I think I love you.

di BrokebackGotUsGood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kate ***
Capitolo 2: *** Leo ***
Capitolo 3: *** Kate ***
Capitolo 4: *** Leo ***
Capitolo 5: *** Kate ***
Capitolo 6: *** Leo ***
Capitolo 7: *** Kate ***
Capitolo 8: *** Leo ***
Capitolo 9: *** Kate ***
Capitolo 10: *** Leo ***
Capitolo 11: *** Kate ***
Capitolo 12: *** Leo ***
Capitolo 13: *** Kate ***
Capitolo 14: *** Leo ***



Capitolo 1
*** Kate ***


    Cuore nero scuro I think I love you.Cuore nero scuro




               

                Kate     



   

 

Dal primo momento in cui lo vidi capii che era speciale. 
A primo impatto poteva sembrare il classico fighettino biondo con gli occhi azzurri che se ne frega del resto del mondo, ma io, per qualche ragione a me tuttora ignota, sapevo che lui, Leonardo DiCaprio, era diverso da tutti gli altri. Me lo sentivo. 
Lo capivo dal suo smagliante sorriso, così sincero e caloroso, dalla luce nei suoi occhi che esprimevano tutt'altro che menefreghismo e dai modi gentili che ha usato con me sin da subito. 
Ricordo ancora il nostro primo incontro, sul set di "Titanic". 
"Sono Leonardo, molto piacere" disse stringendomi la mano.
"Kate" risposi con un sorriso. 
"Ciao, Kate. Sarà un piacere lavorare al fianco di una bella ragazza come te". 
Riuscì a farmi arrossire già dopo due secondi passati dalla nostra presentazione, ma non mi sentivo timida o imbarazzata, solo...lusingata. 
Perché, diciamocelo, sentirsi fare dei complimenti da un gran pezzo di ragazzo come lui non era una cosa che accadeva tutti i giorni.
Aveva recitato in molti altri film in passato, "Romeo + Giulietta" era quello che lo aveva reso noto, e quindi avevo già sentito parlare di lui, ma mai pensavo che in pochi mesi sarebbe diventato il mio migliore amico. 
"Titanic" divenne uno dei film più famosi della storia del cinema e rese Leonardo una star internazionale, e c'era stato un periodo in cui forse si stava lasciando un po' andare, chi non lo avrebbe fatto? Ma si riprese quasi immediatamente e continuammo a tenerci in contatto. Non mi aveva deluso, sapevo che non sarebbe stato in grado di farlo.
Già, non si era dimenticato di me, e la cosa ovviamente non poté che rendermi estremamente felice. 
Uscivamo con altri amici oppure da soli, andavamo alla prima festa che capitava, anche di sconosciuti, bevevamo qualche bicchiere di troppo e andavamo in giro per la città a ridere come matti, ed erano quelli i momenti in cui mi sentivo libera, felice e veramente me stessa, ogni singolo momento che trascorrevo con lui.
«Che ne dici, Kate?». 
Ad un tratto mi accorsi che Leonardo mi stava parlando, e io non avevo seguito mezza parola. 
Per un attimo non mi ricordai neanche in che luogo ci trovavamo: ah, già, in un ristorante italiano. 
«Eh?» fu l'unico suono che uscì dalla mia bocca. 
Lui socchiuse gli occhi e inclinò leggermente la testa di lato. «Hai ascoltato quello che ti ho detto?» 
«Direi di no,» intervenne Billy, che era uscito con noi e si era offerto di pagarci il pranzo «è con la testa tra le nuvole»
«Stavo solo pensando» dissi facendo un gesto con la mano di lasciar perdere la questione.
«A cosa?» chiese Leo, incuriosito. 
«Niente di importante. Stavi dicendo?» 
Sospirò e alzò gli occhi al cielo, sorridendo. «Ti stavo dicendo, Kate, che potremmo chiamare anche Danny, domani, e andare tutti a casa mia, se ti va». 
Sarei potuta restare a guardarlo per giorni interi, se ne avessi avuto la possibilità. 
Ogni volta che mi tuffavo nei suoi occhi azzurri mi ci perdevo e non volevo più uscirne, e ogni tanto pensavo a come sarebbe stato accarezzare quel viso dai lineamenti angelici, baciare quelle labbra così apparentemente soffici... 
"Smettila" mi rimproverai.
«Oh, certo» 
«Grande. Bene, ora vado, ragazzi, ci vediamo domani!». 
Fece un cenno di saluto con la mano e si voltò, per poi recarsi verso l'uscita, e per qualche motivo mi ritrovai a seguirlo con lo sguardo. 
«Terra chiama Kate?». Billy mi agitò la mano davanti agli occhi come per svegliarmi da un'ipnosi, e mi guardò con un sorrisetto divertito. «Dì un po', non è che per caso ti sei invaghita di Leo?» 
«Cosa?! No! Io...no!» 
«Va bene, va bene, scusa, è che...sei diventata rossa come un peperone». Scoppiò in una sonora risata e io, incenerendolo con lo sguardo, mi alzai dalla sedia e mi rimisi la borsa in spalla. 
«A domani, Billy» 
«Hey, no, aspetta!» cercò di fermarmi, sempre ridendo «Non volevo farti arrabbiare! Torna qui, dolcezza!» 
«Ho da fare» conclusi frettolosa, mi voltai e uscii dal ristorante a passo svelto, ancora rossa in viso. 
"Dì un po', non è che per caso ti sei invaghita di Leo?" ripetei nella mia mente. 
"No" mi risposi.
 

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Capitolo 2
*** Leo ***


                        Leo




 

Non appena uscii dal ristorante mi lasciai sfuggire un sorriso al pensiero di Kate. 
Non sapevo perché, ma la trovavo semplicemente adorabile quando si perdeva nei suoi pensieri:  lo sguardo assente e fisso nel vuoto, i denti che ogni tanto torturavano il labbro inferiore... non so, mi faceva tenerezza. 
La conobbi sul set di "Titanic", tre anni prima,  e quando le strinsi la mano per la prima volta capii immediatamente che avrebbe avuto un ruolo importante nella mia vita, oltre che nel film. 
Rimasi subito incantato dalla sua bellezza, non era una delle   classiche strafighe dalle forme perfette con cui solitamente ero tenuto a recitare, e forse era per questo che la trovai più carina di tutte quante loro messe insieme: perfetta nella sua imperfezione. 
Era un po' più robustina delle altre, e la cosa mi piaceva. 
Ma il suo sorriso fu la cosa che più mi colpì, la bellissima forma che prendevano le sue labbra carnose quando sorrideva. Mi faceva sentire in qualche modo a casa. 
Il giorno dopo la prima ripresa continuai a ripetermi il suo nome, Kate Winslet, e allora decisi: sì, saremmo diventati grandi amici. 
I fan, che si erano perdutamente innamorati della coppia Rose+Jack, avrebbero voluto (e volevano ancora) che tra me e Kate ci fosse stato di più che una semplice amicizia, alcuni erano addirittura convinti che avessimo una relazione segreta. 
Ma no, non credevo proprio di essere il suo tipo. E poi...avevamo una stupenda amicizia, perché rovinarla? 
Mi resi conto di essere arrivato a casa solo quando andai a sbattere in pieno volto contro la porta d'ingresso. 
«Oh, diamine!» esclamai, massaggiandomi il naso. 
Il pensiero di Kate mi distraeva davvero così tanto...?
Cercai subito dopo le chiavi di casa nelle tasche dei pantaloni, le tirai fuori e le infilai nella serratura; entrai in casa appena in tempo per sentire il telefono squillare, facendomi innervosire. 
«Andiamo, fatemi respirare!» dissi alzando gli occhi al cielo, convinto che fosse qualcuno che voleva intervistarmi, ma mai mi sarei aspettato di leggere il nome di Gisele sul display. 
Già, Gisele Bündchen, la famosa top model brasiliana. 
L'avevo conosciuta qualche settimana prima ad un party a Hollywood e avevamo parlato per un po', ci eravamo anche scambiati i numeri di telefono ma non mi sarei mai aspettato davvero una chiamata. 
Con un'improvvisa fitta allo stomaco afferrai il cordless, mi schiarii la voce e schiacciai il tasto con la cornetta verde.
«Pronto?» 
«Hey, Leo, sono Gisele. Disturbo?» 
«Ehm...no, no, figurati» 
«Visto che ci siamo scambiati i numeri di telefono, ho pensato di sentire come stai» 
«Oh, sto alla grande, grazie. E a te come va?» 
«Beh...andrebbe meglio se avessi un po' di compagnia. Sono a casa, tutta sola, e mi chiedevo se...puoi fare un salto da me?». 
Deglutii rumorosamente, sperando però che lei non lo avesse sentito. 
«Oh, ehm...d-d'accordo, quando?» 
«Anche subito, Leo». Non potevo vederla, ma ero sicuro che stesse sorridendo. 
«V-va bene, arrivo» 
«Perfetto. A dopo».
Aspettai che riagganciasse per espirare: senza rendermene conto avevo trattenuto il respiro per tutta la telefonata.  
"Calmati, non c'è alcun bisogno di agitarsi" mi rassicurai mentalmente mentre, dopo essere entrato in casa da neanche cinque minuti, mi preparavo nuovamente per uscire.

