Lupin III- Colazione sull'erba

di Fujikofran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Franca Strangoni ***
Capitolo 2: *** Amici ***
Capitolo 3: *** Non amici ***
Capitolo 4: *** Riscoperte ***
Capitolo 5: *** Qualcuno sapeva ***
Capitolo 6: *** Il colpo ***
Capitolo 7: *** Tutto è bene quel che non finisce bene ***



Capitolo 1
*** Franca Strangoni ***


Capitolo Uno – Franca Strangoni

Come ogni giorno e come accadeva da circa una settimana, Franca si alzava per andare a svolgere il suo turno di lavoro presso la Galleria Borghese di Roma, la città in cui viveva sin dai tempi in cui studiava Storia dell’Arte. Franca Strangoni, laureata a pieni voti da sei anni nella disciplina che più amava, non era mai riuscita a far di meglio che la guardiana nei musei -quando le andava bene- altrimenti il suo massimo era fare l’hostess agli eventi legati all’arte. Meglio che nulla, nell’Italia precaria dei primi anni del decennio “Duemiladieci”. Quando pensava al suo lavoro si riteneva comunque fortunata, anche quando trascorreva interi periodi in totale disoccupazione, poiché riusciva a vivere con un discreto gruzzolo messo da parte, che le serviva anche per pagare il mutuo della casa acquistata nella Capitale, ovviamente con un cospicuo aiuto familiare. Mentre teneva il volante, Franca non solo premeva l’acceleratore della sua Mini Cooper, che aveva comprato solo grazie a una vincita al lotto, ma anche quello dei suoi pensieri, specie quando si rendeva conto di essere parzialmente soddisfatta della sua vita: i suoi genitori e suo fratello maggiore abitavano lontani da Roma, la casa non era ancora stata pagata del tutto, il lavoro era quello che era e in amore andava male, come accadeva già da un po’ di tempo. Ma c’era una parte di vita che era fatta di gioie: per prima cosa lo stare a contatto con le opere d’arte e con un’intera città fatta di sorprese e di tanti stimoli e poi…poi c’erano gli amici, che erano abbastanza da non doversi lamentare.
Tra le amicizie di Franca c’era una giovane donna arrivata di recente a Roma e che si dichiarava appassionata di arte, ma che, a suo dire, nella vita si occupava di affari. Si chiamava Fujiko Mine ed era una sua coetanea, bella quanto lei, formosa, ma più snella e dall’aria di chi sapeva come accattivare il prossimo, cosa che Franca pensava di non saper fare, anche se tutti le dicevano che si sottovalutava anche fin troppo. Ma in compagnia di Fujiko, comunque, non si era mai sentita a disagio né inferiore; tutt’altro, visto che insieme trascorrevano momenti piacevoli in giro per Roma, specie quando andavano a vedere mostre o a prendere qualcosa da bere in deliziosi e silenziosi caffè nascosti tra le vie della città. Anche Fujiko, come Franca, era single, anche se ogni tanto frequentava un tizio con cui aveva avuto una storia e che le stava sempre addosso.  

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Capitolo 2
*** Amici ***


Capitolo due- Amici

Alcuni giorni dopo, Franca seppe che i suoi turni alla Galleria Borghese non erano più fissi né iniziavano sempre di mattina, ma si sarebbero svolti anche a partire dal pomeriggio oppure di notte, dato che al museo era da poco arrivato un famoso dipinto, appena restaurato: “Le déjeuner sur l’herbe” di Edouard Manet. E lei era una delle persone che dovevano sorvegliarlo, insieme a un vero e proprio vigilante. Infatti, le era stato assegnato proprio il compito di occuparsi della sicurezza di quel prezioso quadro, che la gente di tutto il mondo si sarebbe precipitata ad ammirare. Quando lo osservava, Franca si domandava perché lo avessero dovuto restaurare, credeva non ce ne fosse stato ancora bisogno.

-Perché si erano accorti che una parte si stava deteriorando. Lo so che sembra strano…Ma ora è tornato in splendida forma, vero?- le disse un giorno Fujiko, mentre erano sedute a prendere un the nei pressi di Villa Giulia, vicino ai Parioli.

Ebbene sì, Fujiko aveva ragione: il dipinto era tornato splendente e riusciva ancora a trasmettere la delicata carica erotica che emanava e che tanto aveva lasciato scalpore nei critici della seconda metà dell’Ottocento, dato che presentava dei nudi femminili.
Franca era riuscita ad avere dei pass per far visitare gratis la mostra su Manet a Fujiko e a tre suoi amici, arrivati da poco a Roma da varie parti del mondo. Quando questi si presentarono alla Galleria Borghese, Franca riuscì a notarli di sfuggita, poiché la gente presente era davvero tanta, ma, a prima vista, aveva avuto l’impressione di averli già visti da qualche parte. Il suo turno sarebbe terminato alle 20 e Fujiko le aveva promesso che l’avrebbe portata a cena fuori, per ringraziarla della visita gratis al museo. Finalmente avrebbe avuto l’occasione di conoscere i suoi amici, che poi le furono presentati.

-Lui è Arsene, è francese ed è anche lui un esperto d’arte. Lui, invece, è Goemon, giapponese, insegna discipline orientali e arti marziali. Infine, il simpaticone col cappello e la barba senza baffi, Daisuke, viene dagli Usa, dove viviamo tutti noi la maggior parte del tempo-

-E lui si occupa di?- domandò Franca, incuriosita dall’ultimo uomo presentatole.

-Mi occupo di?- le rispose lui, mostrando uno sguardo enigmatico, dopo essersi sollevato il cappello, che gli copriva gli occhi.

-Di che ti occupi? No, va beh, scusami, non volevo farmi gli affari tuoi- disse Franca, imbarazzata.

-Mi occupo di tabacchi, a New York-

-Infatti è un esperto di fumo- affermò Arsene ridacchiando e con aria scimmiesca –qualsiasi tipo di fumo…-

Franca non si sentiva a disagio in presenza di quei tre individui, ma li trovava bizzarri, specie Daisuke, che sembrava osservarla di tanto in tanto, mentre tutti si stavano recando con lei verso la sua auto. Però era rimasta colpita dalla bellezza di Goemon e dal suo apparire particolarmente raffinato, mentre Arsene non le stava simpaticissimo, per via di un atteggiamento spavaldo e ridanciano. Si rese conto che era lui il tizio che Fujiko frequentava, poiché non faceva altro che starle appresso.

-Chi si siede davanti?- domandò Franca, riferendosi ai posti nella sua Mini –Fujiko, vieni tu?-

-Meglio di no- le rispose la donna- ‘sti tre omoni non ci stanno, se si mettono dietro-

-Mi metto io- intervenne l’amico col cappello e appena si sedette Franca avvampò, imbarazzata.

-Che c’è?- domandò lui –Problemi? Torno dietro, se vuoi-

Ma a sedersi avanti non fu poi Jigen, bensì Goemon, un altro che creava non poca tensione alla guidatrice.

-D-dove andiamo?- balbettò Franca.

-Offro io! – rispose Goemon – vi porto nel miglior ristorante giapponese di Roma. L’ho già provato…Scusate, ma io faccio fatica a mangiare cibo di altre nazioni, mi fa venire mal di stomaco-

-Non badate a lui, è tutta scena: quando ha fame è onnivoro. E poi, come ti permetti di snobbare la cucina italiana, la migliore al mondo? Di’ la verità: vuoi far colpo sulla nostra nuova amica Franca?- affermò Arsene malizioso.

Franca rimase di sasso e preferì concentrarsi sulla guida, sperando di trovare presto parcheggio nel centro storico della città, dove trovare un posto auto era spesso un miraggio. Il ristorante, finemente arredato, trasudava classe e il ghiaccio coi tre amici di Fujiko, per l’unica italiana in quel locale, si stava rompendo. Si era creata una bella alchimia con tutti e lei si trovava talmente a suo agio da non riuscire a credere che quei tre tipi li conoscesse soltanto da poche ore. Arsene faceva spesso battute esilaranti, che talvolta irritavano Fujiko, Daisuke rideva mostrando spesso un sorriso canagliesco e Goemon si era messo a parlare con Franca di film di malavita, che i due apprezzavano particolarmente. Poco prima che la cena finisse iniziò a piovere copiosamente e, anche se la macchina di Franca era vicina, era un peccato che la serata si stesse concludendo troppo presto.

