La vendetta dell'essere perfetto

di Julia of Elaja
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Voce a chi cerca vendetta ***
Capitolo 2: *** Alleati ***
Capitolo 3: *** Quasi insieme ***
Capitolo 4: *** Terzo incomodo ***
Capitolo 5: *** L'arte del saper pazientare ***
Capitolo 6: *** Bentornato tra le mie braccia ***
Capitolo 7: *** Il trauma ***
Capitolo 8: *** Vendetta ***



Capitolo 1
*** Voce a chi cerca vendetta ***


 
“Ricordi quando ti dissi che avremmo dovuto aspettare che i tempi fossero maturi?”.
“Sì”.
“Quel momento è arrivato”
“I tempi sono maturi?”.
“Sì. Si apra il sipario”.
 
 
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Cos’è l’aria se non una miscela di gas non nocivi? Idrogeno, azoto, elio, ossigeno e tanti altri ancora… eppure è un toccasana per me inspirarla, soprattutto a prima mattina, quando appena sveglia mi alzo e spalanco la finestra.
“Ho freddo, mamma!”.
Cratos si è infilato sotto le coperte, sperando di indurmi a chiudere la finestra e dirgli “Oh, tesoro, sta’ pure a riposarti, non andare a scuola!”.
Ma da brava madre mi limito a ridere e ordinargli “Avanti, pigrone, alzati e va’ in cucina, la nonna ti ha preparato la colazione!”.
Lo sento mugugnare qualcosa in tono contrariato; ma al solo mio pronunciare la parola “Dolcetti appena sfornati” lo vedo sbucare fuori dal piumone e dalle lenzuola e precipitarsi scalzo di là.
Rido a quella visione: il mio bambino è diventato un ragazzino, ormai. Dodici anni, anche se fisicamente ne dimostra almeno diciotto. Anche la sua voce sta cambiando, diventando sempre più simile ad una che non odo più da dodici lunghi anni…
“Nola?”.
Mi volto e mi ritrovo mio padre che è sull’uscio della porta, sorridente come al suo solito.
“Cosa c’è, papà?”.
“Stamattina vai in ospedale?”.
Annuisco: “Ho una mastoplastica additiva”.
“Bene, allora torni o no per il pranzo?”.
“Uhm, dovrei esserci sì”.
“Bene! Tua madre cucina il pesce oggi!”.
“Oh, grandioso!” esclamo “Ho proprio voglia di una bella zuppa di pesce!”.
Dopo essermi diretta in cucina, aver addentato un paio di dolcetti di mia madre e chiesto a Cratos quali lezioni avesse in mattinata, mi alzo e mi dirigo in bagno, dopo aver preso un pantalone nero elegante e una camicia bianca da indossare.
A dire il vero, quando sono in sala operatoria, indosso tutt’altra roba: ma per uscire da casa non posso di certo andare vestita come se fossi in reparto! Sono pur sempre una giovane donna in carriera, io, oltre che una dottoressa. Merito o no di vestirmi bene?
Così quando scendo mezz’ora dopo per accompagnare mio figlio a scuola, con la mia ventiquattro ore piena di scartoffie da lasciare ad un mio collega, sono sotto gli occhi di tutti. Come sempre, d’altronde.
Una giovane madre trentatreenne single e con una grande fama di medico è di certo un bocconcino succulento per tutti questi padri di famiglia che conducono la loro noiosa e monotona vita, accompagnando i loro figli a scuola probabilmente sotto costrizione di una isterica moglie.
“Signorina Degrees, buongiorno!” mi saluta il papà di un amico di Cratos.
“Buongiorno, signor Kimoto” rispondo con un sorriso cordiale.
Il signor Kimoto è un uomo davvero gentile e a modo, una sera siamo stati ospiti a cena a casa sua. Una brava persona, come sua moglie Claire d’altronde: sempre così disponibili e solari.
“Se vuole posso accompagnare io i ragazzi dentro, lei scappi pure al lavoro!” mi dice infatti. Date una medaglia a quest’uomo, vi prego!
“Mi farebbe un grandissimo favore!” gli dico “Le sono debitrice!”.
“Per così poco? Si figuri, signorina!”.
Mi volto verso mio figlio e gli sorrido: “Allora ci si vede a casa, più tardi. Ti passa a prendere nonno, ok?”.
“Sì, ma’, lo so”.
“D’accordo” mormoro mentre cerco di sistemargli un ciuffo ribelle “Allora ci si vede a casa! In bocca al lupo per il tuo compito in classe!”.
“Crepi” mi grida in risposta mentre entra con il signor Kimoto e suo figlio Uru.
Cratos è veramente cresciuto in fretta: proprio come ha fatto in gravidanza, è diventato un ragazzo alto e ben formato già da quest’età, quando invece generalmente i ragazzi diventano veri uomini intorno alla ventina. Ma mio figlio, e questo lo so solo io, è speciale e diverso dagli altri.
Unico.
Perfetto.
Come suo padre.
Mentre entro in macchina e accendo il motore, ripenso a Cell, come d’altronde faccio tutte le mattine da dodici anni: ripenso ogni giorno alle sue ultime parole, ai suoi sguardi, alla promessa che mi aveva fatto quella mattina all’alba…
 
“Tornerai?”.
“Certo”.
 
