Stella dell'Aquila

di bic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Sono passati tanti anni che è quasi difficile ricordare come è iniziato tutto quanto.
In realtà credo che il modo migliore di raccontare una storia sia partendo dal suo inizio e l’inizio della mia storia si sovrappone alla fine della storia di mia madre.
Era una fredda notte d’inverno, la notte del solstizio, raccontava sempre la mia balia e le doglie erano cominciate molto presto, la mattina del giorno prima. La levatrice sapeva per istinto che c’era qualcosa che non andava e aveva avvertito mio padre che, disperato, continuava a vagare per la sala del fuoco torcendosi le mani.
Era colpa sua, lo sapeva, il maestro d’erbe gliel’aveva detto fin dall’inizio: Gwen era troppo gracile di salute per generare eredi e lui c’era stato attento, ma erano giovani entrambi e nonostante tutte le precauzioni sette lune prima con un sorriso smagliante lei aveva annunciato che sarebbe stato padre. Dapprima aveva accolto la notizia con apprensione, ma più i giorni passavano più Gwen fioriva, non era mai stata più allegra e in salute; così lui non si era più preoccupato delle affermazioni del maestro d’erbe che, man mano che la gravidanza procedeva e mia madre diventava florida e placida, si faceva sempre più scuro in volto e preoccupato.
Mio padre e mia madre si erano sposati per amore, in un mondo di matrimoni combinati per il bene di una o di un’altra famiglia loro erano stati immensamente fortunati, si conoscevano fin da ragazzini e l’amore era nato da un’amicizia profonda. Probabilmente le nonne avevano giocato un ruolo fondamentale trovando il modo di farli conoscere e far loro trascorrere insieme molto tempo nella speranza che le rose fiorissero e così era stato.
Fu una notte estremamente lunga e quando alle prime luci dell’alba io vidi finalmente la luce mia madre era così esausta da non riuscire nemmeno a tenermi in braccio. Fui affidata a mio padre che entrò a trovare la sua sposa con me infagottata in un lenzuolo avvolto in una pelliccia di lince solo per pochi attimi prima di scendere al piano di sotto.
Nella sala del fuoco erano accorsi scudieri, palafrenieri e servi con i loro padroni, figli di nobili signorotti che governavano le zone limitrofe e che sapevano che a casa di mio padre c’era sempre occasione di festeggiare. E così fu, festeggiarono, i suoi amici, e lui orgoglioso, in mezzo a loro, mi teneva tutta sull’avambraccio con la testa appoggiata nella mano, mi dissero che ero così piccola che avrei potuto tranquillamente stare nelle sue mani unite a coppa, eppure già allora avevo un carattere estremamente deciso ed urlai tanto da far sentire al mondo intero come funzionava bene il mio corredo di polmoni nuovo di zecca fino a che la levatrice accorse e mi portò alla balia, uno degli intervenuti urlò goliardicamente: - Quella bambina ha esattamente il carattere di suo padre. 
Negli anni seguenti lui non mi parlò mai di quella sera né di quei venticinque giorni in cui fummo davvero una famiglia. Le poche notizie mi venivano dalle storie che raccontava la mia balia, donna splendida, immensamente chiacchierona e dalla sculacciata facile.
So che mia madre non morì di parto, né a causa di complicazioni legate alla mia nascita, semplicemente si ammalò e il parto l’aveva resa troppo debole per superare quel rigido inverno.
Con mia madre morì anche la gioventù di mio padre, erano poco più che ragazzi quando si erano sposati e lui si sentiva perso. Teneva un suo ritratto nella sua stanza e più di una volta l’ho sorpreso a chiacchierare con il quadro come se fosse una persona in carne ed ossa e anticipare le risposte che probabilmente lei avrebbe dato. Vedendo quel dipinto mi rendevo conto che l’unica cosa ereditata da mia madre erano i capelli: lunghi, ondulati e rosso fuoco, probabilmente l’unica cosa bella di me, eppure per diventare ciò che sono ho rinunciato anche a quello. Molti anni dopo mio padre si risposò con una donna troppo giovane e troppo remissiva che io non riuscii mai a considerare una madre.
Passai i primi anni della mia vita affidata alla cura di balia e servette, a volte mio padre mi veniva a prendere, mi caricava sulle sue enormi spalle e mi portava in giro per il bosco. Solo di sera potevamo trascorrere del tempo insieme: mi prendeva sulle ginocchia, seduto accanto al fuoco e mi accarezzava i capelli in silenzio fino a che non mi addormentavo, poi era lui che mi portava a letto e mi rimboccava le coperte. Ricordo il suo viso ricoperto da una barba da orso che si chinava a sfiorarmi la fronte.
Verso i tre anni ormai correvo ovunque, parlavo di continuo e cominciavo ad essere recalcitrante nei confronti di vasca da bagno e spazzola, a cinque anni finii nella mia prima rissa in mezzo ai bambini della corte per difendere il vecchio cane dai ragazzini crudeli che si divertivano a prenderlo a sassate. Me la cavai con un taglio sul sopracciglio, un occhio nero e un paio di sculacciate della balia, agli altri ragazzini andò di gran lunga peggio perché i loro padri usarono la verga: si erano azzardati ad alzare le mani sulla progenie del Lord e ancora peggio una femmina. Mi ci volle un intero anno per riuscire di nuovo a farmi accettare dagli altri, che però ora mi trattavano in modo diverso, tutti tranne Luke.
Lui ed io eravamo fratelli di latte ed era sempre dalla mia parte, anche lui si era preso la sua dose di botte quando avevamo difeso il povero vecchio cane dalla sassaiola e sua madre gli aveva risparmiato punizioni più severe solo perché avevo detto che mi aveva difesa dagli altri. Era un po’ come se fossimo gemelli, sembrava che con il latte di sua madre avessimo succhiato anche la capacità di entrare l’uno nei pensieri dell’altro e riuscivamo a comprenderci con un solo sguardo. Era l’unico a non chiamarmi Lady Altair, ma solo Al rischiando ogni volta le vergate sul sedere da parte di sua madre che lo rimproverava di continuo per quella sua mancanza di rispetto.
Era da lui che correvo quando avevo qualche problema, sebbene non fosse molto più alto di me era il mio porto sicuro, sapevo che ci sarebbe sempre stato, per qualunque cosa. Vero i sette anni mio padre decise che era opportuno che avessi un’educazione formale, tentò quindi di farmi imparare a ricamare, a filare, a lavorare sul telaio, ma visto che mi ostinavo a non accettare nessuna di queste attività che trovavo noiose ed anche un po’ inutili, riuscii a strappargli un compromesso: se mi avesse insegnato a tirare di scherma e con l’arco io avrei preso lezioni di cucito. Tra tutte le cose che mi venivano richieste il cucito era quella che mi sembrava meno inutile: a cosa serviva saper ricamare un bel fiore su un lenzuolo di lino se non si sapevano cucire le pelli per coprirsi d’inverno?
E poi imparai a leggere. Nel tempo libero io e Luke ci divertivamo a raccogliere le erbe per il maestro che, ormai anziano, era molto lieto di evitare di chinarsi; curavamo il suo giardino e andavamo nel bosco a cercare le piantine selvatiche che ci ordinava di trovare, ci mostrava le immagini sui suoi libri e ci insegnava i nomi, così ben presto riuscimmo a comprendere le parole scritte e cominciammo anche a distinguere le erbe buone da quelle cattive. All’età di dodici anni sia io che Luke eravamo in grado di preparare i rimedi per i malanni più semplici: decotto di valeriana per calmare i nervi, corteccia di salice macerata nell’aceto per il mal di testa, unguento all’arnica per curare i lividi e via dicendo.
Ero molto più libera di tutte le ragazzine della mia età, nessuno mi imponeva di comportarmi con compostezza ed eleganza perché in fin dei conti mi vedevano tutti ancora come una bambina.  
Tuttavia, le cose ben presto sarebbero cambiate.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


E le cose cambiarono una mattina d’estate, quando mi svegliai e scoprii che ero una donna. Non era facilmente occultabile il fatto visto che le lenzuola erano completamente macchiate e in quel caso sapevo che Luke assolutamente non era in grado di aiutarmi.
Disfai il letto, strappai le lenzuola per farne dei teli che usai per evitare di combinare un disastro per la stanza, mi vestii in fretta raccolsi tutto ciò di sporco che riuscii a trovare e corsi di sotto per buttarlo nel focolare acceso in cucina, fu lì che mi scontrai con la balia: - Mylady, quante volte ti ho detto che una signora non va in giro conciata in quel modo e soprattutto si muove con grazia e non di corsa?
- Tutti i giorni, Balia, me lo ripeti tutti i giorni, ora posso passare che ho fretta?
- Assolutamente no, cosa nascondi lì, tu e Luke ne avete studiata un’altra delle vostre? Cosa ci vuoi fare con quella roba?
- Niente, sono solo dei vecchi stracci, ora lasciami andare, per favore.
- Quelli non sono stracci, quelle sono le lenzuola del tuo letto!
Mi strappò l’involto dalle mani e scoprì ciò che volevo celare.
- Cosa credevi di fare?
- Volevo bruciare quello schifo.
- Il fatto che tu lo bruci non cambia la situazione, ora sei una donna e nulla potrà mai cambiare questo fatto. – Disse raddolcendo il tono e facendomi una carezza.
- Balia, ti prego non dirlo a…
- Tranquilla non lo dirò a Luke
- Chi se ne importa di Luke, può anche saperlo, non intendo certo tenergli nascosta una cosa del genere, no dicevo, non dirlo a mio padre.
- Tuo padre deve sapere, è giunto il momento che predisponga i piani per il tuo futuro e tu ora devi cominciare a comportarti come si conviene ad una Lady, perciò per prima cosa vai a cambiarti e indossa un abito adeguato.
La guardai come se fosse uno gnomo dei boschi: - Tu sogni, questo non cambia assolutamente nulla, io non sono diversa da prima e non intendo assolutamente indossare pizzi e merletti, senza contare che i calzoni in questa situazione sono molto più comodi.
Detto ciò schizzai al piano di sotto e corsi da Luke. Ovviamente gli raccontai tutto, andammo dal maestro delle erbe e cercammo nei suoi libri un rimedio per i crampi alla pancia e l’emicrania che mi stava uccidendo poi andammo al fiume a pescare.
Trovavo rilassante il fiume e Luke lo sapeva. Rientrammo a casa ben oltre il tramonto e vidi mio padre che mi aspettava.
- Altair, tesoro, la cena è pronta.
Guardai anche lui come se fosse uno gnomo del bosco, da dove arrivava quel tono così dolce e condiscendente? Di solito quando tardavo per cena mi sollevava per il gilet come si fa con i gattini presi per la collottola e mi lanciava una delle sue occhiate che incenerivano, poi mi posava a terra e mi assestava un calcio nel deretano urlandomi dietro: - Fila a cambiarti e ti serva di lezione per la prossima volta!
Ma non mi serviva mai e d’estate non c’era giorno senza che ricevessi quel trattamento, qualcosa nel tono di mio padre mi faceva capire che da quel giorno le cose sarebbero cambiate.
- Altair, la balia mi ha detto che ora sei una donna, credo che sia arrivato il momento per te di posare arco e frecce, ritirare la spada e cominciare a comportarti e vestirti in maniera più consona alla tua situazione.
- Padre, non sono diversa da ieri, perché dovrei cambiare di punto in bianco il mio modo di essere?
- Perché è tuo dovere prender il posto che ti spetta nella società.
Stavo cominciando a capire dove quel discorso sarebbe andato a parare: Gianfar.
Gianfar era un caro ragazzo, figlio di uno dei compagni di mio padre, i nostri genitori avevano deciso di accasarci insieme per unire terre e possedimenti.
- Non ho intenzione di sentire ancora quella storia, non intendo sposare Gianfar, non abbiamo nulla in comune, lui passa le giornate a leggere libri e le notti a studiare le stelle, io passo le giornate a pescare, tirare con l’arco e…
- Ed è ora che tu la smetta, sei mia figlia e quindi decido io cosa devi fare!
Mio padre aveva tirato fuori il suo tono irritato.
- Benissimo, allora non voglio più essere tua figlia, se fossi stata un maschio avresti avuto tutta questa fretta di farmi sposare con qualcuno? Mi hai sempre detto che eri orgoglioso di cosa imparavo e di come lo imparavo, perché ora è diverso?
- Perché non sei più una bambina!
Mi alzai da tavola sbattendo il cucchiaio nel piatto: - Non ho più fame!
- Non ti permetto di mancarmi di rispetto in questo modo!
- Ma se tu sei il primo a mancarmi di rispetto, sono un essere umano come te, come chiunque e non riesco a credere che tu non veda l’ora di vendermi come giumenta da monta!
Non vidi nemmeno arrivare il ceffone che mi ribaltò a terra: mio padre era un omone alto e forte come un orso. Resosi conto di cosa aveva fatto si chinò per soccorrermi, ma io mi alzai da sola spostandogli la mano e asciugandomi il sangue che scendeva dal labbro che si era rotto.
- Non volevo …
Puntai gli occhi nei suoi: - Molto bene, ho capito.
Me ne andai in camera mia, accesi un bel fuoco, presi tutti i vestiti che mi erano stati regalati in quegli anni: abiti di seta, di velluto, indumenti che non avevo mai indossato e che non avrei mai indossato e cominciai a tagliarli. Ne feci camice e gilet per quelli che riuscivo a modificare e buttai i rimasugli nel fuoco. Piegai le vesti troppo piccole e le impacchettai scrivendo su ognuna il nome di una delle sorelline di Luke.
L’unico abito che non toccai era quello che mia madre aveva indossato il giorno delle sue nozze, ci appoggiai il viso contro e per la prima volta da tanto tempo piansi.
Nei giorni seguenti nessuno si azzardò a dirmi nulla, continuai ad andare al fiume con Luke, ma anche lui era più taciturno del solito.
- Cosa hai in mente?
- Te ne parlerò appena avrò definito il piano.
- Quindi hai in mente qualcosa.
- Me ne vado, non sopporto più questa situazione, non ho intenzione di sposare Gianfar.
Luke sussultò.
- Perché non vuoi sposarti con lui? Potrebbe toccarti di peggio, lui è gentile, è simpatico, cos’ha che non va?
- Se ti piace tanto sposatelo tu. – risposi piccata
Luke non ribatté.
Quella sera mio padre annunciò che entro la fine della settimana Gianfar e suo padre sarebbero arrivati e mi disse di indossare qualcosa di adeguato alla situazione.
Non feci commenti, ma quella sera quando arrivai in camera trovai degli abiti nuovi sul letto, anche per me, che non avevo mai fatto caso a quelle cose, sembravano molto belli, questi non li avrei tagliati, li appesi nell’armadio.
Il mattino dell’arrivo degli ospiti legai i capelli in una stretta treccia, indossai i calzoni di pelle, una camicia bianca, un farsetto di velluto e una sopravveste blu come il farsetto, corta sul davanti e lunga dietro. Ai piedi i migliori stivali che avevo
In tutta la mia vita non avevo mai passato tanto tempo a prepararmi e l’effetto che feci sicuramente fu singolare, perché tutti si voltarono quando entrai nella sala del fuoco.
- Mylady! - Disse con galanteria il padre di Gianfar, Sir Fairy.
- Sir Fairy, sono lieta di rivedervi! - Dissi offrendogli il braccio come facevano gli uomini e non la mano da baciare come facevano le donne.
- Perdona le sue maniere Paul, ma la mia ragazza ancora non ha capito come ci si deve comportare, speriamo che il tuo Gianfar riesca là dove io ho fallito.
Mi voltai verso il ragazzo, era cresciuto molto dall’ultima volta che ci eravamo visti, ormai era quasi un uomo ed era anche di bell’aspetto, in effetti non avrei dovuto lamentarmi per la persona che mi era stata destinata, ma io non volevo sposare qualcuno solo perché ci ero costretta, volevo vivere libera e sapevo che il matrimonio mi avrebbe vincolata per sempre.
- Gianfar – gli dissi offrendogli il braccio così come avevo fatto con suo padre – Non vedo l’ora di fare quattro chiacchiere, da quanto tempo non ci vediamo? Sarà quasi un anno, certo sei cresciuto davvero in questo periodo!
Lui mi strinse il braccio e mi fece un leggero sorriso.
Restammo con gli adulti fino a quando le formalità dell’ospitalità non furono concluse dopo di che ci dileguammo il più rapidamente possibile.
- Ricordi dov’è il fiume? Vediamo chi arriva prima?
Lui annuì. Partimmo di corsa e per la prima volta fui battuta da lui.
- Wow, sei diventato molto veloce! – dissi buttandomi sul prato.
Mi tolsi gli stivali, la sopravveste e stavo per slacciare i pantaloni quando lui mi bloccò la mano: - Cosa diavolo credi di fare?
- Un bagno, mi sembra ovvio, perché pensi che volessi venire al fiume?  
- Ma tu sei una fanciulla ed io un ragazzo, non sta bene.
- Oh, piantala, non dirmi che hai paura che ti salti addosso, ti giuro che non ho intenzione di violare la tua virtù.
- E non temi che potrei essere io ad attaccare te?
Scoppiai in una fragorosa risata.
- Siamo seri, per favore, un gentiluomo come te non farebbe mai una cosa del genere.
- Ma è normale per un uomo avere delle pulsioni.
- Allora facciamo così, io mi tolgo solo i calzoni, se ti vengono delle “pulsioni” me li rimetto e rinuncio al bagno. In caso contrario ti svesti anche tu e mi raggiungi in acqua.
Nel giro di pochi minuti eravamo entrambi nel fiume a schizzarci come bambini. Finché sentimmo una voce conosciuta: - Sarebbe davvero divertente se io ora vi rubassi i vestiti, chissà che faccia farebbero i vostri padri!
Gianfar si voltò diventando completamente paonazzo e stava quasi per uscire.
- Invece di dire cretinate perché non ti tuffi anche tu?
Luke non se lo fece ripetere due volte e in un attimo fu in acqua. Passammo il resto del pomeriggio ridendo e facendo a gara a chi restava più a lungo sott’acqua.
- Al, come farai a farti asciugare i capelli?  
Eravamo sdraiati al sole, io avevo indossato i pantaloni e il farsetto mentre aspettavo che la camicia asciugasse, su quello Gianfar era stato categorico: - Non puoi fare il bagno davanti ad un uomo completamente nuda, devi assolutamente tenere la camicia, poi uscirai per prima e indosserai il farsetto e i calzoni mentre io sarò girato.
Ero scoppiata a ridere, ma mi sembrava una condizione accettabile, io però non avevo pudore e così lui era stato costretto ad entrare con i calzoni addosso, perché non avevo avuto nemmeno la decenza di girarmi mentre si spogliava: - E che sarà mai, come se non avessi mai visto un maschio nudo, Luke ed io facciamo il bagno insieme da tutta la vita.
Inviperito mi rispose: - E questo dovrebbe tranquillizzarmi, farmi arrabbiare o cosa?
- Scusa, non pensavo ti interessasse.  – Lasciai cadere il discorso anche se ero incuriosita da quell’atteggiamento. Poi cominciammo a divertirci e non ci pensai più.
Avevo le mani dietro la testa e un filo d’erba tra i denti, osservavo le nuvole e dissi: - Gianfar, ti offenderesti molto se ti dicessi che non voglio sposarti?
- Ecco che ci risiamo con quella storia – sbuffò Luke.
Mi sollevai ed abbracciai le ginocchia con le braccia guardando in faccia Gianfar: - Non è che tu mi stia antipatico e ora che hai perso anche quei rotolini di grasso per i quali ti prendevo in giro quando eravamo bambini sei anche carino, è che non voglio sposarmi, significherebbe rinunciare alla mia libertà, dover mettere al mondo figli, passare le mie giornate tra tombolo e conversazioni tra dame mentre intorno a me aumenterebbe il numero di pargoli di anno in anno. Obiettivamente vi sembra la vita adatta per me?
- Ma non siamo mica costretti a sposarci subito, possiamo prendercela con calma, per me possiamo aspettare anche dieci anni.
- Il problema è che i nostri genitori non intendono aspettare, sai perché sei qui? Mio padre vuole ufficializzare il fidanzamento ho sentito le serve che arieggiavano le tovaglie e lucidavano le posate d’argento confabulare su un giorno alla fine della prossima settimana.
- Ascolta, io non ho intenzione di sposare nessun’altra al di fuori di te.
Spalancai la bocca lasciando cadere il filo d’erba che avevo continuato a tenere tra le labbra.
- E questa sarebbe una dichiarazione?
- No, è più complicato, è che io credo che tu sia l’unica persona che sarebbe in grado di capirmi.
A me piace un’altra persona, mi piace molto, ma non abbiamo nessuna possibilità di costruire un futuro insieme.
- Bene, a questo punto visto che la situazione si è fatta così confidenziale è meglio che io me ne vada, non fate troppo tardi, altrimenti penseranno di dovervi costringere ad un matrimonio riparatore.
Luke era balzato in piedi, aveva iniziato ad aprire e chiudere i pugni come faceva quando si infuriava.
- Calmati, Luke, stiamo solo parlando!
- Luke aspetta … - La voce di Gianfar era nervosa.
- Lascialo andare, quando fa così non si riesce a farlo ragionare, deve sbollire la rabbia.
- Lo so . – ammise abbassando gli occhi e arrossendo.
- Gianfar, c’è forse qualcosa che vorresti dirmi? – La nebbia che confondeva la mia mente si faceva sempre più fitta, non riuscivo a capire cosa avesse Luke, perché fosse così freddo nei miei confronti e perché avesse tratto così male Gianfar, erano sempre andati molto d’accordo, possibile che Luke fosse geloso di Gianfar? Poi l’illuminazione: Luke non era geloso di lui, ma di me.
Il mio promesso sposo nel frattempo era diventato di tutti i colori e si era chiuso in un mutismo ostinato.
- Se ho capito bene tu mi sposeresti perché sei innamorato di Luke e questo sarebbe l’unico modo per tenertelo vicino?
Gianfar sempre più rosso annuì.
- E lui lo sa, sa che sei innamorato di lui?
Un altro cenno del capo.
- Quel disgraziato poteva anche dirmelo, no? E lui cosa ne pensa? Lui, ecco come dire, ti ricambia?
Terzo cenno affermativo.
- Per tutte le divinità di questo e degli altri universi, allora dobbiamo ristudiare tutto il piano. Certo che potevate anche dirmelo prima.
- Tu non sei sconvolta? La cosa non ti turba?
Gli diedi un sonoro pugno sulla spalla: - Mi turba solo il fatto che pensassi di dirmi una cosa così importante la prima notte di nozze e comunque non credere che intenda sposarti, nemmeno per coprirti, troveremo un’altra soluzione, ma non il matrimonio, chiaro? Ora vado a cercare Luke e sarà meglio che lui si faccia perdonare o giuro che lo uso come bersaglio per il tiro con l’arco.
Quanto a te sarà meglio che torni quando comincia a fare buio, diremo che tu ti eri attardato ad osservare alcune specie di uccelli e che ti ho mollato nel bosco, mi sono fatta il bagno al fiume e poi sono tornata a casa.
- Carina la storia degli uccelli. – sorrise ironicamente Gianfar.
Scoppiammo entrambi a ridere.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


- Luke porca miseria, cosa aspettavi a parlarmene? – L’avevo raggiunto nelle scuderie e l’avevo preso per la spalla ribaltandolo contro il muro.
- Non sono affari tuoi! – Mi aveva strattonato e aveva raccolto il tridente.
- Davvero? Mio fratello e il mio promesso sposo sono innamorati e non sono affari miei?
- Ti ricordo che non siamo fratelli. E tieni bassa quella voce scema!
- Da quanto tempo va avanti e fin dove siete arrivati?
- Cosa? Scordati che ti dica cose così personali. – Aveva le guance color porpora e le orecchie incandescenti.
- Ok, vado a chiederlo a Gianfar. – Dissi voltandogli le spalle e facendo per andarmene.
- Uffa, è cominciato tutto la scorsa estate, tu eri a lezione di cucito e noi stavamo chiacchierando sdraiati sotto il salice, c’è stato un attimo di silenzio, mi sono girato verso di lui e vedendolo così tranquillo e rilassato con gli occhi chiusi non ho resistito e l’ho baciato.
- Tu hai baciato lui?
- Ora la tua stupida curiosità è soddisfatta? - Le nocche che stringevano il tridente erano bianche: stava trattenendo la rabbia e non era buon segno.
- Senti, stasera andiamo a vedere le stelle cadenti, così vi metto a parte del piano, d’accordo?
Luke annuì.
La cena fu lunga ma io quasi non toccai il cibo, ero troppo presa dai miei pensieri.
- Almeno fai finta di mangiare, stai destando sospetti. -  Gianfar era seduto accanto a me. I nostri padri osservavano ogni nostro movimento, così feci la sfacciata e gli infilai il mio cucchiaio in bocca.
- Questo dovrebbe tenerli tranquilli per un po’.  
Gli sussurrai all’orecchio vedendo i nostri vecchi che si davano di gomito ridacchiando, ma erano davvero così fessi da credere che avessimo rinunciato?
Mi alzai in piedi e attirai l’attenzione di tutta la tavolata, non avevo rinunciato ai miei abiti maschili, ma li avevo abbinati ad una sovra tunica un po’ più lunga che poteva quasi passare per un abito.
- Padre, stasera cadono le stelle, potremmo andare sulla collina per osservare la pioggia di astri?
- Ma certo, andate, andate! E divertitevi, Anna verrà con voi!
- Per piacere, non chiedere a una donna che ha lavorato tutto il giorno e che ha sei ragazzini da mettere a letto di seguirci per una cosa così banale, verrà Luke, a meno che tu consideri la mia virtù in pericolo in compagnia di due galantuomini come loro. – Ghignai.
Sia mio padre che Sir Fairy scoppiarono a ridere: - Il mio ragazzo non avrà certo modo di annoiarsi con quella fanciulla pestifera, è una puledra indomita, ma vedi che si tranquillizzerà quando avrà un paio di ragazzini a cui badare.
Lanciai un’occhiataccia al mio ospite e mio padre ridendo rispose: - La mia bambina è ancora un po’ sensibile all’argomento ed è abbastanza veloce con la spada, perciò è meglio non fare certe battute.
- Veloce con la spada? – scoppiò a ridere – voglio proprio vedere!
-  Gianfar! Vediamo se la tua promessa è migliore di te.
- Padre, non è il caso. – l’ultima volta che ci eravamo confrontati Gianfar aveva rischiato di essere infilzato in più di un’occasione, non era proprio il tipo da duello.
Gianfar mi strizzò l’occhio: - Perché no, Al, facciamo vedere ai nostri vecchi di cosa siamo capaci.
Mai sfidarmi, lo sapeva benissimo. Ci posizionammo in mezzo alla sala, tutto intorno i tavoli con i commensali facevano il tifo ora per me ora per il mio futuro fidanzato.
Le dame erano stupite e infastidite dal mio atteggiamento così palesemente contrario a tutte quelle che erano le regole che avevano appreso per generazioni.
Ci fronteggiavamo: - Avanti, cos’è hai paura di farmi male?
Tentò un affondo, era notevolmente migliorato rispetto ad appena un anno prima e lo schivai di un soffio, ma girandomi gli diedi una pacca sul sedere con il retro della spada: - Mai tenere le spalle scoperte, non puoi sapere cosa potrebbe arrivarti da dietro. – Lo redarguii sghignazzando.
Rosso in volto mi si lanciò contro e di nuovo lo evitai per un pelo: lui era più grosso e potente, ma dalla mia avevo l’agilità ed anni di allenamento con Luke, mentre si vedeva che lui si era dedicato con accanimento alla spada solo di recente. Scartai di lato e questa volta lo toccai al fianco: - Attento, cerca di rimanere sempre coperto o rischi che qualcuno usi il tuo fegato per farsi uno spiedino.
Gli uomini ridevano alle mie battute, anche il padre di Gianfar, mentre le dame stavano lentamente lasciando i loro posti e si allontanavano.
- Gianfar, lo spettacolo è pietoso, se non ti decidi a fare sul serio le signore se ne andranno, non vedono l’ora che tu mi dia una lezione e mi rimetta al mio posto. 
A quelle parole tutte tornarono lentamente indietro sedendosi nuovamente col capo basso “pecore” pensai.
In effetti mi ero resa conto che Gianfar non stava dando il massimo e così cominciai a stuzzicarlo: - Cos’è ci stai andando piano perché sono una ragazza? Vuoi che chiami Luke, magari la sfida ti infiammerebbe di più.
Questa volta l’avevo fatto arrabbiare, si slanciò contro di me con tanta forza che per evitarlo dovetti scivolare per terra, ma riuscì comunque a toccarmi.
- Bene, finalmente mi hai toccata, ma quella sarà l’unica spada con cui ci riuscirai.
La risata fragorosa salì dal tavolo degli uomini mentre le dame continuavano a sussurrare.
Mi rimisi in posizione poi partii all’attacco, fu più veloce di me e mi toccò sulla schiena. Avevamo entrambi il fiato corto: - Miei signori, un pareggio vi basta? La pioggia di astri ci attende! 
Mio padre annuì, Gianfar ed io posammo le spade poi lui mi mise un braccio sulle spalle, ci ero abituata perché era abbastanza comune che Luke ed io procedessimo per la corte in quel modo, le dame continuavano a bisbigliare e gli uomini a sghignazzare.
Recuperai dalle scuderie un paio di coperte che di solito usavamo per le selle ed andammo a stenderci sulla collina poco distante.
Luke ci raggiunse poco dopo e prese posto vicino a Gianfar.
- Se volete fare qualcosa che i miei candidi occhi di fanciulla non dovrebbero vedere fatemi la cortesia di aspettare fino a quando non mi sarò ritirata.
Luke mi assestò un calcio e Gianfar un pizzicotto: - Invece di dire cretinate perché non ci dici a cosa sta lavorando il tuo piccolo cervello malato?
- Domani notte partiamo, quando saranno tutti a letto ce ne andiamo, preparate i bagagli: leggeri, ma recuperate anche dei vestiti pesanti.
- Si può sapere quali sono le tue intenzioni?
- Voglio chiedere l’emancipazione al Re.
- Tu sei pazza, non te la concederà mai, non ti ascolterà nemmeno.
- Ecco perché ho bisogno di voi, tu Gianfar sei già stato a Corte e sai bene o male come muoverti e tu Luke sei il mio porto sicuro, non posso allontanarmi dal mio porto sicuro, se mi dici di no accetterò di sposare Gianfar e me ne andrò con lui. Questo è l’unico modo per voi di stare insieme.
- Non hai capito, noi verremo con te senza nemmeno pensarci, è l’opzione migliore che abbiamo. Quello che intendevo dire è che essendo una donna non ti lasceranno nemmeno parlare.
- E chi ha detto che io mi presenterò come una donna, ma mi avete visto? Anche mio padre a volte è colto dal dubbio se io sia o meno una femmina, credete che sia tanto difficile ingannare gli estranei? E’ tutta la vita che mi preparo per questo. Entrerò a servizio del re e quando avrò conquistato la sua fiducia …
- Ti rendi conto che rischi una condanna per tradimento?
- Se nessuno me lo chiede non devo mentire, mi presenterò solo con il mio nome e non dirò figlio di Sir Warren, ma dirò: “Mio padre è Sir Warren” farò in modo di evitare  qualunque possibile intoppo e in caso mi scoprano basterà affermare che era più sicuro viaggiare sotto spoglie maschili piuttosto che femminili, chi mi darebbe torto?
- C’è qualcosa a cui non hai pensato?
Sorrisi: - No, credo di aver pesato a tutto.
Gianfar aveva la schiena appoggiata ad un albero e Luke si era posizionato tra le sue gambe, Il mio ex promesso sposo aveva il mento appoggiato alla spalla di colui che avevo sempre considerato mio fratello e lo stringeva per proteggerlo dall’umidità della notte. Fui colta da una punta di invidia, a me sarebbe mai capitato di potermi fidare così tanto di un’altra persona da concederle di proteggermi?
Mi sdraiai sulla coperta e mi limitai ad osservare le stelle, la pioggia di astri mi metteva sempre una certa malinconia.
Quando rientrammo cercai le parole per giustificare le mie azioni con mio padre.

