Non è vero che gli opposti si attraggono di violadelpensiero (/viewuser.php?uid=283405)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rifugio ***
Capitolo 2: *** Sguardi ***
Capitolo 3: *** Ricerche ***
Capitolo 4: *** Rabbia ***
Capitolo 5: *** Verità ***
Capitolo 6: *** Conoscenza ***
Capitolo 7: *** Biscotti ***
Capitolo 8: *** Stregato ***
Capitolo 9: *** Domande ***
Capitolo 10: *** Ferite ***
Capitolo 11: *** Dialogo ***
Capitolo 12: *** Ricordo ***
Capitolo 13: *** Incomprensioni ***
Capitolo 14: *** Consapevolezza ***
Capitolo 15: *** Tradimento ***
Capitolo 16: *** Stasi ***
Capitolo 17: *** Rivelazioni ***
Capitolo 18: *** Attenzioni ***
Capitolo 19: *** Piani ***
Capitolo 20: *** Ritorno ***
Capitolo 21: *** Certezza ***
Capitolo 22: *** Insieme ***
Capitolo 23: *** Progetto ***
Capitolo 24: *** Arrivo ***
Capitolo 25: *** Scoperte ***
Capitolo 26: *** Diniego ***
Capitolo 27: *** Commozione ***
Capitolo 28: *** Amore ***
Capitolo 29: *** Sette ***
Capitolo 30: *** Lontananza ***
Capitolo 1 *** Rifugio ***
Ginevra era nascosta su un albero vicino Lago Nero, immersa tra le fronde dei colori caldi della tavolozza di un pittore. Era una vecchia quercia imponente, non tanto alta ma molto ramificata, il che la rendeva un ottimo rifugio per chi come lei avesse saputo arrampicarsi bene. Si tendeva sulla superficie del Lago, come piegata dal vento e la brezza fresca, ma che ancora conservava il calore delle giornate di fine estate, le scuoteva i capelli lunghi e fiammeggianti. La ragazza sovrappensiero coglieva meccanicamente delle piccole ghiande dalle sommità dei rami, ne staccava la cupola e buttava giù le due parti, osservandole scomparire con un “plin” nelle profondità dell’acqua. Non era mai stata una persona di indole molto paziente ma quei momenti rubati al Lago erano la sua infusione di calma. Pensava; gli unici suoni che sentiva era quelli della natura intorno a lei. Qualche volta osservava le Sirene risalire dagli abissi e guardarla, i Thestral abbeverarsi sull’altra sponda, i Centauri correre nel profondo della foresta, macchie di luce e ombre appena distinguibili. Era settembre inoltrato. La scuole era appena iniziata da un mese circa e a Ginny non era successo niente di eclatante. Non le piaceva avere una routine; si stancava dei ragazzi che volevano conoscerla meglio e iniziare una relazione, si annoiava a studiare sempre le stesse cose. Per questo il suo tempo libero era riempito da appuntamenti di un’ora, frettolose consultazioni dei libri della Biblioteca, esercitazioni di Quidditch… Era però di carattere molto volubile; alternava periodi di silenzio assoluto e chiuso con sprazzi d entusiasmo quasi eccessivi. Quando Ginny si rendeva conto di non riuscire a fingere di stare bene saliva su quell’albero e si calmava. Il motivo non c’era.
La ragazza sospirò, scese con un movimento fluido dall’albero e si diresse verso il castello. Non si accorse che uno sguardo magnetico e adamantino non la perdeva di vista.
…
Draco Malfoy era seduto ai piedi di un grande masso sul lago nero. Aveva visto qualcosa di piccolo scendere agilmente dalla quercia a strapiombo sul Lago.
-Ma che diavolo! Quel gattaccio della Mezzosangue è sempre fra i piedi!- aveva mormorato infastidito e insofferente. Per lui era il sesto anno e si annoiava terribilmente. I festini e le serate alla Slytherin lo occupavano, ma non era veramente interessato. Si agitava come una tigre in gabbia, sofferente e incompleto; tutta questa irrequietezza si sfogava sulle vittime dei suoi commenti malevoli e ironici, sulle ragazze che si credevano innamorate di lui e che venivano cacciate come mosche dopo essere state usate come stracci vecchi, sui suoi unici amici, Theodore Nott e Blaise Zabini, che sapevano come oltrepassare quella corazza di durezza che si era costruito per non soffrire più. I loro rispettivi padri li avevano costretti a prendere il Marchio Nero al quinto anno e adesso quel tatuaggio maledetto era una croce che li univa, avvicinandoli per sorreggersi a vicenda. Spesso la notte si svegliavano in preda a forti dolori che attraversavano il braccio sinistro con fitte lancinanti e si sedevano stremati sulle poltrone della camera che condividevano per sopportare il bruciore, distraendosi fino a quando non scemava. Poi uno dei tre si alzava, dolorante, prendeva una bottiglia di Whisky Incendiario e ne passava un bicchiere agli altri due. Inebriati dal calore dell’alcool riuscivano a distrarsi e ad addormentarsi. Questa era la sua vita: fonte di sofferenza e di dolore. Ma Draco Malfoy odiava sembrare debole. Detestava che gli altri potessero provare pietà di lui e per questo costruiva un muro di odio, vizi e cattiveria intorno a sé. Perché nessuno potesse più farlo soffrire.
Vide che la piccola figura scesa dall’albero non aveva né orecchie a punta né coda e si rese conto che non era Grattastinchi ma bensì la piccola di casa Weasley, amata, coccolata e protetta da tutti. Il ragazzo sentì una fitta di gelosia attraversarlo: quella mocciosa aveva tutto e sembrava corrucciata come se un problema l’affliggesse.
-Ma che cosa ci faceva sull’albero la Weasley?- Decise che voleva scoprire come mai quella ragazzina viziata da tutti non era felice della sua vita. Almeno avrebbe fatto qualcosa. Lanciò con un sospiro di frustrazione un sasso tondo e levigato nel Lago, che rimbalzò ben dodici volte prima di immergersi.
-Sono proprio un campione!- si disse soddisfatto: l’autocompiacimento sicuramente non gli mancava. Tanto era sicuro sui suoi sentimenti, tanto era consapevole di essere bello. Sapeva perfettamente che le ragazze erano ai suoi piedi per il profilo aristocratico, il volto spigoloso ma proporzionato, i capelli biondi e scomposti, gli occhi tra il color tempesta e l’azzurro polvere. Si alzò mollemente ma con grazia, da perfetto insegnamento Purosangue e camminò sull’acciottolato che portava a Hogwarts.
…
Ginny arrivò in Sala Grande per cenare. I ragazzi in un continuo via vai si alzavano e si sedevano sulle lunghe panche delle tavolate imbandite. Mille candele fluttuavano a mezz’aria, rischiarando la sala con una luce soffusa e morbida. Accanto al suo posto c’era Neville e più in là suo fratello Ron che sbranava una coscia di pollo, e i due suoi inseparabili amici: Hermione e Harry. Non sopportava quel troll protettivo di suo fratello, mentre prediligeva i gemelli, amici di scherzi inseparabili e fidi sostenitori nella sua lotta contro l’iperprotettività della madre e del fratello minore. Erano appunto seduti davanti a lei ma confabulavano vicini, presi sicuramente da un progetto per qualche Caramella Dimenticante o Cappello Restringente. Iniziò così una conversazione con Lee Jordan, amico di Fred e George, mentre si serviva della zuppa di patate e carote
-Ciao splendore!- esordì Il ragazzo con un gran sorriso, scostandosi un poco per farle spazio.
-Ciao Lee! Come è andata la vostra giornata? A me non lo chiedere nemmeno perché giuro che mi usciranno parole veramente offensive se inizio a parlare dell’ora di Storia della Magia del professor Ruf!- rispose.
-Mah se per te è interessante sentire le interpretazioni dei sogni della Cooman…-
-Mmmh, ha predetto la morte di qualcuno ultimamente?- chiese giusto per informarsi, chiaramente ironica.
-Sicuramente del criceto della Brown!- s’intromise George, prendendo un pezzo di pane dal cestino.
-Terribile, terribile, povero animaletto… E morirà male sai? Annegato sicuramente!- continuò Fred fintamente sconvolto.
-O magari mangiato da Mrs. Purr- suggerì Lee, ridendo di nascosto.
-Schiantato dalla finestra di Astronomia- propose Ginny che iniziava a divertirsi.
-Sicuvamente, povevo bestiolino!- concluse troppo ossequioso per essere serio George.
La conversazione continuò tra risate, scherzi e conversazioni allegre, tanto che Ginny aveva quasi le lacrime agli occhi. Si sentiva bene: non doveva più essere rinchiusa tra il Trio, serio e controllato. Hermione la riprendeva di continuo (Gin, studia di più! Ricordati dei G.U.F.O.!!!), Ron era iperprotettivo e Harry non la considerava nemmeno.
Quando fu sazia si appoggiò allo schienale della panca, la testa reclinata sulla spalla di Lee, la cascata di boccoli morbidi intorno al viso. Lasciò vagare lo sguardo per la sala, osservando gli alunni della più rinomata scuola di Magia. Amava osservare le persone, studiarle, cercando di capirle. Forse per questo era sempre stata considerata poco: riteneva il silenzio molto importante e alternava momenti di isolamento a scoppi di entusiasmo improvvisi. Era fatta così.
Ciao a tutti! Qui è Violadelpensiero che parla, pardon, scrive. Questa è la mia prima Drinny long che scrivo sola e mi piacerebbe sentire i vosti pareri. Grazie alla mia beta Niniel_Chan e alla mia parabatai rebus_mistery <3 |
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Capitolo 2 *** Sguardi ***
Ginevra si svegliò con un
diavolo per capello. Odiava il
mattino, la preparazione, il doversi vestire, i cinguettii eccitati
delle sue
compagne di stanza. Tutto odiava
del
rito sacro che era il “farsi belle” per la scuola.
La ragazza seppellì
infastidita la testa sotto al cuscino, mentre Arnold, la sua puffola
pigmea, le
saltellava attorno come impazzito. Si faceva prendere
dall’entusiasmo quando
c’erano altre persone allegre nella stanza. Lo
abbattè impietosamente con una
cuscinata infastidita.
-Ma come si fa a dormire in questo
dormitorio con due oche
che starnazzano in questo modo la mattina?!- urlò arrabbiata.
Le sue compagne di stanza, Demelza
Robins e Diane McMike
ormai non ci facevano più caso: Ginevra era più
volubile di una tempesta. Solo
quando furono le otto meno un quarto buttarono giù dal letto
l’amica e la
spinsero sotto la doccia vestita così com’ era.
Infuriata, ma decisamente
sveglia, Ginny si vestì e, spinta dalle amiche,
passò addirittura un filo di
matita marrone sugli occhi e un velo di gloss trasparente. La sua parte
di
camera era un disastro: il disordine regnava tra i vestiti
ammonticchiati sulle
sedie e alla base del letto, i libri sparpagliati per terra e vari
fogli
volanti attaccati alle tende.
-Oggi metto a posto…-
borbottò poco convinta guardando di
sottecchi gli sguardi rassegnati delle amiche. Nel corridoio
l’ordine era
l’ultimo dei suoi pensieri. Prese a braccetto le amiche e
andò a fare
colazione. Sbocconcellò un toast con marmellata di arance e
lasciò vagare lo
sguardo per la Sala. Vide i Tassi scherzare bonariamente fra loro e
passarsi le
brocche con il succo con vistosi “Ma come sei gentile! Grazie
di cuore!” e “Ma
prego, amico mio!”, i Ravenclaw ripassare la lezione del
giorno con i libri fra
le tazze, i Griffyndor scherzare e ridere e le Serpi stare in silenzio
per lo
più o leggere le missive portate da Gufi Reali o candide
civette. Solo uno non
stava facendo niente di tutto ciò. Anzi, Draco Malfoy la
stava fissando. La
testa alta, le spalle dritte. Ginny non si rendeva conto del
perché essere
guardata da Malfoy la sconvolgesse così tanto.
Abbassò di scatto la testa,
nascondendo il viso tra i vaporosi capelli. Quando rialzò la
testa, il ragazzo
incatenò di nuovo i suoi occhi adamantini con quelli verdi
della ragazza. Ginny
arrossì ma mantenne lo sguardo.
-Che cosa vuole da me Malfoy?-
pensò non irritata né
spaventata, ma, si rese conto, curiosa. Iniziò un gioco di
sguardi che durò a
lungo. Ginny alzò un sopracciglio come a dire:
“Che cosa vuoi da me?”. Il
ragazzo rispose con un gesto identico e un’alzata di spalle
che la rossa
tradusse come: “Mah, vediamo dove ci porta il
destino”. Stavano flirtando!
…
Draco l’aveva vista entrare
con le sue amiche. Si era seduta
senza grazia, si era praticamente buttata sulla sedia e aveva iniziato
a
smangiucchiare un toast guardandosi intorno. Nessuno si era preoccupato
di una
ragazzina che sembrava registrare e osservare ogni comportamento delle
persone
che aveva intorno. Draco si sporse un po’ più
avanti e la fissò, aspettando che
si accorgesse di lui.
Ci mise un po’ e quando lei
se ne accorse per la prima volta,
inizialmente abbassò lo sguardo. Poi lo rialzò,
stupita che proprio lui, il
grande Draco Malfoy, il bellissimo Draco, stesse fissando proprio lei.
Per
questo era arrossita, no? Per l’emozione. Il giochino
durò qualche minuto e
proprio quando lui stava per distogliere lo sguardo, Ginny
inarcò un
sopracciglio in modo molto sensuale.
-Ok, forse la sua idea non era
proprio quella di rendersi
sexy ma forse l’innocenza ha reso il tutto molto
più eccitante- pensò il
ragazzo.
Rispose con un altro sopracciglio
alzato che voleva essere
segno di “Mi intrighi, continuiamo a flirtare”.
Quindi voltò la testa,
girandosi verso Theodore e Blaise che
lo guardavano curiosi.
-E questo che cos’era,
l’ultimo metodo di conquista Made in
Malfoy?- esordì Theo sollevando un angolo della bocca.
-Può darsi…
E’ bella, eh, la Weasley?- rispose
sovrappensiero. Era davvero intrigato. La voleva.
-Se ti piacciono le rosse,
sì, è scopabile, ma mi sembra una
santarellina!- esclamò Blaise mentre la giudicava
esteticamente –Però è messa
bene: guarda che gambe!-
Draco era infastidito quindi disse
secco: -Cambia ragazza,
Zabini, lei sarà mia.-
-Tranquillo, le inesperte non fanno
per me…- rispose
scostando subito lo sguardo. Vigeva la regola tra loro che il primo che
sceglieva una ragazza aveva il diritto di provarci fino a quando non vi
avesse
rinunciato. In questo caso Malfoy aveva la precedenza.
-Ma a un’inesperta puoi
insegnare tutto- s’intromise Theo
con un sorrisetto.
-Appunto- concluse Malfoy compiaciuto.
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Capitolo 3 *** Ricerche ***
…
Le piaceva il brivido degli sguardi
rubati. Forse ogni tanto
dicono qualcosa in più delle parole.
Ginny era diventata attraente e la
sua particolare estetica
da valchiria l’aveva ben presto fatta spiccare tra le
Griffyndor. La solarità e
la simpatia erano fiammanti come i suoi capelli, quindi molti
pretendenti erano
caduti ai suoi piedi. Dopo nemmeno un pomeriggio in compagnia del
fortunato
però, la ragazza in questione si annoiava e il giorno dopo
era già scomparsa.
Non era snobismo, altezzosità; semplicemente non riusciva a
trovare qualcuno
con cui sentirsi bene del tutto.
Il pensiero che si era sempre fatta
sul suo amore
immaginario era l’incarnazione della comprensione e
dell’intimità. Cercava un
ragazzo con il quale sentirsi a casa, ma che riuscisse a provocarle le
farfalle
nello stomaco ogni volta che lo vedesse; una persona che avesse potuto
sopportare il suo umore così lunatico e che non riempisse
sempre i suoi silenzi
con inutili chiacchiere di circostanza. Aveva provato a stare con
Michael
Corner, Dean Thomas, Ernie McMillan, ma non c’era niente da
fare: era più
fuggevole di una libellula.
-Dove lo trovo un ragazzo
così?!- pensò affranta.
Aveva più volte intavolato
il discorso con le sua amiche,
Demelza e Diane, che avevano cercato di farla ragionare.
-Vedi Gin, forse sei tu che cerchi
troppo in una relazioni
tra sedicenni. Divertiti, bacialo, fai la coppia!
C’è tanto tempo per trovare
l’amore della tua vita!-
Ginny Weasley si era stancata di
aspettare: aveva iniziato a
cercarlo, attirandosi l’invidia e la gelosia delle ragazze
pettegole di tutta
Hogwarts. Le malelingue circolavano su di lei, anche se i suoi amici e
la sua
famiglia (a parte Ron) sapevano perfettamente il suo punto di vista
anche se
non lo condividevano appieno. Non sapevano però che Ginny
aveva un’etica
personale molto pronunciata che la portava si a frequentare ragazzi
diversi ma
non permetterle contatto fisico più pronunciato di un bacio.
Adesso la ragazza era appena uscita
dallo spogliatoio del
campo d Quidditch e aveva ciocche di capelli incollate alla fronte
perché si
era appena fatta la doccia.
Demelza la rincorse sul prato:
-Ginny, perdindirindina!
Asciugati quei capelli o ti prenderai un raffreddore!-
-Non ho tempo Za, devo andare a fare
il tema Erbologia. Non
penso che verrò a cena, non ho fame.-
Diane sbucò sopra la
spalla di Demelza e disse corrucciata:
-Guarda che il tema di Erbologia era per martedì
scorso…-
-Beccata- pensò Ginny.
Finse un’aria chiaramente stupita;
troppo innocente per essere vera: -Ah si? Ma guarda un po’,
non l’avrei mai
detto…- temporeggiò cercando di farsi venire in
mente altre idee.
-Ah si?- continuò stando
al gioco Demelza
-Si- rispose Ginny di getto.
Calò il silenzio.
-Guardate c’è
Blaise Zabini nudo sulla torre di Astronomia!-
urlò all’improvviso indicando dietro le spalle
delle amiche che la fissavano in
attesa di risposta. Le amiche si girarono per vedere ma quando
scoprirono che
era una bugia Ginny era già sparita, lasciando solo una
traccia di sé: la sua
scia di profumo alla violetta.
-Ci ha fregate ancora, vero?- chiese
Diane
-Già, ma devo ammettere
che l’idea di Zabini nudo è stata
geniale- rispose Demelza
-Già- concluse con un
sorriso complice Diane.
…
Draco aveva visto la piccola figura
della rossa arrampicarsi
agilmente sulla quercia del Lago, sistemarsi in
un’intercapedine tra i rami e
appoggiare la testa al tronco. Sorrise con un ghigno malvagio: aveva
intenzione
di divertirsi con la piccola Weasley. In realtà non voleva
ammettere a sé
stesso che in qualche modo lo intrigava ma quelli erano i fatti.
-Voglio prenderla di sorpresa:
tornerò domani- si disse
soddisfatto.
Erano le sei e mezza quando Malfoy
camminava con Blaise e
Theo verso la Sala Grande. Ogni volta che il corridoio si riempiva
troppo di
studenti che seguivano la loro direzione, loro tre non cedevano mai il
passo,
obbligando gli altri ad aprirsi in due per farli passare. Esprimevano
arroganza
ad ogni passo e altezzosità da ogni sguardo. I ragazzi
più piccoli li temevano,
quelli più grandi li disprezzavano. Questo non dava loro
fastidio: era
abitudine radicata e giusta; quella doveva essere la reazione al loro
passaggio. Draco Malfoy vedeva gli sguardi languidi che tutte le
ragazze
scoccavano nella loro direzione e ne era compiaciuto. Non guardando
nemmeno
dove camminava, diede una forte spallata a un ragazzo alto con colori della Casa
Hufflepuff.
-Spostati, deficiente-
ringhiò infastidito, ritraendosi.
Lo studente terrorizzato cerco
velocemente di raccogliere i
libri e di indietreggiare ma senza immediato successo.
Il trio stava già per
ricominciare a camminare quando una
voce femminile li fermò con tono di sfida nella voce:
-Che modi, Furetto! Non te
l’hanno insegnata l’educazione
nella tua casa marcia Purosangue?-
Girandosi lentamente sorrise sadico
nel riconoscere Ginevra
Weasley.
-Ma guarda, la pezzente! Non ti sei
stufata di vestire
sempre abiti di seconda mano presi dai tuoi fratelli?-
interloquì lui.
-E tu non ti stanchi mai di essere un
coglione così
insopportabile?- rispose con un sorrisetto candido, per niente colpita
dal
commento precedente, anzi, infiammata.
-Non si risponde a una domanda con
una domanda, Weasley.-
Draco osservò la ragazza
guardarsi intorno e constatare che
erano rimasti pressochè soli nel corridoio deserto e
ghignò compiaciuto.
-Mi chiedo come mai non sei nella mia
casa, stracciona,
vista la lingua biforcuta che ti ritrovi e la tua passione per il
cambiamento,
per così dire- continuò passandosi una mano fra i
capelli e sovrastandola.
Ginny alzò gli occhi verso
il suo viso illuminato dal sole
calante e notò la differenza di altezza notevole: gli
arrivava al mento.
Ma questa volta il commento
andò a segno e allontanandosi
lei sibilò furiosa: -Non paragonarmi alle sgualdrine della
tua casa o giuro che
non ritroverai più i tanto osannati gioielli di famiglia!-
-Ha carattere da vendere e gli occhi
verdi- constatò Draco,
sorridendo internamente, ma mantenendo un’aria distaccata.
All’improvviso si
avvicinò velocemente e racchiuse i piccoli
polsi bianchi nella sue mani curate, sentendo il sangue della ragazza
scorrere
nelle vene impetuosamente. Infine sillabò, a un centimetro
dal suo viso:
-Non ci provare pezzente, non provare
nemmeno a minacciarmi:
per me sei una nullità-
Probabilmente le stava facendo male,
ma Ginny non batté
ciglio.
Malfoy mollò la presa e
lei cadde a terra. Il ragazzo iniziò
a camminare senza nemmeno guardare indietro una volta, anche se avrebbe
visto
due occhi smeraldini che lampeggiavano arrabbiati urlando vendetta.
-Ci vediamo, Ginevra- disse infine. E
continuò a camminare.
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Capitolo 4 *** Rabbia ***
Inizialmente la ragazza non si mosse.
L’aveva chiamata
Ginevra? Aveva sentito bene?
-Brutto vampiro cerebroleso malvagio,
furetto mefistofelico
viziato platinato…-
Ginny si rialzò dal
pavimento maledicendo Malfoy a bassa
voce. Le era passata la fame e non aveva voglia di vederlo trionfante
solo
perché lei non aveva avuto tempo per elaborare una risposta
decente.
Già.
Era andata proprio così.
-Oh andiamo Ginevra! Ti ha spiazzata,
tutto qui: non ti va
di accettare che è stato tremendamente umiliante. Va bene il
flirtare ma gli
insulti no!- realizzò ad alta voce scocciata.
Restava comunque il fatto che la cosa
non le era andata giù,
per cui cercò di distrarsi in qualche modo.
Salì nel suo dormitorio e
provò a fare i compiti: scrisse e
cancellò, accartocciò e ricominciò, ma
il tema sul Bezoar per Piton era così
orribile che rinunciò.
-Che Piton possa metterselo dove so
io, il Bezoar…- borbottò
arrabbiata.
Quindi giocò con Arnold,
s’ingozzò di cioccolato fondente,
lesse qualche pagina di un libro, si scaldò i piedi davanti
al fuoco e provò a
crearsi una sciarpa ad uncinetto per passare il tempo, fino a quando
con un
–Accio scopa- secco, saltò dal davanzale e
così com’era volò via.
Il Quidditch era sempre stato una sua
valvola di sfogo. Tra
i suoi ricordi più dolci uno le scaldava il cuore: suo
fratello George che le
insegnava a volare sulla scopa e l’altro gemello che
fluttuava accanto a lei
con un cuscino extra large perché Ginny aveva paura di
cadere. Sorrise
istintivamente e le si strinse il cuore dalla nostalgia.
Erano ormai le otto e il crepuscolo
era calato sul Castello
di Hogwarts; il vento maestrale s’infilava tra le pieghe del
mantello e della
camicetta leggermente sbottonata, provocandole brividi gelati per la
pelle
ormai insensibile. La voglia di addormentarsi spossata e svegliarsi
ricordando
poco e niente la attirava, quindi, nonostante la morsa ghiacciata del
freddo,
continuò a volare fino a quando non sentì le mani
e le gambe intirizzite. Stava
per scendere; poi vide una figura farle segno di raggiungerla davanti
al
portone d’ingresso.
-Oh no! Adesso mi becco una di quelle
punizioni che
finiscono a Pasqua!- esclamò arrabbiata.
Mentre scendeva assunse la sua
espressione più angelica e
sbigottita da “Non ho idea di come ci sono arrivata, io, su
una scopa”.
Immaginò Piton esclamare con soddisfazione: -Venti punti in
meno a Griffyndor,
per l’avventatezza della Signorina Weasley-
Invece l’accolse Lee
Jordan, che unendo le mani a megafono,
urlò preoccupato, sopra il lamento del vento:
-Bellezza accidenti!! Scendi subito:
ti prenderai un
coccolone!-
La rossa sorrise per
l’esclamazione colorita e, rendendosi
conto che contrarre una broncopolmonite non le avrebbe giovato, scese
di quota
e atterrò. Subito le venne incontro Lee, che vedendo le
labbra blu dell’amica e
la pelle diafana, si tolse il mantello caldo per il contatto con il suo
corpo e
la avvolse come una bambina. Ginny ridacchiò, tirando fuori
la testa
dall’involto di stoffa, mentre il ragazzo le strofinava le
braccia con le mani
per riattivarle la circolazione.
-Lee, sto bene- mormorò
lei dolcemente, con i dreadlock del
ragazzo che le solleticavano le guance.
Lo sguardo turchese si
rasserenò, ma all’improvviso Ginny
ebbe un giramento di testa e si appoggiò contro il corpo
solido di Lee.
Preoccupato e dimentico di tutto il resto, lui la prese fra le braccia,
facendole poggiare la testa sull’incavo della sua spalla.
Mentre perdeva i
sensi, Ginny percepì il movimento ritmico dei passi di Lee e
il suo profumo
speziato di patchouli.
-Addormentarsi così
è fantastico…- pensò.
…
Draco aveva sempre sofferto
d’insonnia e la notte, prima da
addormentarsi, si girava e rigirava nelle lenzuola, pensando agli
avvenimenti
della giornata. Quella sera fredda di ottobre era seduto
nell’incavo della
finestra della stanza che condivideva con Theo e Blaise e ascoltava i
respiri
regolari degli amici. Verso le otto avevano sentito tutti e tre
bruciare
violentemente il Marchio e avevano dovuto attingere a tutta la loro sopportazione per non
urlare di dolore in
Sala Grande. Si erano alzati e avevano raggiunto la loro stanza,
insonorizzandola per sfogare con la voce le fitte che trapassavano la
pelle e
arrivavano al cervello. Erano spaventati perché sapevano che
gli altri
Mangiamorte avevano raggiunto il signore Oscuro e che, finita la
scuola,
avrebbero dovuto obbedire anche loro al terribile richiamo. Non lo
avrebbero
mai ammesso.
Si era girato verso la luna piena,
così grande da dare
l’impressione che bastasse una mano per raccoglierla come un
fiore in un
giardino. -Non ne sei degno…- si disse il ragazzo
–E’ troppo pura per la tua
anima buia e corrotta: non hai nemmeno la forza di dire a tuo padre che
non
vuoi prendere parte ai piani omicidi del suo padrone e che
l’hai odiato quando
ti ha costretto a prendere il Marchio- concluse con disprezzo,
disgustato.
Trasalì quando
appoggiò il braccio sinistro al cornicione
della finestra e arrotolò la manica per vedere le condizioni
della pelle: dopo
la chiamata, l’epidermide intorno al tatuaggio
s’infiammava sempre
violentemente.
-Mi serve dell’assenzio-
pensò e laconico prese la porta,
inoltrandosi nei corridoi bui della scuola. Conosceva alla perfezione i
vicoli
e le scale grazie alla sua sorprendente memoria, gli permetteva di
conquistare
voti eccezionali con uno studio quasi inesistente. Di giorno Malfoy
avrebbe
probabilmente camminato con alterigia, la testa sollevata ben in vista:
odiava
passare inosservato; ma di notte era più silenzioso di un
gatto e non voleva
provocare rumore, come se temesse che tutte le sua difese svanissero e
lo
lasciassero inerme e scoperto. Non si sentiva impaurito, affatto: la
prima
regola della Famiglia Malfoy è che la paura non deve
esistere in un uomo.
Piuttosto provava un senso di vulnerabilità.
Raggiunse l’Infermeria ed
entrò nella lunga stanza bianca,
con i letti appoggiati alle pareti e gli armadi con le pozioni in
fondo.
Trafficò tra le boccette varie
ed
estrasse l’unguento di assenzio, spalmandoselo
sull’incavo del braccio. Notò
poi che tutte le tende che separavano i letti per favorire un
po’ di privacy
erano spalancate, tranne una. Incuriosito, si avvicinò e
piano scostò un lembo
della tenda. Irradiata dalla luce lunare, Ginevra Weasley
dormiva profondamente circondata da
strati e strati di coperte come se avesse rischiato
l’ipotermia. Solo che
probabilmente aveva sentito caldo e nel sonno si era scoperta,
lasciando libere
le gambe e il busto. Sembrava febbricitante e non aveva una bella cera,
ma i
capelli splendevano nella notte come fiammelle accese.
Draco la osservò troppo
tempo per essere socialmente
accettabile, sfruttando la totale solitudine del castello addormentato.
Poteva
finalmente esplorare il viso pallido e le palpebre frementi, la bocca
carnosa e
rossa, la curva del collo, le scapole, la forma a clessidra della vita
sottile,
le gambe lunghe. Non era al massimo del suo splendore: per quanto belli
i
capelli erano aggrovigliati e aveva la piega del cuscino stampata su un
lato
del viso, ma a Draco sembrava bellissima. Decise che avrebbe abbassato
le
difese solo per quella notte e che poi non l’avrebbe
più cercata, voluta,
desiderata. Sarebbe stato, dalla mattina dopo, ancora più
odioso e
insopportabile perché lei, come la luna cangiante, non
poteva essere
contaminata.
Draco, sempre continuando a fissarla,
si sedette sul bordo
del letto e le passò le mani fra i capelli: aveva sempre
voluto sentirne la
morbidezza, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
-Senti un po’, Weasley,
russi anche!- si permise di
sussurrare, conscio del sonno della ragazza.
Ginny si girò nel sonno,
improvvisamente delirante, ansiosa,
sussurrando parole incomprensibili e discorsi senza senso.
-Shhh
shhh
Weasley che c’è? Che succede?-
mormorò pianissimo il ragazzo chinandosi
verso di lei.
Draco
s’immobilizzò
con ancora le mani nei suoi capelli quando le sembrò che la
ragazza avesse
leggermente socchiuso gli occhi. Il respiro tornò regolare e
lui lasciò il
fiato. Spostò lo sguardo sulla luna per trarne
l’ora e calcolò che erano circa le
tre di notte.
Sobbalzò quando la manina
piccola e fredda di Ginny
involontariamente nel sonno si allacciò alla sua, ma non
allentò la presa.
Continuò a guardarla per
tutta la notte, le loro mani
intrecciate in un unico abbraccio. La mattina, verso le sette, sentendo
Madama
Chips trafficare nella sua camera adiacente all’infermeria, a
malincuore
sciolse l’intreccio di dita e ritornò al suo
dormitorio, la testa china, l’espressione
corrucciata e un nuovo sconvolgimento
interiore.
|
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Capitolo 5 *** Verità ***
…
Ginny
aprì gli occhi
ansimando e lasciando in modo brusco il mondo di Morfeo per una
realtà occupata
dal viso tondo e roseo di Madama Chips.
-Buongiorno, ragazza mia. Dormito
bene? Sono contenta! Hai
fame? Adesso ti porto la colazione, intanto bevi questo-
chiocciò mettendole
direttamente in bocca una pozione violetta, senza nemmeno darle il
tempo di
rispondere ad una sola delle sue domande. Non aveva dormito bene: aveva
avuto
un sonno agitato e nervoso, ma non mangiava dal pranzo del giorno prima
e il
suo stomaco brontolava rumorosamente.
Mentre stava pacificamente facendo
colazione, o meglio,
mentre si stava ingozzando di uova strapazzate e toast alla marmellata
come una
vera Weasley, irruppero dalla porta Demelza e Diane, con un’espressione
indecifrabile ma sicuramente
poco pacifica. –Oh oh- pensò-Sono nei guai-
Le osservò avanzare fino a
quando Demelza esordì :-Non
voglio dire “te l’avevo detto”
ma…-
-Te l’aveva detto!!-
continuò l’amica con gli occhi blu,
irritata –Sei insopportabile, Ginevra-
Se l’angelica Diane era
arrabbiata, allora le cose erano
messe male. Diane abbracciava gli alberi, salvava le farfalle che si
intrappolavano nelle ragnatele, lasciando dei pezzetti di pane per
nutrire i
ragni senza più preda, non riusciva a dormire se non aveva
passato il filo
interdentale!
-Ci hai fatto preoccupare tantissimo-
proseguì Demelza
imperterrita, cercando di non guardare la rossa, che rimpiccioliva
sotto le
coperte, abbattuta e triste.
-Sei un’incosciente!-
-Un’irresponsabile!-
-Non ti parleremo più!-
conclusero insieme.
Passò un momento di
silenzio carico di tensione che venne
rotto da una Diane in lacrime mentre esclamava, coinvolgendole in uno
stritolamento generale:
-Oh, venite qui: abbraccio di
gruppo!- si abbracciarono con
entusiasmo, seppellendo il viso l’una nei capelli
dell’altra, fino a quando la
vocina di Diane pigolò:
-Ragazze, siete fantastiche e vi
voglio un mondo di bene,
ma… COUGHT COUGHT!-
- Mi state pressando- concluse
debolmente.
Le altre due si staccarono
immediatamente con dei-Giusto-,
-Ok, certo-, -Si hai ragione- imbarazzati e un sorriso a trentadue
denti.
-Sarà meglio che andiate
in classe, cercherò di farmi
dimettere da quel marshmellow vivente oggi pomeriggio- disse poi
dolcemente
Ginevra, alludendo alla stucchevolezza Madama Chips.
La ragazza trascorse la mattinata
cercando di evadere dalla
prigione di noia attorno a lei. Ogni tanto le si ripresentavano davanti
agli
occhi flashback del sogno che non l’aveva fatta dormire bene
quella notte. Era
poco chiaro: una serie di immagini confuse e grigie, rosse, nere.
Rabbrividì
istantaneamente ma si costrinse a scavare nel suo inconscio per
catturare
particolari. Ricordò improvvisamente, dopo il panico del
sogno, una mano
gentile fra i capelli e un profumo buonissimo, certamente maschile.
-Che carino, Lee mi ha vegliato
questa notte? Glielo
chiederò- pensò.
Fremente come Leotordo chiuso in
gabbia, nel pomeriggio finalmente
Ginny fu dimessa dall’Infermeria. Le lezioni erano
già finite e lei si avviava
verso il dormitorio Griffyndor. Era ormai passato metà
ottobre e il sole
tramontava molto velocemente. Quasi di corsa raggiunse la sua Sala
Comune,
mormorando la parola d’ordine alla Signora Grassa. Subito
riconobbe l’odore di
legno antico, miele e polvere e l’ambiente caldo rosso-oro
così familiari. La
Sala era quasi vuota; forse tutti gli studenti erano a studiare in
Biblioteca.
Senza pensarci troppo, Ginny si sfilò gli stivaletti e il
mantello,
avvicinandosi davanti al camino per scaldarsi i piedi gelati.
Probabilmente fu
la spossatezza della notte agitata a farla addormentare con il capo
reclinato
su una spalla e i capelli sparsi sulla camicetta come
un’aureola infuocata.
Si svegliò quando
sentì qualcuno prenderla in braccio e
portarla verso il Dormitorio Femminile.
-Ma che diavolo…?!-
mormorò con la bocca impastata.
-Ti sto accompagnando alle scale,
principessa. Ti eri
addormentata su quelle poltrone scomode… Ma non farci
l’abitudine eh? Negli
ultimi giorni ti ho portato troppo spesso!- interloquì
sorridendo Lee Jordan.
Ginny aprì meglio gli
occhi e intrecciò le mani dietro al
collo del ragazzo rispondendo con un sorrisetto impertinente: -Non
è colpa mia
se ti piace tanto prendermi in braccio. Basta chiedere, Lee.-
Il ragazzo rise e i suoi occhi
turchesi brillarono nella
penombra come gemme di acquamarina:
-Siamo arrivati a destinazione, Gin-
Non “Splendore”,
“Dolcezza”; ma il suo nome. Detto da lui
suonava più intimo di quanto la rossa immaginasse. Tuttavia,
nonostante il
commento precedente, il ragazzo non la lasciava, anzi il suo sguardo
era molto
intenso e la scrutava a fondo negli occhi verdi.
Per interrompere
l’imbarazzo dovuto al sentirsi fissata con
così tanta attenzione, Ginny si divincolò un poco
e sciolse l’abbraccio,
scivolando verso il basso.
-Ma perché devo sempre
peggiorare le cose?!- si disse
riprovevole, notando che era finita a guardarlo dal basso, appoggiata
sul petto
ampio del ragazzo.
Cercando di indietreggiare con
delicatezza mormorò: -Grazie
Lee per avermi accompagnata in Infermeria e per avermi vegliato questa
notte.
Ti voglio bene.-
Si sporse di un poco e gli
posò un breve bacio sulla
guancia. Poi corse su per le scale del dormitorio, troppo in fretta per
notare
l’espressione sì sognante, ma anche confusa del
ragazzo.
…
Mentre i giorni scorrevano veloci
l’uno dopo l’altro,
Draco Malfoy si
annoiava ed alternava
momenti di apatia con scatti di rabbia e insofferenza. Theo e Blaise,
al limite
della sopportazione, lo vedevano stare rintanato in camera a consumare
il
tappeto. Erano preoccupati: le chiamate del Marchio si stavano
intensificando e
questa cosa sembrava aggravare l’umore nero di Draco. Avevano
provato, entrambi
e più volte, a farlo parlare, sfogare, ma conoscevano la
riottosità del ragazzo
per qualsiasi rapporto emotivo.
Draco aveva ricevuto ogni giorno una
lettera di suo padre,
che osannava il nuovo padrone ed esprimeva la sua soddisfazione per il
fatto
che il figlio avrebbe presto fatto parte delle schiere dei Mangiamorte
attivi.
Quel giorno, il sedici dicembre, i
due amici avevano deciso
di metterlo alle strette. Entrarono risoluti ma innocenti nella camera
comune,
dando un’occhiata di sfuggita a Draco, appoggiato contro la
finestra, lo
sguardo verso il lago. –Adesso sicuramente vogliono la
verità- pensò il ragazzo
-Ma qual è poi la verità? Il fatto è
che io sono un codardo in tutto: non ho la
forza di ribellarmi a mio padre e di dirgli che non voglio servire il
suo
Signore Oscuro, di espormi davanti alla Weasley per paura che mi faccia
male,
di parlare con i mei amici di tutto ciò…-
Prendendo un respiro profondo Theo si
rivolse a Blaise
sussurrandogli: -Faccio io, che è meglio-, poi
cominciò esitante:
-Ciao Dra, come va oggi?- Il biondo
cercò di non sorridere:
Theo era sempre così cauto; tranquillo e sicuro anche se
avesse avuto uno
Schiopodo Sparacoda nell’armadio.
Blaise lo guardò come per
dire “Ma che fantasia, Mr
Faccio-tutto-io” e sbuffò.
Si stravaccò sulla
poltrona e si allungò per prendere un
Whisky Incendiario continuando ruvidamente:
-Draco è una settimana che
stai da far schifo- Draco
riconobbe la schiettezza tipica
dell’amico dagli occhi di zaffiro: diretto ma sincero.
“Veramente
aulico” sembrava dire l’espressione irritata di
Thed.
