One Piece: La Mutaforma

di TheBlackWolf97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Parti in fretta e non voltarti ***
Capitolo 2: *** 1: Alla ricerca di Ace ***
Capitolo 3: *** 2:Sorpresa! ***
Capitolo 4: *** 3:Racconti e piccole verità ***
Capitolo 5: *** 4:I primi problemi ***
Capitolo 6: *** 5:Costeggiare la Linea Rossa ***
Capitolo 7: *** 6:Shari l'esploratrice ***
Capitolo 8: *** 7:Convalescenza ***
Capitolo 9: *** 8:La storia di Roy, Kora e Aadian ***
Capitolo 10: *** 9:Ricordi che rattristano ***
Capitolo 11: *** 10:Buon compleanno, Shari! ***
Capitolo 12: *** 11:La tempesta ***
Capitolo 13: *** 12:Terra? No, neve ***
Capitolo 14: *** 13:L'isola coperta di bianco ***
Capitolo 15: *** 14:Riavvicinarsi ***
Capitolo 16: *** 15:Il posto giusto ***
Capitolo 17: *** 16:Una lettera che viene da lontano ***
Capitolo 18: *** 17:La strada del cuore ***
Capitolo 19: *** 18:Equlibrio spezzato ***
Capitolo 20: *** 19:Corsa contro il tempo ***
Capitolo 21: *** 20:L'alba della battaglia ***
Capitolo 22: *** 21:Una guerra devastante ***
Capitolo 23: *** 22:In fondo, siamo fratelli ***
Capitolo 24: *** 23:Lo scontro finale - Parte I ***
Capitolo 25: *** 24:Lo scontro finale - Parte II ***
Capitolo 26: *** 25:Lo scontro finale - Parte III ***
Capitolo 27: *** 26:Il tempo che ci resta ***
Capitolo 28: *** Epilogo:Caro papà... ***



Capitolo 1
*** Prologo: Parti in fretta e non voltarti ***


Ace le mancava. Le mancava da morire.
La sua assenza pesava su di lei come un masso che pende da un burrone, pronto a cadere e schiacciarla sotto il peso. Nemmeno la brezza marina e l’odore salmastro dell’acqua riuscivano ad alleviare la tristezza di Shari, quella mattina. Ace era partito da poco più di un mese, e lentamente la vita al villaggio di Foosha stava tornando alla normalità. Ma non per Shari.
Il vento le scompigliò i capelli ricci e neri, facendoli ondeggiare oltre le sue spalle, e la ragazza si avvolse le gambe con le braccia stringendole al petto. Lo sguardo verde e terso vagava oltre la liea del mare, cercando di immaginare che cosa stesse guardando in quel momento il fratello maggiore. Forse, si disse, anche lui sta guardando il mare. Quel pensiero sembrò confortarla, e Shari si lasciò sfuggire un sorriso.
No, molto probabilmente sta mangiando. È la cosa che gli riesce meglio e poi è ora di pranzo.
Un ricordo le balenò nella mente e davanti ai suoi si disegnò il viso di Ace bambino, con la bocca sporca di sugo e la pancia piena. Shari rise, soddisfatta di essere riuscita ad alleviare la tensione che le stava formando un nodo alla gola e minacciava di farla piangere. Il suo stomaco brontolò, reclamando attenzioni, ma lei lo ignorò. Voleva rimanere ancora lì, seduta sul promontorio che si affacciava sul mare aperto, a perdersi nei ricordi. La sua vita era divisa in due: da un lato il Prima, anni di cui non ricordava quasi nulla se non una profonda solitudine e la paura che le camminava accanto come una compagna silenziosa, e dall’altro lato il Dopo, a cominciare con il suo primo incontro con Ace e Rufy. Sembravano passati secoli e Shari conservava ogni ricordo con grande cura: quelli erano stati anni davvero favolosi. Da piccola orfana qual era, aveva trovato su quell’isola una famiglia pronta a darle l’amore che le era stato negato negli anni del Prima e, soprattutto, aveva trovato due fratelli. Quello era il suo mondo, la sua verità, ma da quando Ace se ne era andato Shari sentiva che un vuoto si era creato nel suo piccolo universo.
Shari aveva sempre saputo che un giorno suo fratello sarebbe partito, Ace lo aveva sempre detto, eppure nella sua mente di bambina quella data sembrava lontana anni luce, irraggiungibile e quindi inoffensiva. E invece si sbagliava, perché un mese prima, il giorno del suo compleanno, Ace aveva annunciato che sarebbe partito per diventare un pirata, dato che oramai aveva diciassette anni. Rufy era stato entusiasta della notizia, perché vedeva la partenza del fratello come la prova che anche lui, a diciassette anni, sarebbe stato abbastanza grande da poter partire e vivere la sua avventura. Ma Shari non era altrettanto felice. Ricordava benissimo il giorno della partenza, l’occhiata spensierata e orgogliosa che Ace le aveva lanciato dalla barca su cui era salito e anche di come lei fosse rimasta immobile a fissare l’orizzonte molto tempo dopo che il fratello scomparisse oltre la linea del mare.
E in quel momento, con lo sguardo nuovamente rivolto in quella direzione, Shari sentiva che il filo invisibile che la legava ad Ace si assottigliava sempre più man mano che passavano i minuti. Non era la prima volta che si sentiva rattristata dalla partenza di Ace, e a volte se ne era anche vergognata. In fondo, si diceva, il suo non è stato un addio, no? Ha promesso che un giorno ci rivedremo. E poi hai Rufy, per cui non devi pensare solo ad Ace.
Ma Shari sapeva che con Rufy era diverso. Gli voleva un gran bene, certo, ed era il suo migliore amico, ma era Ace il suo vero punto di riferimento. Lui, con i suoi modi schietti e a volte scontrosi, ma sempre protettivi e attenti, il suo coraggio e la sua fiducia in se stesso. E adesso che il fratello maggiore se ne era andato, Shari non sapeva più da chi correre quando si sentiva indecisa e impaurita.
- Ah, Shari, eccoti qua!
La ragazza si voltò di scatto, strappata all’improvviso dalle sue riflessioni. Rufy fece un passo avanti e le sorrise, il sorriso senza ombre di un ragazzino di quattordici anni. Aveva in mano una coscia di pollo che sgranocchiava rumorosamente e un bicchiere colmo di succo. - Perché te ne stai qui? A casa il pranzo è pronto.
Shari sospirò. - Lo so, ma non ho fame - Si voltò e tornò a guardare il mare in silenzio. L’unico rumore che si sentiva era il vento che scuoteva le foglie degli alberi e i denti di Rufy che strappavano la carne dall’osso.
- Ti manca Ace? - domandò il ragazzino, deglutendo l’ultimo boccone. Il cuore di Shari le fece una capriola nel petto, e nuovamente la ragazza si stupì di quanto il fratello riuscisse a capirla meglio di chiunque altro. Si fece coraggio e rispose: - Si. Si, mi manca.
Ci fu una seconda pausa, in cui nessuno dei due parlò, perso nei suoi pensieri. Shari capì che non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime ancora a lungo e pregò che Rufy se ne andasse. Non voleva che la vedesse piangere. - E allora perché non vai a cercarlo? - continuò lui, come se avesse detto la cosa più ovvia del mondo. Shari si voltò, guardandolo con gli occhi spalancati. Ma che diavolo dice? Eppure sul volto di Rufy non c’era nulla che indicasse che stesse scherzando.
- Se ti manca così tanto, vai da lui, Shari - ripeté Rufy, serio. Era sicuro di quello che diceva, e Shari si rese conto che probabilmente aveva capito da tempo che quella era un’idea che le era già passata per la testa diverse volte. Perché, infatti, in più di un’occasione Shari era stata sul punto di partire per andare a cercare Ace, ma non aveva mai detto nulla a nessuno e alla fine quell’idea moriva subito dopo essere nata. Probabilmente, si disse Shari, non l’ho mai fatto per Rufy, perché non volevo lasciarlo solo. Ma adesso era lui stesso a dirle di andare, quindi cosa doveva fare?
La ragazza si alzò in piedi e fece un passo verso il fratello. Si fermò a pochi centimetri da lui e studiò il suo sguardo, improvvisamente così simile a quello di un adulto. Shari aveva tredici anni, uno in meno di Rufy, ed era più bassa di lui, quindi per guardarlo negli occhi dovette piegare la testa all’indietro, e i capelli ricci formarono una cascata oltre le spalle.
Rufy le sorrise. - Vai e assicurati che il nostro fratellone non si cacci nei guai - Shari lo fissò e in quel momento capì: Rufy le stava chiedendo di proteggere Ace. E capì anche che sarebbe partito all’istante anche lui, se non fosse stato per la promessa fatta tempo fa ad Ace. Quando compiremo diciassette anni, prenderemo il mare per diventare dei grandi pirati.
Shari sorrise. - Ci rincontreremo quando saremo diventati dei pirati di tutto rispetto, va bene?
Gli occhi di Rufy brillarono a quella prospettiva e il ragazzino annuì con vigore. Poi, veloce come era arrivato, si voltò e sparì inghiottito dalla vegetazione, fischiettando. Shari lo guardò allontanarsi e lo ringraziò mentalmente per l’opportunità che le aveva dato e, soprattutto, per aver capito. Sei grande, Rufy. Con il cuore leggero e il pensiero proiettato verso il futuro che la aspettava, Shari si voltò e guardò per l’ultima volta la linea argentata del mare. Le sembrava di vedere la barca di Ace che si allontanava verso terre lontane e si rallegrò nel constatare che presto sarebbe stata al suo fianco e che insieme avrebbero scoperto tesori e affrontato nemici.
La figura della ragazza tremolò come se non avesse più una forma precisa, e poco dopo un maestoso cigno dalle piume nere e gli occhi di smeraldo si alzò in volo, deciso a ritrovare suo fratello e a diventare un pirata.

 

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Capitolo 2
*** 1: Alla ricerca di Ace ***


A Shari era sempre piaciuto volare, la piacevole sensazione del vento che le accarezzava le piume e il collo sottile da cigno, ma soprattutto adorava poter vedere il mondo dall’alto. La faceva sentire libera, priva di tutte le barriere che invece aveva quando era a terra, e sentiva che sarebbe potuta restare la su per sempre.
Per quanto ricordava, era sempre stata in grado di assumere le sembianze di ogni animale che voleva, reale o nato dalla sua immaginazione. Non le costava nessuno sforzo e non faceva male, e col tempo Shari aveva imparato a controllare le mutazioni a suo piacimento. Ricordava che da bambina, nel periodo del Prima, cambiava spesso forma e non riusciva quasi mai a diventare l’animale che voleva. Ma con il tempo aveva acquisito più abilità e controllo, e a tredici anni era perfettamente padrona di quel suo strano potere.
Tutte le sue mutazioni, comunque, avevano in comune una cosa: i colori. Che fossero stati animali piumati, pelosi o squamosi, tutti quanti avevano la stessa tonalità, nero, e tutti avevano gli occhi verdi.
Il cigno nero sbatté le ali per prendere quota e infilarsi in un gruppo di nuvole che sembravano soffici come panna. Scuro com’era, chiunque avesse alzato lo sguardo da terra lo avrebbe potuto individuare, una minuscola macchiolina nera in un oceano bianco e azzurro.  Ma Shari non se curava: la sua mente era proiettata verso la superfice del mare, e i suoi occhi cercavano una barca piccola con a bordo un solo passeggero. Quando era partita dall’isola le era sembrato facile riuscire a trovare il fratello, ma adesso un dubbio le stava lentamente sorgendo. Non sapeva dove Ace si fosse diretto. Shari scavò nella sua memoria per cercare un particolare che forse prima le era sfuggito, un accenno fatto da Ace su quale sarebbe stata la sua prima tappa. Ma, per sua sfortuna, il fratello maggiore si era guardato bene dal rivelare qualsiasi cosa.
Il cigno nero virò a destra e si abbassò fino a ritrovarsi al di sotto delle nuvole, e subito la distesa blu del mare s ripropose al suo sguardo. Shari non sapeva da quanto stesse volando, ma presto iniziò a sentire i morsi della fame e si maledisse per non aver pranzato quando poteva. Accarezzò l’idea di mutare in uno squalo e andare a caccia nelle profondità marine, dove avrebbe trovato senz’altro qualche pesce, ma cambiò presto opinione. Oltre alla fame, la stava investendo anche la stanchezza e Shari capì che aveva bisogno di riposare.
Già, ma dove? Di certo non in mare aperto.
La soluzione le apparve davanti agli occhi qualche metro più in là, sotto forma di una grossa nave con lo scafo interamente di legno scuro. Doveva avere l’ancora abbassata, perché ondeggiava al ritmo delle onde ma non si sembrava spostarsi. Shari si abbassò fin quasi a sfiorare il pelo dell’acqua, poi mutò in una rondine e continuò ad avanzare verso la nave. Essendo più piccola del cigno, la rondine era anche meno visibile e quindi Shari poté atterrare sulla balaustra della nave senza essere vista. Non appena le sottili zampette ebbero toccato la superfice solida del legno, Shari cambiò nuovamente aspetto e, questa volta in forma di topo, scese sul pontile. A prima vista, la nave sembrava deserta. Shari si guardò intorno, perplessa, e il piccolo muso di topo si muoveva frenetico per annusare l’aria. Colse un profumo proveniente dalla cambusa e la sua mente si accese come una lampadina: forse i marinai stavano mangiando. Il topo si avviò con passetti decisi verso la porta che conduceva all’interno della nave, e dopo aver sceso tre gradini assai ripidi per un animale con delle zampe corte come le sue si trovò in uno stretto corridoio dalle pareti di legno e, in fondo, una porta chiusa.
Shari sentiva ora delle voci concitate provenire da oltre quella porta, e dopo una veloce annusata all’aria si rese conto che anche il profumo di cibo proveniva da lì. Avvicinandosi cercò con gli occhietti verdi uno spiraglio dal quale introdursi nella stanza e lo trovò quasi subito. Un pezzo di legno ai piedi della porta presentava un piccolo foro della grandezza di un pugno, e Shari non ebbe problemi a farci passare il suo corpicino da topo. La cambusa della nave era uno spazio dal soffitto alto e la stanza era piena di marinai che bevevano, mangiavano e ridevano con i compagni. Impegnati com’erano nel loro banchetto, nessuno notò il piccolo ospite che, schivando agilmente gli ostacoli, si nascose sotto un tavolo per raccogliere qualche briciola.
Il cuore di Shari batteva all’impazzata. Aveva paura che qualcuno potesse notarla e a quel punto sarebbe dovuta scappare, pregando di riuscire ad essere più veloce delle scope degli uomini. Di solito i topi non erano ben visti da nessuno, specialmente dalle donne di Foosha, che se ne scovavano uno in casa gli davano la caccia con qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano. Ma a lei quel corpo piccolo e scattante era molto utile. Sopra la sua testa, uno degli uomini seduti al tavolo rise sonoramente.
- Ma certo che me lo ricordo! Quel moccioso ci ha bevuto quasi tutto il vino!
- Già - rispose un altro, - e poi, con la pancia piena dei nostri viveri, si è addormentato all’improvviso!
- Sembrava morto, vero? Che scena!
Shari alzò di scatto il muso, improvvisamente interessata alle parole degli uomini. Si avvicinò alla gamba di uno di loro, come per sentire meglio, e rimase in attesa. Il rumore intorno a lei sembrava lontano, come se provenisse da un’altra stanza. Shari era concentrata solamente sui quattro uomini seduti al tavolo sopra di lei che, anche senza volerlo, le stavano fornendo l’informazione di cui aveva bisogno.
- E avete visto su che barchetta viaggiava? In confronto alla nostra nave quella sembrava una pulce - stava dicendo uno di loro in tono sprezzante. Shari ricordò che a lei, una ragazzina di tredici anni che stava osservando il fratello maggiore partire per un viaggio che le sembrava impraticabile, quella barchetta era sembrata un veliero di tutto rispetto.
- Di certo quel moccioso sapeva il fatto suo, ragazzi. Vi ricordate che cosa disse mentre mangiava? “Troverò Barbabianca e lo sconfiggerò”. Povero pazzo!
Gli uomini scoppiarono a ridere nuovamente, ma Shari oramai non li ascoltava più. Aveva sentito abbastanza. Adesso sapeva che per trovare suo fratello doveva trovare Barbabianca. E questo, si disse, è decisamente un compito più facile, perché mentre Ace è ancora uno sconosciuto agli occhi del mondo, non c’era pirata al mondo che non conosca il nome di Barbabianca. Era solo questione di tempo.
Il topo fece dietrofront e tornò sui suoi passi fino a ritrovarsi all’aperto, sul ponte deserto della nave. Dopo una rapida occhiata intorno a se, Shari riprese sembianze umane e inspirò una boccata d’aria.
La prospettiva di essere sulla pista giusta per trovare suo fratello la eccitava, e la ragazza non vedeva l’ora di continuare il viaggio. Sapeva, dalle voci che giravano sull’isola, che la nave di Barbabianca si chiamava Moby Dick e che era davvero enorme, e anche che la sua prua aveva l’aspetto di una balena bianca, come suggeriva il nome stesso. Una nave così particolare non sarebbe stata difficile da trovare. Con questo pensiero ben scolpito nella mente, Shari divenne nuovamente il cigno nero e tornò in cielo.
 

 
La Moby Dick apparve per la prima volta alla vista di Shari dopo due settimane di ricerche. Aveva sorvolato tutto il Mare Orientale e anche parecchie terre emerse, concedendosi solo delle brevi pause per dormire e mangiare, e finalmente due giorni prima era venuta a conoscenza della posizione attuale della nave.
Ne stavano parlando due marinai che caricavano delle casse sulla loro nave e che non avevano badato al gatto nero che dormiva acciambellato lì accanto.
- Hai sentito? Pare che la nave di Barbabianca sia stata avvistata a sud della costa.
- Già. Speriamo che non ci causino guai, quei maledetti pirati.
Shari aveva ripreso il viaggio quel pomeriggio stesso, dirigendosi nella direzione indicata dal marinaio, e ora il cigno nero aveva davanti agli occhi l’enorme imbarcazione con la prua che ricordava il muso di una balena bianca. Shari scese fino a sfiorare il mare e si immerse, prendendo la forma di un delfino. Voleva avvicinarsi senza essere vista, perché Ace l’avrebbe sicuramente riconosciuta, e lei voleva fargli una sorpresa. Il delfino nero nuotava sicuro, tagliando l’acqua dietro di se con la coda, e quando fu abbastanza vicino alla nave si fermò. Rimase fermo, a guardare lo scafo della Moby Dick, catturato dalla sua andatura regolare, mentre mille pensieri vorticavano nella mente di Shari. La consapevolezza che di lì a poco avrebbe rivisto suo fratello le esplose dentro come un colpo di cannone, e il delfino nero effettuò una torsione su se stesso, non riuscendo a contenere la felicità.
Come stava Ace? Sarebbe stato felice di rivederla? Come era andato il viaggio? Voleva veramente affrontare Barbabianca?
Shari nuotò intorno alla nave, avvicinando il muso appuntito alla superfice e facendolo spuntare fuori dall’acqua. Gli occhi verdi cercavano di arrivare a vedere il ponte, ma la nave era veramente enorme e Shari si ritrovò a fissarne la fiancata.
È inutile, si disse, da qui giù non riuscirò a vedere nulla.
Il delfino si ritirò nuovamente sott’acqua, e per qualche secondo la superfice del mare tornò liscia e immobile. Poi, l’animale fece un balzo verso l’alto, mutando forma a mezz’aria e sbattendo le sue ali di gabbiano per prendere quota. Si fermò sul parapetto di legno bianco della nave e spostò la testa da una parte e dall’altra, cercando un viso famigliare.
Sul ponte della nave c’era un gran via vai di pirati che uscivano ed entravano dalla stiva, di altri che parlottavano tra loro e di altri ancora che ridevano agitando un boccale di birra. In mezzo a quella confusione, nessuno dei pirati si accorse dell’insolito gabbiano nero che era atterrato clandestinamente sulla loro nave e che li scrutava con occhi verdi e penetranti. L’attenzione di Shari venne però attirata da una grande sedia, simile ad un trono, che si innalzava al centro del ponte e dall’uomo immenso che vi era seduto sopra.
Shari rimase senza fiato mentre osservava quel corpo massiccio e segnato da numerose cicatrici, vecchi ricordi di battaglie passate, e il viso solcato da rughe dell’uomo. Non appariva più giovane, ma Shari notò che il suo fisico non mostrava particolari segni di indebolimento e che Barbabianca, perché non poteva essere che lui, incuteva ancora rispetto e timore.
Shari spostò lo sguardo e il suo cuore si bloccò, solo per un secondo, perché poi iniziò a martellarle nel petto. Accanto al capitano della nave, girato di spalle rispetto a lei, c’era un ragazzo con i capelli neri, il fisico asciutto e un paio di pantaloni corti neri.

Angolo autrice:
Ciao! Ecco il secondo capitolo! E si, quando mi viene l'ispirazione sono veloce ad aggiornare, ma non fateci l'abitudine XD! Spero che vi piaccia e alla prossima,

TheBlackWolf97

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Capitolo 3
*** 2:Sorpresa! ***


Il suo cuore sembrava gridarle ad ogni battito: Corri da lui! Ma Shari era come paralizzata. L’eccitazione, che avrebbe dovuto farla sentire piena di energie e scattante come un ghepardo, l’aveva invece bloccata su quel parapetto, mentre intorno a lei il mondo aveva iniziato ad andare a rallentatore. Adesso che lo vedeva, che finalmente aveva la possibilità di abbracciarlo, Shari capì quanto Ace le era mancato. Come ho fatto, si meravigliò, a rimanere un mese senza di lui? Studiando la sua figura, Shari notò che il ragazzo aveva un tatuaggio sulla schiena che prima non c’era: il gabbiano aguzzò la vista e rimase sorpreso nel vedere che era una grossa croce di ossa, con al centro un teschio munito di due lunghi baffi bianchi. Shari guardò Barbabianca, poi il tatuaggio, quindi di nuovo Barbabianca. Shari ricordò le parole del marinaio nella cambusa della nave: “Troverò Barbabianca e lo sconfiggerò”.
Se era vero, perché mai suo fratello avrebbe dovuto disegnarsi sulla schiena il simbolo di Barbabianca? Shari decise che non le interessava. L’unica cosa importante era che Ace fosse felice, anche se a volte prendeva delle decisioni strane.
- Ehi, ragazzi, guardate un po’ là!
A parlare era stato un pirata di bassa statura, i capelli castano scuri e dei buffi abiti che a Shari ricordarono quelli di un pagliaccio. La guardava a qualche passo di distanza, e la sua espressione era un misto tra il divertito e la sorpresa. - Che strano uccello!
Uno dopo l’altro, tutti gli sguardi vennero calamitati su Shari, ma il gabbiano nero continuò a tenere gli occhi fissi su Ace, implorandolo con il pensiero di voltarsi e guardarla. E, lentamente, Ace iniziò a girare il viso, incuriosito da quell’improvvisa esclamazione dei suoi compagni.
Gli occhi dei due fratelli si specchiarono gli uni negli altri, il nero nel verde, ed entrambi sentirono che qualcosa dentro di loro, un piccolo pezzetto della loro anima, era tornato al suo posto.
Ace sbatté gli occhi, restio a credere a ciò che vedeva. Ripeté l’operazione per tre volte, ma il gabbiano nero non scomparve.
Gli altri pirati avevano notato lo scambio di sguardi tra Ace e il misterioso animale e osservavano la scena, perplessi. E la loro perplessità si tramutò in sorpresa quando il gabbiano nero spalancò le ali, fece un guizzo in avanti e, a metà del salto, si trasformò in una ragazzina dai capelli nerissimi e ricci che gettò le braccia al collo di Ace.
Lui la afferrò al volo, come se si aspettasse esattamente quel gesto, e la fece volteggiare, ridendo. - Shari! Shari! Shari! - La ragazzina rideva, agitava le mani prendendo a schiaffi l’aria e sembrava al settimo cielo. Poco a poco, la loro felicità contagiò anche gli altri pirati, che pur non conoscendo il motivo di tanta gioia non riuscirono a trattenere un sorriso. Perfino Barbabianca, gli occhi puntati sul volto della nuova arrivata, si sentì catturare dalla sua risata argentina.
Non appena Ace la posò a terra, Shari fece un saltello sul posto e allargò le braccia. - Sorpresa! Ti sono mancata? Tu mi sei mancato! È da quando sei partito che ho voglia di vederti, per sapere come andava il tuo viaggio! Ma non avevo il coraggio di partire e di lasciare Rufy da solo, è per questo che non sono venuta prima…
Shari era inarrestabile, totalmente schiava dall’entusiasmo di una ragazzina di tredici anni, e raccontò al fratello il lungo viaggio che aveva fatto per arrivare fino a lì e di come si sentisse orgogliosa di essere riuscita a trovarlo senza l’aiuto di nessuno.
- Bhe - aggiunse alla fine, arrossendo, - in realtà sono stata aiutata da quei marinai, ma loro non volevano davvero aiutarmi, quindi non conta, giusto?
Ace sbatté gli occhi, stordito da quella raffica di parole. Ma, dato che la sorella minore esigeva una risposta, cercò di controllarsi e farfugliò: - No, non conta.
Shari fece un ampio sorriso, poi nel suo sguardo brillò una strana scintilla e la ragazzina iniziò a guardarsi intorno, facendo scorrere lo sguardo in tutti quelli dei pirati che aveva intorno. Loro la guardarono incuriositi, aspettando che svelasse la sua identità e sollevasse il velo di mistero che l’avvolgeva. Fu Ace a chiarire le idee.
- Ragazzi - disse con un sorriso, - lei è Shari, mia sorella minore.
Un mormorio percorse i pirati, e alcuni di loro regalarono alla ragazzina un cenno di saluto, come se avessero appena rivisto una vecchia amica che in principio non avevano riconosciuto. Un ragazzo biondo, con una camicia rosa che lasciava scoperto il petto e un paio di pantaloni blu, fece un passo avanti. Shari lo osservò, cercando di indovinare che cosa stesse pensando. Forse non si aspettava che una ragazzina della sua età potesse affrontare un viaggio così lungo da sola.
- Non sapevo che avessi una sorella - disse, guardando ora il ragazzo ora Shari. Ace lo ignoro, troppo concentrato a guardare la ragazzina che non la smetteva di saltellargli intorno come un cane con il suo osso. In quasi due mesi non era cambiata molto, stessa corporatura minuta e stesso carattere gioioso, ed era rimasta la Shari bambina che andava a nascondersi dietro di lui quando un tuono troppo forte squarciava il cielo.
Shari, da parte sua, era al settimo cielo e non vedeva l’ora di esplorare quella nave immensa, da cima a fondo, finché non avesse saputo a memoria tutti i corridoi e le porte che vi si trovavano. Si guardava intorno con gli occhi sognanti e regalava sorrisi a chiunque la guardasse, per poi tornare a concentrare le sue attenzioni su Ace. E mentre voltava la testa da una parte all’altra, con i lunghi capelli ricci che le ondeggiavano dietro le spalle, incontrò lo sguardo penetrante del capitano della Moby Dick.
Barbabianca era rimasto seduto sulla sua enorme sedia, ma gli occhi piccoli e attenti non avevano mai lasciato la ragazzina, studiandola e cercando di cogliere in lei alcuni dei tratti di Ace. Ma, se era vero che i due erano fratelli, guardandoli nessuno lo avrebbe dato per scontato. Il ragazzo aveva i capelli lisci, un viso ben scolpito e un fisico asciutto e muscoloso, mentre Shari conservava ancora i tratti di una bambina, il volto ovale e cosparso di lentiggini e il corpo snello.
Shari interruppe la sua buffa danza e si avvicinò a Barbabianca, curiosa come solo un bambino può esserlo, incurante dei pericoli che la curiosità a volte attirava.
- Tu sei Barbabianca, vero? Sai che mio fratello vuole affrontarti? E sono sicura che ti batterà.
Molti dei pirati spalancarono gli occhi, incapaci di credere a ciò che udivano. Sui volti di tutti si leggeva la stessa, identica domanda: ma quella mocciosa sapeva cosa stava rischiando? Loro padre era un uomo orgoglioso, abituato ad avere intorno persone che lo rispettavano e accettavano la sua autorità, e che di certo non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa da una ragazzina, anche se quest’ultima era la sorella di Ace. Nessuno, prima di lei, aveva osato parlare al loro capitano con una tale sfacciataggine. Perfino Ace si stupì di quelle parole, e cercò di rimediare. - Ma cosa dici, Shari? Come ti vengono in mente certe cose?
La ragazzina si voltò, mostrando un’espressione perplessa, e aprì la bocca per protestare. La voce, però, le si spezzò in gola quando una risata profonda e cavernosa avvolse la nave. Quel suono ricordò a Shari i tuoni che tanto la spaventavano e istintivamente fece un balzo indietro, afferrando il braccio del fratello maggiore.
Quando il suono della sua risata si spense, Barbabianca fece un gesto al ragazzo biondo al suo fianco. - Hai sentito, Marco? Ne ha di fegato, la mocciosa - Marco annuì, tirando segretamente un sospiro di sollievo. Sembrava che suo padre non se la fosse presa troppo.  
- E sentiamo - continuò il capitano della Moby Dick, - perché mai uno dei miei figli dovrebbe volermi sconfiggere?
Questa volta fu Shari a sorprendersi e a rimanere senza parole. Guardò Ace, pregandolo con lo sguardo di spiegarle che cosa stava succedendo. Pendeva dalle labbra del fratello come un bambino a cui è stata promessa una storia incredibile. Ace la guardò, sospirò e poi le sorrise imbarazzato.
- È una storia lunga, Shari.
- Già - si intromise Marco, indicando con un gesto della testa il sole che stava lentamente tramontando oltre la linea del mare, - e forse sarebbe bene parlarne a cena, che ne dite?

 

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Capitolo 4
*** 3:Racconti e piccole verità ***


Shari teneva la testa appoggiata sulle mani e osservava sorridente suo fratello maggiore che mangiava un grosso pezzo di carne. Forse, si disse rassegnata, la parola giusta è ingurgitando. Ma dopo tanti anni di vita assieme a Ace e Rufy, quello era uno spettacolo a cui era abituata. La cambusa della Moby Dick era veramente immensa, più grande di qualsiasi stanza di una nave in cui Shari fosse mai stata. Il soffitto era alto, fatto interamente di legno come anche il pavimento e le panche, così alto da poter ospitare anche la mole enorme di Barbabianca. I tavoli erano tre, lunghi e stretti, e disposti a ferro di cavallo, e a quello centrale era seduto il capitano, ai cui lati si trovavano Ace e Marco. Shari si era guadagnata un posto d’onore di fronte al fratello, e da quella posizione non aveva problemi a lanciare occhiate curiose a quell’uomo così immenso che la attirava e la intimoriva allo stesso modo.
Mentre tutti intorno a lei si affrettavano a far sparire quello che avevano nel piatto, Shari aveva toccato appena la sua abbondante porzione di carne, sbocconcellando qualche briciola di pane e bevendo invece molto succo. Il viaggio le aveva messo una gran sete, ma era troppo eccitata per riuscire a mandar giù altro. Ace sollevò gli occhi dal suo piatto. - Come sta Rufy? - domandò, improvvisamente serio.
Il sorriso di Shari si allargò. - Benone. Sai, è molto determinato a diventare abbastanza forte da poterti superare. E poi vuole a tutti i costi essere un pirata come te. A proposito, tu sei già riuscito a diventare un pirata, vero?
Il ragazzo annuì, inghiottendo un altro boccone. - Sono uno dei pirati di Barbabianca, adesso - spiegò. Shari era confusa e non riuscì a nasconderlo. - Ma Ace, io credevo che tu volessi batterli con lui - gli fece notare, lanciando un’occhiata alla sua destra. Il capitano della Moby Dick sembrava molto impegnato a vuotare una gigantesca pinta di vino e a Shari parve che non stesse prestando attenzione a quello che diceva. Il fratello maggiore abbozzò un sorriso imbarazzato. - Bhe, in effetti la mia prima intenzione era quella, ma poi…
- Poi - si intromise Marco, sporgendosi dall’altro lato del tavolo, - si è reso conto che era una vera seccatura dover essere portato in infermeria cinque volte al giorno - I pirati scoppiarono a ridere, ma Shari non capiva cosa ci fosse di divertente. Anzi, quelle parole la spinsero ad osservare meglio il fratello, in cerca di eventuali lividi o cicatrici. Ace era forse stato ferito? Però, a guardarlo, non sembrava che ci fosse qualcosa fuori posto.
- Ad ogni modo - riprese Ace, fulminando il compagno con un’occhiataccia, - Barbabianca è il mio capitano, e il tatuaggio sulla mia schiena ne è la prova, Shari.
- Te la sei cavata così bene solo perché nostro padre è stato clemente con te, Ace - lo punzecchiò Marco, un sorrisetto sarcastico stampato sulle labbra. Gli occhi di Shari vennero calamitati dalla sua voce e la ragazzina lo guardò con occhi spalancati. - Nostro padre?
I pirati intorno a lei alzarono gli occhi dai piatti e la fissarono, mentre nella cambusa il consueto mormorio veniva inghiottito da un silenzio imbarazzato. Shari aspettava che qualcuno le desse una risposta, senza quasi osare respirare. Quella semplice parola aveva fatto scattare qualcosa nella sua mente, e adesso tutto il suo corpo era in tensione.
- Si. Nostro padre. È così che lo chiamiamo, Shari - disse Ace, guardando Barbabianca con la coda dell’occhio. Il capitano non sembrava interessato al dibattito e continuava imperturbabile la sua cena.
- Perché? - soffiò la ragazzina.
- Perché lui chiama noi figli.
Shari guardò di nuovo il capitano della Moby Dick, ma questa volta con occhi diversi. Lo osservò con gli occhi di una bambina che non aveva mai chiamato nessuno padre, che non sapeva nemmeno se ne avesse uno. Lo osservò con sguardo sognante, e la sua mente iniziò a fantasticare su come ci si dovesse sentire a venir chiamata “figlia” da un uomo come lui. E quando Barbabianca incrociò il suo sguardo, per un attimo Shari gli lesse quella parola sulle labbra, come se aspettasse solamente di essere pronunciata.
- Ho notato che hai un dono speciale, mocciosa - disse invece l’uomo, analizzando il viso sognante di Shari. La ragazzina sbatté gli occhi come qualcuno che si sveglia di colpo. Guardò Ace per avere una conferma, e gli occhi scuri del fratello le comunicarono che aveva capito la sua idea. Le fece un cenno con la testa e Shari si alzò lentamente. Indietreggiò fino a trovarsi al centro dei tre tavoli, e le occhiate incuriosite dei pirati intorno a lei sembravano perforarle la schiena. Mutò forma, e poco dopo un lupo dalla pelliccia nera come la notte piegò le zampe posteriori e si sedette sul pavimento di legno. Ci fu un mormorio sommesso da parte degli spettatori, e l’animale piegò la testa pelosa da un alto e fece guizzare le orecchie.
- Ma prima era un uccello - osservò Marco, attento ad ogni minimo movimento di Shari. Ace sorrise. - Shari può trasformarsi in tutti gli animali che vuole.
- Molto interessante - commentò Barbabianca. Si portò una mano al volto e giocherellò con uno dei lunghi baffi. - Sei una Mutaforma.
Il lupo nero drizzò la testa di scatto, si alzò e tornò ad essere Shari.
- Tu sai cosa sono? - esclamò la ragazzina, sbattendo le mani sul tavolo proprio davanti al capitano della nave. Barbabianca si sistemò sulla sedia, indeciso se sorprendersi per l’affermazione della ragazzina o infastidirsi per quel gesto sfrontato. Ma dato che l’espressione di Shari era implorante, decise di sorvolare per la seconda volta sul comportamento di quella strana mocciosa.
- Lo sai che sei buffa, mocciosa? Non venire a dirmi che non lo sapevi - E invece, a giudicare dai suoi occhi spalancati e dal modo in cui ascoltava ogni sua parola come se fosse stata stregata, sembrava proprio che fosse così.
Shari sentiva che era ora di dare qualche spiegazione sulle sue origini. Non era un argomento che affrontava volentieri, perché le tornavano alla mente i brutti momenti del Prima, ma capiva che se voleva avere delle risposte doveva rivangare il passato. Era troppo tempo che aspettava quelle informazioni e adesso che erano ad un palmo dal suo naso non se le sarebbe certo fatte scappare.
Si schiarì la voce e iniziò: - Non so nulla del mio passato. Né dove sono nata né chi sono i miei genitori. Ricordo solo che da bambina ero sola e vivevo da vagabonda, viaggiavo senza neanche sapere dove andavo. Ma i miei poteri li ho sempre avuti, almeno per quello che riesco a ricordare.
Ace osservava la sorella minore con una certa apprensione, conoscendo bene gli effetti che quella storia aveva sulla ragazza. Lui la conosceva a memoria e avrebbe preferito non sentirla un’altra volta. Tuttavia rimase in silenzio, perché lo sguardo di Shari era più che eloquente. Lei voleva quelle risposte, ne aveva bisogno per imparare a conoscere meglio se stessa.
- Adesso capisco - commentò il capitano della Moby Dick, pensieroso, soppesando le notizie ricevute da Shari. - Bhe, mocciosa, quello che posso dirti è che ho sentito parlare dei Mutaforma molti anni fa, quando ancora ero giovane. A quanto ricordo il loro è un dono estremamente raro, e sono in pochi a riceverlo. Se la memoria non mi inganna dovrebbe esserci un’isola, nel Nord, abitata solo da Mutaforma.
Non solo Shari, ma anche tutti i pirati ascoltavano con interesse sempre maggiore la storia del loro capitano, cercando di immaginarsi l’isola e i suoi abitanti. Nella mente della ragazzina la sua fervida immaginazione era già al lavoro, dipingendo un’isola dai paesaggi più svariati, il cielo azzurro e l’acqua che la circondava di un blu cobalto, e soprattutto creava uomini, donne e bambini come lei, capaci di mutare forma. Chissà se ci saranno anche i miei genitori. Un tremito attraversò il corpo di Shari. Immagazzinò quelle informazioni in un cassetto della sua memoria, giurando a se stessa che le avrebbe conservate con cura.
- Al Nord - disse Marco, come se un’idea fosse appena nata nella sua mente. Si rivolse a Barbabianca. - Avevamo in programma di andarci se non sbaglio, padre.
Il volto della ragazzina si illuminò mentre i pirati dietro di lei sorridevano. - O sì! Andiamo al Nord!
Ma la decisione finale spettava al capitano. Shari cercò di guardarlo negli occhi, nel tentativo di convincerlo, ma l’uomo aveva lo sguardo fisso in un punto indefinito e sembrava rinchiuso nei suoi pensieri. Poi, con una scrollata di spalle, disse: - Suppongo che sia un viaggio come un altro.