Caro padre, 
    so che ti sto dando un dolore e me ne dispiace, ma né Gianfar né io siamo pronti per questo passo, abbiamo bisogno di trovare la nostra strada, non preoccuparti per la mia incolumità, ho due prodi cavalieri al mio fianco: Gianfar e Luke mi accompagneranno in questo viaggio. Ognuno di noi ha bisogno di trovare il proprio posto nel mondo. Tornerò padre, e quando tornerò sarò in grado di vestire quell’abito di mia madre che si trova nell’armadio dal giorno della mia nascita, quell’abito che sarò orgogliosa di indossare quando il mio cuore sarà pronto, ora non ne sarei degna.
Non mandare nessuno a cercarci, come sai sappiamo difenderci. Avrei voluto salutarti di persona, ma siamo tutti e due troppo cocciuti, tu non mi avresti lasciato partire e io avrei continuato a metterti in imbarazzo davanti a tutta la corte, ai tuoi amici e non è giusto. Ti voglio troppo bene per costringerti ad una vita simile.
Addio
Altair 


Gli uomini si erano ubriacati anche quella sera, era la notte prima del fidanzamento ufficiale perciò Gianfar ed io avevamo avuto il permesso di ritirarci presto. Era quasi l’alba quando finalmente il palazzo tacque. Scivolammo fuori dai nostri letti.
Recuperammo i nostri cavalli, la mia puledra era eccitata, erano un paio di giorni che non la lasciavo a briglia sciolta perché fosse più disposta a correre quella notte.
I miei amici mi seguirono, il cavallo di Luke era il più giovane, avevo chiesto io a mio padre di regalarglielo quando il suo vecchio palafreno si era rotto una caviglia ed era stato abbattuto.
Ci avvolgemmo nei mantelli e partimmo al passo, raggiunto il bosco sussurrai: - Briglia sciolta.
I cavalli partirono al galoppo, l’aurora iniziava ad arrossare le cime alla nostra destra e noi cominciavamo la nostra avventura.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


- Ragazzi,  se attraversiamo il guado siamo fuori dai territori di mio padre.
Avevamo viaggiato per buona parte del giorno precedente dormendo solo poche ore, volevo allontanarmi il più velocemente possibile.
- Altair, guadato il fiume dobbiamo fermarci, i cavalli hanno bisogno di riposo e anche noi.
Annuii, ero stanchissima, avevamo percorso in un giorno e mezzo il tragitto che normalmente si copriva in tre giorni.
Al tramonto ci fermammo, i cavalli da ore procedevano al passo e noi ciondolavamo sulle selle esausti.
Gianfar accese il fuoco e Luke fece il primo turno di guardia. Mi lasciarono dormire più di quanto avrebbero dovuto e, quando Gianfar mi svegliò per dargli il cambio, era quasi l’alba.
- Perché mi avete lasciato il turno di guardia più corto?
Gianfar non rispose e si andò a coricare accanto a Luke che, inconsapevolmente, nel sonno se lo strinse vicino.
Andai ad abbeverare i cavalli, a ravvivare il fuoco e cercai qualche frutto da consumare per colazione, l’estate stava volgendo al termine e si trovavano rovi di more carichi di frutti neri e succosi. Mi scorticai le mani e le braccia, ma ne valse la pena. un paio di ore più tardi tornai all’accampamento con la bisaccia piena di frutti, funghi, radici ed erbe che potevano servire sia come sostanze curative che come condimento. Misi sul fuoco una piccola pignatta che avevo trafugato in cucina prima di partire. I miei compagni di viaggio furono svegliati dal profumo della zuppa in cui avevo messo anche dei rimasugli di carne che altrimenti sarebbero diventati non commestibili perché troppo vecchi.
- Non pensavo che sapessi cucinare! Forse in fin dei conti potrei davvero sposarti. Anche se con quei capelli sei inguardabile.
- Gianfar, non adularmi, per la cucina se poi devi criticare la mia acconciatura, non è facile tagliare una treccia con un coltello, ho fatto il possibile. E poi starei in silenzio se non volete che cominci a far battute su come vi coccolavate mentre dormivate. - I due ragazzi arrossirono fino alla punta dei capelli: - Piantala di fare la scema.
- Piantala di fare lo scemo, Luke, parlami al maschile, è tanto difficile? – Poi mi rivolsi nuovamente a Gianfar: - Questo non è cucinare, con questa materia prima la madre di Luke sarebbe riuscita a creare un pasto da dieci portate tutte diverse e una più buona dell’altra, io le ho solo buttate a bollire tutte insieme.
Ci rimettemmo in cammino nella tarda mattinata: - Dovremmo accodarci a qualche carovana, è un modo di viaggiare più sicuro.
- Sono d’accordo, se seguiamo la Via del Nord prima o poi una carovana la incontreremo.
Ed infatti non ci volle molto, il giorno seguente incrociammo una lunga fila di carri che stava tentando il guado per raggiungere la Via del Nord, ci fermammo a dare una mano per far attraversare i cavalli terrorizzati dall’acqua attaccati ad un piccolo carro guidato da una ragazzina che non sapeva più come farsi ascoltare dagli animali. Decidemmo di unirci loro, erano una famiglia di saltimbanchi e due carovane di mercanti.
- Vi siamo debitori, ragazzi, ma cosa ci fate voi sulla Via? Andate all’incoronazione? – A parlare era stato un uomo sulla quarantina con una folta barba nera e cespugliosa che, come scoprimmo quella sera stessa era il capocomico mangiatore di fuoco e lanciatore di coltelli, il suo nome era Alan.
- Incoronazione?
- Sì, forse nelle terre del sud la notizia non è ancora arrivata, ma dopo una lunga malattia il vecchio re si è spento e a giorni dovrebbe essere incoronato suo figlio il principe Coil, noi stiamo andando a Nord per vedere se riusciamo a tirare su qualche moneta e un buon posto per passare l’inverno.
Nella conversazione era intervenuta una donna, Laila, che da giovane doveva essere stata di una bellezza selvaggia, ma che stava pian piano sfiorendo.
- Possiamo venire con voi? Siamo giovani, ma potremmo anche esservi d’aiuto per lo meno sappiamo cacciare e pescare, non vi saremo di peso.
Quattro ragazzini saltarono fuori dal carro più grande urlando: - Siii, insegnateci a cacciare e pescare, papà non ce lo permette!
Non c’era alcun dubbio che fossero i figli della coppia: avevano tutti i capelli neri del padre e gli occhi verdi della madre.
La ragazzina doveva avere un paio d’anni in meno di me, era più bassa, ma molto più formosa.
Quella sera misero su un piccolo spettacolo: i bambini, nonostante avessero un’età tra i cinque e gli otto anni erano già dei discreti giocolieri, la fanciulla che si chiamava Ambra danzava con una grazia che io non avrei saputo eguagliare nemmeno con anni di applicazione.
I mercanti si erano accampati con noi e seguivano lo spettacolo con attenzione, quasi tutti, in realtà un paio di loro osservavano Ambra e bisbigliavano tra loro.
La notte era serena, gli uomini si erano ubriacati e ronfavano scompostamente, avevo concordato con Gianfar e Luke il primo turno di guardia, mi ero avvolta in una coperta ed avevo appoggiato la schiena alla ruota del carro di Ambra. Luke era appoggiato ad un albero poco distante, anche lui stava vegliando.
Mi ci volle un attimo a capire che c’era qualcosa che non funzionava, le ombre distese non erano più otto, ma sei, due uomini si erano alzati e si stavano accostando lentamente al carro. Vidi brillare la lama di un coltello alla luce della luna. Feci un cenno a Luke. Aspettai che gli uomini si arrampicassero nel carro e facessero la prima mossa, poi scivolai all’interno da una finestrina laterale e li colsi alle spalle infilando la lama della mia spada sotto il collo del più vicino: - Cosa diavolo credevate di fare?
- Volevamo solo divertirci un po’ con la ragazzina, dai unisciti a noi, se vuoi puoi essere il primo. Anche se volevo coglierlo io quel bel fiorellino.
Furiosa spinsi ancora di più la punta della spada contro il suo collo facendolo sanguinare poi urlai:- Luke!
L’altro furfante non fece nemmeno in tempo ad accorgersi della trappola, Luke era salito sul tettuccio del carro ed era entrato dall’abbaino saltandogli addosso e schiacciandogli la faccia a terra.
Allarmati dal trambusto i genitori di Ambra accorsero, lei si era svegliata attorniata da uomini con le armi in pugno ed aveva cominciato ad urlare.
Cercando di calmarla persi per un attimo la presa sul malvivente che avevo bloccato, mi diede uno spintone e mi colpì di striscio con il pugnale, tentò di fuggire, ma fu del tutto inutile: Gianfar lo attendeva fuori dal carro, gli fece lo sgambetto e lo bloccò.
Legammo i due farabutti strettamente, Alan si prese l’incarico di controllarli dopo aver avvertito gli altri mercanti di cosa era successo.
Fu in quel momento, quando l’adrenalina stava scivolando via ed ogni cosa sembrava essere rientrata nella normalità, che mi cedettero le ginocchia, mi toccai il fianco e vidi la mano sporca di sangue.
Luke mi raggiunse proprio mentre mi stavo accasciando, Gianfar mi prese in braccio e mi portò nel carro, Ambra mi cedette il suo letto e sua madre stava per aiutare i miei amici a spogliarmi quando Luke le trattenne la mano: - Ho bisogno che tu faccia un giuramento, sulla vita di tua figlia che abbiamo salvato questa notte, quello che vedrai deve essere tenuto segreto anche alla tua stessa famiglia.
Laila fece uscire Ambra dicendole che non stava bene che una ragazzina che non aveva ancora conosciuto uomo vedesse un ragazzo svestito. La fanciulla protestò finché Gianfar non la convinse ad uscire insieme per controllare che nel marasma i cavalli non si fossero spaventati.
Laila aprì il panciotto, la mia camicia era intrisa di sangue rosso scuro, Luke impallidì, poi si voltò quando la donna aprì la camicia e soffocò un esclamazione.
- Laila, è fondamentale che nessuno lo sappia.
La donna annuì, cucì la ferita con del filo di seta, per fortuna era abbastanza superficiale, nel giro di qualche giorno sarebbe guarita. Mi fasciò e mi lasciò dormire.
- Perché?  
Luke, che durante tutto il tempo era stato seduto, con le gambe divaricate, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani, all’inizio non rispose; fu solo quando Laila gli sollevò la testa e gli asciugò le lacrime come faceva sua madre quando era un bambino che rispose: - Siamo fratelli di latte, lei è la figlia del mio signore, ma non riesce a rassegnarsi all’idea di trascorrere la vita sfornando marmocchi per l’uomo scelto da suo padre. Si è messa in testa di andare dal re e chiedergli l’Emancipazione.
- L’uomo scelto da suo padre è così pessimo?
- Valuta tu, si tratta di Gianfar.
Laila sorrise: - Allora la capisco, nessuna donna vorrebbe sposare l’amante del proprio fratello.
Luke arrossì: - E’ così evidente?
La donna gli scompigliò i capelli: - Solo per un occhio molto esperto.
Resta qui con Altair stanotte, se le viene la febbre falle bere questo decotto, Ambra dormirà con i suoi fratelli. Chiamerò anche Gianfar perché vi raggiunga, avete tutti bisogno di una buona notte di sonno. E’ il minimo che possiamo fare dopo quello che è successo questa notte, vi saremo riconoscenti in eterno.
Mi svegliai che il sole era già alto, cercai di alzarmi, ma sentii due mani ferme, ma delicate trattenermi: - La ferita è ricucita, ma non devi alzarti almeno fino a domani.
La voce di Laila era severa, ma dolce al tempo stesso.  
Mi accorsi di non indossare i miei vestiti, istintivamente mi coprii nonostante avessi addosso una vecchia camicia da notte; lei mi sorrise: - Non preoccuparti, il tuo segreto è al sicuro. Stiamo procedendo lentamente, a questa andatura saremo alla capitale tra due settimane, giusto in tempo per l’incoronazione.
- Non è giusto che rallentiate così tanto solo per colpa mia, domani…
Lo sguardo severo della donna mi si fissò addosso: - Sei davvero cocciuto come dicono i tuoi amici, non si discute, alla fine della settimana, se la ferita si sarà rimarginata, ti toglierò i punti e solo allora potrai rimontare a cavallo, fino ad allora devi stare sdraiato, capito?
Aveva messo l’accento sul maschile in modo che capissi che il mio segreto non sarebbe stato rivelato.
- Grazie. – Mi lasciai scivolare nuovamente sui cuscini e mi appisolai.
Fortunatamente non mi venne la febbre e nel giro di cinque giorni ero di nuovo in sella, anche se ero costretta a dormire nel letto di Ambra, ad ingurgitare tutti gli intrugli preparati da Laila e Gianfar e Luke non mi permettevano di fare nemmeno un turno di guardia.
I due farabutti che avevano tentato di attaccare Ambra erano stati abbandonati con le mani legate dietro la schiena sulla via, le loro mercanzie erano state divise tra tutti gli altri con un particolare riguardo a me ed Ambra che eravamo state le persone più offese dal loro comportamento.
Io avevo ottenuto un bracciale d’argento e Ambra un boccettino di unguento profumato estremamente raro e molto costoso.
Gli altri mercanti erano poi ripartiti più velocemente perché volevano raggiungere la capitale prima dell’incoronazione per ottenere prezzi più favorevoli per la loro mercanzia.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Eravamo a sei giorni dalla capitale quando ad un crocevia incontrammo un monaco, era fermo e sembrava indeciso sulla direzione da prendere.
Alan fermò il suo carro: - Fratello, hai bisogno di un passaggio? Noi ci rechiamo alla capitale.
Il monaco tirò giù il cappuccio, non doveva avere più di sedici anni: - Vi ringrazio, siete i primi a fermarvi da quando mi sono messo in cammino, fin’ora ho sempre proceduto a piedi, ma vedo che i tuoi carri sono già carichi di persone, i tuoi poveri cavalli non meritano di ricevere un peso ulteriore.
- Senti fratello, la mia cavalla è abbastanza resistente, monta qui dietro.
Allungai il braccio per aiutarlo a salire, ma non fu necessario, era molto più agile di quanto sembrasse.
- Siete una ben strana combriccola, però non mi sembrate parenti.
- Noi veniamo dalle terre del sud, Lui è Gianfar dei Fairy, io sono Altair dei Warren e lui è Luke, mio fratello. Loro invece sono i Lacoon, stiamo percorrendo la strada del Nord per andare a rendere omaggio al nuovo re.
- Capisco, quindi anche a Sud è giunta la notizia della morte del sovrano.
Stavo per dire che l’avevamo scoperto quando già avevamo intrapreso il nostro viaggio, ma mi trattenni: - Già - risposi.
- E pensate di partecipare al torneo per l’incoronazione?
I miei occhi si illuminarono e lo sguardo che Luke mi lanciò era piuttosto eloquente: - Ci sarà un torneo? – Non riuscivo a contenere l’eccitazione, avevo sempre desiderato giostrare, non mi importava di vincere, mi bastava partecipare.
Persa nei miei pensieri continuai a procedere al passo, fino a quando sentii il monaco muoversi leggermente dietro di me, arrestai il cavallo e mi voltai verso il giovane :- Fratello, spero che le tue natiche non patiscano troppo la sella, non vorrei che la povera Laila fosse costretta a farti impacchi di malva questa sera, se vuoi possiamo trovarti un paio di calzoni di pelle, credo che Alan ne abbia nel suo carro.
- Ma ti sembra il tono da tenere con un fratello Altair? – Gianfar mi redarguì allibito dalla mia completa mancanza di buona educazione.
- Gianfar, non l’hai ancora capito che Altair prima di parlare non connette il cervello e dice tutto ciò che gli passa per la testa?
- Non vi preoccupate, non me la sono presa, è stato un pensiero gentile quello del vostro amico, ma,  - disse sollevando la tunica – come vedete indosso calzoni e stivali.
Dopo gli avvenimenti di qualche giorno prima l’abbigliamento del monaco ci insospettì non poco, ma evitammo di darlo a vedere, così continuai amabilmente la conversazione: - Fratello, dobbiamo continuare a chiamarti così oppure hai già avuto un nome?
Non ne sapevo molto, ma quando un uomo si consacrava a servire una qualche divinità abbandonava i suoi averi, il suo mondo, cambiava nome e andava a vivere nella comunità prescelta. Il nome gli veniva dato in base alla sua Mansione c’erano i Fratelli del pane, i Fratelli dei campi, i Fratelli delle erbe e via dicendo, ognuno si dedicava ad un’attività specifica in base alle proprie abilità ed aspirazioni. Ognuno di loro abbandonava il nome con cui era stato chiamato fin dalla nascita e ne assumeva uno nuovo.
- No, non mi è ancora stato dato un nome, sono ancora lontano dal trovare la mia Mansione, ecco perché viaggio.
Non era inusuale trovare dei monaci che viaggiavano, ma non avevo mai sentito parlare di un monaco che viaggiasse da solo per trovare la propria Mansione.
Non riuscii a trattenermi e glielo domandai.
- Forse da voi al sud le cose funzionano diversamente, ma qui fa parte della tradizione che un giovane prima di intraprendere la strada del monachesimo viaggi per conoscere il mondo e scoprire quale può essere il modo migliore per lui per servire gli dei. – La sua voce tradiva una calma ed una compostezza che però le sue mani negavano, me ne ero accorta dal modo di aggrapparsi alla sella.
- Allora visto che non sei ancora un monaco potresti dirci come ti chiami.
- Flake, il nome che mi diedero alla nascita è Flake.
Gianfar sussultò. Luke gli si avvicinò e cominciarono a parlottare.
 - Fairy e tuo fratello sono molto amici. – Disse Flake sistemandosi meglio sulla sella.
- Flake, posso chiamarti così senza rischiare di incorrere nelle ire funeste di qualche divinità?
- Ovviamente.
- Bene Flake, te lo dirò una volta ed una soltanto: chi si fa i fatti suoi campa cent’anni e sarebbe un vero spreco se un bravo monaco come te finisse i suoi giorni prima di scoprire la sua Mansione.
Avevo detto queste parole appoggiando la mano sull’elsa della mia spada.
- Devo dire che non ero mai stato minacciato con tanta grazia, i miei complimenti Sir Altair Warren, se ci sapete fare con la spada tanto quanto ci sapete fare con la lingua la vittoria del torneo sarà indubbiamente vostra.
- Ne dubito, un cavaliere nemmeno  quindicenne non riuscirebbe a battere gentiluomini d’esperienza come coloro che sicuramente giostreranno.
- Già quasi quindici anni? Te ne avrei dati tredici scarsi. Oh, ma il torneo è organizzato a gironi basandosi sull’età dei concorrenti: i bambini sotto i dieci anni combattono con le spade di legno, dai dieci ai tredici si cimentano con il tiro con l’arco e con la spada, mentre dai quattordici ai sedici le prove sono tre ad eliminazione: tiro con l’arco, duello a cavallo e duello a terra.
- Per essere un uomo che aspira all’ascetismo devo dire che sei molto informato.
Ci fermammo per la notte e Gianfar mi si avvicinò: - Non dargli troppa confidenza, credo che ci stia mentendo.
- Credi? Quando mai s’è visto un monaco che sa tutto di tornei, che va in giro con calzoni e stivali e che porta un pugnale legato alla cintura?
- Cosa intendi fare? – Anche Luke si era avvicinato.
- Aspettiamo, se le cose si mettono male noi siamo tre e lui è uno solo, magari anche lui vuole allontanarsi da casa sua come noi.
- C’è un’altra cosa. – Aggiunse Luke, poi intervenne Gianfar: - Quando mi ha detto il suo nome ha destato in me ricordi sgradevoli del periodo passato a corte, vedi c’era un ragazzino spocchioso e antipatico che mi prendeva in giro in continuazione e si chiamava Flake.
- Magari al nord è un nome comune.
- Probabile, ma credo si trattasse del figlio di un nobile abbastanza potente perché nessuno osava contrastarlo e lui ne approfittava per spadroneggiare sugli altri, avevamo entrambi otto anni, lui era più piccolo di me, ma riusciva sempre a ferirmi moralmente o fisicamente. In quel periodo rimasi circa una settimana a palazzo, ma nelle visite che compii negli anni seguenti non ebbi più modo di incontrarlo, probabilmente suo padre era caduto in disgrazia di fronte al re.
- Quindi tu pensi che quello – dissi indicando il monaco che stava giocando con i fratellini di Ambra – sarebbe un nobile di alto lignaggio? Non pensi che avrebbe una scorta o per lo meno qualcuno che lo accompagni scudiero, amico, qualcosa del genere?
- In effetti non somiglia molto al bambino che ricordo. – ammise sospirando Gianfar.
Nei giorni seguenti continuammo a tenerlo d’occhio, ma in realtà non ci diede motivo di dubitare di lui.
All’alba del quinto giorno mi svegliai a causa di uno scricchiolio leggero, il Monaco si era alzato e si stava preparando per andarsene. Mi alzai ed osservai i suoi preparativi, quando cominciò ad incamminarsi mi apprestai a seguirlo: - Ma come, te ne vai senza nemmeno salutarci?
- Non ho mai amato molto i convenevoli, tu sì? Non mi sembravi il tipo!
- Se le nostre strade si dividono qui allora almeno una stretta di mano. – gli proposi porgendogli il braccio.
Annuì, mi strinse il braccio e fece un cenno con il capo.
- Buona fortuna per la tua Mansione.
Non si voltò e fece semplicemente un cenno di saluto con la mano.
Non ci volle molto prima che raggiungessimo la città, in tarda mattinata eravamo arrivati a destinazione, le enormi porte erano spalancate di fronte a noi, la via del Nord che conduceva esattamente all’ingresso del palazzo reale qui era rivestita con grandi lastre di pietra liscia , le case erano tutte bianche e, nella piazza davanti al palazzo, il mercato con i suoi odori e rumori si stendeva a perdita d’occhio.
Alan ci fece strada attraverso un vicolo e ci ritrovammo nella parte meno ricca della città, qui non c’erano mercanti con sete preziose, ma piccoli artigiani che sbarcavano il lunario facendo riparazioni, umili e faticosi lavori. Arrotini, e calzolai, sarte e lavandaie si affaccendavano per i vicoli sbraitando ai bambini di dare una mano, accudire i fratelli o semplicemente non combinare guai.  
I carri di Alan e della sua famiglia passavano a malapena nei vicoli, ma tutti quelli che ci vedevano salutavano la famiglia di giocolieri con gioia e allegria: - Alan, qui sembra proprio che ti conoscano tutti.
L’uomo rise: - Certo, sono nato qui, mio padre era uno dei consiglieri del re, io ero il secondo figlio, perciò fecero di me un cavaliere di ventura, un giorno, stanco di guerre e tornei mi unii ad una compagnia di zingari itineranti. Quando mio padre lo scoprì non la prese bene, ma ogni volta che siamo in città ci ospita la sorella di mia madre. Credo che lei e Laila vadano molto più d’accordo di quanto mi mostrino apertamente. Quella donna è un portento, praticamente mi ha cresciuto dopo la morte di mia madre. Alan era un uomo pieno di sorprese.
- Alan, per caso tu hai una vecchia armatura da qualche parte? Vorrei provare a partecipare al torneo, ma non ho nulla da indossare.
- Dovremo chiedere all’armoaro una mano perché andrà un po’ sistemata, ma posso cederti volentieri quella che usavo per i tornei quando avevo tredici anni. Il debito che abbiamo con te è lungi dall’essere saldato.
- Non c’è nessun debito e non voglio più sentire parlare di questa storia, siamo d’accordo? Desidero solo avere l’armatura in prestito, poi te la restituirò, tienila lì per i tuoi figli, chissà magari uno di loro deciderà di diventare cavaliere.
Giunti nella grande casa padronale della zia di Alan facemmo la conoscenza della sua eccentrica padrona di casa. Era una donnina minuta con i capelli raccolti a crocchia che indossava una veste corta sopra un paio di calzoni lisi.
- Zia Mab, ti sembra il modo di vestire per accogliere ospiti?
La donna lo guardò e fece una smorfia: - Bada a come parli ranocchio, perché ho ancora la forza di prendere il tridente e infilartelo nelle chiappe se mi manchi di rispetto, e ora vieni a stritolarmi con quei tronchi che ti ritrovi al posto delle braccia.
Alan non se lo fece ripetere e la sollevò da terra facendole fare una giravolta.
- Piano, piano, non sono mica più una ragazzina, andiamo in casa, così vi rinfrescate e poi mi presenti gli ospiti, erano anni che non mi portavi in casa tre bei ragazzi!
Quella donna macinava parole alla velocità con cui si muoveva, e io che me l’ero immaginata una tranquilla vecchina intenta a sferruzzare calzini o ricamare lenzuola per il corredo della pronipote.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


La zia Mab ci aveva squadrati con molta attenzione: - Ma cosa mi hai portato? Cuccioli di nobiluomini di campagna, lo sai che me li mangio a colazione, no?
- Intendi davvero spaventare questi ragazzi? Sono qui per l’incoronazione del nuovo re e per partecipare al torneo.
- Ma dai, non avranno trent’anni in tre! – Osservò l’anziana signora con un tono fintamente shockato – dove credete di andare?
- My Lady,  - cominciò Gianfar di gran lunga il migliore dei tre ad interagire in società – noi …
Non ebbe il tempo di finire la frase che fu interrotto: - Giovanotto, o hai un bizzarro senso dell’umorismo o un’educazione estremamente tradizionale: non venivo chiamata My Lady da prima che tu nascessi, chiamatemi solo Mab e per l’amor del cielo sedetevi e mangiate qualcosa!
La tavola era riccamente imbandita e mi accorsi solo in quel momento di quanta voglia avessi di fare un buon pasto seduta a tavola: erano quasi tre settimane che non poggiavo la parte meno nobile di me su una sedia.
Mangiammo così di gusto che ci mancò il tempo per parlare, ma tanto Alan stava tenendo banco narrando in modo spettacolare, da vero attore, il salvataggio di Ambra.
- Quindi vi devo anche la virtù della mia bambina. -  Disse attirandola a sé mentre Ambra serviva il vino ai commensali. – Decisamente devo migliorare i miei modi. A proposito, ora che vi siete lautamente rifocillati, perché non mi dite chi siete e da dove venite?
Ovviamente iniziò Gianfar, che era il più abile a livello di parlantina:- Sono Gianfar di Fairy, unico figlio di mio padre, erede della contea di Cowship.
- Sì, mi ricordo tuo padre, un uomo simpatico anche se un po’ misogino se non erro, sono sicura che mi abbia sempre considerato una vecchia eccentrica, ma se fossi stata più giovane avrebbe osato utilizzare anche appellativi meno riguardosi nei miei confronti. E tu? Tu chi sei e da dove vieni?
- Mio padre è Lord Warran di Salmontrout, io sono Altair.
- Quindi tu devi essere il figlio di Gwen, povera bambina, strano pensavo che avesse dato alla luce una bambina.
- Posso garantirle che io sono l’unica figlia e l’unico figlio in vita di mio padre, se si escludono ovviamente eventuali bastardi di cui non ha mai fatto menzione.
- Dal tuo tono di voce direi che da tuo padre hai preso il carattere e che tra voi non ci sia un buon rapporto.
- No, Mab, vi sbagliate, il rapporto è sempre stato ottimo, solo che non condividevamo le medesime idee su come dovesse orientarsi il mio futuro e quindi ho reputato opportuno raggiungere il Nord per ottenere l’Emancipazione.
Mab mi osservò con maggiore attenzione, mi resi conto con preoccupazione che era una donna a cui non sfuggiva nulla: - Altair, se vuoi ottenere l’emancipazione puoi richiederla come premio alla vittoria del torneo per i ragazzi, di solito i giovanotti della tua età chiedono uno splendido pranzo da condividere con gli amici, la tua è una richiesta che renderebbe il giovane sovrano oltremodo entusiasta, a differenza del padre è decisamente più parsimonioso ed attento alle finanze del regno.
Interdetta su come rispondere a quell’affermazione mi limitai a voltarmi verso Luke che aveva ascoltato ogni parola attentamente anche se non aveva mai osato sollevare lo sguardo.
- Lui invece è Luke, mio fratello di latte, vi prego di non considerarlo un semplice scudiero, perché è stato la mia ombra dal giorno in cui sono nato ed è molto più cavaliere di molti nobiluomini che conosco, nonostante sia di umili origini.
- Lieta di fare la tua conoscenza Luke.
Disse l’anziana signora offrendogli la mano come avrebbe fatto ad un qualunque lord.
Luke, rosso fino alla cima dei capelli, sfiorò con le labbra la pelle dura e callosa della mano della donna: - Hai ragione,  spesso l’umiltà si accompagna al valore. Ora mi ritiro perché dopo un simile pranzo le mie stanche membra richiedono un meritato riposo, tuttavia Altair, gradirei parlarti in privato più tardi.
Prima di concederci un bagno rigenerante rigovernammo i nostri cavalli che finalmente potevano riposare in tranquillità nell’ampia scuderia.
Alan ci disse che Mab non tollerava che dormissero nei carri quando erano ospiti a casa sua e che quella dimora aveva stanze a sufficienza per ospitare tutti quanti.
Noi ci ritirammo nella camera a noi assegnata: ampia e luminosa aveva una finestra che si affacciava sulle strade della città ed un’altra di fronte che dava sul cortile in cui i figli di Alan stavano scorrazzando allegramente.
Quando portarono su la tinozza con l’acqua calda i ragazzi mi permisero di utilizzarla per prima. ma non ci misi molto perché stare in ammollo non era una delle mie attività preferite, uscii dalla stanza rigenerata con addosso abiti semplici ma finalmente puliti.
-Vado a cercare Mab, ah, a proposito, ragazzi, se non volete che l’acqua si raffreddi troppo perché non vi fate il bagno insieme?
Proposi maliziosamente ricevendomi un calcio nello stinco da Luke ed un buffetto sulla testa da Gianfar.  Corsi via prima che decidessero che mi ero spinta davvero troppo oltre e mi dessero una sonora lezione.
Trovai Mab sotto il portico intenta a nutrire una cucciolata di gattini con latte e panna utilizzando una pezzuola di canapa.
- Vieni a darmi una mano, prendi quell’altra pezzuola umida e massaggia il pancino di quello che ha già finito di mangiare, altrimenti mi muore di congestione. Qualche mascalzone ha buttato un sacco con queste povere bestiole, se ne sono salvati solo tre, ma sai, i gatti sono animali molto utili.
Cominciai a spupazzare il gattino e le mie goffe manovre produssero un risultato piuttosto positivo, ringraziando il piccolo era dentro la cesta, perché se l’avessi avuto tra le mani sarebbe stato un disastro.
- Ottimo lavoro, ora però vorrei che mi spiegassi seriamente cosa ci fa una ragazzina in compagnia di due giovanotti e cos’è questa storia dell’Emancipazione.
Deglutii a vuoto, mi resi immediatamente conto che tentare di fingere non sarebbe servito a nulla, quella donna avrebbe scoperto il mio segreto in ogni caso, non so se per eccessiva curiosità o per straordinaria capacità intuitivo/deduttiva
- Avrei dovuto sposare Gianfar, ma abbiamo entrambi interessi differenti.
- Avevo capito anche questo. – Ridacchiò l’anziana signora.
- E da cosa? – Ero sinceramente stupita, anche perché i miei amici non solo erano estremamente riservati, ma anche molto timidi e l’allusione che avevo fatto poco prima era ben lungi dal realizzarsi anche se erano giovani e carichi di ormoni da esplodere.
- Alla mia età basta osservare le interazioni tra le persone per rendersi conto di cosa succede: se vuoi ti chiarisco meglio il concetto, tra i due il primo a fare una mossa è stato Luke, che però ora è anche il più restio a lasciarsi andare, dico bene?
Sorrisi, come facesse a leggere così bene le persone per me rimaneva un mistero.
- Quindi vuoi emanciparti per vivere la tua vita come ti pare, hai coraggio ragazza, sarebbe stato più semplice accettare il tuo destino e vivere una vita tranquilla.
- No, non mi interessa una vita tranquilla, se mai un giorno dovessi sposarmi voglio che sia con un uomo che vuole me e non il mio migliore amico.
- Allora sarà meglio che ti eserciti, non vorrei che al torneo ti ritrovassi a gambe all’aria. Da domani allenamenti strenui fino a sabato, ci penso io ad iscriverti, ora sei sotto la mia protezione, mi piacciono le persone decise.
 
 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Gli allenamenti iniziarono la mattina successiva, Alan era un grande addestratore e riuscii a migliorare diversi difetti già nell’arco della mattinata, Gianfar e Luke se la ridevano ogni volta che Alan mi dava una pacca sul sedere con il piatto della spada. L’unica attività su cui non avevo davvero bisogno di esercitarmi era il tiro con l’arco: sarei stata in grado di far cadere una mela dall’albero a trenta metri di distanza.
Non ero altrettanto capace nei corpo a corpo: la ferita subita due settimane prima ancora si faceva sentire e, alla fine dell’allenamento, Lila mi rimproverò: - Non sei ancora completamente ristabilito, non dovresti forzare così il tuo fisico!

