The voice of the night.

di DoyouknowDumbledore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Nuova scuola, nuovi guai. ***
Capitolo 3: *** A caccia. ***
Capitolo 4: *** Alex Jones ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Bene. Prima di iniziare a raccontarvi la mia vita, è importante che voi sappiate chi sono. Mi chiamo Elizabeth Bennett, come la protagonista di “Orgoglio e Pregiudizio”, esatto… Mia madre, come me, è ossessionata dalla storia d’amore della giovane ragazza, protagonista del libro, e del signor Darcy.  Ho sedici anni, sono nata a Fukui, in Giappone,  e vivo a Los Angeles. Mia madre è giapponese, mio padre inglese.
Dimentico qualcosa? Ah si… sono una Night.
Vi chiederete cosa sono i Night. Beh sono umani. Umani con un’agilità superiore a tutti gli altri. Ed hanno qualcosa che le persone normali non hanno. Gli istinti omicidi. Noi Night abbiamo l’istinto di uccidere ogni creatura della notte. I famosi Vampiri, i Licantropi…e i Demoni. Riusciamo a sentirne la presenza nel raggio di cinquanta metri di distanza.
Ebbene si, queste creature esistono davvero. Ma i più scaltri non escono allo scoperto. Tornando a noi… Con la mia famiglia ci siamo trasferiti in America quando io ho iniziato il Liceo. Il primo anno è stato tremendo. Ho cambiato scuola per ben tre volte.
Nella prima scuola, davanti al professore,  bruciai viva una vampira che cercava di entrarmi nella mente, provocandomi un forte mal di testa.
Nella seconda scuola avevo ucciso due licantropi con un colpo solo.
Nella terza scuola il preside aveva scoperto che ero armata.
Si, esatto. Ero armata. Perché nonostante la nostra agilità noi Night siamo comunque inferiori rispetto alle altre creature, quindi siamo costretti a camminare armati di paletto di legno e pistola carica di proiettili d’argento per assicurarci di arrivare vivi alla fine della giornata e vedere la luce del giorno dopo. Ma se incontriamo un demone…possiamo solo sperare di non essere attaccati. Perché non c’è al mondo nessun’arma in grado di uccidere un demone.
Bene. Direi che sapete chi sono adesso. Quindi inizio a raccontarvi la mia storia.

Erano ormai due anni che eravamo in America. Mi mancavano i miei amici che avevo lasciato in  Giappone, ma la mia nostalgia non poteva competere con la promozione lavorativa che aveva avuto mio padre che ci aveva portati qui a Los Angeles.
Non avevo amici qui. Tutti mi consideravano pari a zero. Il motivo principale erano i miei istinti, che mi rendevano inavvicinabile e scontrosa. Le scuole che avevo frequentato erano piene zeppe di creature della notte, e neanche l’ombra di un Night, a parte me e mio fratello, Lucas. Lucas aveva diciotto anni. Era il mio maestro. Mi insegnava a controllare gli istinti e ad usare al meglio le armi. Ma non era venuto con noi in America.
Il motivo è semplice. Lui è morto.
Avevo undici anni quando successe. Era pomeriggio inoltrato e Lucas non tornava da scuola. Così decisi di andare a cercarlo.
Lo cercai per tutta la città fino ad arrivare nel bosco che gli anziani del villaggio chiamavano “Shi”, ovvero “morte”. Essendo una Night ero stata addestrata a non aver paura di nulla, ed entrai nel bosco. Camminai per qualche ora. Ero stanca e non mi reggevo in piedi. Avevo fame e sete, ma la voglia di trovare mio fratello mi faceva andare avanti.  Sentii delle grida provenire nella direzione opposta a quella che io avevo preso, e mi misi a correre verso la voce. “Lucas resisti. Ti prego, ti prego!” continuavo a pensare. Arrivai molto vicino alla voce, quando inciampai nella radice di un albero, finendo con il viso in una pozzanghera di fango.
Intanto le grida erano finite.
Alzai lentamente la testa e vedendo su cosa si erano posati i miei occhi, una lacrima rigò il mio viso. Ma dalla mia bocca non usciva alcun suono. Mi alzai in piedi senza curarmi del fango che ricopriva la mia faccia e mossi piccoli passi verso la figura che giaceva in un letto di foglie secche. Non avevo bisogno di voltare il corpo per sapere l’identità del povero malcapitato. Mio fratello era davanti a me, steso a terra. Il sangue che gli usciva dalle orecchie e una ferita alla gamba talmente profonda che si poteva vedere l’osso.
L’assassino era per forza un demone. Era l’unica creatura in grado di uccidere in quel modo un Night. I demoni di solito entrano nella mante delle persone, inducendole a suicidarsi. Restai accanto al corpo di mio fratello nel Bosco della Morte fino a che la polizia non venne a cercarci.
Sono passati cinque anni da quel giorno.
Cinque anni e tre mesi.
I miei istinti sono peggiorati. Riesco a controllarli a malapena e i miei genitori hanno rinnegato la loro natura di Night. Mi sono trovata sola contro tutti e ho dovuto imparare da sola a ristabilire i miei impulsi di uccidere.


