You don't know a thing about me

di StruckedGirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Poveri Illusi ***
Capitolo 2: *** Primo giorno, lettere e... ***
Capitolo 3: *** Miss Riccioli Rossi ***
Capitolo 4: *** Il solito caffè ***



Capitolo 1
*** Poveri Illusi ***


Uomini.

Nel mio dizionario questa parola corrisponde alla spiegazione di “Poveri Illusi” e anche a “La cosa più inutile e stupida in questo pianeta”. Ovviamente non tutti gli uomini sono così, insomma adoro il mio migliore amico ed è un uomo. Ma quelli che ti fissano ogni volta che passi come se fossi un panino vivente e ti guardano come se ti volessero dare un morso, quelli sì, li odio. E uno mi è appena passato accanto proprio ora, sorridendomi. Vorrei ringhiargli, ma che cosa faccio? Gli sorrido anche io. Ammetto di essere bella, dopo anni che me lo ripetevano ho deciso di ripetermelo anche io quindi capisco i loro sguardi. So che molti di loro potrebbero trovarmi anche sexy, anche se io non faccio proprio niente per sembrare sexy, e così gli sorrido, è quello che faccio con ogni uomo che mi sorride.

Li illudo. Con quel sorriso nella loro mente posso aver detto che sono a sua completa disposizione, ma non è vero. Ah, se solo sapessero che cosa gira nella mia testa non mi sorriderebbero, né tanto meno mi guarderebbero. Sinceramente non so perché voglio illuderli in questo modo, forse è solo per non far conoscere in giro la mia vera me. La me che ha avuto solo tre rapporti sessuali con un uomo a 16 anni e nessuno dei tre le è mai piaciuto. La me che da quando aveva baciato una ragazza aveva capito che non voleva nessun uomo. La me che preferisce una notte di follie con una donna che con un uomo selvatico, primitivo e sudaticcio.

Se considero gli uomini degli animali? Forse è esagerato ammetterlo ma sì, la maggior parte degli uomini sono animali.

Mi chiamo Cècile, ho 30 anni e lavoro alla Kennedy High School di Boston come insegnante di francese da 2 anni. Ho origini francesi, mio padre era di Parigi e mi ha cresciuta parlandomi in francese, anche se mia madre molto spesso lo riprendeva perché doveva parlarmi in inglese. A me sinceramente non dispiaceva, mi piaceva sentirlo parlare in quella lingua alle mie orecchie sconosciuta e strana. Purtroppo, non lo sentii più parlare in francese dopo i miei 7 anni. In una notte buia e piovosa se ne era andato. Me lo ricordo ancora, ero sveglia mentre se ne stava andando.

 

Stavo nell'ombra, nascosta nel corridoio buio e guardavo mio padre. Il giovane uomo, alto, magro e con i due occhi verdi più belli che avessi mai visto, stava mettendo del cibo in uno zaino per poi chiuderlo e portarselo su una spalla. Mentre si avvicinava alla porta uscii allo scoperto.

-Dove vai?- dissi con la mia piccola voce.

Strinsi di più su di me la coperta che mi teneva al caldo. Quel grande corpo ai miei occhi si avvicinò al mio, piccolo e magro. Mi guardava con tristezza nei suoi occhi.

Si abbassò davanti a me e mi mise una mano sulla guancia. Lo guardai attentamente. Il labbro inferiore gli stava sanguinando.

-Non ti mentirò, piccola mia, me ne vado- disse dopo 2 minuti di silenzio. Lo disse con un tono talmente triste, come se realmente non volesse farlo.

-Ma torni, vero?- dissi io.

Lui scosse negativamente la testa.

-Perchè?- ormai ero scoppiata in lacrime. Le sentivo accarezzarmi le guance paffute.

-E' una cosa complicata, principessa, solo che non posso più rimanere qui- Mi disse stringendo a se e poi continuò -Credimi, vorrei non andarmene solo per stare con te, tesoro-

Sapevo che la mamma lo picchiava, o spesso gli urlava contro. Mia madre non era una bella persona. Mia madre non mi aveva mai voluto e me lo ripeteva ogni giorno in faccia.

-Posso venire con te? Ti prego, non andartene papà- piagnucolai tra le braccia del mio papà.

-Non posso, tesoro, mi dispiace ma non posso- si mise in posizione eretta tenendoni ancora tra le braccia.

-Ma promettimi una cosa...- disse indicando con un dito il numero “uno” e dopo una breve pausa disse:

-Vivre votre vie comme vous le souhaitez et que vous essayez de faire le moins de conneries que possible- e dopo avermi appoggiata con i piedi per terra, uscì dalla porta di quell'appartamento che ora mi sembrava di condividere da sola.

 

Purtroppo, mio caro Papà, ne ho fatte anche fin troppe di cazzate.

Stavo appoggiata accanto al mobile dove era stata messa la macchina del caffè nella sala professori. Guardavo davanti a me, a qualche metro più lontano, la figura snella della professoressa di matematica: Mrs. Cornet. Anche lei mi guardava e un ghigno si formò sul mio viso. I ricordi della scorsa notte erano ancora vivi nella mia testa.