Ma non era tornato. E come potevamo saperlo, d’altronde, visto che quel dannato ragazzino lo avrebbe ammazzato di lì a poco?
Al solo pensiero di quel Gohan mi si contorce lo stomaco: affondo le unghie nel manubrio mentre sterzo per raggiungere l’ospedale. Maledetto Son Gohan, maledetto tu sia!
La gente, idiota, dice che è stato Mr Satan ad uccidere Cell. Tutte balle, è stato quel dannato ragazzino dai capelli biondi e gli occhi azzurri.
Sono dodici anni che lo cerco, ma non lo trovo, dannazione!
Ma ora non c’è tempo di pensare a quel maledetto ragazzo: sono arrivata in ospedale, devo cercare di calmarmi e pensare solo ed esclusivamente al mio lavoro.
Quando indosso il camice, mi trasformo. Torno ad essere l’androide ventuno, ovvero quel che in realtà sono. Una donna combattiva, tenace, che non si arrende mai. Una donna a cui piacciono le sfide.
“Lascio le carte per le ferie qui, Nagiko?” chiedo al mio collega.
Mentre sorseggia amabilmente un caffè, quello annuisce. Lascio allora tutte le scartoffie sulla sua scrivania, poi entro nel mio studio.
Tra mezz’ora devo essere in sala operatoria. Bene, ho giusto il tempo di sistemare alcune cartelle al pc e poi potrò iniziare con la mastoplastica.
Fare il chirurgo estetico è un lavoro che mi piace molto: è pesante, certo, ma davvero soddisfacente!
Mi cambio, intanto, e indosso la mia divisa da medico, con tanto di camice sopra. Poi mi siedo alla scrivania e aspetto che il pc si avvii.
“Nola!”.
La voce di un altro mio collega, Pika, mi fa sobbalzare: è entrato nel mio studio e non me ne ero resa conto.
“ ’Giorno” saluto, con un sorriso tirato.
Questo mio collega è molto invadente. E poi ci prova di brutto, il che mi dà ancora più fastidio.
“Allora, pronta per la mastoplastica?”.
“Sì”.
“Affascinante” commenta, sorridendomi sornione.
Faccio finta che non esista e mi concentro sulle cartelle cliniche dei pazienti che ho in memoria sul pc. Devo modificarne due…
“Allora, programmi per stasera?”.
“Pizza, credo”.
“Con chi?”
“Mio figlio e i miei genitori”.
“Oh, capisco. E se ti chiedessi di prendere una pizza insieme, io e te, immagino che…”
“SCORDATELO”.
“Ho capito, va bene!” Akuro alza le mani e mi sorride.
Lo guardo per qualche istante con tutto l’astio possibile: poi sospiro e torno a concentrarmi sui dati delle cartelle.
“Hai sentito del cratere?”.
“No” rispondo secca.
“Certo che è una cosa insolita… i sismologi non avevano registrato alcuna scossa in arrivo, eppure c’è stato un terremoto così forte che ha aperto un enorme varco nella terra. Si stima che sia grande centinaia di chilometri in profondità! Si potrebbe dire che arrivi nelle viscere della terra!”.
Per una volta in tutta la sua vita, Akuro Pika ha la mia attenzione.
“Cosa?” chiedo, stupita “In che zona?”.
“Circa seicento chilometri più a nord da qui. La scossa tuttavia non si è diffusa alle zone circostanti. Una cosa decisamente strana, non trovi? Non è un terremoto normale!”.
Scuoto la testa, pensierosa: “No, infatti”.
“Ci deve essere qualcosa sotto, Nola” continua Pika “Chi lo sa, forse qualche trivellatrice che ci è stata nascosta sta mangiando la terra dall’interno, e…”.
Ma ormai Pika non ha più la mia attenzione: chiudo le cartelle cliniche online, spengo il pc, indosso il camice ed esco dal mio studio, mentre lui continua a blaterare cose insensate come “Governo ladro” o “Il Re ha un esercito segreto che vive a duecento chilometri sotto terra”.
Pika, quanto sei inutile?
Entrata in sala operatoria, con mio grande disappunto scopro che proprio Pika è il mio assistente in sala oggi. Grandioso! Sarà una mastoplastica molto sofferta, per me.
Ma, per mia fortuna, lui capisce che quando si lavora bisogna essere seri e concentrati. E, grazie al cielo, riusciamo a concludere il tutto nel tempo prestabilito, con il miglior risultato ottenibile.
“Ottimo lavoro, Pika” mi congratulo all’uscita dalla sala “ Ti sei dimostrato un degno chirurgo”.
“Mai quanto te, Nola” mi sorride. “Ehi, che ne dici se ci prendiamo un caffè, eh? Ce lo meritiamo! Anzi, vista l’ora potremmo pranzare assieme e…”.
“Spiacente! Devo tornare a casa, la mia famiglia mi aspetta!” gli dico sorridendo; che bello avere una scusa reale per scampare ad uno dei suoi soliti pranzetti insopportabili!
Quando sono vicina a casa, in macchina, mi ricordo della notizia del cratere. Accendo la radio e cerco qualche stazione dove se ne stia parlando.
Ne trovo una dove due cronisti ne stanno discutendo con notizie in tempo reale.
“L’enorme voragine che questa notte si è aperta nel nord ha mandato tutti nel panico. La scossa, di magnitudo elevatissima, non si è estesa, stranamente, alle zone circostanti. Un terremoto del genere avrebbe potuto spaccare l’intero pianeta in due parti, invece si è limitato ad aprire un varco per il centro della terra! Cosa sta succedendo? Non sarà forse l’apocalisse? Tu che ne pensi, Jakie?”.
“Oh, Fred, non so cosa dirti… è un fenomeno unico nella storia dell’umanità e di questo pianeta, credo. Inspiegabile, temo, sia il mio unico commento su questa insolita situazione”.
“Naturalmente tutti i cittadini delle zone limitrofe sono stati fatti evacuare per instabilità sismica della zona, si teme possa esserci un’altra scossa seguita da altre di assestamento! Per i prossimi aggiornamenti restate sintonizzati su radio Elm…”.
Spengo la radio mentre sospiro pensierosa: ma che storia è questa?
Mentre parcheggio la mia macchina sportiva nel mio garage privato, sento il panico invadermi come mai mi era capitato, in questi dodici anni.
Questa storia fa davvero venire i brividi: e se quella scossa ora si ripetesse qui, nella Città Centrale? Che fine faremmo tutti quanti?
Che fine farebbe la mia famiglia, e soprattutto mio figlio?
Improvvisamente ho paura; eppure dodici anni fa qualcuno mi aveva insegnato ad affrontare le mie paure… Anzi, mi aveva aiutata ad affrontare la mia paura più grande…
“Ok, diamoci una calmata, Nola!” mi dico a gran voce “Il terremoto è stato seicento chilometri più a nord di qui, quindi non c’entra nulla con la Città Centrale! Finiscila! Diamine, sei l’androide ventuno! Tu non hai paura di niente e di nessuno”.
E così dicendo scendo con fare convinto dalla mia macchina; un po’ di autoconvinzione non fa male nella vita.
Mi dirigo verso l’ascensore e fischietto per ammazzare il tempo d’attesa e distrarmi un po’: devo cercare di tranquillizzarmi ma già so che appena entrerò a casa mio padre e mia madre non parleranno d’altro se non di questa notizia preoccupante.
“Va tutto bene” penso dentro di me “Finiscila di avere paura”.
Ma mentre si apre l’ascensore, mi rendo conto che c’è qualcosa affianco alla mia macchina.
Un’ombra, dietro al pilastro.
Mi paralizzo, maledetta me, per lo spavento; perché, sapete, trovarsi un’ombra nascosta che ti spia non è che metta molto a proprio agio!
Chi sarà? Uno psicopatico? Un pazzo? Un mendicante? E come ha fatto ad accedere al mio garage? Forse si sarà infilato mentre entravo con la mia macchina…
Intanto sento i miei polmoni non gonfiarsi più per riempirsi d’aria; non riesco a respirare, dannazione!
La ventiquattro ore cade dalla mia mano e rovina a terra, mentre l’ascensore torna a richiudersi senza che io riesca a entrarci dentro.
Mi sono immobilizzata per il terrore.
“Chi è là?” chiedo, tremando, con uno sforzo sovraumano vista l’assenza di aria che mi sta opprimendo il torace.
Una risata strana, ambigua, raggiunge le mie orecchie; mi sembra maschile, eppure ha qualcosa di effeminato…
“Sei identica a come mi eri stata descritta”.
Mentre l’aria torna a riempirmi i polmoni, trovo la forza di voltarmi e guardare direttamente il mio interlocutore.
Ancora nascosto nel buio, dietro al pilastro, una figura bassa e sinuosa, un paio di occhi sottili, mi sta spiando con sguardo diffidente.
“Fatti avanti” dico, tornando ad essere me stessa; quando c’è da difendersi, lo faccio egregiamente. L’ho scoperto sempre dodici anni fa…
“Non voglio attaccarti, sciocca” commenta ridacchiando lo sconosciuto “Devo solo riferirti un messaggio”.
Inclino la testa da un lato, confusa: “E c’è bisogno di nascondersi dietro ad un pilastro per riferirmi questo messaggio? Ma chi diamine sei, si può sapere? Fatti avanti o vengo lì a prenderti a calci!”.
Forse sono un po’ troppo aggressiva, ma non mi piace questa situazione, mi mette in agitazione.
Ride ancora, una risata tremendamente ambigua, da donna direi, poi mi rivolge nuovamente la parola: “Non credo sia una buona idea. Tu limitati ad ascoltarmi”.
Sbuffo mentre gli faccio un cenno d’assenso: lo lascerò parlare, poi mi avvicinerò e scoprirò chi è davvero!
“Da parte di chi è questo messaggio?” chiedo, sospettosa.
“Non ci sarà bisogno di riferirti il mittente, Nola” ghigna lo sconosciuto “Lo capirai immediatamente”.
“Ehi! Come fai a sapere il mio nome?” gli chiedo, sorpresa.
Ma quel dannatissimo essere ambiguo non mi risponde; si limita a recitare, con la sua strana voce: “Una promessa è una promessa, e come tale va mantenuta. Ricorda le ultime parole, in quel giorno di dodici anni fa, e aspetta ancora un po', tieniti pronta. La tua sete di vendetta verrà finalmente appagata”.
Rimaniamo in silenzio per qualche istante a guardarci e scrutarci diffidenti: so benissimo quelle parole a chi potrebbero appartenere, ma voglio sentirmelo dire da quell’essere che ora mi sta guardando, dietro al pilastro.
“Lui, vero? Il mittente è lui” sussurro, mordendomi un labbro.
“E chi vuoi che sia!” sogghigna quello “Mi avevano riferito che sei una persona intelligente”.
“Anche più di te” digrigno i denti “E ora dimmi, tu chi sei?”.
“Ci tieni così tanto a saperlo?”.
“Sì”.
Qualche istante di tempo in cui rimaniamo fermi e silenziosi, poi lentamente vedo lo sconosciuto farsi avanti.
Un alieno.
Mi irrigidisco a quella visione: mi sarei aspettata di tutto, ma non un alieno!
Basso, con una lunga coda flessuosa, albino con macchie violette. Sembra quasi un robot per certi versi, ma la fluidità del movimento della sua coda mi convince che sia fatto di carne e ossa… più o meno.
“Io sono Frezeer” ghigna compiaciuto quello strano essere “E ora che hai saputo il mio nome, ti prometto che non te ne dimenticherai facilmente, Nola”.
Serro la mascella: “Cos’è, una minaccia?” lo guardo minacciosa.
E ride, come una donnicciola: “No, sciocca ragazza: io e te collaboreremo! Saremo alleati!”.
Alzo un sopracciglio: “Io non ho intenzione di collaborare con te, Frezeer”.
Un sorrisetto tirato, uno sguardo diverso: “Non è questo il momento né il luogo dove parlarne, Nola. Tu aspetta, e quando lui arriverà da te capirai tutto”.
E senza nemmeno lasciarmi il tempo di replicare, scompare da lì, andando via alla velocità della luce.
Sparito, andato.
Sarà stata un’allucinazione? Possibile?
Avrò forse inalato del gas soporifero dato al paziente, prima, in sala operatoria? Una fuga di etere, possibile?
O forse è la fame?
O, ancora, ero così suggestionata dalla notizia della voragine da avere un’allucinazione del genere?
Faccio spallucce mentre raccolgo le chiavi e la ventiquattrore che sono ancora a terra, poi chiamo l’ascensore e salgo a casa mia.
Scuoto il capo, per cercare di riprendermi: non voglio dire niente a nessuno, nemmeno a Cratos. Mi prenderebbero per pazza, molto probabilmente. No, meglio tacere tutto. Terrò per me questa cosa.
E quando arrivo al pianerottolo dell’appartamento sfoggio uno dei miei sorrisi migliori: eccomi, sono Nola, l’androide numero ventuno e, soprattutto, una brava, anzi ottima attrice.



N.d.a.

Sono tornata! Con una nuova storia, più frizzantina rispetto alla precedente! 
Mi presento ai nuovi lettori: io sono Julia of Elaja, fan sfegatata di Cell (naturalmente nella sua forma perfetta) e grande shippatrice di questo androide con vari O.C. . Avrete capito chi è il mio O.C. in questa storia, naturalmente Nola Degrees, avvenente dottoressa madre dell'unico figlio dell'essere perfetto.
Ai miei vecchi lettori che già mi hanno seguita in "Il piano segreto del Dottor Gelo" : bentrovati! :D Non ci ho messo molto a pubblicare il sequel, per la vostra gioia, ma anche per la mia. Troppe idee in testa per non metterle su un foglio! *W*
Ah, e se volete sapere com'è andato il mio esamone... ancora non si sa nulla, forse sapremo lunedì prossimo! -.-" Ah, che stress!
Ma tornando a noi: che ne pensate di questo primo capitolo? 
Pareri, commenti?
Vi incuriosisce questa trama? E l'incontro fra Nola e Frezeer a cosa porterà?
Lo scoprirete nei prossimi capitoli! Per ora vi saluto, ci si aggiorna presto ;)