Angolo dell'autrice
Salve a tutti :D
Questo non è un vero e proprio capitolo, ma solo un'introduzione al presonaggio di Liz, la protagonista, e al mondo dei Night e delle creature della notte.
Spero che vi piaccia, fatemi sapere se devo continuare o meno la storia :)
A presto!

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Capitolo 2
*** Nuova scuola, nuovi guai. ***


-Elizabeth  svegliati!- Mia madre cercava di incitarmi ad alzarmi dal letto. Senza successo. Era settembre. Primo giorno nella nuova scuola, la Kingtley High School. Un altro posto pullulante di creature della notte pronte a far scattare i miei istinti di caccia.
-Elizabeth ti ho detto di alzarti! Immediatamente!- Continuò ad urlare mia madre dalla cucina. Stanca delle urla buttai da un lato le coperte e mi alzai svogliatamente dal letto caldo.
Fui invasa dai brividi di freddo, ma non ci feci caso. Mi vestii velocemente. Mi infilai una felpa nera, jeans scuri attillati e un paio di Nike. Presi  lo zaino a tracolla bianco che avevo riempito con un paio di quaderni e due penne e scesi in cucina per fare colazione.
-Oh, vedo che quando vuoi ci metti poco a vestirti. Non vedi l’ora di andare a scuola?-Chiese mia madre con una punta di ironia nella voce appena mi sedetti.
-Semmai il contrario-risposi secca. Non avevo fame, quindi bevvi una spremuta d’arancia e mi alzai dallo sgabello.
-Non hai fame?
-No. –dissi prendendo la mia borsa e affrettandomi ad andare in bagno per lavarmi i denti. Lavati viso e denti mi pettinai i capelli rossi legandoli in una coda di cavallo. Quando ebbi finito di sistemarmi scesi e andai dritta verso la porta.
-Ti faremo avere le tue cose al più presto!-Gridò mia madre dalla cucina.
-Ok. Se ci riuscite preferirei avere tutto entro stasera. Così mi sistemo in camera. –Dissi. Ebbene si, andavo a vivere a scuola. Il liceo metteva a disposizione delle camere. I miei ovviamente  ne avevano approfittato per prendermene una…Mi convincevo sempre di più che mi volessero lontana da loro. Comunque mi trovavo nella 107 con una certa Angelique Dorlas. Sperai con tutto il cuore di trovare una Night in camera.
-Ok. A stasera allora!
-A stasera. –Dissi prendendo dal mobiletto accanto alla porta la mia pistola carica di proiettili d’argento e infilandomela in tasca. Per fortuna La felpa era abbastanza larga e lunga da rendere quasi invisibile la pistola. Uscii e mi chiusi la porta alle spalle. Non avevo un rapporto ottimo con i miei genitori. Dopo la morte prematura di mio fratello sembravamo degli estranei. Evitavamo l’argomento “Night” perché loro avevano rinunciato a quella parte della loro natura.
Ma la cosa più brutta era che insieme a mio fratello sen era andato anche lo spirito della famiglia che ci aveva tenuti uniti fino a quel tragico giorno.
Molte volte avrei voluto poter riavvolgere il tempo e tornare a quel giorno. Arrivare prima e salvare mio fratello…o morire al suo posto. Ma adesso non avevo il tempo di pensare al passato. Dovevo vivere il presente.
Mi diressi alla fermata dell’autobus. Alle 7:30 l’autobus parcheggiò alla fermata. Salii e mi trovai davanti ad uno scenario raccapricciante.
Il conducente era una signora sulla cinquantina truccata come una ballerina di Burlesque, con le zampe di gallina. Non si faceva la tinta da parecchio perché si vedeva la ricrescita, e anche qualche capello bianco. Inoltre puzzava di sigarette e alcool.
Disgustata mi voltai verso i sedili.
Le prime file erano occupate da nerd che erano intenti a leggere libri sulla chimica, altri si pulivano gli occhiali. Subito dopo c’erano ragazzi che io definivo normali. Qualcuno era intento a leggere fumetti, altri guardavano fuori dal finestrino, qualcuno ascoltava la musica, altri ancora chiamavano o scrivevano sms.
Poi infondo c’era solo qualche persona. Scelsi il posto con lo sguardo e mi incamminai infondo all’autobus.  Ero quasi arrivata quando la conducente fece manovra e il pullman partì. Presa alla sprovvista persi l’equilibrio ed andai a finire tra le braccia del ragazzo che era seduto alla mia destra.
-Ehi!-esclamò il ragazzo.
-Scusami. Il pullman è partito e mi ha preso alla sprovvista- dissi alzandomi imbarazzata per poi girarmi e guardarlo. –H-ho perso l’equilibrio…- iniziai. In quel momento, l’ira del ragazzo mutò in incredulità, e io non riuscivo a spiegarmi il perché.
-Oh…no. Scusami tu per i miei modi. –Disse, guardandomi fissa con i suoi occhi azzurri. –Sono Matt.- Disse porgendomi la mano.
-Elizabeth- Risposi stringendogli la mano. Seguii un attimo di silenzio, e non potei far altro che sorridere ed incamminarmi alla meta che mi ero prestabilita prima del piccolo incidente: l’ultima fila di sedili infondo all’autobus. Ogni tanto durante il tragitto Il ragazzo si girava e mi guardava. Rispondevo con un sorriso imbarazzato e tornavo ad immergermi nella lettura di “Orgoglio e pregiudizio”, il libro che era tramandato nella mia famiglia di generazione in generazione. Quella copia risaliva al ‘900. Le pagine erano ingiallite e alcune lettere sbiadite.