Blaise rimase imperturbabile e
concluse:
-Non ci vuoi dire che cosa ti
è successo per ridurti così ma
siamo i tuoi unici amici ed è un miracolo che tu ancora non
abbia scavato una
trincea su quel tappeto a forza di calpestarlo. Quindi sputa il rospo
perché la
mia pazienza è finita-
Draco sedette sull’altra
poltrone mentre Theo prendeva posto
con la schiena appoggiata alla colonna di fianco al camino. Entrambi
gli
stavano prestando tutta la loro attenzione.
-Non avrò ancora
conosciuto l’amore, ma non mi sono mai
accorto che l’amicizia non mi è mai mancata-
realizzò improvvisamente.
Prese un respiro e disse tutto
d’un fiato: -Non voglio
combattere la guerra che verrà e servire Voldemort-
Era riuscito ad ammettere
ai suoi amici ciò che lo crucciava di
più, ma questo non l’aveva
risollevato; ora, imbarazzato per la confessione, posò gli
occhi sul tappeto
mentre calava il silenzio.
Improvvisamente si alzò e
prese il mantello e, senza che
Theo e Blaise avessero nemmeno il tempo di formulare una risposta,
disse: -Sono
le quattro: devo andare-.
E si allontanò.
Ciao a tutti! Devo ammettere che per
scrivere questo
capitolo mi sono spremuta come un limone ma anche adesso la versione
finale non
mi entusiasma. Sarebbe bello sentire il vostro parere su qualche cosa
che vi ha
colpito o che invece non piace. Mi sarebbe di grande aiuto J
Grazie a tutti, anche ai lettori
silenziosi. Un abbraccio,
Violadelpensiero
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Capitolo 6 *** Conoscenza ***
…
Okay, Ginny sapeva di aver rischiato
l’ipotermia, contraendo
comunque un raffreddore con i fiocchi, ma la tentazione di salire sulla
sua
quercia sul lago era veramente considerevole. La sua giornata non era
stata
delle migliori: il compito sul famoso Bezoar le aveva procurato una T
difficilmente recuperabile, Arnold non riusciva a stare fermo un attimo
e la
scenata di Ron in Sala Grande per la sua gonna troppo corta le aveva
fatto davvero
prudere le mani. E adesso era lì, segregata nella sua
stanza, a guardare i
fiocchi di neve volteggiare come pulviscoli angelici.
-Eh no, io rintanata qui ad ammuffire
non ci sto! Etciù!-
Arnold cinguettò una breve melodia che lei
interpretò con “Salute!”.
–Grazie,
Arnold. E ora fammi un favore: prendimi la sciarpa blu sulla scrivania,
intanto
io mi imbacucco- La puffola fremendo fece su e giù per
dimostrare il suo zelo,
quindi saltellò sulla scrivania e si arrotolò
nella sciarpa. Nel frattempo Ginny
si era infilata due maglioni alla Weasley, un cappello e un giaccone di
Percy.
Mentre rimboccava le maniche, rivolta verso la finestra
esclamò: -Arn? Arnold?-
non ricevendo risposta si girò e vide la puffola
ingarbugliata nella matassa
della sciarpa. –Oh tranquillo, apprezzo lo sforzo- gli disse
srotolandolo
dolcemente e premiandolo con un cioccolatino.
-Adesso vado Arnold. Ascoltami bene:
se Diane o Demi ti
chiedono dove sono andata dì che dovevo portare dei libri a
Neville, intesi?-
L’animaletto annuì ossequioso mugolando.
–Perfetto!-
…
Ginny si avvicinò al
grosso albero velocemente; ormai sapeva
come arrampicarsi in modo sicuro: posare il piede sulla radice in
rilievo,
issarsi con l’altro sulla prima ramificazione e
così via. Giunse alla sua
biforcazione preferita, respirando leggermente affannata per la salita.
Piccole
nuvolette di condensa si dissolvevano tra i rami. Per fortuna la neve
era
diminuita e il freddo era sopportabile. Era magnifico lo spettacolo dei
grandi
spazi di Hogwarts innevati, le finestre delle torri accese, la sagoma
del
castello contro il cielo cangiante. La rossa si sistemò
meglio, appoggiando la
schiena al tronco rugoso, mentre piccole ciocche di capelli vermigli
sfuggivano
dal cappello e contornavano le orecchie. L’atmosfera era
così eterea che Ginny
per poco non cadde dall’albero quando sentì una
voce beffarda provenire dal
cielo:
-Weasley, ma non eri in Infermeria
ieri? Ah, non dirmi che
quello è il giaccone di uno dei tuoi fratelli…-
La ragazza, tenendosi bene al ramo
per non scivolare,
sollevò la testa, vedendo Draco Malfoy sistemato con grazia
in una biforcazione
superiore. Alzò gli occhi al cielo, cercando di non
mostrarsi sorpresa, anzi
superiore e stizzita.
-Come caspiterina ha fatto a scoprire
il mio posto
segreto?!- si disse infastidita, quindi esclamò: -Malfoy, io
sto dove mi pare e
quando voglio. Vattene-
Il ragazzo ghignando scese agilmente
tra i rami fino a porsi
davanti a lei. Le soffiò nell’orecchio in un modo
molto provocante: -Ma guarda,
la tigre tira fuori gli artigli…-
Lei gli rispose con la stessa moneta,
avvicinando le labbra
così vicino al suo collo da sentire il battito
dell’arteria e pronunciando
suadente: -Ricordati che li usa anche!-
Mentre incatenava gli occhi verdi con
quelli adamantini del
ragazzo, osservandolo sorridere sornione, repentinamente lo spinse
indietro,
facendolo sbilanciare. Solo i buoni riflessi da Cercatore permisero a
Draco di
non cadere nella acque ghiacciate del Lago. Ginny ridacchiò
divertita, tornando
a sistemarsi al tronco. Il ragazzo non ne fu felice, anzi sembrava
arrabbiato.
Comunque si sedette sul ramo a cavalcioni, rimanendo in silenzio,
inizialmente
teso, poi, con il passare del tempo, come se lei non fosse
lì con lui. Ginny si
prese tutto il tempo per fissarlo, affamata di informazioni come ogni
volta che
si fermava a osservare una persona che la intrigava. E Malfoy era
intrigante,
molto intrigante…
Il ragazzo guardava il Lago, i
fiocchi che si scioglievano toccando
la superficie semi-ghiacciata. Notò
gli occhi così particolari; cangianti, un vortice di azzurro
polvere, argento e
verde giada che formava inevitabilmente un colore grigio come un cielo
in tempesta.
I capelli biondi non erano più fissati dal gel come quando
era piccolo:
cadevano scomposti sulla fronte ed erano color biondo miele, appena
imbiancati
dai fiocchi nivei. Era alto, molto più di lei, magro e
asciutto; il fisico era
da giocatore di Quidditch. Innegabilmente bello.
Sotto la neve sembrava quasi
innocente e sperduto, ma lei
non si faceva ingannare così facilmente.
Era una vera Serpe e questo la rendeva diffidente. Stette
all’erta,
aspettando un tiro mancino dovuto allo scherzetto di prima. Non
arrivò.
Stettero solo fermi, in silenzio, a
guardare la neve
imbiancare il paesaggio.
…
Draco non avrebbe mai pensato che una
ragazza apparentemente
inerme come Ginevra Weasley avesse potuto pensare di farlo cadere nel
Lago.
Questo lo stupì: -Che comportamento da Serpeverde! Prima mi
irretisce e poi
attacca: meschino!-
Poiché era anche lui
stesso una Serpe non potè fare a meno
di aggiungere beffardo ma sincero con se stesso: -D’altra
parte lo avrei fatto
anche io… Adesso mi diverto un po’:
chissà che non possa procurarmi un
passatempo piacevole!- Tutti i suoi progetti andarono in fumo quando
vide la
ragazza appoggiata al tronco con lo sguardo vigile ma perso
sull’orizzonte. Non
aveva idea, la Weasley, della voglia che aveva Draco di sapere quali
fossero i
suoi pensieri. Anche il ragazzo si sistemò meglio e
osservò il paesaggio. Era
pacificante. Ogni tanto vedeva con la coda dell’occhio
Ginevra che lo fissava
intensamente, corrucciata. Non volgeva lo sguardo verso di lei per
imbarazzarla
perché, una volta nella sua vita, questo non gli
interessava. Ginevra lo
intrigava e sperò che potesse superare la sua barriera di
cattiveria e vedere
il vero Draco. Voleva dimostrarle che c’era molto di
più sotto. Il problema era
che non aveva idea di come fare. Urgeva un consiglio, ma più
tardi. Era troppo
bello stare semplicemente lì accanto a lei, nonostante il
suo sex appeal fosse
quello della Professoressa Cooman: era intabarrata in maglioni sformati
e non
aveva nemmeno un filo di trucco. Questo rendeva il suo viso
così immacolato e
puro da sembrare più piccola e indifesa, sebbene Draco
sapesse che era il
contrario di ciò che la ragazza avrebbe voluto. Moriva dalla
voglia di
immergerle le mani nei capelli come aveva fatto in Infermeria, ma era
troppo
presto per un’azione così intima. Quando infine si
fece buio, Draco mormorò
alla ragazza, impacciato ma apparendo impassibile:
-Andiamo?-
Ginny quasi non ci credette; lo
guardò sospettosa e infine
gli sorrise leggermente. Quando però il ragazzo, dopo essere
sceso con
esperienza, le porse la mano lei rifiutò sdegnosa: -Guarda
che so scendere da
un albero!- Era questo che lo faceva impazzire: pur così
apparentemente fragile
all’esterno aveva un carattere molto carismatico e affatto
accondiscendente.
Rispose divertito: -Lo so ma
conoscendo la tua grazia e la
tua leggiadria…- Non fece in tempo a finire la frase che la
rossa inciampò
sulla corteccia scivolosa, battendo il sedere per terra. Non si fece
male, però
comunque diede una bella botta con il gomito.
Sempre per terra, osservando Draco da
sott’insù disse un po’
risentita: -Ma nei film non è il ragazzo che prende la
fanciulla al volo?-
Ridacchiando il biondo rispose:
-Guardi troppe soap opere,
Weasley. Scommetto che sei una fan di “Amore da
Strega”!-
-In realtà preferisco
“Un camper magico per due”…- rispose
divertita, cercando di rialzarsi. Forse perché si
appoggiò sul gomito
sensibile, Ginny ricadde all’indietro, sbattendo
un’altra volta sul
fondoschiena. –Ahia- esclamò.
Draco senza dire niente le porse una
mano e la intrecciò
alla sua, tirandola in alto e facendola alzare in piedi.
–Uhm, dolce peso eh,
Weasley?-
-Si, sai sono incinta, mangio tutto
quello che mi capita
sottomano e per questo mi sono aumentati un po’ i fianchi, ma
domani inizio
yoga pre-parto, tranquillo!-
Il ragazzo stette al gioco a suo agio
e iniziò a camminare
con lei verso il castello: -Ma non mi dire! E si può sapere
chi è il padre?-
chiese malizioso.
Immediatamente la Weasley
arrossì fino alla punta del naso e
il ragazzo pensò: -Beccata! Tutto fumo e niente arrosto,
Ginevra. Chissà se le
voci che girano per la scuola su questa tua passione per il
cambiamento, per
così dire, sono vere…- Comunque non fece domande.
Quando arrivarono al castello la
situazione si fece molto
imbarazzante. Ginevra saltellava da un piede all’altro
mordendosi le labbra,
indecisa su come salutarlo. Si vedeva che era combattuta. Draco
d’altra parte
anche se non era evidente provava la stessa cosa. Infine si decise e
affondò il
viso nei suoi capelli vermigli, mormorandole all’orecchio:
-Verrò anche
domani- e
inspirando il suo profumo di
violetta.
La ragazza strinse le mani sul
colletto della sua camicia e
appoggiò le labbra sul suo collo. Draco stava per lasciarsi
andare del tutto e
baciarla, ma riuscì a trattenersi, posando solo un breve
bacio sulla fronte.
Non era un gesto da Malfoy-di-tutti-i-giorni, troppo delicato e dolce.
Forse fu
per questo che la rossa spalancò gli occhi verdissimi,
stupita però non
completamente: l’intera giornata era stata uno strappo alla
regola. Infine,
facendosi violenza, Draco si staccò e proseguì
senza voltarsi indietro.
|
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Capitolo 7 *** Biscotti ***
Ginny aveva praticamente dimenticato
come si respirava. La
sorpresa di un gesto così intimo come un bacio sulla fronte
la fece sciogliere;
tutto il suo corpo adesso era come un dolce appena sfornato mentre le
orecchie
scottavano e il cuore batteva incessante contro le costole. La ragazza
si
appoggiò, visibilmente scossa, contro una colonna
dell’ingresso. Era
frastornata e confusa, però un sorriso prepotente brillava
sul suo volto
arrossato. Iniziò a correre
verso il suo
dormitorio, travolgendo alunni e cercando di non attraversare fantasmi.
Era
quasi ora di cena: doveva trovare Demelza e Diane prima che il
corridoio si
riempisse definitivamente di studenti. Stava per saltare in modo molto
atletico
Mrs. Purr quando una voce strascicata la freddò sul posto:
-Signorina Weasley,
mi può dire per quale motivo sta correndo in questo modo per
la scuola?-
Ginny aprì la bocca per
scusarsi, ma non fece nemmeno in
tempo a iniziare il discorso che il Professor Piton
continuò: -So che la
compostezza non è una caratteristica di voi Weasley,
però mi aspettavo un
minimo di contegno…-
La rossa cercò di
spiegarsi: -In realtà, profess…-
-Non accampi scuse, Signorina
Weasley, con me non
attaccano!-
-Ma io stavo giusto per…-
-Venti punti in meno a Grifondoro e
una settimana di
punizione, nel mio ufficio, alle tre per aver quasi decapitato Mrs.
Purr-
concluse con la voce che trasudava soddisfazione il professore. Con un
diavolo
per capello Ginevra raggiunse il dormitorio, mormorando a bassa voce
insulti
pesanti: -Brutto troll degenerato affetto da shampoofobia, maledetta
serpe
strisciante con evidente problema di alitosi…- Fermandosi
improvvisamente
decise che non aveva per niente voglia di parlare con Diane e Demelza:
avrebbe
dovuto raccontare, da buona amica, tutti i particolari del suo
“incontro”, ma
la cosa la infastidiva. Volle tenere quel pomeriggio per sé,
nel suo intimo. Il
nascosto era molto più interessante del pubblico: era come
sgattaiolare dalla
finestra quando i tuoi genitori avevano espressamente proibito di
uscire, come
mangiare mezza torta al cioccolato e dire che era stato il cane di
casa,
quell’ingordo. Ginevra sentì il sangue ribollirle
nelle vene dall’eccitazione e
il profumo di Draco
ancora addosso. La
situazione era paradossale. Tutto ciò che era successo quel
pomeriggio non
poteva essere materialmente vero. Non si era accorta che, dalla
concentrazione,
era rimasta ferma in mezzo al corridoio e adesso gli studenti le
passavano
accanto guardandola perplessi. –Già le sette?!-
pensò Ginny –E adesso dove vado?-
La sua impertinente vocina interiore
le ricordò che i
compiti non si facevano da soli perciò con un impercettibile
sospiro
esasperato, la ragazza si diresse in biblioteca. Era, come immaginava,
deserta,
tranne che per Neville Paciock. Ginny sgattaiolò sotto lo
sguardo inacidito di
Madama Pince e si sedette nel tavolo in fondo con Neville, salutandolo:
-Ciao!
Allora Neville, come te la passi?-
Il ragazzo rispose con un sorriso
incerto e allegro:-
B-b-bb-bene Ginny! G-g-grazie!-
-Ottimo! Non è che avresti
una pergamena in più?- chiese
accavallando le gambe sotto il tavolo e sorridendogli sotto le ciglia
ramate.
-S-si eccola!-
La ragazza si sporse per afferrare
una piuma dall’astuccio
di Neville e iniziò a scrivere sulla pergamena il trattato
di Astronomia sulle
costellazioni. Si era accorta che il ragazzo la osservava di sottecchi,
ma lei
era sempre stata cordiale e amichevole così lui si era
sciolto un po’. Adesso
entrambi avevano finito i compiti e stavano chiacchierando
tranquillamente.
-Quindi Neville vuoi diventare
Professore di Erbologia?-
chiese lei.
-Mmmmh s-si, mi piacerebbe. Anche se
non penso di avere la
stoffa di professore…-
-Andrai sicuramente alla
gran…- venne interrotta da un
sonoro brontolio del suo stomaco. –Ooops, scusami, non ho
cenato, mi sa che
vado a magiare qualcosa-
La rossa si alzò
frettolosamente e scoccandogli un bacio
veloce sulla guancia, gli infilò la piuma presa in prestito
nel colletto.
Quindi si allungò, afferrò i libri sparsi sul
tavolo e uscì dalla biblioteca
mentre Madama Pince esclamava: “Via giovanotto, devo
chiudere”. Ginny percorse
il corridoio fino alla rampa di scale, prendendola appena al volo prima
che
cambiasse piano. Osservò i familiari arazzi alle pareti, le
finestre ampie, i
quadri con i personaggi che si spostavano, alcuni ciarlieri, altri
assopiti con
le teste posate su una spalla e le mani incrociate. La ragazza
sentì di nuovo
lo stomaco brontolare e si maledì per non aver nemmeno una
mentina rinsecchita
in fondo alle tasche. Era ancora in tenuta
“freddolosa”, cioè indossava la
serie di maglioni di Mamma Weasley e di sciarpe che la dolce Diane
a-d-o-r-a-v-a sferruzzare davanti al camino. Mentre nel pomeriggio li
aveva
trovati assolutamente indispensabili, adesso si sentiva un
po’ fuori luogo, il
che probabilmente era dovuto all’abbinamento discutibile dei
colori, come ad
esempio viola melanzana e verde fosforescente con le paillette.
Allungò quindi
il passo, scendendo nella sala comune e poi sempre più in
basso, fino a
giungere davanti al quadro della natura morta nei sotterranei. Come i
suoi
fratelli gemelli le avevano insegnato, fece il solletico
all’immagine della
pera, cosicché il quadro si spostò, mostrando uno
scorcio della grande cucina
del castello. La ragazza sospirò ed entrò
circospetta. Emise un urletto di
spavento quando le si pararono davanti due elfi domestici. Li
salutò sollevata:
-Uff… Ciao Holly, ciao Shepley!-
-Signorina Weasley, buonasera, io e
Holly non volevamo
spa-spaventarla! Adesso noi ci puniamo!- disse Shepley tremante,
afferrando un
mattarello dal cassetto.
-No, Shep, non
c’è bisogno- rispose lei sfilando
delicatamente il mattarello dalle mani. –Volevo solo sapere
se avete dei
biscotti, magari quelli che fa Holly alle nocciole…-
-Venga avanti, Signorina, non stia
sulla porta, io e Holly
prepariamo subito qualcosa da mangiare. Ci sono anche i suoi fratelli.-
La stanza era un enorme rettangolo
con le quattro tavolate
su cui gli elfi domestici preparavano i deliziosi piatti per i pasti;
la cucina
occupava due lati della stanza e la dispensa uno. In fondo un piccolo
corridoio
portava agli alloggi degli Elfi. Proprio seduti sul tavolo dei Grifoni,
già
apparecchiato per la colazione, c’erano Fred e George tra
tazze, bicchieri e
posate. Ridevano e si illuminarono entrambi quando li salutò
con la mano. Erano
i suoi fratelli preferiti e l’avevano sempre appoggiata in
tutte le sua scelte.
Appena si avvicinò Fred la intrappolò sotto un
braccio, sfregandole i capelli
con le nocche, mentre George le faceva il solletico. –Ehi
ehi! Questo è…
giocare… sporco!- riuscì ad urlare tra una risata
e l’altra –Siete tremendi!-
-Sei debole sorellina! Ci vediamo
agli allenamenti di
Quidditch!-
S’ingozzarono allegramente
di latte e biscotti, come quando
erano bambini, riuscendo perfino a convincere Holly e Shepley a
sgranocchiarne
qualcuno.
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Capitolo 8 *** Stregato ***
POV DRACO
Theodore aveva il sonno leggero come
Draco. Percepiva che
anche l’amico biondo non dormiva, ma guardava il cielo
trapuntato di astri in
un ritaglio di finestra, come sempre faceva quando era concentrato a
pensare.
Sorrise sentendo Blaise ridacchiare nel sonno e mormorare:
“Uh, Pansy… Non fare
così piccola…”quindi abbracciare un
cuscino e cullarlo amorevolmente. Si alzò
piano, scostando le tende del baldacchino verde smeraldo e infilandosi
la
vestaglia. Anche Draco lo vide e lo imitò, alzandosi e
reprimendo un sorrisetto
alla vista di Blaise che sbaciucchiava la federa del suo cuscino. Piano
il
biondo si vestì e alzando una mano in segno di saluto,
uscì dalla stanza,
vedendo di striscio Theo che lo ricambiava sollevando il bicchiere di
Fire
Whisky. Dovevano essere appena le quattro di mattina; il ragazzo vedeva
pulviscoli di polvere che volteggiavano contro l’acqua
torbida del Lago,
separato dal dormitorio da una spessa lastra di vetro. La camerata era
in
penombra, tanto che Draco poté intravedere solo le braci
mezze estinte nel
camino e il contorno delle poltroncine. Uscì dal dormitorio
e iniziò a
camminare nei corridoi del seminterrato. Fece avanti e indietro
così tante
volte da perdere il conto, fino a quando non sentì gli occhi
annebbiati e la
mente vuota. Sentiva rimbombargli in testa sempre le stesse parole:
“Codardo,
codardo, codardo”. Doveva fare qualcosa e distrarsi.
“Forse un’idea
l’avrei”. Volubile come un uragano, Draco fu
travolto da una frenesia che lo portò a correre per le scale
e a raggiungere il
quadro della Signora Grassa che sapeva essere la porta del dormitorio
Griffyndor. Solo quando una pittoresca Signora Grassa in bigodini gli
ricordò
che effettivamente non bastava conoscere l’ubicazione del
dormitorio, ma che
era pure necessario essere informati della parola d’ordine,
lui si rese conto
che non aveva idea di quale fosse. Frustrato, cercò di
lusingarla con moine
alla Slytherin e il suo sorriso scintillante e perfino di minacciarla
con il
pretesto di chiamare il Barone Sanguinario. Non funzionò, ma
in compenso
probabilmente sarebbe stato punito dalla McGranitt per stalking e
minacce verso
un quadro. Di bene in meglio.
Arrabbiato e irrequieto, si diresse
in Sala Grande, già
apparecchiata per la colazione e appena illuminata dal sole nascente.
Aleggiava
nella stanza un profumo invitante di caffè e di biscotti
appena sfornati,
nonostante la colazione iniziasse almeno alle 7 e 30. Draco
udì i suoi passi
risuonare nella stanza enorme e si sentì estremamente solo.
Stava per ritornare
nel dormitorio con la finalità di sfottere Blaise per la sua
affettuosità verso
i cuscini quando la vide, stesa su una panca, i capelli sparsi ad
aureola e la
gonna spiegazzata. Era stata coperta da qualcuno con il suo mantello e
aveva
un’aria così angelica e serena con la mano sotto
la guancia e le gambe
racchiuse verso il grembo. La cosa più bella che avesse mai
visto: Ginevra.
Gli sembrò di conoscerla
da sempre, di aver osservato ogni
notte la linea morbida delle sue guance, l’arco perfetto
delle sue
sopracciglia, le dita intrecciate ai capelli, quei morbidi boccoli
color rame.
Sognò di poterci passare le dita e di poterli districarli
piano, come fiammanti
matasse di filo prezioso. Non si chiese che cosa ci facesse su una
panca in
Sala Grande, sola e nemmeno come aveva fatto a dormire su una
postazione così
scomoda. Si sedette solo accanto a lei e la osservò, come
quella notte in
infermeria. A differenza del sonno tormentato dell’altro
giorno, adesso Ginevra
dormiva con un lievissimo sorriso ed emettendo un leggero sibilo dalle
labbra
piene. Piano il ragazzo alzò una mano, passando come aveva
desiderato le dita
nei ricci setosi e bevendosela con gli occhi. Con orrore
constatò che le
palpebre della ragazza si stavano aprendo; subito si guardò
attorno in cerca di
una via di fuga. Quando sentì la voce assonnata di Ginny che
pronunciava:
-Draco?!-, l’unica cosa che gli venne in mente fu: -Dai, ti
porto a letto-
La prese tra le braccia, constatando
che non era troppo
leggera e accorgendosi delle forme piene tra le sue mani, mentre Ginny
protestò
leggermente parlando da sola: -E’ una nuova moda, quella di
prendermi in
braccio?- Siccome non ricevette risposta dal ragazzo
continuò: -No, perché
ultimamente lo fanno tutti…-
Sentendo un moto di gelosia Draco
rispose cercando di
sembrare noncurante, mormorandole nell’orecchio: -Ah si? E
chi sarebbe questo
“tutti”?-
-Mmmmh sono stanca, ne
riparleremo…-
Il ragazzo stava per ribattere che
voleva saperlo subito, ma
Ginny si era già assopita sulla sua spalla. Draco era
consapevole che andare
nella sua camera non era possibile per via dei compagni di stanza e
nemmeno
pensare di portarla in quella della ragazza a causa della necessaria
parola
d’ordine. Ne restava solo una: la stanza delle
Necessità. Draco
con la ragazza tra le braccia raggiunse
il settimo piano e camminò avanti e indietro tre volte
davanti al quadro di
Barnabà il Babbeo bastonato dai Troll, desiderando di
entrare in una camera con
un letto e tutto ciò che piacesse a Ginevra. Una grossa
porta di legno scuro
con un batacchio d’argento si materializzò davanti
ai ragazzi e Draco
la varcò senza esitazione. La stanza
si presentava come un’accogliente camera con un enorme letto
a baldacchino
color crema dalle tende spalancate e leggere. Dentro vasi di tutte le
dimensioni c’erano freschi mazzetti di tulipani rossi e
l’aria profumava di
violetta. Su un piattino c’erano dei biscotti alla cannella e
alle nocciole e
una tavoletta di cioccolato fondente amaro. Una serie di foto
troneggiava su un
tavolino davanti a un morbido divano rosa antico. Draco
appoggiò la ragazza sul
letto, sfilandole gli scarponcini e le calze. Appoggiò il
mantello della rossa
sullo schienale di una sedia dorata, sedendosi e incrociando le gambe
pensieroso. Cosa avrebbe fatto Ginevra, quando si fosse svegliata?
Avrebbe
pensato che si era approfittato di lei? Che l’aveva colta
quando era indifesa
nel sonno? Magari ne sarebbe stata contenta? Draco
non lo sapeva proprio. Adesso il suo
magnifico piano gli sembrò del tutto privo di significato.
Alla fine, dopo una
lunga riflessione, il ragazzo decise che se ne sarebbe andato prima che
lei si
fosse svegliata, sperando che ricordasse tutto o che non ricordasse
niente: doveva
ancora decidere. Ginny si allungò nel letto ampio, alzando
le braccia sopra la
testa e scoprendo una grande porzione di gambe. Draco non ce la fece
più e
sfilandosi le scarpe e il mantello, si stese accanto alla ragazza,
tanto vicino
da sfiorarle il naso con il proprio, coprendo entrambi con il soffice
piumone.
Le era così maledettamente vicino, ma non la sfiorava
nemmeno con un dito,
nonostante il desiderio gli facesse formicolare
le mani. Percepì il calore di Ginny attraverso i vestiti e
forse fu così anche
per lei poiché la ragazza, come brancolando, si strinse a
lui annullando tutta
la distanza tra loro, appoggiando la testa sul suo petto e
abbracciandolo
stretto. Inizialmente allibito, poi Draco si sciolse: alla fin fine
aveva fatto
tutto da sola. Sentì il respiro lieve contro il collo che
gli provocò brividi
lungo la pelle e stringendo la vita a clessidra della ragazza,
sussurrò
affondando il viso nei suoi capelli: -Oh, Ginevra-
L’aveva stregato. E adesso
come avrebbe fatto?
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Capitolo 9 *** Domande ***
Ginny si stiracchiò piano,
allungando le mani sopra la testa
e sprofondando nel morbido materasso. Provava una sensazione piacevole
di
rilassamento e tutto intorno a lei era bianco, morbido e caldo. La
rossa
socchiuse una palpebra, momentaneamente stordita dalla luce. Fu allora
che
ricordò che la sua camera non era chiara ma rosso bordeaux,
che il suo letto
non era così morbido e
che non dormiva in divisa
scolastica. Ginny
si alzò di scatto allarmata, battendo maldestramente la
testa contro la
colonnina del letto a baldacchino. –Ahia! Ma è
possibile che devo sempre farmi
male?- disse strofinando il punto dove aveta sbattuto, contribuendo a
rendere i
suoi capelli ancora più spettinati. –Ma dove
caspiterina sono…?!-
La cosa che la spaventava, ma che la
meravigliava di più era
il gusto della stanza: era arredata proprio con le stesse cose che
avrebbe
scelto lei per se; i tulipani, i colori, i biscotti. Le piaceva da
morire. Di
indole curiosa per natura iniziò a ispezionare
minuziosamente ogni angolo ed
ogni pertugio, accarezzò i divani rosa antico,
ammirò le fotografie
smangiucchiando un biscotto (okay, forse più di
uno…) e cercò a tutti costi di
ricordare come era arrivata lì e perché. La cosa
era romantica e tutto il
resto, ma davvero inquietante. Sprofondando in
un puff giallo limone, Ginny iniziò a
pensare alla serata precedente: -Uhm, vediamo, sono andata in cucina
dove ho
incontrato i gemelli e poi? Mi sono strafogata di latte e
biscotti…- cercò di
non pensare all’assunzione di calorie ingerite la notte
scorsa e promise di
fare un esercizio doppio di addominali a Quidditch, quindi
continuò –Beh, poi
c’è un vuoto temporale fino a quando mi sono
svegliata su quella panca in Sala
Grande, tra le braccia di Draco Malfoy… Aspetta aspetta
Molly Ginevra, quale
panca? QUALI BRACCIA DI DRACO MALFOY?! Il tuo subconscio ti sta facendo
dei
brutti scherzi!-
Ginny ricordò troppo in
fretta e troppo precipitosamente un
profumo maschile fresco, due occhi grigi e un discorso sconnesso. Le
sembrò
sbagliato, confuso e dolcissimo.
-Oddio oddio, devo uscire di qui. Per
fortuna che la
professoressa Sprite deve concimare le Mandragole: ho due ore libere!
Ma che
cosa faccio ora, eh?!- Ginny non era mai stata così nervosa.
Però ora che si
era tranquillizzata sull’inizio delle lezioni e dopo che
aveva fatto una colazione
decente (secondo gli standard di una ragazza in piena tempesta ormonale
quindi)
iniziò a chiedersi perché Draco l’aveva
portata lì e che cosa avevano fatto di
preciso. Sentiva le guance in fiamme nonostante fosse sola nella
stanza.
–Mi serve del ghiaccio!-
rise la ragazza premendosi le mani
contro le guance arrossate. Fece un salto tale da cadere sul letto
quando vide
un sacchetto con dei cubetti ghiacciati aleggiarle davanti al viso.
-Arghhh! Ma come hai fatto?-
urlò sorpresa fissando il
sacchetto. Quello sembrò seccato dalla sua mancanza di
decisione poiché iniziò
a saltellare nell’aria fino a quando la ragazza non lo
afferrò.
-Ehm grazie, chiunque tu sia. Ora
vado.- Ginny si guardò
intorno per raccogliere le sue cose e quando si rialzò dopo
essersi allacciata
gli scarponcini si accorse che era comparsa una grande porta su un lato
della
stanza. Cautamente la apri e si ritrovò nel corridoio del
settimo piano, invaso
dalla luce del mattino. Sospirando, si diresse verso l’aula
di Astronomia.
…
Erano le quattordici e trenta. Ginny
era stesa sul letto di
Diane e stava raccontando alle sue compagne di stanza che cosa era
successo
quella mattina, alternando le confessioni e i particolari a morsi
voluttuosi
alla tavoletta di cioccolato fondente della sua scorta personale.
Demelza la
guardava mezza disgustata e mezza invidiosa: Ginny ingurgitava di
tutto! Invece
Diane, secondo la sua indole, ricamava dolcissimi idilli a punto croce
dai
colori pastello, ascoltandola con interesse moderato.
-Beh, questa mattina mi sono
svegliata e lui, perché sono
sicura che sia lui, non c’era più. Ero in una
stanza bellissima e c’era il suo
profumo ovunque, ma lui no.-
Demelza stava perdendo la pazienza:
era mezz’ora che Ginny
blaterava su questo misterioso “lui” senza nemmeno
accennare a chi fosse. Alzandosi
dalla poltroncina sulla quale era seduta, si diresse verso
l’amica rossa e
strappandole la tavoletta di mano, le girò la testa con una
mano, portandola
all’altezza dei suoi occhi; infine sillabò: -Ci
vuoi dire chi è questo
benedetto ragazzo?-
-Ragazze, perdindirindina, calma. Non
c’è bisogno di
surriscaldare l’ambiente.- Solo Diane poteva dire
“Perdindirindina” e non
venire esclusa dalla società. –Adesso Demi,
tesoro, lasciala: sta diventando
viola-
Demi allentò la presa:
-Ops! Scusa Gin, però ora parla-
La rossa le fece attendere per un
tempo infinito e proprio
quando Demi stava per buttarla dalla finestra, sussurrò
maliziosa: -E’ Draco
Malfoy- Diane
spalancò gli occhioni
azzurri a tal punto che Ginny pensò che le avrebbero
riempito tutto il viso,
mentre Demelza, per una volta, era ammutolita. Ripresesi dal momentaneo
shock
Demi iniziò stranamente calma: -Tu sei l’amante di
Draco Malfoy e non ci hai
mai detto nulla?!-
-Adesso esageri, Za. Non lo conosce
nemmeno. Bel puledro
comunque, Gin- a questa constatazione di Diane furono le altre due
amiche a spalancare
occhi e mascelle, ma quella continuò imperturbabile,
rivolgendosi a Ginny –E tu
sei in ritardo per la tua punizione con Piton. Sai quanto odia i
ritardi-
Ginevra non corse mai così
velocemente in tutta la sua vita.
Quando arrivò davanti alla porta dello studio del Professor
Piton cercò di
rassettarsi la gonna con poco risultato ed entrò.
La stanza era come se la ricordava:
buia e polverosa.
L’unica forma di arredamento che Piton sembrava conoscesse
era un’accozzaglia
di bottiglie e boccette dai liquidi maleodoranti e da oggetti non
identificati.
Ma lei aveva visto più volte quell’ufficio e
altrettante aveva dovuto pulirlo
da cime a fondo.
-Una seconda casa, insomma-
mormorò fra sé ironica.
L’umorismo era l’unica cosa che le permetteva di
sopportare anche le situazioni
più spiacevoli. E Ginny ne aveva da vendere.
Cercò di immedesimarsi nella sua
faccia più timida e innocente da
Credo-che-il-mio-orologio-sia-indietro e alzò
il viso con aria contrita.
-Dieci punti in meno a Grifondoro per
il ritardo di tre
minuti e mezzo.- la voce del professor Piton risuonò
annoiata nella stanza –E
adesso si sieda, signorina Weasley-
Ginny fumante di rabbia si
avvicinò alla scrivania e solo
allora vide Blaise Zabini.
Il professore continuò:
-Oggi ha un compagno di punizione:
conosce Blaise Zabini…?-
-Ma che piacere!- rispose
sarcasticamente a denti stretti la
rossa –Sarò lieta di condividere questi attimi di
gioia con una serpe…- mormorò
impercettibilmente. Purtroppo Piton la sentì: -Altri cinque
punti in meno, Weasley-
canticchiò quasi; poi aprì le ante di un armadio
e disse ai due ragazzi:
-Preparate gli ingredienti per 30 pozioni Restringenti e pesateli
accuratamente. Quindi spolverate questi alambicchi e riponete in ordine
alfabetico questi moduli. E’ tutto. Buon lavoro-
-Pipistrellaccio untuoso con evidenti
problemi di calvizie,
cerebroleso vampiro malaticcio con la scabbia…- lo
insultò Ginny, avvicinandosi
all’armadio aperto.
-Creativa, Weasley, quella del
vampiro- disse allegramente
Blaise.
La rossa si voltò
allibita: -Ma non l’ho detto ad alta
voce!-
Il ragazzo dagli occhi blu rispose,
affiancandola: -Mai
sentito parlare dei Legilimens? Oh, giusto, sei una Griffyndor- la sua
voce era
diventata piuttosto derisoria.
-Mai sentito parlare della cortesia?
Oh, scusami sei uno
Slytherin!- Blaise rimase colpito: la ragazza aveva carattere, per
essere una
Weasley e ovviamente una Grifona.
-Datti una mossa, rammollito. Prendi
la milza di ratto. Io
non he ho intenzione.-
C’è bisogno di
dire che fu un pomeriggio interminabile?
Ciao a tutti! Mi sono ritagliata questo piccolo spazio per ringraziare
Krucci, la mia recensitrice entusiasta. Ero un po' demoralizzata, ma tu
mi hai fatto venire voglia di scrivere ancora. Naturalmente (e lo
sapete bricconcelli!) mi farebbe tanto tanto piacere se lasciaste anche
solo un piccolo commento -critica o lode- alla mia fanfict. Un bacio e
un abbraccio,
Violadelpensiero
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Capitolo 10 *** Ferite ***
POV DRACO
Draco sapeva che Blaise era di nuovo
in punizione con Piton
per essere stato beccato con Laetitia McRiot, una smorfiosetta di
seconda dai
nobili natali, nello sgabuzzino delle scope a compiere atti poco casti
e molto
Slytherin. Gli aveva detto che lo sarebbe passato a prendere alla fine
della
lunga punizione, ma intanto non sapeva cosa fare per occupare il tempo.
Il
ragazzo camminò lungo il sentiero di ghiaino che
biancheggiava tra l’erba
ghiacciata e argentea, con il fine di verificare se Ginny fosse sul suo
solito
albero a strapiombo sul lago. Era in imbarazzo dopo quella famosa
notte, ma
moriva dalla voglia di vederla spuntare dai suoi maglioni stravaganti.
Il
freddo dicembrino tagliava la pelle e congelava nasi e guance,
però tanti erano
i ragazzi che, presasi una pausa dall’intenso studio
invernale, passeggiavano
ridendo e tenendosi per mano o pattinavano sulla dura superficie del
lago. I
colori vivaci delle divise spiccavano nell’atmosfera nivea e
coloravano
vivacemente ogni spazio del giardino
del
castello. Nonostante apparisse burbero e distante mentre camminava
altero, in
realtà Draco era felice di fare un giro fuori e di sembrare
per una volta un
ragazzo della sua età. Si stava rilassando un po’
fino a quando una palla di
neve volante lo raggiunse fendendo l’aria immobile e
precipitandosi sul bavero
del suo cappotto di velluto nero con una scia di fiocchi ghiacciati.
Draco alzò
lo sguardo e osservò, glaciale quanto l’atmosfera
in quel momento, Ronald
Weasley che ghignava qualche metro più avanti.
-Oh scusami, Malfoy, ti ho sporcato
il cappottino nuovo?- lo
derise il rosso, avvicinandosi a lui per squadrarlo meglio.
Era in quei momenti che Draco era
veramente stanco di essere
nobile, di essere Slytherin, di essere un Malfoy e di dover
“recitare” una
parte che tutti si aspettavano, ossia quella del cattivo prepotente.
Stava
semplicemente passeggiando da solo, godendosi un po’ di pace
e rimuginando sui
suoi pensieri. Non aveva intenzione di turbare quella dolceamara apatia
dove
non doveva pensare a suo padre e al tatuaggio bruciante nel suo
avambraccio,
perciò, stringendo i denti, continuò a camminare,
aggirando la Donnola Weasley
e il suo amichetto Potter. Il bambino-che-è-blablabla era
sopravvalutato e
Draco proprio non lo sopportava, ma verso il rosso la sua insofferenza
raggiungeva livelli altissimi. Non capiva proprio come facesse la
Granger a
scodinzolargli dietro come un cagnolino con il padrone. Bah.