                        Cuore nero scuro Cuore nero scuro Cuore nero scuro

In macchina, gli edifici mi sfrecciavano accanto, insignificanti, e guardavo le auto davanti a me senza però vederle davvero. 
Avevo giusto una parte di cervello attiva per stare attento alla strada e ai semafori, ma l'altra parte era sovraffollata di pensieri. 
"Dunque, cosa potremmo fare domani a casa mia? Cosa potrebbe piacere a Kate?", "Oh, è vero, devo riordinare la casa per l'arrivo di Kate", "Non vedo l'ora di vedere Kate". 
OK, quest'ultimo era inaspettato. 
Mi immaginai le minuscole figure di Billy e Danny che, in un angusto angolo della mia mente, esclamavano "Hey, esistiamo anche noi!". 
Non avrebbero avuto tutti i torti. 
Perché pensavo solo a Kate, che vedevo praticamente almeno tre volte alla settimana, e non a Danny, che non vedevo da tantissimo tempo? 
Oltre ad essere Fabrizio, il migliore amico di Jack Dawson, era anche un mio caro amico. 
Oppure perché non pensavo a Gisele, la bellissima top model che mi aveva appena invitato a casa sua?! 
A volte neanche io stesso mi capivo. 

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Capitolo 3
*** Kate ***




Kate









Mi guardai allo specchio.
Indossavo un vestito abbastanza (OK, molto) corto e attillato, ricoperto di strass, senza spalline, aperto sulla schiena e con la scollatura a cuore.
I miei capelli biondi erano raccolti in una coda di cavallo, con qualche ciocca lasciata appositamente fuori, e gli orecchini argentati brillavano alla luce artificiale.
Non mi ero vestita così nemmeno al Golden Globe.
Perché mi ero fatta così bella? Dovevo solo passare una serata con Billy, Danny, e...Leo. Ripetei più volte quest'ultimo nome, e suonava nella mia mente come una dolce melodia.

Stavo per vedere Leonardo, stavo per vedere Leonardo!
"Sì, OK, stai per vedere il tuo migliore amico, e allora?" chiesi a me stessa, rendendomi improvvisamente conto del mio inspiegabile entusiasmo.

Mi tornarono in mente le parole di Billy: "Non è che per caso ti sei invaghita di Leo?", e mi chiesi se non avessero un fondo di verità.
Ogni volta che lo guardavo non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso...
Ma che stavo dicendo?! Era un gran bel ragazzo, chiunque si sarebbe ritrovato a fissarlo un po' più a lungo del dovuto.
Scossi la testa, come per scacciare il pensiero, mi diedi un ultima sistematina ai capelli e, dopo essermi assicurata di avere chiavi, cellulare e trousse d'emergenza, uscii di casa sulle mie scarpe coi tacchi a spillo.

Cuore nero scuro Cuore nero scuro Cuore nero scuro

Arrivai nel vialetto dell'enorme villa di Leonardo e vidi già le auto parcheggiate di Billy e Danny.
Mi ero rassegnata ormai all'idea che c'era qualcosa di strano in me, qualunque cosa fosse, ma se sentivo uno sciame impazzito di farfalle svolazzarmi nello stomaco e il cuore battere contro la cassa toracica, come se volesse scappare, solo quando dovevo vedere il mio migliore amico... allora ero messa proprio male. Ad un certo punto, una minuscola Kate vestita da diavoletto fece la sua comparsa sulla mia spalla sinistra, guardandomi con un sorrisetto divertito.
«Arrenditi, cara, ti stai innamorando di lui» disse cercando di sembrare indifferente, guardandosi le unghie.
«Non è vero!» rispose una voce dalla mia spalla destra, sulla quale era apparsa un altra minuscola Kate, vestita però da angioletto con tanto di aureola.
Dovevo dire che le ali mi donavano.
«Leonardo è il tuo migliore amico, niente di più»
«Giusto» dissi io convinta, facendo un bel respiro.
«Oh, andiamo!» intervenne ancora la Kate-diavoletto «Si vede lontano un miglio che sei cotta! Come spieghi il battito cardiaco accelerato e le farfalle nello stomaco, sentiamo?». Si mise le mani sui fianchi e tamburellò il suo stivale nero sulla mia spalla, aspettando una risposta.
Feci una smorfia combattuta.
«In effetti non lo spiego» ammisi, abbassando lo sguardo e mordendomi il labbro inferiore.
«Ah-ah! Lo sapevo!»
«Non darle retta» disse la Kate-angioletto «Lo stress può giocare brutti scherzi, lo sai?».
In effetti negli ultimi giorni stavo facendo un continuo avanti e indietro tra interviste di qua e party di là.
Sì, optai per lo stress.
Improvvisamente mi resi conto che stavo lì impalata come un baccalà da dieci minuti buoni, le due mini me sparirono e io potei proseguire fino all'ingresso, passo deciso.
Ma quando giunsi davanti alla porta e feci per suonare il campanello, la mia mano si bloccò a mezz'aria, e con essa si arrestò anche il mio respiro.
"Sto per avere un infarto", pensai. Ma non accadde niente di simile, per fortuna.
Era ufficiale, ero ansiosa di vedere Leonardo.
"Mi sto innamorando, mi sto innamorando".
La mia mano, chissà come, proseguì per la sua strada, pigiando il campanello.
Qualche istante dopo la porta venne aperta dallo splendido ragazzo biondo dagli occhi azzurri che era il mio migliore amico.
Forse.

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Capitolo 4
*** Leo ***


     Leo


 

Aprii la porta...e non riuscii a credere ai miei occhi. 
Per un attimo pensai di avere davanti il sole, talmente abbagliato rimasi dalla disarmante bellezza di Kate. 
Ammesso che fosse lei. Magari era stata sostituita con una sua sosia aliena.
Probabilmente era così, perché tale perfezione non poteva appartenere a questo pianeta e soprattutto non si poteva radunare così tanta meraviglia in un solo essere umano...
OK, forse stavo esagerando. 
Boccheggiai un paio di volte, come alla ricerca di ossigeno ( mi aveva letteralmente tolto il fiato), ma alla fine feci appello a tutte le mie forze per dire qualcosa.
«C-ciao» balbettai con un sorriso da ebete disegnato sulle labbra. 
«Ciao» rispose lei, sorridendo di rimando e, per qualche ragione, torturandosi le mani. 
«S-sei...sei bellissima» 
«Oh, ehm...grazie». Arrossì, e la cosa non mi passò inosservata. 
Era adorabile quando arrossiva. E quando si torturava le mani. E quando sorrideva. 
"Basta, dannazione!" 
Mi schiarii la voce, rompendo l'imbarazzante momento di silenzio che si era creato. «Prego» dissi scostandomi dalla porta e facendole segno di entrare «Billy e Danny sono sul divano a chiacchierare di non so che». 
Lei entrò e andò incontro ai due, che alla sua vista rimasero stupiti tanto quanto me. 
No, tanto quanto me era impossibile. Quasi, diciamo. 
«Hey, dolcezza, sei uno splendore!» esclamò Billy. 
«Kate, meraviglia dei miei occhi!» la accolse Danny abbracciandola «Quanto tempo è passato!» 
«È un piacere rivederti» 
«Oh, anche per me. Diventi sempre più bella» 
«Oh, ma smettila!» Kate si mise a ridere e io per la trilionesima volta mi ritrovai a guardarla con un'espressione da imbambolato stampata in faccia. 
Strizzai gli occhi, come per svegliarmi da un sogno.
«Allora,» dissi strofinandomi le mani «che vogliamo fa...». 
Non riuscii a terminare la frase, che il telefono squillò. 
«Oh, grandioso...ehm...un secondo, ragazzi» mi scusai allontanandomi da loro e afferrando il cordless...che aveva scritto il nome di Gisele. 
"Deve chiamarmi proprio adesso che è arrivata Kate?" pensai, rimproverandomi però subito dopo. Perché non avrebbe dovuto? Kate poteva aspettare, no...? 
Fatto stava che non avevo voglia di parlare con lei in quel momento, e mi odiavo per questo. 
Che diavolo mi stava succedendo, dovevo ancora capirlo. 
«Pronto?» 
«Hey, Leo. Che fai di bello?» 
«Ehm...veramente sarei con dei miei amici, Gisele» 
«Oh...capisco» sembrava delusa «Volevo solo dirti che sono stata bene, ieri». 
Non sapevo cosa risponderle esattamente: non ero stato male, ma...quel pomeriggio passato con lei era stato un normalissimo pomeriggio tra amici (o meglio, conoscenti). 
Sapevo che lei voleva qualcosa di più da me, e avrei tanto voluto cimentarmi anch'io nel gioco ma, giuro che non sapevo il perché, c'era sempre il pensiero di Kate che mi bloccava. 
Kate, Kate, Kate, sempre Kate, era diventata praticamente il centro dei miei pensieri. 
Ma di solito una persona è al centro dei pensieri di un'altra persona se si è innamorati... 
Oh, cavolo. 
"No, io non sono innamorato di Kate" mi auto-convinsi. 
«Anch'io» risposi. 
«Bene, allora...divertiti coi tuoi amici» 
«Senz'altro»
«Ciao»
«Ciao...». 
Rimisi il telefono al suo posto e tornai da Billy, Danny e Kate, che interruppero la loro conversazione sull possibilità di vita su altri pianeti e mi guardarono incuriositi.
«Chi era?» mi chiese Danny. 
«Oh, era Gisele» 
«E che voleva?» chiese Billy con un sorrisetto divertito. 
«Voleva ringraziarmi per...averle fatto compagnia, ieri pomeriggio». 
Kate sembrò irrigidirsi, e il sorriso che prima aveva disegnato sulle labbra scomparve all'improvviso. 
Danny aggrottò la fronte. «Aspetta, Gisele...»
«Bündchen, sì» 
«Ooooh! Non sapevo che frequentassi la super modella brasiliana!» 
«Neanche io lo sapevo» intervenne Kate, apparentemente sforzandosi di sorridere, e la cosa mi parve strana.
«N-non la frequento, infatti...».
Lei annuì, poi abbassò lo sguardo sul tappeto. 
Sembrava...gelosa. 
Ma no, non poteva essere, perché avrebbe dovuto? 
«Beh? Che facciamo, allora?» chiesi, cercando di cambiare argomento. 
«Perchè non guardiamo un bell'horror?» propose Billy «Uno horror vero, con l'H maiuscola. Uno di quelli che non ti fanno dormire la notte» 
Ci pensai su un attimo. «Sì, credo di averne uno che fa a caso nostro» 
«Perfetto!» 
«Tu che ne dici, Kate?». 
Lei alzò gli occhi per farli incontrare con i miei e annuì. 
«Per me va bene». 
Era diventata seria da quando avevo pronunciato il nome "Gisele", e la guardai preoccupato. «È tutto OK?» 
«Certo» 
«Bene». 
Le accarezzai la spalla e andai a prendere il DVD horror, mentre loro si accomodavano sul divano. 