Dalla partenza da casa all’arrivo a scuola passò un’ora e mezza. Arrivai a scuola alle nove. Il ragazzo, Matt, era sceso due fermate prima di me. Scesi dall’autobus con lo zaino in spalla e mi guardai intorno.
Davanti a me c’era un cancello enorme in ferro arrugginito, spalancato per l’arrivo delle matricole come me. Anche se io ero stata inserita in una quarta, data  la mia età.
Dietro al cancello si ergeva un edificio imponente. Sembrava una villa dell’800, solo un po’ più moderna e molto più grande. Era il liceo dove avrei passato gli ultimi due anni di scuola.
Solo dopo aver oltrepassato il cancello mi accorsi che l’intero edificio era circondato da mura di mattoni alte almeno due metri, coronate dal filo spinato.
Mi chiesi se non avessi sbagliato pullman e non fossi finita in una scuola militare. Ma leggendo la scritta “Kingthley High School” all’entrata dell’edificio capii di essere nel posto giusto. Semplicemente l’avevo immaginato diversamente.
Poi, quando anche l’ultima matricola fu all’interno delle mura, il cancello si chiuse con un cigolio tremendo.
Sospirai e mi decisi ad entrare. Salii lentamente le scale che mi conducevano alla mia nuova casa, che più  che altro sembrava la mia condanna agli arresti domiciliari.
Appena entrata fui travolta dalla sensazione più sgradevole che avessi mai provato. Quel posto pullulava  di creature della notte.
Vampiro. Licantropo. Umana. Licantropa. Umano. Vampira e così via. Ma neanche l’ombra di un Night. Possibile?! Neanche un Night in giro?  E’ uno scherzo…vero?!
Frustrata mi diressi verso la segreteria.
-Salve. Sono nuova…-dissi alla segretaria.
-Si, certo- Disse la donna grassoccia senza alzare lo sguardo dalle mille carte che aveva sotto il naso –Come ti chiami, tesoro?
-Elizabeth Bennett.
-Elizabeth Bennett… -ripeté la donna cercando qualcosa in quella montagna di fogli. –Ecco a te. –Disse passandomi due fogli. – Quella è la piantina della scuola, sull’altro foglio c’è l’orario delle lezioni della tua classe. Sei nella 4^a. –Disse la donna con un sorriso che significava “sei ancora qui?!”. Guardai torvo la donna ed uscii dalla segreteria. Secondo l’orario adesso avevo lezione di scienze nell’aula  24. Per mia fortuna era al piano terra. Mi sistemai sulla spalla la borsa che scivolava e iniziai a seguire la cartina. Girai a destra, poi dritto e di nuovo a destra. Ed ecco l’aula 24. Bussai due volte, aprii la porta e fui accolta da un silenzio tombale.
-Ehm…sono nuova…-dissi porgendo i fogli alla professoressa e lasciando che loro parlassero per me. La donna si sistemò gli occhiali sul naso aquilino, scrutando per bene i fogli.
-Bene ragazzi, abbiamo una nuova compagna di classe –disse la donna mettendomi una mano scheletrica sulla spalla. Potevo sentire benissimo le ossa della sua mano, che era appena poggiata sulla mia spalla. –Si chiama Elizabeth Bennett. E’ nata A Fukui, in Giappone ed è in America da…
-Cinque anni. –dissi completando la frase della professoressa.
-Cinque anni…- ripeté – Bene, per adesso puoi sederti lì infondo, accanto a Tyler. –disse la professoressa indicandomi un banco vuoto infondo all’aula.
Mi incamminai al mio posto cercando di evitare gli sguardi dei miei nuovi compagni di classe. Ovviamente la classe era piena di vampiri e licantropi. Ma per fortuna c’erano anche degli umani.
Lasciai cadere lo zaino accanto alle gambe del banco e mi sedetti. La professoressa riprese la lezione e io feci finta di ascoltare. Mi abbassai leggermente, per nascondere il volto, e mi misi a guardare fuori dalla finestra. La mia casa già mi mancava. Non mi mancavano i miei genitori. Non potevo mentire dicendo che mi mancavano per mascherare il mio cuore di ghiaccio. Con i miei genitori non avevo mai avuto un bel rapporto dopo la morte di mio fratello...mi mancava la mia casa, la mia camera. Ma non i miei genitori.
Guardai ancora una volta la recinzione che percorreva il perimetro della scuola. Ad un tratto mi sentii privata della mia libertà.
