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di ChiaraMad
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** New York, New York ***
Capitolo 2: *** Fuori, di notte ***
Capitolo 3: *** Come la pioggia ***
Capitolo 4: *** Quando meno te l'aspetti ***



Capitolo 1
*** New York, New York ***


"Todo lo que tengo, todo lo que hago"

Il cielo tappezzato di stelle, l'aria fresca che soffiava scompigliandole i capelli. Appoggiata alla ringhiera di quel tetto, su uno dei tanti grattacieli della città di New York. 
Guardava un punto fisso difronte a se, immobile. Il viso illuminato da quel gioco di luci sotto di lei. 
Erano mesi che si trovava in quella città, sola. Un loft nel centro di Brooklin, nello stesso quartiere in cui abitava suo fratello Edward. Avevano passato quei mesi assieme, riscoprendo quel rapporto tra fratello e sorella che entrambi sognavano di vivere da tempo. 
Ci avevano provato, o meglio lui ci aveva provato. Solo qualche mese prima, le aveva proposto di passare del tempo assieme, di conoscersi, di diventare finalmente una famiglia.  Ma Adela, non accettò. Ancora troppo insicura, incapace di rendersi conto del fatto di aver ritrovato un fratello della quale nemmeno sapeva l'esistenza. Un altro segreto, uno dei tanti, che il senatore non aveva voluto svelarle. Il mistero su sua madre, sulla sua infanzia tormentata. Fino all'arrivo a Casa Maca, dove finalmente aveva potuto riscoprire se stessa. Grazie a Maca, che ormai considerava una madre. Alle ragazze, che piano piano aveva imparato a conoscere e a voler bene. Ma soprattutto a lui, ad Ignacio. 
Prima il suo "gorilla", assunto dal padre. Poi amico, poi confidente, per poi diventare piano piano il suo amante. Il suo amore, il suo uomo. Sempre pronto a difenderla, a proteggerla, a starle accanto anche nelle situazioni più strane e impensabili.
 
"Quant'è bella New York. La mamma e Edward avevano proprio ragione. Solo uno stupido potrebbe mandare all'aria la possibilità di vivere in una città come questa. Le strade illuminate, i grattacieli che, se ci sali, ti sembra di poter dominare il mondo dall'alto. Il cielo di notte, mai troppo scuro per tutte queste luci. E' una città caotica, se ascolti bene si può sentire in lontananza il suono della sirena sempre accesa di una quasiasi pattuglia di guardia. 
Guardo il cielo, e non posso fare a meno di pensare al fatto che mi mancano quelle cinque svampite in giro chissà dove. 
Ricordo ancora il giorno in cui, dopo esserci ritrovate assieme fuori da Casa Maca, passammo la giornata a divertirci al Luna Park. "Amiche per sempre". Era il ritornello di quella canzone assurda che si era messa a cantare Marisa, trascinando tutte noi. Persino "Nina cretina" si unì al coro. Greta che salì assieme a me su quella giostra di cavalli. "Sali che sei adulto, e scendi che hai quattro anni."
Pia e Valentina che si erano perse assieme ad Ana. E' bello sentirle spesso, in quei mesi assieme abbiamo costruito un bel rapporto, che mai mi sarei immaginata di poter costruire con qualcuno.
E come spesso accade, mi sono ritrovata a dover rompere una condizione che avevo imposto a me stessa per evitare di soffrire, di star male, di vivere col pensiero di un uomo per la testa. Non innamorarmi.
Il fatto è che non posso fare a meno di sorridere, ricordando la notte in cui dopo esser scappata da casa di mio padre, lo dissi ad Ignacio, prima di baciarlo la prima volta sul tetto di quel grattacielo. "Hai anche tu le gomme al mango?" Glielo chiesi divertita, e lui sorrise imbarazzato. Amavo vedere i suoi occhi scuri che da sorridenti, passavano ad imbarazzati con un mio semplice sguardo. Amavo sentirmi stretta e protetta tra le sue braccia, amavo affondare le mie mani tra quei corti capelli castani, accarezzare quel corpo perfetto appoggiato al mio, svegliarmi ogni mattina col suo sapore tra le labbra. Amavo quel suo sorriso bianco, quelle mani calde che accarezzavano il mio corpo come mai nessuno aveva fatto prima. Amavo addormentarmi sul suo petto, cullata dal soffio del suo respiro sui miei capelli. Amavo il modo in cui ogni volta, anche se ero arrabbiata, riusciva a farmi cedere con uno sguardo, un sorriso o un bacio. Amavo amarlo e sentirmi amata da lui. 
Ma è finita. 
"Non ti posso spiegare niente, ti prego perdonami se puoi Forse un giorno ti spiegherò, ma ora non posso dirti niente Adela. Addio."
Richiuse la porta alle sue spalle, lasciandomi li sola, a piangere e ad urlare in preda alla disperazione più totale. Se n'è andato, mi ha lasciata. Senza nemmeno spiegarmi il motivo, come un bambino immaturo che si professa tanto uomo, e poi invece.. 
Non l'ho più sentito, ne tanto meno visto da quella notte. Otto mesi esatti stasera."
 
Venne distratta dalla suoneria del telefono, nella tasca dei jeans.  Guardò il display illuminato da quel numero. Rispose, incerta.
"Pronto?" 
"Adela, sono io, Maca." Sorrise incredula, sentendo la voce di quella donna.
"Non ci posso credere! Come stai?" Sorrise dando le spalle alla ringhiera.
"Io bene, grazie. E tu?" Chiese la donna, felice di risentirla.
"Non mi lamento. Qui a New York sto bene."
"Adela, ti ho chiamata perchè ti devo chiedere una cosa." Soffiò Maca, sospirando. Adela la lasciò continuare, confusa.
"Ho alcuni problemi a gestire le nuove arrivate nell'istituto. E dato che tu ne sai più di me su come comportarsi con persone di questo genere, stando al tuo percorso in questa casa.. Avrei bisogno del tuo aiuto. So che a New York hai la tua vita, e.." Insicura e dispiaciuta, venne interrotta dalla voce sicura di Adela.
"Non c'è problema Maca! Risparmiami pure le solite cose. Dammi solo il tempo di sistemare delle cose qui, e tra un paio di giorni sarò da te."
Maca sospirò sollevata dall'altra parte del telefono, ringraziandola.
"Davvero Adela, io non so come ringraziarti. Ovvio che sarà un lavoro retribuito, non mi sognerei mai di farti.."
"Non ce n'è bisogno, stai tranquilla! E poi ho bisogno anche io di cambiare aria, tornare mi farà bene." Sorrise infine, tranquillizzando la donna. 
"Ti ringrazio Adela, allora chiamami appena parti, d'accordo?"
"D'accordo, ti chiamo domani sera. A presto!"
"A presto cara." 
Richiuse il telefono, guardando un'altra volta il display che segnava le undici in punto.
Alzò lo sguardo al cielo, sospirando. Il corso degli eventi, era per lei cambiato un'altra volta. 

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Holà! :D 
E' una storia su "Ninas Mal", una serie che trasmettono su Mtv. Non so se qualcuno di voi la segua, ma io la AMO. **
Detto questo, so che è corto come capitolo, ma l'ho usato come introduzione.
I prossimi, saranno più lunghi. :)

Un bacio, e grazie per esservi soffermati a leggere.

Chiara. <3 

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Capitolo 2
*** Fuori, di notte ***


"Como el me enseno"

Lo sguardo puntato al di fuori di quell'oblò, la testa appoggiata, e la musica a risuonare forte nella testa. Lanciò uno sguardo al bambino accanto a lei, che dopo averle tenuto la mano tutto il tempo, si addormentò sulla sua spalla. 
"Ho paura, ho paura, l'aereo cadrà! Dovevo dare ascolto a mia madre!" Lo sentì blaterare, nel panico più totale. Sorrise quasi divertita, guardandolo.
"Che ti succede?" Gli chiese intenerita da quel bambino, che non doveva aver più di sette o otto anni.
"Paura di volare?" Domandò intuendo la paura del piccolo, che annuì semplicemente ad occhi chiusi, respirando sempre più affannosamente.
"Devi star tranquillo, andrà tutto bene." Sussurrò per tranquillizzarlo. "Dai, dammi la mano."
Strinse poi quella piccola mano con la sua, sorridendogli. E dopo altri "Oddio voglio scendere" e "Non voglio morire", si tranquillizzò appoggiando la testa alla sua spalla, per poi addormentarsi. 
Spense la musica, sentendo l'aereo che si apprestava ad atterrare. Lo guardò poi, vedendolo aprire gli occhi. 
"Ehi, siamo arrivati." Sorrise vedendolo sospirare, sollevato. "Ora puoi star tranquillo." 
"Scusa, ma tu come ti chiami?" Chiese lui, guardandola. 
"Io mi chiamo Adela, e tu?" Rispose dolcemente, riponendo l'ipod nella borsa. 
"Il mio nome è Ignacio!" Disse il piccolo, sorridendo.
Alzò di scatto lo sguardo verso di lui, incredula, sentendo il cuore perdere un battito e lo stomaco contorcersi in una morsa. Faceva male sentire quel nome, era ancora troppo presto - si diceva per convincere se stessa -. 
 
