro e lo sfioro, prima di
iniziare a piangere.
Mi
piacerebbe tornare indietro nel tempo, a cinque anni
fa.
Non
lascerei più Emma insieme a quel bastardo di James.
Rimarrei
vicino alla mia piccola Emma, vicino ai nostri
figli.
Rinuncerei
alla mia carriera per loro, perché sono molto
più importanti.
Lavorerei
come cameriere in quel bar, ma sarei felice.
Sospiro
e inizio a passare il sapone sul mio corpo.
Ma
non si può tornare indietro. Devo accettare le scelte
che ho fatto e, anche se volessi rimediare, sono sicuro che in questo
preciso
istante Emma non possa provare altro che odio nei miei confronti.
Finisco
di lavarmi ed esco dalla doccia. Mi asciugo, mi
rivesto e mi sdraio sul mio letto per riflettere.
Mi
basterebbe un cenno e correrei da lei. Mi farei
perdonare per tutto, perché in fondo non posso biasimarla
più di tanto per
avermi mentito, visto che l'ha fatto solo ed esclusivamente per me. Lei
pensa
sempre agli altri, mai a se stessa.
Iniziando
ad avere fame, vado in cucina per prendere una
mela, quando mi ricordo di aver lasciato acceso il lettore dvd.
Mordo
la mela e torno in salotto, per poi riavviare il
video.
-Vorresti
dire qualcosa a Justin, in questo momento?-
chiede mia sorella, attirando la mia attenzione.
Emma
prende un respiro profondo prima di annuire -Hai
lasciato che sotto le righe del nostro amore qualcuno scrivesse la
parola “fine”,
permettendogli di macchiare in questo modo le pagine del nostro
“Per sempre”-
comincia, mentre una lacrima riga il mio viso -Ma io ti amo, Justin-
sussulto a
queste parole dette con sincerità -Ti amo come mai ho amato
prima e voglio che
tu sappia una cosa- continua -ti amerò per sempre e, se mai
io dovessi fingere
di odiarti, non credermi. Ti amo- conclude, abbassando lo sguardo verso
i
nostri figli, cercando di nascondere le lacrime che sono comunque
riuscito a
vedere.
Spalanco
gli occhi a queste parole.
Lei
mi ama.
Il
video termina ed io sono ancora scioccato da ciò che
Emma ha detto.
Lei
mi ama ancora.
Appoggio
la mela sul tavolino e mi affretto a prendere il
mio cellulare, per poi digitare il numero della mia piccola Emma.
Dopo
vari squilli, scatta la segreteria telefonica.
È
ovvio che lei adesso non voglia avere niente a che fare
con me, ma lei stessa in quel video ha detto di amarmi.
Digito
anche il numero del telefono di casa, ma non
risponde nuovamente.
E
se le fosse successo qualcosa?
Spalanco
gli occhi e decido di chiamare Jazzy questa
volta, nonostante io sia ancora arrabbiato con lei.
-Pronto
Justin? Ti prego, perdonami per non averti
parlato di questa storia prima ma...- risponde, iniziando a parlare
senza
prendere fiato fra una frase e l'altra, così la interrompo.
-Ne
parleremo in un altro momento. Adesso dimmi che Emma
non risponde solo perché è arrabbiata con me e
non le è successo niente-
rispondo preoccupato.
Sorprendendomi,
mia sorella scoppia a ridere.
Inarco
entrambe le sopracciglia, confuso -Ti sembra tanto
divertente la mia preoccupazione?- le chiedo offeso.
-Hai
guardato i video, non è vero?- domanda, ignorando le
mie parole.
Roteo
gli occhi -Sì, lì ho guardati- ammetto poco dopo.
-Allora
corri, vai da loro e dimostra quanto tu sia
dispiaciuto per quello che è successo. Ah, ti conviene
sbrigarti perché Emma ha
deciso di partire per le vacanze e devono prendere l'aereo stasera. Tu
non vuoi
aspettare fino a Gennaio, vero?- chiede retorica.
Voglio
aspettare fino a Gennaio per dirle quanto la amo?