Angolo autrice:
Ehila! Rieccomi con un nuovo capitolo, spero vi piaccia! Barbabianca mi sembra davvero il tipo d'uomo che si farebbe in quattro per aiutare i figli, come ha ampiamente dimostrato! Che ne dite, Shari riuscirà a far luce sul suo passato? E il viaggio dei pirati sarà tutto rose e fiori o ci saranno mille pericoli da affrontare? Bhe, scopritelo nei prossimi capitol! Baci,
TheBlackWolf97

 

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Capitolo 5
*** 4:I primi problemi ***


Nonostante le dimensioni, la Moby Dick aveva poche cabine. La più grande, che occupava l’intera poppa della nave, era quella di Barbabianca, mentre le altre si trovavano allineate lungo i fianchi. Ma, come era prevedibile, erano tutte occupate. Marco cercava una soluzione perché altrimenti Shari avrebbe dovuto dormire nella stiva, ma la ragazzina non sembrava preoccuparsene molto.
- Qual è il problema? Posso dormire in camera di Ace
Marco la guardò con un’espressione mortificata. - Ma anche lì c’è un solo letto - mormorò. Shari fece spallucce.
- Sono abituata a dormire sul pavimento - Ace ripensò a quando Shari, ancora bambina, si ritrovava a dormire in mezzo a lui e Rufy, in uno spazio talmente stretto da impedirle di muovere anche solo un muscolo. Eppure lei non si era mai lamentata, quindi Ace non se ne era preoccupato. Ma adesso era diverso. Shari aveva tredici anni e non più cinque come allora, e forse non sarebbe stata entusiasta di una nottata sul pavimento freddo della nave.
Figuriamoci, non lo ammetterebbe mai, si disse rassegnato.
La cabina di Ace si trovava sul fianco sinistro ed era piccola ma confortevole. Aveva un letto appoggiato alla parete opposta alla porta, un comodino posizionato sotto il piccolo oblò rotondo e il pavimento in legno era decorato da un tappeto verde.
Shari si rese conto che l’ambiente era davvero molto stretto e che, quando lei entrò seguita da Ace, Marco dovette rimanere sulla soglia. Dopo una rapida occhiata intorno a se, la ragazzina si voltò e regalò un ampio sorriso ai suoi due interlocutori. - Mi piace - sentenziò. Marco incrociò le braccia al petto.
- Resta comunque il fatto che questa cabina è davvero troppo piccola per voi due - le fece notare, mentre la sua mente stava ancora lavorando per proporre alla sua ospite un’alternativa.
La luce delle lampade in corridoio illuminò il volto della ragazzina, e i suoi occhi di smeraldo brillarono. - O, ma io non occuperò molto spazio - E poco dopo un gatto nero si era già accomodato al centro del tappeto, muovendo la coda facendo frusciare il velluto verde. Ace alzò le mani allo sguardo dubbioso del compagno, poi chiuse la porta quando Marco si avviò lungo il corridoio. Si sedette sul letto e si sfilò con calma gli stivali sotto lo sguardo attento del felino, che lo osservava con la testa appoggiata sulle zampe.
Solo la luce della luna era rimasta ad illuminare tenuemente la cabina, ma Shari non aveva problemi a distinguere i contorni degli oggetti. Il profilo di Ace era chiaramente visibile sotto le coperte, e Shari si fece ipnotizzare dal movimento regolare del suo respiro. In quella stanza così piccola, al buio, con il suono famigliare de russare di Ace nelle orecchie, Shari credette per un attimo di essere tornata indietro nel tempo, a quando divideva il letto con i suoi due fratelli.
Aveva sempre dormito in mezzo a loro, a volte si ritrovava il gomito di uno piantato nelle costole e il braccio dell’altro a pochi centimetri dal viso, ma non le importava.
Anzi, la vicinanza di Ace e Rufy riusciva a farla sentire protetta. Il gatto nero si alzò e con un balzo aggraziato salì sul letto, fermandosi accanto ai piedi di Ace. Shari si acciambellò in una posizione tipica dei gatti, il muso nascosto dalla coda folta, e non appena chiuse gli occhi venne vinta dalla stanchezza delle ultime ore e si addormentò.
 

 
Il gatto nero aprì gli occhi di scatto, drizzando immediatamente le orecchie. Il secondo colpo alla porta esplose nella stanza come il boato di un cannone. Ace, accanto a lei, si tirò la coperta fin sopra la testa.
- Svegliati, Ace! Papà vuole che tu vada con Marco in città.
- In città? - mugugnò il ragazzo, spingendo contro voglia un piede fuori dal letto. Shari saltò giù e in un attimo era tornata nelle sue sembianze umane, guardano il fratello aspettando il da farsi.
- Già, in città. Satch ha detto che le scorte non basteranno per il viaggio e non vuole essere costretto a fermarsi durante il tragitto - La voce al di là della porta era brusca, come se quell’uomo avesse fretta di andarsene. A Shari non piacque per niente. Ace si alzò e, infilatosi gli stivali e una camicia gialla che lasciò aperta sul petto, aprì la porta. - Grazie, Teach - Sporgendosi oltre la spalla del fratello, Shari riuscì a vedere solo il profilo del nuovo arrivato, che si stava già dileguando nel corridoio. Vide, comunque, una folta barba nera e un corpo massiccio. Non l’aveva nemmeno degnata di uno sguardo e aveva svegliato Ace in malo modo. Che maleducato.
- Chi era quello? - domandò Shari, incapace di tenere per se la propria curiosità come una brava ragazzina di tredici anni. Ace fece spallucce. - Teach. È al servizio di Barbabianca da molti anni.
- Ah. Quindi devi andare in città? Posso venire con te?
Ace squadrò la sorella minore, i suoi vestiti sporchi, e sospirò. Sapeva che non sarebbe stato facile riuscire a farla rimanere sulla nave quando nell’aria c’era l’idea di un viaggio in città. - Va bene - acconsentì, - ma prima devi metterti qualcosa di pulito. Aspetta qui, vado a vedere che trovo.
Il ragazzo uscì e si richiuse la porta alle spalle. Shari si affacciò al piccolo oblò della cabina e sbirciò fuori. Era una giornata tersa, in cielo non si vedeva nemmeno una nuvola e il sole splendeva sul mare facendo scintillare l’acqua di mille minuscoli brillanti. Un tempo perfetto per una gita, si disse la ragazzina esultando dentro di se. Il mare le era sempre piaciuto, quella distesa immensa che si estendeva a perdita d’occhio aveva su di lei un potere calmante e le schiariva spesso le idee. Shari ricordò con tenerezza il suo promontorio, sull’isola di Dawn, dove da bambina andava ad ammirare il sole che sorgeva o tramontava dietro la linea argentata. Si rese conto, vergognandosi, che da quando era arrivata a bordo della Moby Dick non aveva pensato nemmeno una volta a Rufy.
Il nostro non è stato un addio, no? Lo rivedrò presto, appena saremo diventati entrambi dei pirati.
La maniglia della porta si abbassò e quella si aprì obbediente sotto la spinta di Ace, e Shari si riscosse. Il fratello maggiore aveva le mani piene di indumenti, delle più svariate misure e colori, e aveva aperto la porta con la schiena. Quando si voltò, quella si richiuse con un tonfo sordo alle sue spalle. - Questi sono i vestiti più piccoli che sono riuscito a rimediare. Puoi scegliere quello che ti piace - annunciò, depositando il mucchio sul letto. Shari gli sorrise e lo ringraziò, mentre con gli occhi sondava i capi che aveva davanti. Una maglietta bianca le piacque molto, ma una volta presa in mano si rese conto che era davvero troppo grande per il suo corpo minuto. Dopo vari minuti di osservazione, scelse un toppino a mezze maniche bianco che le lasciava scoperta la pancia e un paio di pantaloncini blu cobalto, ma dato che era troppo larghi vi aggiunse una cintura di cuoio marrone. Gli stivaletti neri che calzava al suo arrivo andavano più che bene come scarpe, e una volta pronta Shari si diede una rapida occhiata assicurandosi che fosse tutto in ordine.
Uscì dalla cabina e trovò Ace appoggiato alla parete del corridoio, che la aspettava. Lo guardò per un verdetto e lui le sorrise e le fece l’occhiolino.
Insieme, i due fratelli salirono sul ponte della nave pronti, finalmente, a partire.
 

 
La città dove si sarebbero diretti, venne a sapere Shari una volta a bordo della piccola barca di legno, era famosa per due motivi principali: il primo era il suo grande mercato, che la tagliava in due e nel quale si potevano trovare oggetti rari quanto stranissimi, di cui gli abitanti andavano molto fieri; il secondo motivo, di cui i cittadini andavano decisamente meno fieri, era il gran numero di ladri che girava per le strade. Come se tutti i malfattori nel raggio di molti chilometri avessero scelto quella città come punto di ritrovo per commettere i loro reati e poi dileguarsi con l’aiuto della notte.
- Perciò - concluse Marco, imprimendo forza al remo con cui mandava avanti la barca, - tenete gli occhi aperti.
La costa non distava molto dalla posizione della nave, quindi la comitiva avvistò presto il porto della città con molte barche ormeggiate in attesa del ritorno dei loro marinai. Man mano che si avvicinavano Shari riusciva a distinguere le case, le strade e i volti delle persone che affollavano il porto. Dato che la loro era solamente una barca a remi, non attirarono l’attenzione di nessuno e la arenarono sulla spiaggia, legando una corda spessa ad un palo posizionato per metà dentro l’acqua. Shari non era mai stata in un villaggio più grande di Foosha, e quindi quando il suo sguardo non riuscì a catturare la fine del viale principale della città, dove sorgeva il mercato, rimase a bocca aperta. Le bancarelle erano numerosissime, colme di ogni sorta di oggetti dall’aria bizzarra proprio come aveva preannunciato Marco, e di gente che si fermava attirata dal richiamo dei venditori.
Ace, Shari e Marco si incamminarono lungo la via, e la ragazzina osservava rapita quel mondo fatto di gente, rumori e odori del tutto nuovi di cui lei rappresentava un minuscolo pezzetto. Fu la mano del fratello sul braccio a riportarla al presente. Ace le indicò un banco colmo di cibo e Shari vide che Marco stava trattando con il venditore, indicando ora questo ora quello e facendo commenti sul prezzo troppo elevato. La ragazzina si chiese quante scorte avrebbero dovuto acquistare, dato che la sera prima a cena avevano consumato parecchio cibo e quindi forse la stiva della Moby Dick era rimasta piuttosto sfornita. Ad ogni modo, prima di partire dalla nave, Barbabianca aveva detto loro di prendere uno zaino a testa dove deporre i viveri. Le trattative si conclusero con l’acquisto di più di metà bancone, e subito Ace e Shari iniziarono a infilare le scorte nei rispettivi zaini mentre Marco pagava il commerciante. Alla ragazzina non sfuggì il grosso sacchetto pieno di monete tintinnanti che il pirata allungò all’uomo e si disse che, una volta rimasta sola con suo fratello, l’avrebbe interrogato riguardo al tesoro che i pirati avevano accumulato durante i loro viaggi.
- Ci serve altro? - domandò Ace, riponendo l’ultima pagnotta nella sua borsa e richiudendola. Marco si fece pensieroso, poi scosse la testa bionda.
- Non direi. La stiva della nave non era del tutto vuota, quindi queste provviste dovrebbero bastarci almeno fino all’arrivo al Nord. Lì ci fermeremo nuovamente per fare rifornimento.
- Bene, allora sbrighiamoci a tornare sulla Moby Dick - concluse Ace, portandosi lo zaino in spalla. Shari cercava di non mostrare in modo evidente la delusione per il poco tempo che aveva avuto a disposizione per osservare la città mentre camminava a testa bassa dietro ai due ragazzi, stringendo la spallina della sua sacca. E, forse, fu proprio per quello che non si accorse dell’uomo che stava arrivando dalla sua destra con passo spedito, e che percorse gli ultimi metri che lo separavano da lei quasi correndo.
Shari notò un movimento al suo fianco con la coda dell’occhio, ma nella frazione di secondo che ci impiegò per voltare il viso in quella direzione, l’uomo le diede uno spintone e le strappò la sacca dalle mani. Shari cadde all’indietro, lanciando un urlo non di paura bensì di sorpresa, quindi lui si voltò e, come un fulmine, prese a correre per la strada affollata del mercato.
- Shari, tutto bene? - domandò Ace, inginocchiandosi accanto alla sorella e cercando di rimetterla in piedi con un braccio. Lei lo ignorò e scattò in avanti, gridando: - Ehi! Fermo! Al ladro!
La gente intorno a lei sembrava ignorare le sue grida, come se oramai fossero abituati a episodi di quel genere, e anche se qualcuno si voltò per osservare non fece nulla per aiutare la ragazzina. Shari corse per qualche minuto, poi si fermò ansante e si guardò intorno, cercando disperatamente di individuare l’uomo che le aveva rubato lo zaino. Ma la folla era fitta come una foresta e sembrava richiudersi intorno a lei, togliendole qualsiasi possibilità. Nella sua mente Shari sentiva risuonare le parole di Marco: Tenete gli occhi aperti.
Che stupida era stata! Si era fatta rubare i loro viveri da un ladruncolo che probabilmente voleva solo assicurarsi di avere qualcosa da mettere sotto i denti a fine giornata e adesso l’intera ciurma ne avrebbe pagato le conseguenze! Doveva assolutamente riprendere lo zaino prima che quell’uomo diventasse davvero irraggiungibile. Senza pensarci Shari mutò, in mezzo a una folla di persone che non si era nemmeno accorta della sua presenza e le passava accanto ignorandola come avrebbe ignorato un fantasma. Dall’alto, gli occhi verdi e potenti dell’aquila nera setacciarono l’intera città, vicolo per vicolo, finché non individuarono un uomo che correva verso la periferia come se il nemico gli stesse alle calcagna. Il che, in effetti, era vero.
L’uccello si abbassò fino a volare raso terra, e con un ultimo frullo d’ali l’aquila lasciò il posto alla pantera, elegante e scattante, che si lanciò all’inseguimento. Non ci volle molto prima che il grosso felino, con un ultimo balzo, riuscisse ad atterrare il ladro che cadde a faccia in avanti con un urlo strozzato. Quando riuscì a rimettersi in sesto e alzò gli occhi, si trovò davanti alla ragazzina che pensava di essersi lasciato alle spalle, che teneva in mano il suo zaino e lo guardava dall’alto in basso.
- La prossima volta, scegli meglio la tua vittima - gli disse in tono sprezzante, con lo sguardo di un adulto incastonato in un viso da bambina, prima di girare i tacchi ed andarsene.
 

 
La stiva della Moby Dick non avrebbe potuto contenere più nemmeno uno spillo. Dopo aver svuotato i tre zaini colmi di provviste, Shari, Ace e Marco salirono sul ponte della nave dove gli altri pirati erano già pronti a partire. Barbabianca, seduto sulla sua enorme sedia, presidiava le operazioni con occhio attento.
- Figli miei - annunciò, la voce cavernosa attraversata da una scintilla di gioia, - siamo pronti a salpare!
 
Angolo dell’autrice:
Salve a tutti! Eccoci con il nuovo capitolo! Shari sarà anche una ragazzina giocosa e combina guai, ma sa come farsi rispettare, non vi pare? Bhe, io vi auguro buona lettura e torno a rifugiarmi nella mia tana. Alla prossima, TheBlackWolf97

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Capitolo 6
*** 5:Costeggiare la Linea Rossa ***


Quello era, in assoluto, il primo viaggio che Shari avesse mai fatto da quando era piccola. E la ragazzina non voleva perdersi nemmeno un secondo dell’avventura che aveva la possibilità di vivere, specie su una nave delle dimensioni della Moby Dick. E quindi i pirati si ritrovavano spesso tra i piedi quella strana ragazzina, sempre sorridente e volenterosa di rendersi utile, che compariva all’improvviso e gli faceva mille domande. Alcuni le rispondevano volentieri, altri meno, ma mai nessuno la cacciò in malo modo. C’era qualcosa, in quegli occhi grandi e verdissimi, che ricordava a tutti quelli che li guardavano la loro prima volta su una nave pirata, quando anche loro si sentivano eccitati e curiosi di imparare ogni cosa. E inoltre il potere di Shari si dimostrò subito di grande aiuto, specialmente a Satch, il pirata incaricato di rimanere sull’albero e avvertire in caso di nave nemica o altri pericoli.
La mattina del quinto giorno di navigazione, Shari si svegliò di buon’ora e, cercando di non fare rumore per non disturbare il sonno del fratello, uscì dalla cabina e si diresse a passo sicuro verso le scale che l’avrebbero condotta fuori. Oramai aveva memorizzato tutti i corridoi e la posizione delle varie stanze della nave e riusciva ad orientarsi senza l’aiuto di Ace. Quella mattina il cielo era grigio, il sole coperto da uno spesso strato di nuvole, e anche il mare sembrava sbiadito, riflettendo il colore sopra di lui. In quell’atmosfera sospesa, la Moby Dick avanzava lentamente, come a rallentatore, sospinta dalla brezza svogliata che faceva gonfiare le vele. Shari diede un’occhiata al pontile e subito incrociò lo sguardo di Barbabianca, come sempre seduto sulla sua enorme sedia e Marco accanto a se. La ragazzina gli fece un cenno di saluto, poi alzò il viso e cercò di individuare Satch. La Moby Dick era dotata di quattro alberi, che sorreggevano le vele, e dal tronco robusto e ampio, che erano posizionati lungo tutto il pone principale. Ognuno degli alberi aveva a sua volta delle piccole piattaforme in legno che permettevano alle vedette di godere di una vista a 360 gradi sulla distesa del mare che li circondava. E proprio su una di queste stava Satch, i capelli castani che svolazzavano al vento e gli occhi concentrati a scrutare l’orizzonte. Shari mutò, assumendo le sembianze di un falco, e volò a posarsi sulla balaustra del posto di guardia, accanto al pirata. Satch era, come le aveva detto Ace, uno dei quindici comandanti delle flotte di Barbabianca, precisamente il capitano della quarta flotta.
- In realtà - aveva spiegato Ace una sera, dopo le insistenti domande di Shari, - i capitani dovrebbero essere sedici, ma la seconda flotta ne è al momento priva. Sembra che quel posto sia vacante da molti anni, oramai.
Il falco nero prese a scrutare l’orizzonte, e la sua vista acuta riusciva a distinguere chiaramente i pesci che nuotavano sotto la superfice dell’acqua. Il suo compagno gli rivolse un sorriso. - Ben arrivata, Shari - la salutò. Sotto di loro, il ponte della nave iniziava ad affollarsi, mentre i pirati si svegliavano lentamente e si dedicavano alle loro mansioni. Shari li osservò, pensando che erano bastati cinque giorni perché quella diventasse la routine della sua vita. Sulla Moby Dick regnava un clima di pace, di solidarietà tra compagni, e questo la faceva sentire bene. Quando era partita dall’isola di Dawn per cercare Ace, la sua idea di “nave pirata” non era certo stata così. Si immaginava di trovare persone scontrose, che l’avrebbero guardata dall’alto in basso. Invece i pirati che aveva intorno non sembravano affatto pirati. Almeno, la maggior parte.
- Tieni gli occhi aperti. Ci stiamo avvicinando alla Linea Rossa - Il tono di Satch era serio, e anche se Shari non capì a cosa si riferisse prese a scrutare l’orizzonte, tutti i sensi all’erta.
La Linea Rossa… che cos’è? Perché mi sembra famigliare?
Shari era confusa. Qualcosa dentro di lei si era messo in moto, come se quelle parole avessero risvegliato un vecchio ricordo che adesso cercava di riaffiorare dal buio. Eppure, di qualsiasi cosa si trattasse, continuava a scivolarle tra le dita prima che lei potesse afferrarla. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni a Satch, ma non poteva mutare forma perché la piattaforma era davvero troppo piccola per due persone. Dal ponte della nave giunse la voce cavernosa di Barbabianca: - Satch, che cosa vedi?
- La Linea Rossa si avvicina, padre. È proprio davanti a noi.
Shari si alzò in volo, elegante e forte, e si innalzò sopra le vele della nave. E da lassù riuscì a vederla chiaramente. All’orizzonte era comparso il profilo indistinto di una montagna, scura e minacciosa, che si innalzava verso il cielo. Man mano che il falco avanzava, i suoi occhi riuscirono a distinguere una seconda montagna, poi una tersa e una quarta, di altezze diverse. E ai loro piedi, una distesa rocciosa che si estendeva per chilometri oltre la sua vista, interrotta ogni tanto da qualche macchia di verde. Era uno spettacolo davvero maestoso, e Shari si chiese se quella striscia di terra avesse una fine, da qualche parte. Tornando alla nave, che procedeva con andatura regolare sotto di lei, Shari individuò Ace accanto a Marco e Barbabianca e planò verso di lui. Il ragazzo tese un braccio e il falco nero vi atterrò prontamente. - Buongiorno sorellina - sussurrò Ace e l’animale gonfiò le penne del petto in risposta.
- Bene, ragazzi - disse il capitano della nave - ammainate le vele. Ci fermeremo qui, per stanotte.
I pirati si misero in movimento, e in pochi minuti la Moby Dick terminò la sua avanzata, ondeggiando sotto la spinta leggera delle onde. Marco diede ordine di abbassare l’ancora.
Shari, riprese le sembianze umane, si avvicinò ad Ace con sguardo sognante. - Ehi, che cos’è la Linea Rossa? - domandò, la voce che le tremava per l’emozione e l’impazienza. Il fratello la squadrò per qualche secondo, poi allungò una mano e le scompigliò i capelli ricci. - Certo che non sai proprio niente del mondo, eh? - l’apostrofò ridendo. - La Linea Rossa è il grande continente che divide i quattro Mari.
Shari pendeva dalle labbra del fratello. - Davvero? Ed è abitato da molte persone? - Ace fece segno di no con testa. - Come avrai visto, è quasi del tutto coperto da montagne e foreste. Non ci vive quasi nessuno.
La ragazzina memorizzò le informazioni appena ricevute con famelico interesse, ma non si sentiva ancora sazia. Fece dondolare la testa di lato, e i capelli ondeggiarono alle sue spalle. - E perché ci siamo diretti qui? Non dovevamo andare a Nord?
- Questo - intervenne Barbabianca, facendo sussultare Shari con quel suo vocione, - posso spiegartelo io, mocciosa. Ti avevo detto che molti anni fa sentii parlare dei Mutaforma. Bhe, a parlarmene fu un uomo che disse di abitare in un punto sperduto della Linea Rossa, a Nord. Ho pensato che, se riuscissimo a trovarlo, di sicuro potrebbe darci altre informazioni su quell’isola.
Shari aveva ascoltato le parole di Barbabianca senza battere ciglio, cercando di non far fuoriuscire la tempesta di emozioni che le sconvolgeva l’anima. Ma un pensiero era più forte degli altri, e per quanto cercasse di accantonarlo quello tornava alla carica più forte di prima. Il capitando della Moby Dick si era diretto lì per lei.
Che stupidaggine, Shari. L’ha fatto solo perché è la rotta più breve per arrivare al Nord, le diceva una voce dentro la sua testa, ma Shari non era sicura che fosse così. E se fosse stato vero? Se Barbabianca avesse deciso di aiutarla? Ad ogni modo, Shari lo guardò negli occhi e sussurrò: - Grazie.
- Bhe - fece notare Marco, portando le mani sui fianchi, - suppongo che qualcuno dovrà andare a dare un’occhiata a terra, allora.
Gli occhi smeraldo di Shari brillarono di gioia, e la ragazzina alzò con foga una mano. - Io! Vado io! - Alcuni dei pirati sorrisero, altri alzarono un sopracciglio in un’espressione perplessa.
Fu Ace, però, ad esprimere il dubbio di molti. - Vuoi andare da sola, Shari? Non credi che sia più prudente muoversi in gruppo?
Ma la ragazzina oramai non lo ascoltava più. Spostava il peso da un piede all’altro, saltellando come un canguro, e gli occhi erano piantati sulla linea delle montagne. - Che sciocchezza - gli rispose, distrattamente - non correrò alcun pericolo. E poi, posso andare e tornare più in fretta di voi, volando o nuotando.
Marco pensò che quella mocciosa aveva molti assi nella manica e sospirò. - Ha ragione, Ace - ammise sorridendo.
Alla fine, il ragazzo fu costretto a cedere. - E va bene, ma torna entro domani, chiaro? Non più tardi, altrimenti verrò a cercarti.
Shari gli sorrise e gli fece l’occhiolino, poi si voltò e corse verso la balaustra del pontile. Si diede uno slancio con le gambe e, prima di toccare l’acqua, era già diventata un delfino.  

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Capitolo 7
*** 6:Shari l'esploratrice ***


Era così che si sentiva Shari, nuotando a tutta velocità verso la costa. Un’esploratrice. Le bastava solo pensare quella parola per captare una strana elettricità che le percorreva tutto il corpo, come se avesse appena preso la scossa. Esploratrice. Quello era il suo sogno, e Shari non fece nessuna fatica ad accettare il nuovo incarico che le era stato affidato dai pirati. Doveva arrivare alla Linea Rossa e trovare l’uomo che, anni prima, aveva parlato a Barbabianca dei Mutaforma. Non era difficile, giusto? Forse, si disse, facendo emergere lo sfiatatoio per prendere aria e poi immergendosi nuovamente, per qualcun altro sarebbe complicato, dovendo cercare da terra. Ma per me non sarà un problema.
Gli ultrasuoni che emetteva per orientarsi gli suggerirono che la costa era oramai vicina, e Shari sapeva che non sarebbe potuta andare oltre. Se avesse proseguito ancora sotto forma di delfino, si sarebbe arenata e avrebbe corso un rischio inutile. Decise quindi di risalire in superficie e di mutare in un uccello, per osservare tutto dalla prospettiva migliore: il cielo. Il delfino nero si immerse ancora un poco, poi ruotò su se stesso e partì deciso verso il pelo dell’acqua, cambiando forma non appena il suo corpo fu totalmente fuori dal mare. Shari optò per un albatro, perché le sue grandi ali erano perfette per cavalcare le correnti aeree e quindi le avrebbero permesso di rimanere sospesa nell’aria per molto tempo. Il maestoso volatile prese velocemente quota e prese a scrutare il paesaggio sotto di lui. La Linea Rossa sembrava davvero inabitabile, per via di tutte quelle montagne dai contorni aspri e le fitte foreste, eppure Shari sapeva che da qualche parte si nascondeva un uomo che avrebbe potuto darle delle risposte sulle sue origini e voleva andare fino in fondo. Per sua fortuna, non dovette cercare molto. Dall’alto della sua posizione non le fu difficile individuare la sottile striscia di fumo che saliva verso le nuvole, a qualche chilometro dalla costa. Esaminandolo meglio, Shari si rese conto che non poteva essere che una cosa. Un fuoco. Tuttavia si rese conto che essere precipitosi poteva non essere una buona mossa, quindi la ragazzina decise di scendere a terra e cercare di capire che tipo fosse quella persona, osservandolo da vicino senza essere vista, per poi decidere il da farsi. L’albatro nero, perciò, si esibì in una lenta planata verso il ramo di un grosso albero, a qualche centinaia di metri di distanza dal punto in cui doveva trovarsi l’uomo, e rimase immobile a guardarsi intorno.
Da quella posizione, la distinzione tra le montagne della Linea Rossa e le sue foreste era ancora più evidente, perché le foglie degli alberi per quanto fitte non riuscivano a nascondere le gigantesche catene montuose. Era come se, oltre la linea netta degli alberi, nessuna pianta potesse crescere e la roccia avesse assunto il dominio del paesaggio. Shari era perplessa. Perché qualcuno dovrebbe voler vivere qui? Non c’è niente, a parte foglie e sassi.
L’albatro lasciò il posto ad un gatto, che con felina agilità balzò a terra, atterrando sulle quattro zampe. Si avviò verso la striscia di fumo, osservando con occhi curiosi la fitta vegetazione. C’era un silenzio innaturale nella foresta, e Shari si disse che quello era veramente un luogo inospitale.
Poi, come per magia, apparve la casa. Il gatto nero si fermò di colpo e, acquattandosi dietro un cespuglio, rimase ad osservare la scena. Era una costruzione in legno, molto semplice e con il tetto di paglia. La porta era aperta, ma Shari era troppo lontana per riuscire a vedere l’interno. Il fuoco che l’aveva attirata scoppiettava protetto da un cerchio di pietre e alimentato da una catasta di legna mezza consumata. Accanto ad esso c’era una panca di legno, e posata sopra una pipa. Tutto indicava che il padrone di casa era stato lì fino a poco tempo prima, ma Shari non vedeva nessuno e quella era una sfortuna. Adesso le sarebbe toccato cercare l’uomo nella foresta, o magari sulle montagne, e avrebbe certamente perso tempo prezioso. Shari era indecisa, non sapeva se allontanarsi oppure aspettare finché il proprietario non fosse tornato. Il gatto nero si alzò dalla sua postazione di osservazione e azzardò qualche passo in avanti, silenzioso come solo un gatto può esserlo. Shari si fermò poco prima dell’entrata della casa, allungando il collo per sbirciare dentro. Il padrone non era nemmeno lì. Il felino fece guizzare la coda a destra e a sinistra in segno di fastidio. Si voltò e tornò sui suoi passi, immergendosi nuovamente nella vegetazione. Avvertiva dentro di sé l’urgenza di trovare la persona che abitava in quella casa, e soprattutto si ascoltare la storia che aveva da raccontarle, quindi si incamminò a passo deciso in mezzo agli alberi, tutti i sensi allerta. Il mondo verde intorno a lei era silenzioso, quasi irreale. Ma poi, nelle sensibili orecchie del gatto nero esplose il rumore inconfondibile di un colpo di pistola. Shari si fermò di scatto e voltò la testa, cercando di individuare la fonte del suono, ma il colpo sembrava provenire da ogni direzione, come se il silenzio di poco prima e la fitta vegetazione l’avessero amplificato. Poi, un altro colpo, stavolta più vicino. Il gatto schizzò verso destra e mentre correva il suo corpo si ingrandì, prendendo le fattezze di un grosso lupo. Shari sentiva il cuore pomparle adrenalina nelle vene ed esse gonfiarsi a loro volta man mano che si avvicinava al luogo d’origine del rumore che l’aveva attirata. Si fermò, ansimante, in cima ad un avvallamento del terreno, e poco più in basso Shari poté distinguere due persone. Erano due uomini, a giudicare dalla loro stazza, e mentre uno era riverso a terra ed emetteva una serie di gemiti l’altro gli torreggiava sopra. Nella mano dell’uomo in piedi scintillava una pistola nera e ancora fumante per i due colpi appena esplosi. Il vento portò alle acutissime narici del lupo nero un puzzo di sangue misto a paura e odio, ma l’animale cercò di ignorarlo. Aveva gli occhi puntati sull’uomo a terra, che si teneva un braccio da cui fuoriusciva una copiosa quantità di sangue scarlatto che andava ad imbrattare i suoi vestiti. Shari osservò per lunghi attimi, che a lei sembrarono interminabili, il viso di quello sconosciuto, e poi qualcosa nella sua mente si illuminò.
Fu come se improvvisamente, nel buio che avvolgeva gli anni del Prima, si fosse aperto uno squarcio e, attraverso di esso, Shari avesse compreso una verità che la lasciò senza fiato. Io conosco quell’uomo.
Senza indugiare oltre, il lupo nero balzò giù dal punto sopraelevato in cui si trovava e si mise a correre verso i due uomini, che non avevano ancora notato la sua presenza. Con uno scatto fulmineo Shari azzannò il braccio dell’uomo in piedi e lo trascinò a terra con se, serrando le mascelle in una morsa d’acciaio. Lui lanciò un urlo di sorpresa e cadde in avanti, e la pistola gli volò dalle mani finendo a qualche passo dai due lottatori. Imprecando, l’uomo tentò di rimettersi in piedi, ma qualcosa saettò davanti al suo viso e dopo pochi secondi un impatto fortissimo alla fronte gli fece perdere conoscenza.
L’uomo fi afflosciò a terra, svenuto, e Shari lasciò cadere il bastone, che per la forza dell’impatto si era spezzato in due. - Accidenti, dovevi avere la testa dura - commentò la ragazzina, quasi senza accorgersi di aver parlato ad alta voce. Lentamente si voltò a guardare il secondo uomo, e i loro occhi si incontrarono.
In quello sguardo azzurro Shari rivide una se stessa bambina, piccola e sorridente, e tre adulti davanti a lei. Uno di essi era l’uomo che adesso la guardava, perplesso, sorpreso ma con un sorriso stampato sulle labbra. - Shari - mormorò. Poi svenne.
E nella mente della ragazzina, quasi come se fosse sempre stato lì in attesa di essere ricordato, prese forma un nome, le lettere chiare e precise.
Roy.
 