- Ho poco tempo per imparare le cose che mi servono: il torneo è alla fine della settimana: cinque giorni sono davvero pochi.

Il training intensivo diede buoni risultati: la mia agilità era ancora migliorata e difficilmente un avversario sarebbe stato in grado di superarmi da quel punto di vista. Essendo più bassa della media degli altri duellanti avrei sfruttato questa qualità nella giostra, ma avrei dovuto dare davvero il massimo nel duello corpo a corpo.

Finalmente il sabato arrivò, non avevo avuto occasione di indossare l’armatura che Alan aveva fatto preparare per me perché voleva fosse una sorpresa e, per allenarmi ne avevo utilizzata una vecchia ed estremamente pesante che mi impacciava nei movimenti e mi rendeva ancora più complicato il combattimento.
Quella mattina zia Mab indossava un abito lungo impreziosito da fini ricami. vestita da signora sembrava molto più anziana ed austera.

- Altair, so che non mi deluderai, ma non eccedere, ricorda di non esporre il fianco ferito e sii prudente.
- Grazie per la fiducia, Mab.

Lei sorrise e mi porse la mano come avrebbe fatto con qualunque cavaliere.
Alan e Luke mi aiutarono ad infilare l’armatura: era fantastica, l’armaro aveva fatto un lavoro eccellente: non si vedevano imperfezioni né ammaccature e brillava al sole d’agosto come un frutto maturo su un albero.

Gianfar mi strinse il polso: - In bocca al lupo.
- Crepi – risposi ghignando.
- Alan, ma se dovevo combattere con questo splendore addosso perché mi hai fatto allenare con quel pezzo di ferraglia arrugginita?
- Dovevi abituarti al peso del metallo e non c’è nulla di meglio che utilizzare un’armatura più pesante e ingombrante se poi in combattimento puoi utilizzarne una più leggera.
- Corretto.

Il campo del torneo era dietro il palazzo reale e i giovani vi si stavano avvicinando da ogni lato.
Ad ogni gruppo è dato un luogo apposito dove depositare la propria armatura.

- Mentre vi apprestate a tirare con l’arco, trovati un posto un po’ isolato.- mi suggerì zia Mab - col caldo che c’è oggi là dentro, in mezzo a tutto quel ferro, sarà un inferno.

In realtà avevo colto al volo il significato recondito nascosto nelle parole dell’anziana signora: cerca di non farti notare e non attaccar briga.
La mattinata cominciò con i duelli dei bambini, il maggiore dei figli di Alan, galvanizzato dai miei allenamenti, aveva insistito per partecipare ed ottenne un onorevole quinto posto, per premio zia Mab gli donò una mela caramellata più grande rispetto a quelle dei suoi fratelli.
Il torneo di tiro con l’arco portò all’eliminazione di una buona metà dei concorrenti, naturalmente il mio risultato fu tutt’altro che deludente e riuscii ad ottenere un buon secondo posto che mi permise di gareggiare nella giostra partendo in un’ ottima posizione.
Quando montai a cavallo, dopo aver indossato l’armatura mi sentii finalmente viva, avrei potuto morire su quel campo e sarei stata felice, pensavo che mai avrei potuto provare un’emozione più grande, eppure mi sbagliavo.

Quando riuscii ad evitare la lancia del mio avversario e a disarcionarlo dal cavallo al primo colpo mi resi conto che desideravo ardentemente riuscire a battere un altro avversario e poi ancora uno e un altro ancora.
Ero completamente esaltata dall’adrenalina, il secondo e il terzo scontro furono rapidi, misi in atto tutte le tecniche che Alan mi aveva insegnato e così, senza nemmeno rendermi conto di cosa stesse succedendo, mi ritrovai in semifinale. Di fronte a me un avversario che nessuno aveva avuto il coraggio di sfidare perché portava lo stemma della casata della regina madre e nessuno degli altri concorrenti avrebbe rischiato di ferire un membro della famiglia reale.
Io, però, non ero come tutti gli altri e mentre Luke e Gianfar tentavano di dissuadermi, voltai loro le spalle, rimontai a cavallo e mi apprestai a giostrare: - Tu sei completamente fuori di testa, se ferisci un membro della famiglia reale ti farai decapitare!

- Se avesse davvero avuto paura di farsi male non avrebbe partecipato al torneo e io davanti ad una sfida non mi tiro indietro.

Salutai con un cenno il mio avversario e partii. Fu questione di un attimo: il legno della lancia che picchiava contro la corazza, l’equilibrio che improvvisamente spariva ed io mi trovai a terra a guardare il cielo. Mi rialzai un po’ acciaccata, pensando che, in fin dei conti avevo avuto un discreto successo e potevo anche permettermi di festeggiare, ma mi resi conto che anche il mio rivale era a terra, forse non tutto era perduto. Estrassi la spada e mi parai di fronte a lui, mi ero abituata a combattere nel corpo a corpo, ma mai con l’elmo, lo tolsi e lo lanciai a Luke che lo prese al volo.
Anche il mio avversario se ne liberò.

- Ci rivediamo. – disse ghignando.
- Lo sapevo che eri troppo esperto di cose mondane per essere solo un Monaco in cerca della propria Mansione.

Flake sfoderò la spada.
Cominciai a studiare attentamente le sue mosse, da principio non si espose molto e fui io a partire all’attacco, come si addiceva al figlio di una nobile famiglia era davvero ben addestrato ed era evidente che fosse di gran lunga migliore di me, ma io lo battevo in velocità e desiderio di vittoria, mi sembrava così vicina, solo un altro contendente ed avrei potuto ottenere l’Emancipazione, passai la spada alla mano sinistra e tentai un affondo, avevo fatto male i calcoli, Flake parò l’affondo e mi fece volare la spada lontano.

Sorrisi sollevando le mani in segno di resa e gli porsi il braccio.
Il giovane re, che aveva assistito divertito a tutto il torneo batté le mani. Mi inchinai al suo cospetto e mi ritirai.

- Ma come, te ne vai così presto Altair?
- Flake, io accetto la sconfitta, indubbiamente sei più bravo di me, ma dammi qualche anno e sarò in grado di batterti. E, per la cronaca, fa in modo di vincere il torneo, non mi va l’idea di aver perso contro qualcuno che non si è nemmeno degnato di vincere.

Il ragazzo scoppiò a ridere e con lui anche il re, mentre la corte assisteva scandalizzata a quello scambio di battute.
Il nuovo sfidante stava per prepararsi quando vidi che si ritirava. Un altro codardo pensai.

Flake mi raggiunse: - Sei l’unico che abbia accettato di scontrarsi con me.
- Se non avessi voluto giostrare non avresti partecipato al torneo e vincere senza combattere non è divertente.
- Sagge parole, ragazzo, anche se hai corso un bel rischio rischiando di ferire il mio fratellino.
Il re si era alzato ed appoggiato alla balaustra del palco. – Allora ragazzo, come ti chiami?

Quelle parole erano state una doccia fredda: Flake era il fratello minore del re? Il secondo in linea di successione? Li osservai attentamente: Il re era alto e massiccio, mentre Flake aveva un fisico più atletico, però entrambi avevano occhi grigi e capelli neri come la notte, sì, non v’era dubbio alcuno che fossero fratelli. Mi inchinai ed abbassai il capo.

- Alzati, mi sembra un po’ tardi per rispettare il cerimoniale.
Alzai la testa pur mantenendo la mia posizione: - Mi chiamo Altair mio padre è Warran Lord di Salmontrout.
- E cosa ti porta così lontano da casa Altair di Salmontrout.
- Dovevo porgere i miei omaggi al nuovo sovrano e, al contempo, perorare la mia causa, ma per questo domanderò udienza non appena i festeggiamenti per la vostra incoronazione saranno conclusi.
- No, ragazzo, sono curioso, parlami ora del tuo problema.
- Desidero l’Emancipazione dalla potestà paterna.
Il sovrano sollevò le sopracciglia in una smorfia stupita e quasi buffa.

- Cosa ti avevo detto Coil, mentre ero in giro ho incontrato un sacco di gente interessante. Falke era intervenuto nella conversazione senza permesso e soprattutto infischiandosene allegramente del protocollo.
- Ehi, ragazzino, guarda che la corona che porto in testa un valore ce lo ha ancora e quindi sei pregato di portare rispetto.
Flake abbassò il capo e, con un tono fintamente remissivo, rispose: - Agli ordini maestà.
- Torniamo a noi Altair, come mai vuoi emanciparti?
- Diciamo che mio padre ed io abbiamo visioni un tantino discordanti circa il mio futuro ed io preferirei di gran lunga aspettare prima di prendere decisioni che mi vincolino per la vita.
- Ritieni dunque che le scelte di tuo padre potrebbero rendere infelice e priva di significato la tua intera esistenza?
- Il concetto è stato espresso in maniera estremamente chiara e precisa da Vostra Maestà è esattamente quello il mio timore.
- Visto come hai tenuto testa al mio fratellino accetto di concederti l’Emancipazione.

La gioia sul mio volto doveva essere a dir poco lampante perché il sovrano si affrettò ad aggiungere: - Ci sono due condizioni la prima è che tu resti al nostro servizio per due anni, in questi due anni avrai l’incarico di sorvegliare il principe Flake affinché non commetta eccessive imprudenze, questo dovrebbe rendere anche la tua persona decisamente più responsabile perché non si mette mai in pericolo l’incolumità di un membro della famiglia reale, neanche per scherzo.
Accanto a me sentii Flake che sbuffava.

- In secondo luogo voglio che questa sera al banchetto mi spieghi nel dettaglio le motivazioni per le quali ritieni che tuo padre abbia torto.
- Come desiderate Maestà, ma se non vi è di troppo disturbo vi chiederei di scrivere una piccola nota dalla quale la mia Emancipazione risulti indiscutibile.
Il giovane sovrano si incupì: - Osi forse mettere in dubbio la parola del re?
- No, Sire è che ritengo più prudente non dire di persona a mio padre cosa ho fatto perché temo una sua reazione non proprio positiva e pertanto preferirei che gli giungesse una missiva con il sigillo reale in cui anche a lui siano chiari i termini e le condizioni di questo possiamo definirlo accordo?

Il sovrano scoppiò a ridere: - Sei proprio un ragazzino, hai coraggio di fare un viaggio dal sud per perorare una causa di fronte al re e poi una volta ottenuto ciò che vuoi hai paura che tuo padre se la prenda con te?

Il banchetto fu maestoso Gianfar, Luke ed io eravamo defilati verso il fondo della sala nella speranza che il re si dimenticasse della richiesta, ma a metà della cena sentii il sovrano tuonare: - Allora, dov’è il ragazzino che ha dato filo da torcere a mio fratello in duello? Altair di Warran delle terre del sud, fatti avanti e dicci quale scelta aveva compiuto tuo padre dal farti fuggire a gambe levate.

Mi alzai dal mio posto e mi recai di fronte al tavolo reale, alla destra del re sedeva la sua giovane moglie, poteva avere un anno o due in più di me era molto bella con lunghi boccoli biondi, l’incarnato pallido e lo sguardo perennemente volto verso il basso in segno di pudicizia. Alla sinistra del re invece si trovava la regina madre: osservava ogni cosa, se zia Mab era una donna estremamente attenta la regina probabilmente riusciva a batterla, durante il torneo non era presente, non v’era dubbio alcuno, tuttavia, che fosse al corrente di ogni dettaglio della giornata trascorsa, non per ultimo il fatto che avessi messo in pericolo l’incolumità del suo figlio minore.

Flake si trovava seduto accanto alla madre ed era intento a disossare una quaglia fingendo che tutto ciò che lo circondava non gli interessasse per nulla.
- Eccomi sire. Però prima di spiegarvi le mie ragioni avrei bisogno della lettera da spedire a mio padre.

Il re sollevò gli occhi al cielo e mi porse una pergamena con il sigillo reale impresso sul fondo.
Sorrisi: - Mio padre voleva che mi sposassi, mentre io ritenevo che non fosse ancora il momento né la persona più adatta a me.
Il re scoppiò a ridere: - Doveva essere una sposa ben poco attraente per avervi fatto fuggire come se foste rincorso da una muta di cani.
- No, non direi poco attraente è anche presente qui e sarebbe disdicevole se facessi un’affermazione simile in sua presenza.
- La fanciulla è qui?
- Un momento, io non ho mai parlato di una sposa, ho detto che dovevo sposarmi e che non ero d’accordo con mio padre sui termini del matrimonio.
Il re cominciò a scrutarmi con i suoi occhi grigi come il cielo invernale: - Tuo padre voleva farti sposare con un uomo?

Il mormorio tutt’intorno si intensificò, arrossii fino alla punta dei capelli, mi ero aspettata che fosse più facile spiegare le mie ragioni, ma non era così.
Le possibilità erano due: o continuare a mantenere la mia sfacciataggine o buttarmi sul fronte candida fanciulla spaventata dalle nozze.

No, non avrei mai agito da vigliacca: - Sire, lo sposo sarebbe stato Gianfar di Fairy, unico figlio di suo padre, erede della contea di Cowship. E io sarei stata la sposa: io sono l’unica figlia di sir Warran.
Calò un silenzio di tomba.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Flake fu il primo a riprendersi dallo shock: - Bene, quindi mi sarei quasi fatto battere da una ragazza? Devo indubbiamente migliorare le mie abilità.

- Non è il momento di scherzare. Questa ragazzina ci ha ingannati.- poi rivolgendosi a me riprese: - Altair, sai di cosa vengono accusate le persone che ingannano i sovrani?

Annuii, negare era perfettamente inutile e, in una voce chiara e decisa risposi:- Alto tradimento, ne sono consapevole, ma io non vi ho ingannato.
- Osi anche insultare la mia intelligenza? Ti sei presentata vestita da uomo, atteggiandoti come un uomo, hai perfino partecipato ad un torneo fingendoti uomo.
- Io però non ho mai affermato davanti ad anima viva di essere un uomo.
- Ma non hai nemmeno dichiarato di essere una donna! – la pazienza del sovrano era veramente agli sgoccioli per me la situazione stava prendendo una pessima piega.
- Fratello, sai cosa mi raccontava il capocomico della compagnia di teatranti con cui ho fatto parte del mio viaggio? Che la sua bambina ha rischiato di essere violentata da due farabutti e che Altair ed i suoi amici l’hanno salvata. Se una fanciulla che viaggia in una carovana con la propria famiglia rischia di essere attaccata chissà cosa potrebbe accadere ad una ragazza che compie un viaggio così lungo accompagnata solo da due amici.
- Ti sei dunque travestita da uomo per non rischiare di essere attaccata durante il viaggio? Dovevo a Flake un grosso favore, ma la mia totale incapacità a mentire rischiava di vanificare i suoi sforzi:- Sicuramente quello è stato il motivo principale, ma c’è anche da dire che i vestiti da donna sono di una scomodità agghiacciante, credo di averne indossati un paio in tutta la vita, non amo pizzi e fronzoli.
- Hai sbagliato a partecipare al torneo, il campo di gara non è luogo per una ragazzina.

Era tutta la vita che combattevo contro questo genere di pregiudizi e così non riuscii a trattenermi: - Non ho letto da nessuna parte nel bando della gara di quale sesso dovesse essere ciascun contendente e, siccome non era esplicitamente specificato che alle donne era vietato gareggiare, ho effettuato la mia iscrizione.
- Tu hai messo in ridicolo la corte! – Ora il sovrano era davvero fuori di sé e anche io, ci fronteggiavamo come due serpenti pronti a colpire.

Clap, Clap, Clap, dalla destra del sovrano si sentì provenire un lieve applauso, mi voltai sbalordita verso la regina: - Lady Altair, vi lodo per il vostro coraggio, ma ricordate sempre il limite tra audacia ed imprudenza. Siete stata audace a partecipare al torneo, ma siete stata imprudente a mettere a rischio la vita di mio fratello Flake, siete stata audace ad ammettere la verità di fronte al re, ma ora siete imprudente a persistere con questo atteggiamento di sfida.

Arrossii, l’idea che quella giovane donna mi stesse spiegando quali limiti avevo superato mi creava un certo disagio: alla mia età avrei dovuto capire da sola l’atteggiamento corretto da utilizzare, stavo mettendo in imbarazzo me stessa e la mia famiglia. Chinai il capo e mi rivolsi direttamente alla regina: - Maestà mi scuso per i miei modi decisamente poco signorili, la mia balia ha passato tutta la mia infanzia a cercare di farmi diventare un po’ più ragionevole, tuttavia temo di aver ereditato la caparbietà dai Warrant. Perdonatemi. Anche voi sire. – dissi poi rivolgendomi al re – sono sempre stata una testa calda, ma sono in grado di accogliere qualunque vostra decisione dalla prigione, alla gogna alla decapitazione.

Il re scoppiò in una sonora risata:- No Altair, credo che ti lascerò per tutta la giornata di domani nelle capaci mani della mia meravigliosa dama e trascorrerai la settimana successiva come sua dama di compagnia, ho il sospetto che abbia bisogno di svagarsi con un  nuovo animaletto da compagnia da addestrare o se preferisci una nuova bambolina da agghindare. Per una settimana niente cavallo, niente armi, a parte il tombolo e il ricamo.

La mia espressione doveva essere eloquente perché Flake scoppiò a ridere: - Credo che avrebbe preferito la gogna.
Poi il sovrano continuò: - Tu resterai a palazzo, mentre i tuoi amici potranno tornare dalla Lady che vi ospita. Finita questa settimana di prova mi aspetto che tu rispetti i termini per la tua Emancipazione con un atteggiamento un po’ più sottomesso.
Annuii, ma non riuscii a ringraziare il re per la sua benevolenza. Mi attendeva una settimana interminabile. Tornai al mio tavolo in fondo alla sala e strinsi il braccio ai miei amici prima di ritirarmi con le altre dame.

- Mia cara, ti ho fatto preparare la stanza accanto alla mia, così domani mattina potremo dedicarci alla cura della tua bellezza.
Stavo per ribattere, ma non feci altro che annuire, era meglio buttare giù quel boccone amaro e stringere i denti nella speranza che il re fosse soddisfatto di una sola settimana di punizione.

Vinta dal sonno crollai vestita non appena posai la testa sul cuscino. Mi svegliai poco prima dell’alba, uscii di soppiatto perché adoravo il profumo dell’erba carica di rugiada quando i primi raggi di sole la colpivano.
 Riuscii a dileguarmi senza che nessuno se ne accorgesse e corsi verso il campo del torneo. Quel giorno sarebbe iniziato il combattimento dei cavalieri adulti, sarebbe stato un vero spettacolo e mi auguravo che per lo meno mi venisse concesso di assistere.
Sfiorai il terreno con la mano, costeggiai il bordo del campo, nella mia mente si formavano immagini di cavalli al galoppo, polvere che si sollevava e non potei fare a meno di sorridere, quello era il mio mondo e nemmeno un re avrebbe potuto impedirmi di vivere la mia vita come desideravo, avrei accettato il castigo, ero consapevole di averlo meritato, ma dopo avrei obbligato il re a mantenere la sua parte del patto, avrei trovato il modo, di questo ero certa.

Mi infilai uno stelo di festuca tra i denti mentre tornavo nelle mie stanze, mi chiusi la porta alle spalle, ma notai che c’era qualcuno seduto sul mio letto: - Temevo che fossi fuggita.
- No, maestà, e dove potevo andare, senza contare che io non fuggo mai di fronte ad una prova, ne va della mia serietà.
- Ne sono lieta, ho detto alla servitù di portare una bella tinozza per permetterti di lavarti.
- Qui intorno non ci sono fiumi? Sarebbe più veloce e meno faticoso per la servitù.
La regina mi guardò come se avesse visto uno scarafaggio proprio sopra il mio naso.
- Stai cercando di scandalizzarmi o vuoi davvero farmi credere che tu sei una selvaggia?
- Non era mia intenzione offendervi …
- Bene, allora procediamo, due delle mie servette ti aiuteranno a lavarti e indossare gli abiti che ho scelto per te.
- No, a lavarmi e vestirmi ci penso da sola, almeno questo.

La regina sembrava un po’ contrariata, ma annuì.
Uscita dalla tinozza mi pentii di non aver accettato l’aiuto delle serve perché indossare tutti quei capi di abbigliamento era un’operazione tutt’altro che semplice: c’era la sottoveste, il corsetto, la tunica, la sopraveste …
Dopo un tempo infinito sentii bussare: - Sei pronta?
- Entrate, credo di avere in effetti bisogno di un piccolo aiuto.
Quando mise piede nella mia stanza la regina scoppiò in una risata cristallina: - Cosa stai combinando?

Ero seduta a terra con addosso solo la sottoveste incapace di capire quale dei vari indumenti che mi stavano intorno andasse indossato  e in quale ordine.
Mi fece alzare e domandò alle sue servette di aiutarmi, quando mi strinsero il corsetto temetti di morire.

- Finalmente vediamo le tue forme!
- Sì, ma se mi stritolate così le vedrete per poco, perché non riesco a respirare.
- Su, un po’ di coraggio, tra poco ti abituerai.

Mi fecero sedere e cercarono di acconciarmi i capelli: - Che disastro, ma dovevate proprio tagliarli con un coltello? – squittì una serva che tentava di intrecciare dei fiori tra le mie ciocche irregolari.
- La prossima volta tento con un falcetto da grano, magari ottengo un risultato migliore.
- Altair, oggi siederai accanto a me per assistere al torneo, è una concessione che non viene fatta a tutti, perciò dovrai comportarti come si addice ad una vera Lady, perché altrimenti potrei sempre convincere il mio adorato consorte che necessiti di qualche giorno in più per migliorare il tuo contegno.

Annuii perché stritolata in quel corpino non riuscivo a fare altro. Sarebbe stata una giornata lunghissima.
Per raggiungere il campo del torneo ci misi il triplo del tempo che avevo impiegato quella mattina.

- My Lady. – La voce inconfondibile di Flake mi colse di sorpresa – Siete splendida, il blu vi dona oltremodo, fa risaltare i vostri occhi.
Mentre si chinava a baciarmi la mano risposi in un sussurro: - Lo so che sembro una scopa acconciata a festa, un’altra battuta e, fratello del re o meno, l’unica cosa che ti resterà da fare quando avrò finito con te sarà andare a cantare da soprano in un coro di monaci.
Dissi tutto ciò sorridendo e lui ghignò abbandonando il posto che aveva tenuto accanto alla madre per sedersi accanto a me.

- Hai deciso di darmi il tormento? Sarà già una lunga giornata così senza che tu aggiunga ulteriore sale sulle mie ferite.
- Pensavo che ti avrebbe fatto piacere sapere che il tuo ex promesso e il suo scudiero saranno qui a tenerci compagnia oggi.