Per distrarsi ragionò:
-Draco, shhh, non dire nulla, non
ribattere; pensa a Ginny e che è sua sorella e che lui
è così protettivo e non
lo sa e immagina la sua faccia quando saprà che cosa
c’è tra noi. Aspetta, per
adesso non c’è ancora nulla, ma la situazione
cambierà.- In quel momento le
mancava terribilmente la sua piccola furia rossa, così
diversa da quel
troglodita di suo fratello.
-Non dice niente, Harry. Guarda come
fa il sostenuto con la
puzza sotto il naso- continuò rivolto a Potter- E come mai
sei qui fuori? Vuoi
forse farci pensare che hai una vita sociale al di fuori del tuo lavoro
di
Mangiamorte?- le sue parole erano impregnate di veleno corrosivo.
Sentendo la
parola “Mangiamorte” Draco mandò
all’aria tutti i suoi buoni propositi e
diventò scarlatto mano a mano che s’infuriava.
Ebbe l’impressione che l’aria
fosse immobile. Il biondo si avvicinò celermente a Ronald
Weasley, colmando con
un solo passo tutta la distanza fra loro, e lo afferrò per
il bavero del
giaccone sdrucito. Senza dargli nemmeno il tempo di dire una parola
sibilò
pianissimo ma chiaramente: -Dillo un’altra volta e giuro che
tua sorella non
rimarrà vergine a lungo… Oh, aspetta,
è ancora vergine vero? Non ci è andata
con metà scuola?- Draco si sentì immediatamente
sporco per quelle parole:
voleva essere cattivo, ma alla fine aveva insultato anche sé
stesso. Un conto
era offendere suo fratello, un altro era deridere Ginny. Stava proprio
per
scusarsi per la volgarità, quando Weasley per tutta risposta
lo colpì
violentemente su uno zigomo, prima che Potter potesse fermarlo.
L’aria gelida fumava
dalle sue narici e la sua espressione era furente e oltraggiata. Draco
senza un
lamento, anzi quasi laconico, si portò una mano al viso e
constatò un taglio
sotto l’occhio. Stillava sangue rosso e intenso che gli
colorò grottescamente
la mano. Il biondo lo osservò quasi scientificamente,
esaminando le dita con
cura.
-Magnifico- mormorò
ironico infine. Sentì come se fosse
sott’acqua la voce della Granger che urlava: -Ron! Ma che
cosa hai fatto! Sta
sanguinando!-
Draco sentì che si
avvicinava e che gli alzava il viso con
una mano decisa e forte, così diversa da quelle piccole e
pallide di Ginny, e
che gli diceva: -Mettici dell’assenzio. La cicatrice non
dovrebbe nemmeno
essere eviden…-
Il ragazzo le bloccò il
polso con la mano buona: -Sto bene.
Non ho bisogno della tua compassione.- Così pronunciatosi,
se ne andò
compuntamente.
Erano ormai le sei e ancora Blaise
era nell’ufficio di
Piton. Draco si appoggiò schiena al muro di fronte alla
porta scura del
suddetto studio, aspettando l’amico. Era annoiato non poco e
gli doleva
leggermente il taglio, ma non aveva voglia di andare a medicarlo in
Infermeria.
Avrebbe detto più tardi a Theo di darci
un’occhiata. Finalmente sentì la porta
che si socchiudeva e una risata argentina che risuonava nel corridoio
ampio. –Una
risata argentina? Eh?!-
Draco
si riscosse ed entrò
nell’area
di luce creata dalla
fiaccola sulla porta. Notò
immediatamente i suoi capelli scarlatti come spire di fuoco;
invece lei non lo vide subito. Blaise sì: -Draco, che cosa
ti è successo? Sei
andato a sbattere contro un albero?-
-Una cosa del genere- rispose
distaccato. Non lo avrebbe mai
ammesso, ma vedere Ginny che scherzava con Zabini gli aveva procurato
un moto
di stizza e di insofferenza. Blaise lo avrebbe sentito, dopo. Anche
Ginevra si
era accorta della sua presenza e in particolare del taglio frastagliato
sul suo
bel viso. Draco sentì il suo profumo di violetta quando
Ginny si avvicinò a
lui, salutandolo a bassa voce: -Ciao Draco. Vieni, dobbiamo
disinfettare quel
taglio e parlare- Blaise cerimoniosamente le fece il baciamano e lei
rise di
nuovo, mentre Draco era sempre più infastidito. Infine gli
si accostò e lo
prese per mano, guidandolo nei corridoi.
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Capitolo 11 *** Dialogo ***
POV GINNY
Alla fine quel pomeriggio non era
stato poi così sgradevole
e Zabini, le costava molto ammetterlo, era affascinante.
Quell’aria da
cherubino birichino e gli occhioni blu zaffiro potevano incantare
chiunque e
far credere che fosse un ragazzo perbene e serio. Ginny non avrebbe mai
immaginato,
se non avesse conosciuto le voci che circolavano su di lui a scuola,
che era in
realtà dispettoso, accattivante, malizioso e volubile. Se
poi si aggiungevano
la bellezza fuori dal comune e quella sua aria da
io-non-sono-consapevole-di-essere-un-figo-assurdo, Blaise diventava un
mix
irresistibile.
-Per fortuna che ho un debole per i
biondi e ora sono
impegnata con Draco… Magari posso presentargli Diane-
immaginava Ginny
guardandolo di sottecchi. Non aveva mai creduto a quel proverbio
“Gli opposti
si attraggono”. Non capiva come due persone senza interessi
in comune o con
caratteri completamente diversi potessero amarsi. Quindi era strano per
lei
immaginare la piccola e dolce Diane con il dongiovanni che era Zabini,
ma
ultimamente aveva come l’impressione che l’amica
stesse nascondendo qualcosa.
Bah. Mentre riordinava gli ingredienti e spolverava gli scaffali, Ginny
non
aveva mai smesso di fare domande a Blaise su Draco: sul suo passato e
sulla sua
famiglia, fino a quando il ragazzo esasperato non le aveva chiesto
perché non
lo domandasse direttamente a lui. A quel punto Ginny era arrossita e
era stata
in silenzio per tre minuti interi. Poi aveva ricominciato.
Alla fine dell’ora lo
chiamava Blaise come se fossero nelle
stessa Casa. Ginny non aveva mai avuto particolari pregiudizi su alunni
di
altre case. Insomma, non è vero. Diciamo che sapeva
apprezzare e riconoscere
una persona che le piaceva anche se quella fosse stata Slytherin o
Hufflepuff.
Era partita prevenuta su Blaise solo per le malelingue che correvano su
di lui,
ma il fatto che lui non le smentisse, anzi le alimentasse,
l’aveva confusa.
L’unica spiegazione fu: -Ma, Gin, allora sarebbe tutto
così noioso!-
Ora, mano per mano con un Draco
corrucciato, stava pensando
alla via più breve per arrivare in Infermeria. Non le
dispiaceva il silenzio,
perché non era ingombrante e imbarazzato, anzi, era quasi
intimo. Quando Draco
però si accorse di dove lo stava portando, si
fermò e disse:- Non voglio andare
in Infermeria. Non ci usciamo più-
-E allora dove andiamo a medicarti,
genio?- disse
incrociando le braccia. Fu sorpresa di quanto fosse più
piacevole tenere la
mano a Draco piuttosto che lasciarla lungo il fianco. Per fortuna il
ragazzo la
riprese subito, guidandola in silenzio
–Come te lo sei fatto, a
proposito, quel taglio? Hai tutta
la guancia nera! Fatto a pugni con un centauro?-
-No, con tuo fratello-
Ginny fu così sorpresa che
si fermò di colpo, strattonando
la mano di Draco: -CHE COSA?!-
-Eh, già- la sua risposta
laconica la infastidì, però poi si
rasserenò. Ronald era proprio un cretino ogni tanto; voleva
sperare solo che le
sue intenzioni fossero giustificate.
-Non mi darai spiegazioni vero?-
continuò, abbattuta.
-No- rispose il ragazzo con un
sorrisetto, fermandosi. Ginny
notò che erano al corridoio del settimo piano, proprio dove
si era ritrovata
uscendo la mattina stessa e osservò con curiosità
il biondo che passeggiava
concentrato avanti e indietro, colpito dalla luce calante della
finestra. Solo
infine si accorse della porta enorme e scura che era
comparsa… nel muro. Era
massiccia e rifinita con pennellate dorate e recava
un’iscrizione proprio
davanti: Stanza delle Necessità. Interessante.
Draco non dovette nemmeno girare il
pomello d’ottone poiché
lentamente la porta si era aperta da sola. Ginny, curiosa per natura
sporse la
testa in avanti per carpire dettagli, ma il ragazzo le fece cenno
direttamente
di entrare. Le sembrò qualcosa di familiare e sconosciuto al
tempo stesso. La
camera era come ricordava, colorata con toni di crema e bianco panna,
ma alcune
cose erano completamente diverse. Un camino scoppiettava davanti ai
divani rosa
antico e a delle poltrone di cuoio scuro, il letto matrimoniale (Ginny
al
pensiero arrossì) adesso aveva lucide lenzuola di seta verde
veleno, nei vasi
con i tulipani c’erano rami di pallidi gelsomini e foglie di
felce arricciata,
tra le sue foto sul tavolino anche sontuose cornici in argento. Una
nuova parte
ampliata comprendeva una grande scrivania di legno scuro sotto un
tappeto
bianco, i puff colorati che la rossa adorava e un’immensa
libreria a parete.
Infine Ginny notò, accanto ai biscotti e al cioccolato
fondente sul tavolo, una
scatola con una croce rossa sopra.
-Ma… è diversa-
constatò meravigliata, dopo aver realizzato
i cambiamenti. Capì da sola che la Stanza aveva ricreato un
luogo che potesse
unire i gusti suoi e di… Draco. Le sembrò una
cosa così intima che arrossì.
Evidentemente anche Draco se ne accorse perché sorrise
malizioso e le disse:
-Bel letto, eh? Grande-
Ginny gli diede un buffetto sul
braccio e il ragazzo assunse
un’aria da cucciolo ferito, lamentandosi: -Non si picchiano i
malati-
-Esagerato! Era un buffetto. Vieni
qui, dai- Lo fece sedere
su una poltrona di cuoio e aprì la scatola delle
medicazioni: -Ehi c’è proprio
tutto! Vediamo, ecco: disinfettante e cotone-
-Ginevra attenzione a non deturparmi.
Io sono troppo bello e
tu sei una frana in Pozioni. Fa vedere quel coso- disse prendendo la
boccetta
fra le mani. Ginny, sebbene seccata, ne approfittò per
osservarlo ancora.
Pensava che non ne sarebbe mai stata sazia.
Dopo l’ispezione il ragazzo
pronunciò più dolce: -Va bene,
non è un veleno-
Ginny nascose un sorriso e fece
imbibire il cotone del
liquido trasparente, poi voltò il viso del ragazzo verso la
luce molto
delicatamente. Draco chiuse gli occhi, come rilassato dal suo tocco
leggero e
stette fermo tutto il tempo in cui lei deterse il sangue secco dalla
ferita.
Quindi Ginny stese un velo di unguento di assenzio e quasi subito il
taglio si
rimarginò, ma non tolse la mano dal suo viso, anzi
iniziò ad accarezzarlo
piano. Era così sereno. Draco aprì gli occhi e le
prese la mano di scatto,
tanto che Ginny si spaventò e balbettò delle
scuse. Lo sguardo del ragazzo si
tinse di pentimento. Delicatamente le tirò il braccio fino a
quando la rossa
non si fu stesa su di lui, le gambe strette al corpo, le mani sul petto
di
Draco e la testa appoggiata alla sua spalla. Lo guardò da
sottinsù: le fiamme
del camino danzavano sul suo viso. Era così piacevole
sentire il calore di un
corpo contro il suo. Ginny strofinò il naso contro la sua
guancia, facendolo
ridere. Tutte le parole erano superflue. Sentì le mani
grandi di Draco
accarezzarle la schiena e i capelli.
Ginny si sentì felice:
aveva ancora un sacco di tempo prima
di dover tornare al suo dormitorio.
-Parlami di te- disse tracciando
piccoli cerchi invisibili
con un dito sulla mano del ragazzo. Quello sussultò sorpreso
e tirò indietro un
po’ il viso, per guardarla meglio. Ginny si sentì
arrossire improvvisamente,
però non distolse lo sguardo. Aggiunse solo un po’
timida: -Se vuoi, ecco. O se
no parlo io-
-Sai qual è la prima volta
in cui ti ho vista?- mormorò
premendo le labbra sui suoi capelli e inspirando il suo profumo alla
violetta.
Ginny si mosse divertita sul suo petto, sprizzando entusiasmo da tutti
i pori:
-Quando,eh? Dai dai dai dimmelo!-
-Okay! Te lo dico! Stai ferma
però, mi fai il solletico-
-Soffri il solletico?-
esclamò alzando le dita fintamente
minacciosa –Oh oh il grande Draco Malfoy che soffre il
solletico come un
bambino?- Aveva trovato un punto debole e per una cosa così
insignificante!
-No-
-Ah- La delusione su suo volto era
così palpabile che Draco
le prese tra le mani e la baciò sul naso.
-La prima volta che ti ho vista ti ho
scambiata per il
gattaccio della Granger-
-Ma bene! Continua così!
Grazie!- Ginny era piuttosto
permalosa ed essere scambiata per un gatto spelacchiato e rossiccio non
era
esattamente piacevole. Non poté impedirsi di assumere
un’espressione risentita.
-Qualcuno qui è permaloso.
E poi rimproverano me… Comunque,
ho visto un’ombra che scendeva dalla quercia sul lago e mi
sono accorto che eri
tu. Eri corrucciata e scura in volto, così io ho pensato:
“Come mai una ragazza
che ha tutto ciò che potrebbe desiderare: famiglia, amici,
amore, è così
abbattuta?” Vedi, Ginevra, tu rappresenti le cose che avrei
voluto ricevere io
come figlio e fratello. Ho sempre invidiato voi Weasley per la vostra
unità. I
miei genitori non mi hanno mai amato e da piccolo trascorrevo il mio
tempo a Malfoy
Manor in biblioteca o in camera mia. Mi annoiavo un sacco,
così è stata una
liberazione poter finalmente venire ad Hogwarts. E allora ho conosciuto
Theo…-
-Ma Blaise?-
-Si, è mio cugino.
Comunque che cos’è tutta questa
confidenza con Zabini?- l’irritazione gli aveva formato una
riga in mezzo alla
fronte ampia. Ginny rimase a bocca aperta e si mise a ridacchiare:
-Primo, non
mi spiego come facciate tu, biondo pallido e dannato e Blaise, pelle
color
caffelatte e tutto occhi blu ad essere cugini; secondo, sei geloso?-
-Io non sono geloso! Soltanto che non
mi piace condividere
ciò che è mio- a queste parole Ginny
spalancò gli occhi. Un conto era
sbaciucchiarsi e avere tempo per conoscersi meglio, un altro definire
così
possessivamente quel “qualcosa” che si stava
creando tra loro.
-Ehm, non corriamo troppo okay?- la
sua voce era titubante,
ma ferma
-Uffa, mi stavo appena iniziando a
divertire!-
-Non ho mica detto che non ci
possiamo baciare! Ma non
pensare che abbiamo finito la nostra conversazione qui e…-
Draco premé la bocca sulla
sua e finalmente Ginny si zittì.
Ciao a tutti! Soddisfatti i miei lettori di questo capitolo with love?
Non abituatevi, mi raccomando. Ne passeranno Draco e Ginny nei prossimi
capitoli.... Muahahaha! Ma non crediate che non dispiaccia anche a me:
non sono una cima nei capitoli di suspence o rottura. Detto questo,
MI FAREBBE IMMENSAMENTE PIACERE SAPERE CHE COSA NE PENSATe. Non
è un'esortazione veemente, tranquilli. Se avevte domande o
richiedete il bisogno di delucidazioni sono sempre qui! Grazie mille
davvero. Non avrei mai pensato di pubblicare qualcosa. E invece sono
qui.
Andate e amate Draco.
Un saluto, un abbraccio e tutto quello che volete,
Violadelpensiero
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Capitolo 12 *** Ricordo ***
POV DRACO
Draco stava imburrando un toast e
bevendo caffè nero mentre
Theodore raccontava la sua ultima avventura con una Ravenclaw di
seconda, Cassy
Chester e Blaise commentava il tutto con battute sconce. Stava proprio
per
ricordargli di come aveva nuovamente abbracciato e sbaciucchiato il
cuscino la
sera precedente, quando alzò gli occhi e vide che anche
Ginny si era seduta
alla tavolata Grifondoro e stava spalmando di cioccolata i suoi
biscotti. Provò
una voglia irresistibile di sentire il sapore delle sue labbra dolci di
cioccolato. Distolse il viso divertito quando la vide protestare
stizzita
perché le era caduto il biscotto nel latte e
riportò la sua attenzione al
discorso dei due amici. La sera prima lo avevano subissato di domande
sul
perché fosse tornato così tardi, su chi fosse
quella ragazza che lo aveva
divertito quella sera. Credevano fosse un altro passatempo, una voglia.
Non
immaginavano che avesse passato gran parte della notte a guardare Ginny
dormire. D’altra parte, di solito lui non dormiva e basta...
-E’ molto interessante,
Cassy, quindi…- stava affermando
maliziosamente Blaise –Forse tu l’hai conosciuta
anche intimamente, o sbaglio?-
chiese sbattendo le ciglia in un’imitazione grottesca di
Pansy Parkinson in
cerca di gossip.
-Sei peggio delle sorelle Greengrass,
Zab, davvero…- ci rise
su Theo, anche Draco si unì a lui, poi notò il
gufo maestoso della famiglia
Malfoy volteggiare sopra la sua testa e posarsi con un risvolto
attaccato alla
zampa sul suo tavolo. Tutti e tre trattennero il respiro: cattive
notizie da
casa se la missiva proveniva dai padri.
La notizia gli calò
addosso come un secchio di acqua
ghiacciata quando lesse le parole vergate in rosso sangue sulla
pergamena
finissima:
“Draco,
10 Dicembre, Malfoy Manor
devo parlarti urgentemente. Prenderai
una passaporta
nell’ufficio della professoressa Umbridge oggi pomeriggio
alle sedici per
Malfoy Manor. Sii puntuale, sai che odio aspettare.
Lucius Abraxas Malfoy”
Draco si alzò dalla sedia
con una compostezza glaciale e si
allontanò, gettando la lettera sul tavolo di legno.
Sentì gli occhi di circa un
centinaio di persone addosso, in particolare di un paio verdi e
indagatori.
Mentre passava dietro alle panche Griffyndor, notò che Ginny
si stava alzando;
subito la fermò con un cenno del viso e apprezzò
il fatto che avesse capito.
Potevano essere diversi i motivi per cui suo padre voleva vederlo, ma
solo uno
lo riempiva di terrore. E lui odiava avere paura: lo faceva sentire
così
debole, così impotente. Si costrinse a ragionare: Natale
sarebbe stato fra poco
e non c’era motivo di affrettare i tempi di visita; per le
vacanze era comunque
sempre stato costretto a tornare per la feste sontuose delle famiglie
Slytherin
più influenti. In realtà non gli interessavano i
regali costosi, per quanto
amasse e fosse abituato al lusso, ma aveva sempre desiderato
trascorrere un
Natale a Hogwarts, più familiare di Malfoy Manor: osservare
il grande albero
addobbato dal professor Vitious, assaggiare un pudding rustico di
natalizio
invece del caviale, perfino ascoltare gli stucchevoli discorsi folli
del preside
Silente. Forse Potter lo avrebbe infastidito, era sempre tra i piedi, a
fare
l’eroe della situazione. Quanto odiava Potter.
Nel caso si poteva far finta di non
vederlo. Già.
-Quindi, escluso il fatto che muore
dalla voglia di
riabbracciare il suo figlioletto amato- pensò ironicamente
Draco –Vuole vedermi
per parlare della mia iniziazione-
Il ragazzo era furente. Con il padre
per la sua servilità,
con la madre per non averlo mai difeso, con se stesso per non essere
abbastanza
forte. Il dolore che provava era troppo intenso, lo corrodeva
dall’interno; le
sue domande e i suoi dubbi erano come tarli affamati che si nutrivano
della sua
paura. Provò l’immenso desiderio di buttare fuori
tutta la sporcizia che
sentiva dentro.
Senza un lamento, calcolando la
forza, diede un pugno a mano
chiusa contro le muratura di pietra. Sentì le nocche
frantumarsi una per una
come se fossero briciole di pane e il dolore irradiarsi in tutte le
terminazioni che possedeva, fino alle punte dei capelli. Si morse il
labbro,
facendolo sanguinare copiosamente e si accasciò contro il
muro rosseggiante.
Concentrarsi su una sofferenza fisica invece dei suoi pensieri era
rassicurante.
Poteva controllarla, poteva sopportarla.
Le emozioni invece no.
…
Alle quattro meno dieci, esattamente
in anticipo, Draco
entrò nell’ufficio della professoressa Umbridge.
Era così leziosa, quella
donna; ci voleva tutta la sua melensaggine –il vestirsi
sempre come un confetto
da bomboniera, il colore rosa, la sua vocetta affettata e smancerosa-
per
nascondere la sua cattiveria. Draco sapeva riconoscere gli animi
cattivi,
quando ne incontrava uno: era cresciuto con un padre autoritario e con
una
madre impassibile e servile.
-Buon pomeriggio, professoressa-
salutò educatamente, mentre
assumeva le pose fredde e la maschera neutra di primogenito di famiglia
Slytherin.
Quella tubò con la sua
vocetta stridula: -Oh, signor Malfoy!
Buon pomeriggio! Sono così onorata, ehm ehm, onorata di
poter ospitare la
passaporta che vi condurrà a casa. Suo padre è un
uomo delizioso, ehm ehm,
de-li-zio-so! Un pasticcino, oserei dire!- si mise a ridacchiare,
portando una
mano al petto. Draco distolse lo sguardo disgustato da tanto
atteggiamento
adulatorio, poi si chiese con orrore se anche lui apparisse
così debole e
sottomesso in compagnia del padre. Sentì improvvisamente un
senso di
soffocamento che gli attanagliava la gola, così per
distrarsi osservò le pareti
intorno a lui: erano rosa, con quadri e piattini con ritratti di
gattini
gnaulanti talmente kitsch da far invidia alle sfere magiche da
collezione della
professoressa Cooman. L’aria era infestata da un odore di
fiori marcescenti e un
sentore di vecchio e polvere impregnava il tappeto –rosa
pastello- e le tende
di cotone –fucsia-. Draco stava per vomitare.
-Signorino Malfoy, per caso sa di che
cosa vuole parlarle
suo padre? Le ho già detto che stimo molto suo padre? Ehm
ehm, un uomo così
importante per il Ministero della Magia! Ah, ecco la sua passaporta! Ho
scelto
la migliore statuina che avessi, per renderle il passaggio
più piacevole, ehm
ehm-
Il ragazzo vide un orribile
soprammobile che ritraeva un
gattino infiocchettato – di color lampone- che si illuminava,
rendendolo più
grottesco di quanto già non fosse. Fu lacerato dalla voglia
di scappare e
perdere la passaporta, ma si fece forza e posò la mano
tremante sulla testa del
micio. Sentì il famoso strappo all’altezza
dell’ombelico e la testa girargli,
mentre chiudeva gli occhi.
Atterrò con un tonfo
leggero, perfettamente in piedi, sul
tappeto costoso dell’androne di Malfoy Manor. Era una stanza
altissima con una
scalinata di marmo al centro, tutti i muri erano ricoperti da arazzi
cupi e
ritratto di arcigni avi della famiglia Malfoy. L’unica
illuminazione proveniva
da un candelabro di cristallo a cento braccia provvisto di migliaia di
candele
traslucide. Le finestre erano celate da pesanti tende di velluto verde
scuro e
la carta da parati ricoperta di ricco broccato ricamato; unico elemento
vivo
nella stanza un vaso di rose bianche, probabilmente provenienti dal
roseto di
Narcissa. Draco non ricordava che fosse così opprimente.
Davanti alla
scalinata, in piedi e impettiti si trovavano i coniugi Malfoy.
Draco s’inchinò
profondamente, baciando prima la mano della
madre e poi quella del padre. L’aveva sempre fatto, fin da
bambino: per lui non
esistevano i contatti freschi di guancia contro guancia o le carezze
affettuose.
Ripensò con nostalgia al contatto bollente della labbra di
Ginny contro le sue,
ai suoi abbracci forti, come se volesse trasmettergli tutto il suo
calore e la
sua presenza. Vedendo un luccichio negli occhi gelidi del padre, si
ricordò di
schermare i suoi pensieri e si costrinse a ripassare gli schemi di
gioco a
Quidditch: -Struttura a diamante: i battitori si posizionano in punta
guidando
e coprendo il cercatore…-
Lucius interruppe il suo ripasso
mentale: -Draco, sei in
ritardo- Narcissa
aspettò che
l’affermazione fosse ben percepita, quindi osò
continuare, dopo un cenno di
assenso del marito: -E’ un piacere averti a casa-
La risposta gli uscì di
getto abbastanza sarcastica: -Lo è
anche per me, madre, credetemi- Il biondo si chiese se i genitori
avessero
udito la sottile ironia e si stupì di essere diventato
così audace. Abbassò
subito il capo.
Fissò la donna negli
occhi, paragonandola a come se la
ricordava. Era una bella donna: alta, sottile, dalla pelle quasi
trasparente e
dai lunghi capelli biondi, intrecciati in un’acconciatura
elaborata sul capo.
Il viso era magro e incorniciato da boccoli artificiosi, le labbra
pallide, le
mani nervose. Quasi scompariva nel vestito ampio e pesante, color
eliotropio,
che richiamava ancora i tempi dell’ottocento. I genitori
disprezzavano sia le
vesti da maghi: mantelli, tuniche e cappelli, sia quelle babbane,
nonostante
Draco trovasse i jeans molto comodi. Gli occhi erano identici ai suoi:
cangianti,
tempestosi, quasi grigi. In quel momento gli sembrarono pietosi e
quella cosa
lo raddolcì.
-Dobbiamo parlare-
continuò Lucius. Sembrava una versione di
Draco più adulto; erano uguali: stessi capelli, stesso
fisico, stesso viso. –Narcissa,
aspetterai nel salottino, noi andremo nel mio studio -
La moglie annuì
servilmente, tanto da suscitare rabbia al
ragazzo.
-Mia madre può restare, se
vuole- pronunciò a denti stretti.
Lucius lo guardò come se
avesse detto un’idiozia e come se
gli avesse mancato di rispetto: -Ho detto che Narcissa
aspetterà nel salottino
e così sarà. Ci siamo capiti?- Il suo tono
tagliava come il vento maestrale a
dicembre. I suoi occhi lampeggiarono irati, ma Draco riconobbe anche lo
stupore
nelle iridi chiare.
Però comunque
deglutì, abbassando gli occhi: -Si, signore-
Seguì il padre nei
corridoi, sentendosi male mano a mano che
si avvicinava al centro della casa, il grande studio privato, nel quale
potevano accedere solo gli uomini. Era arredato con stile rigorosamente
maschile: massicce poltrone di cuoio color cioccolato, bottiglie di
brandy e
firewhisky invecchiato, tavoli di mogano scuro, trofei e scope da
collezione
appese alle pareti.
-Sei un debole, sei un
fallito…- questa era la cantilena che
Draco sentiva risuonare nelle orecchie, distraendolo, confondendolo.
Con un
cenno l’uomo gli indicò una poltrona davanti al
camino, mentre si serviva di
scotch dal colore ambrato. Il ragazzo fissava il liquido vorticare nel
bicchiere, concentrandosi solo su esso; aveva il colore dei capelli di
Ginny illuminati
dal sole.
-Allora Draco, sai perché
ti ho chiesto di venire, vero?-iniziò
studiando i cubetti di ghiaccio trasparenti con interesse scientifico.
Senza
nemmeno aspettare una risposta (Draco sapeva bene che odiava essere
interrotto)
continuò languido come un serpente a caccia –Il
nostro Signore Oscuro è risorto
e ci ha chiamati nelle sue schiere come suoi combattenti leali e
affidabili.
Hai ricevuto il Marchio tempo fa ormai ed è giunto il
momento che anche tu
incontri il Padrone, che vuole fare la tua conoscenza e assicurarsi la
tua
totale fedeltà. La tua iniziazione e quella dei tuoi
compagni nell’esercito dei
Mangiamorte- qui il ragazzo trasalì –si
terrà a marzo. Quindi avverrà la Guerra
Magica che finalmente eliminerà tutti i babbani e i
sanguesporco, ripristinando
la purezza dei maghi-
Le parole erano piene
d’orgoglio, fredde, spietate, come se
percepisse la paura del figlio e il suo rifiuto; erano lame di coltello
nel
cuore di Draco.
-Sei contento, Draco? Non
è quello che desideravi…?-
Mentre sentiva la bile risarirgli in
gola e il sangue
rimbombare nelle orecchie, rispose in un sussurro: -Si-
Lucius si alzò e
sbattè la mano sul tavolo con violenza,
provocando un rumore fortissimo: -Dillo più forte-
-Si, padre- Draco lo
guardò negli occhi, con odio, con
quell’acrimonia che non dovrebbe esistere negli occhi di un
figlio, desiderando
la sua morte con tutto sé stesso.
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Capitolo 13 *** Incomprensioni ***
POV GINNY
Aveva sentito
un’incresciosa inquietudine ricoprirla quando
aveva visto Draco buttare la lettera che aveva ricevuto sul tavolo e
uscire.
Voleva seguirlo, davvero, ma le sembrava che il ragazzo volesse stare
da solo,
da quanto le aveva fatto intendere con quel cenno. Doveva essersi mossa
irrequieta sulla panca perché sia Diane che Demelza, e anche
qualcun altro, la
stavano osservando con sguardo interrogativo. Fu la voce sottile
dell’amica
bionda a rompere il silenzio creatosi fra loro, mentre il
chiacchiericcio di
sottofondo e il normale sbattere di stoviglie e di tazze riiniziava:
-Gin, che
cosa è successo?-
-Non lo so proprio,
Diane…- Ginny era sconsolata. Ripensò
agli avvenimenti della sera prima e si sentì sciogliere. Era
andato tutto così
bene: avevano parlato tanto e finalmente Ginny era riuscita, con
fatica, ad
individuare un ritratto di Draco. L’aveva fatta sentire a suo
agio e
contemporaneamente le aveva provocato uno sciame di farfalle nello
stomaco. Sembrava
quella storia da film o da libro babbano, quella che non immagini possa
accadere proprio a te. Ginny si era addormentata tra le sue braccia,
dopo aver
perso il conto dei baci che si erano dati e dopo non essere
più riuscita a
distinguere il suo profumo alla violetta da quello di Draco. Le si
curvò un
angolo della bocca al pensiero di come aveva rimesso lo stesso
maglioncino del
giorno prima per non disperdere il profumo di colonia del ragazzo. La
faceva
sentire così infantile e così felice al tempo
stesso.
All’improvviso
però mille interrogativi le si affollarono
nella mente, mano a mano che il nervosismo cresceva: -E se non gli
piacciono i
miei capelli? O le lentiggini?- Il ricordo di Draco che le arricciava
un
boccolo intorno al dito o che le seguiva la scia di efelidi sulle
spalle con la
mano, la fece desistere da questo pensiero. Ovviamente gliene vennero
in mente
altri: -E se russo? O magari dormo a bocca aperta? Se parlo nel sonno?
Se non
sono abbastanza magra? O intelligente? O ricca come le altre Slytherin?
Cioè
Draco è così bello ed io sono solo io!-
Fu solo allora che capì di
aver parlato troppo: gli occhi
delle sue amiche erano spalancati, ma non erano nemmeno comparabili a
quelli di
Ronald Bilius Weasley, in piedi davanti a lei, che la fissava
scandalizzato.
Ginny notò come se i suoi
occhi fossero una cinepresa che
riprendeva la scena dall’alto il viso del fratello diventare
sempre più rosso,
le narici allargarsi, la bocca stirarsi e sentì le sue
parole rimbombare dentro
di sé in un irreale eco: -Allora, è vero-
La sensazione-cinepresa
finì e Ginny si risvegliò
all’improvviso nel suo corpo, percependo il cuore battere
all’impazzata e le
orecchie ronzare. Non aveva voglia di chiedere che cosa fosse vero,
quanto
avesse capito, che cosa il fratello volesse fare. La sola cosa che
pensò fu:
-Devo uscire di qui-
E così fece.
Lasciò la borsa, il mantello, i libri e scappò
via, rincorsa da Ron che la chiamava.
Per la seconda volta calò
un silenzio irreale in Sala
Grande: Ginny sentì gli occhi di tutti gli alunni addosso
come presenza
sgradite. Spalancò le porte con violenza e
continuò a correre fino a quando non
si accasciò, sfinita, contro una colonna, certa di aver
seminato il fratello.
-Gin, Ginnina! Dove sei? Ti devo
parlare! Ginny, ti prego!-
udì la voce di Ron e la cosa che più la
stupì era che il tono sembrava
angosciato e preoccupato, invece di iroso come immaginava.
-Ron, sono qui- disse infine
debolmente. Lo vide svoltare
l’angolo con la sua andatura dinoccolata e un’aria di sollievo. Aveva tutti i
capelli arruffati
e le scarpe slacciate. Ginny s’intenerì e si
chiese che cosa non fosse mai
funzionato tra loro: forse la sua possessività, forse il
fatto che era la sua
unica sorellina.
Adesso Ron era davanti a lei e si
dondolava sulle punte,
spaesato e in imbarazzo; non c’era più stato un
contatto familiare da tanto
tempo.
-Posso sedermi qui, con te?- Ginny
annuì.
-Ecco sai, io volevo raccontarti una
cosa che è successa,
ehm, ieri. Io sono preoccupato per te. Ho incontrato Malfoy che
camminava nel
parco con quella sua aria insolente e altezzosa- qui il suo tono
s’infervorò –e
gli ho lanciato una palla di neve-
-Molto maturo da parte tua-
mormorò Ginny alzando gli occhi
al cielo e stringendo i denti.
-Ma non è questo che
conta! Ehm, allora, lui mi ha provocato
ed io ho risposto- la ragazza lo vide arrossire improvvisamente e
immaginò che
le cose fossero andate diversamente, ma non fece commenti
–Lui, molto
compiaciuto, ha accennato a qualcosa che stava accadendo fra voi e al
fatto che
probabilmente i vostri rapporti sarebbero diventati più,
ehm, intimi con il
tempo… Sai Ginny, io non volevo crederci, insomma tu sei la
mia sorellina, non
avresti mai fatto qualcosa del genere con un Malfoy, vero? Un Malfoy!
Ah ah!-
Ron ridacchiò da solo,
mentre Ginny analizzava meglio le sue
parole, cercando di capire che cosa veramente suo fratello le stesse
dicendo.
-Dopo ha anche affermato, quel
bastardo, che sei una
ragazza, come posso dire, facile e allora non ho più
resistito e l’ho colpito.-
Ginny rivide il flash di lei che
chiedeva, scherzosamente,
mentre analizzava il taglio sulla guancia di Draco:
“-Ma hai fatto a pugni con
un centauro?-
E lui: -No, con tuo fratello-
“
Boccheggiò in carenza di
ossigeno, accorgendosi di aver
trattenuto il fiato e di essersi morsa il labbro, sentendo il sapore
ferruginoso in bocca.
Ma Ronald beato concluse
l’ammonimento, immaginando
situazioni così lontane dalla realtà da far
ridere quasi istericamente Ginny:
-Quindi sorella cara, ti ripeto che devi indossare gonne più
corte ed essere
più riservata, altrimenti tutti penseranno male di te e ti
useranno per
ferirmi. E tu non vuoi che il tuo fratellino si senta in imbarazzo
verso di te,
vero? Bene, sono contento che abbiamo chiarito! Adesso vado e ricorda:
gonne
lunghe!-
Ronald non aveva proprio capito
nulla. Nulla. La risatina
nervosa le uscì lo stesso e la fece tremare. Quanto era
stata patetica!
Finalmente aveva capito tutto: Draco voleva solo portarsela a letto.
Non solo,
la considerava anche una sgualdrina. Era un’altra tacca sulla
scopa? Una
scommessa fatta con gli amici? Tutte quelle dolcezze, la stanza della
Necessità, i baci, erano menzogne.
Menzogne, bugie, frottole.
L’aveva raggirata per bene, ci aveva
dedicato anche del tempo, vedendo che non cedeva subito, che non era
effettivamente “una ragazza facile” come dicevano
in giro. Ginny strinse gli
occhi per non piangere; lei che odiava sentirsi debole e indifesa, che
odiava
sentire il sapore salato delle lacrime in gola, i singhiozzi convulsi.
Ricacciò
indietro le lacrime agli angoli degli occhi con i pugni, mordendo
più forte che
poteva il labbro inferiore per impedirsi di cedere. Pian piano il suo
respiro
si regolarizzò, gli occhi si seccarono e la bocca non
tremò più.
Era stata una lezione esplicativa di
come non bisognava
fidarsi dell’amore. L’amore è subdolo:
prima ti disarma e poi ti attacca.
Ginny sapeva esattamente che era il
suo animo ferito a farle
affermare sentenze così dure, però la prossima
volta ci avrebbe pensato per
bene, prima di innamorarsi di un ragazzo.
....violadelpensiero....vi sta parlando.... pardon, scrivendo....
Wow! Mi piace complicare le cose: sembrava tutto troppo facile, no?
Anche secondo me. Bene, spero che stiate continuando a seguire la
storia nonostante il mio altalenante e discontinuo aggiornamento;
purtroppo devo ritagliarmi degli angoli di tempo per scrivere e sono
veramente pochi. Grazie per essere ancora qui. Mi sento felice.
Un abbraccio,
Viola
|
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Capitolo 14 *** Consapevolezza ***
POV DRACO
Draco si guardò nello
specchio antico nella sua camera,
sistemando il fastidioso colletto di pizzo della camicia.
Più di ogni altra
cosa, odiava indossare gli abiti in stile ottocentesco, nonostante
fosse
comunque impeccabile. Il completo blu di velluto di quella sera gli
calzava a
pennello e faceva risaltare gli occhi grigi, ma ricordava troppo il
mondo
bigotto dei suoi genitori, la loro ostinazione a vivere come una
famiglia
purosangue tradizionalista. Draco sistemò i capelli
all’indietro, appiattendoli
sulla testa con le mani bagnate e indossò l’anello
con il simbolo della casata
dei Malfoy: era un uroboro, un serpente nero che si mordeva la coda,
con dentro
incisa una M d’argento e smeraldi.
Vedere la sua camera gli aveva
provocato un vago senso di
disagio. Sembrava così estranea, quasi asettica, come se
fosse di uno
sconosciuto. Tutti i trofei di Quidditch, i libri di famiglia, i quadri
di avi
arcigni alle pareti gli ricordavano costantemente la sua appartenenza
ai
Malfoy. Erano passate solo poche ore da quando era tornato a casa e
già gli
mancava Hogwarts, la sua camera e soprattutto Ginny. Ricordando come
l’aveva
freddata mentre usciva dalla Sala Grande, sentì un vago
sentimento di rimorso e
desiderò di parlarle.
Draco sentì la campanella
che annunciava la cena risuonare
per la casa, così prese la porta e percorse i lunghi
corridoi. I suoi passi
erano ovattati dalla moquette. Giunse nel grande salone illuminato a
giorno da
numerose candele e vide sua madre in piedi accanto al tavolo in un
ampio abito
color avorio di pizzo sangallo. Al ragazzo sembrò ancora
più piccola e sottile
di quel pomeriggio. Indossava un collare di diamanti e perle intorno al
collo e
degli orecchini con due rubini grandi come nocciole. Appena lo vide,
smise di
torturarsi le mani nervose e lo raggiunse a piccoli passi, salutandolo,
Draco
se ne rese conto con stupore, timorosamente:
-Vieni Draco, sediamoci intanto che
aspettiamo tuo padre.
Non tarderà molto-
-Si, madre- rispose automaticamente.
Scostò la sedia alla
destra di quella a capotavola e aspettò che la madre vi si
posizionasse, quindi
la avvicinò al tavolo e si sedette a sua volta, dal lato
opposto.