Trascinava il trolley dietro di lei, col telefono nella mano sinistra. Si guardò attorno, fermandosi per qualche istante, notando tutte quelle persone che si muovevano svelte per raggiungere il loro check in. 
E in un attimo, ricordò quello che era successo solo due anni prima, in quello stesso aeroporto. Lei e lui, seduti vicini, abbracciati, ad attendere di partire insieme per New York. 
"Non vedo l'ora di arrivare!" Ricordò le parole di lui, seguite da quel bacio che subito le stampò sulle labbra. Sentì un'altra volta quella tristezza invaderla, gli occhi che piano piano cominciavano a bruciare. Li chiuse, respirando profondamente. Non doveva lasciarsi andare, non poteva piangere un'altra volta per lui, che aveva deciso di andarsene. Doveva esser forte, come sempre. 
"Adela!" Si sentì chiamare alle spalle, attonita. Si guardò attorno, ansiosa. Incontrò quel sorriso familiare, e quegli occhi verdi che in quei mesi le erano tanto mancati. Sorrise incredula, lasciando cadere a terra la valigia, per poi correrle incontro, felice di rivederla. 
"Non ci posso credere! Ma che ci fai tu qui?" Greta l'abbracciò forte, sorridente. Non si aspettava di rivederla in Colombia. 
"Io sono tornata perchè mi ha chiamata Maca! E tu invece?" Chiese incredula, guardando l'amica negli occhi. 
"Io ed Emiliano siamo stati in Spagna, siamo appena ritornati proprio perchè Maca gli ha offerto di nuovo il suo vecchio lavoro." Si voltò poi, vedendolo arrivare con le valigie. Salutò Adela, sorridente.
"Tu qui?" Chiese divertito.
"Si, e anche voi a quanto pare! Dai, andiamo, che Maca ci starà sicuramente aspettando." A  braccetto, trascinò l'amica fuori da quell'aeroporto, seguite da Emiliano che gentilmente aveva preso le valigie di entrambe. 
"Ma come mai Maca ti ha chiesto di tornare?" Domandò Greta, curiosa.
"Mi ha chiesto aiuto!" Abbozzò un sorriso ironico, alzando le spalle. "Dice che non riesce a gestire le nuove ragazze dell'istituto, e così mi ha chiesto di darle una mano, anche se ancora non ho capito cosa io debba fare esattamente.." Corrucciò la fronte, confusa.
"Avrà sicuramente qualcosa in mente, anche a me ha chiesto di tornare, ma dei problemi che ha non mi ha detto niente." 
"Non vi sembra strano che in tutto questo tempo, non abbia trovato un altro guardiano?" Riflettè Emiliano, accanto a loro.
"A me tempo fa ha detto che la casa era stata chiusa per un periodo, e l'hanno riaperta da poco. Penso che dopo di te, non ci sia stato nessuno amore mio." Lo baciò poi, sotto lo sguardo divertito di Adela. 
 
La macchina parcheggiata davanti la casa, e l'immagine di Maca e Teo che scendono velocemente quelle scale per raggiungerli. 
Adela scese dalla macchina, sorridente, guardandosi attorno. Alzò gli occhiali scuri, rivedendo per un istante l'immagine di se stessa scendere da quella macchina grigia, solo un paio d'anni prima. Ignacio che la guardava preoccupato, e lei che sorridente cercava ancora di attutire quel duro colpo. 
"Ragazzi! E' bellissimo riavervi qui!" Maca li abbracciò, quasi commossa. I capelli più lunghi, e gli stessi occhi color ghiaccio che tanto erano mancati ad entrambe.
"Grazie Maca." Abbracciò poi Teo, poco più distante. "Teo, quanto mi sei mancata!" Adorava quella donna, le voleva davvero bene.
"Ti ringrazio Maca per averci riuniti qui." Sorrise Greta, lasciandosi trascinare in casa da Teo, assieme ad Emiliano e ad Adela.
Le ragazze si guardarono attorno, ritrovando la casa esattamente uguale a come l'avevano lasciata due anni prima. 
E i ricordi raffioravano nelle menti di entrambe. 
 
"Questa casa, è piena di ricordi. Per me, per Greta, per Emiliano, e per tutte le eltre. Belli, brutti, tristi o allegri, hanno fatto parte delle nostre giornate passate il più delle volte recluse in questa casa. Quando Maca ci impediva di scappare, ed eravamo costrette a passare il nostro tempo chiuse qui dentro. A litigare, come è successo il più delle volte tra tutte noi. "Tu ti meriti tutte le corna che Kike ti ha messo, ti mette, e ti metterà!" 
La festa per raccogliere fondi, in giardino. Dopo che Greta per vendericarsi di qualcosa che non c'era, mise all'asta il ciondolo di mia madre. Ricordo ancora lo schiaffo che mi tirò, furiosa. Finimmo a terra rotolando, tirandoci i capelli, urlando. Non parlammo per giorni, fino a quando non fu lei stessa a chiedermi scusa. 
Oppure in camera da letto, quando dopo aver scoperto di Lola, mi divertii a prenderla in giro. "Ascolta finta perfettina, se io volessi Ignacio me lo sarei già preso è chiaro?" "Ah si? Io non penso. Credi che non abbia visto il tuo disappunto quando ci hai visti nel parcheggio del Limite?" "Dipendeva solo dal fatto che mi ha sorpresa che sia sceso ad un livello così basso." " Certo che se io sono bugiarda, tu non sei da meno Adea la Huerta." "Ma io però aspetto Carnevale per travestirmi, Greta!" "E' che non ne hai il coraggio! Fai tanto la dura ma sei solo una stupida innamorata che se la fa sotto dalla paura!" "Paura di cosa Greta? Di te?" "No! Hai paura di Ignacio. Hai paura di lasciarti andare, di innamorarti, e che poi lui ti lasci. E hai paura di finire come tua madre, suicida in preda all'alcol e ai sonniferi!" Ancora ricordo lo schiaffo che le tirai. Voltata dall'altra parte cominciò ad urlare perchè la liberassi, e non posso fare a meno di sorridere ricordando la scena a dir poco comica che ci vide protagoniste quella notte. 
Oppure quando quella piromane di Nina, si svegliò una mattina con l'intenzione di dar fuoco alla casa. 
"Non ti piace la tua vita?! Beh allora datti fuoco! Ma datti fuoco da sola! Io mi preoccupavo per te! Mi preoccupavo e ti difendevo, ma perchè l'hai fatto?!" Pia, Valentina, Marisa e Greta che cercavano di fermarmi, di impedirmi di saltarle addosso e riempirla di schiaffi. 
"Si! Volevo bruciare tutto! Volevo che sparisse tutto! E allora?" "Sei una pazza! Sei soltanto una pazza, sei solamente un'idiota!"
Ricordo e sorrido, perchè ormai quella rabbia è lontana. 
"Tu?" Lo guardai incredula, vedendolo in piedi voltato di spalle. "Che cosa fai qui? Ignacio perchè sei venuto?" 
"Per questo." Mi si avvicinò velocemente, senza nemmeno darmi il tempo per rendermi conto di quello che stava facendo. Si abbassò, sfiorando le mie labbra. Fu un attimo, risposi a quel bacio, incerta, non potendo farne a meno. Il fatto è che mi destabilizzava ogni volta rivederlo. Il cuore batteva, la mente volava, e lo stomaco si contorceva sempre in quella morsa dolorosa ma allo stesso tempo dolce. Il respiro accellerato, quei continui brividi che mi attraversavano l'anima ed il corpo. Mi staccai, ricordando quello che era riuscito a fare in quell'ultimo periodo, lontano da me. Icè, la droga, i debiti, l'irruzione in casa di mio padre assieme a quel gruppo di stronzi delinquenti. Lo schiaffeggiai forte, vedendolo voltare la testa dall'altra parte.
"Come ti permetti di baciarmi?!" Lo guardai furiosa, vedendolo spalancare gli occhi.
"Perchè? Che cosa ti prende Adela?"
"Non lo sai? Quindi hai già dimenticato tutte le cavolate che hai combinato vero?" 
"No beh, io non capisco assolutamente!" Si massaggiò la guancia, guardandomi attonito. 
"Sei uno stupido allora! Ti sei messo con una pazza, una delinquente, l'hai portata a casa mia e hai distrutto l'appartamento!" Gli urlai contro, sfogando la rabbia che avevo tenuto dentro di me per tutte quelle settimane. 
"Ma era un momento difficile. Un momento buio della mia vita, e non sapevo neanche quello che stavo facendo!" Si difese, risvegliandosi.
"Si, e per di più adesso vieni qui e cerchi di fare il romantico con me." Mi addolcii, ma come al solito lo nascosi, rimproverandolo.
"Adela però tu mi ami! E me l'hai dimostrato col messaggio che mi hai mandato." Mi prese le mani, avvicinandosi.
"Beh si, può anche essere, ma non è con un bacio che risolverai questa situazione." Mentii, scappando ancora una volta. In realtà quel bacio, era bastato eccome a farmi cedere, e a farmi ritornare sui miei passi. Sentirlo così vicino bastava ogni volta a sciogliermi. Ogni bacio, ogni sguardo, ogni sorriso, davano ogni volta una picconata in più a quell'iceberg che avevo costruito per difendermi da lui, e quello che per la prima volta in vita mia stavo provando per un ragazzo."
 