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Capitolo 5
*** Kate ***


Kate







Il film era iniziato da almeno un quarto d'ora, ma non avevo seguito praticamente niente, a malapena sapevo il nome del protagonista. 
Neanche il film più spaventoso della storia del cinema avrebbe potuto distrarmi dal fastidioso, insopportabile pensiero di Leonardo in compagnia di Gisele Bündchen. 
Perché non mi aveva detto niente di lei? E perché mi sentivo come se qualcuno mi avesse attorcigliato lo stomaco?! 
«Kate» disse l'angioletto, che comparve sulla mia spalla destra «Comincio a pensare anch'io che...che tu ti sia innamorata di Leo. Anche se detesto dare ragione a...» 
«A me, come al solito» disse soddisfatta la Kate-diavoletto «Io sapevo di aver ragione sin dall'inizio!» 
«Lo pensate davvero...?» chiesi con un filo di voce. 
L'angioletto annuì combattuto, e il diavoletto annuì trionfante. 
«Kate? Parli da sola?» mi chiese Danny, guardandomi con un sopracciglio inarcato. 
«Stavo...pensando ad alta voce» 
«Oh». Mi guardò per un attimo con la fronte aggrottata. «Stai seguendo il film? A noi sono venuti già due infarti, mentre tu non hai avuto una minima reazione» 
«Beh, sarà che non mi spavento facilmente». 
Sembrava stupito dal fatto che fossi così tranquilla e indifferente, ma poi tornò a concentrarsi sullo schermo e io sui miei pensieri. 
Era ufficiale. 
Ero innamorata di Leonardo, ero innamorata del mio migliore amico. 
Oh, no! Era tutto sbagliato! Perché, perché dovevo sempre innamorarmi di ragazzi che non mi avrebbero mai e poi mai ricambiato per una ragione o per l'altra? 
«In effetti non credo tu abbia molte speranze contro una top model» riprese a parlare la Kate-diavoletto. 
«Ma certo che ce ne ha!» ribatté la Kate-angioletto, incrociando le braccia «Anche lei è bellissima» 
"Ok, d'accordo, ora basta, mi fate venire il mal di testa" pensai, stavolta mentalmente per non sembrare una pazza. 
«Ehm...Leo, posso bere un po' d'acqua?» sussurrai per non disturbare. 
«Certo, ora ti riempo un bicchiere» 
«No, lascia, faccio io. Ormai so dove sono le cose». 
Lui annuì, guardandomi con aria preoccupata, e mi lasciò andare in cucina, dove però mi recai non per bere ma per stare un po' da sola a pensare. "Avrò un'altra delusione, e dalla persona a cui tengo di più. Perciò farà ancora più male". 
Avevo voglia di urlare, rompere qualcosa, ma mi trattenni nel farlo giusto per non finire in un ospedale psichiatrico. 
Mi appoggiai al bancone, combattuta.
E ora cosa avrei dovuto fare, avrei dovuto dirglielo? 
No, non necessariamente. 
Non avevo idea della reazione che avrebbe avuto e, sinceramente, ne avevo paura: avevo paura che, spaventato dai miei sentimenti, si fosse allontanato da me e lo avrei perso come amico. 
E non volevo che ciò accadesse. Non avrei potuto sopravvivere. 
Chiusi gli occhi per un istante e respirai profondamente, poi andai verso la finestra e guardai fuori: era una bella serata, le stelle brillavano e la città era ancora in pieno movimento nonostante fossero le undici e mezza di sera. 
Feci per tornare in salotto, ma quando mi voltai andai a sbattere...contro Leonardo. 
Eravamo vicini. Pericolosamente vicini. 
«Oh, scusa» dicemmo all'unisono.  
«Kate, sicura che va tutto bene?» 
«Sì, non preoccuparti». Mi spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, imbarazzata dalla troppa vicinanza dei nostri volti. 
Potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle, il suo battito e il mio formare insieme un'unica melodia, le sue labbra a così pochi centimetri dalle mie...
Così mi uccideva! Perché non si allontanava...? 
«Invece mi preoccupo. È da quando ho parlato di Gisele che sei strana» 
«Davvero? Non me ne sono resa conto» 
«Lo vedi? Lo stai facendo di nuovo» 
«C-cosa...?»
«Ti sei irrigidita. Kate» mi mise una mano sulla spalla e mi fissò dritto negli occhi «Puoi parlare con me. Dimmi cosa c'è che non va». 
Guardai nelle sue iridi azzurre come il cielo e mi ci persi completamente.
Optai per la scelta più semplice, ovvero non quella di mentirgli ma di dirgli una mezza verità. 
«È che...vorrei solo che me lo avessi detto, tutto qui».
In qualche modo riuscii a spostare lo sguardo altrove, e deglutii. 
«Hey» lui mi mise due dita sotto il mento e mi costrinse a guardarlo «Scusami. È che la cosa non è seria, capisci? Ci vediamo solo ogni tanto, niente di più. Avrei aspettato che la cosa divenisse "ufficiale", ma te lo avrei detto comunque. Sei la mia migliore amica». 
Già. Ero la sua fottutissima migliore amica. 
C'era di buono che almeno, a quanto pareva, non stavano insieme. Non ancora. 
Sorrisi, confortata almeno un pochino da quel pensiero, e mi lasciai avvolgere in un abbraccio che ricambiai volentieri. 
«Ti voglio bene» mi sussurrò in un orecchio, facendomi salire dei piccoli brividi lungo la spina dorsale.
«Anche io». 
Strano, di solito non era così tenero. 
Smettemmo di abbracciarci ma, per qualche ragione, ci ritrovammo nuovamente coi volti a pochissimi centimetri di distanza. 
Vidi il suo avvicinarsi lentamente al mio. 
"Oh, cacchio, sta per baciarmi". Le sue labbra stavano per posarsi sulle mie. 
"Dio mio, ora svengo!". 
«Ragazzi, che fate?» chiese Billy, facendoci trasalire. 
Ci scambiammo un veloce sguardo, imbarazzati. O almeno, io lo ero.  
«Stavamo chiarendo una cosa da amici» disse Leo grattandosi dietro la nuca. 
«Venite di là?» 
«Certo, arriviamo». 
Ci sorridemmo un ultima volta, per poi tornare indietro dalla magica dimensione parallela in cui mi ero illusa, per un momento, di essere sospesa. 
E giurai a me stessa che avrei ammazzato Billy nel modo più doloroso possibile.

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Capitolo 6
*** Leo ***


                Leo


 

La mattina seguente non potei fare a meno di pensare a Kate (come al solito). 
Ma certo, non era gelosa, era solo un po' offesa perché non le avevo raccontato niente di Gisele quando invece di solito le dicevo sempre tutto, e sottolineo tutto.
Ma perché ero come deluso dal fatto che non fosse gelosa? Avrebbe dovuto essere il contrario! 
Ma non era quella la cosa peggiore. Il problema era che, già di prima mattina, avevo una voglia matta di vederla: mi sentivo come incompleto, ed ero sicuro che solo lei avrebbe potuto colmare quel vuoto semplicemente con uno dei suoi sorrisi.
La sera prima, in cucina, quando eravamo così vicini... mi sentivo come in trance, e non c'era sensazione più bella che sentire il suo respiro fondersi con il mio... e stavo per baciarla. 
Sì, stavo per baciarla. Dio mio. 
Mi era andato di volta il cervello?! Che sarebbe successo se lo avessi fatto?! Si sarebbe spaventata e l'avrei persa come amica, ecco cosa. 
Non avevo mai voluto così tanto bene a Billy come in quel momento, giuro. 
Ma la cosa che più mi confondeva e che più mi spaventava era che...io volevo farlo. Avevo voglia di baciare Kate. 
Sarà stato perché era una bellissima ragazza, sarà stato perché in quel momento ho avuto strani istinti maschili...fatto stava che non era affatto normale. 
Come non era normale che una vocina nella mia testa mi ripetesse continuamente di chiamarla. Ma così feci. 
Afferrai il cordless, composi il numero di Kate e aspettai, impaziente di sentire il meraviglioso suono della sua voce... 
OK, ora stavo iniziando ad essere preoccupante. 
Uno squillo. 
Due. 
Tre.
"Ti prego, ti prego, rispondi". 
Quattro.
«Pronto?». 
Il mio cuore, ad un tratto, prese a battere insolitamente veloce. «Ciao, Kate, sono Leonardo» 
«Oh, ciao!» 
«Come...come va? Sei ancora arrabbiata?» 
«Leo, non sono mai stata arrabbiata. Non ci riesco con te, anche se dovrei imparare a farlo». 
Ridemmo entrambi. 
«Senti, ehm...volevo chiederti se oggi avevi qualcosa di importante da fare» 
«Nulla che non si possa rimandare, no» 
«Allora ti va di passare la giornata insieme...?». 
Mi sentivo in imbarazzo, non sapevo perché ma mi sentivo in imbarazzo. 
«Certo!». Sembrava piuttosto entusiasta. 
«Perfetto, allora vieni tu a casa mia? Ti prego, non ho voglia di prepararmi né tantomeno di azlarmi dal divano» 
«Ma che pigrone!» si mise a ridere «D'accordo, arrivo. A che ora vengo?» 
«Subito, ti prego». 
Mi pentii amaramente di ciò che avevo appena detto. 
Avrei voluto prendermi a testate da solo. Perché, perché non contavo fino a dieci prima di dire qualcosa?! 
«V-volevo dire....anche adesso, se vuoi» 
«Va bene, a dopo».
Quando la conversazione finì tirai un sospiro di sollievo: il momento di imbarazzo era passato. 
Ma ora mi sentivo più emozionato che mai. 
Del perché, non ne avevo la più pallida idea.
O forse sì...." No, calma, Leo, tu non ti stai innamorando di Kate, non puoi innamorarti di Kate".

