Il sapore agrodolce dell'inchiostro

di Dominil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Licenza Creative Commons
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La vicenda qui di seguito narrata non è mai accaduta, gli Avenged Sevenfold non mi appartengono e l'opera non ha fini commerciali e di lucro.
Nessun diritto si ritiene leso o violato.





Il sapore agrodolce dell'inchiostro

Capitolo 1





"So here I am, it's in my hands
And I'll savor every moment of this.
So here I am, alive at last
And I'll savor every moment of this."*






Una sigaretta venne distrattamente lanciata sul ciglio della strada, una leggera nuvola di fumo si intravedeva ancora. Solo in quel momento il proprietario, seduto sul marciapiede e con i gomiti sulle ginocchia, iniziò a prestarvi attenzione.
I suoi occhi erano stanchi, un po' rossi, sembrava quasi avesse la febbre; la stanchezza si percepiva dai suoi respiri profondi e dal modo in cui continuava a guardare la cicca: senza sbattere le palpebre.
Un'altra giornata di lavoro stava per volgere al termine e il suo corpo ne sentiva tutto il peso, quasi non poteva credere che tra non molto avrebbe potuto rilassarsi sul divano con una bella birra ghiacciata.
A quel punto avvertì dei passi alle sue spalle, pesanti e un po' scoordinati, così si voltò. Un ragazzo alto e piuttosto robusto era arrivato davanti alla vetrina del suo piccolo negozio che era dietro di lui e fissava Jimmy, che di solito si occupava di accogliere i clienti e prendere le prenotazioni, intento a sfogliare una rivista poggiata sul bancone.
Lo sconosciuto lo aveva ignorato del tutto e continuava a fissare le pareti tappezzate di foto del negozio non sapendo bene cosa fare. Avrebbe giurato che gli stessero sudando le mani dal modo in cui se le stringeva ed era quasi tentato ad alzarsi e a bloccare quel tic fastidioso.
Non poteva saperlo, ma era proprio il suo sguardo insistente a mettere a disagio il futuro cliente che avrebbe desiderato solo voltarsi e chiedere chi cazzo era e se la smetteva di fissargli la schiena in quel modo. Lo innervosiva essere al centro dell'attenzione di persone che non aveva mai visto prima, voleva solo prenotare il suo tatuaggio e tornarsene a casa senza troppe storie.
“Puoi entrare.” disse quello seduto sul marciapiede con un leggero sorriso ed un cenno della mano.
L'altro ragazzo ricambiò un po' dubbioso però poi fece qualche passo fino ad aprire la porta di vetro che richiuse con poca delicatezza.
“Salve...” iniziò quando arrivò davanti al bancone, in una posizione un po' rigida; a stento riusciva a mantenere il contatto visivo con Jimmy che, d'altro canto, aveva solo alzato leggermente lo sguardo continuando ad essere poco interessato alla situazione.
“In cosa posso esserti utile?” rispose però, consapevole che se non si fosse comportato a modo il suo socio gli avrebbe rotto le scatole per giorni. E non aveva nessuna voglia di litigare.
“Volevo prenotare un tatuaggio**, ecco ho il disegno.”
Da una tasca estrasse un foglio ripiegato in quattro che poi aprì e mostrò all'altro. Una scritta, Thicker than water, troneggiava in alto e sotto c'erano tre figure lievemente sfumate di viola simili a tre putti mentre di lato, come per collegare i due elementi, erano posizionate due stelle e due rondini.
Jimmy osservò attentamente il disegno, ne era rimasto affascinato. Il ragazzo sembrava avere le idee molto chiare ed era piuttosto raro che accadesse in quel negozio. Spesso si era ritrovato a dare consigli su colori, caratteri e forme pur sapendone davvero poco, ma d'altronde quando la gente voleva tatuarsi sentiva la necessità di essere guidata. E quindi, pur mentendo molte volte, annuiva a qualsiasi richiesta appuntando la prenotazione.
Quella volta invece era rimasto davvero impressionato da quel disegno e non vedeva l'ora di osservare l'impatto che avrebbe avuto sulla pelle di quel ragazzo.
“Dove vuoi farlo?” chiese, tenendo per sé tutte quelle riflessioni. “Almeno quando parlerò con il tatuatore potrà farsi un'idea del lavoro da fare.”
“Sul petto.” rispose l'altro, indicandosi la canotta nera che indossava. “Avete posto la settimana prossima?”
Jimmy controllò sull'agenda e alla fine scrisse sul retro del loro biglietto da visita: martedì 7 novembre ore 17.00, per poi consegnarlo al suo interlocutore che lo afferrò senza riuscire a mascherare il proprio entusiasmo. I suoi occhi chiari brillarono e un largo sorrise sciolse le sue guance.
“Grazie mille, a Martedì allora!”
Il ragazzo uscì senza voltarsi con il suo biglietto stretto ancora tra le dita, non si curò di quello ancora seduto sul marciapiede intento a fumare un'altra sigaretta, non rimase a guardare l'insegna luminosa del Syn Gates Tattoo che, nonostante le modeste dimensioni, aveva iniziato a raggiungere una certa popolarità in città; non si curò di nulla di tutto questo, solo che tra qualche giorno avrebbe avuto nuovo inchiostro sulla sua pelle ed una nuova storia da raccontare.
Di nuovo un mozzicone di sigaretta sull'asfalto, di nuovo fumo e tanta stanchezza in quella giornata che finiva esattamente come le altre e che lasciava il posto ad un altro giorno passato in quel negozio dove si stava sì facendo le ossa, ma dove iniziava a sentirsi stretto. La figura del cliente che si allontanava aveva catturato la sua attenzione esattamente come quando era arrivato, lo guardava svanire senza perdersi nessun dettaglio delle sue spalle larghe e della sua schiena. Quasi si sentì offeso per non essere stato preso minimamente in considerazione, non capitava spesso, eppure questo stuzzicava solo di più la sua fantasia e la sua curiosità, il che non succedeva davvero da troppo tempo.

***

Quando il martedì successivo Matt entrò nel Syn Gates Tattoo, Jimmy non era al suo solito posto dietro al bancone appena dopo l'ingresso e quel posto vuoto lo destabilizzò un po', non sapendo come fare per richiamare l'attenzione su di sé, sempre se ci fosse qualcuno in negozio.
Si guardò intorno con aria interrogativa, non prestò attenzione ai ragazzi raffigurati nelle foto alle pareti e fece qualche passo avanti verso una porta sulla destra su cui erano stati applicati molti adesivi. Riconosceva quelli di band che lui stesso ascoltava mentre alcuni non sapeva proprio cosa volessero significare, forse erano marchi di inchiostri o macchinette per tatuare.
La sua curiosità però fu catturata dal manifesto della Central Coast Tattoo Convention*** che era stato applicato in alto con qualche pezzo di scotch; non gli sembrò di averne mai sentito parlare, si chiese dove avesse vissuto per tutto quel tempo.
Mentre meditava ad una sua eventuale partecipazione a quella manifestazione, la porta che stava fissando si aprì con violenza e Matt fu costretto a fare alcuni passi indietro rischiando di urtare l'appendiabiti dietro alle sue spalle.
Il ragazzo, alto e con folti capelli scuri che ne uscì, lo guardò un po' sorpreso, non si era accorto che fosse entrato qualcuno; magari era lì da chissà quanto tempo e aveva avuto la possibilità di maledirlo innumerevoli volte.
Si ricordò subito della corporatura robusta che si ritrovò davanti, degli occhi verdi e dello sguardo timido e perplesso. L'altro però non sembrava avere nessuna espressione in particolare nei suoi confronti, come se fosse la prima volta che si incontravano.
“È tanto che aspetti? Scusa davvero, il mio socio Jim non c'è oggi e non è semplice fare da solo quello che di solito si fa in due.” disse il tatuatore, portando una mano colorata dietro la nuca. “È questo il tuo disegno, vero?” aggiunse, forse troppo velocemente perché vide gli occhi dell'altro guizzare da una direzione all'altra senza realmente capire cosa stesse succedendo.
“S-Sì è quello, ma non preoccuparti ero appena arrivato.” rispose, mordendosi lievemente il labbro inferiore.
“Perfetto allora ho già preparato tutto, puoi accomodarti.”
Il ragazzo gli indicò la stanza che si rivelava oltre la porta che stava per spaccargli il naso e Matt ci entrò titubante, come se stesse varcando la soglia di un'abitazione non sua in assenza del padrone di casa. C'era una strana fragranza nell'aria, non sapeva bene come definirla, forse particolare era l'unico aggettivo che gli veniva in mente; non gli dispiaceva anzi, trovava che si adeguasse bene alla stanza e al suo arredamento. Si accomodò sulla poltrona di pelle dove era stato steso un lungo foglio di carta, per poi attendere.
“Ah, comunque mi chiamo Brian Haner. La volta scorsa non abbiamo avuto modo di presentarci.” disse il proprietario quando raggiunse il cliente. Un'espressione interrogativa però, incurvò il viso pieno di Matt, non riusciva a capire a che scorsa volta si riferisse. Brian dovette accorgersene, perché aggiunse: “Ci siamo visti quando sei venuto a prenotare il tatuaggio, io ero fuori, seduto sul marciapiede.”
“Sono un idiota, scusa.” rispose Matt, esibendo un largo sorriso mentre i suoi zigomi avvampavano lievemente. “Ero così agitato che non ci ho capito niente. In ogni caso mi chiamo Matt Sanders, piacere.”
Non si strinsero la mano, Brian gli fece un occhiolino e l'altro continuò a sorridere facendo sì che il tatuatore non riuscì a distogliere lo sguardo per qualche secondo.
“Jimmy mi ha detto che vuoi tatuarti sul petto, se sei ancora di quest'idea puoi toglierti la maglietta.” propose l'artista, dopo aver infilato i guanti di lattice.
L'interlocutore rispose all'ordine senza battere ciglio così si sfilò la canotta dei Motörhead che aveva addosso, per poi appoggiarla dietro di sé, sul poggiatesta della poltrona. Non sembrava a disagio con il proprio corpo, e solo quando Brian alzò lo sguardo verso di lui capì il perché: le spalle erano larghe e ben proporzionate e il torace perfettamente delineato dalla muscolatura evidente e ben sviluppata. I suoi occhi nocciola si persero velocemente sugli addominali e poi tornò su fino a guardarlo in viso.
“Allora, dove applico lo stencil?” chiese con un po' di difficoltà, visto che le labbra erano diventate improvvisamente secche e la saliva iniziava a scarseggiare.
Matt indicò lo spazio tra i pettorali e Brian sbatté le palpebre nella speranza di ritrovare la giusta concentrazione. Posiziò la carta velina sulla pelle per poi posarvi del deodorante in stick così che l'inchiostro si trasferisse sulla pelle del ragazzo. Quando staccò lo stencil si fermò per una manciata di secondi ad osservare il risultato: tutte le linee erano ben evidenti, non avrebbe avuto problemi a proseguire.
“Ti piace?” domandò all'altro, dopo aver indicato lo specchio davanti a lui. “Se no lo applico in un altro punto o in un altro modo.”
“No, tranquillo.” rispose Matt, rassicurante. “Va benissimo così, puoi iniziare.”
A quel punto Brian prese uno sgabellino in un angolo della stanza e lo avvicinò alla poltrona. Dopo essersi seduto mise dell'inchiostro nero in un piccolo recipiente ed aprì un pacchettino da cui estrasse un ago sterile.
“Data la complessità e la grandezza del tatuaggio.” propose. “Direi che saranno necessarie diverse sedute. Oggi iniziamo con i contorni degli angeli, che ne dici?”
“Sei tu l'artista, mi fido di te se si tratta di tatuaggi.”
Matt sembrava un ragazzo totalmente diverso da quello che aveva visto per la prima volta, la timidezza pareva essersi dissolta e dalla regolarità dei suoi respiri sembrava anche piuttosto a suo agio. Aveva la testa appoggiata sulla sua canotta e i suoi occhi vagavano sulle pareti, mentre aspettava che l'ago iniziasse finalmente ad incidere la sua pelle.
Il caratteristico ronzìo della macchinetta lo avvertì che il dolore stava per arrivare così sospirò profondamente come per prepararsi a tutto quello che di lì a poco sarebbe avvenuto.
“Pronto?”
Matt annuì così Brian, dopo aver disteso con le dita la porzione di pelle che stava per tatuare, posiziò l'ago e iniziò il suo lavoro. Il ragazzo gemette silenziosamente, l'istante successivo però le sue labbra si distesero in un sorrisetto soddisfatto e compiaciuto.
Amava i tatuaggi, amava i numerosi significati che già portava addosso, ma più di tutti amava il momento in cui l'ago entrava sempre più a fondo lasciandogli segni indelebili. Non era spaventato, come spesso sentiva dire, dall'immortalità che quei disegni avevano anzi, ne era totalmente affascinato; d'altronde quella era forse l'unica certezza della sua vita: ovunque sarebbe andato, qualsiasi cosa avrebbe fatto, i suoi tatuaggi sarebbero rimasto proprio lì, sulle sue braccia e ora anche sul suo petto, senza modificarsi di una virgola.
Una scarica di adrenalina gli attraversò la spina dorsale ma cercò di contenere i brividi, non aveva nessuna intenzione di disturbare Brian che fino a quel momento non aveva pronunciato nemmeno una parola, troppo concentrato com'era su quella che sarebbe diventata la sua ennesima opera d'arte. Nonostante ormai la sua carriera fosse ben avviata quasi quanto la sua fama, non aveva smesso di essere nervoso ed eccitato per un nuovo lavoro; erano tutti primi tatuaggi, per lui.
“Come sta andando?” chiese diversi minuti dopo, quando era orma ora di eliminare i primi residui di inchiostro. “Non mi sembra ti stia facendo male.”
“Un po' sì.” ammise Matt, voltando la testa all'indietro. “Ma è decisamente sopportabile.”
Quando i suoi occhi si distolsero dalla figura di Brian al suo fianco, iniziarono ad analizzare con maniacalità le pareti, soffermandosi su lle applique a forma di teschio che illuminavano la stanza. Le lampadine erano a goccia mentre il supporto sembrava di ferro e quegli sguardi minacciosi lo incuriosirono. Anche la carta da parati era particolare, rossa con delle decorazioni dorate; Matt si chiese chi avesse ideato quel particolare arredamento così diverso da quello dell'ingresso che risultava invece essere piuttosto minimal e moderno.
Quella stanza invece, adesso che ci faceva caso, strabordava di dettagli con stili diversi e che quasi facevano a cazzotti: era un mix tra l'appartamento di un esuberante artista e il castello di Dracula.
“Come mai hai arredato questa stanza così?”
Non riusciva proprio a tenere la bocca chiusa in certi momenti, soprattutto in quelli meno opportuni.
Brian sospirò quasi infastidito e Matt era già pronto a maledirsi mentalmente.
“È colpa del mio migliore amico Zacky, è fissato con certe cose. Mi dispiace che ti metta a disagio.”
“Non mi mette a disagio, è solo che non mi era mai capitato di vedere qualcosa di simile, e io di cose strane ne ho viste parecchie.”
“Beh allora devo presentartelo prima o poi, solo dopo aver conosciuto un tipo del genere puoi dire di averle viste tutte.”