 
Angolo dell’autrice:
Ed eccomi di nuovo qui! Salve a tutti! Nella vita di Shari è comparso un nuovo personaggio. Chi sarà questo Roy? E che ruolo avrà nella nostra avventura? Bhe, scopritelo continuando a leggere! Alla prossima, TheBlackWolf97

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Capitolo 8
*** 7:Convalescenza ***


Il sole era ormai calato dietro la linea del mare quando, dall’alto della sua postazione, Satch informò i suoi compagni che un grosso uccello nero stava volando dalla costa verso la nave. Ace tirò mentalmente un sospiro di sollievo.
- Ehi, ragazzi, Shari non è sola! C’è qualcuno con lei! - aggiunse la vedetta, la voce impercettibilmente increspata dalla preoccupazione. Gli altri pirati, Ace per primo, fecero ruotare lo sguardo fino a scorgere un albatro che avanzava verso di loro, librandosi a pochi metri dal mare, e tenendo nel grosso becco una cima collegata ad una piccola barca. Non riuscivano a vedere chi o che cosa ci fosse nell’imbarcazione, eppure le mani di alcuni pirati si posarono sulle impugnature delle spade o sui manici delle pistole, in un riflesso reso tale dall’abitudine e dalla diffidenza che avevano acquisito dopo tanti anni in mare. Quando il grande uccello fu abbastanza vicino alla Moby Dick Ace si sporse oltre il parapetto per dare un’occhiata. Nella barca, avvolto da una coperta, c’era un uomo dai capelli castani, sulla cinquantina, il viso rilassato come se dormendo stesse facendo un bel sogno. L’albatro planò sul ponte della nave e mutò, quindi Shari esclamò: - Presto, bisogna portarlo dentro! È ferito!
Quelle parole furono sufficienti per far smuovere i pirati, che obbedirono in fretta. Il ferito venne portato sottocoperta, nella piccola infermeria della nave, e lì il dottore si armò di tutti i suoi strumenti e iniziò a visitarlo. Shari avrebbe voluto rimanere con lui, ma il medico la cacciò bruscamente dalla stanza. - Ci manca solo una mocciosa che mi intralci. Starà benissimo, ma lasciami lavorare in pace.
Sconsolata, Shari tornò sul pontile della nave, dove Ace, Marco e Barbabianca la interrogarono a proposito dell’identità di quell’uomo. La ragazzina abbassò gli occhi, guardandosi le scarpe.
- Io… io non ne sono sicura. Appena l’ho visto, ho come avuto la sensazione di conoscerlo e credo si chiami Roy. Ma non so dirvi nient’altro - Ace studiava il volto della sorella minore per cercare di decifrare le sue emozioni. Sapeva che doveva essere frustrante per lei non poter domandare quell’uomo, chiunque egli fosse, sul suo passato. Tra l’altro da quanto aveva potuto vedere la ferita alla spalla era molto brutta e c’era il rischio, anche se questo pensiero Ace lo tenne per se, che Roy non ce la facesse. Tuttavia l’espressione di Shari era imperturbabile.
Marco chiese: - E il tizio che gli ha sparato?
- Non lo conosco. Quando me ne sono andata era ancora svenuto. Credo che si risveglierà con un gran mal di testa.
Barbabianca alzò un sopracciglio, lanciando un’occhiata alla costa lontana della Linea Rossa. - Non c’è il rischio che possa seguirci?
Shari scosse la testa. - Non ho visto altre barche sulla spiaggia a parte quella con cui ho trasportato Roy. Probabilmente era la sua.
Passarono i minuti, e i pirati della Moby Dick aspettavano in trepidante agitazione che il dottore uscisse dall’infermeria. Anche se alcuni di loro cercavano di non darlo a vedere, l’avventura in cui li stava trascinando la sorellina di Ace aveva coinvolto non solo la loro mente, ma anche il loro cuore, e adesso tutti aspettavano con ansia di sentire la storia che quell’uomo misterioso aveva da raccontare.
Ci vollero due ore abbondanti perché il medico di bordo facesse sapere i risultati della sua visita ai compagni. - Ho estratto il proiettile, ma è ancora privo di conoscenza. Entro domani, comunque, starà benissimo e potrà rispondere a tutte le nostre domande - annunciò con un sorriso orgoglioso. Shari sembrò delusa e aprì la bocca per ribattere, ma poi ci ripensò e balbettò un grazie. Due giorno. Ancora due giorni e saprò la verità.
In fondo, aveva aspettato tanto. Che cosa le costava aspettare altri due giorni? E poi, si consolò, adesso ho la certezza che i miei dubbi verranno chiariti. Inoltre, si era resa conto che sulla nave c’era sempre qualcuno che aveva bisogno del suo aiuto, pertanto il tempo sarebbe sicuramente passato in fretta. Guardò Ace e il ragazzo le fece un sorriso. La stessa cosa fecero Marco, Satch e gli altri pirati, e perfino nello sguardo di Barbabianca a Shari sembrò di scorgere una scintilla di comprensione.
 

 
La Moby Dick costeggiava la Linea Rossa da una certa distanza, che le permetteva di avere una buona visuale generale della terra e allo stesso tempo gli avrebbe favoriti in caso di attacco da parte di navi nemiche. La mattina dopo lo sbarco di Shari, la ragazzina si svegliò prima dell’alba, non riuscendo a dormire per un sogno che l’aveva tormentata nelle ultime ore. Era lo stesso, breve e intenso, che Shari aveva visto quando i suoi occhi si erano posati sul volto di Roy. Shari si rivedeva da bambina mentre camminava con passo malfermo incontro a tre persone. Erano due uomini e una donna, e lei tendeva le manine verso di loro come se volesse essere presa in braccio.
Uno dei due uomini era Roy, mentre l’altro Shari era sicura di non conoscerlo. O almeno, di non ricordarlo. Aveva i capelli neri e lisci che incorniciavano un viso ben delineato, dalle forme asciutte e precise, e gli occhi scuri. Stava in piedi accanto alla donna e le circondava le spalle con un braccio, mentre Roy era al suo fianco e sorrideva a Shari. Per quanto riguardava la donna, Shari era confusa. Qualcosa, una voce interiore profonda e solenne, le gridava che la conosceva, che nella sua mente era ancora depositato il suo nome, ma la ragazzina non riusciva proprio a identificarlo. Nel suo sogno, la sconosciuta aveva i capelli rossi raccolti in una treccia e gli occhi verdi esprimevano un grande amore. Chi sei? Dammi un indizio, ti prego!
Ad ogni modo, quando Shari si svegliò, si ritrovò nella cabina buia di Ace, sdraiata sul pavimento e protetta dalla spessa pelliccia del lupo. L’animale sollevò il muso e osservò il ragazzo addormentato di fronte a lui, il cui sonno non era disturbato, come il suo, da sogni che non gli permettevano di dormire. Alzandosi lentamente, Shari notò che dall’oblò della cabina non filtrava nessuna luce e ne dedusse che anche il sole era ancora addormentato. Decise che una boccata d’aria fredda le avrebbe fatto bene, così mutò forma e afferrò la maniglia della porta, tirandola a se il più delicatamente possibile per non fare rumore. Quella si mosse, ubbidiente e silenziosa, e Shari si lasciò scivolare fuori dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle. Una volta arrivata sul ponte della Moby Dick, la ragazzina alzò il viso e chiuse gli occhi, assaporando il senso di pace e solitudine che le trasmetteva quel cielo scuro e puntellato di stelle. Le vennero in mente le sere degli anni passati, così lontane, quando lei Ace e Rufy si nascondevano sotto un lenzuolo, al buio, e iniziavano a raccontare i rispetti sogni per il futuro. In quelle occasioni, lei non sapeva mai che cosa dire. Guardava negli occhi i suoi due fratelli e la domanda che si poneva era sempre la stessa: che cosa dovrei volere di più?
- Shari.
La voce la fece trasalire e Shari si voltò di scatto. Era talmente assorta dai suoi pensieri che non si era nemmeno accorta che Roy era uscito sul pontile della nave e le si era avvicinato, rimanendo alle sue spalle. La sorpresa lasciò presto spazio alla preoccupazione. - Che cosa fai in piedi? Il dottore ha detto che devi riposare - lo ammonì, osservando il braccio fasciato dell’uomo. Lui, però, sembrava troppo occupato a squadrarla per stare a sentire le sue prediche. Quando ebbe finito il suo esame, le regalò un ampio sorriso. - Sei cresciuta splendidamente, bambina mia, lo sai? I tuoi genitori sarebbero molto orgogliosi.
Shari deglutì più rumorosamente di quanto intendesse. Quello era il momento che aspettava da tanti, troppi anni. Il cuore le martellava nel petto e i suoi rimbombi impazziti minacciavano di esploderle nelle orecchie. Dovette appoggiarsi alla balaustra della nave per impedirsi di cadere.
- Chi sei tu? Perché so il tuo nome? E come fai a conoscere i miei genitori?
Il tempo sembrò cristallizzarsi intorno a quella domanda mentre la ragazzina attendeva la risposta tanto agognata. Come se anche lo scorrere del tempo dipendesse da quelle parole.
Roy sorrise. - Semplice. Perché io sono tuo zio, Shari.
 
Angolo autrice:
Saaalve gente! Dunque dunque dunque, ecco il nuovo capitolo! Che dire, i pezzi del puzzle cominciano ad andare tutti al posto giusto! Spero che anche questo capitolo piaccia e vi auguro buona lettura!
TheBlackWolf97  

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Capitolo 9
*** 8:La storia di Roy, Kora e Aadian ***


L’alba trovò tutti i pirati riuniti al tavolo della cambusa, dove nessuno sembrava però intenzionato a toccare cibo. La tensione era palpabile nell’aria mentre Roy raccontava, con voce concisa, una storia incredibile quanto interessante. Shari, seduta accanto a Ace, non aveva staccato gli occhi dall’uomo per tutto il tempo. Respirare le risultava difficile e la testa le girava, ma cercava di non darlo a vedere.
- Anni fa - cominciò Roy, - io vivevo a Nord, su una piccola isola in mezzo all’oceano. L’Isola di Lyra. I suoi abitanti erano pochi, abitavano in un minuscolo villaggio sulla costa e sopravvivevano grazie alla pesca. L’isola era coperta da una fitta foresta e al centro di essa di ergeva un immenso vulcano, inattivo da molto tempo. Lyra era così piccola e lontana dalle altre isole che la maggior parte delle mappe non la riportavano neanche, e i suoi abitanti non se ne preoccupavano minimamente. Eravamo felici di essere lasciati in pace, lontani dal resto del mondo, e ci godevamo la nostra isola, non dovendola dividere con nessuno. O almeno, così credevamo.
- Un giorno mio fratello minore, Aadian, si avventurò nella foresta dall’altra parte del vulcano, perché era noto a tutti che in quella zona crescesse un raro tipo di erba, che se triturata e applicata su ferite di ogni genere dava molto sollievo e aiutava la guarigione. Nostra madre lo pregò di rimanere lontano dalla foresta, ma Aadian è sempre stato un tipo ribelle e non le diede ascolto. Rimase lontano dal villaggio per due giorni interi, e proprio quando stavamo per organizzare una squadra di ricerca, lui comparve da dietro gli alberi. Aveva un braccio fasciato ed era in compagnia di una donna. Nessuno di noi l’aveva mai vista, ma ci rendemmo subito conto che aveva qualcosa di strano - Roy fissò Shari negli occhi. - Era una Mutaforma.
La ragazzina trattenne il respiro e si irrigidì. Ace, accanto a lei, le strinse la mano sotto il tavolo.
- Aadian ci spiegò che, durante la sua ricerca, era stato attaccato da una tigre selvatica e che nella colluttazione si era ferito ad un braccio. Ma era stato salvato da una seconda tigre, che dopo aver messo in fuga il nemico si era avvicinata a lui e si era trasformata in una donna. Lei gli aveva fasciato il braccio in modo precario e poi lo aveva portato al suo villaggio.
- Villaggio? - fece eco Shari, in trance. Pendeva completamente dalle labbra di quell’uomo che faticava ancora a chiamare “zio”.
Roy annuì, serio. Allungò una mano e prese un boccale di birra, che finì con due rapide sorsate. - I Mutaforma vivevano nella foresta, divisi tra la vita animale e quella umana, e pur essendo a conoscenza della nostra presenza sull’isola non avevano ma sentito il bisogno o il desiderio di avvicinarsi a noi. Nonostante questo, aiutarono mio fratello e la donna che gli aveva salvato la vita si offrì di accompagnarlo al suo villaggio, per evitare che venisse attaccato da altri animali.
- E i Mutaforma si unirono al vostro villaggio? - chiese Marco.
L’espressione di Roy si fece sconsolata e un’ombra appannò il suo sguardo.
- Gli uomini sono stupidi, o almeno la maggior parte. Accettano i cambiamenti solo se sono costretti da situazioni più grandi di loro e sono diffidenti verso coloro che hanno idee diverse. E fu proprio questo, la diffidenza, che io lessi nello sguardo degli abitanti del villaggio mentre mio fratello raccontava la sua avventura. Lanciavano continue occhiate alla donna, che era rimasta in silenzio e ad una certa distanza. E quando Aadian si voltò verso di lei, parlò con voce pacata. Disse di chiamarsi Kora e rispose con un sorriso allo sguardo di mio fratello. Per rispondere alla tua domanda, ragazzo, si, i Mutaforma si unirono alla vita del villaggio, ma vennero sempre guardati con diffidenza dagli uomini e non riuscirono mai a farsi accettare del tutto.
Mentre ascoltava le parole di Roy, nella mente di Shari si ripresentò l’immagine che aveva visto in sogno, l’uomo e la donna che le sorridevano e la invitavano a raggiungerli. E, non appena arrivò alla soluzione dell’enigma, gli occhi verdi della ragazzina vennero appannati dalle lacrime.
- Nonostante la generale circospezione, capii subito che tra Aadian e Kora stava sorgendo un sentimento profondo, lo intuii dalle occhiate che si lanciavano e dai sorrisi che uno regalava all’altra. Ben presto anche nostra madre si accorse dei loro sentimenti, ma fortunatamente era una donna che metteva al primo posto la felicità dei figli e non si oppose. E poi, circa sei mesi dopo che i Mutaforma avevano cominciato a vivere nel villaggio, la coppia annunciò che aveva deciso di sposarsi. Io ne fui molto contento, perché Kora era una persona davvero straordinaria e si vedeva che amava mio fratello di un amore sincero.
- E gli altri abitanti del villaggio, cosa dissero? - chiese Ace, stringendo ancora la mano di Shari sotto al tavolo. Come se, attraverso quel contatto, riuscisse a percepire le emozioni che la scuotevano nel profondo.
- Bhe, ci furono alcune polemiche, ma alla fine nessuno si dimostrò veramente ostile alle nozze, quindi il matrimonio si festeggiò in armonia. Come regalo per i due sposi, io avevo costruito una casa appena fuori dal villaggio, sulla scogliera da cui si poteva ammirare il mare, e Aadian e Kora passarono lì la loro prima notte come marito e moglie.
Roy alzò lo sguardo e guardò Shari con una tale intensità che la ragazzina fu sul punto di distogliere gli occhi. Sapeva che cosa avrebbe detto suo zio, ma voleva essere sicura che le sue deduzioni fossero giuste e quindi rimase in silenzio.
- Nove mesi dopo nascesti tu, Shari - disse Roy, la voce incrinata da una vena di commozione.
Shari chiuse gli occhi, ma riusciva benissimo a sentire gli sguardi di tutti i pirati presenti perforarle la pelle e scrutarla all’interno, arrivando alla sua anima. Nel buio della sua mente tutti i pensieri sembravano essere spariti, come se qualcosa li avesse improvvisamente cancellati, e rimaneva solo un’immagine: quella dei suoi genitori, dei loro sorrisi sereni. Una lacrima muta solcò la guancia della ragazzina e le dita di Ace si strinsero ulteriormente sulle sue.
- Eri la loro gioia più grande, Shari. Tuo padre e tua madre ti adoravano, e quando si resero conto che avevi ereditato il dono di tua madre, Aadian mi disse una frase che non dimenticherò mai.
“Sapevo che Shari era una bambina speciale, Roy, e questo non fa che confermare la mia idea. Guardala, fratello: non è la cosa più bella che tu abbia mai visto?”
E fu in quel momento che gli argini si ruppero e Shari scoppiò a piangere, senza sapere se quelle fossero lacrime di dolore o di gioia.
Negli anni a venire, ripensando a quel momento, Shari si sarebbe resa conto che erano lacrime di pura gioia. Gioia per aver finalmente saputo il nome dei suoi genitori, per aver realizzato che loro la amavano con tutto il cuore e che probabilmente avevano sofferto quanto lei per tutti quegli anni passati lontani.
Ma in quel momento, aggrappata alla maglia di Ace in una disperata richiesta di aiuto, la ragazzina sentiva solamente che il vuoto che per tutti gli anni del Prima l’aveva accompagnata era finalmente stato riempito e che le lacrime erano sempre state lì, dentro i suoi occhi, e che avevano finalmente trovato il modo di venire fuori.
E anche tutti i pirati che le stavano intorno si sentivano travolti dalla tempesta di emozioni che stava infuriando su di lei, e alcuni dovettero asciugarsi gli occhi umidi.
Perfino il capitano della Moby Dick, l’uomo che aveva la fama di essere duro come una roccia e con il cuore d’acciaio, si rese conto solo in quel momento che Shari, con i suoi sorrisi e il suo carattere schietto, aveva rapidamente occupato un posto speciale nella sua anima, e che vederla piangere gli provocava uno strano nodo alla bocca dello stomaco.
Lenta e silenziosa come un serpente che striscia tra le foglie, una convinzione si era fatta spazio nelle menti dei pirati e tutti adesso se ne rendevano conto: Shari era diventata una parte fondamentale delle loro vite e l’avrebbero aiutata, qualunque fosse il prezzo da pagare.
 
Angolo dell’autrice:
Ed ecco il nuovo capitolo! Ok, non guardatemi male, ma un po’ di sentimentalismo secondo me ci stava proprio bene! Shari è una ragazzina davvero speciale, e i pirati la considerano adesso come parte integrante della famiglia! Evviva! Bhe, io vi auguro come sempre buona lettura e torno a rifugiarmi nel mio buco.  

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Capitolo 10
*** 9:Ricordi che rattristano ***


- Sto bene, Ace, davvero.
- Sicura?
- Si.
Il ragazzo allentò la presa e lentamente lasciò andare Shari, che si affrettò ad asciugarsi il viso con una mano. Oramai aveva perso la cognizione del tempo e non avrebbe saputo dire da quanto tempo stava singhiozzando tra le braccia del fratello, ma adesso la crisi sembrava passata. Nessuno dei pirati aveva osato dire una parola e nella cambusa l’unico rumore che era riecheggiato per un po’ era stato il pianto disperato di Shari, ma adesso quell’improvviso silenzio sembrava ancora più opprimente. Shari si voltò e incrociò lo sguardo di Roy. L’uomo si alzò dalla sedia, facendo qualche passo avanti, allungò la mano sana e la posò sulla testa della nipote, accarezzandole gentilmente i capelli.
- Sei sicura di voler proseguire, bambina mia? - Shari rimase immobile, riflettendo. Alla fine annuì e guardò suo zio negli occhi, cercando di sembrare convincente. Roy esaminò quello sguardo verde e limpido per qualche minuto, poi si voltò e tornò a sedersi.
- Per quanto ci fosse un clima di diffidenza tra uomini di Lyra e Mutaforma, la tua nascita ebbe il potere di allentare le tensioni. Sotto tutti gli aspetti tu, Shari, rappresentavi la prova concreta che esseri umani e Mutaforma potevano vivere serenamente e gli abitanti del villaggio divennero più tolleranti. Ma, come in ogni storia che si rispetti, c’era qualcuno che non condivideva la nostra serenità. Si chiamava Dark e come suggerisce il nome aveva l’anima più nera di un pozzo senza fondo. Nessuno al villaggio voleva avere a che fare con lui e lui era ben felice di poter mantenere le distanze da, come ci definiva lui, “un branco di stolti paesani”. Lui non approvava i rapporti tra uomini e Mutaforma e diceva che voi eravate un pericolo per l’intero villaggio, che con questo potere oscuro derivato da chissà quali diavolerie avreste potuto sbarazzarvi facilmente di chiunque vi impedisse di stanziarvi nelle nostre case. Quando seppe del matrimonio dei tuoi genitori ci diede dei pazzi, prese la sua barca e annunciò che sarebbe andato a cercare qualcuno che gli desse ragione. Passarono due anni prima che si rifacesse vivo.
Roy fece una pausa, prendendo fiato e lasciando che la mente corresse libera, travolta da un turbinio di ricordi. Davanti a lui, Shari attendeva pazientemente che suo zio terminasse il suo racconto. Oramai sentiva che mancava poco perché potesse venire a capo di tutta quella storia e la sua mente stava lavorando senza sosta per assimilare tutte le informazioni e chiuderle in un cassetto, così che non le avrebbe mai più dimenticate.
- Che cosa successe dopo? - domandò Ace, mostrando l’impazienza che pervadeva i presenti. Gli occhi neri del ragazzo continuavano a danzare dalla sorella a Roy, cercando di cogliere uno scambio di sguardi o un gesto d’intesa.
- Dark tornò - disse Roy, - e non era solo. Si era portato dietro i soldati della Marina.
Una scintilla di interesse si accese negli occhi di Barbabianca, che si sporse un poco oltre il tavolo e appoggiò una grande mano sul bancone di legno. - La Marina?
- Esatto. In qualche modo Dark era riuscito a convincere i Marines della pericolosità dei Mutaforma e che andavano eliminati prima che potessero fare del male a qualcuno. I soldati arrivarono e distrussero il villaggio, uccidendo i Mutaforma e i paesani che cercavano di fermarli - La voce di Roy si era fatta dura e la sua espressione dolorante, come se potesse ancora percepire la paura e la rabbia di quel giorno lontano. I pirati avevano il respiro pesante mentre i loro sguardi venivano calamitati dal viso di Shari, una perfetta maschera anti-emozioni. Se in quel momento la ragazzina stava soffrendo dentro, il suo volto rimase imperturbabile.
- I pochi che riuscirono a scappare e a raggiungere il porto salirono sulle barche e si allontanarono dall’isola. Io ero restio ad andarmene, perché non sapevo dove fossero Kora e mio fratello, ma qui i miei ricordi si interrompono, perché qualcosa o qualcuno deve avermi colpito alla testa e svenni. Quando mi svegliai, ero solo e in mezzo ad una foresta che non conoscevo e lì sono rimasto fino a ieri, quando mi hai trovato tu, Shari. Appena ti ho visto ho capito che eri la figlia di mio fratello, hai il suo stesso sguardo.
- Davvero? - mormorò Shari con un filo di voce.
- Certo - le rispose Roy con un sorriso stanco. Ma l’uomo sapeva che c’era un’altra domanda che aleggiava nell’aria, ma che sua nipote non aveva il coraggio di porgli. Il silenzio calato nella cambusa venne interrotto dalla voce potente di Barbabianca. - E che cosa successe ai genitori di Shari?
La ragazzina si irrigidì nuovamente senza però fiatare. Evidentemente aveva imposto a se stessa di ascoltare tutta la storia che lui aveva da raccontarle, si disse Roy con un sospiro.
- Mi dispiace, Shari, ma questo non lo so. In tutti questi anni ho cercato di trovare un modo per ritornare a casa, sull’Isola di Lyra, per cercare di capire che cosa fosse veramente successo quel giorno, ma tutti i miei sforzi si sono dimostrati vani. Non avevo soldi per pagare qualcuno che mi trasportasse fino alla mia destinazione né per comprare delle provviste nel caso avessi deciso di partire con una barca costruita da me. Inoltre, non sapendo con precisione in quale punto della Linea Rossa mi trovavo, sarebbe stato difficile trovare l’isola, perché come ho detto nessuna mappa ne segna la presenza.
Più Shari ascoltava il racconto di suo zio più si rendeva conto che, concretamente, non sapeva ancora che cosa ne fosse stato dei suoi genitori. Erano morti? Erano ancora vivi? E soprattutto dov’erano in quel momento? Adesso che nel suo cuore si era instaurata una fiammella di speranza, Shari era letteralmente sopraffatta dalla fame di verità.
La stanza intorno a lei stava diventando soffocante e la ragazzina sentiva il bisogno impellente di uscire all’aria aperta. Si portò una mano alla testa e si massaggiò la tempia con le dita. Si, ho decisamente bisogno di aria fresca.
- Shari, tutto bene? - Se quel gesto apparentemente innocente non aveva fatto preoccupare nessuno dei pirati, lo stesso non si poteva dire di Ace, che conosceva la sorella minore e sapeva che in quel momento doveva essere davvero agitata. Lei gli sorrise impacciata - Io… credo di sì, ho solo bisogno… di uscire - balbettò, poi si lanciò in avanti e mutò forma, mentre i pirati si spostavano per far spazio alla corsa della lince nera. L’animale arrivò sul pontile della Moby Dick, lo percorse e in tutta la sua lunghezza e poi saltò sulla balaustra, afferrandola con gli artigli. Fu un movimento aggraziato, tipico dei felini, e quando le zampe posteriori diedero la spinta necessaria la lince balzò in avanti con forza, iniziando a precipitare verso la superficie dell’acqua. Non la raggiunse mani, perché il felino aveva già lasciato il posto a un corvo dal folto piumaggio che, con un frullo d’ali, salì verso le nuvole.
I pensiero avevano formato un vortice nella mente di Shari che adesso sembrava ruotare senza sosta, privo di qualsiasi controllo. Ma, nonostante questo, lei si sentiva come se le fosse stato appena tolto un pesantissimo masso dal cuore. In fondo, aveva trovato suo zio e lui le aveva raccontato una storia, la sua storia, sua e dei suoi genitori.
Il piumaggio nero del corvo si stagliava sul cielo tempestato dai colori chiari dell’alba, e oltre la linea immobile del mare il sole era quasi completamente emerso e si stava preparando per la sua consueta risalita.
Inoltre, Shari rifletteva sulla sua prossima mossa.
Già, si diceva, che cosa devo fare ora? Se lo zio Roy venisse con noi al Nord, forse potrebbe indicarci la rotta per arrivare a Lyra. E se invece non ci riuscisse? Che cosa faremmo in quel caso?
Il corvo sbatté violentemente le ali.
Basta, Shari! Non serve a niente fare supposizioni di cui non puoi sapere la risposta! Aspetta e vedi che cosa succede, e solo dopo potrai interrogarti su cosa fare.
L’uccello si lasciò cullare per un poco dalla piacevole brezza mattutina, poi si lanciò in picchiata verso la nave che la aspettava paziente, ondeggiando a ritmo delle onde. Ace, Marco e Satch seguirono con gli occhi la sua discesa vertiginosa e quando Shari si fermò sul parapetto di legno il ragazzo dai capelli biondi le regalò un grande sorriso.
- Non c’è bisogno che ti dica, Shari, che ti accompagneremo al Nord e ti aiuteremo a trovare l’Isola di Lyra - disse. Il volatile arruffò le penne e sbatté i piccoli occhietti verdi.
- E inoltre, tuo zio è il benvenuto sulla nostra nave - aggiunse Satch, incrociando le mani dietro la testa. Ace lanciò un’occhiata ai suoi compagni, ringraziandoli mentalmente, poi fece un passo avanti e si appoggiò con aria svogliata alla balaustra. Fece scivolare lo sguardo verso la sfera infuocata che si arrampicava in cielo e ancora più su, fino a che si perse nel rosso dell’orizzonte.
Poi si voltò a guardare il piccolo corvo al suo fianco. - La tua è una storia davvero incredibile, sai sorellina?
L’uccello zampettò vicino al braccio del ragazzo e il suo profilo tremolò leggermente mentre assumeva le sembianze di un ermellino, che si alzò sulle zampe posteriori e rimase immobile, guardando Ace con quegli occhi piccoli e verdissimi.
- Non mi sarei mai aspettato che perfino la Marina fosse immischiata in tutta questa faccenda - continuò il giovane, allargando la bocca in un ampio sorriso, - ma non ti preoccupare. Io sono con te, qualsiasi cosa accada. Capito?
L’ermellino si avvicinò ulteriormente e si strusciò contro la spalla di Ace. Se avesse potuto, in quel momento Shari avrebbe sorriso.
In fondo, l’attesa non sarà poi così pesante.

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Capitolo 11
*** 10:Buon compleanno, Shari! ***


Il tempo, sulla Moby Dick, sembrava scorrere più veloce che in qualsiasi altro posto del mondo e senza che Shari se ne rendesse conto, da quel giorno in cui era partita dal villaggio di Foosha per cercare Ace era passato un anno. Un anno in cui erano successe cose davvero importanti, sia per lei sia per i pirati di Barbabianca.
Questi erano i pensieri che passavano nella mente del delfino nero che seguiva la rotta della nave, nuotando sotto lo scafo e risalendo solo di tanto in tanto per prendere aria.
La Moby Dick navigava a vele spiegate verso il Nord, che sembrava prendersi gioco di loro allontanandosi maggiormente ad ogni metro che loro facevano. Suo zio Roy, che aveva preso il mare con loro, aveva detto che per raggiugere Lyra dovevano spingersi più a Nord che potevano, e che l’isola si trovava esattamente al centro di un grande flusso di correnti oceaniche contrastanti, quindi era molto difficile per le navi avvicinarsi. Sentendo quelle affermazioni, Barbabianca era scoppiato in una fragorosa risata. - La mia nave non è una nave qualsiasi! - aveva detto orgogliosamente.
Il delfino nero ebbe un fremito di gioia e guizzò in avanti, tagliando l’acqua che ostacolava il suo cammino.
Ogni volta che Shari pensava al capitano della nave non poteva fare a meno di provare un piacevole senso di affetto. Perché qualche settimana prima, Barbabianca le aveva chiesto di diventare una dei suoi figli.
Shari ricordava benissimo l’espressione dell’uomo, la sua voce pacata e il sorriso che le aveva regalato.
Era successo durante la notte. Shari non riusciva a dormire, perché appena provava a chiudere gli occhi le tornavano alla mente i volti dei suoi genitori e una grande ombra minacciosa che incombeva su di loro, pronta ad inghiottirli. Così la ragazzina aveva deciso di sgranchirsi le gambe e aveva fatto un salto nella stiva della nave, dove sapeva che i pirati tenevano le provviste. L’agitazione le aveva messo fame e Shari si era seduta su un sacco, addentando lentamente una mela. Ma la pace e il silenzio della notte erano stati bruscamente interrotti da un fascio di luce accecante, che aveva illuminato a giorno la stiva e fatto fare una capriola al cuore della ragazzina. Quando il lampo si spense e l’ambiente tornò in penombra, Shari aveva lasciato cadere il suo frutto e si era portata le mani alle orecchie, coprendole e stringendo forte. Poi, era arrivato il tuono. Shari detestava i tuoni, le facevano paura e scuotevano la terra dal profondo, come se dovesse spaccarsi in due da un momento all’altro.
Improvvisamente la ragazzina aveva sentito il disperato bisogno di avere qualcuno accanto e si era alzata, continuando a tenere le mani sulla testa, per tornare nella cabina di Ace. Aveva cominciato a correre, senza guardare dove andava, finché aveva trovato una porta e ci si era letteralmente fiondata dentro. Shari si era appoggiata al legno, ansante, e con gli occhi aveva cercato la familiare figura del fratello addormentato, ma con sua sorpresa non la trovò.
Invece, si era ritrovata davanti a Barbabianca, che le aveva rivolto un’occhiata incuriosita e aveva chiesto: - Qualcosa non va, Shari? Perché tanta fretta?
Lei era arrossita fino alla punta dei capelli. Che stupida! Era entrata nella cabina sbagliata!
- Ehm, io… - aveva balbettato, ma un secondo lampo aveva squarciato il cielo e, subito dopo, arrivò un boato assordante. Shari lanciò un grido e si buttò in avanti, stringendosi al petto muscoloso del capitano della nave. Barbabianca era rimasto interdetto e continuava a fissare quella mocciosa che l’aveva abbracciato senza esitazione. Certo, l’aveva fatto perché era spaventata, ma chiunque altro avrebbe cercato di mantenere le distanze da lui, in segno di rispetto.
Quella ragazzina, invece, era diversa.
Non appena il tuono si spense in lontananza, Shari si era staccata velocemente da Barbabianca, facendo un passo indietro. Sul suo viso si leggeva la consapevolezza di aver fatto un gesto troppo avventato.
- Mi dispiace! Io… ho paura dei tuoni e… però non volevo…
L’uomo aveva allungato una mano e Shari aveva chinato la testa, aspettandosi una qualche punizione. E invece, aveva sentito il contatto delicato delle sue dita che le accarezzavano i capelli. - Shari. Unisciti alla mia ciurma. Diventa mia figlia e solca i mari con noi.
Lo aveva detto così, chiaro e tondo, senza giri di parole. Non era una richiesta, ma un ordine, anche se gentile. Shari era rimasta immobile, soppesando quella frase come per cercare un possibile inganno. Aveva alzato lo sguardo e Barbabianca le aveva sorriso, e lei si era definitivamente convinta che quell’invito veniva dal cuore. Ancora incredula e incapace di articolare dei suoi, aveva annuito.
 

 
Il delfino nero fece emergere lo sfiatatoio oltre il pelo dell’acqua e poi si immerse nuovamente, tornando a nuotare sotto lo scafo della Moby Dick. Da quella sera, la visione di Shari dei pirati con cui viaggiava era cambiata. Prima li considerava solamente dei compagni, ma adesso erano diventati i suoi fratelli. Forse un’altra persona, più matura e ragionevole di lei, si sarebbe sentita divisa tra la sua vera famiglia e quella che aveva acquisito, ma il suo cuore di tredicenne non faceva questa distinzione.
In fondo, perché non possiamo fare tutti parte di una grande, grandissima famiglia? si diceva, e per quanto si sforzasse non riusciva a trovare una risposta. E quindi, lei era diventata la figlia di Barbabianca e la sorellina minore di Marco, Satch e tutti gli altri, e ne era veramente fiera.
Quella mattina, dopo che i pirati ebbero consumato una discreta colazione, Shari si era riunita sul pontile insieme ad Ace e Marco per discutere dei compiti della giornata. Il ragazzo biondo aveva scambiato un’occhiata d’intesa con il compagno, che però era sfuggita a Shari, e poi le aveva chiesto di seguire la rotta della nave da sott’acqua.
- Perché? - l’aveva interrogato lei, eccitata.
- Questo tratto di mare è conosciuto per la presenza di grossi pesci e scogli che si innalzano verso la superfice e c’è il rischio che la nave ne urti uno. Tu potresti tenere d’occhio la situazione e avvisarci in caso ne avvistassi uno.
Ed era proprio quello che il delfino stava facendo, felice di poter essere utile e scandagliando con gli occhi le profondità marine. Tornò a bordo della nave solo all’ora di pranzo, quando la Moby Dick gettò l’ancora. All’orizzonte non si vedeva nemmeno un piccolo pezzo di terra, segno che dovevano essere in mare aperto e che le isole erano ancora molto distanti. Di solito, a quell’ora, il pontile era sempre affollato, perché i pirati sbrigavano le ultime faccende per poi potersi ritirare tranquillamente nella cambusa e mangiare. E Shari aveva imparato che non c’era nulla che i suoi compagni amassero di più di un buon pranzo, a parte trovare dei tesori ovviamente. A volte, si disse la ragazzina avviandosi verso la porta della cambusa, ho l’impressione che ragionino con lo stomaco, anziché con la testa.
Afferrò la maniglia e spalancò la porta, ma non fece in tempo a fare nemmeno un passo che un grido le esplose nelle orecchie facendola sobbalzare.
- Buon compleanno, Shari!
La ragazzina trattenne il respiro mentre si guardava intorno e i suoi occhi coglievano i sorrisi sgargianti dei pirati che la fissavano, radunati intorno al tavolo. Ace emerse dalla folla e le si piazzò davanti, squadrandola divertito. - Sembri sconvolta, Shari! Non dirmi che non sai che giorno è oggi.
Una lampadina si accese nella mente della ragazzina, che si portò una mano alla fronte e sgranò gli occhi. Come aveva fatto a dimenticarsene? - Il mio compleanno! - esclamò. Poi si guardò nuovamente intorno. - Aspetta, e voi come facevate a saperlo?
Ace rise. - Secondo te? Gliel’ho detto io, e tutti insieme abbiamo organizzato una festa, anche se mancano i palloncini, la torta con le candeline e…
Il ragazzo non riuscì a finire la frase perché la sorella minore gli saltò addosso, aggrappandosi al suo collo. Sembrava fuori di sé. - Grazie grazie grazie!
- Ehi, frena, altrimenti mi farai cadere! - gridò Ace, ma dal suo tono si capiva perfettamente che era felice quanto la sorella.
Shari mollò la presa e si diresse verso i pirati, distribuendo sorrisi e ringraziamenti. Marco le si avvicinò e Shari vide che nascondeva qualcosa dietro la schiena. Curiosa, cercò di girargli intorno, ma il ragazzo biondo seguì i suoi movimenti, impedendole di vedere.
Shari incrociò le braccia al petto. - Allora, che cos’hai là dietro?
Marco scambiò una rapida occhiata con Ace e poi con Barbabianca, quindi le mostrò l’oggetto misterioso. Era un gilet rosso, munito di cerniera e cappuccio, e a Shari piacque subito. Il suo sguardo si illuminò. - È per me? - E senza aspettare la risposta prese il gilet e lo girò per infilarlo.
Ace le avvolse le spalle con un braccio mentre Shari continuava a fissare il suo regalo, sbattendo gli occhi come per verificare se fosse reale. - Allora, ti piace? È stata un’idea di papà.
Sulla schiena del gilet era stato ricamato il simbolo dei pirati di Barbabianca, come quello che aveva Ace, e Shari fu investita dall’orgoglio. Se lo infilò lentamente, godendosi il contatto del tessuto morbido sulla pelle e il profumo che esso emanava, quindi tirò la zip fino a metà della cerniera, lasciando il top bianco appena visibile.
- Lo adoro, grazie - rispose Shari, poi si voltò verso Barbabianca e la sua espressione si fece seria. - Porterò questo simbolo con onore… padre - aggiunse, calcando bene l’ultima parola.
- Ehi - intervenne Roy, portandosi accanto alla nipote. Il suo braccio era ormai guarito e l’uomo prese la mano della ragazzina e vi depositò dentro un oggetto piccolo e rotondo. - Anche io ho qualcosa per te - Shari studiò il medaglione che suo zio le aveva dato: era d’argento e freddo al tatto, e non superava la grandezza di una pallina da golf. Sul bordo superiore c’era un gancio a cui era stata fissata una catenina sottile e sopra ad esso Shari notò un minuscolo pulsante.
Non appena lo premette, il ciondolo si aprì rivelando una fotografia all’interno. Shari avvicinò la mano al viso e studiò l’immagine. - Ma questi sono…
- Si - disse Roy, - siete voi. Tu, Kora e mio fratello. È l’unica foto che ho e l’ho conservata con molta cura per tutti questi anni. Adesso però è tua, bambina mia. Sono sicura che loro vorrebbero che l’avessi tu.
Shari sorrise, commossa, richiuse il ciondolo e se lo infilò al collo, facendolo aderire bene al petto, all’altezza del cuore.