Julia of Elaja

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Capitolo 2
*** Alleati ***


 
Sono trascorsi ben dieci giorni da quello strano “incontro del terzo tipo” giù in garage: da allora parcheggio la macchina nei parcheggi esterni al grattacielo, e evito di muovermi da sola in luoghi isolati. Il che, purtroppo, mi ha costretta ad approfittare dell’evidente interesse di Pika nei miei confronti per sficcargli l’accompagnamento a casa. A volte, davvero, avevo paura di rincontrare quello strano essere. E la presenza di una persona al mio fianco mi rassicura, convincendomi che quella strana creatura di nome Freezer non mi si avvicinerà fino a quando non sarò completamente sola.
Insomma, essendo un alieno, non può rischiare di farsi vedere da tanta gente all’infuori di me, no?
E anche se preferirei mille volte persino un drago sputa fuoco piuttosto che Akuro Pika, purtroppo mi tocca stare con lui per poter essere più tranquilla.
O, almeno, questo è quello che credo.
“Bene, Nola, siamo arrivati!”.
La voce di Pika mi risveglia dai miei pensieri: mi volto e lo guardo come inebetita.
“Cosa? Scusami, ero sovrappensiero”.
“Ti senti bene? Hai una brutta cera”.
Effettivamente no, non mi sento molto bene. Sarà l’influenza che gira, o forse la stanchezza accumulata in questi giorni, ma in questo momento mi sento decisamente debole.
“No, non mi sento poi così in forma… grazie per avermi accompagnata, Pika, ma ora voglio solo gettarmi in un letto”.
Poverino, mi fa un po’ pena mentre lo vedo allungarsi speranzoso verso di me, illudendosi che possa dargli un bacio; che sciocco! Non gli ho forse detto sempre che io sono impegnata con un altro uomo?
Già, un altro uomo che, se quell’alieno che ho incontrato fosse reale e non un’invenzione della mia mente, potrei rincontrare a breve.
Devo solo attendere, come d’altronde ho fatto per dodici anni.
Eppure non voglio, non posso credere alle parole di quel Freezer, sempre ammesso che sia reale.
A Cratos non ho raccontato nulla, non ho voluto spaventarlo dicendogli che un alieno albino che avevo incontrato in garage mi aveva detto che presto suo padre sarebbe tornato.
Oh, sì, se è quello che vi state chiedendo… ho raccontato da sempre a Cratos di Cell; era giusto che mio figlio sapesse chi fosse suo padre ma, come anche avevo detto ai miei quando tornai a casa con lui neonato in braccio, i veri genitori di Cratos erano morti.
Solo che, a mio figlio, non avevo specificato come… né chi fossero. A parte suo padre.
Naturalmente non gli avevo detto che il nome di suo padre era Cell e che fosse un mostro sanguinario creato da uno scienziato, no: ma gli avevo detto che era un uomo diverso dagli altri, che aveva sempre pensato a lui e prima ancora che nascesse era entusiasta del pancione della sua amata che cresceva a vista d’occhio.
“E la mia vera mamma?” chiedeva spesso Cratos “Lei com’era?”.
E io la descrivevo, o meglio, mi descrivevo: una ragazza giovane e ingenua che grazie al suo uomo era diventata una donna sicura di sé e forte, una vera potenza. Una donna che aveva sempre amato suo figlio sin dal momento del concepimento.
“Peccato che siano morti… avrei voluto conoscerli”.
Ogni volta che vedevo il volto di mio figlio incupirsi a questa frase mi si spezzava il cuore: come potergli dire che io sono la sua vera madre? E che suo padre era un androide, così come la sottoscritta, e che lui era il figlio di Cell, l’essere perfetto, destinato a portare avanti quella generazione? Era un onere troppo grande per un bambino, mi sono sempre detta, così tacevo a quegli occhi lucidi e tristi e lo stringevo a me, dicendogli “Sono io la tua mamma”. Ma lui non può sapere che ciò che dico è reale, e che io lo abbia davvero concepito e messo al mondo.
Eppure un giorno, forse anche tra cinquant’anni, anche al mio capezzale, gli dirò tutta la verità; è una promessa che mi faccio ogni giorno, appena sveglia; “Devo dirglielo, prima o poi”. E lo farò.
“Nola! Hai una cera orribile! Cosa c’è?”.
Alzo lo sguardo su mia madre e faccio un sorrisetto stanco: “Influenza, temo”.
“Va’ subito a metterti a letto, sotto le coperte! Ti preparo una bella camomilla, una bella bevanda calda è quel che ci vuole in questi casi!”.
Sorrido mentre vedo mia madre affaccendarsi in cucina: anche lei appena tornata da lavoro, ancora con il suo tailleur, lascia tutto per pensare a me. Ah, mamma, quanto ti voglio bene!
Mi trascino verso la mia camera da letto e mi getto a peso morto sul letto a due piazze: la testa mi martella sgradevolmente e comincio ad avere i brividi. Diamine, anche la febbre!
Mi sento un ebete mentre mi sfilo i tacchi e la giacca e la gonna, un po’ perché ho dolori dovunque e un po’ perché inizio a perdere la lucidità. Mi sta davvero salendo un febbrone?
Rimango solo con le calze velate alla parigina e l’intimo, scivolo sotto il piumone e chiudo gli occhi, respirando profondamente.
“La mia testa” mi lamento; sembra che qualche operaio abbia deciso di utilizzare il martello pneumatico direttamente sulle mie tempie!
Riapro appena gli occhi quando sento mia madre entrare in stanza e l’inconfondibile rumore di un cucchiaino che mescola qualcosa dentro ad una tazza; allungo le mani e sorseggio la camomilla.
Mamma ha proprio ragione, una bevanda calda può fare miracoli! Mi sento un po’ meglio…
Ma poi, ecco che mi torna in mente il programma della giornata!
“Oh no!” mi passo le mani nei capelli “Alle cinque Cratos ha l’allenamento! E io devo accompagnarlo, non posso permettermi di stare a le…”.
“Tu non vai da nessuna parte!” vedo oscillare a destra e sinistra l’indice di mia madre davanti agli occhi “Rimani qui a letto se non vuoi peggiorare le tue condizioni!”.
“Ma io sto bene!”.
“Mi sembri un’ubriaca; devono essere gli effetti deliranti della febbre! Nola, sta’ qui e riposati: accompagnerò io Cratos. Devo anche sbrigare alcune commissioni, quindi anche per il ritorno posso tranquillamente andarlo a prendere io! Tu stai a letto, intese?”.
Sospiro: “Grazie, ma’”.
“Figurati tesoro”.
E così, quando dieci minuti dopo mia madre e mio figlio vanno via, rimango sola nella mia immensa casa. Il che mi mette un po’ di ansia addosso.
Chiamare Pika? Neanche per sogno! Chissà quali film partirebbero nel suo cervello… no, forse converrebbe chiamare qualche mia amica. Ma non ho nemmeno la forza di cercare il cordless per la casa…
“Salve, Nola”.
Per poco non mi prende un infarto! Chi diamine ha parlato?
Mi volto di scatto e cerco la fonte di provenienza di quella voce: ma non c’è nessuno.
“Chi è là?” chiedo cercando di fare la voce grossa: se sono ladri, se la vedranno con me.
“Vengo in pace, Nola, rilassati”.
E mi volto nuovamente: perché quella strana voce proviene dalla mia sinistra; e, quando mi volto, mi ritrovo lo strano alieno albino dell’altra volta che mi guarda divertito.
“Che cosa vuoi?” chiedo, con il cuore a mille.
Non mi risponde: comincia a camminare avanti e indietro per la grande stanza, soffermandosi a studiare le particolarità del camino e il soffitto ampio.
E io sto zitta: voglio proprio vedere quali sono le intenzioni di questo Freezer.
“Ricordi il messaggio che ti ho riferito, vero?” inizia a parlare continuando a fissare il camino.
“Certo” rispondo “E allora?”.
Finalmente si volta e mi guarda, sogghignando: “Ti avevo detto che sarebbe tornato”.
Se fino a poco fa il mio cuore mi stava praticamente sfondando il petto, ora invece non lo sento più battere: cosa vuol dire quel maniaco di un alieno?
“Cosa intendi dire?” chiedo, con l’affanno: la febbre sta salendo a vista d’occhio, mi sento peggio di prima e ho freddo, sempre più freddo.
“Intendo dire che lui è tornato, Nola. Lui è qui, su questa terra. Siamo fuggiti. Ma ora lui ti cerca, è tornato solo per trovarti. Vuole parlarti, vuole averti. E, soprattutto, vuole vendetta”.
Annuisco: logico che voglia vendetta, quel maledetto moccioso ci ha tenuti separati in due mondi diversi per dodici anni!
“Anche io voglio vendetta” continua Freezer “E penso che anche tu brami dentro di te questa cosa. Quindi, ti chiedo se hai intenzione di unirti a me e Cell nel nostro piano di vendetta contro la famiglia Son”.
Mi irrigidisco: “Io non ho nulla contro la famiglia Son” rispondo dura “Ma solo contro Gohan Son. Gli altri della famiglia, per me, non valgono nulla. Solo quel dannato ragazzino dovrà morire”.
“Io invece ho dei precedenti con suo padre” mi spiega Freezer “Ecco perché lo cerco. Noi vogliamo vendetta, Nola. Lo vedi quanto siamo simili?”.
Inclino il capo da un lato: la vista mi si sta offuscando…
“Arriva al dunque, Freezer” gli dico brusca mentre la testa mi gira più che mai “Qual è il piano?”.
Ma quello ride enigmatico: “Questo te lo spiegherà lui”.
E indica qualcosa, o forse qualcuno, lì sull’uscio della porta; una figura si muove verso di me, con passo sicuro e deciso. Alto, scuro di capelli… ma la mia vista è sbiadita e non riesco a distinguere bene forme e colori e inoltre un forte ronzio nelle orecchie non mi permette di cogliere la sua voce, non riesco a capire cosa stia dicendo…
Un attimo, un battito di ciglia: e mi ritrovo svenuta nel mio letto.
Dannazione: avrei potuto riabbracciare Cell.




N.d.a.

Ta-daa! Secondo capitolo!
Accidenti, ma Nola non puoi farmi questo! Svenire quando stai per riabbracciare LUI dopo DODICI ANNI!
E che cavolo! è.é
Ma torniamo a noi, amici e amiche: a quanto pare Freezer è veramente ostinato e vuole la vendetta, così come anche Nola e Cell.
Chissà come sarà questa alleanza fra titani! Ne vedremo delle belle, secondo me!
E poveri Goku e Gohan! Non sanno nulla di tutto questo! Chissà come reagiranno quando si vedranno sulla soglia di casa loro la bella Nola e i due acerrimi nemici del passato! :P
Ci si aggiorna con il prossimo capitolo! Ora scappo, oggi è il compleanno del mio fidanzato e devo preparare TAAAANTEE COSEEE CARINEE **versione demente**.
Alla prossima!! :D
Julia of Elaja

 

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Capitolo 3
*** Quasi insieme ***


Quando riapro gli occhi, la prima cosa di cui mi rendo conto è che non sono più sola in casa.
Qualcuno mi sta carezzando la mano e in sottofondo sento la voce di mia madre che sta dicendo a qualcuno che ho un febbrone da cavallo; probabilmente starà parlando con mio padre.
Guardo alla mia sinistra per capire chi mi sta accanto e vedo Cratos: gli sorrido debolmente ma lui non mi sta guardando; fissa pensieroso un angolo della stanza.
"Cosa c'è?" gli sussurro.
Lui sobbalza e mi guarda: "Mamma, come ti senti?".
"Diciamo pure che mi sento una pezza" gli sorrido ancora per tranquillizzarlo "Tu cos'hai? Ti vedo pensieroso".
Mi sorride anche lui: "Stavo pensando che se domattina tu dovessi stare ancora male, potrei rimanere io in casa con te. Salterei volentieri una giornata a scuola per poter stare con te".
Degno figlio di quel padre: mi vuole raggirare con quel sorrisetto da furbo.
"No mio caro, tu domani vai regolarmente a scuola!" gli dico ridacchiando "Chi credi di voler prendere in giro?".
Ride anche lui: colto in flagrante!
Da quanto mia madre riesce a spiegarmi, dopo poco, entrando in camera con mio padre, sono svenuta a causa della febbre troppo alta; così, appena rincasati, circa un'ora dopo essere usciti, lei e Cratos mi avevano dato una medicina per far calare la febbre. Effettivamente, sono un bagno di sudore al momento e mi sento un po' meglio di prima: ah, sante medicine, le uso ogni giorno nel mio lavoro ma a volte dimentico che salvano la vita anche a me!
Eppure qualcos'altro mi sovviene in mente: ho di nuovo visto quel Freezer; e c'era qualcun'altro con lui...
"Cell" mormoro  dopo poco, quando finalmente ricordo tutto nitidamente.
"Cosa?".
Cratos mi guarda preoccupato; dannazione, perché l'ho detto ad alta voce!?
"Niente, tesoro" cerco di fare la vaga e per fortuna Cratos fa spallucce e si alza per andare in cucina: l'ho scampata! Ma devo stare più attenta...
Sì, ne sono certa, era lui! Maledizione, e io sono svenuta proprio in quel momento! E ora quando lo rivedrò? Quando potrò parlargli? Maledetta febbre!
"Nola! Ti preparo un brodino!".
"Ok" rispondo a mia madre, mentre mi raggomitolo su me stessa; Cell, da quanto tempo non ci vediamo?
Da quanto non ti guardo negli occhi, non sento la tua voce, non avverto più il tuo tocco su di me?
Da quanto tempo non facciamo l'amore?
Dodici lunghi e interminabili anni; per me sono stati un tormento, per lui immagino anche peggio dato che si trovava negli Inferi. Che voglia di parlargli, di vederlo... di sfiorare le sue labbra...
Ricordo con un brivido quando ci siamo baciati, e quando abbiamo fatto l'amore: e poi lui è morto ed è nato Cratos, in quel triste giorno che non dimenticherò mai.
Eppure è tornato, come mi aveva promesso: dopo più di dodici anni è tornato!
Sospiro emozionata: e dentro di me qualcosa mi dice che presto lo rivedrò.
E quando gli dirò quel che ho fatto in questi dodici anni... penso proprio che ne rimarrà soddisfatto!