-Franca, perché non ci fai vedere la tua nuova casa? Sempre se ti va, ovviamente. Portiamo il buon vino che Arsene ha comprato stamattina e ce lo beviamo. Non ci ubriacheremo, promesso- disse Fujiko.

Sentendosi presa alla sprovvista, Franca non riuscì a dire di no e così si era deciso che la serata doveva proseguire bevendo a casa sua. Appena arrivati, mostrò loro le stanze, mentre si parlava dello stile che aveva l’appartamento, di design, di mobili e della questione dei prezzi alti di molti immobili romani. Di questi argomenti era ferrato e appassionato Arsene, che raccontò a Franca di quando era stato fortunato una volta a comprare a poco prezzo un mobile pregiato. Poi si recarono nel soggiorno e ci fu un brindisi con un vino dei Castelli romani.

-Complimenti, Arsene, ottimo vino!- esclamò Franca – non lo conoscevo…hai fatto bene a portarlo. Goemon, forse tu non lo bevi, perché…-

-
…no, versa!- la interruppe Goemon, che non voleva rinunciare a quel vino gustoso.

Il soggiorno sembrava più una sala di un’enoteca e i calici non facevano in tempo a svuotarsi che già erano di nuovo pieni.

-Ragazzi, ho un’idea – Arsene interruppe la baldoria –facciamo ubriacare Goemon!-

-Si, dai, quando è ubriaco è quasi simpatico- aggiunse Daisuke, versando ancora vino nel calice della vittima designata.

-Povera stella, ma smettetela!- intervenne Fujiko –abbiamo promesso di non creare problemi a Franca, non è casa nostra!-
La situazione tornò sotto controllo, poi Fujiko riprese a parlare.

-Franca, è inutile dire che ti ringraziamo per l’ospitalità e grazie ancora per averci permesso di ammirare la mostra gratis, specialmente il bellissimo “Le déjeuner sur l’herbe”. Però, ecco…dovresti farci un favore che per te è piccolo e per noi è grande grande-

-Certamente-

-Vedi, cara – intervenne Arsene – a noi non basta vederlo, un bel quadro, ma…lo vogliamo anche. Quindi, appena ti diremo il giorno esatto, tu disinnescherai l’allarme durante il tuo turno di notte, così il dipinto di Manet potrà dire addio alla Galleria Borghese-

-Ahahahahah, grande Arsene!- esclamò Franca, convinta che si trattasse di uno scherzo.

-Non stiamo raccontando barzellette, siamo spiacenti: siamo ladri professionisti- aggiunse Daisuke.

-Già… ci devi davvero scusare, Franca – disse Fujiko –ma dobbiamo rubare il quadro. Siamo qui a Roma per questo-

-No, aspettate, non capisco…- Franca aveva un’aria tra lo sfottò e l’inebetita.

-Così lo capisci?- le disse Fujiko puntandole una pistola in faccia. Anche Arsene e Daisuke fecero la stessa cosa, mentre Goemon tirò fuori una spada, che non si capiva come avesse fatto a tenerla nascosta.

-No, dai, ragazzi, che è scherzo è questo? Le armi sono vere?-

-Verissime…come vero è il mio nome: Arsene Lupin III. Lui è Daisuke Jigen e lui Goemon Ishikawa. Ti dicono nulla questi nomi?-

-No…solo Lupin mi dice…cosa? Lupin III? E loro sono i tuoi complici…ecco perché avevo l’impressione di conoscervi già…vi ho visti grazie ai media! Fujiko, come ti sei permessa di prenderti gioco di me?-

-Perdonaci, ma sei l’unica che potrebbe aiutarci-

Franca rimase senza parole, con le armi ancora puntate addosso, mentre temeva per la sua vita e per la sua casa, che quei quattro avrebbero potuto pure svaligiare. Non riusciva a reagire né a versare una minima lacrima. Piangendo, almeno si sarebbe sbloccata e invece…nulla. Restò immobile, ma poi trovò il coraggio di parlare.

-E va bene: accetto. Non ho altra scelta. Cercherò di non farmi scoprire, studieremo insieme un piano d’azione, per cui dovrete aiutarmi. Ma ora sono io a porre una condizione: non dovete rubare in casa mia né il mio portafogli, che è pure mezzo vuoto. Promesso?-

-Promesso- risposero all’unisono.

-Ehi, ma ci prendi per ladri da quattro soldi? – aggiunse Jigen- Avanti, prendi il cellulare e segnati i nostri numeri-
 

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Capitolo 3
*** Non amici ***


Capitolo 3 – Non amici

Franca stava svolgendo il turno di mattina e, appena passava a guardare il famoso dipinto di Manet, tirava fuori un sospiro, l’unico gesto liberatorio che sentiva di potersi concedere, dato che, tutto quello a cui aveva assistito la sera precedente e ciò che le era stato detto erano segreti che doveva tenersi tutti per sé. Ogni tanto le tornava in mente la scena in cui i quattro “amici” le avevano puntato le armi addosso e veniva colta da un senso di angoscia, che solo l’osservare altri dipinti e il guardare i visitatori del museo potevano esserle di conforto. Poi, quando lo sguardo le tornava su quel quadro, i pensieri la cominciavano a tormentare. “Dunque, se io non faccio in modo di disattivare l’allarme senza che nessuno mi scopra allora tre di loro mi ridurranno un colabrodo e il quarto mi farà a cubetti”. Durante la pausa pranzo, che avrebbe potuto evitare, data l’assenza di fame che l’aveva colta, osservava la sua insalata, ma non riusciva nemmeno a infilzarla con la forchetta. Teneva i gomiti appoggiati al tavolo del bar dove andava spesso e si manteneva il mento con entrambe le mani. “Mangia ‘sto schifo di insalata, la tua pausa pranzo è preziosa, Franca”, pensò tra sé e sé, così decise di cibarsi, una volta per tutte. Mentre masticava svogliatamente notò che il suo smartphone vibrava sul tavolo: era un sms di Goemon, che le chiedeva di andare al cinema nel pomeriggio. C’era un film che poteva interessare a entrambi, così lei accettò e, non appena inviò il messaggio, lui la chiamò per mettersi d’accordo su dove incontrarsi. Da quando si era lasciata con il suo ultimo ragazzo, un millantatore di qualità che non aveva affatto, era uscita con alcuni individui, anche per una semplice passeggiata. Sebbene fosse molto corteggiata, Franca non si sentiva affatto lusingata di avere così tanti uomini intorno, la maggior parte dei quali le sembravano poco interessanti. Forse era il suo mood recente, ma preferiva di gran lunga uscire con gli amici piuttosto che con potenziali partner.  Però l’invito al cinema da parte di Goemon le era parso come qualcosa di insolito, come insolito sembrava essere proprio Goemon. Così nel pomeriggio si incontrarono e, come stabilito, andarono al cinema. Durante la proiezione, ogni tanto Franca buttava un occhio a colui che le era accanto e che era intento a guardare il film come ipnotizzato e pensava a quando le aveva puntato quella spada la sera prima. Una spada? Davvero quel tizio andava in giro con una spada? Come faceva a nasconderla? Ce l’aveva anche in quel momento? Le veniva da ridere, anche se c’era ben poco da ridere. Usciti dal cinema, i due, commentando il film, andarono a bere qualcosa; voleva offrire Franca, questa volta. Seduti in un locale piuttosto silenzioso, continuavano a parlare del film, anche se lei iniziava a stancarsi, desiderosa di cambiare argomento. Aveva tante domande da porre a quell’uomo, ma non sapeva da dove iniziare. Sorprendentemente fu lui a cambiare discorso, pur rimanendo nell’ambito del cinema.