“E’ solo un cancello. Calmati Liz.” Mi dissi. La lezione andò avanti così, con la prof che spiegava la lezione del giorno e io che guardavo fuori dalla finestra pensando alla nuova vita che stavo per intraprendere. E cercando di evitare di pensare all’odore di Licantropo che solo le narici di un essere umano non potevano percepire.
La giornata scolastica andò avanti per altre cinque ore. Sei ore di lezione in tutto.
Arte, Storia, Matematica e due ore di Letteratura.
Presi uno dei mille fogli che mi avevano dato in segreteria. La mia stanza era la 107. Mi feci il giro dei corridoi arrivando al corridoio dei dormitori.
-102…103- leggevo ad alta voce il numero delle varie stanze -106…eccola, la 107.
Aprii la porta con la chiave che mi avevano dato e fui felice di notare che le mie valigie erano tutte lì.
Esaminai velocemente la stanza. Moquette rossa, carta da parati panna, un piccolo bagno fornito di cabina doccia, un camino già acceso, due armadi e due letti. Il che significava che presto sarebbe arrivata la mia compagna di stanza.
Misi le valigie sul letto accanto alla finestra e iniziai ad uscire le mie cose per sistemarle poi nell’armadio. Presi le armi e le nascosi sotto al comodino accanto al letto.
Finito di sistemare le mie cose, presi il capolavoro di Jane Austen, mi sedetti accanto al camino e continuai la lettura da dove avevo interrotto alla fermata dell’autobus. 
Lo aprii e l'odore delle pagine vecchie ed ingiallite mi invase le narici. Era la quinta volta che lo leggevo. Mi sedetti sul pavimento, e in quel momento la porta si spalancò. In piedi c'era una ragazza, e dall'odore e dall'aura capii che era una vampira.
“Bene. Benvenuta all'inferno.”  Pensai mentre la fissavo.
-Ok, non può essere vero… - sussurrò la succhiasangue. –Tu chi sei? E che ci fai qui? – chiese la ragazza ferma sulla porta.
-Sono in camera con te a quanto pare - dissi sbuffando. -Credimi la situazione non piace neanche a me. - dissi secca continuando a leggere per contenere gli istinti di caccia che iniziavano a farsi sentire.
Alzai appena lo sguardo per vedere che si stava prendendo il mio letto. –Fossi in te, io prenderei l'altro. - Dissi tornando sul libro. -Quello è occupato. -dissi tranquillamente.
-Credo di no- sibilò la ragazza buttandosi sul letto. –Ora è mio.
 Sospirai. Un'altra vampira che si credeva chissà chi. Non importava. Il mattino seguente avrei sistemato tutto.
-Non so come funzionava nella tua vecchia scuola. Ma qui non comandi nessuno, chiaro?
-Io non sto comandando proprio nessuno –disse sorridendo- Era una richiesta implicita, non dovrebbe essere così difficile a comprendere o a voi night non lo insegnano?
La guardai. Non avevo voglia di litigi, non ero in vena...stranamente. I ricordi di mio fratello mi avevano trasformata. Ed era la cosa che più odiavo. Diventavo asociale.
-Si. Lo insegnano. -Dissi secca. Il mio maestro era stato principalmente mio fratello, guarda caso. Dopo la sua morte ero rimasta sola.
-Perfetto
Mi controllavo. Cosa che non facevo quasi mai.
-Non abituarti al comportamento che ho adesso. -Dissi secca tenendo lo sguardo sulle lettere stampate sulle pagine ingiallite. Il vero motivo del mio comportamento era il fatto che se dovevo convivere con una vampira, dovevo cercare di evitare i litigi. Cosa non semplice.
-Sarà una pacchia. -Ridacchiò sarcastica. -Ma per quanto tu ci creda o no, non è poi così difficile collaborare con me. Tu non improvvisi mosse alla Jackie Chan durante la notte e vivremo serene. -disse tornando a sistemare le sue cose.
-Non esserne sicura… E stai tranquilla. La notte preferisco dormire, piuttosto che sprecare minuti di sonno per una vampira. -dissi e alzai lo sguardo sorridendo per guardarla negli occhi.
Mi alzai e andai in bagno a cambiarmi. Mi preparai per la notte bevendo un infuso alla verbena dato che avevo un vampiro in camera.
“Come primo giorno di scuola, non c’è male.” Pensai prima di addormentarmi.