 
*
 
"Immagino che tu sia abbastanza seccato da questa situazione".
Cell guardò Freezer con uno sguardo carico di risentimento: "Secondo te?".
Quello rise: "Certo che non poterle parlare dopo dodici anni, nonostante sia lì davanti a te dev'essere davvero frustante. Io le ho parlato ben due volte".
Un attimo dopo Freezer boccheggiava e annaspava, sospeso in aria: Cell lo teneva stretto per il collo e gli alitava sul volto: "Finiscila, Freezer".
Quando quello quasi non respirava più, lo lasciò andare: era frustante, certo, non poter ricongiungersi alla sua compagna prescelta dopo dodici anni! Averla lì davanti a sé ma non poterle parlare perché è svenuta! Non aveva forse retto all'emozione? O forse non si era sentita bene?
Serrò i pugni e sospirò, cercando di mantenere la calma: non sopportava l'idea di dover ancora stare solo con Freezer, quell'essere era decisamente ambiguo e non gradiva affatto la sua compagnia.
"Prova di nuovo a toccarmi e ti farò tornare negli Inferi in men che non si dica" stava intanto sussurrando quell'altro, respirando a pieni polmoni l'aria che per qualche istante gli era mancata.
Ma Cell lo ignorò: guardando il cielo buio trasse un sospiro: quando avrebbe potuto ricongiungersi a Nola? Quando avrebbe conosciuto suo figlio? E, soprattutto, quando avrebbe potuto mettere le mani su Gohan per poter farlo soffrire così come lui aveva sofferto per quei dannati dodici anni?
"Comunque ha un'aura molto potente".
Cell si voltò a guardare Freezer: l'alieno gli si era affiancato e guardava anche lui il cielo, con espressione soddisfatta.
"Che vuoi dire?".
"Che ha potere. Solo che non lo esterna quasi mai. Un'aura sopita, si potrebbe dire. Che caccia fuori nel momento del bisogno. Dico bene?".
"Lei è stata programmata così".
"Capisco" biascicò Freezer; rimasero per qualche istante a contemplare la nuvolaglia rossa all'orizzonte, poi Cell riprese la parola: "Nola è molto potente, e penso che anche mio figlio lo sia".
"Vorresti rendere partecipe anche il tuo unico figlio a questa missione?" chiese stupito Freezer.
"Sì" continuò Cell "Voglio prima conoscerlo, naturalmente, ma essendo figlio dei due androidi più forti del Dottor Gelo non credo avrebbe problemi in un combattimento".
Freezer annuì: "Certo. Quando lo incontreremo si vedrà".
Cell digrignò i denti: non gli andava che Freezer si avvicinasse più di tanto a Nola o a suo figlio. Gli era giusto servito come alleato per scappare dagli Inferi, ma per lui la loro collaborazione poteva anche terminare lì.
Freezer era un gran tornacontista ed egoista, questo Cell lo aveva capito sin da subito: ma essendo anche molto potente, era anche un ottimo alleato.
"Tu pensi che davvero Goku tornerà sulla Terra quando suo figlio sarà in pericolo?" chiese Cell, poco convinto da quella parte del piano.
Freezer ghignò annuendo: "Ne sono sicuro. Tu pensa ad attaccare Gohan, poi io me la vedrò con Goku: Andrà tutto a meraviglia, vedrai. Tempo al tempo, Cell, e i nostri sogni si realizzeranno".
"Ho aspettato; per dodici anni" ringhiò quello.
Ma Freezer ridacchiò: "Io persino da più anni! Eppure ti dico che bisogna pazientare ancora poco. Domattina va' dalla tua compagna e spiegale tutto. Immagino le farà piacere parlare un po' da sola con te".
"Immagini bene" replicò Cell "Alle nove, giusto?".
L'altro annuì.
"E va bene. Ancora poco e sarà tutto pronto".
E guardando il cielo di quella fredda nottata senza luna, mentre Nola si addormentava, Cell contava le ore che mancavano a poterla rivedere e riabbracciarla. Perché il suo unico pensiero, che al momento invadeva la sua mente, era la sua compagna di vita, Nola. A pochi isolati da lui.
A poche ore dalla ricongiunzione.



N.d.a.

Terzo capitolo a voi! Pareri? Lo so che non vedete l'ora che Cell e Nola si riconguingano, e vi prometto che quel capitolo sarà un crescendo di emozioni :3
Non apsettatevi scenette romantiche perché non è da Cell né tantomeno da Nola! Ma non saranno di certo due blocchi di marmo... va be', lasciamo stare! ;)
E quindi Cell non sopporta molto Freezer: e come non potergli dare ragione? Quel tipaccio è decisamente ambiguo e non mi fiderei mai di uno del genere! Alla prima occasione lo manderei a cogliere la ruca (ovvero, lo manderei a quel paese, detto più alla paesana ahah).
E intanto Nola si maledice per essere svenuta: tranquilla cara, ti stiamo maledicendo anche noi! :3 ahah
Per oggi è tutto bella gente! Ci si aggiorna con il prossimo APPASSIONATO capitolo (Mmm piccolo spoiler! :3)
Baci a tutti!
Julia of Elaja

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Capitolo 4
*** Terzo incomodo ***


Resto ferma a letto, respiro piano cercando di fare meno rumore possibile: sono sola in casa da circa un'ora, fisso l'orologio sul mio comodino e mi rendo conto che sono già arrivate le nove e cinque. Diamine! A letto si perde la cognizione del tempo!
La febbre è scomparsa, per fortuna, e avendo già preso una medicina un paio di ore fa adesso mi sento bene; non pimpante, certo, sono ancora un po' debole, ma sto bene. E questo è già tanto.
Sospiro appena mentre mi giro su un fianco e fisso la finestra; mia madre ha aperto le tende ma il risultato non è poi questo granchè. Sta piovendo a dirotto e non c'è molta luce; la stanza è immersa in una semi-oscurità.
Un bel temporale era proprio l'ideale viste le mie condizioni di salute! Bah! Meno male che ho preavvisato l'ospedale della mia assenza, altrimenti oggi sarei stata ricoverata d'urgenza, se mi fossi azzardata ad uscire da casa, per una febbre peggiore di quella di ieri!
Fa freddo, molto freddo: ci avviciniamo a Dicembre e l'aria si fa più pungente, le pioggie più abbondanti.
Cratos non fa altro che ripetere che non vede l'ora che nevichi: in questo è identico a me, anche io adoro la neve! Quando ero piccolina mi piaceva giocarci, o semplicemente aprire la bocca durante una nevicata abbondante solo per poter "assaggiare la neve". Quando mio padre mi spiegò che altro non era se non acqua ghiacciata ne rimasi alquanto delusa; io ero certa che fosse come lo zucchero filato...
In compenso, quando nevica qui nella Città Centrale tutto si trasforma: sembra di vivere in una di quelle sfere di vetro da agitare, quelle che vendono come souvenirs; diventa tutto un manto bianco, meraviglioso. Fa freddo, certo, ma stare in casa con una tazza di cioccolata calda tra le mani e una coperta addosso, davanti al camino, con la tua famiglia non ha prezzo. 
Certo che, se ci fosse stato anche lui in tutti questi anni...
Sospiro ancora: sarebbe stato bellissimo poter vivere assieme, essere una vera famiglia: io, lui e Cratos. Magari avremmo potuto avere altri figli, saremmo stati davvero felici assieme...
Ma Nola, cosa ti passa per la testa?
Lui era un cyborg, e tu lo sei anche. Non avreste mai avuto vita facile, visto quanto Cell fosse conosciuto dalla gente come un mostro omicida.
Però, chi lo sa, forse con il tempo sarebbe cambiato e anche la gente lo avrebbe potuto rivalutare... non è un mostro, lui mi amava. Ed è riuscito a far innamorare me; il che la dice lunga.
Mi ricordo alla perfezione il suo volto, il suo corpo, le sue braccia possenti che mi stringevano a lui: e i suoi occhi, gli stessi occhi che mio figlio ha ereditato. Violetto, quel colore intenso e intrigante, che mi fa rabbrividire ogni volta che incrocio lo sguardo di Cratos.
Gli hanno sempre detto che ha degli occhi stupendi, ed è vero. Suo padre era stupendo, e lui è davvero identico a Cell. Stessi capelli blu scompigliati, stesso sorriso e stessa aria strafottente e intrigante.
Mi giro sull'altro fianco e fisso lo stipite della porta; buffo, penso a Cell e me lo vedo davanti agli occhi, vestito con un jeans e una maglia nera stretta, senza quella sua orrenda corazza che ho sempre odiato perché lo dipingeva come un mostro; i capelli scompigliati, il suo sorrisetto beffardo...
"Ah" sospiro "Bene, sono arrivata ad immaginarlo davanti ai miei occhi! Forse mi starà salendo di nuovo la febbre...".
"Niente febbre, Nola. Sono qui. Sono io".
Continuo a fissare inebetita quell'allucinazione che mi sta davanti: devo davvero star male, potrei giurare di averlo visto parlare... e, soprattutto, di averlo sentito.
Fisso a bocca aperta Cell per qualche istante: e solo dopo realizzo che forse questa non è un'allucinazione...
"No" scuoto il capo, mentre mi metto a sedere nel letto.
Lui invece ridacchia: "Invece sì".
"Non è vero".
"Ti dico di sì".
Ho l'affanno eppure sono ferma nel letto! Anzi, a dire il vero, sono scesa e mi sono messa in piedi, sto camminando verso di lui; non me ne sono neanche resa conto, devo essere completamente inebetita...
E nonostante io indossi solo una sottana e una vestaglia glicine sgualcita, e abbia i capelli bagnati di sudore e il mio viso sia pallido, non m'importa nulla di come sono conciata. L'unica cosa che conta, ora, è che lui è veramente qui.
"Sei tu?" gli chiedo, mentre sento il mio cuore battere più veloce del solito, l'affanno che mi fa alzare e abbassare il petto forsennatamente.
"Calmati" mi dice, porgendomi una mano "Vieni qui, Nola".
Allungo un braccio anche io e le nostre mani si sfiorano appena: rabbrividisco a quel contatto e mi tiro indietro.
Insomma, è pur sempre un cadavere! No? O è vivo? Ancora non mi è chiara questa cosa...
Eppure la sua mano è calda, al contatto.
Se fosse un morto dovrebbe essere gelido, no?
"Non avere paura. Non ti avevo forse insegnato ad affrontare le tue paure? Te ne sei dimenticata?".
"Mai".
Mi sorride: "Allora dimostramelo. Stupiscimi, Nola".
Non c'era nemmeno il bisogno di dirlo: mi getto tra le sue braccia e lo bacio, sfacciata e felice, mi stringo a lui mentre le sue mani corrono lungo la mia schiena e mi tengono avvinghiata al suo caldo petto, sento le sue labbra sulle mie e quel contatto mi manda in delirio. Lo bacio, sempre più appassionatamente, lui mi solleva e mi tiene in braccio, mentre io incrocio le gambe dietro la sua schiena.
Cell, mio compagno, mio amante, dove sei stato tutti questi anni? Mi sei mancato, mi sei dannatamente mancato ogni secondo di questi anni, ogni singolo minuto, ogni ora... non ho pianto, sono stata forte, ma ogni lacrima che non usciva era una stilettata diretta al mio cuore. Ti amo come quei giorni, ti voglio mio... non te ne andare più...
Questo è quello che cerco di dirgli con quel bacio, mentre ci gettiamo sul mio letto e avverto il suo tocco sul mio seno, le sue mani che mi spogliano della vestaglia e della sottana e che mi sfilano l'intimo che indosso. Ma io non sono da meno, e mentre lo bacio lo spoglio di questi vestiti umani che ha addosso e mi ritrovo nuovamente sopra di lui, come nelle nostre poche notti di passione; peccato aver avuto così poco tempo per fare l'amore, lui sapeva amarmi bene... e, a quanto pare, tutt'ora lo sa fare egregiamente.
Mi perdo di nuovo nei suoi occhi, mentre entra dentro di me e mi guarda dritto negli occhi.
"Mi sei mancato, Cell" sospiro, tra un gemito e un altro.
"Anche tu, Nola" mi risponde lui.
So per certo che questo momento non finirà mai, sarà eterno; eppure, qualcosa non va...
C'è qualcosa di strano, non mi sento a mio agio...
"Che hai?" mi chiede.
Fisso un punto alla mia sinistra, vicino alla finestra, e lui segue il mio dito mentre, a bocca aperta, glielo indico.
Freezer ci sta osservando, con fare compiaciuto.
Io l'avevo detto: quello lì non è un tizio di cui fidarsi.
 