"Le ragazze hanno il week end libero, torneranno dopo domani. Ho bisogno del vostro aiuto, gestirle sta diventando impossibile. Ognuna di loro fa a modo suo, in questa casa poi da quando è arrivato Alex regna l'anarchia!" Maca sorseggiò la sua tazza di thè, guardando le ragazze sedute difronte a lei. 
"Alex? E questo chi è?" Chiese Adela confusa, ricordando che dentro l'istituto erano ammesse solo ragazze. 
Maca sospirò, appoggiando la tazza sul tavolino. 
"E' un ragazzo con un passato difficile alle spalle. E' qui perchè l'hanno coinvolto in una sparatoria." Soffiò Maca, visibilmente dispiaciuta.
"E le altre?" Chiese Greta, interessata.
"Sono qui per motivi diversi, vi farò leggere i fascicoli che tengo nel mio ufficio. Sono ribelli, fuori controllo, non mi ascoltano! E' per questo che ho bisogno del vostro aiuto, per capire come poter comportarmi con loro. In fondo anche con voi non era facile, ma alla fine.." Sorrise, allusiva.
"Siamo diventate delle brave ragazze!" Risero Adela e Greta, divertite. "Prima di tutto, sanno che ci hai chiesto aiuto?" Chiese Adela, guardandola. Maca scosse la testa, negando. 
"Bene." Continuò. "Saremo noi a parlare con loro." 
"Quindi torneremo a vivere in questa casa?" Domandò Greta, vedendo Maca alzare le spalle. 
"Non ho intenzione di obbligarvi, è una vostra scelta. Se deciderete di tornare qui, sarò ben lieta di riaccogliervi ragazze. Ovvio che sarete libere di uscire da qui quando vorrete, dato che la vostra pena qui dentro l'avete già scontata." 
Adela sorrise, rifiutando gentilmente l'offerta. Stare in quella casa, faceva male. Troppi ricordi, troppi momenti passati insieme a lui difficili da cancellare. Non poteva tornare a vivere li.
"Ti ringrazio Maca, ma io volevo affittare un appartamento. In questi anni ho acquisito la mia indipendenza, e non mi va di perderla." Guardò Greta, sorridendo. "Pensavo che tu, potessi venire a vivere con me. Sempre che tu sia disposta a sopportare un'insopportabile "senatorina" come me." Sorrise allusiva, ricordandole il soprannome che le aveva affibbiato qualche anno fa, per prenderla in giro. 
"Adela Huerta mi sta davvero chiedendo di andare a vivere con lei?" La prese in giro Greta, alzandosi.
"Ammetto che può sembrare strano, ma.." 
"Anche tu mi sei mancata. Anche tu." L'abbracciò poi forte, facendola sorridere, sotto lo sguardo orgoglioso di Maca. 
"Basta con questi abbracci strappalacrime! Oppure ci ritroveremo ad esser scelte per interpretare le nuove protagoniste di una telenovela in televisione!" Scherzò Adela, ricambiando l'abbraccio. 
"Ragazze, potete passare la notte qui se desiderate. Io, sto uscendo." Sorrise.
La guardarono sospettose, intuendo forse il motivo di quel sorriso troppo evidente.
"Maca, c'è per caso un maschietto la fuori che ti aspetta?" Ipotizzò Adela, punzecchiandola.
"Hilda Macarena De la Fuente, che ci stai nascondendo?" Continuò Greta, divertita.
Maca si alzò in piedi, nervosa. 
"Non so di cosa stiate parlando! E comunque io vado, si è fatto tardi. Buona serata!" Si avvicinò velocemente alla porta, sotto lo sguardo divertito delle ragazze, per poi uscire di corsa e scendere le scale.
Adela e Greta si guardarono, ridendo.
"Secondo me ci abbiamo preso in pieno!" Disse Greta, indicando la porta.
"E ti dirò di più: era anche ora che smettesse con la sua clausura insensata!" Rise Adela, ancora troppo divertita.
Greta si calmò, guardandola seriamente. "A proposito di clausura insensata.. Tu.."
Adela smise di ridere, alzando una mano per bloccarla. 
"Io niente Greta. Sono stata una stupida, punto. Un'illusa che aveva deciso di rompere la promessa che aveva fatto a se stessa, innamorandosi di un idiota al sapore di mango." Sospirò infine, portandosi i capelli all'indietro. 
L'amica la guardò, dispiaciuta. Sapeva bene quanto le fosse costato rompere quella promessa. E sapeva bene quanto fosse ancora nonostante tutto innamorata di quello "stupido al sapore di mango". Dopo di lui, in quei mesi, non c'era stato nessuno. I ragazzi si avvicinavano, e lei li allontanava. 
"Sei caduta, è vero. Ma tu mi hai sempre insegnato che ad ogni caduta, bisogna risalire, e continuare fino alla fine."
"Risalire sulla giostra? Ho già dato Greta!" Esclamò, infastidita. Si alzò poi, prendendola per mano. "Anzi perchè non usciamo? Dai non ho voglia di restarmene qui al Sabato sera!" Cambiò volutamente discorso, trascinandola fuori da quella porta. Greta sospirò, assecondandola. 
"Mando un messaggio ad Emiliano per dirgli che usciamo, è ancora dai suoi genitori."
"Va bene, andiamo." 
Uscirono da quella casa, con l'intenzione di divertirsi e passare una serata assieme. Smettere di pensare Adela, stare accanto all'amica Greta. 