* The Taste of Ink, The Used;

** il tatuaggio che Matt decide di farsi è questo; ovviamente non so se sia stato concepito come un unico tattoo o no, è stato a mia discrezione;

*** la convention di cui si parla è davvero esistente e potete trovare informazioni a riguardo a questo indirizzo.

Note: questo è il primo capitolo di quella che sarà una breve Bratt, composta da non più di 5 capitoli. Spero abbia stuzzicato la vostra curiosità e che vi spinga a continuare la lettura!


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Inchiostro 2
Il sapore agrodolce dell'inchiostro
Capitolo 2









Il ronzio della macchina per tatuare riempiva il silenzio della stanza da molto tempo ormai, Matt e Brian avevano iniziato a parlare sempre di meno fino a porre fine ad una conversazione fatta di poche parole, ma molti sorrisi. E quelli c'erano ancora anche in quel momento; nonostante il ragazzo disteso avesse le labbra serrate, i suoi occhi chiari si scioglievano in affettuosa gratitudine verso quelle mani che con sapiente consapevolezza iniettavano inchiostro nella sua pelle.

Brian non aveva più alzato lo sguardo e col passare del tempo i suoi zigomi si erano arrossati e le pupille erano diventate lucide per la stanchezza.
“Ti dispiace se facciamo una pausa?” disse poco dopo, spegnendo la macchinetta. “Ti offro una sigaretta.”
Matt annuì con un cenno del capo e fece per alzarsi, Brian però lo bloccò per pulire eventualo residui d'inchiostro. Con una smorfia che l'altro ragazzo reputò piuttosto buffa,manifestò la sua soddisfazione verso il lavoro che aveva fatto fino a quel momento e poi si alzò dirigendosi verso la porta.
Quello coi capelli chiari convenne che non fosse il caso di infilare la canotta così seguì il tatuatore nell'atrio ancora vuoto fino all'esterno del negozio.
“Vuoi? Scusa fumo solo Marlboro rosse.”
Lo so, avrebbe voluto rispondere Matt, avendo sin da subito notato il tatuaggio che Brian aveva sulle nocche.
"No grazie, non fumo... o almeno non più.”
Le sopracciglia dell'altro si incurvarono e ritrasse il pacchetto, per poi sfilare una sigaretta e posizionarla fra le labbra. Quando le sue mani furono di nuovo libere la accese prendendo subito ad inspirare lentamente con respiri sempre più profondi.
Non appena il tipico sapore amarognolo gli impregnò la lingua, Brian sentì i propri muscoli rilassarsi e distendersi, dopo più di un'ora immobile nella stessa posizione ne aveva davvero bisogno.
“Sei diventato una specie di salutista?” chiese poi, non appena si fermò per buttare via il fumo.
Matt sorrise e iniziò a muovere i piedi mentre i suoi occhi si abbassavano sul marciapiede.
“Con questa pancetta mi ci vedi a fare il fissato?” rispose senza smettere di tenere le labbra distese in quel modo particolare che Brian aveva subito imparato ad associare al viso del ragazzo. “E comunque ho dovuto farlo per lavoro...”
Il tatuatore avrebbe voluto fare altre domande, scoprire di più su quel tipo che era solo alla prima seduta e che avrebbe voluto continuare a tatuare anche per tutta la vita, se solo glielo avresse chiesto, ma col tempo aveva imparato a farsi i fatti suoi e a non chiedere nulla alle persone, in un modo o nell'altro queste avrebbero fatto di tutto pur di ritorcergli tutto contro, prima o dopo.
Durante quel silenzio un po' teso, Brian si era seduto sul marciapiede come la prima volta in cui Matt l'aveva visto, con le braccia appoggiate sulle cosce e la schiena curvata in avanti. In quei momenti i suoi occhi diventano scuri e duri, tornava indietro a quando era un ragazzino che fumava di nascosto nei bagni della scuola o nel cortile di casa, si immedesimava nel se stesso del passato ed era felice di essere arrivato lì dov'era, anche se ciò aveva significato sacrificare una delle sue passioni più grandi, alla pari di quella per i tatuaggi.
“Eccomi!” urlò ad un certo punto Jimmy, spuntando dall'altra parte della strada. Aveva un raccoglitore sotto il braccio e un sacchetto stretto in mano; si avvicinava a passi veloci.
“Che mi hai comprato?” chiese Brian, non appena l'amico li raggiunse. Matt salutò l'altro proprietario del negozio con un sorriso e poi fece un paio di passi indietro, in certi momenti aveva paura di essere di troppo.
“Caffé doppio e una ciambella al cioccolato, poi dimmi che non ti voglio bene. Matt giusto? Se hai fame ce n'è una anche per te.”
“N-no no grazie, davvero. Sono a posto.”
“Sicuro? Tutti quei muscoli non si tengono su da soli.” concluse Jimmy, facendogli l'occhiolino.
A quel punto Matt sospirò e sì, agguantò una ciambella dal sacchetto per poi darle un bel morso. Non ci aveva poi messo tanto a cedere, ma sembrava che Jimmy ci tenesse molto.
“Quefto cos'è?” domandò il terzo ragazzo con la bocca piena e le labbra ricoperta da crema al cioccolato, indicando il raccoglitore.
“Oh, riguarda la Convention, c'è il regolamento e tutte le varie stronzate. Solite cose. Tu pensa a tatuare amico, per il resto c'è Jimmy Sullivan a pararti il culo.”
Dopo questa frase ed un sorriso smagliante, si diresse verso l'interno del negozio lasciando di nuovo Matt e Brian da soli.
Il secondo scoppiò a ridere, non appena notò l'espressione soddisfatta sul volto dell'altro, sicuramente data da quell'appetitosa sorpresa.