 
 
 
N.d.a.
 
Quarto capitolo a voi!
Ma... ma... dico io... FREEZER! Ma che diamine fai lì?! VATTENE! Ah ah ah! Pervertito!
Altro che "gli sfortunati amanti del distretto dodici" (Hunger Games) qui si parla di SFORTUNATI AMANTI DELLA CITTA' CENTRALE! Dopo dodici anni che si rivedono, e FINALMENTE POSSONO UNIRSI... ecco che arriva Freezer.
Ma che ca*#%$£!!?? Ah ah ah :'D
Sono proprio cattiva, sì, lo so.
Però che ci volete fare, mi piace mettere il pepe nelle mie storie :D
Insomma, comunque una cosa l'abbiamo capita: dopo dodici anni, la scintilla tra i due è ancora accesa, anzi, direi che è divampata e si sta trasformando in un incendio! Solo che, ahimé, non credo che Freezer abbia fatto una saggia scelta decidendo di guardare sfacciatamente i due amanti che si ricongiungono... :'D Nel prossimo capitolo scoprirete la reazione di Cell (che potrete ben immaginare) e di Nola (preparatevi, sarà veramente spettacolare! xD).
Per oggi è tutto, ci si aggiorna con il prossimo capitolo!
Cheers :*
Julia of Elaja

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Capitolo 5
*** L'arte del saper pazientare ***


Sono indecisa, in questo momento, sul da farsi: vorrei urlare e nascondermi sotto le lenzuola, dato che sono completamente nuda, ma vorrei anche scendere dal letto e a tutta carica buttare fuori dalla finestra quel maledetto nanerottolo alieno.
Fortuna che, alle ultime due cose, ci pensa Cell.
Appena gli indico Freezer, si gettà giù dal letto e dopo un millesimo di secondo lo vedo stringere il collo a quell'alieno, tenendolo sospeso in aria, sbattuto contro un muro.
"A che gioco stai giocando?" ringhia contro Freezer. Furioso è dire poco, ma io lo capisco benissimo, perché anche io sono decisamente infastidita!
Quel demente di alieno ride, invece: mio Dio, nemmeno io rido così, sembra proprio rimbecillito totalmente!
"Sparisci da qui o potrei carbonizzarti adesso" la voce di Cell si fa più alta: tra poco, ne sono certa, vedrò volare Freezer dalla finestra.
Eppure quello risponde qualcosa, sibilando e sputacchiando: Cell allenta leggermente la presa per capire cosa stia biascicando: "Volevo avvisarvi".
"E di cosa?" Cell e io lo fissiamo non troppo convinti.
"Vostro figlio" e esibisce un ghigno maledettamente malvagio "Questa mattina ci siamo incontrati. Pensavo sapesse tutto, invece...".
Qui non ci vedo più io: puoi entrare in camera mia, spiarmi mentre faccio l'amore con il mio uomo, pedinare i miei movimenti... ma mio figlio no.
Cratos non me lo dovevi toccare.
Senza nemmeno rendermene conto, un istante dopo mi sono avventata su quel maledetto nanerottolo ma qualcosa mi impedisce di dargliene di santa ragione: Cell.
"Lasciami andare!" strepito mentre mi stringe più forte a sé "Come osa avvicinarsi a Cratos? Eh?".
"Nola".
"No, Nola un bel niente! Io ora lo ammazzo!".
Freezer sta ridacchiando divertito: la mia voglia di ucciderlo sta crescendo esponenzialmente.
"Gli ho solo parlato" fa spallucce mentre continua a ridacchiare "Gli ho detto come stanno le cose, di chi fosse realmente figlio! Non potreste mai immaginare la faccia che ha fatto quando gli ho detto che la sua madre naturale sei tu, Nola. E che suo padre è il terribile Cell! Mi ha detto che ero solo un pazzo, ma poi gli ho raccontato di come erano andate le cose all'epoca e... mi sembra di averlo convinto abbastanza".
La mia indignazione e la mia rabbia sono tali che mi annebbiano la vista e il cervello: non riesco nemmeno più a biascicare qualcosa, né a muovere un dito; Cell è anche lui paralizzato, per qualche istante. Stiamo guardando allibiti quel maledetto alieno che se la ride.
"Questo non rientrava nei piani" Cell mi lascia andare e fronteggia Freezer con il volto trasfigurato per la rabbia; non sembra più lui.
"Sì, ma non mi era nemmeno stato negato" ribatte quell'altro.
Improvvisamente mi rendo conto che sono completamente nuda ma la cosa non mi imbarazza più di tanto: la priorità nella mia mente, ora, è di ammazzare quel Freezer. E, naturalmente, raggiungere Cratos il prima possibile e spiegargli tutto.
"Questa me la pagherai, Freezer" Cell gli si avvicina di più "Ora ti conviene sparire se non vuoi fare una brutta fine".
"Pensi di intimidirmi, bestione?".
Tra i due saettano sguardi che penso potrebbero uccidere chiunque li incroci, peggio di quella donna, come si chiamava? Medusa! Lei aveva lo sguardo che pietrificava, loro due invece hanno occhi che ammazzano direttamente.
"Fuori da qui, Freezer".
La voce di Cell incute così tanto timore che rabbrividisco da capo a piedi: fossi in Freezer sparirei, e all'istante. Altrimenti, potrei anche intervenire io, e di certo non farebbe una bella fine.
Quel maledetto alieno rivolge lo sguardo su di me, poi, sempre sogghignando: "Vedo che l'età è solo un numero per te, Nola. Hai ancora il corpo di una ragazzina, mi congratulo".
Il suo sguardo si posa in particolare sul mio seno: adesso basta, brutto nanerottolo, hai esagerato.
"Nola?".
No, Cell, non mi importa nulla; questa volta ha oltrepassato ogni limite!
"Dannato alieno!" urlo e scaglio contro di lui una potente onda, sempre di quel colore rossastro, come dodici anni fa: i miei attacchi sono rimasti uguali!
"Cosa?!"; l'ho preso alla sprovvista, non si aspettava che potessi attaccarlo. E il mio attacco lo colpisce in pieno!
"Nola! Non qui o la casa verrà distrutta!" Cell mi scuote violentemente, sta cercando di farmi ragionare, ma non m'importa nulla.
"Che crolli tutto il palazzo! Io questo qui lo voglio ammazzare!" gli urlo accalorata.
Ma non ho neanche il tempo di realizzare cosa sta accadendo che Cell mi prende di peso, in braccio, e posa due dita sulla sua fronte.
Un battito di ciglia e non sono più nella mia stanza da letto: ma in uno strano posto che mi è tanto familiare eppure non vedevo da tanto, troppo tempo...
"Cosa ci facciamo qui!?" strepito, mentre batto i denti per il freddo "Come ci siamo arrivati? Ma se eravamo nel mio appartamento!" ; ma Cell non mi risponde, si limita come già aveva fatto in passato a scagliare un attacco contro il cuore della montagna che si staglia davanti ai nostri occhi, facendo così aprire una porta segreta.
Vola veloce in quella direzione, sempre tenendomi stretta a lui.
Una volta dentro, non mi guardo nemmeno attorno per ricordare come fosse il rifugio segreto dove ci eravamo innamorati, dodici anni fa; il mio primo pensiero è "PERCHE' DIAMINE NON MI HAI FATTO UCCIDERE QUELL'ESSERE IMMONDO?! EH? MI HAI PORTATA QUI PER EVITARE CHE LO FACESSI FUORI? ALLORA SEI IN COMBUTTA CON LUI! TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE HA DETTO A CRATOS? COSA DOVREI DIRGLI ORA?! PER TUTTI QUESTI ANNI HO MENTITO E TACIUTO LA VERITA' E ADESSO ARRIVA L'ALIENO DI TURNO CHE GLI DICE TUTTO! COME DOVREI REAGIRE SE NON AMMAZZANDOLO?!".
"Freezer verrà ucciso, a suo tempo" Cell mi lascia andare, dirigendosi ai piani inferiori mentre io lo seguo a passo svelto, tremando per la rabbia; "Non possiamo ucciderlo ora, Nola, ci serve".
"A cosa dovrebbe servirci?" urlo esasperata "A distruggere la nostra famiglia? A traumatizzare nostro figlio?!".
"A trovare Gohan Son, Nola".
Mi zittisco per qualche istante, mentre lo vedo armeggiare con alcuni scatoloni pieni di indumenti che, come ricordavo, erano nella mia camera da letto.
Sempre in silenzio, mi accuccio affianco a lui e allungo una mano per pescare un vestito qualsiasi tra quella massa informe di roba accumulata che Cell sta cacciando; mentre io mi vesto lo vedo infilarsi una maglia scura e un altro jeans.
"Vuoi dire che lui ci può guidare a quel moccioso?" dico, finalmente, con tono incerto.
"Intendo dire che quel moccioso è figlio di un mio ed un suo grande nemico" Cell si siede sul letto e mi fissa pensieroso "Io e Freezer abbiamo stretto un patto, negli Inferi, e fino a quando non raggiungeremo la famiglia Son non potrò toccarlo né ucciderlo. Capisci, Nola?".
"Non c'era bisogno che ti affidassi a lui" gli rispondo, prendendo posto affianco a lui "Io so dove si trova la famiglia Son. Sui monti Paoz".
"Già, ma il capo famiglia è morto. E a me e Freezer serviva un pretesto per farlo tornare sulla terra. Se Cratos fosse in pericolo di vita, minacciato da due tuoi grandi nemici, e tu fossi morta, cosa faresti?".
Faccio spallucce: "Cosa potrei farci? Sarei morta".
"Poni il caso che per evenienze speciali e importanti ti sia concesso di tornare in vita per ventiquattro ore".
"Allora sfrutterei questa possibilità e mi precipiterei a salvarlo".
"Precisamente" Cell esibisce un ghigno soddisfatto.
Per qualche istante non capisco ancora perché mi abbia chiesto questa cosa, poi ricollego tutto: "Quindi il padre di Gohan potrebbe precipitarsi sulla terra quando noi saremo da lui per ucciderlo e vendicarci".
"Hai centrato il punto, Nola".
Annuisco: "Ingegnoso. Ma perché se voi eravate negli Inferi non lo avete cercato lì? E, soprattutto, come siete usciti dagli Inferi, tu e quel dannatissimo Freezer?".
Cell si stende sul letto e con un braccio mi tira a sé: "Credo sia arrivato il momento di spiegarti tutto, Nola".
Sospiro; sarà una lunga chiacchierata, me lo sento.