-Come va a scuola?-
domandò cautamente Narcissa. Il ragazzo
capì che stava tergiversando: qualunque cosa gli dovesse
dire, era di difficile
formulazione o forse richiedeva troppo coinvolgimento, sentimento che
la madre
non aveva mai avuto nei suoi confronti, da sempre sottomessa
all’autorità del
marito e al suo metodo d’insegnamento, nonostante quello
dovesse consistere nel
crescere un bambino con durezza e rigore, affinchè
diventasse invincibile.
Guardandola in modo diretto Draco esclamò: -Madre, che cosa
mi devi dire? Vai
al punto-
Narcissa sbiancò se
possibile ancora di più e portò una mano
al cuore, come se il figlio le avesse veramente inflitto un dolore
fisico.
Contemporaneamente si sentì una voce irosa urlare da
un’altra stanza il nome della
donna che scattò immediatamente dalla sedia e si diresse
verso la porta.
Girandosi prima di uscire verso Draco, che intravide lacrime
trasparenti agli
angoli degli occhi, mormorò con la voce piena di angoscia:-
Mi dispiace
tantissimo, ti prego credimi-
Draco capì che Narcissa
sapeva della data della sua
iniziazione. Sapeva che suo figlio sarebbe diventato un malfattore, un
assassino e non aveva fatto nulla. Il biondo aveva voglia di urlare,
però
qualsiasi rumore molesto era severamente punito a Malfoy Manor,
così si morse
la mano fino a quando non si stamparono i segni rossi dei denti nella
pelle.
L’aveva tradito, ancora una
volta.
…
Draco quella sera tornò al
Castello dopo al coprifuoco, ma
quando entrò nella sua stanza, cercando di fare meno rumore
possibile, vide
Theodore e Blaise alzati ad aspettarlo. Erano in piedi, gli sguardi
fissi sulla
porta, la postura rigida e preoccupata. Entrambi si rianimarono e gli
corsero
incontro. Inaspettatamente Blaise lo guardò un
po’, quindi lo abbracciò stretto.
Draco si fermò, allibito, quindi sciolse i muscoli e diede
due pacche sulle
spalle all’amico. Con Theodore fece lo stesso. Erano di nuovo
tutti insieme.
Draco si schiarì la voce e
disse: -La nostra iniziazione
avverrà a marzo. E’ improrogabile: entreremo nei
Mangiamorte- Entrambi gli
amici non sembrarono stupiti; sapevano che il momento sarebbe stato
fissato a
breve. Era comunque impossibile non cercare una scappatoia, una via di
fuga
dall’ineluttabilità del destino. Blaise
s’incupì, mentre Theo si fece ancora
più pensieroso, più distante.
Draco aveva bisogno di schiarirsi le
idee. Voleva per un po’
dimenticare tutti gli avvenimenti. Si versò del Fire Whisky
in un bicchiere, ma
l’alcool non gli diede pace, anzi alimentò
ulteriormente i suoi interrogativi.
Sentì il desiderio di non sembrare il forte della
situazione, di farsi
consolare. Non potevano farlo i suoi amici questa volta: erano nella
sua stessa
situazione. La mente corse spontaneamente a Ginevra: doveva vederla e
baciarla;
forse il senso di colpa sarebbe diventato più sopportabile.
Scrisse velocemente
un messaggio in cui le chiedeva di vedersi a mezzanotte e mezza alla
Stanza
delle Necessità e giunto silenziosamente in Gufiera, lo
affidò al suo falco
reale. Quindi s’incamminò verso il settimo piano,
assaporando il piacere del
silenzio, della pace e della notte. Sperò che si svegliasse
al sentir graffiare
il vetro dall’animale e che avesse voglia quanto lui di
vederlo.
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Capitolo 15 *** Tradimento ***
POV GINNY
Ginevra correva, ormai senza fiato,
da cinque minuti nella
Foresta Proibita. Era una notte buia e ventosa, illuminata solo da
qualche
raggio di luna piena che riusciva a penetrare tra le fronde irte di
rami aguzzi.
Sembrava che le ombre degli alberi rinsecchiti si allungassero e si
dilatassero
fino a ghermirla e a strapparle i capelli. I lamenti del vento e gli
ansiti
della ragazza erano solo alcuni dei suoni che pervadevano il bosco.
La rossa inciampò in una
radice che si srotolava dal terreno
e cadde sbattendo malamente sulle mani, graffiandosi le ginocchia e
sporcandosi
di fango e foglie secche. Sentì in bocca il sapore ferroso
del sangue quando si
morse la guancia e anche quello terroso della polvere. Un ringhio e un
grattare
di unghie –artigli, realizzò- risuonò
da dietro la sua testa e la fece
rabbrividire. S’irrigidì, improvvisamente
immobile, cercando di rendere
impercettibile ogni respiro. Per un po’ di tempo non
percepì alcun suono, alcun
movimento ma, proprio quando stava per girare il volto, la Bestia le
saltò
addosso e la azzannò.
Ginny si svegliò madida di
sudore, a terra, raggomitolata
sul tappeto della sua stanza. Si ficcò un pugno in bocca per
non urlare, soffocando
i gemiti. Era accaldata, come se avesse corso e la gola le doleva;
probabilmente aveva urlato nel sonno. Alzandosi rasente al muro,
guardò le
compagne addormentate: Demelza con una mano abbandonata nel vuoto e le
lenzuola
accartocciate ai suoi piedi e Diane coperta fino al naso, abbracciata
al
cuscino. Sentì un singulto salirle in gola, un macigno
opprimerle lo stomaco,
un batuffolo di cotone formarsi nella trachea. Non riusciva a respirare
bene.
Dentro, fuori.
Inspira, espira.
Poi udì di nuovo il
grattare di qualcosa contro il vetro ed
urlò, portandosi le mani alla bocca. Ginevra si
voltò verso la finestra e
intravide l’ombra di un uccello. Si chiese chi mai potesse
volerla contattare a
quell’ora di notte, però
l’aprì comunque, dopo aver trovato un biscotto
stantio
per gufi nel cassetto della scrivania. L’animale era un
maestoso falco dal
piumaggio lucente e aveva un messaggio tra gli artigli; stese una zampa
con
lentezza, guardandola in modo altero e quasi sdegnoso. Ginny cautamente
sfilò
la pergamena dal contenitore e porse il bocconcino al rapace, che non
la guardò
nemmeno e volò via.
La ragazza riconobbe immediatamente
la scrittura un po’
inclinata, alta e oblunga, vergata in inchiostro verde scuro. Draco,
ovviamente. La osservò con malinconia piuttosto che con
rabbia, pensando che
comunque, nonostante tutte le cose che era venuta a sapere, sentiva il
bisogno
di abbracciarlo e di vederlo ancora. Soppesò le ipotesi: era
meglio andare e
permetterle di spezzarle il cuore più di quanto non avesse
già fatto o far
finta di non sapere nulla, cercando di godere il tempo che gli rimaneva
con
lui? Passeggiò nervosamente sul tappetò,
strascicando i piedi.
-Vai- le sussurrò una voce
roca. Diane si era alzata e si
stringeva nella coperta rosa –Subito-
Ginny infilò una felpa di
Fred sopra alla maglia del pigiama
e, afferrando la bacchetta, uscì. Sentiva gli occhi
malinconici di Diane che la
fissavano, ma non si girò. Scese in fretta le scale e
guardò l’orologio sopra
al camino: era tardi; mezzanotte e venti. La sala comune era gelida e
buia,
Ginny rabbrividì, accorgendosi di essere a piedi nudi.
Affondò il naso nella
felpa e iniziò a correre.
I personaggi dei quadri nei corridoi
dormivano, alcuni
silenziosamente e altri no e tutte le luci erano spente,
così Ginny dovette
illuminare la punta della bacchetta per orientarsi: -Lumos-
Sentì un groppo
salirle in gola, un masso di inquietudine, rabbia, rimpianto, nostalgia
chiuderle la trachea e farle ronzare le orecchie.
-Non piangere, non puoi piangere, non
devi piangere. Sei una
Grifondoro e sei coraggiosa- Ginny ripetè questa frase come
un mantra per
convincersi che non stava devastando la sua vita con le sue stesse
azioni. Andare
da Draco e vederlo l’avrebbe lacerata, lo sapeva. Ma
l’avrebbe anche aiutata a
chiudere questa storia e a ricominciare. O no?
Scoccò mezzanotte e
quarantacinque da un importante orologio
appeso al muro quando Ginny entrò nella Stanza delle
Necessità, camminando
avanti e indietro tre volte davanti al muro del Settimo Piano.
Draco era in piedi davanti al camino,
lo sguardo corrucciato
e la postura rigida. La rossa capì che era preoccupato se
sarebbe venuta o no.
Si schiarì la gola per segnalare la sua presenza e quando
Draco si voltò, quasi
si mise a piangere per il sollievo che vide nel suo viso e per il
rimpianto.
Come poteva essere ancora innamorata di una persona che
l’aveva fatto soffrire
così tanto? Draco le corse quasi incontro e
spalancò le braccia per
accoglierla; sembrava stanchissimo, quasi prostrato, ma felice solo per
il
fatto di vederla. Ginny non riusciva capire come facesse a fingere
così bene,
nonostante tutto. D’altra parte era una Serpe; era abituato a
mentire, a essere
meschino, a giocare con i sentimenti altrui.
Si sentiva sempre più
stupida. E arrabbiata.
Lo respinse rudemente con una mano,
incrociando le braccia
davanti al petto e notando lo sguardo ferito negli occhi adamantini.
Sì, era
bravo a fingere, ma lo era anche lei. Assunse l’aria
più distaccata e fredda
che riusciva a interpretare e disse:
-Che cosa vuoi, Malfoy?- Le sue
parole bloccarono Draco sul
posto, rendendolo cauto e rigido come un animale braccato.
-Ginevra… Che cosa
c’è?! Se sei arrabbiata perché ti ho
fermata quando sono uscito dalla Sala Grande stamattina, fidati,
c’era un suo perché.
Non mi sembra l’atteggiamento adatto da tenere- la sua voce
era infastidita, ma
comunque conciliante.
Ginny strinse gli occhi in due
fessure e avanzò verso di lui
con passo ferino:
-Stamattina ho parlato con Ronald
quando te ne sei andato-
cominciò noncurante – e sai che cosa mi ha detto?-
Come se ricordasse tutto
all’improvviso, come se non sapesse
esattamente che cosa Ginny gli stava dicendo, la sua espressione
assunse
un’aria allarmata da non-è-come-credi che la fece
infuriare ancora di più.
Il suo tono salì mentre
continuava impietosa: -Mi ha
raccontato di quel pomeriggio in cui vi siete picchiati, con la
differenza che
lui mi ha informata di un particolare in più-
-Ginny, davvero, io…- per
la prima volta vedeva Draco
supplicarla. Vedeva il volto contratto, paonazzo, le mani strette a
pugno e le
sopracciglia aggrottate. Il suo ragazzo Slytherin, il suo bellissimo
ragazzo
tormentato, che però non conosceva amore, solo
falsità.
- Smettila di metterti sempre in
mezzo! La questione non sei
tu! Il problema adesso sono IO! Che cosa pensavi di fare, eh? Di dire:
“Guarda
un po’, le mie sgualdrine Serpeverdi non mi bastano, proviamo
la Weasley, è
esotica!”. Tanto tutta la scuola dice che è una
zoccola, che è una facile: ci
starà sicuramente con me, sono Draco Malfoy- Ginevra si
accorse di sembrare
isterica, derisoria, quasi pazza, ma non riusciva a fermarsi,
soprattutto
vedendo un lampo di riconoscimento degli occhi del ragazzo.
-Pensavi che te l’avrei
data subito? Invece, guarda un po’,
non è stato così! Che cosa ti ha spinto allora a
continuare a provarci, vedendo
che non ero “facile” quanto credevi, che non aprivo
le gambe quando mi
baciavi?-
Draco riuscì a
interromperla solo quando si fermò per un
singhiozzo: -Ginny, non è andata così!
E’ vero, ho incontrato tuo fratello che
mi ha infastidito e per ferirlo gli ho detto cose di cui mi
vergognerò sempre,
ma non volevo! E’ stato l’unico modo che avevo per
attaccarlo. Ho sbagliato,
Ginevra. Perdonami. Ti prego- Era quasi in ginocchio davanti a lei,
però ormai
la ragazza era diventata insensibile quanto un manichino.
-Quindi non hai ancora gettato la
spugna, vedo. Pensi ancora
che tutto potrà ritornare come prima. Stammi lontano,
Malfoy, o te ne pentirai.
E non farti più vedere-
Draco la rincorse, urlando adesso
iroso: -No, Ginny,
lasciami spiegare, non puoi fare così! Aspetta-
Ginny camminò verso la
porta, calpestando i frantumi del suo
cuore, pungenti come schegge di vetro. Singhiozzava silenziosamente,
svuotata,
annichilita. Non sentiva più niente. Non sentì
più niente nemmeno quando Draco
le afferrò un braccio, la voltò e premette
violentemente le labbra sulle sue.
Rimase immobile, mentre il ragazzo cercava di aprirle la bocca e di
farle
ricambiare il bacio disperatamente. Draco mormorò il suo
nome sulle sue labbra
e Ginny sentì il sapore salato delle lacrime, ma non
distinse se fossero le
sue, copiose, o quelle di Draco.
Si divincolò ed
uscì senza nemmeno voltarsi indietro.
Scusatemi per il mio ritardo
ingiustificabile! Si, si avete
ragione, non è socialmente accettabile lasciar aspettare
delle signorine
perbene per settimane una fanfiction che non prosegue…
Comunque eccomi qui e un
grazie infinito a tutti quelli che ancora mi seguono e mi recensiscono!
Le cose si fanno difficili, eh? Spero
che questo capitolo vi
piaccia perché ci ho lasciato il cuore anche io.
Un bacio,
Viola
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Capitolo 16 *** Stasi ***
POV DRACO
Rimasto solo Draco urlò di
frustrazione, ma decise di non
seguire Ginny. Si sentì male al pensiero di che cosa aveva
fatto: l’aveva quasi
costretta a baciarlo, forzandola. Si odiò.
Però in quel momento era
anche arrabbiato con lei; non gli
aveva permesso né di spiegarsi, né di difendersi.
Non sapeva come erano andate
veramente le cose e non aveva il diritto di reagire così.
Draco camminò
nervosamente per la stanza, passandosi le mani tra i capelli
già spettinati e
cercando di respirare profondamente per calmarsi. Si
avvicinò alle cornici
allineate sopra al camino e con una forte manata le buttò
tutte giù. Vide il
vetro infrangersi in mille schegge trasparenti e l’argento e
il legno
accartocciarsi sul pavimento; sparpagliò i pezzi con i
piedi, sentendo uno
scricchiolio fastidioso. Prese anche i libri dalla biblioteca,
afferrandoli uno
per uno e lanciandoli contro la parete: il tonfo sordo del colpo e
l’indolenzimento dei muscoli lo appagarono, quietando un
po’ la rabbia. I
cuscini furono sventrati fino a quando candide piume non ricoprirono
ogni
superficie e le coperte alla fine del trattamento erano solo un mucchio
di
stracci sbrindellati sul pavimento. Alla fine un luccichio tra le
coperte
attirò l’attenzione di Draco. Il ragazzo si
chinò accanto al letto e frugò tra
i rimasugli di stoffa, scoprendo un medaglione d’oro
finemente decorato con
delle iniziali incise: “G.W.”
Tutta la rabbia che aveva in corpo si
dissolse magicamente
alla vista del gioiello e si trasformò in tristezza. Strinse
il medaglione
saldamente tra le mani, osservandolo più da vicino: vi era
in rilievo
l’immagine di una fata che danzava sulla superficie di un
lago e la scritta “Gwenhwyfar”.
Gli si strinse il cuore dal rimorso. Rimasto solo nella notte, decise
che
avrebbe fatto di tutto per conquistarsi di nuovo la sua fiducia.
…
Draco
non riuscì a dormire quella notte, com’era
prevedibile.
La mattina dopo, verso le sei, uscì dalla stanza prima che i
suoi compagni si
svegliassero, non volendo dover rispondere a domande premurose si, ma
insistenti su come si sentiva. Sapevano benissimo tutti e tre che
diventare
Mangiamorte, assassini, malfattori era l’ultima cosa che
avrebbero voluto fare.
Ne erano convinti da quando era stato imposto loro il Marchio del Male.
Era
vero che affermavano la superiorità delle famiglie pure dei
maghi il cui sangue
si tramandava da secoli, ma arrivare a uccidere ogni mezzosangue,
magonò o
babbani era una follia. Però nessuno di loro, mai, aveva
osato esporre questa
decisione ai rispettivi genitori: le antiche conseguenze
d’insubordinazione e
di atti di ribellione erano incise sulla pelle con cicatrici slavate,
ematomi
mai riassorbiti o segni rossi. Non erano però state le
violenze e le percosse a
rendere i rampolli delle più prestigiose famiglie Purosangue
Slytherin
ubbidienti e remissivi; fin da piccoli infatti i rigidi metodi
educativi e le
regole inculcate a forza erano bastati per la completa assimilazione.
Draco non
voleva essere così, insensibile, violento: voleva essere un
ragazzo come tanti
altri. Per un attimo desiderò non appartenere alla casata
dei Malfoy, da sempre
motivo di grande vanto e onore.
I
suoi pensieri ronzavano nella mente come uno sciame di
vespe impazzite, non gli davano tregua, anzi si ripresentavano proprio
quelli
che voleva evitare a tutti i costi: il pensiero di mettere la parola
“fine” tra
lui e Ginny, quello di essere richiamato a casa senza salutarla, quello
di non
poterla baciare mai più. Era insopportabile! Doveva parlarle
immediatamente. Decise
che avrebbe aspettato fuori dal suo dormitorio.
-Non
me ne frega niente se mi vede qualcuno! Tanto che cosa è
importante più del tempo che mi rimane con lei?- pensava
passandosi le mani fra
i capelli e spettinandoli. Allacciò le dita intorno al
medaglione di Ginevra
che portava in tasca. Era lucido, liscio e piacevolmente caldo. Non
aveva tanta
voglia di restituirglielo perché probabilmente lo avrebbe
preso senza dirgli
una parola. L’avrebbe guardato da sotto le ciglia ramate,
mordendosi il labbro
indecisa, con quei suoi occhioni verdi e poi si sarebbe voltata,
ringraziandolo
con un cenno. Arrivò davanti al quadro della Signora Grassa
che lo guardava
sospettosa e si appoggiò ad una colonna, aspettando
impaziente la ragazza.
Tamburellò con il piede sul pavimento e si mise a fissare il
cielo per capire se
le sfumature fossero più tendenti al madreperlaceo o al
ceruleo. Doveva pur
passare il tempo, no? Alla fine i primi studenti iniziarono ad uscire,
guardandolo chi allucinato, chi come se non credesse ai loro occhi, chi
abbastanza indifferente. Draco mantenne un’espressione
neutra, ma non ostile.
Le lancette dell’orologio scorrevano inesorabili mentre il
suo nervosismo
aumentava. E se qualcuno l’aveva avvertita della sua
presenza? E se non voleva
più uscire? Mancavano pochi minuti al suono della campanella
che annunciava
l’inizio delle lezioni quando Ginevra, la sua fata del lago,
varcò distratta la
porta del dormitorio con la cravatta allentata, i libri che le
sfuggivano dalle
mani e il mantello strisciante per terra. Il ragazzo non
poté impedirsi di
sorridere; quella era la sua ragazza:
disordinata, ritardataria, pensatrice, occupata.
Draco
adorava farla ridere e spianarle l’espressione spesso
corrucciata. Adorava vedere i suoi occhi che brillavano quando la
baciava.
Arricciare un boccolo ramato intorno al dito per creare una spirale
perfetta,
cercare di contarle le lentiggini color caffelatte sul naso, baciare la
pelle
morbida tra le dita. Le corse incontro con il cuore in gola e le
afferrò un
braccio. Una spiacevole sensazione di deja-vù lo
riportò alla notte precedente
e probabilmente fu così anche per Ginny poiché il
suo viso si accigliò.
La
rossa non scappò, tuttavia scivolò via dalla sua
presa e
lo guardò stancamente: -Draco, che cosa vuoi?-
-Mi
manchi- Draco deglutì, sentendo la gola chiusa e sapore
di polvere in bocca. Per tutta risposta Ginny emise un risolino
strozzato e
fece per andarsene. Non osò afferrarla ancora.
-Ginevra,
non andare. Io… voglio parlarti! Non hai capito-
-Oh,
io ho capito benissimo ed ora, scusami, ma sono di
fretta- si girò un’ultima volta, addolcendo il tono –Vai
in classe, Draco. Lasciami un po’ di
tempo. Devo pensare, okay?-
-Okay-
il suo sussurro fu udito solo dalla Signora Grassa.
…
Le
giornate da lì in poi furono interminabili. Ormai mancava
poco all’inizio delle vacanze di Natale e Ginny non sembrava
per niente
intenzionata a collaborare. I professori assegnavano montagne di
compiti e
centimetri di pergamena da compilare, ma Draco si limitava a fare il
minimo
necessario. Suo padre l’avrebbe picchiato per la bassezza dei
voti, che erano
comunque dignitosi. Si stupì della laconicità con
cui analizzò l’inevitabile.
Suo padre l’avrebbe picchiato: la normalità per
lui, no? Arrivò una lettera in
cui la sua famiglia esprimeva il desiderio di saperlo a casa per le
feste, come
se gli fosse permesso avere una qualche remota possibilità
di scelta. Lo
consolò il pensiero che Blaise sarebbe stato con lui; il
cugino Purosangue era
ben accetto nella famiglia Malfoy. Anche Theodore li avrebbe raggiunti
in
seguito. Tutti i loro genitori erano imparentati, anche se alla
lontana, e si
conoscevano dall’infanzia. Condividevano gli stessi ideali e
appartenevano ai
Mangiamorte del Signore Oscuro.
–Completamente
legati- pensò con un moto di stizza, lanciando
un bicchiere sul tappeto della sua camera.
Il
giorno della partenza fu frenetico, chiassoso e allegro.
Tutto il contrario dei sentimenti che scuotevano l’animo di
Draco: a lui
sembrava un giorno di lutto. Comunque non era il solo tra gli Slytherin
ad avere
la faccia scura e la fronte aggrottata; diversi ragazzi appena arrivati
a casa
avrebbero dovuto sottostare per due lunghissime settimane alle regole
della
società Purosangue che prevedeva abiti scomodi e pesanti,
trattative di
matrimonio, dote per le ragazze e iniziazioni, marchi, incontri formali
per i
ragazzi. Draco preparò la valigia con il minimo
indispensabile e si sedette sul
letto fissando il vuoto. I suoi amici avevano notato la sua
irritabilità e
scontrosità, perciò lo avevano lasciato stare per
un po’. Più loro lo avessero
pressato, più lui si sarebbe allontanato.
Blaise
lo scosse leggermente: -Draco, dobbiamo andare. I tuoi
ci aspettano- Il biondo annuì, ma sembrava restio ad
andarsene; passava le dita
distrattamente su un medaglione dorato che aveva in mano. Blaise era
terribilmente curioso di sapere chi glielo avesse donato,
perché lo possedesse
o a chi appartenesse, però Draco non se ne separava mai,
nemmeno per dormire. Si
era però fatto un’idea che riguardava una certa
Gryffindor… Mentre uscivano dal
castello per raggiungere la carrozza privata, Draco si voltò
un’ultima volta,
sperando di vedere la sua ragazza dai riccioli rossi corrergli
incontro. Sperò
invano: nessuno uscì dal portone di legno massiccio.
Salì
sulla carrozza e si mise a guardare il cielo. Era senza
dubbio grigio perla.
POV
GINNY
Non
trovava il medaglione da nessuna parte. Aveva interrogato
minuziosamente Arnold che le aveva fatto capire sia di non esserselo
mangiato
sia di non averlo nascosto per gioco, nemmeno nella scatola dei
biscotti. Diane
l’aveva aiutata a cercarlo mettendo a posto i suoi vestiti e
riordinando il suo
baule, ma la stanza era a posto. L’amica bionda non le aveva
nemmeno rivolto
una smorfia da
te-l’-avevo-detto-che-tutto-questo-disordine-ti-avrebbe-portato-guai
e di questo Ginny le fu molto grata. Demelza invece rincarò
la dose
indelicatamente, però scrollandola da quella specie di
torpore, di sogno in cui
viveva dopo il litigio con Draco. Aveva saputo da lei che era infatti
partito
quella mattina, in carrozza con Blaise verso Malfoy Manor. Ne fu
sollevata: era
a conoscenza della violenza e dell’autorità del
signor Malfoy; probabilmente
non avrebbe dato troppo in escandescenze se fosse stato presente anche
il
cugino. Lei e i suoi fratelli dovevano partire quella sera stessa
quindi c’era
poco tempo per trovare il medaglione. Era un antico gioiello di
famiglia in oro
brunito che apparteneva a una sua prozia, dalla quale aveva ereditato
il nome
e, a quanto si diceva alle cene parentali, il carattere fumantino. Le
dispiaceva moltissimo perderlo e inoltre non riusciva a immaginare le
sfuriate
di sua madre se lo fosse venuto a sapere. Decise di andare a guardare
nella
Stanza delle Necessità. Sarebbe stato doloroso
probabilmente, ma inevitabile
prima o poi.
La
Stanza era arredata esattamente come ricordava, però a
pezzi. Completamente distrutta. Ginny osservò sconcertata le
cornici d’argento
accartocciate sul pavimento, i vetri e le piume disseminate per la
stanza, i
divani sventrati, le lenzuola stracciate. Aveva fatto Draco tutto
ciò? E perché
mai? Era lei l’arrabbiata! O no? Iniziarono a venirle dei
dubbi e il rimorso di
non averlo fatto parlare né quella famosa notte
né il giorno dopo, quando
l’aveva cercata davanti al dormitorio. Frugò
dappertutto tra le macerie e le
rovine del luogo che così tante volte li aveva protetti
dagli sguardi indiscreti
e dai commenti malevoli. La gente non avrebbe capito. C’era
in suo profumo
nella stanza, inconfondibile. All’improvviso, come un fulmine
a ciel sereno, si
rese conto che le mancava tutto quello che c’era prima e che
non credeva che
Draco stesse fingendo quando l’accarezzava, quando la baciava
dolcemente.
Troppo da realizzare in una volta sola: scivolò contro la
testata del letto
fino a terra, tirando giù con se le lenzuola e si
raggomitolò immobile sul
pavimento, mentre i vetri le tagliavano la pelle ed enormi lacrime
silenziose
le colavano lungo le guance, mescolandosi ai capelli.
Desiderò una dolce
apatia, un luogo dove le passioni umane –troppo complicate,
troppo faticose- non
riuscissero a raggiungerla e a tormentarla. Un luogo in cui potesse
stare con
Draco e basta.
Quando
si alzò dal pavimento era già sera. I tagli
avevano
smesso di sanguinare, ma la pelle era gonfia e tumefatta. Non vi fece
nemmeno
caso. La sua attenzione fu infatti attirata da una palla di tessuto
nero posata
sulla poltrona. Ginny si avvicinò e la svolse, facendo
cadere dei frammenti di
vetro: era un morbido maglione di cashmere dai bordi verdi che
probabilmente il
suo ragazzo aveva dimenticato una delle tante volte che si erano
rifugiati
nella stanza. L’annusò profondamente, inspirando
l’odore di pulito e di colonia
e sentendo le lacrime pungerle di nuovo gli occhi. Strinse forte le
palpebre
per resistere e lo indossò; le stava enorme: sembrava che
fosse Draco ad
abbracciarla e non la morbida lana.
…
La
Tana era il posto più accogliente –e soffocante-
che
potesse immaginare, vi era cresciuta a stretto contatto con i suoi
fratelli
condividendo ogni cosa con loro. Era la piccola di casa,
l’unica femmina su
un’orda di maschi e la preferita di tutti. Le piaceva essere
coccolata, anche
se ogni tanto avrebbe preferito che la considerassero più
adulta e
responsabile, non sempre l’indifesa da proteggere. Ginny
varcò il giardino
preceduta da Ron, con i gemelli su entrambi i lati, insolitamente
silenziosa e
non partecipativa agli scherzi come al solito; adorava i suoi fratelli,
però
era difficile che la capissero veramente. Il terreno e l’erba
intorno alla casa
erano ghiacciati e luccicanti, da essi spuntavano timidi ciuffi di
ciclamini
rosati e rigogliosi pungitopo dalle bacche rosse, rifugio dei famosi
nani da
giardino. Il capanno degli esperimenti di suo padre era decorato con
graziose
lucine babbane colorate e il portico non si riconosceva dalle ghirlande
che vi
erano appese. Era tutto così familiare che a Ginny vennero
le lacrime agli
occhi.
-Sei
una piagnona- si commiserò cercando di non singhiozzare.
Nascose il volto tra i capelli e afferrò la valigia. Stava
per incamminarsi
dentro casa quando fu sollevata in braccio da Charlie; emise un urletto
spaventato, poi, riconosciutolo, lo abbracciò forte
seppellendosi nella sua
camicia. Non lo vedeva da tantissimo tempo per via del suo impego in
Romania. Era
uguale a come se lo ricordava: solido, forte e rassicurante. Portava
ancora i
capelli lunghi e il bracciale di cuoio intrecciato con il pendente di
drago che
le aveva regalato.
-Gin,
ma guardati, come sei cresciuta! La mia sorellina- La
rossa cercò di nascondere il volto ma il fratello le prese
il mento tra le mani
e lo alzò verso i suoi occhi, notando gli scintillii di
lacrime:
-Che
cosa è successo?- domandò in tono serio.
-Niente
Charlie, davvero. Sono molto felice di essere a casa.
Andiamo dentro dai- rispose con un sorriso debole. Il fratello la
fissò
indagatore, poi le prese la valigia di mano e la accompagnò
dentro, però a
Ginny sembrava ancora turbato.
Si
rimproverò aspramente: -Guarda che cosa combini! Ci manca
solo che Charlie inizi a insospettirsi…- Appena la vide, sua
madre si commosse
e continuò ad esclamare –Ma come è
bella la mia bambina!- per un’ora, mentre
suo padre la baciava sulla testa e le sorrideva, cercando allo stesso
tempo di
consolare Molly, sepolta in un fazzoletto umido. Bill sarebbe arrivato
il
giorno dopo, il suo lavoro –cercatore di tesori per la banca
dei Maghi, la
Gringott- lo teneva molto occupato. Percy la salutò
sfregandogli le nocche
delle dita sui capelli e prendendola in giro per i suoi voti. Era il
genio di
casa, studente brillante e a volte abbastanza pedante, però
voleva molto bene a
Ginny. Stava per piangere di nuovo, perché non si era resa
conto fino in fondo
di quanto le mancasse la sua famiglia e di quanto fosse fortunata ad
averne
una, seppur rumorosa e ficcanaso. Quando riuscì a liberarsi
dagli abbracci e
dalle domande pressanti urlò: -Vado in camera mia, sistemo
il baule- e salì le
scale, fermandosi al primo pianerottolo. Entrando la ragazza
inspirò l’odore di
chiuso e di lavanda; sua mamma le metteva sempre mazzolini di erbe
aromatiche
nei cassetti. La sua stanza era esattamente come se la ricordava, o
quasi.
Diciamo leggermente più ordinata. La finestra sul giardino
illuminato dalla
luna con il graticcio di rose che si arrampicava per il muro, i poster
di
Quidditch alle pareti, la scrivania zeppa di libri babbani e la cosa
che
adorava di più, la botola che attraverso una scala portava a
un piccolo spazio
di tetto. Da piccola adorava dormire lì l’estate,
osservare le lucciole vagare
per i campi e ritagliarsi un angolino di pace. La rossa si tolse la
giacca e la
poggiò sullo schienale di una sedia. Indossava ancora il
maglione di Draco;
anche se la intralciava un po’ nei movimenti, salì
agilmente la scaletta della
botola e si espose al vento della sera che le sferzava le guance. Da
lì poteva
percepire tutto quello che succedeva in casa: sentiva i gemelli
parlottare a
proposito di un nuovo scherzo, la madre cantare Celestina Warbeck
–Questooo
nostro ammmmore è una magiaaa! Ci siamo sceltiii come una
bacchetta sceglieeee
in suo magoooo!- mentre cucinava e suo padre che discuteva di politica
con i
suoi fratelli.
-Ginny,
vieni c’è la cena- un delizioso profumino di
arrosto
al rosmarino e torta di zucca giunse fino a lei.
Oh
sì, finalmente a casa.
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Capitolo 17 *** Rivelazioni ***
POV
DRACO
Malfoy
Manor era immersa nella bruma serale; la nebbia
filtrava tra gli imponenti cedri millenari e aleggiava in bianche spire
sui
famosi roseti scarlatti della signora Malfoy. Il giardino e i cespugli
potati a
forme erano rischiarati dalla luna, piena, enorme, luminosa; la fontana
di
marmo bianco scintillava di acqua trasparente e tintinnava per il
rumore di
qualche carpa produceva salendo in superficie. La carrozza
trotterellò
silenziosa lungo il vialetto, sollevando nuvolette di polvere al suo
passaggio.
Una tenda di broccato verde si scostò leggermente per
osservare la casa:
c’erano due sole stanze illuminate, l’ufficio del
signor Malfoy e il salone. Draco
dentro alla carrozza dondolante sospirò, stiracchiandosi le
mani sopra la testa
e sgranchendosi il collo per le ore di viaggio; era stato piacevole
attraversare la brughiera inglese tinta di blu e viola dalle malve e
dal bianco
dell’erica, ma l’arrivo imminente lo stava mettendo
di nuovo di cattivo umore.
Scosse leggermente la spalla di Blaise, addormentato al suo fianco con
un filo
di saliva che colava dall’angolo della bocca e
desiderò di avere uno di quegli
aggeggi babbani per fare le foto e sfotterlo a vita. Peccato. Il cugino
si
svegliò e si allungò come un gatto, stendendo per
quanto possibile le lunghe
gambe sotto i sedili. Aveva l’impronta
dell’imbottitura stampata sul viso e
tutti i capelli spettinati.
-Sistemati,
Blase. Sai quanto i miei odiano il disordine-
disse Draco mettendosi a posto la cravatta e il colletto perfettamente
piegati.
-Non
capisco come faccia tu ad essere sempre così
impeccabile…- rispose l’altro con uno sbadiglio,
passandosi le mani fra i ricci
con l’unico risultato di spettinarli ancora di più.
-Ah
ah-
Blaise
borbottò raccogliendo la giacca dal sedile davanti e
sbirciando dalla tendina: -Mr Simpatia ogni volta che si torna a casa,
eh?-
Draco si irrigidì vistosamente, tanto che il moro gli
posò una mano sulla
spalla e lo rassicurò: -Va tutto bene, okay? Conosco gli
zii, so come
trattarli. E anche come allacciarmi una cravatta, si…-
concluse gettandogli
un’occhiataccia infastidita –Adesso andiamo- Scese
dalla carrozza mentre era
ancora in movimento; Draco lo seguì divertito e rassicurato.
Aveva dei motivi
per temere i suoi genitori: sarebbe stato a stretto contatto per due
settimane
con suo padre che gli aveva insegnato la Legilimanzia
e con quel pensiero fisso in testa, anzi due,
ossia la sua Ginevra e la sua Iniziazione. Scosse la testa per liberare
la
mente e andò dietro al cugino all’ingresso. Era
passato davvero poco tempo
dall’ultima volta in cui era dovuto tornare a casa, circa una
settimana, però
la sensazione spiacevole e di disagio non si era ancora attenuata. Ogni
volta era
più stressante della prima; non riusciva a pensare a Malfoy
Manor come luogo di
serenità. I suoi genitori li aspettavano in piedi
nell’androne illuminato dalle
trecento candele del candelabro di cristallo –come
dimenticare che non
avevano nemmeno l’elettricità?- pensò
il
ragazzo trattenendosi dall’alzare gli occhi al cielo. Sua
madre appariva ancora
più pallida e trasparente sotto la luce fioca e scompariva
nel pesante vestito di
damascato blu; sembrava stremata. Sentiva bruciare marchiato a fuoco il
tradimento materno –lei sapeva della sua Iniziazione, del suo
futuro di
assassino e non aveva fatto nulla- ma era impossibile per lui non
preoccuparsi
vedendola. Dopotutto era la donna che lo aveva generato, quella che gli
aveva
permesso di nascondersi nel suo armadio dei cappelli per sfuggire al
padre dopo
qualche bicchiere di troppo, che lo aveva medicato quando era finito
lungo
disteso nel suo roseto. Decise che gli avrebbe parlato al
più presto per
sincerarsi sulla sua salute. Suo padre invece era… come al
solito: sprezzante,
probabilmente ubriaco e stizzoso.
Blaise
si recò per primo da Narcissa, baciandole prima la
mano con deferenza e poi entrambe le guance diafane: -Zia, buonasera.
E’ un
piacere vederti. Come stai? Ti vedo incantevole come sempre, ma
più stanca- La
donna scosse la testa con foga, facendo sbattere contro il viso i
pesanti
orecchini di zaffiri e perle e stringendogli il braccio con affetto:
-Grazie,
Blase, però ti sbagli: sto benissimo. E’ un
piacere per me averti a casa
nostra. Spero passerai delle buone vacanze. Adesso saluta Lucius-
Il
cugino scambiò una stretta di mano con il signor Malfoy,
iniziando una cortese e fredda conversazione mentre Narcissa, lanciando
occhiate preoccupate al marito, si avvicinava a Draco.
Allargò le braccia come
offerta di pace e mormorò, tremante e insicura: -Bentornato
a casa, figlio mio.
Io…- gli occhi grigi iniziarono a riempirsi di lacrime e
solo allora il ragazzo
si accorse degli ematomi violacei che spuntavano dal colletto,
abilmente celati
dal pizzo del vestito. Indicò con un cenno a Blaise di
dirigersi in sala da
pranzo e soprattutto di portare con sé Lucius. Quello con la
scusa di servirsi
un altro bicchiere di scotch –sempre buona quando si trattava
dello zio- lo
condusse nei meandri della sua seconda casa, sillabando verso il
ragazzo biondo
in silenzio: -Fai in fretta-.
Draco
prese entrambe le mani della donna ormai in lacrime e
le portò alla bocca, baciandole delicatamente e mormorando:
-Madre, che cosa ti
fa? Sei trasparente- Narcissa cercò di detergersi gli occhi,
di chinare il viso
per nascondere a suo figlio quella debolezza, mentre Draco la
abbracciava
cautamente, inspirando quel suo profumo di rosa e lavanda che aveva
ormai
dimenticato. Le sembrava un uccellino. Un contatto così
intimo, così personale
con suo madre dopo tanto tempo lo sconvolse e lo emozionò.
Non aveva mai pensato
a lei come una donna forte, abnegante, protettiva, però come
si potevano
spiegare quei lividi se non come la prova che stava difendendo
qualcosa?
-Cosa
sta succedendo?- domandò di nuovo, con urgenza nella
voce.
-Draco,
la tua Iniziazione è stata spostata a maggio
perché
prima tuo padre…- Narcissa si interruppe, lo sguardo
addolorato, le guance
arrossate dalla vergogna –Perché prima tuo padre
vuole farti sposare. Lei… Lei
si chiama Evangeline Catharina Blanchard ed è figlia di un
grande amico di Lucius.
Frequenta la scuola magica francese di Beuxbatons. La conoscerai a
Natale –
Finito di parlare, appariva così stremata che Draco non
riuscì a dirle niente.
Aveva un uragano di pensieri in mente, un cataclisma che spazzava via
ogni
cosa. Respirò più velocemente, realizzando prima
piano piano, poi tutto d’un
colpo che cosa volevano veramente dire le parole di sua madre.
Matrimonio,
Iniziazione, nozze, anelli, contratto, ragazza,
Natale.
Ginevra,
Ginevra, Ginevra.
Come
poteva sposare un’altra ragazza se credeva di amare la
sua Ginny?
