Lost in Shadows

di N a s h i r a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Quinto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

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 A ciascuno è affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

- Lia Varesio

 

-Viva. Hai bene inteso? L'Oscuro Signore vuole che la teniamo in vita. Ha dei... progetti in serbo per lei.- disse una donna in abiti scuri con un sussurro minaccioso. -Sai cosa accadrebbe alla tua famiglia se fallissi anche questa volta, vero? Comprendi quanto sia semplice, quasi noioso, questo compito? Il mio Signore ricompensa chi gli è d'aiuto e elimina coloro che lo intralciano. Comprendi, Draco?-

-Comprendo, zia Bellatrix.- rispose il giovane. Il suo volto era una maschera ma la sua voce tremò, tradendolo. Quello che stava giocando era un gioco pericoloso, e se ne era accorta troppo tardi.

-Non ti è concesso avere paura!- sibilò la signora Lestrange. -Dovresti gioire della possiblità che il nostro Signore ti offre di redimere te e la tua famiglia dal fango con cui il tuo stupido padre ha ricoperto te e mia sorella! Hai una seconda possiblità e non in molti te l'avrebbero concessa. Non io, di sicuro.-

-Ti chiedo perdono, zia. Non fallirò.-

-La ragazza ti conosce, potrebbe essere più facile per te avvicinarla. La troverai un po'... malridotta- aggiunse Bellatrix sghignazzando, -ma ha avuto solo un assaggio di quello che meritano i sanguesporco come lei- concluse, roteando gli occhi verso il cinereo nipote e strizzando leggermente la bocca, come a volersi accertare che lui concordasse.

Egli tuttavia non diede alcun segno di assenso o dissenso. Rimase semplicemente in piedi di fronte a lei, rigido come una statua, gli occhi chiarissimi che bucavano l'oscurità della stanza, mobili e vigili sul suo volto emaciato, fissi sulla sorella di Narcissa Malfoy.

La strega, dal canto suo, non era intenzionata a perdere altro tempo a discutere della vita o della morte di una sporca Mezzosangue.

-Attento a ciò che fai, Draco.- sibilò con astio un attimo prima di smateralizzarsi.

Draco Malfoy attese ancora qualche secondo, per essere certo che lei se ne fosse andata.

Poi appoggiò la schiena contro il muro e si lasciò scivolare per terra.

 

 

 

 

 

Aveva imboccato i sotterranei portando un vassoio di cibo per quella maledetta mezzosangue.

Rise tra sé e sé di una risata folle, mentre pensava che si era ridotto a farle da cameriere nella sua stessa dimora.

Questa volta era facile, non doveva uccidere. Doveva far sì che qualcuno vivesse e poco gli importava che si trattasse di un mezzosangue o di un purosangue blasonato.

Da quando il Signore Oscuro era diventato una presenza ingombrante nella vita della famiglia Malfoy, molte delle sue precedenti certezze avevano iniziato a vacillare.

Questa volta non avrebbe fallito. Doveva solo accertarsi che lei mangiasse e che non decidesse di spaccarsi la testa contro un muro per puro dispetto. Se fosse morta o se la fosse lasciata morire... sarebbe stato come firmare la condanna a morte dei suoi genitori. E probabilmente anche la sua.

-Granger! Sono venuto a portarti la cena! Sei contenta di vedermi?- gridò, con il tono più spavaldo che riuscì ad assumere, mentre si accingeva ad aprire la porta della sua cella.

Nessuna risposta.

Diamine,maledetta Mezzosangue, non sarai mica scappata? Questa cella è troppo buia..”

La porta si aprì con un cigolio tremendo e Draco estrasse la bacchetta per fare un po' di luce.

-No!- ringhiò una voce femminile -Ti prego...no...la luce...no...- s'interruppe, colpita da un ascesso di tosse.

-Va bene Mezzosangue, calmati. Ti ho chiesto di morire per sei anni di fila e non sei stata abbastanza gentile da accontentarmi, fammi almeno questa cortesia: non morire adesso.- disse Malfoy rivolto all'angolo buio dal quale proveniva la voce, nel tentativo di continuare a ostentare un po' della sua antica spavalderia. Poggiò in terra il vassoio, non voleva rischiare di inciampare e dover andare a prenderle dell'altro cibo.

-Puoi anche portare via quella roba, lurido mangiamorte. Preferisco morire ora che passare la vit..- altri profondi colpi di tosse interruppero il tentativo di ribellione di Hermione

Ora mi toccherà anche imboccarla” pensò stizzito Malfoy. “E qui fa davvero freddo. Devo darle qualcosa di caldo altrimenti morirà di polmonite molto prima che di fame.”

-Ascoltami, Granger- disse, stavolta in tono secco, senza traccia dell'antico scherno -sarò onesto; non potrebbe interessarmi meno di quello che vuoi o non vuoi. Mi è stato chiesto, più precisamente ordinato di tenerti in vita. Tu sei troppo intelligente per non sapere come funziona. Ne va della vita della mia famiglia e non permetterò al tuo orgoglio Grifondoro di uccidere quattro persone, dovessi anche scagliarti contro la maledizione Imperius, per quanto tu possa essere debole e provata!- sbottò. La sua voce aveva di nuovo tremato. Il vecchio Draco Malfoy era morto da tempo. Ora quello nuovo cercava disperatamente di rimanere in vita.

-E aggiungo che non me ne frega un cazzo che ti dà fastidio la luce, visto che devo controllarti non posso farlo al buio. Lumos!- aggiunse, quasi gridando.

Una luce morbida e tenue riempì le umide pareti della cella buia.

La bacchetta di Draco Malfoy cadde con un tonfo sordo.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Primo ***


Prologo

Parte seconda

 

La tua compassione è una debolezza che i tuoi nemici non ricambieranno.”
È per questa ragione che è importante. Perché ci distinguerà sempre da loro.”


 

Batman Begins


 

Draco Malfoy non era più un bambino.

Si era abituato alle cose orribili e alle urla strazianti che avvenivano nella casa che, ormai, solo di nome apparteneva alla sua famiglia.

Si era abituato alla sofferenza e alla morte, senza trarne più alcun piacere né dolore. Come si era abituato al Marchio Nero tatuato sull'avambraccio.

Non era più il giovane e promettente rampollo di una delle famiglie più influenti del mondo magico: era un mangiamorte, figlio di mangiamorte. Caduti in disgrazia.

Vedeva, con sempre maggiore chiarezza, che le cose erano diverse da come gliele avevano sempre dipinte. Che uccidere non era poi così esaltante, non era un atto liberatorio. Non era sinonimo di coraggio. Non era un Grifondoro ma, quella notte, sulla torre, aveva esitato non per mancanza di coraggio.

Nonostante ciò il suo sangue puro lo condannava a nuotare in mezzo alla tempesta, trascinato dalla corrente, senza poter decidere nulla della rotta che stava intraprendendo. Tutto quello che poteva fare, ormai, era dimenarsi per restare a galla.