N.d.a.

Quanto odio Freezer? Quanto!? Troppo per potervelo spiegare! Ha detto tutto a Cratos! >.>" Uccidetelo, vi scongiuro!
Purtroppo, come Cell ha spiegato, fino al momento in cui non arriverà Goku sulla terra, Freezer è protetto; ma quando sarà possibile, sarà entusiasmante vedere Nola e Cell che assieme ammazzano quel delinquente! >:3
E ora prepariamoci a sentire come si sono svolti i fatti prima del ritorno di Cell: in questi lunghi dodici anni cosa è successo giù negli Inferi??
Ci si aggiorna con il nuovo capitolo! ;)
Stay tuned!
Julia of Elaja

 

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Capitolo 6
*** Bentornato tra le mie braccia ***


"Rinascere dalla polvere, per tornare ad essere me stesso. Non credere sia stato facile, Nola, né indolore. Non lo è stato per niente".
Annuisco appena mentre lo guardo negli occhi: mi incute un certo timore questo suo tono di voce, questo suo sguardo cupo e cattivo. Ma mi piace da impazzire.
"Mentre tu eri qui, sulla Terra, e respiravi l'aria e alzando gli occhi guardavi il cielo, io ero nelle viscere del pianeta, a respirare fumo bollente e dolore. E alzando gli occhi su di me c'erano solo fiamme. Dolore, fiamme, distruzione. Una tragedia continua".
Lui è in piedi vicino allo stipite della porta di questa camera, la camera dove abbiamo fatto l'amore la prima volta; e io sono nel letto, sotto le lenzuola, e lo osservo mentre i suoi occhi saettano nell'aria per posarsi, con mio grande piacere, su di me.
"Ogni ora che passavo lì sotto era una tortura, ma io ero l'essere perfetto! Ero forte, e quell'Inferno non mi avrebbe mai fatto diventare folle. C'era gente che impazziva, lì sotto, dopo appena pochi minuti, ma la condanna era eterna, quindi prima mi sarei abituato all'idea di vivere lì per sempre, meglio sarebbe stato per me. E credevo di essere il solo, lì dentro, ad avere ancora conservato la lucidità; passavano i giorni, i mesi... ma ero l'unico che ancora avesse ricordi di ciò che avevo vissuto sulla Terra, della mia vita... e tu eri il ricordo più forte e più indelebile, l'unico che con il passare del tempo non sbiadiva. Tu e quel moccioso di Gohan. La mia gioia l'uno e la mia rabbia l'altro. Due pensieri opposti che mi davano la forza di rimanere in equilibrio con me stesso, di non impazzire. Di non gettarmi nel baratro della follia".
"Impazzire sarebbe stata la via più facile" sussurro.
"Ma io non scelgo mai la via più facile, Nola" mi interrompe bruscamente lui "Quella è per i pappamolla. Io non sono quel tipo".
"Lo so" sospiro; ci fissiamo intensamente e sento i brividi percorrermi la schiena.
Mi sta raccontando tutto ciò che in quei dodici anni gli è successo in quell'Inferno; immaginavo avrebbe sofferto, ogni giorno cercavo di immaginare cosa stesse passando... ma ora che me lo sento raccontare, e da lui poi... mi viene solo da urlare. Un'angoscia continua, quell'odore di zolfo, l'aria bollente che ti penetrava i polmoni... o, almeno, questo è quello che Cell mi ha detto di aver trovato laggiù.
"E Freezer?" chiedo, scuotendo il capo per non pensare all'insistente odore di zolfo, che improvvisamente mi ha riempito le narici al solo immaginarlo.
Vedo Cell fare un ghigno a metà tra il sadico e lo schifato: "Quel pervertito. Lui era un altro che, come me, combatteva per non impazzire. Come me, anche lui voleva tornare qui per vendicarsi. Ma io avevo altri motivi, oltre alla vendetta, per voler tornare qui sulla Terra".
"Avevi me".
"E Cratos. Soprattutto lui, Nola. Mio figlio. L'unico mio vero figlio! Avrei dovuto essere qui per lui, educarlo nell'arte del combattimento, renderlo duro, invincibile, malvagio come me! Non potevo lasciarti sola con un bambino da crescere... ma l'ho fatto, e questa cosa non potrò perdonarmela mai".
Vorrei rispondergli che non è così, che io sentivo la sua presenza con noi ogni giorno, che anche se non è stato presente in questi dodici anni non deve farsene una colpa. La colpa qui è solo di Son Gohan, che lo ha ucciso e mandato laggiù. Lui la dovrà pagare. Era lui che meritava l'Inferno, non Cell.
"Quando conobbi Freezer" comincia a raccontare Cell "Ricordo che c'era una grande confusione, perché qualcuno aveva tentato la fuga dagli Inferi. Lui, naturalmente. Freezer aveva cercato di fuggire via, verso il Serpentone... ma lo avevano bloccato immediatamente e doveva scontare pubblicamente la sua pena".
"Fustigazioni? Punizioni corporali?" chiedo.
"Assolutamente no, qualcosa di molto più umiliante" mi dice "Avrebbero dovuto tagliargli la coda davanti a tutti".
Vero, quel lucertolone albino ha una lunga coda fluente: "La coda?" chiedo incerta "E che razza di punizione è? Forse il dolore...".
"No, Nola. Nella coda c'è tutta la sua virilità. Era il suo essere maschio. Se avesse perso quella, avrebbe poi perso anche l'ultima briciola di dignità che gli era rimasta".
Inarco un sopracciglio: "A me sembra comunque un effeminato. Coda e tutto".
Cell ridacchia e quel suono mi fa rabbrividire: che risata ammaliante...
"Sì, ha delle strane movenze... ma è un maschio a tutti gli effetti" mi sorride "Perdendo la coda avrebbe perso anche la voce, alcune capacità articolari... sarebbe potuto diventare persino cieco".
"Gran brutta cosa" commento rabbrividendo al pensiero "Quindi nella sua coda c'è una sorta di sistema nervoso periferico. Interessante".
"Non è l'ambito clinico di cui dobbiamo discutere adesso, Nola" Cell si fa più vicino al letto e i miei occhi cadono inevitabilmente dove non dovrebbero; ma se lui se ne sta nudo non è mica colpa mia!
"Sì, scusa, avevo perso di vista l'argomento" avvampo, cercando di tornare a guardare i suoi occhi; lui mi sta rivolgendo un ghigno che mi sa tanto di malizia, sensualità e fascino che mi lascia senza fiato.
Si getta sul letto e risale verso di me: "Allora, numero ventuno" mi prende tra le braccia "Posso finire il mio racconto? Poi potrai fare tutto ciò che vuoi con me".
Rido come una bambina mentre mi sorride scherzoso: mi avvinghio al suo collo e lui riprende a parlare, il tono nuovamente basso mentre sospira; "Negli Inferi c'è una sorta di piazza pubblica, attorniata da due grandi cascate. Era lì che Freezer sarebbe stato mutilato. E noi tutti avremmo potuto assistere a quello spettacolo. Io ero tra la folla e cercai di avvicinarmi ad una guardia per chiedere chi fosse quello lì e cosa avesse fatto per meritare quella punizione.
"Ha cercato di fuggire, giovanotto" mi rispose la guardia "Lo vedi cosa succede quando si cerca di fare i furbi? Tienilo sempre a mente".
E quindi guardai un altro guardiano arrivare con una enorme spada affilata: Freezer era in ginocchio, incatenato, a centro piazza; erano tutti abbastanza turbati da quella visione, tranne me. Ed ecco che un guardiano, uno di quelli che stavano vicino al prigioniero, si rivolse a me, intimandomi di farmi più dietro.
Perché non mi ero reso conto del fatto che stavo camminando verso di loro. Verso Freezer. Che mi stava guardando. Solo dopo capii di essere stato iponotizzato da quel maledetto".
Si ferma un attimo solo, giusto il tempo di un sospiro: "Senza nemmeno accorgemene, proposi alla guardia una soluzione alternativa a ciò che stava per fare a quel verme: mandarlo laddove ero io, nel settore 7. Il più tremendo. Il settore dello zolfo e del sangue. Laddove ogni giorno le voci di coloro che avevamo ucciso ci penetravano i timpani e non ci davano tregua. Il settore in cui ogni giorno, all'ora della mia morte, sentivo le tue urla, Nola, invadermi la testa. E quello era il vero mio tormento".
Questa volta sospiro io, stringendomi di più al suo petto possente.
"La guardia mi diede ascolto e dopo aver discusso con gli altri decise di procedere in questa maniera. Fu così che conobbi Freezer, mio progenitore cellulare, famoso per la sua cattiveria e la sua potenza. E con il tempo stringemmo un'alleanza. Lui cercava vendetta e voleva trovare Goku. Io Gohan. E decidemmo così di unire le nostre forze per scappare da lì e raggiungere il Pianeta Terra. Io dovevo raggiungere te, principalmente, e con te avrei poi ucciso Gohan. Questo era il mio piano.
Nove anni dopo, quindi, siamo riusciti a fuggire lanciando contemporaneamente un'onda energetica di una tale forza che è riuscita ad aprire un varco spazio-temporale verso la Terra. Abbiamo volato a velocità elevatissime per spostarci da lì e raggiungere la Città Centrale. Ho mandato Freezer in avanscoperta per poter intanto cercare degli abiti da umano da indossare. E appena ho potuto, ti ho raggiunta con Freezer. Ma tu mi sei svenuta davanti agli occhi".
Rido: "Scusami".
"Non c'è bisogno di scusarsi, Nola. Stavi male, molto male. E io ero così bello che non hai retto alla visione di cotanta bellezza, giusto?".
Ridiamo insieme e mi sembra di essere tornata, per un attimo, a dodici anni fa. Stessa stanza, stessi sorrisi, solo tanto dolore in più.
"Ti amo" gli sussurro.
"La cosa è reciproca".
Ridiamo ancora: "Che ne dici di andare a parlare a nostro figlio, più tardi?".
"Dove pensi che si trovi?".
Ci nascondiamo sotto le lenzuola, lo bacio ancora e ancora, vorrei baciarlo sempre: "A scuola, natualmente. Abbiamo due ore di libertà".
"Interessante" Cell si insinua sotto le coperte, sento le sue labbra scendere lungo il mio corpo...
"Bentornato tra le mie braccia, Cell" sussurro.
Mi sorride: "Grazie, numero ventuno".