Avevamo una sottospecie di relazione. Quando suo marito era troppo impegnato a guardare la TV, lei veniva a casa mia e la maggior parte delle volte finivamo per fare sesso. Non che a me dispiaccesse, anzi. E non mi interessa se è sposata con un uomo, lei ha fatto la scelta di mentire, convincendosi di essere etero.

Ancora sotto il suo sguardo, presi con un dito un po' di panna da un cupcake messo accanto alla macchina del caffè. Guardai il dito per poi mettermelo in bocca e mentre continuavo a guardarla succhiai la panna via da esso. Dio, la sua espressione, sembrava star per arrivare all'orgasmo solo con quel piccolo gesto. Era ovvio. Con quel gesto, alludevo alla sera prima.

-Vedo che non smetti di stuzzicarla- disse una voce maschile, familiare alle mie orecchie.

Tolsi il dito dalla mia bocca e lo guardai.

Oliver Chbosky. Insegnante di chimica. Conosciuto anche come il mio migliore amico.

-Mi piace stuzzicarla, adoro la sua espressione- dissi riguardando a Mrs.Oliver che ora stava parlando con colleghe e colleghi.

-Come è andata con comesichiama?- dissi riferendomi all'appuntamento a cui era andato sabato con una ragazza. Domenica non avevo potuto chiamarlo, ero impegnata con la mia maratona alla PlayStation.

-Comesichiama era vergine, ora non lo è più- disse per poi bere dalla sua tazza un po' di quell'acqua sporca, chiamata caffè, che veniva servita nell'edificio scolastico.

-Era proprio quello che volevo sentire- dissi sarcastica.

Notai che aveva lo sguardo fisso su un punto preciso davanti a se e...mi ritrovai a guardare il suo stesso punto.

Una donna stava girando per la sala professori con una cartellina stretta al petto e un sorriso smagliante. Una donna alta, molto probabilmente per via del tacco 12 a stiletto che portava ai piedi, snella, con un davanzale prosperoso – quello saltava subito agli occhi, nonostante fosse coperto bene da una camicia color avorio – si mostrava a parlare davanti al gruppo di insegnanti dove c'era anche Mrs.Cornet. La donna in questione aveva una lunga chioma bionda leggermente mossa legata in una treccia lungo la schiena. Era giovane, molto probabilmente della mia stessa età.

-Un bel bocconcino, vero?- disse Oliver

-Scommetto che è nuova, che materia?- chiesi alla figura maschile accanto a me.

-10 dollari che è la nuova professoressa di storia-

-di scienze- dissi mostrando un enorme sorriso. La donna misteriosa si stava avvicinando a noi. Anche Oliver la guardò mostrando un sorriso.

-Buongiorno- disse la bionda con molto entusiasmo.

-Buongiorno, Io mi chiamo Cècile Bonnet, professoressa di francese- mi presentai cordialmente

-Io mi chiamo Oliver Chbosky, professore di chimica-

-Rachel Williams- disse la donna che ora aveva un nome. -Sono la nuova preside-







 

Anche la scrittrice parla:

*si soffia il naso* Ciao a tutti. Avete visto chi è tornata dal mondo dei morti? E finalmente conla mia prima Originale *-*. Non mi aspettavo proprio che la mia prima originale sarebbe stata una FemSlash, ma questa idea mi stava tormentando da ieri notte. Mi sono sentita in diritto di scriverla e di non doverla buttare nel cestino della mia mente. Siccome sono stanca non ho altro dire, a parte che spero che vi piaccia :D
Un abbraccio

StruckedGirl

 

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Capitolo 2
*** Primo giorno, lettere e... ***


Mi avvicinavo sempre di più alla classe di Francese. I ragazzi continuavano a entrare nella classe di fretta, la campanella era suonata da poco.

Le immagini della chiaccherata in sala professori erano ancora vive nella mia mente.

 

-Rachel Williams- disse la donna che ora aveva un nome. -Sono la nuova preside-

Io e Chbosky ci guardammo un un minuto e poi riguardammo Rachel Williams.

-Che è successo al preside Smith?- chiese Oliver.

-Si è ritirato dalla carica di preside- rispose la bionda.

Io continuavo a fissarla. Era decisamente molto meglio del preside Smith, ora sarei venuta a lavoro con molto piacere.

-E tu come hai fatto a sostituirlo, lo conoscevi?- chiesi io.

Rachel si voltò verso di me mostrando un enorme sorriso.

-Sì, lo conoscevo-

-Parente stretta, amica di famiglia o...amante?-

Era risaputo che il preside Smith aveva assunto alcune insegnanti perchè se le portava a letto. Un esempio era la epica Professoressa di Letteratura Inglese, che era già tanto se conosceva Shakespeare. Era un disastro, ma agli alunni maschi non dispiaceva, per via delle sue tette enormi che metteva sempre in mostra. L'epica Professoressa era stata licenziata due settimane dopo, il preside Smith era venuto a sapere che era stata a letto con il mio amico Oliver.

-Direi più una conoscente che ha voluto aiutare. Stavo cercando disperatamente un lavoro- rispose Rachel.

Oliver tra poco scoppiava in una fragorosa risata. Non era da preside Smith aiutare le persone, soprattutto delle belle donne con cui non era stato a letto.