Un
attimo. Ginevra non gli parlava più. Si era completamente
disinteressata di lui e aveva buttato all’aria quel debole
“qualcosa” che si
era formato tra loro, l’inizio di un rapporto speciale. Gli
sembrava un
affronto definire i suoi sentimenti come qualcosa di informe e
affrettato
perché lui sapeva
benissimo che cosa
provava nei confronti della ragazza; però, si rese conto, il
problema non era
lui: il problema era che non sapeva che cosa invece sentisse Ginny.
L’unica
cosa che lo spaventava adesso, a parte l’essere rifiutato,
era non riuscire a
riconoscere l’amore, poiché non avendolo mai
ricevuto non capiva bene come
funzionasse. Si ama una persona quando non si vorrebbe più
lasciarla andare,
nemmeno per permetterle di prendere un bicchiere d’acqua?
Oppure è qualcosa di
più profondo, di più intuitivo?
Per
adesso, sapeva solo che gli mancava, tanto, la sua
dolcissima fata del lago.
…
I
Malfoy cenarono in fretta data l’ora e subito si
congedarono. Draco salì le scale che portavano alla sua
camera comunicante con
quella del cugino. Era singolare come negli anni fossero riusciti a
trasformare
le stanze: un parete scorrevole adesso le divideva, anche se di solito
la
tenevano aperta, dietro la libreria girevole c’era uno stereo
con cd musica
house e videogiochi che Blaise adorava e una scorta di liquori per
passare il
tempo. Però quella sera, invece di buttarsi sul letto come
suo solito per fare
una partita alla play station, Blaise tirò fuori una
bottiglia di rhum
invecchiato e ne buttò giù un bel sorso, quindi
lo passò al cugino. Draco lo
guardò con un sopracciglio inarcato, ma non
rifiutò la bottiglia: -Allora? Non
credevo che sopportare la mia presenza richiedesse tanto coraggio
alcolico-
Pulendosi
la bocca con la manica l’altro rispose schietto
come sempre: -In realtà sento che mi devi dire qualcosa di
importante e di
terribile, perciò meglio avere le idee confuse che pensarci
a mente lucida, non
credi?-
-Abbastanza
convincente, sì- il ragazzo prese un lungo sorso
del liquore che gli bruciò subito la gola e gli
riscaldò le vene. Sospirò,
gettandosi sulla poltrona accanto a Blaise e guardò il
fuoco. Si passarono la
bottiglia in silenzio, fino a quando non fu mezza vuota.
-Certo
che ubriacarsi con un…- biascicò il moro leggendo
sull’etichetta
della bottiglia pregiata -…“Arecha Ron Anejo
Reserva 1998” è un lusso per
pochi. Lo zio si mangerebbe le mani! Adesso dimmi quello che mi dovevi
dire.
Perché mi dovevi dire qualcosa, vero?-
Draco
scosse la
testa per snebbiare la vista e diradare la sensazione di pesantezza
dovuta
all’alcool.
Blaise
continuò
perplesso: -Come no? Avevo proprio capito di sì…
Beh, allora posso continuare a
bere un gocc...-
-Aspetta
Blase, te
la devo dire una cosa- lo interruppe l’altro.
Il
farfuglio
dell’amico sfumò in un sussurro: -Ma allora parla!
Che cosa aspetti, io… Boh,
non ho capito-
Il biondo
cominciò,
intervallando il discorso con lunghe pause e sospiri ubriachi:
-E’ stata spostata
l’Iniziazione, a maggio. Perché…
Perché? Ah sì, perché mi devo sposare.
Con una
ragazza francese, figlia di un amico di Lucius che ha, ha frequentato
Bebatons,
dai… La scuola magica delle gnoccone bionde, ricordi? Quella
del Tremaghi, sì.
Solo che come farò a sposare lei, se amo Ginny? Come faccio,
Blase, eh?-
Blaise
alzò la
testa in un momento di lucidità, come riscosso dalle parole
del ragazzo: -Hai
appena detto che ami Ginevra Weasley?-
-Sì-
la parola uscì
con serietà.
-E come
fai
saperlo, scusa?-
Draco
posò la mano
sopra il cuore, con lentezza e pronunciò, prima di
addormentarsi: -Lo sento
qui-
Il giorno
di Natale
iniziò in sordina e con una sbornia con i fiocchi. Draco si
stiracchiò
lentamente sulla poltroncina mentre la testa girava come una trottola
impazzita
e le membra gravavano pesanti. Di solito gli piacevano lo stato di
semincoscienza, di rilassamento dovuto all’alcool e
l’assenza di pensieri della
mattina dopo, ma questa volta un feroce mal di testa gli fece
rimpiangere di
aver bevuto mezza bottiglia di rhum in una quindicina di minuti.
Sentiva come
la sensazione di aver passato un’informazione di grande
importanza, di essersi
liberato di un peso, di aver reso qualcuno partecipe di una
rivelazione. Draco
si alzò cautamente e scosse con una mano il cugino,
profondamente addormentato
sul tappeto.
-Odio il
post
sbornia…- gemette lamentoso Blaise cercando di alzarsi dal
pavimento, ma
ricadendo di colpo su se stesso.
-Vestiti,
Blaise.
Ah, buon Natale, cugino- disse Draco, dirigendosi nell’altra
camera per
vestirsi.
La voce
del moro
arrivò attutita, ma palesemente divertita: -Sempre felice la
mattina, tu?-
-Oh
sì- rispose
nascondendo un sorriso. Indossò un ricco completo ricamato
alla moda dei maghi
del secolo precedente, in piena regola di casa Malfoy, e i gemelli di
diamante
dorati. Pettinò i capelli all’indietro e li
fissò con il gel, osservando allo
specchio le occhiaie viola sotto gli occhi e gli zigomi scavati. Prese
il
medaglione dalla tasca della giacca e lo infilò nel
taschino, all’altezza del
cuore. Poi afferrò un pacchetto argentato dal suo baule e
vergò di sua mano in
inchiostro verde una pergamena, allegandola al fiocco;
attaccò il tutto alla
zampa del suo falco reale, sussurrandogli la destinazione e
l’ordine di non
tornare fino a quando non avesse dato personalmente il pacchetto al
destinatario. Aprì la finestra all’animale e lo
osservò volare via, fino a
quando la voce di Blaise non lo interruppe: -Non mi dirai qual
è la
destinazione di quel pacchetto-
-Non
è una domanda-
-Infatti
è
un’affermazione. Andiamo, sai quanto lo zio odi i ritardi-
-Eccome
se lo so-
pensò Draco irritato.
Quella
notte gli
Elfi domestici avevano decorato sobriamente tutta la casa: vi erano
raffinate
candele alla vaniglia, rami di agrifoglio e pungitopo intrecciati a
nastri
bianchi e neri, ma non vischio e un albero di Natale spoglio con solo
un
puntone d’argento in cima. Draco non immaginava
così il suo Natale ideale:
sognava di festeggiare con luci colorate, tripudi di festoni e palline,
montagne di regali semplici e fatti in casa. E’ proprio vero
che chi ha il pane
non ha i denti e viceversa: avrebbe dato la sua scopa per restare ad
Hogwarts
durante le vacanze e non dover presenziare agli interminabili banchetti
lussuosi. Gli ospiti sarebbero arrivati fra poco: la créme
de la créme
dell’aristocrazia magica, esclusivamente Purosangue e
Slytherin, avrebbe celebrato
il Natale con un fastoso pranzo a Malfoy Manor; in seguito gli uomini
si
sarebbero ritirati con il padrone di casa nello studio a fumare, bere e
contrattare,
mentre le donne avrebbero avuto a disposizione un salottino e diverse
camere
per prepararsi al ballo serale. Ogni anno le mogli dei componenti
più influenti
della nobiltà si combattevano il ricevimento di Natale a
casa propria per dare
lustro al Casato, ma da quanto si ricordava, Draco lo aveva sempre
visto
svolgere a Malfoy Manor. Era l’unico giorni in cui Narcissa
deponeva i panni di
moglie dipendente e diventava la regina indiscussa del podere. Si
occupava da
diverse settimane di tutti i dettagli per non avere la brutta sorpresa
di una
critica o di un appunto dalle altre donne ed era sempre tutto
impeccabile.
Proprio
in quel
momento era in piedi davanti alla scalinata d’ingresso mentre
dava ordini a un
elfo domestico: statuaria nonostante la magrezza, maestosa nel suo
abito di
seta verde; i capelli arricciati in morbide onde le circondavano il
viso e
sfoggiava sul petto un prezioso collier di smeraldi. Adesso Draco
poteva
rivedere in lei l’antica fierezza e bellezza di un tempo,
quella di quando lui
era piccolo e la osservava truccarsi e ingioiellarsi davanti allo
specchio in
camera sua.
I primi
ospiti ad
arrivare furono i coniugi Zabini; ovvero il padre di Blaise e la sua
settima
matrigna, una donna quasi della stessa età di Blaise dagli
atteggiamenti
volgari e ridanciani, seguiti dai parenti più stretti di
Narcissa: sua sorella
Bellatrix con il marito Rodolphus, alcuni cugini e delle zie
dall’aria arcigna.
Draco sorseggiava dello champagne in un angolo, osservando il continuo
tramestio della gente che entrava. Non si accorse nemmeno
dell’arrivo di
Theodore che gli rovesciò con uno scatto di polso il quarto
bicchiere di
bollicine che stava bevendo nel ficus di sua madre: -Draco, bere ancora
dopo
una sbornia non è cura omeopatica. So tutto, amico. Mi
dispiace, ma è ora che
ti dai una svegliata: la ragazza dovrebbe arrivare a momenti-
Nemmeno a
dirlo,
poiché Lucius varcò la sala con un uomo
brizzolato al fianco e una fanciulla di
circa quattordici anni a braccetto. Draco sgranò gli occhi e
la osservò come se
avesse due teste: -Mio Dio, Theo, ma avrà dodici anni se va
bene! Io vado per i
diciotto… E’ solo una bambina-
L’amico
lo fissò
con espressione neutra: -Ne ha quattordici. Sono solo quattro anni di
differenza-
Il biondo
lo
osservò a sua volta con espressione costernata: -Da che
parte stai?-
Theo non
riuscì a
rispondere perché la voce invadente e strascicata del
padrone di casa li freddò
entrambi sul posto: -Bene, ecco mio figlio, Draco e un suo amico,
Theodore. Ti
ho mai parlato del signor Blanchard? E’ un grande amico
d’infanzia e questa è
la sua deliziosa figlia- lo disse come se stesse pregustando un affare
particolarmente fruttuoso.
La
bambina chinò
rispettosamente il capo a terra per il tempo necessario, quindi
alzò gli occhi
e fissò Draco intensamente: era abbastanza alta per la sua
età, magrissima,
dalla pelle rosea, i capelli dorati e liscissimi. Ma la cosa che
inquietava di
più Draco era lo sguardo: magnetico, nero, senza fondo; i
suoi occhi erano i
più scuri che avesse mai visto e ciò stonava con
l’aria da bambolina del resto
del corpo. Le davano un’aria pericolosa e sovrannaturale.
Con un
inglese
perfetto e quasi senza accento francofono quella si
presentò, lanciandogli un’occhiata
fredda e calcolatrice: -Mi chiamo Evangeline Catharina Blanchard.
Onorata di
conoscerla- Il ragazzo non sapeva come un nome tanto melenso come
Evangeline
potesse suonare così duro.
Il signor
Malfoy li
squadrò compiaciuto e annunciò il suo desiderio
che aprissero le danze del
ballo della sera; la bambina fu più lesta a rispondere che
Draco a rifiutare:
-E’
evidente,
signor Malfoy, che sia io che suo figlio saremmo onorati di iniziare il
ballo.
D’altra parte mi esercito in danze anglosassoni da quando
avevo sei anni e sono
un’ottima ballerina. Non farà brutte figure,
glielo assicuro- concluse con un
sorriso angelico e sicuro di sé, passando il suo carnet di
ballo a Draco per
farlo firmare. Come si permetteva quella smorfiosa di rispondere per
lui?
Comunque sia, il ragazzo fu costretto a firmare diversi balli sotto
l’insistente
sguardo del padre, quindi i Blanchard si congedarono da loro per
salutare gli
altri ospiti. Draco espirò tutta l’aria che aveva
nei polmoni, rendendosi conto
di aver trattenuto il fiato; al che la voce di Blaise lo interruppe e
lo fece
girare verso di lui:
-Non
avevi parlato
di gnoccone bionde ieri, eh? Io vedo solo una bambina furba come una
volpe che
crede di farci le scarpe. Però, e questo va a suo favore, ha
un culo niente
male…- concluse ficcandosi in bocca quattro tartine al
caviale
contemporaneamente. Theo sorseggiò il suo bicchiere di
champagne con classe,
borbottando: -Lo stile scorre proprio nelle tue vene blu, Blase-
-So
apprezzare le
cose belle quando le vedo, caro mio- rispose rilassato
l’amico, puntando un
crostino al patè di anatra all’arancia.
Theo
continuò
piccato: -Peccato che la nostra cara Evangeline sia la promessa sposa
di Draco-
-E con
ciò? Tanto
sappiamo benissimo tutti e tre che non la sposerà, tanto
vale farci un
pensierino…-
-Che cosa
vorresti
dire?- lo interruppe Draco abbassando la voce, con il cuore che batteva
all’impazzata.
Blaise si
prese
tutto il suo tempo: annusò un bicchiere di Martini Dry e ne
mangiò solo l’oliva,
quindi si dedicò ad un piatto di vol au vent ai funghi,
sbocconcellandone uno
con fare intenditore mentre il pacifico Theodore iniziava a fumare
dalle
orecchie e Draco lo fissava imperturbabile.
Alla fine
quest’ultimo
sbottò, ironico: -Vuoi testare tutti gli antipasti prima di
darci una risposta
o preferisci che ti facciamo prima dei sacrifici per propiziarci, o
famoso
oracolo del Wiltshire…?-
Il moro
li fissò attraverso
il vetro inciso del bicchiere e il liquido trasparente; i suoi occhi
maliziosi,
ma seri che brillavano ingranditi dal calice: -Voglio dire esattamente
quello
che ho detto: Draco non sposerà Evangeline Catharina
Blachard-
-E si
può sapere perché?-
inveì a bassa voce Theodore.
-Questo
è tutto da
vedere- con queste ultime, sibilline parole Blaise si
allontanò e i due
restarono lì, scossi, intontiti con mille domande in testa,
ma la stessa
percezione che fosse tutto vero.
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Capitolo 18 *** Attenzioni ***
POV GINNY
La
mattina del
giorno di Natale Ginny si svegliò al calduccio con una
sensazione di pace e
rilassamento che le era estranea da molto tempo. Arnold era accoccolato
fra
suoi capelli e dormiva ancora tranquillamente, soffiando pacifico nel
suo
orecchio. La ragazza constatò meravigliata di non aver avuto
incubi o sogni
frenetici, ma di aver dormito una notte intera senza pensieri. Era un
peccato comunque
che ritornassero al risveglio; Ginny sospirò e
gettò di lato il piumone,
scendendo dal letto con cautela. Appoggiò
l’animaletto sul suo cuscino,
premurandosi di non svegliarlo. Adorava sentire le mattonelle fredde
del
pavimento a contatto con i suoi piedi nudi; girare per casa scalza era
una
fissazione che le era venuta da bambina che però non aveva
più dimenticato,
suscitando il malcontento di sua madre. Rabbrividendo piacevolmente la
rossa
indossò solo una felpa di Ron che le stava enorme e,
fermatasi davanti allo
specchio, si passò le dita tra i capelli vermigli per
districare i nodi. Il suo
sguardo sfuggiva dalla superficie riflettente, evitando la sua
immagine: non
amava specchiarsi poichè le sembrava di vedere solo difetti.
La Tana
profumava
di cannella e di caramello, come ogni Natale, ma era una consuetudine
che non
le dispiaceva, anzi la rassicurava nella sua familiare
ripetitività. Scese le
scale in silenzio, attenta a non far scricchiolare i gradini e
chiedendosi che
cosa stesse facendo Draco in quel momento. Sicuramente si stava
preparando per
il ricevimento con la società; Ginny stessa conosceva ormai
le abitudini degli
Slytherin poiché ogni tanto il ragazzo le aveva accennato
qualcosa. In realtà
il più delle volte era Draco ad esortarla a parlare di come
festeggiavano i
Weasley e della sua famiglia, ascoltandola per ore mentre gli
raccontava di
pudding natalizi ai canditi, dei maglioni di Molly, delle canzoni di
Celestina
Warbeck. Non si era mai vergognata della sua condizione sociale,
però la prima
volta si era sentita a disagio nel parlargli, a lui che era cresciuto
nel lusso
e nello sfarzo. Si era ricreduta quando aveva visto nei suoi occhi una
vaghissima, ben nascosta ombra di rimpianto, e lo aveva baciato a lungo
per
scacciare la tristezza. Scese le scale con bandalza; doveva nascondere
i motivi
di tutta quella pensierosità, delle lacrime invadenti che
ogni tanto
minacciavano di tradirla e dell’aria
sommariamente infelice: non erano sentimenti che si addicevano alla sua
usuale
personalità scoppiettante. Il quadretto di vita familiare
che le si presentò
davanti quasi la commosse: ogni Weasley era impegnato in qualcosa. Si
fermò
sull’ultimo gradino, sorridendo.
-Oh, ti
sei
svegliata alla fine!- la salutò Fred facendole
l’occhiolino. Era arrampicato su
una scala traballante accanto all’albero, in salotto, mentre
George gli passava
nastri, palline, decorazioni e biscotti di marzapane da appendere.
-Alla
buon’ora,
Ginny! Noi siamo qui a decorare l’albero da stamattina alle
cinque, come dei
poveri Elfi Domestici…- continuò
l’altro gemello con tono lamentoso, fingendo
di svenire con una mano sul viso.
Suo padre scoccò dalla poltrona sulla quale era
seduto uno sguardo
ammonitore verso i gemelli, quindi la salutò amorevolmente:
-Buongiorno,
bambina mia-. Ginny gli si avvicinò per dargli un bacio,
appoggiandosi sul
bracciolo: -Buongiorno, papà- Stava riparando una sveglia
babbana che aveva
trovato al lavoro, o meglio ci stava provando.
-Che cosa
dovrei
dire, io, allora? Ho pelato ormai una tonnellata di patate e mi mancano
ancore
tutte le carote- i brontolii di Ronald giunsero dalla cucina molto
chiaramente.
Lo sguardo del signor Weasley si allarmò: sapeva quanto sua
moglie Molly non
sopportasse i piagnistei, quindi intervenne conciliante, ma poco fermo:
-Ragazzi…-
Anche
Percy volle
dire la sua, immerso fra fogli dorati e coccarde luccicanti con gli
occhiali
che scendevano sul naso: -Ma smettila Ronald, che la mamma mi ha fatto
compilare quaranta biglietti di auguri di Natale-
La figura
rotondetta della summenzionata donna si stagliò
all’entrata del salotto, con le
mani posate sui fianchi e un’espressione fintamente
accigliata in volto. Molly
Weasley si pulì le piccole mani nel grembiule, esordendo con
voce affatto
accondiscendente: -Che cosa c’è nel compilare
biglietti d’auguri che ti
disturba, Percival? E voi due, lì, vi siete alzati
mezz’ora prima di vostra
sorella, smettete di fare le vittime. Sapete che in questa famiglia
tutti
contribuiscono allo stesso modo- la sua voce si addolcì
all’improvviso,
rivolgendosi amorevolmente alla sua unica figlia femmina
–Ginny cara, vieni a
fare colazione: ti ho fatto i biscotti alle nocciole che ti piacciono
tanto- La
abbracciò, conducendola in cucina e facendola sedere per la
colazione. Ogni
tanto era piacevole essere coccolati perciò Ginny saluto con
la manina i suoi
fratelli indaffarati e si fece condurre senza protestare. Adorava
osservare sua
mamma cucinare: si muoveva agilmente tra pentole e padelle che
occupavano ogni
centimetro di fornelli disponibile e sobbollivano con un leggero
borbottio,
coltelli istruiti magicamente da lei che tagliavano, sminuzzavano e
tritavano
di continuo sul tagliere di legno. Sempre nei suoi ricordi, poi,
c’era quell’avvolgente
profumo di dolci cotti in forno e il ticchettio dell’orologio
speciale della
famiglia Weasley –con nove lancette, ognuna per un membro
della famiglia,
indicante lo stato e il luogo- che le ricordavano inevitabilmente casa.
Mentre
Ginny si riempiva dei biscotti confezionati da Molly, Ron continuava a
pelare
carote e a conciare cavoletti di Bruxelles sempre più
sostenuto e offeso.
All’improvviso entrarono in casa Charlie e Bill, carichi di
borse e pacchetti
regalo, con i capelli imbiancati da una spolverata di neve. Ginny
mollò il
biscotto al doppio cioccolato che stava inzuppando nel latte e corse
loro
incontro, travolgendo Percy con i biglietti in mano. Anche Molly si
avvicinò,
continuando a sbattere le uova in una terrina. Bill posò i
pacchi per terra e
la prese al volo, sollevandola e facendola volteggiare con una risata.
-Ehi,
zucchero! Da
quanto non ci vediamo?- Ginny sorrise e gli diede un buffetto sulla
spalla: non
la chiamava “zucchero” da tantissimo tempo; da
piccola le dava fastidio che le
affibbiassero stucchevoli soprannomi, ma adesso le ricordava la loro
infanzia.
-Da un
sacco, Bill!
Ma guardati, non ti sei ancora tagliato i capelli?- lo prese in giro,
lisciando
una lunga ciocca di capelli rossi tra le dita. Sua madre aveva sempre
voluto
che se li tagliasse ma era impossibile per Ginny immaginare il fratello
senza
la lunga chioma spettinata.
-Magari
William
potresti ripensarci in queste vacanze… Se vuoi posso
metterli a posto io- si
offrì Molly speranzosa, tendendosi verso di lui.
Bill si
chinò a
baciarle una guancia dolcemente, mormorando divertito: -No, mamma,
grazie. Sarà
per un'altra volta. Appoggiò il cappotto sullo schienale
della sedia, prese per
mano Ginny e si sedette con lei davanti al fuoco. La ragazza
notò che Charlie
la osservava attento, per controllare ogni sua reazione. Gli sorrise e
disse,
scherzosa: -Che faccia, Charlie! Non sarai geloso? L’hai
avuto ieri il tuo
momento per spupazzarmi- Il fratello rise insieme a lei, rassicurato e
andò a
sistemare i reali sotto l’albero, chiacchierando con i
gemelli. Bill prese il
loro mazzo di carte di Spara Schiocco e iniziarono una partita.
-Allora,
Gin, che
cosa racconti al tuo fratellone?- domandò poi scartando una
carta e
sistemandosi il mazzo fra le mani. Ginny mantenne un’aria
distaccata: -Nulla di
nuovo. E tu?- Quando si parlava di lavoro, si andava sul sicuro con
Bill. Amava
cercare tesori per la Gringott, l’adrenalina del vivere ogni
giorno avventure
rocambolesche, gli incarichi preziosi e gli imprevisti. Lo
ascoltò affascinata
e sollevata per aver sviato l’argomento su di lui, invece che
sulla sua vita,
che ultimamente stava andando a rotoli. Si immaginò
dichiarargli: -Ti ricordi,
Bill, Draco Malfoy? Sì, quel Malfoy che ci ha reso la vita
impossibile, freddo,
cinico, derisorio, ostile…? Ecco, in realtà
è un ragazzo meraviglioso e
complicato, ma posso quasi dire di essermi innamorata di lui. A parte
questo va
tutto bene- Probabilmente non l’avrebbe giudicata
però la sorpresa sarebbe
stata comunque notevole: era particolarmente protettivo verso la sua
sorellina.
Entrambi si riscossero quando sentirono un forte grattare alla
finestra. Ginny
andò allarmata verso il rumore, percependo una dolceamara
sensazione di deja-vù
e sentendosi male passo dopo passo. Spalancata la finestra un altero
falco
reale si mostrò in tutta la sua ostilità,
tendendo la zampa a una Ginevra
scossa. Aveva riconosciuto l’animale, il tipo di pergamena,
la scrittura in
verde, ma sembrava congelata. Il falco tese di nuovo la zampa, con un
velo di
irritazione non proprio celato perchè la ragazza si riprese
e slegò velocemente
un piccolo pacchetto e il biglietto dagli artigli. Fissò il
vuoto con
espressione assente mentre ghiacciati sbuffi di vento e nevischio le si
insinuavano nella scollatura della felpa.
La voce
curiosa del
fratello le suonò vicina, troppo vicina: -Che
cos’è, zucchero?-
Fingendo
una
nonchalance che non credeva di possedere rispose lei, chiudendo la
finestra:
-E’ il regalo di Natale di Demelza. E’ stata molto
gentile a mandare, ehm, il
suo falco nonostante questo brutto tempo- Stava diventando troppo brava
a
mentire.
Bill
inarcò un
sopracciglio e tese una mano: -Dammelo, te lo metto sotto
l’albero-
-No,
tranquillo. Lo
porto di sopra, tanto mi devo andare a cambiare: fra un po’
arrivano Harry ed
Hermione-
-Okay, ci
vediamo
dopo-
Ginny
salì le scale
con le gambe che le tremavano, girandosi il pacchetto fra le mani, con
il cuore
che batteva prepotentemente più veloce. Respirò
profondamente, appoggiando la
testa contro lo stipite freddo della sua porta, confusa, poi
scivolò dentro e
si sedette sul letto. Arnold bubbolò estasiato di rivederla,
ma capì che c’era
qualcosa che non andava perché si mise subito a
sgranocchiare un biscotto in
silenzio, osservandola ad occhi spalancati. La ragazza fece di tutto
tranne che
aprire il pacchetto: si fece la doccia, indossò un largo
maglione nero di lana,
una gonna tartan rossa e verde e dei calzettoni sempre neri, si
truccò anche,
evidenziando con una linea di eyeliner gli occhi e passando un velo di
rossetto
color ciliegia sulla bocca. Alla fine dovette confrontarsi con la causa
del suo
nervosismo: un piccolo, apparentemente innocuo involto di velluto
legato da un
nastro. Decise di leggere il biglietto per ultimo; svolse il regalo con
mani
tremanti, quindi chiuse gli occhi e fece scivolare il contenuto nella
mano. Era
qualcosa di fresco e sottile. Guardò l’oggetto
nella sua mano, scoprendo un finissimo
braccialetto d’argento a catena con dei piccoli pendenti:
Ginny ne riconobbe
alcuni e capì perché li aveva scelti. Un foglia
di quercia per il luogo del
loro primo incontro, un tulipano per ricordare la stanza delle
Necessità, un
biscotto perché la conosceva molto bene, un serpente
perché lui era il suo
ragazzo Slytherin e poi una luna piena di madreperla, un rubino a forma
di cuore,
una fata che ballava su uno specchio d’acqua…
-Ma
è la stessa del
mio medaglione! Come fa a saperlo? Non l’ha mai visto- grosse
lacrime silenziose
scorrevano sulle sue guance arrossate, sbavando quel poco di trucco che
si era
messa. Ma tanto a Draco non era mai piaciuto tanto… Ginny si
raggomitolò sul
letto singhiozzando, desiderando solo di poter vedere il ragazzo una
volta sola
e chiedergli scusa per essere stata troppo precipitosa, troppo
arrabbiata e
amareggiata e orgogliosa, per non avergli dato fiducia nemmeno per un
attimo.
Desiderò di abbracciarlo e di sentirsi dire che andava tutto
bene, che
l’avrebbe perdonata, e baciarlo per fargli capire che era
importante per lei.
Sentì il rumore della carta che si accartocciava sotto di
sé; saltò in piedi e
stirò febbrilmente il foglio con le dita nervose, leggendo
con il cuore in
gola:
“Voglio
regalarti un
pendente per quel bracciale ogni anno in cui staremo insieme: mi
aspetto di
dover svaligiare una gioielleria.
Buon
Natale,
Ginevra mia.”
Lacrime
di gioia si
mischiarono con quelle addolorate e sconsolate di prima nei suoi
capelli, nei
suoi occhi, nelle pieghe del suo collo. Quello era il suo Draco:
dolcissimo e
canzonatorio insieme.
Non
vedeva l’ora di
tornare a scuola.
…
Scese le
scale di
fretta quando sentì la porta aprirsi e diverse voci
augurare: “Buon Natale!”.
Molly si arrabbiava se non si accoglievano gli ospiti
all’entrata con
calorosità perciò Ginny corse quasi incespicando
sul tappeto, anche se gli
amici di Ronald non le stavano troppo simpatici. Si era staccata dal
Trio
Magico perché non voleva più essere considerata
l’ultima ruota del carro o la
sorellina minore che li guardava con ammirazione, desiderando di
assomigliare
loro. Adesso però era troppo felice per il biglietto e per
il bracciale e non
si prese la briga di nasconderlo. Frenò contro la schiena di
Charlie, sbucando
da sopra la sua spalla e salutò i due ragazzi: -Ciao
Hermione, ciao Harry-
Il
fratello posò
una mano sulla sua schiena, spingendola davanti a se e appoggiandola al
proprio
petto con fare protettivo. Harry, che stava parlando con Percy, si
voltò e la
squadrò con uno sguardo strano, percorrendo il suo corpo da
capo a piedi: -Ehm
ciao, Gin-
Ginny
alzò gli
occhi al cielo, ma arrossì comunque: va bene che le gonne
scolastiche erano più
lunghe, tuttavia fare quella faccia per una mini le sembrava esagerato.
Proprio
in quel momento Molly urlò che il pranzo era pronto
così si diressero
amichevolmente verso la cucina: il tavolo occupava quasi tutto lo
spazio ed era
ricoperto di piatti e ciotole strapiene di ottimo cibo. Erano stretti
come
sardine, ma l’allegria e la spensieratezza compensavano il
lieve disagio. Ginny
si posizionò tra i gemelli, proprio davanti ad Harry, che
continuava a
chiederle premurosamente: “Gin, vuoi che ti passi la salsa al
rabarbaro?”
oppure “Ti serve il burro per lo Yorkshire
Pudding?” tanto che si alzò e andò a
sedersi sulle ginocchia di Bill dall’altro capo della tavola.
I gemelli
ridevano sotto i baffi, mentre Hermione sembrava scocciata e lanciava a
Ginny
(e alla sua gonna) occhiate velenose. La rossa, se all’inizio
si divertiva per
queste attenzioni, adesso non ne poteva più. Dopo una decina
di fette di torta
salata al prosciutto, roast beef alla senape con patate arrosto, pane
ai semi
di zucca e circa mezza torta ai canditi con gelato alla crema, la rossa
rotolò
fino al divano, accoccolandosi davanti al fuoco. Nemmeno a dirlo,
subito
percepì una presenza affondare accanto a sé e
sussurrarle alle orecchie: -Stai
benissimo oggi, Gin-
Ad occhi
chiusi
rispose spiccia: -Grazie, Harry- e si girò
dall’altra parte. Non capiva come
poteva solo pensare di provarci, dopo che l’aveva evitata per
anni quando
ancora lei provava quella cotta colossale. Più che altro era
stata influenzata
da diversi fattori: forse il nome famoso, forse la sua gentilezza,
forse il
fatto che era quasi sempre a casa sua ed era facile immaginare
appassionate
storie d’amore con lui nei paraggi. Il solo ricordo e
l’idea di fare coppia con
Harry adesso la faceva ridere, perché nella sua mente
c’era un solo ragazzo e
non aveva i capelli neri, né gli occhi verdi.
Passò le dita tra i ciondoli del
suo bracciale, sentendoli tintinnare dolcemente e cercò di
nascondere un
sorriso prepotente seppellendo il viso nel maglione.
-E’
bello quel
braccialetto- attaccò di nuovo Harry, facendo scivolare il
braccio sullo
schienale del divano con nonchalance.
La rossa
rispose
distrattamente, coprendolo con la mano: -Grazie- Le sembrava troppo
intimo perché
lo esaminasse a lungo. Finalmente arrivarono tutti i suoi familiari ed
iniziarono ad aprire i regali, sorseggiando caffè con panna.
Ginny entusiasta scartò
i primi pacchi ricoprendosi di carta colorata: ricevette un libro
babbano
romantico con segnalibro ricamato a punto croce da Diane e un
assortimento di
cioccolatini ripieni da Demelza.
–Dio,
che regalo
fantastico!- mormorò sbalordita, leggendo i gusti delle
praline con l’acquolina
–Lampone e mango, caffè caraibico, rhum e uvetta
di Corinto, crema chantilly
alla vaniglia…- Indossò il maglione alla Weasley
di Molly, quest’anno di un bel
verde con una “G” viola e si avvolse nella coperta
con i buchi per le mani da
lettura che le aveva regalato Bill. I gemelli l’avevano
rifornita di una serie
di nuovi scherzi appena brevettati, ma fu il regalo di Charlie a
sorprenderla
maggiormente: era un walkman babbano! Elettrizzata, gli
buttò le braccia al
collo e lo riempì di ringraziamenti, baciandolo
più volte sulle guance:
-Grazie, Charlie! E’ meraviglioso! Ascolterò
musica tutto il giorno: è il più
bel regalo di questo Natale-
Il
fratello si
avvicinò al suo orecchio, sussurrando smaliziato:
-Più bello del braccialetto
che ti ha regalato il tuo ragazzo?-
Ginny lo
guardò a
bocca aperta, poi si girò per controllare che nessuno avesse
sentito. Provò ad
articolare qualche parola, ma senza successo. Alla fine scosse la testa
e
mormorò a sua volta: -Beh, il braccialetto me l’ha
regalato lui-
-Digli
che se ti fa
soffrire, io non allevo draghi in Romania per caso- concluse
abbracciandola.
Dio,
quanto adorava
suo fratello.
|
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Capitolo 19 *** Piani ***
POV DRACO
Il pranzo
di Natale
a buffet si era concluso in grande stile con una torta di sette piani
al limone
in pasta di zucchero che aveva fatto morire d’invidia tutte
le madri di
famiglia presenti in sala, mentre Narcissa sorrideva composta, senza
far
trapelare un grammo di soddisfazione. Draco era all’ottavo (o
nono?) bicchiere
di spumante e conversava con gli ospiti presenti in sala come richiesto
dal suo
ruolo. Evangeline lo fissava dall’altro capo del salone con
quei suoi occhi
neri, mettendolo leggermente a disagio e rendendolo ancora
più irrequieto di
quanto già non fosse.
-Non
trova,
Dracuccio, che il colore di questo abito s’intoni
particolarmente con la
carnagione di mia figlia Bernadette?- chiese una donna corpulenta come
una
matrona romana, spingendo davanti a sé una bambina dal viso
cavallino con un
sorriso sdentato.
-Il
color…- il
ragazzo si sporse un attimo per osservare il vestito, desiderando un
altro
drink per dimenticare che lo aveva chiamato
“Dracuccio” -…ehm, zafferano sta
d’incanto con i capelli scuri di Bernarda, sì-
“Partecipare alla conversazione”
voleva dire soprattutto portare avanti le cosiddette Pubbliche
Relazioni, ma in
particolare declinare con garbo le non troppo velate richieste di
fidanzamento.
E farsi chiamare “Dracuccio” o “Bambino
mio” oppure “Serpentello di zia”. Se lo
avesse sentito Ginny lo avrebbe preso in giro per giorni. Al solo
pensiero
sorrise, ma Theodore gli si affiancò scuotendolo con una
gomitata: -Con i
capelli scuri di Bernadette, lo
perdoni-
-Oh
sì, Bernadette
e il giallo zafferano sono la coppia perfetta. Adesso, se vuole
scus…- fece per
inchinarsi, ma la signora McLloyd lo afferrò saldamente con
una tozza mano
inanellata: -Ma non le ho ancora presentato la mia minore, Ophelya e
nemmeno la
mezzana, Marjiorjie!-
-Sono
più che certo
che avrà tutto il tempo per farlo stasera. Ora,
se mi vuole scusare, sono atteso da mio padre in studio- La
donna
si diede un’occhiata intorno e notando che tutti gli uomini
stavano lasciando
la sala, lo mollò come se scottasse. Era molto importante
quel momento in tutte
le famiglie Slytherin: in un pomeriggio si potevano decidere le sorti
della
prole –soprattutto femminile-, degli affari e delle alleanze
tra Casati. Draco
si ricompose e bevve da un bicchiere che gli passava Theodore, mentre
quello gli
mormorava: -Tieni, c’è una Pozione Rivitalizzante
anche se non te la dovrei
dare, visto come butti giù spumante. Però hai
sopportato la signora Cavendish
per più di un’ora con le rispettive cinque figlie,
quindi ecco!-
Blaise
fece il
baciamano accanto alla fontana di cioccolato ad una ragazza
particolarmente
graziosa in abito argento e si congedò con un occhiolino,
raggiungendo gli
amici sornione.
-Allora,
Mister-sono-bello-e-conquisto-ragazzine, come procede il tuo
corteggiamento?-
lo accolse Theodore ironico, mangiando un profiterole alla crema.
-Sono
molto
indeciso: Chelsea è deliziosa, ma hai visto che gambe ha
Yvonne?- sembrava così
sinceramente dubbioso che a Draco venne da ridere (forse era anche
colpa
dell’alcool…), mentre Theo alzò solo
gli occhi al cielo, borbottando qualcosa
come: -Sei incorreggibile-
-Che cosa
c’è?-
domandò burbero il ragazzo dagli occhi blu, avviandosi per
le scale.
Il biondo
lo seguì,
cercando di nascondere il divertimento: -Assolutamente nulla-
-Infatti,
niente-
approvò l’altro, scuotendo il risvolto della
camicia per far cadere lo zucchero
a velo e le briciole del dolce.
Spalancando la porta dello
studio Blaise
concluse: -Siete gelosi solo perché IO stasera
avrò qualcuno nel MIO letto e
voi no-
-Ti
ricordo che le
nostre camere sono comunicanti ed IO vorrei dormire stanotte-
replicò Draco
entrando e guardandosi intorno attentamente.
-Touchè.
Ma lo
sgabuzzino è mio-
-Affare
fatto-
stabilì il ragazzo.
Il
salottino era
stato ingrandito con un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile ed
era pervaso
da un velo di fumo dall’odore dolciastro. Numerosi
capi-famiglia discutevano
mollemente sui divanetti davanti al camino, altri si servivano di amari
o
liquori al bar e parlavano con uomini intenti a firmare contratti alle
scrivanie. Lucius Malfoy era ancora occupato con il signor Blanchard;
ridevano sguaiatamente
e fumavano sigari come due vecchi amici. Draco si irrigidì,
ricordandosi del suo
fidanzamento con Evangeline e del suo sguardo calcolatore e
soddisfatto.
Theodore si mise alla sua destra, incoraggiandolo con la sua presenza,
mentre
Blaise svolgeva le burocratiche cortesie di società con un
comportamento
impeccabile.
Con voce
seria Theo
lo ammonì: -Devi solo mostrarti superiore e assecondarlo.
Completamente
imperturbabile. Sai già che cosa ti vuole dire grazie a
Narcissa che ti ha
informato; questo è un punto di forza per noi e dobbiamo
sfruttarlo come si
deve. Scherma i tuoi pensieri con attenzione. Non cercare di far valere
la tua
opinione, non impòrti o mostrare segni
d’insofferenza: sei il Draco sottomesso
che vuole entrare nelle schiere di Voldemort-
Draco
sobbalzò: mai
e poi mai avrebbe pensato che un ragazzo appena diciassettenne,
oltretutto
Slytherin e con il Marchio,
avrebbe pronunciato il nome
dell’Oscuro Signore. Il moro lo fissò schietto,
chiarendo con un sorriso
fugace: -Se lo dici, suona meno minaccioso. Alla fine è un
essere anche lui- Si
fidava
profondamente di Theo; era il più coerente, intelligente e
responsabile di
tutti loro, ma soprattutto sapeva valutare le situazioni. Li aveva
sempre
tirati fuori dai guai e per quanto pedante alle volte, era un amico
sincero.
-Come
faremo poi?-
la domanda uscì spontanea ed urgente dalla bocca di Draco.
-Vedremo,
Draco.