"Carino, no?" Greta si guardò attorno, riferendosi al posto. 
"Non male." Sedute ad un tavolo in quel locale in centro, si guardavano attorno, curiose.
Non si accorsero di un ragazzo che le stava osservando, da lontano, seduto al bancone. 
"Allora? Mi vuoi dire che ti succede?" Cominciò Greta, portandosi il bicchiere alle labbra.
Adela alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
"Niente, non mi succede assolutamente niente. Te l'ho già detto prima." 
"E allora perchè non vuoi parlarmi dello "stupido al sapore di mango"? " Provò Greta, guardandola.
"Appunto, è uno stupido, non c'è altro da dire." Bevve quel drink tutto d'un fiato, sotto lo sguardo rassegnato dell'amica.
"Adela?" Si sentì chiamare da qualcuno. Si voltò, trovandosi davanti Matteo, l'amico di lui.
Alzò gli occhi al cielo, salutandolo.
"Ciao Matteo." Disse semplicemente, con nessuna voglia di parlargli.
"Come stai? Ma non eri a New York?" Domandò confuso.
"Si, ma sono tornata qui come vedi." Sorrise ironica, sotto lo sguardo divertito di Greta. 
"Ti trovo bene." Provò a dire lui, intuendo il distacco di lei. 
"Grazie, anche io." Guardò poi Greta, alzandosi. "Greta, andiamo?" L'amica annuì, attonita, seguendola.
"E' stato un piacere vederti Matteo! Salutami il tuo amico quando lo vedi!" Disse ironica, uscendo da quel locale. Greta la seguì, scusandosi con lui.
Matteo sospirò, tirando fuori dalla giacca il telefono. 
"Non sospetta di niente, mi ha solo detto in modo molto ironico di "salutarti"." Scrisse velocemente quel messaggio, per poi inviarlo. 
 

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Secondo capitolo postato, non mi convince molto. Nel prossimo però verranno svelate alcune cose che qui non ho detto! Insomma, come al solito spero che vi piaccia! :D

Un bacio,

Chiara. <3 

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Capitolo 3
*** Come la pioggia ***


"Tu sonrisa es la que me acompana cada dìa"

Le strade deserte, l'aria fresca che soffiava scompigliando i capelli di entrambe.
"Perchè sei uscita? Non avevi detto che non avevi voglia di passare il Sabato sera a casa?" 
Adela si voltò, smettendo di camminare. 
"Ho cambiato idea, e poi il posto non mi piaceva. Sono stata a New York, e ho visto posti migliori di quello." Cercò di dire, poco convinta.
"Adela.." La richiamò dolcemente, per poi vederla sospirare e accasciarsi sul marciapiede. Greta si sedette accanto a lei, appoggiandole una mano sulla spalla. 
"La verità è che.." Provò a cominciare, bloccata dal respiro accellerato e gli occhi che piano si stavano gonfiando di lacrime.
"Non ce la faccio, non ci riesco. Vorrei che non fosse così, ma non ce la faccio a dimenticare quell'idiota, non riesco a non pensare a tutto il bene ed il male che mi ha fatto. Sono solo una stupida che non accetta il fatto di aver perso la cosa più bella che la vita potesse regalarle!" 
Urlò, scoppiando a piangere sul ciglio di quel marciapiede. Greta l'abbracciò, triste, sentendola affondare la testa nel suo petto. 
"Non è colpa tua, è successo e basta. Stare qui e continuare a chiederti perchè, non ti farà stare meglio, credimi. E poi tu non sei una qualuncue. Ma sei Adela Huerta! Non c'è una fine della storia per lei, perchè è forte, determinata, una guerriera che non si arrende mai qualsiasi cosa accada!" 
"Io non sono affatto forte Greta. Non lo sono." Si lasciò andare a quel pianto che teneva dentro  ormai da troppo tempo. Rivedere l'amico di lui, aveva riportato un'altra volta a galla quei ricordi. Negarlo era inutile, evitarlo impossibile. Stava male. Erano passati mesi, in cui le sembrava di esser riuscita ad andare avanti. Ma bastava sempre pochissimo per farla crollare. 
Rimasero abbracciate su quel marciapiede, vicine. Le lacrime che continuavano a scendere sui visi di entrambe, e le piccole gocce di pioggia che piano iniziavano a cadere, bagnandole.
Adela si lasciò finalmente andare all'amica e a quei sentimenti troppo forti per esser ancora nascosti. Si sentiva in parte protetta in quell'abbraccio, voleva davvero bene a quella "finta santarellina" che in quegli anni era diventata la sua migliore amica. 
Le vide abbracciate da lontano, sospirando. Si passò una mano tra i corti capelli castani, chiudendo con forza gli occhi. Odiava vederla piangere. Odiava se stesso per il male che era riuscito a farle. E ancor di più, odiava se stesso per tutte le bugie che era stato capace a dire per proteggerla, per evitare che le accadesse qualcosa per colpa sua. 
Moriva dalla voglia di correre a stringerla, a proteggerla e cullarla, facendola smetter di piangere. Ma non era tempo - continuava a dirsi, per impedire a se stesso di correre da lei -.
In quei mesi, non l'aveva abbandonata un attimo. L'aveva sempre seguita, per accertarsi che stesse bene. Ma non si era più fatto vivo con lei. 
Un giorno le avrebbe raccontato la verità, che teneva ben nascosta da mesi. Si sarebbe arrabbiata da morire - la conosceva bene - e forse non l'avrebbe mai perdonato. 
Ma era un rischio che doveva correre, non poteva permettere che le accadesse qualcosa per colpa sua. Sospirò ancora, guardando immobile quella scena davanti ai suoi occhi. Ogni lacrima una pugnalata in più per lui, che non poteva far altro che sentirsi in colpa giorno e notte per il modo in cui era stato costretto ad abbandonarla.
 
Entrarono piano in quella casa, cercando di fare il meno rumore possibile. L'orologio da polso di Greta che segnava le due in punto. Salirono piano le scale che portavano al piano di sopra, stanche. Aprirono la porta della stanza in cui poche ore prima avevano lasciato le loro valigie, lasciando cadere a terra le borse. 
Adela si buttò sul letto, abbracciando il cuscino. 
"Credi che Maca sia rientrata?" Chiese poi, con la faccia schiacciata sul cuscino. 
"Io non credo, ma.. Nemmeno Emiliano è tornato, e sto iniziando a preoccuparmi. E se gli fosse successo qualcosa?" La guardò impaurita. 
"Ma no dai, sono sicura che non gli è successo niente. E poi è alto e grosso, sa difendersi!" Provò a scherzare Adela, tirandola su. Greta abbozzò un sorriso, ricambiando. 
"Va bene, hai vinto Adela Huerta." 
Balzarono poi entrambe in piedi, spaventate. Si guardarono, impaurite. Sentirono un rumore provenire dalla finestra.
"Cos'è stato?" Adela si avvcinò alla finestra chiusa, guardando al di fuori.
"Non lo so, veniva da li!" Greta indicò la finestra, attonita. Si avvicinò, lentamente.
Urlarono entrambe, non appena videro il ragazzo che stava bussando sul vetro, supplicandole di aprire.
"E tu chi diavolo sei?!" Esordì Greta, guardandolo terrorrizzata. 
"Aprite per favore! Io vivo qui!" Disse lui, continuando a bussare. Adela si avvicinò alla finestra, aprendola.
"Ma sei impazzita?! Non aprire!" Greta si allontanò verso la porta, guardandola.
Adela scosse la testa, aprendo la finestra. Lo lasciò entrare, per poi vederlo cadere a terra con un tonfo.
"Si può sapere chi sei?" Adela si inginocchiò, minacciandolo. Il ragazzo portò le mani avanti, difendendosi.
"Alex! Mi chiamo Alex, vivo in questo istituto!" Si alzò in piedi, guardandola terrorrizzato.
Si guardò poi attorno, confuso. "E voi chi siete? Delle nuove "ragazze cattive"?" Le prese in giro, sistemandosi la giacca di pelle nera.
"Disse il ragazzo che entrò in piena notte da una finestra.." Adela lo guardò sarcastica, incrociando le braccia al petto. 
"Di certo non potevo passare dalla porta principale, no?" Alzò le spalle, incurante. "Allora? Mi volete dire chi siete?" Continuò, guardando entrambe. 
"Io sono Greta." Si decise a porgergli la mano, anche se titubante. 
"Io sono quella che ti prenderà a calci se non esci fuori da questa stanza!" Lo spinse verso la porta, infastidita.
"Aspetta, un attimo.." Continuò lui, sulla soglia della porta aperta dalla ragazza.
"Si si, certo, e ora fuori!" Lo spinse fuori, per poi richiudere la porta alle sue spalle. 
Si spogliò poi, indossando la solita maglietta larga e bianca per dormire. 
"Quello doveva essere l'Alex di cui parlava prima Maca." Greta si infilò a letto, guardandola.
"Si, credo anche io. A me sembrava uno sfigato qualunque." 
"Certo, a primo impatto però non puoi esserne così sicura.." Alzò gli occhi al cielo, pensierosa. "Va beh dai, ora dormiamo, perchè sono stanchissima." 
"Si, hai ragione. Buonanotte Lola!" 
Sorrise poi, appoggiando la testa al cuscino. Chiuse gli occhi, sospirando. 
 