***

Quando Matt tornò al Syn Gates Tattoo per la seconda seduta, dovette aspettare una mezz'ora buona prima di entrare nella stanzetta di Brian e sedersi sulla poltrona di pelle scura. Era passata una settimana dall'ultima volta in cui aveva iniziato il tatuaggio e questo si stava cicatrizzando a dovere, a detta dell'esperto.
“Oggi facciamo la scritta.” esordì. “Almeno ce la leviamo dalle scatole.”
Il ragazzo disteso ridacchiò e si preparò rilassando i muscoli quanto più gli era possibile.
“Thicker than water*, eh? Devi essere legato alla tua famiglia.” asserì Brian mentre si preparava e tornava mentalmente al punto in cui aveva lasciato il lavoro la scorsa volta. Per l'ennesima volta si era ritrovato a fare domande e anche adesso le guance di Matt si erano colorate di porpora e il suo sguardo si era abbassato. “Scusa, sono un rompicoglioni. Sto zitto.”
A quel punto l'altro ragazzo alzò la schiena con uno scatto rischiando di farsi infilzare dall'ago che stava per raggiungere il suo petto.
“Ma no Brian, sono io che mi imbarazzo per niente!” esclamò, iniziando ad agitare anche le mani. Il solo pensiero che avesse potuto farlo sentire a disagio gli fece venire una brutta sensazione alla bocca dello stomaco, era stato gentile con lui sin da subito e non era affatto giusto che, di rimando, si comportasse in quel modo.
Anche se, in effetti, Matt si era accorto solo quando era arrivato per la prima volta in quello studio, di essere in grado di arrossire.
“Comunque sì, mi hanno aiutato molto nonostante io continui a sentirmi un po' un fallimento.” tentò di esibire un sorriso rassicurante, ma dubitò di esserci riuscito del tutto.
Guardando quell'espressione, Brian non potè fare a meno di accarezzare il dorso della mano dell'altro in segno di solidarietà con la punta delle dita, poi scosse debolmente la testa e tornò al suo lavoro.
I respiri di entrambi tornarono regolari in poco tempo e il ronzìo della macchinetta fu di nuovo l'unica compagnia; questa volta però si aggiungeva la voce di Jimmy che ogni tanto attraversava la parete: lo si sentiva per la maggior parte delle volte litigare al telefono con qualcuno.
Anche se non li conosceva quasi affatto, Matt si rese subito conto che tra Jimmy e Brian c'era uno di quei rapporti che si ha la possibilità di instaurare una sola volta nella vita; se hai la fortuna di incontrare quella persona, te la devi tenere ben stretta o rischi di pentirtene fino alla fine dei tuoi giorni. Un po' li invidiava, inconsciamente desiderava anche lui di far parte di quella famiglia che solo quei due formavano. Sembravano bastarsi l'un l'altro, Matt invece aveva l'impressione di avere molto di più, ma non si sentiva mai sazio.
“Posso farti io una domanda? Così magari ti senti meno in colpa.”
“Spara.” rispose Brian, senza alzare lo sguardo.
“Da quant'è che conosci Jimmy?”
Il tatuatore si riavviò i capelli scuri con un veloce gesto della mano, staccando per un attimo quei piccoli aghi.
“Sai che non me lo ricordo? Abbiamo passato così tanto tempo insieme che mi sembra di averlo avuto accanto anche quando in realtà non c'era. In ogni caso l'ho conosciuto quando lavorava in una lavanderia a gettoni qui in città, io avevo un mucchio di panni sporchi e lui era troppo strambo per non offrirgli una sigaretta.”
“Mi stai indirettamente dando dello strambo?” chiese Matt, per poi alzare un sopracciglio.
Brian scoppiò a ridere, dovette allontanare la macchinetta e spegnerla per una manciata di secondi.
“Naaah, quello non è l'unico motivo per cui offrirei una delle mie Marlboro a qualcuno.”
“E gli altri quali sarebbero?”
“Troppo comodo amico, mi dispiace.” disse stroncando la conversazione.
Matt capì che non avrebbe potuto continuare dal modo in cui Brian abbassò la testa e dalla concentrazione che prese subito posto nel suo sguardo.
L'artista, d'altro canto, era sì preso dal suo lavoro, ma non poteva fare a meno di continuare a guardare quella pelle lievemente abbronzata, di sentire i pettorali sotto i guanti quando, con premura, distendeva la porzione da tatuare; era rimasto incantato sin dal primo momento dalla corporatura di quel ragazzo – difficilmente sarebbe passata inosservata – e più la guardava e ne sentiva il profumo, più si sentiva attratto.
La volta precedente si era accorto del profumo di Matt solo quando questo se n'era andato, la sua stanza non aveva la solita fragranza di sempre e non ci mise molto a ricordare che c'era molto di quel ragazzo su di lui, nonostante continuasse a negarlo. Non era esperto in profumi o cose del genere, ma maschile era l'unico aggettivo che gli sembrava convincente. Un uomo avrebbe dovuto avere un odore simile a quello, né più dolce né più forte.
Si pentì di puzzare di fumo, anche se nessuno glielo faceva notare era consapevole del fatto che fosse così. Quando si avvicinava a Jimmy ci faceva caso, anche lui puzzava di sigaretta, ma ci si era talmente abituato che ormai quasi gli piaceva. Non percepiva solo nicotina quando inspirava, c'era qualcosa di particolare che rendeva quel profumo unico.
Era Jimmy e sapeva di fumo e nicotina, con un accenno di una fragranza dolce che non sapeva definire.
Matt invece aveva un odore da uomo e Brian non riusciva a smettere di assaporarlo un respiro dopo l'altro.
“Fatto.” concluse circa un'ora dopo, la sua bocca esibiva un sorriso soddisfatto e corse a prendere un piccolo specchio così che l'altro ragazzo potesse guardarsi per bene.
Mentre si sfilava i guanti in lattice sperava di aver fatto un bel lavoro, desiderava che Matt lo ringraziasse con lo stesso entusiasmo della volta precedente e che gli allungasse una mano con tanto di pacca sulla spalla per salutarlo.
“Grandioso amico, stai facendo davvero un lavoro fantastico.” esordì il ragazzo seduto senza distogliere lo sguardo dello specchio. “Solo una cosa, dovresti pulirmi qui.” continuò, indicando delle lievi macchie scure quasi all'altezza del pomo d'Adamo. Brian recuperò velocemente un pezzo di carta che subito bagnò, per poi togliere via l'inchiostro. Trovarsi di nuovo così vicino al petto di Matt gli fece girare per un attimo la testa, un attimo così fugace che stentò a credere di averlo vissuto.
Non sapeva perché, si sentiva solo dannatamente stupido, ma non avrebbe mai voluto allontanarsi di nuovo.
Continuò a strofinare ancora un po' salendo sulle scapole per poi lasciar scivolare giù la mano e portare il viso alla stessa altezza degli occhi dell'altro. Sentiva che il fiato gli si era fatto corto e che gli occhi verdi si erano bloccati, stava quasi per ridere per quell'espressione buffa. La sacralità con cui Matt lo osservava però, lo fece rimanere serio. Si specchiava dubbioso in quelle iridi chiare, riconosceva la paura negli sguardi di entrambi, ma era una paura bella ed eccitante, come quella per le montagne russe.
Nonostante lo stomaco in gola, continui sempre a fare un altro giro perché non puoi fare a meno di quella sensazione. Era da tanto che Brian non andava in un parcogiochi e fremeva all'idea di provare ancora il piacere del brivido. Non sapeva come Matt avrebbe potuto rispondere ad un suo possibile gesto, e questo lo eccitava terribilmente.
“Volevo offrirti una sigaretta.” soffiò ad un paio di centimentri dalla bocca dell'altro. “Perché ti trovo un tipo decisamente interessante.”
Il ragazzo, di rimando, si morse il labbro inferiore.
“Brian!”
Una terza voce, che Matt non conosceva, irruppe nella stanza. Un ragazzo dai capelli corvini e gli occhi chiari simili ai suoi fece qualche passo fino a raggiungerli per poi sedersi sullo sgabello che di solito usava il proprietario quando tatuava.
“Zacky...” rispose a mezza voce l'interlocutore, mentre teneva una mano poggiata sul cuore. Sì che aveva voglia di emozioni forti, ma rischiare un infarto per quello spostato non era il caso.
“Ehm, allora io vado.” disse Matt allontanandosi da Brian fino ad alzarsi in piedi. “Prendo appuntamento con Jimmy per la prossima seduta.”
L'altro ragazzo non riuscì a fare altro che salutarlo con un cenno della mano e dire, con un filo di voce: “Lui è Zacky, l'amico di cui ti parlavo.” Aspettò che i due si strinsero la mano e poi si abbandonò sulla poltrona dopo aver esalato un profondo sospiro.
“Ho come l'impressione di aver interrotto qualcosa.” asserì Zacky, non appena sentì la porta chiudersi.

***

Quando Matt si avvicinò a Jimmy, questo lo guardò con aria interrogativa. Non lo conosceva bene, anzi quasi affatto, ma sapeva riconoscere l'amarezza negli occhi degli altri. Lui che difficilmente si buttava giù, aveva come un talento naturale nel captare i problemi altrui.
“Stai bene? Brian è stato indelicato?”
“Tatua alla perfezione, lo sai meglio di me.” rispose Matt, un po' scocciato. “Quando posso venire per completare il lavoro? Dovrebbe essere necessaria una sola ed ultima seduta.”
“Guarda che non mi riferivo al tatuaggio.” disse Jimmy, guardandolo dritto negli occhi. “Brian è impeccabile con gli aghi, mi riferivo alla sua bocca. Quella non la sa ancora usare molto bene.”
L'altro ragazzo arrossì e non seppe dire se l'amico se ne fosse accorto, in ogni caso non lo dava affatto a vedere. Non sapeva se il riferimento alle labbra del tatuatore lo faceva imbarazzare o incazzare... forse entrambe le cose.
“Fissiamo un appuntamento Jim, ho una certa fretta.”

***

“Eddai Brian, ci vieni?”
“Zacky sono pieno di lavoro in questo periodo, non ti ci mettere anche tu per favore.”
“Sono secoli che non passiamo una serata insieme, me lo devi. Ho invitato anche Jimmy.”
A quel punto il ragazzo si sentì in trappola e fu costretto ad arrendersi. D'altronde, se anche il suo migliore amico aveva accettato, non poteva fare altrimenti.
“E va bene, va bene, ci vengo. Posso sapere il nome della band che suonerà, almeno?”
“I Successful Failure.” rispose prontamente l'altro. “Non li conosco, ma ho sentito dire in giro che spaccano davvero e che stanno iniziando a farsi un nome nel mondo dell'hardcore.”
Brian sospirò sonoramente prima di afferrare il biglietto che l'altro gli porgeva e poi lo infilò in uno dei cassetti del bancone dove di solito prendeva posto Jimmy che, in quel momento, se la prendeva comoda in bagno.
“Ma ha problemi di vescica?” chiese Zacky, ad un certo punto.
“No.” rispose l'altro. “È solo troppo stupido per rendersene conto.”
La terza seduta di Matt sembrava essere lontana anni luce, il modo in cui era terminata la precedente lo metteva a disagio e al tempo stesso lo faceva innervosire. Il pensiero che sarebbe potuto succedere chissà cosa, gli faceva venire l'amaro in bocca.
Dopo aver lanciato un'occhiata fugace a Zacky, però, si rese conto che non poteva aspettarsi di meglio dalla vita, se si era scelto un soggetto del genere come amico.



*abbreviazione di Blood is thicker than water (il sangue è più denso dell'acqua): la famiglia è più importante di qualsiasi altra cosa.