Angolo dell'autrice
Salve a tutti :D Aevo questo capitolo pronto da un bel po' quindi non abituatevi alle 5 pagine di word.
Che dire, spero che la storia vi piaccia!
Fatemi sapere cosa ne pensate :)

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Capitolo 3
*** A caccia. ***


La mattina dopo mi svegliai alle cinque.
La puzza di zolfo e sangue che proveniva dal letto accanto al mio, mi teneva sveglia. Così mi alzai dal letto, e i dolori alla schiena dopo l'ultima litigata con la mia compagna di stanza iniziavano a farsi sentire. Guardai la parete del bagno sfondata.
-Quel macello non lo pulisco.- dissi, e andai a vestirmi. Mi infilai in fretta un paio di jeans e una canotta nera.
Uscii dalla mia camera, e andai a fare un giro nei corridoi, saltellando per qualche metro, nel tentativo di infilarmi le converse rosse.
Entrai nell'aula di chimica, senza un perché, e mi affacciai alla finestra. Si vedeva la foresta che circondava la città, e le case tutt'intorno al perimetro della scuola, circondata da un muro. Mi chiedevo sempre il perchè di quel muro… sembrava quasi una prigione.
Ad un tratto, i miei sensi entrarono all'erta. Una presenza alle mie spalle, ma non aveva niente di pericoloso. Forse un'umana... o una night. Sperai fortemente nella seconda opzione.
-Chi saresti tu? – chiese la voce. Mi girai, per vedere una ragazza bionda e alta. Non puzzava di zolfo o di cane bagnato. Poteva essere un’umana.
Fù quando tirò fuori la pistola, che capii che era una night.
Tirai fuori la pistola -Mi chiamo Liz - dissi, sistemando la pistola sulla cattedra
-Tu invece? Chi sei?- chiesi
-Elena. E credevo di essere l’unica qui.- disse con un sospiro di sollievo, e rimise la pistola nella tasca posteriore dei jeans.
-Credevo la stessa cosa, fino a qualche secondo fa.- dissi ridendo, e misi a posto la pistola.
-Beh, visto che non siamo sole… che ne dici di andare a caccia? Ovviamente fuori dai confini della scuola.
-Già mi piaci, Elena- dissi sorridendo. Mi legai i capelli in una treccia veloce e per niente perfetta. Misi le mani sul davanzale della finestra , e con un unico, fluido, movimento forza su una mano e scavalcai il davanzale come di solito scavalcavo un muretto. Atterrai perfettamente, come al solito, e presi la pistola che era caduta mentre saltavo.
Elena atterrò subito dopo di me.
-Prima di iniziare devi sapere un po’ di cose su di me. Non controlli gli istinti quando sono a caccia. Sono qui perché non ho nessuno da cui tornare e so un bel po’ di cose sulla scuola. Come passaggi segreti.- disse Elena, porgendomi la mano
-Bene, allora ti dico chi sono io.- dissi stringendole la mano- Sono Liz Bennett. Sono in questa scuola per colpa dei miei genitori. E voglio vendicare mio fratello, un Night che è stato ucciso da un demone.- dissi seria.
-Ma i demoni non sono come i vampiri. Quindi devi trovare un modo per ucciderli.- disse Elena. Annuii e mi voltai verso il cancello che ci separava dalla società e dalle prede.
-Allora? Da dove iniziamo la caccia?- chiesi, assaporando l'adrenalina che invadeva il mio corpo.
-Palude. Poco lontano da qui. Che ne dici?- chiese, con un sorriso furbo.
-Perfetto- sorrisi.
Seguii la Night fino al muro di mattoni che circondava il perimetro della scuola. Notai, nascosta tra le foglie delle piante rampicanti, una corda. La ragazza la prese e iniziò ad arrampicarsi, fino ad arrivare in cima.
-Il muro è un po’ alto. Non ci sono problemi per scendere, vero?- chiese Elena