Angolo dell'autrice:
Ciao! Ecco il nuovo capitolo! Il tempo passa per Shari e gli altri, e il loro legame si sta intensificando sempre di più! Finalmente Shari è un membro a tutti gli effetti della flotta di Barbabianca, e adesso che succederà? Riuscirà a trovare l'Isola di Lyra e i suoi genitori? Come sempre, buona lettura e ci vediamo al prossimo capitolo! Un bacio, TheBlackWolf97

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Capitolo 12
*** 11:La tempesta ***


Arrivò all’improvviso, in piena notte, come se fosse rimasta in agguato fino ad allora e avesse deciso di sferrare il suo attacco più potente proprio mentre i pirati erano addormentati, e quindi impreparati. Il primo a venire brutalmente svegliato dal movimento innaturale della nave fu Ace, che si tirò a sedere sul letto e si stropicciò gli occhi, ancora appiccicati dal sonno.
Accanto a lui, sdraiato sul tappeto verde, il lupo nero dormiva profondamente, incurante del resto del mondo.
Il ragazzo si allungò in avanti e fece capolino con la testa dall’oblò della cabina per controllare la situazione all’esterno, e quello che vide servì a svegliarlo del tutto. Scendendo dal letto in tutta fretta piegò un ginocchio a terra e scosse violentemente l’animale addormentato, gridando: - Shari, svegliati! - Il lupo nero aprì prima un occhio, poi l’altro, guardando il fratello come se fosse la prima volta che lo vedeva.
- C’è una tempesta in arrivo.
Le orecchie pelose dell’animale vibrarono e il lupo si sollevò da terra, improvvisamente agitato. Piegò la grossa testa di lato e fissò Ace con espressione interrogativa mentre lui si infilava gli stivali. - Andiamo, i ragazzi avranno bisogno di aiuto là fuori. Come a conferma delle sue parole, un’onda più forte delle altre fece dondolare la Moby Dick e per poco il ragazzo non cadette a faccia avanti. I due fratelli si precipitarono fuori dalla cabina e nello stretto corridoio incrociarono Satch, che indossava un paio di pantaloni di tela ed era a petto nudo. Aveva i capelli scompigliati e l’espressione ancora mezza addormentata.
- Ma che diavolo succede? - esclamò. Una seconda onda scrollò la nave e Satch venne sbalzato di lato, andando a sbattere contro la parete di legno. Mentre Ace gli dava una mano a rimettersi in piedi, Shari mutò forma e, facendo aderire per bene le mani ai due lati del corridoio, arrivò all’esterno della nave.
Se l’inferno fosse stato un luogo pieno d’acqua, Shari avrebbe giurato di esserci finita dentro.
La pioggia si mescolava alle onde marine e la Moby Dick era il punto d’incontro della loro furia, il ponte era simile ad un fiume che sta per straripare e gli uomini cercavano di gettare fuori bordo secchiate d’acqua. Ma tanta più loro ne riuscivano ad eliminare tanta più ne arrivava, sia dal cielo che dall’oceano. In più il vento aveva gonfiato le vele in maniera spropositata e la nave viaggiava a tutta velocità proprio verso il centro della tempesta e c’era il rischio che una delle cime si spezzasse. A Shari fu sufficiente un’occhiata per capire che la situazione era critica e che in qualche modo dovevano riuscire ad allontanarsi, ma ciò significava andare contro vento e questo non era davvero possibile.
Ci vorrebbe un vento contrario che sia più forte di quello che ci sta spingendo verso la tempesta.
- Ragazzi! Dovete ammainare le vele!
La voce possente di Barbabianca si impose sopra il rombo del vento e Shari vide il capitano della nave aggrappato con una mano all’albero maestro. Il vento era talmente forte e la nave rollava talmente tanto che nemmeno lui poteva sperare di riuscire a rimanere a bordo senza aggrapparsi ad un solido appiglio. Gli altri pirati venivano sballottati da una parte all’altra, mentre alcuni cercavano disperatamente di afferrare le cime delle vele per ammainarle e impedire così alle continue raffiche di strapparle. Un’onda si abbatté, più violenta delle altre, sulla fiancata della Moby Dick e Shari perse l’equilibrio, rovinando di lato fino a che la sua schiena cozzò contro il parapetto. L’urto la lasciò senza fiato, ma la ragazzina ebbe la prontezza di aggrapparsi alla ringhiera.
Shari vide davanti a sé suo zio, armato di secchio, che cercava di buttare via l’acqua che si stava accumulando ai suoi piedi, e poi Ace e Marco che, a fatica, raggiungevano Barbabianca.
Vento più forte… vento più forte…
Poi le venne un’idea. Ma certo! Perché non ci aveva pensato prima! Magari lei poteva creare una corrente d’aria più potente di quella che faceva avanzare la nave e rimandarla indietro. E Shari sapeva esattamente come fare. L’ultima cosa che sentì prima di lanciarsi fuori bordo fu il grido di suo fratello, ma non riuscì ad afferrare le sue parole. Non appena i suoi piedi smisero di toccare una superfice solida, il corpo della ragazzina si ingrandì a dismisura e una gigantesca aquila nera sbatté le potenti ali per prendere quota. La sua figura immensa si stagliò contro il cielo colmo di nuvole scure e minaccioso e i pirati rimasero attoniti a guardare il volo di quell’animale maestoso.
Shari era concentrata come non mai. Le sue ali, con un’apertura di oltre sette metri, non avevano nessuna difficoltà ad opporsi alle raffiche che cercavano di farle perdere velocità e, una volta raggiunto il punto giusto, si fermò e rimase sospesa a mezz’aria, esattamente di fronte alla nave. A quel punto fu chiaro a tutti che cosa volesse fare, e dai pirati partirono grida di incitamento ed esclamazioni incredule.
L’aquila iniziò a sbattere freneticamente le ali, lottando contro la furia della tempesta, e quando vide che la nave cominciava a frenare la sua corsa si sforzò di intensificare il movimento.
Obbediente, la Moby Dick prese ad arretrare, allontanandosi lentamente dal cuore della tempesta e tornando verso acque più calme. Ma la grande aquila ben presto fu allo stremo delle forze, mentre il vento sembrava animato da un’energia ultraterrena. Shari sentiva ogni singolo muscolo dolerle per l’enorme sforzo che stava compiendo e ad ogni battito d’ali si rendeva conto che non avrebbe retto ancora a lungo. Tuttavia non smise, perché sapeva benissimo che la sopravvivenza dei suoi compagni dipendeva dalla sua capacità di resistenza.
Il rumore assordante delle raffiche di vento opposte che lottavano l’una contro l’altra aveva inghiottito completamente la voce dei pirati, che adesso Shari faticava anche a vedere. Ma una cosa era chiara: la sua strategia aveva funzionato, e adesso la Moby Dick era fuori dalla portata della tempesta che si stava allontanando nella direzione opposta.
Con un ultimo, enorme sforzo, la gigantesca aquila diede un ultimo colpo d’ali e la nave fece un guizzo in avanti. Poi, sfinito, l’uccello si lasciò cadere a peso morto verso la superfice del mare. Delle onde si sollevarono indispettite quando l’aquila si inabissò, e a quel punto Shari si sentì invadere da un forte dolore alle ossa. La sua mente si rifiutava di collaborare e per alcuni, infiniti istanti la ragazzina sembrò priva di conoscenza. Poi, gli occhi grandi e verdi dell’uccello si spalancarono e Shari tornò ad assumere la sua forma umana. Riusciva a sentire l’abbraccio dell’acqua diventare sempre più freddo e la luce che filtrava dalla superficie farsi sempre meno intensa ma, per quanto ci provasse, non riusciva a mutare in un delfino, uno squalo o qualsiasi altra creatura acquatica.
Shari chiuse gli occhi, mentre bolle d’aria sempre più piccole salivano verso l’alto.
Poi, qualcosa la afferrò per un braccio e la trascinò in avanti, verso il sole e l’aria pulita. Quando la testa di Shari fu nuovamente fuori dal mare, la ragazzina iniziò a tossire freneticamente e nella fretta di riempire i polmoni di ossigeno inghiottì anche molta acqua. Le orecchie le fischiavano e il cuore batteva all’impazzata dentro il suo petto, tanto che Shari non sentiva nulla di quello che le accadeva intorno. Qualcuno la sollevò da sotto le ascelle e poi il suo corpo fu avvolto da una coperta, calda e morbida.
- Shari! Shari, mi senti?
La ragazzina tossì e sputò fuori acqua di mare, poi aprì lentamente gli occhi. Suo zio Roy la teneva tra le braccia e strofinava le mani sul suo corpo, sul torace, sulle gambe, cercando di scaldarle. Appena incrociò lo sguardo della nipote, l’uomo le sorrise, ma Shari notò che aveva gli occhi lucidi e il viso arrossato.
Inginocchiato accanto a loro, Ace tirò un sospiro di sollievo e allungò una mano per accarezzare i capelli fradici della sorella.

Angolo dell'autrice:
Salve! Allora, in questo capitolo Shari s'e l'è vista brutta, vero? E anche Ace e suo zio Roy si sono presi un bell spavento! Fatemi sapere che cosa ne pensate, ci conto! Grazie e buona lettura, Wolf97

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Capitolo 13
*** 12:Terra? No, neve ***


Shari si svegliò intorpidita e affamata il pomeriggio del giorno successivo alla tempesta. Il dottore aveva detto che bisognava lasciarla riposare e che nessuno doveva disturbarla, per nessun motivo, così Shari era stata portata nella cabina di Ace e adagiata sul letto.
La ragazzina si tirò su a sedere, massaggiandosi le tempie con le dita. La testa le doleva terribilmente e si sentiva come se le fosse appena passata sopra una mandria di bufali inferociti. Sul comodino appoggiato alla parete era stata poggiata una tuta bianca, e solo in quel momento Shari realizzò di avere ancora addosso i vestiti bagnati del giorno prima. Si cambiò e poi uscì, percorrendo il corridoio in tutta la sua lunghezza fino a ritrovarsi nella cambusa della nave. La fame si faceva sentire sotto forma di acuti crampi e Shari entrò, impaziente di mettere qualcosa sotto i denti. A quell’ora i pirati erano quasi tutti a lavoro all’esterno della Moby Dick, ma i pochi che erano rimasti sottocoperta la salutarono allegramente e la interrogarono sulle sue condizioni. Uno strano tipo, vestito con un kimono e i capelli neri legati sopra la testa, la invitò a sedersi vicino a lui. Shari afferrò due mele da una cassetta accanto alla porta della cambusa e poi si sedette di fronte all’uomo, sorridendogli cordialmente.
- Non ci siamo mai parlati, prima, mi sembra - esordì lui, appoggiando la testa su una mano e scrutando la sua interlocutrice mentre addentava voracemente il primo frutto.
Shari scosse la testa e quando mandò giù il boccone disse: - No, ma io so chi sei. Sei Izo, il comandante della sedicesima flotta.
Izo sollevò un sopracciglio, divertito. - Vedo che sei ben informata. Scommetto che Ace ti ha raccontato vita morte e miracoli di ogni singola persona che sia anche solo passata per questa nave, eh?
Shari annuì e l’uomo si mise a ridere. La ragazzina addentò nuovamente la mela e ne mangiò una buona metà, poi Izo avvicinò il viso al suo. - A proposito, grazie. Per averci salvato, dico.
Shari finì di masticare e fece un gesto sbrigativo con la mano. - Dovere di bravo pirata - rispose, sentendosi segretamente orgogliosa di quelle parole.
Izo rimase in silenzio, dicendosi che quella ragazzina era più in gamba di quanto pensasse. Shari mangiò velocemente anche la seconda mela, poi si alzò per prenderne una terza. Izo la seguì con lo sguardo e sorrise quando la ragazzina rimase immobile davanti alla cassa e poi afferrò un quarto frutto. - Siamo affamati, vedo.
Shari arrossì e mosse qualche passo per tornare a sedersi, ma una voce improvvisa la fece sobbalzare e le mele caddero sul pavimento, rotolando sotto i tavoli.
- Terra!
Shari sentì che le sue gambe si muovevano da sole, come mosse da una volontà invisibile, e cominciò a correre verso la porta. Non badava più nemmeno ai pirati che le chiedevano come si sentisse: pensava solo a raggiungere l’esterno della nave. Spalancò la porta, che sbatté contro la parete di legno con un sonoro “bang”, e mutò in un gabbiano. Salì in una verticale perfetta fino al punto più alto dell’albero e si appollaiò sopra di esso, scrutando l’orizzonte con i profondi occhi verdi. Anche se il suo corpo era protetto da uno spesso strato di piume, Shari riusciva a percepire che la temperatura si stava rapidamente abbassando e in lontananza individuò diversi blocchi di ghiaccio che galleggiavano sul pelo dell’acqua.
E, dietro agli iceberg, il gabbiano nero poté distinguere chiaramente il profilo di una foresta. Era molto estesa e gli alberi erano quasi interamente coperti da un candido manto di neve. Alla ragazzina venne in mente l’inverso a Foosha, freddo ma mai accompagnato da nevicate, e rimase impressionata nell’osservare quell’immensa distesa bianca.
La Moby Dick procedeva sicura, le vele gonfiate dal vento, e man mano che si avvicinava all’isola Shari riusciva a vedere sempre più oltre la foresta. Per esempio, notò che la costa era molto frastagliata, priva di spiaggia ma ricchissima di strapiombi alti circa tre metri, e poi cominciò ad intravedere il profilo di una montagna. Deve essere il vulcano, pensò, ricordandosi di quel che le aveva detto suo zio Roy.
Shari aprì le ali e scese verso il ponte, dove anche Ace, Marco e Barbabianca stavano osservando rapiti la nuova terra che gli si presentava davanti. Il gabbiano si posò sulla spalla di Ace, che sollevò una mano e le accarezzò le piume. - Ben tornata, Shari.
- Vedo con piacere che ti sei ripresa, mocciosa - commentò Barbabianca senza distogliere lo sguardo dall’isola. Sulle sue labbra, però, comparve l’ombra di un sorriso. Dall’alto della sua postazione, Satch gridò: - Abbiamo un iceberg di prua! Dobbiamo virare, altrimenti andremo a sbattere!
E la nave, obbediente, venne guidata dalle mani abili del timoniere ed evitò l’ostacolo senza problemi. Più si avvicinavano all’isola più l’aria diventava pungente, e qualcuno degli uomini corse sottocoperta per prendere i vestiti pesanti. Shari mutò forma, stringendosi le braccia contro il petto, si avvicinò alla balaustra. Suo zio le poggiò una mano sulla spalla.
- Quella è Lyra, vero? - si informò la ragazzina, gli occhi che brillavano di una strana luce smeraldo.
- Si, Shari. Siamo tornati a casa.
Sul ponte della Moby Dick calò il silenzio mentre navigavano dritti in direzione della meta, e Shari ebbe modo di riflettere sulle parole di suo zio. Guardandosi intorno, si chiese che cosa avrebbe fatto una volta raggiunta l’isola e, magari, ritrovato i suoi genitori. Avrebbe dovuto scegliere dove vivere? Questo pensiero la tormentava.
Io non voglio! gridava nella sua testa, però sembrava non essere poi così convinta di quanto affermava.
- Zio, tutta l’isola è coperta dalla neve? - chiese, cercando di distrarsi e di controllare il timbro della voce per non far trapelare i suoi dubbi. L’uomo annuì.
- Vedi, le correnti oceaniche e i venti che battono Lyra sono entrambi molto freddi, e il clima dell’isola è sempre molto rigido. La foresta che stiamo ammirando in questo momento si trova a Ovest del vulcano, mentre il villaggio è dalla parte opposta, a Est.
- È possibile raggiungerlo in nave? - domandò Marco, interessato alla conversazione quanto tutti gli altri pirati.
Roy rifletté un momento, poi rispose: - Bhe, certo. Ma non credete che, vedendo arrivare una nave pirata, gli abitanti del villaggio possano mettersi in allarme? Insomma, non vorrei sembrare scortese, ma non godete di una buona fama.
Ace incrociò le braccia al petto. - Credo che Roy abbia ragione. Inoltre, secondo me non è necessario sbarcare in massa. Potremmo organizzare una piccola squadra che accompagni Shari e suo zio sull’isola.
I pirati si voltarono verso il capitano della nave, consapevoli che la decisione finale spettava unicamente a lui. Barbabianca si portò una mano al volto e accarezzò la punta di uno dei baffi, osservando il cielo pensieroso.
- Ascoltate, ragazzi - disse infine, - Ace ha ragione. Sbarcare tutti quanti e lasciare la nave incustodita sarebbe una pazzia. Ormeggeremo la nave sulla costa Ovest e poi il gruppo raggiungerà il villaggio a piedi. Marco, Ace, e anche tu Satch, sarete voi ad andare con Shari.
Poi Barbabianca si rivolse ad un uomo robusto, i capelli corti e neri e la barba folta, che fumava un sigaro e aveva il viso solcato da una cicatrice.
- Fossa, quante scorte di cibo ci sono rimaste?
- Non molte, padre. Presto dovremo fare rifornimento.
Barbabianca tornò a rivolgersi a Marco. - Bene, allora il vostro compito è anche quello di riempire la stiva della nave. Comprate tutto quello che serve al villaggio.
Il ragazzo biondo annuì, poi lanciò un’occhiata al cielo. Il sole stava iniziando la discesa verso la linea del mare e presto sarebbero rimasti senza la sua preziosa luce. Shari gli lesse la domanda negli occhi prima ancora che lui potesse formularla e si affrettò a rassicurarlo.
- Sarebbe meglio aspettare fino a domani, dato che il sole sta tramontando. E inoltre, io ho una fame da lupi e non credo che dopo cena sarò in grado di reggere per molto. Marco sorrise e le arruffò i capelli con una mano. - Bene, allora è deciso. Domani attraccheremo e finalmente sbarcheremo sull’Isola di Lyra!
 

 
- Ace?
- Uhm?
- Credi che i miei genitori siano ancora vivi?
Il ragazzo si rigirò nel letto per guardare la sorella. Era seduta sul tappeto verde, a gambe incrociate, e teneva gli occhi bassi con un’espressione pensierosa. Si aspettava quella domanda, ma non era affatto preparato a risponderle. Doveva dirle che sicuramente loro erano vivi e che li avrebbe rivisti presto? Non rischiava di darle false speranze?
Come se lei gli avesse letto nel pensiero, alzò lo sguardo e lo fissò con quegli occhi di smeraldo che non lasciavano scampo a chi li osservava.
- Voglio la verità, Ace. Che cosa pensi veramente?
Lui sospirò. - Non lo so, Shari.
La ragazzina non disse più nulla. Rimase a guardarlo per alcuni minuti, poi assunse le sembianze di un gatto e si acciambellò sul pavimento. 

Angolo dell'autrice:
Ci siamo quasi, cari lettori e lettrici! Nei prossimi capitoli, Shari tornerà finalmente a casa, nel villaggio dove è nata! Riuscirà a trovare i suoi genitori? E poi, ripartirà con Barbabianca e i suoi pirati o rimarrà sull'isola? Bhe, fatemi sapere che cosa pensate! Buona lettura e un bacio, Wolf97

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Capitolo 14
*** 13:L'isola coperta di bianco ***


- Sei pronta, Shari?
La ragazzina si diede un’ultima occhiata, decise che era tutto in ordine e aprì la porta della cabina. Si era rimessa i suoi vestiti e aveva sistemato la tuta bianca sul letto del fratello. Ace le consegnò una sacca in cui aveva sistemato alcune mele, una pagnotta e un pezzo di carne affumicata e Shari se la mise in spalla. Era nervosa, ma cercava di non darlo a vedere.
- Possiamo andare - mormorò.
Sul ponte della nave Roy, Marco e Satch li stavano aspettando, ognuno stringendo la propria sacca e con lo sguardo rivolto verso la foresta che sembrava sollecitarli a fare in fretta. Shari rivolse uno sguardo al cielo, coperto da una cappa di nubi minacciose, e si rabbuiò. Aveva sperato di poter visitare l’isola sotto la luce chiara del sole, e invece nell’aria c’era odore di pioggia. La Moby Dick era stata attraccata a poche decine di metri dalla riva, e la barca che avrebbe trasportato la squadra fino alla costa era già stata calata in mare, in attesa. Satch fu il primo a salire, seguito da Marco e poi da Roy.
Ace appoggiò una mano sulla schiena della sorella minore.
- Coraggio - le disse sorridendo. La ragazzina fece un respiro profondo, poi saltò sulla barca e si accomodò accanto a suo zio. Data la bassa temperatura, Marco consegnò ai compagni delle pesanti mantelle nere, provviste di ampie maniche e di un cappuccio.
Alcuni dei pirati, dall’alto della Moby Dick, alzarono una mano in segno di saluto mentre la barca si allontanava verso l’isola.
- Sai Shari - disse Roy, gli occhi sognanti, - sono davvero curioso di vedere se il villaggio è ancora come tanti anni fa.
- Credi che ti riconosceranno? - domandò lei.
- Bhe, non so… È passato davvero molto tempo.
Il resto del viaggio proseguì in silenzio, e il solo rumore che si sentiva nell’aria era il fruscio dei remi che spostavano l’acqua per far avanzare la barca.
Più si avvicinavano, più Shari aveva difficoltà a rimanere seduta. Come se gli alberi, la roccia degli strapiombi e la neve che ricopriva l’isola esercitasse su di lei un’attrazione ancora più forte di quella di una calamita. La mente di Shari lavorava vorticosamente, cercando di immagazzinare più informazioni possibili.
Lasciarono la barca in un punto dove le onde del mare non l’avrebbero sbattuta contro la parete rocciosa e poi cercarono un punto da dove sarebbe stato possibile salire fino alla foresta. Ace aprì il suo zaino e ne estrasse una corda, che consegnò a Shari. - Tu puoi arrivare là su prima di noi. Legala ad un albero e poi aspettaci.
La ragazzina mutò forma e il corvo afferrò la corda tra gli artigli, salendo poi oltre lo sperone roccioso. La neve era soffice e gli stivali di Shari vi affondarono leggermente, lasciando chiare impronte dietro di loro. La ragazzina si affrettò ad assicurare la fune all’albero più vicinò a se un paio di volte per accertarsi che avrebbe retto e poi si sporse oltre il bordo dello strapiombo.
- Salite!
Una volta raggiunta dai suoi compagni, la squadra poté finalmente iniziare il vero viaggio, nell’entroterra dell’isola.
Roy si portò in testa al gruppo, dato che era l’unico che poteva trovare la strada per il villaggio. Lo seguivano Marco, Satch, Ace e infine Shari, che rimaneva spesso indietro per osservare con attenzione la foresta intorno a se.
Gli alberi non erano molto fitti in quel punto, ma il terreno innevato rendeva comunque più difficile la marcia, perché c’erano punti in cui si affondava fino al polpaccio. L’ambiente sembrava deserto, e a parte qualche uccello che sorvolava l’isola Shari non vide nessun animale.
- Credi che il villaggio sia molto distante? - chiese Marco a Roy, mentre l’uomo si fermava e si guardava intorno.
- Difficile da dire. Ma, in ogni caso, faremo meglio ad arrivare al vulcano. Da lì parte un sentiero che porta dritto in paese.
Shari fece scorrere lo sguardo oltre le cime degli alberi e si soffermò sulla punta dell’imponente montagna che si riusciva a malapena a scorgere. Il gruppo camminò per circa un’ora, poi la foresta davanti a loro si aprì e il vulcano apparve in tutta la sua magnificenza, ergendosi verso il cielo grigio. Shari superò i compagni e saltò su una roccia, come per farsi il più vicino possibile alla montagna.
- Accidenti, è davvero enorme! - commentò Ace, sinceramente impressionato.
Il pendio del vulcano era spoglio di alberi, ma appariva bianco esattamente come tutto il resto dell’isola. La neve si era accumulata sulle rocce che sporgevano dal terreno e il vulcano aveva l’aspetto di un gigantesco mucchio di nevischio. Shari provò ad immaginarsi come doveva apparire quell’ambiente durante un’eruzione. La lava avrebbe iniziato a colare inesorabilmente lungo la fiancata, inghiottendo qualsiasi roccia, albero o animale che avesse avuto la sfortuna di trovarsi sul suo cammino.
Un inferno di lava.
- Da quanto tempo è inattivo, zio? - si informò, con un leggero tremore. L’uomo la guardò per un attimo, poi rise. - Non erutterà, se è questo che vuoi sapere. Il nostro vecchio non ha mai dato problemi agli abitanti del villaggio.
Ripresero la marcia. Ci misero un’altra ora per girare attorno alla circonferenza del vulcano e, una volta giunti dall’altra parte, trovarono il sentiero indicato da Roy, che si inoltrava nella foresta in direzione della costa Est.
- Nonostante la temperatura molto rigida, le acque di Lyra sono ricche di pesci, e noi dipendevamo dai nostri pescatori e dalla loro abilità - raccontò Roy mentre camminavano. - Ma andavamo anche a caccia nella foresta, anche se la maggior parte delle volte eravamo costretti ad accontentarci di qualche uccello e qualche coniglio, dato che le prede migliori venivano mangiate dai predatori.
- Ma non abbiamo incontrato nemmeno un animale da quando siamo arrivati - fece notare Shari, perplessa. Quello era un particolare che le metteva una certa inquietudine. Suo zio le lanciò un’occhiata divertita.
- Se non li hai visti, non vuol dire che non ci siano. Credimi, in questo momento ci saranno almeno una dozzina di occhi puntati su di noi.
Marco si guardò intorno, cercando di individuare eventuali spostamenti sospetti tra la vegetazione, ma la foresta era silenziosa e immobile. Il gruppo attraversò una piccola radura e poi si ritrovò nuovamente circondata dagli alberi, che si stavano facendo via via più fitti. Presto divenne difficile avanzare, sembrava che la foresta si stesse richiudendo su se stessa per impedirgli di raggiungere la costa. - Ci siamo quasi! - esclamò Roy, spostando un ramo che gli ostruiva la via.
E poi, con un ultimo sforzo, furono fuori dalla foresta.
Shari osservò la distesa di colline innevate che si era aperta ai suoi occhi e vide, qualche chilometro più in là, rigagnoli di fumo che salivano in alto verso le nuvole.
Il rumore delle onde che si infrangeva violentemente contro la scarpata rocciosa tornò ad accarezzarle le orecchie, ma Shari lo sentiva a malapena. Non riusciva a staccare lo sguardo dai tetti delle case del villaggio, dai comignoli di pietra che rigettavano fuori il fumo e dalle persone che comparivano e sparivano tra i vicoletti e dentro le case. Suo zio le circondò le spalle con un braccio e appoggiò la guancia ai suoi capelli.
- Bentornata a casa, bambina mia.
 

 
Shari percorse gli ultimi metri che la separavano dalla prima costruzione del villaggio con il cuore in gola. Suo zio era davanti a lei e sembrava impaziente di rivedere i volti dei suoi amici, ma lei si sentiva un pesce fuor d’acqua. Aveva sempre pensato che, se mai fosse riuscita a tornare nel luogo in cui era nata, avrebbe sicuramente riconosciuto l’ambiente, le persone e la sua casa. Ma adesso, con le dita strette intorno alla mano di Ace e i piedi pesanti, si rese conto che quello per lei era un poso assolutamente estraneo.
Qualcuno dei paesani si voltò a guardare quel gruppo di stranieri con aria incuriosita, e gli occhi di molti si illuminarono quando riconobbero Roy. Gli andarono incontro, lo abbracciarono, gli diedero delle affettuose pacche sulle spalle. In breve tempo intorno al gruppo si formò una piccola folla, ed ognuno poneva domande diverse all’uomo, che sorrideva a tutti. Poi, da un punto indeterminato in mezzo a quel mare di persone, una voce si levò più forte delle altre.
- Fatemi passare! È mio fratello!
Un uomo apparve davanti a Roy e subito i due si abbracciarono con trasporto. La stretta di Shari sulla mano di Ace si fece sempre più intensa, perché la ragazzina aveva riconosciuto l’uomo della fotografia del suo medaglione.
E, quando lui si staccò dal fratello e incrociò il suo sguardo, il tempo sembrò fermarsi. Come se anch’esso, come Shari, stesse trattenendo il respiro.
Il nuovo arrivato aprì la bocca, ma da essa non uscì alcun suono. La richiuse, poi la aprì nuovamente. Sembrava che di colpo non avesse più abbastanza ossigeno e cercasse disperatamente di raccogliere più aria possibile. Roy gli posò una mano sulla spalla, gli occhi appannati dalle lacrime. I due fratelli si guardarono. Roy annuì, senza parlare. L’altro tornò a guardare la ragazzina.
- Shari.

Angolo dell'autrice:
Ciao! Finalmente ci siamo! Shari e suo padre si sono finalmente ritrovati! Anche voi siete super felici? Io davvero tanto!! Va bene, mi calmo... Comunque, buona lettura come sempre e vi aspetto al prossimo capitolo! Un bacio, Wolf97

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Capitolo 15
*** 14:Riavvicinarsi ***


Anni dopo, a Shari sarebbe bastato chiudere gli occhi per riportare alla mente il primo abbraccio che ricevette da suo padre. Fu qualcosa di talmente voluto, atteso e speciale che se si concentrava riusciva ancora a percepire la sua vicinanza e il profumo che emanavano i suoi vestiti.
Suo padre l’aveva circondata con le braccia, affondando il viso nei folti ricci e accarezzandole dolcemente la testa con la mano. Shari sentiva il suo respiro sul collo e i singhiozzi che lui cercava di smorzare, senza successo. I loro due corpi sembravano essersi fusi insieme per non doversi staccare mai più.
- Papà - mormorò. Nelle sue orecchie quella parola suonò strana, quasi sbagliata, perché oramai Shari era abituata a chiamare Barbabianca in quel modo. Eppure non si sentì in colpa verso il capitano della nave. Lui sapeva, e aveva accettato tutto.
Aadian si scostò dalla figlia ma non la lasciò andare. La guardò, studiandone i lineamenti come se volessi impararli a memoria, e le lacrime si mescolarono ai sorrisi. - Sei qui. Finalmente. Non sai quanto ti ho aspettata, piccola mia.
Le prese il viso tra le mani e le asciugò gli occhi. - Fatti guardare. Hai la bellezza di tua madre, lo sai? - La ragazzina si strinse al petto del padre, desiderando che il tempo si fermasse. Sentiva su di sé le occhiate incredule degli abitanti del villaggio e anche di Ace, Marco e Satch, ma nulla riuscì a intaccare quel momento di pura gioia.
Poi, suo padre alzò il viso e parlò ai suoi compagni: - Immagino che debba ringraziare voi per avermi riportato mia figlia. Grazie. Dal profondo del cuore.
Ace fece un passo avanti e strinse la mano che Aadian gli offriva.
- Dovere, signore.
- Ah! Non chiamarmi signore, ragazzo mio! Mi fa sembrare più vecchio di quanto in realtà non sia! - rise l’uomo.
Shari, che non aveva staccato gli occhi dal viso del padre per tutto il tempo, ne studiava i lineamenti, notando che quando sorrideva gli compariva una piccola fossetta sul mento e che i suoi occhi sembravano brillare.
Intanto, intorno a loro, gli abitanti del villaggio si scambiavano occhiate meravigliare mentre osservavano la ragazzina stretta al loro compaesano, sussurrandosi nelle orecchie e dandosi colpetti con i gomiti. Alcuni di loro sorridevano, altri avevano un’espressione confusa. Ma, alla fine, tutti quanti tornarono lentamente ai loro lavori.
La folla che si era creata intorno ai nuovi arrivati sciamò nelle strade del villaggio, disperdendosi tra i vicoli o dentro le case.
Aadian passò una mano tra i capelli della figlia, guardò raggiante il fratello e disse: - Venite, andiamo a casa mia. Sono sicuro che ci sono molte cose di cui dobbiamo parlare.
Si incamminò lungo la via e Shari lo seguì, con la precisione di un’ombra, incapace di staccare le dita da quelle dell’uomo. Aveva paura che, se lo avesse lasciato andare, lui sarebbe sparito. Rivolse uno sguardo alle sue spalle per assicurarsi che Ace, Marco e Satch la stessero seguendo, e si rassicurò quando i tre le fecero un cenno con la testa e si incamminarono dietro di lei.
Il villaggio si sviluppava lungo una via principale, lunga e stretta, ai quali lati si trovavano le case e le varie botteghe. Da essa, inoltre, partivano anche diverse stradine che costeggiavano le costruzioni più distanti.
La casa di Aadian, come aveva detto Roy nel suo racconto, si trovava in cima ad un promontorio e per arrivarci c’era una ripida stradina che si inerpicava fino alla soglia dell’abitazione. Shari iniziò a studiarla da lontano, cercando nei recessi della sua mente qualcosa che potesse farle ricordare la casa dove era nata, ma non trovò nulla.
Era una casa ad un piano, il tetto era costituito da tegole sovrapposte le une alle altre, coperte da uno strato di neve da cui qua e là si riusciva ad intravedere una piccola macchiolina rossa, e le pareti erano in pietra grigia. Sulla sinistra c’era una seconda tettoia, anch’essa ricoperta di bianco, e sotto di essa sonnecchiava un vecchio cavallo dal manto grigiastro, che sollevò appena le orecchie quando il gruppo si avvicinò.
La porta era socchiusa e Aadian la spinse leggermente, facendosi poi da parte per far passare i suoi ospiti.
Shari respirò a pieni polmoni e sentì un aroma delicato di gelsomino. Si ritrovò in un piccolo saloncino dal soffitto basso, munito di mobili di legno scuro e di due poltrone disposte a semicerchio di fronte ad un caminetto in cui scoppiettava il fuoco. Era un ambiente confortevole e la ragazzina si sentì subito a suo agio tra quelle quattro mura e quegli oggetti che, in qualche modo, rappresentavano la sola strada per ricordare gli anni vissuti con i suoi genitori.
Marco, che era entrato per ultimo, chiuse la porta alle sue spalle e scivolò di lato, accanto ad Ace e Satch, mentre Shari e il padre si accomodavano sulle poltrone al centro della stanza. Roy appoggiò una mano sulla spalla del fratello.
Le dita di padre e figlia non si erano lasciate per tutto il tragitto, e adesso spiccavano tra loro, come a voler confermare il legame che li univa.
- Shari. Devi dirmi che cosa ti è successo in tutti questi anni - disse Aadian, lo sguardo perso in quello della figlia.
Shari fece un lungo respiro, poi aprì la bocca e iniziò a parlare.
 

 
- E poi siamo sbarcati sull’isola. Bhe, credo che questo sia tutto.
Quando la voce di Shari si spense nell’aria, fu come se tutti riemergessero da un sogno ad occhi aperti. Si erano lasciati catturare dalle sue parole, e Shari aveva raccontato tutto quello che poteva. Gli anni del Prima, bui e solitari, l’incontro con Ace e Rufy, il dolore per la partenza del fratello e la sua decisione di seguirlo. E poi ancora, le sue giornate a bordo della Moby Dick e, naturalmente, di Barbabianca.
Per Ace fu come essere trascinato indietro nel tempo e tornare bambino, trovarsi davanti al viso lentigginoso di Shari e alle sue treccine scure che le penzolavano dalla testa.
Nella piccola stanza scese il silenzio, interrotto solamente dal crepitio delle fiamme racchiuse dal camino di pietra. Aadian guardava intensamente la ragazzina, i cui lineamenti gli ricordavano un altro viso, chiuso nel profondo della sua mente e del suo cuore.
- Hai avuto una vita intensa, figlia mia. Una vita di cui, mi rendo conto, io non faccio parte.
Shari avrebbe voluto protestare, ma il padre la fermò con una delicata pressione sulle mani.
- Ma voglio che tu sappia, Shari, che se non ci sono stato nella prima parte della tua crescita, nessuno mi impedirà di starti accanto in quella che verrà.
Ace abbassò gli occhi e sentì gli occhi di Marco e Satch perforargli la schiena. Era arrivato il momento della scelta, lo sapeva molto bene. Shari avrebbe dovuto decidere se rimanere con suo padre o ripartire con lui e gli altri. Ma, e questa era la domanda che più lo ossessionava, i pirati di Barbabianca avrebbero mai potuto avere la stessa importanza di Aadian nel cuore di Shari? Lui avrebbe mai potuto avere la stessa importanza?
- Papà - disse Shari, - ci sono altri Mutaforma sull’isola?
Il viso di Aadian si indurì, l’espressione si fece di colpo dura e indagatrice, e l’uomo rivolse un’occhiata ai tre ragazzi alle spalle della figlia. Sembrava che stesse valutando se fosse il caso di parlare o di mantenere il segreto. Shari gli strinse le mani e lo incitò con lo sguardo a proseguire.
- Si - rispose infine l’uomo, sospirando, - ma non vivono più al villaggio con noi. Si sono rifugiati nella foresta, la fascia che si trova a nord dell’isola è molto fitta - Lo sguardo smeraldo della ragazzina brillò alla luce proiettata dalle fiamme.
- Quanti sono?
- Due.
Shari rimase a bocca aperta, e qualcosa molto simile alla rabbia si insinuò dentro di lei come un serpente velenoso pronto a mordere. Due. Erano rimasti solamente due Mutaforma. Tre, la corresse una voce nella sua testa. Ma non faceva molta differenza. Tre persone erano tutto quello che rimaneva della sua gente, che un tempo aveva abitato l’isola proprio come gli uomini e le donne del villaggio.
E questo bastava a farle capire la brutalità della guerra che si era consumata su quella terra, a testimoniare la crudeltà della Marina.
Una domanda le nacque spontanea nella mente, ma l’espressione di suo padre la fece desistere dal pronunciarla ad alta voce. Poteva rispondersi benissimo da sola, ma faceva male.
Nessuna di quelle due persone è mia madre.