Aveva imparato a non lasciarsi prendere dalle emozioni: se gli avessero chiesto nuovamente di uccidere qualcuno avrebbe dovuto farlo. Ne andava non solo della sua vita, ma anche di quella dei suoi genitori.

Era preparato ad affrontare molte cose, ma lo spettacolo che gli si parò davanti quando, sordo alle proteste della ragazza, illuminò la segreta, quello no, non avrebbe mai creduto di poterlo, o doverlo vedere.

La bacchetta cadde, ma la luce prepotente non si spense.

Hermione Granger, la perfettina, snervante, odiosa so-tutto-io Grifondoro, era incatenata nell'angolo più remoto di quella fetida cella. I polsi erano saldamente ancorati alla parete dietro di lei, in modo che non potesse muovere le braccia di un solo millimetro. Ma anche se le catene glielo avessero permesso, probabilmente non ne avrebbe avuto la forza.

Era dimagrita molto dal giorno del suo arrivo al maniero. Le guance erano scavate, gambe e braccia spuntavano, magrissime e coperte di tagli disordinati, da vestiti laceri.

Aveva lividi ovunque. Un'incisione, “Mudblood” sull'avambraccio, che sembrava essere stata ripassata più volte, e di fresco. Un rivolo di sangue colava sulle labbra, screpolate dalla sete e dal freddo.

I capelli, lunghi e crespi, per cui tanto l'aveva presa in giro, erano spariti. Corte ciocche sporche e disordinate erano tutto quello che rimaneva, come se glieli avessero strappati e tagliuzzati con violenza.

Il suo respiro era poco più di un rantolo.

Sua zia Bellatrix era una professionista nel fiaccare lo spirito delle persone, ma non si sarebbe mai aspettato di vedere in questo stato quella Mezzosangue che aveva tanto detestato, per la sua intelligenza e per la sua fierezza, perché gli era stato insegnato che i sanguesporco non erano altro che feccia inferiore, e lei si rifiutava prepotentemente di esserlo ed anzi, non faceva altro che mettere lui, Draco Malfoy, discendete di una nobile stirpe, in ridicolo.

Nei suoi occhi c'era ancora uno scintillio di quell'antica fierezza, ma il serpeverde intuì che non era la luce del fuoco allegro quando scoppietta nei camini, bensì delle braci quando sono sul punto di spegnersi.

Vedendola iniziò a dubitare di poter portare a termine il suo compito.

Come è possibile che sia ridotta così? Sono passate settimane dall'ultima volta che l'abbiamo sentita urlare. E anche se avesse continuato a torturarla...come è riuscita a ridurla in questo stato senza ucciderla?” si chiese Draco. “Che queste ferite se le sia procurate da sola? Ha detto di voler morire.”

-La tua cara zia si è premurata di imperturbare la stanza.- rantolò la ragazza, come se avesse letto i suoi pensieri.

Il ragazzo non rispose.

Raccolse la bacchetta ed evocò un globo di luce perché non ci fosse necessità di tenerne accesa la punta. Si avvicinò con passo leggero alla Mezzosangue e si sedette accanto a lei.

-Vulnera sanentur...vulnera sanentur..- iniziò a mormorare, oscillando la bacchetta intorno alle ferite più gravi. Era sempre stato particolarmente bravo con gli incantesimi curativi. Ovviamente non era la più utile delle doti, se eri un mangiamorte.

Hermione alzò la testa e lo fissò con i suoi occhi grandi e scuri.

-Cercherò di non morire ora, se posso, Malfoy. Sono in debito con te per aver finto di non essere sicuro di riconoscerci. Questo ha fatto guadagnare del tempo ai ragazzi e gli ha permesso di andarsene- mormorò. -Ma non garantisco niente- aggiunse, concludendo la frase con quella che sembrava una risata.

Draco la guardò e il suo gelido cuore Malfoy si strinse.

-Una volta era tutto più semplice, vero Granger? Chi l'avrebbe mai detto che mi sarebbe toccato imboccarti e imbrattarmi le mani di tutto il tuo lurido sangue? Se tu non ti fossi comportata come il solito testardo mulo babbano e avessi parlato, a quest'ora tu non staresti qui a tossirti via i polmoni e io non dovrei farmi in quattro per salvare la tua inutile vita!- disse lui, nel tentativo di ritornare alle loro vecchie parti, schernendola. Ma la ragazza sembrava aver esaurito le sue energie e non diede in alcun modo segno di aver sentito, nè di voler rispondere.

Pazientemente, Malfoy richiuse tutte le sue ferite. La imboccò, assicurandosi che mangiasse né troppo né troppo poco. Non sapeva quanto fosse denutrita e, se fosse morta per un blocco intestinale, perché lui l'aveva fatta ingozzare sarebbe stato veramente il colmo. Evocò una coperta per fare sì che non morisse di freddo e dei cuscini. Questi senza un particolare perché. In ogni caso lo fece e glieli sistemò come meglio potè, vista la scomoda posizione. In realtà non doveva stare comoda, bastava che fosse viva. E non gli era nemmeno mai stata simpatica. Nemmeno lontanamente. Tuttavia, istintivamente, lo aveva fatto.

Quando uscì dalla cella la ragazza sembrava assopita.

Si guardò le mani imbrattate e seppe perché aveva cercato di farla stare comoda.

Quel sangue era esattamente uguale al suo.

Lei era una persona. Come i suoi genitori. Come lui.

 

Spazio Autrice

Carissimi, vorrei intanto ringraziare tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite (e due ragazze addirittura tra le preferite! Vi adoro!) già dalla prima parte del prologo. Spero che il seguito non vi abbia deluse. Vi avverto inoltre di aver apportato piccole modifiche alla parte prima.

E' solo l'inizio e non abbiamo ancora nemmeno sfiorato la parte centrale della storia che sto progettando (e che mi auguro possa piacervi), ma abbiamo gettato le basi.

Per qualsiasi chiarimento o commento o suggerimento non esitate a scrivermi, sarò felicissima di rispondervi.

I miei migliori saluti a tutti voi!

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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo ***


Capitolo Secondo


 

Si ripeteva che non doveva arrendersi alla compassione, e la compassione lo ascoltava a testa bassa, come se si sentisse colpevole. La compassione sapeva di abusare dei propri diritti, ma si ostinava in silenzio [...].

M.Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere.

  


 

Incredibilmente, grazie alle attente cure dell'unico erede dei Malfoy, Hermione Granger, la Mezzosangue, riuscì a riprendersi quasi completamente nel giro di due settimane. Nessuno, vedendo lo stato in cui era prima che lui se ne prendesse cura, avrebbe scommesso un soldo sulla sua ripresa, ma se c'era una cosa che Draco sapeva fare bene era curare le persone. In più dalla sopravvivenza della Granger dipendeva la vita di tutta la sua famiglia.