-Tranquilla, non me ne faccio un problema per la discesa.- dissi, mentre arrivavo in cima anche io. La ragazza si lanciò, ed aspettai che si spostasse per fare lo stesso. Mi misi in piedi, e mi lanciai nel vuoto. Sentivo i capelli legati che tiravano, scossi dalla furia dell'aria che mi schiaffeggiava il viso. Il terreno si avvicinava velocemente, e mi preparai ad atterrare.
-Sicura che troveremo qualcosa?- dissi, e mi assicurai di avere ancora con me la pistola, tastando la felpa. Era ancora lì, attaccata saldamente ad un passante del jeans.
-Certo che si. Ma prima facciamo rifornimento.- disse Elena, iniziando a muoversi più velocemente.
Mi allacciai le converse e seguii la ragazza.
Iniziammo a correre. L'aria umida e leggermente maleodorante della palude mi invadeva le narici e mi schiaffeggiava il viso.
Arrivammo ad una casetta in mogano. Era piccola, ma sembrava ben attrezzata. Ciuffi ribelli si erano slegati e mi ricadevano sulla fronte. Sciolsi la treccia e ne feci un'altra più decente.
-Bella casetta- dissi guardandomi intorno. C'era un piccolo angolo cottura, e delle porte che dovevano portare ad un bagno e ad una piccola stanza
-Per essere così piccola è attrezzata davvero bene- dissi. La ragazza scomparì in una delle camere, e ne uscì dopo qualche minuto armata di balestra, frecce, pistole e paletti di legno.
-Vedo che sei ben armata- dissi, e tirai fuori la mia pistola. C'era ancora il graffio dei denti del licantropo che mi aveva attaccata a sei anni. Ma nonostante tutto ero viva, e la pistola funzionava ancora. Pronta a sparare e uccidere.
Seguii Elena fuori dalla casetta.
-Dicono che appartenesse ad un Night che anni fa frequentava la scuola. Non si sa se sia ancora vivo. Fatto sta che ha lasciato qui tutte le sue armi. Ed io ne ho fatto il mio deposito personale.- disse caricando la pistola.
-Inizia la caccia!- dissi con un ghigno, mentre l'adrenalina mi scuoteva i muscoli e affilava i sensi.
Ci inoltrammo nella palude, che sembrava stranamente vuota. Niente puzza di creature della notte, niente rumori sinistri.
Dopo quelle che sembravano ore ci poggiammo ad un albero.
-Hai percepito qualcosa?- chiesi ad Elena
-Niente di niente- rispose lei- sembra che le creature della notte si siano messe a dormire.
Un fruscio. Non ebbi neanche il tempo di girarmi che Elena si contorceva a terra. Le mani sulla testa.
Le mie mani raggiunsero automaticamente la pistola. Il demone mi fu addosso in pochi secondi, e mentre mi teneva il coltello alla gola, cercava di entrarmi nella testa.
Immagini di mio fratello che moriva, si contorceva sul terreno e urlava a causa delle immagini che il demone gli metteva in testa. La gamba scarnificata fino all’osso.
Cercai invano di sparare alla testa del demone, ma il proiettile lo attraversò lasciandolo illeso. Urlai la mia disperazione. Non potevo morire, dovevo ancora vendicare mio fratello.
Urlai ancora e ancora, mentre mio fratello continuava a  morire nella mia testa, seguito dai miei genitori. Cercavo di convincermi che almeno i miei erano vivi. Ma diventava sempre più difficile.
Poi tutto finì così com’era iniziato.
Vedevo tutto sfocato, ma riuscivo a distinguere un’ombra che mi divideva dal demone.
Parole che sembravano appartenere ad una lingua antica quanto il mondo stesso, che non riuscivo a capire. Il demone si ritirava.
Feci in tempo a distinguere gli occhi marroni del ragazzo davanti a me, prima che tutto diventasse nero.




Angolo dell'autrice.
Bene, eccomi qui. Ci tengo a precisare che la storia d'ora in poi la dedico ad Albi, un mio amico che mi ha ispirato un nuovo personaggio che conosceremo presto!
Fatemi sapere cosa ne pensate della storia, e ringrazio le tre persone che hanno recensito, e chi semplicemente legge.
Al prossimo capitolo! 