-Lo so che ti sembrerà strano, ma di solito non vado mai al cinema in compagnia, soprattutto con una donna-

-Posso quindi considerarmi una privilegiata?-

-Direi di sì… Per il mio modo di concepire la vita non dovrei nemmeno parlare, con le donne-

-Con me però parli…forse non sono così tanto donna?-

-Per carità, non ho mica detto questo-

-Beh, ogni tanto dovresti staccare dalle tue cose ascetiche-

-Le cose ascetiche, come dici tu, fanno parte del mio stile di vita. Però non ti nascondo che ogni tanto le eccezioni si possono fare, no? E ti assicuro che me ne concedo, di eccezioni; a volte anche a malincuore, ma non potrei fare diversamente–

-Uscire con me allora è un’eccezione che conferma la regola-

-Esatto. Ogni tanto posso anche io uscire con una donna. Ovviamente una distrazione non è un impegno, sia chiaro-

-Che cosa intendi dire?-

-Che avrei bisogno di distrarmi-

-E tu stai cercando di distrarti con me, giusto?-

 
Goemon arrossì e non proseguì il discorso. Quando il cameriere portò il conto, Franca non era più intenzionata a offrire e trovò la scusa di essere uscita coi soldi contati. Così ognuno pagò la sua bevanda.
 

-Dove ti riaccompagno, visto che non posso sapere dove abiti?- domandò la giovane donna, azionando il telecomando della sua auto.

-Ah, ma vuoi tornartene per conto tuo? Cioè, scusami, voglio dire…la serata è finita?-

-Mi spiace, Goemon, ma la tua distrazione con me non può proseguire. E poi, domattina dobbiamo tutti vederci a Villa Pamphili, come ha stabilito Arsene. Per fortuna ho il giorno libero, ma mi dovrò alzare presto lo stesso-

 
La mattina seguente, tutti e cinque si ritrovarono sul prato di Villa Pamphili, Lupin aveva organizzato una colazione sull’erba, per rendere omaggio al futuro colpo.

-Ma questo è un pranzo!- affermò Jigen –quanta roba abbiamo portato?-

-Avete chiamato un catering, per caso? Io ho portato poche cose, che figuraccia sto facendo- asserì Franca.

-Ma tu sei nostra ospite, cara!- le rispose Fujiko, abbracciandola.

Goemon, parlando, non menzionò l’uscita del giorno prima con Franca, sembrava come se nulla fosse accaduto e tutti i discorsi furono concentrati su come preparare il colpo.

-Mi raccomando, Franca –disse Lupin, sempre al centro dell’attenzione –segui tutte le nostre indicazioni. Se provi a sgarrare non te la faremo passare liscia... Ragazzi, sono riuscito a sapere dell’arrivo di Zenigata a Roma, se ci trova è la fine-

-Zeni chi?- chiese Franca.

-L’ispettore Zenigata, dell’Interpol. Hai mai sentito parlare di lui? Ci dà la caccia da una vita-

-No, non lo conosco-

-Non importa, se dovessi incontrarlo, di sicuro si presenterà lui a te. Perciò, amici, per breve tempo dovrò assentarmi da Roma, così se paparino mi dovesse inseguire, voi nel frattempo potrete organizzarvi tranquillamente-

Durante tutta la colazione, Franca si sentiva come in una gabbia di vetro: ormai era stata tirata in mezzo a una faccenda da cui non poteva uscire. Era come se fosse un quinto membro della banda e avvertiva dei sensi di colpa, anche quando si rendeva conto di apprezzare la compagnia di quelle persone, specie di Jigen, che, inaspettatamente, era quello che, dopo Fujiko, sembrava metterla più a suo agio, col suo modo di fare discreto e allo stesso tempo coinvolto. A un certo punto Lupin salutò tutti e andò via. Poco dopo anche Fujiko decise di andarsene e Goemon la seguì.

-Vuole distrarsi con lei, ora?- ragionò a voce alta Franca.

-Sai quante volte si è distratto con Fujiko…- commentò Jigen – Ci ha provato con te, ieri, vero?-

-Ah, ma hai saputo che siamo usciti insieme?-

-Me lo ha detto lui, mi era parso strano, così gli ho chiesto il perché e mi ha risposto che doveva uscire con te-

-Fa tanto il prezioso, ma mi sa che è il più porco di tutti, tra voi…altro che quel cascamorto di Arsene!-

Jigen non commentò e, accendendosi una sigaretta, si abbassò il cappello sugli occhi. Franca si rese conto di essere stata indelicata, mettendolo probabilmente in imbarazzo e si scusò.

-Goemon è fatto così – intervenne poi lui –fa passi in avanti, poi indietro, se qualcuna ci prova con lui allora si stranisce, se ci prova lui poi, però, si pente…Dimmi un po’: per caso ti piace Goemon?-

-Voglio essere sincera: è bello, molto bello, non c’è nulla di male a dirlo, la sua bellezza è sotto gli occhi di tutti, solo che è il classico uomo col mestruo e non differisce da tanti che ho incontrato nella mia vita-

-Uomo col mestruo? Spiegami che cosa intendi, scusa…-

-Il tipo complicato, peggio di una donna durante il ciclo mestruale…credimi, Goemon è l’esempio perfetto che ti spiega tutto. Sono anche stata fidanzata con uomini col mestruo, quindi conosco bene questi spiacevoli esemplari-

Jigen sorrise con un leggero imbarazzo.

-Non è che io sia un tipo così trattabile…vuol dire che dovrai capire tu se anche io sono un uomo col mestruo-

-No, guarda, non preoccuparti, anzi, dovrei chiederti solo scusa per il fatto che tu mi stia gentilmente ascoltando, mentre io mi lamento di un altro…che maleducata che sono, perdonami-

-Vuoi che io ti perdoni? D’accordo, allora smettiamo di farci appiattire il sedere da questo prato e andiamo a farci un giro, che ne dici?-
Franca rimase colpita dal modo di fare di Jigen: era rimasto a farle compagnia, mentre gli altri se ne erano andati; l’aveva ascoltata con attenzione, mentre lei era riuscita a confidarsi un po’ con lui; mostrava di gradire la sua presenza, senza però dare l’impressione di cercare secondi fini.

-Allora, dove ti porto, caro?-

-Non so…sono stato a Roma diverse volte e il centro storico lo conosco bene. Andiamo in qualche luogo meno turistico, dai-

Così Franca decise di portarlo in zona Garbatella, anche se per arrivarci ci stava impiegando più tempo del previsto, dato che il traffico si faceva sentire, in quel tardo pomeriggio. Purtroppo era l’ora di punta. Però quel momento in giro con la Mini aveva una strana atmosfera e la radio accesa rendeva il tutto ancora più speciale, anche se Franca non sapeva spiegarsi il perché o forse lo sapeva, ma non era capace di ammetterlo a se stessa: Jigen le piaceva. Mentre l’auto percorreva il tragitto, i due commentavano il caos di alcune strade e la bellezza di molti palazzi che si affacciavano su di esse, poi lei gli indicava alcuni negozi e locali in cui era stata. Una semplice conversazione come tante le stava sembrando qualcosa di memorabile. Giunti alla Garbatella, parcheggiarono non lontano dalla stazione della metropolitana B e si addentrarono nella parte vecchia del quartiere, edificata sotto il fascismo.

-Forse non è il massimo come posto da visitare, ma tu mi avevi detto di decentrarci un po’- affermò Franca.

-Io lo trovo delizioso, invece. Perché dopo non andiamo a vedere quel ponte moderno che sta sopra la ferrovia e la metro?-

-Ottima idea!-

E così Franca e Jigen si recarono sul ponte che collegava la Garbatella all’Ostiense. Da lì si scorgevano il Gazometro, uno dei simboli della Roma meno centrale, e uno splendido tramonto.