Angolo autrice:
Ciao! Lo so, sono in ritardo, ma sono stata impegnata con la scuola! Comunque ecco a voi questo nuovo capitolo, spero vi piaccia! Bhe, che dire, Shari si trova divisa tra due famiglie: che cosa sceglierà? Leggete e lo scoprirete! Un bacio, Wolf97

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Capitolo 16
*** 15:Il posto giusto ***


Shari si tormentava le mani, intrecciando le dita le une alle altre e nascondendole sotto le ampie maniche della mantella nera. Camminava svogliatamente dietro a suo padre, e sentiva i passi di Ace e degli altri compagni che avanzavano accanto a lei. Stavano percorrendo la costa, e il mare che si infrangeva sugli scogli era il solo rumore ad accompagnare la loro marcia. Aadian le aveva detto che i Mutaforma rimasti sull’isola avevano un piccolo accampamento a qualche chilometro dal villaggio. Shari non sapeva se essere eccitata o spaventata da quell’incontro.
Alla sua sinistra, Marco inciampò in un cumulo di neve e borbottò qualcosa.
- Papà? - chiamò, e l’uomo voltò la testa per lanciarle una rapida occhiata.
- Quanto dista ancora l’accampamento?
- Ci siamo quasi, Shari. Vedi laggiù, dove il pendio volta bruscamente verso l’interno? Da lì si riesce a scorgere la casa di Cole e Jan.
- Che tipi sono? - volle sapere Ace, allungando il passo per affiancarsi ad Aadian. L’uomo gli fece un sorriso divertito. - Sei preoccupato per Shari, ragazzo?
Ace si sentì arrossire e abbassò gli occhi. Poteva percepire l’occhiata perforatrice di Shari sulla sua schiena. Non rispose e fece finta di osservare le onde che sbattevano sulla scogliera.
L’accampamento, come Shari ebbe modo di rendersi conto, non era altro che una grossa tenda montata al centro di una piccola radura innevata, tenuta dritta da robusti pali di legno. Gli alberi che la circondavano le offrivano un riparo dal vento freddo che arrivava dal mare e di fronte alla tenda, un piccolo cerchio di pietre stava ad indicare la frequente accensione di un fuoco. Shari cercò con gli occhi le due persone che vi abitavano, e le trovò quasi subito. Erano seduti su un tronco d’albero, avevano addosso dei pesanti abiti invernali e stavano parlando. Uno dei due era un uomo di circa quarant’anni, i capelli grigi che svolazzavano scompigliati dal vento. anche da quella distanza, Shari poté percepire il forte odore di muschio che emanava, così come il suo compagno. Ma fu quest’ultimo ad attirare completamente la sua attenzione.
Sembrava giovane, forse aveva un anno meno di Ace, e aveva i capelli color sabbia.
Senza capirne il motivo, non appena i suoi occhi si posarono sul suo viso il cuore di Shari ebbe un sussulto.
E quando il ragazzo incrociò il suo sguardo, Shari rimase immobile, perdendosi in quelle iridi azzurre.
 

 
- Cole, Jan, vi presento mia figlia.
Era come se tutto il corpo di Shari fosse attraversato da una sorta di corrente elettrica, che partiva dal petto, all’altezza del cuore, e si propagava fino alla punta delle dita.
Spostava lo sguardo dal ragazzon all’uomo che aveva davanti e, nei loro occhi, vedeva che anche loro in qualche modo condividevano la sua eccitazione.
L’uomo fece un passo avanti e tese una mano. I capelli grigi frusciarono a quel movimento e gli occhi castani non lasciarono neanche per un attimo quelli della ragazza. Shari la prese esitante. La stretta dell’uomo era gentile, calda e accogliente, e le trasmise una sensazione di pace e in qualche modo di amore.
- Sei una Mutaforma.
- Si.
La mente di Shari fu attraversata da un’immagine, nitida come una fotografia: un villaggio, case colorate, uomini e donne che passano da una forma all’altra e bambini che ridono.
Si portò una mano alla tempia e la massaggiò vigorosamente. - Ma che cos’era?
L’uomo si voltò a guardare il ragazzo. - Jan - lo riprese.
I due ragazzi si guardarono, consapevoli di essere osservati da tutti i presenti ma in qualche modo estranei a tutto quello che avevano intorno. Jan aveva gli occhi di un azzurro magnetico, indefinibile, e i capelli lisci color sabbia gli circondavano il viso dai lineamenti decisi. Ma in quegli occhi così incantevoli, Shari leggeva un’espressione di leggera ostilità. Distolse lo sguardo, improvvisamente interessata alla neve accumulata attorno ai suoi piedi.
- È davvero incredibile. Credevo che io e Jan fossimo gli unici Mutaforma sopravvissuti alla guerra. Dove sei stata tutto questo tempo?
E per la seconda volta quel girono, Shari raccontò la sua storia, dall’incontro con Ace e Rufy al suo arrivo sull’isola, qualche ora prima. Cole ascoltava attentamente ogni sua parola, gli occhi socchiusi in un’espressione concentrata, mentre Jan aveva incrociato le braccia al petto e la guardava serio.
Quando l’eco delle parole della ragazzina si disperse nell’aria, sul gruppo calò un silenzio imbarazzato. Shari sentiva che c’erano molte domande non fatte che aleggiavano intorno a lei, ma nessuno sembrava disposto a rompere la quiete silente della foresta.
- Cos’era quell’immagine di poco fa? - domandò Shari, cercando di allentare la tensione. Jan sollevò un sopracciglio.
- Era il nostro villaggio. Beh, ovviamente, prima della guerra.
La ragazzina azzardò un’occhiata nella sua direzione. - E da dove arrivava?
Questa volta fu Cole a stupirsi. Si appoggiò una mano su un fianco. - Non hai mai vissuto con un altro Mutaforma, vero? O almeno, eri troppo piccola per ricordartelo - Shari, presa alla sprovvista, annuì.
L’uomo sospirò. - Ecco spiegata la tua domanda. Vedi, le nostre menti sono collegate. Avrai sicuramente notato che tra me, te e Jan scorre una specie di corrente elettrica. Bhe, è una caratteristica di tutti i Mutaforma. Possiamo scambiarci immagini e pensieri.
Shari ascoltava a bocca aperta. Era vero, si disse, lei non sapeva assolutamente niente dei Mutaforma e non si ricordava quasi niente degli anni passati con sua madre e suo padre.
Una forte rabbia le si instaurò dentro, come se fino ad allora fosse rimasta in attesa del momento giusto. Se Dark non avesse odiato tanto la sua gente, se non avesse mandato i soldati della Marina sull’isola, lei sarebbe cresciuta insieme a sua madre e adesso avrebbe saputo molte più cose su chi era e cosa era in grado di fare.
Strinse le mani e si morse il labbro inferiore, cercando di non dare a vedere quanto fosse arrabbiata.
- Lei può insegnare a Shari ad usare al meglio il suo potere?
La ragazzina ebbe un sussultò nell’udire la voce di Ace al suo fianco. Era così presa dai suoi pensieri che non si era accorta della sua vicinanza e si voltò di scatto, cercando i suoi occhi.
Dark sarà anche il responsabile della morte di mia madre, ma se lui non avesse portato a Lyra i soldati della Marina io non avrei incontrato Ace, Rufy né la ciurma di Barbabianca.  
Shari era confusa. Che cosa doveva pensare? Doveva essere arrabbiata o felice? Aveva perso sua madre, certo, ma aveva acquistato due fratelli speciali e amici insostituibili.
Cole distese le labbra in un sorriso e indicò Jan con un cenno del capo. - Lui è mio allievo da molto tempo, e devo dire che le mie doti di insegnante non sono niente male.
Ci fu un altro momento di silenzio, in cui Ace, Marco e Satch presero la medesima decisione. Bastò loro un’occhiata per capire che tutti e tre erano perfettamente d’accordo.
 

 
Il gruppo si congedò da Cole e Jan quando il sole era oramai quasi tramontato, e l’aria iniziava ad essere sempre più fredda.
Shari si guardò un’ultima volta alle spalle e cercò gli occhi del ragazzo. Con sua sorpresa, si rese conto che anche lui la stava fissando. Rimasero a guardarsi per un tempo indefinibile, il verde smeraldo che si mescolava all’azzurro celeste, poi Shari si voltò e raggiunse con due passi i suoi compagni.
- Dobbiamo tornare alla nave - stava dicendo Marco a Aadian, camminando fianco a fianco. - Faremo scorta di viveri e poi salperemo domani mattina.
Quelle ultime parole rimbombarono nella mente di Shari come colpi di cannone. Salperemo domani mattina.
Era davvero quello che voleva?
Non riusciva a pensare. Non voleva pensare. Per la prima volta nella sua vita, il suo cuore era diviso in due. Da una parte, l’affetto profondo che provava per Ace, Barbabianca e tutti gli altri pirati, che lei considerava la sua famiglia. Dall’altra parte, la tempesta di emozioni che le arrivava dalla sua terra, da ogni singolo albero e filo d’erba dell’isola, e suo padre.
E adesso il tempo a sua disposizione per decidere cosa fare stava per finire.
- Ace?
Il fratello si voltò, e nei suoi occhi neri Shari lesse la stessa sofferenza che attanagliava la sua mente.
 

 
Le sacche erano piene. I viveri erano stati acquistati. Il momento della partenza era arrivato.
Shari li guardò uno per uno.
Satch. Marco. Suo padre. Zio Roy. E infine Ace. La persona che lei considerava un idolo da imitare, il fratello che si era sempre preso cura di lei, il motivo della sua partenza dal villaggio di Foosha.
Aprì la bocca per parlare, ma Ace la precedette.
- Devi rimanere qui, Shari. 

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Capitolo 17
*** 16:Una lettera che viene da lontano ***


Isola di Lyra, due anni dopo.
 
Shari aveva imparato ad aspettare il sorgere del sole affacciata alla finestra della sua camera, i gomiti appoggiati al davanzale e lo sguardo puntato verso la linea argentata del mare. Da lì poteva ammirare l’ascesa della palla infuocata che si faceva energicamente strada verso il cielo e, nella sua luce, perdersi nei ricordi.
Due anni. Erano passati due anni.
A volte, quando si fermava a pensare, Shari si diceva che non era possibile, che si doveva essere sbagliata. Ma puntualmente trovava conferma nel fatto che adesso aveva sedici anni, e che guardandosi allo specchio non vedeva più una bambina ma una ragazza dai lineamenti di un adulto.
Nella sua memoria rimaneva indelebile il ricordo di quel giorno lontano in cui Ace le aveva detto che non sarebbe partita con lui e i pirati di Barbabianca, e puntualmente Shari tornava ad avvertire il nodo alla bocca dello stomaco che l’aveva intrappolata mentre ascoltava le sue parole. Parole che adesso, a distanza di due anni, le rimbombavano nelle orecchie come se fossero state appena pronunciate.
- Devi rimanere qui, Shari. Hai bisogno di vivere con la tua gente, e con tuo padre. Cole e Jan possono insegnarti tante cose e in questo modo riuscirai sicuramente a capire meglio te stessa e i tuoi poteri.
Shari ricordava la profonda tristezza che l’aveva invasa, ma anche che una parte di lei, la parte razionale della sua mente, sapeva dentro di se che Ace aveva ragione. E questo non aveva fatto altro che darle l’ennesima conferma che al mondo non c’era nessuno che la conoscesse meglio del fratello. Quelle erano state le parole che Ace aveva pronunciato davanti a lei e agli altri, il suo discorso “ufficiale”, in un certo senso formali, ma poi, quando lei aveva accompagnato lui, Marco e Satch fino alla costa da dove erano arrivati, suo fratello l’aveva stretta tra le braccia e le aveva sussurrato all’orecchio quello che sentiva nel cuore.
- Sono convinto di quello che ho detto, Shari, ma credimi: mi mancherai. Mancherai a tutti noi. Non te l’ho mai detto, ma quando ti ho visto corrermi incontro sul pontile della nave, quel giorno, dopo un mese di lontananza, mi sono sentito così felice e orgoglioso di averti come sorella.
- Lo rifarei, Ace. Lo rifarei altre cento volte, per te - aveva risposto Shari, le lacrime che le scorrevano silenziose sulle guance e le dita affondate nella schiena del ragazzo. Se si concentrava, riusciva ancora a sentire il fruscio della mantella e la sua superficie morbida.
- Lo so. E voglio farti una promessa. Tra due anni io, tu e Rufy ci rincontreremo. Anche se saremo agli angoli opposti del mondo, ti prometto che troverò il modo di raggiungervi. Dopotutto siamo fratelli, no?
Si erano lasciati così, tra lacrime e sorrisi, e Shari era rimasta a fissare la piccola barca che si allontanava verso la Moby Dick, portandosi via suo fratello e i suoi migliori amici.
Aveva aspettato finché anche la grossa nave pirata era scomparsa oltre la linea argentata dell’orizzonte, ma le lacrime avevano continuato a scorrere. Non riusciva a fermarle. Ma quando si era voltata, pronta per tornare verso il villaggio e iniziare una nuova vita, si era resa conto che non erano lacrime di dolore, bensì di gioia.
Ace aveva capito. Come anche Rufy aveva fatto prima di lui, le aveva evitato di dover prendere delle decisioni difficili da sola e le aveva fatto la promessa di rivedersi quando fosse diventata più forte.
 

 
Il sole iniziò a sorgere lentamente, quasi restio a mostrare la sua luce. Shari appoggiò il mento sulle mani e rimase a guardare quella promessa di un nuovo giorno che finalmente veniva mantenuta, e sorrise al pensiero che anche suo fratello, ovunque si trovasse, avrebbe guardato lo stesso sole che vedeva lei.
Si allontanò dalla finestra e raggiunse la scrivania di legno dalla parte opposta della camera. Aprì il primo dei tre cassetti sul lato destro e ne estrasse una lettera ancora chiusa, la carta bianca e profumata. Shari la rigirò tra le mani, ruppe il sigillo e la aprì. Si sedette sul bordo del letto, incrociò le gambe e lesse:
 
Cara Shari,
Spero che tu stia bene. Nell’ultima lettera dicevi che l’allenamento è molto duro e che Cole è un insegnante molto esigente, spero che tu non ti stia stancando troppo! Devi essere in forma per il mio arrivo, intesi? Comunque, le cose sulla Moby Dick procedono come sempre. Papà ultimamente non gode di ottima salute e siamo stati costretti a fermarci diverse volte, al punto che Marco lo ha praticamente obbligato a far salire a bordo un gruppo di infermiere e dottori che si occupino di lui. Puoi immaginarti la sua reazione! Credimi, ho davvero avuto paura che Marco finisse fuori bordo! La buona notizia, però, è che presto faremo rotta verso Lyra, dobbiamo solamente concludere alcuni affari qui nel Mare Orientale. Quindi, preparati, perché presto saremo lì! Anche gli altri non vedono l’ora di rivederti e hanno raddoppiato il lavoro giornaliero per finire più in fretta. Come vedi, non sono solo io a non stare più nella pelle. A presto,
Ace
 
Da quando si erano separati, Shari e suo fratello avevano avviato un vero e proprio traffico di lettere nelle quali si raccontavano tutto, tenendosi informati sulle varie esperienze.
Grazie a quelle lettere, Shari sapeva che Ace era diventato capitano della Seconda Flotta, conosceva il percorso seguito dalla Moby Dick e tutti i tesori che erano riusciti a conquistare e, in fin dei conti, era come se non avesse mai veramente lasciato la nave.
E ovviamente lei parlava ad Ace di suo padre, della sua vita sull’isola e dell’addestramento cui si era sottoposta con Jan.
Cole era un bravo maestro, anche se a volte pretendeva un po’ troppo. Le aveva insegnato a sfruttare al meglio la sua forza e la sua intelligenza per riuscire a superare le situazioni più difficili. Lei e Jan si impegnavano molto, lavorando insieme quando era necessario e cercando di dimostrarsi sempre all’altezza dei compiti a loro affidati. A volte l’addestramento prevedeva di passare l’intera giornata in forma di un determinato animale, scambiandosi immagini e informazioni attraverso la mente; altre volte, invece, Cole sfidava Shari e Jan in una gara d’astuzia, ponendoli davanti agli ostacoli più disparati, per valutare la loro velocità di ragionamento.
Era faticoso, certo, ma Shari si faceva forza e non si lamentava mai. Inoltre nel corso dei mesi il suo rapporto con Jan aveva preso una piega inaspettata.
Shari posò la lettera di Ace accanto a sé e, guardando fuori dalla finestra, lasciò che i pensieri fluissero ininterrotti nella sua mente. All’inizio non era stato facile andare d’accordo con quel ragazzo, perché Jan aveva un carattere scostante e riservato. Per qualche motivo che Shari non comprendeva, sembrava che la sua sola presenza servisse a farlo innervosire.
E di conseguenza nemmeno a lei faceva piacere la sua compagnia, anche se dentro di se era convinta che sarebbe stato meglio che gli ultimi discendenti dei Mutaforma fossero uniti.
Ma poi le cose erano cambiate.
Un rumore sordo di colpi contro la porta della camera fece sobbalzare Shari, che si riscosse velocemente dai suoi pensieri. - Si?
Suo padre fece capolino dalla soglia e le sorrise. - Buongiorno Shari. La colazione è pronta.
La ragazza si alzò e raggiunse il genitore, schioccandogli un sonoro bacio sulla guancia. Lo superò e si infilò nel piccolo corridoio che conduceva in salotto e poi, da lì, svoltò a sinistra e si ritrovò in cucina.
A Shari piaceva l’odore del latte caldo e di cannella che aleggiava sempre nella stanza e inspirò una boccata d’aria, sedendosi ad una delle tre sedie che, insieme al tavolo e al mobile principale, costituivano l’arredamento della cucina. Aadian entrò subito dopo di lei e prese un vassoio rosso con sopra due tazze fumanti e qualche biscotto. Posò il tutto al centro del tavolo e si sistemò di fronte alla figlia.
Shari afferrò una delle tazze e se la portò alle labbra, bevendo un piccolo sorso. - Cole e Jan ti aspettano anche oggi per l’allenamento? - domandò l’uomo, bevendo a sua volta. La ragazza annuì.
Aadian le lanciò uno sguardo provocatorio. - Tu e il ragazzo non passerete troppo tempo da soli, spero.
Lei lo fulminò. - Cole non ci lascia molto tempo libero, sai. E comunque siamo solo amici. - Il padre, però, non sembrava molto convinto. Shari tenne gli occhi fissi in quelli di lui, poi sospirò rassegnata.
- Gliel’hai detto?
- Cosa?
- Che ti piace.
Shari si sentì arrossire e per poco il latte che stava bevendo non le andò di traverso. Tossì un paio di volte e poi puntò un dito contro Aadian, che la osservava ridendo. - Lui non mi piace, è chiaro? Siamo solo amici papà, solo amici!
Ma oramai il rossore sulle guance era comparso e il cuore della ragazza batteva più forte, incurante delle sue parole. Inaspettatamente, Shari fu assalita da una profonda tristezza. A che cosa servirebbe dirglielo? Il suo cuore appartiene ad un’altra.
Era vero. Qualche mese prima, mentre si riposavano dalla faticosa giornata appoggiati a delle rocce vicino alla scogliera, Shari aveva affrontato Jan. Gli aveva chiesto perché la odiasse tanto e gli chiese scusa per qualsiasi cosa sbagliata avesse fatto, volontariamente o involontariamente. Ed era stato allora che aveva visto un volto nuovo del ragazzo, uno sguardo pieno di tristezza nei suoi occhi e un sorriso stanco sulle labbra. Jan aveva risposto che lei non aveva fatto nulla di sbagliato, ma che il vero problema era lui.
Le aveva raccontato la sua storia, di come avesse assistito impotente alla morte dei suoi genitori e degli anni vissuti in solitudine.
- Cole mi ha raccolto dalla strada e mi ha preso con se, trattandomi come un figlio. Pensavo che sarei riuscito a superare il dolore, che avrei potuto voltare pagina. Ma sembra che la morte sia una costante nella mia vita. Prima che tu arrivassi, quando avevo quindici anni, mi innamorai di una ragazza del villaggio. Si chiamava Jilly ed era davvero bella, nonché dolce come il miele. Passai settimane a guardarla passeggiare con le sue amiche per le strade del villaggio, e quando andava a fare delle passeggiate solitarie nella foresta la tenevo d’occhio per assicurarmi che non si facesse male. Ma un giorno mi vide. E da lì cominciò la nostra storia. Io e Jilly eravamo felici insieme, e ci incontravamo sempre nella foresta, ai piedi del vulcano. Ma un giorno lei non si presentò. Quel giorno, per la prima volta, andai al villaggio per cercarla, ma sua madre mi disse che era ammalata e che il dottore la stava visitando. Dopo due settimane, la mia Jilly era morta. La sua malattia era molto rara ed era peggiorata di colpo, il dottore non aveva potuto fare nulla. È per questo che, da allora, faccio così fatica ad affezionarmi alle persone. Inoltre tu, Shari, mi ricordi Jilly.
Dal modo in cui ne aveva parlato e dagli occhi umidi che aveva cercato di nascondere Shari, quel giorno, aveva capito che Jan amava ancora profondamente quella ragazza e che lei non avrebbe potuto prenderne il posto.
- Oh, Shari, quasi me ne dimenticavo. È arrivata questa per te.
Aadian tirò fuori una lettera dalla tasca interna della giacca e la consegnò alla figlia. Shari la aprì, impaziente di togliersi dalla mente l’immagine dei viso di Jan perso nei suoi dolorosi ricordi, e iniziò a leggere.
 

 
- Shari? Qualcosa non va?
La ragazza non rispose. Tremava.
- Shari.
- Satch è morto. È morto, papà.
Aadian si mosse sulla sedia, nervoso e allibito.
- Una battaglia? Un attacco nemico?
Calò il silenzio, e con esso una cappa di gelo che minacciò di stritolare tra le sue dita il cuore di Shari.
- No - Alzò gli occhi e guardò il padre. - È stato Teach. L’ha ucciso. 

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Capitolo 18
*** 17:La strada del cuore ***


A Shari sembrava che le sue gambe fossero improvvisamente diventate di piombo. Faceva fatica a mettere un piede dietro l’altro ed era già stata costretta a fermarsi due volte. La strada che portava all’accampamento di Jan e Cole si era allungata a dismisura, e più lei cercava di avanzare più la sua meta si allontanava.
Tra le mani aveva la lettera arrivata quella mattina e non riusciva a smettere di leggere quelle poche parole, che però le avevano fatto più male di mille coltelli.
 
Satch è morto. Mi dispiace, Shari. Non sono riuscito a salvarlo, non ho potuto fare nulla. È stato Teach. Perché? Credevo che fosse uno di noi, credevo che volesse bene ai suoi compagni. Gli sono stato accanto tutti questi anni, ho diviso con lui il cibo, le vittorie, le sconfitte… Mi dispiace. Ma non resterà impunito. Teach deve pagare, e lo farà per mano mia.
 
Non c’era firma, ma dalla calligrafia Shari capì che era Ace a scrivere. Aveva usato parole dirette, che avevano fatto ancora più male e che avevano alimentato la rabbia di Shari. La ragazza si morse l’interno di una guancia finché non sentì il sapore dolce del sangue. Si rivide a bordo della Moby Dick, rivide il viso sorridente di Satch e sentì la sua voce che scoppiava in una sonora risata.
Un’altra immagine le balenò in mente, più nitida delle prime, e più spaventosa: un pugnale conficcato nel petto di Satch, il sangue scarlatto che schizza fuori dalla carne, e Teach. Sta ridendo mentre guarda la vita del suo compagno che lo abbandona lentamente.
Shari si rese conto di aver urlato solo quando l’eco del suono riecheggiò tra gli alberi.
La ragazza si portò le mani al viso e respirò a fondo, cercando di calmarsi e di riportare il respiro ad un ritmo normale. Ma non appena si rilassava la sua mente tornava di nuovo ad assalirla con ricordi di Satch e Teach e Shari si sentiva male al solo pensiero di aver considerato quell’uomo come un membro della sua famiglia. Adesso le tornavano in mente tutte le occhiate sinistre che Teach le aveva rivolto mentre era a bordo della Moby Dick, i suoi modi scontrosi e l’inquietudine che avvertiva quando lui era nei paraggi.
- Shari?
Per un attimo, una brevissima frazione di secondo, la ragazza credette di aver udito la voce di Satch. Alzò gli occhi, certa di incontrare gli occhi scuri del ragazzo e il sole che illuminava i suoi capelli castani. Invece il suo sguardo venne catturato da quello azzurro di Jan, che in quel momento esprimeva una certa preoccupazione.
- Shari, che succede? Ti ho sentito urlare.
La ragazza sentì le lacrime pizzicarle gli occhi prima che lei potesse fermarle e si buttò tra le braccia di Jan, singhiozzando violentemente. Affondò il viso nel suo petto e rimase immobile, ignorando l’imbarazzo che aveva fatto irrigidire il giovane e il suo respiro leggermente accelerato.
- Ehi… ma che ti prende? Che cosa è successo? - Jan sembrava turbato da quell’abbraccio, ma allo stesso tempo la sua voce era carica di sincera preoccupazione. Nonostante la tensione iniziale, passò lentamente la mano sulla schiena di Shari cercando di consolarla. Lei si asciugò le lacrime e tirò su col naso.
- Ti ricordi di Satch, il ragazzo che mi aveva accompagnato da te e Cole quel giorno? - disse Shari, e prima di proseguire aspettò un cenno affermativo da parte di Jan. Le parole le uscirono dalle labbra pesanti come macigni. - Ace mi ha scritto una lettera. È morto.
L’aveva ripetuta diverse volte, ad alta voce e nella mente, eppure faceva fatica ad accettare il senso di quella frase.
Jan sospirò. - Mi dispiace.
- Teach. Teach l’ha ucciso. Perché? Perché ha fatto una cosa simile? Lui era un membro della ciurma, era un membro della famiglia. Come ha potuto tradire i suoi compagni, nostro padre? Lo odio, non lo perdonerò mai!
Jan, che era rimasto in rigoroso silenzio, si rese conto che Shari sembrava inconsolabile. Nuove lacrime avevano raggiunto le prime e la ragazza aveva il viso arrossato, il corpo scosso da violenti tremori. Gli sembrò di rivedere se stesso qualche anno prima, quando anche lui era pieno di rabbia contro l’uomo responsabile della morte dei suoi genitori. Ricordava perfettamente le notti passate a piangere, la testa nascosta sotto le coperte e il cuore pieno di un odio profondo, viscerale.
E ricordava anche che, senza l’aiuto di persone come Cole che gli avevano trasmesso tutto l’amore di cui erano capaci, non avrebbe mai superato quel periodo. Anche se, a dire la verità, il suo cuore era ancora molto restio ad amare altre persone. In fondo non era forse l’amore la maggiore fonte di sofferenza?
Shari si passò una mano tra i riccioli neri e fece un mezzo sorriso. - Scusa, Jan. Non volevo farti preoccupare.
Lui sbuffò e fece un gesto con la mano. La invitò a seguirla e insieme si incamminarono verso la radura dove li aspettava Cole. Ma Shari sapeva che quel giorno non sarebbe riuscita a prestare molta attenzione alle parole del suo maestro.
- Non ci pensare, Shari. L’odio non risolve niente, credimi.
- Ti manca, vero? Parlo di quella ragazza, Jilly.
Jan si fermò di colpo, come se i suoi piedi fossero rimasti incollati al terreno nevoso. Non si voltò a guardare la ragazza ma sentiva i suoi occhi di smeraldo attraversargli la schiena. Da quando le aveva raccontato quella storia non avevano più parlato di Jilly e lui cercava di evitare l’argomento. Non si sarebbe mai aspettato una domanda così diretta da parte di Shari, sembrava essere una persona capace di rispettare il dolore e i silenzi degli altri.
- Mi manca, si. Mi manca molto.
- La ami ancora?
Shari avrebbe voluto smetterla. Con tutte le sue forse cercava di impedire a quelle domande di uscirle dalle labbra, ma non ci riusciva. Come se di colpo la sua bocca avesse deciso di ignorare gli ordini che riceveva dal cervello. Un pensiero le martellava la mente: se hai qualcosa da dirgli, fallo adesso. Fallo, Shari, prima che sia tardi.
Aspettò che Jan rispondesse alla domanda, ma lui non lo fece. Bene. Adesso è arrabbiato con me e sicuramente non mi rivolgerà più la parola.
- Io credo che tu sia ancora innamorato di Jilly. Lo rimarrai sempre, perché nel tuo cuore lei occuperà sempre un posto speciale. Credi che ci sia un piccolo posto anche per me?
A quel punto Jan sentì il bisogno di guardarla negli occhi. Si voltò lentamente, come se stesse valutando ogni singolo movimento, e vide che Shari stava guardando a terra con un sorriso rassegnato. Una folata di vento le scompigliò i capelli e fece svolazzare l’orlo del mantello.
Gli tornarono in mente i mezzi sguardi che si erano scambiati durante quei due anni, tutte le volte che le loro dita si erano sfiorate anche solo per sbaglio.
- Non mi importa quello che pensi di me. Non mi importa se non potrò mai reggere il confronto con Jilly. Voglio solo che tu sappia che in questi due anni mi sono resa conto che ogni volta, ogni singola volta in cui mi guardi mi manca il respiro. Avrei voluto dirtelo prima ma l’idea di farlo mi spaventava.
Shari alzò gli occhi e cercò quelli di Jan. L’espressione dipinta sul volto del ragazzo era indecifrabile, una perfetta maschera priva di emozioni.
- E perché hai deciso di farlo adesso?
Shari abbassò nuovamente il viso e chiuse gli occhi. - Forse perché mi sono resa conto che la vita è una cosa fragile, che può essere spezzata in qualsiasi momento. Forse perché vivere nella paura di dire quello che si prova non è veramente vivere.
Shari sentì qualcosa carezzarle il viso e sollevarlo delicatamente. Il respiro di Jan si era fatto molto vicino e riusciva a percepire il suo profumo di muschio a poca distanza da lei. Aprì gli occhi e si immerse nello sguardo azzurro del ragazzo, mentre le sue dita le ripassavano dolcemente il contorno della guancia, delle labbra.
- Mi sono sbagliato, Shari. Pensavo che anche tu, come me, ti saresti fatta soffocare dall’odio. Ma mi sbagliavo e questo dimostra come anche dopo due anni passati insieme io non conosca nulla di te. Ma si può rimediare, non credi?
E senza aggiungere altro si chinò su di lei e posò le labbra su quelle della ragazza. Shari rimase immobile, ripensando al suggerimento che suo padre le aveva dato quella mattina. Attraverso le palpebre chiuse vide l’immagine di Satch, sorridente come l’ultima volta che lo aveva visto, e capì che non era veramente morto. Capì che, da qualche parte, lui stava osservando quel bacio delicato e che era felice per lei.
E mentre le mani di Jan le prendevano dolcemente il volto, nelle orecchie le risuonò la voce del compagno, come una dolce brezza che soffiava solo per lei.
Anche dal male più profondo può nascere una grande gioia, Shari.

Angolo autrice:
Ciao! Bhe, che dire, a mio avviso ci voleva un po' di romanticismo, voi che ne dite? Shari e Jan mi sembrano una bellissima coppia, e finalmente sono riusciti a superare le barriere che li dividevano! Povero Satch, quanto mi dispiace per lui! Io ODIO Teach con tutte le mie forze, non so voi... Comunque, buona lettura e come sempre fatemi sapere che ne pensate! Alla prossima, Wolf97

 

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Capitolo 19
*** 18:Equlibrio spezzato ***


Fu Jan il primo a vedere la nave.
Era a diversi chilometri dalla costa, sembrava più un puntolino indefinito nella nebbia della mattina, ma mentre il falco si avvicinava iniziò a distinguere le vele, lo scafo e i marinai. L’uccello fece una virata e rimase sospeso a mezz’aria, incerto sul da farsi.
- Shari.
- Si?
- C’è una nave che si sta dirigendo verso l’isola. Dalla stazza mi sembra una nave militare. E sulla bandiera… è della Marina!
- Ne sei sicuro, Jan?
- Vieni a vedere con i tuoi occhi.
Quello scambio di informazioni ebbe termine e Jan rimase in attesa, voltando la piccola testa da una parte e dall’altra. Poi, qualcosa spuntò da una nuvola alla sua destra e lo fece sobbalzare. I due falchi sbatterono le ali per rimanere in quota e lentamente presero a girare in tondo, tenendo gli occhi puntati sull’oggetto della loro discussione.
- Perché una nave della Marina dovrebbe venire a Lyra?
- Non penserai che vogliano…
- No Shari, non credo. Non saranno tanto folli da scatenare un’altra guerra. Almeno, lo spero.
Il falco dalle piume nere piegò un’ala e si abbassò, finendo dentro il cumulo di nuvole sotto di lui per poi uscirne, e si assettò con la linea del mare. Poi, con la stessa rapidità di un battito di ciglia, il falco lasciò il posto ad un gabbiano che planò delicatamente nell’acqua e rimase a galleggiare in mezzo al mare, la piccola figura che si muoveva a tempo con le onde. Da quella posizione, la nave era troppo lontana e Shari non riusciva a vederla.
Jan la seguì, e i due uccelli marini rimasero uno accanto all’altro, immersi nei propri pensieri.
- Che cosa facciamo?
- Bisogna avvertire il villaggio. Dirgli di tenersi pronti, in caso la Marina decidesse di attraccare sull’isola.
- Ancora non capisco che cosa siano venuti a fare.
- Ho paura, Shari, che lo scopriremo presto.
- Hai ragione. Va a dirlo agli altri. Io rimarrò a controllare la situazione.
Il gabbiano color sabbia diede un colpo d’ali e prese a volteggiare in tondo, lanciando ogni tanto dei piccoli gridolini.
- Sta attenta, Shari.
E detto questo, Jan prese quota e si allontanò a tutta velocità verso l’isola di Lyra. Il gabbiano nero rimase immobile, a guardare il volo del compagno, poi concentrò la sua attenzione verso il punto in cui avrebbe dovuto comparire la nave. Shari sentiva un nodo alla bocca dello stomaco, come se il suo corpo stesse cercando di avvisarla di un imminente pericolo. Ma non era solamente per l’arrivo della Marina, e lei lo sapeva.
Da quando era arrivata la lettera di Ace in cui l’avvisava della morte di Satch, suo fratello non le aveva più scritto. Era passato un mese da allora. Shari aveva provato a spedirgli delle lettere, ma nessuna aveva mai ricevuto una risposta. Tuttavia, si diceva, se fosse successo qualcosa di grave Marco o Barbabianca l’avrebbero avvisata.
Il gabbiano tuffò la testa sott’acqua e poco dopo Shari nuotava veloce verso la nave della Marina in forma di delfino. La luce pallida del sole, che quel giorno era seminascosto da fitte nuvole grigie, arrivava appena a illuminare l’avanzata dell’animale, che però poteva contare sul suo infallibile sonar subacqueo. Arrivata a pochi metri dall’imbarcazione, Shari fece spuntare il muso nero dalla superficie e sbirciò sul pontile della nave. Avrebbe voluto mutare in un uccello e salire in volo fino alla balaustra, ma poi scartò l’idea quando vide che due marinai erano appoggiati ad essa e parlottavano tra loro, scrutando l’oceano.
Non poteva rischiare di farsi scoprire, quindi si immerse nuovamente e nuotò sotto lo scafo, cercando un’altra via di accesso. Guardandosi intorno, notò che la catena dell’ancora era stata calata ed ebbe un’idea. Shari si avvicinò e, mutando in un piccolo pesce, guizzò fuori dall’acqua a pochi centimetri dagli anelli di metallo. Quindi vi si attaccò saldamente con le zampe di un geco e iniziò la salita. Il passaggio era avvenuto talmente in fretta che nessuno dei marinai lo aveva notato, e Shari poté arrivare indisturbata fino alla ringhiera della nave.
A parte i due uomini appoggiati alla balaustra il ponte era vuoto. Dalla cambusa venivano delle voci concitate, come se qualcuno stesse discutendo. Shari riportò la sua attenzione ai due marinai, che ignari della sua presenza continuavano a parlare, e si avvicinò con il passo silenzioso del topo, sperando di riuscire a capire che cosa ci facessero lì.
Il cuoricino del piccolo roditore batteva veloce, e Shari non poteva togliersi dalla mente il pensiero che, forse, avrebbe finito con il ritrovarsi immersa in una battaglia. Era spaventata, ma anche piena di adrenalina. Sarebbe stata la sua prima, vera guerra.
- Certo che è una vera seccatura - stava dicendo uno dei due uomini, il mento appoggiato svogliatamente sui gomiti.
Il suo compagno annui. - Già. Perché mai hanno richiamato tutte le squadre? A mio avviso, quelle che si trovavano a Impel Down e quelle del Quartier Generale erano più che sufficienti.
Shari si fermò, nascondendosi velocemente dietro un barile adagiato all’albero maestro. Impel Down. Shari ricordava quella parola, era stato Jaws, il capitano della terza flotta di Barbabianca, a parlargliene. “Se non stai attento, Ace, con tutte quelle bravate, finirai per farti rinchiudere a Impel Down. E sono sicuro che non ti piacerebbe il servizio che riservano ai pirati come te”, aveva detto Jaws. Lei gli aveva chiesto che posto fosse, e il pirata aveva riso: “Oh, fidati signorina, non è un posto per te. Impel Down è una prigione, Shari. La più imponente prigione al mondo, per essere precisi, e anche quella da qui è impossibile evadere”.
- Hai perfettamente ragione. Che cosa vuoi che possa fare Barbabianca, trovandosi contro tutti quei soldati?
Shari tese le orecchie, e le si mozzò per un attimo il respiro.
- Bhe, non dimentichiamo che è l’uomo più potente del mondo. Personalmente non vorrei trovarmelo davanti in una guerra.
- Ah! Potente o meno, non riuscirà ad impedire l’esecuzione di Ace Pugno di Fuoco, nemmeno lottando con tutte le sue forze.
In quel preciso istante, il mondo intorno a Shari prese a vorticare, prima lentamente poi acquistando sempre più velocità, minacciando di farla svenire. Il topo emise un leggero squittio, che però non arrivò alle orecchie dei Marine. Nonostante questo, Shari si impose di rimanere ferma e di ascoltare.
- Già. Il Quartier Generale della Marina non è certo facile da assediare e inoltre possiamo contare sull’aiuto della Flotta dei Sette. No, Barbabianca non riuscirà a salvare il suo uomo.
Immersi com’erano nella loro conversazione, i due marinai non si resero conto che, dietro di loro, un piccolo roditore dal pelo nero si era precipitato verso la balaustra della nave e si era gettato fuori bordo. E non notarono nemmeno il falco che poco dopo spiegò le ali e come un missile si mise a volare dritto verso l’isola.
 