Note: ringrazio le dolcissime Gatto Magro e Yssel che, per fortuna, mi seguono anche questa volta e tutti coloro  che hanno aggiunto questa fanfiction tra le preferite/ricordate/seguite.
Scusate il ritardo, ma sono stata in vacanza in Puglia... I prossimi aggiornamenti saranno più veloci!
Un bacio e alla prossima!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il sapore agrodolce dell'inchiostro
Capitolo 3











L'orologio analogico sul cruscotto della macchina di Zacky segnava le otto e qualche minuto, quando arrivò davanti al Syn Gates Tattoo. Le luci all'interno dello studio erano ancora accese così diede qualche colpo di clacson per avvisare Jimmy e Brian.
I due proprietari, non appena lo udirono, sbuffarono in sincrono dopo essersi rivolti un'occhiata veloce.
Glielo spieghi tu che non me ne frega un cazzo dei Successful Failure o come diavolo si chiamano, che ho lavorato come un mulo per dieci ore di fila e che se prova a premere di nuovo quel fottuto clacson gli ci spacco la faccia sopra?”
Brian aveva parlato tutto d'un fiato e a stento l'altro riuscì a trattenere una risata. La poca pazienza dell'amico era ormai diventata una sua caratteristica peculiare, ormai anche i clienti avevano paura di dire qualcosa di sbagliato.
Respira Haner e datti una cazzo di calmata, d'altronde usciamo per rilassarci.”
Sì certo, come no.” concluse uscendo dal piccolo bagno che avevano usato per rinfrescarsi e cambiarsi.
Con premura spense la luce principale dell'atrio lasciando solo un paio di applique di cui si sarebbe occupato Jimmy quando sarebbe uscito e poi voltò il cartellino sulla porta in Closed ponendo ufficialmente fine all'ennesima giornata di lavoro. Se l'erano cavata bene, lui e il suo socio, d'altronde era da un bel po' che gli affari sembravano andare per il verso giusto; erano proprio questi auspici a fargli desiderare qualcosa di più grande, di più prestigioso, magari in qualche angolo rinomato di Los Angeles.
Ehi Bri, Jimmy sta arrivando?”
Sì...” rispose solamente, dopo un profondo respiro. “Fumo velocemente e salgo.”
Accendere una sigaretta nell'auto di Zacky era severamente vietato, avrebbe impregnato di fumo la tappezzeria e chissà, magari anche incendiato i tappetini, usando le sue esatte parole.
Quando finalmente anche il terzo ragazzo li raggiunse, e Brian aveva ingurgitato una sufficiente dose di nicotina da calmarsi, partirono. Dallo stereo provenivano canzoni dei gruppi preferiti del conducente, si passava dall'horror punk al pop del momento, e Zacky canticchiava facendo ondeggiare la testa a tempo. Jimmy invece picchiettava le mani sulle ginocchia, se conosceva un brano. L'ultimo se ne stava sul sedile posteriore con la schiena perfettamente adagiata e le gambe un po' larghe, si perdeva ad osservare il paesaggio buio all'esterno e si stupì quando si rese conto che stavano rallentando: anche se stava tenendo d'occhio la strada non si era accorto dell'insegna del Chain Reaction che troneggiava poco lontano dal parcheggio.
Io devo fermarmi a prendere un hot dog, sto morendo di fame.”
Zacky avrebbe voluto protestare e dire che il concerto era già iniziato da un po', ma poi preferì restare zitto anche perché si rese conto che in effetti i suoi amici erano rimasti intrappolati a lavoro fino ad un'ora prima. Jimmy non aveva fame, aveva mangiato un pacchetto di patatine mentre l'altro tatuava l'ultimo cliente, così decisero, con estrema approvazione dell'interessato, di entrare e lasciare Brian da solo a mangiucchiare la sua cena. Aveva preso anche una birra, nel locale si sarebbe dedicato solo ad alcolici pesanti.
Trovava buffo stare poco lontano dal Chain Reaction ed osservarlo, nonostante fossero passati anni, ancora con occhi sognanti. Aveva quasi l'impressione di avere di nuovo dodici anni e di guardare quell'insegna con occhi pieni di speranze mentre sua madre gli ordinava di accelerare il passo perché avevano un sacco di cose da fare. Si era promesso che ci avrebbe suonato, prima o poi, su quel piccolo palco, e invece le poche volte che aveva varcato quella soglia era stato solo per ascoltare qualche nuova promessa di Orange County che raramente si era rivelata tale. Molte volte tutto bruciava in poco tempo: primo album, singolo di successo e poi boom, the bottom of rock and roll.
A lui le cose sarebbero andate diversamente, si ripeteva sempre, lui sarebbe morto in una villa sull'oceano con la sua chitarra elettrica sulle ginocchia; fece un sorrisetto che sembrava più una smorfia, poi diede un altro morso all'hot dog. Con le labbra sporche di senape sorseggiò la birra direttamente dalla bottiglia, stava morendo di sete.
Quando ebbe finito e si ritrovò all'interno del locale avvolto dalla musica che prese subito a rimbalzargli nel petto, si preoccupò solo di tenere lo sguardo fisso sulle sue scarpe: avrebbe trovato Jimmy e Zacky in qualche modo, o loro avrebbero trovato lui.

***

Era mattino presto, raramente Brian si svegliava a quell'ora durante l'estate, ma non poteva rischiare di fare tardi; doveva spedire la propria domanda di ammissione al conservatorio e, anche se i suoi genitori non sembravano essere d'accordo, era certo che a fatto compiuto non sarebbero stati in grado di dirgli di no.
Quando però, dopo una colazione veloce, raggiunse l'ingresso, notò dei fogli sul mobile su cui era stampato il logo della Huntington Beach High.
Alzò un sopracciglio per poi soppesare il leggero plico, inizialmente dubbioso. Si chiese cosa ci facevano lì, sua madre e suo padre non avevano ancora accennato ad eventuali iscrizioni ed invece eccola, proprio tra le sue mani, i documenti perfettamente compilati.
Brian Haner avrebbe frequentato una delle scuole della città, niente Hollywood e niente conservatorio.
Si morse le labbra fino a farle sanguinare, voleva trattenersi dall'urlare fino a lacerarsi alle corde vocali; pensava alla sua chitarra sul letto e ai disegni sulla scrivania, pensava che avrebbe lottato con le unghie e con i denti per realizzare i suoi desideri.

***

Come Zacky aveva predetto, i Successful Failure stavano suonando un misto fra punk ed hardcore, la voce del cantante era dura e graffiante, sembrava quasi che ti lacerasse i timpani, se ci si fosse fermati ad ascoltare più attentamente. Le orecchie di Brian giudicarono il resto della band poco rilevante, nulla di nuovo o particolarmente eccitante, ma quella voce lo aveva completamente rapito. Non riusciva a capire come potesse anche solo minimamente parergli familiare, visto che di quei ragazzi non sapeva assolutamente nulla al di fuori del nome del gruppo.
Allungò un po' il collo per cercare di sovrastare la folla davanti a lui e poi si bloccò in punta di piedi, in mezzo al pubblico, con gli occhi completamente spalancati.
Con il microfono in mano, una canotta scura e dei pantaloni dello stesso colore, c'era Matt che saltellava da una parte all'altra del palco urlando con tutto il fiato che aveva in gola. Nonostante la lontananza, Brian riusciva a percepire le vene sul collo e le guance rosse, non poté fare a meno di arrossire anche lui quando si rese conto di chi aveva di fronte.
L'altro non si era accorto della sua presenza – come avrebbe mai potuto – ma solo poterlo osservare da lontano allontanò tutto lo stress accumulato durante la giornata e si sentì meglio, sorrise debolmente e poi si preoccupò finalmente di ritrovare i suoi amici.
Dopo aver sgomitato un po' e aver raggiunto l'estremità opposta del locale, venne accolto da Jimmy con un: “Hai visto chi c'é lì sopra?”
Brian aveva risposto con un cenno deciso della testa e poi tornò a rivolgere lo sguardo verso il palco che da quella posizione era più vicino e poteva osservare tutto più nitidamente. C'erano i tatuaggi sulle braccia, gli occhi verdi e i capelli corti, tutto era al suo posto, ma quella volta c'era anche quella voce che non aveva mai sentito in quel modo e che gli piaceva ancora di più, se possibile.
Vado a prendere un paio di drink, torno subito.” fece Zacky indicando il bancone. Gli altri due lo lasciarono andare e si concentrarono di nuovo sulla musica, o almeno Brian lo fece. Jimmy gli diede un pugno affettuoso sulla spalla e poi fece un sorrisetto di chi la sa lunga.
Ti stai finalmente facendo una vita?” urlò, così che l'amico riuscì a sentirlo.
Brian di rimando scosse la testa ridendo e poi mostrò il dito medio a Jimmy, il quale disse di sapere già come sarebbe andata a finire tutta quella storia.
Non so di che storia tu stia parlando, amico.” rispose l'altro, senza smettere però di sorridere.
Zacky tu lo sapevi che Matt è il cantante della band?” chiese Brian quando l'altro fu di ritorno e diede da bere ai due.
No, perché? Era così importante?”
Così, era solo per sapere.” concluse, un po' più sollevato. Per un attimo aveva temuto che i suoi amici lo avessero incastrato in quella situazione perché si erano messi chissà quale idea in testa. Certo, sarebbe potuto succedere chissà cosa tra loro due, ma il fatto che non era successa spiegava molte cose; forse non era destino che le cose cambiassero.
I tre rimasero lì per tutta la durata del concerto, ogni tanto chiacchieravano e commentavano i brani. Ad un certo punto Brian si accorse che Jimmy fissava il bassista, un ragazzo un po' bassino con una cresta bionda da istrice.
Ho come l'impressione di conoscerlo.” disse dopo un po', rispondendo alle domande mute dell'amico. “Se la vista e la memoria non mi ingannano, deve essere stato un cliente della lavanderia.”
Com'è che hai conosciuto tutti lì dentro? Inizio ad essere geloso.” disse Brian, provocando risatine da parte di Zacky.
Ehi non è colpa mia se le persone hanno voglia di attaccare bottone, mentre aspettano che la lavatrice faccia il suo lavoro.”
Al termine del concerto i ragazzi attesero che i musicisti ripresero fiato poi Zacky, che aveva delle conoscenza all'interno del locale, li fece entrare nel backstage senza grossi problemi. Brian aveva sempre desiderato sapere cosa si nascondesse dietro quel palco e finalmente poteva vederlo con i propri occhi. Non era nulla di incredibilmente emozionante, ma era bello calpestare il pavimento che dava vita alla vera musica. Lì erano racchiuse le ansie e le paure più recondite dei musicisti, vi si percepiva l'adrenalina ed il terrore.
Nel momento in cui Matt infilò una maglietta pulita ed incrociò lo sguardo di Brian che aveva preso a fissarlo da diversi minuti, soffocò l'istinto di urlare o di scappare via come una donnicciola spaurita. Tra tutte le persone che si aspettava di vedere lì – amici d'infanzia o qualche membro della famiglia – non avrebbe scommesso neanche un centesimo su Brian, d'altronde non gli aveva mai neanche detto che aveva una band.
E invece lui era davvero lì davanti a lui, ancora a fissarlo a dir la verità, ma lo aveva stupito e solo questo importava. Non sapeva esattamente cosa dire, qualsiasi parola sembrava fuori luogo soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti. Riconobbe subito Jimmy e Zacky alle sue spalle, il primo stava scambiando quattro chiacchiere con Johnny, il suo bassista, dal tono concitato sembravano conoscersi.
T-Ti va se ti offro qualcosa?” domandò alla fine Matt, rompendo il ghiaccio. Brian aveva fatto un movimento strano con la testa, difficile definire se fosse un sì o un no.