Quindi, oltre ogni previsione, il ragazzo riuscì nel compito affidatogli dal Signore Oscuro.

Inviava ogni cinque giorni notizie sulla salute della ragazza a sua zia Bellatrix la quale, in maniera davvero agghiacciante visto che era stata lei stessa a strapparle quasi l'anima a suon di maledizioni, si rallegrava sempre di più dei progressi.

Draco pensava che, probabilmente, avrebbero cercato di usarla come merce di scambio. Perché darsi tanta pena per quella Mezzosangue che nemmeno consideravano una persona.

Tu per primo non l'hai mai considerata degna di respirare la tua stessa aria.” insinuò una vocina malevola nella sua testa. “Tu per primo le hai augurato ogni male, perché il suo sangue era sporco e questo la rendeva indegna del talento che continuava a dimostrare di possedere”.

“Questo è vero” rispose incerto il suo io più consapevole, “ma non era una mia colpa. Mi era stato insegnato. Avevano riempito i miei occhi di immagini gloriose in cui i Mangiamorte ristabilivano l'ordine e il Signore Oscuro governava con giustizia, ripulendo le vie del mondo magico dalla feccia che lo invadeva. Credevo che giorni gloriosi mi attendessero. Credevo che le urla di terrore dei Sanguesporco avrebbero cullato il mio riposo, che ne avrei gioito sapendo che giustizia era stata fatta e che non avrebbero più osato rubare a noi purosangue ciò che era solo nostro: la magia. Credevo tante cose, ma non sapevo niente. Non capivo niente. Quando mi ordinarono di uccidere Silente, di fare entrare schiere di mangiamorte a scuola...allora iniziai a capire”.

Queste sono parole davvero molto belle, peccato che a pronunciarle sia un ubbidiente mangiamorte che fa da carceriere a una delle sue ex-compagne di scuola” ribattè malevola sempre la stessa voce.

“Io l'ho salvata!” si disse, stizzito. “Stava per morire e io l'ho riportata alla vita!”

E pensi davvero di averle fatto un favore?”

Draco Malfoy non riuscì a darsi una risposta. Semplicemente, prese una statuetta dal tavolo che aveva accanto e la lanciò contro il muro davanti a lui.

Quando aveva comunicato a sua zia che Hermione Granger si era completamente ristabilita, aveva ricevuto l'ulteriore compito di mantenerla viva, in buona salute e, soprattutto, saldamente ancorata alla parete più umida della cella più buia delle prigioni del Malfoy Manor.

Il ragazzo mentre faceva tornare integro il vaso, pensò che, come gli era stato insegnato, aveva abbassato la testa e ubbidito.


 


 

Hermione Granger non avrebbe saputo dire da quanto tempo non vedeva la luce del sole.

Giorni? Settimane? Mesi?

La sua mente, una volta così veloce e brillante, era confusa. Tutto quello che ricordava dell'inizio della sua prigionia era il dolore e la risata di Bellatrix. Poi era arrivato Draco Malfoy.

Avevano sempre odiato quel ragazzo. Forse lei aveva cercato di mitigare il tutto con un po' di raziocinio ma in fin dei conti, lo aveva sempre considerato un essere spregevole. D'altronde chi avrebbe potuto darle torto? Non faceva che ricoprirla di insulti, più o meno pesanti. Non faceva che cercare di prenderli in fallo per togliere punti a Grifondoro o fargli avere una punizione.

La ragazza rise tra sé. Come erano belli i tempi in cui erano questi i loro problemi.

Era pur sempre vero che, per Harry, Ron e lei non c'era mai stato un periodo del tutto quieto, fin dal primo anno si erano trovati ad affrontare cose molto, molto più grandi di loro. Ma non erano mai stati soli. Silente per primo, poi la professoressa McGranitt, Sirius, l'Ordine della Fenice al completo... anche se non sempre erano stati fisicamente presenti c'era stato sempre un che di rassicurante nel poter sempre e comunque aggrapparsi alla speranza che qualcuno sarebbe arrivato per tirarti fuori dai guai, che qualcuno ti avrebbe cercato e trovato.

E anche quando nessuno poteva raggiungerli erano sempre stati almeno loro tre.

Ma non questa volta. Questa volta Hermione sapeva che nessuno sarebbe riuscito a salvarla. La migliore amica di Harry Potter era troppo preziosa e Voldemort non poteva più permettersi errori. Non sarebbero riusciti a farla evadere. Per quello che ne sapeva lei non ci avevano neanche provato, e approvava la scelta. Troppe persone sarebbero morte nel tentativo.

La sorte migliore che potesse augurarsi era di morire lì, in quella cella, in modo veloce e pulito, ma qualcosa le diceva che le cose non sarebbero state così facili.

Malfoy, proprio quel Malfoy che tanto l'aveva disprezzata e odiata, era stato addetto a prendersi cura di lei. Hermione ricordava poco della sua prima visita, solo di avergli detto che era in debito con lui per averli aiutati e che avrebbe fatto il possibile per non morire. E poi delle mani fredde che le sistemavano dietro la schiena morbidi cuscini.

Si ricordava meglio le visite successive.

Era stato estremamente paziente. L'aveva medicata con grande attenzione, sempre attento a non farle male, senza mostrare il minimo disgusto per le sue ferite o per quel sangue che aveva tanto disprezzato. L'aveva imboccata ogni volta, senza metterle fretta. Quando aveva ricominciato a darle cibo solido era capitato più di una volta che il suo stomaco non riuscisse a trattenerlo. Nemmeno allora quello che tutti consideravano un principino schizzinoso aveva fatto una piega.

Certamente gli era stato ordinato di prendersi cura di lei, ma altrettanto certamente nessuno gli aveva chiesto di essere gentile o di avere tatto. Si comportava come si comportava solo perché lo desiderava.

Inizialmente non avevano parlato molto, primo perché Hermione raramente ne aveva le forze e secondo perché nessuno dei due aveva voglia di sottolineare la penosa condizione in cui lei si trovava ma nemmeno di chiacchierare facendo finta di niente.

Però,” pensò Hermione, mentre una familiare testa bionda entrava nel suo campo visivo “ora mi sento abbastanza in forze. E lui potrebbe essere l'ultima faccia amica che vedo..” sobbalzò. Aveva pensato a Draco Malfoy come ad un amico. Che fosse affetta dalla sindrome di Stoccolma? Per quanto la trattasse con gentilezza, lui era pur sempre il suo carceriere.

-Buonasera- le disse lui sottovoce, mentre già esaminava il suo stato di salute e si preparava a recitare qualche incantesimo ricostituente o qualcosa di simile.

-Buonasera- rispose lei, sentendosi molto più in forze non appena l'incantesimo (evidentemente non verbale) iniziò a fare effetto.

-Quindi fuori è sera?- chiese Hermione, più a se stessa che a lui. Avrebbe tanto voluto poter uscire a respirare un po' d'aria fresca. A guardare le stelle.