 
Se avesse potuto, in quel momento Shari sarebbe scoppiata a piangere. Si sarebbe raggomitolata su se stessa, avrebbe stretto le ginocchia al petto e avrebbe lasciato che le lacrime le solcassero le guance. Ma non poteva.
La sua mente vorticava come una girandola mossa dal vento e un fastidioso fischio le martellava le orecchie, ma il falco continuò a volare deciso verso la sua meta.
Mentre davanti a lei si delineava sempre più chiaramente il paesaggio ormai famigliare di Lyra, Shari rifletteva su quale animale avrebbe potuto coprire la distanza che la separava dal Quartier Generale della Marina in un giorno. Alla fine, la sua scelta cadde su un drago. Era molto grande, quindi facilmente avvistabile, ma era anche l’unica creatura in grado di volare così velocemente. Perché di una cosa Shari era assolutamente certa: lei sarebbe andata a salvare Ace. Non le importava di dover affrontare da sola mille nemici, non le importava nemmeno di morire. Avrebbe salvato suo fratello.
Mutò, assumendo nuovamente la sua forma umana, quando atterrò sulla costa dell’isola, e i suoi stivali affondarono nella neve che lentamente si stava sciogliendo con l’arrivo dell’estate. Si mise a correre verso il villaggio.
- Jan!
- Shari. Che succede?
- I soldati della Marina non sono diretti sull’isola. Non verranno a darci fastidio.
- Grazie al cielo! Lo riferirò immediatamente a Cole.
Shari non aggiunse altro. Nell’esatto momento in cui aveva deciso di partire un pensiero le si era conficcato nella mente come una spina: Jan avrebbe voluto andare con lei. Il loro legame era forte, e man mano che passavano i giorni Shari si rendeva conto di amare profondamente quel ragazzo dal passato tormentato quanto il suo. Amava i suoi modi riservati, i suoi sorrisi generosi e il contatto con le sue labbra carnose, e il solo pensiero che potesse trovarsi in pericolo, accerchiato da uomini armati e pronti a tutto pur di vincere una guerra, la faceva tremare.
No, per quanto doloroso e ingiusto, sarebbe partita senza dirgli nulla. In quel modo lui l’avrebbe odiata, ne era consapevole, ma gli avrebbe salvato la vita.
Il sole nascosto dietro alle nuvole non permetteva a Shari di poter dire con esattezza che ore fossero, e questo era un grave problema. Mai prima di allora il tempo le era stato tanto avverso. La ragazza corse fino a che raggiunse la casa del padre, e senza esitazioni spalancò la porta ed entrò.  
- Shari - la salutò Aadian, il sorriso stampato sul viso che si dileguò in fretta quando vide l’espressione scioccata della figlia. - Ehi, che succede?
Shari fece un lungo respiro prima di rispondere.
- Papà. Devo andarmene. Subito. 

Angolo autrice:
Salve gente! Shari deve sbrigarsi, suo fratello è in un mare di guai! Ce la farà ad arrivare in tempo per salvarlo dal patibolo? Spero che questa storia non stia deludendo le aspettative di nessuno! Come sempre, vi auguro buona lettura e ci vediamo al prossimo capitolo! Wolf97

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Capitolo 20
*** 19:Corsa contro il tempo ***


Aadian sbatté gli occhi, come se non avesse capito le parole della figlia. O non avesse voluto capirle. Poi il suo volto si tese come la corda di un violino e l’uomo assunse un’espressione sofferente.
- Che cosa è successo?
Shari abbassò gli occhi. Aveva il fiato corto per la corsa di poco prima, il cuore che le martellava nel petto e la certezza che ogni minuto sprecato a parlare con suo padre poteva costare la vita di Ace. Spiegò in fretta quello che aveva scoperto, ed ad ogni nuova informazione negli occhi dell’uomo avanzava un’ombra che sembrava destinata ad accecarlo. Tuttavia, percependo l’urgenza della figlia, non disse nulla e la lasciò parlare, fino a quando l’eco delle parole di Shari si spense tra le mura della casa.
La ragazza si impose di guardarlo negli occhi.
- Papà. Devo andare, mi capisci? Ace è mio fratello. Non posso permettere che qualcuno gli faccia del male.
Aadian si alzò dalla poltrona sulla quale era seduto e avanzò verso di lei. Stese le braccia e posò le mani grandi e confortevoli sulle guance di Shari, asciugandole due lacrime solitarie che si erano affacciate agli angoli degli occhi. Le sorrise, triste.
- Non devi spiegarmi nulla, Shari. Io non posso pretendere di farti dimenticare il tuo passato e il tuo legame con quel ragazzo, ne voglio farlo. Va’, figlia mia, va’ e fa vedere a tutti che magnifica donna e guerriera sei diventata.
La ragazza soffocò un singhiozzo e, con il cuore colmo di una sensazione a cui neanche lei era in grado di dare un nome, abbracciò quel padre a cui due soli anni erano bastati per occupare un posto centrale nel suo cuore e che le permetteva di ricordare sua madre solo grazie ai suoi racconti.
- Questo non è un addio - sussurrò Shari, il viso affondato nella maglia di Aadian, - io farò in modo che non lo sia. Appena Ace sarà salvo, ti prometto che tornerò.
- Sarò qui ad aspettarti, lo sai. Ma tutto sommato non mi preoccupo, sapendoti vicina a un giovane valoroso come Jan e ad un uomo fidato come Cole.
Shari si irrigidì e sciolse l’abbraccio. Improvvisamente incapace di guardare suo padre negli occhi, si voltò e si diresse verso la sua camera, in cerca della sua felpa con il marchio di Barbabianca. Essendo troppo leggera per il clima freddo dell’isola, Shari l’aveva riposta in fondo all’armadio, avvolta in un panno di tela bianco per proteggerla dalla polvere. Sentì i passi del padre che la raggiungeva nella camera, ma non si voltò. Non riusciva a guardarlo negli occhi, sapeva che lui le avrebbe letto la verità nello sguardo.
- Jan e Cole verranno con te, vero Shari?
La ragazza respirò a fondo; si mise in piedi, la felpa stretta tra le braccia.
- No, papà. Andrò da sola.
Non era riuscita a tacere. Non se la sentiva di mentire a suo padre, almeno non su una cosa così importante. E poi, si disse Shari, avrebbe scoperto la verità una volta che io fossi partita e non me lo avrebbe mai perdonato. Ed è proprio questo che voglio evitare, che sia arrabbiato con me.
Aadian sentì il viso diventare rosso e il respiro farsi più accelerato, ma tentò di rimanere calmo. Incrociò le braccia al petto solo per non far vedere a Shari le dita strette a pugno.
- Shari, è una follia. Non puoi farcela da sola. Ti prego, cerca di ragionare.
- Non voglio che qualcuno si faccia male per colpa mia, specialmente Jan. Io lo amo.
- Shari, qui si sta parlando di una guerra contro la Marina! Io li ho visti all’opera, sono uomini che non si fermano davanti a niente! Non puoi pensare di affrontarli da sola e uscirne viva! Devi lasciare che Jan, almeno lui, ti accompagni.
Una parte di lei sapeva che il padre aveva ragione. Una parte di lei avrebbe voluto correre da Jan e nascondersi nelle sue braccia, sentire il suo profumo inebriarle le narici. Ma l’immagine di Ace, del suo viso sofferente, la tormentava e non poteva né voleva ignorarla. Sarebbe andata da sola, perché quello era l’unico modo per proteggere il ragazzo che amava.
- Non sarò veramente sola, papà. Barbabianca non lascerà mai che uno dei suoi figli venga giustiziato senza tentare con ogni mezzo di salvarlo. Loro si prenderanno cura di me.
- Come hanno fatto con Satch?
Shari alzò gli occhi di scatto, come se qualcosa l’avesse appena fulminata. Non aveva mai visto suo padre con un’espressione così dura e intimidatoria, e la cosa la sorprese lasciandola senza parole. Fece istintivamente un passo indietro, anche se sapeva benissimo che l’uomo non avrebbe mai alzato un dito su di lei. Ma la cosa che le faceva più male era il ricordo di Satch, ancora vivo nella sua memoria, e il fatto che Aadian avesse considerato i pirati di Barbabianca come degli irresponsabili.
Il padre fece un lungo respiro chiudendo gli occhi, e quando li riaprì Shari vide che il suo sguardo era tornato quello di sempre. L’uomo allungò una mano e le accarezzo la guancia.
- Perdonami, Shari. So che tu sei affezionata a quelle persone e non volevo dire quello che ho detto. Ma rimango convinto che Jan dovrebbe venire con te. Non voglio che ti succeda qualcosa, bambina mia. Non voglio perdere te come ho perso tua madre.
Shari afferrò la mano del padre tra le sue e se la strinse al viso, assaporando il contatto ruvido della loro pelle.
- Non mi perderai. Salverò Ace a qualunque costo, e poi potremo stare insieme. Ma devi capire che non potrei mai perdonarmi se dovesse succedere qualcosa a Jan. Se fossi stato tu al mio posto, avresti trascinato la mamma in mezzo ad una guerra pur sapendo che forse non sarebbe sopravvissuta?
La ragazza sapeva che quello era un colpo basso, che usare il dolore del padre per convincerlo a lasciarla andare era meschino e vigliacco, ma in quel momento sentiva che il tempo era contro di lei e che ne aveva perso fin troppo. Shari si infilò velocemente la felpa, si alzò sulla punta dei piedi e diede un bacio sulla guancia al padre, dopodiché lo superò e corse fuori dalla porta di casa.
 

 
Lo stallone nero correva veloce verso la costa dell’isola, e il mantello lucido era colmo di macchie di sudore che scintillavano alla luce. Le zampe creavano dei profondi solchi nella neve e la criniera gli svolazzava intorno al collo, pungendolo delicatamente.
Shari avvertiva dentro di se l’urgenza di partire e questo sembrava darle l’energia necessaria per continuare a correre, anche se il terreno nevoso non era dei migliori. Soffiando fuori il fiato caldo, lo stallone fermò la sua avanzata a pochi centimetri dal dirupo che si gettava tra le acque del mare e rimase immobile, gli occhi verdi che contemplavano la superficie piatta dell’oceano. Voltando il collo, Shari lanciò un ultimo sguardo verso l’Isola di Lyra e si preparò a spiccare il volo in forma di drago.
- Shari!
Il grido le esplose nella mente con la forza di un terremoto e la fece sobbalzare. Riprese le sue sembianze umane e si voltò, giusto in tempo per vedere un leone dal pelo color sabbia e i penetranti occhi azzurri emergere con un balzo dalla vegetazione.
Rimasero a guardarsi, il leone e la ragazza, per un tempo che a entrambi parve infinito. Shari lesse nello sguardo di Jan che suo padre gli aveva raccontato tutto.
- Dove pensavi di andare, eh? Credevi davvero che ti avrei lasciata partire da sola? – L’animale arricciò le labbra in un ringhio silenzioso e frustò l’aria con la coda sottile.
- Jan… - soffiò la ragazza, incapace di aggiungere altro.
- Stammi a sentire. A me non interessa quello che pensi, io vengo con te. Puoi anche provare a seminarmi in volo, per quel che mi riguarda, ma sappiamo tutti e due che io sono più allenato.
- Jan. Io sono solo preoccupata per te, per quello che ti può succedere.
- E io non sono forse preoccupato per te? Io ti amo, Shari. Dovrei forse rimanere a guardare mentre tu vai a farti ammazzare?
Shari abbassò gli occhi, incapace di sostenere quello sguardo azzurro e cristallino. Cercava di convincere se stessa che quella era la cosa migliore, dicendosi che probabilmente in quel modo aveva anche più possibilità di salvare suo fratello, ma ogni volta che sembrava essere sul punto di accettare la realtà, l’immagine di Jan riverso a terra, ferito mortalmente, tornava all’assalto. Non voleva che accadesse, non voleva che Jan facesse la stessa fine di Satch.
Quando trovò finalmente il coraggio di alzare il viso, si accorse che Jan era tornato umano e aveva il volto a pochi centimetri dal suo. Era talmente vicino che Shari poteva sentire il suo respiro e il dolce profumo che emanava la sua pelle.
- Non ti lascio sola, Shari. Ne adesso ne mai.
E prima che lei potesse ribattere il ragazzo appoggiò le labbra sulle sue, avvolgendola con il proprio calore.
Qualche minuto più tardi, dalla finestra di casa sua Aadian vide le figure imponenti di due draghi, uno nero e l’altro color sabbia, che sfrecciavano in cielo e si allontanavano dall’isola, perdendosi ben presto nell’immenso cumulo di nubi. Li accompagnò con gli occhi finché gli fu possibile, e non appena i due draghi sparirono si portò una mano al petto, all’altezza del cuore.
Buona fortuna, Shari. Ti prego, piccola mia, sta attenta. 

Angolo autrice:
Ritardo pazzesco, lo so!! Ho avuto dei problemi con il computer, e mi scuso per l'attesa, ma finalmente sono tornata! Allora, ci avviciniamo sempre di più alla battaglia, ce la farà Shari a salvare Ace? Scopritelo continuando a leggere! Aspetto come sempre le vostre preziose recensioni, buona lettura e alla prossima! Wolf97

 

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Capitolo 21
*** 20:L'alba della battaglia ***


Marineford, poche ore prima dell’esecuzione
 
Ace guardava la rampa di scale che lo avrebbe condotto al patibolo. Erano gradini di legno, sorretti tra loro da una struttura metallica, e in alcuni punti le assi erano scheggiate. Il ragazzo cercò di immaginarsi tutti i prigionieri che, prima di lui, avevano percorso quella scalinata consapevoli del fatto che non sarebbero più scesi da lì con le proprie gambe. Stranamente, però, lui non aveva paura. Non si sentiva nemmeno agitato. Era come se quella che stava per finire fosse la vita di un altro, e che lui fosse un muto spettatore. Nelle ore trascorse sulla nave della Marina che lo aveva trasportato da Impel Down a Marineford, Ace era rimasto a osservare le nuvole che scorrevano sopra la sua testa e non aveva potuto fare a meno di pensare che tutto quello, in fondo, era colpa sua.
Se lui fosse stato più attento, Teach non avrebbe avuto la possibilità di uccidere Satch. E se avesse dato ascolto a suo padre e ai suoi compagni, invece di agire d’istinto accecato dalla rabbia, in quel momento non si sarebbe certo trovato ad un passo dalla forca.
Eppure in quel momento gli era sembrata la cosa giusta da fare. Sul ponte della Moby Dick, accecato dall’odio e con l’immagine del pugnale che attraversava la schiena di Satch, partire immediatamente alla ricerca di Teach sembrava l’unica cosa sensata da fare.
Se chiudeva gli occhi, Ace riusciva ancora a sentire le suppliche dei suoi compagni, che a gran voce gli dicevano di lasciar perdere, di non andare. E riusciva anche a vedere gli occhi imploranti di Barbabianca, un’espressione che mai prima di allora Ace gli aveva visto nello sguardo. Ace si ricordò che quel giorno il mare era mosso e il cielo sembrava essere pronto a scagliare su di loro una quantità impressionante di pioggia. Nuvoloni neri avevano oscurato completamente il sole.
Non li vedrò più.
C’erano tante cose che avrebbe voluto dirgli. Avrebbe voluto ridere con Marco e sfidarlo in duelli infuocati; avrebbe voluto consultare le mappe insieme a Jaws; avrebbe voluto sentire ancora la voce di suo padre, così calma e rilassante. Ma più di ogni altra cosa, in quel momento Ace avrebbe voluto essere con i suoi fratelli. Erano passati tre anni da quando aveva lasciato il Villaggio di Foosha, e sicuramente anche Rufy era ormai partito per la sua avventura. Chissà se aveva trovato, come lui, dei compagni di cui potersi fidare ciecamente. Come sarebbe stata la sua nave? Era diventato capitano di una ciurma? Mille domande passavano nella mente del ragazzo, domande che probabilmente sarebbero rimaste senza risposta.
E poi c’era Shari. Ace ricordava perfettamente l’ultima volta che l’aveva vista, due anni prima. Si ricordava il suo viso, la dolce spruzzata di lentiggini, gli occhi verdi e luminosi. In quei due anni di lontananza, Ace aveva potuto constatare come l’assenza della sorella minore pesasse su di lui come un grosso macigno.
Anche dopo parecchio tempo, ogni mattina al suo risveglio il ragazzo si stupiva di non trovare il lupo nero accoccolato sul tappeto della sua cabina, e per qualche istante una sensazione di pericolo scattava dentro di lui.
- Ehi, tu, forza. Cammina.
Ace fu strappato dai suoi ricordi dalla mano violenta del Marine alle sue spalle, che gli diede uno spintone per farlo avanzare. Sbatté gli occhi, intontito come se si fosse appena risvegliato da un sogno, e iniziò a salire i gradini.
 

 
Erano loro.
No, non è possibile.
La nave si schiantò sulla superficie del mare, in un frastuono di spruzzi e grida.
Perché sono qui?
La seguirono altre tre navi, meno imponenti della Moby Dick ma abbastanza grandi da incutere timore alla sola vista. Il muso della balena, però, non era bianco, ma bensì blu scuro. Man mano che l’acqua scivolava via dalla struttura dell’imbarcazione e la nube di vapore acque si districava, sul pontile diventavano visibili le figure dei pirati.
Non dovevate venire. Perché? Perché lo avete fatto?
- Resisti solo un altro po’, Ace. Stiamo venendo a salvarti.
- Mi dispiace di averti messo in questa situazione, figliolo. È solo colpa mia se ti hanno catturato.
Sta zitto. Cosa dici? Non è vero!
- Sta tranquillo, Ace. I Marine impareranno presto che nessuno può fare del male ad un membro della nostra famiglia e sperare di farla franca.
Ragazzi. Vi prego. Andate via.
Uno ad uno, i pirati della Flotta di Barbabianca iniziarono a sbarcare dalle loro navi, ed una valanga di uomini armati di spade, pistole e determinazione si scagliò con tutta la forza che aveva contro i soldati della Marina. La battaglia era cominciata, ed entrambi gli schieramenti erano consapevoli del fatto che, comunque la guerra fosse finita, avrebbe segnato la fine di un’era e l’inizio di una nuova.
 

 
Mare Orientale, 100 Km dalla Fascia di Bonaccia
 
Il solo rumore udibile era quello delle ali dei due draghi che fendevano l’aria come lame affilate, permettendo ai due possenti animali di sfrecciare nel cielo ad una velocità maggiore di qualsiasi altra creatura volante. Shari e Jan erano affiancati e la loro avanzata procedeva senza troppi problemi. Il mare sotto di loro era piatto e l’orizzonte sereno.
Si erano scambiati pochissime parole da quando erano partiti dall’Isola di Lyra ma nessuno dei due sentiva il bisogno di comunicare verbalmente con l’altro. Le loro menti erano unite e i loro cuori sincronizzati, e Jan poteva percepire la tempesta di emozioni che in quel momento scuoteva la sua compagna, come delle onde che si abbattono violente sugli scogli. Shari era concentrata sulla battaglia che la attendeva, e studiava le varie strategie simile ad un generale esperto che ha alle spalle una quantità notevole di guerre. Ma soprattutto era in pensiero per il fratello, e in questo Jan non sapeva come esserle di conforto. Dirle che sicuramente stava bene, che lei sarebbe riuscita a salvarlo, voleva dire darle delle false speranze, e il ragazzo sapeva che quelle erano veramente l’unica cosa di cui Shari non aveva bisogno. In quella situazione, il silenzio era la forma migliore di solidarietà.
Shari diede un colpo d’ali più forte degli altri e si sollevò ulteriormente, scrutando il cielo davanti a lei protendendo in avanti il collo sinuoso.
- Non riesco ancora a vedere nulla - sbuffò il drago nero, e dalle narici uscì un ricciolo di fumo scuro. Gli occhi verdi saettarono verso l’altro animale, cercando il suo sguardo.
- Arriveremo in tempo, Shari. Non preoccuparti. Da quando siamo partiti non abbiamo fatto nemmeno una pausa.
Calò nuovamente il silenzio per alcuni minuti, poi Shari disse: - Jan, devi promettermi una cosa.
Al ragazzo il tono di voce di Shari non piacque per niente, tuttavia rimase in silenzio e aspettò che continuasse.
- Se dovesse succedermi qualcosa, devi giurarmi che sarai tu a salvare Ace.
Il drago color sabbia spostò di scatto il muso e piantò gli occhi azzurri in quelli dell’altro animale. Rimasero a fissarsi per un tempo indefinibile prima che Jan avesse di nuovo il coraggio di parlare.
- A te non succederà niente. Mi hai sentito, Shari? Niente.
- Ti prego, Jan, ho bisogno di sentirtelo dire. Mi prometti che, costi quel che costi, tu salverai Ace al mio posto?
Jan rifletté prima di rispondere, scegliendo con cura ogni singola parola come se fosse l’ultima.
- Non posso farti questa promessa, Shari, perché sono certo che non ti succederà nulla. Ma posso giurarti che, qualsiasi cosa accada durante la battaglia, io farò in modo che nessuno si metta sulla tua strada. Tu salverai tuo fratello, e poi ce ne andremo insieme. Questa è la promessa che ti faccio, Shari. Ed è una promessa che intendo mantenere.
Senza perdere il ritmo di volo, il drago nero strofinò il muso contro il collo del compagno, assaporando il contatto con le squame ruvide e calde.

Angolo autrice:
Ciao! Per farmi perdonare del ritardo con cui ultimamente ho aggiornato, ecco qui il nuovo capitolo! Vorrei precisare che ho cambiato qualcosina nella storia originale dell'anime, spero che nessuno voglia uccidermi! XD Oramai la guerra di Marineford è alle porte, credete che Shari e Jan arriveranno in tempo? Non vi voglio anticipare niente, vi dico solamente che la mia versione della battaglia sarà abbastanza diversa da quella dell'anime... Spero di avervi incuriositi! Buona lettura, Wolf97

 

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Capitolo 22
*** 21:Una guerra devastante ***


Marineford, durante lo scontro
 
La guerra imperversava in ogni angolo della piazza.
Nell’aria riecheggiava il rumore degli spari, lo stridio dell’acciaio che cozza contro l’acciaio, le urla di dolore degli uomini feriti. L’odore di odio e morte avvolgeva tutto e tutti, oscurando quasi il cielo, e penetrando negli animi di soldati della Marina e pirati come un’ombra velenosa. E su tutta quella sofferenza, il patibolo si stagliava verso il cielo, padrone di uno spettacolo raccapricciante.
Sengoku osservava i suoi uomini e i suoi nemici perire con sguardo inflessibile, come se osservasse la scena da un punto irraggiungibile.
E, in effetti, il patibolo sul quale si trovavano lui e il condannato era davvero irraggiungibile. Sembrava che più i pirati di Barbabianca provassero a raggiungerlo più quello si innalzasse al di sopra di loro.
E, dalla parte opposta al patibolo, il capo dei pirati osservava la scena, ma con una grande sofferenza nel cuore.
Era preparato alla brutalità delle guerre, ne aveva viste e combattute molte nella sua vita, eppure quella gli sembrava diversa. Perché adesso, lui lo sapeva bene, al centro del campo di battaglia c’erano i suoi figli, e il prezzo della sconfitta era la morte di Ace.
Un prezzo troppo alto da pagare.
Ad ogni figlio e pirata che perdeva, Barbabianca sentiva montare nel suo animo una rabbia incontrollabile, e faticava sempre di più a rimanere sul pontile della sua nave, ad aspettare.
Perché era quello che stava facendo. Aspettava.
Aspettava e guardava il cielo.
Sapeva che, proprio dal cielo, sarebbe presto arrivata la sola persona in grado di salvare Ace e di mettere fine a quella guerra.
Una persona che non vedeva da molto, troppo tempo e che cercava di immaginarsi cresciuta, diversa.
Dovunque tu sia, sbrigati.
 

 
Il ruggito scosse la terra dalle fondamenta, come se il suolo stesso avesse risposto a quel suono inferocito. Fu un attimo, e poi tutto nella piazza divenne immobile. Soldati della Marina e pirati, vento e onde del mare si bloccarono, trattenendo il respiro in attesa di quello che sarebbe successo. Un altro ruggito, intenso e assordante, squarciò l’aria. Poi, dalla linea del mare che si congiungeva con il cielo, apparvero due piccole macchie senza forma, ma che si avvicinavano a grande velocità. Un mormorio percorse le file dei due eserciti mentre le strane creature prendevano forma all’orizzonte. Sengoku, grazie alla posizione sopraelevata del patibolo, poté vedere prima degli altri che cos’erano, e rimase senza parole. Quelli che si avvicinavano alla stessa velocità di un ciclone al Quartier Generale erano due draghi. Ben presto gli sguardi di tutti furono attirati in quella direzione, e quando gli animali divennero visibili a tutti un grido di sorpresa si levò dagli uomini esterrefatti. Erano dei draghi enormi, i corpi sinuosi e flessibili come quelli di due serpenti ma dotati di quattro robuste zampe. Mentre la corporatura era uguale, lo stesso non si poteva dire del colore delle squame. Uno dei due animali le aveva di color sabbia, che brillavano sotto i raggi del sole, mentre l’altro era completamente nero. I draghi sorvolarono in un attimo l’ultimo tratto di mare che li separava dal Quartier Generale della Marina e, battendo le grandi ali per non perdere quota, rimasero a mezz’aria ad osservare lo spettacolo sotto di loro.
Poi, dopo aver valutato la situazione, scesero verso la nave di Barbabianca, volteggiando in ampi cerchi, fino ad atterrare accanto all’uomo. Nessuno degli uomini presenti, Marine o pirati che fossero, ebbe il coraggio di emettere un fiato mentre osservava rapito le possenti creature. I loro colli muscolosi terminavano con una grossa testa munita di lunghe creste robuste, e gli occhi di entrambi esprimevano intelligenza e forza. Come le squame, anche le pupille dei due draghi erano di colore differente: l’esemplare color sabbia li aveva azzurri, mentre quelli del drago nero erano verdi.
Le ali, unite da una sottile membrana colma di venature che luccicavano al sole, adesso erano ripiegate lungo il corpo, e le code strusciavano contro le assi di legno del pontile della nave. Barbabianca osservò i due animali accanto a se, e si stupì di non provare nemmeno un briciolo di paura come invece si leggeva nei volti degli altri uomini in piazza. Il drago nero voltò il muso nella sua direzione e, sbuffando, emise una piccola nuvoletta dalle narici. I loro sguardi si specchiarono l’uno nell’altro, e a quel punto Barbabianca non ebbe più dubbi. I suoi figli, guardandolo dal basso del campo di battaglia, lo videro sorridere e tendere una mano verso il muso dell’animale.
- No padre, attento!
Il capitano non ascoltò neppure quella raccomandazione. Sapeva, oramai, di non avere nulla da temere. Rimase immobile, senza staccare gli occhi da quelli avvolgenti del drago, e aspettò che questi allungasse il collo e appoggiasse la punta del grosso muso sul suo palmo. L’animale chiuse gli occhi, ed un gorgoglio di piacere gli salì dalla gola. L’altro drago osservava la scena senza muoversi, come qualcuno che assiste ad un incontro tra vecchi amici e rimane educatamente in disparte.
- Bentornata, figlia mia.
Seppur dette con un tono di voce appena udibile, in quel silenzio assordante quelle parole esplosero come colpi di cannone, arrivando fino alle orecchie di Sengoku e di Ace. Il ragazzo non aveva tolto un secondo gli occhi dal drago, e non appena il padre pronunciò quelle parole la sua mente scattò. Nella sua mente si formò un’immagine chiara e precisa, l’immagine di un viso lentigginoso, di due grandi occhi verdi e di un sorriso sempre stampato sulle labbra. L’urlo riecheggiò intorno a lui prima che Ace avesse il tempo di fermarlo.
- Shari!
La figura del drago tremolò un poco, come se improvvisamente non avesse più un contorno ben definito, e pochi secondi dopo era sparita. Al suo posto, una ragazza dai capelli ricci e nerissimi e lo sguardo ardente di rabbia e determinazione.
 

 
Shari non aveva occhi che per Barbabianca. Scrutava il suo viso come se cercasse di identificare anche il minimo cambiamento che fosse avvenuto in quei due anni di lontananza, ma constatò con piacere che l’uomo non era cambiato di una virgola. Shari era troppo concentrata sul suo capitano per accorgersene, ma in tutto il Quartier Generale della Marina non c’era uomo che non la stesse fissando a bocca aperta. I pirati erano pervasi dalla felicità e la scrutavano comparando il ricordo che avevano di lei con la ragazza che si trovavano davanti, mentre i Marine erano rimasti impressionati dalla sua trasformazione. Non avevano mai visto nessuno con un potere del genere. In alcuni di loro aveva iniziato ad insediarsi il germe delle paura, in altri non avrebbe tardato a presentarsi. Una certezza era che la comparsa di Shari e dell’altro drago aveva scosso profondamente gli uomini di entrambe le fazioni. La ragazza, però, non se ne curava e continuava a tenere lo sguardo puntato su Barbabianca, respirando a fondo per impedire a se stessa di correre da lui e abbracciarlo con tutta la forza che aveva. Sentiva il fiato caldo di Jan a pochi centimetri dal collo e in qualche modo quella era l’unica cosa che la manteneva in contatto con l’ambiente circostante. Il capitano della Moby Dick sospirò, poi le sorrise. Shari ricambiò il gesto con le lacrime che le inumidivano le ciglia.
- Padre.
Una parola, semplice e diretta. Barbabianca non aveva bisogno d’altro per sapere che lo strappo nel suo cuore si stava velocemente ricucendo. Adesso, i suoi figli erano di nuovo uniti, e avrebbero combattuto insieme per salvare la vita del loro compagno. Un padre poteva forse desiderare di più?
- Shari - La voce di Jan le penetrò a forza nella mente, facendola sobbalzare. La ragazzi si voltò e incrociò gli occhi azzurri del drago. Le pupille erano dilatate e l’espressione suggeriva una certa tensione. - Dai un’occhiata alla situazione.
Dall’altro della sua posizione, Shari poté notare facilmente che i pirati di Barbabianca erano in una posizione di svantaggio. La baia dove si trovavano la Moby Dick e le altre navi era circondata da truppe di soldati della Marina armati di cannoni per tentare di affondarle, e più avanti, nella piazza, uno schieramento di ammiragli, viceammiragli e soldati semplici aspettava di vedere arrivare il nemico pronto a respingerlo e a fargli battere la ritirata. Spostando lo sguardo verso il mare aperto, Shari vide che un battaglione di navi della Marina avevano ostruito il passaggio, chiudendo così i pirati in una morsa dalla quale era apparentemente impossibile fuggire. Non fu difficile per la ragazza capire che, se non faceva qualcosa subito per rivoltare la situazione, nessuno dei suoi compagni sarebbe uscito vivo da quella guerra. L’urgenza provocata da quel pensiero la spinse ad alzare lo sguardo diritto davanti a lei, verso il punto in cui si trovava il patibolo. Seppure la distanza che c’era tra di loro era davvero tanta, quando i suoi occhi si posarono sul fratello Shari fu certa di aver visto calde lacrime solcare le guance di Ace. Un’improvvisa morsa di dolore misto a gioia le serrò lo stomaco. Il cuore si fermò.
Una domanda si formò istintiva nella mente della ragazza, con parole che sapevano di rabbia e odio. Che cosa ti hanno fatto, Ace? Il ragazzo scattò in avanti, e un tintinnio metallico accompagnò il suo gesto.
- Shari! Shari! - gridò, come se improvvisamente non fosse capace di pronunciare altro.
- Jan, tu occupati della situazione nella piazza. Cerca di respingere gli attacchi della Marina e aiuta i pirati ad avanzare. Io penserò ad Ace - disse la ragazza, senza staccare gli occhi dal patibolo. Trasformandosi in drago avrebbe raggiunto Ace prima di chiunque altro, anche se era consapevole che riuscire a liberarlo non sarebbe stata un’impresa facile. Dopotutto, Sengoku in persona presidiava il patibolo, e Shari sapeva che era un uomo pericoloso. Ma la ragazza non si preoccupava: la sua determinazione e la rabbia erano tali che avrebbe combattuto persino da sola contro un esercito di Marine, se fosse servito per aiutare suo fratello. Quando sentì il drago color sabbia sbuffare il suo assenso, Shari fece un lungo respiro e scattò in avanti, correndo lungo il muso della polena della nave per poi saltare nel vuoto.
La vera guerra inizia adesso, si disse, gli occhi verdi che lanciavano piccoli lampi in ogni direzione.
In quel momento, fu come se il tempo tornasse a scorrere normalmente, e nella piazza tornarono a farsi sentire le grida degli uomini e i colpi delle armi da fuoco. Un boato assordante si fece largo nella folla quando la figura del drago nero tornò a solcare il cielo, spiegando le ali e volando a tutta velocità verso il patibolo. I pirati di Barbabianca incitavano Shari ad accelerare, a non farsi tagliare la strada dagli uomini della Marina, mentre questi ultimi gridavano ordini ai loro subordinati cercando di bloccare la sua avanzata. Al sicuro nella sua mente, Shari sentiva il sostegno di Jan, che lanciò un agghiacciante ruggito dal pontile della Moby Dick. Qualcosa, però, non convinceva Shari: era davvero troppo facile. Senza dubbio né Sengoku né nessun altro si aspettava di dover combattere contro dei Mutaforma, eppure il Generale della Marina era noto a tutti per la sua incredibile abilità di riuscire a trovare sempre una soluzione per i problemi che gli si presentavano davanti. Mentre continuava a volare, Shari voltava il muso da una parte e dall’altra, in cerca di eventuali pericoli. E fu proprio grazie a questa sensazione di pericolo che il drago nero riuscì, con un’ampia manovra aerea, ad evitare la lancia di ghiaccio che venne lanciata nella sua direzione da un punto indefinito della piattaforma sottostante il patibolo.
Dopo lo stupore inziale e dopo aver sbattuto fragorosamente le ali per non perdere quota, Shari si guardò frettolosamente intorno e vide un uomo, i capelli neri, il viso squadrato e con la divisa della Marina, che teneva una mano sollevata verso di lei. Il palmo era completamente ghiacciato, come gran parte del braccio. L’uomo aveva nello sguardo una strana espressione, che Shari non riuscì a decifrare. Shari avrebbe voluto reagire, ma fu bloccata da una luce accecante che si accese a pochi metri da lei. Il drago spalancò gli occhi e fece un guizzo all’indietro quando si rese conto che le migliaia di particelle luminose stavano dando forma ad una figura umana, come mosse da una mano invisibile. Sembrava che qualcuno stesse componendo un puzzle e piano piano assemblasse sta loro le tante luci, che poi lasciarono il posto alle ossa e alla pelle di un uomo con indosso una divisa della Marina simile a quella del suo collega. Il nuovo arrivato sorrise, malizioso, poi unì i palmi delle mani davanti al torace e rimase immobile. Subito si creò una sfera luminescente che iniziò a galleggiare in aria, senza allontanarsi di un millimetro dalle dita dell’uomo.
- Aokiji non è riuscito a fermarti, drago, ma non hai scampo contro di me.
Come se quelle parole l’avessero improvvisamente risvegliata, la sfera di luce si protese in avanti, trasformandosi in un fascio abbagliante che puntò dritto verso Shari, che si gettò all’indietro con un battito d’ali ma che non riuscì ad evitare del tutto l’attacco dell’avversario: sentì un dolore intenso alla spalla sinistra e non riuscì a trattenere un ruggito. Ma questo servì anche ad accendere la sua voglia di lottare, ed immediatamente il drago nero fece schioccare la coda verso il nemico, riuscendo a mettere a segno il colpo. I due combattenti si separarono, e Shari atterrò al centro di un gruppo di pirati circondati da soldati della Marina. La sua sola presenza bastò a far arretrare i Marine, e i pirati ne approfittarono per respingere la loro offensiva.
Izo e Fossa si avvicinarono a Shari, che aveva ripreso le sue sembianze umane, e la aiutarono a rimettersi in piedi.
- Tutto bene, Shari?
- Il suo attacco ti ha ferito?
Shari controllò la spalla. Sanguinava, certo, ma il dolore si stava già affievolendo e non sembrava essere un taglio profondo. Scosse la testa. - È solo una ferita di striscio, ragazzi.
Nella mente la ragazza avvertiva la preoccupazione di Jan e la sua rabbia, e le orecchie le portavano i suoi agghiaccianti ruggiti mentre cercava di impedire ai soldati della Marina di danneggiare in modo serio le navi di Barbabianca.
Sembra che raggiungere Ace in volo sia impossibile. Quelli devono essere gli ammiragli di cui mi ha parlato Ace, non posso sperare di batterli da sola.
Shari alzò lo sguardo e vide che i due uomini avevano preso posto su due poltrone posizionate sotto il patibolo, e che accanto a loro c’era un terzo individuo, la divisa della Marina rigorosamente addosso e il viso seminascosto da un berretto.
Shari sbuffò. Questa sarà una guerra davvero dura. Ma non ho intenzione di andarmene senza Ace.
Ed era pronta a gettarsi in mezzo ai soldati nemici e a combattere fino alla morte, se fosse stato necessario; ma qualcosa la bloccò, inchiodandola sul posto. Un urlo, distante, che però sembrava farsi via via più vicino. E non era composto da una sola voce, bensì da molte, moltissime voci che si erano unite in quel coro di disperazione. La ragazza si guardò intorno, cercando di capire da dove provenisse. Intorno a lei, pian piano anche gli altri uomini si accorsero di quello strano rumore, e la guerra di Marineford si interruppe per la seconda volta, mentre pirati e Marine cercavano di dare una spiegazione allo strano fenomeno.
Fu uno dei soldati che si trovava vicino a Shari il primo a sollevare il viso e ad indicare il cielo con un grido soffocato. Lei seguì il suo sguardo, e quello che vide la lasciò a bocca aperta.
Una nave della Marina, come se fosse appena apparsa dal nulla, stava precipitando a tutta velocità verso il campo di battaglia. E gli uomini che facevano parte del suo equipaggio la precedevano, gridando a squarciagola mentre vedevano il mare ghiacciato avvicinarsi sempre di più.
In quel momento, Shari perse ogni interesse per quello che le succedeva intorno.
Perché i suoi occhi si posarono sull’ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere lì. Una persona che non vedeva da molto tempo e della quale sentiva una gran mancanza.
Il suo nome le salì automaticamente alle labbra, e Shari sentì la sua voce gridarlo prima che potesse impedirlo.
- Rufy!