-Hai qualche esperienza in questo campo almeno?- chiese Oliver

-Sì, certo, sono stata preside in una scuola superiore di New York City e in un liceo di Nashville-

-Immagino che quelle scuole ora saranno diventate le migliori quando sei diventata la loro preside- disse Chbosky ammiccando.

 

Sentì qualcosa dentro di me, qualcosa di non piacevole. Quella frase scatenò una guerra dentro me. Mi aveva irritato in qualche modo. Sapevo che davanti a una bella donna Oliver ci provava sempre e di solito tendevo a ridere alle sue stupide frasi, ma quella volta no. Quando sentì quelle parole nella mia testa quella sensazione ritornò. Cercai di ignorarla e entrai in classe.

-Bonjour- dissi camminando velocemente verso la cattedra messa davanti all'enorme lavagna, al centro in modo da avere una buona visuale della classe.

Primo giorno, Prima ora, Primo anno. Odiavo quelli del primo anno, soprattutto alla prima ora...il primo giorno di scuola! Ogni volta che parlavo con loro mi sembrava di parlare a bambini dell'asilo che dovevano ancora imparare l'alfabeto.

Gli alunni stavano in piedi, non avevano fiatato.

-Okay, quando io entro in classe e dico “Bonjour” voi rispondete con “Bonjour Madame”- spiegai.

La classe in coro disse - Bonjour Madame-

Tirai un sorriso a labbra serrate. Amo il mio lavoro ma certe volte preferirei stare a casa.
 

  ~


22.30, Il mio appartamento.

Voi non ci pensate mai? A quando siete stati giovani come quei ragazzi che io incontro ogni giorno, a quando eravate spensierati e ridevate per un nonnulla, a quando sognavate di un futuro strambo e pieno di avventure o almeno interessante? Io ci penso e ci penso sempre una volta ogni mese. A quando camminavo per i corridoi di una piccola scuola in una piccola cittadina del Massachussets, quando sognavo di andare a vivere a New York City e farmi conoscere come un'artista e quando sarei diventata abbastanza famosa sarei andata ad abitare a Parigi, a quando qualsiasi cosa mi capitava la prendevo con leggerezza e non avevo paura dei giudizi degli altri. A quando sentivo di essere veramente libera.

Abbassai lo sguardo sulla lettera di mio padre.

Mi scriveva una volta al mese. Scriveva che gli mancavo, scriveva che avrebbe voluto davvero portarmi con se, scriveva che avrebbe voluto tantissimo vedermi e che era stanco di immaginarsi come ero cresciuta e diventata. Scriveva di tante cose riguardanti me e anche della sua vita, ma io non dovevo mai rispondergli, non dovevo mai rispondere alle sue lettere. Questa cosa andava avanti da anni ormai.

Presi un grosso respiro e aprii la lettera. Era stranamente più corta del solito.

Rilessi quelle parole non so quante volte. Perché qualcuno che non conoscevo sarebbe venuto da me? Perché mi avrebbe mentito? Perché mio padre era tanto preoccupato per me su questa cosa, era qualcuno di pericoloso? Una persona mandata da lui? Una persona mandata da qualcuno di cattivo che mio padre conosceva? Volevano farmi del male?

Lasciai perdere quelle domande e mi alzai. Indossavo la maglietta di un vecchio concerto dei Coldplay e un paio di boxer maschili rossi. Avevo centinai di boxer e li usavo più delle culotte o dei perizoma. I perizoma poi li odiavo.

Andai in cucina e mi versai un bicchiere di latte ma appena il bicchiere toccò le mie labbra suonarono al campanello. Sbuffai e posai il bicchiere per poi correre velocemente alla porta.

Appena l'aprì qualcosa di morbido si poggiò sulle mie labbra. Altre labbra. Labbra conosciute. Labbra che conosco fin troppo bene. La lingua di Eveline Cornet cominciò a pressare le mie labbra per aprirle. Le aprii lentamente ma la sua lingua si infilò velocemente andando contro la mia.

Non sentivo niente, solo il mio cuore che batte regolarmente o forse leggermente più veloce. Era come sempre, solo sesso.

La sua lingua continuò a spingere la mia quando anche io comincia a partecipare vivamente a quel bacio. Infilai le mie dita tra i suoi capelli corti e lucenti. Io assaporavo la sua bocca e lei assaporava la mia. Era tutto un attorcigliarsi e spingersi tra le lingue. Le gambe di Mrs. Cornet cinsero la mia vita. Automaticamente spostai le sue mani sotto le sue cosce per reggerla, non era tanto pesante, anzi.