                      Cuore nero scuro Cuore nero scuro Cuore nero scuro

«Che pace» disse Kate, respirando il profumo degli alberi in fiore «Davvero non ci viene mai nessuno, qui? È così bello» 
«Già, anche a me pare strano, ma la gente ormai non sa più apprezzare la classica passeggiatina nel parco». 
Il che era un peccato, perché quello era davvero un posto bellissimo: verdi prati  dall'erba tagliata uniformemente, sentierini di mattonelle delimitati da piccoli alberelli dai fiori bianchi e rosa e un laghetto circondato da piccoli salici piangenti.
Un posto magnifico per una ragazza magnifica. 
Questa volta aveva indossato solo una semplice camicetta bianca e una gonna lunga fino alle ginocchia, ma la trovavo comunque bellissima. 
I suoi capelli sembravano fatti d'oro, sotto la luce del sole... 
«Che c'è?» mi chiese inclinando leggermente la testa di lato, accortasi di essere osservata. 
Distolsi subito lo sguardo, imbarazzato. «N-niente, stavo guardando cosa c'era dietro di te». 
Lei guardò dall'altra parte e poi di nuovo verso di me, stavolta con un'espressione confusa. «Stavi guardando un cestino della spazzatura?». 
No, OK, ora non c'era più niente che potessi ribattere. Mi aveva incastrato, punto. 
Sospirai e sorrisi, calciando un sasso con il piede destro. «E va bene, stavo guardando te» ammisi in totale imbarazzo, guardandomi poi in giro per evitare il suo sguardo.
Lei prese a toccarsi i capelli come una pazza. «Oddio, sono spettinata, vero?» chiese disperata.
«Ma no, Kate, sei perfetta».
Tirò un sospiro di sollievo, poi sorrise. «E allora che c'è?» 
«C'è che sei bella, tutto qui». 
Trovai il coraggio di guardarla, e vidi che stava arrossendo. «Ti ringrazio». 
E continuammo a passeggiare, cambiando però argomento per evitare ulteriori imbarazzi.

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Capitolo 7
*** Kate ***


   Kate



 

Oh. Mio. Dio. 
Mi aveva invitata a trascorrere la giornata con lui, avevamo passeggiato nel parco, mi aveva detto che ero bella e ora mi accarezzava i capelli mentre guardavamo la TV sul divano?! Lo aveva per caso colpito una strana malattia che faceva diventare estremamente teneri?! 
Non che la cosa mi dispiacesse, per carità divina.
E se anche lui fosse... 
«Certo, come no» mi interruppe la Kate-diavoletto «Lui innamorato di te? Ma per favore» 
«Oh, ma andiamo» intervenne la Kate-angioletto «Non hai visto come la guarda? La divora praticamente con gli occhi» 
«E allora? Il fatto che la consideri bella non vuol dire che ne sia innamorato» 
«Ma ci sono tantissime possibilità. Perché non dovrebbero esserci, insomma?» 
«Pronto? Sei tra noi? Esce con Gisele Bündchen, non ti basta?» 
«Ma ha detto che non si freque...» 
"La volete smettere di confondermi, voi due?!" esclamai mentalmente, portandomi le mani alle tempie. 
Non ero normale, questo era poco ma sicuro. 
Mi sforzai di seguire il programma che stavamo guardando, ma il pensiero che Leonardo potesse ricambiarmi mi faceva impazzire. In senso positivo, ovviamente. 
«D'accordo» disse lui spegnendo il televisore «abbiamo capito che in TV non c'è assolutamente niente. Perciò che ne dici di pranzare?» 
«Con estremo piacere. Ma, aspetta...tu sai cucinare?» 
«E come pensi che sopravviva, qui?» rispose ridendo. 
«Giusto...ma la cosa mi stupisce» 
«Io so sempre stupire la gente». Incrociò le braccia e fece un'espressione soddisfatta, e io sorrisi. 
Già, non avrebbe mai smesso di stupirmi.

                       Cuore nero scuro Cuore nero scuro Cuore nero scuro

Verso sera, dopo aver ascoltato musica a tutto volume, cantato come pazzi e vagato per la città, uscimmo sulla terrazza ad ammirare le stelle che il cielo ci regalava, cercando le costellazioni o strani disegni. 
«Guarda, quel gruppo di stelle formano una M» dissi indicandole. 
«O una W» 
«Mi piace di più la M. M di...meraviglioso» tracciai un arco invisibile con la mano con fare teatrale. 
«Come te...» 
«Cosa?» 
«Ehm...come il tè. Cosa c'è di meglio di una bella tazza di tè? ». 
Risi, ma dentro di me rimasi delusa. Ero certa di aver capito "come te", ma la mia fantasia amorosa mi aveva giocato ancora brutti scherzi... 
Dopo un po' guardai dentro casa, verso l'orologio appeso alla parete del soggiorno, e vidi che erano le nove e mezza. 
Sì, sarebbe stato presto...se alle dieci non avessi avuto un'intervista con David Letterman. 
«Oh, cavolo, devo andare!» esclamai, andando a recuperare la mia borsa. 
Leonardo mi seguì. «Come? Così presto?» 
«Mi ero dimenticata di essere ospite al Late Show, stasera!».
Lui rimase sorpreso, ma poi si mise a ridere. «Solo tu puoi dimenticarti una cosa del genere» 
«Lo so». Mi assicurai di aver preso tutto, mi misi la borsa in spalla e abbracciai Leo. 
«Mi dispiace infinitamente» mi scusai appoggiando il mento sulla sua spalla. 
«Tranquilla». Mi accarezzò la schiena con fare rassicurante, e sentii tanti piccoli brividi che mi fecero venire la pelle d'oca.
Mi staccai, ma ci ritrovammo, ancora una volta, con i volti a un centesimo di millimetro di distanza. 
Lui appoggiò la fronte alla mia, e io avevo la gola talmente stretta da impedirmi di deglutire; non mi sentivo più lo stomaco e il cuore mi avrebbe spaccato la gabbia toracica nell'arco di due minuti, me lo sentivo.
«Grazie per questa bellissima giornata. Sono stata davvero bene» sussurrai.  
«Anche io» rispose lui, sempre sussurrando, e si avvicinò ancora un po' alle mie labbra. 
Deglutii e chiusi gli occhi, aspettando di essere avvolta dal suo calore, ma non accadde. 
«Ora vai, o farai tardi» disse gentilmente, dandomi un piccolo pizzicotto sulla guancia. 
Annuii e mi sforzai di sorridere, nascondendo la delusione, lo salutai e mi recai verso casa, dove mi attendeva il mio autista.

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Capitolo 8
*** Leo ***


Leo





Non potevo crederci, stavo per farlo di nuovo! Stavo ancora per baciarla! 
Ma cosa mi passava per quel contenitore vuoto e duro che era la mia testa?! Se un giorno avessi dovuto farlo davvero non me lo sarei mai perdonato. Non volevo perderla per niente al mondo.    
E se...se mi fossi davvero innamorato di Kate? Insomma, non c'era secondo in cui lei non attraversasse la mia mente, ogni volta che la vedevo mi ritrovavo a fissarla con un sorriso da ebete e, cosa più importante di tutte, avevo una voglia matta di baciarla.
Non erano i sentimenti che un comune essere umano avrebbe provato nei confronti della sua migliore amica.
Era ufficiale. Sì, cavolo, ero innamorato di Kate! 
''E beh,  allora?'' pensai tra me e me ''Non è mica una tragedia. Perché dovrebbe esserlo? Lei è single, tu sei single...più semplice di così...'' 
«Uooo, frena, frena» dissi, stavolta ad alta voce.
Non era detto che lei mi ricambiasse, piccolo problemino.
Ma se magari quel momento di gelosia non fosse stato dovuto al fatto di non averle detto niente? Se fosse stato proprio perché ero andato a casa di Gisele...?
Non ero sicuro di niente. Ed era per questo che avrei agito con estrema cautela, per evitare di provocare danni. 
Feci un sospiro della serie ''
perché tutte a me?'', mi passai una mano tra i capelli biondi e mi buttai sul divano, dove era rimasto ancora un po' del suo profumo al gelsomino. 