Angolo autrice:
Ed eccoci qui, gente! Ci siamo, la guerra di Marineford è ufficialmente cominciata. Le guerre, si sa, non sono mai qualcosa di positivo e comunque vada a finire il numero delle vittime è sempre troppo alto. Ma Shari, e Rufy ovviamente!, non hanno nessuna intenzione di lasciar morire il loro fratellone davanti ai loro occhi. Ce la faranno i due intrepidi fratelli a salvare Ace prima dell'esecuzione? Bhe, scopritelo leggendo! Come sempre, un bacio e alla prossima, Wolf97

 

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Capitolo 23
*** 22:In fondo, siamo fratelli ***


Come ho fatto a vivere tre lunghi anni senza di te, Rufy?
Era questa la domanda che Shari continuava a ripetersi. Non trovava, però, una risposta che potesse soddisfarla. La verità era che si vergognava enormemente di se stessa: in quei tre anni, aveva pensato raramente a Rufy, troppo presa ad assaporare le avventure che poteva vivere accanto ad Ace. L’apparizione del fratello aveva aperto una crepa nella sua memoria, facendole tornare in mente l’ultima volta che lo aveva visto, sull’Isola di Dawn, prima di partire per andare a cercare Ace. “Ci rincontreremo quando saremo diventati dei pirati di tutto rispetto, va bene?” Erano state queste le parole che gli aveva detto prima di andarsene, e adesso Shari non poteva fare a meno di domandarsi se Rufy fosse effettivamente diventato un pirata.
Intorno a lei si era scatenato un gran putiferio, mentre i Marine e gli uomini di Barbabianca guadavano attoniti la nave che precipitava.
- Attenzione!
- Precipiterà sul Quartier Generale!
- Cercate di liberare la baia!
Shari sbatté gli occhi, come se si fosse appena risvegliata da un sogno, e lanciò uno sguardo in direzione del patibolo. Anche Ace aveva il viso puntato in alto, e la ragazza non riusciva a vedere la sua espressione. Ma era certa, senza alcuna possibilità di errore, che suo fratello avesse visto Rufy. Senza indugiare oltre, Shari mutò forma e assunse le sembianze di una grande aquila reale, che prese velocemente il volo e puntò diritta verso la nave. Afferrò Rufy con gli artigli, cercando di non tagliarlo, e con una capriola in aria tornò indietro, posandosi leggiadra sul pontile della Moby Dick. Qualche istante dopo, in un rombo di legno fracassato e ghiaccio che viene rotto, la nave piovuta dal cielo si abbatté sulla baia e l’equipaggio venne sbalzato in acqua, ma Shari non ci fece caso. Guardando Rufy da vicino, Shari si rese conto con piacere che il fratello aveva perso le fattezze di bambino e che in quei tre anni era cresciuto, assumendo caratteristiche fisiche più simili a quelle di un uomo. Il ragazzo sembrava spaesato, e si guardò rapidamente intorno per controllare la situazione, ma quando incrociò lo sguardo della sorella minore i suoi occhi nerissimi si accesero. I due ragazzi si gettarono le braccia al collo, e Shari aspirò avida una boccata del profumo di Rufy. Lui le accarezzò i capelli ricci e, sollevandola delicatamente, le fece fare una giravolta.
Era tanto che aspettava quel momento, ma non avrebbe mai immaginato di rivedere Shari in una situazione così delicata. Eppure, sapere che anche la sorella minore era lì per salvare Ace gli dava un senso di conforto che presto si trasformò in euforia. Con l’aiuto di Shari e dei pirati di Barbabianca, si disse Rufy, sarebbe senz’altro riuscito nel suo intento. Quando si staccò dalla ragazza, la esaminò velocemente e poi le sorrise.
- Sei cresciuta, scricciolo.
Shari avvertì una stretta al cuore quando Rufy la chiamò con il suo vecchio soprannome, derivato dal fatto che da bambina era piccola e magra. Quanto aveva detestato quel nomignolo! Ogni volta che Rufy la prendeva in giro, lo usava per farla arrabbiare ancora di più e tutte le volte funzionava. Eppure, adesso, quell’appellativo le sembrava il più bello del mondo.
- Anche tu, Rufy. Sei diventato un uomo.
- Shari.
La voce di Jan rimbombò nella mente della ragazza, che fece scorrere lo sguardo sulla baia fino ad incontrare lo sguardo di una tigre color sabbia. Intorno all’animale la guerra di Marineford era sempre più violenta, e Shari percepì una nuova urgenza che le invadeva la mente. Lanciò uno sguardo a Barbabianca, rimasto a fissare la baia. Probabilmente, pensò la ragazza, anche lui si è reso conto della situazione.
- Rufy - disse Shari facendo un passo verso il bordo della nave. Suo fratello la seguì immediatamente, affiancandosi a lei e osservando con occhi pieni di determinazione la battaglia. Sapevano entrambi che cosa dovevano fare, e anche che il prezzo della loro sconfitta sarebbe stato altissimo. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo d’intesa.
- Andiamo, Shari. Andiamo a riprenderci nostro fratello. - La voce di Rufy era diversa. Decisa, forte, intimidatoria. La voce di qualcuno che porterà a termine la sua missione anche a costo della vita.
Mossero il primo passo contemporaneamente, come fossero una sola persona. Shari e Rufy corsero lungo il ponte della Moby Dick e poi, con un salto, si gettarono nella baia, finalmente pronti a combattere.
 

 
Dall’alto del patibolo, Ace vide i suoi fratelli saltare dalla nave di Barbabianca e atterrare nella baia. Osservò inorridito decine di Marine sbarrargli la strada armati di spade, pistole e fucili. Shari e Rufy iniziarono a combattere, e ben presto fu chiaro che nessuno di quei soldati avrebbe potuto fermarli. I due ragazzi sembravano uniti da un filo invisibile che gli permetteva di lottare come una sola persona: si difendevano a vicenda, anticipavano le mosse dell’altro ed erano in perfetta sincronia. Ace venne catturato da quella danza ipnotica e la sua mente gli riportò davanti agli occhi le immagini dei numerosi pomeriggi trascorsi sull’Isola di Dawn ad allenarsi, tutti e tre insieme. Shari e Rufy conoscevano alla perfezione i poteri e le debolezze l’una dell’altro, e questo gli dava un enorme vantaggio.
Ma nonostante questo, Ace non poteva evitare di trattenere il fiato ogni volta che un Marine attaccava uno dei due ragazzi.
Era consapevole del fatto che presto sarebbero stati stanchi e provati dai numerosi scontri, e sarebbe stato facile per i soldati della Marina eliminarli. Il ragazzo cercò di scacciare quei pensieri dalla mente, eppure l’immagine di Shari e Rufy feriti a morte continuava a infestare i suoi occhi.
Perché? Perché siete venuti? È colpa mia se siete in pericolo, è solo colpa mia! È stato uno stupido errore!
Il tempo sembrò rallentare, come anche il respiro di Ace e il battito del suo cuore. Rimase immobile, seguendo i passi dei suoi fratelli che si facevano strada verso il patibolo.
Se fosse successo qualcosa a Shari o a Rufy, Ace era pronto ad accettare volentieri l’esecuzione che il destino aveva previsto per lui. Ma se invece i suoi fratelli fossero riusciti a salvarlo, Ace promise a se stesso che non gli avrebbe più lasciati, per nulla al mondo.
È una promessa. In fondo, siamo fratelli.
 

 
L’adrenalina impediva a Shari di sentire la fatica. Era talmente concentrata nella battaglia che quasi non si rendeva conto della quantità di soldati che aveva affrontato e che ancora doveva affrontare. Il suo corpo mutava forma ad una velocità impressionante, tanto che i Marine facevano fatica anche solo a sfiorarla. E quelli che sfuggivano agli affondi dei suoi artigli o delle sue zanne venivano messi fuori gioco dai colpi di Rufy, che distribuiva potenti pungi e calci grazie alle abilità del Frutto del Mare. Quando anche l’ultimo Marine cadde sotto il colpo di Shari, la ragazza mutò in un possente cavallo dal mantello lucido e fece un cenno con la testa al fratello. Rufy si liberò dei soldati che lo avevano velocemente accerchiato, prendendo il posto dei compagni caduti, e allungando un braccio si aggrappò alla criniera dell’animale. Shari partì al galoppo, e Rufy si lasciò trascinare dalla sua corsa, ritrovandosi sulla groppa del cavallo. I due fratelli si lanciarono sulle schiere nemiche affiancati dai pirati, che aprivano loro la strada verso il patibolo.
Intanto, dietro di loro, Marco e gli altri Comandati tenevano a bada i Marine che cercavano di attaccare Barbabianca e con l’aiuto di Jan proteggevano la Moby Dick e le altre navi, la loro unica via di fuga una volta salvato Ace. I soldati della Marina erano assolutamente consapevoli di questo, perciò avevano schierato un gran numero di soldati semplici, ammiragli e vice-ammiragli lungo la baia per cercare di far affondare le imbarcazioni. Tuttavia, il loro piano non stava andando come previsto.
Jan, in quel momento in forma di rinoceronte, caricò un gruppo di soldati che avevano accerchiato Fossa e Jaws. Alcuni riuscirono a schivare il colpo, altri invece vennero travolti dalla furia dell’animale e caddero a terra con grugniti di dolore. Con un’occhiata veloce Jan si assicurò che i pirati non fossero feriti, poi voltò la grossa testa e cercò con lo sguardo Shari. Il cavallo nero e il suo cavaliere avevano percorso molta strada in mezzo alla battaglia ed erano riusciti ad arrivare a poche decine di metri dal muro in cemento che separava la baia dalla piazza principale. C’erano buone probabilità che i due riuscissero ad arrivare al patibolo, e questo lo rincuorò.
- Jan.
Marco si portò accanto al rinoceronte e l’urgenza del suo tono di voce attirarono l’attenzione dell’altro. Riprendendo sembianze umane, il ragazzo si fece ancor più vicino al pirata per non perdere nemmeno una parola in mezzo al clamore della battaglia.
- Siamo in vantaggio, Marco. I Marine non sono riusciti ad arrivare alle navi e Shari ha quasi raggiunto il patibolo. Che cos’è che ti preoccupa?
Il ragazzo biondo scosse la testa come per allontanare dei brutti pensieri. - Proprio questo. È troppo facile. Ho l’impressione che i soldati della Marina stiano aspettando di vederci abbassare la guardia per sferrare il loro colpo. Sengoku non è certo il tipo di uomo che accetta di farsi battere senza tentare il tutto per tutto.
Jan voltò la testa in direzione del patibolo, dove il Capo della Marina era rimasto a guardare la battaglia che si stava consumando ai suoi piedi. Appariva calmo, forse anche troppo. Possibile che Marco avesse ragione? Che cosa poteva tramare quell’uomo?
- Per ora non possiamo far altro che aspettare, Marco. Se e quando la Marina deciderà di scoprire le sue carte, noi saremo pronti a contrattaccare. E poi, io ho fiducia in Shari e sono sicuro che riuscirà a salvare suo fratello.
 

 
Ad appena pochi metri dall’ingresso della piazza del Quartier Generale, la corsa di Shari e Rufy venne interrotta da quello che a Shari non parve neppure un uomo. Aveva il corpo allungato, come se qualcuno lo avesse affettato per il collo e avesse tirato con forza. Era molto alto, e la pelle aveva un colore pallido e smorto in contrasto con le labbra viola e i capelli del medesimo colore. Indossava un frac e dei pantaloni a quadri arancioni, e calzava un paio di scarponi neri. Shari si fermò, agitando le orecchie come per captare il minimo segnale di pericolo. Non aveva idea di chi fosse quello strano tipo, ma se si metteva sulla sua strada non poteva che essere un nemico.
- Moria! Spostati, adesso non ho tempo di combattere con te! - esclamò Rufy, stringendo le dita intorno alla criniera del cavallo. Shari avvertì tutta la tensione del fratello attraverso quel tocco e capì che doveva trattarsi di un avversario pericoloso.
- Hishishishi, mi dispiace Cappello di Paglia ma la tua corsa finisce qui! Abbiamo un conto in sospeso, ricordi?
Ad un suo gesto, il terreno davanti ai suoi piedi si ruppe e spuntarono diversi uomini, con addosso l’uniforme della Marina, che si diressero verso Shari e Rufy con le armi in mano.
Il cavallo nero indietreggiò, percependo l’odore di carne in putrefazione che emanavano i nemici, ma prima che uno di loro potesse attaccarlo un’onda d’acqua di mare li travolse e quelli caddero immediatamente a terra, mentre dalle loro bocce usciva un piccolo fumo nero. Moria fu colto di sorpresa e si lasciò sfuggire un grugnito.
- Jinbe!
L’esclamazione di Rufy fece voltare Shari, che si trovò davanti un uomo dalla pelle azzurra e una folta chioma nera, che indossava un indumento simile ad un chimono e uno spesso mantello. Guardandolo attentamente, Shari si rese conto che il suo viso aveva forme simili a quello di un pesce, e che ai lati del collo erano visibili delle sottili branchie. Deve essere un uomo - pesce, si disse la ragazza, riportando alla mente i racconti di Ace.
Il nuovo arrivato si portò di fronte a Moria, lanciando un’occhiata dietro di se.
- Sbrigati, Rufy. Mi occuperò io di Moria, tu pensa a Ace.
Ben presto Shari si rese conto che stavano sopraggiungendo altri pirati, che formarono un cerchio intorno a loro e tenevano a bada i Marine. Prima che nella sua mente potesse formarsi alcuna domanda, suo fratello si chinò in avanti e le sussurrò all’orecchio che quelli erano gli uomini con cui era arrivato a Marineford e che erano persone degne della sua fiducia. Mentre Jinbe e Moria iniziavano la loro lotta, il cavallo nero riprese la sua corsa affiancato dai suoi nuovi compagni. Erano tutti pirati che non facevano parte della ciurma di Barbabianca e che Shari non aveva mai visto, ma se Rufy si fidava di loro dovevano essere tipi a posto. Ed inoltre Shari non aveva tempo di discutere. L’urgenza di salvare Ace dall’esecuzione era più forte di tutto.
Arrivati davanti al muro di cemento che divideva la baia dalla piazza, i pirati si trovarono di fronte ad uno schieramento di Marine armati che si gettarono su di loro, e in quel momento Shari e Rufy si trovarono da soli. Gli altri compagni erano impegnati a difendersi dai continui attacchi, e il cavallo nero dovette fermare diverse volte la sua corsa per evitare di essere catturato. Si impennava sulle zampe posteriori e agitava quelle anteriori con tutta la forza che aveva, sferrando duri colpi di zoccolo sul petto e sul viso dei nemici. Anche Rufy combatteva furiosamente, stando però attento a non essere disarcionato.
Finalmente, con un ultimo balzo, Shari riuscì a scavalcare i soldati e a riprendere la sua avanzata.
Intorno a lei si alzarono grida di esultanza non appena i pirati di Barbabianca si resero conto della situazione favorevole che si era appena creata: Shari e Rufy erano entrati nella piazza, e il patibolo si avvicinava sempre di più. Mentre correva, Shari sentì il grido del suo capitano che proveniva dal pontile della Moby Dick.
- Coraggio, figlia mia! Oramai solo tu puoi salvare il nostro Ace, ripongo la fiducia di tutti i pirati presenti nelle tue mani!

Angolo autrice:
*Si nasconde il viso tra le mani* Emh... salve... sono tornata... *cerca di evitare una cascata di pomodori* Ok ok, lo so! Mi dispiace, davvero! Sono imperdonabile, ma ho avuto problemi con il computer e anche con la storia e non ho potuto aggiornare. Mi scuso!! *Fa un inchino solenne* Comunque, tornando seri, spero che questo capitolo vi piaccia e serva per farmi perdonare. Ormai siamo quasi giunti al termine della storia, che emozione! Ho in mente una mezza idea per un seguito, ma non so... dipende dalla vostra opinione! Fatemi sapere che cosa ne pensate, mi raccomando! Come sempre, buona lettura e alla prossima. 
P.s: prometto che da adesso sarò regolare con gli aggiornamenti!!! 

 

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Capitolo 24
*** 23:Lo scontro finale - Parte I ***


Ce l’avevano fatta. Ignorando il dolore che proveniva dalla ferita alla spalla, Shari continuò a correre verso il patibolo, che oramai era sempre più vicino. Ace era lì, lo sguardo terrorizzato rivolto verso di lei, e questo sembrava imprimere ancora più potenza nelle robuste zampe del cavallo, che sfrecciava sul campo di battaglia. Rufy combatteva contro i soldati che cercavano di sbarrarle la strada, allungando le braccia e sferrando violenti colpi. Poi, improvvisamente, qualcosa la costrinse a fermarsi. Un potente fascio di luce accecante si accese di fronte a lei, e Shari si impennò spaventata, rischiando di far cadere Rufy a terra. Davanti ai due fratelli si materializzò l’ammiraglio della Marina che aveva ferito Shari, un mezzo sorriso stampato sulle labbra e le mani in tasca.
- Devo ammetterlo, siete stati bravi ad arrivare fino a qui. Ma temo di non potervi permettere di fare un altro passo. La vostra corsa termina qui.
Accanto a lui arrivarono anche gli altri due ammiragli, e Shari capì che quella sarebbe stata una dura lotta. I pirati che fino a quel momento li avevano accompagnati nella loro avanzata erano rimasti indietro e loro avrebbero dovuto affrontare i tre uomini più forti della Marina da soli. Rufy smontò dalla sua schiena con un balzo, ma continuò a tenere la mano appoggiata sul mantello lucido del cavallo, come se quel contatto potesse dare forza a entrambi.
Poi, iniziò la lotta.
Shari mutò in un grosso leone si gettò sugli avversari, tentando di atterrare l’ammiraglio Aokiji, ma quello scagliò una freccia di ghiaccio e si spostò rapidamente evitando il colpo. Shari divenne velocemente un falco ed eseguì una piroetta in aria, e la freccia ghiacciata si frantumò al suolo. Con la coda dell’occhio la ragazza teneva d’occhio il fratello, che stava cercando di colpire l’ammiraglio Kizaru, ma quest’ultimo continuava a sparire in un fascio di luce poco prima che il pugno del ragazzo potesse raggiungerlo. Analizzando la situazione il più lucidamente possibile, Shari si rese conto che se volevano avere una minima speranza di vincere dovevano cercare di anticipare le mosse dei tre nemici e coglierli di sorpresa. La ragazza iniziò a studiare i movimenti di Aokiji, schivando agilmente i suoi attacchi e girandogli intorno in forma di falco. L’uomo era un guerriero esperto, e tutti i suoi movimenti sembravano calcolati con estrema precisione, ma alla fine Shari riuscì a trovare una falla nella sua tattica. Ogni volta che l’ammiraglio scagliava una freccia di ghiaccio, perdeva il controllo di quello che succedeva alle sue spalle ed era quindi un bersaglio facile.
Shari si portò ad altezza del suolo e riprese sembianze umane, quindi si mise a correre in direzione del suo avversario, sperando che lui cadesse nella trappola. E infatti, Aokiji appoggiò velocemente una mano a terra, formando una spessa lastra di ghiaccio che indirizzò verso la ragazza. Shari non perse tempo: con un salto evitò di essere colpita e si portò dietro il nemico, mutando poi in un cavallo che puntò le zampe anteriori nel terreno e sferrò un poderoso calcio in pieno stomaco all’ammiraglio. Quest’ultimo, sorpreso, non ebbe il tempo di evitare il colpo e venne sbalzato all’indietro, lanciando un grido di dolore.
Con un grugnito di soddisfazione, l’animale cercò con lo sguardo il suo compagno. Rufy lottava contro Kizaru, ma era in difficoltà. L’ammiraglio era molto veloce e nessuno dei colpi del ragazzo sembrava essere all’altezza della situazione. Prendendo il posto del cavallo, il lupo nero si mosse in direzione dei due lottatori, pronto ad offrire il suo aiuto, ma fu bloccato da Akainu. Shari rimase senza fiato: il braccio destro e parte del volto dell’uomo erano ricoperti di lava, e un denso fumo nero e rovente si alzava da essi oscurando il cielo. Shari si riscosse giusto in tempo per evitare una palla di fuoco liquido che si schiantò a pochi centimetri da dove si trovava. Il lupo nero arretrò, scoprendo i denti e ringhiando contro l’avversario mentre cercava di trovare un modo per arrivare da Rufy.
Il suo corpo è fatto di lava. Come faccio ad attaccarlo?
L’ammiraglio non le diede tempo per ragionare, perché subito si scagliò conto di lei, pronto a combattere.
 

 
Barbabianca avrebbe voluto chiudere gli occhi. Dovunque indirizzasse lo sguardo, vedeva i suoi figli circondati dai soldati della Marina che combattevano con la ferocia della disperazione, e sentiva le urla dei caduti. Cercava insistentemente di individuare Marco e gli altri Comandati in mezzo alla battaglia, e ogni volta che ne individuava uno e si accertava che stesse bene non poteva fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. Ma era ancora troppo presto per rallegrarsi: Ace era ancora in mano alla Marina e la guerra era tutt’altro che finita. Tuttavia, il capitano della Moby Dick nutriva ancora una grande speranza, che riponeva in Shari e suo fratello. Era certo che loro due gli avrebbero riportato Ace sano e salvo.
Barbabianca fece scorrere velocemente lo sguardo sulla baia, per poi fermarsi appena oltre il muro di cemento che la separava dalla piazza. Vide Shari, in forma di lupo, cercare di evitare i micidiali colpi di Akainu, mentre Rufy aveva ingaggiato una furiosa lotta con Kizaru. Bastò uno sguardo al comandante dei pirati per capire che i due ragazzi avrebbero perso la battaglia. I tre ammiragli erano troppo forti, e oltretutto loro erano soli.
Qualcosa nella mente di Barbabianca scattò. Il capitano non avrebbe saputo dire se fosse stata la consapevolezza di perdere anche Shari o la rabbia verso la Marina a fargli muovere il primo passo, eppure con un solo balzo Barbabianca, l’uomo che incuteva terrore in tutti i Mari, era saltato giù dalla sua nave per prendere parte alla guerra che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
 

 
- Barbabianca è sceso sul campo di battaglia!
L’esclamazione dei pirati e dei Marine raggiunse in fretta le orecchie di Shari, e persino i tre ammiragli rimasero immobili ad osservare la scena. L’uomo più forte del mondo, il pirata conosciuto in tutti i Mari, aveva fatto la sua mossa ed ora i soldati della Marina avrebbero dovuto difendersi dai suoi potentissimi attacchi. In molti di loro si instaurò la paura, che crebbe ulteriormente non appena il capitano dei pirati sollevò la sua lancia in aria e iniziò a farla roteare sopra la testa. Poi, con un gesto rapido e preciso, la puntò in direzione del patibolo e scandì a gran voce: - Figli miei, andiamo a riprenderci Ace!
Una risata avvolse il crepitio delle urla. I due schieramenti, increduli, spostarono all’unisono gli occhi nella direzione dalla quale proveniva. Sengoku e Barbabianca si guardarono, e i due comandanti percepirono perfettamente l’odio dell’altro.
- Povero illuso! Pensi davvero che ti permetterò di interferire nei miei piani, Barbabianca? - e dicendo questo fece un cenno ai due soldati che si erano posizionati ai lati di Ace. - Guarda bene, perché questa è la sorte che subisce chi osa mettersi contro la Marina!
I due Marine si prepararono ad eseguire la condanna, e il tempo sembrò rallentare di colpo.
Nelle orecchie di Shari, un insistente ronzio le impediva di percepire qualsiasi altro suono. La ragazza, incurante di quello che le succedeva intorno, cominciò a correre verso il patibolo, che però sembrava allontanarsi ad ogni suo passo. Non poteva finire così. Non l’avrebbe permesso.
Con la coda dell’occhio vide Rufy che cercava di evitare le frecce congelate da Aokiji, ma non si fermò. Sperava che suo fratello se la cavasse da solo, ed era quasi certa che lui avrebbe fatto la stessa cosa. La loro priorità era salvare Ace.
Le grida dietro di lei si erano fatte più acute, e Shari correva con tutta la forza che aveva in corpo per raggiungere in tempo il patibolo. I due Marine sollevarono le lance. Il cuore di Shari si fermò, ed il grido le salì alla gola prima che lei potesse fermarlo.
- NO!
Sul patibolo, Ace chiuse gli occhi e tirò il suo ultimo respiro. Rimase in attesa.
 

 
Fu un lampo indefinito, talmente veloce che nessuno riuscì a cogliere alcun movimento. Poi, uno dei due soldati cadde a terra con un grido di dolore. Ace aprì gli occhi e il suo sguardo venne catturato da quello azzurro di un leone color sabbia, le zanne sporche di sangue sguainate in un ringhio feroce. Il soldato rimasto, terrorizzato, non ebbe il tempo di lanciare un urlo che subito l’animale si scagliò su di lui, azzannandolo alla gola e stringendo finché non sentì il rumore delle ossa che venivano spezzate.
Shari non poteva credere ai suoi occhi. Da una parte il suo cuore scoppiava di gioia nel constatare che Ace era ancora vivo, dall’altra esso seguiva i movimenti di Jan con un’apprensione sempre maggiore. I pirati incitavano il Mutaforma, gridandogli di liberare il loro compagno, mentre i Marine cercavano di prendere la mira con i loro fucili e di abbatterlo.
Partirono una serie di pallottole, ma nessuna riuscì ad andare a segno perché il leone era molto agile. Con un balzo si portò dietro ad Ace nel tentativo di liberarlo dalle manette che lo tenevano intrappolato al patibolo, ma questo lo distrasse e Sengoku ne approfittò immediatamente. Si slanciò in avanti e sferrò un poderoso pungo sul fianco dell’animale, che ruggì e venne sbalzato di lato. L’urto fu talmente violento da farlo cadere dal patibolo, e Jan si schiantò al suolo con un sonoro tonfo.
- Jan! - gridò Shari. Inutili furono i tentativi dei tre ammiragli di bloccarle la strada: sotto forma di aquila, si portò accanto al ragazzo e lo prese tra le braccia, esaminando le eventuali ferite.
La caduta non sembrava aver causato danni seri, e Jan era solamente stordito. Si massaggiò la tempia con una mano e sorrise a Shari per rassicurarla. - Sto bene. Mi dispiace, Shari, non sono riuscito a salvare Ace.
- Tu lo hai salvato, Jan. Senza di te, Ace sarebbe già morto - Shari accarezzò con le dita il volto del ragazzo. - Grazie.
Ma il gesto di Jan non era servito solo a salvare Ace. Sengoku, dall’alto del patibolo, era oramai convinto che i pirati di Barbabianca rappresentavano una forza troppo grande da contrastare, ma non per questo si sarebbe dato per battuto. Era tempo di attuare il piano.
Parlando attraverso il lumacofono, si rivolse ai suoi uomini.
- Soldati della Marina! Dovete impedire ai pirati di arrivare alle loro navi, mi sono spiegato?
Nella piazza del Quartier Generale e nella baia i Marine obbedirono all’ordine appena ricevuto, e in poco tempo i pirati si ritrovarono stretti in un cerchio di nemici che gli impediva sia di avanzare che di retrocedere verso le navi. Poi, Sengoku parlò di nuovo, stavolta rivolto ad uno solo dei suoi uomini.
- Akainu, tu sai cosa fare.
Shari vide l’ammiraglio allungare le braccia e rimanere per un attimo immobile, come se stesse pregustando quel momento. Quando dalle sue mani scaturì una colata di lava che si fuse in una sfera incandescente, l’uomo la lanciò in alto, verso la baia. Alla prima palla di fuoco ne seguì una seconda, poi una terza. In breve, il cielo venne oscurato dal fumo nero che esse emanavano.
Con orrore sempre maggiore, Shari si rese conto che i suoi compagni erano in una trappola. Senza possibilità di salvezza. 

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Capitolo 25
*** 24:Lo scontro finale - Parte II ***


La baia si trasformò immediatamente in un infermo di lava e urla. I pirati tentavano di scappare, di avanzare per accedere alla piazza oppure di retrocedere fino a raggiungere le navi, ma dovunque si girassero i Marine erano pronti a scaraventargli addosso una pioggia di proiettili. Molti degli uomini di Barbabianca formarono un cerchio intorno al loro capitano per proteggerlo, e i Comandanti delle Flotte tentavano in ogni modo di deviare i micidiali colpi di Akainu senza, però, riscuotere molto successo. Le palle incandescenti piombavano con violenza inaudita sui pirati, sciogliendo il ghiaccio sotto i loro piedi e facendoli cadere in acqua, divenuta incandescente per via del calore assorbito dalla lava. Sembrava non esistere una via di fuga da quell’inferno, e a Barbabianca e i suoi uomini non restava che scegliere il modo in cui preferivano morire: se cadere sotto i colpi dell’ammiraglio Akainu o uccisi da una pallottola di un soldato qualsiasi della Marina.
 