La poggiai contro muro e le levai velocemente la maglietta. Lasciai veloci baci sulla sua mascella e poi lungo il collo. La sua pelle era così chiara e candida, il suo corpo era freddo sotto il mio riscaldato dal calore proveniente dal caminetto elettrico acceso. Con la mano sinistra strinsi con forza il braccio sinistro, mentre la mano destra riuscì a slacciarle il reggiseno per poi posarsi sul suo seno destro, il mio pollice si posò sul capezzolo e cominciò a fare movimenti circolari mentre mi attaccai con la bocca al capezzolo destro. Piccoli sospiri e gemiti ora riempivano la stanza e tutte quelle domande era svanite via come speravo, ora pensavo solo a procurare a Mrs. Cornet i piccoli piaceri che suo marito non poteva offrirle. Ma...una domanda uscì dalla mia bocca, dopo aver smesso di mordicchiarle il capezzolo. Quelle parole furono pronunciate dalla mia bocca, senza pensarci dissi il mio pensiero ad alta voce:

-Perché vuoi continuare così?-

Lei aprì gli occhi di colpo; teneva ancora la bocca aperta da dove prima uscivano dolci gemiti per le mie orecchie e invece ora non usciva niente se non silenzio assoluto.

-Non mi sembra il momento adatto per parlarne?- disse lei dopo i 5 minuti di silenzio.

-Giusto, perché dobbiamo scopare- dissi secca,fredda e anche con tono abbastanza scocciato. Che male c'era in un po' di conversazione?
-A me non mi interessi sinceramente, cioè sei una bella donna,è che  io sono sola e tu ti senti sola e...e tu ti metti a disposizione- Mi fermai perché stavo rivelando troppe verità.

Lei poggiò i piedi per terra e mi guardò, eravamo faccia a faccia. Il suo viso impassibile alle mie parole che non lasciava trasparire alcuna emozione. La guardai in attesa di risposta ma lei stava in silenzio. Quando dopo circa 3 minuti disse:

-Allora, andiamo in camera da letto?-



 



 Anche la scrittrice parla: Ciao bella gente, siccome ho tempo voglio usare questo tempo per fare un Angolo scrittrice intelligente, cosa che purtroppo non riuscirò mai a fare.
Comincio da dove è partita l'idea, visto che non ne ho parlato nel primo capitolo: l'idea è partita quando ho si è stabilito un buon rapporto di amicizia con la mia compagna di banco (parla inglese yay). Okay, non c'entra niente, ma mentre parlavo con lei l'idea è scattata. Ho sentito il bisogno di non buttarla via questa idea, come ho fatto con le altre idee originali che non mi convincevano molto e così ho cominciato a buttare giù questa cosa.
Appena ho letto che in pochi giorni è arrivata a 5 persone che l'hanno messa nelle seguite sono rimasta a bocca aperta, non me l'aspettavo per niente, anzi stavo anche pensando di eliminarla e invece ora ho anche scritto il secondo capitolo! Spero che l'ispirazione non faccia capricci e che continui a scrivere perché veglio vedere anche io dove le mie idee arriveranno.
Ringrazio kay978, MrsMimiAnima, nanna63, serafyn83 e Zeta81 per aver aggiunto la storia nelle seguite, anche se non avete lasciato alcuna recensione appena ho visto che l'avevate aggiunta mi sono convinta che la storia poteva funzionare e ho cominciato a scrivere questo capitolo, grazie ancora.
Un ringraziamento speciale va a holls che ha recensito e mi ha fatto notare degli errori che ho subito corretto, grazie mille e spero che recensirai anche questo capitolo e che mi fari sapere se ci sono degli errori (cosa molto probabile XD).
Vi informo che, se non arriva un improvviso blocco dello scrittore, aggiornerò ogni venerdì quindi se non posto prima sapete il motivo, è perché è quello il giorno che ho scelto per l'aggiornamento.
P.S: Traduco la famosa frase che il padre ha detto a Cècile prima di andarsene (ovvero "Vivre votre vie comme vous le souhaitez et que vous essayez de faire le moins de conneries que possible"): "Vivi la tua vita come vuoi e cerca di fare le meno cazzate possibili"
Un abbraccio,
StruckedGir

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Capitolo 3
*** Miss Riccioli Rossi ***


POV Rachel

 

Attraversavo il piccolo corridoio, i miei piedi pestavano varie sigarette lasciate lì per terra mentre dalle varie porte si sentivano risatine o urla.

Che schifo di condominio, il problema è che io e mio fratello non potevano permetterci di più.

Arrivai davanti alla porta di legno. Il numero 23 dorato era sempre al suo posto e intatto su quella porta di legno dove avevano scritto qualsiasi porcheria esistente. Alle mie narici arrivò l'odore di una canna: qualcuno dietro di me stava fumando. Non mi voltai neanche per salutare quel tipo che già immaginavo chi potesse essere.

Mi affrettai a infilare la chiave nella serratura e farla scattare. La porta si aprì e io entrai immediatamente nel mio appartamento. L'unico appartamento pulito e ordinato, l'unico appartamento che profumava di un leggere odore di pini di montagna, l'unica a essere un normale appartamento.

La figura maschile dai capelli neri di mio fratello era seduta sul divano, con la schiena curva e le mani sul controller. Dalla TV provenivano strani rumori come spari, urla e altri rumori simili. Non poteva che star giocando a Call of Duty.

-Ciao- dissi poggiando la borsa sulla sedia di legno messa accanto alla porta.

-Ciao- rispose alzandosi. Si avvicinò alla TV e pigiò il tasto sul televisore per abbassare il volume.

-Come è andato il primo giorno?- chiese ritornando al suo posto sul divano.