-Sai, trovo quasi più romantico questo ponte di Ponte Milvio; non so se ci sei stato-

-No, mai-

-Allora ti ci devo portare, appena possibile-

-Volentieri! Ti dirò: a volte capita anche a me di contemplare le città dai ponti. Mi piacciono quelli veneziani, in particolare-

-Oh, ci credi che non sono ancora stata a Venezia?-

-Uhm, allora tu mi porti a Ponte Milvio e io porterò te a Venezia. Che ne dici?-

Risero tutti e due, poi ci fu il silenzio e l’unico rumore era quello dei treni che percorrevano i binari non lontani da lì, essendo vicina la stazione Ostiense.

-Sì…questo tramonto è davvero meraviglioso- sostenne Franca, giusto per dire qualcosa.

-Ti ringrazio...quando mi ricapiteranno giornate così belle? Prima la colazione sull’erba, poi il giro in macchina e questo tramonto…con la vita che faccio non mi trovo a vivere spesso momenti così…-

-Non pensarci ora, goditi il paesaggio-

- Tu fai parte di tutto il paesaggio, Franca-

-Io?-

-Sì...-

Jigen si avvicinò alla donna e l’abbracciò da dietro.

-Io non sono un uomo col mestruo come Goemon, non faccio giri di parole per dire a una persona che mi fa star bene. E io sto così da quando Fujiko ci ha presentati-

-E cioè? Ti ho tolto il sonno e la fantasia?- ironizzò Franca

-Proprio così-

- Potevo uscire con te, invece che con Goemon, ieri. Ti pensavo spesso, lo ammetto. Non avrei mai immaginato che…beh…-

Jigen non commentò, ma, continuando a tenerla abbracciata, baciò Franca prima su una guancia, poi sul collo e lei provò un brivido nell’avvertire la sua morbida barba e nel constatare il fatto che lui avesse usato un’ottima colonia. Anche lui ci stava provando, ma il suo approccio era diverso da quello di Goemon. E dopo quei baci ce ne furono altri, sempre più intensi e così coinvolgenti da spingere i due a decidere di andare altrove per rimanere completamente soli, finendo poi direttamente a letto, a casa di Franca.  
 

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Capitolo 4
*** Riscoperte ***


Capitolo 4 – Riscoperte

Franca osservò Jigen che si era addormentato prono. Era ormai trascorsa l’ora di cena, ma loro non avevano ancora mangiato. E chi ci pensava a farlo, dopo quello che era successo ai due? Una cosa era certa: per entrambi era stato un momento speciale; per lui fu la riscoperta di come si potesse amare senza agire meccanicamente, al contrario delle tante volte in cui aveva avuto incontri per così dire occasionali, che gli lasciavano un temporaneo piacere fisico; per lei un modo per capire che esistevano ancora uomini che sapevano farci e Jigen ci sapeva fare. Per colpa delle sue ultime storie, si era dimenticata che cosa fosse avere degli amplessi decenti, ma soprattutto si sentiva di nuovo piacente, desiderabile, dopo che la sua bellezza era spesso stata mortificata da partner complicati, che la facevano sentire sminuita, per colpa delle loro debolezze e dell’incapacità di amare anche fisicamente. Era stanca di coloro che avevano pretese su di lei per compensare la mancanza di una vera virilità, in ogni senso. Inoltre, era stufa di egocentrismi da parte di tipi insicuri che ostentavano una sicurezza di cui non vi era nemmeno l’ombra. Insomma, sia per Jigen sia per Franca era come aver fatto tabula rasa di un passato amoroso spesso superficiale oppure piuttosto squallido.
   
Indecisa su cosa fare dopo, Franca continuò a osservare Jigen che dormiva e prese ad accarezzargli barba e capelli, accorgendosi che si stava svegliando. Si diedero un bacio, poi lei gli si avvicinò, per parlargli.

-Non ho capito una cosa: perché ogni tanto parli in italiano e anche piuttosto bene?-

-Perché…perché ho avuto delle donne italiane, ben tre-

-Davvero? E di altre nazioni? Perdonami la curiosità-

-Allora…una spagnola, due russe, una giapponese e due americane. Le storie più serie, ovviamente-

-Accidenti, sei un collezionista!-

-Non me ne vanto…ho creduto a quasi ogni donna importante che ho avuto, eccetto quelle di cui non mi interessava nulla, ovviamente. Ma, credimi, mi sono comportato male rare volte, sono sempre stato io quello che ha ricevuto fregature. C’est la vie…-

Franca notò che Jigen si era intristito e così cercò di fargli riprendere il discorso sulle lingue da lui parlate.

- Inglese, giapponese, francese, italiano, russo e spagnolo. Non le parlo tutte bene, comunque-

- Che poliglotta! Perché, invece del ladro, non hai fatto il professore di lingue?-

-Perché le ho imparate facendo il ladro, girando per il mondo-

-Caspita! Allora se una mia amica venisse a sapere che fare il ladro fa imparare tutte queste lingue non ne avrebbe studiate solo due, in anni di università- ironizzò
Franca, mentre lo baciava lungo la schiena e notando poi diverse cicatrici provocategli da armi da fuoco.

-Non sono ancora un colabrodo, ma poco ci manca- commentò Jigen, che si era accorto del turbamento della giovane donna alla vista di quei segni.

-Non crucciarti, senza di queste non saresti così cool… Sai, non riesco ancora a credere che sia successo tutto così all’improvviso, tra noi, senza che io riflettessi su chi tu sia davvero. Eppure sono una persona razionale. Tu sei un malvivente, hai con te una pistola, avresti potuto ammazzarmi e rubare in casa, anche se sono squattrinata oppure…-

-…oppure fare l’amore con te… E ho scelto quest’ultima cosa, il resto non è detto che non accada-

-Ma…oddio…-

-Ci sei cascata, eh? Non faccio mai del male a nessuno per il gusto di farlo, specie per chi ha fatto sì che non fumassi per alcune ore. Complimenti, non ci riesce mai nessuno. Però ora ne ho bisogno-

-No, ti prego. Ti vesti e per fumare esci fuori, perdonami…Dai, poi andiamo in cucina a mangiare qualcosa; avrai anche fame-
Jigen seguì i consigli di Franca e, rivestitosi, uscì sul balcone per fumare e per controllare il suo smartphone-

-Franca!- disse poi sporgendosi per affacciarsi leggermente dentro –guarda: sei chiamate non risposte e tutte di Goemon, ma ti rendi conto? E non le avevo nemmeno sentite! Mi conviene rintracciarlo, altrimenti non la smetterebbe più-

Lei sorrise. Poi, dalla cucina, aguzzò l’orecchio per origliare la telefonata, ma non capì nulla, perché Jigen gli parlava in giapponese, ma, dal tono della telefonata, Goemon si stava di sicuro beccando una serie di improperi da parte dell’amico-

-Che voleva? – domandò Franca.

-Voleva sapere dov’ero e chiedermi se avevo notizie di Arsene-

-Perché non ha chiamato lui, scusa?-

-Perché quando si tratta di rompere le scatole Goemon cerca me. Mi trova più affidabile. A volte diventa così pressante, al punto tale che spesso ci hanno scambiati per una coppia gay. Quando non lo è nessuno di noi-

-Non devi convincermi, mi avete entrambi provato che non lo siete, quindi…-

-Su di lui a volte ho nutrito dubbi, non lo nascondo, però poi l’ho conosciuto bene e ho capito che non solo non è gay, ma che alle donne pensa molto più di me-

-Però si reprime fino a diventare frustrato, giusto? Mi ha fatto tutto un discorso in cui mi sono pure persa, per seguirlo per intero. Ammetto di essermi pure un po’ preoccupata, per il suo modo di fare-

-Sta’ tranquilla, è innocuo, anzi, è addirittura simpatico, se lo conosci bene-

Franca pensò a cosa poteva preparare da mangiare, sebbene fosse più vicina l’ora di andare a dormire. Le era passata la fame, così pure a Jigen, che accese lo stereo e si mise a curiosare tra alcuni cd.

-Non hai nulla di jazz, Fra?- domandò poi l’uomo.