Voglio
aspettare fino a Gennaio per baciare di nuovo le
sue soffici labbra?
Voglio
aspettare fino a Gennaio per iniziare a far parte
della vita di Emma, dei miei figli, della mia famiglia?
No.
Concludo
la conversazione telefonica senza aggiungere
parole inutili e mi dirigo velocemente verso l'ingresso della mia
villetta.
Indosso
il giubbotto e apro la porta trovandomi
davanti...
-Emma?-
chiedo confuso e incredulo.
Cosa
ci fa qui?
Senza
farmi dire altro, si fionda sulle mie labbra,
togliendomi il fiato e lasciandomi completamente sorpreso.
Poco
dopo interrompe il bacio e riesco a vedere le
lacrime sul suo viso.
-Scusa,
io non avrei dovuto- balbetta, indietreggiando
verso il portone ancora spalancato.
-Non
so cosa mi sia preso, perché abbia lasciato Alex e
Drew dai miei genitori, le valigie ancora vuote e...- tenta di parlare,
ma il
suo pianto le impedisce di continuare.
-Non
sarei dovuta venire qui e baciarti, scusami-
conclude, prima di girarsi per uscire.
Afferro
la sua mano e avvicino nuovamente la mia piccola
Emma al mio corpo.
Io
dovrei farmi perdonare per tutte le stronzate che ho
fatto in questi cinque anni e lei continua a chiedermi scusa.
Io
avrei dovuto correre verso la sua villa per farle
capire quanto io desideri vivere il resto della mia vita con loro e lei
mi ha
sorpreso venendo fino alla mia villa.
Catturo
le sue labbra con le mie e stringo la sua vita
fra le mie braccia.
Lei,
lentamente, circonda il mio corpo con le sue braccia
bianche e stringe i miei capelli color grano con le sue dita
affusolate. Poco
dopo inizia a baciarmi con foga, svuotando la mia mente da ogni
pensiero, da
ogni preoccupazione. Ci siamo solo io e lei. Finalmente.
Con
una mano chiudo la porta, prima di appoggiarmici per
poi stringere maggiormente la ragazza dai capelli castani.
Percorro
la sua schiena con le dita e sfioro i suoi
capelli soffici.
-Non
voglio che tu vada dal parrucchiere prima che i tuoi
capelli crescano fino ai fianchi- sussurro sulle sue labbra,
stringendole
nuovamente la vita e facendola ansimare.
La
sento sorridere.
-Perché
dovrei farli crescere?- chiede, mordendomi
lievemente il labbro inferiore -Non c'è nessuno accanto a me
che li apprezzi
così tanto da convincermi a non tagliarli- mormora.
Riesco
a sentire il rimprovero nelle sue parole.
Allontano
lievemente il viso dal suo per guardarla negli
occhi, quegli occhi verdi che tanto amo.
-Ci
sono io- affermo serio.
Si
inumidisce le labbra, prima di accarezzarmi le guance
con i pollici.
Nei
suoi occhi vedo un lampo di pentimento e sono sicuro
che in questo momento stia
pensando di aver sbagliato a venire qui. Infatti, pochi secondi dopo,
cerca di
sciogliere la presa delle mie braccia, ma riesco a tenerla stretta.
-No,
Emma. So esattamente cosa stai pensando e sappi che
non è così- esordisco -Tu... voi
non
potreste mai rovinarmi la vita. Ho bisogno di voi e niente e nessuno
potrà impedirmi
di vivere il resto della mia vita con la mia famiglia- concludo
dolcemente.
Sorride
lievemente alle mie parole, mentre una lacrima
solitaria riga il suo dolce viso.
-Davvero
noi siamo la tua famiglia?- chiede, asciugandosi
la guancia con il dorso della mano.
Sorrido,
prima di accarezzare di nuovo le sue soffici
labbra con le mie.
-Davvero-
mormoro.
Affondo
il viso nell'incavo del suo collo e accarezzo la
sua bianca pelle profumata con il mio naso, facendo uscire una
spensierata
risata dalle sue labbra.