Vedremo- sussurrò mesto -Adesso vai, ti sta chiamando-
Camminando
elegantemente attraverso il salotto, attirò su di
sé gli occhi di molti
presenti. Draco Malfoy era il ragazzo celibe più ambito di
tutta la società: di
famiglia agiata, dai nobilissimi natali e dalla stretta alleanza con il
Signore
Oscuro, perciò ogni padre lo desiderava come marito per le
proprie figlie
femmine, nonostante la dote dovesse essere principesca per soddisfare
le
aspettative di Lucius. Il biondo si servì di un bicchiere di
brandy
invecchiato, sentendo lo sguardo di riprovazione di Theodore
perforargli la
nuca e si avvicinò ai due uomini, inchinandosi
profondamente: -Padre, mister
Blanchard-
-Alzati,
figlio
mio- Lucius esigeva condurre la conversazione e farlo parlare solo se
interpellato, quindi Draco stette in silenzio con il capo chino e lo
sguardo
sottomesso, sebbene si sentisse ribollire dentro dallo sdegno e dal
rancore.
-Che ne
pensi di
Evangeline, Draco? Una ragazza incantevole, senza dubbio- il padre lo
osservò facendo
aerare il liquore ramato nel suo bicchiere a calice e scambiando uno
sguardo
complice con il signor Blanchard.
-E’
gradevole,
padre, per la sua giovane età- rispose con voce
disinteressata. L’unica cosa
che in quel momento gli importava era ricordare gli avvertimenti di
Theodore:
sii superiore, ma non far valere la tua opinione. Notò che
un lampo rabbioso
attraversava gli occhi del padre e immediatamente aggiunse,
assecondandolo: -Naturalmente
la sua bellezza è così adorabilmente, ehm,
candida. Un bocciolo di fiore-
Il signor
Blanchard
annuì meditabondo, scrocchiandosi le nocche rumorosamente e
facendo cenno a
Lucius di continuare; l’altro proseguì con un
cenno: -Bene, perché siete
fidanzati e a breve vi sposerete, prima della tua Iniziazione.
E’ stata
rimandata a maggio; anche il nostro illustre Signore Oscuro ha
approvato questa
scelta: devono crearsi stabili famiglie per produrre nuovi adepti
Mangiamorte-
La brutale dichiarazione non lo sconvolse come la prima volta,
però percepire
l’ineluttabilità del suo destino prestabilito lo
amareggiò. Si ricordò
all’improvviso di schermare i suoi pensieri, ma
l’unica cosa che in quel
momento gli veniva in mente era proprio quella che avrebbe dovuto non
esserci:
una ragazza dai folti capelli rossi, da profondi occhi verdi e da una
spolverata di lentiggini color caffelatte. La stessa ragazza con cui
aveva
riso, che aveva tenuto tra le braccia, che aveva discusso con lui per
più di
un’ora su che libro fosse migliore tra “Cime
Tempestose” e “Il conte di
Montecristo” (aveva vinto Dumas alla fine, per la cronaca,
con tutto il
disappunto della rossa).
La sua
Ginevra.
Poi si
accorse
delle occhiate furibonde di Lucius e cominciò a ripassare
furiosamente gli
schemi di gioco di Quidditch per distrarsi.
-Allora
Draco, hai
qualcosa da dire? Ho già contrattato per la dote mentre la
data la fisseremo a
breve: dei preparativi si occuperà tua madre; le nozze si
terranno qui a Malfoy
Manor e fino ad allora i Blanchard alloggeranno da noi-
Chinò
di nuovo il
capo: -Sono onorato di servirvi, padre, in qualsiasi cosa desideriate
da me- Il
signor Malfoy sembrò soddisfatto poiché
annuì, sfregandosi le mani e lo congedò
dicendo: -Ricordati, mi aspetto che balliate insieme, tu ed Evangeline;
questa
sera annuncerò il vostro fidanzamento-
Deglutendo,
Draco
si allontanò e con il cuore in gola raggiunse i suoi amici,
li oltrepassò e
proseguì fino all’uscita. Sia Theodore che Blaise
erano impegnati nella
conversazione e sarebbe stato estremamente scortese abbandonare gli
interlocutori in un momento così delicato.
L’equilibrio fra i Casati era sempre
stato instabile; si doveva evitare ogni motivo di attrito,
perciò Draco non li
interruppe, facendo solo un cenno con la testa verso
l’uscita. Si rese conto di
aver trattenuto il fiato solo quando, appena chiusa la porta dietro di
se,
dovette boccheggiare per prendere ossigeno. Comunque era rassicurante
pensare
che le apparenze tanto amate da Lucius erano state protette e che
nessuno
sospettava fosse un traditore. Draco si appoggiò al muro del
corridoio,
sentendo il vociare civettuolo delle donne nei salottini che prendevano
il thè
e le fredde conversazioni maschili nell’ufficio di suo padre,
desideroso di
allontanarsi per un po’ da tutto
“quello”. Prese le scale dell’androne
principale ed uscì nell’aria gelata e tempestosa,
senza nemmeno indossare il
mantello di velluto. I turbinii di fiocchi ghiacciati gli schiarirono
immediatamente le idee, permettendogli di analizzare meglio la
situazione. I
problemi erano essenzialmente due: il suo matrimonio e la sua
Iniziazione. Le
opzioni effettuabili diverse, ma tutte ad alto rischio e con
l’incertezza della
riuscita: per prima cosa rivolgersi al preside Silente; un vecchio
rimbambito e
un po’ pazzo alle volte, ma c’era un motivo se era
considerato da tutti il più
potente tra i maghi e le streghe, farsi male in modo grave (per esempio
una
caduta dalla scopa particolarmente violenta) per spostare le date
prefissate,
ma sarebbe stato solo un temporeggiamento o entrare nelle Schiere dei
Mangiamorte,
rinunciando a tutto, all’onore, all’orgoglio,
all’amore. Spostando con il piede
i sassolini che incontrava sul sentiero, si fece strada nella serra di
vetro
che proteggeva le rose di Narcissa dal maestrale invernale. Il roseto
era
enorme e conteneva tutte le varietà più antiche e
pregiate di piante da tutto
il mondo; Draco ricordò con nostalgia i giorni primaverili
in cui osservava sua
madre potare i polloni secchi e comporre splendidi mazzi nella serra
scoperta,
illuminata dai raggi del sole.
-Draco,
anche lei
qui, allora. Vede? Le nostre strade sono destinate ad incrociarsi- la
voce
flemmatica di Evangeline Blanchard lo distolse dai suoi pensieri. Si
girò
all’improvviso, notando la bambina in un vaporosissimo abito
color tortora
ornato di piume. Il suo sguardo era ancora magnetico, seduttore, ma il
trucco
pesante lo rendeva acerbo e inappropriato su una ragazza di quattordici
anni.
Il biondo
sbottò
rudemente: -Mi hai seguito?- camminando lungo il sentiero di ghiaia
scricchiolante. Pensò di essersela levata di torno,
però sentì chiara e forte
una voce ammonitrice nella mente esortarlo: -E’ la tua
promessa sposa e hai
appena detto a tuo padre che è deliziosa come un bocciolo in
fiore, quindi devi essere cortese,
altrimenti va a
finire che la mocciosa va a riferire tutto al papino- Magari poteva
rendersi
tanto detestabile da far annullare il matrimonio, ma ripensandoci
così avrebbe
solo fatto infuriare Lucius e avvicinato la data
dell’Iniziazione; forse era
meglio sembrare accomodante, lusingarla e trovare un metodo
alternativo. La
coercizione, per esempio.
Draco si
voltò e si
corresse, addolcendo il tono e baciando la mano guantata che la bambina
gli
porgeva, nonostante i suoi occhi lampeggiassero irati: -Mi scusi per la
risposta, signorina Blanchard, sono solo un po’ teso per
questa sera. Aprire le
danze è un compito importante. Questo vestito
è… sbalorditivo-
Evangeline
arrossì
visibilmente compiaciuta, mentre Draco esultava dentro di
sé: era vanitosa,
quindi, la ragazza. Il particolare gli sarebbe servito di sicuro in
futuro per
entrare nelle sue grazie. Tanti complimenti, qualche lusinga
mirata…
-Sono
certa che
condurremo le danze in modo impeccabile. Vuole fare un prova?-
domandò con un
sorriso malizioso avvicinandosi tanto che il ragazzo sentì
il suo profumo
persistente e dolciastro di giglio.
Draco si
costrinse
a guardarla negli occhi e a rispondere con voce roca, misteriosa: -Mi
piacciono
le sorprese; tuttavia purtroppo devo declinare l’invito.
Avremo tempo per fare
pratica in separata sede, se proprio non ci troviamo affiatati, anche
se non
credo capiterà. E’ vero che ci
illuminerà con la sua incantevole presenza qui a
Malfoy Manor fino al nostro… matrimonio?- Solo il
pronunciare quella parola lo
fece sentire sporco, traditore, macchiato e ancora una volta non
poté impedirsi
di pensare alla sua fata del Lago che gli mancava più che
mai. Ginny avrebbe
capito la sua decisione? L’avrebbe perdonato? E le era
piaciuto il regalo?
-Esattamente.
Studierò da privatista qui e assisterò Narcissa
nell’organizzazione della
cerimonia. Diamoci del tu, okay? Ecco, in realtà ti ho
cercato per informarti
che mi vestirò di rosso scarlatto questa sera. Mi trovavo
nella serra appunto
per trovare una rosa da mettere al tuo occhiello dello stesso colore-
affermò leziosamente
Evangeline, appoggiando una mano sul suo petto e leccandosi le labbra.
Draco ne
fu
disgustato al punto che si scostò, mormorando qualcosa sulla
pudicizia che una
donna deve tenere secondo la società aristocratica magica e
la invitò a
rientrare in casa. Il loro ingresso non passò indisturbato:
la ragazza era
avvinghiata al suo braccio in un inequivocabile segno di appartenenza.
Diverse
madri sospirarono scocciate; Draco Malfoy era stato aggiudicato da una
sconosciuta, francese per giunta, che non apparteneva ai Serpeverde e
non dalle
figliuole britanniche dai nomi antiquati che gli facevano la punta da
quando erano
bambine.
…
Il ballo
avvenne in
un tripudio di vestiti sontuosi confezionati su misura e gioielli
luccicanti.
Le ragazze sedevano ai tavolini con le madri, aspettando che gli uomini
le
invitassero a ballare e compilassero il carnet delle danze. Un
quartetto di
archi e una piccola orchestra suonavano musica classica in un angolo,
mentre i
camerieri portavano calici di champagne e piccole prelibatezze su
enormi vassoi
d’argento. Non vi era fonte di luce che non provenisse da
candele: erano così
tante e abilmente disposte nei candelabri che illuminavano a giorno il
salone,
creando giochi di luce attraverso il cristallo. Draco, elegantissimo
nel suo
completo nero, aprì le danze con Evangeline senza sbagliare
un passo: questo gli
costò un commento palesemente soddisfatto dalla sua promessa
–Vedi siamo
perfetti insieme!-
La rosa
scarlatta
all’occhiello del ragazzo si abbinava perfettamente al
pomposo vestito purpureo
che quasi seppelliva la bambina. Il suo carnet era più o
meno tutto occupato
dal nome di Draco; comunque nessun giovane in età da moglie
le avrebbe più
chiesto di danzare, non dopo l’annuncio trionfale del loro
fidanzamento e della
data del matrimonio. Il biondo non ricordava quante volte avesse
ringraziato
per le felicitazioni, le congratulazioni, mentre Evangeline si
stringeva al suo
braccio e cinguettava commenti mielosi come: “Sono certa che
la nostra sarà
un’unione gioiosa!”, “Certamente il
nostro amore sarà il tema principale della
cerimonia” e “Oh, siamo così felici di
condividere con tutti voi la splendida
notizia”. Era un’attrice nata; riusciva far credere
di sembrare frivola e superficiale
senza però perdere quello sguardo calcolatore che metteva
tutti in soggezione. Draco
se ne era accorto benissimo: i suoi commenti subdoli, ingannatori,
quell’affettazione
falsata gli facevano credere che o era cresciuta con già
l’idea di sposarlo o che
sapeva alla perfezione il fatto suo e puntava al prestigio e al
patrimonio dei
Malfoy.
Quando
alla fine
tornò in camera con Theodore e Blaise, dopo aver
accompagnato Evangeline in
camera e averle augurato la buonanotte, Draco si buttò sul
letto laconico,
guardando il soffitto.
-Se non
ti
conoscessi da anni, amico, direi che sei veramente preso da Evageline-
disse
Blaise, preparando tre bicchieri di scotch sul tavolino e aspettando
una sua
reazione, invano. Il ragazzo non si mosse di un millimetro, nemmeno
quando gli
allungò un bicchiere.
Theodore
parlò
piano, ma deciso, bevendo un sorso di liquore con fare pensieroso: -Hai
fatto
bene, Draco. Lei è subdola, si vede: quella sua finta aria
di inesperta è stata
accuratamente montata, però tu adesso devi conquistarti la
sua fiducia, devi
farla innamorare di te. Fingi, inventa qualcosa, dalle importanza;
dovrai
averla tra le tue mani prima del matrimonio e solo allora non
costituirà più
una minaccia-
Il biondo
aprì la
bocca per dire qualcosa, ma l’amico lo precedette, ripetendo
la stessa cosa che
aveva pronunciato quel pomeriggio: -Vedremo, Draco. Torniamo a scuola e
creiamo
un altro piano, ma per ora atteniamoci a questo. Una cosa per volta-
Draco
si addormentò,
con la voce di Blaise in sottofondo: -Non è giusto! Va
sempre a finire che non
pasturo con nessuna perché sono preoccupato per
lui… Mi sa che domani Whitney
non ci sta con me-, sognando
un campo di
violette con un unico, grande papavero rosso al centro.
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Capitolo 20 *** Ritorno ***
POV GINNY
Ginny
saltellò per
il salotto della Tana in un tintinnio di ciondoli, emozionata come se
fosse il
suo primo giorno di scuola; normalmente era difficile essere contenti
di dover
ritornare ad Hogwarts dopo le vacanze di Natale: iniziava il periodo
scolastico
più intenso, si moltiplicavano le verifiche e i professori
rincaravano la dose
assegnando centimetri e centimetri di pergamena da compilare. Inoltre
era
piacevole farsi coccolare a casa propria e stare un po’ in
famiglia, peccato
che la Tana incominciasse ad essere troppo soffocante e che Ginny
avesse un
pensiero ben in mente. Ronald scese le scale con il suo baule che
lievitava a
mezz’aria per un incantesimo Lomocotor sbuffando, rabbuiato
in volto: -Che
cos’è tutta questa felicità, Gin?
Proprio non capisco! Io ho già
un’esercitazione di Pozioni già
mercoledì-
Ginny
strinse le
spalle in un largo maglione nero con i bordi verdi: era quello di Draco
che
aveva trovato nella Stanza delle Necessità; lo aveva
indossato per tutte le
vacanze e aveva perso un po’ del suo profumo.
-Non
è colpa mia se
Piton è un completo str…-
Molly
apparve magicamente
con una pila di panni stirati in mano e un’aria di
rimprovero: -Il professor Piton che
cosa, esattamente,
Ginny?-
-Niente
mammina- la
rossa si sporse e con un sorriso angelico le prese la biancheria dalle
mani
cominciando a salire le scale e depositando il vestiario sul
pianerottolo delle
porte dei proprietari mentre Arnold saltellava dietro di lei.
Distribuiti tutti
i vestiti, andò nella sua camera per controllare di aver
preso tutto.
La voce
di Molly si
sentì fino da lì: -FREEEED! GEORGEEEEEEE! AVETE
PREPARATO IL VOSTRO
BAUUULEEEE?! Non voglio andare di corsa anche oggi! RAGAZZIII
C’E’ LA
COLAZIOOONEEE!-
Ginny
urlò che
sarebbe arrivata e si diede un’occhiata intorno. La stanza
era quasi in ordine. A parte i
libri sparsi
ovunque e ammonticchiati in colonne alte come lei, i vestiti che
fuoriuscivano
dai cassetti colmi, i poster semi staccati dalle pareti, beh, era tutto
okay, o
meglio tutto come sempre. Ginny accarezzò la coperta
patchwork sul suo letto e
i cuscini che aveva provato a ricamare quando aveva sette anni, poi
notò un
angolo di pergamena spuntare da sotto la federa. La afferrò
in preda al panico,
riconoscendo la calligrafia così familiare: -Oddio, ma
questa è una lettera di
Draco! E se l’avessi dimenticata qui? E se la mamma
l’avesse letta?!- Nel corso
delle vacanze Ginny aveva ricevuto cinque lettere provenienti da Malfoy
Manor,
ognuna con l’inconfondibile tono caustico e irriverente,
mischiato qualche
volta ad una dolcezza inusuale da parte sua. Quella che aveva trovato
era
proprio l’ultima lettera arrivata ed era la più
affettuosa:
“Ginevra,
mancano
esattamente
due giorni, otto ore e trentasette minuti, se i miei calcoli non errano
(e non
errano: li ho contati io, dopotutto!) al momento in cui ti
rivedrò sul treno
per Hogwarts. Giuro che ti aspetterò con quattro confezioni
di Cioccorane se mi
degni della tua presenza nel vagone 11. Devo parlarti urgentemente
ed ho qualcosa che ti
appartiene.
Mi
manchi,
Draco
Post
Scriptum: Non
portare la puffola, ti prego, va a finire che mi mangia sempre tutte le
Api
Frizzole!”
Questo
era il
principale motivo per cui Ginny sprizzava
di gioia quella mattina del nove gennaio. Moriva dalla voglia
di rivederlo,
di passare le mani fra i suoi capelli, di sentire il suo profumo su di
lui e
non su un maglione, nonostante fosse di cashmere. Sorrise pensando che
solo
Draco avrebbe potuto scrivere “post scriptum”
così e “se i miei calcoli non
errano”. E poi quel “mi manchi” le faceva
battere il cuore a mille ogni volta
che lo rileggeva. La rossa stava per perdersi
nell’immaginazione quando una
serie di colpi alla porta la riportò con i piedi per terra;
cercò di togliersi
il sorriso ebete dalla faccia ma la sua bocca sembrava non collaborare.
Nascose
la lettera nella tasca dei jeans e si sedette sul letto, tossicchiando
e
dicendo:
-Ehm,
avanti- Charlie
socchiuse la porta ed entrò
guardandosi intorno: poche volte i suoi fratelli entravano nella sua
stanza,
magari quando serviva qualcosa loro o per chiamarla, ma solitamente era
la
cosiddetta “zona proibita”. Molly un giorno aveva
radunato tutti i maschi
Weasley e aveva spiegato che una ragazza aveva bisogno di determinati
spazi
personali, quindi, in una casa così piccola, avere una
camera tutta per sé era
di fondamentale importanza per Ginny e i suoi fratelli
l’avevano sempre
rispettata. Fu per questo forse che Charlie sembrava titubante mentre
si
dondolava da un piede all’altro. La rossa battè la
mano sul letto accanto a
lei, incrociando le gambe e districando i capelli per fare una treccia:
-Vieni
Charlie, non stare sulla porta- così il fratello, come se
avesse ricevuto il
permesso, si sedette vicino a lei. Ginny gli sorrise, incoraggiandolo a
parlare: vedere suo fratello così imbarazzato e silenzioso
la faceva sentire un
po’ a disagio.
-Adesso
che torni a
scuola vedrai il tuo “ragazzo misterioso”?- la
ragazza non aveva voluto mai
fare il nome di Draco a Charlie, non perché non si fidasse
di lui, ma perché
non lo riteneva giusto nei suoi confronti se prima non glielo avesse
chiesto.
Inoltre il falco altezzoso che le portava le lettere si era sempre
rifiutato di
portarne altre di risposta a Malfoy Manor, spazientendola, sebbene
avesse
cercato di adularlo con pezzetti di arrosto o biscotti per gufi di
prima
qualità. Quindi, per ora, Draco era nient’altro
che il “ragazzo misterioso”.
Solo Charlie le aveva fatto capire di essersi accorto che quel
braccialetto con
i pendagli, il maglione nero bordato e le missive non erano
né di Demelza né di
Diane, ma anche le occhiate di Molly e gli sguardi furbi dei gemelli
erano
diventati più curiosi. Per fortuna, l’unico a non
accorgersi di nulla era
Ronald, troppo preso a lamentarsi e a compiangersi. Ci mancava solo che
sfogasse il suo malcontento addosso a lei, perciò tendeva a
stargli il più
lontano possibile. Pensò molto prima di rispondere, ma alla
fine disse
semplicemente: -Sì, però non è ancora
il mio ragazzo. Non ufficialmente, ecco-
Arrossì come un pomodoro, mentre cercava nel cassetto un
elastico per fermare
la treccia.
Charlie
disse
serio: -Volevo solo dirti di stare attenta. Circolano brutte voci, lo
dice
anche papà, sul fatto che probabilmente Voldemort stia
creando il suo esercito
da qualche parte. Devi vigilare a scuola, non girare da sola, non
andare in
dormitorio da sola e… Credo che mi sentirei molto meglio se
per esempio ti
facessi accompagnare da Mister Mistero quando è tardi-
aggiunse ironicamente
con un sorriso sghembo.
Ginny
stette al
gioco e vide la sua espressione allarmarsi: -Oh, sicuramente! Non lo
lascerò un
attimo, nemmeno per tornare in dormitorio. Peccato che sia uno
Slyth…- la rossa
si tappò la bocca troppo tardi perché il viso di
Charlie era già lo
sbigottimento in persona. Probabilmente si immaginava un prestante
Grifondoro o
quanto meno un Ravenclaw , non una Serpe, della Casa tanto avversa
nella
famiglia Weasley.
Il
fratello
trasecolò stupefatto: -Il… ehm , tuo
ragazzo…-
-Non
è il mio
ragazzo- sussurrò Ginny incrociando le braccia.
-Okay, il
tuo quasi
ragazzo è un Serpeverde? Ho capito bene?- Ginny
alzò il viso e fissò i suoi
occhi verde foglia in quelli quasi azzurri di Charlie, poi senza la
minima
esitazione rispose a testa alta, con voce un po’ dura in
realtà: -Sì, è uno
Slytherin. Non credo che questo cambi qualcosa-
Da come
il fratello
addolcì il tono di voce, la rossa capì che
Charlie accettava la sua scelta
perché si fidava di lei: -Proprio così, Gin. Se
ti serve qualcosa, io sono qui.
Ti voglio bene- Abbracciandolo stretto stretto, la ragazza
affondò il naso
nella sua camicia, mormorando a sua volta: -Ti voglio tanto bene anche
io-
…
Il
binario nove e
tre quarti della stazione di King Cross era disseminato di valigie,
gabbie per
gufi, rospi e gatti, bauli, borse. Una fitta nebbia ostacolava la vista
e non
permetteva alle persone di riconoscersi se non da molto vicino; Ginny
avanzava
con i suoi fratelli (e Arnold in nella tasca della giacca) sul
marciapiede,
cercando di salire sul treno. Una volta sistemati i bauli in uno
scompartimento, la rossa ritornò sulla banchina per salutare
sua mamma, Bill e
Charlie. Suo padre era già al lavoro al Ministero e anche i
due fratelli
maggiori sarebbero dovuti ripartire in missione a breve: sarebbero
stati di
nuovo tutti insieme solo a Pasqua. Molly singhiozzava disperatamente,
abbracciandola e baciandola sulla testa con un enorme fazzoletto a
quadri in
mano, mentre lei cercava di rassicurarla: -Mamma, ci vediamo fra
qualche mese, poi
lo sai che ti mando sempre una lettera alla settimana…- Alla
fine la donna si
dedicò a Ronald, così Ginny poté
abbracciare forte Bill e Charlie e farsi
promettere di avere una cartolina per ogni luogo in cui fossero andati.
La
nebbia si era infittita ancora di più e si mischiava in
grigie volute con il
fumo della locomotiva. Il treno fischiò il primo segnale di
indicazione della
partenza quando Ginny si accorse con preoccupazione che Arnold non era
più
nella sua tasca, né tra i suoi capelli.
-Ma dove
si è cacciato
questa volta?! Se ha visto un’altra Puffola, magari una di
quelle tutte rosa
confetto e l’ha seguita… Accipicchia, non si vede
proprio niente- mormorò tra
sé osservando per terra e tra le ultime valige
ammonticchiate sul marciapiede.
Si era allontanata un po’ dal treno e stava chiamando la
puffola, quando si
sentì trascinare dietro un pilastro di cemento nascosto alla
vista di tutti.
Emise un urletto di sorpresa più che di spavento e si
voltò scalciando verso la
persona che la stava trattenendo, decisa a tempestarla di pugni fino a
quando
non l’avesse lasciata.
-Oh
Weasley,
smettila di contorcerti, mi hai appena tirato un calcio- la voce
ironica, roca
e profonda di Draco la sorprese così tanto che si
fermò tutto d’un colpo,
irrigidendosi. Un secondo dopo gli aveva buttato le braccia al collo e
lo aveva
abbracciato ridendo, mentre lui la stringeva forte per i fianchi,
appoggiandola
al suo petto. Ginny poteva vedersi riflessa nei suoi occhi da quanto
gli era
vicina; si sentiva affannata come se avesse corso e percepiva il cuore
batterle
fortissimo nel petto.
-So che
sei senza
fiato, Ginevra, ma che ne dici di provare a respirare?-
sussurrò Draco
solleticandole l’orecchio con le labbra.
-Non
dovevamo
vederci sul treno, Mister-tolgo-il-respiro-alle-fanciulle?- rispose lei
con un
sorriso impertinente, avvicinandosi alle sue labbra senza sfiorarle.
-Infatti-
Draco
provò a baciarla, ma Ginny si tirò indietro
distratta da un rumore penetrante,
mordendosi il labbro: –Il treno ha appena fischiato?-
-Già-
-Forse
dovremmo
andare, allora, tanto ci vediamo nel famoso scomparto undici-
-Eh, no,
adesso ti
bacio perché ho aspettato due settimane per farlo ed ora che
sei qui non voglio
farmi scappare l’occasione- protestò Draco
sonoramente.
-Se la
metti così…-
Ginny si spinse contro il suo petto, infilandogli le mani fra i capelli
sulla
nuca e alla fine le loro labbra impazienti si unirono in un bacio
sempre più
appassionato. Il suo profumo la inebriava e il suo sapore le sembrava
così
familiare e sconosciuto insieme da non volersi scostare mai
più. Alla fine
Arnold pigolò allarmato sentendo il treno fischiare per la
terza ed ultima volta,
così Ginny si allontanò, diede un ultimo bacio
veloce a Draco e, acciuffato
l’animaletto, tornò indietro correndo.
-Ah ma
allora ti eri
messo d’accordo con lui, eh? No, che non sono
arrabbiata… L’hai fatto a fin di
bene dopotutto- gli mormorò mentre saliva la scaletta ed
entrava nello
scompartimento dove aveva lasciato il baule. Aveva molto caldo e
immaginò di
essere tutta rossa; le sue previsioni probabilmente non erano errate
perché non
appena aprì la porta scorrevole ben otto volti la guardarono
come se fosse la
professoressa Mc Granitt con i bigodini. Hermione alzò gli
occhi dal libro che
stava leggendo, Harry, Ron, Seamus, Dean smisero di parlare
animatamente di
Quidditch e la fissarono con le bocche spalancate, Neville la
salutò con la
manina e solo Luna sembrò non stupirsi di nulla: -Ciao,
Ginny hai i capelli un
po’ spettinati, forse che tu abbia un nido di Parvole
Ronzanti in testa?-
chiese fissandola un po’ persa attraverso un paio di occhiali
a forma di
calderone.
Ginny
pettinò i
capelli arruffati con la mano e disse imbarazzata: -Ehm, non credo
Luna, penso
che sia stato Arnold. Adesso scusatemi…-
-Perché
sei tutta
rossa?- domandò sospettoso Ron, guardandola
dall’alto in basso.
La
sorella continuò
forzatamente, evitando di rispondere: -…ma vorrei prendere
il mio baule-
Dean e
Seamus
avevano ricominciato a parlare ed Hermione a dedicarsi al suo libro con
uno
sguardo di sufficienza. Solo allora Ginny si accorse che il suo
bagaglio nella
reticella proprio sopra la testa di Harry, che la fissava imbambolato.
Non
capiva che cosa avesse da guardare in quel modo!
-Vuoi
sederti qui
sulle mie ginocchia, Gin?- le chiese con premurosità,
sbattendo con le mani
sulle gambe.
La rossa
alzò gli
occhi al cielo sia per la stupidità della richiesta che per
l’occhiata
fulminante che le aveva lanciato Hermione e, afferrato il suo baule con
tutta
la grazie possibile, uscì: -Grazie Harry, ma credo che
andrò nello
scompartimento con Diane e Demelza!- Sentì da fuori la voce
del moro
risponderle: -Okay, non c’è problema! Magari dopo
vengo a trovarti-
-Magari
anche no-
borbottò scocciata. Si rese conto che molti altri ragazzi si
erano accorti
delle ultime battute dai risolini e dai sorrisi sornioni che la
seguirono
mentre avanzava di scompartimento. Benissimo, ci mancava solo che Draco
venisse
a sapere che Harry, che non aveva mai sopportato, le stava attaccato
come un
bambino alla gonna di sua madre. Sbuffando si infilò nella
carrozza delle sue
migliori amiche già pregustando le chiacchiere ed gli
aneddoti divertenti delle
vacanze. Non appena la videro le saltarono addosso, abbracciandola
calorosamente e mollando ciò che stavano facendo per venirle
incontro: il
risultato fu un pavimento ricoperto di gomitoli del cestino da cucito
di Diane
e gelatine Tutti i Gusti +1. Si
sedettero come avevano sempre fatto a raccontare tutte le cose D.D.N.
(ossia
Degne di Nota) mangiando cioccolatini e caramelle, così
Ginny potè mostrare il
bracciale, infastidirsi per il comportamento appiccicoso di Harry e
parlare di
Draco.
-Ma stai
scherzando?! Vuoi dire che ti ha chiesto di andare nella sua carrozza?-
urlò
quasi Demelza con gli occhi spalancati, inghiottendo una manciata di
cioccolatini. Diane le mise una mano sulla bocca, ridendo
sommessamente: -Fai
piano, Za! Altrimenti tutta Hogwarts saprà di questa
relazione e noi non
vogliamo dare la nostra migliore amica in pasto alle sorelle Patil, non
è vero?-
Anche Ginny rise di gusto, mentre si sistemava i capelli in una treccia
e
sputacchiando Piperille Nere ovunque. Quanto le erano mancate!
-Però non è giusto, Gin: Draco ha
due amici che sono tra i più fighi della scuola e tu ancora
ne ce ne hai
presentato uno, ingrata!- continuò Demelza imbronciata. La
rossa si alzò e,
controllato che la situazione si fosse calmata nel corridoio dopo il
passare
del carrello delle vivande, rispose fintamente annoiata:
-Vedrò cosa posso
fare… Adesso, se volete scusarmi, vado a vedere dove
è andata la strega dei
dolci; credo proprio che sia laggiù, alla carrozza undici!
Ciao!- le salutò con
la punta delle dita e si incamminò. Provò un
brivido quando vide che le tende
dello scompartimento indicato erano chiuse e si sentì
intimidita leggermente
quando udì delle voci ridere e scherzare
dall’interno. Bussò leggermente e con
un veloce scalpiccio Blaise Zabini spalancò la porta
energicamente con
un’espressione accattivante, lasciandola scivolare dentro. Il
moro richiuse l’uscio
dietro di sé, guardandola con gli occhi azzurri che
scintillavano: -Buongiorno,
bellezza! Come mai da queste parti?-
La voce
di Draco
suonò divertita, ma non del tutto bonaria: -Smetti di
flirtare con la mia
ragazza, Blase- Ginny si voltò e lo vide disteso sui sedili,
che occupava
un’intera fila, mentre Theodore era seduto in fronte a lui e
la fissava
pensieroso, come se volesse esaminarla. Blaise si sedette accanto
all’amico ed
iniziò a raccontargli qualcosa che riguardava una
“sventola da paura Tassorosso”
e “l’aula della professoressa Cooman, un posto
perfetto con tutto
quell’incenso”. La rossa alzò un
sopracciglio in direzione di Draco, seppur
arrossendo un po’. L’aveva chiamata “la
sua ragazza”? Era un’ufficializzazione?
Il ragazzo probabilmente lesse i suoi pensieri con la Legilimanzia
poiché la
guardò con un’aria smaliziata e poi
spostò lentamente gli occhi sulla sua mano
che stava sfiorando il bracciale. Ginny arrossì ancora di
più, ma per fortuna
in quel momento Arnold saltò fuori dalla tasca cinguettando
estasiato e
buttandosi con gioia su di lui, che protestò con un sospiro
smisurato: -Oh, no!
La puffola no!- anche se alla fine iniziò a giocarci con un
dito. La rossa
trattenne una risatina mordendosi il labbro, quindi domandò
giocosa: -Allora,
principe, mi fai un po’ di spazio?- Draco riportò
lo sguardo su di lei,
provocante, sfacciato: -No-
-Vorrà
dire che mi
metterò proprio qui, accanto a Blaise, vicino
vic…- non fece nemmeno in tempo a
finire la frase che il biondo con un movimento fulmineo la
afferrò per la vita,
tirandola sopra di sé: -Credo che tu stia molto meglio qui-
disse per spiegare
con un finto tono di scuse, stringendola forte. Theodore si
alzò e fortemente
sarcastico esclamò: -Vieni Blase, andiamo a farci un giro;
dobbiamo cercare
quella Tassorosso… Torniamo fra un’oretta-
concluse alzando gli occhi al cielo.
L’amico lo seguì borbottando: -Prendetevi una
stanza. Io almeno vado nello
sgabuzzino- I due ragazzi ridacchiarono, ma non si spostarono, Draco
appoggiò
la sua fronte contro quella di lei, guardandola negli occhi. Poi
alzò una mano
e sciolse la sua treccia con pochi movimenti così che i
boccoli ramati le
ricaddero attorno al viso.
-Allora-
iniziò il
ragazzo, accarezzandole le braccia. I suoi occhi sembravano di metallo
fuso.
-Allora-
rispose
Ginny reprimendo un sorriso.
-Sei
bellissima-
La rossa
sbuffò
cercando di non sorridere: -Sbruffone- Draco alzò un angolo
della bocca,
aspettando come se avesse il sentore di dover ascoltare qualcosa
così Ginny
continuò, alzandosi leggermente per osservarlo meglio:
-Volevo ringraziarti per
il bracciale, è così bello, ma è il
significato che mi ha emozionata. Sono
tuttti i nostri… posti. Sai, ho ripensato a che cosa era
successo nella Stanza
delle Necessità- il ragazzo provò ad
interromperla, ma lei lo zittì posandogli
delicatamente un dito sulle labbra –Fammi finire. Ci ho
ripensato e ho capito
che avevo sbagliato. Sono una persona orgogliosa, lo sai,
così quando Ron mi ha
detto quelle cose, io.. io ci ho creduto subito senza nemmeno aver
ascoltato
prima la tua versione. Mi sono sentita usata, illusa ed ero arrabbiata,
e
ferita! Mi sembrava che andasse tutto bene…- una lacrima
solitaria scivolò
sulla sua guancia, anche se lei abbassò la testa,
nascondendosi dietro i
capelli per non farsi vedere. Draco si tirò più
su e le prese in viso fra le
mani, facendoglielo alzare: -Ginevra, mi dispiace. Quel giorno quando
ho detto
a tuo fratello quelle cose, è stato solo per vendicarmi. Mi
aveva accusato di
essere un Mangiamorte ed io mi sono infuriato, perché
sebbene non mi sentissi a
tutti gli effetti un servo di Voldemort- la ragazza spalancò
gli occhi, ma
rimase in silenzio, anche quando Draco risvoltò la manica
della sua camicia
mostrando il tatuaggio nero sulla pelle –avevo il suo Marchio
stampato
indelebile per sempre sul mio corpo. Sono impuro, sono sporco! Ma la
cosa di
cui mi pento di più in assoluto è stata forzarti
a baciarmi, quella notte. Non
credo me lo perdonerò mai- Ginny sapeva che Draco era
marchiato con il simbolo
del Signore Oscuro, ma lo aveva sempre tenuto nascosto alla vista,
soprattutto
a lei, perché l’odiava profondamente. Una tale
prova di fiducia era toccante. La
ragazza non disse nulla, solo lo osservò con quei suoi
enormi occhi verdi
lucenti per le lacrime che scendevano senza interruzione, silenziose,
cadendo
anche sul braccio scoperto di Draco e lambendo i bordi del tatuaggio.
Poi
avvicinò il viso al suo e posò un bacio, leggero
come un fiocco di neve, sulla
sua bocca: quel bacio era il suo perdono nella forma più
pura e una consolazione
nell’unico modo che in quel momento gli sarebbe potuto
servire. C’erano tante
cose da dire, lo sentivano entrambi, ma in quel momento non avevano
fretta.
Godevano della loro semplice presenza e del calore della vicinanza; era
confortante sapere di non essere soli. Draco affondò una
mano nella tasca dei
pantaloni e le fece ondeggiare un medaglione dorato molto familiare
davanti
agli occhi. Ginny li sgranò stupefatta, afferrandolo con
delicatezza: -Ma dove
l’hai trovato? L’ho cercato dappertutto!-
-Nella
stanza delle
Necessità, Gwenhwyfar-
rispose appoggiando il mento sulla sua testa e citando il nome inciso
sul
gioiello.
La voce
della rossa
arrivò ovattata dalla sua spalla, mentre si indicava
l’indumento nero: -Perché
io trovo un tuo maglione sdrucito e tu un cimelio di famiglia?-
Draco
rise gettando
la testa all’indietro e accarezzandole un braccio avvolto
nella morbida lana:
-Mi sembrava che fosse familiare questa maglia, in un certo senso!-
-Non
credo te lo
restituirò, è così morbido-
-Grazie!
Puro
cashmere australiano…- la prese in giro il ragazzo,
sussurrandole in un
orecchio. Ginny rabbrividì per il piacere ed alzò
il viso verso di lui, affermando
sincera: -Sei mancato molto anche a me- Quando si baciarono,
sembrò che fosse
la prima volta. Un tempo aveva deciso che l’amore per lei
doveva essere
familiare e turbolento insieme. Stare con Draco era proprio
così: come essere
in un luogo sicuro, ma con l’eccitazione di non sapere dove
fosse o che cosa
sarebbe successo. Andava tutto bene, per ora.
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Capitolo 21 *** Certezza ***
POV GINNY
-Ginny,
miseriaccia, vuoi lanciare dritta per una
volta quella cavolo di pluffa? Non è difficile!-
l’urlo ironico ed
esasperato di Ron attraversò il campo e rimbombò
sugli spalti, non c’era
nessuno a quell’ora. Dopotutto non poteva biasimare gli
studenti di Hogwarts
che stavano rintanati al calduccio in Sala Grande: la pioggia
imperversava come
se dovesse avvenire il diluvio universale e il vento schioccava nemmeno
fossero
in mezzo all’Oceano Atlantico. Il cielo, livido e scuro, fu
squarciato da un
lampo che illuminò per un attimo i contorni del castello.
Ginny volò verso la
porta ad anelli del campo di Quidditch, puntando suo fratello Ron ed
infuriandosi
mano a mano che avanzava mentre Demelza cercava di seguirla per
calmarla: -Gin,
che ne dici se andiamo a mangiare qualcosa? Cioccolato magari? E se
lasciassi
perdere Ronald…? Lo conosci ormai! Ti prego, Gin, no,
no…-
La rossa
urlò
istericamente, scostandosi le ciocche vermiglie bagnate dagli occhi e
gettando
il mantello alle sue spalle: -Eh, no. Ginny passa la palla, Ginny vai
in ricezione,
Ginny più veloce! Non ne posso più! Ah, ma adesso
mi sente- Le era sembrata una
buona idea fare un po’ di allenamento in vista della prossima
gara di Quidditch
contro Corvonero, nonostante avesse molte cose da fare. Inoltre Harry
le
avrebbe dato pace una volta per tutte, o così sperava;
l’aveva rincorsa per
giorni prima che gli concedesse un allenamento. Le prime settimane dopo
la
scuola erano state turbolente e frenetiche: i professori non avevano
esitato a fare
verifiche a sorpresa, esercitazioni da esame o altre sadiche pratiche
che li
riguardavano. La rossa si era addormentata diverse volte sui libri la
sera; la
biblioteca era ormai diventata la sua camera e Draco un insegnante; era
veramente un genio, soprattutto nelle materie che le risultavano
più difficili.