Finalmente una buona notizia sospirai e sorrisi, questa volta non era un sorriso forzato, ma sincero.
Gianfar e Luke arrivarono poco dopo insieme a zia Mab che mi lanciò uno sguardo severo, ma poi mi sorrise: - Hai rischiato di cacciare anche me in un bel guaio Altair, meno male che mia cugina ha deciso di non infierire.
- Tua cugina?
- La Regina madre, mia madre e sua madre erano sorelle.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Quando i contendenti scesero in campo mi dimenticai del corsetto allacciato stretto, delle mollette che mi tiravano i capelli e rimasi affascinata dal primo scontro, mi sbilanciai a fare commenti sul secondo, ma poi la passione prese il sopravvento e cominciai a tifare spudoratamente per uno dei contendenti, mi alzavo, mi sbracciavo ed urlavo. E la regina rideva allegra per il mio entusiasmo. Ovviamente le dame di corte che si trovavano accanto a me non si capacitavano della mia passione, per loro era una presenza necessaria perché erano le madri, mogli o figlie dei cavalieri che si affrontavano in tenzone. Mi comportavo come tutti i ragazzi presenti con la differenza che i miei movimenti erano impacciati da quelle vesti che comunque riuscii a strappare in più di un punto; all’ennesimo “strap” che sentì, la regina mi strattonò facendomi sedere: - Altair, se continui ad agitarti in questo modo va a finire che resterai nuda, devono essere partite almeno tre cuciture del tuo abito e quattro dei gancetti del corsetto, per favore calmati!
Mi sedetti imbronciata fino a quando il primo finalista, per il quale avevo parteggiato fin dall’inizio della gara, dopo aver raggiunto la finale si avvicinò al palco cercando di donarmi una rosa, teoricamente a quel punto io avrei dovuto offrirgli un pegno, qualunque fanciulla si sarebbe schermita ed avrebbe poi donato un fazzolettino di seta che teneva apposta per quell’occasione. Vedendolo lì che aspettava un pegno e non avendo altro da dargli, strappai la manica sinistra del vestito e gliela porsi. Ovviamente il gesto si era compiuto nel più totale silenzio ed aveva provocato un mormorio incessante fino a quando il sovrano non era scoppiato in una sonora risata: - Altair, finirai mai di stupirci?
Le donne che continuavano a sparlare alle mie spalle non potevano comprendere il mio entusiasmo per la giostra: non avevano idea di cosa significasse scendere su quel campo, cosa volesse dire vedere il mondo attraverso la grata dell’elmo, come salisse l’adrenalina nel momento in cui si afferrava la lancia e ci si apprestava a colpire il proprio avversario, non ne avevano idea e non l’avrebbero mai saputo, tutte compassate nei loro ruoli, abili solo a criticare chi decideva di vivere in modo differente. Era una vita che difendevo con le unghie e con i denti era tutto ciò che ero, tutto ciò che avevo. Alle mie spalle le dame di corte non si premuravano nemmeno di bisbigliare le proprie critiche senza nemmeno rendersi conto del fatto che la regina si sentiva in imbarazzo per le loro affermazioni velenose.
Osservai la sovrana, aveva le nocche bianche e i pugni contratti, il suo viso tradiva rabbia e dispiacere e si mordeva il labbro.
- Maestà, state bene? Mi sembrate pallida, se volete vi accompagno nelle vostre stanze.
- Altair, come fai a sopportarlo? – la guardai stupita. - Sopportare cosa?
- I loro commenti, come fanno a non ferirti?
- Oh, lasciate perdere, non è il caso di preoccuparsi, sapete che le oche devono starnazzare in coro quando sono tante per sentire la propria voce.
Lei mi sorrise mestamente, davvero non riusciva a capire che non mi interessava minimamente ciò che quelle sciocche pensavano di me?
- Finalmente ho portato un po’ di novità tra i pettegolezzi di corte, dovrebbero essermene grate, non trovate maestà?
La regina annuì, ma la sua tranquillità durò poco perché dopo un commento un po’ più pesante circa la mia scarsa femminilità e la mia presunta predilezione per le fanciulle rispetto agli uomini con un accenno davvero indelicato alla mia vicinanza alla regina, vidi che le si inumidivano gli occhi. Non avrei mai potuto accettare che la mia protettrice venisse scandalizzata in quel modo: mi alzai in piedi e mi voltai di scatto rossa in viso: - Brutte megere rinsecchite, vi rendete conto che le uniche persone che in questo momento stanno mettendo in imbarazzo sua Maestà siete voi? La regina è una fanciulla di buon cuore e sebbene i vostri commenti non mi sfiorino minimamente stanno portando sua maestà all’orlo delle lacrime, se insultarmi vi diverte tanto non fatevi problemi, ma abbiate almeno la decenza di farlo dove la regina non possa sentirvi.
Flake si era alzato in piedi accanto a me, probabilmente temendo che cavassi gli occhi alle due giovani dame che stavano ora impallidendo per lo shock.
- Quanto al mio orientamento …
Mi voltai verso Flake solo perché si trovava accanto a me, lo presi per il bavero e premetti le mie labbra contro le sue.
Come sempre avevo agito di impulso e, nell’esatto momento in cui lui si era ripreso ed aveva appoggiato una mano sulla mia schiena mi ero divincolata ed avevo abbandonato il palco correndo verso il palazzo. Avevo fatto molto poco signorilmente i gradini due a due e mi ero sbattuta la porta della stanza alle spalle.
Lacrime di rabbia e frustrazione mi colavano dagli occhi, mi passai l’unica manica rimasta all’abito sul viso per pulirlo, poi mi strappai di dosso il vestito, rimasi con addosso solo la tunica. Mi sdraiai sul letto e ripensai a tutto ciò che mi aveva portato a quella situazione, mi domandai se avrei agito in modo diverso e mi resi conto che anche se avessi potuto tornare indietro avrei comunque compiuto le stesse scelte. Caparbia e cocciuta, avevo ereditato i difetti peggiori di mio padre.  
Era ormai passato il tramonto quando sentii bussare alla porta, mi ero appisolata con un libro in mano e non mi posi nemmeno il problema di rendermi più presentabile.
La regina entrò: - Altair, oggi hai dato un nuovo significato al termine cavaliere, nessuno aveva mai prestato tanta attenzione a come mi sentissi, tu sei in assoluto la prima persona che abbia cercato di farmi sentire a mio agio. Sei come una tigre al guinzaglio, perciò da domani non ti costringerò ad indossare corsetti o mollette per i capelli, troveremo qualcosa che si adatti a te, qualcosa di comodo, ma che riesca comunque a far risaltare almeno un po’ della tua femminilità. Lo sai  a cosa erano dovuti quei commenti così velenosi? Al fatto che tu sedessi in un posto d’onore e che fossi di gran lunga la più carina delle giovani Lady che si trovavano al torneo. Che fossi stata preferita dal vincitore del torneo invece di fanciulle molto più fini ed aristocratiche di te.
Non avevo mai sentito un discorso così lungo provenire dalla bocca della regina.
- Sono dispiaciuta solo per il fatto che quei commenti vi abbiano turbata senza contare che il mio comportamento è stato sfacciato abbastanza da far sì che la madre del re mi voglia fuori dal castello seduta stante.
La regina scoppiò nella sua risata cristallina: - No, non puoi andartene ora, sei la prima persona che conosco ad essere riuscita a far tacere tutta la corte con un solo gesto, hai lasciato senza parole anche il principe Flake ed è tutto dire!
Ripensando a ciò che avevo fatto diventai paonazza: - Non era mia intenzione, spero che non si sia arrabbiato. E che non si faccia strane idee, non sono una ragazza facile, sia chiaro.
- L’avevo intuito dal colore che hai assunto un secondo fa e dal modo in cui sei fuggita quando ti sei resa conto di come avevi agito. E’ così liberatorio parlare con te, non ho amici qui a corte, tutti mi rispettano perché sono la sovrana, ma nessuna delle mie dame di compagnia è sincera, sperano tutte di ricevere qualcosa in cambio dell’affetto che mi palesano. Tu invece non cerchi di piacermi, sei sempre te stessa e te ne sono grata.
Mi disse queste parole stringendomi le mani con un sorriso timido che si allargava sulle labbra.
- Maestà, io non ho mai avuto amiche, ho passato la mia infanzia a giocare nella corte con i figli dei fabbri e dei sottoposti di mio padre, il mio migliore amico è sempre stato Luke, non so assolutamente come comportarmi nelle situazioni ufficiali e sicuramente se vi stessi accanto vi metterei nuovamente in imbarazzo come oggi.
- Non mi interessa, per questa settimana mi appartieni e voglio approfittare della tua compagnia il più a lungo possibile.
Sentii nuovamente bussare alla porta ed andai ad aprire prima ancora che la regina riuscisse a fermarmi così mi trovai gli occhi del sovrano puntati addosso e lo vidi arrossire leggermente: - Lady Altair, potreste indossare una vestaglia prima di aprire la porta?
Osservai il mio abbigliamento e non vi trovai nulla di scandaloso: indossavo una camicia da notte di lino che mi arrivava fino al ginocchio e lasciava le braccia scoperte, mica ero nuda.
- Sire, dubito che abbiate visto qualcosa che non avevate mai visto prima, senza contare che la vostra signora mi batte cento a uno su ogni punto esteticamente, perciò non vedo perché dobbiate essere così imbarazzato.
- Altair!
I due mi redarguirono all’unisono ed usando il medesimo tono.
- Ho capito, devo essere meno sfrontata. – aggiunsi buttandomi sulle spalle la prima cosa che trovai sparsa per la stanza. – Però sire, mi spiegate a cosa devo l’onore della Vostra visita?
- Volevo scortare la mia signora nelle sue stanze, ammesso che non abbia deciso di chiacchierare con te tutta la notte.
Il viso della regina era diventato scarlatto e la mia immaginazione galoppante mi chiarì immediatamente cosa sottintendevano quelle parole, anche le mie guance si tinsero di rosso, ma per stemperare l’imbarazzo risposi: - E’ tutta vostra, ma ricordate che avete per le mani un fiore delicato, trattatelo con cura, perché sono molto reattiva nel capire quando una persona è dispiaciuta per qualcosa e benché siate un re se darete un dispiacere alla mia Signora ne dovrete rispondere a me.
Il re sollevò un sopracciglio: - E’ una minaccia? Tu osi minacciarmi?
- Non ci avevo nemmeno pensato, il mio era un invito a considerare con attenzione il gioiello prezioso che avete tra le mani e a non farla soffrire perché lei non esprime i sentimenti che le attanagliano il cuore e siete voi che dovete imparare a leggerli.
Il re guardò la moglie con un’espressione smarrita in quel momento mi resi conto che era poco più di un ragazzo e che la barba probabilmente gli donava quella sicurezza che a causa della giovane età ancora non aveva.
- Come vi dicevo a cena Altair ci manifesta ogni momento il vero significato della parola cavalleria e se la maestà vostra è d’accordo chiederò a lei di essere il mio campione nei futuri tornei, non credo ci sia nessun cavaliere di cui potreste fidarvi maggiormente.
Il re sorrise, poi una folata di vento entrò dalla finestra e la regina rabbrividì
- E così questa mocciosetta ti ha conquistata, ora andiamo, non vorrei che il mio fiorellino delicato prendesse freddo.
Le mise un braccio protettivo intorno alle spalle e la accompagnò fuori dalla mia stanza.
Chiusi la porta.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Gli uccellini già cinguettavano quando aprii gli occhi, era raro per me alzarmi dopo il sorgere del sole, mi avvicinai alla finestra e vidi una leggera nebbiolina sul prato, quella sarebbe stata una giornata uggiosa, lì al nord con le montagne ad un passo, l’estate era più breve e sarebbe finita presto, mi resi conto ben presto che a svegliarmi non era stata la natura bucolica del luogo con piccoli volatili che si posavano allegramente sulla finestra, ma qualcosa di altrettanto naturale che si ripeteva ciclicamente e che avrei davvero preferito evitare.
Mi alzai di malumore e recuperai dentro uno dei cassetti della cassettiera delle pezze. Non sarei uscita da quella stanza senza un paio di calzoni addosso. Quando le servette della regina arrivarono portandomi una vasta scelta di abiti le ringraziai e le spedii indietro prima che cercassero di acconciarmi i capelli o pretendessero di passarmi untuosi unguenti sulla pelle.
Senza speranza cominciai a frugare tra i vesti e finalmente trovai un paio di calzoni di pelle di quelli adatti a cavalcare, ora sì che si ragionava.
Riuscii anche a trovare una camicia bianca ed un corpetto rosso che si allacciava sul davanti, non avevo mai indossato nulla del genere e sinceramente non sapevo neppure quanto fosse opportuno stringerlo perché, sebbene non fossi per nulla prosperosa quella roba riusciva a far risaltare anche le mie inesistenti curve. Completai il tutto con una sopravveste aperta sul davanti, ma lunga nella parte posteriore in cui si divideva in due code.
Immaginai di essere sufficientemente presentabile e mi recai al piano di sotto.
Prima di tutto dovevo porgere le mie scuse a Flake per il modo indecoroso in cui mi ero comportata.
Con quell’abbigliamento saltare giù dai gradini a due a due era un gioco da ragazzi e corsi giù dalla scala a chiocciola così rapidamente che decisi di aggrapparmi alla piglia e saltare in un colpo solo gli ultimi tre gradini. Mi scontrai contro qualcosa di duro e poco stabile che emise un ringhio soffocato, poi mi ritrovai a carponi addosso a qualcuno: - Dobbiamo smettere di vederci così.
Rossa in viso mi drizzai all’istante: - Flake ti devo delle scuse, anzi ti devo delle doppie scuse, una per ieri, l’altra per adesso, stai bene?
- Io sì, è il mio orgoglio che vacilla un po’ in questi giorni, stavo venendo ad avvertirti che  la battuta di caccia è stata organizzata oggi e a chiederti se vuoi partecipare, ovviamente ci sarà anche la regina.
- Allora non posso assolutamente esimermi! – Dissi con un sorriso che mi arrivava da un orecchio all’altro.
Flake mi soppesò con lo sguardo: - Il vestito di ieri ti donava di più, ma questo è decisamente più adatto a te, solo che dovresti sistemare il corpino, non credo che tu lo abbia messo come si deve.
- No, guarda, ti assicuro che va proprio messo così.
- Non è la posizione, aspetta, ora chiamo qualcuno che ti dia una mano a sistemarlo.
Voltandosi vide una delle dame della regina che mi guardò con sufficienza. Flake colse la palla al balzo e la fermò, la accompagnò in un angolo e le disse due paroline nell’orecchio, lei, tutta affettata, finse di intimidirsi poi gli sorrise e venne verso di me.
- Il principe Flake mi faceva notare che non sei nemmeno capace a vestirti da sola e mi ha chiesto di pensarci io, altrimenti farai nuovamente fare una pessima figura alla nostra sovrana.
Se gli sguardi avessero potuto uccidere Flake sarebbe stato trafitto da un centinaio di dardi e in quel momento il suo spirito sarebbe stato a suonare l’arpa in un luogo molto, molto distante da lì.
L’oca giuliva che ancora mi stava parlando si era voltata di schiena e fu in quel momento che Flake cominciò a farle il verso imitandola in maniera esilarante mentre lei tesseva le sue lodi e sistemava il mio corpetto. Io trattenevo a stento le risate.
Ovviamente fece proprio quello che io non avrei fatto strizzando il corpino fino a togliermi quasi il respiro mettendo perciò in mostra una parte delle mie grazie che ignoravo addirittura di avere.
Flake ghignò nella mia direzione, poi sussurrò qualcosa all’orecchio della dama che divenne rossa e si allontanò di colpo come se fosse stata morsicata da un serpente voltandogli le spalle disgustata.
- Cosa diamine le hai detto per farla scappare a quel modo?
- Semplice, le ho detto che aveva fatto un ottimo lavoro, è bello vedere anche la tua parte femminile ogni tanto.
- Se questa – dissi toccandomi il petto – pensi che sia la mai parte femminile è proprio vero che gli uomini ragionano con il c…
- Miss Altair, siamo tutti curiosi di sapere con cosa ragionano gli uomini. – Il sovrano mi aveva raggiunta alle spalle scortato da un bel gruppo di nobiluomini di svariate età.
Mi voltai verso di lui: - Ovviamente mi riferivo al cervello, ma come ben sapete dagli studi anatomici che avrete senz’altro compiuto, nell’uomo quello non è l’unico organo irrorato abbondantemente dai vasi sanguigni e credo che a volte quell’altro muscolo prenda il sopravvento sul buon giudizio. Ovviamente non oserei mai generalizzare, ma vorrei vedere quanti uomini di fronte ad una scollatura parlano con la dama guardandola negli occhi senza mai lasciare cadere lo sguardo venti centimetri più in basso.
Il re mi scompigliò i capelli: - Linguaccia biforcuta, ho capito perché tuo padre non vedeva l’ora di accasarti e sinceramente credo che avrebbe dovuto essere Sir Fairy a chiedere l’Emancipazione, non tu, era lui quello che rischiava grosso prendendoti in moglie.
Tutti risero ma io risposi seria: - Se lui avesse fatto una cosa simile avrebbe rischiato di non poter ereditare le terre di suo padre e non era giusto che fosse lui a pagare per come sono fatta io, da parte mia era assolutamente impossibile per me ereditare, dato che è in vigore la legge salica, perciò in questo modo vinciamo tutti.
Tacquero tutti, nessuno aveva calcolato che io avessi valutato la questione anche da altri punti di vista, mi consideravano una ragazzina impossibile e viziata che si divertiva a fare il maschio, nemmeno loro avevano idea di quanto fosse faticoso cercare di comprendere i sentimenti altrui per agire nel modo migliore per me stessa e per gli altri.
- Bando alle ciance, oggi si va a caccia, vi affido la regina, le signore useranno i loro falchetti.
- Maestà, cosa possiamo cacciare?
- Tutto quello che riuscite a prendere.
Ghignai.
Non appena gli uomini si furono incamminati con i loro squilli di tromba e il rumore sordo degli zoccoli dei cavalli lanciati al trotto mi diressi verso la scuderia dove le dame stavano scegliendo le cavalcature.
Nel seguito della regina c’era anche Mab che mi si avvicinò portandomi la mia puledra: - Grazie Mab, non vedo l’ora di dimostrare di cosa sono capace.
- Attenta bambina, non strafare, la regina madre seguirà attentamente le tue mosse, scegli un buon falco.
- No, niente falco primo perché io sono abituata ai falconi, questi falchetti al massimo sono in grado di catturare una quaglia. Ho bisogno di arco e frecce.
Poi lo vidi, era possente ed ancora sufficientemente selvatico da cavare gli occhi a chiunque si fosse permesso di trattarlo con scarso rispetto. Le dame lo rifuggivano e i falconieri in mezzo a quel trambusto faticavano a tenerlo tranquillo.
- Lo prendo io, dissi infilando il guanto e facendomi passare l’animale dal falconiere.
Mab mi fece un cenno e vidi Luke poco distante, mi recai da lui :- Come state?
- Bene, Flake ha richiesto espressamente che io fossi a sua disposizione, non è male. Continuo a vivere da Mab, manchi molto ad Ambra anche se è rimasta parecchio sconvolta dal fatto che tu sia una ragazza, Alan invece non si dà pace per averti allenata con tanta durezza, comunque è fiero del fatto che tu sia arrivata vicina alla vittoria del torneo, a proposito, visto che sapeva della caccia di oggi mi ha detto di portarti questi. - Mi porse arco e faretra.
Mi sistemai l’arco sulla spalla e la faretra sulla schiena: - E per il resto come va?
Luke mi fece un sorriso e mi strizzò l’occhio. La regina mi stava chiamando, saltai sulla mia cavalcatura e partii al seguito. Ero un po’ più indietro rispetto alle altre signore che continuavano a ciarlare ininterrottamente, non avremmo preso nulla nemmeno se ci fosse stato un prato circondato da una rete con tutto il rumore che stavano facendo. Stavo cercando di comprendere il mio falcone: presi una piuma e gli accarezzai il piumaggio sul torace, i falchi non apprezzavano di essere toccati dalle mani umane, ma amavano le coccole, lo conquistai.
Mi avvicinai alla regina, ero molto più abile a cavallo di tutte quelle dame: - Maestà, se continuiamo a fare tutto questo rumore non prenderemo nulla.
- Sciocca, noi non dobbiamo prendere niente, non è buona educazione, e se facessimo una caccia migliore degli uomini? Li metteremmo in imbarazzo!
Mi voltai verso la fanciulla che aveva parlato, doveva avere circa la mia età e un’acne paurosa le deturpava il viso.
- Primo, non stavo parlando con te, secondo, con quei falchetti che vi ritrovate è assolutamente impossibile che riusciate a fare una caccia migliore degli uomini, terzo invece di blaterare impara a curare la tua alimentazione e usa degli impacchi di aloe o aceto e succo di limone. Il consiglio è gratuito ammesso e non concesso che tu ora te ne stia in silenzio.
La fanciulla si morse il labbro e si allontanò.
- Maestà, come dicevo…
- Altair, sei stata molto scortese, non dovevi fare cenno al suo problema.
- Ha iniziato lei e poi il mio consiglio funziona davvero, la sorella di Luke aveva lo stesso disturbo e dovreste vederla ora, ha la pelle delicata e rosea come quella di un bambino.
- Va bene, lasciamo perdere, cosa volevi dirmi?
- Mi concedete la licenza di allontanarmi per un’ora? Ho visto che alcune dame hanno portato delle coperte e laggiù c’è una radura, potreste fermarvi e fare la colazione, sarò di ritorno nel giro di un’ora, non di più.
- Altair, non farmi pentire di questa concessione.
Le sorrisi: - Grazie maestà.
Partii al galoppo, mi era mancata quella libertà, dal giorno del torneo, appena tre giorni prima. Non avrei mai potuto vivere a corte, mi mancava anche il mio piccolo mondo del sud, dove non c’erano tanti formalismi e, se c’era bisogno, anche mio padre andava a dare una mano quando il fiume rompeva gli argini.
Ero sufficientemente lontana dal resto della corte, vidi delle tracce e cominciai a seguirle: si trattava di un capriolo, probabilmente un giovane maschio. Lo vidi che si abbeverava, era a circa venti metri e non esitai, la freccia penetrò proprio sotto la gola, non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi che stava morendo.
Raggiunsi la carcassa, lo voltai e legai le gambe insieme, era molto più pesante di quanto immaginassi, lanciai la fune intorno ad un ramo ed issai la carcassa in modo che fosse lontana da terra, lo sgozzai facendo fuoriuscire il sangue in modo che non ristagnasse rendendo immangiabile la carne, poi, ascoltando i rumori provenienti da ovest, mi recai verso il terreno di caccia degli uomini, lo aggirai ed arrivai alle loro spalle.
Gianfar mi vide: - Cosa diamine ci fai qui?
- Non ho tempo da perdere, ho beccato un capriolo, tu, Luke e Flake venite con me.
Gianfar si avvicinò a Flake e gli sussurrò all’orecchio, lui si voltò verso di me sollevando gli occhi al cielo, ci incamminammo al galoppo perché era passato troppo tempo da quando avevo lasciato le signore ed era ora che tornassi, indicai ai miei amici il luogo in cui avevo lasciato l’animale e raggiunsi velocemente le altre dame.
- Altair, ti davamo per dispersa!
- Mi spiace maestà, ma posso assicurarvi carne di capriolo per dopodomani, bisogna farla frollare un giorno ed una notte, ma vi meritavate un pasto speciale.
- Un capriolo? E chi lo avrebbe abbattuto? – Una giovane dama con la puzza sotto il naso si era avvicinata a noi.
- Gianfar, Luke e il principe Flake ovviamente, li avevo raggiunti per domandare una cosa a Luke sulla mia cavalcatura ed ho visto l’appostamento e l’uccisione, tre frecce praticamente in contemporanea, non ho capito di chi fosse quella fatale.
Poi mi voltai verso la regina e le strizzai l’occhio sussurrandole: - Quella fatale ha l’impennaggio uguale a queste qui. – Indicai quelle che mi erano rimaste nella faretra – Ma è un segreto tra noi, vero?
La regina sorrise, poi la aiutai a rimontare in sella. Liberammo i falchetti e il suo prese una piccola quaglia, mentre il mio falcone, decisamente più grande rispetto a quelli delle altre dame che avevano selezionato i più leggeri e quelli con il piumaggio più attraente, riuscì a catturare una lepre.
Ci ritirammo soddisfatte. Se la regina aveva catturato una preda allora non era disdicevole cacciare, anche le altre dame tentarono, cercai di mostrare loro come indirizzare i loro falchi, ma nessuna intendeva ascoltare i miei suggerimenti, così tornammo a palazzo con un ben misero bottino.
Gli uomini erano soddisfatti: un cinghiale e un capriolo oltre a pernici e fagiani avevano reso quella giornata molto fruttuosa. Il re sollevò la sua sposa baciandola sulle labbra quando lei mostrò orgogliosa il suo carniere. Poi mi si avvicinò: - Interessante la tua faretra Altair, noto che le tue frecce assomigliano straordinariamente a quella che ha abbattuto quel capriolo, non è che ne hai persa una?
 - Strana coincidenza, vero? Il principe Flake, Gianfar e Luke probabilmente hanno pensato di giocarmi uno strano tiro utilizzando una delle mie frecce.
- Frecce che non avresti nemmeno dovuto avere con te visto che si supponeva che le signore fossero impegnate con i falconi.
- Ma se un cervo impazzito fosse sbucato dagli alberi chi avrebbe potuto abbatterlo?
Il re scosse il capo: - Dovresti imparare a morderti la lingua, comunque è una bellissima preda.
Annuii.
Falke mi si avvicinò: - Ottima caccia.
Gli assestai un pugno sulla spalla. Poi mi voltai: avevo bisogno di tornare nelle mie stanze perché l’eccitazione della giornata mi aveva fatto dimenticare tutto il resto, ma ora che ero rientrata avevo dei crampi tremendi. Raggiunsi la mia stanza e cercai nella mia bisaccia le erbe medicinali che avevo già sperimentato in precedenza. Mi cambiai indossando una sopratunica più comoda rispetto a quel corsetto striminzito e scesi nelle cucine domandando ad una serva se gentilmente potesse preparare un decotto con quelle erbe. La donna, certamente non abituata a vedere una persona nobile scendere nelle cucine non sapeva come comportarsi. Mi sedetti accanto al focolare mentre aspettavo che l’acqua bollisse.
- Mia lady, prendete posto su una sedia.
- Grazie, ma io vengo dal sud, oggi ho conosciuto l’umidità delle vostre terre e il tepore del fuoco mi ristora.
- Mia signora, siete sicura?
- Qual è il tuo nome?
- Anna. – Rispose porgendomi una tazza di acqua bollente in cui misi le erbe.
- Grazie Anna, mi hai fatta sentire a casa. La mia balia credo che senta la mia mancanza io di certo sento la sua.
La donna mi accarezzò la testa, poi si fermò: - Scusate, io non volevo, non dovevo.
Le sorrisi: - Perché? Non hai fatto nulla di male, anzi, era proprio ciò di cui avevo bisogno, vivere qui è così complicato, la regina è una donna fantastica, il re è simpatico, ma il resto della corte è vomitevole.
Anna scoppiò a ridere: - Avevo sentito chiamare il re in tanti modi diversi, ma simpatico mi mancava. Me lo ricordo quando da bambino correva qui in cucina a prendere un biscotto per sé ed uno per suo fratello, sono sempre stati così legati.
Sorseggiai con calma il mio decotto.
- È  strano, come avete fatto a capire che sono una ragazza? Fino ad ora avevo ingannato quasi tutti.
- Allora mi sa che sono tutti ciechi, con quei lineamenti e quelle forme cos’altro potreste essere?
- Anna ti disturberei se tornassi a trovarti?
- Andate a riposarvi ora, sembrate esausta, ma cosa avete fatto oggi?
- Ho fatto finta di non aver ucciso un capriolo, quando lo cucinerete credo che troverete la punta della freccia piantata alla base del collo.
Le dissi strizzandole l’occhio ed alzandomi.
- Siete una dama ben strana.
- Non sono una dama e nemmeno un lord. Non so nemmeno io cosa sono, per il momento sono solo esausta.
Mi ritirai in camera mia e crollai sul letto.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Nei giorni seguenti mantenni un basso profilo: mi limitai ad accompagnare la regina qualche ora al giorno, per il resto la lasciavo a ricamare con le sue dame; d’altra parte lei non mi richiedeva una presenza costante, anche perché avrebbe rischiato di perdere la metà delle sue Lady da compagnia, come le chiamavo io, offese dalla mia totale mancanza di tatto e completa schiettezza. Trascorrevo il resto del tempo a leggere: avevo trovato un posticino tranquillo sul lato orientale delle mura interne, si trattava di un angolo sotto il torrione di guardia ormai in disuso. Lì nessuno mi vedeva e potevo passare le ore leggendo i testi che trovavo nella grande biblioteca del palazzo, l’avevo scoperta il mattino successivo alla caccia mentre mi aggiravo per i corridoi, avevo trovato numerosi tomi di una noia mortale che parlavano di genealogie o di leggi e norme di cui ormai si era persa consuetudine, poi avevo trovato libri di botanica ed avevo iniziato a studiare le erbe descritte in quei libri non molto differenti rispetto a quelle che avevamo noi al sud, forse un po’ più selvatiche, tuttavia man mano che sfogliavo libri diversi mi resi conto che alcune erbe disegnate e descritte non le avevo mai viste e che piante che da noi erano molto comuni come l’aloe qui erano davvero poco diffuse.
Una mattina, mentre stavo leggendo rintanata nel mio cantuccio, mi trovai di fronte Flake: - Ecco dove vai sempre a nasconderti, leggi qualcosa di interessante?
Gli mostrai il frontespizio e fece una smorfia: - Che noia.
- Ignorante. – Sorrisi scuotendo la testa. - Cosa vuoi? – ripresi.
-  In piazza c’è il mercato, ti va di fare un giro?
- Non devi allenarti? Non devi studiare? Non devi scortare tuo fratello in nessuna delle incombenze di corte?
Flake sbuffò: - Il mio istruttore si è slogato una caviglia, il mio istitutore ha l’influenza e mio fratello mi ha spedito fuori dai piedi.
Parlandomi era rimasto in piedi di fronte a me ed ora mi porgeva la mano per aiutarmi ad alzarmi, un vero cavaliere!
Quando gli porsi la mano fui percorsa da una strana sensazione e, appena in piedi, la mollai immediatamente.
A dispetto dei giorni precedenti uggiosi e freddi, la giornata era splendida, ormai l’autunno era alle porte e un tappeto di foglie gialle si estendeva nel parco fuori dalla cinta muraria più interna.
Il palazzo aveva una struttura particolare: tra la cinta muraria esterna e quella interna si sviluppava un parco, questo permetteva di lasciare fuori dal palazzo gli schiamazzi e le urla del mercato, ma in caso di pericolo, consentiva ai cittadini di trovare rifugio in un luogo più protetto.
In tempi di guerre passate più di una volta gli abitanti della capitale si erano trovati ad abbandonare case ed averi per popolare il parco del re.
All’interno del palazzo sembrava di stare dentro una bolla, ma fuori la vita scorreva irrefrenabile, il mercato era sterminato e si estendeva dalla piazza centrale in tutte le viuzze laterali. Io mi muovevo come una falena impazzita accanto ad un lampadario, tra una bancarella e l’altra: trovai pugnali affilatissimi e daghe leggere, fui affascinata da un arco che grazie ad un leggero contrappeso ed un’impugnatura in osso che ricalcava la forma delle dita, risultava molto più equilibrato del normale. Ad un tratto mi sentii stringere la mano ed avvertii di nuovo quella scossa che avevo sentito in precedenza.
- Il mercato è grande e tu stai girovagando avanti e indietro, se ti perdo la regina mi fa scorticare.
 Si giustificò Flake.
In realtà il contatto non mi infastidiva perciò lo lasciai fare.
Finalmente raggiungemmo una bancarella in cui vendevano oggetti in cuoio, tra essi vidi due bracciali gemelli che si differenziavano solo per l’intaglio: - Flake, pensi che a Gianfar e Luke potrebbero piacere?
Flake li osservò attentamente ed annuì, poi prese una collana a cui sembrava attaccata una punta di freccia, in realtà si trattava di una scheggia di avorio, e me la legò al collo senza parlare.
Ero un po’ imbarazzata, così cercai un altro bracciale che si adattasse a lui e ne trovai diversi intrecciati ognuno aveva una lavorazione lievemente differente, ma in realtà si somigliavano molto, li osservai attentamente e ne scelsi uno legandoglielo al braccio prima che potesse anche solo aprire bocca.
Il mercante spalancò gli occhi e Flake lo fulminò con lo sguardo. Pagammo rapidamente i monili e ci avviammo a palazzo. Flake era curiosamente silenzioso.
- Mi spieghi cosa ti prende?
- Niente, cerca di allungare il passo o faremo tardi per la cena.
Camminammo in silenzio fino al parco del palazzo, ma prima di varcare la porta che conduceva alla cittadella centrale lo presi per una spalla e lo strattonai, era di tutta la testa più alto di me e se avesse voluto avrebbe potuto tranquillamente voltare le spalle  e proseguire, ma si fermò.
- Senti io non volevo offenderti con un regalo così scadente, se non ti piaceva potevi non accettarlo, non ho minimamente pensato che tu sei su un altro livello e che quindi la cosa potesse infastidirti.
- Non mi ha infastidito il regalo, anzi, il fatto è che le ragazzine sciocche non dovrebbero compiere gesti impulsivi senza conoscere il significato delle tradizioni del luogo in cui si trovano.
- Cosa vorrebbe dire? Non puoi essere un po’ più esplicito?
- Oh, tranquilla, lo scoprirai a cena, il tuo dono non passerà di certo inosservato.
Detto ciò si voltò e tornò a palazzo.
Durante la cena io sedevo come sempre di fronte alla regina e le narrai della mia escursione al mercato, poi, ad un tratto sentii la voce tonante del re : -Ohohoh, cosa vedono le mie fosche pupille, una fanciulla ti ha incatenato eh fratellino?
A quelle parole mi voltai verso Flake e vidi che il re teneva ben sollevato il braccio su cui io avevo legato il nastrino di cuoio. Fu in quel momento che mi accorsi che anche il re ne indossava uno, così come tutti gli uomini sposati presenti, prima sbiancai e poi mi sentii avvampare, mi si contorse lo stomaco e non riuscii a mandare giù il boccone che stavo masticando.
La regina si accorse che c’era qualcosa che non andava e mi versò un po’ di vino, poi si rivolse verso Flake: - Allora, quando mi farai conoscere la mia futura cognata?
A quel punto il vino che avevo appena deglutito mi andò di traverso e cominciai a tossire come una forsennata.
- Altair, stai bene?
Annuii a stento e cercai di ricompormi, avevo le lacrime agli occhi e vedevo che Flake stava ridendo come un matto.
Gli feci un cenno e utilizzando solo il labiale dissi: - Considerati morto.
Conclusa la cena accompagnai la regina nelle sue stanze e lei propose una partita a scacchi. generalmente ero abbastanza brava in quel gioco, mi piaceva l’idea di costringere un re alla resa, ma quella sera la mia testa vagava in altre direzioni.
- Altair, non si concentrata, hai nuovamente lasciato la tua regina scoperta, devo forse iniziare a preoccuparmi?
- No, no, scusatemi, maestà è che sono sovrappensiero.
- Lo immagino, tu non avevi idea del significato del braccialetto, vero?
- Come fate a sapere che glielo ho regalato io?
La regina scoppiò a ridere: - La tua reazione a cena mi è parsa abbastanza eloquente e non mi è sfuggito nemmeno il modo in cui ti guarda Flake.
- In che senso?
- Ma quanto sei ingenua ragazza mia? Credo che a Flake abbia fatto piacere che tu gli abbia fatto quel regalo, ma penso che si sia irritato per il fatto che tu non conoscessi la tradizione, chissà, forse in fondo sperava che tu volessi davvero legarlo a lui.
- Ma io avevo fatto un regalo a Luke e Gianfar, lui mi aveva preso questo ciondolo, mi sembrava scortese non donargli qualcosa e quel bracciale mi sembrava perfetto per lui.
- Sai perché i bracciali di legame sono tutti simili, ma al contempo differenti? Perché ogni uomo è diverso e solo la sua compagna sa quale è il bracciale più adatto a lui.
La fissai senza parlare, poi abbassai lo sguardo sulla scacchiera e mi resi conto che non mi restavano ulteriori mosse.
- Scacco matto, Altair, ora vai a dormire e cerca di essere meno impulsiva, credo che un giorno arriverai a capire se quel bracciale ha un significato particolare anche per te e a quel punto dovrai decidere che via intraprendere.
Mi congedai ancora più confusa di quanto lo ero stata prima e passai la notte agitata da sogni strani di cui, però, al mattino avevo perso memoria.  

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Quella mattina mi alzai col sorriso sulle labbra: era l’ultimo giorno come dama di compagnia, dalla mattina dopo sarei stata libera di tornare a casa di zia Mab e di ricominciare la mia vita di tutti i giorni allenandomi con Gianfar e Luke, vestendomi con abiti più comodi e senza il giogo dell’etichetta di corte al collo.
Infilai una tunica verde che mi avevano fatto trovare in camera la sera prima, allacciai il corsetto ed infilai gli stivali, la giornata era di nuovo uggiosa e così mi preparai a trascorrere un’altra eterna mattinata ad ascoltare le chiacchiere delle dame di compagnia della regina che ricamavano i loro corredi mentre io mi sedevo ostinatamente in un angolo vicino alla finestra a leggere un libro, qualche sera prima ero riuscita a trovare un erbario contenente piante che non avevo mai visto e così quel giorno avevo intenzione di dedicarmi alla lettura.
Quando scesi per colazione sembrava che ci fosse più movimento del solito, ma mi diressi in cucina alla chetichella e salutai              Tiana che stava impastando un pasticcio per il pranzo, mi indicò con un cenno di servirmi perché stava redarguendo una servetta che non aveva ancora spiumato i polli.
- Allora mia signora, vi vedo di buon umore oggi.
- Tiana, ti ho già detto di non chiamarmi mia signora, mi sento ridicola, chiamami Altair come fanno tutti.
La donna aggrottò le sopracciglia: - Non ci penso neanche, che ne sarebbe del rispetto che vi devo? E pulitevi la faccia che avete la marmellata sul viso ed i baffi di latte!
Mi pulii velocemente con uno straccio e le schioccai un bacio sulla guancia: - Sei fenomenale, hai idea del motivo per cui ci sia tutto questo trambusto?
- No, so solo che ci sono ospiti, che quella è la colazione della regina e che quella sciocca di Tilly che doveva portargliela è ancora lì a spennare le galline.
- Se vuoi io spenno i polli così Tilly può portare la colazione alla regina.
La cuoca sollevò un sopracciglio: - No, signorina, andate voi a portare la colazione alla regina.
- Sembra quasi un ordine. – ribattei ridendo ed infilandomi un acino d’uva in bocca, poi presi il vassoio con la colazione della regina e saltai sui gradini a due a due come facevo di solito. Quando arrivai di fronte alla porta non potei fare a meno di ascoltare le voci all’interno visto che la discussione era animata: - Non potete assolutamente fare una cosa del genere, verreste meno alla vostra parola, alla parola che avete dato di fronte alla corte.
- Quella ragazzina mi ha messo in una situazione davvero imbarazzante, suo padre potrebbe toglierci il sostegno delle terre del sud o peggio ancora potrebbe decidere di muoversi contro di noi, non ho nessuna intenzione di impegnare la popolazione in una guerra per colpa dei capricci di una mocciosa.
Cavolo, quel testone di mio padre cosa diavolo aveva combinato? Avevamo sempre gestito le nostre questioni fra di noi senza estranei, certo in effetti la prima a sbagliare ero stata io, ma possibile che non riuscisse proprio a rassegnarsi al fatto che volevo vivere la mia vita?
Bussai ed il re spalancò la porta: - Capiti al momento giusto ragazzina, tuo padre mi ha mandato questa.- Mi ringhiò contro lanciandomi una lettera.
 