-No, mi dispiace, niente jazz, non lo amo, se non qualche volta dal vivo, quando certi amici mi portano alle serate a tema-

-Bene, se volessi portarti io, magari domani sera quando finirai il turno? Sono stato per caso in un posto in cui suonava un quartetto di sassofonisti; è stato il giorno prima di conoscerti, in un quartiere che mi pare si chiami Monti… esiste oppure ho capito male?-

-Ma certo che esiste! Monti è un rione delizioso e credo pure di aver capito di quale locale parli. Accetto il tuo invito. Ma ascolti solo jazz?-

-No…anche musica classica e rock, parecchio rock. Mmmm, hai Lou Reed, vedo. I tuoi gusti musicali sono simili a quelli di Arsene, sai? “Transformer” è un bel disco-

- Aggiudicato Lou Reed, allora. Batti cinque!-

-Yeah!-

La musica arricchì l’atmosfera, poi la notte fece tutto il resto, così come la mattina, in cui finalmente i due si ricordarono di mangiare, non prima dell’ora di pranzo.

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Capitolo 5
*** Qualcuno sapeva ***


Capitolo 5 – Qualcuno sapeva

Franca stava svolgendo il suo turno pomeridiano quando vide delle persone intorno a un uomo alto, moro e con un impermeabile beige, di quelli che non si usavano più. Spostandosi vicino a “Le déjeuner sur l’herbe”, notò che quel tipo le si stava avvicinando.

-Signorina, mi scusi- le disse – Si fermi…Mi presento: sono l’ispettore Zenigata della polizia internazionale-

“Oh, cribbio!” pensò lei

-Mi perdoni, signorina- si presentò con una stretta di mano che a Franca fece piuttosto male -Sono qui perché questo museo e, in particolar modo, il quadro che è alle sue spalle, sono in pericolo. Non so se ha saputo, ma un noto ladro di nome Arsene Lupin III e tutta la sua banda hanno intenzione di rubarlo. Io sono qui per impedire tutto questo-

-Bene, la ringrazio per l’informazione ispettore, la sua e la nostra sorveglianza saranno impeccabili-

-Lei dice, signorina? Io non ne sono tanto convinto-

-Ispettore, l’assicuro che stiamo lavorando al meglio-

-Davvero? Conosce un certo Daisuke Jigen?-

-N-no- balbettò Franca, che non riuscì a mascherare una certa emozione nel sentir pronunciare quel nome-

-Ah, no? Eppure ho saputo che è stata vista in sua compagnia. Lo sa che è il braccio destro di Lupin?-

-D’accordo, l’ho conosciuto qui, era venuto a visitare il museo, è un turista appassionato di arte, non so altro di lui. Qualcuno mi avrà visto di sicuro quando ho deciso di accompagnarlo a fare un giro. Tutto qui. Mi scusi se prima ho mentito, ma lei mi guarda in maniera minacciosa, ispettore Zenigata-

-Questa è la mia faccia e non ho idea di come io la stia guardando, però non le permetterei di prendermi in giro. Lei conosce quell’uomo e anche piuttosto bene, ho i miei informatori-

-Ora la devo salutare, sono in servizio-

-Anche io sto lavorando, non sono qui a Roma per fare un viaggio di piacere, signorina arrogante-

-Arrogante io? Lei sta approfittando della mia disponibilità per abusare del suo ruolo. Se vuole, mi faccia arrestare…bah… solo perché conosco una persona che conosce
anche lei… Arrivederci-

-A presto, cara ragazza, a molto presto-

Franca si rese conto di essere stata troppo sulle difensive e un atteggiamento del genere avrebbe potuto infondere ulteriori sospetti in quel lugubre poliziotto. Proseguì il suo turno con un’ansia incredibile e non vedeva l’ora di rivedere Jigen, non solo perché voleva stare con lui, ma anche e soprattutto per parlargli della visita di Zenigata.
 
-Insomma…qualcuno sai di noi, Daisuke, e lo ha riferito a Zenigata- disse Franca, mentre, seduta al tavolo di un ristorante di classe, leggeva il menu.

-E allora? Zenigata è uno in gamba, riesce sempre a trovarci, ma in questi anni non è mai riuscito a prenderci. E poi devi stare tranquilla, non ti succederà nulla- la
rassicurò lui, prendendole la mano e mostrando un sorriso che la fece avvampare.

-Secondo me Goemon ha fatto la spia. Ce l’ha con me perché gli ho dato un due di picche-

-Goemon? Ma stai scherzando? D’accordo, è un tipo difficile e spesso anche permaloso, ma non mi farebbe mai uno sgarro del genere e, credimi, non metterebbe mai in pericolo una donna. Dai retta a me, lo conosco così bene da essere sicuro che non è così folle da dire di noi due a Zenigata. Posso mettere la mano sul fuoco-

-Attento a non bruciartela-

Dopo la cena e una rilassante serata jazz, Franca e Jigen trascorsero nuovamente la notte insieme a casa di lei, che aveva ormai aveva dimenticato il faccione lugubre di Zenigata, dato che, da quando lo aveva visto, l’aveva sempre davanti agli occhi.
La mattina seguente, Franca, pur dovendo andare al lavoro, non aveva fretta di alzarsi e aveva spostato la sveglia di mezz’ora. Jigen, invece, si era alzato e, per fumare, si era infilato i boxer per affacciarsi alla finestra della camera da letto. Si guardò intorno, mettendosi una sigaretta tra le labbra e, prima di accendersela, si stiracchiò. Poi si girò verso Franca, accortosi del suo risveglio.

-Buongiorno! Ma non devi andare a lavorare?- le disse guardandola con aria canagliesca.

-Sì sì, ma mi sento rincoglionita...-

Franca si era svegliata con un leggero mal di testa e, prima di alzarsi, si mise a osservare estasiata Jigen e il suo fisico asciutto, ma muscoloso. Quell’uomo le piaceva sempre di più e l’idea di separarsi da lui, per andare al lavoro, la rendeva insofferente. Non appena squillò, gli passò il suo smartphone, che era sul comodino.

-Arsene, brutto bastardo, ma dove sei?- fu la risposta di Jigen alla telefonata.

Franca cercava di ascoltare la conversazione, rendendosi conto di udire anche la voce squillante di Lupin. Poi si alzò per andare in bagno e, quando tornò in camera, notò che Jigen stava giocherellando col suo smartphone. Le chiese se poteva fare una doccia e lei annuì, anche se iniziava ad avere fretta di prepararsi per andare al lavoro.

-Ehi, guarda che nella doccia è proibito fumare!- lo prese poi in giro.

-Che simpatica! E tu non spiarmi!-

-Eh, già, perché non so come sei fatto, vero?-

-Arsene torna tra una settimana e poi ci sarà il colpo-

-Ah…-

-Perciò abbiamo ancora una settimana per stare sempre insieme, ok?-

Furono le ultime parole di Jigen prima di baciarla e di entrare nel bagno. Franca si incupì, pensando al colpo ma, soprattutto, a quello che sarebbe stato di loro due dopo il ritorno di Arsene e della messa in atto del piano per rubare quel maledetto quadro. Poco dopo la chiamò Fujiko, desiderosa di vederla. Uscito dalla doccia, Jigen fu informato della telefonata della sua “collega” e reagì come se fosse infastidito.

-Spero che tu non le abbia detto di noi due- disse poi –Non per niente, ma voglio tenere fuori la banda dai miei fatti privati-

-No no, non ho detto nulla, anche perché…insomma, io credevo che Fujiko fosse un’amica disinteressata e non una ladra che vuole coinvolgermi in un furto-

-Quella non è una donna sincera, ci ha sempre usati per i proprio scopi, anche se…alcune volte ha rischiato la vita pur di rimanere con noi, perché, in fondo, ci vuole bene-

-Che tipo di rapporto hai con lei?- chiese poi Franca, mentre si truccava davanti allo specchio del bagno e lui si vestiva.