Improvvisamente, nella mia mente, apparvero due occhi di colore verde chiaro che mi fissavano. Mi guardavano dall'alto al basso. Rimasi in silenzio per non so quanto, a fissare quegli occhi come se fossero proprio davanti a me.

-Rach...?- sentii mio fratello chiamarmi e lo guarda. L'immagine di quei due occhi scomparirono. Sapevo bene a chi appartenevano.

-Sì? Oh, sì, beh, è andata alla grande. Tutto molto normale- risposi

-Okay-

Mi sedetti accanto a lui sul divano. Non parlavamo molto, specialmente dopo una giornata stancante per tutti e due.

-Ho ordinato la pizza- disse rompendo il silenzio.

-Okay- risposi

-Che hai?-

-Niente-

E ci fu un altro momento di silenzio. Odiavo quando non parlava molto, quando stava zitto e apriva la bocca per fare domande come se fossi la persona più interessante del mondo. Significava che non era stata una buona giornata, almeno non per lui, che a “lavoro” non era andata bene. Non sapevo che lavoro faceva o se ne aveva veramente uno, non me lo aveva mai detto ed erano guai se solo ti azzardavi a chiederglielo.

Mi ritornò in mente nostro zio Angelo, da cui aveva preso il nome. Si comportava allo stesso modo. Nostro zio sembrava un brav'uomo solo con noi, il resto non si sa. Non parlava mia di lui e soprattutto non parlava del suo lavoro. Ci comprava sempre molti regali, ma non sapevamo con quali soldi li comprava. Era l'unica persona che ci voleva veramente bene, insieme a nostro padre. Poi scomparve, dopo il mio settimo compleanno scomparve. Non era venuto alla mia festa, ma dopo non si fece più sentire, nessuno sapeva cosa gli era successo o dove fosse andato, nessuno sapeva niente e lui non si faceva sentire. Ma stasera, era arrivata una lettera.

L'avevo trovata nella cassetta della posta al piano terra. Non c'era scritto da dove proveniva, solo il mio indirizzo e il francobollo. Però, appena aprii la lettera, riconobbi immediatamente quella calligrafia. Non ci aveva mai scritto niente e la cosa mi straniva, ma la lettera fu ancora più strana: mi avvisava dell'arrivo di una persona che lui non conosceva e che non conoscevo neanche io, che questa persona si presenterà come una normale persona ma in realtà non ha buoni propositi, che ogni sua parola sarà una bugia. Mi aveva scritto che dovevo tenere ben aperti gli occhi, che ogni comportamento strano di una persona che conoscevo poteva essere un sospetto.

Il suono del campanello mi distrasse dai miei pensieri: la pizza era arrivata.

Mi alzai, vedendo che mio fratello non si smuoveva dal divano. Aprii la porta e la figura di un ragazzino con addosso una maglietta che un tempo doveva essere stata bianca e un cappellino rosso in testa mi salutò e poi mi porse le due pizze ancora dentro le scatole. Gli porsi una banconota da 20 dollari e lui cominciò a cercare tra le tasche dei pantaloni. Lo guardai per qualche secondo poi cominciai a guardarmi intorno, come se avessi paura che qualcuno ci stava guardando... e forse era così. Vidi un ombra a qualche metro da noi, poteva essere chiunque ma non si muoveva e nel lurido corridoio non c'era nessuno. Il ragazzo delle pizze riuscì a darmi il resto per poi andarsene. L'ombra non se n'era ancora andata.

Mi voltai per guardare all'interno del mio appartamento: mio fratello era molto impegnato a guardare il telegiornale dell'ora di cena.

Mi voltai verso il tavolino che c'era all'entrata alla mia destra, vi posai sopra le pizze ancora calde e uscii dal mio appartamento.

Rimasi ferma in mezzo al corridoio, guardai a destra e poi a sinistra: l'ombra era ancora là. Mi avvicinai ad essa senza farmi sentire. Non si muoveva, non la sentivo neanche respirare. Ma quando fui a pochi centimetri da essa, scomparve. Sentii dei tacchi battere velocemente sul pavimento, mi affacciai e vidi una lunga chioma rossa e ricciola correre. Aveva un cappotto nero e correva come se qualcuno la stesse seguendo e infatti era così: le stavo correndo dietro. Era forse lei la persona di cui mio zio mi aveva avvisato? Non doveva forse presentarsi in modo normale?

La rossa continuava a correre e io continuavo a seguirla. Mi sembrava di essere in quei film d'azione in cui una persona normale viene coinvolta in una cosa alquanto pericolosa, per un momento pensai che forse stava andando proprio come in uno di quei film.

Uscimmo dalla palazzina, dopo aver sceso le scale che dal secondo piano portavano al pian terreno. Appena uscii qualcosa mi arrivò a dosso,non riuscii a distinguere cosa perché istintivamente avevo chiuso gli occhi. Cercavo di spostare quella cosa ma a quanto pare colpii qualcuno perché le mie orecchie udirono un “Ahi!”.

Aprii gli occhi per vedere una donna che si stava accarezzando la guancia destra.