Vostra Maestà,
mi sono messo in cammino non appena ho ricevuto la missiva con la quale mi si comunicava l’Emancipazione di mia figlia Altair, vi prego di ritornare sulla vostra decisione, se mi accoglierete sarò a palazzo nella tarda mattinata per discutere con voi la situazione0.
Sir Malcolm Warran di Salmontrout
 
Stropicciai la lettera: - Testardo – ringhiai – vecchio testardo, non poteva lasciarmi vivere, doveva a tutti i costi intromettersi.
Il re mi guardò stupito: lacrime di rabbia mi rigavano il volto.
- è  tuo padre, non puoi parlare così di lui. – la regina era sconvolta dal mio atteggiamento.
- So che è mio padre e lo amo più di me stessa, darei la mia vita in qualunque momento per la sua, ma in questa faccenda lui non ha più voce in capitolo, non mi riporterà a casa, perché se voi Sire non manterrete la parola io fuggirò di nuovo e giuro che nessuno sarà in grado di trovarmi.
Mi voltai e feci per andarmene, ma mentre ero sulla porta il re mi chiamò: - Altair, ho dato la mia parola e poi se non sbaglio tu devi restare qui a corte al mio servizio per i prossimi due anni, perciò possiamo dire che la decisione è rinviata, ne parlerò con tuo padre e sono certo che anche lui concorderà, ritengo però necessario che anche tu parli con lui e questo non è un invito, è un ordine.
La mia ultima giornata di castigo da tranquilla e spensierata si era trasformata in un incubo. Rientrai in camera mia, non avrei dato a mio padre la soddisfazione di vedermi vestita da donna a fare da dama di compagnia alla regina, sarebbe sembrata una sconfitta.
Cercai gli abiti che avevo usato la settimana precedente per la caccia, ma non li trovai. Mi recai dalla mia signora che ancora era impegnata nella sua toeletta.
- Dimmi Altair. -  Disse senza nemmeno aprire gli occhi che una delle sue dame stava dipingendo con una sostanza di un tenue verde.
- Maestà, mi chiedevo se fosse possibile per me indossare degli abiti più …
- Cosa c’è Altair, le vesti da dama da compagnia che ti ho fatto avere ieri sera non sono di tuo gradimento?
Le mie guance si imporporarono e cominciai a sentire caldo e sudare anche se in realtà la temperatura della stanza non era così elevata. – No, io, è che …
La regina si lasciò sfuggire una risata cristallina: - Avrei voluto dartelo stasera, - affermò indicando un involto appoggiato su una cassapanca - ma a quanto pare non è il caso di aspettare, voglio vedere come ti sta, perciò fila in camera tua e cambiati.
Presi l’involto e chinai la testa, speravo solo che questa volta l’abito non avesse pizzi e merletti o sarebbe davvero finito come quello del torneo: ridotto in stracci.
Mi sedetti sul letto, inspirai ed aprii la carta da pacco. I calzoni erano stretti di velluto nero, la camicia era di raso azzurro e la sovra tunica, di cuoio ammorbidito, era coordinata con i guanti che lasciavano libere le dita: perfetti per tirare con l’arco e gli stivali alti fono al ginocchio. Era semplicemente eccezionale, c’era anche una cintura a cui attaccare il fodero della spada. In un attimo fui pronta e mentre finivo di sistemare la cinta scivolarono fuori dall’involto anche due pettinini per capelli: erano semplici, ben diversi da quelli con cui le dame amavano ornarsi pieni di gemme e pietre luccicanti, si trattava di pettinini in avorio che culminavano con una punta di freccia, rappresentavano esattamente il mio carattere, mi spazzolai i capelli e cercai di sistemarli al meglio in modo che mi tenessero lontani i capelli dal viso, poi mi diressi nella sala da cucito della regina.
- Oh, Altair, eccoti!
Le altre dame vedendomi entrare strinsero le labbra in un’espressione contrariata che ormai mi era diventata talmente familiare che la consideravo come un saluto.
Mi inchinai di fronte alla regina come avrebbe fatto un cavaliere perché senza abiti femminili non mi era richiesta la riverenza e lei mi prese il volto tra le mani: - Non hai ancora imparato ad acconciarti i capelli – sospirò con un moto di afflizione e mi sistemò i pettinini in modo che due ciuffi scendessero ad incorniciarmi il viso e gli altri capelli sembrassero raccolti.
- Ecco, così va molto meglio. Altair, oggi siederai a tavola a fianco di lord Flake alla tua destra si troverà sir Gianfar, vista l’occasione ho reputato opportuno invitarlo a pranzare con noi, si tratta di un pranzo per pochi commensali, a cui saranno presenti anche Lord Warran di Salmontrout  e Sir Fairy di Cowship.
Mi sfuggì un’imprecazione: ci mancava anche il padre di Gianfar a complicare la situazione.
- Altair, questo linguaggio da caserma non è consentito nella mia sala da cucito, pensavo che ormai ti fosse chiaro.
- Perdonatemi Maestà, è che se già è difficile ragionare con mio padre col padre di Gianfar non si può nemmeno iniziare a parlare. è un borioso, un pallone gonfiato, è convinto di saperla sempre più lunga di tutti, vi prego di distanziarci il più possibile a tavola, non vorrei che ne uscisse fuori un pasticcio.
La regina alzò gli occhi al cielo: - Tranquilla, il sovrano ha garantito a tuo padre e al padre di Gianfar il posto d’onore alla sua destra, sarete sufficientemente distanti da non iniziare una lite durante il convivio.
Quando sentii lo scalpiccio dei cavalli nel cortile interno presi congedo dalla regina che sarebbe andata a cambiarsi per il pranzo e scesi di sotto.
Gianfar mi guardò mesto: aveva gli occhi arrossati come se avesse pianto, gli strinsi il braccio: - Coraggio amico mio, troveremo una soluzione anche per questa situazione.
- Altair, tu non capisci, mio padre mi trascinerà a casa e mi costringerà a sposare una dama di qualche contea vicina, per lui è solo una questione di calcolo: lui vuole allargare i propri possedimenti e questo è quanto, di quello che penso o provo io non gliene importa nulla.
Il suo sconforto era palpabile e lo sguardo cupo di Luke, che si stava occupando dei cavalli, mi lasciava intendere che oltre alle lacrime la sera prima ci fosse stato anche un litigio furioso.
Conoscevo Luke, era ostinato almeno quanto me, e probabilmente aveva messo Gianfar di fronte all’evidenza dei fatti: la loro storia era impossibile.
Flake ci raggiunse e si rese immediatamente conto che l’atmosfera era molto pesante, perciò, strano a dirsi, rimase in silenzio ad osservare la situazione.
In quel momento mi resi conto che forse una soluzione c’era, ma avevo bisogno del sostegno di Flake.
- Gianfar, forse ho un’idea, mentre ne discuto con Flake cerca di ammansire Luke, mi fa male vederlo così nero.
Feci un cenno al fratello del re che mi raggiunse: - Flake, vado subito al sodo, abbiamo bisogno di tempo, io starò qui per almeno due anni questo è ciò che mi ha garantito tuo fratello sia come cavaliere della regina sia come tuo compagno d’armi. Ho bisogno che tu richieda che anche Gianfar resti qui come tuo compagno d’armi e che Luke ci segua come scudiero, non credo che tuo fratello ti negherà questo favore.
Lo sguardo di Flake si fece glaciale: - Perché dovrei aiutarlo? E perché non te lo sei sposato visto che ci tieni tanto?
L’atteggiamento di Flake mi stupì, cosa diamine gli prendeva?
- Sai benissimo perché. Una donna passa dal padre al marito come se fosse un oggetto e io non ho nessunissima intenzione di fare quella fine.
- Quindi non ti sposerai mai? – Non mi piaceva il suo tono beffardo.
- No, se posso evitarlo, ma quando mi toccherà fare quella scelta e prima o poi succederà voglio farla alle mie condizioni.
- Quindi questo per te non vuole dire nulla?
Arrossii violentemente vedendomi sbattere in faccia il braccio con il laccetto di cuoio legato.
- Non sapevo che avesse quel significato e tu dovevi dirmelo.
- Forse non volevo dirtelo, forse pensavo che volessi farmi capire che ti piaccio, forse, bah, non lo so nemmeno io.
Gli toccai il braccio: - Flake tu mi piaci e molto anche.
- Io ti piaccio come ti piace la regina, come ti piacciono cavalli e falconi o come ti piacciono Luke o Gianfar?
Adesso stavo iniziando a capire e anche ad irritarmi, come poteva fare dei paragoni simili?
- Cosa vuoi che ti dica? Che sono innamorata di Luke o di Gianfar? Loro per me sono come fratelli e credo che abbiano abbastanza problemi sentimentali tra loro senza che qualcuno gli metta in testa strane idee.
Solo in quel momento mi resi conto di ciò che avevo detto e mi morsicai la lingua: avevo esposto il segreto dei miei migliori amici in un impeto di rabbia.
- Flake ti prego non dirlo ad anima viva. 
- è la prima volta che ti sento domandare una cosa con tanta veemenza – mi attaccò con astio.
- Ma si può sapere cosa vuoi da me? – gli ringhiai contro.
Mi prese per il braccio e mi trascinò dietro il muro di cinta della scuderia, mi guardò dritta negli occhi, si avvicinò e sentii il suo fiato sulla guancia, premette le sue labbra sulle mie, le mie gambe si fecero di burro e sentii una sensazione strana come se il mio stomaco stesse facendo una capriola.
Si staccò e vidi che era rosso in volto, dal calore che sentivo la mia faccia doveva avere lo stesso colore, voltò le spalle e se ne andò.
Mi appoggiai al muro e mi lasciai scivolare a terra seduta.
Quando le orecchie smisero di ronzarmi e comincia a sentire l’aria che mi rinfrescava le guance paonazze mi rimisi in piedi, appena in tempo per vedere due cavalieri incedere nel cortile.
Il re e la regina erano accanto all’ingresso, Flake se ne stava con le braccia conserte accanto al fratello e Gianfar poco distante dalla regina, in mezzo c’era un posto vuoto: il mio, mi affrettai a raggiungere la compagnia e mi fermai accanto a Gianfar stringendogli il polso per infondergli coraggio.
I due lord scesero dalle loro cavalcature ed ossequiarono i sovrani, io e Gianfar chinammo il capo come gesto di saluto.
Il re strinse il braccio ai due uomini, poi mio padre mi si avvicinò e mi strinse in uno di quegli abbracci ruvidi che mi regalava quando ero piccola: - Bambina, quanto mi hai fatto preoccupare . - Poi mi prese per la collottola e mi diede un calcio nel sedere come ai vecchi tempi.
Capii in quel momento che c’erano gli estremi per ottenere quello che desideravo.
La regina rimase completamente allibita di fronte a quello strano tipo di effusioni. Dal canto suo Gianfar aveva tenuto lo sguardo basso e non aveva nemmeno rivolto una parola a suo padre.
- Miei signori, spero che non abbiate ancora mangiato nulla perché la colazione sarà lauta e soddisfacente disse il re accompagnando mio padre e il padre di Gianfar nel salone da pranzo.
A differenza del solito i tavoli erano stati distanziati cosicché solo una decina di persone sedessero al tavolo reale, la regina madre aveva preferito restare a consumare il pranzo nelle sue stanze e, dalla parte opposta del tavolo, di fronte a me, si trovavano le uniche due dame della regina che non mi facevano venire voglia di prenderle a sassate ogni volta che parlavano: erano due sorelle tranquille e timide che erano state mandate a corte dalla madre perché trovassero un buon partito per accasarsi. Non erano belle, ma erano gentili e da loro non era mai arrivata una sola parola scortese nei miei confronti, anzi sebbene io non fossi stata particolarmente cortese loro avevano cercato anche di interessarsi ai libri che leggevo rinunciando però quasi subito a seguirmi quando avevo cominciato a parlare di come una certa erba evitava alle ferite di suppurare o come un’altra fosse utile nello stimolare il travaglio di una cavalla gravida.
Sedere accanto a Flake mi metteva in agitazione e non riuscivo a tenere ferme le gambe.
- Altair, se continui ad agitarti in questo modo mi costringerai a farti legare alla sedia.
Flake drizzò le orecchie: - Mi offro volontario per l’ingrato compito – ghignò.
Le due dame ridacchiarono e quella fu in assoluto la prima volta che mi venne voglia di infilare loro in bocca un cosciotto di prosciutto intero, mi trattenni e stiracchiai un sorriso, poi mi rivolsi alla regina con un sussurro: - Non fategli venire in mente idee strane perché Sir Flake  - e calcai l’accento sul Sir – ha già ritenuto opportuno prendersi libertà che nessuno gli aveva concesso.
La regina spalancò gli occhi poi mi rispose in un sussurro: - Tu hai aperto la porta il giorno del torneo.
- Solo perché non c’erano altri maschi a portata di mano.
La regina ridacchiò e rispose a voce un po’ più alta: - Te ne potrei enumerare almeno tre che erano altrettanto vicini.
Feci mente locale: quel giorno accanto a me c’erano Flake, Gianfar, Luke e un altro ragazzo magro ed allampanato che sembrava perennemente sul momento di addormentarsi.
- Maestà, magari ne parliamo stasera durante la nostra consueta partita a scacchi, che ne dite?
La regina sorrise e batté le mani: - Eccellente, così sicuramente la vittoria sarà mia, quando sei distratta da certi pensieri giocare con te diventa oltremodo semplice.
Finsi che la battuta fosse divertente e, senza guardare, allungai la mano per prendere la caraffa del vino. Mi sentii sfiorare il dorso e senza nemmeno voltarmi seppi che quello era il dito di Flake, una sorta di scossa mi attraversò il braccio e lo ritirai istantaneamente come se mi fossi scottata.
Il fratello del re si avvicinò al mio orecchio e mi sibilò un: - Guarda che non mordo. – Mi vennero le orecchie rosse e lui ricevette un pestone col tacco dello stivale che lo rese tranquillo per qualche momento.
Dall’altro lato del tavolo intanto sembrava che mio padre, il padre di Gianfar e il re se la intendessero alla grande perché stavano ridendo come matti, quando mi resi conto che il re stava raccontando dettagliatamente a mio padre le precedenti due settimane mi sentii sprofondare.
Le due dame di compagnia della regina cercavano di civettare sia con Gianfar che con Flake, ma solo quest’ultimo dava loro corda e la cosa cominciò ad infastidirmi, così, mentre le due ridacchiavano per una battuta del principe io mi sporsi e gli soffiai nell’orecchio: - Sei crudele a giocare con loro se non ti interessano.
Lui si voltò di scatto gli zigomi e la radice del naso incandescenti, non l’avevo mai visto così imbarazzato e mi ritrassi.
Cancellò l’imbarazzo in un secondo e con la sua aria indifferente mi rispose: - Un po’ di divertimento non ha mai ucciso nessuno, se loro sono consenzienti non c’è nulla che ci vieti di godere della nostra gioventù, non credi?
Lo guardai con sufficienza: - Credi sinceramente che sarebbe un divertimento? Le fanciulle in età da marito pensano ad una cosa sola e trovano sempre il modo di ottenere quello che desiderano, fossi in te ci farei attenzione, le capacità manipolatorie e calcolatrici delle dame di tua cognata e delle loro madri sono smisurate.
Le due fanciulle fortunatamente erano riuscite a fare breccia nel pessimo umore di Gianfar ed avevano tirato fuori quella parte di lui che lo rendeva così amabile perciò non si resero conto dello scambio di battute tra me e Flake il quale si incupì e si chiuse in un ostinato mutismo.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Il pranzo si protrasse a lungo e, prima che la regina si ritirasse, presi congedo dichiarando che avrei fatto una passeggiata nel parco: intendevo trovare alcune di quelle piante  di cui avevo letto nel libro e che ero quasi sicura di trovare nella serra ad ovest del palazzo, dietro le scuderie. Passare accanto al ricovero dei cavalli mi riporto` alla mente gli avvenimenti di quella mattina e oltrepassai quel luogo che mi provocava tanto imbarazzo quasi di corsa.
Entrai nella serra e rimasi in silenziosa contemplazione: la varieta` floreale era tale da lasciare davvero senza fiato: accanto a piante comuni ve ne erano altre rarissime e, senza dubbio, in mezzo a quella moltitudine, alcune dovevano essere letali. Cominciai ad aggirarmi pentendomi immediatamente di non aver portato con me l'erbario o per lo meno un taccuino. Mi ci volle un po' per orientarmi e capire esattamente come fosse organizzato il tutto, ma me ne resi conto quando, giunta al fondo della serra, sentii i profumi delle mie terre. Osservai con maggiore attenzione la forma della costruzione e mi resi conto che era disposta da sud a nord  e doveva avere approssimativamente la medesima forma del regno: in corrispondenza dei punti cardinali si trovavano le erbe piu` tipiche di un determinato luogo, era stupefacente e senza dubbio era stato un lavoro certosino  quello compiuto da chi aveva creato quella serra.
- Vedo che i profumi della tua terra ti hanno attirata fino qui.
La voce proveniva dall'altra parte di un paravento, era una voce di donna dura ed altera.
-  Mi dispiace di essere entrata senza permesso, ma ho letto sull'erbario di piante che non conoscevo e volevo vedere se avrei potuto trovarle qui.
- Hai soddisfatto la tua curiosita`?
La voce sembrava affilta come un coltello, ma il mio senso del pericolo entrava sempre in funzione un minuto dopo che la bocca aveva iniziato a parlare.
- Si` e No, ho letto di alcune erbe come l’aconito ma non lo vedo.
- Ragazzina se conosci quella pianta ne conosci certamente anche l'uso e sai che certe piante e` bene non lasciarle in luoghi facilmente raggiungibili, soprattutto a corte.
- Vi chiedo scusa, sono stata sfacciata.
- Come sempre Altair di Warren, come sempre, mi chieddo se con la guida di una brava madre saresti stata comunque cosi` refattaria alle buone maniere o se invece Lady Gwen sarebbe riuscita a civilizzarti.
Non capivo chi era qulla donna che parlava con tanta leggerezza di me e della mia famiglia.
- Non vedo come questa cosa possa riguardarvi.
- Mi riguarda eccome - disse la donna sconosciuta alzando il tono di voce  - Mi riguarda perche` una sciacquetta del sud come te con la sua sciocca testolina piena di idee assurde sulla prorpria capacita` di comportarsi come un uomo non ricevera` mai la mia approvazione.
Stavo per rispondere che io della sua approvazione me ne infischiavo allegramente come di quella di tutto il resto del mondo quando da dietro il paravento finalmente usci` la proprietaria della voce.
- Tu non avrai mai Flake, impediro` la vostra unione con tutte le mie forze . - Affermo` la regina madre fissandomi con glaciale odio.
Anche se il buon senso mi avrebbe suggerito di non proferire verbo ed andarmene con la coda tra le gambe non riuscii a trattenermi: - Credo che Flake abbia raggiunto quell'eta` in cui i consigli dei genitori vengono presi alla lettera, ma in senso inverso e in caso non l'aveste ancora capito ora che sono riuscita a prendere in mano la mia vita non ho nessuna intenzione di rinunciare alla mia liberta`.
- Sciocca ragazza, tu non hai nemmeno idea di cosa sia davvero la liberta` e sei tanto convinta di essere libera quando prorpio in questo momento nelle camere private del re si sta decidendo il tuo futuro. - La risata sarcastica della donna mi fece infuriare, uscii dalla serra sbattendo la porta e mandai in frantumi uno dei vetri.
Quella vecchia bisbetica, cosa voleva dalla mia vita? Cosa importava a lei di me e del mio rapporto con Flake, che razza di madre possessiva era? Temeva che potessi attentare alla virtu` del suo "bambino"? E se anche fosse stato? Flake era grande abbastanza per compiere le sue scelte e anche io. Mi resi conto che da quella mattina ogni singola cosa a cui avevo pensato mi aveva ricondotto a Flake, ma che cavolo, si` era carino, molto carino ed era simpatico, sicuramente ci sapeva fare con le parole e una piccola parte della mia mente continuava inesorabilmente a tornare a quella mattina.
Mi allontanai a passo di marcia e mi fermai alle scuderie, mi diressi verso il box della mia giumenta e cominciai a strigliarla. I cavalli avevano sempre avuto il potere di calmarmi, fu li` che mi trovo` Luke .
- Eccoti! Ti ho cercato ovunque, mi ha mandato tuo padre. Vuole parlarti prima di cena.
Annuii, diedi due pacche di saluto alla cavalla e seguii Luke mentre le ombre della sera cominciavano a distendersi.     
Il re si era dimostrato generoso come sempre ed aveva offerto a mio padre e a sir Fairy di restare a palazzo per tutto il tempo che avessero desiderato. Le stanze destinate ai due nobiluomini si trovavano in un’ala della corte diversa rispetto a quella che occupavo io e che non avevo mai visitato.
- Gianfar ed io torniamo da Mab, meno tempo sta vicino a suo padre e meglio è, noi ci vediamo domani. – Disse Luke stringendomi il braccio per salutarmi.
Mi lasciò sulla porta e bussai, dall’interno la voce di mio padre berciò un – Entra!
E così mi apprestai ad ascoltare cosa quegli uomini avevano deciso per me ben consapevole del fatto che se la decisione presa non mi avesse soddisfatta avrei fatto i bagagli e me ne sarei andata quella notte stessa senza che nessuno se ne accorgesse e questa volta da sola, anche se lasciare Luke e Gianfar mi dispiaceva, ma mi sarebbe dispiaciuto andarmene anche per una altro motivo che non avevo tuttavia ancora il coraggio di ammettere nemmeno di fronte a me stessa.
L’uomo curvo che stava di fronte al camino non assomigliava nemmeno lontanamente all’orso buono che mi caricava sulle spalle quando ero bambina.
- Altair, perché sei arrivata a tanto? Hai idea del tormento folle che mi ha colto quella mattina quando Anna è corsa in lacrime a dirmi che non eri nel tuo letto?Non puoi capire cosa ho provato quando ho letto la tua lettera mentre stritolavo la treccia dei tuoi capelli che avevi lasciato sul tavolo: ero furioso, volevo prenderti e trascinarti indietro a calci, volevo farti pentire di essere nata, ma poi mi ha colto l’apprensione, non mi sarei mai perdonato se ti fosse accaduto qualcosa per la mia testardaggine.
Ho organizzato le squadre di ricerca, ma eravate stati troppo veloci e per il  momento in cui tutto era pronto per venirvi a scovare voi probabilmente eravate già molto lontani.
Così ho pensato che non appena ti fossi stancata di questa buffonata saresti tornata a casa da sola rendendoti conto di quanto fossi stata sciocca, ma i giorni passavano e di te non c’erano notizie. Di giorno fingevo di ignorare la situazione anche se Fairy continuava ad insistere che venissimo a prendervi per trascinarvi a casa per le orecchie se necessario, ma le notti erano eterne e mi immaginavo tutte le peggiori cose che avrebbero potuto succederti. In una di quelle notti insonni in cui vagavo per il castello senza sapere cosa fare Anna mi disse: - Altair sta bene, tornerà.
Ci avevo quasi creduto e invece mi sono visto recapitare una pergamena con il sigillo del sovrano in cui si dichiarava che tu eri Emancipata dalla potestà paterna. Mi sono sentito tradito, come avevi potuto arrivare a tanto? Davvero mi odiavi così? Non ci ho nemmeno pensato, sono partito subito.
Non era normale che mio padre facesse discorsi tanto lunghi. Lessi l’angoscia di quei giorni passati dipinta sul suo viso e mi sentii colpevole come un cacciatore di frodo scoperto con il carniere pieno di pernici.
Non dissi nulla, lo avvolsi solo in un abbraccio appoggiando la faccia dietro il suo collo in un angolo particolare che ricordavo dall’infanzia essere morbido, un punto a metà strada tra la nuca e l’orecchio.
Appoggiò una delle sue enormi mani sulle mie.
- Bambina, bambina, ti rendi conto che ho passato la mia vita a cercare di renderti felice e di proteggerti ed ora ti sei lanciata nella bocca del leone?
- Forse avete ragione, ma è stata una mia scelta.
- Altair, la corte è spietata e io non posso proteggerti, tu stessa ti sei messa al servizio del re e non c’è più nulla che io possa fare per cambiare le cose.
Sbuffai: - Era esattamente quello che volevo, voi mi volevate rinchiudere in una magione a tirar su marmocchi, vi sembra la vita adatta a me?
- Io ti volevo al sicuro! – urlò mio padre alzandosi in piedi.
- Sono perfettamente in grado di difendermi se è questo che vi preoccupa! Ve l’ha detto il re che al torneo mi sono classificata seconda?
- Certo e Gianfar mi ha anche detto che ti sei quasi fatta ammazzare per difendere una ragazzina che stava per essere violata.
Mi irrigidii, quello spione di Gianfar me l’avrebbe pagata.
- Dovreste essere fiero del fatto che sia riuscita a salvare una ragazza da quella sorte.
- Io sono riuscito solo a pensare che se si fossero accorti che tu sei una donna avrebbero fatto a te quello che volevano fare a quella ragazza! E non credere che essere intima amica della regina ti metta al riparo da quel genere di attenzioni da parte degli uomini, soprattutto se vai in giro conciata a quel modo. Qui sarai un fenomeno da baraccone, la ragazzina che vuole fare l’uomo, fino a quando non avranno qualche altra novità a cui prestare attenzione.
Mio padre era furente ed io lo fronteggiavo con lo stesso cipiglio: - Avete davvero poca fiducia in me se pensate che io sia così sciocca da farmi cogliere di sorpresa da chiunque. Dissi piegandomi ed estraendo velocemente uno stiletto dal punto in cui lo tenevo sempre nascosto: legato alla caviglia.
- E questo da dove proviene?
- L’ho acquistato un anno fa quando mi mandaste al mercato per il mio compleanno per comprare un abito nuovo. Come vedete so difendermi.
Mi strinse il polso fino a farmelo sfuggire di mano: - Ma davvero signorina?- ringhiò – Non chiedermi di non preoccuparmi, so che finché avrai Luke a guardarti le spalle sarai abbastanza al sicuro, ma almeno cerca di dargli ascolto qualche volta: quel ragazzo è molto più saggio di te.
Annuii massaggiandomi il polso che lui aveva lasciato e raccolsi lo stiletto riponendolo nel suo nascondiglio.
- E ti consiglio di tenerlo un po’ più a portata di mano, credo che legato alla coscia sarebbe più facile da prendere. – aggiunse con un mezzo sorriso che mi fece capire che stava cercando di comprendermi.
- Padre, non vi ho mai odiato, anzi mi getterei nel fuoco per voi.
- Non ti chiedo tanto, ma finito il periodo al servizio del re torna a casa, non ti imporrò nessuna scelta, ma tu non appartieni a questi luoghi e presto o tardi te ne renderai conto.
Mi scompigliò i capelli.
Sentimmo bussare alla porta, un servo annunciò che la cena sarebbe stata servita di lì a poco.
La serata trascorse tranquilla, la cena fu ottima anche se, impaziente di sapere cosa aveva deciso il re, continuavo ad agitarmi sulla sedia e alla fine riuscii a trangugiare ben poco di quel lauto pasto.
- Bene Altair, - Schizzai in piedi all’istante sentendo la voce del re che si rivolgeva a me, il sovrano sollevò il sopracciglio: - ti hanno messo carboni ardenti sulla sedia?
Accennai a sollevare gli occhi al cielo, ma vedendo la regina che mi guardava di traverso evitai l’insubordinazione.
- Dicevamo Altair che tuo padre ed io siamo giunti ad un accordo: come promesso resterai qui per i prossimi due anni, sarai al mio servizio come compagno d’armi del mio fratellino – sogghignò lanciando un’occhiata al suddetto fratellino che lo stava ignorando bellamente molto più interessato al pasticcio di pollo che si trovava nel piatto - ma non aspettarti alcuna indulgenza perché sei una ragazza, seguirai le lezioni d’arme, di aritmetica, geometria, astronomia e musica. Imparerai le leggi che regolano il regno alla perfezione, in modo da non poter dire di aver trasgredito per ignoranza. – mi morsi la lingua per non rispondere male al sovrano, mi chiedevo dove avrei trovato il tempo di fare tutto.
- La regina, inoltre mi ha ricordato che sarebbe opportuno che tu comunque mantenessi un contatto con il tuo seppur minimo lato femminile, mi ha pertanto richiesto che tu resti a vivere qui e continui a tenerle compagnia di quando in quando, mi sembra che abbia sviluppato un’insana passione per il gioco degli scacchi di cui credo tu sia la causa.
Così il mio sogno di sfuggire almeno alla sera alla corte svaniva, ecco cosa intendeva mio padre con l’essere prigioniera delle mie stesse scelte.
Annuii. E il sovrano continuò: - Sarai personalmente responsabile dei materiali che ti verranno affidati e dovrai partecipare a tutte le cerimonie, in alcuni casi ti verrà richiesto un abbigliamento più consono alla tua condizione.
- No, questo no, accetto tutto, ma almeno sul vestire non avrete voce in capitolo: userò lo stesso abbigliamento del principe Flake, e di Luke, su questo non transigo.
Mio padre scoppiò a ridere: - Cosa vi avevo detto Maestà? Ha la testa più dura del marmo. Potrete spezzarla, ma non riuscirete a piegarla.
Il re si aggregò alla risata di mio padre e riprese: - La regina voleva avere la possibilità di giocare alle bambole ancora un po’, ma a quanto pare dovrà rinunciare.
Mi voltai verso la regina che si stava mordendo le labbra: - Maestà, una concessione posso farvela: mi lascerò crescere i capelli e voi potrete farmeli acconciare come più vi aggrada, per i vestiti, invece vi prometto che se ci sarà l’occasione cercherò di accontentarvi.
La giovane donna mi sorrise.
Avevo lasciato tutti a bocca aperta, mio padre per primo, si vede che non mi conosceva così bene come credeva.
- Per concludere – riprese il re – trascorsi questi due anni sarai libera di gestire la tua vita come meglio crederai, ma tuo padre ha richiesto che tu torni almeno a casa per discutere con lui del tuo futuro, non potrà importi nulla, ma potrà darti validi consigli, se fossi in te accetterei.
- Maestà, come potrei non accettare una così generosa offerta? Non ho alternative.
Il re si incupì: - Non mettere alla prova la mia pazienza ragazzina, altrimenti l’accordo salta e tu torni immediatamente a casa con tuo padre.
- D’accordo, ma avrei una piccola richiesta e mi chiedo se sua maestà sarebbe così generoso da accoglierla.
- Un’altra richiesta? Non tirare la corda …
- Vorrei che anche Gianfar e Luke potessero rimanere qui a corte. Sono gli unici amici che ho e a volte mi capita di aver bisogno di schiarirmi le idee con qualcuno che mi conosca da tutta una vita e che sappia riordinare i miei pensieri confusi. In questo Luke, ma anche Gianfar in parte, sono dei veri maestri.
Il re scoppiò a ridere: - E io che pensavo che Sir Gianfar non ti piacesse e che non lo volessi sposare per quel motivo.
Arrossii scuotendo la testa: - Non avevo intenzione di sposarmi e cominciare a sfornare marmocchi a quindici anni e concludere la mia vita piena di rimpianti. Questo era l’unico motivo per cui ho compiuto le mie scelte e credo che Gianfar la pensasse esattamente allo stesso modo.
Flake strisciò rumorosamente la sedia sul pavimento e si alzò: - Fratello, mi farebbe piacere se sir Gianfar e Luke in qualità di scudiero volessero aggregarsi ai miei compagni d’arme, sicuramente saranno in grado di guardarmi le spalle meglio di un’insolente ragazzina.
La mia pazienza era già al limite, ma le parole di Flake mi fecero esplodere, saltai dall’altro lato del tavolo senza curarmi del fatto che l’intera corte era caduta nel più assoluto silenzio, presi Flake per il bavero e gli assestai un pugno in pieno viso: - Non. Permetterti. Mai. Più. Di. Mancarmi. Di. Rispetto.
Dissi scandendo ogni singola parola gridando a due centimetri dal suo viso.
- Altair! – gridò mio padre angosciato.
Flake mi guardò con rabbia: - Se vuoi continuare sarà meglio uscire disse prendendomi per il colletto della camicia.
- No! – Fu la regina ad urlare, si era alzata in piedi ed aveva sbattuto le mani sul tavolo abbastanza forte da rovesciare un paio di bicchieri – Piantatela di comportarvi come bambini o vi faccio sbattere in cella per una notte legati agli stessi ceppi, così vediamo se riuscite ad imparare a comportarvi in maniera decorosa.
Il re sorrise e le poggiò una mano sul braccio per invitarla a sedersi, quando riprese posto era ancora rossa in viso per la vergogna di essersi presa una simile libertà, ma il sovrano le sussurrò qualcosa all’orecchio che la fece arrossire ancora di più e sorridere lievemente.
- Altair, Flake, ritiratevi nei vostri appartamenti e non fatevi vedere fino a domani mattina.
Flake mi lasciò il colletto e strinse i pugni, poi si voltò e se ne andò.
Io mi avvicinai a mio padre e gli diedi un bacio sulla guancia cespugliosa così come avevo sempre fatto fin da quando ero bambina prima di andare a letto.
Mio padre mi scompigliò i capelli in un gesto nuovo dovuto alla mia acconciatura: in passato era sempre lui a sciogliermi le trecce perché pur non avendolo mai detto i miei capelli gli ricordavano quelli di mia madre.
Tornando in camera ripensai al fatto che la promessa fatta alla regina probabilmente aveva reso felice anche mio padre.
Voltandomi trovai un baule che fino al giorno prima non c’era e, acciambellato sul letto un gattino tutto nero che se la dormiva della grossa. Sul baule un pezzetto di pergamena arrotolato:

Cara Altair,  
Laila, Alan ed io abbiamo pensato che ciò che si trova nel baule potrebbe esserti utile, ti ho mandato anche un piccolo amico per scaldare le lunghe notti del nord, prenditene cura perché ha appena cominciato a mangiare cibi solidi ed ha bisogno di cure.
Mab