-Se ti ho detto “buonasera” evidentemente è sera, sì.- sbottò lui, vagamente stizzito. Non voleva parlarle. Già l'aver realizzato che lei era un essere umano lo portava a soffrire, non voleva dover conoscere quell'essere umano, sapere quali erano le sue paure e i suoi desideri... non avrebbe sopportato niente di più di quello che già sapeva.

Perchè qualcosa sapeva.

Lui era un ottimo legilimens e aveva dovuto dare un'occhiata nella sua testa, per sincerarsi che non ci fossero danni permanenti al suo cervello. Ma era bastato un attimo, un attimo solo per perdere il controllo e venire trascinato in un turbinio di ricordi.

Una bambina fin troppo sveglia dai folti capelli crespi e i denti un po' troppo grandi correva con le lacrime agli occhi verso i suoi genitori sventolando una lettera... una ragazzina piangeva perché un compagno l'aveva appena insultata chiamandola mezzosangue... una giovane si guardava allo specchio la sera del ballo del ceppo e tentava di lisciare gli indomabili capelli... un matrimonio... persone felici... Bellatrix troneggiava su di lei ridendo... A quel punto Draco aveva interrotto il flusso ed era scappato via, dimenticandosi il vassoio nella cella.

-Malfoy? Mi senti?- lo riscosse la voce della ragazza. Doveva avergli detto qualcosa che non aveva sentito.

-Mezzosangue se continui a distrarmi in questo modo finirò per sbagliare un incantesimo e friggere la tua preziosa testolina.- le rispose, cercando sempre di apparire un po' seccato.

-Scusa tanto!- rispose lei che, abituata a Harry e Ron, sapeva capire benissimo quando qualcuno non la stava ascoltando e cercava di sviare il discorso. -Stavo solo complimentandomi, non pensavo che fossi così bravo negli incantesimi di guarigione- aggiunse.

-A ognuno la sua croce, Granger!- scherzò lui in risposta.

Dopodichè Hermione non potè più dire nulla, impegnata com'era a far sparire il delizioso arrosto che le era stato portato per cena. “Se questo è il cibo che servono ai prigionieri cosa diavolo mangeranno alla tavola padronale? Ambrosia?” pensò la ragazza.

Non poteva sapere che Draco aveva ordinato, ora che poteva di nuovo mangiare normalmente, di preparare anche per lei tutto ciò che sarebbe stato servito alla famiglia Malfoy e ai loro eventuali ospiti.


 

Dopo aver tirato il vassoio che aveva portato giù alla Granger per la cena contro uno spaventatissimo elfo domestico, Draco si diresse verso la sua stanza.

Era teso, nervoso, stanco. Voleva solo riposare.

-Draco? Scendi subito nel mio studio- lo chiamò una voce familiare dal piano di sotto, ma stranamente priva del consueto tono autoritario.

-Padre, non sono in condizioni di discutere, al momento...- fece lui in risposta. Una volta non si sarebbe mai permesso di non ubbidire all'istante a suo padre. Ma ormai Lucius Malfoy era ridotto a un'ombra di se stesso. Le cose erano cambiate.

-Draco, è urgente, si tratta della... di Hermione Granger.- disse Lucius. C'era una sfumatura supplichevole nella sua voce. E da quando chiamava per nome una Mezzosangue?

Era preoccupante.

L'erede di casa Malfoy sospirò e cominciò a riscendere le scale appena salite, pregando per il suo destino, per quello della sua famiglia e, anche se non lo confessò nemmeno a se stesso, per quello della strega Mezzosangue che giaceva nei sotterranei e per cui lui continuava a sentirsi tanto in colpa.


 

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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo ***


Capitolo Terzo


 

Eterna risorge sempre la speranza, come un fungo velenoso.

C.Bukowski


 

-Padre. Come posso esservi d'aiuto?- chiese Draco. Freddo. Composto come l'etichetta richiedeva. Suo padre era ormai allo stremo delle forze.

Lucius Malfoy aveva ormai perso il favore del Signore Oscuro e, con esso, tutto il suo potere, la sua tracotanza e il suo autocontrollo. Sapeva che sarebbe bastato un soffio per farlo scendere ancora più in basso. E, per scendere più in basso del fango in cui si trovava adesso, sarebbe potuto finire solo sotto terra. Nel senso letterale del termine.

Molti pensavano che, nella nuova infamante condizione in cui era venuto a trovarsi, l'algido e orgoglioso mangiamorte non avrebbe resistito a lungo. Come poteva, un uomo abituato a considerarsi così largamente superiore agli altri, accettare di trascinarsi nella scia di coloro che, fino a poco prima, lo guardavano con timore e rispetto?

Lucius non era mai stato un impavido. Dopotutto anche lui, come tutta la sua famiglia, era stato un Serpeverde. Tuttavia era un padre, e un marito.

La sua famiglia aveva già pagato troppo per i suoi errori.

Non aveva mai visto Narcissa piangere. Da altera dama purosangue qual'era, tratteneva quel groviglio informe di dolore e paura ben serrato in eleganti abiti immacolati. Ma chi come suo marito, si fermava a osservarla, poteva notare più di una crepa nell'algida barriera che la donna aveva eretto intorno a se, una struttura che ogni giorno era più difficile da sostenere per quella sua bianca schiena, sempre dritta eppure così fragile. La profonda sofferenza che Narcissa era stata addestrata a nascondere trasudava ormai comunque da ogni suo poro.

E poi c'era Draco. Il suo unico erede. Non poteva nemmeno rivolgere il pensiero a suo figlio senza sentire il senso di colpa penetrargli le ossa. Aveva cresciuto quel ragazzo per prepararlo al destino glorioso che era sicuro di potergli offrire. Una vita perfetta in un mondo dove il suo nome, la sua ricchezza e il suo sangue puro gli avrebbero aperto qualsiasi porta. E lui stesso, il suo fallimento, avevano strappato quella visione, quella promessa, dagli occhi dell'ultimo dei Malfoy.

Il Signore Oscuro aveva da subito iniziato a fargli scontare gli errori di Lucius, affidandogli, astutamente, il compito di uccidere Silente. Se avesse fallito, come tutti si aspettavano, sarebbe stata la rovina della famiglia Malfoy. Se invece lo avesse portato a termine beh... con Albus Silente fuori dai giochi le carte in tavola sarebbero decisamente cambiate e Lord Voldemort avrebbe tenuto saldamente le redini della vicenda. O almeno questo era quello che pensava allora.

Sì grazie al voto infrangibile che Narcissa aveva riuscito a strappare a Severus Piton, Albus Silente era morto, ma quella guerra si era rivelata comunque una bestia indomabile.

Nessuno osava anche solo pensare a una cosa del genere quando il Signore Oscuro era vicino, ma ormai era chiaro a tutti quanto fosse difficile la situazione in cui si trovavano.