Pozioni, prima di tutto. Harry probabilmente intravide il pericolo per
il suo
migliore amico perché scese in picchiata e si unì
a Demelza nel cercare di
farla ragionare: -Che ne dici se finiamo l’allenamento
un’altra volta, eh,
dolcezza?- Ginny si voltò scocciata e gli gridò
di farsi gli affari suoi, anche
se dopotutto aveva ragione. Pensò che non le avrebbe giovato
a nulla litigare
ancora con Ron; già i rapporti fra loro erano turbolenti per
via della sua
“ribellione”: c’era sempre qualcosa che
non gli andava bene, che fossero le
camicie troppo attillate o il trucco troppo evidente. Aveva dovuto
stare
attenta che non si accorgesse che verso sera, dopo il coprifuoco, era
solita
uscire dal dormitorio per andare da Draco, ma a quell’ora
normalmente il
fratello era già alle prese con un Fire Whisky per fortuna,
così che non era
difficile passare inosservati. I gemelli avevano capito già
da un po’ che aveva
una relazione tanto che la prendevano in giro con sottili insinuazioni
che,
nemmeno a dirlo, Ron non coglieva mai. Quindi, al posto di andare a
stritolarlo
con le sue mani, atterrò, graziandolo e bagnata fradicia si
diresse allo
spogliatoio, senza chiedere il permesso al capitano.
-Okay
ragazzi per
oggi abbiamo finito, andiamo- urlò Harry con tono
forzatamente allegro in
risposta –Siete stati molto bravi, dobbiamo solo riprovare
quello schema a
doppio rombo e poi…- Ginny si chiuse in bagno, sovrastando
con il rumore
dell’acqua corrente della doccia i suoni circostanti. Era
gelata e non vedeva
l’ora di tuffarsi sotto le coperte calde della sua stanza.
Demelza fece
scivolare dei vestiti asciutti dentro al bagno e richiuse la porta
mormorando:
-Ti aspetto per cena in Sala Grande, sbollisci un po’ tutto
questo nervosismo-
Sospirando di frustrazione, la rossa fece una lunga doccia bollente e
si prese
tutto il tempo per asciugarsi e vestirsi. Si stava sistemando davanti
allo
specchio quando sentì qualcuno schiarirsi la voce
dall’altra parte del muro.
Con ancora la spazzola fra i capelli si irrigidì, smettendo
di pettinarsi; con
il cuore in gola si appiattì contro il muro e chiese: -Chi
è?-
Una voce
ormai sgradevolmente
familiare le rispose: -Tesoro, sono io- se Harry si fosse azzardato
un’altra
volta a chiamarla “tesoro” avrebbe fatto una brutta
fine perché Ginny non
credeva di avere abbastanza autocontrollo né per fermare
Draco qualora lo
avesse sentito né per garantire di se stessa. Era stremata,
irritata e affamata
perciò sbottò senza trattenersi oltre, aprendo la
porta di scatto: -Ma si può
sapere che cosa vuoi da me, Harry? Eh? Che cosa vuoi?!-
Scandì
le ultime parole
talmente bene che quasi sillabò. Harry
indietreggiò incespicando e balbettando,
ma non le fece pena nemmeno un po’: -Volevo solo parlare,
tes…-
La rossa
avvicinò
il suo viso a quello del ragazzo, fissandolo negli occhi con
espressione seria,
che non presentava nemmeno l’ipotesi che stesse scherzando:
-Non mi chiamare
più “tesoro”,
“dolcezza” o qualsiasi altro appellativo frivolo,
se no giuro che
non potrò rendere conto delle mie azioni- Un nuovo sguardo
s’impossessò degli
occhi del ragazzo: divennero più ardenti, quasi febbrili; le
sembrarono quelli
di quando qualcuno si complimentava con lui, di quando puntava ad
un’impresa e
volesse a tutti i costi raggiungerla. Ginny si riscosse e
cercò di
allontanarsi, vedendo quanto gli era poco accettabilmente vicino, anche
se
dopotutto Harry era come un fratello per lei. Solo in quel momento si
rese
conto che una relazione non sarebbe potuta funzionare fra loro
perché il moro
non l’avrebbe mai considerata una sua pari e rispettata per
come era veramente.
L’avrebbe chiusa in una teca di vetro e mostrata a tutti
orgoglioso: la sua “bambola”,
la sua “moglie bambina”; I suoi genitori sarebbero
stati felici dell’unione con
il Bambino-che-è-sopravvissuto, i suoi fratelli non
avrebbero notato, se non
troppo tardi, la tristezza nei suoi occhi. Ginny non avrebbe potuto
sopportarlo
e questo era un altro motivo per cui amava stare con Draco. Quando
l’abbracciava
forte, quando la baciava con passione, quando le spiegava qualcosa,
quando le
parlava di come suo padre lo picchiava, quando le permetteva di stare
con lui
durante le dolorose e tremende chiamate di Voldemort, non le aveva mai
dato
l’impressione che avesse paura di turbarla, di romperla o che
non potesse
sopportare tutta la bruttezza della sua vita. Non la sovrastava mai,
né la
metteva in soggezione; ascoltava tutto quello che diceva e solo dopo
esponeva
il suo parere. Ben celato da un profondo sarcasmo, c’era
tutto il rispetto che
provava per lei e Ginny credeva assolutamente che senza la stima non
potesse
esserci amore. Presa da questa consapevolezza improvvisa, seguendo
assente il
filo dei suoi pensieri, non si rese nemmeno conto che Harry si era
avvicinato
troppo al suo viso e la fissava come se volesse mangiarla.
-Sei
così bella-
mormorò bramoso, intrappolandole il volto fra le mani e
baciandola con
violenza. Fu un gesto talmente inatteso, tanto estraneo e ignoto che la
lasciò
senza fiato. Aveva sognato per anni di
baciare quelle famose labbra ed ora che stava succedendo
l’unica cosa che
riusciva a pensare era: -E’ sbagliato, è tutto
sbagliato, tutto completamente
sbagliato!- Perciò si divincolò con uno
strattone, spintonandolo al petto e
allontanandosi il più possibile, ma Harry non sembrava
intenzionato a lasciarla
andare una volta che finalmente era sua poiché
appoggiò di nuovo la bocca sulle
sue labbra, facendosi strada con la lingua invadente. Ginny era nel
panico, non
sapeva assolutamente cosa fare se non dibattersi selvaggiamente: le
ritornavano
in mente i momenti passati con il moro a giocare a
Quidditch sulle vecchie Nimbus 2000
scalcagnate, a lanciarsi palle di neve, a rubare i biscotti a Molly;
era come
baciare suo fratello, era come baciare Ron! Sentì un conato
salirle in gola, lo
stomaco contrarsi dal disgusto, così, con un ultimo
spintone, si allontanò e
corse via. Harry la inseguì, determinato a non farsela
scappare: -Gin, dove
vai? Io so che mi amavi ed ora che ti amo anche io mi rifiuti? Hai
capito?! Ti amo!
Non potrai evitarmi per sempre-
I
corridoi della
scuola erano deserti, evidentemente tutti gli alunni erano a cena in
Sala
Grande, dove avrebbe dovuto esserci anche lei se la sua vita non fosse
stata
messa sottosopra dal migliore amico di suo fratello;
rabbrividì, accorgendosi
di avere ancora i capelli bagnati e gocciolanti. Nella fretta della
fuga, si
era dimenticata la giacca. Entrò nella Stanza delle
Necessità, doveva
incontrarsi con Draco dopo l’allenamento. Fortunatamente lui
non era arrivato: Ginny
si vergognava moltissimo di quello che era accaduto e temeva la sua
reazione se
involontariamente avesse letto i suoi pensieri con la Legilimanzia. Il
camino
scoppiettava nella Stanza, una brocca di cioccolata calda e gli
irrinunciabili
biscotti erano di conforto sul tavolo. La rossa si accoccolò
davanti al fuoco avvolta
in una coperta di lana, riscaldandosi e pensando mentre fissava le
fiamme bluastre
danzare sulla legna. Non poteva raccontare tutto a Draco, non subito
almeno: si
fidava di lui, ma non sapeva come avrebbe reagito. Insomma, quella di
Harry era
una dichiarazione in piena regola e non importava che cosa pensasse
Ginny, era
comunque una minaccia. Doveva trovare qualcuno che le insegnasse a
schermare la
mente e a nascondere i suoi pensieri. L’unica persona che le
sembrò adatta in
quel momento era Theodore, però aveva sempre avuto
l’impressione che lui la
squadrasse, l’esaminasse, come per comprendere
perché piaceva tanto a Draco. Era
una persona molto misteriosa poiché Ginny
non era ancora riuscita a capirlo, lo sentiva distante, ma lo
rispettava. Aveva
bisogno di lui; tanto avrebbe potuto anche non sapere i particolari:
voleva
chiedergli in che modo si schermavano i pensieri, non provare a farlo
davanti a
lui, così fece apparire una pergamena ed una piuma e scrisse
un messaggio
sbrigativo. Scivolò via dalla Stanza attentamente
poiché il tempo scorreva e a
breve Draco sarebbe andato a cercarla. L’incontro con Theo
era alle dieci nella
torre di Astronomia. A quell’ora non c’era mai
nessuno là, o almeno sperava che
la professoressa Sinistra non avesse deciso di mostrare ai secondini
l’allineamento di Venere e Giove proprio quella sera.
Cercando di non farsi
notare, Ginny percorse i corridoi illuminati dalle fiaccole rasente il
muro e
giunse alla Torre Ovest, nella cui cima si trovava appunto
l’aula di Astronomia.
La scalinata che portava alla Torre era di pietra massiccia e i gradini
erano
alti e ripidi; la rossa si strinse fra le sue stesse braccia, saltando
a due a
due gli scalini per arrivare prima. Arrivata in cima, si
chinò con le mani
sulle ginocchia, respirando affannosamente per lo sforzo. Non
c’è nulla di
meglio della fatica fisica per dimenticare le angosce mentali.
-Weasley-
Ginny si
voltò di scatto, percependo la voce e la presenza di
Theodore dietro di sé. Il
ragazzo era in ombra, i suoi occhi brillavano come pietre di agata
color
caramello, ma non sorrideva. Era di una bellezza strana, esotica:
soprattutto
le sue iridi le sembravano di un colore indefinibile.
-Mi
chiamo Ginevra-
il tono suonò leggermente scocciato. Non lo aveva mai
offeso, né infastidito,
per cui che cos’era tutto questo rancore ingiustificato verso
di lei? O era
segretamente innamorato di Draco o teneva così tanto a lui
da volerlo difendere
da qualsiasi cosa che avrebbe potuto procurargli un dolore.
Theo si
addolcì,
avvicinandosi a lei e posandole una mano sul braccio: -Allora, che di
cosa hai
bisogno? Sembri turbata- La scrutò a fondo, cercando di
leggere i suoi occhi.
Ginny si morse il labbro, non sapendo bene come spiegare ciò
che era successo,
così alla fine disse solo: -Devo imparare a schermare i miei
pensieri-
Lo
sguardo del
ragazzo era talmente penetrante e acuto che dovette distogliere il suo.
Camminò
per la stanza, seguendo circolarmente il perimetro del muro, ricoperto
di
enormi mappe stellari. Le costellazioni segnalate da piccoli puntini
fosforescenti creavano sulle pareti bellissimi disegni mitologici;
intravide
Cassiopea seduta fieramente sul trono regale, la Lira,
l’incantevole strumento
di Orfeo, con il quale era riuscito a varcare il regno dei morti. La
domanda che
temeva più di tutte arrivò dopo molto tempo,
quando già era passata
all’emisfero boreale: -Che cosa devi nascondere? E,
soprattutto, a chi?-
-Non
è necessario
che tu lo sappia- mormorò, sfiorando Orione sul muro. Non
aveva il coraggio di
guardarlo in faccia.
-Come
desideri, ma
non ti assicuro che non lo leggerò, qualunque cosa sia,
mentre ti insegno come
fare. Cominciamo- Theo si posizionò proprio nel centro della
stanza, colpito
dai raggi di luna che filtravano dal lucernario di vetro, evidenziando
i
pulviscoli danzanti nell’aria e la sua figura alta. Ginny lo
imitò, fissandolo
attenta, ma silenziosa.
-Prima di
tutto
devi sapere che la Legilimanzia è un’arte nobile
che va praticata con costanza
e applicazione fin dalla più tenera età- la rossa
alzò gli occhi al cielo
perché le sembrava di assistere ad una vera lezione; inoltre
Theo aveva tutta
l’aria di un professore mentre gesticolava moderatamente per
chiarire i
concetti –Se
mi avessi chiesto di
insegnarti a diventare Legilimens, sarebbe stato impossibile, ma, visto
che
vuoi solo nascondere qualche cosa…. Proviamo- Smise di
camminare avanti ed
indietro e aggrottò la fronte, fermandosi come in attesa.
Ginny all’inizio non
percepì nulla, voleva controbattere che non sapeva nemmeno
come funzionasse la
Legilimanzia, ma subito si accorse di una presenza, non invadente,
soltanto
superflua che scorreva veloce tra i suoi ricordi come un album
fotografico. Alcuni
erano vecchissimi: la prima volta in cui aveva fatto una torta con sua
mamma,
quando la chiamavano “Carotina” per via del colore
rosso acceso dei capelli, i
dispetti a zia Muriel che sonnecchiava sul divano aiutata dai gemelli,
suo
padre che le spiegava come funzionava un tostapane babbano. Poi
iniziò a
cogliere anche le emozioni più forti che avevano
caratterizzato ogni momento;
imbarazzo, gioia, tristezza, divertimento si mescolavano in un vortice
di
colori dietro alle sue palpebre e scoppiavano come fuochi
d’artificio variopinti.
Le parole
di Theo
arrivarono da lontano, anni luce da lei: -Devi provare a respingermi o
se no
dovrò accedere ai tuoi ricordi più intimi per
spronarti- Le sembrava che i suoi
ricordi fossero ordinatamente riposti in una lunga cassettiera,
etichettati in
ordine cronologico. Vide mentalmente un’ombra che
s’intrufolava nel cassetto
più recente, così la seguì: erano i
ricordi di quell’anno. Iniziò ad allarmarsi
quando Theo entrò nel ricordo che presentava la prima volta
in cui aveva
parlato con Draco sulla quercia sul lago, quando raccontava con Demelza
e Diane
di come si era comportato il ragazzo, poi lesse i suoi primi pensieri
su quanto
era bello…
-Basta!
Sono i miei
ricordi! Non puoi fare così- esplose con la testa fra le
mani, riversando tutto
il suo sdegno sul ragazzo che stava violando la sua
intimità.
-Respingimi
o
continuerò- fu l’impietosa risposta. Theodore era
nella sua mente sempre più
avanti di lei, non riusciva a stargli dietro. Ginny corse tra gli
scaffali
della sua testa, raggiungendo il moro e scansando le immagini della
Stanza
delle Necessità, tinta del rosso del suo piacere, della
bocca di Draco, del
bracciale che le aveva regalato a Natale. Quando infine furono tutti e
due
nella diapositiva di quel giorno stesso, la rossa vide la Ginny del
ricordo che
si pettinava davanti allo specchio e sentì, chiaro come se
fosse vero, lo
scalpiccio dall’altra parte della porta. In preda al panico,
cercò di
posizionarsi davanti ad essa e gridò
d’insofferenza, con le lacrime che
scendevano copiose sulle sue guance. Theodore era impassibile, di
quell’indifferenza istruttiva che potevano possedere solo gli
Slytherin, così
immuni ai sentimenti e ai dolori altrui. Ginny rivisse con orrore il
momento di
rabbia violacea e rossastra in cui apriva la porta del bagno dello
spogliatoio
e vedeva Harry, gli urlava di non chiamarla più
“tesoro”. Potè solo osservare
inesorabilmente il moro, che notandola sovrappensiero, si avvicinava
sempre di
più alle sue labbra, le sussurrava cupido
all’orecchio… Solo allora l’ondata di
carica elettrostatica ruppe gli argini della sua mente e
tagliò il contatto,
sbalzandoli indietro, a terra, sul duro pavimento della Torre. La
ragazza si
accoccolò sul pavimento, piangendo sommessamente in
posizione fetale. Si
sentiva svuotata, profanata, ma c’era riuscita. Non si era
nemmeno resa conto
di come avesse fatto, era stata più che altro una reazione
istintiva, un
rifiuto immediato, primordiale. Theo si sdraiò accanto a lei
laconico, con lo
sguardo perso sulla luna, imprigionata dalle sbarre del lucernario:
-Draco non
entrerà mai nei tuoi pensieri come ho fatto io stasera. Ho
pensato che
affrontare subito la prova più gravosa, ossia scacciare
un’influenza dalla
propria mente, ti avrebbe reso più facile nascondere un
semplice ricordo.
Bastava che tu lo prendessi da quella cassettiera e lo spostassi in un
luogo
più sicuro. Sono stato invadente e precipitoso; è
solo che sembri così forte,
così sicura, però alla fine sei come tutti noi:
hai una corazza per proteggerti
dal dolore. Ti porgo le mie scuse-
Ginny si
girò nella
stessa posizione del moro, calmando il respiro mentre osservava la
luna; apparì
quella di sempre mentre pronunciava risoluta: -Mi servirà,
prima o poi- indugiò
un attimo prima di aggiungere -E per quanto riguarda Draco...-
-Non
voglio sapere
nulla di quello che è successo oggi pomeriggio fra te ed
Potter, non potrei
nemmeno dirti che disapprovo il fatto che tu glielo tenga nascosto,
avrai le
tue motivazioni. Però ricorda: Draco è un ragazzo
difficile, ma sa ragionare.
Mentire non giova mai a nessuno- parlò con il rimorso nella
voce, come se si
fosse ricordato di un episodio doloroso della sua vita. Ginny
posò una sua
piccola mano su quella di Theo per confortarlo e il ragazzo
sobbalzò, spostando
lo sguardo dal suo viso alle mani unite.
-Grazie
di cuore-
sussurrò la ragazza prima di alzarsi.
Stava
già
andandosene quando il moro la fermo: -Non farlo soffrire, Ginny. Sei
tutto ciò
che ha-
-Non lo
farò-
quella era la sua unica certezza.
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Capitolo 22 *** Insieme ***
POV DRACO
C’era
una sola cosa
che in quel momento preoccupava Draco Malfoy, tanto da farlo camminare
su e giù
per la stanza e passare nervosamente le mani fra i capelli: doveva dire
a Ginny
del suo matrimonio con Evangeline Blanchard. Lo aveva già
taciuto per troppo
tempo; sul treno per Hogwarts si era ripromesso di raccontarle tutto,
di non
trattarla come se fosse di cristallo, di renderla partecipe, sebbene
non lo
volesse completamente, dello schifo della sua vita. Non era convinto
fino in
fondo perché Ginny per lui era una ragazza lunare. Gli era
venuto in mente
questo appellativo quando una delle prime volte in cui
l’aveva vista era andato
in Infermeria per medicarsi il Marchio bruciante e lei era dormiente,
mezza
scoperta, ma avvolta in tanti raggi di luna. In quel momento aveva
pensato che
sembrava davvero qualcosa di puro e limpido, simile al satellite
candido della
Terra mentre lui si sentiva contaminato e aveva paura di sporcarla, di
far
nascere crateri lividi sulla pelle diafana al solo tocco, di intaccare
la sua
trasparenza cangiante. In quelle settimane però aveva capito
che Ginevra era il
suo Sole, il suo centro. Quando non c’era, gli mancava, se
era presente, si
sentiva completo. Passava gran parte delle sue giornate con lei, spesso
di
nascosto, ma era diventata così peculiare che ne percepiva
subito il vuoto. Allora
come dirle che tra meno di tre o quattro mesi sarebbe stato
indissolubilmente
legato da un anello, da una cerimonia, da un vincolo a una bambina che
nemmeno
conosceva? Tutto si sarebbe squilibrato: già la loro
relazione, a causa dei
sotterfugi stancanti che dovevano usare per nascondersi e per i loro
due
caratteri dominanti non sempre facili, era un castello di carte tenuto
insieme
da una grande forza di volontà, ma pronto a crollare al
primo soffio di vento.
Sapere di Evangeline avrebbe logorato Ginny. Era probabile perfino che
desiderasse di non avere più nulla a che fare con lui, per
quanto gli sembrasse
un’aberrazione. Draco, solo nella sua stanza, diede un calcio
ad un tavolino,
gettandolo gambe all’aria e rovesciando dei libri e la
lampada. Possibile che
fosse così difficile? D’altra parte se non glielo
avesse detto, Ginny si
sarebbe arrabbiata moltissimo, ferita per quella mancanza di fiducia
che tanto
si erano ripromessi, sarebbe rimasta distrutta
dall’improvvisa notizia,
l’avrebbe evitato, allontanato e questo non poteva
sopportarlo. Dovevano
lottare e trovare al più presto un’idea, insieme.
Capì che bisognava evitare le
incomprensioni e gli errori del passato che tanto li avevano fatti
soffrire per
trovare un’intesa ancora più forte e solida. Lei
gli aveva donato il suo cuore,
la sua fiducia: ora toccava a Draco dimostrarlo.
Quando
arrivò nella
stanza delle Necessità, capì che c’era
qualcosa che non andava. Insomma, non
c’erano cartine di cioccolatini in giro, né un
libro aperto sul bracciolo della
poltrona o quaderni sparpagliati sulla scrivania… Non
c’era Ginny.
-Che
strano. Dovevamo
vederci qui alle dieci- pensò controllando l’ora
sul massiccio orologio a
pendolo sopra al camino –Magari è in ritardo.
Arriverà- Si stese sul letto e
guardò il soffitto che era come un angolo di cielo stellato.
Voleva aspettarla,
ma in poco tempo si addormentò, stanchissimo.
Passò gran parte della notte
senza sogni, poi rivisse quell’incubo che da un po’
di tempo lo tormentava con
la sua ineluttabilità: Draco si vedeva, lacero e
insanguinato, ai piedi di una
figura scura, con due bracieri rossi che ardevano nelle orbite degli
occhi e dei
ragni pallidi e scheletrici come mani. Essa non parlava mai, lo
torturava e
basta, lentamente. Ogni tanto dei raggi verdi di incantesimi bruciavano
come
stelle cadenti mortali per la stanza gocciolante e rossa di sangue,
mentre le
urla di dolore, i lamenti e le catene tintinnanti assordavano le
orecchie che
non volevano più sentire. Il ragazzo si contorceva sul
pavimento appiccicoso e
sentiva delle fitte insopportabili: come acido corrosivo nelle vene,
aghi
robusti che penetravano nelle ossa, vetri affilati che incidevano la
pelle
senza pietà. Fuori, sembrava tutto a posto, dentro, si
sentiva morire. Non
urlare e dimenarsi era impossibile; la
morte, l’unica dolceamara alternativa, era
intesa come una rassegnata liberazione. La
figura smetteva di torturarlo solo quando sveniva e senza forze veniva
trascinato in un angolo, immerso nel suo stesso sangue. Avrebbe potuto
sopportare tutto questo, se poi non avesse sentito nello stato di semi-
incoscienza in cui si trovava una voce femminile urlante, sottoposta
alla sua
stessa sofferenza: la voce di Ginny.
Di solito
Draco si
svegliava a questo punto ogni notte, urlando e faceva alzare i suoi
compagni di
stanza che lo scuotevano fino quando non capiva di essere ad Hogwarts,
nella
sua camera. Per questo motivo, cercava di non addormentarsi per non
cadere
vittima ancora di quell’incubo crudele: di notte passeggiava
per il castello,
chiacchierava con i fantasmi, leggeva, però durante il
giorno era talmente
stanco che faticava a tenere gli occhi aperti. Era una continua
sofferenza
psicologica. Aveva perfino provato di chiedere aiuto al professor Piton
che gli
aveva prescritto delle pozioni per lo più inutili; qualcuno
stava cercando di
forzare la sua mente e per ora non c’era rimedio. Ginny
sapeva dei suoi incubi,
conosceva le dinamiche del sogno ed i soggetti, ma non era al corrente
che la
cosa che più lo faceva impazzire era la fine, quando
compariva lei con i suoi
bei capelli fiammanti che danzavano al buio in quella stanza maledetta.
Anche
quella sera si svegliò in quel punto, scosso da una persona
accanto a lui,
vedendo ancora le immagini devastanti dietro alle palpebre.
Aprì piano gli
occhi nella penombra e sentì dei capelli lunghi
solleticargli il collo,
qualcuno che lo abbracciava forte, che seppelliva il viso nella sua
spalla.
Ginny era stesa di fianco al lui e sussurrava al suo orecchio parole
rassicuranti con voce tremula e rotta dal pianto, accarezzandolo tra i
capelli.
Draco si voltò, stringendola forte per farle capire che era
sveglio: -Ehi-
La rossa
alzò sollevata
il viso dalla sua spalla, guardandolo dal basso con gli occhi bagnati,
poi
bisbigliò, sorridendo appena: -Ehi-
-Se avevi
bisogno
di qualcuno che ti scaldasse bastava chiedere- il ragazzo
allacciò le sue mani
dietro la schiena di Ginny, stringendola dolcemente. La risata in
risposta fu
come balsamo rinfrescante su una ferita e lo rincuorò
così tanto che la baciò,
a lungo, percependo più che mai il corpo premuto contro il
suo e il profumo di
violetta. Segnò con un dito il profilo del suo viso,
vedendola socchiudere gli
occhi dal piacere e depositò altri piccoli baci sulle sue
guance, sul mento,
sulle orecchie, sul collo e di nuovo sulle sue labbra rosse. La ragazza
mugolò
ed infilò le mani fresche sotto la sua camicia, solleticando
leggera come una
piuma gli addominali e il petto. Il suo medaglione brillava nel buio
come una
pietra bagnata. Draco si sentiva vivo, inebriato dalla sua presenza e
dal suo
calore così avvolgente; baciarla era naturale come
respirare. Poi,
all’improvviso Ginny aprì gli occhi, allarmata e
si staccò: -Draco, devo
parlarti immediatamente-
Il
ragazzo si
allontanò un poco senza smettere di accarezzarle la schiena,
ma prestandole
tutta la sua attenzione e rispose baciandole dolcemente il collo: -Ti
ascolto
sempre, lo sai-
-Davvero-
la
serietà nella sua voce e l’allontanarsi ancora un
poco gli fecero capire che
qualunque cosa Ginny dovesse dirgli la opprimeva più di
quanto credesse, così
si sedette guardandola negli occhi, completamente concentrato. La rossa
si
stava torturando le mani, evidentemente combattuta. Draco
s’addolcì talmente
tanto per la sua incertezza da baciargliele e sussurrare: -Dimmi tutto.
Ti prometto
che non ti interromperò- Rassicurata dalle sue parole,
cominciò sedendosi a
gambe incrociate di fronte a lui: -Ieri
pomeriggio ho avuto un allenamento di Quidditch. Dopo tanti giorni che
Harry mi
chiedeva con insistenza di esserci, ho detto di sì e sono
andata. Poiché Ron mi
dava sempre addosso e mi urlava contro, ho perso la pazienza e me ne
sono
andata- Draco sentì un aculeo di istantaneo rancore verso il
fratello di Ginny
che la umiliava sempre, però non fece commenti –Mi
sono rifugiata nel camerino
e mentre mi stavo pettinando ho sentito qualcuno dietro la porta, ho
aperto e
c’era Harry- Fin qui nulla di strano, perciò il
ragazzo non capiva da dove
provenisse tutta quell’agitazione febbrile. Insomma Potter
era il Capitano…
Poco dopo iniziò ad immaginare qualcosa di molto spiacevole
che potesse essere
successo e le idee che gli vennero in mente furono troppe. Ginny
continuò,
muovendosi nervosamente sul posto: -Devi sapere che è da un
po’ di tempo che
Harry sembra essersi interessato a me: mi fa regali, cerca di
abbracciarmi, mi
segue, mi chiama “dolcezza” o
“tesoro” anche se io gli ho detto più
volte di
smetterla- A questo punto immaginare fu fin troppo facile per Draco che
con un
lamento di sofferenza si costrinse a non alzarsi e strappare tutto
quello che
trovava sotto mano: sapeva che Ginny non glielo avrebbe più
perdonato. Lei
infatti stava trattenendo il fiato come se avesse paura della sua
reazione e
questo lo calmò immediatamente; non avrebbe mai dovuto
essere spaventata da
lui. Mai. Inoltre non era sicuramente colpa sua. Se si fosse presentata
l’occasione, ne avrebbe discusso solo con Potter.
-Insomma, Harry mi ha forzato a
baciarlo, ma io mi sono
divincolata e sono riuscita a correre via. Capirei se tu fossi
arrabbiato, anzi
furioso: ne avresti tutti i diritti, se io avessi ricambiato.
Però ti prego di
ascoltarmi e poi di decidere che cosa vuoi fare. Da quando mi hai
regalato quel
braccialetto, no, aspetta, da quando mi hai portata per la prima volta
qui nella
Stanza delle Necessità, io ti ho scelto ogni giorno. Adoro
stare con te, lo
adoro! Amo svegliarmi alla mattina e sapere che ci vedremo, amo
guardarti di
nascosto nei corridoi, amo addormentarmi tra le tue braccia.
E’ per questo che
voglio dirti tutto come realmente è, anche se questo ti fa
arrabbiare, perché
mi fido di te con tutto il mio cuore e perché non voglio
mentirti- Ginny spiegò
tutto questo con una naturalezza così solenne,
così sincera che Draco non seppe
cosa rispondere, sul momento. Potè solo guardarla,
lì seduta davanti a lui in
attesa di una sua risposta, di un suo gesto. Potè solo
avvicinarsi,
abbracciarla e posare il mento sulla sua testa, ricoprendola di baci
sui capelli
soffici. Potè solo ricambiare quel nuovo dono di fiducia con
la più onesta
sincerità, con il terrore di farle male, ma la
consapevolezza che qualsiasi
dolore sarebbe stato più sopportabile della menzogna,
sebbene intesa come
omissione: -Anche io ti devo dire una cosa. Come sai, la mia
Iniziazione
effettiva si terrà a maggio, ma è stata spostata
per un motivo ben preciso. I
Purosangue e gli Slytherin in particolare, si sposano molto presto, per
garantire dei sicuri discendenti per il Casato- Draco lesse il terrore
negli
occhi di Ginny e si costrinse a continuare a parlare, nonostante
volesse solo
scappare e portarla via da lì –Mio padre mi ha
promesso alla figlia di un amico
di famiglia, un ragazza francese di nome Evangeline. Ha quindici anni e
io la
dovrò sposare fra tre mesi, se non riesco a trovare prima
una soluzione-
-Oh Draco, mi dispiace
così tanto!- Ginny lo guardò per un
istante, poi lo strinse forte con le lacrime che bagnavano le sue
guance come
rugiada. Draco era devastato dal dolore, ma non gli sfuggì
la sfumatura delle
sue parole: era addolorata per loro ovviamente, ma in particolare le
dispiaceva
per lui in quanto Draco. Per la
prima
volta qualcuno lo capiva, si preoccupava, qualcuno che non lo
considerava
invincibile, imperturbabile e indifferente.
-Adesso cosa faremo?- quando la
ragazza domandò ciò già le
lacrime erano sparite dai suoi occhi verdi, lasciando solo una traccia
lucida.
Potevano sembrare parole di autocommiserazione o impotenza, ma il tono
con cui
erano dette era il più risoluto e combattivo che avesse mai
sentito. Ogni volta
che usciva questo lato di lei, Draco si ricordava che era una fiera
Grifondoro
e che era molto migliore di lui in quanto a coraggio.
Non ebbe esitazione ad esporgli
l’idea che lo stava rodendo
come un tarlo da un po’ di settimane: -Ho parlato con Theo e
con Blaise:
abbiamo deciso di scappare-
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Capitolo 23 *** Progetto ***
POV GINNY
La cosa che meno piaceva a Ginny del
dormitorio degli
Slytherin era la costante penombra, per il resto trovava assolutamente
fantastici la parete a vetrata sul lago e il vedere le spire di luce
che
danzavano nell’acqua verde, affatto melmosa come credeva.
Inoltre là era sempre
tutto così tranquillo, diversamente dal chiassoso e caotico
dormitorio
Grifondoro nel quale si faceva ogni cosa: dai compiti e le normali
attività al
giocare a Quidditch (stare in una torre poteva essere vantaggioso alle
volte).
L’arredamento era uguale –poltroncine, camino,
divani, tavoli-, solo in verde
mentre l’atmosfera festosa, l’odore di legno e
miele caldo e la Signora Grassa
mancavano completamente, facendola sentire un’estranea. Aveva
iniziato a capire
che non tutti gli Slytherin erano freddi, crudeli, insensibili e che
quelli che
presentavano le caratteristiche che aveva sempre associato alla Casa
Serpeverde
probabilmente venivano da situazioni familiari disastrate e infanzie
infelici.
Ciò nonostante, Ginny non poteva dire che Astoria Greengrass
e Pansy Parkinson le
stessero simpatiche, ma che Theodore e Blaise erano diventati amici
sinceri sì.
Da quando le avevano raccontato alcuni episodi delle loro famiglie, ma
anche da
quando aveva conosciuto Draco era diventata molto più cauta
nel giudicare e
meno frettolosa nel sentenziare. Aveva capito che la smania di cercare
costantemente rapporti da una notte e un rifugio nell’alcool
di Blaise
provenivano dalla mancanza di una figura di riferimento e dal disgusto
di avere
una matrigna della sua stessa età, che il terrore di Draco
di mostrarsi debole
e abbassare le sue difese era collegato all’insegnamento
autoritario e spesso
crudele di Lucius. Theo, sebbene non fosse più ostile nei
suoi confronti, anzi
si comportava come un fratello maggiore, non si era ancora aperto con
lei e
questo le faceva capire che il segreto che lo opprimeva era ancora
più grande e
lo tormentava ancora. Non era la prima volta che sgattaiolava per
entrare nel
dormitorio Slytherin di sera: bastava tenere un profilo basso e coprire
i
capelli con un mantello di Draco. Non avevano parola d’ordine
e nemmeno
indovinelli o scioglilingua da ripetere, bastava toccare due pietre nel
muro
che si distinguevano dalle altre per due piccole lettere nere
“S.S.”. Di solito
preferiva stare con Draco nella Stanza delle Necessità, ma
quando doveva
parlare sia con Theo che con Blaise era meglio ritrovarsi nella loro
camera con
un buon incantesimo per insonorizzarla.
-Ginny, bellezza, vuoi sederti, per
favore? Mi stai facendo
venire il mal di testa- Blaise la rimproverò dal letto su
cui era sdraiato,
portandosi teatralmente una mano al capo con aria sofferente. Ginny
camminava
avanti ed indietro per la stanza con piccoli passi nervosi: Draco stava
finendo
il turno di perlustrazione del castello in quanto Prefetto, poi sarebbe
ritornato al dormitorio. In realtà si dovevano vedere tutti
lì per parlare del
“piano”, ma lui si era dimenticato della ronda ed
era dovuto scappare.
-Infatti è sicuramente
colpa sua e non del brandy…- ironizzò
Theo, sfilandogli il bicchiere colmo di liquido ramato dalle mani
–E’ possibile
che non riesci mai a controllarti?-
Blaise riprese lamentosamente, ma con
la tristezza negli
occhi: -Non è colpa mia se sono un ragazzo
cattivo…La luce mi dà fastidio. Vi
prego, spegnetela. Forse un abbraccio potrebbe migliorare le cose, non
è vero,
Gin?-
La rossa si voltò e si
morse un labbro tremante: era
preoccupata, stanchissima per le diverse notti insonni, confusa da
mille
pensieri che non le davano pace. Da quando aveva saputo che Draco non
solo
aveva l’Iniziazione a maggio ma che era anche promesso ad una
sconosciuta, non
era più riuscita a stare tranquilla; lui l’aveva
notato sia nell’aria sempre un
po’ assente, nelle occhiaie livide sotto gli occhi, nel
tremolio ansioso delle
mani, però non per questo si era allontanato, anzi le stava
ancora più vicino e
allora Ginny si tranquillizzava. Cercavano di passare più
tempo possibile
insieme, sapendo che il Destino avrebbe potuto dividerli da un momento
all’altro. Con sua sorpresa, fu Theo quella sera a passarle
un bicchiere di
liquore con la consapevolezza negli occhi mentre Blaise protestava
sonoramente
dal letto (-Perché lei si ed io no? Eh, Thed,
perchè?!): -Bevine un sorso. Non
ci so fare con le parole quindi è il massimo di cura
omeopatica che posso
darti- Il che, per Theodore, la
persona
con più doti oratorie che conosceva, era un paradosso, ma
non fece storie e
bevve tutto d’un fiato il bicchiere che le porgeva, sentendo
il liquido
bruciante nella gola.
-Avevo detto un sorso…
E’ roba forte questa- disse vedendola
stringere gli occhi. Ginny si sentì quasi subito
intorpidita; i suoi pensieri
brulicanti come uno sciame d’api finalmente si erano calmati,
limitandosi ad un
ronzio di sottofondo e tutto questo era così confortante
dopo tanto tempo che
quasi si mise a piangere. Probabilmente anche Theodore lo
percepì perché la
abbracciò, sussurrandole all’orecchio: -Oh, Gin.
Ti prometto che andrà tutto
bene. Draco si prenderà cura di te e anche io-
-Shi shi anche io, Sghinny
davvero…- Blaise affermò il suo
contributo in modo convinto prima di attaccarsi a collo ad una
bottiglia di
rhum. Ginny sorrise tra le lacrime, ricambiando l’abbraccio
di Theo come
avrebbe fatto con Charlie o con Bill. Poi, con la testa pesante e il
corpo che
sembrava muoversi a rallentatore, cercò di andare verso il
letto di Draco senza
successo, così si sentì sollevare e trasportare.
La cosa la fece
inspiegabilmente ridacchiare.
-Ecco, anche questa è
andata- esclamò Theodore scuotendo la
testa, suo malgrado divertito e più sereno. Ginny si
accoccolò fra le coperte e
in poco tempo si addormentò, avvolta nel profumo di Draco.
…
Forse furono le voci disperate che
bisbigliavano a
svegliarla o forse il non essere nel letto in cui dormiva di solito o
forse il
mal di testa, fatto sta che Ginny aprì prima un occhio e poi
l’altro e vide due
figure parlare animatamente sulle poltrone davanti al camino ormai
spento. Si
alzò silenziosamente e camminò con lo sguardo
fisso su un tizzone rosso-fuoco
ricoperto di cenere d’argento, pensando che era dello stesso
colore delle iridi
di Draco. I ragazzi smisero immediatamente di parlare, anche quando lei
si
sedette, o meglio si stravaccò su una poltroncina, sbattendo
gli occhi e
chiedendo affatto intontita: -Beh? Di cosa parlavate?-
La faccia di Theodore era indecisa
tra lo sbalordimento e
l’ammirazione: -Ti sei fatta fuori un intero bicchiere di
whisky e sei già in
piedi?-
Ginny lo guardò
sinceramente interessata: -Ah, era whisky?-
Draco soffocò una risata e si scostò per farle
posto così che ci stessero
entrambi sul divano. Dopo che si fu posizionata con la testa appoggiata
alla
sua spalla, la rossa continuò: -Bene, adesso ditemi che cosa
avete pensato.
Aspettate, non dobbiamo svegliare Blase?- diede un’occhiata
perplessa al moro,
steso a stella marina nel letto con la bocca un po’ aperta
-Ehm, direi di no, glielo riferirete
voi….-
-E ancora non l’hai sentito
parlare nel sonno- sussurrò
Draco al suo orecchio, provocando una serie di brividi sul suo collo.