-Uhm, un rapporto di “lavoro” e più o meno amicizia, nel senso che non sono mai stato interessato alla sua vita, più di tanto-

-Quindi con lei non c’è mai stato nulla-

-Non l’ho mica detto…Vedi, Fujiko è diversa da te, che sei una ragazza per bene; non dico che è una facile, ma è molto libera nei costumi-

-Ho capito: ve la siete passata tutti-

-Beh, io di meno, ma Arsene e Goemon sì. Lei preferisce Goemon-

-Si era capito-

Andarono in cucina per fare colazione, Franca aveva fretta, ma relativamente, poiché era sempre ben organizzata e sapeva arrivare puntuale anche quando si sbrigava all’ultimo minuto. Notò che Jigen era pensieroso e temeva che si fosse già stancato di lei. Glielo chiese e lui negò, ma doveva parlarle.

-Ho deciso, Fra: non parteciperò al colpo. Mi dissocio. Possono farcela senza il mio aiuto, anzi, il nostro-

-Dici sul serio?-

-Certo. E tu farai finta che nessuno ti abbia coinvolto in questa faccenda-

-Ma…-

-Non voglio che tu finisca nei guai! Non riuscirei a sopportarlo…e se provano a farti qualcosa dovranno vedersela con me-

Appena terminata la frase, Jigen si avvicinò a Francia per abbracciarla. Un quadro, seppure prezioso, per lui non poteva avere la stessa importanza della persona per cui stava iniziando a provare qualcosa di profondo-
 

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Capitolo 6
*** Il colpo ***


Capitolo 6 – Il colpo
 
Era trascorsa una settimana. Franca e Jigen, che avevano attuato una sorta di convivenza, attendevano il resto della banda per cena, a casa di lei. Si erano messi a cucinare amatriciana, bistecche e contorno, anche se per Goemon dovevano fare un menu a parte, dati i suoi gusti difficili; ci pensò Jigen.

-Dirai a loro quello che avevi detto a me?- domandò Franca, misurando la quantità di pasta necessaria.

-Del colpo?-

-Eh-

- Per forza!-

-Come la prenderanno?-

-Male, suppongo. E dirò pure che tu non staccherai l’allarme-

- Così Goemon mi staccherà la testa, mentre Fujiko e Arsene mi trasformeranno in uno scolapasta-

-Sciocca, te l’ho già detto: ci sono io a proteggerti. Non ti succederà nulla, ti fidi di me?-

Franca poi rimase in silenzio, pensierosa e timorosa di come poteva davvero agire la banda alla notizia della defezione di Jigen.

-Fra, che hai?-

-Niente, stavo pensando al fatto che tu debba cucinare apposta per Goemon-

-Perché hai sempre Goemon sulla bocca?-

-In realtà sto pensando soprattutto al colpo. Scusami, ma mi è concesso essere preoccupata per tutta questa faccenda?-

Il campanello suonò: i tre erano arrivati. La prima a entrare fu Fujiko che, contenta di rivedere la sua amica, le porse un millefoglie -il dolce preferito di Franca- fresco di pasticceria.

-Oh, mammia mia, ma sei matta, Fujiko? Con tutta la roba che stiamo preparando…vuoi scoppiare?-

-E vorresti cenare senza dessert, sciagurata?-

Fujiko si mostrò amica, come sempre, ma Franca dentrò di sé provava un moto di disgusto per come quella donna continuasse a far finta di nulla, come se non l’avesse mai coinvolta in quella operazione pericolosa. Arsene si precipitò in cucina, curioso di conoscere le pietanze in preparazione e, appena vide tutto il ben di Dio che si presentava ai suoi occhi, abbracciò Franca e le diede un bacio schioccante sulla guancia. “Che schifo”, pensò lei. Avrebbe preferito che un gesto simile lo avesse fatto Goemon, ma poi non voleva far ingelosire il suo Jigen. Il millefoglie finì nel frigo, Franca e Fujiko apparecchiarono nel soggiorno, Arsene e Goemon si sedettero sul divano e Jigen stava finendo di preparare per Goemon.

-Franca, posso accendere il televisore? Vorrei guardare un tg- domandò Arsene.

-Sì, anche se avrei preferito ascoltare un cd- rispose la giovane, un po’ seccata. Le dava fastidio l’idea che quell’uomo potesse giocare col telecomando della sua tv di quaranta pollici.

Tutto era pronto per la cena, i cinque si accomodarono a tavola: Franca era seduta accanto a Jigen, di fronte c’erano Goemon e Fujiko e a capotavola Lupin. Si procedette con gli antipasti, che tutti consumarono velocemente, tranne Goemon, che stava a guardare: nel suo menu personalizzato non c’erano antipasti.

-Il signorino Goemon non gradisce nulla dal nostro antipasto luculliano?- lo sfotteva Lupin. Tutti risero e lui li guardò male, specie Franca, che era seduta di fronte e che era sempre più convinta che Goemon nutrisse una certa ostilità nei suoi confronti. Fulminata dallo sguardo di quell’uomo, smise di ridere.
Ma quando arrivarono le altre pietanze, calò il silenzio. Erano tutti impegnati a mangiare. Franca guardava gli altri uno per uno e faticava a reprimere una certa tensione. Masticava e respirava a fatica, stando con la testa abbassata sul suo piatto, poiché si sentiva osservata da Goemon. Il più sereno di tutti, come sempre, era Lupin. Fujiko ogni tanto mandava sms, ma non rivelò chi fosse il destinatario. Stava forse frequentando qualche uomo oppure aveva in mente un colpo parallelo a quello del famoso quadro di Manet? Quando terminarono il secondo, Lupin lanciò un urlo di esaltazione.

-Franca, ma sei una maga, in cucina! Complimenti vivissimi- esclamò poi, baciando la mano alla giovane donna, che, imbarazzata, continuava a sentirsi gli occhi addosso di colui che era seduto di fronte.

-Il merito non è solo mio, ma anche dell’illustre cuoco Daisuke Jigen, che mi ha aiutato tantissimo e non ha solo preparato il menu per…ehm…per Goemon-

“Perché non smette di guardarmi?” pensava tra sé e sé Franca, riferendosi a Goemon. Jigen, contento dei complimenti ricevuti, diede un bacio schioccante alla sua partner, mettendole un braccio dietro le spalle. Quando fu il momento del dessert, Jigen andò a prendere i bicchieri per brindare con lo champagne portato da Lupin, Fujiko si prodigò di tagliare il dolce, Lupin si preparò a stappare la bottiglia e Goemon decise di farsi fare anche lui una porzione di dessert. Si prepararono per il brindisi e il primo cin cin fu dedicato a Zenigata, per sfotterlo, il secondo a tutti loro e il terzo al colpo, che, a detta di Lupin, sarebbe avvenuto la notte del giorno dopo. Per un attimo regnò il silenzio. Fujiko e Goemon erano concentrati a bere lo champagne, Lupin si fece cupo, notando che Jigen giocherellava con la forchettina usata per mangiare il millefoglie. Quest’ultimo fece un bel respiro e si decise a rivelare ciò che avrebbe spiazzato tutti, tranne Franca, che lo osservava e temeva una pessima reazione degli altri del gruppo.

-A proposito di colpo- disse l’uomo –Io…io me ne tiro fuori: non partecipo, sarete in tre, perché nemmeno Franca ha intenzione di seguire le vostre direttive-

-Ma stai scherzando?- domandò Fujiko.

-E quale sarebbe il motivo? Sentiamo…- intervenne Lupin con fare arrogante.