Harry Potter era svanito nel nulla e non si era semplicemente nascosto secondo il loro Signore. Sarebbe stato troppo poco Potter darsi alla macchia per salvarsi la pelle mentre i suoi compagni morivano. Tramava qualcosa. Certo, ora loro avevano Hermione Granger e lei poteva essere una pedina importante, ma nessuno era davvero fondamentale, fatta eccezione Potter stesso.

I Mangiamorte e coloro che con loro simpatizzavano continuavano a patire la guerriglia dell'Ordine della Fenice senza riuscire a ripagarlo con la stessa moneta. Si comportavano come se sapessero esattamente dove e quando colpire. Era circolata per un po' di tempo, sussurata a mezza bocca, l'idea che potesse esserci un traditore tra i seguaci dell'Oscuro, e lo stesso aveva sommariamente giustiziato alcuni sospetti. Ovviamente senza risolvere nulla.

In altre parole, stavano perdendo.

E Lucius Malfoy aveva deciso che, per quello che lo riguardava, non era intenzionato a perdere altro.


 


 

-Padre?- ripeté Draco. L'uomo non sembrava aver udito le sue prime parole. Al secondo richiamo si riscosse, si passò la mano tra i capelli, estrasse la bacchetta e, con un gesto secco, imperturbò la stanza.

Ovviamente quello era solo l'ultimo degli incantesimi e degli oggetti magici posti a protezione del suo studio.

-Draco, dobbiamo parlare- ripeté.

-Grazie padre, credo di aver compreso questo punto. Possiamo procedere?- ribatté il ragazzo, pungente. Amava suo padre e avrebbe dato la vita per lui, ma, allo stesso tempo, non riusciva ad accettare il suo cambiamento. Era cresciuto credendolo un uomo infallibile. Era cresciuto con uomo potente, pieno di eleganza e fascino, un uomo onorato, rispettato e temuto soprattutto.

Non rimaneva più molto di quell'uomo.

Lucius Malfoy sospirò.

Sapeva cosa vedeva suo figlio. Vedeva il suo fallimento.

Ma non era ancora troppo tardi per cambiare le carte in tavola.

-Draco... quello che sto per dirti è... molto pericoloso. Cercherò di essere più conciso possibile, ma ti prego di non interrompermi e di valutare bene la cosa prima di darmi un'opinione- disse. Il suo tono grave aveva riacquistato una sfumatura autorevole.

Draco comprese che c'era qualcosa di grosso in ballo.

-Farò come voi dite, padre- rispose, questa volta con gentilezza, accomodandosi su una poltrona mentre Lucius, dall'altra parte della stanza, faceva lo stesso.

-Sei un ragazzo intelligente Draco. Ti sarai accorto che la nostra situazione è piuttosto difficile. E non mi riferisco solo a quella della nostra famiglia ma anche ai seguaci dell'Oscuro. Questa guerra non sta andando come avevamo progettato-. Lui, l'impassibile e algido Lucius Malfoy, abbozzò un sorriso nel tentativo di alleggerire l'atmosfera. Ma non funzionò: i gelidi occhi di suo figlio rimasero fermi e impassibili, indagatori. L'uomo si lasciò quasi sfuggire un sospiro. Suo figlio era un vero Malfoy.

-Camminiamo sull'orlo di un precipizio, Draco. A questo punto basterebbe un soffio di vento per farci precipitare e io questo non posso permetterlo. So che tu credi che io sia un uomo finito, che si è ridotto a vestire i panni del tirapiedi- continuò, con la voce tremante di rabbia -ma la sorte avversa mi ha piegato, non spezzato- concluse. E, nonostante avesse esplicitamente chiesto di non essere interrotto, a quel punto lanciò un'occhiata supplichevole al biondissimo e sottile giovane elegantemente accomodato nella poltrona davanti a lui, sperando di ricevere da lui un appoggio.

Draco comprese che era opportuno parlare.

-So bene che nessuno può spezzarti, padre. Tuttavia ancora mi sfuggono le vostre intenzioni.- disse, cercando di mantenere ferma la sua voce. Dentro di sé, però, tremava.

-I mangiamorte non hanno speranza Draco! E noi, tra di loro, ne abbiamo ancora meno. Ce ne andiamo via!- disse Lucius Malfoy, tutto d'un fiato, in un sussurro carico di terrore, euforia e promesse.

Draco scattò in piedi. Suo padre stava peggio di quanto pensasse.

-Padre! Sapete bene quanto rischiate anche solo a pensare una cosa del genere! Finirete per farvi uccidere!- sibilò muovendosi verso di lui, con l'intenzione di afferrarlo e scuoterlo per farlo tornare in sé. Ma fu lui quello afferrato.

Suo padre era scattato in piedi e lo aveva tirato per un braccio. Lo sguardo fiero che da tanto tempo nessuno scorgeva più sul suo volto. Troneggiando sul ragazzo parlò, questa volta con voce ferma.

-Ci faremo uccidere tutti se non facciamo qualcosa subito. E in ogni caso meglio morire da Malfoy che vivere da servo-. Accompagnò la frase con una ferrea stretta al braccio.

Draco non sapeva cosa pensare. Era spaventato.

-E dove vorreste portare tutti noi, di grazia?- ribattè.

-All'Ordine della Fenice- rispose suo padre, calmissimo.

-Un'idea brillante padre! Di certo ci riserveranno ogni onore e ci daranno la loro stanza migliore!- fece Draco, riducendo gli occhi a due fessure e fissando Lucius.

-Forse no, ma di certo ci accoglieranno bene. Soprattutto se gli riportiamo, sana e salva, Hermione Granger. Soprattutto se quello che l'ha salvata sei stato tu.- concluse suo padre, l'antico sorriso di nuovo stampato sul suo volto.

La Granger!” si disse Draco. Come aveva potuto non pensarci?


 


 


 


 


 


 

Spazio autrice

Ciao a tutti voi! Volevo innanzitutto scusarmi per avervi fatto aspettare più del previsto questo capitolo, e in secondo luogo ringraziarvi per i commenti (bellacullen_32 e Ielma) e per aver aggiunto la mia storia tra le preferite (Marlight, The_Black_Fire, Fily_1D, Cataaaaaaaaa e Cornelia_b) le seguite (Alexandra_Potter, aquizziana, auror_99, barbarak, bimba88, cartina follemente innamorata, cloelia133, Cmirtilla, Cornelia_B, disincantodelcuore, Enza85, ielma, Keyla99, lupacchiotta_mannara, lyllly, Mae, mucchi_na, mya95, nicol86, Pervinca95, radio asis, stekken, tigre, Veritaserum00, viddy, Wald_Arya, Wingardium_Leviosa97) e le ricordate (_casillina_).

Sperando che questo capitolo vi sia piaciuto, vi mando i miei migliori saluti.

Nashira

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Capitolo 5
*** Capitolo Quarto ***


 


 


 


 

Capitolo Quarto


 


 

La libertà non è che una possibilità di essere migliori.