                       Cuore nero scuro Cuore nero scuro Cuore nero scuro

Mattina.
Il rumore delle auto che sfrecciavano sulla strada arrivava ovattato alle mie orecchie, e un raggio di sole penetrava dalla tapparella, puntando sul mio viso e accendendo le mie palpebre di un rosso fuoco. 
Mi voltai dall'altra parte, infastidito, e affondai la faccia nel cuscino, ma quando stavo per riprendere sonno sentii il
rumore stridulo del campanello al piano di sotto.
Aprii faticosamente gli occhi, appesantiti dalle poche ore di sonno che avevo fatto quella notte, e cercai di abituarli alla poca luce che illuminava la mia camera; mi guardai intorno, non ricordandomi già più quello che avevo sentito, poi feci per crollare di nuovo, ma il suono si fece più insistente.
Alzai la testa di scatto e guardai la sveglia. «Chi cavolo rompe alle nove di mattina?» mi lamentai stropicciandomi gli occhi. 
Emisi un lamento incomprensibile, a malavoglia mi infilai le ciabatte e, stiracchiandomi, scesi le scale facendo attenzione a non perdere l'equilibrio: ero già rotolato una volta per quella rampa, e non era stato piacevole.
Giunsi all'ingresso strascicando i piedi e col portamento e aspetto di uno zombie, ma ero sicuro che anche il Leonardo DiCaprio versione mostro avesse il suo fascino.
Mi sistemai i capelli giusto per apparire un po' più presentabile, girai le chiavi nella serratura e aprii la porta.    
«Buon giorno, signor DiCaprio. Polizia di Los Angeles». 
Un uomo in uniforme da poliziotto, alto e muscoloso, mi stava guardando con aria preoccupata, seguito da altri due sue colleghi che gli stavano alle spalle.
«B-buon giorno» balbettai, confuso.
«Ci dispiace disturbarla a quest'ora»
«S-si figuri, ma...che...che succede?».
Il poliziotto scambiò qualche sguardo con gli altri due, terribilmente serio, e poi tornò a guardare me.
Guardai ora lui ora i suoi colleghi, una fitta mi strinse lo stomaco e l'ansia stava iniziando a salire. « E' successo qualcosa di grave...?» chiesi con un filo di voce, mentre il mio battito cardiaco accelerava.
«Si tratta del suo amico, Danny. E' stato travolto da un pirata della strada».
In quel momento, fu come se tutto ciò che mi circondava fosse crollato sotto il suo stesso peso.
Il sangue smise di scorrermi nelle vene, ormai lo stomaco non me lo sentivo più e la testa iniziò a girarmi vorticosamente. Avevi gli occhi spalancati, che passavano da uno sguardo dispiaciuto all'altro, la mia bocca si apriva e si chiudeva senza che da essa ne uscisse alcun tipo di suono. 
Ero paralizzato dallo shock. 
Danny..Danny era stato investito?! 
Feci appello a tutte le mie forze per dire qualcosa. «C-come...come sta?». Più che una voce umana, la mia risuonò come un roco miagolio.
«E' al Cedars Sinai Medical Center, non sappiamo quali siano le sue condizioni».
Sentivo che le lacrime mi pizzicavano gli occhi, ma deglutii per ricacciarle dentro e per sciogliere il groppo in gola che mi si era formato.
Annuii e abbassai lo sguardo. «Va bene. Grazie»
«Buona giornata»
«Altrettanto».
Buona giornata? Come sarebbe potuta essere una buona giornata?!
Nello stesso momento in cui la porta, chiudendosi, provocò un tonfo, sentii un colpo al cuore.

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Capitolo 9
*** Kate ***


Kate





 

Quando cavolo si decideva a baciarmi, quello?! Era già la seconda volta che mi si avvicinava e poi, per una ragione o per l'altra, non copriva del tutto la distanza tra le sue labbra e le mie.
«Aspetta un momento...chi ha detto che voleva baciarti, scusa?» chiese la Kate-diavoletto, apparendo dalla sua nuvoletta nera.
«Oh, certo, hai ragione, voleva solo vedere le sue labbra un po' più da vicino per studiarne meglio la forma!» intervenne sarcastica la Kate-angioletto, incenerendo la rivale con lo sguardo.
«Se avesse voluto baciarla, a quest'ora l'avrebbe già fatto!» 
«Magari ha paura di essere respinto, no? Anche Leonardo Wilhelm DiCaprio può avere delle ansie, è umano, giusto perché tu lo sappia». Si fermò per un attimo a riflettere. «Anche se è così bello che pare non appartenere alla nostra specie...» disse con voce sognante. 
«Non credo di piacergli» dissi sconsolata, scuotendo la testa.
«Ma certo che gli piaci!» mi rassicurò l'angioletto «Anzi, è stracotto. E si vede»
L'insopportabile diavoletto scoppiò in una risata amara. «Come no»
«Sentite- le interruppi esasperata «non siete d'aiuto, d'accordo? Perciò sparite».
Fortunatamente senza obbiettare, le due mini me si dissolsero nelle loro nuvolette, e io potei tornare ad assaporare il silenzio e la pace. Il rumore delle automobili a parte.
E lo squillo del telefono.
Il cuore prese a tamburellare impazzito nel petto mentre mi dirigevo verso il cordless, e ancora di più quando vidi il nome di Leonardo sul display.
Forse mi aveva chiamata per confessarsi, forse si era reso conto di essere stato uno stupido a fermarsi sul più bello, forse...
''Ok, Kate, sta' calma''.
Feci un bel respiro, mi schiarii la voce e premetti il tasto con la cornetta verde.
«Pronto?» dissi allegramente, ma la gioia e il sorrisone che avevo stampato in faccia svanirono non appena sentii l'agitazione e la tristezza nella voce di Leo.
«K-Kate...è...è successa una cosa alquanto grave...». 
Ad un tratto mi salì un groppo in gola, e l'ansia incomincò a impadronirsi anche di me.
«A te?» chiesi sbarrando gli occhi.
«No...a Danny»
«Oh mio Dio, cosa è successo?»
«E' stato travolto da un pirata della strada, e...è incoscente, ha tre costole rotte e ha riportato danni cerebrali, e...Kate, ho bisogno che tu venga al Cedars Sinai Medical Center...ti prego, ti prego».
Non sapevo spiegare con precisione come mi stessi sentendo in quel momento.
Un vuoto allo stomaco, come quando sei su una giostra spericolata del luna park, mischiato alla mancanza di ossigeno nei polmoni.
Non facevo in tempo a riabbracciare Danny dopo anni che non ci vedevamo e ora quel maledetto me lo investiva?! 
Mi sentivo piccola, piccola perché non sapevo cosa fare in quelle situazioni, come affrontarle e soprattutto come farle affrontare agli altri.
Con la mano che tremava e le lacrime agli occhi, annuii con la testa, anche se sapevo che lui non poteva vedermi.
«D'accordo. Arrivo». 
Fu poco più di un sussurro, ma speravo che avesse capito.
 
 Cuore nero scuro Cuore nero scuro Cuore nero scuro

Quando arrivai all'ospedale, facendomi largo tra infermiere che correvano da una sala all'altra, dottori che trasportavano barelle di corsa e parenti che gironzolavano alla ricerca di qualcuno a cui chiedere notizie dei loro cari, vidi Leonardo seduto su una sedia fuori dalla sala in cui doveva essere stato ricoverato Danny.
A vederlo in quello stato, mi venne un tuffo al cuore: testa nascosta dalle mani, singhiozzi trattenuti a stento.
Mi avvicinai lentamente e gli misi una mano sulla spalla, lui trasalì leggermente, e quando alzò lo sguardo per incontrare il mio si sforzò di fare qualcosa di vagamente simile a un sorriso. «Ciao»
«Ciao». Lo guardai con compassione, accarezzandogli il braccio con fare rassicurante. 
Lui sostenne il mio sguardo in silenzio per un po', poi si alzò dalla sedia e si tuffò letteralmente tra le mie braccia, lasciando finalmente liberi i singhiozzi e le lacrime.
«Sshh, andrà tutto bene» sussurrai stringendolo forte a me, mentre lui affondava il viso nella mia spalla  «Andrà tutto bene».
''Spero''.
Rimanemmo abbracciati per un interminabile istante, lui che si sfogava e io che lo rassicuravo meglio che potevo, finché una figura femminile non venne verso di noi a passo svelto.
Un'infermiera? No.
Gisele
Bündchen.
«Leo» chiamò dolcemente, mettendogli una mano sulla schiena e facendolo girare verso di lei.
«Oh, ciao, Gisele...»
«Ho saputo dell'incidente...come stai?».
Avrei voluto farla finire nel lettino d'ospedale al posto di Danny. 
Ma che domanda idiota era quella?! 
«Non sto bene, diciamo».
Lei lo guardò preoccupata, poi gli prese le mani nelle sue.
E io mi sentii avvampare di rabbia.
«Vado a prenderti un caffè, Ok?». 
Lui annuì abbassando lo sguardo, e la stupida s'incamminò col suo passo da modella (e sculettando, per di più) verso il distributore di bevande calde, mentre io architettavo un piano diabolico per farla fuori.