Non mi sembrava di averla vista in giro per il condominio. Era alta, qualche centimetro più alta di me; corporatura leggermente muscolosa, si vedeva dalle braccia scoperte che erano il risultato di forse anni di palestra; la pelle candida, bianca e al momento un po' sudata; Il viso dai lineamenti fini, la bocca rosea e piccola, due occhi verdi che al momento mi stavano fissando, così come li stavano fissando i miei; i riccioli rossi raccolti in uno chignon disordinato. Una chioma rossa era stata proprio la causa della mia presenza lì fuori, all'entrata del condominio.

-Scusa- dissi con tono dispiaciuto. Mi guardai intorno per cercare la rossa con il cappotto nero, ma era improvvisamente scomparsa. Era buio e i lampioni non funzionavano molto bene, la strada non era molto illuminata. L'avevo persa di vista.

Guardai la rossa appoggiata al muretto accanto alla porta girevole. Ora teneva una sigaretta tra i denti.

-Non si preoccupi, sono abituata a prendere pugni in faccia...o schiaffi- disse.

La guardai e sorrisi a labbra strette, un sorriso di cortesia.

-Sono arrivata da qualche giorno in questo condominio- continuò.

-Oh, infatti mi sembrava di non averla vista, sa tutti si conosco qui dentro- dissi

-Già, i ragazzi che stanno al mio piano hanno persino il mio numero di cellulare, senza che glielo avessi dato-

-Terzo piano- dissi.

-Esatto-

Sorrisi di nuovo, soddisfatta di aver indovinato.

-Sono tutti molto simpatici lì-

-E la maggior parte delle notti tranquilli- continuò lei.

-Oh, sì, la cosa più importante, io sono al secondo piano...- fui interrotta dalla sua voce.

-Secondo piano, eh? Non pensavo di avere sotto di me una donna così carina- disse con un tono alquanto seducente.

Sentii le mie guance avvampare e dalla mia bocca uscì una risatina nervosa.

Sulla sua si creò un ghigno.

-Beh...il secondo piano è quello meno tranquillo della palazzina, purtroppo- dissi cercando di cambiare discorso.

Rimase in silenzio. La guardai e mi stava ancora fissando con quel ghigno sul viso. Continuai a guardarla e feci una smorfia per poi riguardare davanti a me.

-Penso che ritornerò al mio appartamento, non ho ancora mangiato- dissi.

Lei annuì.

Mi avvicinai alla porta girevole ma la voce della sconosciuta mi fermò di nuovo.

-Amy Carter- si presentò.

Mi voltai e dissi anche io il mio nome:

-Rachel William-

Mi sorrise e io le sorrisi a mia volta per poi entrare nella palazzina. Salutai il portiere e mi diressi verso l'ascensore. Appena le porte metalliche si aprirono entrai, mi appoggiai ad una delle pareti e sorrisi pensando ancora alla donna appena conosciuta.

 


Ciao a tutteeee! Cavolo, mi dispiace per il ritardo, avrei dovuto aggiornare ieri ma non era ancora pronto e l'ho finito solo oggi >.< la nuova classe è parecchio difficile. Comunque ci sono riuscita, con un giorno di ritardo ma ci sono riuscita. Come avete letto, questo capitolo è scritto dal punto di vista di Rachel, la nuova preside. Spero che il capitolo vi piaccia e che non vi confondiate magari con il fatto che "la spia" e Amy siano la stessa persona, perché non lo sono (lo dico perchè già Simo l'aveva scambiata per la stessa persona). Come vi sembra? Il fatto che la lettera sia stata inviata da due persone diverse ma ha lo stesso contenuto vi sembra una coincidenza? Come anche il fatto che il fratello assomigli così tanto allo zio? Questa Amy vi sembra sospetta? 

 


Ringrazio Brittanna4Ever, Buttah Benzo e Shinatobe_K per aver messo la storia nelle seguite.
Ringrazio timeoff98 per averla messa nelle preferite.
Ringrazio anche tutte le altre per non aver abbandonato la storia, siete silenziose ma vi voglio bene!
Ringrazio holls (aka Simo) per i suoi preziosi consigli che migliorano la storia e per avermi consigliato di comprare un quadernino dove appuntare le mie idee (ti ringrazierò all'infinto LOL).

 


Ci vediamo alla prossima!
Un abbraccio,
StruckedGirl

 

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Capitolo 4
*** Il solito caffè ***


POV Rachel

 

6,40 a.m. Mario's Cafè

 

Entrai nella piccola caffetteria italiana.

Il profumo dei cornetti appena sfornati e del caffè arrivò alle mie narici: adoravo quel posto! Adoravo quel piccolo posto, al momento vuoto.

Mi diressi verso il bancone. Il barista, Luca, stava asciugando dei bicchieri di vetro che molto probabilmente la notte prima erano stati pieni di bevande alcoliche di ogni genere.

Continuai a guardarmi intorno. Aveva proprio quell'aspetto da tipico bar italiano, con tanto di bandiere delle squadre del cuore.

Luca appoggiò un bicchiere di vetro insieme agli altri e il loro tintinnio mi fece voltare verso di lui.

-Buongiorno Rachel- mi disse sorridente Luca.

-Buongiorno- risposi in italiano, come mi aveva insegnato.