 
Shari cercava di pensare in modo razionale, e soprattutto di ignorare le urla di dolore dei suoi compagni nella baia. Continuava a ripetersi che l’unico modo che aveva per aiutarli e far cessare quel massacro era salvare Ace, ma la tentazione di correre in soccorso di Marco, Barbabianca e tutti gli altri era molto forte. Scosse la testa, allontanando quei pensieri e concentrandosi su quello che doveva fare. Rufy continuava a lottare contro Aokiji e Kizaru, e Shari si slanciò in avanti per soccorrere il fratello. Mutando in una tigre riuscì a infliggere una zampata sulla schiena si Aokiji, che arretrò allontanandosi da Rufy. Il ragazzo sferrò un calcio verso Kizaru, costringendo anche lui a retrocedere. Prendendo le sembianze di un possente dinosauro, Shari scattò di lato e colpì i due ammiragli con la coda, e quelli vennero sbalzati lontano. Poi, la ragazza riprese l’aspetto del cavallo nero e con uno sguardo invitò Rufy a montarle in groppa.
- Jan, torna indietro e proteggi mio padre. Io e Rufy ci occuperemo di Ace. Cerca di liberare il passaggio verso le navi, e di a Marco di tenersi pronto.
L’urgenza nei pensieri di Shari fece scattare il ragazzo, che subito si alzò in volo sotto forma di drago e sorvolò il campo di battaglia in direzione della baia. Shari seguì la sua figura con lo sguardo carico di preoccupazione, e lo vide volare a zig zag per evitare le palle infuocate lanciate dall’ammiraglio Akainu.
- Shari, guarda! - le gridò Rufy, tendendo la mano ed indicando un punto davanti a loro. Aguzzando la vista, il cavallo scorse la figura di un grosso uomo che correva nella loro direzione. Aveva il viso enorme, un cespuglio di capelli viola in testa e indossava uno strano vestito fucsia. - Ivan!
A quanto pare ti sei fatto parecchi amici, Rufy, si disse Shari, mentre quello strano personaggio li raggiungeva e scambiava uno sguardo di intesa con il fratello.
- Ivan, come hai fatto ad arrivare fino a qui? - domandò il ragazzo, ma l’uomo scosse la testa.
- Non abbiamo tempo adesso, Cappello-Boy! Ho qui una persona che può aiutarvi a salvare Ace-Boy, ma dobbiamo fare in fretta!
Shari vide la massa di capelli di Ivan fremere come se avesse appena ricevuto una scossa e poi, con suo grande stupore, in mezzo alle ciocce viola comparve il volto di un altro uomo. Il nuovo arrivato aveva i capelli color carota da un lato e bianchi dall’altro, e gli occhi erano nascosti da un paio di spessi occhiali. Portava un cappotto lungo fino ai piedi diviso anch’esso in due colori. Ma la cosa che lasciò Shari senza parole era il fatto che, al posto delle mani, l’uomo avesse due paia di lunghe forbici dalla punta affilata.
- Coraggio Inazuma, è il tuo momento! - disse Ivan con enfasi. Inazuma, rispondendo all’ordine del suo capitano, si mise a correre verso il patibolo, e Shari lo seguì a breve distanza. Le forbici dell’uomo sfiorarono terra e iniziarono a tagliarla: in breve tempo, una lingua di cemento si sollevò dal terreno, contorcendosi come un gigantesco serpente, e in quel momento Shari capì qual era il piano di Ivan.
La striscia di cemento, infatti, si adagiò proprio sul patibolo, di fronte ad Ace, formando una lunga salita. Intorno a lei, la ragazza sentiva le grida di sorpresa di pirati e soldati della Marina, le urla di incitamento dei compagni e le imprecazioni degli ammiragli. Con la coda dell’occhio riuscì a vedere Ivan che sferrava un attacco contro Kizaru e Aokiji, che stavano cercando di sbarrarle la strada. Ma Shari correva, e il resto del mondo sembrava aver perso ogni significato. Come se avesse avuto i paraocchi, il suo sguardo metteva a fuoco solamente la via creata da Inazuma che l’avrebbe condotto da suo fratello. Un barlume di speranza si riaccese nel suo cuore, e Shari vi si aggrappò con tutte le forze che le erano rimaste. Sulla sua groppa, Rufy gridava il nome di Ace, mentre quest’ultimo guardava stupito l’avanzata dei due fratelli con gli occhi di chi sta assistendo ad un miracolo.
Il cavallo nero iniziò a percorrere la salita di cemento, e ormai nessuno era più in grado di fermarlo. Kizaru e Aokiji alzarono lo sguardo e scambiarono un’occhiata con Sengoku, i cui occhi erano completamente inespressivi. Akainu abbassò le braccia, interrompendo l’attacco contro la baia, e si voltò. Non c’era nessuno in tutto il Quartier Generale, pirata o Marine che fosse, che in quel momento non avesse il viso puntato in alto per osservare la scena.
Shari voltò il muso in direzione di Rufy e sbuffò. Il ragazzo, dopo un attimo di esitazione, sorrise alla sorella ed annuì.
Non appena le zampe anteriori dell’animale toccarono il patibolo, Rufy balzò giù dalla sua schiena e Shari assunse le sembianze di un grosso leone, che si portò immediatamente dietro ad Ace e con una zampata spezzò le manette che tenevano imprigionato il fratello.
Ace, frastornato, spostò lo sguardo da Rufy al leone, e i due percepirono tutta la gioia, la gratitudine e la commozione che provava il ragazzo.
- Dove pensate di andare?
La voce cavernosa di Sengoku fece voltare si scatto Shari, che sotto forma di lupo si parò di fronte al Capo della Marina e sguainò le zanne in un ringhio. L’uomo incrociò il suo sguardo e sul suo volto comparve un sorriso di scherno.
- Mutaforma. Pensavo di essermi liberato della tua razza molti anni fa, ma evidentemente mi sbagliavo.
Shari sapeva che il suo scopo era provocarla per cercare di farle perdere il controllo e renderla più vulnerabile, e cercava perciò di mantenersi lucida. Nella sua testa si affollarono mille immagini e suoni: il volto di sua madre, la voce di Rufy che gridava il suo nome, il sorriso malinconico di suo padre. Il lupo si voltò e ringhiò contro i suoi due fratelli, muovendo nervosamente la coda.
- Shari, ti prego. Dobbiamo andare - la implorò Ace, muovendo un passo verso di lei. Ma il lupo prese a ringhiare ancora più forte, intimando al ragazzo di stare lontano. Il suo sguardo guizzò verso la baia, in direzione della Moby Dick e delle altre navi, poi tornò a specchiarsi in quello del fratello maggiore.
E allora Ace capì. Facendo appello a tutta la sua volontà, si voltò e, afferrando Rufy per un braccio, saltò giù dal patibolo, tra le urla di gioia degli altri pirati.
 

 
Non appena Jan vide i due fratelli di Shari iniziare la loro corsa verso le navi, gli fu chiaro quale fosse il piano della ragazza. Si avvicinò a Marco e gli sussurrò in un orecchio: - Dobbiamo tornare sulle navi. Dai ordire ai pirati di battere la ritirata.
Il ragazzo biondo guardò il patibolo, poi di nuovo Jan. - Ma… Shari…
- Lei ci sta dando l’opportunità di salpare. Vuole guadagnare tempo, finché non saremo tutti al sicuro sulle navi. Ma il suo avversario è Sengoku, per cui dobbiamo muoverci. Tu raduna i pirati, io mi occuperò dei Marine.
Marco annuì, e subito cominciò a gridare ordini ai suoi uomini e agli altri Comandanti. Jan assunse le sembianze del drago color sabbia e si alzò in volo, dirigendosi verso la barriera di soldati che separava i pirati nella baia dalle loro imbarcazioni. Non appena lo videro, i Marine sollevarono le canne dei fucili e iniziarono a sparare, ma seppure i colpi andavano a segno le pallottole non erano certo in grado di scalfire le squame resistenti dell’animale. Il drago lanciò un ruggito e, scendendo fin quasi a livello del suolo, spalancò le fauci da cui scaturirono delle grandi lingue di fuoco, che andarono ad abbattersi sugli uomini della Marina.
Dalle fila di soldati si sollevarono grida di dolore, mentre uno ad uno i Marine cadevano a terra. In breve si creò una crepa nei loro ranghi, e i pirati si riversarono in quell’unica via di salvezza, abbattendo i nemici che erano riusciti a salvarsi dalle fiamme di Jan.
Finalmente, gli uomini di Barbabianca riuscirono a tornare sulle proprie navi, e i marinai si affrettarono a levare le ancore e a tenersi pronti per salpare. Ace era salvo; per loro, la guerra era vinta.
 

 
Shari si scagliò in avanti, tentando di atterrare Sengoku, ma questi era molto veloce e schivò il colpo senza problemi. Effettuando una rotazione a mezz’aria, il lupo atterrò sulle quattro zampe e subito ripartì all’assalto, sperando di cogliere impreparato il suo nemico. Di nuovo, la sua offensiva si perse nel vuoto. Shari sollevò la coda e ringhiò contro l’uomo, fissando lo sguardo di smeraldo in quello d’ acciaio del Capo della Marina.
Sengoku rimase immobile, imperturbabile.
- Non stai combattendo veramente, Mutaforma. Speri forse di potermi battere in questo modo?
Ma prima che potesse aggiungere altro, un suono riecheggiò per tutta la piazza. L’ululato di un lupo, lento e rassicurante. Era il segnale che Shari stava aspettando. Mentre Sengoku volgeva lo sguardo alla fonte del rumore, la ragazza assunse velocemente le sembianze del drago nero e con un guizzo laterale riuscì a colpire il suo avversario, che venne scaraventato giù dal patibolo. Poi, senza perdere altro tempo, l’animale sbatté le ali per prendere quota e partì verso la baia, dove le navi dei pirati erano pronte per salpare.
Ace, Rufy, Marco, Jan. Tutti avevano gli occhi puntati in cielo, aspettando di veder comparire la loro compagna prima di partire. Gruppi di pirati erano rimasti a terra per respingere gli attacchi dei soldati della Marina, ma erano ben pochi i Marine che restavano a combattere. Shari arrivò, elegante e leggiadra, e bastò un suo ruggito per far ritirare gli ultimi nemici. Il drago riprese sembianze umane poco prima di toccare il pavimento della Moby Dick, e Shari si ritrovò immediatamente tra le braccia dei suoi fratelli.
Marco diede ordine di salpare: il meccanismo delle navi venne azionato, le vele spiegate, gli uomini si posizionarono ai loro posti. Oramai non c’era più niente che li trattenesse al Quartier Generale, e non appena la nave ammiraglia di Barbabianca si mosse, le altre la seguirono fedelmente.
Probabilmente, se Shari non avesse percepito quella strana vibrazione percorrerle la schiena, non si sarebbe voltata a guardare la baia. E se non lo avesse fatto, non avrebbe incrociato lo sguardo fiero e colmo di gioia dell’uomo che da tre anni considerava suo padre.
Il cuore della ragazza mancò due battiti, e Shari gridò con quanto fiato aveva in gola: - PADRE!
I compagni si voltarono, mentre lo stesso terrore che avevano percepito nella voce della giovane invadeva anche i loro cuori. Ace afferrò il parapetto della nave e urlò il nome del suo capitano, gli occhi velati da uno strato di lacrime.
- Figli miei! Andate, andate verso il nuovo mondo! La mia era si conclude qui, ma la vostra è appena iniziata! - gridò Barbabianca.
- Voi dovete sopravvivere!
Detto questo, l’uomo si voltò e cominciò a sferrare i suoi micidiali colpi contro il Quartier Generale della Marina.
Shari osservava la scena senza muoversi, come se stesse guardando qualcosa di cui non comprendeva il significato. Nelle orecchie le rimbombavano, come colpi di cannone, i battiti rallentati del suo cuore, che minacciava di spaccarsi in due.
No.
No, no, no.
Non può finire così.
Con la coda dell’occhio, Ace percepì un movimento repentino accanto a sé. Si protese in avanti, cercando di afferrare la sorella per un braccio, ma fu troppo lento. Shari si era già gettata fuori bordo, e il suo corpo stava già mutando.
La gigantesca aquila sfiorò la superficie del mare con le ali mentre volava a tutta velocità verso la baia, e una volta giunta sopra Barbabianca lo afferrò con gli artigli e ritornò sui suoi passi.
Nella frenesia del volo non si accorse che i Marine avevano aperto il fuoco contro di lei, e un paio di proiettili le ferirono le ali. Nonostante il dolore, l’immenso uccello non arrestò la sua corsa fino a quando non adagiò il suo passeggero sul pontile della Moby Dick. Poi, con un grande sforzo, Shari riprese forma umana e si adagiò sul pavimento, cercando di regolamentare il respiro e di calmare i battiti cardiaci.
Ace e Jan accorsero in suo aiuto, mentre Marco e altri pirati si accertavano delle condizioni del loro capitano. Quando Shari alzò lo sguardo si rese conto che Barbabianca la stava fissando.
Un semplice sguardo di occhiate: bastò questo per capire i sentimenti una dell’altro. Non occorrevano parole.
- Padre - gridò in quel momento il pirata sull’albero maestro, e le sue parole fecero ripiombare tutti nella paura. - Le navi della Marina ci inseguono!

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Capitolo 26
*** 25:Lo scontro finale - Parte III ***


Jan esaminò le ferite di Shari. Le pallottole erano penetrate nelle braccia della ragazza, e piccoli fiotti di sangue fuoriuscivano dai minuscoli fori. Il giovane avrebbe voluto medicarle, ma Shari si alzò bruscamente in piedi e fece qualche passo verso il parapetto della nave. La stanchezza, però, iniziava a farsi sentire con più insistenza e la ragazza barcollò, rischiando di cadere. Ace la sostenne prontamente, mentre intorno a loro i pirati prendevano posto ai cannoni preparandosi ad affrontare il nemico.
Shari guardò verso il Quartier Generale, che si allontanava sempre di più, e vide quattro navi della Marina che avanzavano verso di loro a vele spiegate. Appoggiando una mano sul petto di Ace, gli sorrise e gli fece segno di lasciarla andare. Il ragazzo, però, scosse la testa.
- La Moby Dick può navigare sott’acqua, Shari. Andiamocene, non è più necessario combattere - La voce del fratello tremava, e Shari vide qualcosa di lucido inondare i suoi occhi neri.
- No, Ace. Non capisci? Se adesso scappiamo, quelle navi continueranno a inseguirci. Non possiamo rimanere immersi a lungo, e che cosa accadrebbe se ritornando in superficie ci ritrovassimo ancora la Marina alle calcagna? Guardale, Ace. Quelle navi sono veloci.
Fino a quel momento, il tono di Shari era stato incisivo e temerario, ma guardando il fratello e la sua espressione sofferente la ragazza si addolcì e gli posò una mano sulla guancia.
- Non temere, fratellone. Nessuno ti farà più del male, te lo prometto - disse, asciugando con il pollice una piccola lacrima. In quel momento, da una delle navi nemiche partì la prima cannonata. Era il segnale che la battaglia era iniziata. Barbabianca diede ordine ai suoi pirati di virare per non essere un bersaglio facile e di portarsi dietro alle navi della Marina. Il timoniere eseguì l’ordine, e la Moby Dick iniziò a spostarsi di lato. Shari si staccò dolcemente dall’abbraccio di Ace e si avvicinò al parapetto della nave, pronta a combattere per difendere i suoi compagni. Sentì che qualcuno le stringeva la mano, e voltandosi si ritrovò ad osservare il profilo di Jan, che aveva lo sguardo puntato all’orizzonte. La ragazza ricambiò la stretta, ringraziandolo mentalmente della sua presenza. Bastava quella ad infonderle coraggio, anche se il pensiero di saperlo coinvolto in una battaglia continuava a spaventarla. Durante la guerra al Quartier Generale, però, il ragazzo aveva dato prova di grande forza e abilità e Shari si disse che non gli sarebbe successo nulla di male.
Dopo qualche attimo ancora di esitazione, i due Mutaforma saltarono fuoribordo, precipitando velocemente in mare e assumendo la forma di due delfini. I due mammiferi nuotarono verso le navi nemiche, pronti per affrontare l’ultima fase della battaglia.
 

 
I marinai della prima nave ad essere attaccata vennero colti di sorpresa, e all’inizio non riuscirono a reagire. Mentre avanzavano verso la Moby Dick, la loro imbarcazione subì un violento scossone e molti Marine persero l’equilibrio, finendo faccia a terra. Velocemente, il capitano della nave diede ordine di verificare i danni e si sporse oltre il parapetto, cercando di individuare la causa dell’urto. La superfice del mare era piatta e scura, e non lasciava intravedere nulla.
Inoltre, la pelle nera dell’enorme orca si confondeva perfettamente tra i flutti. Shari si allontanò di qualche metro dallo scafo della nave e poi, con violenti colpi di coda, tornò alla carica, sbattendo contro il legno della parte inferiore e provocando un altro terribile colpo. La sua strategia sembrava funzionare, perché in alcuni punti le assi avevano iniziato ad incrinarsi e inoltre nessun marinaio aveva individuato il responsabile degli attacchi.
Con un ultimo affondo più potente degli altri, Shari riuscì a provocare una falla nello scafo, e subito la nave cominciò ad imbarcare acqua. Era uno squarcio profondo e lungo, e Shari si ritenne soddisfatta, perché la nave non aveva speranza.
Nella mente percepì l’esultanza di Jan: anche lui era riuscito ad affondare una delle navi, incendiandola in forma di drago. Adesso ne rimanevano solamente altre due, e poi i pirati di Barbabianca avrebbe potuto ritenersi ufficialmente vincitori della guerra.
Shari, raggiungendo la superficie dell’acqua e mutando in un gabbiano, si alzò in volo e puntò verso le due navi della Marina. Vide le fiamme di quella colpita da Jan spegnersi lentamente a contatto con il mare e i resti dell’imbarcazione galleggiare solitari al ritmo delle onde. Un falco dalle piume color sabbia le andò incontro e insieme i due Mutaforma si prepararono per sferrare l’attacco decisivo.
I Marine delle due navi caricarono i cannoni e iniziarono a sparare, mentre i pirati rispondevano al fuoco. I due uccelli si ritrovarono nel mezzo dello scontro e furono costretti a dividersi nuovamente, cercando di non essere colpiti. Shari si portò sopra una delle imbarcazioni e si gettò in picchiata, mutando poi in una pantera che si abbatté con tutta la sua forza su uno dei Marine. Il poveretto non ebbe tempo di reagire: le zanne dell’animale si chiusero intorno alla sua spalla e Shari sentì in gola il sapore pungente del sangue. Quando sentì i tendini spezzarsi sotto la pressione delle mascelle, la pantera mollò la presa e scattò di lato, attaccando gli uomini che dai cannoni continuavano a colpire la nave dei pirati. Si gettò su di loro come una furia, mutando di continuo e rapidamente e ignorando i colpi che le venivano inferti.
Dopo aver ucciso l’ultimo marinaio, fece un salto e si gettò oltre il parapetto della nave, trasformandosi nel drago nero e lanciando un getto infuocato contro l’imbarcazione. Le arrivarono alle orecchie le urla di dolore dei soldati, mentre la nave veniva lentamente corrosa dalle fiamme e iniziava a colare a picco. Era fatta.
Shari continuò a sbattere le ali per non perdere quota e rimase a fissare con sguardo fiero la nave della Marina venir inghiottita dalle onde del mare. Quella era la sua vendetta, si disse. Per quello che i Marine avevano fatto a sua madre tanti anni addietro e per tutto il male che avevano provocato ad Ace. Poi, un ruggito interruppe i suoi pensieri. Jan, in forma di gigantesca piovra, aveva allungato i suoi tentacoli ed era riuscito a spezzare l’albero maestro dell’ultima imbarcazione nemica, ed ora si apprestava ad infliggerle il colpo finale. Con una violenza senza pari, conficcò due tentacoli nella struttura centrale della nave e la spezzò in due.
Shari lanciò un ruggito di trionfo, mentre sulla Moby Dick i pirati esultavano di gioia e gridavano a gran voce il nome dei due compagni. Jan tornò ad essere il drago color sabbia e si alzò in volo, e Shari volò nella sua direzione.
- Ce l’abbiamo fatta, Jan! Ce l’abbiamo fatta davvero!
- Si, Shari. Finalmente la guerra è finita.
A distanza di anni, Shari si convinse che la sensazione spiacevole che la costrinse a voltarsi fu la stessa che le aveva permesso di realizzare che Barbabianca era rimasto a terra, al Quartier Generale. Come se avesse avuto un sesto senso che la avvertiva del fatto che una persona a lei cara era in pericolo.
E anche in quel momento, mentre volava incontro a Jan, quella vibrazione le avvolse la mente e Shari abbassò lo sguardo verso i resti della nave distrutta dal compagno poco prima. Vide solamente un movimento su quello che una volta era stato il pontile, e poi lo scoppio del cannone le risuonò nella testa. Un Marine, facendo ricorso alle sue ultime forse, aveva fatto partire un colpo dall’unico cannone rimasto integro e aveva puntato diritto verso il drago dagli occhi azzurri.
Shari avrebbe potuto avvertire Jan gridandogli di spostarsi, ma in quel momento la sua mente non era in grado di pensare in modo razionale. Con uno unico, violento battito d’ali, il drago nero si frappose tra la palla d’acciaio e il suo bersaglio.
Fu un attimo.
Shari sentì un dolore lancinante alla schiena, poi i suoi occhi non furono più in grado di vedere nulla. L’ultima cosa che il suo cervello fu in grado di registrare fu un grido, che tagliò l’aria come un coltello affilato.
- SHARI!
Ma non avrebbe saputo dire da dove provenisse, né tantomeno chi l’avesse lanciato. Poi, la ragazza fu avvolta dal buio. E dal silenzio.
 

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Capitolo 27
*** 26:Il tempo che ci resta ***


Il mare era calmo, e in cielo splendeva il sole. La Moby Dick galleggiava tranquilla, muovendosi al ritmo delle onde, e intorno a lei c’era il silenzio più assoluto, interrotto solamente rare volte dal verso di gabbiani in lontananza. La guerra era vinta, Ace era vivo e di nuovo insieme ai suoi compagni, ma in quel momento nessuno aveva voglia di festeggiare. Gli uomini si occupavano delle loro faccende, come facevano sempre, eppure la loro mente era altrove. I pensieri di tutti erano concentrati in una delle cabine della nave, dove una ragazza speciale stava affrontando la più dura delle battaglie.
Jan teneva gli occhi chiusi e le mani appoggiate al parapetto dell’imbarcazione. Cercava di riordinare i pensieri, di allontanare la verità che la sua mente gli scaraventava addosso. Quando la cannonata aveva colpito Shari, era stato allora che i suoi ricordi erano interrotti, come se una macchia di inchiostro nero avesse coperto per sempre quegli attimi. L’unica cosa che ricordava con lucidità era il corpo di Shari stretto tra le sue braccia, il sangue che zampillava implacabile dallo squarcio che la ragazza aveva sulla schiena e le urla dei pirati che gli si affollavano intorno.
E adesso Shari rischiava di morire. Le dita di Jan si strinsero ancora di più attorno alla sbarra di legno.
Il ragazzo aprì gli occhi e fece scorrere lo sguardo lungo il pontile. Vide Barbabianca, seduto su una sedia enorme, che teneva lo sguardo sollevato verso il cielo e sembrava perso in un altro mondo, irraggiungibile a chiunque altro. Vide Marco, le braccia incrociate al petto e la schiena appoggiata a uno degli alberi della nave.
E poi vide Ace e Rufy. Il minore era crollato per la stanchezza e la tensione e si era addormentato con la testa appoggiata alla spalla del fratello, ma era Ace a preoccupare veramente Jan. E anche gli altri pirati, che gli lanciavano continuamente lunghe occhiate.
Il ragazzo era seduto a gambe incrociate a qualche metro di distanza dalla porta della cambusa, e il suo sguardo era assente, vacuo.
Ace avrebbe voluto piangere, ma si era presto reso conto che aveva finito le lacrime. Il dolore era talmente forte e l’aveva attaccato talmente in profondità che il ragazzo sembrava non avere più niente che lo tenesse ancorato al presente. Non sentiva niente, non riusciva a parlare. L’unica cosa che vedevano i suoi occhi era la porta che aveva di fronte, e nelle ultime ore Ace aveva desiderato con tutto se stesso che quella si aprisse e che Shari corresse da lui, che lo abbracciasse e gli dicesse che era tutto finito.
Era un bisogno così disperato che più di una volta il ragazzo aveva creduto che il suoi fisico ne avesse bisogno per continuare a sopravvivere. Prima di quel momento, ad Ace era sempre sembrato impossibile che potessero esistere dei sentimenti talmente forti da diventare un vero e proprio sostentamento per una persona.
Non puoi morire, Shari. Non farmi questo, sorellina. Ti prego. Chi mi sveglierà quando rischio di fare tardi per il turno di guardia? Chi rimarrà alzato fino a tardi insieme a me per osservare le stelle? Shari, ti prego…
Ricordi. Ace si aggrappava ad essi cercando di non impazzire. Rivide una Shari bambina che tendeva una manina paffuta verso di lui e gli afferrava la maglietta, cercando protezione. Rivide il sorriso della ragazzina quando l’aveva raggiunto sulla Moby Dick, tre anni prima.
Ace sentì che Rufy, nel sonno, sussurrava il nome della sorella e che si stringeva maggiormente a lui. Si sentì improvvisamente egoista. Perché, in un momento come quello, riusciva a pensare solamente al suo dolore, e non a quello di Rufy?
Sono un pessimo fratello maggiore. Non riesco neanche ad evitare che le due persone più importanti della mia vita soffrano.
E mentre pensava questo, la maniglia della porta davanti a lui si mosse. Il cuore di Ace riprese a battere, e un barlume di speranza si riaccese nella sua anima distrutta. Ma dalla cambusa non uscì Shari. Era il dottore, e il suo sguardo terrorizzò sia il ragazzo che tutti gli altri pirati, che subito gli si affollarono intorno, lasciando immediatamente quello che stavano facendo. Ace si alzò di scatto e fece un passo avanti, anche se le gambe erano molli e minacciavano di non reggerlo a lungo. Rufy finì con la faccia sul pavimento e la botta lo svegliò, ma prima che potesse protestare i suoi occhi incontrarono quelli cupi del dottore. Scattò in piedi, e l’intero equipaggio trattenne il fiato in attesa della sentenza.
Il dottore sospirò profondamente, poi il suo sguardo cercò quello di Barbabianca.
- La ferita sulla schiena è grave, ma sembra che fortunatamente non abbia leso in modo definitivo nessun organo. Ha molte fratture in diverse parti del corpo, però guariranno, con il tempo. Tuttavia - e qui il suo tono di voce si fece ancora più cupo, - ho dovuto attaccarla al respiratore e ha la febbre altissima. E come se non bastasse…
Si fermò, quasi avesse paura delle sue stesse parole.
- Ha avuto un arresto cardiaco. Se continua così, ho paura che non riuscirà a superare la…
- No - sussurrò Ace. Non ci riusciva, era più forte di lui: non poteva più ascoltare, perché quelle parole erano come coltelli. Coltelli che si accanivano contro di lui, che volevano frantumare anche l’ultimo minuscolo pezzo del suo cuore.
Rufy si strinse contro il fratello maggiore, le guance solcate da calde lacrime. Avrebbe dato qualsiasi cosa per cambiare il presente, ma la consapevolezza di essere impotente gli faceva ancora più male.
- Ascoltami, Ace. Le condizioni di Shari sono molto precarie, è vero, ma quella ragazza è forte. Vedrai, riuscirà a cavarsela.
Ma il ragazzo non diede segno di aver udito le parole del dottore. Rimase semplicemente immobile a guardare il mare e a domandarsi quanto tempo ci avrebbe messo la sua anima ad andare in mille pezzi, come era già successo al suo corpo.
 

 
È distesa su un prato ricco di fiori, il loro profumo le inebria le narici, e la luce del sole illumina il suo viso. È serena, non sente alcun dolore. Poi, una brezza la accarezza, e lei sente una voce melodiosa che la chiama. Solleva il viso, cerca la direzione dalla quale proviene. Di fronte a lei c’è una donna. Indossa un vestito bianco e sottile, ha i capelli rossi raccolti in una lunga treccia. Le sorride. Lei la riconosce subito, e si alza per correrle incontro. Il suo corpo sembra non avere peso, e con due coli passi è tra le braccia della donna. Si accarezzano, si asciugano le lacrime. La donna le posa una mano affusolata sulla guancia e appoggia le labbra sulla sua fronte. La chiama per nome, e la sua mente cerca di memorizzare quella musica. Poi, però, si alza un vento più forte e altre voci le giungono alle orecchie. Si volta, cerca di capire di chi siano. Davanti a se vede una luce, calda, accogliente, invitante. Dall’altra parte, lei sa che qualcuno la sta chiamando, e la aspetta. Cerca lo sguardo della donna, verde e luminoso come il suo. Si sorridono, poi le loro mani si separano. La donna le dà le spalle, comincia a camminare. Una bambina le corre incontro, tende le manine per farsi prendere in braccio. E poi arriva un uomo, i capelli neri scompigliati dalla brezza, che avvolge moglie e figlia con le braccia. La ragazza li guarda e continua a sorridere. Quel ricordo le appartiene, sa che non lascerà mai la sua memoria. Si gira e cammina sicura verso la luce. È pronta per tornare indietro.
 

 
Shari avrebbe voluto aprire gli occhi, ma era come se le sue palpebre non rispondessero agli ordini del cervello. Dovette concentrarsi non poco per riuscire nel suo intento, e subito dopo fu costretta a socchiuderli nuovamente. La luce era molto forte. La ragazza aspettò che i suoi occhi si fossero abituati, poi si guardò intorno.
Si rese conto di essere nella cabina di Ace. Riconobbe l’oblò dal quale si vedeva il mare, il comodino ai piedi del letto, l’armadio sulla parete opposta. Provò a girare la testa, ma una fitta lancinante al collo le fece cambiare idea. Spostando solamente lo sguardo, vide un apparecchio medico adagiato accanto al letto, che segnalava con un regolare bip-bip il suo battito cardiaco.
La porta della cabina cigolò leggermente quando venne aperta, e Shari vide il viso famigliare di Jan fare capolino dal corridoio. I loro occhi si incontrarono. Jan spalancò la porta e si buttò in ginocchio, accarezzando la testa di Shari e cominciando a piangere.
- Shari! Shari, sei sveglia… Dimmi qualcosa, ti prego… Qualsiasi cosa…
Solo in quel momento la ragazza si accorse di avere una mascherina per l’ossigeno posata sulla bocca. Cercò di alzare una mano per levarla, ma non riusciva a muoversi. Guardò il ragazzo e sorrise.
- Ti amo.
Jan sembrò stupito da quelle parole. La fissò, incredulo, poi ricominciò a singhiozzare. Si chinò delicatamente su di lei e appoggiò la fronte sulla sua, mentre con le dita cercava quelle di Shari. Dei passi fuori dalla cabina fecero voltare il ragazzo, che poi si spostò di lato per permettere anche a Shari di vedere il nuovo arrivato. La ragazza si ritrovò avvolta dalle braccia di Rufy, che se la strinse al petto come se non volesse lasciarla andare mai più.
- Ciao Rufy - sussurrò Shari, sforzandosi di sollevare una mano e di accarezzare i capelli arruffati del fratello.
I due ragazzi la aiutarono a mettersi a sedere, e Shari constatò con gioia che man mano i suoi muscoli intorpiditi sembravano riprendere a funzionare. Certo, muoversi le provocava ancora delle potenti fitte alla schiena, ma era un dolore sopportabile.
La ragazza si rese conto di avere le braccia e il torace avvolti da spesse bende, e ricordò solo in quel momento che cosa era successo.
- Da quanto tempo sono a letto? - domandò, spostando lo sguardo ora su Jan ora su Rufy.
- Quasi due settimane - rispose il fratello. Shari spalancò gli occhi e lo incitò ad andare avanti con il racconto.
I due ragazzi le spiegarono che aveva avuto la febbre molto alta, che il dottore le aveva somministrato grandi dosi di sedativi ed antibiotici e che solamente tre giorni prima la febbre si era abbassata.
Rufy appoggiò una mano sulla fronte della sorella e poi sul suo viso si dipinse un sorriso. - Comunque, - concluse, - adesso non ce l’hai più.
Shari rimase per un attimo in silenzio, soppesando il resoconto dei due compagni, poi fece spallucce. - Bhe, l’importante è che adesso stia meglio, giusto?
Si guardò intorno, e le si poteva leggere chiaramente in faccia quale sarebbe stata la sua prossima domanda. Jan sorrise.
- È solo un caso che non sia qui, Shari. Negli ultimi giorni non ha mai lasciato questa stanza.
- E adesso dov’è?
- Credo che stia parlando con Barbabianca.
Nonostante le minacce e le suppliche di Jan e Rufy, Shari scese dal letto e, barcollando, uscì dalla cabina. Nella sua mente c’era solo un pensiero, fisso come un chiodo. Arrivò in fretta alla porta della cambusa e la spalancò con un gesto deciso.
La luce del sole e la brezza marina la avvolsero, e Shari sentì che finalmente tutto era tornato al posto giusto, come avrebbe dovuto essere. I pirati sul pontile si bloccarono, come colpiti da un fulmine, e presto tutti gli sguardi furono calamitati dalla sua figura. E fu allora che Shari lo vide.
Le tornò in mente il suo arrivo sulla Moby Dick, quando l’aveva visto di schiena, intento a parlare con Barbabianca, il fisico asciutto e i capelli illuminati dai raggi solari. Guardandolo a distanza di tre anni, Shari si rese conto che non era cambiato affatto, e si disse che in fondo era così che voleva che rimanesse.
- Ace!
Il ragazzo si voltò. Spalancò gli occhi, un sorriso commosso si fece strada sul suo viso, scattò verso la sorella. E solo quando l’ebbe tra le braccia e si rese conto che non era un sogno le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento presero il sopravvento, ed Ace scoppiò a piangere, mentre Shari gli accarezzava i capelli e gli sussurrava all’orecchio che era tutto finito. 

Angolo autrice:
Ciao a tutti! Bhe, che dire, oramai la nostra avventura sta per finire. Manca davvero poco. Questi ultimi due capitoli erano già pronti da un po', in attesa di essere pubblicati, e finalmente ce l'ho fatta! Vi lascio alla magia della lettura, a presto! Wolf97

 

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Capitolo 28
*** Epilogo:Caro papà... ***


Caro papà,
Finalmente trovo il tempo di scriverti! Sai, sono stata talmente occupata nell’ultimo mese, con tutte le cose che ci sono da fare qui sulla nave… Ma oggi il tempo è sereno, il vento tira nella direzione giusta e io ho deciso di rubare qualche minuto al mio turno di guardia, sperando che nessuno se ne accorga. Ho molte cose da raccontarti, quindi spero che quando leggerai questa lettera sarai seduto comodamente in poltrona. Dunque, da dove posso cominciare… innanzi tutto, vorrei dirti che non devi preoccuparti per me. Ho saputo che, mentre ero incosciente, Jan ti ha scritto una lettera per informarti delle mie condizioni. Non so esattamente che cosa ti abbia detto, però voglio rassicurarti: il dottore dice che le mie fratture si sono rimarginate molto bene e piuttosto in fretta, e che se continuo a stare attenta con le trasformazioni anche la ferita sulla schiena presto si rimarginerà del tutto. Sai, quella palla di cannone mi ha lasciato una cicatrice, sembra una grossa “x”, e il dottore mi ha detto che quella non se ne andrà più, però a me piace. È un ricordo della guerra, e soprattutto del fatto che sono riuscita a salvare Jan. Avevi ragione quel giorno, papà. Dirgli quello che provavo per lui era l’unica cosa da fare, e adesso sono felice di averlo fatto. È un ragazzo fantastico, sotto tutti i punti di vista, e anche sforzandomi non riesco a trovare nessun difetto in lui. E indovina? Una settimana fa Barbabianca gli ha proposto di unirsi alla ciurma. E Jan ha accettato! Non è fantastico? Ha conquistato tutti qui sulla nave, soprattutto Marco. Quei due sono diventati amici per la pelle. Anche Ace sta bene. Il ricordo di quello che ha passato ad Impel Down e della guerra a Marineford all’inizio lo turbavano ancora, e qualche volte si svegliava nel cuore della notte, urlando. Però adesso sta meglio. Inoltre, da quando sono di nuovo qui sulla Moby Dick, il suo atteggiamento verso di me è cambiato. Mi segue dappertutto, ogni volta che lo guardo mi sorride e i suoi occhi si accendono. Lo sorprendo spesso mentre è intento a fissarmi con un’espressione di pura dolcezza. Una volta gli ho chiesto che cosa gli fosse preso (non che il suo comportamento mi dia fastidio, al contrario!) e lui mi ha guardato negli occhi per diversi minuti, poi mi ha abbracciato sorridendo. Insomma, mi tratta come se fossi la sua preziosa bambola di porcellana, che al minimo urto si può rompere in mille pezzi. Ma sai, papà… in fondo, mi piace questo nuovo trattamento, perché mi permette di rimanergli accanto. Era proprio quello che volevo! E ti ricordi di Rufy, l’altro fratello di cui ti avevo parlato? Bhe, lui non è più con noi. Dopo la guerra abbiamo fatto una tappa ad Amazon Lily, l’Isola delle Donne, e lì Rufy ha incontrato un uomo che si è proposto di addestrarlo, e mio fratello ha accettato. Quindi è rimasto sull’isola, e il suo allenamento durerà due anni. Ace e io lo abbiamo lasciato con la promessa di ricongiungerci, un giorno, e sono sicura che quel momento si avvicina sempre di più. In fondo due anni passano in fretta, giusto? A proposito, ho una bella notizia per te: stiamo facendo rotta verso Lyra! Barbabianca ha deciso di approdare sull’isola e di fermarci lì per qualche tempo. Sai, il dottore dice che la sua salute non è delle migliori e che secondo lui un po’ d’aria pulita gli farà bene. Non è fantastico? Avremo un sacco di tempo per stare insieme, e inoltre potrò continuare l’allenamento con Cole. Durante la battaglia i suoi consigli sono stati preziosi, posso dire che è grazie ad essi che sono ancora viva.
C’è un’ultima cosa che voglio dirti, e spero che non mi prenderai per pazza. Mentre ero priva di conoscenza, ho fatto un sogno e… ho visto la mamma. L’ho abbracciata, ho sentito le sue mani che mi accarezzavano la testa. E da allora mi fa compagnia tutte le notti.
Credi che sia una cosa strana?
Sento qualcuno che mi chiama, credo che abbiano notato la mia assenza. Scusa papà, adesso devo andare. Non vedo l’ora di rivederti, spero che la nave faccia in fretta a portarti ma te!
 
P.s: Il nostro arrivo avrebbe dovuto essere una sorpresa, ma non ho resistito e te l’ho detto. Quando arriveremo, non potresti far finta di essere sorpreso?
Shari.
 
Angolo autrice:
Fine!!! Questa storia è finalmente giunta a termine!! *sigh* Scusate, è che sono emozionata. *Si ricompone* Bene. Ci sono. Allora, vorrei ringraziare tutti quelli che hanno seguito questa avventura, che l'hanno messa tra le seguite o addirittura tra le preferite, e sopratutto tutti coloro che l'anno recensita. Grazie, Grazie e ancora Grazie! Bhe, io posso solo augurarvi buona lettura come sempre e andare a rintanarmi nel mio buco, ma mi raccomando: aspetto i vostri commenti! Fatemi sapere se questa storia vi è piaciuta e, perché no, se vorreste un seguito! (Potrei farci un pensierino!) Un bacio a tutti, Wolf97 
 

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