 

 

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Capitolo 10
*** Leo ***


Leo




 
Dovevo dire che la visita di Gisele non me l'aspettavo proprio, ma era stata gentile a preoccuparsi per me.   
Qualche persona in più a confortarmi non faceva mai male, anche se già la presenza di Kate mi rassicurava moltissimo.
Era ovvio che la presenza della persona di cui ero innamorato mi rassicurasse moltissimo.
Dopo che mi fui calmato del tutto, io e Kate ci sedemmo sulle sedie che componevano quello che era una sorta di corridoio d'aspetto, attendendo con impazienza che qualche dottore uscisse dalla sala operatoria e ci desse notizie di Danny, buone notizie
Qualche minuto dopo Gisele tornò con due bicchieri di caffè espresso, camminando lentamente per non farlo rovesciare ma tenendo sempre quell'impeccabile passo da modella.
«Ecco qui» disse con un sorriso, porgendomi un bicchiere «Con poco zucchero, come piace a te»
«Come fai a sapere che mi piace così?» domandai incuriosito.
«Io so più cose di te di quanto tu possa immaginare» rispose soddisfatta, sedendosi sulla sedia accanto alla mia ma non occupandola del tutto: occupò solo il lato più vicino a me, standomi praticamente appiccicata.
Si spostò i setosi e lunghi capelli di lato, e in quel momento Kate la guardò con sguardo assassino, come se sperasse di riuscire ad incenerirla con gli occhi, cosa che per un momento credetti potesse realmente accadere. 
«Kate? Tutto bene?» chiesi dopo aver sorseggiato il mio caffè.
«Vado a prendere una boccata d'aria, torno subito» si limitò a rispondere, con un tono insolitamente distaccato che quasi mi inquietò. 
Io la guardai preoccupato ma non dissi nient'altro e annuii, pensando che forse era solo preoccupata per Danny e dal fatto che non uscisse nessuno dalla sala, come tutti noi. La guardai allontanarsi a passo svelto, coi tacchi che riecheggiavano nel corridoio, e non potei non fare a meno di notare che...beh...aveva proprio un bel sedere.
«Allora,» disse Gisele ad un tratto, interompendo i miei pensieri perversi «quando potremo rivederti di nuovo nelle sale cinematografiche?». Intrecciò le mani e vi appoggiò il mento, come se si stesse preparando per sentire la storia della mia vita.
«Presto. Tra poco io e Danny Boyle inizieremo con le riprese di ''The beach''»
«Oh, e di che cosa parla?»
«Io interpreto Richard, un turista americano che...». Mi interruppi subito.
Un groppo mi salì in gola e una morsa mi strinse dolorosamente lo stomaco quando vidi un dottore uscire dalla sala operatoria e rivolgermi uno sguardo malinconico.
Mi alzai immediatamente in piedi, così come Gisele, che mi prese sottobraccio, ma non ci feci caso.
«Come sta...?» chiesi con voce spezzata, la stessa che avevo quando mi era stata comunicata la notizia dai poliziotti.
I genitori di Danny avevano dato il consenso di riferirmi le sue condizioni, perciò mi aspettavo una descrizione dettagliata; invece le sue parole furono poche.
Poche ma terribili.
Sospirò e mi mise una mano sulla spalla, guardandomi dritto negli occhi. «Posso solo dirle che è in condizioni piuttosto critiche, la sua sopravvivenza dipende totalmente da noi. Faremo il possibile». 
La sua voce gentile non mi impedì di sentirmi come se il mondo intero mi fosse crollato addosso.
Avevo una voglia tremenda di crollare a terra, proprio lì, e urlare a squarciagola, non importava quello che la gente avrebbe pensato di me.
Il mio migliore amico. Il mio migliore amico era lì dentro e io non potevo fare niente. Mi sentivo inutile.
Mi sentivo in mille modi, a dire il vero.
«Coraggio» fu l'ultima parola del dottore, che rivolse un cenno di saluto a Gisele e si incamminò verso le scale.

 
Cuore nero scuro Cuore nero scuro Cuore nero scuro

Restammo ancora un po' in ospedale, Gisele che mi confortava e io che mi preoccupavo perchè Kate non tornava dalla sua ''boccata d'aria''.
«Non sai quanto mi rattrista vederti così, Leo. Vorrei poter fare qualcosa, qualunque cosa...»
«Nessuno può fare niente, purtroppo». Sospirai e sorrisi debolmente, fissando il pavimento bianco. «Ma ti ringrazio della preoccupazione e del supporto che mi stai dando»
«Quando vuoi, io ci sono». Mi accarezzò il braccio e mi scostò una ciocca di capelli dalla fronte. «Vedrai, andrà tutto bene» mi sussurrò, molto vicina al mio viso.
Quando mi voltai per guardarla, pochi centimetri di distanza ci separavano.
E poi neanche quelli.
Senza che io me ne rendessi quasi conto, le sue labbra si posarono energicamente sulle mie, mentre la sua mano si posava sulla mia guancia; spalancai gli occhi dalla sorpresa e rimasi come paralizzato, più che altro non riuscivo a muovermi perchè lei mi stava addosso.
Non so perché ma non la respinsi e la lasciai fare, lasciai che le sue mani scorressero lungo il mio corpo e che la sua bocca si impossessasse della mia: forse non avevo le forze per spingerla via, forse ero troppo stanco di quella giornata per pensare lucidamente...
Ma i miei pensieri si risvegliarono quando vidi che Kate ci stava guardando immobile, scioccata, tremante, e allora allontanai Gisele, che mi guardò confusa.
Fissai Kate cercando di dire qualcosa, anche se non c'era un apparente motivo mi sentivo di doverle dare una spiegazione, ma prima che potessi emettere un qualsiasi tipo di suono lei corse via con le lacrime agli occhi.

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Capitolo 11
*** Kate ***


Kate
 
 
 
 
''Corri, corri lontano.
Vai via''.
Queste erano le parole che presero a risuonare nella mia mente, come l'eco di una voce malvagia; erano le uniche parole a cui riuscuvo a pensare senza sentire il cuore e lo stomaco come due pesi morti e inutili nel mio corpo, le uniche parole che mi facevano allontanare dall'immagine delle labbra di Leonardo premute su quelle di Gisele.
''Corri. Pensa a correre''.
Non avevo idea di dove stessi andando, la gente mi sfrecciava accanto lasciando dietro di sé solamente una scia sbiadita, correvo senza meta e non mi importava. 
Gelosia, delusione, tristezza e rabbia si stavano mescolando insieme in un complicato vortice di emozioni che mi fece venire il mal di testa, e le mie gambe sembravano quasi muoversi da sole, quando io dentro di me cercavo di convincermi a tornare indietro per Danny, ma non lo feci.
Mi sentii un'egoista, e forse lo ero, ma ormai non potevo più fermarmi, non ci riuscivo. 
Tutto quello che volevo fare era rinchiudermi da qualche parte e mettermi ad urlare a squarciagola, in un posto in cui nessuno avrebbe potuto sentirmi, in cui nessuno avrebbe potuto trovarmi.
Ma mi venne in mente solo il bagno.
Ad un tratto sentii qualcuno afferrarmi per il braccio, e mi voltai di scatto.
«Kate!» chiamò Leonardo «Ma dove stai andando?» 
«Lasciami, per favore» risposi freddamente cercando di liberarmi, ma lui non allentò la presa.
«Ma perché stai scappando come se avessi visto un fantasma? Che cos'hai?»
«Che cos'ho io, Leonardo, non credo che ti possa interessare»
«Ma di che diavolo stai parlando?! Certo che mi interessa, sei la mia migliore amica!» 
«E' proprio questo il punto!».
Lui aggrottò la fronte, non capendo dove volessi arrivare, e io vedevo la sua immagine davanti a me appannata per le lacrime che supplicavano di uscire. 
Ignoravamo la gente che ci stava fissando, preoccupata che potesse scoppiare una rissa da un momento all'altro (cosa che, se mi fossi incavolata sul serio, sarei stata in grado di provocare). 
«Che vuoi dire?» chiese con voce quasi irritata, guardandomi di sbieco. 
Chiusi gli occhi per qualche istante e respirai profondamente, costringendomi a non piangere, ma fu inutile, perché sentii una lacrima rigarmi la guancia destra, seguita da un'altra sulla guancia sinistra. 
«Kate...»
«Io non voglio essere solo la tua migliore amica. Io sono innamorata di te». 
Fu un attimo, non mi accorsi neanche di averlo detto; non pensai neanche prima di parlare, lo dissi e basta, meccanicamente.
Leonardo continuò a fissarmi con la bocca socchiusa, con lo stupore in persona disegnato sul suo bel viso, e poi abbassò lo sguardo sul pavimento, non sapendo cosa dire.
Perché voleva continuare a torturarmi? Cosa ci voleva a dire ''io invece no''?! 
«I-io...io n-non lo sapevo...»
«Lo so. Non ti voglio dare la colpa. Ci sono rimasta solo un po' male, ecco tutto» dissi con voce roca per il pianto in cui ero in procinto di scoppiare. 
Tirai su con il naso e sorrisi debolmente, asciugandomi le due lacrime con il dorso della mano, poi gli presi la mano con cui mi teneva il braccio e la strinsi nella mia. -Su, torna di là. Io vado a casa, sono stanca, in ogni caso-. 
Lui cercava di dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì una parola. 
Sembrava seriamente dispiaciuto, ed era già qualcosa.
Deglutii per scacciare un groppo in gola e gli lasciai la mano, per poi voltarmi e dirigermi verso casa. 