***

Dopo diversi brindisi ai Successful Failure e tre quarti d'ora di macchina per colpa del traffico, Zacky, Brian, Jimmy, Matt e Johnny erano distesi sulla sabbia della spiaggia di Huntington Beach; il resto della band aveva raggiunto altri amici ad un falò e così loro avevano deciso di rilassarsi un po' con il naso puntato verso il cielo.
Purtroppo non c'erano molte stelle quella notte, solo la Stella Polare e poche altre erano ben visibili. Matt sembrava essere piuttosto esperto in materia e, anche se un po' brillo, sapeva bene tutti i nomi. Brian si divertiva a sentirlo parlare e maledirsi quando non era sicuro di qualcosa, la sua spalla aderiva a quella dell'altro e non si curava di nient'altro se non di quel contatto. Aveva gli zigomi un po' rossi per colpa dell'alcol, lo sentiva quando muoveva i muscoli del viso, ma tanto era buio e nessuno se ne sarebbe accorto.
Zacky aveva preso a russare accucciato in un angolo, quando Jimmy propose di fare una gara di rutti, così tentò di svegliarlo con un paio di strattoni ma i risultati non furono quelli sperati. Solo Johnny acconsentì alla sfida, ma dopo tre o quattro partite si era stufato di perdere sempre.
Mi sembri triste.” disse Matt, dopo un po', quando gli altri si immersero di nuovo in uno dei loro fitti discorsi. La sua voce era bassa e un po' roca, doveva sforzarsi per tenere un tono non troppo alto.
Brian si sentì colpito dritto al cuore, colto completamente nel segno, anche se stare così vicino a quel ragazzo lo rendeva tutto tranne che di cattivo umore; a quanto pareva però c'era qualcosa di negativo, se il suo amico lo percepiva.
A dire il vero non lo sono.” rispose, inclinando leggermente la testa senza però arrivare ad appoggiarla sulla spalla di Matt. “Mi sento bene, invece.”
Magari mi sbaglio, ma mi sembravi strano al Chain Reaction. Scusami se insisto.”
No è che...” iniziò Brian. “Ti sembrerà buffo, però suonare in quel locale era uno dei miei più grandi desideri, sapevo di dover passare di lì se volevo davvero diventare qualcuno.” Sentì Matt al suo fianco irrigidirsi, forse si era pentito di avergli fatto dire una cosa così personale, allora aggiunse: “Non preoccuparti, non mi scoccia parlare di queste cose.”
Sicuro?”
Lo sguardo dell'altro ragazzo si era addolcito.
Sicurissimo, non ho alcun problema.”
In realtà ce l'aveva, solo con Jimmy si era aperto fino a quel punto, ma sentiva il bisogno di confidarsi con Matt, d'altronde avevano avuto davvero poche occasioni per farlo e non doveva farsene scappare neanche una. Gli era bastato vederlo imbarazzato davanti alla porta del negozio, anche solo di schiena, per capire che quello che aveva davanti era qualcuno di diverso dalle persone che aveva sempre frequentato. Non c'erano motivi particolari, non ce n'erano mai stati, sentiva solo di conoscere quel ragazzone grosso e con la faccia dolce da sempre e che poteva parlargli apertamente come se conoscesse la sua storia alla perfezione.
Questo strano rapporto che si stava creando lo attraeva e lo spaventava allo stesso tempo, ma la curiosità di saperne di più aveva sempre la meglio, con Matt.
Avevo intenzione di iscrivermi al conservatorio di Hollywood, ma i miei me l'hanno impedito. Dio solo sa quanto ho lottato e quanto ho suonato, fino a farmi sanguinare le dita e ad avere così tanti calli da non riuscire a muovere la mano per giorni, ci ho provato fino all'ultimo istante, fino a quando mio padre ha spezzato il manico della mia chitarra proibendomi da quel momento in poi di suonare. Scusami, ti sto annoiando.”
Mentre pronunciava le ultime parole la sua voce aveva tremato lievemente ma Matt se ne era accorto, aveva capito sin da subito che quello non era un argomento facile da affrontare per Brian, che faceva ancora tanto male nonostante gli anni, ma gli scaldò il cuore il fatto che gliene volesse parlare. L'insistenza con cui ripeteva di sentirsi un peso per gli altri, quando parlava di se stesso, lo intenerì e gli fece quasi male al cuore; nonostante la stazza, i muscoli, i tatuaggi, gli occhi neri, Brian aveva difficoltà ad esprimersi con gli altri, era come se una gabbia all'interno del suo petto rinchiudesse la sua anima e, nonostante gli sforzi, non riuscisse a liberarsi. Per l'altro ragazzo era sempre stato naturale parlare e gli sembrava strano che qualcuno potesse avere una tale difficoltà.
Non dirlo nemmeno, ci tengo ad ascoltarti.”
L'altro ragazzo sorrise debolmente e avvicinò una mano alle dita di Matt che presero ad accarezzarne il palmo a volte facendogli anche un po' il solletico.
Non ho suonato per anni, ancora adesso faccio fatica a tenere la chitarra in mano, ripenso a quel giorno e mi blocco. Dopo aver lottato tanto mi sono fermato ad un manico spezzato perché era come aver spezzato qualcosa dentro di me, il mio cuore, ero troppo piccolo per riuscire a mettere insieme i pezzi. Allora ho sfogato tutto ciò che avevo dentro sui miei disegni ed eccomi qui, con uno studio di tatuaggi e tante cicatrici sulla pelle, nascoste sotto l'inchiostro.”
Matt salì dalla mano fino al polso, poi prese ad accarezzare i contorni dei primi tatuaggi che sentiva sotto le dita. Non aveva bisogno di rispondere nulla, sapeva che Brian capiva la profondità di quei gesti, cercava di coccolarlo a suo modo e di spiegargli, senza parlare, che non doveva aver timore di parlare, che adesso che c'era non se ne sarebbe più andato.
A quel punto però si sentì fortunato di aver avuto la possibilità di inseguire i suoi sogni; non aveva frequentato il conservatorio, ma la sua famiglia lo aveva sempre appoggiato in tutti i modi possibili.
La musica non ti porta da nessuna parte, diceva sempre mio padre, se non ce l'ho fatta io come puoi pretendere di riuscirci tu?” riprese Brian. “Credo fosse troppo deluso da se stesso, non voleva che io provassi lo stesso profondo rancore nei miei confronti.”
Lo sguardo di Matt aveva ripreso a vagare nel cielo senza però distogliere il contatto dalla pelle del ragazzo al suo fianco, le sue parole erano un leggero sussurro nelle orecchie che lo faceva costantemente rabbrividire. Avrebbe voluto allungare un braccio e avvicinarlo a sé o passargli una mano tra i capelli scuri e pieni di sabbia, sentiva il bisogno di scoprire quel corpo addirittura più tatuato del suo, ma aveva paura di scoprire mondi nuovi che non era ancora pronto ad esplorare.
Com'è che si chiama quella stella?” chiese un paio di secondi dopo aver terminato il suo racconto. “Scommetto che il nome non te lo ricordi.”
Matt, di rimando, gli diede un buffetto sulla guancia e sorrise incrociando gli occhi nocciola di Brian che ora non sembravano tristi e nemmeno malinconici, avevano solo voglia di stare bene.





Non so perché, ma io negli spazi autore non so mai cosa dire, mi scuso se sono noiosa delle volte D:

Volevo solo ringraziare Yssel e Gatto Magro che mi sostengono sempre, durante questa storia ed anche le altre, Schecter che asseconda sempre, o quasi, i miei deliri privi di senso e voi fantastiche persone che mi seguite in silenzio. Mi auguro che questo nuovo capitolo vi dia lo sspunto per farmi sapere cosa pensate!
Un bacio e al prossimo aggiornamento ^^

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il sapore agrodolce dell'inchiostro
Capitolo 4