Gli occhi ancora chiusi, la mano distesa sul lato destro del cuscino. Sentì il tocco caldo di una mano sul fianco scoperto, che piano l'accarezzava, risvegliandola.
Aprì gli occhi, ancora assonnata. Mise a fuoco il viso che si trovava davanti a lei, spalancando gli occhi incredula. 
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma si zittì nell'esatto momento in cui la mano di lui sfiorò le sue labbra, lievemente. Lo vide avvicinarsi, lento, socchiudendo piano gli occhi e le labbra.  Si lasciò baciare, intrecciando le dita tra quei corti capelli castani. 
"Adela? Adela? Stai bene?" 
Aprì gli occhi ansimando, mettendosi a sedere su quel letto, coperta dal lenzuolo.
Si guardò intorno, per poi sospirare e chiudere con forza gli occhi. Sorrise poi, quasi divertita da se stessa, per poi ributtarsi sul cuscino sotto lo sguardo attonito dell'amica.
"Va tutto bene?" Greta si sedette accanto a lei, guardandola.
"Si, non potrei star meglio!" Mise i piedi a terra, sorridente. "Vado a fare una doccia!" Si chiuse poi in bagno. Greta guardò la porta bianca chiusa, per poi alzare le spalle rassegnata. 
 
"Me se starò qui a guardami bruciare, ma va tutto bene, perchè mi piace il modo in cui fa male. Me ne starò qui a sentirmi piangere, ma va tutto bene, perchè amo il modo in cui menti. Amo il modo in cui menti. "
 
"La pioggia che cade forte, non accennando a smettere. L'ennesimo sogno fin troppo reale, l'ennesima delusione nel risvegliarmi e ritrovarmi sola in quel letto.
Una canzone che passa distratta per radio, a farmi compagnia in questa giornata iniziata in modo così strano. La chiamata di mio padre, il suo "non vedo l'ora di rivederti" ed il traffico scorrevole che stranamente mi sta permettendo di guidare tranquilla. 
Sembra che il destino si stia divertendo a prendersi gioco di me. Prima Matteo, e ora questa canzone. 
Dio maledica il giorno in cui come un'idiota, a New York, ho alzato il volume al massimo per poi ascoltarla ininterrottamente, tutto il giorno. 
E - per quanto mi costi ammetterlo anche a me stessa - non posso fare a meno di rispecchiarmi in lei. "Amo il modo in cui menti". Dannazione, amavo davvero il suo modo di mentire. Di guardarmi, di stringermi, di spingermi e baciarmi addosso a quel muro. 
Fa male pensare fosse tutta una bugia. Una grandissima menzogna per la quale avevo infranto la promessa che avevo fatto a me stessa qualche mese prima. "
 
Parcheggiò davanti a quella grade casa, scendendo. Corse fino a raggiungere la porta, cercando di non bagnarsi.
Suonò, attendendo sotto a quel portico di entrare. Suo padre comparse sulla porta, sorridende. Sorrise, aggrappandosi al suo collo. Lui l'abbracciò forte, trascinandola dentro casa. Era contento di rivederla. L'aveva vista partire per New York qualche mese prima, assieme ad Ignacio. E ora la vedeva sola. Avrebbe voluto chiederle che fosse successo a New York, ma decise di sorvolare, trascinandola in soggiorno.
"Adela, è bellissimo rivederti!" Seduto accanto a lei, le prese le mani, emozionato. Adela sorrise, ricambiando la stretta, guardandolo.
"Anche a me fa piacere rivederti papà, ti trovo bene!" Scherzò lei, vedendolo divertito.
"Scusa se il mese scorso non sono venuto a trovarti, ma la campagna mi ha.." Adela lo zittì, appoggiandogli una mano sulla bocca, divertita. 
"Tranquillo, so quanto il tuo lavoro sia impegnativo e importante per te."
"Niente per me è più importante di te. Mi dispiace solo non avertelo dimostrato prima." Sospirò, ricordando ciò che erano stati costretti a passare solo qualche anno prima. I litigi, i continui "ti odio" da parte di lei. Casa Maca, la Granja, lui che ancora non aveva capito quanto la figlia fosse cambiata e maturata in quella casa. Di quanto lei, in fondo, sia sempre stata una ragazza straordinaria dal cuore grande. 
"E a me dispiace aver dato fuoco alla tua macchina.." Risero assieme. "Ma era l'unico modo per parlarti, a quei tempi!" Lo prese in giro, vedendolo divertito.
"Ma New York? Hai deciso di lasciarla per sempre?" Chiese poi preoccupato.
Adela sospirò, alzando le spalle.
"Non lo so." Fece poi una smorfia. "Ora sono qui. A New York penserò quando sarà il momento." Sorrise, tranquillizzandolo. 
"Che farai ora?"
"Ad essere sincera non lo so, ora voglio solo pensare a dare una mano a Maca." 
"Maca?" Domandò stranito, corrucciando la fronte.
"Si, mi ha chiesto una mano per gestire le nuove arrivate nella casa." Disse sarcasticamente, piegando le labbra in una smorfia divertita.
"Tornerai a vivere li?" Chiese allora.
"No, io e Greta vogliamo affittare un appartamento insieme." Sorrise, tranquillizzandolo, intuendo la possibile richiesta di tornare a vivere con lui.
Vennero distratti dalla suoneria di un telefono. Martìn frugò nella giacca, trovandolo.
"Pronto?" Adela lo vide rispondere tranquillo. Corrucciò la fronte, vedendolo alzare gli occhi al cielo e dare dell'incompetente ad un possibile nuovo assistente.
"Che succede?" Chiese, vedendolo mettere giù la chiamata. Il senatore sospirò. Adela, preoccupata, lo incitò a parlare.
"Allora? E' successo qualcosa?"
"Kike Linares." Disse solo, sbuffando. Adela si bloccò, socchiudendo la bocca.
"Chi? Il verme? Ma non l'avevano sbattuto in carcere l'altro anno?" 
"Si, si, ma pare l'abbiano fatto uscire ieri mattina." 
Adela scosse la testa, contrariata. Non poteva esser tornato. 

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Teerzo capitolo postato, non mi convince molto, ma spero ugualmente che a voi sia piaciuto. :D

Un bacio,
 
Chiara. <3 

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Capitolo 4
*** Quando meno te l'aspetti ***


"El callejon de mi vida sìn salida"