 
 Cuore nero scuro Cuore nero scuro Cuore nero scuro

Lo sapevo che avrei avuto una delusione.
Come avevo potuto credere, anche solo per un secondo, di avere una possibilità con Leonardo? 
Dopo relazioni fallite a non finire,  pensavo che questa fosse la volta buona e che finalmente sarei potuta stare con qualcuno che avesse potuto rendermi davvero felice, che mi avrebbe amata fino in fondo, ma mi ero semplicemente illusa, mi ero illusa e ora ne pagavo le conseguenze, come sempre. 
Tutti i baci mancati, tutti gli sguardi e ogni singola parola... tutti quelli che io avevo intrerpretato come segnali...non erano altro che mie fantasie da ragazzina alle prese con la sua prima cotta liceale.
Cos'è che non andava in me? O negli altri? 
Non lo sapevo e forse non lo avrei mai saputo. Forse ero destinata a rimanere sola a vita. 
Una morsa mi strinse dolorosamente lo stomaco a quest'ultimo pensiero, che cercai di scacciare via scuotendo violentemente la testa, mettendomi le mani tra i capelli. 
Avevo voglia di tirarmeli, ma il dolore era già troppo senza che si aggiungesse anche quello fisico. 
Beh, non mi restava altro che augurare tanta felicità a Leonardo e Gisele, augurargli di sposarsi in una soleggiata giornata di primavera e di avere tanti bambini che avrebbero reso ancora più gioiosa la loro vita insieme.
Bevvi avidamente almeno tre calici di champagne di fila, sperando forse di annegare i dispiaceri nell'alcol, anche se sapevo che non avrei fatto altro che rimettere l'anima il giorno seguente e che dopo tutti i problemi sarebbero ritornati, magari anche più assillanti di prima, se possibile.
Se non altro avevo smesso di piangere, dopo aver versato almeno un litro di lacrime lungo la strada, ed era già un progresso.
O almeno credevo. 
Ma quando gli avevo confessato di amarlo lui non aveva negato di provare la stessa cosa... 
''No, Kate, basta con le illusioni''.
Ma che razza di stronza egoista ero?! Al posto di preoccuparmi della salute di Danny e di sperare che uscisse sano e salvo da quella stanza di ospedale, pensavo solo alle mie complicazioni sentimentali?! Non era giusto, io non ero giusta, niente di quello che mi circondava era giusto. 
«Fa' che vada tutto bene» implorai con un filo di voce. 
I miei pensieri vennero interrotti dal suono stridulo del campanello, che mi fece sobbalzare.
Non ero proprio in vena di ricevere visite, e soprattutto non avevo la minima idea di chi potesse essere alle undici e mezza di sera.
Driiin driiin driiin!
Gli squilli erano insistenti e irritanti, e capii che il tizio o la tizia che stava fuori non mi avrebbe lasciata in pace col mio dolore finché non avessi aperto: così, piuttosto seccata e barcollante per la stanchezza (tanto per non dare la colpa all’alcol), mi trascinai fino all’ingresso, girai le chiavi nella serratura e aprii la porta.
Dovevo essere più sbronza di quanto pensassi, se vedevo Leonardo davanti a me col fiatone.
«Kate» disse «ti prego, parliamone».
Io strizzai le palpebre un paio di volte. «Leonardo? Ma sei davvero tu?»
«Certo che sono io! Sei per caso…». Si fermò e guardò oltre le mie spalle, scorgendo la bottiglia di champagne. «Oh, no»
«Senti, Leo, sto bene, ok?»
«No, non stai bene per niente. E neanche io, a dire la verità»
«Fisicamente o interiormente?»
Sospirò, alzando gli occhi al cielo. «Kate, fammi entrare e ne parliamo»
«Ma parlare di cosa? Non c’è proprio niente di cui parlare, Gisele ti ama, tu ami lei e fine della sto...»
«Io non amo Gisele, per l’amor del cielo!».
Ok, questa non me l’aspettavo proprio.
Perché diamine l’aveva baciata, allora?! Per disperazione?!
Aggrottai la fronte, confusa, e mi scostai dal battente. «Ora sì che vale la pena di chiarire»
«Finalmente!».
Lui entrò e mi diede giusto il tempo di chiudermi la porta alle spalle, poi mi afferrò per una mano e mi condusse in cucina (non saprei dire perché, forse perché era la stanza più vicina), facendomi poi appoggiare al bancone.
Senza lasciarmi la mano, si piazzò davanti a me e piantò i suoi magnifici e profondi occhi azzurri nei miei, paralizzandomi completamente.  
«Ascolta… avrei dovuto essere chiaro con te fin dall’inizio. Mi dispiace di averti ferita, ma voglio che tu sappia che non era mia intenzione, e… è stata lei a baciarmi, io non volevo…»
«Non volevi? A me era parso il contrario»
«Senti, non so perché non l’ho respinta, non ho avuto il tempo di pensare o di reagire, ero troppo preoccupato per Danny e…»
«Ok, ok, supponi che io ti creda. Ma perché me lo stai dicendo? Voglio dire, d’accordo, la tua migliore amica ci è rimasta male e tu cerchi di consolarla, ma perché cerchi a tutti i costi di darmi una spiegazione e di dirmi che non ami Gisele? Che ruolo ho io in tutto questo?».
Lui abbassa lo sguardo sulle nostre mani intrecciate per un istante e serra le labbra, quasi per non far uscire le paole che stava per pronunciare.
Ma le pronunciò, e l’effetto fu sconvolgente.
«Non quello della migliore amica. Perché sei più di questo. Io…»
 

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Capitolo 12
*** Leo ***


Leo



 
Feci un profondo respiro, la guardai negli occhi e glie lo dissi.
«Credo di amarti».

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Capitolo 13
*** Kate ***


Kate 





 
 
Mi ci volle un po' per assimilare le parole che giunsero alle mie orecchie: il mio cervello, già ridotto in pappa, era ancora più confuso. 
O non reggevo proprio lo champagne e stavo sognando tutta la scena, o Leonardo mi aveva appena detto di amarmi, o almeno...che credeva di amarmi. 
Il cuore prese a battermi con una velocità anormale, come se stesse cercando di sfondarmi la cassa toracica, e sentivo migliaia di ali di farfalla battermi nello stomaco; rimasi di stucco, con gli occhi spalancati e la bocca semi-aperta, a fissarlo come una scema e a chiedermi se avessi sentito bene. 
«C-come, scusa...?» balbettai, sbattendo le palpebre un paio di volte.  
Lui deglutì, abbassò ancora una volta lo sguardo e si passò una mano tra i capelli biondi, visibilmente imbarazzato e anche dispiaciuto, avrei osato dire, forse per non avermelo detto prima. «All'inizio non lo avevo capito, o forse non lo volevo capire...ma poi, quando ti vedevo, mi ritrovavo  a fissarti pensando a quanto fossi bella, a quanto fossi fortunato ad averti nella mia vita... e quando invece non ti vedevo pensavo a come mi sentissi vuoto senza te al mio fianco. Occupavi -e occupi tutt'ora- il centro dei miei pensieri, non c'era un secondo della mia giornata in cui non pensassi alla tua mano stretta nella mia, al tuo sorriso, alla tua voce, e...e allora ho cominciato a farmi qualche domanda. Questa è stata la conclusione». Inspirò a fondo e poi mi guardò, annuendo. «Sì, credo di amarti». 
Quella non poteva essere la realtà, era troppo bello per essere vero: quella cosa meravigliosa non poteva accadere a me, Kate Elizabeth Winslet, non era scientificamente possibile. 
Insomma, Leonardo, il ragazzo di cui ero follemente e perdutamente innamorata, si era dichiarato lì, davanti a me, nella mia cucina? Ma dai, per favore! 
Eppure, la luce che splendeva nei suoi occhi, il calore del tocco della sua mano e il suo respiro che si fondeva col mio mi dicevano che tutto questo stava realmente accadendo, che non era un sogno, un'allucinazione o una mia fantasia, e capii che le sue parole erano sincere. 
Alle prime non reagii, mi limitai a guardarlo e a cercare di controllare il mio battito cardiaco, ma poi la gioia e l'emozione presero il sopravvento e delle lacrime impiastrate di mascara iniziarono a colarmi dagli occhi, mentre un sorriso prese possesso delle mie labbra. 
Questa volta erano lacrime di gioia, finalmente erano lacrime di gioia, e solo allora mi resi conto di quanto avessi impazientemente, ardentemente, disperatamente desiderato l'arrivo di quel momento. 
«Credi?» chiesi, emettendo qualcosa di simile a una breve risata «Molto gentile da parte tua». 
Sorrise anche lui, e pensai che non ci fosse niente di più bello al mondo. «Ti amo». 
A quel punto il cuore mi stava per scoppiare, e non potei trattenermi un secondo di più dal gettargli le braccia al collo e far finalmente incontrare le nostre labbra, che subito iniziarono a rincorrersi e cercarsi in una corsa frenetica. 
Ora non esisteva più nulla, né il mondo esterno né la gente che vi abitava, niente aveva più importanza se non noi due, che dopo un tempo che mi sembrò un' eternità potemmo ritrovarci e unirci per formare una cosa sola, un legame che niente e nessuno avrebbe potuto spezzare e la cui energia avrebbe travolto i nostri cuori per il resto delle nostre vite, vite che, l'uno senza l'altro, non avrebbero avuto assolutamente senso. 
E ora che lo sapevamo, ora che lo avevamo capito niente avrebbe più potuto ostacolarci. 
Il bacio, che da casto e dolce si era trasformato in appassionato e... poco romantico, a dire la verità, durò parecchio, non avrei saputo precisare quanto, era come se mi fossi teletrasportata in una dimensione magica in cui il tempo non esisteva. 
Quando ci staccammo per riprendere fiato, lui mantenne il contatto fisico poggiando la fronte alla mia, mentre io continuavo ad accarezzargli delicatamente i capelli, mentre un'unica domanda si impossessò della mia mente e sentiva la necessità di ricevere una risposta, una domanda forse un po' affrettata e che nasceva da un'inaspettato desiderio di non lasciarlo più andare, ma che valeva la pena di porre. 
«Resti qui, stanotte...?». 
Fu poco più di un sussurro, pronunciato a fior di labbra e con la speranza che non avesse afferrato male in concetto. 
Ma la sua risposta, che arrivò senza troppa esitazione, non lasciava spazio alla malizia, fu semplice e implicita, data con un leggero cenno della testa e un tenero sorriso. 
Un sorriso che diceva più di quanto le parole avrebbero potuto dire. 
''Resterò''. 