Presi il gattino tra le mani, era piccolo ed indifeso, scesi nelle cucine di soppiatto e recuperai un piattino ed un po’ di latte.
Lo stavo fissando intensamente, rapita dalla cura con cui lappava la bevanda, cercando di decidere che nome dargli, era tutto nero, con gli occhi blu come il mare e così decisi di chiamarlo Ocean. Ero talmente intenta ad osservare la bestiola che nemmeno mi accorsi di essere osservata.
- E quello cosa dovrebbe essere?
La voce di Flake mi fece sobbalzare: - Io almeno ho un buon motivo per essere qui, cosa mi dici di te?
- Non credo di dovere spiegazioni a nessuno se me ne vado in giro in casa mia.
Poche decine di metri più in là la cena stava volgendo al termine.
- Sarà meglio che torni in camera mia prima che tuo fratello decida di darmi ulteriori punizioni.  
Recuperai il micino che aveva finito il suo latte e mi diressi verso la porta, ma Flake mi sbarrò la strada: - Perché sei sempre così scostante con me?
- Io non sono scostante, semplicemente non sopporto chi mi mette alle strette e, se ci sono costretta, non esito a difendermi con le unghie e con i denti.
- Non ti ho messa alle strette.
Lo guardai con malcelata rabbia: - Davvero? E allora come la mettiamo con la storia delle scuderie?
- Oh, ma lì ti ho solo restituito ciò che mi avevi dato il giorno del torneo.- ribatté sogghignando.
Sbuffai dandogli uno spintone e corsi in camera mia.
Appoggiai Ocean sul fondo del letto e cominciò a ronfare, Mab aveva ragione, quel suono lento e ritmico mi rilassò e mi addormentai in pochi minuti.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Mio padre era in partenza, si sarebbe messo in viaggio nel primo pomeriggio, così approfittai della mattinata per recarmi nei suoi alloggi e parlare con lui: - Padre – Lui si voltò verso di me, stava riorganizzando le sue cose, ma interruppe ciò che stava facendo.
- perché non vi risposate?
Lui si sedette: - Credo che questi non siano discorsi che devo affrontare con te.
- Mi dispiace sapervi solo e, se aveste una giovane moglie, magari potreste avere anche un erede più degno di me.
- Altair, forse un giorno mi sposerò, ma lo farò alle mie condizioni.
Scoppiai a ridere: aveva usato esattamente le mie stesse parole.
- Va bene, ma non aspettate troppo, altrimenti sarete così vecchio da non riuscire nemmeno a tenere in braccio il vostro erede.
Mi diede un buffetto sulla testa e mi rispose: - Allora ci penserò.
Ci salutammo con un abbraccio e gli promisi che gli avrei dato notizie.
Scesi nel cortile ad allenarmi con gli altri ragazzi che facevano parte della guardia del corpo reale.
Con gioia vidi che anche Gianfar si stava allenando e Luke osservava da  una distanza adeguata con il volto finalmente sereno e totalmente rapito l’allenamento.
Una persona che non lo conoscesse bene come me avrebbe immaginato lo scudiero intento a studiare le mosse del suo padrone per imparare qualcosa ed eventualmente farsi onore in futuro. Io sapevo che il suo sguardo concentrato era rivolto non tanto all’allenamento quanto a Gianfar.
Quando mi avvicinai per prendere una spada successe ciò che puntualmente accadeva quando facevo il mio ingresso in qualunque ambiente lì a corte: scese il silenzio, così con aria irrisoria dissi: - Qualunque dama sarebbe lusingata da un simile silenzio al suo incedere, ma si dà il caso che io non sia né una dama nel senso più tradizionale del termine né una persona qualunque, perciò apprezzo il fatto di avere l’effetto di pietrificare le persone, ma preferirei passare inosservata e che voi continuaste da dove avevate interrotto.
Lasciai perdere le spade e mi diressi verso i bersagli, Luke mi si avvicinò e mi consegnò arco e faretra.
- Mab voleva metterli insieme alla tua roba nel baule, ma ho insistito per darteli di persona, volevo ringraziarti per averci permesso di stare qui.
Sorrisi: - Quindi tu e Gianfar avete risolto sussurrai.
Luke arrossì fino alla punta dei capelli ed io aggiunsi: - Ok, ho capito, niente particolari, mi basta che siate felici e soddisfatti.
Luke mi regalò una di quelle espressioni malandrine che da troppo tempo non vedevo sul suo volto e rispose: - Felici decisamente e per il soddisfatti …
Lo fermai con una mano: - Ho usato un’espressione infelice e continuo a ripeterti che non mi interessano i dettagli, comunque sono contenta per voi. – Gli diedi un piccolo pugno all’altezza della spalla e lui si voltò per tornare ad osservare l’allenamento.
Incoccai la prima freccia e tirai, ero fuori allenamento così centrai solo il bordo del bersaglio, sentii qualcuno che sghignazzava alle mie spalle, ma questo, lungi dal distrarmi accese il mio spirito competitivo: le venti frecce seguenti andarono tutte a centro e le risate a poco a poco si spensero.
Il maestro d’armi mi si avvicinò battendo le mani: - Mai vista una velocità ed una precisione simile. Complimenti, ma riesci a mantenere la concentrazione anche in situazioni non controllate?
- Non saprei, le uniche situazioni non controllate in cui ho tirato sono state le battute di caccia.
- Allora facciamo una prova. – Mi fece inginocchiare tra due botti in un punto in cui i bersagli erano poco visibili e mi disse di tirare, ma nel momento in cui stavo per scoccare diede un colpo al mio arco, per fortuna i miei riflessi furono abbastanza rapidi da impedirmi di lasciare andare la freccia, ma fu necessario riprendere la mira, appena fui nuovamente pronta a tirare mi fece lo stesso scherzo, la terza volta fui io a fare una finta e quando lui mi spinse mi spostai e scoccai la freccia quasi contemporaneamente. Non riuscii a centrare il bersaglio esattamente al centro, ma ci andai comunque molto vicina. Dietro di me sentii applaudire: - Sei un ottimo arciere Altair.
Chinai il capo e risposi: - Un ottimo arciere avrebbe centrato il bersaglio, se fosse un cinghiale, ferito in quel modo, sarebbe ancora più pericoloso.
- Riuscirai mai a ricevere un complimento standotene zitta ed accettandolo?
Dietro il re Flake con il suo solito incedere noncurante si era fermato guardandomi con aria di superiorità incrociando le braccia.
Sollevai le sopracciglia, per non rispondere malamente mi rivolsi al sovrano: - Credo che il maestro desideri discutere con me il piano per i miei studi, se volete scusarmi.
Mi accomiatai chinando leggermente il capo verso il re. E feci un saluto con la mano a Gianfar e Luke ignorando bellamente Flake.
Il Maestro era un uomo corpulento e dal volto gioviale, doveva avere all’incirca una cinquantina d’anni e dal suo aspetto pingue sembrava che dividesse equamente il tempo tra i libri e la buona tavola. L’avevo visto spesso intento ad intrattenere conversazioni con vari nobili durante i convivi a cui avevo partecipato, ma raramente mi era capitato di vederlo colloquiare con Flake o con il re.
Quando aprii la porta era voltato di spalle e stava chino su alcune carte: - Lady Altair, sarei lieto di fare con voi una conversazione per valutare lo stato della vostra preparazione in merito alle materie di studio che il sovrano desidera voi apprendiate, benché ritenga alquanto improbabile che il cervellino di una bimba sia in grado di acquisire concetti complessi come quelli del ragionamento aritmetico e geometrico né tanto meno per i misteri dell’astronomia.
Mi morsi le labbra, non cominciavamo bene.
- Posso rivolgermi a voi con il titolo di Maestro?
L’uomo annuì offrendomi un sorriso di circostanza che mi fece ribollire il sangue nelle vene.
- Ho preso lezioni di aritmetica e geometria, ma mai di astronomia. Tuttavia ho una discreta preparazione in botanica …
- Quella non è scienza è una via di mezzo tra la stregoneria e la superstizione.
Ribatté con tono sarcastico – Allora vediamo, ho qui dei semplici quesiti potrete andarvene quando li avrete risolti.
Mi pose di fronte i fogli su cui stava lavorando ed uscì.
Osservai i quesiti e scoppiai a ridere: probabilmente quell’uomo considerava davvero le donne delle inette perché ero in grado di risolvere quel tipo di interrogativi da quando avevo dieci anni.
Ci misi quindici minuti a completare il lavoro e poi mi recai a cercare il Maestro, lo trovai seduto su una panca di pietra sotto un salice che leggeva.
- Maestro…
- Sei più sciocca di quanto credevo se hai bisogno di aiuto per risolvere i quesiti che ti ho proposto.
Esasperata gli lanciai i fogli addosso e me ne andai di gran carriera.
Arrivai in camera mia e recuperai Ocean che, con un miagolio acuto, dimostrava di non aver gradito molto la mia assenza.
Scesi in cucina e gli procurai dei pezzetti di carne, poi lasciai che vagasse un po’ per il cortile sul retro. Cominciai a farlo giocare con un rametto e mi interruppi solo quando vidi che le pause tra un assalto e l’altro del rametto si facevano più lunghe, ne dedussi che era stanco, lo agguantai per la collottola e lo misi nel tascapane che portavo legato alla cinta. Poiché non vedevo nessuno in giro me ne tornai nelle mie stanze, posai Ocean sul letto e lui si acciambellò per dormire della grossa.
Scesi nella biblioteca e cercai dei libri di aritmetica  e geometria: se avessi dovuto aspettare gli insegnamenti di un uomo che non riteneva una donna in grado di rispondere nemmeno alle più semplici domande era meglio che studiassi da autodidatta. Era una questione di principio: avevo promesso al re di migliorarmi, ma non sarei stata in grado di farlo se il “maestro” mi reputava una sciocca donnetta, avrei provato a tutti quanto si sbagliavano.
Mi arrampicai su uno degli scaffali più alti ed ero in precario equilibrio tra due scansie quando sentii aprire la porta alle mie spalle.
- Questa non è una visione comune – la voce del re mi raggiunse come se una freccia mi avesse appena sfiorato un organo vitale.
- Maestà, scusate se non vi saluto adeguatamente, ma sto rischiando l’osso del collo per raggiungere quel tomo di geometria e preferirei tornare a terra con le ossa al loro posto.
Detto ciò mi misi il testo in questione sotto il braccio e, con una certa cautela, scesi dai ripiani.
- Altair, esigo maggior rispetto nei confronti del maestro, mi ha detto che gli hai sbattuto in faccia il lavoro che ti aveva dato perché non eri in grado di svolgerlo.
- Sire, in realtà ho risposto ai quesiti del maestro in poco tempo ed erano corretti, perché erano così banali che qualunque ragazzino di dieci anni sarebbe stato in grado di risolverli. Non avrei detto nulla per non metterlo nei guai con voi, ma preferisco studiare da autodidatta piuttosto che sentirmi tacciare di ignoranza senza che le mie capacità vengano messe alla prova: ho promesso che avrei studiato e mi sarei migliorata e, se non posso farlo seguita da un istitutore, lo farò da sola.
Il sovrano gettò un’occhiata ai volumi che avevo preso ed annuì: - Troverò un maestro che sappia apprezzare i tuoi sforzi.
- Maestà, non è necessario.
Il sovrano sollevò un sopracciglio: - Sono io che ho preteso determinati vincoli, ma devo metterti nelle condizioni di rispettare i patti: entro la prossima settimana avrai un istitutore in grado di far progredire i tuoi studi.
Chinai il capo e sorrisi: - Grazie sire.
- Per il momento potrai trascorrere le tue ore di studio nelle tue stanze utilizzando la biblioteca a piacimento, come vedo stai già facendo. Ti aspettiamo per cena.
Recuperai tutti i libri e mi diressi verso le mie stanze, ma vicino alla porta sentii un breve  Clap, clap.
Non avevo nemmeno bisogno di voltarmi per sapere chi era:- Flake, hai da dire la tua anche su questa faccenda?
- La tua capacità di mettere fuori gioco i membri della corte è straordinaria: ho passato gli anni migliori della mia gioventù a far dannare il maestro e tu in meno di un’ora sei riuscita ad esasperarlo al punto di chiedere a mio fratello di essere esonerato dal farti da insegnante.
- Ah, quindi è questa la versione ufficiale? - Gli mostrai i quesiti che avevo ricopiato e risolto – Questo è un insulto alla mia intelligenza, qualunque ragazzino con un minimo di sale in zucca è in grado di risolvere queste sciocchezze. Ora, se non ti dispiace ho da fare. – Spinsi la porta della stanza e posai i libri sul baule, quando mi voltai mi trovai Flake di fronte.
- Non ti ha mai detto nessuno che non è buona educazione entrare in camera degli altri senza invito?
- Un uomo entra nella tua stanza e tu non hai altro da dirgli se non  che è poco educato? – Mi si avvicinò lentamente. Io non mi mossi: se fossi indietreggiata avrei dimostrato di aver paura di lui, mentre in realtà avevo paura delle reazioni che lui suscitava in me.
- Altair … - disse prendendomi la mano, un miagolio sommesso mi fece sussultare e mi divincolai: presi in braccio il micino e lo usai come uno scudo tra me e Flake: - Lui è Ocean.
Flake girò gli occhi al cielo e sospirò: - Prima o poi dovremo continuare questa conversazione e non ci saranno gatti, cani o conigli che terranno.
Sorrisi e gli misi il gatto tra le mani: - Tienilo un momento, devo andare in cucina a recuperare un po’ di carne da dargli.
Quando tornai in camera Flake era seduto a terra su uno dei tappeti, con la schiena appoggiata al baule e giocava con il gattino.
- Perché non lo porti alla regina? Non credo che gli faccia bene starsene da solo tutto il giorno.
Mi sedetti accanto a lui e posai il cibo vicino al cucciolo che immediatamente lasciò perdere i giochi per lanciarsi sulla carne.
La giornata era stata estenuante, i muscoli delle spalle cominciavano a dolermi per tutti i tiri fatti nella mattinata e iniziavo a sentire la testa pesante, invece che a cena mi sarei volentieri coricata nel letto fino all’indomani. Appoggiai la testa al baule e chiusi gli occhi.
Quando mi svegliai ero sdraiata sul letto, coperta con un mantello foderato e con Ocean che ronfava accanto al mio naso.
Erano le prime luci dell’alba, avrei dovuto scusarmi con i sovrani per la mia assenza a cena. Quando mi voltai un rotolino di carta scivolò a terra.

Non pensavo che una persona irritante come te potesse trasmettere tanta pace quando è addormentata. Non preoccuparti, ti giustifico io con il re e la regina.
Quando dormite tu ed Ocean avete la stessa espressione, ma lui è più facile da trasportare.

Non c’era firma, ma sapevo perfettamente di chi si trattava. Non c’era che dire, se voleva sapeva anche essere un cavaliere.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