"Mi dispiace di esser stata così focosa, ma era da tempo che desideravo farti assaggiare le uova strapazzate alla Linares!" 
L'aveva salutato così l'ultima volta, assieme a Greta, in quella che era diventata di nuovo la sua stanza per qualche notte. 
Non l'aveva più rivisto, ne tanto meno aveva sentito parlare di lui. 
"Sono arrivate, scendi con me?" Greta entrò in camera, risvegliandola. Adela annuì semplicemente, abbozzando un sorriso. Greta fece per uscire, ma si bloccò sospirando, piazzandosi davanti a lei che la guardava inespressivamente.
"Adela, mi vuoi dire che succede? E' da quando sei tornata da casa di tuo padre che sei strana.. E' successo qualcosa?"
Adela sospirò, per poi alzare gli occhi al cielo. Sorrise sarcastica, guardandola.
"Kike!" Disse semplicemente, vedendola sbiancare. Greta spalancò gli occhi, incredula.
"C.. Cosa?"
"E' uscito di prigione, me l'ha detto il senatore." Fece spallucce Adela, vedendola sedersi piano sul letto, colpita. 
"Oddio." Riuscì solo a dire, per poi chiudere gli occhi e portarsi le mani tra i capelli.
"Perchè sei così sconvolta? Penso abbia imparato la lezione, non credo verrà ancora a.."
"Ti sei dimenticata per caso di quanto fosse vendicativo?! Credimi, verrà, il serpente verrà!" Si alzò in piedi, cominciando nervosamente a camminare per la stanza. Adela annuì semplicemente, cercando di calmarla.
"Greta, stai tranquilla! Non è detto che venga di nuovo qui, in fondo due anni di carcere dovrebbero averlo calmato, non ti pare?" Provò a tranquillizzarla, divertita. "Dai, smettiamola di pensare a quel verme, scendiamo di sotto."
Scesero assieme, entrando in soggiorno dove già le ragazze e Alex le stavano attendendo.
Presero posto sul divano, salutando tutti.
"Buongiorno!" Sorrise Greta, osservandole.
"E questa chi diavolo è? Un'altra pazza del tribunale?" Esordì una ragazza bionda, seduta sul divano a braccia incrociate e aria snob. Si alzò una silenziosa risata di sottofondo da parte delle altre quattro ragazze, sedute accanto a lei. Alex sorrise, scambiandosi uno sguardo complice con lei.
"No, io sono Greta ragazze." Continuò a sorridere naturale, per nulla intimorita da loro. Guardò Adela, passandole la parola.
"E io sono Adela. Non veniamo nè dal tribunale, nè da altri posti che le vostre teste malate hanno immaginato. Che voi ci crediate o no, anche noi come voi abbiamo passato sei mesi della nostra vita chiuse in questo istituto!" Le ragazze difronte a lei, spalancarono la bocca, incredule. Alex la guardò, attonito.
"Voi? E vorresti farmi credere che due "santarelle" figlie di papà come voi, siano finite qui dentro?" Con non poco sarcasmo, un'altra ragazza le guardò schernendole, portandosi indietro con una mano i lunghi capelli scuri.
Adela si alzò in piedi, osservandola. Si avvicinò lentamente a lei, facendole cenno di avvicinarsi.
"E tu davvero credi, che se fossimo state le brave ragazze che tu pensi, saremmo finite qui dentro? Mmm, a quanto pare la testa la usi solo per truccarti, tesoro!" La prese poi in giro, allontanandosi sorridendo soddisfatta. Greta soffocò una risata, guardando le facce sbigottite delle altre ragazze.
"Per farverla breve, ragazzi: noi siamo quelle che da ora in poi, si occuperanno di voi!" Esordì affiancandosi a Greta, che divertita, prese in mano i fascicoli di ognuno di loro.
"E vorreste dirci, care "ragazze cattive" perchè siete finite qui dentro?" Alex le sfidò, sorridente, attendendo una risposta. Adela sorrise, fronteggiandolo.
"Non siamo tenute a raccontarvi ogni particolare della nostra vita. Non dimenticarti poi, che le regole qui da ora in avanti, le facciamo noi." Sorrise innocente, vedendolo socchiudere la bocca sorpreso dalla risposta. Nessuno era mai stato capace di tenerle testa.
"Bene, io direi che è il caso di cominciare con le vostre presentazioni." Greta prese un fascicolo, leggendo poi ad alta voce.
"Giselle Maria Jimènez." 
La ragazza bionda e con aria da snob, alzò la mano svogliatamente, abbozzando un sorriso sarcastico diretto ad entrambe.
Adela lanciò uno sguardo al fascicolo, per poi sorridere maliziosamente divertita verso la ragazza.
"Sei finita qui dentro perchè hai "molestato" sessualmente un commesso in un negozio di intimo in centro?" Scoppiò a ridere assieme a Greta, che incredula quanto lei, tossicchiò cercando di calmarsi. Ridevano tutti fragorosamente, sotto lo sguardo truce di Giselle.
"Si, e allora? C'è qualcosa di male?!" Chiese infine, guardando tutti.
"No, se sei qui dentro, no, figurati!" Alex la prese in giro, non riuscendo a smettere di ridere. Adela prese in mano un altro fascicolo, leggendo.
"Paloma Fernanda Calladoras." 
Una ragazza dai capelli scuri e lunghi, dagli occhi azzurri e vivaci. L'aria annoiata e stanca.
"Sono io." La guardò inespressiva. Adela continuò. "E tu invece sei qui, perchè hai buttato giù dal palco la prima classificata ad un concorso di bellezza. Alquanto narcisista, direi.." 
Adela la guardò sarcastica, vedendola alzare gli occhi al cielo. 
"Andiamo avanti." Greta prese un altro fascicolo. "Julia Martìnez." 
Una ragazza dai capelli biondi e mossi, gli occhi verdi, e un'aria dolce e tranquilla.
"Sono io." Sorrise lei, guardando verso Greta.
"Tu sei qui per.." Lesse poi, incredula. Spalancò gli occhi, passando il fascicolo ad Adela. 
Lo guardarono attonite, per poi sorridere divertite.
"Oddio non ci credo, un'altra super-latex!" Esordì Adela, sotto lo sguardo fintamente offeso dell'amica. 
"Lei perchè è qui?" Chiese Alex, curioso.
"Non siete tenuti a saperlo." Rispose Adela, cercando di tornare seria. I ragazzi sbuffarono, infastiditi. Adela prese un altro fascicolo. "Clara Paternain." Rimase poi in silenzio, rileggendo quel nome più volte. Greta spostò lo sguardo su di lei, incredula. 
Non poteva esser vero. Quella ragazza non poteva avere il suo stesso cognome. No, doveva essere uno scherzo del destino. Adela scosse la testa, risvegliandosi, per poi richiudere velocemente quel fascicolo e riporlo sul tavolino. Clara la guardò attonita, alzando la mano.
"Comunque, eccomi." Adela annuì semplicemente, respirando, cercando poi di abbozzare un sorriso.
"Andiamo avanti." Prese poi un altro fascicolo. Greta la fermò, preoccupata.
"Sicura che non vuoi andare a prendere un po' d'aria?" Chiese premurosa. Adela scosse la testa, ringraziandola. Aprì quel fascicolo. "Alex Alba." Rimase un'altra volta attonita. Lo guardò, cercando di ricacciare indietro quel pensiero. Lo stesso cognome della madre, Lucia. "No, è sicuramente un caso." Disse a se stessa, cercando di tornare tranquilla.
"Beh, direi che oltre a me, nessun altro qui potrebbe esser Alex." Scherzò lui, portandosi le mani sulle spalle, piegando le labbra in una smorfia divertita.
"Si, Alex. Qui dice che sei stato coinvolto in una rapina.." Proseguì Greta, vedendo l'amica ancora leggermente spaesata.
"Si, è vero." Confermò serio, annuendo. 
"Ti prego, non dirmi che ti sei portato una pistola in casa! Se Paloma dovesse trovarla, penso che la vita di Giselle sarebbe finita!" Clara rise divertita, accompagnata da Julia.
"Ragazze, dovete sapere che tra le due, non scorre buon sangue.." Spiegò Julia, rivolgendosi ad Adela e Greta. 
"Vorrà dire che dovranno lavorare sul loro modo di rapportarsi l'una con l'altra!" Terminò Adela, soddisfatta, vedendo le smorfie di disappunto sui volti di entrambe.