Il mattino seguente, intorno alle undici, le serrande del Syn Gates Tattoo erano ancora chiuse e nessuno dei due proprietari sembrava essere in zona. La strada, pur essendo secondaria, era abbastanza frequentata ed un gruppetto di ragazzi era appoggiato al muro di un edificio all'angolo. Un paio avevano degli skateboard sotto il braccio, altri delle cuffiette che pendevano dal collo. Il loro tono di voce era concitato e le parole pronunciate velocemente, ridacchiavano prendendo in giro qualcuno della loro classe e poi si allontanarono verso lo skate park.
Matt sorrise quando li vide allontanarsi, una voragine gli si aprì dalla bocca dello stomaco in giù; nonostante non lo avesse mai ritenuto possibile gli mancavano i tempi della scuola, quasi tutte le mattine incontrava i suoi amici in cortile e poi sgattaiolavano via verso il parco o la spiaggia. Aveva trascorso davvero pochi giorni sui banchi di scuola, tra fughe e punizioni. Quest'ultime sì che erano state tante, passava quasi più tempo col Preside che con i compagni di classe.
Solo nel momento in cui i ragazzi sparirono in una traversa, si concesse un respiro profondo: quello era uno dei tanti momenti vuoti in cui fumare una sigaretta sembrava essere l'unica soluzione possibile, ci pensava ancora nonostante avesse smesso da diversi anni. Non che gli mancasse più di tanto, ma c'erano degli istanti in cui ci sarebbe stata dannatamente bene.
Aspettò ancora un quarto d'ora prima di sedersi sul marciapiede, ridacchiò all'idea che avesse quasi preso la forma del culo di Brian e poi controllò di nuovo il foglietto dell'appuntamento che gli aveva dato Jimmy, magari aveva sbagliato a leggere.
Pronunciò data e ora a bassa voce, per poi infilare di nuovo il pezzo di carta in tasca dopo averlo ripiegato.
Quella che a Matt la sera prima era sembrata una leggera sbronza, a quanto pareva aveva avuto effetti più devastanti sugli altri due, dato che non si erano ancora presumibilmente alzati dal letto.
Si voltò prima a destra e poi a sinistra nella speranza di riconoscere un viso o una corporatura familiare e, quando non fu così, estrasse il cellulare per scrivere un sms a Johnny. D'altronde doveva pur impiegare il tempo in qualche modo. Insieme a questo, tirò fuori involontariamente anche un plettro viola su cui era incisa una M; lo aveva ricevuto in regalo dai suoi genitori dopo l'acquisto della prima chitarra classica. Era molto legato a quel piccolo pezzo di plastica nonostante si fosse dedicato poi quasi esclusivamente al canto. Lo aveva usato non più di un paio di volte, i bordi non erano molto rovinati e ci si poteva ancora suonare. Ormai era diventato il suo porafortuna preferito ed era riuscito a tenerlo fuori dai guai nel corso del tempo, il che era già molto.
Mentre i suoi pensieri erano immersi nel passato, dei passi lenti raggiunsero le sue spalle e, quando Matt si voltò, incrociò il viso e il sorriso luminoso di Jimmy. Anche se con le occhiaie e gli occhi lucidi, sembrava di buon umore.
Scusa amico.” iniziò non appena si guardarono. “Non puoi immaginare quanto alcol abbia ancora in circolo. Dopo avervi portato tutti a casa, io e Johnny siamo andati a fare ancora un altro po' di baldoria. Che serata.”
Il ricordo della notte precedente lo ipnotizzava, glielo si leggeva in faccia.
Brian sta per arrivare.” aggiunse poi. “Facciamo in tempo a fare colazione, se ne hai voglia.”
Matt alzò un sopracciglio quando l'altro pronunciò il nome del suo socio, iniziava a chiedersi cosa ci fosse esattamente tra i due dato che sembravano quasi vivere anche nella stessa casa; decise che, anche se fosse, non erano affari suoi e che doveva quindi smettere di pensarci.
Sì certo, andiamo.” rispose alzandosi in piedi, per poi affiancare l'amico. Il bar non era molto distante, dovevano solo attraversare la strada e fare qualche passo verso destra; quando entrarono all'interno del locale uno squisito odore di paste calde catturò i loro sensi così che i loro occhi puntarono subito sulla vetrina.
Mangiarono seduti ad un tavolino, prima di addentare il suo dolce alla crema però, Matt dovette litigare con Jimmy per pagare almeno la propria ordinazione ma non ebbe speranze, alla fine si arrese sorseggiando un po' del suo frappuccino.
Ti devo una colazione.” sentenziò dopo essersi pulito la bocca con un tovagliolo.
Jimmy gli fece capire che non ce n'era bisogno con un cenno della mano, poi si concentrò sul suo dolcetto e lo trangugiò senza quasi neanche respirare. Durante il caffè però si concesse tempo, quello andava bevuto e gustato con calma.
Piaciuto il concerto?” chiese Matt, che subito si sentiva a disagio appena calava un po' di silenzio.
Ve la cavate piuttosto bene, devo ammetterlo. E poi quel piccoletto, quanta potenza nelle dita.”
L'altro ridacchiò e scosse la testa, d'altronde non poteva dargli tutti i torti.
E pensare che ha imparato tutto da autodidatta.” commentò prima di volgere un'occhiata all'esterno della vetrata. “Hai mai sentito Brian suonare?” azzardò e subito si morse il labbro inferiore, non sapeva se avesse fatto la mossa giusta.
Jimmy sembrò spiazzato per un primo momento, ma ricompose subito la sua solita espressione e non gli dispiacque rispondere.
Sinceramente? Solo un paio di volte, solo che lui non se n'è mai accorto.”
La sua voce però tradì un po' tristezza, come se gli fosse stato negato di assistere ad una delle Sette Meraviglie del mondo.
Era bravo?”
Scherzi?! È velocissimo e suona alla perfezione qualsiasi cosa, mi chiedo chi sarebbe potuto diventare se avesse insistito un po' di più.”
Mi dispiace.” disse subito Matt. Non sapeva esattamente il motivo, ma solo sentire le parole di Jimmy lo avevano fatto star male. Dopo aver ascoltato le parole di Brian la sera precedente, poteva capire benissimo la malinconia del ragazzo che aveva di fronte; chissà quante volte aveva dovuto consolare l'amico o spendere per lui una parola di conforto, magari avrebbe voluto sprofondare un milione di volte ma non aveva mai potuto farlo perché Brian aveva costantemente bisogno di lui.
Non devi dispiacerti.” La voce del suo interlocutore era ormai grave. “Se avessi mai avuto la possibilità di ascoltarlo come ho fatto io, adesso passeresti ogni istante della tua vita a mangiarti i gomiti. Volevo fondare i Pinkly Smooth, una volta, ma purtroppo mi sono lasciato abbindolare da Brian e alla fine ho lasciato perdere. Non toccava una chitarra da anni, aveva paura, se fossi stato in grado di convincerlo adesso saremmo chissà dove. E invece lui era troppo preso a fare la gavetta in uno studio qui ad Huntington Beach, non sono riuscito a fare niente.” Prese un respiro profondo. “È l'unico rimpianto che mi porterò nella tomba.”
All'improvviso Matt, ascoltando quelle parole, si rese conto di non c'entrare niente con quella situazione, aveva infilato il naso nella vita di persone che conosceva a malapena e non aveva il diritto di frugare nelle loro storie in quel modo; Brian si era confidato e anche Jimmy lo aveva fatto, tutta quell'inaspettata fiducia nei suoi confronti lo destabilizzava e gli faceva venir voglia di scappare.
Andiamo?” riuscì solo a dire, sperando che il tatuatore fosse riuscito a raggiungerli.
Con un sospiro di sollievo notò che le serrande dello studio erano alzate, il cartellino Open era al suo posto e il culo di Brian ben impiantato sul marciapiede. Doveva essere arrivato da poco, a giudicare dal viso ancora gonfio e dalla carnagione piuttosto pallida.
Ah eccovi.” commentò quando li vide arrivare. “Scusa Matt, dovrò farmi perdonare in qualche modo sto trasformando queste sedute in un incubo.” Abbassò gli occhi e scosse la testa come se si stesse dando dell'idiota da solo, ma l'altro sorrise debolmente e questo lo tranquillizzò.
Hai già fatto colazione o vuoi che vada a prenderti qualcosa da mangiare?” chiese Jimmy interrompendo quel gioco di sguardi ad intermittenza.
No grazie amico, solo sentir parlare di cibo mi fa venire da vomitare.” rispose con una smorfia che Matt catalogò tra quelle che più adorava di Brian. Aveva un occhio aperto ed uno socchiuso per colpa del sole, il naso arricciato e le labbra accartocciate in un mix tra un sorriso e una posa schifata.
Più cercava di allontanarsi da quel ragazzo, più vi si trovava inevitabilmente legato.
Dovresti ordinarmi di lavorare, sei un cliente troppo buono.” sentenziò quello seduto, alzando lo sguardo per incrociare gli occhi verdi dell'altro.
Se vuoi prendo la frusta.” commentò Matt e nelle iridi di Brian apparve un lampo, chiaro e veloce, ma che lo fece accaldare all'improvviso.

***

Nella stanzetta l'odore tipico di quelle pareti era tornato ad aleggiare nell'aria, la fragranza che Matt portava addosso ovunque andasse non c'era più, segno che mancava da troppo tempo al Syn Gates. E questo fece intristire Brian, quando si rese conto che probabilmente il ragazzo non avrebbe messo più piede lì dentro.
Perché Syn Gates Tattoo?” chiese Matt ad un certo punto ed entrambi constatarono ridacchiando che si erano scambiati i ruoli. Non era più il tatuatore, quello che faceva domande.
Tutti i grandi hanno un nome d'arte, no? E io sono grande, figo, e mi chiamo Synyster Gates.”
Pronunciò quella frase dopo aver spento e posato sul tavolino la macchina, allargando le braccia e facendo ondeggiare le spalle come se stesse camminando su una passerella. Quella scena fece ridere di gusto Matt che, come contrasse i muscoli del petto, provò un leggero dolore.
Guarda, sul figo potrei anche darti ragione!” rispose, mantenendo il tono scherzoso dell'amico. “Mi piace Synyster Gates.”
Sono l'idolo di uomini donne e bambini.” cercò di esibire un sorriso provocante mentre si rimetteva al lavoro, ma fece solo ridere Matt ancora di più.
Scherzi a parte.” riprese quello seduto, tentando di tornare serio. “Mi piace sul serio.”
Quando parlò volse lo sguardo verso la testa china di Brian che era ormai tornato a tatuarlo e gli venne voglia di infilare le dita tra i suoi capelli neri, di stringerli con forza. Arrossì e si vergognò dei suoi stessi pensieri poi, per precauzione, allontanò le braccia; involontariamente il respiro dell'altro gli solleticava la pelle ogni tanto e questo gli fece scivolare la testa all'indietro mentre con gli occhi spalancati cercava di concentrarsi sul soffitto.
Ti senti bene? Ti sto facendo male?” chiese Brian alzando il viso e trovando il suo amico in una posa da Cristo in croce. “Se vuoi ci fermiamo un po'.”
Quanto manca?”
Non più di dieci minuti.”
Allora continua.”
L'altro fece spallucce ed eseguì gli ordini così si concentrò sugli ultimi dettagli e particolari da sistemare. Per Matt fu un'impresa quasi titanica cercare di rimanere impassibile e continuava a chiedersi come avesse fatto a trovarsi in una situazione del genere. Non era la prima volta che Brian fosse così vicino, eppure solo in quel momento le sue pulsazioni sessuali si stavano mostrando.
Il fatto che fosse un uomo non lo metteva a disagio, certo era una situazione completamente nuova, ma si era sempre promesso di seguire i suoi istinti e desideri anche nella vita sessuale; in quel momento avrebbe voluto fare chissà cosa, ma al tempo stesso una molla dentro di lui non era scattata e gli impediva di trovare il coraggio necessario per muoversi.
Brian, d'altro canto, non si era accorto di nulla e anche lui stava combattendo contro quella pelle morbida che tanto lo invitava, ma si era ormai abituato a cedere alle proprie pulsioni nei confronti di Matt.
Esattamente come la volta precedente, pulì le sbavature e gli porse lo specchio, Matt osservò bene il tatuaggio e sorrise soddisfatto; questa volta però aveva i capelli arruffati come se avesse tentato di strapparseli e gli occhi colmi di un desiderio che Brian cercava di interpretare. Era troppo preso da quello che stava provando, per rendersi conto dei messaggi che involontariamente l'amico gli inviava.
Quando il tatuaggio fu avvolto dalla pellicola trasparente tenuta ferma da qualche pezzo di nastro adesivo, Matt si alzò in piedi e si avvicinò per abbracciare Brian. Voleva ringraziarlo per il lavoro meraviglioso che aveva svolto, aveva ardentemente voluto avere qualcosa del Syn Gates Tattoo sul suo petto e si trovava costretto a dar ragione a tutti quelli che gli avevano sempre ripetuto di fare un salto in quello studio.
In quell'abbraccio si sentivano entrambi a disagio, avrebbero voluto qualcosa di diverso che non avevano il coraggio di ottenere, perciò rimasero per diversi secondi stretti in quel modo e Brian si rilassò quando si rese conto di sfiorare la canotta di Matt con la punta del mento. L'altro ragazzo invece gli soffiava delicatamente sui capelli, mentre respirava, e l'odore delicato dello shampoo gli fece venir voglia di abbassarsi un po' e mordere una guancia all'amico.
Che poi, non si può definire amico, qualcuno a cui vorresti strappare le labbra per gustarle a pieno.
Alla fine si divisero con dispiacere di entrambi e, in quel momento, Matt prese a frugare in una delle tasche dei pantaloni alla ricerca del suo plettro viola. Non ci aveva pensato fino ad allora ma, da quando l'idea gli era balenata in testa, si maledisse per non esserci arrivato prima.
Hai perso qualcosa?” chiese Brian, guardandolo interrogativamente.
No no.” L'altro scosse la testa. “Ehm... tieni.” concluse, per poi porgerli il palmo su cui era posato un piccolo pezzo di plastica viola.
La M al centro catturò l'attenzione del tatuatore e rimase lì impalato senza sapere bene cosa fare.
Voglio regalartelo.” aggiunse Matt. “Puoi farne quello che vuoi ma per favore prendilo, è importante per me.”
Con mano tremante Brian coprì quel palmo col suo e, mantenendo quel contatto, si sporse per raggiungere le labbra del ragazzo. Quel gesto inaspettato e repentino fece rabbrividire entrambi, l'adrenalina scorreva all'impazzata e aveva subito fatto accelerare i battiti dei loro cuori impazziti da tempo. Le dita libere di Matt si aggrapparono ad un fianco del suo amante e strinsero forte il tessuto della maglietta desideroso di raggiungere la pelle, le loro lingue si erano facilmente liberate dell'imbarazzo e in quel momento i loro movimenti si erano fatti più veloci. Le labbra di Brian sapevano di sigaretta, non percepiva quel sapore dall'ultima volta in cui aveva fumato e ritrovarlo in quel momento lo fece sentire a casa. La sua testa era tenuta ferma dalla mano grande dell'altro ragazzo, le due dita affusolate e lunghe che gli sfioravano la pelle lo fecero rabbrividire di piacere.
Quando sentì il contatto spostarsi e dirigersi verso il petto e forse ancora più in basso, Matt si bloccò. Brian se ne accorse subito nel momento in cui il loro bacio si interruppe e si sentì freddo senza il calore di quel corpo che tanto stava desiderando e che pensava di aver finalmente conquistato.
Matt?” lo chiamò, con le guance rosse e le labbra torturate da quella passione che li stava consumando.
Il ragazzo però non rispose subito, si limitò a sbattere ancora un po' le palpebre e a guardare la porta davanti a lui come se volesse scappare.
N-Non ci sto capendo niente.” mormorò. “D-Dio...”
Qualsiasi cosa tu stia pensando, dimmela.” disse Brian in tono quasi supplichevole, improvvisamente spaventato a morte. Tutto si sarebbe aspettato tranne una simile reazione, considerato l'ardore di entrambi nei confronti di quel bacio, ed in quel momento aveva paura di aver sbagliato qualcosa, di avergli messo fretta o di non essergli piaciuto. “Parlami.”
Ho... Abbiamo corso troppo. M-Mi dispiace Brian, non è colpa tua.” La sua voce era ancora paragonabile ad un sussurro, ad un labile lamento di chi si sente perduto. “Sono io che ci sto ricadendo di nuovo.”
Con queste ultime parole abbandonò la stanza di corsa e non chiuse neanche la porta, lasciando Brian lì impalato e desideroso di sotterrarsi proprio in quel punto. Aveva preso a tremare e, nella foga della situazione, il plettro era caduto a terra davanti alle sue scarpe.
Appena lo notò lo raccolse subito e lo osservò per qualche istante con gli occhi lucidi e colmi di rabbia.
Aveva fatto qualcosa di sbagliato, ne era sicuro, e probabilmente quella plastica viola sarebbe stata l'unico oggetto che lo avrebbe legato a Matt, che gli avrebbe ricordato di quel veloce, ma intenso momento.