-Il motivo è semplice: sono davvero innamorato della persona che non c’entra nulla con noi e che volete mettere in mezzo. Mi ritiro per proteggerla, perché non voglio che
finisca nei guai per colpa vostra-

-Ahahaahahaha e non potevi dircelo prima? Così ci saremmo risparmiati questo preziosissimo champagne e il millefoglie e voi le forze per far da mangiare a noialtri.
Daisuke, il mio amico più fidato che manda a puttane un piano per fare il galante… Ma siccome sei tu la sua dama, Franca, e ci sei simpatica, asseconderemo gli umori del tuo uomo…certo, ma ora dobbiamo preparare tutto all’ultimo momento, porco cane! E perciò domani ci dovremo scervellare, perché tu, amico mio, ti sei innamorato peggio di Goemon quando incontra certe liceali!-

Lupin, che prima aveva parlato con un tono ironico e col sorriso sulle labbra, si mostrò piuttosto adirato e Goemon, tirato in causa, guardò male il suo amico, facendo obiezione sul discorso sulle liceali per cui ogni tanto perdeva la testa. Franca rimase di sasso non tanto per la prevedibile ira di Lupin, quanto per quello che aveva saputo su Goemon. Le liceali?
Ma poi l’atmosfera si calmò e Lupin fu il primo che cercò di far tornare la serenità su quella serata, proponendo ai suoi amici di uscire a fumare sul balcone. Franca e Fujiko nel frattempo sparecchiavano e mettevano piatti e bicchieri nella lavastoviglie. Stemperata un po’ la tensione che si era creata tra loro due, si misero poi a spettegolare su coloro che erano usciti fuori per una sigaretta.

-Ma anche Goemon fuma?- domandò Franca.

-Di solito no, raramente fa qualche tiro…aspetta un attimo…ma quelli non sono usciti a fumare sigarette!-

-Oh, no, mi metteranno nei pasticci se l’odore dell’erba arriva dal vicino, che sta sempre sul balcone. Poverino, è anche anziano!-

-Va beh, lasciali fare…magari il vecchietto gradirà. Insomma…ma quindi tu e Daisuke siete ufficialmente…-

-Sì, abbiamo una storiella-

-Storiella? Ma se è innamorato perso da aver rinunciato a partecipare al colpo…-

-Beh…si, stiamo insieme…ehm…-

-E come ti ci trovi?-

-Bene-

-No, intendo…a letto com’è?-

-So che lo sai, com’è a letto, Fujiko. Comunque con me ci sa fare, è molto passionale e dolce allo stesso momento. E poi è anche affettuoso, sempre. E Arsene e
Goemon? Ora dimmi di loro-

-Arsene è pazzoide, ride spessissimo. Con lui ci si diverte, non c’è che dire. Goemon, invece…beh, è piuttosto violento, in quei momenti-

-Violento? Oddio, cioè sadico? Faccio bene a pensare che sia il più porco dei tre-

-No, niente di tutto questo, solo che, col fatto che non si lascia andare molto con le donne, quando ha l’occasione per farlo è più…impetuoso del normale, ecco. E questa cosa mi piace moltissimo, non ti credere. Lui è uno dei migliori amanti che ho avuto-

Franca, colpita dalle parole di una Fujiko arrossita, rimase in silenzio passando lo sgrassatore sui fornelli. Quando i tre uomini rientrarono, notò che Lupin e Jigen parlavano ridendo, mentre Goemon si avvicinò a Fujiko, mormorandole qualcosa nell’orecchio e guardando Franca, che non poteva non pensare a quello che l’amica le aveva rivelato prima. “E se quella sera avessi assecondato la famosa voglia di distrazione di cui mi aveva parlato, che cosa mi avrebbe fatto, allora, Goemon?”. Avvampò, ma le veniva anche da ridere. Quando la serata volse al termine e tutto, in quella casa, era tornato in ordine, Franca tirò un sospiro di sollievo e decise di raggiungere Jigen a letto, ma lui era crollato da un pezzo. Lo abbracciò, aspettando di addormentarsi anche lei.
 
Era arrivato il giorno del colpo e Franca, per abbattere il suo nervosismo crescente, decise di andarsi a rilassare con Jigen sui morbidi prati di Villa Torlonia. Stesi sotto una palma, i due cercarono di non parlare del quadro, della banda e di cosa sarebbe successo la notte. La giornata era soleggiata, ma Franca, che fissava il cielo, riusciva a guardare il sole senza sentirsi accecata; era una sensazione bellissima che avvertiva ogni volta che stava stesa in quel parco. Jigen sembrava quasi assopito e, tenendo il cappello calato sugli occhi, come faceva spesso, si era messo una margherita tra le labbra. Poi ne staccò un’altra e la passò sul viso di Franca, per farle il solletico. Lei lo implorò di smetterla, ma, allo stesso tempo, si divertiva. Poi fu colta da uno spleen improvviso, pensando a quando Jigen sarebbe andato via, perché prima o poi sarebbe sicuramente ripartito. Era a Roma per quel furto, era chiaro, non poteva rimanere in eterno. “Ancora una volta soffrirò per amore, anche se a lui non ho nulla da rimproverare: era da tempo che non vivevo una storia così bella…” pensò, riprendendo a fissare il cielo e a concentrarsi sui suoni della natura. Quella mattina a Villa Torlonia c’era pochissima gente e una pace indescrivibile regnava in quel luogo.

-Che farai dopo questo colpo, Daisuke?- ebbe il coraggio di domandargli.

-Mi stai domandando se starò ancora con te?-

-Indovinato-

-Non lo so…Tu cosa vorresti che facessi?-

-Che la tua vita cambiasse, meriti ben altro che essere inseguito da Zenigata-

-Ne sei convinta? Ho un passato terribile, non so se potrò mai cambiare la mia esistenza. Le hai viste anche tu quelle cicatrici, no? E non c’entra solo il fatto di far parte
della banda di Lupin III. Quelle pallottole hanno a che vedere con situazioni ancora più drammatiche. Ho vissuto sempre nel pericolo. Vedi, non sono tuttora riuscito a capire se l’amore per me sia mai stato un ostacolo o un motore importante per la mia vita. Forse è l’una e l’altra cosa insieme-

-Qualsiasi scelta tu prenderai posso solo dire che grazie a te ho ricominciato ad avere più fiducia in me stessa e negli uomini. Poi quel che sarà passerà in secondo piano; almeno per me-

-E tu mi hai fatto ritrovare fiducia nelle donne. Grazie, Franca-

-Abbiamo fatto un servizio reciproco, a quanto pare-

Franca sorrise e tornò a sentirsi serena, poi il suo sguardo verso il cielo fu coperto da Jigen, che, toltosi il cappello, si spostò su di lei per baciarla.

-Non vedo più il sole- affermò Franca, scherzando.

-Ok, tra poco mi sposterò-

-Non importa-

-Anche io lo sto vedendo, il sole-

-Ma se ce l’hai di spalle?-

-No, ce l’ho davanti-

Dopo questo dialogo dal sapore non così velatamente poetico, Jigen riprese a baciare la donna che aveva appena paragonato al sole e poi si adagiò su di lei, per farsi coccolare e per accarezzarla un po’ ovunque. Decisero poi di andare via, un parco era pur sempre un luogo pubblico e non era adatto per ciò che avevano in mente di fare.
 

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Capitolo 7
*** Tutto è bene quel che non finisce bene ***


Capitolo sette – Tutto è bene quel che non finisce bene
 
Era sera e Franca aveva appena iniziato il turno che sarebbe durato tutta la notte. Aveva appena preso un caffè caldo e si sentì chiamare.

-Signorina!-

Riconobbe quella voce: era dell’ispettore Zenigata.

-Salve, che ci fa lei qui? C’è già Matteo Facchini, il vigilante-

-Sono qui per lavorare. Le dà fastidio la mia compagnia?-

-No, si figuri-

Le arrivò un sms: era Fujiko, che le aveva detto che il colpo, ben organizzato nonostante il gruppo avesse avuto poco tempo per idearlo nuovamente, era pronto. Voleva solo tenerla aggiornata, dato che non avrebbe dovuto commettere alcuna manovra per facilitare l’operazione dei tre ladri. Poco dopo arrivò un messaggio da parte di Jigen, che era venuto a controllare che non accadesse nulla alla sua donna.