 
Cuore nero scuro Cuore nero scuro Cuore nero scuro

L'eco di uno squillo di telefono, debole e lontano, ruppe il silenzio che dominava la stanza vuota e buia in cui mi trovavo. 
Poi un altro, un po' più forte e un po' più vicino. 
Non riuscivo a capire da dove provenisse, né se fosse reale.
Un altro ancora, stavolta chiaro e potente, e mi ritrovai nella mia camera da letto, sdraiata sulle fresche lenzuola . 
Gli squilli non cessavano, e dopo un po' capii che si trattava del cordless sul mio comodino, il quale display mostrava la scritta ''Signora Nucci''. 
La madre di Danny. 
Spalancai gli occhi e mi alzai con con uno scatto felino, e contemporaneamente a me si svegliò Leonardo, che fino a un attimo prima mi stringeva tra le braccia. 
Accesi la luce, afferrai il telefono e premetti il tasto con la cornetta verde, cercando di riprendermi completamente dal sonno, mentre lui mi guardava con la fronte aggrottata. 
«Pronto?» dissi, l'agitazione palpabile nella mia voce. 
Ma che svanì quando sentii la serenità dall'altra parte del telefono. 
«Kate? Sono Deborah, la madre di Danny. Scusa tanto per l'ora» 
«Oh, si figuri»
«Leonardo è lì con te...? Ho provato a chiamarlo a casa, ma non ha risposto» 
«Sì, è qui, glie lo passo subito»
«Grazie».
Passai il cordless a Leonardo con un sorriso rassicurante sulle labbra, e i suoi occhi si illuminarono di speranza. 
«Deborah?» chiese, sistemandosi meglio sul letto. 
Non sentii le parole della signora, ma dal sorriso che andava crescendo sempre di più sulle labbra di lui capii che si trattava di buone notizie, e la cosa, ovviamente, non potè fare a meno di sollevarmi. 
Vederlo finalmente sereno, senza più la preoccupazione a rabbuiare il viso che di solito splendeva più del sole, fu come un'ondata di calore in una gelida giornata d'inverno, e pensai che non era mai stato più bello di così (anche i capelli scompigliati facevano la loro parte).
«Dice sul serio? Ma è grandioso!» esclamò dopo un po', abbattendo definitivamente quel muro di ansia che stava cercando di ergersi dentro di me. 
«Ma certo, lo farò. La ringrazio di cuore. A presto!». 
La telefonata terminò e lui tirò un sospiro di sollievo, guardandomi con gli occhioni colmi di felicità. 
«Beh?» domandai, avvicinandomi un po'.
Il suo sorriso si allargò ancora di più, e arrivai a chiedermi se non gli facessero male le guance. «Ha ripreso conoscenza e i danni si sono rivelati meno gravi di quanto si pensasse. C'è la possibilità che venga rimesso già fra due settimane». 
A quelle parole, non potei trattenere un gridolino di gioia, e strinsi forte Leonardo tra le mie braccia. 
«E' fantastico, Leo!» 
«Già, lo è». 
Mi guardò dolcemente, mi posò una mano sulla guancia e annullò la distanza tra le mie labbra e le sue, rendendo così definitivamente perfetto quel momento di felicità ed euforia. 
Da allora in poi, speravo, avremmo potuto farlo ogni volta che volevamo.

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Capitolo 14
*** Leo ***


Leo



 

Non pensavo che il lieto fine potesse esistere anche nella vita reale. 
Pensavo che o avrei perso Danny (nel senso più tragico), o che avrei perso Kate, e invece ero lì, al calore di un bel caminetto in pietra con lei tra le braccia e il pensiero del mio migliore amico attaccato a qualche videogame, e pensai che non ero mai stato tanto felice come in quel momento. 
Innamorarmi di Kate era stata come un'illuminazione, qualcosa di straordinario che mi aveva fatto capire cosa volesse realmente dire la parola ''amore'' e ad apprezzarne ogni lato, era stata la mia salvezza da uno strapiombo nel quale, senza la sua mano pronta ad afferrarmi, sarei sicuramente precipitato. 
Lei non se ne stava accorgendo, ma io continuavo a guardarla con il solito sorriso da ebete e pensavo a cosa fosse stato disposto a sacrificare un uomo  per avere una come lei al suo fianco; sapevo che avremmo avuto anche noi le nostre divergenze, ma le avremmo superate insieme come avevamo fatto da anni, con la sola differenza che non lo avremmo più fatto da semplici migliori amici, ma da coppia. 
La coppia che tutti avevano bramato e sperato, sin dai tempi di ''Titanic'', di vedere insieme. 
Mentre Kate fissava con concetrazione lo schermo della TV, mi sporsi in avanti e iniziai a stampargli tanti piccoli baci sulla guancia, per poi scendere lentamente fino al collo. 
«Leonardo...» gemette «guarda che così non riesco a seguire il film...»
«Ma è proprio questo il mio scopo» risposi sussurrando, cercando poi le sue labbra. 
Purtroppo, quel momento venne interrotto da quell'odioso, irritante ed esasperante campanello che aveva interrotto chissà quanti altri momenti, e Kate rise leggermente. 
«Ma proprio sul più bello?!» protestai con il tono di un bambino che per Natale non aveva ricevuto il giocattolo che sperava. 
Lei inclinò la testa di lato con un sorriso divertito. «Perché, cosa ti dice che sarebbe successo qualcosa?». 
Io assunsi un'aria maliziosa e avvicinai la bocca al suo orecchio: «Non sottovalutare le mie arti seduttive» 
«Alzati e vai ad aprire, casanova!» rispose ridendo, spingendomi via. 
«E va bene, se proprio devo...». 
Piuttosto seccato, mi recai alla porta d'ingresso, e quando la aprii...mi ritrovai davanti Gisele Bündchen. 
Non ci potevo credere, ancora lei?!
Indossava un lungo vestito di seta rossa che aderiva perfettamente alle sue curve da modella, i capelli erano sciolti in una bionda cascata ondulata e una collana argentata splendeva sul suo decolletè: doveva essersi fatta bella apposta per me, come se questo fosse servito a qualcosa. 
Sbattei le palpebre un paio di volte e sollevai le sopracciglia dalla sorpresa, ma aspettai che fosse lei a parlare per prima, a dare spiegazioni. 
«Ciao» disse, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi. 
«C-ciao, ehm...che ci fai qui?»
«Sono venuta a trovarti». 
Oh, no. 
«Gisele, veramente io non...» mi voltai per assicurarmi che Kate non si fosse accorta di nulla, sospirai e la guardai dritto negli occhi «Senti, so che pensavi che tra noi ci potesse essere qualcosa, ma...»
«Lo penso ancora, se devo essere sincera» 
«E' questo il punto, non ci potrà mai essere». 
Il sorriso a trentadue denti svanì di colpo, sostituito da un'espressione confusa. «Si che può! Cos'è che ce lo impedisce?». 
Mi venne quasi da ridere, e mi trattenni per un pelo. Possibile che non si fosse ancora rassegnata?! 
«Cos'è che ce lo impedisce, vediamo, penso a parecchie cose, come per esempio...che non sono innamorato di te? O che sono già impegnato?». Mi appoggiai al battente con il gomito e osservai divertito la sua reazione. 
«C-cosa?! E con chi?!». 
Esitai di proposito, come per creare una pausa di tensione, come nelle soap-opera, e sorrisi. «Con Kate». 
Lei spalancò la bocca colorata dal rossetto rosso fuoco e sbattè le lunghe ciglia, stupita. «Ma...non può essere! Leo, sono io quella giusta per te, possibile che tu non lo capisca?! Siamo fatti per stare insieme, è scritto nel destino, è dal primo momento che ci siamo incontrati che è scattata....» 
«Scusa, devo proprio andare»  
«E poi quel bacio, quel bacio per te non ha significato niente?! E' stato come se...». 
Bum. 
La porta si chiuse, facendo finalmente tacere Gisele, e io me ne tornai sul divano con la donna che amavo. Che amavo davvero. 
«Chi era?» mi chiese, mettendomi un braccio intorno al collo. 
Io la guardai, la baciai, sospirai, sorrisi dolcemente. «Nessuno di importante». 
Ed era lì che aveva inizio la nostra storia.
 
************

Sì, è finita! 
Mi sono divertita molto a scrivere di questi Kate e Leo, devo prorpio ammetterlo, e ringrazio chiunque abbia letto e recensito questa storia, ma anche chi ha solo dato un'occhiata ;) 
Un bacione e alla prossima!

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