La mattinata si prospettava piuttosto tediosa, il maestro d’armi sarebbe stato presente solo al pomeriggio perciò scesi in cucina a prendere qualcosa da mangiare per me ed Ocean e tornai in camera ad immergermi nei libri di aritmetica e geometria, dopo qualche tempo alzai lo sguardo e vidi dalla posizione del sole che ben poco tempo era passato, recuperai uno dei libri di astronomia e cercai di mandare a memoria almeno una decina delle ottantotto costellazioni con le stelle più brillanti ma puntualmente mi arenavo e dovevo ricominciare dall’inizio.
Quando una delle servette della regina bussò alla porta per comunicarmi che ero attesa per il pranzo tirai un sospiro di sollievo.
Decisamente non ero fatta per quel genere di studio e mi chiedevo perché il sovrano lo ritenesse così importante.
Durante il pranzo mi scusai con la regina per la defezione della sera precedente e lei mi sorrise: - Non preoccuparti, Flake mi ha detto che passando davanti alla tua stanza ti ha vista addormentata ed ha chiuso la porta. Ti consiglierei di essere più discreta e di non lasciare la porta aperta in futuro.
- Certo, Maestà, oggi, prima della lezione d’arme, vorrei mostrarvi una cosa, posso accedere ai vostri alloggi dopo il pranzo?
Alla regina si accesero gli occhi e sorrise come una ragazzina: - Certo, non vedo l’ora!
Ignorai gli sguardi di fuoco che mi lanciava la regina madre ed anche le occhiate complici di Flake.
Restai particolarmente quieta durante il pasto concentrandomi sul cibo e non presi in considerazione nessuna delle conversazioni che si stavano svolgendo.
Quando ci fu dato il permesso di congedarci andai in camera mia a prendere Ocean, lo infilai nel tascapane e mi diressi verso gli alloggi della regina.
La regina madre stava uscendo dalle stanze della moglie del re con una smorfia altera, appena la madre del re svoltò in un altro corridoio mi precipitai nelle stanze della regina, bussai appena e, quando entrai, vidi che la giovane donna si stava tamponando gli occhi.
Mi inginocchiai accanto a lei: - Maestà, cosa vi succede?
La regina era davvero abbattuta: - La regina madre ha saputo che nemmeno in questa luna sono stata in grado di dare un erede al re e mi ha detto che se questa situazione dovesse perdurare non potrà far altro che invitare il re a ripudiarmi e a trovare una consorte più adeguata.
Strinsi i pugni, quella vecchia megera non poteva permettersi un atteggiamento simile, la regina era una fanciulla troppo buona e sensibile.
Trassi un profondo sospiro e sfilai Ocean dal tascapane.
- Maestà, - dissi mettendole il gattino davanti al naso – durante il pomeriggio io sono impegnata con gli allenamenti, potreste occuparvi voi del mio piccolo amico? Si chiama Ocean.
La regina prese tra le mani il micio e lo avvicinò alla guancia: - Altair, riesci sempre a trovare il modo di rasserenare il mio spirito. Tranquilla gli farò trascorrere un pomeriggio divertente e, quando tornerai dall’allenamento, sarà in camera tua ad attenderti.
Annuii, le baciai la mano e corsi nel cortile principale dove si stavano radunando tutti gli allievi per cominciare l’allenamento. Anche Flake sarebbe stato della partita.
A differenza del giorno precedente mi accolsero bassi mormorii quando arrivai nel cortile, ma, visto che mancavano ancora molti allievi, li ignorai e mi diressi verso l’armeria per cercare un ferro adatto alle mie caratteristiche: doveva essere leggero e maneggevole. Trovai una lama semplice, molto leggera con il manico in osso, era sufficientemente lunga, ma anche molto facile da usare, gli altri combattenti volendo dare sfoggio della loro potenza l’avevano scartata a favore di altre più pesanti, robuste e lavorate, ma era esattamente ciò di cui io avevo bisogno.
Gianfar e Luke arrivarono di lì a poco e, quando il maestro d’armi ci chiese di formare coppie per l’addestramento, Gianfar fu l’unico ad accettare di confrontarsi con me.
Cominciammo con attacchi e parate semplici e mi resi conto di non essere, a livello di abilità, al di sotto di nessuno a parte Flake che aveva indubbiamente molta più dimestichezza ed abilità di tutti noi nel maneggiare una spada.
Il Maestro d’armi passava in mezzo a noi correggendo posizioni ed offrendo suggerimenti, mi consigliò di non piegarmi troppo sulle ginocchia per evitare l’affaticamento eccessivo di quella posizione che, in un duello, avrebbe potuto trasformarsi in un punto debole e si complimentò per la mia agilità che già aveva avuto modo di osservare nel torneo.
Il pomeriggio di allenamento volgeva al termine e la maggior parte degli allievi, salutato il maestro, si ritirò. Come ultima arrivata mi toccò l’ingrato compito di sistemare i ferri in armeria e di chiudere, Luke si offrì di aiutarmi, ma risposi che non ce n’era bisogno e che mi sembrava che Gianfar, dopo aver trascorso la giornata a subire le frecciatine di tutti gli altri giovani, sentisse davvero il bisogno di tornare a casa.
Avevo appena finito di chiudere l’armeria quando sentii una mano che mi si posava sulla spalla. Mi voltai e mi trovai di fronte due di quelli che avevano passato la maggior parte del tempo a ridacchiare e schernire Gianfar: - Che volete?
- Fare due chiacchiere, bambolina, solo due chiacchiere. – disse il primo con un ghigno tutt’altro che rassicurante.
- Senti, ora non ho nessuna voglia di parlare, soprattutto con un tipo come te, perciò, visto che devo vedere la regina, ti pregherei di lasciarmi passare – dissi tentando di farmi strada.
La presa sulla mia spalla aumentò e l’altro si avvicinò maggiormente inchiodandomi alla porta.
- Ma dove scappi così di corsa? – Disse passandomi una delle sue mani sulla guancia – Noi vogliamo solo divertirci un po’.
- Credo che il vostro concetto di divertimento sia molto diverso dal mio, perciò ora devo andare. – risposi cercando di divincolarmi.
- Ma pensi davvero di poter scappare? Stai tranquilla che, quando avremo finito con te, nemmeno quel rammollito di Gianfar ti vorrà più.
Feci una finta a destra e poi sgusciai a sinistra, ma fui riacciuffata. Ora uno mi teneva per le spalle e l’altro mi stava di fronte.
- Ma come, davvero credi che ci facciamo fregare con un trucchetto del genere?       
 Non gli lasciai il tempo di mettermi le mani addosso: facendo pressione sul torace di quello che mi stava alle spalle sollevai i piedi e piantai i miei stivali nello stomaco di chi mi stava di fronte mandandolo a gambe all’aria, poi non appena riuscii a toccare nuovamente terra con i piedi feci un salto andando a cozzare con la testa contro il naso di quello che mi stava ancora tenendo ferma.
Mi chinai e sfilai lo stiletto dal punto in cui lo tenevo legato, senza voltarmi trapassai il polpaccio del tipo che avevo colpito al naso, ma non mi accorsi del calcio che mi raggiunse al fianco da parte dell’altro, che nel frattempo si era ripreso. Mi ritrovai gettata a terra come uno straccio vecchio ed ebbi appena il tempo di celare lo stiletto nella manica prima che quel bastardo incombesse su di me.
Mi diede un pugno in faccia e sentii esplodere di dolore lo zigomo, cercò di strapparmi i vestiti di dosso senza degnarsi del suo compagno che invocava aiuto per la sua ferita.
Fortunatamente non si era reso conto dell’arma che avevo infilato nella manica e, mentre trafficava con le sue brache, riuscii a colpirlo alla coscia; mi assestò un altro pugno in faccia, questa volta fu il labbro a spaccarsi, ma io risposi con una ginocchiata al basso ventre che andò a segno. Lo vidi rotolare di lato imprecando e, anche se malferma sulle gambe, mi alzai e corsi come se il diavolo in persona mi inseguisse. Raggiunsi la cucina e mi accucciai vicina al fuoco.
 Tiana mi si avvicinò e si rese immediatamente conto che c’era qualcosa che non funzionava: tremavo come una foglia e continuavo ad abbracciare le mie ginocchia tenendo in mano il pugnale sporco di sangue.
- Lady Altair -  disse accarezzandomi leggermente la testa – venite al pozzo qua fuori, vi aiuto a darvi una ripulita.
Ma non fui in grado di alzarmi, l’aggressione aveva completamente prosciugato le mie forze.
Tiana prese un secchio con dell’acqua ed uno straccio pulito e cominciò a tergemi il viso.
- Chi è stato a ridurvi così?
Non riuscivo a parlare, nemmeno un gemito mi usciva dalla gola, la cuoca mandò Tilly a cercare una camicia pulita e mi aiutò ad indossarla, ma vedendo i lividi sul fianco recuperò un unguento a base di foglie di arnica e lo spalmò sulle parti contuse fermandosi ad ogni mio sussulto.
Alla fine riuscì a sfilarmi dalle mani lo stiletto e lo lavò per poi riporlo al sicuro nella sua custodia legata alla coscia.
Tiana sussurrò qualcosa ad uno dei garzoni della cucina, un bimbetto di circa dieci anni che sparì immediatamente.
Dopo avermi reso un pochino più presentabile cercò invano di farmi accomodare su di una sedia, ma rimasi ferma raggomitolata accanto al fuoco.
Flake piombò in cucina come un tornado, avevo ferito due dei suoi uomini e certo non me l’avrebbe fatta passare liscia: i due, appena erano stati in grado di reggersi in piedi erano andati dal Maestro per farsi curare le ferite, l’uomo senza indugio aveva informato il re ed il principe di quale bestia feroce si fossero portati in casa. Il principe mi aveva cercato ovunque per avere spiegazioni, ma giunto in cucina non gli ci era voluto molto per rendersi conto di cosa fosse realmente accaduto.
Si era chinato accanto a me: - Altair, stai bene? Ti hanno …
Scossi il capo, lui mi prese in braccio con delicatezza, aspirai il suo profumo e mi sentii protetta e al sicuro, mi portò nella mia stanza e la regina ci raggiunse poco dopo.
Quando la giovane sovrana vide il mio aspetto non riuscì a trattenere le lacrime e solo in quel momento riuscii finalmente a sussurrare con una voce gracchiante ed impastata a causa del labbro spaccato: - Maestà se fate così devo dedurre che il mio già scarsamente apprezzabile aspetto abbia subito un tracollo vertiginoso nelle ultime ore.
La regina mi sorrise: - Ma come fai a scherzare in una situazione come questa?
Le sorrisi e poi chiusi gli occhi. Non so quanto tempo passò prima che fossi in grado di svegliarmi di nuovo del tutto, so solo che era tarda mattinata e che erano passate due notti.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Mi alzai acciaccata e dolorante: il calcio al fianco doveva avermi leggermente schiacciato le costole, perché faticavo a respirare, mi avvicinai al bacile e, mentre mi sciacquavo il viso percepii al tatto il rigonfiamento dello zigomo e del labbro, la parte sinistra del mio viso doveva essere abbastanza malconcia. Mi levai la veste da notte ed infilai cautamente i primi indumenti che trovai nel baule, poi mi avvolsi in un mantello che avevo trovato appoggiato sul bordo del letto. Era caldo ed aveva un buon profumo, era un profumo che mi trasmetteva tranquillità e che però in quel momento non ero in grado di ricollegare a nessuno in particolare, qualcuno doveva essersi preso cura di Ocean perché non lo trovai acciambellato dove stava di solito.
Mi coprii la testa con il cappuccio del mantello e cercai di mantenermi il più radente possibile ai muri: non volevo destare la minima attenzione.
Scesi nelle cucine, avevo ricordi confusi di quello che era successo dopo l’aggressione, ma sapevo che se volevo rimettere ordine avevo bisogno di parlare con Tiana.
- Lady Altair! Perché vi siete alzata?
- Ciao Tiana – dissi cercando di tenere la bocca il più chiusa possibile per evitare che il taglio sul labbro si riaprisse.
La buona donna mi obbligò a sedermi e mi mise davanti una ciotola di latte caldo e qualche biscotto.
- Lady Altair, ve la siete vista brutta, lo sapete, se non foste riuscita a scappare non oso nemmeno immaginare cosa avrebbero potuto farvi.
- Tranquilla Tiana, io me lo immagino benissimo – risposi rabbrividendo leggermente – Sai per caso dirmi cosa è successo dopo? Ricordo perfettamente ogni singolo istante dell’aggressione, so di essermi diretta qui, ma non ricordo altro.
- Vi ho fatto indossare una camicia pulita, ho messo dell’unguento all’arnica sugli ematomi e poi il principe Flake è arrivato come un turbine in cucina e vi ha presa in braccio per portarvi nelle vostre stanze, aveva una faccia …, sembrava che il mondo intero gli si stesse sgretolando sotto i piedi, tra l’altro cosa ci fate con il suo mantello addosso?
Mi strinsi maggiormente nel mantello ed aspirai di nascosto quel particolare odore che ora, ricordavo perfettamente dove e quando avevo già sentito.
- Non so se ho fatto bene, ma il principe mi ha chiesto di consegnargli la vostra camicia e io gliel’ho data.
Sollevai un sopracciglio: cos’è, Flake era diventato un feticista?
Ringraziai Tiana che mi accarezzò la testa e mi diressi verso gli alloggi della regina, volevo porgerle i miei omaggi e sapere se per caso aveva visto Ocean.
Quando entrai nella stanza del cucito le dame da compagnia si fecero tutte in disparte guardandomi più a disagio del solito e la regina si alzò: - Altair, perché sei in piedi?
- Volevo venire a ringraziarvi per esservi preoccupata per me, ho ricordi confusi, ma so che voi eravate in camera e piangevate, volevo rassicurarvi, tutto qui.
La regina mi guardò con un moto di apprensione: - Visto che siete in piedi è meglio che vi accompagni da sua Maestà. Sono corse voci alquanto assurde su quanto accaduto e credo che sia meglio che ne parliate con il re.
Mentre seguivo la giovane donna verso gli appartamenti reali mi chiedevo che razza di pettegolezzi fossero stati messi in giro su ciò che era successo. Visto il modo in cui il mio viso doveva apparire alla vista degli altri preferii ricoprirmi nuovamente il capo con il cappuccio.
 Il re generalmente riceveva i postulanti nella sala delle udienze, ma ora ci stavamo recando presso i suoi alloggi privati e, man mano che ci avvicinavamo, sentimmo voci concitate che discutevano. La regina bussò prima di entrare, ma poiché dall’interno erano troppo occupati ad accapigliarsi nessuno le rispose, così aprì la porta di scatto ed entrò tacitando con quel gesto ogni forma di litigio.
Nella stanza erano presenti il re, il principe Flake e due nobiluomini che non conoscevo.
- Anima mia, - disse il sovrano avvicinandosi alla sua sposa e posandole un leggero bacio sulla guancia. Quando posò gli occhi su di me ebbe un sussulto: - Bene Altair, arrivi al momento giusto, stiamo giusto parlando dell’incidente occorso qualche giorno fa. Ti pregherei anche di calare il tuo cappuccio.
Muovendo solo un braccio, perché sollevare il sinistro mi faceva male, spostai il cappuccio. La smorfia di Flake era eloquente: ero inguardabile.
- Altair, ci sono versioni contrastanti riguardo a quanto avvenuto e vorrei sentire la tua versione.
Inspirai profondamente: - Come desiderate, Sire.
Rimasi immobile, la regina accanto a me cercava di infondermi coraggio, la guardai e dissi: - Maestà, siete sicura di voler restare qui? Ciò che dirò potrebbe turbarvi.
- Non c’è altro luogo in cui vorrei essere, - rispose la giovane sovrana – parla liberamente.
- Stavo richiudendo la porta dell’armeria dopo aver ritirato i ferri utilizzati durante l’allenamento. Due gentiluomini – marcai l’accento sul termine gentiluomini - si sono accostati ed hanno intavolato una conversazione a cui non avevo intenzione di prendere parte, mi sono scusata ed ho detto che dovevo raggiungere la regina, ma i due si sono posizionati in modo da non lasciarmi sfuggire.
Hanno cominciato ad utilizzare atti e parole lascive ed io mi sono difesa.
- E difendervi vuol dire pugnalare due uomini disarmati? – a parlare era stato uno dei due sconosciuti.
Lo fissai dritto negli occhi: - Se avessi pugnalato un uomo che attentava alla virtù di vostra figlia avrei ricevuto un premio, per aver protetto la mia sono sotto processo?
- Voi avete pugnalato mio figlio!    
- Oh, quindi voi siete il padre di uno di questi gentiluomini e di quale di grazia , quello a cui ho rotto il naso e perforato il polpaccio o quello che ha ridotto in questo stato la mia faccia e che per questo motivo ha rischiato la sua abilità riproduttiva ed ha subito una ferita alla coscia?
- Sciocca mocciosa, come osate parlare in questo modo? Avete aggredito due uomini senza alcun motivo!
- Flake, per caso hai ancora la camicia che ti ha dato Tiana?
Il principe annuì e la estrasse da un involto appoggiato su un tavolo.
La mostrai ai due uomini: - Pensate che sarei stata in grado di ridurre in questo stato i miei indumenti da sola? Seriamente?
La camicia era strappata sul davanti e la sovra tunica era lacerata sui fianchi.
- Questo non vuol dire nulla, in una colluttazione gli abiti si strappano sempre.
A parlare era stato il padre dell’altro giovane.
- Non capisco, mi state forse accusando di qualcosa?
- Voi avete deliberatamente e senza motivo aggredito i nostri figli con un pugnale provocando dei danni gravissimi.
Sgranai gli occhi. Come era possibile che fossi passata dalla parte del torto? Non avrei dovuto essere io la vittima?
Flake stava per esplodere, ma il re si intromise prima che facesse dei danni: - Signori, siamo seri, i vostri figli sono come minimo venti centimetri più alti di lei, trovo alquanto improbabile che la ragazzina, per quanto abile con il pugnale ed agile nel combattimento sia riuscita ad atterrare due ragazzoni come loro. Senza contare che se fosse vero dovrei sbatterli fuori dalla guardia personale di mio fratello. Se invece prendiamo per buona la versione di lady Altair allora si può dire che i ragazzi, eccitati dall’allenamento si siano lasciati trasportare ed abbiano avuto comportamenti immorali ed Altair, preoccupata per la propria virtù abbia reagito in maniera un po’ troppo veemente.
Ero troppo stanca per ribattere a qualunque affermazione, sentivo le ginocchia che si piegavano ed avevo la vista che si annebbiava, cercai di capire cosa stavano dicendo, ma le orecchie mi sibilavano. Intravidi i due uomini allontanarsi ed uscire sbattendo la porta, prima di cadere a terra.
Aprii gli occhi in camera mia, ero distesa sul letto e Flake, con le braccia incrociate sul petto e le gambe allungate sul letto si dondolava su uno sgabello.
- Sono un po’ stufo di portarti a letto in questo modo.
- Scommetto che conosci modi più divertenti per portare a letto una ragazza. – sorrisi e richiusi gli occhi.
- Sciocca mocciosa, guarda in che casino ti sei ficcata, non riesci nemmeno a reggerti in piedi, e meno male che Darren e Florian sono tra le persone più stupide che abbia mai conosciuto, perché altrimenti non oso nemmeno immaginare cosa avrebbe potuto succedere. 
Mi passò una mano tra i capelli: - Riposa, chiederò a Tilly di portarti su qualcosa per cena.
Stava per andarsene, ma lo trattenni stringendogli la mano: - Flake, grazie. – Era un grazie che raccoglieva un sacco di cose e speravo che lui riuscisse a capirlo.
Fece un sorriso sghembo e aggiunse: - Vado a recuperare Ocean, così ti farà un po’ di compagnia, credo che sia stufo di farsi spupazzare dalle dame della regina.
Gli lasciai la mano e lui si chiuse la porta alle spalle.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Le giornate si facevano sempre più corte e, fino a quando non mi fui completamente rimessa, mi fu impedito di prendere parte all’addestramento;  così fui costretta a partecipare ai preparativi per la festa della vendemmia.
Si trattava di una festa che generalmente coincideva con l’equinozio nella quale le donne sposate pigiavano il vino con i piedi e si passava la notte a festeggiare e  bere il vino dell’anno passato augurandosi che l’annata fosse buona come la precedente. Era una giornata di festa, ma le fanciulle non sposate potevano presenziare ai festeggiamenti solo fino al tramonto onde evitare che qualche cavaliere che avesse ecceduto con il bere lasciasse prevalere i suoi più bassi istinti arrecando offesa a qualche fanciulla o meglio alla sua famiglia.
In realtà questa festa era anche l’alibi perfetto per le coppie di innamorati osteggiate dalle famiglie che sfruttavano la giornata e la nottata per appartarsi e porre i propri consanguinei di fronte al fatto compiuto, ogni anno almeno una coppia di giovani riusciva a sfuggire all’occhio vigile di madri e balie e coronava il proprio sogno d’amore.
Sinceramente non capivo tutta quella eccitazione: avevo dato una mano nei preparativi solo perché il mio nuovo istitutore sarebbe giunto solo dopo la festa e non riuscivo a starmene con le mani in mano. La più concitata era la regina che l’anno precedente aveva partecipato alla festa solo come invitata esterna perché le nozze con il re si erano svolte solo qualche settimana dopo e non vedeva l’ora di partecipare alla pigiatura .  
- Altair? – Mi ero rinchiusa nella mia stanza a leggere perché ormai era tutto pronto e la festa sarebbe iniziata la mattina seguente. Mi sollevai dal tappeto su cui ero seduta.
- Ditemi, maestà.
- Mi farebbe piacere che questa sera cenassi con noi, e che poi mi tenessi compagnia, ormai il tuo viso è tornato praticamente come nuovo e mi sembra che tu faccia molta meno fatica a muoverti.
- Certo Maestà, sarò lieta di tenervi compagnia.
Nei giorni seguenti al mio incontro con il re le accuse nei miei confronti erano state ritirate e ai genitori dei due giovani erano stati offerti incarichi importanti sui confini del regno dove avevano dovuto trasferirsi con tutta la famiglia. Quello che il re aveva fatto passare per un premio ed un avanzamento di carriera in realtà era una sorta di esilio dalla corte e tutti l’avevano capito: doveva servire da monito contro chiunque pensasse di attentare alla virtù di una fanciulla all’interno delle mura del palazzo. Flake aveva combattuto con le unghie e con i denti perché quei due non mettessero più piede nella corte, io non lo ritenevo necessario, dubitavo che dopo l’umiliazione subita avrebbero tentato di attaccarmi nuovamente, ma discutendone con lui mi resi conto che, se non fosse stata data una punizione esemplare probabilmente chiunque altro si sarebbe sentito in diritto di provarci e se fossero stati in tre sicuramente non avrei avuto scampo.
 Avevo mantenuto un basso profilo fino a quando la decisione non era stata presa e non mi ero mai presentata alla tavola del sovrano adducendo come scusa il dolore alle costole, per evitare situazioni imbarazzanti. Flake aveva disertato qualche cena perché non rimanessi completamente sola e anche la regina aveva millantato un paio di emicranie per trascorrere del tempo con me e sincerarsi delle mie condizioni.
Quella mattina i due giovani, con le rispettive famiglie erano partiti, perciò quella sera, per la prima volta dopo settimane scesi nuovamente nella sala da pranzo per partecipare al banchetto serale.
Tutto sommato per gli standard della corte fui accolta con relativo calore, infatti alcune delle dame della regina mi domandarono addirittura come stavo: il fatto di essere stata aggredita mi aveva riportato al loro piano di fanciulla, ma il fatto di essere stata in grado di salvare la mia virtù senza l’aiuto di un cavalier servente mi rendeva ancora un essere per loro misterioso e forse pericoloso. 
Ringraziai per l’interessamento e presi posto lontano dalla tavola principale perché la regina madre era seduta al tavolo tra il sovrano e Flake e sinceramente avrei evitato come la peste di trovarmi accanto a lei.
Mi sedetti nella zona riservata ai compagni d’arme di Flake che tacquero immediatamente quando occupai il posto. Gianfar non era presente, lui e Luke avevano avuto il permesso di venire a farmi visita un paio di volte e mi mancavano, soprattutto mi mancava Luke, avevo scritto loro di non preoccuparsi ed avevo osservato i progressi di Gianfar sul campo di addestramento dalla finestra, ma non era come chiacchierare con i miei amici come quando eravamo in viaggio. Quella vita raminga mi mancava, la corte con le sue regole e rutine cominciava ad andarmi davvero stretta, ma i patti erano patti e mi toccava restare lì per tutto il tempo necessario.
- Hei, Altair, ma è vero che hai piantato un pugnale nei gioielli di famiglia di Darren?
A porre l’impertinente domanda era stato un ragazzone dall’aria gioviale, era molto più grande di me e fisicamente avrebbe potuto tranquillamente essere il mio sarcofago.
Sollevai un sopracciglio: - Quindi sono queste le voci che girano? No, gli ho solo assestato una bella ginocchiata che mi auguro gli abbia provocato danni permanenti in modo tale che un infame come lui non sia in grado di riprodursi in futuro.
Un altro giovane intervenne: - Allora non è vero che lo hai pugnalato!
- In effetti gli ho infilato lo stiletto nella coscia, ma lui mi stava sopra e non mi piace ricordare cosa stava cercando di fare.
I miei commensali tacquero, poi un altro mi chiese: - Altair, ma è vero che le dame della regina trascorrono le giornate intonando canti soavi e danzando?
Corrugai la fronte: - Per quello che ricordo generalmente cuciono e chiacchierano, però sì, ogni tanto cantano, suonano e danzano, Lady Syria ad esempio è una ballerina estremamente aggraziata.
- Con quella mole? – Era intervenuto un altro giovane.
- Mai giudicare un libro dalla copertina: è una fanciulla estremamente simpatica e davvero molto aggraziata, il fatto che sia un po’ più arrotondata non fa di lei una preda da ambire maggiormente? Ragazzi, sono cresciuta tra gli uomini di mio padre e mi sembra che generalmente sia preferibile una ragazza in carne che uno stecchino, altrimenti non c’è niente da palpeggiare.
Tutti scoppiarono a ridere, il ragazzone enorme che aveva cominciato la conversazione riprese: - Prima pensavamo che fossi una pazza, poi che fossi semplicemente una bimba viziata, a quanto pare invece ragioni da maschio più di tanti uomini che conosco, il principe aveva ragione quando diceva che dovevamo darti una possibilità, - poi allungò la mano – io sono Caleb dei Sunrise, ma tutti mi chiamano Cal.
La mia mano sparì dentro quella enorme che mi veniva porta, gli altri si presentarono tutti a poco a poco e mi sembrò di tornare indietro a quando da bambina giocavo con i garzoni di stalla e i figli dei mezzadri e degli artigiani.
Sorrisi, ma immediatamente mi interruppi mettendomi una mano sulla bocca:il labbro mi creava ancora qualche problema.
Verso la fine della cena Flake ci raggiunse e vide che me la stavo cavando alla grande raccontando di quando io e Luke avevamo salvato il cane e mi ero ricevuta una sassata, avevo la straordinaria capacità di rendere ridicola anche una vicenda come quella, dovevo dimostrare un buon senso dell’umorismo se volevo sopravvivere in quella compagnia.
- Flake, siediti con noi e prendi un boccale di birra!
Tutti gli altri mi guardarono straniti: - Altair, generalmente la gente mi chiama Principe Flake, o anche solo principe, credo che tu e Gianfar siate gli unici a chiamarmi per nome a parte i membri della mia famiglia.
- Scusate, principe, va meglio così? – dissi ridacchiando e porgendogli il boccale.
- Sei sempre la solita ragazzina presuntuosa.
Caleb intervenne: - Ehi, principe, ancora non ci hai detto chi ti ha dato quel bracciale di vincolo, allora, ce la farai conoscere un giorno questa povera pazza?
Sentendo quel tono mi resi conto che il modo in cui si riferivano al loro principe era privo di deferenza, ma pieno di affetto.
- Oh, è una fanciulla invero particolare, molto graziosa, impertinente, ed è splendida quando indossa lunghi abiti ricamati e pieni di pizzi.
Scoppiai a ridere: - Sigonri, conosco la dama in questione e vi garantisco che il nostro principe è stato fin troppo lusinghiero.
- Altair, quelle sono le parole di un uomo innamorato, non puoi farci nulla – ribatté Caleb.
Flake gli lasciò andare una manata sul collo ed io affondai il viso nel boccale per impedire a tutti di vedere che il mio viso aveva assunto le stesse tonalità del fuoco crepitante.
Quando notai che la regina stava abbandonando la tavola mi alzai e così fecero anche gli altri .
- Signori, vi saluto, ma ho un appuntamento.
Tutti guardarono basiti nella mia direzione: - La regina mi attende per la nostra consueta partita a scacchi. E comunque non è il caso che vi alziate tutti quanti. Buonanotte a voi.
- Altair, vuoi che ti accompagni?
- Grazie principe, ma sono perfettamente in grado di raggiungere gli alloggi della regina senza bisogno del tuo aiuto.
Mi voltai e feci per andarmene quando sentii la voce di un altro che diceva: - Perché principe, volevi forse portarla a letto?
Allora mi voltai e risposi: - Vi stupirebbe sapere quante volte lo ha fatto senza mai mettermi nemmeno un dito addosso.
Erano rimasti tutti a bocca aperta,  allungai una linguaccia e mi allontanai velocemente, ma uno scoppio di sonore risate mi raggiunse per le scale.
Quella sera vinsi entrambe le partite a scacchi propostemi dalla regina: - Ti vedo allegra Altair, è successo qualcosa di piacevole?
- Sì, sto fraternizzando con gli altri ragazzi.
La regina si incupì: - Attenta a non abbassare la guardia.
Sorrisi: - Maestà, credo che il re abbia scoraggiato qualunque tentativo di violenza e non gli sarò mai abbastanza grata per ciò che ha fatto. A proposito, scacco.
La regina osservò il gioco e si dichiarò vinta, mi accompagnò alla porta: - Domani sarà una giornata divertente, non vedo l’ora.
- Maestà, posso permettermi di darvi un consiglio? In merito all’argomento che la regina madre aveva tirato fuori un paio di settimane fa?
La regina arrossì ed annuì.
 -  Beh credo che forse se voi ed il re condivideste il talamo tutte le sere per un certo periodo di tempo forse quanto auspica la regina madre potrebbe accadere più facilmente.
Anche le mie orecchie erano diventate color porpora. – Non posso spiegarvi il motivo, per cui ne sono a conoscenza, ma vi garantisco che questo è il modo più sicuro.
- Grazie Altair, ne parlerò con il re, credo che da parte sua non ci sarà alcuna rimostranza, anzi, oserei dire che ne sarà oltremodo felice.
Tornai nelle mie stanze ripensando a come avevo scoperto i fatti della vita a poco più di nove anni ed avevo chiesto al figlio del fattore perché il toro più bello della stalla era stato portato nel prato con le altre vacche. Il ragazzo mi spiegò tutti i segreti della monta e ovviamente non fu difficile fare un parallelo tra tutti i mammiferi che conoscevo.
Luke ed io diventammo acuti osservatori della natura e, all’inizio dell’estate, quando nacquero i primi cuccioli le nostre ipotesi furono verificate.
Mi addormentai ripensando con un po’ di malinconia a quanto fosse più semplice la vita allora.
Il mattino arrivò in un lampo, per fortuna era una splendida giornata di sole di quelle calde come a volte ancora ci sono verso la fine di settembre. Scelsi accuratamente l’abbigliamento adatto alla festa: un paio di calzoni di vellutino scuri, una camicia di raso chiaro, il corsetto che tanto piaceva a Flake, che strinsi a dovere, e una sopravveste verde, legai la cintura e sistemai la spada; per ultimo indossai i fermacapelli che mi aveva regalato la regina cercando di acconciare i capelli in modo che dal lato sinistro coprissero ancora un po’ i riflessi violacei e verdognoli dei lividi. Il mio aspetto doveva essere passabile. scesi al piano di sotto e raggiunsi la cucina dove rubacchiai un panino dolce appena sfornato e un bicchiere di latte.
Sentii rumore di spade nella corte e corsi a vedere: gli allenamenti erano sospesi in quel giorno di festa, ma Caleb e un altro ragazzo di cui non ricordavo il nome si stavano comunque fronteggiando.
Altri tre o quattro compagni d’arme facevano il tifo ora per l’uno ora per l’altro, mi avvicinai ad uno e chiesi: - Cosa sta succedendo?
- Astor ha tirato fuori la brillante scommessa su chi di noi sarebbe riuscito per primo a portarti a letto e Claeb si è arrabbiato, ha detto che voleva dargli una bella lezione e così eccoli lì.
Feci un fischio degno del miglior vaccaro di mio padre per attirare l’attenzione: - Caleb, ti ringrazio per aver tentato di proteggere il mio onore, ma vi garantisco che sono fuggita a gambe levate dall’ipotesi di finire a letto con qualcuno con il rischio di figliare nel giro di un anno, perciò la tua scommessa, Astor, è questo il tuo nome, vero? E’ persa in partenza spiacente, chiunque avesse scommesso ha perso.
- E il giorno che ti innamorerai di qualcuno?- Gianfar appoggiato da un lato aveva assistito alle ultime battute del discorso.
- Ammesso che accada dovrà mettersi l’anima in pace ed attendere i miei tempi.
Le fanciulle uscirono dal palazzo con un gran frastuono di risate e fruscio di vesti: tutte avevano abiti candidi. La regina sembrava una fata con i capelli biondi sciolti. Il gioioso corteo guidato dai sovrani e seguito da suonatori di flauti e tamburi si snodò per le vie della città fino a raggiungere la campagna retrostante il palazzo e poi più avanti, ci arrampicammo sulla collina, filari di viti cariche di frutti maturi brillavano di rugiada sotto il sole del mattino. Sulla cima della collina un enorme tino attendeva di essere riempito di grappoli da pigiare. Le fanciulle si disposero intorno al tino e cominciarono ad intonare canti, ad intrecciarsi i capelli con foglie di vite, suonare e danzare. Caleb mi diede una manata sulla schiena: - A noi tocca il lavoro pesante:gli uomini devono tagliare l’uva nei filari e trasportarla con delle carriole alla grande tinozza.
In quel giorno tutti erano uguali, nobili e contadini, sovrani e servi, accanto a me Caleb ridacchiò asciugandosi il sudore: - Avresti preferito essere là a danzare, invece che qui a lavorare.
Negai con il capo: - E perdermi la vista di Flake e del re che lavorano almeno un giorno all’anno? – Dissi indicando i due uomini nel filare successivo – E poi io sono abituata ai lavori manuali.
Smettemmo tutti intorno a mezzogiorno, i contadini avrebbero continuato il lavoro nei giorni seguenti, dopo la colazione consumata sull’erba, imbandita su grandi coperte, le fanciulle danzarono e cantarono ancora, l’atmosfera era davvero rilassata. Mi sdraiai masticando una fogliolina di menta con gli occhi chiusi dovevo dare l’impressione di una lucertola al sole.
Accanto a me c’era Caleb, Luke e Gianfar, che avevano pranzato seduti con me, si erano dileguati sparendo tra le vigne, non mi ero posta il problema di dove fossero finiti, né tanto meno cosa stessero facendo.
- Altair, lo sai che non sei male?
Aprii un occhio : - In che senso?
- Sei forte, hai un buon senso dell’umorismo e sai anche combattere decentemente, non sei la donna che sposerei, ma mi piace come sei.
- Grazie, mi fa piacere che siamo amici. Iniziavo ad annoiarmi sempre con le solite facce intorno: Gianfar, Flake, Luke, almeno ora posso contare su un amico in più.
- Già, a proposito, avevi ragione su Lady Syria, è davvero aggraziata quando balla, pensi che potresti chiederle se prima del tramonto, quando faremo l’ultimo ballo a coppie accetterebbe di avermi come cavaliere?
Risi: - Certo, vado subito, ma non posso garantirti nulla, non ho mai fatto una buona impressione alle dame della regina.
Fortunatamente lady Syria era una delle poche persone a non aver mai manifestato intolleranza verso di me e quelle che le altre fanciulle ritenevano assurde manie, mi avvicinai e, senza tanti preamboli, le portai la richiesta di Caleb. La ragazza lo soppesò con lo sguardo e gli sorrise.
Poi mi sussurrò qualcosa all’orecchio ed annuii.
- Cosa ti ha chiesto? – Appena tornata al mio posto fui immediatamente messa sotto torchio.
- Mi ha chiesto se eri un tipo a posto e se avrebbe fatto bene ad accettare.
- E tu hai annuito! – Il tono stupito mi fece sorridere: - Sei un tipo a posto non vedo perché avrei dovuto dirle il contrario.
Tra i due cominciò un incrocio di sguardi che durò a lungo.
Quando il re prese la regina per mano per condurla alla pigiatura gli strumenti cominciarono a suonare e tutto intorno al grande tino le fanciulle non ancora sposate iniziarono a danzare, a loro si aggregarono i giovani e Caleb prese posto accanto a lady Syria, nel frattempo le donne sposate entrarono nel tino a seguito della regina e, ballando come coloro che stavano fuori, cominciarono a pigiare l’uva con i piedi.
I mariti guardavano le loro donne con sguardo rapito, c’era qualcosa di estremamente sensuale in quella danza, nei movimenti e nelle risate di quelle fanciulle, fossero esse dentro la tinozza o fuori.
- Perché non vai a ballare anche tu?
La voce di Flake mi aveva presa alla sprovvista.
- Non mi va di interrompere la danza, non conosco le figure e non sarei ben accetta: è una delle cose a cui ho rinunciato quando ho intrapreso questa strada.
- Sarà, ma il tuo corpo racconta un’altra storia, da come batti il tempo con il piede e con le dita si capisce che hai una voglia matta di andare a ballare.
- Sì, mi piacerebbe, ma non posso.
Non riuscii a finire la frase, mi prese per mano e mi trascinò nel gruppo dei giovani che ballavano intorno al tino. Nessuno si accorse della mia presenza o almeno nessuno diede segno di essersene accorto. Non so per quanto tempo durò quella danza, ogni tanto cambiavo cavaliere e in un paio di occasioni mi capitò di essere io il cavaliere delle varie dame presenti.
Non c’era posto per i musi lunghi in quella giornata spensierata.
Quando il sole cominciò a tramontare la regina e le dame sposate scesero e lasciarono il posto ai contadini.
La festa sarebbe entrata nel vivo dopo che la regina si fosse cambiata d’abito, fu scortata a palazzo dalle sue ancelle, io mi gettai per terra con le mani dietro la testa, dalla mia posizione si vedeva uno splendido tramonto. Accanto a me comparvero Luke e Gianfar, anche loro avevano danzato ed io avevo fatto coppia con entrambi. Luke si mise alla mia destra: - Che pace, mi sembra di essere a casa.
- Già. – Risposi prendendogli la mano – mi sei mancato un sacco.
- Anche tu – rispose lui accarezzandomi la testa – ci hai fatto preoccupare, Gianfar ha avuto il suo bel daffare per impedirmi di venire ad affettare quei due disgraziati.
- Ora non parliamone, non mi va di pensarci, questa giornata è così divertente, vorrei che non finisse mai.
Flake ci raggiunse e dopo di lui anche Caleb e gli altri, rimanemmo tutti in silenzio a goderci lo spettacolo del sole che tingeva di rosa le cime delle montagne poco distanti.
Nel parco del palazzo stavano accendendo le torce, la cena sarebbe stata servita all’aperto su tavole mobili e la festa sarebbe ancora continuata a lungo per gli uomini e per le donne sposate, ma le giovani nubili erano già rientrate nei loro alloggi. Dalla cima della collina le fiammelle che si cominciavano ad illuminare il palazzo sembravano un’infinità di lucciole che vagavano impazzite.
- Ci incamminiamo? – Flake era schizzato in piedi e mi aveva offerto la mano per aiutarmi ad alzarmi. La presi con gioia perché il lavoro della giornata mi aveva stancata parecchio e mi dolevano le costole.
- Ce la fai o vuoi che ti carichi sulle spalle? – ad offrirsi volontario era stato Caleb.
- No, grazie, incamminiamoci che con la fame che mi ritrovo potrei addentare anche un cinghiale vivo.
Con il calare della sera mi resi conto che la temperatura si abbassava, per evitare di congelarmi corsi al piano di sopra e recuperai l’unico mantello che avevo: quello di Flake.
La migliore gioventù della corte si era radunata per quella cena e i bracieri spandevano calore intorno ai convitati.
Il vino scorse a fiumi e ben presto mi resi conto del perché le fanciulle illibate venissero messe sotto chiave in una serata come quella.
Tutti bevevano, anche i sovrani e non mi era mai capitato di vedere la regina così allegra, con le guance rosse e gli occhi lucidi guardava il marito come solo una donna innamorata poteva fare.
D’altro canto il re non perdeva occasione per lusingarla con piccoli gesti affettuosi. Era bello vederli così, due giovani innamorati che si scambiavano effusioni infischiandosene delle convenzioni a cui quotidianamente erano sottoposti.
Anche io cominciavo a sentire caldo perché a quella cena era vietata l’acqua e bere esclusivamente vino non era una delle mie abitudini, feci per alzarmi: avevo bisogno di fare due passi.
Flake mi seguì: - Ti accompagno, in una sera come questa i lupi si annidano anche tra gli agnelli .
Osservai attentamente i giovani che facevano parte della guardia del corpo di Flake: la maggior parte di loro era collassata sul tavolo e ronfava come se quella fosse l’ultima notte di sonno concessagli: Caleb era fra questi. Quelli che ancora riuscivano a mettere insieme un pensiero di senso compiuto cercavano di palpeggiare le servette che stavano portando via i piatti, ma in maniera del tutto innocua, più per scherzo che con veri intenti lascivi.
- Quelli dovrebbero essere i lupi?
Anche Flake scoppiò in una risata bassa, nonostante ciò mi seguì.
Mi appoggiai ad uno degli alberi del parco ed inspirai profondamente, lontana dal calore dei bracieri con aria fresca nei polmoni sentivo che i miei pensieri andavano schiarendosi.
Flake si avvicinò, prese una ciocca dei miei scompigliatissimi capelli tra le dita e la arricciò: - Se non sbaglio avevamo ancora un discorso in sospeso.
Sollevai il mento, il suo naso era ad un centimetro dal mio, sentivo il suo respiro sulle mie labbra: - Non ricordo dove eravamo rimasti – dissi con fare languido, un atteggiamento che se non fosse stato per quei bicchieri in più non avrei mai tenuto – mi rinfreschi le idee?
Mi carezzò la guancia che ancora portava i segni della colluttazione, con l’altro braccio mi cinse la vita e posò le labbra sulle mie con un tocco delicato, ben diverso da quell’atteggiamento sprezzante tenuto nelle scuderie e da quel mio approccio imbarazzante e maldestro del giorno del torneo.
Gli allacciai le braccia intorno al collo e lui salì con la mano dietro la nuca a perdersi tra i miei capelli. Le labbra si schiusero contemporaneamente per assaporarci l’un l’altro.
Riprendemmo fiato sorridendo entrambi, mi diede un lieve bacio sul naso: - Pensavo che non avresti mai ceduto.
- Ero solo molto confusa e lo sono ancora a dire il vero.
Un altro bacio lungo e lento, mi sentivo squagliare le ginocchia e lo stomaco faceva le capriole.
- Sei ancora confusa? – Mi sussurrò all’orecchio facendomi rabbrividire.
Feci un cenno affermativo con il capo e sciolsi le braccia che erano ancora avvinghiate intorno al suo collo lasciandomele scivolare lungo i fianchi: - E’ tutto nuovo, non mi è mai capitato niente del genere. Ho paura.
Flake continuò a tenermi abbracciata, ma allontanò leggermente il viso: - Paura di cosa?
- Ho paura di perdere quella libertà che ho fatto tanta fatica a conquistarmi, ho paura che domani tu ti renda conto che io non sono poi niente di speciale, ho paura di spezzarti il cuore, perché se davvero questa storia andrà avanti prima o poi succederà.
- Sono pronto a correre il rischio – Ribatté Flake tra il serio e il faceto.
- Vuoi davvero scommettere su un cavallo zoppo? Non potrò mai darti quello che generalmente un uomo si aspetta da una donna.
- Non ti è passato per l’anticamera del cervello che forse io non voglio quello che vogliono gli altri uomini?
Strinsi le braccia intorno alla sua vita ed appoggiai il capo sul suo torace: aveva il cuore che batteva a mille come il mio. Rabbrividii, mi strinse di più a sé: - Devo procurarti un mantello imbottito, quello non è abbastanza pesante.
- Scusa, avevo dimenticato che era tuo, è che è così caldo morbido e …
Mi interruppi, stavo per dire una cosa troppo imbarazzante, ma lui aveva colto il rapido movimento delle mie labbra che si erano sigillate: - e ….
Oh, al diavolo, perché mai avrei dovuto vergognarmi: - E mi piace il suo odore, perché mi ricorda te. Ricordati che da sobria non pronuncerei mai una frase del genere, capito?
Sorrise e mi baciò ancora e ancora.
Quando tornammo al tavolo il re e la regina si erano già ritirati e lo spettacolo che ci si parò davanti non era certo adatto agli occhi innocenti di una fanciulla, Flake mi fece fare dietro front e mi accompagnò fino alla mia stanza, sulla porta mi salutò con un ultimo bacio.
Ocean ci si strusciò intorno alle gambe mentre ci salutavamo.
 - Principe, ricordati che questo non cambia affatto il mio modo di fare e se sul campo di addestramento ti dovrò prendere a calci nel sedere, sta pur tranquillo che non ci penserò su due volte, perciò preparati.
Mi strinse le guance facendomi assumere l’espressione di un pesciolino e rispose: - Per chi mi hai preso? Certo che non cambia niente e poi se tu non combattessi con tutta la tua grinta non ci sarebbe gusto a batterti.
Gli feci una linguaccia prima di sbattergli la porta in faccia, ma sentii che rideva allegramente mentre si avviava per il corridoio. Mi infilai la veste da notte e mi gettai sul letto prendendo Ocean in braccio. Non riuscivo a cancellarmi il sorriso ebete che mi si era dipinto sul viso. Non mi resi nemmeno conto di essermi addormentata, che già era mattino.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


L’emicrania del dopo sbornia sembrava regnare per tutta la corte: nessuno dei partecipanti alla festa aveva il viso sereno e riposato. A differenza del giorno prima il cielo era nuvoloso e minacciava pioggia. Mi avvolsi nel mantello ed uscii, cercai un salice e ne incisi la corteccia, tornai nella cucina dove Tiana stava redarguendo aspramente Tilly per aver trascorso la nottata con uno dei garzoni di stalla.
Cercai di non farmi notare e recuperai un pentolino di rame, attinsi acqua fresca dal pozzo e preparai un decotto di salice e carciofo con una grattata di zenzero. Aveva un sapore disgustoso, però migliorò in poco tempo nausea, mal di testa e sonnolenza.
Visto che con me aveva funzionato ne preparai anche per la regina e salii nelle sue stanze.
Bussai, ma non ottenni risposta, così attesi ancora, bussai nuovamente, ma immaginando che la regina dormisse ancora lasciai il vassoio con il bicchiere e l’ampolla fuori dalla porta. Stavo per andarmene quando vidi la porta che si apriva e il re mi si parò davanti avvolto solo in un lenzuolo. Le mie guance probabilmente assunsero la tinta dei miei capelli  e sentii le orecchie incendiarsi: - Ho-ho portato un decotto per la regina … per i postumi, scusate . – Balbettai e corsi come se fossi rincorsa da una muta di cani. Ovviamente visto che non stavo guardando dove stavo andando e continuavo a darmi della stupida per aver fatto una figuraccia simile, non mi resi conto di chi stava arrivando dall’altra parte del corridoio e ci andai a sbattere contro.
- Lo fai solo con me o è tua abitudine schiantarti contro le persone? – La voce di Flake era impastata e, sollevando lo sguardo, vidi che aveva l’aspetto di uno che aveva passato la notte a dare di stomaco. – Fra l’altro dove la trovi tutta questa energia? –
- Sembri un cadavere che cammina, hai un aspetto disgustoso.
Lui sbuffò: - Ieri sera mi sembrava che la pensassi diversamente. – Arrossii.
- Se vuoi cercare si sembrare un essere umano prima delle dodici vieni con me in cucina, ti preparo un decotto e ti tiro anche su il morale, anzi, chiama anche Caleb, ieri l’o visto fuori gioco, il che per un omone come lui è pazzesco, dovrebbe reggere molto meglio l’alcol.
- Ma hai visto quanto ha bevuto?
Mentre parlavamo ci eravamo incamminati lungo il corridoio e trascinai in cucina almeno una decina di uomini più o meno giovani che avevano l’aspetto di essere finiti sotto la macina di un mulino.
Tiana vedendo quell’ammasso di rottami strinse i denti e non fece commenti solo perché il principe era con loro.
- Tiana,  posso usare la tua cucina per un po’? Perché non vai a riposarti? Una mezz’ora basterà e tu sei in piedi dalle cinque per infornare il pane.
La donna sorrise: - Coraggio, fate quello che dovete, ma mi raccomando, quando avete finito ripulite ogni cosa.
 Gli uomini si gettarono alla rinfusa sulle panche intorno al tavolo ed io cominciai a trafficare alacremente con le erbe. Il decotto fu pronto in mezz’ora e mentre gli uomini lo sorbivano mostrando disgusto ad ogni sorsata io risistemavo ogni cosa come richiesto da Tiana.
Vidi che pian piano tutti iniziavano a stare meglio, il colorito verdognolo lasciava il posto a quello roseo di sempre e mi sembravano meno malfermi sulle gambe, perciò li feci uscire tutti dalla cucina e, mentre finivo di sistemare il paiolo di rame, mi sentii allacciare un paio di braccia intorno alla vita.
Mi voltai di scatto e Flake mi sollevò il mento baciandomi lentamente: - Volevo essere sicuro che non avessi cambiato idea.
Arrossii lievemente negando con il capo, poi mi sciolsi dall’abbraccio: - Potrebbe arrivare qualcuno da un momento all’altro.
- La nostra quindi deve restare una relazione clandestina?
Annuii: - Ci sono troppe richieste della corte a cui non voglio sottostare e soprattutto non voglio che lo sappia tua madre, quella donna mi odia.
Flake sorrise: - Ma piantala, non è vero, è solo una donna molto apprensiva, severa che non è mai stata amata e che ha solo me e Coil. Desidera solo vederci felici.
Io ne dubitavo, ma non avevo intenzione di mettermi in una posizione di svantaggio. Non avrei mai vinto contro sua madre, perché sapevo che nessun uomo che si fosse messo apertamente contro mio padre avrebbe mai potuto pensare di costruire un rapporto con me.
Gli presi la mano, era il primo contatto spontaneo da parte mia: - Se vuoi puoi dirlo a tuo fratello e spiegagli anche le motivazioni per cui preferiamo che la notizia non venga diffusa, anche perché mi sa che la regina non si farà ingannare a lungo: è una donna molto perspicace e stranamente con lei non riesco assolutamente a mentire, nemmeno mettendo in mostra la mia proverbiale faccia di bronzo.
Mi diede un rapido bacio sul naso e si allontanò fischiettando. Mi voltai e colsi fugacemente lo sguardo sornione di Tiana che cominciò a cantare una allegra filastrocca per bambini.
 