 

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Capitolo 4
*** Alex Jones ***


-Lucas… LUCAS!
Un braccio mi strattonò via dal corpo insanguinato e senza vita di mio fratello. Tutt’intorno a me, rumori delle sirene della polizia.
-LUCAS!
Avevo perso il controllo. Continuavo ad urlare il nome di mio fratello, come se la mia voce potesse riportarlo indietro.
Una tazza di cioccolata calda, che scaraventai a terra.
Una coperta termica che rifiutai, nella speranza di raggiungere mio fratello ovunque si trovasse.




Mi svegliai di soprassalto, il fiato corto.
Ero in quella che sembrava essere l’infermeria della scuola. Provai a sedermi, ma fui colta da una nausea terribile, e la testa iniziò a girarmi; tanto che dovetti poggiarmi alle sbarre del letto.
-Urli sempre così tanto quando dormi?
Mi girai di scatto, e il movimento brusco mi provocò un’altra ondata di nausea.
-Chi è Lucas? Il tuo fidanzato?- Accanto al mio letto c’era un ragazzo.
-Mio fratello. È morto.- risposi secca.
-Oh… mi dispiace…
-Figurati- dissi. C’era qualcosa di familiare in lui… Lo studiai. Aveva i capelli ricci e castani, quasi neri. Rigorosamente vestito di nero, dai jeans attillati alla giacca di pelle.
Non capivo, fino a quando non incrociai il suo sguardo, e fui colta da un flash.
-Perché mi hai salvata?- chiesi istintivamente.
-Tra colleghi ci si aiuta, no?- disse lui.
-Sei un night?- chiesi stupita
-No, ma che dici! Sono un elfo di Babbo Natale. Non si vede?- disse lui ironico. Sorrisi, e analizzai la sua aura. Nessuna puzza, ma percepivo appena qualcosa di… diverso. In qualche modo, non era una normale aura da Night.
-Ad ogni modo…- dissi, spostandomi i capelli dal viso- per quanto sono stata qui?
-Due giorni. Non hai fatto altro che dormire. E continuavi ad urlare…- disse lui.
-Dev’essere un effetto collaterale dell’attacco del demone- dissi, ricordando le immagini e il dolore che quella creatura raccapricciante mi aveva ficcato in testa, con la forza.
-Ritieniti fortunata. Molti non sopravviv…- si bloccò di colpo. –Scusa, non volevo…
-Tranquillo.- dissi cupa- Ad ogni modo, come hai fatto a fermarlo?- chiesi curiosa
-Segreti di famiglia. I miei nonni cacciavano demoni. Studiarono la loro anatomia. I demoni si nutrono della nostra paura. La usano contro di noi. Soggiogano la nostra mente inducendoci al suicidio. I miei nonni eliminarono la paura dalle loro menti. Fabbricarono armi in argento, pugnali con incastonati vari frammenti di Acquamarina e Corniola.
-Wow... e hai una di queste armi?- chiesi, sempre più incuriosita dalla storia. Il ragazzo si guardò intorno, prima di estratte un pugnale dalla giacca.
-Lo chiamo Talon.- disse, porgendomi il pugnale. Lo fissai a lungo. L’elsa era semplice, l’impugnatura era ricoperta di pietre preziose, con varie sfumature di azzurro e rosso che tendeva al marrone. La lama era affilata e lucida. Avrebbe ferito un uomo semplicemente sfiorandolo.
-Puoi prenderlo- disse d’un tratto.
-Cosa? No, non posso. Non potrei mai… è un cimelio di famiglia…- dissi, facendo per restituirgli il pugnale.
-Nah, mia nonna ne fabbrica di continuo. Ormai è diventato una specie di hobby per lei…
-Non so come ringraziarti… -dissi sconcertata.
-Puoi diventare mia allieva.- disse lui con un sorriso.
-Come scusa?
-Puoi diventare mia allieva. Il tuo desiderio di vendetta è scritto nei tuoi occhi. Per combattere un demone non serve solo un bel coltello decorato. Bisogna conoscere i loro punti deboli. I loro buchi nell’armatura. E, se permetti, io provengo da una stirpe di Night che era, ed è tutt’ora, specializzata nella caccia ai demoni.- disse il ragazzo.
-Il mio unico maestro è stato mio fratello…-dissi io. Mi sarei sentita una traditrice se fossi stata allenata da un altro maestro.
-Si, ma tuo fratello non c’è più, no?
Abbassai lo sguardo, titubante, e lui ne approfittò per avvicinarsi al bordo del letto. Mi fissò per pochi secondi, poi disse –Non dobbiamo restare ancorati al passato. Bisogna andare avanti. Posso solo immaginare quanto fossi attaccata a lui, ma l’unica cosa che puoi fare per ora è soffrire. Soffrirai, per molto tempo. Non puoi farci niente, è inevitabile. Dovrai imparare a convivere con questo dolore e questa tristezza, fino a quando non resterà una dolce nostalgia.
Lo fissai di rimando, incredula.
In questi cinque anni, molte persone avevano tentato di consolarmi, inutilmente. I miei nervi cedevano, non mangiavo, uccidevo senza pietà. Diventavo un mostro.
Ma quelle… quelle mi sembrarono le parole più vere che qualcuno mi avesse detto nel corso di questi cinque anni.
Sorrisi, sollevando a malapena un angolo della bocca. Ma era un sorriso sincero. Il primo, da cinque anni.
Mi rigirai il pugnale tra le mani, prendendo in seria considerazione l’eventualità di avere un nuovo maestro, e magari di attuare la mia vendetta.
-Accetto.- dissi istintivamente.
-FANTASTICO!- disse il ragazzo –iniziamo da subito. L’infermiera ha detto che oggi ti dimettono. Domani iniziamo.
-Perfetto!- esclamai sorridendo
-Adesso vado, ho saltato praticamente due giorni di lezioni per stare qui. Il professore di storia mi ucciderà- disse il ragazzo.
-Il professore di storia? Ancora non l’ho conosciuto..-ammisi
-Sappi che è un demone.- dovette notare la mia faccia sconcertata, perché aggiunse –Ma si è convertito. Non usa i suoi poteri, non fa carneficine… una specie di cucciolo ammaestrato.- disse ridendo.
-Un demone…
-Che non ti venga in mente di usare Talon contro di lui!- disse
-Oh, no. On decisa a rimanere in questa scuola- dissi sorridendo.
-Bene, ci si vede!- disse lui, facendo per uscire dall’infermeria.
-Aspetta!- urlai prima che uscisse- come ti chiami?
-Alex Jones, Al per gli amici.
-Elizabeth Bennett. Liz, per gli amici.
-Perfetto, Liz. Ti aspetto accanto alla parete dell’arrampicata, domani sera. Possibilmente appena dopo il crepuscolo.- disse Alex uscendo poi dall’infermeria.