Arrivai al bancone, appoggiai le braccia sul marmo splendente e aprii la bocca per pronunciare la mia ordinazione.

-Il solito caffè- disse il barista togliendomi le parole di bocca.

Sorrisi e mi sedetti sugli sgabelli di pelle rossa mentre lui, da dietro il bancone, si avvicinava alla macchina del caffè.

Mentre lui preparava la mia bevanda di inizio mattinata, mi ritrovai a pensare a ciò che era successo la scorsa sera, come avevo fatto tutta la notte. Non ero riuscita a dormire. Nella mia mente si formavano mille domande: Chi era quell' ombra? Perché mi seguiva? Perché poi era scappata? Era lei quella persona a cui dovevo stare attenta?

Mille pensieri e ipotesi si formavano nel mio cervello. Mille domande senza alcuna risposta e solo una lettera su cui porsi ancora più domande.

La tazzina di vetro si appoggiò sul bancone di marmo e il rumore che produsse mi risvegliò dai miei pensieri.

-La testa è ancora sul cuscino?- mi chiese il ragazzo sorridente.

Lo guardai e annuii debolmente. Sinceramente avrei preferito che la testa si fosse appoggiata su quel cuscino e invece avevo passato ore e ore a rileggere quella lettera, a cercare una possibile spiegazione a tutto ciò che era accaduto.

Presi la tazzina e bevvi un sorso di quel liquido che riusciva a rilassarmi e a darmi una giusta carica di energia. Il potere del caffè. Voltai lo sguardo verso la vetrata del bar: il sole stava salendo lentamente in cielo e la città si stava risvegliando, si vedevano le prime macchine passare e gli alunni fermarsi alla fermata dell'autobus per prendere il loro mezzo per andare a scuola. In tutta questa tranquillità e pace solo una figura femminile sembrava correre. Lei passò accanto alla vetrata del locale, a passo svelto mentre sembrava avere un discussione al cellulare, svoltò l'angolo e io mi voltai subito, posando lo sguardo sulla mia tazzina vuota.

Sentii il campanello suonare, dei passi e quella voce calda e profonda che parlava:

-Senti, non posso fare tutto fino a quella data, ci vuole tempo per fare certe cose- disse.

Ma io non prestavo molto attenzione a quella conversazione, stavo anzi pensando di andarmene e di avviarmi verso l'edificio scolastico.

Mentre si sentiva la rossa chiacchierare vivamente al cellulare mi alzai e diedi 5 dollari per pagare il caffè.

-Hey, già te ne vai?- disse Luca.

-Sì, sennò rischio di fare tardi- risposi mentre raccoglievo il resto in monete. Le presi le misi nel portafoglio. Lo salutai ma appena mi voltai andai contro a qualcuno: Amy.

Alzai lo sguardo e incontrai gli occhi verdi della rossa che mi stava sorridendo.

-Guarda chi si rivede- disse -la donna che mi ha dato uno schiaffo- continuò.

-Alla cieca, non l'ho fatto a posta- la corressi.

-Esatto- sorrise -Rachel, giusto?-

-Giusto- risposi.

Abbassai lo sguardo: non ero in vena di flirtare come lei stava facendo con me. Sicuramente pensava che non me ne fossi accorta. Il suo modo di guardarmi, era strano per una persona che mi aveva conosciuto la sera prima. Mi guardava con uno sguardo che nessuno mi aveva dato, mi guardava come se mi desiderasse, come se volesse mangiarmi da un momento all'altro. Era insopportabilmente fastidioso. Attenzioni del genere non mi piacevano.

Alzai lo sguardo.

-Io ora dovrei passare, per favore- dissi gentilmente ma allo stesso tempo la guardai con uno sguardo duro.

-Sì, certo- si spostò lasciandomi passare, senza opporre alcuna resistenza.

La sorpassai senza pensarci due volte e mi diressi verso l'uscita.

-Ti offro una birra stasera-

Quelle parole mi fermarono. Cercai di trovare una scusa sensata per bloccare quell'invito che poi non lo sembrava, mi aveva soltanto informato che l'avrebbe fatto e anche se avesse fatto una domanda non avrebbe ascoltato la mia risposta.

-No, molto probabilmente sarò stanca- risposi

-Passo a prenderti per le- ma non le lasciai finire la frase, uscendo dal bar e lasciandomi svegliare dal fresco mattutino. Non ero interessata a lei, non volevo uscire con lei, non volevo farmi una birra con lei. Semplicemente non la volevo.