A. Camus


 


 

Draco scendeva come di consueto le scale che portavano al sotterraneo. Teneva sospeso davanti a sé il vassoio con la colazione della ragazza e un paio di boccette di pozione ricostituente (che continuava a darle giusto per precauzione).

Come di consueto, per allentarsi un po' i nervi, aveva sbraitato contro gli elfi domestici della cucina quando era andato a prendere il suddetto vassoio (era compito suo controllare che nessuno introducesse oggetti sospetti nella cella della Mezzosangue) e, dopo aver seminato un pizzico di terrore, aveva eseguito i consueti incantesimi di rilevazione sul cibo (la prudenza non era mai troppa) e si era diretto verso le anguste e buie scale.

Tuttavia quella mattinata sarebbe stata tutto tranne che consueta.

Era riuscito a mantenere la calma fino a che non aveva scorto la porta della cella. Lì aveva finalmente realizzato che quello che stava accadendo era vero, reale e mortalmente pericoloso. Non che prima non lo sapesse. Non che fosse la prima volta che sentiva l'alito putrescente della morte sfiorargli la nuca. No.

Ormai si era quasi abituato a convivere con quell'olezzo.

Ma questa volta era diverso.

Era sempre stata la volontà di altri a guidare i suoi passi, che fosse o no verso il pericolo. Faceva ciò che gli veniva detto. Nessuna discussione e meno pensieri possibile.

Per quanto fosse orribile la situazione in cui si trovava poteva sempre aggrapparsi a quella parte di lui che gli sussurrava “non è colpa tua, non sei tu che l'hai voluto”.

Ma questa volta no.

Questa volta suo padre non aveva ordinato. Aveva condiviso con lui le sue opinioni. Aveva discusso. Aveva chiesto.

Lui, Draco Malfoy, aveva liberamente scelto di appoggiare suo padre in quel folle, disperato tentativo di liberarli tutti dal giogo di un'oscurità che diventava ogni giorno più fitta e, se le cose fossero andate diversamente da come previsto, non ci avrebbe avuto nessuno da incolpare se non lui stesso.

Si stava gettando nel dirupo di sua iniziativa, senza avere la certezza di saper volare. Poteva benissimo precipitare rovinosamente e allora non avrebbe avuto alcuna speranza di salvarsi.

E in realtà non aveva poi molto da perdere.

Anche uno stolto avrebbe capito che il Signore Oscuro cercava solo il pretesto adatto per spazzarli via con eleganza, visto che la loro utilità per lui era, ormai, agli sgoccioli.

Se l'Inferno lo attendeva comunque, tanto valeva andarci con stile. “Un Malfoy che attende mestamente di essere travolto dalla bufera non è un Malfoy”pensò, ripetendoselo quasi per convincersene, mentre deglutiva rumorosamente.

E comunque non è oggi il giorno più pericoloso!” si disse mentre apriva la porta. Aveva la mano sudata ed era una cosa che odiava. Voleva calmarsi.

No... ma oggi tutto avrà inizio!” bisbigliò malevolmente in risposta una vocina dentro di lui.

-Hei! Mi chiedevo dove fossi, iniziavo ad avere davvero fame- disse allegra Hermione mentre lui si richiudeva la porta alle spalle. Allegra per quanto poteva esserlo una incatenata alla parete di una cella da tempo immemore.

Malfoy non le rispose. Velocemente depose il vassoio a terra, prese una delle due boccette e la lanciò contro la porta. Un fumo argenteo si sollevò denso andando a formare una sorta di gelatina lungo tutta l'entrata.

-Macchè...- tentò di dire Hermione ma, fulminata da un'occhiata del giovane, si azzittì subito. Una volta uno sguardo del genere sarebbe riuscito solo a farla partire alla carica, ma dopo tutto quel tempo che aveva passato rinchiusa lì (quanto ne era passato? Settimane? Mesi? Anni?) aveva preso a considerare Draco Malfoy come qualcosa di simile ad un amico. Era il suo carceriere certo, questo lo sapeva, ma si era dimostrato molto più umano lì in quella cella che in tutti gli anni che avevano passato a ricoprirsi di insulti. O, più che altro, aveva dimostrato di sapere che anche lei era un essere umano.

Draco nel frattempo aveva aperto la seconda boccetta di (evidentemente) finta pozione ricostituente e con un incantesimo aveva fatto evaporare il contenuto, riempiendo l'angusto spazio di una leggera nebbiolina verdastra.

La sua fronte era imperlata di sudore per lo sforzo. Non era uno sforzo fisico quello che stava sostenendo, ma una vera e propria battaglia interiore. Draco Malfoy non era nato con un cuor di leone, questo era fuor di dubbio, e ogni cellula del suo essere gli gridava di mollare tutto e andarsene, di parlare a suo padre e di convincerlo a lasciar perdere, di strisciare via e andare a nascondersi sotto una pietra e al diavolo la bufera e al diavolo tutto.

Ma Draco Malfoy aveva altresì deciso che, questa volta, non sarebbe scappato. Aveva preso una decisione e non avrebbe permesso alla sua paura di avere la meglio su di lui. Questa volta aveva scelto lui non avrebbe permesso a nessuno, nemmeno lui stesso (per quanto idiota potesse suonare) di costringerlo a invertire la rotta.

Attese che la nebbia verdognola si diradasse mentre un'attonita Hermione Granger lo fissava senza riuscire a spiegarsi la situazione. I loro sguardi si incrociarono.

-Mia zia ci ha fatto l'enorme gentilezza di imperturbare questa cella a regola d'arte, ma non potevo rischiare ed affidarmi solo al suo incantesimo per mantenere segreta la conversazione che sta per avere luogo in questo posto- disse il ragazzo a mo' di scusa. Aveva recuperato il controllo e la sua voce non tremò.

-Quale conversazione?- chiese Hermione. Iniziava a temere che le intenzioni di Malfoy non fossero poi così nobili. Si era forse sbagliata sul suo conto?

-Granger,- fece stancamente lui -togliti dalla faccia quell'espressione sospettosa. Nessuno di noi due ha tempo da perdere, quindi questa partita la giocheremo a carte scoperte.-

Draco rimase un attimo con lo sguardo perso nel vuoto, mentre cercava di ordinare i suoi pensieri secondo un filo logico per spiegarle nel modo più esaustivo e veloce quale era il piano.

-Allora? Sto aspettando, Malfoy.- lo incalzò lei, offesa dal tono del ragazzo che aveva percepito come “di sufficienza”.

Draco non gradì il suo tono. La situazione per lui restava comunque pressante, e il fatto che quella stupida Mezzosangue avesse deciso proprio quel giorno di riprendere il suo vecchio atteggiamento da insopportabile so-tutto-io lo fece irritare.

Le lanciò un'occhiata assassina in perfetto stile Malfoy.