Poche ore dopo, ero libera di tornare nella mia stanza.
Camminavo per i corridoi barcollando leggermente, diretta verso la mia camera che era dall’altra parte dell’edificio.
-Signorina Bennett?- Mi sentii chiamare. Mi girai, e trovai con lo sguardo la fonte della voce. Un uomo sulla quarantina, con dreads e bandana.
-Si..?- chiesi esitante.
-Sono il professor Anthony Garcia, storia. Come mai non si è presentata alle mie lezioni?
-Oh… sono stata in infermeria… piccolo incidente…
-…con un demone.- concluse lui- I miei simili lasciano sempre una traccia sulle vittime sopravvissute. Si ritenga fortunata. Confido nel fatto che il signor Alex Jones, suo compagno di corso, l’abbia aggiornato riguardo la mia… natura.- disse il professore.
-Si, proprio qualche ora fa.- confermai.
-Perfetto. Allora vi aspetto domani alla quarta ora nella mia classe?- chiese.
-Certo, mi sono rimessa. Vedrò di recuperare le lezioni perse.- dissi con un mezzo sorriso.
-Magnifico. A domani allora.
-A domani.
Tornai di corsa nella mia camera. Un demone come professore… era legale?
Spalancai la porta della mia camera, e la mia compagna di stanza era pronta a sputare veleno su di me.
-Non ora, Dorlas.- dissi, lanciandole contro il pugnale di Alex. Le infilzai la camicia contro il muro.
-Prenditi un calmante, Bennett!- Urlò lei, mentre recuperavo il pugnale e mi chiudevo la porta del bagno alle spalle, pronta per una doccia rilassante.
Avevo un nuovo maestro, una nuova arma, e una possibilità di uccidere l’assassino di mio fratello.
Non potevo chiedere di meglio.




Angolo dell'autrice
Eccomi qui con un nuovo capitolo u.u 
Come al solito devo ringraziare Albi, che mi ha ispirato il personaggio di Aex u.u Sarà importante nella trama, ma non vi svelo niente c:
Spero vi piaccia, e grazie a tutti voi che leggete!
Aggiornerò il prima possibile :)

 

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