Alzai lo sguardo per distrarmi e come ogni volta rimanevo incantata dal fascino del cielo. Il cielo che ormai si stava illuminando dalla calda luce del sole, illuminando quella parte di mondo di cui ero parte. E pensare che dal qualche altra parte l'oscurità veglia ancora sui suoi abitanti , che impaurisce e crea conforto tra di loro. Pensavo troppo spesso a questo genere di cose che mai mi sono fermata troppo a pensare alla mia. Continuai a guardare il cielo mentre i rumori della città prendevano spazio, eliminando il silenzio. Quei rumori che ci distraevano ogni giorno e mai si riusciva a ottenere silenzio se non durante la notte. Mentre continuavo a guardarlo cominciai a sentirmi piccola e con me anche i miei problemi, che erano nati tutti insieme in una notte. In qualche modo fui felice di ricordarmi che ciò che sta su di noi è molto più grande, è infinito, che in qualche modo i suoi problemi dovrebbero essere più importanti dei nostri eppure continuiamo a pensare che ciò che sta su di noi è un velo di protezione e nient'altro di più. In quel momento il cielo mi diede la giusta spinta per continuare la giornata. Il cielo, ora completamente illuminato, di giorni e di notte, riusciva sempre a farmi sentire minore e a farmi pensare che anche i miei problemi lo fossero, il problema era che non lo erano purtroppo, ma ringraziai il cielo per darmi questa strana sensazione.

Mi feci largo tra la folla e scesi alla fermata della metro per andare a scuola. Mi serviva una distrazione e il lavoro era la migliore.

 

~


Il rumore dei tacchi sbattere sul pavimento era l'unica cosa che si riusciva a sentire nel corridoio scolastico ancora vuoto.

Camminavo a passo svelto, come se fossi in ritardo ma per un preside era normale arrivare prima o anche arrivare più tardi, anche se io fortunatamente non sono mai arrivata in ritardo.

Entrai nel mio ufficio e salutai la segretaria che cominciò a elencarmi gli impegni della giornata, ma senza darle ascolto entrai nel mio ufficio. Mi sembrò di sentire il rumore della campanella suonare, ma la mia mente aveva ormai staccato la spina e si era esternata dal mondo intorno. Non sapevo il perché, non le avevo detto io di lasciarmi lì solo con i miei pensieri. La metropolitana non mi aveva mai fatto così tanta paura come in quella mattina.

Appena ero entrata nella fermata sotterranea mi ero sentita osservata, seguita, non giudicata, ma seguita. Che fosse l'ombra? Mi stava seguendo? Cosa voleva?

Il mio cuore batteva più del dovuto ripensando a ciò, non avevo mai avuto così tanta paura in tutta la mia vita.

Mi sedetti dietro alla scrivania, prese dei fogli poggiati su di essa e gli diedi un'occhiata veloce. Li guardai per qualche minuto senza leggerli e poi li buttai in malo modo sulla scrivania su cui successivamente appoggiai i gomiti. Alzai lo sguardo ma questa volta non c'era il cielo a ricordarmi che i miei problemi sono piccoli rispetto a ciò che mi sta sopra. I miei problemi sembravano crescere ogni minuto ora.

La porta del mio ufficio che si aprì mi fece sobbalzare sulla sedia e la mia mente tornò attiva.

Guardai la figura femminile che se ne stava sulla soglia della porta di vetro: La professoressa Bonnet.

-Posso entrare?- mi chiese con un sorriso timido.

-Certo- risposi sforzando un sorriso.

La donna entrò nell'ufficio e rimase in piedi.

-Si accomodi pure- le dissi indicandole le due sedie davanti alla mia scrivania.

-Oh no, dovevo chiederle una cosa veloce, devo andare in classe-

-Certo- sorrisi di nuovo -Chieda pure-

-Ecco, mi avevano avvisato che la mia classe era stata spostata, il problema è che non mi hanno detto in quale- disse. Sembrava un po' imbarazzata dalla situazione ma sul suo viso notavo un'altra cosa oltre che l'imbarazzo, solo non sapevo dire cosa.

-Oh sì- presi un fogliettino e una penna. Scrissi sul foglio bianco 'F2' e glielo consegnai.

Si avvicinò verso lo scrivania e si chinò per prendere il foglietto. Appena si avvicinò riuscii a vedere chiaramente cosa c'era nei suoi occhi, cos'altro cercava di nascondere con una maschera e quell'emozione mi sembrò familiare. Prese il foglietto e mi ringrazio.

Si avviò verso l'uscita:

-Buona giornata- disse aprendo la porta.

-Buona giornata- le risposi e lei uscì.

Mi ritrovai a pensare alla stessa emozione che avevo visto negli occhi di Cécile, quella stessa emozione che provavo da troppe ore e che occupava i miei pensieri, quell'emozione che cercavo anche io di nascondere: La paura.
 


Ciao, prima di tutto mi scuso per il super mega ritardo ma sono stata impegnata con scuola e transloco e sono riuscita a finirlo solo ora, sono comunque felice di aver postato prima della partenza. Da giovedì partirò per una settimana e purtroppo non sarò in grado di connettermi e di non poter postare per un'altra settimana. Il quinto capitolo è già in fase di scrittura e spero che durante questa vacanza riesca a scrivere altri capitoli :D
Spero che il capitolo ci sia piaciuto.

 


Ringrazio dopamina82, downeyjr_hiddleston, dreamcatcher88, Ekaril, Erzi, scorpio1787 e _Snixx_ per averla aggiunta nelle seguite.

Ringrazio anche tutte le altre per non aver abbandonato la storia, siete silenziose ma vi voglio bene!
Ringrazio holls (aka Simo) per i suoi preziosi consigli che migliorano la storia

 


Ci vediamo alla prossima!
Un abbraccio,
StruckedGirl

 
 

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