-Signorina Strangoni, che razza di sorveglianza crede di fare, se sta sempre a guardare il cellulare? Lascia fare tutto a Facchini? Ma chi la sta cercando in maniera così insistente?-

-Ispettore Zenigata, lei non ha dei cari con cui è in contatto costantemente?-

-Ho una figlia, ma la sento poco-

-Ecco, appunto. Io invece ho una mamma lontana che mi manda messaggi e lo fa anche per tenermi sveglia-

Il truce ispettore si era bevuto facilmente la menzogna di Franca, che pensava a Jigen ed era preoccupata per lui. Ma si domandava pure che stesse combinando il resto della banda. Allo scoccare della mezzanotte suonò l’allarme. Zenigata iniziò ad agitarsi e chiamò i rinforzi. La stessa cosa la fece il Facchini. Come poteva Lupin essere stato così stupido a non aver disattivato l’allarme? Doveva esserci un trucco. Franca non si innervosì, ma, quando ricevette un sms da Jigen, sentì le sue forze quasi venir meno. “Ti amo” recitava il messaggio e, quando Franca stava per rispondergli, si spaventò nell’udire dei colpi di pistola. Si accorse che la polizia stava inseguendo Goemon, che scappava come un razzo tra le sale del museo. Volavano proiettili e lei si nascose dietro un angolo, vicino a un’altra stanza. La sua pelle valeva più di un quadro. Notò che era entrato anche Jigen: che ci faceva lì?

-Vattene, Daisuke, non stare qui, stanno sparando come pazzi!- gli disse.

Di Lupin e Fujiko nemmeno l’ombra, forse sarebbero entrati dopo quel gran baccano. Era evidente che Goemon era lì per distrarre gli agenti, Facchini e Zenigata e ci stava riuscendo, anche perché con la spada aveva ferito molti uomini, compreso il vigilante. Jigen cercò di portare via Franca, alcuni agenti li inseguirono e fecero fuoco. In quel momento Fujiko e Lupin, accertatisi che tutti fossero usciti dal museo entrarono per rubare il quadro e a loro ci volle un attimo. Franca e Jigen continuarono a fuggire, ma quest’ultimo si accasciò al suolo: era stato ferito e non di striscio.

-No, Daisuke, che hai? Oh mio Dio…Per favore, aiutooooooo, c’è un ferito grave, ca***ooooooooo!- urlò Franca con tutto il fiato che poteva avere in corpo in quel momento. Lei, invece, era illesa. Le sue urla coraggiose richiamarono l’attenzione di alcuni agenti, che corsero a soccorrere il ladro. Nel frattempo erano arrivate altre pattuglie della polizia e non lontano da lei passò Goemon in manette. Anche Lupin e Fujiko erano stati fermati, anche se erano riusciti a rubare il quadro. Il colpo era fallito definitivamente: aveva vinto la legge, aveva vinto Zenigata. Franca, che aveva mantenuto abbastanza controllo fino a quel momento, mostrando anche una grande forza d’animo nel cercare aiuto, ebbe un crollo nervoso e scoppiò a piangere. L’ispettore le si avvicinò, come se volesse confortarla, ma lei lo allontanò con un gesto della mano.

-Non voglio la sua compassione, Zazà. Che bella polizia del cavolo, che siete, vi mettete a sparare come capita. Eh, già, per voi o tutti sono delinquenti o sovversivi…sapete sempre dar il buon esempio di come si spari alla cieca, vero? Daisuke Jigen non c’entrava niente, si era dissociato dal voler compiere il furto col resto della banda. Era qui perché aveva paura che mi succedesse qualcosa, voleva proteggermi e ci è riuscito. Io non ho un graffio e lui sta rischiando la vita…per me. Lei questo non lo capisce, ispettore dei miei stivali!-
Zenigata non riuscì a ribattere, vedendo la giovane donna in lacrime. La riaccompagnò a casa e le promise che le avrebbe dato notizie sulla salute di Jigen. Quella notte Franca non aveva concluso il turno e la mattina dopo, quando si presentò al museo, c’era ancora la polizia. Era andata lo stesso al lavoro, sebbene, appena sveglia, aveva ricevuto per telefono un triste comunicato: era stata licenziata. Non sapeva nemmeno lei perché si fosse recata in quel luogo. Provò a chiamare Fujiko, ma non ebbe risposta, così come da Goemon e anche da Lupin. “Allora sono finiti proprio in galera”, pensò. Provò a chiamare Zenigata, che le aveva lasciato uno dei suoi tanti numeri. Le rispose subito e le comunicò che Jigen era fuori pericolo, solo che non era ancora cosciente. Dopo tanto tempo che non lo faceva, Franca si mise a pregare, in preda al desiderio di rivedere l’uomo che amava. Tornata a casa, si sdraiò sul divano del soggiorno, inerme. Era senza lavoro, senza colui che le aveva fatto tornare la voglia di innamorarsi e non aveva voglia di muovere un dito.
 
 
Trascorsero tre giorni prima che Franca potesse rivedere Jigen e, quando andò a trovarlo, lo trovò meglio del previsto. Non le sembrava totalmente in forma, ma poco ci mancava. Posò una rosa rossa sul comodino, dono che lui gradì, amando quel tipo di fiori. Poi si chinò per baciarlo.

-Accidenti, ma stai meglio di me- gli disse –ti hanno pure risistemato la barba-

-Ho meno l’aria da brutto ceffo, non trovi?-

-Già…ah, salve ispettore Zenigata. Può aspettare un attimo fuori?-

-Che palle, ma ce lo ritroviamo sempre in mezzo? Quanti anni sono che ci segue come un’ombra? Ne ho perso il conto-

-Quando ti dimetteranno?-

-Non lo so, ma sembra prima del previsto, ho recuperato molto, per fortuna il proiettile non mi ha colpito in punti vitali-

-Sei una roccia…-

-Peccato che dall’ospedale andrò direttamente in galera e non sarà in Italia, purtroppo. Ma tanto non ci starò per molto. Appena Arsene saprà liberarsi torneremo tutti a fare la nostra vitaccia. Sai, i ragazzi sono venuti a salutarmi, ieri sera, tutti e tre. Ovviamente circondati da agenti, che li tenevano stretti. Però per lo meno sono stati gentili a farci incontrare…Ah, ti saluta Goemon, che non ce l’ha affatto con te, me lo ha confermato-

-Ricambio il saluto. Ho letto il tuo ultimo sms e ti stavo rispondendo quando è iniziato quel baccano, al museo. Ti rispondo ora, a voce: “anche io”; è questo ciò che ti stavo scrivendo via messaggio-

-Ti prometto che non smetterò mai di pensarti e farò in modo di essere comunque presente, anche quando sarò lontano, però ti chiedo di fare una cosa: anche se vorrei che ti ricordassi di me, ti prego di riprendere in mano la tua vita di sempre, in questa magnifica città. Hai avuto la prova di quanto tu possa essere importante per qualcuno e sono convinta che saprai ancora meglio che cosa significhi essere fondamentale per il prossimo; per chiunque, anche per un semplice amico-

-Starò con te fino a quando non andrai via. Poi…se un giorno ci ritroveremo, sempre se accadrà…-

-Accadrà, ma tu non pensare a quel giorno, ok?-

Franca faticava a non piangere e poco dopo andò via.

-Ma lo ama così tanto?- le domandò, fermandola,  Zenigata.

-Sì...non mi dica che non sappia che cosa voglia dire amare qualcuno, ispettore. Tanto lei lo saprà benissimo-

-Franca, lei è una persona in gamba e mi dispiace che abbia sofferto anche per colpa mia. Vorrei rimediare…se me lo permette, vedrò di poter fare qualcosa per farla tornare al lavorare al museo-

-Allora posso affidarmi a lei, ispettore?-

-Certo, vedrò di fare il possibile. Almeno ci proverò-

-La ringrazio-

Detto questo, Franca si avviò verso l’uscita del Policlinico Umberto I, andò al parcheggio e mise in moto la sua Mini, che, allontanandosi sul grande viale vicino l’ospedale, diventava sempre più piccola.
 

 
 

Fujikofran (c) 2013
https://www.youtube.com/watch?v=Pib8eYDSFEI

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