N.d.a.

PERDONATEMI!
Sarà tipo un mese che non aggiorno, e mi rendo conto di avervi lasciato con il fiato sospeso **picconi e accette lanciate contro la sottoscritta**
**schiva tutto**
Calma gente! Ho caricato il nuovo capitolo apposta oggi, ritagliando un po' di tempo libero!
Cercate di capirmi, nel giro di pochi giorni mi sono ritrovata trasferita in una nuova università e in una nuova città, la capitale!! :O Potete capire il mio senso di smarrimento, venendo da una dolce (?) città di soli 65.000 abitanti, quando mi sono ritrovata in questa metropoli xD
Finalmente ora posso tornare a dedicarmi alla scrittura!
Ah, una piccola annotazione: ho voluto caratterizzare l'Inferno come luogo di dolore e sofferenza, e qui mi sono discostata dalla visione di Toryama! Perdonatemi, ma proprio non potevo immaginare Freezer e Cell simpatici amichetti negli Inferi come li si vede in GT! >.<"
Detto questo, ci aggiorniamo presto, con il prossimo capitolo!
:3
Spero che la storia continui ad intrigarvi! ;)
Baci!!
Julia of Elaja

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Capitolo 7
*** Il trauma ***


Aspettare il proprio figlio davanti alla sua scuola in orario di uscita è una scena comune a molte mamme; a me non capitava spesso di poter andare a prendere Cratos, tranne in alcuni rari casi di ferie o uscite anticipate da lavoro.
O una giornata come questa.
E quindi eccomi qui, davanti ai cancelli della Satan School, dove una fiumana di ragazzini si sta riversando in strada; sono sotto gli sguardi di tutti, come sempre, ma questa volta credo sia a causa del mio accompagnatore.
Perché sì, Cell è qui con me oggi.
Indossa una camicia e il cappotto, un paio di pantaloni scuri, tutto preso dall'armadio di mio padre; il fatto che ora sappia teletrasportarsi rende gli spostamenti veloci e possibilissimi anche se si tratta di centinaia di chilometri. Quindi una volta andati via dal monte Egremit, dove finalmente abbiamo potuto ritagliare un po' di tempo solo per noi, siamo passati da casa mia.
Cell è rimasto alquanto sbigottito dal fatto che l'intero grattacielo fosse tutto di nostra proprietà; "Quanto spazio sprecato!" aveva commentato. E, in effetti, non aveva tutti i torti.
E ora eccoci qui, proprio come una famiglia normale; la madre e il padre che assieme aspettano il proprio figlio all'uscita.
Non so come potrà reagire Cratos alla vista di me con Cell; certo, lui non ha addosso nè copricapo né corazza, e proprio per questo sta attirando gli sguardi maliziosi di parecchie giovani madri qui intorno.
"Cos'hanno da guardare?" mi chiede.
"Hanno solo voglia di essere prese a capelli" penso dentro di me, ma preferisco ridere enigmatica e lasciarlo con quel piccolo dubbio.
Ora come ora, però, davvero mi preoccupa Cratos; quel maledetto Freezer gli ha davvero detto tutto? O ha solo mentito per farci spaventare?
E lui come avrà reagito?
E poi un dubbio angosciante mi assilla all'improvviso: e se fosse stato così shockato da non essere entrato a scuola?
Se fosse scappato via?
"Cell" guardo il mio uomo che avverte subito dal mio tono che c'è qualcosa che non va, visto che mi risponde subito: "Cosa è successo?".
"E se Cratos fosse scappato via per lo shock della notizia?".
"Lui è nostro figlio. Non scappa, non è da lui".
"Tu cosa ne sai di lui?" gli urlo quasi; mi rivolge un'occhiata gelida. Forse perché questa frase è abbastanza infelice, dato che non è stato per scelta sua il fatto di non aver potuto conoscere suo figlio fino a quel momento.
Ma non è il momento di dosare le parole; mi sto agitando, e parecchio visto che ancora non vedo uscire mio figlio.
"Signora Degrees".
Sento una voce familiare richiamarmi e abbasso lo sguardo; è Uru, l'amico di mio figlio.
"Uru! Dov'è Cratos?!" gli urlo quasi, in preda al panico.
"Lui è ancora in aula. Non vuole uscire, non adesso ha detto" il ragazzino si stringe nelle spalle "Da quando quel tizio lo ha fermato per parlargli è rimasto in silenzio per tutta la giornata".
"Dov'è l'aula?" Cell si avvicina a Uru e lo guarda in cagnesco; il bambino comincia a guardarmi interrogativo, ma io gli faccio un sorrisetto e lo ringrazio per avermi avvisata.
Prendo Cell per un braccio e gli dico di seguirmi; e camminiamo contro corrente, insinuandoci in quella folla di adolescenti che sciamavano via dalla scuola per dirigersi nelle loro case, tra le braccia delle loro madri e dei loro padri.
Anche mio figlio, quel giorno, avrebbe ricevuto l'abbraccio di entrambi i genitori.
Ma, prima, sarebbe stato necessario spiegargli parecchie cose.
"L'aula è al primo piano, sulla destra" spiego a Cell mentre inizio a salire due scalini alla volta, lui al mio fianco con l'aria tesa.
Arrivati al piano superiore, mi dirigo di corsa nell'aula di Cratos.
Cell mi stringe il braccio destro, un secondo prima che io entri; "Va' prima tu. Poi quando sarà il momento entrerò anche io".
Annuisco; forse è meglio così, che ci parli prima io.
Quindi entro con passo deciso nell'aula vuota, dove il rumore dei miei passi echeggia per tutta la stanza.
Cratos è seduto al suo posto, quarta fila, vicino alla finestra; ha la testa posata sul banco e guarda fuori, guarda il cielo grigio.
Per la prima volta in vita mia, non so come approcciarmi a mio figlio; deglutisco e cerco di respirare a fondo per calmare il battito forsennato del mio cuore. Mai, e ripeto mai, mi era capitato di stare così in ansia solo perché dovevo parlare a mio figlio!
Quando gli sono affianco, ha ancora il capo rivolto verso la finestra; gli poso una mano sulla spalla destra, ma non reagisce.
"Cratos" sussurro, con voce tremante.
"Dimmi".
La sua voce non è né arrabbiata né in qualche modo trapela agitazione; è calma, fin troppo. Il che mi fa preoccupare il triplo.
"Perché sei qui dentro? Ti stavo aspettando all'uscita".
"Dovresti stare a casa a riposare, hai la febbre" ribatte con tono distaccato, cambiando discorso.
Rivolgo per un attimo il mio sguardo verso la porta, ma Cell non si vede; che cosa devo fare?!
"Mi sentivo meglio, così ho deciso di venirti a prendere io, oggi" gli rispondo con voce un po' più ferma "Ora, mi spieghi perché sei ancora qui in aula?".
Silenzio.
Non mi risponde; e come dargli torto, ha tutte le ragioni di questo mondo se non vuole rivolgermi la parola! Io al suo posto avrei spaccato il mondo!
"Stamattina ho incontrato una persona" comincia.
Il mio cuore è a mille e la gola mi si è seccata completamente; "E mi ha detto alcune cose. Mi ha fatto paura".
"Chi era?" mi fingo sorpresa e ignorante della questione "E cosa ti ha detto?".
Lo vedo alzare il capo dal banco, ma continua a fissare il cielo; sospira, poi riprende a parlare e nella sua voce sento una punta di dolore, adesso.
"Mi ha fermato mentre entravo qui a scuola" comincia "O meglio, mi ha chiamato. Sentivo qualcuno chiamarmi insistentemente, la voce era dentro la mia testa! Mi sono voltato e ho capito che qualcuno mi stava chiamando dietro ad una colonna, sotto i portici qui affianco".
"La voce era nella tua testa?"; quel maledetto lo aveva ipnotizzato, proprio come aveva fatto con Cell negli inferi!
"Sì. Così ho camminato verso quel punto e ho visto qualcuno nel buio, un uomo basso, con gli occhi cattivi. E mi ha detto che sapeva tutto di me".
"Ovvero?"; la rabbia sta montando dentro di me. Io lo ammazzo subito, quel Freezer, senza tanti complimenti! Non mi importa di quello che dice Cell, io non aspetterò un secondo di più!
"Ha detto che sapeva che il mio nome era Cratos e, soprattutto, che conosceva bene i miei genitori. E che sono ancora vivi".
Comincio a respirare affannosamente, vuoi per la rabbia vuoi perché mi sto agitando parecchio per questa situazione.
"Ha detto che mia madre sei tu, ma non intendeva adottiva. Ha detto che sei stata tu a partorirmi".
E qui, il mio cuore cessa di battere, o almeno a me sembra così, perché Cratos si volta e mi guarda con occhi carichi di odio.
Odio puro.
Mi guarda quasi disgustato, come se fosse stato tradito e ferito.
"Cratos, io...".
"Tu sei mia madre e mio padre non era altro che un folle omicida che minacciava di distruggere il pianeta!" ha cominciato a urlare.
"Abbassa la voce" gli intimo, alzando il tono anche io.
"IO URLO QUANTO MI PARE E PIACE!" getta la sedia da un lato e urla tanto da farmi quasi paura "MI HAI MENTITO! HAI DETTO CHE I MIEI GENITORI ERANO MORTI!".
"Cratos, lascia che ti spieghi, ti prego" cerco di abbracciarlo, ma mi schiva.
"Non toccarmi" ringhia "Questa cosa non potrò mai perdonartela".
E in un attimo di tempo non riesco più a realizzare cosa sta accadendo; vedo solo un intenso bagliore blu, quasi violetto, riempirmi la visuale per un istante, poi mi sento spingere violentemente a sinistra e sbatto contro la parete dell'aula.
E chiudo gli occhi.
*
Sento delle voci, bisbigliano qualcosa.
Le sento nominare il mio nome.
Dicono "Nola, Nola" e poi qualcos'altro.
Ma cosa?
"Cosa state dicendo?" chiedo; ma quelli continuano a bisbigliare, sempre più concitatamente.
"Chi siete?" chiedo, allora; perché non riesco ad aprire gli occhi, sono così pesanti... e quindi non riesco nemmeno a vedere chi c'è lì affianco a me.
Respiro con fatica; cosa mi è successo? E perché la testa mi fa così male, verso la tempia sinistra?
Tento nuovamente di aprire gli occhi ma non ci riesco, di nuovo; allora mi arrendo e cerco di calmarmi e rilassarmi, cosa alquanto impossibile in quel momento.
Ricordo solo di aver visto Cratos e un intenso bagliore violetto. Poi nulla più.
Ma si può sapere cosa è accaduto?
"Nola".
"Ma chi sei!?" urlo; mi sto innervosendo parecchio e il fatto di non riuscire ad aprire gli occhi mi allarma ancora di più.
Finalmente quei suoni ovattati si fanno chiari e li percepisco; è la voce di mia madre che urla.
"Non può essere semplicemente caduta dalle scale, per ridursi in queste condizioni dovrebbe essersi gettata da una finestra al quinto piano!".
"Mamma, non urlare" le dico, con tono supplichevole.
Si zittisce; "Non riesce nemmeno a dire una parola di senso compiuto, guardala! Farfuglia!".
Farfuglia?
Ma cosa sta dicendo?
"Mamma io sto parlando!" le dico, sbuffando.
"Basta così, non riesco a stare un minuto di più qui dentro!".
Un rumore di scarpe con il tacco che si fa sempre più lontano fino a scomparire; poi il silenzio.
"Nola, ci sono io".
La voce di Cell; è con me, qui! Ma... c'era anche mia madre!
Non le avrà mica detto tutto?
Devo assolutamente svegliarmi!
"Non ti agitare o peggiorerai la situazione" mi intima Cell e avverto il peso della sua mano che mi accarezza gentilmente il braccio sinistro "Purtroppo non hai preso un colpo molto leggero".
Ma di che sta parlando? Colpo?
"Cerca di riposare. Io starò qui affianco a te e se hai bisogno di me chiamami".
Annuisco; "Va bene".
E, finalmente, riesco a tranquillizzarmi.
Mi addormento senza neanche rendermene conto.