Penultimo capitolo ladies and gentlemen, penultimo capitolo.
D'altronde l'avevo detto che sarebbero stati al massimo cinque capitoli, no?
Vi anticipo solo che altre cose su questi due sono work in progress, è molto probabile che non abbandonerò questa trama e ambientazione molto presto ^^
Volevo ringraziare BlackBaby e Yssel che hanno recensito lo scorso capitolo (oltre ad aver inserito la storia tra le seguite e/o preferite) e beatenordamned, blackshade_, Ceinwein19, everybodyisdoingtheirtime (gran bel nick *-*), Gatto Magro, Gloria Roach, samuel e Vale Dirnt che hanno inserito la storia tra le seguite. Infine un grazie enorme anche a Cathleene6661 che preferisce.
Al prossimo e ultimo capitolo!

Dominil (sì, sono tornata al mio nick originale)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Il sapore agrodolce dell'inchiostro
Capitolo 5





As long as you're alive
Here I am
I promise I will take you there.”






Le volte in cui Brian aveva sfiorato la sua chitarra negli ultimi dieci anni potevano contarsi sulla punta della dita; quando si ritrovava a pizzicare distrattamente le corde non poteva fare a meno di vagare con la mente nel passato e il fuoco che gli si era acceso nello stomaco dopo che le prime note avevano preso a vibrare nell'aria, si spegneva a poco a poco fino a lasciare solo rimasugli di cenere sporca e grigia. Poi inevitabilmente finiva per sentirsi così anche lui, grigio e sporco, come quelle mattine in cui il cielo sembra aver rapito il sole e non si può far altro che sentirsi tristi.
Dal suo piccolo balcone non riusciva a vedere l'oceano, i palazzi dell'isolato coprivano tutte le visuali e non evocava nessuna particolare immagine suonare davanti ad enormi pezzi di cemento che lo guardavano impassibili mentre i graffiti sulla loro superficie parevano schernirlo. Con quel plettro viola tra le dita però riusciva a non pensare a ciò che vedeva con gli occhi e si concentrava solo su ciò che percepiva col cuore: questo faceva male, veniva strappato un pezzo alla volta e cominciava a vorticare nella sua melodia come frammenti di giornale mentre il viso di Matt continuava a fargli visita dai suoi ricordi facendolo sospirare rassegnato.
Sono io che ci sto ricadendo di nuovo.
Si era sentito abbandonato e confuso, quando il ragazzo se n'era andato senza troppe spiegazioni, ma il solo pensiero che fosse solo un ennesimo sbaglio lo faceva innervosire. Per quanto continuasse a lottare e stringere i denti, si ritrovava sempre ad inciampare e a perdere ciò a cui teneva di più; solo Jimmy era rimasto e spesso si chiedeva quando sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe dovuto dirgli addio.
Si alzò portando con sé la chitarra, non aveva neanche iniziato a suonare che era già stufo. Aveva sperato che con quel nuovo regalo e tanto dolore fosse riuscito a sbloccarsi e sfogare ciò che aveva dentro strimpellando quelle corde a lui tanto care, ma a quanto sembrava non era così.
Non ci riusciva, forse non ci sarebbe mai riuscito, forse se Matt fosse stato lì in quel momento tutto sarebbe stato diverso.
Ed era questo che desiderava, mentre infilava lo strumento nella sua custodia scura, che se non fosse stato rifiutato adesso lui e quell'idiota per cui aveva una cotta se ne sarebbero stati accoccolati sul divano con una birra in mano o a baciarsi fino a non sentire più le labbra. Anche se lo infastidiva ammetterlo, iniziava a sentirsi solo in quel monolocale alla periferia di Huntington Beach, dove la precarietà era dilagante e la dignità assente. Avvolto dalla quotidianità del suo quartiere, si sentiva fortunato ad essere in pari con l'affitto, sapeva bene cosa succedeva a chi veniva trascinato giù nel baratro di prestiti e strozzini, non se ne usciva mai vivi... o tutti interi.
Posò il plettro sul comodino quando si sfilò i vestiti per mettersi il pigiama facendo però attenzione a voltare il lato con la M così, dopo essersi infilato sotto le coperte, poteva voltarsi da quella parte senza sentirsi un totale fallimento.
Erano passate settimane dall'ultima volta in cui si erano visti e più volte Brian avrebbe voluto chiamarlo o farsi vivo in qualche modo ma, visto che l'altro non sentiva alcun bisogno di chiarirsi, non capiva perché avrebbe dovuto farlo lui. Non era mai corso dietro a nessuno, mai, e non avrebbe iniziato proprio adesso soprattutto con una persona a cui si era aperto svelandosi completamente e che non aveva saputo altro che rispondergli con dei silenzi, di quelli che fanno più rumore di un boeing in partenza.
Si girò da un lato allungando un braccio verso la porzione di letto vuota e chiuse gli occhi, Matt continuava a guardarlo con quel suo sguardo basso e amareggiato e si addormentò, molti minuti dopo, mentre si mordeva il labbro inferiore, spaventato.
Anche l'altro ragazzo se ne stava sul suo letto, seduto e con le gambe incrociate, la schiena aveva iniziato a fargli male da un po' visto che era appoggiata alla testata in ferro battuto. In una mano teneva stretto il cellulare e nell'altra un fogliettino di carta sui cui la calligrafia di Jimmy faceva mostra di sé, i numeri erano tremolanti e i caratteri piuttosto grandi.
Chiamami, se hai bisogno.” lesse a bassa voce, come a soppesare l'idea.
Se gliel'avesse chiesto, gli avrebbe dato il numero di Brian senza problemi anzi, lo avrebbe spronato a chiamarlo e a chiarirsi, a chiedergli scusa magari e a rimettere le cose al loro posto. Invece appallottolò il bigliettino e lo lanciò verso il cestino all'angolo della stanza senza però centrarlo e gettò il telefono sul materasso non molto lontano dal suo piede sinistro.
Sospirò profondamente e chiuse gli occhi, le dita premevano sulle tempie e il cervello cercava una via d'uscita a quella situazione del cazzo. Si poteva quasi sentire il cigolìo dei suoi ingranaggi che si sforzavano ad andare più veloci rimanendo però sempre al punto di partenza.
Tutte le volte che aveva provato a comporre il numero di Jimmy si era ritrovato a sentire la voce dell'interlocutore urlare “Pronto? Pronto? Identificati bastardo!” e giurò di aver sentito “Matt?” l'ultima volta che telefonò, proprio mentre premeva il tasto rosso a destra. Questo lo fece sentire ancora più vigliacco del solito, ed era per questo che quella sera era stato così restio a chiamare. Si sentiva fottuto, fottuto ed in trappola e questo non poteva che bloccarlo.
L'ultima volta che si era gettato tra le braccia di una persona a cui sembrava importare di lui aveva preso una bella bastonata sulla testa, non poteva rischiare che anche Brian lo facesse sentire di nuovo uno schifo come quella volta.
Preferiva la solitudine, ad essere trattato come un fazzolettino di carta che viene gettato dopo essere stato usato.