Nei giorni successivi alla festa della vendemmia le attività ripresero normalmente: al mattino continuavo a studiare da autodidatta, mentre il maestro forniva esaustive lezioni ai giovani di corte. Le lezioni di combattimento e tiro al pomeriggio erano l’unico momento in cui potevo scambiare due chiacchiere con Gianfar e Luke, a meno che Flake non pretendesse di allenarsi con me, cosa che capitava sempre più spesso, tra l’altro.
Flake ed io non avevamo molto tempo da trascorrere insieme, ogni tanto disertavamo lo studio per una bella cavalcata che ci conducesse il più lontano possibile da sguardi indiscreti. Amavo cavalcare al mattino quando il terreno era duro e l’erba bianca di brina lasciava sollevare piccoli cristalli di ghiaccio che creavano una nebbiolina tutto intorno, sembrava di essere  immersi in una nuvola.
Era una mattina tersa e fresca quando Flake mi mostrò un luogo incantevole, quasi ai confini del parco: si trattava di un piccolo lago con una grotta; aveva un che di davvero fiabesco, sembrava uno di quei paesaggi in cui la bestia che il cavaliere deve sconfiggere si trova nei meandri più profondi o arroccata nell’oscurità: sulla superficie del lago una fitta foschia impediva di capire dove finisse l’aria ed iniziasse l’acqua e si aveva l’impressione di vedere la grotta attraverso una cortina di fumo.
- Nessuno sa come mai ci sia questo laghetto qui, ho il sospetto che i miei antenati abbiano deciso di costruire il palazzo qui vicino proprio per sfruttare le acque di questo laghetto, ha una fonte sotterranea, prova a metterci dentro la mano. – Disse ad un tratto trascinandomi giù da cavallo praticamente di peso.
Un po’ scettica attraversai con il braccio quella cortina fumosa e sfiorai l’acqua: era calda.
Avevo visto una cosa simile solo una volta:- Nei pressi della residenza dei genitori di Gianfar, c’è un insieme di piccole pozze che emettono acqua calda anche d’inverno, ma sono molto più piccole di questa!
Lui sorrise e cominciò a svestirsi: - Ma cosa fai? - Dissi arrossendo e girando il capo dall’altro lato.
- Non ti facevo così timida. – Ridacchiò finendo di sfilarsi la camicia.
- E infatti non lo sono – gli ringhiai contro – Solo che non mi va di prendermi una polmonite, non ho niente da mettermi di asciutto.
- Spogliati, allora. – rispose con fare fintamente innocente – con la cortina di nebbia che c’è credi che sarei in grado di vedere qualcosa?
Ci riflettei: era un sacco di tempo che non facevo un bagno come piaceva a me, altro che tinozza. Un tuffo, qualche bracciata, mi mancava la libertà di avere uno specchio d’acqua a mia completa disposizione.
Cominciai a svestirmi, giunta ai calzoni li sfilai velocemente, avrei voluto togliermi anche la camicia, ma ricordai le parole di Gianfar di qualche tempo prima: perché all’epoca avevo riso della sua rettitudine ed ora non riuscivo a decidermi a svestirmi del tutto? Facevo il bagno con Luke da quando eravamo bambini. Fu allora che capii: non sarei mai stata in grado di essere così sciolta con Flake perché sapevo che lui mi guardava in maniera diversa rispetto a Gianfar e Luke.
Ringraziai che quel giorno avessi deciso di indossare una camicia rossa e non bianca e cominciai ad immergermi.
Quando l’acqua mi raggiunse la vita mi sentii trascinare e Flake mi abbracciò: - Peccato, speravo che togliessi anche questa, disse sfiorando la camicia.
- Ecco, continua a sperare, dissi sollevandomi ed immergendogli il capo nell’acqua.
Mi immersi e cominciai a nuotare, l’acqua mi dava una sensazione di libertà simile solo a quella che mi dava il cavalcare a briglia sciolta.
Quando riemersi mi guardai intorno: di Flake neppure l’ombra. Lo chiamai una, due, tre volte, quel cretino voleva sicuramente farmi uno scherzo, aspettai ancora qualche secondo poi cominciai a preoccuparmi.
Ad un tratto mi sentii strattonare per un braccio: - Idiota, mi hai fatto prendere un colpo!
Però nessuno rispondeva, mi resi conto che Flake mi aveva seguito, ma non riusciva a riemergere, con le ultime energie doveva aver raggiunto il mio braccio, ma la sua presa si stava facendo sempre più debole. Con tutte le mie forze lo trascinai a galla, era così pesante che temetti di non farcela, riuscii a far riemergere la sua testa, gli allacciai un braccio sotto l’ascella e poi cominciai lentamente a trascinarlo verso riva, ero sfinita, non sentivo più le braccia e l’unica cosa che mi spingeva a muovermi era il timore che Flake non riuscisse a riprendere conoscenza. Cercai di dirigermi verso la grotta. Riuscii ad issarlo a riva con la forza della disperazione, ma aveva le labbra blu e non respirava.
Gli salii a cavalcioni e cominciai a spingere sul suo torace per far uscire l’acqua.
Gli aprii la bocca e ci soffiai dentro tutto il fiato che avevo, ripetei l’operazione più volte fino a quando finalmente non cominciò a tossire e sputacchiare.
Lo tirai su e lo abbracciai scoppiando in lacrime.
- Non farmi mai più uno scherzo simile – dissi scostandogli i capelli dal viso e baciandogli le labbra tremanti.
Lui annuì e mi strinse: - Grazie - sussurrò con voce malferma. - Dovevo rischiare di morire, perché mi baciassi tu?
Cercai di capire se stava scherzando, ma mi resi conto che in realtà stava tremando come una foglia:- Hai freddo?
Annuì: - Raggiungi il mio cavallo, nella tasca c’è un involto con degli abiti asciutti, li avevo presi per te in caso avessi deciso di fare il bagno vestita.
Maledissi a mezza voce la mia stupidità e corsi dai cavalli, recuperai gli abiti, l’involto che aveva portato dal palazzo ed anche un po’ di legna secca trovata qua e là.
Accesi un piccolo falò nella grotta. Lui si infilò camicia e mantello, mentre si sfilava i calzoni fradici per cambiarli con quelli asciutti mi voltai dall’altro lato.
Mentre lui era impegnato con quell’operazione mi sfilai la camicia con la velocità di una saetta e mi infilai quella trovata nell’involto, fissai il mantello sulle spalle, poi infilai i calzoni e mi sedetti dall’altra parte del falò.
- Guarda che non ti mordo. – disse spalancando le braccia.
- Hai solo da provarci - risposi accovacciandomi tra le sue gambe. Mi posò un bacio sulla nuca: - Mi è venuto un crampo, ti sentivo chiamare, ma non riuscivo a raggiungerti, ho avuto davvero paura di non vederti più.
Appoggiò il capo sulla mia spalla. Respirava ancora faticosamente e gli passai una mano in mezzo ai capelli.
- Quando questi saranno asciutti torniamo a palazzo, voglio che il maestro ti dia un’occhiata.
- E come giustifichiamo il fatto? – non mi piaceva la sua voce roca.
- Diciamo che per farti vedere ti sei buttato in acqua e che hai preso un crampo, così io mi sono tuffata per soccorrerti e senza il mio prezioso intervento ora il re sarebbe figlio unico.
- Ma così ci faccio la figura dell’idiota! – sbuffò contrariato.
- E infatti è quello che sei, ma si può sapere perché non sei uscito quando hai iniziato a sentire che il muscolo ti dava problemi?
Flake sollevò gli occhi al cielo, ma sapeva che avevo ragione: - E va bene, mi atterrò alla tua versione dei fatti. – Concluse tossicchiando.
Al palazzo ci beccammo comunque entrambi una bella lavata di capo perché, anche se tutti avevano accettato il mio racconto, il re e la regina continuavano ad essere piuttosto scettici.
A Flake fu prescritta un’intera settimana di riposo e a me fu concesso di tenergli compagnia solo un paio di re al giorno e sotto la severa sorveglianza del Maestro che non perdeva mai l’occasione di farmi infuriare, così me ne andavo ogni giorno inesorabilmente sbuffando e sbattendo la porta molto prima che la visita fosse conclusa.
 
Stavo scendendo le scale con un libro in mano, l’avevo appena preso dalla biblioteca reale e, visto che la giornata era soleggiata, avevo deciso di andare a rincantucciarmi nel mio angolino e trascorrere le ore prima del pranzo immersa nella lettura di quel pazzesco libro in cui si narravano battaglie, costumi ed usanze di un altro popolo vissuto molti anni prima.
Sfogliavo le pagine soffermandomi ogni tanto su un gradino per leggere un paragrafo, poi tornavo a camminare, arrivai alla fine delle scale e stavo per intraprendere quelle che portavano al camminamento di guardia quando mi sentii afferrare per il polso, mollai il libro ed estrassi immediatamente lo stiletto facendolo finire sotto la gola di chi mi aveva imprigionato il braccio: - Calmati, volevo fari una sorpresa; il maestro mi ha appena concesso di uscire.
- Sei un idiota, ogni giorno che passa mi rendo conto che gli dei quando dovevano distribuire il cervello hanno deciso di fare un’eccezione con te! – Ero furiosa, avrei potuto fargli del male e lui lo prendeva come uno scherzo.
Infilai lo stiletto nel fodero e mi divincolai dalla presa.
Flake mi seguì in silenzio: - E smettila di comportarti come un cane bastonato, sono contenta che ti abbiano concesso l’ora d’aria.
Mi andai a sistemare sotto il torrione di guardia, in quel posticino tranquillo che era diventato la mia sala lettura personale e mi apprestai a continuare il paragrafo che avevo lasciato a metà sulle scale. Flake si sistemò al sole accanto a me. Non era ancora in splendida forma, aveva le occhiaie ed era pallido, ma si sarebbe ripreso presto. Con gli occhi chiusi e l’espressione rilassata senza il suo solito ghigno sardonico si intravedevano ancora tratti dei suoi lineamenti infantili.
Piano piano scivolò nel sonno ed appoggiò il capo sulla mia spalla. Mi spostai e lo portai ad appoggiare la testa sulle mie gambe coprendolo poi con il mantello. Il fatto che fosse in via di guarigione non significava che dovesse beccarsi un’infreddatura.
Senza nemmeno rendermene conto, presa dalla lettura, cominciai a passargli le mani tra i capelli come facevo quando accarezzavo il pelo di Ocean mentre studiavo.
Sentii un mugugno soddisfatto e scostai il libro. Flake aveva ancora gli occhi chiusi, ma sul suo volto si era dipinto un sorrisetto: chiaramente si era svegliato molto appagato dalla posizione e dal mio modo di fare.
- Non farti troppe illusioni, hai solo preso momentaneamente il posto di Ocean.
Allungò il braccio e mi mise una mano dietro la nuca fino a che le mie labbra non arrivarono a sfiorare le sue.
Gli concessi quella carezza e poi mi stiracchiai: - Sarà quasi ora di pranzo, smettila di usare le mie gambe come un cuscino e alzati, pigrone.
Flake ghignò: - Il Maestro sarà furioso, avevamo lezione, raccontami un po’ dio cosa parla quel libro, mal che vada gli dico che mio fratello mi ha consigliato di leggerlo.
- L’ha scritto uno storico, parla di uno dei popoli al di là del mare, delle loro guerre e delle loro usanze.
- Un libro sui barbari? Interessante!
Annuii e mi lanciai in una spiegazione dettagliata delle usanze di quel popolo lontano, ero così intenta a parlare che non mi accorsi nemmeno che eravamo arrivati alla sala da pranzo, eppure c’era qualcosa di anomalo: era raro che la regina non si presentasse a tavola.
Mi avvicinai al tavolo e domandai a Lady Syria come mai la regina fosse assente: - Era molto stanca e non si sentiva di scendere, deve essersi sentita poco bene stanotte, sai malesseri femminili.
La cosa non mi convinceva, lasciai Flake lì e saltando i gradini a due a due come facevo di solito arrivai fino agli alloggi della regina. bussai: - Maestà?
- Altair, cosa ci fai qui, vai a mangiare, io non mi sento bene!
La guardai, in effetti aveva un incarnato che dire pallido era un eufemismo, era così bianca che rasentava il verde.
- Se chiedessi a Tiana di preparare un decotto di limone e salvia? Sicuramente vi rimetterebbe a posto lo stomaco, da quanto tempo state così?
La regina trasse un profondo sospiro: - Già ieri non mi sentivo bene, ma oggi sto anche peggio. Questa nausea mi sta uccidendo ed è davvero un peccato perché oggi arriverà il tuo nuovo maestro e avrei voluto essere presente per le presentazioni, ormai la lista dei maestri si sta talmente assottigliando che non so dove potremmo trovarne uno adatto a te.
- Non preoccupatevi, prometto che questo non lo farò scappare come gli altri. – sorrisi. Poi aggiunsi: - vediamo se è bravo, fatte le presentazioni ve lo porterò qui: se è una persona capace sicuramente sarà in grado di capire quale malessere vi da questi disturbi e troverà un rimedio migliore dei salassi del nostro caro Maestro che da quel che ne so e in materia di anatomia non è poi così poco, non sono sempre il rimedio migliore.
La regina sorrise: - Ora vai, o farai tardi per il pranzo.
Rimasi distratta per tutto il tempo ripensando alla regina e risposi a monosillabi anche alle domande di Caleb.
Nel pomeriggio parlai con il maestro d’armi: gli comunicai che il mio maestro sarebbe arrivato in giornata e domandai di essere esonerata dagli allenamenti per quel pomeriggio. L’uomo annuì ed io mi ritirai sulla torre di vedetta , non ci volle molto prima che vedessi apparire da una strada laterale che arrivava alla piazza del mercato un mulo carico di mercanzie trascinato da un uomo che non poteva che essere un maestro: camminava incespicando mentre leggeva un piccolo libro.
Scesi dal torrione ed avvertii la servitù che il nuovo maestro stava arrivando.  furono loro a premurarsi di avvisare il sovrano che mi raggiunse nel cortile principale proprio mentre si aprivano le porte del cortile interno.
Il maestro aveva un aspetto dimesso: i suoi abiti erano puliti, ma consumati e lisi sui gomiti e sulle ginocchia.
Quando fu abbastanza vicino mi resi conto che era molto giovane, non aveva più di venticinque anni ed aveva un aspetto molto sereno.
Lasciò la sua cavalcatura nelle mani di uno stalliere dopo aver tratto le bisacce che notai essere piene di libri.
Si inchinò al cospetto del re: - Maestà, il mio nome è Phoenix, vengo dalle terre al di là del mare. Sono onorato di trovarmi al cospetto di questa corte.
- Benvenuto maestro. Questa è la vostra allieva, Altair Warran, è un osso duro, nessuno degli altri maestri ha resistito per più di una settimana con lei.
Sbuffai:- Solo perché insultavano la mia intelligenza o credevano di potersi approfittare di me perché sono giovane.
Il maestro si voltò verso di me: - Non temere Altair, non ho nessuna intenzione di sottovalutarti o di insidiarti.
Quel maestro mi stava simpatico, era un tipo deciso e non mi dava l’impressione di ritenermi un’inetta per il semplice fatto che fossi una donna.
Mi caricai su una spalla una delle bisacce e feci per accompagnarlo ai suoi appartamenti.
Il re fu stupito da quel gesto di cortesia: - Maestro, vi attendiamo per la cena, se vorrete rinfrescarvi e riposare sono certo che nei vostri alloggi troverete tutto ciò che potrà esservi utile .
Una volta giunti di fronte al suo appartamento posai la bisaccia: - Maestro, la regina non si sente bene, potrei chiedervi di accompagnarmi a farle visita?
- Sei preoccupata Altair?
Annuii.
- Bene, allora fammi strada, cercherò di dissipare le tue ansie.
Bussai alla porta degli appartamenti della regina e ci fu concesso di entrare, la giovane donna aveva un aspetto molto più sano rispetto alla mattina ed era seduta su una sedia a ricamare.
- Maestà, questo è il nuovo maestro.
Il giovane si inginocchiò di fronte alla regina: -  Phoenix dei mari del Sud, per servirvi maestà.
Mi ritirai in silenzio per non essere invadente ed attesi pazientemente che arrivasse la sera per poter controllare se la regina sarebbe scesa a cenare.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


A cena fui distratta nell’osservare l’atteggiamento della regina e rispondevo a monosillabi alle domande di Caleb.
Maestro Phoenix raggiunse la tavolata dei compagni d’arme del principe e si presentò: - Sono onorato di incontrarvi e sarò lieto di condividere anche con voi le mie conoscenze.
Caleb, con la giovialità che gli era propria lo invitò a sedersi alla nostra tavola e il maestro ci intrattenne con racconti di tribù di terre lontane governate da donne che vivevano in pace e prosperità da secoli.
I giovani uomini ridacchiarono: - Come potrebbe una donna governare? Sono troppo umorali, ragionano con il cuore, non con il cervello.
Mi voltai ringhiando: - E da quando gli uomini ragionano con il cervello? Generalmente nelle loro decisioni si fanno guidare più da quello che hanno venti centimetri sotto l’ombelico che dal cervello.
Phoenix scoppiò in una sonora risata: - Posso intuire per quale motivo gli altri maestri siano fuggiti a gambe levate.
Continuavo a tenere d’occhio il tavolo dei sovrani e, quando vidi che la regina si alzava presi commiato dai miei compagni e la seguii.
- Altair, sono così felice che tu abbia lasciato la compagnia degli altri ed abbia deciso di venire a trascorrere la serata con me!
- Sono felice di vedere che la maestà vostra sta decisamente meglio, il nuovo maestro vi ha dato qualche infuso miracoloso?
La regina sorrise: - Solo riposo e tranquillità per i prossimi otto mesi.
Aggrottai le sopracciglia, poi capii, le presi le mani: - Congratulazioni, il re sarà al settimo cielo!
- No, voglio aspettare ancora qualche tempo prima di dirglielo, non so come la corte potrebbe reagire alla notizia e sinceramente non mi va di subire pressioni.
Annuii, doveva essere stata dura passare tutto quel tempo con il fiato della regina madre sul collo.
Vidi che la regina si rabbuiava.
- C’è qualcosa che vi preoccupa?
La giovane donna arrossì: - No, è che vedi, ho seguito il tuo consiglio, così il re ha preso l’abitudine di trascorrere tutte le notti nel mio letto e io, non so come dirgli che …
Avvampai: - Obiettivamente maestà è un argomento su cui non sono minimamente in grado di dare consigli, ma forse dovreste parlare con il re di tutto, dire che non siete ancora pronta a dirlo alla corte e chiedergli di avere pazienza almeno fino a quando non vi sentirete di nuovo disposta a …
La regina mi tolse d’impiccio: - Forse hai ragione, probabilmente dovrei parlarne con lui e poi chiedere dei consigli a maestro Phoenix, mi incute molto meno timore del Maestro di corte, non trovi che sia più affabile?
Sorrisi: - Ci vuole anche poco, non credete?
Mi ritirai presto per consentire alla regina di riposare e mi diressi verso i miei alloggi.
- Ehi.
- Ehi. – risposi con un cenno del capo.
- Dopo cena sei scappata così in fretta che non ho avuto nemmeno il tempo di fare due chiacchiere con te.
- Volevo parlare con la regina, non stava molto bene ed ero un po’ preoccupata.
Flake corrucciò la fronte: - Spero che sia tutto a posto, l’ha vista il maestro?
- Sì, ci ha pensato quello nuovo, è un tipo in gamba, le ha prescritto solo di stare a riposo.
Flake appariva scettico: - Che se uno sta male deve riposarsi non mi sembra una novità, potevo dirglielo anche io.
- Uh, allora dovresti dire a tuo fratello di farti maestro di corte.
Mi si avvicinò e sussurrò con voce suadente: - Magari così potremmo passare un po’ più tempo assieme.
- Credo che in quel caso studieremmo ben poco, non credi?
Mi accarezzò la guancia: - Non vedo tutta questa necessità di passare il tempo sui libri.
Gli bloccai la mano: - Solo perché sei un ragazzino viziato ed arrogante. Dovresti leggere un po’ di più, trova qualcosa che ti appassioni e studialo. Io amo studiare le proprietà delle piante.
Mi tappò la bocca con un bacio.
- Cosa ne diresti se continuassimo questa conversazione in camera?
Sollevai un sopracciglio: - Se stai tentando di intrufolarti nel mio letto forse non hai capito che non c’è trippa per gatti.
Sbuffò e mi salutò con un bacio sulla fronte.
Entrai in camera mia scuotendo la testa. Ocean mi accolse con le sue solite fusa, ormai era abbastanza grande da gironzolare per il castello e si intrufolava in camera passando per la finestra che lasciavo sempre socchiusa.
Nei giorni seguenti imparai ad apprezzare sempre di più il nuovo maestro: le sue idee erano rivoluzionarie e, a differenza degli altri, mi spronava nel mio studio delle piante perché riteneva che fosse più utile saper curare una ferita ed evitare che si infettasse piuttosto che conoscere a memoria tutte le costellazioni del cielo.
Ero così presa dallo studio da lasciar perdere le cavalcate mattutine, anche perché le giornate si facevano sempre più fredde ed uggiose.
Il maestro Phoenix aveva un eloquio eccezionale e sapeva rapire le persone parlando.
Aveva il fascino delle persone colte, era sempre impeccabile, il suo volto imberbe lo faceva sembrare più giovane dei venticinque anni che mi aveva detto di avere.
 La regina aveva insistito affinché sostituisse le sue vesti consunte con abiti più adatti ad un maestro di corte ed ora sembrava addirittura più bello.
Aveva lineamenti fini ed un corpo slanciato molto differente rispetto a quello pingue e rilassato del maestro di corte con cui aveva stabilito un buon rapporto essendosi assunto l’onere dell’intervento educativo della mia persona.
La regina aveva chiesto in più occasioni colloqui personali ed aveva finito con l’affidarsi a lui per la cura della propria salute, nonostante il sovrano non fosse molto soddisfatto di questa scelta. Nonostante ciò il re e la regina tubavano come colombi e si vedeva che il sovrano si preoccupava costantemente del benessere della propria sposa.
Anche Flake si era reso conto del cambiamento: - Quei due stanno sempre attaccati, mio fratello non sembra nemmeno più lui, passa tutto il tempo libero che ha con la regina.
- Sei geloso?
- No, è che…
- Mi sembra del tutto normale che passi molto tempo con sua moglie, almeno la toglie dalle grinfie di tua madre, se non ci siamo io o tuo fratello si aggira intorno a tua cognata come un falco in attesa di catturare la preda.
Flake sbuffò: - La dipingi come una strega. Non è una persona molto amorevole, ma vuole bene alla regina.
- Non ho mai detto il contrario, però lo dimostra in un modo ben strano.
Era una di quelle rare giornate di sole che ci sono a novembre e, intabarrati nei nostri mantelli pesanti, ci eravamo presi una mattinata per fare una cavalcata.  
Smontai di sella e legai le redini al ramo di una albero.
Flake mi abbracciò da dietro: - Mi sei mancata, stai sempre col maestro a studiare.
- Fa parte dei patti che ho preso con tuo fratello e poi il maestro Phoenix è l’unico uomo di studio che conosco ad apprezzarmi per quello che sono e a considerare il mio valore, sono riuscita ad imparare molto di più in queste poche settimane da quando è arrivato lui che dal giorno in cui ho raggiunto l’accordo con il re.
- Meno male che c’è questo maestro, allora, come faremmo senza di lui?
 Il tono di scherno non mi piacque affatto: - Non permetterti di mancargli di rispetto, è una persona che ha una cultura quale tu non avrai mai. – Mi slacciai dall’abbraccio.
- Come sei permalosa, non pensavo che tenessi così tanto al tuo adorato maestro.
Gli diedi una spinta: - Se proprio un ragazzino, come puoi parlare così?
- Quanto tempo è che non accetti di uscire a cavallo con me? Non dirmi che col tuo maestro studi soltanto, non ci credo.
Non riuscivo a credere che quelle parole fossero uscite dalla sua bocca, mi immobilizzai e strinsi i pugni, poi gli urlai in faccia tutta la mia rabbia: - Ma per chi mi hai preso? Sei diventato completamente deficiente? Che fossi un idiota lo sapevo, ma ora stai davvero esagerando.
- Allora dimostrami che per lui non provi niente, vieni da me, stanotte.
Lo guardai come se fosse impazzito: - Non devo dimostrarti proprio niente. Chi ti credi di essere? E quando e se deciderò di fare qualcosa sarò io a decidere tempi e modi. Non entrerò di soppiatto nella tua stanza come una servetta qualunque solo per compiacerti.
- Aspetta, io…
L’ astio che traspariva dal mio sguardo era più che palpabile: - Non osare avvicinarti ancora a me, non parlarmi, lasciami in pace.
Salii in groppa alla mia cavalla e partii al galoppo.
Entrai nella sala che era stata apprestata per lo studio sbattendo la porta, il maestro Phoenix sollevò appena lo sguardo dal volume che stava consultando.
Mi sedetti e presi un volume cercando di mandare a memoria alcune leggi, ma ero talmente furiosa che ogni cosa che leggevo si cancellava immediatamente dalla mia mente.
- Cercare di studiare quando la mente non è preparata oltre che inutile è anche controproducente, non otterrai nulla se non un forte mal di testa.
L’atteggiamento di tranquilla severità che trasmetteva il maestro era, se possibile, ancora più irritante.
- Vieni, andiamo nella serra reale, sicuramente l’ambiente bucolico ti aiuterà a rilassarti e mi spiegherai cosa sta succedendo con il principe Flake.
Sollevai il capo di scatto e mi resi conto che le mie guance avevano cambiato colore.
- Non mi sbagliavo, quindi. – Sorrise il maestro.
Lasciammo la stanza e ci dirigemmo in silenzio verso le serre. La mattinata, che precedentemente era apparsa tiepida e piacevole, ora aveva assunto i connotati di una tipica giornata autunnale nuvolosa e fredda, l’umidità penetrava fin sotto il mantello e fu un sollievo trovarsi nel locale chiuso della serra.
Mossi la testa facendo scrocchiare le vertebre del collo.
- Allora, vuoi spiegarmi cosa è successo?
- Il principe Flake è uno stupido ragazzino viziato e deficiente. Convinto che il mondo intero sia disposto a cadere ai suoi piedi.
Il maestro sorrise: - Mi sa che al principe non interessi tutto il mondo, da come ti guarda direi che tu sei l’unica persona di cui gli importi davvero qualcosa.
Che a Flake piacessi mi era risultato abbastanza chiaro, ma da qui a dire che a me tenesse in maniera particolare mi sembrava un po’ eccessivo. Tentai di ribattere: - L’unica cosa che gli interessa è fare un’altra tacca sul suo letto, ma non ho nessuna intenzione di farmi mettere nel sacco da uno come lui.
- Credo che tu ti sottovaluti troppo. Come mai avete litigato?
- Perché è geloso di voi.
Il maestro scoppiò a ridere e continuò con le lacrime agli occhi: non riusciva a fermarsi.
- Trovate davvero così divertente l’idea che qualcuno possa trovarmi attraente? Non è molto lusinghiero. – ripresi un po’ piccata.
- No, mi hai fraintesa, trovo divertente il fatto che abbia pensato che io possa provare attrazione per te.
Mi rabbuiai, detestavo essere trattata da sciocca. Vedendo il mio viso corrucciato riprese: - Ora ti rivelerò un segreto, ma ti prego di non farne parola con nessuno, eccetto la regina, anche lei ne è a conoscenza. Ricordi quando ti raccontavo che nel paese da cui provengo le donne detengono il potere? Ebbene la maggior parte dei maestri sono appunto donne, gli uomini generalmente si occupano dei lavori di fatica, ma l’organizzazione della società è rigidamente matriarcale: nessuno si azzarderebbe mai a mancare di rispetto alla regina o alla sacerdotessa, perché è la donna che decide se dare la vita e come e quando toglierla.
I consorti hanno una vita piacevole e tranquilla, ma se un uomo si azzarda a mancare di rispetto alla moglie, alla madre o alla sorella viene immediatamente cacciato dalla comunità. Questo sistema ci ha permesso di vivere in pace per quattrocento anni.
- Quindi generalmente anche i maestri sono donne?
- Esatto, ed io non faccio eccezione.
Osservandola meglio tutto divenne chiaro: - Ma perché avete deciso di venire in queste terre dove il rispetto per le donne è inesistente?
- Quando si è giovani si desidera cambiare il mondo, sono partita dalla mia terra natia cinque anni fa, volevo conoscere altri luoghi ed ho girato in lungo e in largo, ho conosciuto sacerdotesse che custodivano segreti di un antico passato, lo sai che anche in queste terre le donne detenevano il potere?Purtroppo, però il desiderio e l’avidità hanno distrutto questo tipo di società soppiantandola con una patriarcale e maschilista. Gli uomini cercano di dominare le donne perché temono il loro potere. Solo la donna ha il potere della vita. Gli uomini usano quello della morte, ma se tu dovessi scegliere sapresti dirmi quale è il più importante?
Era una domanda complicata. Ci riflettei a lungo e non mi resi nemmeno conto che il maestro, avrei ancora potuto chiamarlo così?, mi aveva lasciata ai miei pensieri.
Quella sera cenai nei miei alloggi, non avevo voglia di vedere Flake. Ero ancora molto in collera, ma stavo cercando di vedere la cosa dal suo punto di vista e, sebbene avesse torto marcio, potevo anche capire il suo atteggiamento, non lo accettavo, ma lo capivo.
 
Nei giorni seguenti trascorsi  molto tempo con Phoenix e con la regina, tanto che arrivai anche a trascurare un paio di allenamenti.
Il maestro d’armi venne ad informarsi delle mie condizioni di salute e spiegai che essendo rimasta indietro con lo studio il maestro aveva preteso un maggiore impegno. Per fortuna Phoenix mi resse il gioco e la nostra complicità crebbe maggiormente, passavo ore a leggere testi che narravano delle usanze del suo popolo e spesso chiedevo delucidazioni su ciò che non capivo, così cominciò ad avviarmi anche allo studio dell’antica lingua che si parlava nelle terre al di là del mare.
Talvolta la regina con il suo ricamo si sedeva nella sala dello studio e seguiva le lezioni che Phoenix mi impartiva.
Quel giorno anche loro scesero nella corte per assistere agli allenamenti.
- Altair, ci degni della tua presenza? Ti avevamo dato per dispersa! – La voce di scherno di Flake mi colpì come uno schiaffo.
- Non pensavo di mancarvi così tanto, Principe. – Calcai l’accento sull’ultima parola.
Una risatina si alzò da Gianfar che si stava godendo il siparietto come se fosse una delle farse di Alan.
Non degnai più di un solo sguardo Flake e mi diressi da Luke e Gianfar.
- Ciao ragazzi, non mi sono più fatta viva perché stavo studiando.
I due scoppiarono a ridere come pazzi: - Tu che studi? inventane un’altra.
- Idioti,  – Dissi con una voce nemmeno tanto convinta accennando un sorriso – venite, vi faccio conoscere il maestro Phoenix.
Fatte le presentazioni Phoenix mi prese da parte: - Dovresti smetterla di esasperare il principe.
- Non vi ci mettete anche voi.
- Ehi, Altair, scommetto che tutto quello studio ti ha rammollita.
 Mi voltai, Flake aveva davvero deciso di farmi arrabbiare: - Sono pronta a dimostrarti in qualunque momento il contrario a meno che tu tema di fare la figura dell’idiota.
Presi la spada corta con l’impugnatura in osso che era diventata la mia arma di elezione e feci una riverenza per ridicolizzarlo. Ovviamente si lanciò subito all’assalto, era parecchio più alto di me, ma io continuavo ad essere più agile, schivavo i colpi e in un paio di occasioni riuscii anche a metterlo in difficoltà.
In un momento in cui fummo abbastanza vicini da non farci sentire da nessuno gli ringhiai contro: - Stai cercano di trapassarmi con questa spada visto che con l’altra non ci sei riuscito?
I suoi occhi sembrarono fiammeggiare e mi diede una testata aprendomi un’escoriazione  sul sopracciglio, abrasione che, data la posizione, cominciò a sanguinare copiosamente.
Si allontanò un attimo ed osservai lo smarrimento e la preoccupazione dipingersi sul suo viso. Purtroppo ero troppo furiosa per provare anche solo un minimo di pietà per lo sguardo confuso del principe: aveva trasgredito una delle regole dei combattimenti cavallereschi. Approfittai della situazione, gli diedi un calcio nello stomaco che gli fece perdere l’equilibrio, gli assestai una ginocchiata nel fianco e poi gli fui addosso, lanciai la spada da un lato e gli diedi un pugno in faccia, se non fosse intervenuto Luke avrei continuato fino a ridurre il suo prezioso musetto una maschera sanguinolenta.
- Adesso basta Altair! Non ti ho mai vista così, sembri una tigre, cosa diavolo ti ha fatto? – Disse prendendomi di peso e trascinandomi lontano.
- Lascia perdere. - Mi voltai e spintonai gli altri compagni d’arme per aprirmi un varco ed andarmene.

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