"Credi sia una coincidenza?"
Sedute fuori in giardino, l'una difronte all'altra. L'aria fresca che soffiava, e il sole che piano cominciava a tramontare.
Adela sbuffò, appoggiando al testa sul tavolo. "Non lo so.. Insomma, non sarò mica l'unica "Alba" rimasta sulla faccia della terra, no?" Ipotizzò, cercando di convincere se stessa.
Greta alzò le spalle, accondiscendente.
"Pensi però possa esser.. Un tuo parente?" Domandò confusa, per poi veder l'amica agitare la testa, tentata dall'idea.
"Beh, può sempre darsi che mia madre non abbia messo al mondo solo me e mio fratello Edward!" Concluse sarcastica, appoggiando le mani sul tavolo. 
"Adela!" Greta la richiamò, seria. "Prima di arrivare a certe affermazioni.. Perchè invece non provi a parlare con Alex? Magari ha qualcosa di interessante da dirti.."
"Si, un altro fratello ritrovato? Sta scena l'ho già vista, quindi no, grazie." Terminò serafica, senza la minima intenzione di approfondire l'argomento. 
"E che mi dici invece della Paternain? E' un caso anche quello?" Chiese Greta, sarcastica.
"Ah non lo so, ma non è affar mio, e non lo diventerà! Se quello "stupido al sapore di mango" dovesse avere una sorella, però, lo saprei. Insomma, almeno credo.." Più confusa che altro, appoggiò la testa sulle mani, sospirando. 
"A me queste ragazze non sembrano poi tanto fuori controllo, come dice Maca.. Se ci pensi, noi eravamo di gran lunga peggio!" Disse Greta, facendola sorridere.
"Hai perfettamente ragione.." Sorrise. "Ma però.." Alzò la testa, guardando dietro all'amica, vedendo Giselle e Paloma scendere da un albero, e correre verso l'uscita dell'istituto. Emiliano doveva essersi assentato per qualche attimo. "Noi almeno aspettavamo che tutti dormissero per scappare. Mentre quelle due.." Indicò verso l'uscita, e Greta si voltò confusa. Spalancò gli occhi, vedendole scavalcare il cancello e correre via, come due furie. Risero divertite, scotendo un po' la testa, stupite.
"Beh, io direi che è il caso di seguirle." Si alzarono assieme, per poi prendere le borse e uscire di casa.
La musica alta, il locale affollato, e le luci soffuse. Entrarono guardandosi attorno, alla ricerca di Paloma e Giselle. 
"Non potevano scegliere un posto meno affollato?" Si lamentò Greta, cercandole con lo sguardo. 
"Questo non lo so, ma dobbiamo trovarle prima che Maca si accorga che sono sparite!" Si avviarono in mezzo a quella folla, spingendo per farsi strada.
"Vedi niente?" Chiese Greta.
"No.. Anzi, aspetta.." Vide in lontananza Paloma, su un cubo, intenta a ballare attaccata ad un palo. Si avviò verso di lei, spedita. Arrivò sotto a quel cubo, per poi prenderla per mano, e trascinarla giù. Paloma la strattonò, furiosa.
"Che cosa diavolo ci fai tu qui?!" 
"No, che cosa ci fai tu qui! Dov'è Giselle?" Chiese Adela, non vedendola.
"E io che ne so! Non sono la sua babysitter!" Rispose a tono Paloma, indispettita. 
"Se non mi dici dov'è finita, giuro che passerai il resto dei tuoi giorni chiusa a casa Maca! Allora? Dov'è?" Adela la guardò minacciosa. 
"Va bene, va bene, hai vinto! Mi pare di averla vista andare di la con un ragazzo molto carino!" Indicò verso l'uscita che dava sul parcheggio, liberandosi. Greta le raggiunse, sospirando. "Meno male, ma dov'è Giselle?" Chiese.
"E' andata di la. Andiamo." Adela si avviò verso il parcheggio, seguita da entrambe. 
Entrarono in quel parcheggio, cercandola. 
"Ora capisco come si sentiva Maca, ogni volta che ci veniva a cercare.." Soffiò Adela, cercandola con lo sguardo.
"Beh, se non altro non è andata lontano." La tranquillizzò Greta.
"Secondo me stiamo solo perdendo tempo.." Disse Paloma, annoiata. 
"Ah si? E perchè, miss concorso di bellezza fallito?" Le ricordò Adela, fintamente confusa.
"Volevo solo aiutarvi, care le mie santarelline!" Rispose Paloma, indispettita.
"Cavolo ragazze, io ho lasciato la borsa dentro!" Si ricordò Greta, portandosi una mano alla testa. 
"E anche io!" Si risvegliò Paloma.
"Va beh, voi andate a prendere le vostre borse, io intanto continuo a cercare. Vi aspetto all'uscita." Le rassicurò Adela, per poi vederle rientrare. 
Camminò ancora per quel grande parcheggio, quando sentì un rumore provenire dalle sue spalle. Si voltò di scatto, speventata. Non vedendo nessuno, andò avanti. Fece qualche metro, per poi sentire di nuovo quel rumore, ora più forte e chiaro. Si voltò ancora.
"C'è qualcuno?" Provò a dire. "Allora?" Niente. Decise di proseguire, confusa.
Rassegnata, non trovando nessuno, fece per tornare all'uscita, quando finalmente riuscì a vederla in lontananza avvinghiata ad un ragazzo, a baciarlo. Scosse la testa, irritata, per poi fiondarsi su di loro, a dividerli. 
"Ma che diavolo.." Esclamò il ragazzo, guardandola stupito. "
"Si può sapere che vuoi?!" Giselle la guardò furibonda, fronteggiandola.
"Avanti, non fare la bambina, e torniamo a casa."
"Tu non sei mia madre!" 
"Grazie a Dio! Ma sono la tua "tutrice"! Quindi se non vuoi che informi il tribunale, e che allunghi la tua pena, ti conviene seguirmi, cara la mia diva!" Adela la guardò sarcastica, per poi prenderle un braccio.
"Questa bella moretta è una tua amica?" Le chiese il ragazzo, guardando Adela con apprezzamento. "Dai, perchè non rimani anche tu con noi?" Ci provò, afferrandola poi all'improvviso. 
"Lasciami, brutto maniaco pervertito!" Urlò lei, cercando di liberarsi. Giselle provò ad aiutarla, finendo però a terra spinta da lui.
"Dai, ti divertirai!" Continuò lui, spingendola addosso al muro. Adela cercò di spingerlo via, senza successo.
"Lasciala, brutto stronzo!" Sentì una voce provenire dalle spalle di quel ragazzo, per poi vederlo mollare la presa sulla sua vita, e venire scaraventato addosso ad una macchina poco più distante. 
"Prenditela con me! Dai!" Vide poi il maniaco scappar via, e il ragazzo che l'aveva salvata ancora di spalle. 
Notò un giubbotto nero familiare. Si avvicinò, ancora spaventata. Lo vide voltarsi, e solo in quel momento realizzò chi si era trovata davanti, e chi l'aveva salvata.
Era lui. La bocca socchiusa, gli occhi scuri ancora scossi. I capelli arruffati e l'aria sorpresa.
Incontrò il suo sguardo dopo mesi, ancora incredula. Lo guardò, lo guardò ancora e ancora, immobile. Il cuore batteva, il respiro mancava, ad entrambi. Si guardarono, in silenzio, sotto lo sguardo attonito di Giselle. 
E fu un attimo. I corpi di entrambi che presero vita propria. Si corsero incontro, assieme. Lui aprì le braccia, stringendola forte. Lei affondò la testa nel suo petto, circondandogli la schiena con le braccia. Chiuse gli occhi, inspirando forte il profumo di lui, che in quei mesi aveva sognato tanto di poter risentire. E lui fece lo stesso, inebriandosi col profumo dei capelli di lei, affondando il volto in essi. 
Rimasero così, a stringersi, a trasmettersi quel calore reciproco, incapaci di smettere. 
Non avevano detto una parola. 
Ma fu un attimo. Adela aprì gli occhi, ricordando. Il male che le aveva fatto, le telefonate senza risposta, le spiegazioni date solo a metà. E tutto questo, bruciava ancora dentro di lei. Non poteva dimenticare tutto. Non poteva ricascarci un'altra volta. Non poteva infrangere un'altra volta la promessa che aveva fatto a sè stessa, quella notte di otto mesi prima.
Greta e Paloma, appena arrivate, guardarono la scena attonite. Greta sorrise, contenta.
Adela si risvegliò, staccandosi dal suo abbraccio, e spingendolo via. Ignacio la guardò confuso, non capendo.
"Adela, che ti prende?" Chiese lui, allo scuro dei pensieri di lei.
"Che mi prende? Che mi prende? Hai davvero il coraggio dopo tutti questi mesi di chiedermi che mi prende, Ignacio?!" E finalmente scoppiò, come una bomba ad orologeria, sotto lo sguardo attonito di lui, e quello soddisfatto dell'amica.
"Adela, io lo so che.." Cominciò, colpevole.
"No, no no no, non venirmi a raccontare che tu sai! Perchè non sai un accidenti! Sei sparito! Per mesi! E te ne sei andato con una cazzo di spiegazione che non si darebbe nemmeno ad un bambino!" Urlò furiosa. Il male era troppo, lo ricordava bene. Quante notti aveva passato a piangere? A chiedersi perché?
"Ti prego, lasciami spiegare, ci sono delle cose che non sai e che avrei voluto dirti, ma.."
"Non ne hai avuto il tempo? Si, questa storia la conosco! Senti, fammi un favore: sta fuori dalla mia vita! Sparisci! Non ho bisogno di esser salvata da te, me la so cavare benissimo anche da sola, caro il mio "cavaliere"!" Si avvicinò a lui, furiosa.
"Ah si?!" Si alterò lui. "Davvero? A me non sembra, dato che prima non riuscivi nemmeno a liberarti! E poi io? No Adela hai ragione, tu non fai mai niente! Sei sempre.. Carina e gentile, no?! Ti sei chiesta almeno una volta in tutti questi mesi, perchè io l'abbia fatto?!" Le urlò contro. 
Adela spalancò gli occhi e socchiuse da bocca, indignata. "No, no, assolutamente no brutto idiota! Io non ho fatto niente! Sei tu che te ne sei andato! E se pensi che io non mi sia mai chiesta perchè, ti sbagli di grosso!" Gridò, sull'orlo delle lacrime. "Ma sai cosa?" Si riprese, tornando quella di sempre. Fredda, quasi impassibile. "Non mi interessa niente. Nè delle tue ragioni, nè di te. Sto molto meglio senza." Terminò col solito sorriso beffardo, per poi voltarsi e raggiungere Greta e Paloma, assieme a Giselle. 
"Adela! Adela, aspetta!" Provò a richiamarla lui, quasi gridando, dispiaciuto. Greta si voltò, alzando la mano in cenno di saluto, abbozzando un sorriso. Lui ricambiò, per poi abbassare lo sguardo e chiudere con forza gli occhi. Sospirò, arrabbiato, per poi tirare un pugno al muro li accanto. 
"Idiota.. Hai ragione Adela, idiota.." Disse a se stesso, scotendo la testa. 
Le parole di lei che l'avevano trafitto, come lame. 
"Se non vuoi che accada qualcosa alla tua ragazza, dovrai starle lontano. Non puoi metterla in pericolo, non quando si tratta di gente pronta a tutto per vendicarsi del figlio che tu hai fatto arrestare, Ignacio." 
Ricordava ancora bene le parole di quello che era diventato il suo capo, in quella fredda notte di otto mesi fa. 