N.d.a.

**entra in punta di piedi**
C'è nessuno?! (**in stile particella di sodio della pubblicità**)
Ehm, salve, sono quella disgraziata che non aggiorna da mesi :'D Eh eh, come va?
Non sono morta, sono solo stata risucchiata nel buco nero dell'università, che quest'anno come non mai mi sta tenendo incollata ai libri...
PERDONATEMIIII **piange e strepita**
Sono tornata per aggiornare, oggi ho riletto la mia storia e mi sono detta "Ma perché non l'aggiorno proprio oggi?".
Insomma, ero ispirata e ho deciso di riprendere a scrivere; quindi, eccomi qui!
Cercherò di aggiornare quanto prima lo giuro!
Ma intanto... cosa diamine è successo?
Perchè Nola parla ma sua madre dice che farfuglia? E come mai non riesce ad aprire gli occhi?
E Cratos?
Avrete le risposte a questi interrogativi nel prossimo capitolo!
Ora vi saluto! ;)
Ci si aggiorna dopodomani!
Bacioni a tutti
Julia :D

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Capitolo 8
*** Vendetta ***


Quando finalmente riesco ad aprire gli occhi, vedo solo il buio attorno a me; per un attimo temo di essere diventata cieca, ma poi pian piano le ombre prendono forma attorno a me.
Semplicemente, è notte fonda, ecco perché è tutto così scuro; mia madre giace con la testa sul mio letto, seduta su una sedia che ha tutta l'aria di essere alquanto scomoda. Ha l'aria stravolta e mi sembra abbia anche pianto, visto il trucco sciolto attorno agli occhi.
Cosa è accaduto?
Una fitta alla testa mi fa gemere appena; la mia tempia sinistra pulsa sgradevolmente. Cosa mi è successo?
Ricordo solo un gran colpo, forse qualcuno che mi spingeva? O qualcosa?
"Nola".
Mi volto al suono di quella voce; "Cell" mormoro ma in quel preciso istante mi rendo conto di aver solo detto qualcosa di incomprensibile.
Ho forse perso l'uso della parola?
"Cell" cerco di pronunciare correttamente il suo nome, ma lui mi si avvicina con fare preoccupato, l'aria truce; "Sta' zitta" mi dice "Non sforzarti ulteriormente".
Quasi vorrei urlare; paura, rabbia e sgomento si fanno strada in me.
"Cosa è successo?" sussurro, ma naturalmente non ho detto nulla di comprensibile. Eppure Cell mi sorride quasi in maniera compassionevole e mi risponde: "Cratos ti ha lanciato un attacco. Involontariamente, credo. Poi è scappato via appena dopo averti aggredito; era sotto shock, ora è a casa con tuo padre e il suo amico Uru. Non ho fatto in tempo neanche a vederlo perché era già scappato via, quando ti ha attaccata. Credo sappia volare, sai?".
Volare? Cratos sa volare? Ma è incredibile! Ma la cosa che più mi rende incredula è il fatto che mi abbia attaccato...
"Perché?" chiedo allora; e, ancora una volta, Cell capisce cosa gli ho chiesto perché mi risponde "Io credo sia stata una reazione involontariamente spropositata a tutto quel che gli è successo nella giornata di oggi. Pensaci, Nola: tu hai fatto la stessa cosa con me, quando ci conoscemmo".
Era vero; io lo avevo ferito in maniera anche grave con un attacco che involontariamente gli avevo scagliato. Solo che... lui per me era uno sconosciuto, all'epoca! Anzi, lo conoscevo come un mostro sanguinario che voleva estirpare il genere umano. E che doveva ingravidarmi per poter avere progenie.
Invece Cratos... Cratos è mio figlio. Io sono sua madre, io l'ho cresciuto! Come ha potuto farmi una cosa del genere?
Chinai il capo tristemente; mia madre continuava a dormire della grossa... solo in quel momento mi resi conto dell'assurdità di quella situazione! Cell e mia madre nella stessa stanza... cosa era accaduto?
Richiamai l'attenzione di lui e indicai mia madre, con sguardo interrogativo: "Ah, è una lunga storia" rise lui, a voce bassa "Te la spiegherò un'altra volta. Ora pensa a riposare. Domattina sarò da te".
Annui, guardandolo andare via; la rabbia montava dentro di me, perché il vero colpevole di tutto questo non era mio figlio, no... era quel dannato Freezer.
Se già prima non l'avevo mai potuto sopportare, ora il mio odio per lui mi investe come una marea in piena. Lo odio, lo odio con tutta me stessa!
Ha ferito me, mio figlio e il mio uomo... e io dovrei sopportare tutto questo?
Mi alzo dal letto, cercando di non far svegliare mia madre e scappo fuori dalla stanza, a piedi scalzi; "Cell" lo chiamo nel corridoio, mentre lo vedo dirigersi in fondo, verso le porte scorrevoli che lo portano fuori dal reparto.
"Cosa fai? Va' a letto".
In un secondo sono lì davanti a lui; "Tu ora mi porti all'Egremit. E poi da Freezer".
"Nola, tu non riesci nemmeno a parlare! Ti rendi conto? Dove vorresti andare a quest'ora della notte? Torna a dormire".
Ma scuoto il capo, più risoluta che mai; non so come fargli capire quel che vorrei fare... mi guardo attorno, disperata, alla ricerca di non so neanche io cosa...
Poi li vedo.
Un foglio e una penna.
Disegno un monte, con una grande apertura circolare; poi lo mostro a Cell.
"L'Egremit?" chiede lui; e io annuisco.
Poi disegno ancora; e questa volta mi concentro, perché disegnare quel maledetto essere mi riesce difficile, dato che è la cosa che più odio al momento... dopo Son Gohan, ovviamente.
"Quello lì è Freezer, Nola?" mi chiede a disegno ultimato Cell.
E io annuisco, più decisa che mai.
"Vuoi ucciderlo?".
Di nuovo faccio un cenno di assenso; e gli faccio capire che voglio farlo ora.
"Tu sei pazza, Nola".
Ma mi sta sorridendo; unisco le mie mani a mo' di preghiera, mi avvicino ancor di più alle sue labbra e lo fisso intensamente.
E un attimo dopo, mi ritrovo davanti al monte Egremit.
Ci siamo; Freezer, hai i minuti contati.




N.d.a.

Hola! Fa caldo lì da voi? Qui a Roma se crepa :'D
Bando alle ciance, torniamo a parlare di Nola; la nostra amica non riesce a dire una parola però ha le idee chiare: vuole uccidere Freezer, e subito.
L'ira è troppa per poter essere contenuta e ora è arrivato il momento che il nostro simpatico alieno torni negli Inferi da cui proviene.
Ma Cratos?
Come starà in questo momento?
Io credo che lo scoprirete presto... molto, presto! ;)
Per ora vi saluto e... ci si aggiorna Domenica! :D
Ciao ciao
Julia :)

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