-Perdonami Mezzosangue se ti sto facendo perdere tempo, immagino che tu sia molto impegnata!- sibilò.

Hermione incassò il colpo stringendo le labbra e abbassò la testa. Non poteva mettersi a discutere con lui. Era l'unica persona che vedeva e l'unica, da quando era stata fatta prigioniera, che non sembrava considerarla un essere immondo. Non poteva permettere che il suo orgoglio finisse per rendere anche lui apertamente ostile.

Draco si sentì leggermente in colpa ma non ritrattò. Dopotutto stava rischiando l'osso del collo per tirarla fuori di lì.

Decise che la cosa migliore era continuare come se niente fosse.

Si sedette per terra davanti a lei e iniziò a parlare.

-Immagino che avrai notato quando siete arrivati che la mia famiglia non è più... diciamo... nelle grazie del Signore Oscuro.-

-Non ho notato niente quando sono arrivata. Ricorderai che sono stata... distratta.- disse lei, abbozzando un sorrisetto.

-Ah. Già.- fece lui imbarazzato. Non era sua intenzione ricordarle i suoi primi giorni di permanenza al maniero, soprattutto perché non l'avrebbe aiutato a convincerla a fidarsi.

Decise di fare nuovamente finta di niente, sperando di azzeccare la frase seguente.

-Beh te lo dico io adesso. I Malfoy hanno perso quasi tutto il potere di cui godevano tra i Mangiamorte. E sappiamo bene come va a finire in questi casi, non è la prima volta che accade- sospirò e la guardò negli occhi -ci spazzeranno via. Non so quando né come, ma il nostro destino è segnato.-

Hermione corrugò le sopracciglia. Le dispiaceva per Malfoy, ma perché diamine stava facendo quella filippica a lei?

-Ho parlato a lungo con i miei genitori- continuò lui -e abbiamo deciso di proporti un patto.-

-Un patto?- fece la ragazza, improvvisamente attenta.

Malfoy sogghignò. Ora sì che la ragazza era interessata!

-Un patto. Noi possiamo portarti via da qui se tu ci garantisci la protezione dell'Ordine della Fenice. Andiamo via tutti.- spiegò lui.

Lo sguardo di Hermione si illuminò, ma per un attimo solo.

Il mutare della sua espressione fece irrigidire Draco.

-Aspetta. Voi non sapete dove trovare l'Ordine. Io non sono il custode segreto di nessuna delle sedi ma so dove trovarli fuori dai nascondigli. Come faccio a sapere che questa non è una trappola per piombare sui membri dell'Ordine che io posso trovare? E se voi vi portate una dozzina di Mangiamorte e prendete uno dei nostri custodi?- concluse fissandolo, gli ridotti a due fessure, il tono astioso.

-Devi fidarti.- rispose lui. Le cose stavano prendendo una piega che non gli piaceva. -E' l'unica possibilità che hai di uscire da qui!- aggiunse, sperando di liquidare così la faccenda.

Quando lei si gettò verso di lui, tendendo al massimo le catene comprese di aver detto di nuovo la cosa sbagliata.

-Preferisco morire in questo schifoso buco piuttosto che dare i miei amici in pasto a voi! Ti piacerebbe vero Malfoy? Sarebbe un bel modo di riabilitare la tua antica e nobile famiglia! Usiamo la schifosa Mezzosangue per fare fuori un po' di traditori!- rispose con quello che voleva essere un grido rabbioso ma risultò piuttosto un lamento di dolore.

Per un attimo gli aveva creduto! Per un unico, piccolo istante aveva riassaporato l'aria aperta, il sole, la libertà. Solo per farseli strappare via di nuovo.

-Hermione- disse Draco, con la voce che gli si strozzava in gola per la tensione -ti prego tu devi credermi! Devi fidarti di me! Sarà già difficile portarti via se tu collabori, se non lo fai ci condannerai tutti a morte!-

Preso dalla foga si era avvicinato a lei. La ragazza lesse la disperazione nei suoi occhi.

Singhiozzò. Sperava tanto che lui le stesse dicendo la verità, ma una mente razionale come la sua aveva bisogno di qualcosa di più concreto. Non avrebbe rischiato le vite dei suoi amici senza un motivo valido che la portasse a pensare di avere una possibilità.

Fortunatamente questo Draco Malfoy lo capì.

-Devi fidarti di me per due motivi. Il primo è che se ti salvo non lo faccio per te. Mi dispiace per te, ma non rischierei mai la mia vita per portarti fuori di qui. Sai che questa è la verità e non ho cercato di mentirti. Voglio portarti via perché voglio la tua protezione per me e per la mia famiglia. Il secondo è che se davvero sei riuscita a nascondergli qualcosa, se sai dove trovarli... beh posso assicurarti che prima o poi riusciranno a farti parlare. Se ho intuito io che non potevi non conoscere qualche luogo importante non ci metterà molto a capirlo mia zia. Forse, tra l'altro, lo sa già e ti ha lasciato il tempo di riprenderti solo perché eri al limite, e se doveva farti ancora parlare gli servivi viva. Tu non hai scelta Granger, così come non ce l'ho io: ti devi fidare di me.- concluse.

La ragazza rimase in silenzio per alcuni minuti.

Malfoy pensò che, nel peggiore dei casi, poteva schiantarla e poi vedere il da farsi.

-Verrò.- sussurrò lei, dopo quelle che a Draco parvero ore.

Che ragazza faticosa” pensò, mentre con un sospiro si accasciava esausto contro il muro.

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Capitolo 6
*** Capitolo Quinto ***


 

 

Capitolo Quinto

 

Preparare una fuga del genere non era affatto semplice, nemmeno se ad architettarla erano, per la prima volta uniti, la leggendaria astuzia Malfoy e l'intelligenza Granger.

Dovevano essere preparati molti incantesimi ad hoc che permettessero di annullare il potentissimo sortilegio anti-smaterializzazione che gravava su Hermione Granger, rifornirsi di pozioni (utili soprattutto se tutto non fosse andato per il verso giusto), trovare un giorno e un orario propizio (preferibilmente in un momento in cui il Signore Oscuro era distratto da altro) e, sempre nel caso in cui il tutto non fosse andato a buon fine, trovare il modo di avere una copertura che li salvasse dall'essere immediatamente giustiziati. A questo avevano lavorato alacremente Draco e suo padre, fabbricando prove false e progettando attentamente quali incantesimi lanciare dove, per simulare un'incursione dell'Ordine. La loro unica speranza se avessero scoperto il tentativo di fuga sarebbe stata, infatti, far ricadere la colpa sui compagni della Granger. Questo probabilmente non averebbe tenuto a lungo Voldemort alla larga dalla verità, ma avrebbe dato alla famiglia Malfoy il tempo di elaborare un piano alternativo per sparire dalla circolazione.