"Ti sta bene, Ignacio. Lo sapevi. Avresti dovuto parlarle, spiegarle in qualche modo quello che ti stava accadendo. La verità è che ho sbagliato a tenerla allo scuro di tutto. Avrei potuto proteggerla lo stesso, standole accanto giorno e notte, senza abbandonarla un istante, senza esser costretto a rinuciare a lei e alla nostra storia. Ma l'avrei messa in pericolo. L'avrei esposta troppo, e se solo le fosse successo qualcosa per colpa mia, non me lo sarei mai perdonato. Mai. "Ti ho lasciato per proteggerti." Suona stupido, eppure è quello che avrei dovuto dire ad Adela, qualche attimo fa, prima che se ne andasse e mi lanciasse l'ennesimo sguardo freddo e indifferente che mi ha messo al tappeto definitivamente, stavolta. E fa male, brucia. Dio solo sa quanto fa male vederla così un'altra volta, nei miei confronti, dopo aver faticato tanto per conquistarla, per far si che lei si fidasse di me, che non avesse alcun dubbio su quello che provo e ho sempre provato per lei. E invece ho sbagliato. Ma l'ho fatto per lei. Per proteggerla. 
Ha ragione ad odiarmi, ad esser arrabbiata, a non voler più saperne nulla di me. Ha ragione, punto, e io non posso far niente per farle cambiare idea. La conosco, so quant'è orgogliosa, ricordo ancora come se fosse ieri quando dopo averla ritrovata su quel taxi, le confessai dopo mesi di amarla.
"Io ti amo. Ti voglio dal primo istante in cui ti ho vista." 
"Cosa sono, le parole di una canzone?" 
E non rispose. A quei tempi ero convinto davvero che mi stessi buttando senza paracute, senza niente sotto. Eppure con quel silenzio e quel sorriso quasi strafottente, in qualche modo mi rassicurò. Non ha detto "anche io". Non ha detto niente. Eppure a me bastava. 
In fondo, stavamo pur sempre parlando di Adela Huerta. Una guerriera che non si arrende mai. Una ragazza ribelle, che in fondo, voleva solo esser amata per quello che era. Una ragazza buona, sensibile, pronta a dare tutto per aiutare qualcuno in difficoltà.
Come quando pagò il mio debito a Ròco, lo spacciatore con la quale avevo avuto a che fare in quel periodo buio della mia vita. 
Eppure quando ebbe occasione di dirmelo, disse semplicemente che suo padrè le comprò un vestito rosa. Aveva mentito per divertirsi, o perchè voleva risparmiarmi una colossale figura di merda? Lei non sa che lo so, ho preferitò lasciare che lei credesse che io fossi allo scuro di tutto. Non ho mai potuto ringraziarla, però.
O come quando dopo l'uscita del video hard di Nina, si impegnò per starle accanto ed evitare che facesse qualche schiocchezza della quale si sarebbe potuta pentire.
"Non andare da lei, lasciala sola." L'aveva detto a Marisa, per lasciar Nina da sola. 
"Ma Adela, ti prego.."
"No!" Concluse autoritaria. Dio, mi ha sempre fatto impazzire vederla così. Marisa si mosse per andare in cucina.
"E adesso dove vai?!" Le chiese Adela, quasi bloccandola.
"In cucina! In cucina!" Rispose indispettita Marisa, lasciandola. E scoppiai a ridere, non riuscendo più a trattenermi. Si voltò verso di me, fulminandomi.
"Beh? Che c'è da ridere?!" Chiese. Mi avvicinai a lei, sorridente. 
"No niente. E' che sei ancora più bella quando ti preoccupi per gli altri.." Insinuai, fiero di lei e di quello che finalmente stava mostrando agli altri e a se stessa. Non rispose. Sorrise, inclinando la testa di lato, quasi imbarazzata. 
Mi piaceva, mi è sempre piaciuta. L'ho sempre amata, e Dio solo sa quanto in questi mesi passati lontano da lei, abbia semplicemente desiderato mandare al diavolo il mio capo ed il mio lavoro, per tornare da lei e stringerla forte, per dirle che era stato tutto un brutto incubo, e baciarla, piano. Perdermi in quelle labbra dolci come il miele. Una tentazione continua, quasi impossibile da reprimere. 
Quel corpo esile ma perfetto, quelle mani calde che a contatto con la mia pelle nuda, riuscivano ogni volta a farmi rabbrividire. Come quando la prima volta che abbiamo fatto l'amore in macchina, sentii il cuore schiantarsi ed espodere in un rumore sordo. 
Mi manca, giorno e notte. Mi mancano i suoi sorrisi, quei suoi occhi verdi ora dolci ora maliziosi. Quell'aria da ragazzina, che in un secondo diventa donna tra le mie braccia.
Le nostre discussioni, l'abbraccio la mattina appena svegli dentro al letto, i suoi rimproveri. 
Fare l'amore con lei nei posti più strani ed impensabili, perdermi la notte a guardarla dormire, sul mio cuscino, aspirando come un malato quel dolce profumo di pesca che emana la sua pelle morbida e calda. 
Dopo di lei, non sono stato capace di toccare nessun'altra. Nessuna donna è più stata tra le mie braccia. Loro ci provavano, e io le respingevo, trovandomi ogni volta davanti agli occhi il viso di lei. 
Quell'abbraccio, il nostro primo abbraccio dopo mesi passati lontani. Non può avermi dimenticato, non può davvero esser andata avanti, no. Non dopo come ci siamo corsi incontro, non dopo essersi fatta stringere da me così. Non dopo avermi guardato furiosa, ferita. Le parlerò, non posso lasciare che si allontanì ancora. La amo, la voglio. E non permetterò che lei mi tenga lontano, perchè so che anche lei, pur non ammettendolo, mi ama ancora. Il suo sguardo, è trasparente."

Si bloccò, di colpo. Sospirò ancora, prima di infilare velocemente una mano nella tasca dei jeans, estraendo il telefono. Guardò l'ora sul display. Le 22:00.
Doveva andare da lei. Non importa come lei avrebbe reagito. Il bisogno di parlarle e spiegarle perchè, era troppo pressante. Doveva togliersi quel peso di dosso, finalmente dopo mesi, guardandola negli occhi. 

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Tadàà! :D Si lo so, è un fiume, ma se continuavo coi capitoli corti, finivo l'anno prossimo - forse xD -.
Grazie per esser arrivati fin qui, davvero. :)
Un bacio, spero abbiate apprezzato - accetto tutto eh, mi raccomando ;) -

Chiara. <3 

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