***

Il Radisson Hotel invase la visuale del finestrino di destra del furgoncino di Brian che, per colpa della testa di Jimmy, non riusciva a vederne l'entrata. All'esterno non vi erano molte persone ed il sole era ancora basso, faceva quasi freddo quando aprì lo sportello per scendere.
Ad entrambi i ragazzi sudavano le mani: era la prima volta che partecipavano a quella Convention e l'agitazione raschiava dall'interno. Poteva succedere di tutto – di negativo, ovviamente – e la loro breve carriera si sarebbe dissolta come ghiaccio in un bicchiere di whisky.
Le piccole aiuole erano ben curate, gli alberi stavano per fiorire e l'intonaco chiaro non appariva segnato dal tempo; quell'hotel sembrava brillare in mezzo alla città, tutti i turisti di Santa Maria e dintorni alloggiavano lì e non avrebbero potuto scegliere location migliore per un evento tanto rinomato in tutto lo Stato e non solo.
Dopo la sistemazione dello stand e l'arrivo del primo cliente che aveva prenotato il tatuaggio in negozio, Brian iniziò ad avvertire una strana sensazione che lo rese ancora più inquieto di quanto già non fosse: si sentiva vuoto e con il cuore a mille per colpa dell'ansia, doveva tatuare un semplice dragone ma la mano non voleva smettere di tremare. A malapena riusciva a tenere la macchinetta ben in posizione e temeva che l'ago entrasse troppo o che l'inchiostro non fosse sufficiente a delineare bene i contorni.
Jimmy se ne stava in piedi al suo fianco e parlava con gli appassionati che si avvicinavano, era riuscito anche a riempire alcuni buchi vuoti con un paio di tatuaggi ed aveva ammiccato alle ragazze carine che sembravano essere più interessate alle doti fisiche di Brian, che a quelle da tatuatore; circa tre ore dopo si era concesso una birra e ne aveva portato una anche all'amico che, tra un lavoro e l'altro, l'aveva bevuta velocemente rischiando quasi di strozzarsi.
Un ragazzo, alto e con le spalle larghe, si stava sfilando la maglietta quando Brian aveva iniziato a darsi dello stupido. Aveva sbagliato ad accettare di tatuare quel tipo, viste le somiglianze che aveva con Matt. Mentre lo tatuava, infatti, non poteva fare a meno di ripensare a quella pelle, a quel respiro regolare, agli occhi verdi che non facevano che trapassarlo da parte a parte fingendo di osservare qualcosa oltre le sue spalle. Per non parlare dei sospiri di cui Brian aveva segretamente goduto e dei movimenti lenti della sua mano e della sua lingua.
Alzò il viso, sospirò e poi chiese al cliente un paio di minuti di pausa con la scusa che in quella posizione aveva male alla schiena; non che mentisse, ma erano talmente tanti anni che sopportava quel dolore da non farci più nemmeno caso.
Non preoccuparti, ho bisogno anch'io di riprendere fiato.” rispose quello abbozzando un leggero sorriso che Brian aveva voglia di strappargli infilzandogli le unghie nella carne; dovevano esserci le fossette di Matt, al suo posto.
Finalmente vi ho trovati.” disse Johnny sospirando e dopo essere arrivato ad un palmo dai due ragazzi. “Nessuno sembrava sapere esattamente dove fosse lo stand del Syn Gates Tattoo.”
Non appena Brian vide il suo amico così vicino, sentì il suo cuore calmarsi e ridurre la frequenza dei battiti, le mani si fecero più calde e meno intorpidite; era certo che Johnny non fosse andato lì da solo e aspettava con impazienza che anche l'altro facesse la sua comparsa. I suoi pensieri dovevano essere evidenti agli occhi degli altri due visto che si lanciarono un'occhiata fugace priva però di incoraggiamento, il che lo fece voltare e ricominciare il lavoro da dove lo aveva lasciato.
Non poteva permettersi che il cervello vagasse lontano o facesse supposizioni senza il minimo fondamento, doveva rimanere concentrato il più possibile e, se si fosse arrabbiato, avrebbe rischiato di uccidere qualcuno con uno dei suoi aghi.
E comunque ci sono le cartine con le postazioni.” aggiunse Jimmy dando una pacca sulla spalla del ragazzo con la cresta bionda.
Lascia perdere, non ho un buon rapporto con loro.”
Brian non li sentiva nemmeno, si era talmente concentrato sul ronzìo della sua macchinetta da non udire nemmeno i passi dei due amici allontanarsi e Jimmy urlare: “Andiamo a prenderci una birra!” mentre con una mano sfiorava le dita di Johnny che le ritrasse all'improvviso come se si fosse scottato. Allo stesso modo aveva ignorato il resto della sala, il resto dei tatuatori e il resto dei clienti, persino quello che se ne stava in piedi davanti al tavolino e che lo guardava emozionato torturandosi le pellicine intorno alle unghie.
"Hai posto per un piccolo tatuaggio?"
Brian alzò il viso, la lentezza con cui eseguì il movimento serviva a metabolizzare il suono della voce che aveva appena sentito.
I giorni terribili che erano trascorsi non avevano ormai alcun senso, c'era solo quel timbro basso dalle venature roche e il largo sorriso che gli riempì lo sguardo.
"C-Che devi tatuarti?" chiese dubbioso, sicuro di essere un po' arrossito. Da una parte voleva essere arrabbiato, dall'altra quel paio di fossette agli angoli della bocca lo distoglievano da qualsiasi pensiero od intenzione.
"Sì." rispose solo, attendendo la domanda che di lì a poco sarebbe arrivata.
"Eh?"
"Sì Brian, sì." disse Matt curvando la schiena e appoggiando i gomiti sul tavolo. "Risponderò sì ad ogni tua domanda, ogni tua richiesta e voglio che quando mi abbraccerai o accarezzerai il mio corpo ti ricorderai che per te sarà sempre un sì. Vuoi scappare ad Honolulu? Sì Brian. Fare bungee jumping? Sono fottutamente pronto. Non so, fare la pazzia più grande della tua vita? Facciamola, io la mia la sto vivendo adesso."
Brian strabuzzò gli occhi e sbattè la palpebre più volte sorprendendosi di ritrovare ancora Matt lì davanti a lui. Aveva, per precauzione, spento la macchinetta e adesso il cliente li guardava con un'espressione interrogativa sul volto incrinando quel momento che era sembrato non arrivare mai ma che alla fine il destino aveva deciso di compiere.
Ogni parola, a quel punto, non avrebbe avuto senso, sarebbe stata oscurata dalla bellezza del discorso che Matt gli aveva appena rivolto e dalla totale devozione che quegli occhi verdi rivolgevano solo e soltanto a lui.
Finisco qui e mi occupo di te.” rispose solo trattenendo un sorriso che, seppur mascherandolo, era largo ed intenso. Matt acconsentì con un cenno del capo ed andò a sedersi al posto di Jimmy per poi voltarsi verso la schiena dell'altro ragazzo. Nonostante la maglietta blu scuro si intravedeva la forma dei muscoli di tanto in tanto, soprattutto quando Brian spingeva l'ago un po' più in fondo; avrebbe voluto allungare una mano ed accarezzarlo con delicatezza solo per fargli capire che gli copriva le spalle e non se ne sarebbe più andato, stavolta per davvero, ma convenne che era meglio non distrarlo e che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per farsi perdorare l'assenza.
Quando finalmente quel ragazzo si alzò e andò via, guardandoli sempre in quel modo un po' dubbioso, Matt prese il suo posto con grande gioia di Brian che per tutto il tempo non aveva fatto che aspettare quel momento con dita tremanti.
Lo vuoi davvero il tatuaggio?” gli chiese, iniziando a cercare una boccetta nuova d'inchiostro nero.
Pensavi che non dicessi sul serio?”
No, pensavo che certe cose farebbero meglio a rimanere tra me e te.” rispose facendogli l'occhiolino e provocando risate da parte dell'altro. “Avrei un'idea migliore.” aggiunse sfiorando con le dita coperte dai guanti il bicipite destro su cui vi era una porzione di pelle bianca ed inviolata.
Mi fido di te, Brian.”
Intanto, all'esterno dell'hotel, Jimmy e Johnny se ne stavano appoggiati al muro a bere tranquillamente le loro birre mentre i loro sguardi vagavano per il parcheggio. Non avevano parlato molto da quando erano arrivati lì, si erano più che altro limitati a lanciarsi sguardi fugaci e il più alto non faceva che ripetergli, solo con lo sguardo, di non aver paura.
Io non ho paura.” sbottò ad un certo punto Johnny, abbassando la bottiglia dall'altezza del viso. “Dacci un taglio con quella faccia.”
“Allora perché ti sei allontanato quando ti ho sfiorato con la mano? Non l'ho neanche fatto apposta.”
Chiunque, al posto del bassista, non ci avrebbe creduto, ma quando si è invischiati in certe cose è impossibile notare anche le intenzioni più evidenti.
Se lo dici tu.” rispose, dopo un sospiro. “Secondo te quei due hanno fatto pace?”
Neanche a chiederlo, appena torniamo dentro tutta la sala li starà fissando mentre si limonano senza pietà.”

***

Allora, ti piace?” chiese Brian non appena ebbe pulito le ultime sbavature d'inchiostro. La pelle bruciava ancora un po' e la si sentiva gonfia sotto le dita, ma il turbine che investiva Matt in quel momento gli impediva di provare qualsiasi cosa fosse vicina al dolore, era come se la sua pelle fosse anestetizzata.
È... Sì mi piace tantissimo.” sussurrò abbassando lo sguardo sul tatuaggio, come se si vergognasse a lasciar trasparire in quella maniera tutto ciò che stava provando. E la voragine nello stomaco che Brian era riuscito ad aprire con un solo sorriso, si allargava sempre di più mentre notava i vari dettagli delle rose che adesso decoravano il suo braccio, appena sopra il microfono. Erano piccole e delicate, probabilmente non le avrebbe mai scelte, ma Brian aveva occhio per certe cose ed aveva fatto un lavoro perfetto. Si chiedeva solo cosa lo avesse spinto a ritrarre quel soggetto.
Queste rose sono sinonimo di vita.” spiegò, non appena Matt glielo chiese. “Siamo io e te che siamo appena nati e che ci stiamo intrecciando, abbiamo entrambi le spine ma riusciamo a non farci del male. Magari ce ne faremo, anzi di certo, però continueremo a crescere insieme dalle stesse radici, a condividere l'acqua e la terra, a sbocciare e morire fino a perdere tutti i petali. Sarà bello farlo insieme, sono stanco di stare da solo.”
Le loro mani si avvicinarono, le dita si incastrarono completamente e il loro palmi aderirono in una presa salda più solenne e sacra di qualsiasi promessa di matrimonio. Le loro ginocchia si sfioravano quando tentarono di bruciare la distanza tra i loro corpi fino a far incontrare le labbra che per giorni si erano disperatamente cercate. Le delusioni che Matt aveva sopportato in passato non c'erano più, l'angoscia di Brian neanche e non aveva intenzione di chiedere nessuna spiegazione all'altro: erano insieme finalmente, non aveva bisogno di altro.
Nessuno prestò attenzione a quei due ragazzi che in quel momento si tenevano stretti e desideravano solo scoprirsi a poco a poco, conoscere i reciproci difetti e affrontare tante albe e tanti tramonti insieme, il loro bacio era tenero e silenzioso, era una piccola farfalla che volava via dal Radisson Hotel, che si perdeva nel cielo, che giurava amore eterno alle stelle.




Ultimo capitolo finalmente online, iniziavate ad avere paura che l'avessi abbandonata, vero?
Invece no, era nel mio pc da un po' ma sono successe diverse cose che mi hanno tenuta lontana dal computer (ed anche per questo non ho ancora risposto alle recensioni che sono cinque, dio grazie siete tutti meravigliosi *-* ma prometto che risponderò, oh yes). In ogni caso immagino vi chiedate cosa mi si sia successo: ho passato il test di Lingue Orientali alla Sapienza e mi trasferirò quindi, tra un paio di settimane, a Roma.
Sappiate comunque che non ho intenzione di abbandonare il sito, le storie e tutte le varie cose di cui vi avevo parlato nello scorso capitolo, al massimo ci metterò solo un po' di più a sfornarle.
Che ve ne pare come finale? Spero vi abbia riempiti di zucchero a sufficienza, io avevo tutti i denti cariati quando ho finito di scriverlo!
Vi ringrazio dal primo lettore all'ultimo, chi ha recensito, chi no, chi ha odiato la storia e chi l'ha amata, ringrazio ognuno di voi. Grazie perché se non ci foste probabilmente non sarei qui a scrivere o comunque non sarei la persona che sono adesso, ogni singola parola che mi scrivete mi arricchisce e mi rende migliore.
Un bacio e spero di tornare presto con missing moments, sequel e prequel vari (non manca proprio niente, sì)!

Dominil.

P.S. I versi ad inizio capitolo sono tratti da The Taste of Ink dei The Used.

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