Ma la parte peggiore era stata raggiungere un accordo con Hermione Granger riguardo a quando e come avrebbe dovuto rivelare la loro destinazione. Ella aveva infatti accettato di collaborare ma, in cuor suo, non riusciva a risolversi a mettere in mano alla famiglia Malfoy, di cui continuava a non fidarsi, delle informazioni così preziose. Solo quando Draco, da vero Malfoy, aveva minacciato di somministrarle una tripla dose di veritaserum la ragazza si era rassegnata e aveva, con largo anticipo, comunicato quale sarebbe stato il luogo più sicuro verso cui dirigersi.

Per un attimo, ma solo uno, Draco si era chiesto per quale motivo sua zia o un qualsiasi scagnozzo dell'Oscuro Signore non avesse somministrato prima un bel po' di siero della verità alla ragazza. Perché Hermione Granger veniva lasciata a languire a Villa Malfoy senza uno scopo ben preciso?

Si trattava forse di una trappola? Aveva uno strano presentimento al riguardo.

Ma il giovane rampollo, tuttavia, non poteva permettersi più il lusso di fare congetture o di seguire le sensazioni. Era in ballo, ormai doveva ballare. E l'avrebbe fatto dannatamente bene.

 

Quel giorno Hermione aveva mandato giù la colazione solo perché Draco l'aveva obbligata. Diceva che sarebbe stato strano se avesse portato su in cucina il vassoio intonso.

In realtà un mucchio di volte, soprattutto all'inizio della sua lunga prigionia, Hermione non era riuscita a mandar giù nulla. Non sarebbe stato strano e probabilmente nessuno avrebbe notato quel vassoio intatto che tornava in cucina, ma la ragazza comprendeva lo stato d'animo del suo strano carceriere. Lei, dopotutto, non aveva niente da perdere. Era in catene lì, prigioniera, non sapeva nemmeno da quanto tempo. Cosa potevano farle di peggio? Ucciderla? Torturarla ancora?

Decisamente valeva la pena di tentare. Era assai più duro mettere a rischio un'esistenza che, nonostante ciò che le aveva detto Malfoy riguardo la loro precaria posizione, era ancora relativamente comoda. Inoltre Malfoy non rischiava solo la sua vita ma anche quella della sua intera famiglia: uno di loro avrebbe potuto in ogni caso rimanere ucciso.

La strega sperava solo che filasse tutto liscio, perciò ingoiò a forza la colazione, sforzandosi di non rimettere per l'agitazione, e tentò di dimostrarsi più quieta e accondiscendente possibile.

Non dovevano per nessun motivo cambiare idea.

Ad un certo punto Malfoy si era avvicinato a lei e aveva accostato la bocca al suo orecchio.

-Passerò a prenderti alle dodici in punto, Mezzosangue,- disse in un soffio – non so se riuscirò a recuperare una bacchetta anche per te, comunque tieniti pronta a tutto. Manderò un patronus ai miei genitori non appena ti avrò con me e partiremo immediatamente da luoghi diversi della casa. Attenta a te, Granger. Nessuno di noi avrà una seconda possibilità.-

Non aveva aggiunto altro. Non c'era altro da dire e lei non poteva fare poi molto.

Sperava solo che Draco Malfoy fosse veramente un ragazzo brillante come dicevano a scuola: una sola sciocchezza e sarebbero stati tutti perduti.

 

Alle 11.59 Draco Malfoy si trovava fuori dalla cella della Mezzosangue.

Era visibilmente agitato e aveva solo pochi secondi per raccogliere le idee.

Stavano rischiando tutto. E se la Mezzosangue fosse rimasta uccisa e loro fossero sopravvissuti? Avrebbero avuto entrambe le fazioni alle calcagna? La ragazza aveva, dopo lunghe ore di suppliche (e Merlino solo sapeva quanto era costato al giovane Malfoy supplicarla), acconsentito a firmare dei salvacondotto, ma non c'era alcuna garanzia del fatto che fossero ritenuti validi. In primis per il fatto che avrebbero potuto facilmente costringerla a firmarli.

Mancavano solo pochi secondi alle dodici e il ragazzo iniziò a scogliere l'incantesimo che gravava sulla soglia della cella.

Alle dodici in punto la aprì la porta e fece un passo verso l'interno della prigione.

Il fiato gli si ruppe nel petto.

La cella era vuota.

 

Una voce dietro di lui lo riscosse.

-Draco! Hanno poi prelevato la Mezzosangue?-

Si girò di scatto. Sua zia Bellatrix lo fissava in attesa di una risposta.

Solo una cosa gli venne in mente per giustificare la sua espressione sconvolta.

-Zia Bellatrix! Ci hanno attaccati, l'Ordine della Fenice, erano qui per questa lurida Sanguesporco e hanno preso anche i miei genitori!- gridò, con la voce rotta, mentre agitava lievemente la bacchetta, in modo da farlo sembrare un movimento nervoso, ed evocava invece al piano superiore il suo patronus. Se avesse finto che tutto andava bene i suoi genitori si sarebbero mossi lasciando dietro di sé, come pianificato, il giusto grado di devastazione. Loro avrebbero avuto una possibilità con l'Ordine, e Draco anche, ma tra le file dei Mangiamorte. Almeno così sperava.

Bellatrix si accigliò.

-Non muoverti- intimò, smaterializzandosi.

Draco non ne avrebbe comunque avuto la forza.

La strega riapparve pochi minuti dopo, con un ghigno soddisfatto stampato sul viso.

-Tranquillo Draco, abbiamo ancora la Mezzosangue. L'hanno portata via appena in tempo, a quanto pare. Mia sorella e suo marito hanno reso un grande servigio all'Oscuro, è probabile che abbiano trattenuto la feccia dell'ordine giusto il tempo necessario per il trasferimento. Sono colpita, Draco, e ti assicuro che lo sarà anche il nostro Signore. Non saranno dimenticati.- sciorinò la donna, eccitatissima da quella che aveva percepito come una vittoria per il lord Oscuro e, anche, come un riscatto per la sua famiglia.

Il ragazzo, ancora sotto shock, non riuscì a dire nulla, perciò si limitò a chinare la testa.

Il gesto sembrò piacere alla zia. Con un gesto lo invitò a seguirla.

- Abbiamo grandi progetti per quella Mezzosangue, Draco. E ora che ti sei dimostrato un servo fedele, insieme ai tuoi genitori, penso che tu potresti esserci davvero di grande aiuto!- disse.

Una luce folle brillava nei suoi occhi.

 

 

 

 

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Spazio Autrice

 

Probabilmente non ci crederete...sono riuscita ad aggiornare! Lo so è passato tantissimo tempo, e lo so, questo capitolo probabilmente non è un granchè, ma ho fatto tutto il possibile.

Ringrazio chiunque di voi avrà ancora voglia di leggere, seguire e commentare la mia storia e vi prometto che non dovrete aspettare più così tanto per gli aggiornamenti.

Passate delle buone feste!

Abbraccio tutte voi

 

Nashira

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