La
guardo nuovamente negli occhi e non posso fare a meno
di chiedermi perché io sia stato così stupido da
lasciarmi sfuggire la mia
piccola Emma cinque anni fa.
-Ti amo-
sussurra, lasciandomi spiazzato per un attimo.
Quindi
è vero. Lei non ha mai smesso di amarmi.
-Ti
amo anch'io, Emma- soffio sulle sue labbra e afferro
il suo labbro inferiore fra i denti. Sfioro con la lingua la sua bocca,
che
subito dopo lei socchiude, lasciando che incontri la sua.
Vorrei
che in questo momento il tempo smettesse di
scorrere, per far durare all'infinito il nostro bacio, ma è
proprio lei a
interromperlo, provocando uno schiocco che risuona intorno a noi.
-Quindi...
questo è l'inizio del nostro “Per
sempre”?-
chiede sorridendo.
-No-
rispondo, scuotendo la testa e facendole aggrottare
la fronte.
-Pensa
a cinque anni fa, quando tu ed io eravamo sotto un
ramo di vischio- sussurro nel suo orecchio.
-Ricordi il nostro bacio?-
chiedo,
accarezzando la sua guancia liscia.
Lei
annuisce, con l'ombra di un sorriso sulle labbra.
-Ecco,
in quel preciso istante è iniziato il nostro “Per
sempre”- socchiudo gli occhi e lascio che una lacrima di
felicità percorra il
mio viso.
Fine.
I DON’T KNOW WHY BUT
WITH YOU I DANCE IN A STORM WITH MY BEST DRESS FEARLESS!
Sì,
Taylor Swift è la mia ragazza (dal 2009, gente!) ^_^
AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!
QUESTO ERA L’ULTIMO
CAPITOLO (in ritardo clamoroso, chiedo perdono :c ) E IO STAVO SOLO
CERCANDO DI
NON PENSAAAAAARCI! (ma Taylor rimane la mia ragazza u.u)
Santo
cielo, è finito tutto! Emma, Justin, Alex, Drew e
tutto quanto… mi mancheranno troppo, sul serio! Proprio come
voi, che siete le
mie lettrici preferite!
Sin
dal primo capitolo volevo arrivare a questo per dirvi
come è nato tutto (sperando di non annoiarvi…).
Allora,
mi stavo asciugando i capelli con la spazzola in
mano e Mistletoe nelle orecchie, poi la spazzola mi è finita
davanti alla bocca
e ho avuto un lampo! Ho pensato di dover assolutamente scrivere una
storia in
cui una ragazza e Justin la cantassero insieme e così
è nato tutto, anche se
inizialmente nella prima storia avrei dovuto mettere il lieto fine, ma
vabbè dai.
Poi,
per la seconda storia, Emma avrebbe dovuto avere
solo un figlio e poi incontrare Justin per lavorare come chitarrista
ma… ero
sul balcone e mi è venuta in mente la frase “Un
padre non dovrebbe odiare i
suoi figli e bla bla bla…” e mi sono detta che
forse sarebbe stato carino se
Emma avesse avuto due figli.
Okay,
dopo il mio poema più lungo del capitolo, vi
ringrazio dalla prima all’ultima, perché questa
storia mi ha fatto conoscere un
sacco di persone meravigliose che mi rimarranno per sempre nel cuore,
sappiatelo.
Ah,
se per caso dovessi mancarvi (non credo, ma vabbè) vi
dico che ho iniziato da un po’ una nuova storis,
“Promises.” che devo ancora
aggiornare da quasi un mese (sorry T.T) http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2024279&i=1
Vi
lascio anche i miei contatti…
Twitter https://twitter.com/smile_with_us
Ask.fm http://ask.fm/MissMore
Ora
devo salutarvi (non sapete come mi dispiaccia
cliccare su “Completa”).
Vedo
se riesco a rispondere alle recensioni allo scorso
capitolo, se non ci riesco continuo domani, comunque sappiate che le ho
lette
tutte e vi amo una a una.
LONG LIVE AT THE MAGIC WE MADE!
Un abbraccio
coccoloso,
Morena
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