Possibile
che ogni volta che lo vedeva le faceva lo stesso effetto? Si sentiva
anche un
po’ scema in realtà… Theodore si era
alzato e aveva iniziato a spiegare con
aria molto seria, così riportò tutta la sua
attenzione su di lui, intrecciando
le dita con quelle di Draco: -Come forse già sai, Ginevra,
la guerra è alle
porte. Voldemort vuole sconfiggere Harry Potter, che ahimè
purtroppo ci serve,
perché sarebbe impossibile uccidere il Signore Oscuro senza
di lui. In qualche
modo, è utile alla causa, anzi indispensabile visto che
forse dovrà morire per
essa- Ginny mantenne un’espressione impassibile nonostante
fosse turbata; non
sopportava Harry dall’ultimo spiacevole episodio, ma
ciò non voleva dire che
desiderasse la sua morte –Ora, si può agire in
diversi modi: il primo è
chiedere protezione all’Ordine della Fenice e al Preside
Silente; questo
significherebbe una serie di problemi e domande inevitabili e non
escluderebbe
l’ipotesi che Voldemort ci trovi e ci uccidi tutti. Punto numero due: scappare
e nascondersi tra
i babbani, con la certezza di essere ricercati da un gruppo nutrito di
Mangiamorte fra cui Lucius, mio padre e quello di Blase, che non
smetteranno di
cercare fino a quando non ci avranno trovato. Ah, e poi ci uccideranno
in
quanto traditori. Terza ipotesi- qui il suo sguardo fu penetrante e
sottile, ma
il tono era sconsolato, come se non riuscisse nemmeno a sopportare che
cosa stava
per dire, però fosse inevitabile –ognuno va avanti
con la sua vita e gli
obblighi richiesti, cercando di rimanere vivo-
-Io
credo che non dovremmo
nemmeno prendere in considerazione l’ultima idea- si girarono
tutti di scatto
all’affermazione di Blaise che, in piedi dietro di loro, li
guardava con gli
occhi blu scintillanti da sotto la frangia di riccioli scuri. Sembrava
un dio
greco, un Ares. Ginny arrossì anche perché, beh,
era a torso nudo e portava
solo i pantaloni del pigiama, così distolse lo sguardo,
anche quando Blaise
continuò: -Insomma, dopo quasi diciotto anni di vita passati
fra i soprusi, le
violenze, metodi educativi più simili a punizioni che a
insegnamenti e con dei
genitori ai quali non frega nulla di noi- perfino la sua postura
divenne triste
e abbattuta, come se il ragazzo fosse ritornato bambino, solo e
spaventato
–vogliamo davvero continuare ad essere delle marionette? A
permettere di farci
diventare degli assassini, dei criminali?! Io non voglio e non lo
farò- Ogni
traccia di mestizia era stata sostituita dalla rabbia, dal dolore,
dall’orgoglio e da una buona dose di forza di
volontà. Ginny pensò che non è
vero che i Serpeverde sono sprovvisti di coraggio: spesso lo dimostrano
solo
quando ce n’è bisogno e questa non è
una qualità meno importante
dell’intraprendenza, no?
-Ah,
Gin- aggiunse con il solito
tono da casanova che trasudava ironia –Puoi guardarmi adesso,
mi sono messo una
maglia- La ragazza alzò gli occhi dalla spalla di Draco e
vide il solito
sorriso un po’ storto che aveva ripreso posto sul suo viso
mentre il biondo
sbuffava. Theodore non si era concesso nemmeno l’ombra di un
sorriso, si
potevano quasi percepire i meccanismi del pensiero girare nella sua
testa e
soppesare le parole che sembravano essersi fermate nell’aria,
poco sopra la
loro testa. Tutti lo guardavano, in attesa del suo responso come quello
di un
oracolo quindi per sdrammatizzare disse: -Ragazzi, lo so che contate su
di me,
ma siete assillanti. Lasciatemi pensare-
-Uhm,
credo che andrò a prendermi
un bicchierino- Blaise si sfregò una mano sulla fronte, le
fece l’occhiolino e
caracollò verso il minibar. Ginevra alzò gli
occhi al cielo e fissò Draco che
sedeva leggermente rigido accanto a lei. Strofinò il naso
contro il suo collo,
sperando di ottenere qualche reazione e Draco, sempre sovrappensiero,
la
abbracciò posando il mento sul suo capo. Lo sentiva
così distante e vicino
insieme: come lei soffriva l’incertezza dei tempi e
l’inesorabilità della vita
che gli provocavano insonnia, ansia e inquietudine, ma a differenza
sua, non
sembrava trovare giovamento da nessuna cosa ed era sempre
più consumato,
stanco.
Si
alzò e lo prese per mano:
-Andiamo a fare un giro, dai- Uscirono silenziosi dalla camera,
sentendo solo
il rumore dei passi e dei loro respiri. L’orologio sul camino
nella Sala Comune
che segnava le due di notte rintoccò proprio in quel
momento, donando un’aurea
surreale al momento. Il mondo intero dormiva intorno a loro. Ginny non
si fermò
nel dormitorio Slytherin né parlò: camminarono
mano nella mano come due ragazzi
normali attraverso i corridoi illuminati dalla luna. I personaggi dei
quadri
dormivano, chi sonnecchiando appoggiato alla spalla del vicino, chi con
le mani
incrociate sopra la pancia. In quel preciso istante il castello era
disabitato,
un’altra dimensione in cui poter sfuggire per un
po’ alla verità. Ginny godeva
solo per il fatto di non essere tormentata dai dubbi e dai pensieri e,
ovviamente, per trovarsi insieme a Draco. Era strano come una sola
persona
potesse decidere l’andamento e l’umore delle
proprie giornate, vero? Ginny si
fermò davanti ad una finestra, cercando di distinguere i
contorni del parco nel
buio.
-Sei
così bella, Ginevra- la voce
di Draco era stremata e stupefatta –Io non posso credere che
tu dopo tutto
questo tempo, dopo quello che ti sto facendo passare, desideri stare
ancora con
me- La meraviglia che traspariva nelle sue parole stava quasi per
convincere la
rossa che pensava davvero quelle cose. Ginny si voltò,
cercando Draco che era
rimasto un poco più indietro e non era avanzato nella pozza
di luce lunare che
entrava dalla finestra: -Che cosa stai dicendo, Draco?-
Osservò meglio il suo
volto diafano, aristocratico, quegli occhi che, ora cerchiati,
l’avevano fatta
tremare e sospirare, gli zigomi alti, i capelli in cui era solita
passare le
mani. Il suo corpo le era familiare e caro quanto il suo.
Provò ad avvicinarsi
a lui, ma la respinse con un gesto del viso, scuotendo la testa: -No,
Ginevra.
Resta lì: devi stare sotto la luce, tu. Non puoi venire qui
con me, al buio-
Ginny
gli corse incontro e lo
trascinò sotto la luce della finestra, costringendosi a non
piangere con tutta
sé stessa. Draco aveva bisogno di lei, della sua forza e
della sua sicurezza,
non poteva pensare che l’avrebbe salvata lasciandola andare.
Lo strinse forte, si
alzò in punta di piedi per essere il più
possibile vicino a lui e guardandolo
negli occhi affermò piano, ma risolutamente: -Non provare
nemmeno a lasciarmi.
Non. Farlo. Abbiamo appena iniziato a lottare ed io non mi
tirerò indietro. Non
puoi lasciare andare tutto così-
Il
ragazzo avvolse le sue braccia
intorno alla vita e seppellì il viso nel suo collo,
abbassando per una sola
volta le difese, senza aver paura di mostrarsi debole con lei. Ginny
non sentì
né i singhiozzi né i sussulti: percepì
solo le lacrime che le bagnavano il viso,
che le intridevano i capelli e pianse con il ragazzo che amava per il
futuro
che non potevano avere, per la normalità che non avrebbero
mai raggiunto, per
loro stessi. Si baciarono, un po’ cauti, un po’
affamati come se fosse la prima
volta, cercando di riscoprirsi l’uno nell’altra. La
ragazza passò le mani sulle
spalle di Draco, sul petto, sul volto con gli occhi fissi nei suoi, le
labbra
incollate. Gli sfilò febbrilmente la camicia, sbottonandola
e gettandola di
lato mentre sentiva il suo profumo inebriarla e le pelli bollenti
entrare in
contatto. Il biondo si ritrasse improvvisamente, allontanandosi con il
braccio
il più lontano possibile dal corpo, cercando di non vedere
il Marchio lucido
che spiccava sulla pelle bianca.
-Non
guardarlo, ti prego- la
supplicò con il volto diventato una maschera di vergogna e
di disgusto.
-Quel
Marchio non cambia nulla,
lo sai? Non cambia nulla di quello che sei, dei tuoi sogni, delle tue
aspirazioni, dei tuoi sentimenti. Non può influenzarti, se
non vuoi. Non può
corroderti, se lo combatti. Voldemort sta cercando di farti diventare
pazzo dal
dolore, dal rimorso, dai dubbi, ma non potrà mai toglierti
quello che sto per
dirti- Ginny gli prese il volto fra le mani, affermando ad un
centimetro dalla
bocca del ragazzo–Io ti amo, Draco Malfoy. Qualunque cosa
accada, ricordalo. Io
ti amo ed ho bisogno di te; voglio che questo braccialetto sia pieno di
ciondoli, uno per ogni Natale che passeremo insieme, come mi hai
promesso. Te
lo ricordi?- Draco
respirò
affannosamente quando la rossa appoggiò le labbra
all’altezza del suo cuore e
lo baciò. La strinse in un abbraccio tremante: -Ti amo anche
io, Ginevra
Weasley. Troveremo un modo per uscire da questo labirinto di dolore,
insieme-
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Capitolo 24 *** Arrivo ***
POV
DRACO
Era
strano pensare che si potesse
essere così felici in una situazione tanto triste. Ginevra
Weasley gli aveva
detto che lo amava. Amore? E’ una parola tanto grossa, tanto
ingombrante… Cosa
poteva saperne dell’Amore un ragazzo che aveva iniziato il
suo percorso nel
mondo senza la gentilezza e carezze di una madre, senza i giochi e
l’affetto di
un padre? Eppure anche lui sentiva qualcosa di grande che ribolliva
dentro di
lui, quella mancanza percepita quando era solo e quella completezza di
quando
invece era con Ginevra. Lo conosceva, lo stimava,
nonostante le brutte cose che avesse subito, nonostante le cattive
azioni che
avesse compiuto, nonostante il Marchio viscido e nero sul braccio, ma
non per
questo lo compativa, come si fa con un cucciolo senza padrone. Con lei
poteva
essere se stesso; non c’era bisogno di mentire.
Le
settimane passavano con una velocità
allarmante, ma Draco aveva deciso che non voleva partire subito.
Avrebbero
creato una passaporta solo qualche giorno prima della sua Iniziazione e
si
sarebbero rifugiati in una casa sicura, un’antica dimora dei
Black che era
inutilizzata da tanto tempo. Chiedere aiuto a sua zia Andromeda era
stata la
scelta migliore: la ricordava poco -una volta sua madre lo aveva
portato di
nascosto a farle visita quando era molto piccolo- ma si era subito
offerta di
mettere loro a disposizione la casa, senza fare troppe domande. Era
stata
cancellata dall’albero genealogico di famiglia per aver
sposato un babbano, Ted
Thonks ed era vietato in casa Malfoy anche solo nominarla. Draco aveva
sempre
pensato che a sua madre mancasse molto. Conservava di lei i ricordi di
un viso
molto dolce, a forma di cuore, i capelli castani e ricci,
l’espressione sempre
sorridente. Sembrava la versione benevola dell’altra sua zia,
Bellatrix. Da
quell’unica volta non l’aveva più
sentita perché i rapporti con sua madre si
erano guastati, anche se spesso rimpiangeva di non averla conosciuta
meglio.
Nonostante questo, si era rassicurato; anche lei faceva parte
dell’Ordine della
Fenice, insieme a sua figlia Ninfadora e dopotutto era suo nipote. Gli
aveva
perfino regalato un orsetto di stoffa cucito da lei,
all’epoca della visita. Il
piano alla fine era elementare: prendere una passaporta per Black Manor
e
rintanarsi lì fino a quando la guerra non si fosse conclusa,
sperando che i
Mangiamorte avessero altro da fare piuttosto che cercare tre ragazzi
dispersi.
Suo padre sarebbe stato il problema più grande;
l’avrebbe inseguito come un
cacciatore di taglie, aspettando il momento di vendicarsi
dell’umiliazione del
suo tradimento e di ciò che esso aveva comportato per lui
nella gerarchia
precaria dei seguaci del Signore Oscuro. Solo poche persone dovevano
essere a
conoscenza dei particolari: sua zia, appunto e il professor Piton che
avrebbe
aperto per loro la passaporta sotto l’ordine del preside
Silente. C’era però un
piccolo enorme particolare che Draco aveva taciuto a tutti: Ginny
sarebbe
partita con loro.
La
fine di marzo aveva portato un
tiepido sole e docili margherite che invogliavano gli studenti a
lasciare per
po’ la biblioteca con l’allettante proposta di
passare un pomeriggio diverso
dal solito. Per questo motivo il parco di Hogwarts e le sponde del lago
erano
diventate meta di studenti armati di libri e coperte per una sessione
di studio
all’aperto o intenzionati solo a svagarsi un po’.
Draco si era fatto convincere
da Blaise a uscire (il quale sosteneva che sarebbe diventato un vampiro
se non
avesse preso un po’ di sole) anche se in realtà
l’idea lo stuzzicava già da un
po’. Così proprio in quel momento era steso sul
prato a rilassarsi,
chiacchierando con i suoi amici e scambiando qualche occhiata con
Ginny,
insieme alle sue compagne di stanza una ventina di metri più
in là, dietro la
quercia a strapiombo sul lago. I libri di tutti giacevano semiaperti in
un
angolo con le pagine che svolazzavano per il vento primaverile. Mentre
Blaise
si confortava con un goccio di Burrobirra rivisitata alla sua maniera
–Draco
sapeva che la “rivisitazione” comprendeva una
boccetta di vodka- Theodore
consultava il suo taccuino e ogni tanto tormentava il cappuccio della
penna,
mordicchiandolo sovrappensiero.
-Cosa
fai, Nott, scrivi aforismi?-
lo derise ironico Blaise, sbirciando da sopra la sua spalla che cosa
stava
scrivendo. Aveva i capelli tutti spettinati e gli occhi che brillavano
come
gemme per il riverbero della luce. Non pochi occhi erano concentrati su
di lui,
quel pomeriggio. Theo chiuse di scatto il taccuino, osservandolo
divertito e
preoccupato insieme: -Almeno io non devo correggere la Burrobirra per
farmela
piacere. Per l’amor del cielo, Blase, smettila di bere! Ti
devo portare in un
centro di Alcolisti Anonimi-
-Beh,
se vuoi inizio con le
canne…- commentò Blaise posando la bottiglia e
facendo le spallucce come se per
lui non fosse un così grande problema. Quei due erano
proprio cane e gatto,
bisticciavano di continuo, ma erano praticamente fratelli. Draco rise
di gusto,
riportando lo sguardo dai capelli rossi di Ginny che risplendevano al
sole agli
amici: -La trovo un’idea geniale-
Lanciandogli
un’occhiata di
traverso anche Theo abbozzò un sorriso, brontolando: -Ma da
che parte stai,
scusa?-
-Dai,
Theo, non dirmi che non ti
ricordi i famosi festini Slytherin. Sembrava che ti piacessero,
all’epoca-
ironizzò ancora il biondo, divertendosi
dell’imbarazzo dell’amico. Blaise
sghignazzò senza contegno, rotolandosi nell’erba e
battendo sonore pacche sulla
schiena a Theodore con dei commentini sagaci che avrebbero fatto
arrossire uno
scaricatore di porto mentre Draco chiudeva gli occhi e si stendeva
allungando
le gambe sul prato. Era bello per una volta essere solo dei ragazzi e
non dover
pensare a Marchi, Iniziazioni o matrimonio. La sola idea di rivedere
Evangeline
lo terrorizzava. All’improvviso sentì una peluria
soffice sfiorargli il mento
così aprì le palpebre intravedendo qualcosa di
piccolo, rosa ed emozionato.
-Oh,
no! La puffola no!- si
lamentò tenacemente utilizzando la frase ormai solita e
coprendo con un braccio
sul viso un sorrisetto mentre Arnold saltellava felice cercando di
leccargli il
naso. Sentì a sua volta Ginny ridere e dire ad alta voce che
sarebbe andata a
prendere quella puffola disobbediente perché non doveva
proprio dare fastidio a
dei poveri ragazzi in cerca di riposo, così tolse subito il
braccio, osservandola
camminare a piedi nudi sull’erba. Indossava dei jeans chiari
e una maglietta
verde che faceva risaltare ancora di più il rosso dei
capelli; le chiazze di
luce che filtravano attraverso le foglie della grande quercia
disegnavano forme
geometriche più chiare sul suo corpo. Il medaglione dorato
riluceva sul suo
petto insieme al bracciale nella mano sinistra. Nascosta dal tronco
dell’albero, Ginny si permise di sorridere rivolta ai ragazzi
e perfino di dire
maliziosa alzando un sopracciglio: -Sono quasi certa che Arnold sia
innamorato
di te… Dopotutto ha imparato dalla migliore-
Come
poteva essere così naturale
nel dire cose di questo tipo? Draco aveva solo voglia di baciarla in
quell’esatto momento. Di baciarla e di dirle ancora che
l’amava. Tenne a bada i
bollenti spiriti e si alzò sui gomiti, socchiudendo le
palpebre per la luce e
accarezzando Arnold accoccolato sul suo petto: -Sono una persona
affascinante,
Ginevra. L’hai sperimentato sulla tua pelle, no?- Ginny
sorrise ancora di più
e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, si
abbassò
fulminea e gli stampò un bacio sulle labbra. -Puffola
fortunata- sussurrò sulla
sua bocca, poi si sedette tra loro, osservando interessata le facce
stupefatte
di Theodore e Blaise.
-Beh,
Gin, ciao- mormorò il moro,
riacquistando il solito charme e sorridendole con un luccichio bianco.
Draco
sbuffò infastidito. Mai che Blaise non cercasse di provarci
con la sua ragazza.
Appoggiò cercando di sembrare noncurante una mano sul fianco
della rossa, che
gli lanciò uno sguardo d’intesa un po’
beffardo, come se avesse perfettamente
capito che voleva marcare il territorio. Capiva sempre i suoi pensieri
prima
ancora che lui li avesse sviluppati e ciò per Draco era un
mistero. Insomma,
era sempre stato un ragazzo chiuso, considerato insondabile e
invulnerabile da
tutti: capirlo davvero era difficile anche per i suoi amici. Vide il
sole
evidenziare quella manciata di lentiggini color caffelatte sul volto di
Ginny e
lucidare i boccoli color rame mentre parlava con Theo degli ultimi
aspetti dei
preparativi. Sembrava così serena e premurosa, nonostante
tutto. Gli metteva
una mano sulla spalla, leggeva e correggeva i suoi appunti,
contemporaneamente
rideva delle battute sconce di Blaise. Lei e Theodore avevano trovato
un’intesa
particolare, diversa dall’amicizia dispettosa con Blaise;
sembrava che avessero
una sorta di complicità fraterna e che si rassicurassero
l’uno con l’altra. Per
uno strano motivo non era più geloso né dei suoi
amici né di Ginny stessa: cosa
poteva desiderare di più che andassero d’accordo?
Erano tutta la sua vita. Ad
un certo punto si sentì una voce sbraitare sulla riva del
lago, mitigata da
un’altra più dolce e carezzevole. Draco fece un
sorrisetto vedendo
l’espressione attonita della ragazza e quelle perplesse degli
amici, anche se
lui aveva già notato che le compagne di stanza di Ginny la
stavano cercando e
non li vedevano, nascosti dal tronco della grande quercia.
-Ginevra
Molly Weasley, sbaglio o
dovevi solo andare a recuperare quella benedetta puffola pigmea!? Ah,
siamo qui
ad aspettarti da mezz’ora ormai, per tutte le mutande di
Merlino!- Sotto l’onda
infuriata delle sue parole il ragazzo percepì la rossa farsi
piccola piccola e
Arnold che si rifugiava tra i suoi capelli.
-Za,
non credo che questo sia
esattamente il metodo giu…- Diane girò intorno
all’albero e si trovò davanti
l’amica e i tre ragazzi più belli della scuola.
Draco notò con divertimento
come entrambi i compagni avessero assunto una postura più
rilassata, ma quasi
ferina, come dei gatti che contemplano il topolino in trappola. Ah, la
buona,
cara conquista alla vecchia maniera! Rise di nascosto premendo le
labbra tra i
capelli di Ginny che, arrossita dall’imbarazzo, mormorava
senza fiato: -Ehm…
Ciao Diane, vuoi, ehm, chiedere cortesemente a Demelza di unirsi a noi?-
La
bionda chinò il capo
ossequiosa aspettando che Demi concludesse la sua tirata e poi
domandò con voce
flautata: -Za, credo proprio che dovresti venire un attimo qui, per
cortesia-
Diane era molto carina; somigliava ad una bambola antica di porcellana
con la
pelle bianchissima, gli occhi blu fiordaliso e una cascata di lisci
capelli
biondi. Era dolce in ogni suo movimento; Draco aveva molto sentito
parlare di
lei e Demelza.
La
voce risuonò attutita dalla
lontananza, ma Draco rise comunque mentre Ginny gli lanciava delle
occhiate
scandalizzate: -Diane, non te lo ripeterò più: se
vuoi farmi vedere un bruco
che diventa farfalla o provare ad indovinare quanti anni ha un albero o
se hai
visto un sasso a forma di cuore, beh, non mi interessa. Detto con
affetto,
ovviamente- Anche Blaise ridacchiò, facendoli scoprire:
-Diane, ma con chi
sei…?- svoltò l’angolo anche lei e
strabuzzò gli occhi, riprendendosi subito
con un aplomb impeccabile -Oh, beh, ciao a tutti-
Draco
reclinò il capo all’indietro
per vedere Demelza in tutti centosettantacinque centimetri
d’altezza
controsole, riuscendo solo a notare una figura slanciata con le mani
sui
fianchi.
-Ooooh
Ginevra, era ora che ci
presentassi il tuo ragazzo e i suoi amici!- ammiccò quella
verso la rossa che
non trattenne un sorriso.
-Scusatela,
alcune volte Demelza
è… esplosiva- colmò il silenzio
sorpreso Diane, con un sorriso pentito, ma
sbarazzino -Piacere, comunque, sono Diane e non posso dire di non
essere
contenta di conoscervi anche io- concluse sedendosi con grazia sulla
coperta.
Draco
si stupì di quanto poteva
essere piacevole passare un pomeriggio solo a chiacchierare e
scherzare, ma
quando alla fine rimase solo con Ginny tirò un sospiro di
sollievo. Insomma, si
vedevano così poco… Il sole calò
sull’orizzonte, lasciando una scia di colori
sfumati: oro, rosso, arancione, blu, viola tingevano il cielo
trasformando il
tramonto in notte e riflettendosi sul lago insieme
all’immagine del castello.
Gli altri studenti erano già ritornati nei dormitori per
prepararsi prima della
cena e proprio in quel momento, per fortuna, non c’era
più nessuno in giro.
Draco, prono sui gomiti, osservava insieme a Ginny, accoccolata vicino
a lui,
il paesaggio. Il sole calante disegnava pennellate di luce sui loro
corpi
abbracciati. Ad un certo punto, si alzò e disse divertito:
-Vediamo se sai
ancora arrampicarti, Weasley. Per poco l’ultima volta stavi
per deturpare quel
bel visino cadendo- Ginny alzò un sopracciglio in segno di
sfida e ribattè,
facendogli la linguaccia: -Non mi sembrava che tu avessi tanta
dimestichezza,
Mister-mi-tengo-su-per-miracolo!- Subito dopo, veloce e agilmente, si
arrampicò
sulla grande quercia, sfruttando i rami ritorti e le crepe nella
corteccia.
L’albero aveva già le prime foglioline verdi, che
evitava con attenzione per
non rovinarle. Draco iniziò a salire dietro di lei, non meno
scattante,
sentendo i muscoli bruciare per lo sforzo e godendo della fatica
fisica.
Sperando di distrarla dalla salita, osservò ironicamente:
-Qua sotto c’è una
bella vista-
-Pervertito!-
gli urlò in
risposta Ginny girando un attimo la testa per lanciargli uno sguardo
fintamente
scandalizzato.
-Non
puoi pretendere che io non
osservi il fantastico panorama- rispose con un sorrisetto aumentando la
velocità fino ad affiancarla. Approfittò del suo
improvviso imbarazzo per
sorpassarla e appollaiarsi su uno dei rami più alti. In
realtà gli dava un po’
fastidio l’altezza, ma gongolava all’idea di essere
arrivato primo. Si guardò
intorno, non sentendo più risposta né vedendola
salire ancora: -Ginny?- domandò
titubante –Non vieni?-
La
rossa era assorta, fissava un
punto indistinto del lago mordicchiandosi il labbro come se fosse
indecisa o
preoccupata. Meccanicamente scalò gli ultimi rami e si
sedette accanto a lui.
Draco era molto spaventato: non sapeva cosa l’avesse potuta
far arrabbiare né
come mai avesse cambiato umore tanto in fretta… Se per lei
capirlo era così
facile, beh, per lui alcune volte era proprio impossibile. Che si fosse
finalmente accorta di quanti problemi avrebbe avuto in meno se lo
avesse
lasciato? Che avesse compreso quanto era pericoloso stargli accanto? Se
così
fosse stato, Draco si giurò che non avrebbe fatto nulla per
contraddirla
nonostante gli si spezzasse il cuore; sarebbe stato il meglio per lei e
per la
sua vita. Poteva offrirle la sua ricchezza, ma a Ginny quella non era
mai
interessata, poteva donarle la nobiltà, però
sapeva che l’avrebbe piuttosto
messa in soggezione, le avrebbe servito il mondo su un piatto
d’argento, solo
per lei, se solo avesse potuto. Tutto quello che aveva, comunque, era
sé stesso
e il suo povero cuore. Quello poteva averlo senza riserve, anche se non
serviva: lo possedeva già. L’attirò a
sé, appoggiandola contro il suo petto e
respirando, in pace, il profumo dolce alla violetta.
La
voce della ragazza era
tremante e davvero stupefatta quando uscì tutto
d’un colpo: -Io non so perché
ti piaccio, Draco- il biondo si sorprese talmente tanto da avere
l’impressione
di sbilanciarsi dal ramo, ma stette zitto, in attesa -Tu pensi sempre
male di
te stesso e non capisci mai davvero quanto sei meraviglioso.
Probabilmente
potresti avere qualsiasi ragazza ai tuoi piedi e invece hai scelto me.
Buffo,
vero?- ridacchiò davvero divertita mentre Draco si chiedeva
se avesse dovuto
portarla al San Mungo in reparto di Psichiatria Magica. Girandola per
guardarla
negli occhi, per bene, serio, si permise di stupirsi di quanto Ginny
potesse
essere così forte all’apparenza
e
insicura dentro. Alcune volte il suo coraggio lo spaventava un
po’, poteva
essere incoscienza e non valore, ma era pieno di ammirazione e di
orgoglio per
il suo senso di giustizia, per il desiderio di indipendenza, per
l’amore verso
la stranezza intesa come originalità. Era la persona
più interessante che
conoscesse: colta, però non saccente, svagata, ma non
frivola. Era quasi
perfetta; quel “quasi” faceva sì che non
diventasse mai noiosa. Mai. Ed era lì,
il bello.
Sospirò
e trattenne il fiato,
prima di rispondere cautamente, sempre fissandola negli occhi, ormai
lucidi e
pronti a piangere: -Non lo trovo per niente buffo. Perché
dovrebbe esserlo? Ti
ritieni forse una brutta ragazza? Ma guardati- sussurrò
passando un dito sulla
sua guancia –Non sei perfetta, non sei la più
bella ragazza di questa terra.
Qualcuno potrebbe dire che i tuoi capelli sembrano delle carote
tagliate a
julienne, ehm ehm, notare la ricchezza del lessico… - si
permise di scherzare,
sia sollevato che alzasse un angolo della bocca in risposta e
preoccupato che
una lacrima cominciasse a scendere -oppure che assomigli ad un folletto
bisbetico, che le lentiggini sono esteticamente poco attraenti, ma
questo non
importa perché non è quello che penso io- le sue
mani circondarono il viso
ormai inondato di lacrime, mentre ogni singhiozzo di Ginny era una
piccola
spina nel cuore. Sperava di non aver rovinato tutto, non voleva farla
soffrire;
proseguì senza più fermarsi, frenetico:
-Però a me piaci tantissimo. Ma cosa
sto dicendo?! Io ti amo! E non ti amo solo perché hai dei
capelli che mi
ricordano le ragazze dei dipinti di Tiziano, perché hai una
pelle così morbida
e gli occhi più verdi che io abbia mai visto, ma
perché amo quello che c’è qui-
le posò una mano sul cuore e fece appoggiare quella che
indossava il
braccialetto sopra la sua.
-Ah,
ed io adoro le tue
lentiggini. Sono così sexy- osservò alzando
platealmente gli occhi al cielo, un
attimo prima che la baciasse e che lei ridesse sulla sua bocca.
Sembrava più
tranquilla, adesso.
-Tu
sì che sai come far felice
una ragazza, caro- sussurrò ridendo la rossa, allacciandogli
le mani dietro la
schiena, ancora asciugandosi gli occhi bagnati.
-Anni
e anni di esperienza, amore
mio- la prese in giro tirandole una ciocca di capelli per avvicinarla
di nuovo
al lui. Era così difficile smettere di baciarla…
Soprattutto quando si è su un
albero, lontani da tutti e dai pregiudizi, dai sotterfugi, dalla
frenesia.
Ripensarono insieme a come si erano conosciuti e risero ricordando gli
episodi
simpatici dei loro primi incontri, scherzando a vicenda l’uno
sulle gaffe
dell’altro. Caddero quasi dal ramo quando Ginny intravide un
nido sulla sommità
della cima e volle a tutti i costi sporgersi per vederlo bene, ma Draco
non
fece una piega: quando le chiedeva qualcosa era praticamente
impossibile dirle
di no. Alla fine riuscirono a scendere senza fare (e farsi!) danni di
nessun
tipo, dopo aver progettato di piantare una tenda sulla quercia e non
lasciarla
più, alla maniera del “Barone Rampante”
di Italo Calvino, libro che avevano
letto una sera un po’ per uno davanti al camino nella Stanza
delle Necessità. Draco
le prese mano e la condusse verso il castello senza fretta, sebbene la
cena
fosse già iniziata. Quando infine si separarono davanti alla
porta della Sala
Grande, disse, osservandola languido da capo a piedi: -Mi
degnerà della sua
presenza questa sera, se non ci sono problemi, signorina Weasley?-
-Vedrò
cosa posso fare, Malfoy-
rispose guardandosi le unghie con aria noncurante, prima di girarsi e
entrare
con un sorrisetto. Draco scosse la testa divertito e dopo pochi minuti
la
seguì, dirigendosi verso il tavolo dei Serpeverde. Il solito
tramestio di
stoviglie sbattute e chiacchiere lo confortò: quella era la
sua vera casa, con
il rumore, l’allegria e la folla. Il suo sorriso si
gelò quando intravide,
seduta rigidamente al tavolo Slytherin accanto a un freddo Blaise e un
ancor
più impassibile Theodore, una figura piccola, tanto esile
come un giunco, riccamente
vestita, che lo fissava con i suoi occhi scurissimi, quasi neri.
Evangeline
Catharina Blanchard gli sorrise in modo finto, sollevando una mano per
salutarlo, ma muovendo solo le dita con lentezza studiata.
I
problemi c’erano, eccome.
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Capitolo 25 *** Scoperte ***
GINEVRA
Ginny
la vide solo quando si fu
seduta. Una bambina –avrà avuto quattordici o
quindici anni- vestita con un
abito d’altri tempi, di taffettà verde menta,
lunghissimi capelli biondi e un
trucco molto pesante, forse per sembrare più grande, stava
composta fra Theo e
Blaise, parlando leziosamente con le sorelle Greengrass, la Parkinson e
la
Bulstrode. Che cosa ci faceva ad Hogwarts, vestita così?
Sembrava direttamente
uscita dalla corte del Re Sole. Un brivido inspiegabile di paura le
attraversò
le ossa e si acuì quando, vedendo Draco entrare, la bambina
sollevò una mano e
lo salutò con un sorriso compiaciuto. Capì tutto
d’un colpo chi era: Evangeline
Catharina Blanchard, la promessa sposa di Draco. Le venne da vomitare
al solo
pensiero. Spinse via il piatto di cibo da davanti e si versò
un bicchiere
d’acqua con mani tremanti, rovesciandone non poca sulla
tovaglia. Non sapeva
cosa fare, dove guardare, in che modo tenere le mani; il nervosismo
stava prendendo
il sopravvento. E anche il terrore. Un terrore puro, genuino. Draco
aveva detto
che avrebbe studiato da privatista, non che sarebbe venuta ad Hogwarts.
Alzò un
attimo gli occhi, osservando con mestizia l’espressione
congelata del suo
ragazzo che probabilmente non sospettava nulla quanto lei. Dovevano
avere lo
stesso sguardo sconfitto, negli occhi… Ma lui si riprese
quasi immediatamente,
acquistando una postura fiera, rigida, minacciosa.
-Ginny,
va tutto bene?- domandò
titubante Neville al suo fianco, vedendo l’acqua scendere a
rivoletti lungo il
tavolo imbandito e bagnarle le ginocchia. Non lo degnò
nemmeno di un’occhiata
per non perdersi che cosa stava succedendo dall’altra parte
della sala: Draco
era arrivato, le aveva baciato la mano con grazia e le aveva sorriso,
meno
rigidamente di quanto pensasse. Sapeva che stava fingendo, ma
sentì comunque
una fitta in corrispondenza delle costole. Stava fingendo, vero?
Perché allora
sembrava così naturale? Distolse lo sguardo con una smorfia
di dolore, conficcandosi
le unghie nelle cosce per distrarsi e non attirare
l’attenzione su di sè. Il
brusio di voci sembrò aumentare quando anche gli altri si
accorsero che c’era
qualcuno di nuovo al tavolo Serpeverde e che stava appiccicato al
Principe
delle Serpi. Immaginava di sentire già i commenti degli
altri studenti: -Ma
guarda, allora Malfoy finalmente se l’è trovata la
ragazza fissa! Una
francesina, eh? Pure piccola…- Era così brutto e
irreale da non sembrare vero.
-Succede
tutto con una puntualità
così esasperante- pensò con amarezza. Insomma,
aveva passato un pomeriggio
splendido con Draco ed ecco che arrivava la sua fidanzata. Gran bel
contrappasso. Di mangiare non se ne pensava nemmeno più,
disgustata com’era e
non poteva nemmeno parlarne con qualcuno. Le sue amiche non sapevano
né che
sarebbe partita con i ragazzi né del matrimonio con
Evangeline. Non avrebbe
potuto spiegarlo per bene e poi effettivamente non
l’avrebbero capita. Monitorò
la situazione fino a quando il preside Silente non si alzò
in piedi e fece
tintinnare il cucchiaino del dolce contro il suo bicchiere per attirare
l’attenzione dei presenti. Mai il silenzio era calato tanto
facilmente in Sala
Grande: l’interesse percepibile e la curiosità
erano alle stelle. Il preside
sorrise alla folla con sguardi benevoli, gettandosi l’orlo
del mantello blu
notte dietro la schiena, poi, dopo essersi sistemato gli occhialini a
mezzaluna, disse pacatamente: -Buonasera, cari studenti di Hogwarts.
Prima di
tutto, volevo informarvi del corso di Materializzazione alle 18 in
punto ogni
martedì nella Sala dei Trofei…-
snocciolò una serie di appuntamenti e
ricorrenze e concluse così dicendo, la voce fattasi
improvvisamente più fredda
–Per ultima cosa, voglio dare il benvenuto a Evangeline
Blanchard, studentessa
di Beuxbatons in temporaneo soggiorno qui con noi ad Hogwarts. Non
sarà
smistata in nessuna Casa, ma alloggerà nei dormitori
Serperverde per motivi di
comodità. Ovviamente il Prefetto della Casa in turno questa
sera sarà suo
responsabile e si occuperà di ogni problema. Vi auguro una
buona notte e un
buon proseguimento dell’anno scolastico- Gli applausi
scrosciarono in tutta la
sala mentre Ginny realizzava uno ad uno quanto quella bambina avrebbe
influito
sulla vita sua e di Draco.
Avrebbe
preso posto nello stesso
Dormitorio del suo ragazzo (non poteva più andarlo a trovare
come voleva:
attenzione era la nuova parola d’ordine) , Draco sarebbe
dovuto essere la sua
“guida” in quanto Prefetto in carica al momento del
suo arrivo (le ronde e le
varie burocrazie si dividevano settimanalmente tra i due Prefetti e
questa
volta toccava a lui), Evangeline li avrebbe costantemente tenuti
d’occhio e non
potevano più permettersi fughe nella stanza delle
Necessità o arrampicate sulla
Quercia, ma non era solo quello il punto: avrebbe potuto scoprire il
piano,
sventandolo o peggio, avrebbe potuto ostacolarlo a tal punto da
renderlo
infattibile. Le crollò il mondo addosso. Si alzò
in fretta, senza ascoltare
Demelza che la richiamava, senza voler guardare Draco che prendeva
Evangeline
sottobraccio e la portava via conversando, sussurrando a suo orecchio,
facendola ridere, senza pensare più a nulla.
Camminò via velocemente, il cuore
in gola, il sangue che rombava nelle orecchie e le irrorava le guance.
Oltrepassò i corridoi illuminati dalle torce, sentendo gli
sguardi accusatori
dei personaggi dei quadri su di sé, per essere andata via a
quell’ora di sera. Quanto
le era sembrato grande e importante l’episodio spiacevole con
Harry, quanto
esagerata la gelosia di Draco verso Blaise! Però, ora che si
trovava nella
stessa situazione, ora che sola con Draco c’era la sua
promessa sposa e non
lei, si sentiva ribollire dall’invidia perché
poteva stare con lui in pubblico,
sempre, perché non era poco dignitoso frequentare uno
Slytherin, perché era
all’altezza delle sue origini nobiliari. Corse fino al
settimo piano,
singhiozzando senza più ritegno con rumorosi singulti e si
fiondò nella Stanza
delle Necessità. Non era cambiata per nulla dal solito, a
parte un piccolo
particolare: seduto su un festoso pouf color acquamarina che stonava
con
l’espressione addolorata e cupa c’era Theodore,
triste come un messaggero di
sventura. La luce della luna che filtrava dalla finestra disegnava
pennellate
chiare su di lui, sottolineando in modo quasi tragico il volto. Non
appena la
vide si alzò con urgenza e fece per correrle incontro, per
poi fermarsi
bruscamente, consapevole del rapporto fisico mancato fra loro e in
preda ad un
improvvisa timidezza di contatto. Ginny sentì la stanchezza
di quella giornata
crollarle addosso tutta in un colpo così non
frenò più le lacrime, mentre Theo,
finalmente deciso e protettivo,
la
abbracciava, prima cauto, poi solido. Era così confortante
poter piangere sulla
spalla di un amico, poter contare su un una persona, non essere
completamente
soli nella vita. Mai Ginny fu così felice che lui fosse
lì. Si sedettero sui
divani e dopo qualche tempo i singhiozzi si acquietarono, sostituiti da
brevi
singulti. Per tutto il tempo Theodore la tenne stretta a sé,
in un modo che
visto da fuori poteva sembrare ambiguo, ma che la rossa sapeva fosse
solo di
gran conforto. Le sue braccia erano delle appendici di quelle di Draco,
visto
che lo mandava lui. Alzò gli occhi verso di lui, staccandosi
un po’ e
asciugandosi le guance: -Suppongo che tu sia qui perché
Draco doveva stare con
Evangeline- la voglia che aveva di sputare le parole una per una con
odio era
veramente tanta, ma si costrinse a stare calma; non sarebbe servita a
nessuno
una scenata isterica. Theo le scostò i capelli umidi dalla
fronte e la guardò a
sua volta, serio e malinconico: -Sì, le sta facendo fare il
giro del Castello,
ma mi ha detto di dirti che andrà tutto bene-
Ginevra
lo fissò stancamente, con
l’inconfondibile nota sarcastica della persona che non crede
più ad alcuna rassicurazione
poi scattò: -Ah si? Le sta facendo fare il giro
turistico?!? Spero si stia divertendo! Va proprio tutto bene-
Sapeva
di sembrare infantile e
superficiale: era rassicurante. Sentì la riprovazione di
Theodore perforarle la
nuca come uno spillo così abbassò la testa con un
po’ di vergogna, mentre
aspettava una predica da parte dell’amico. Quando invece si
alzò e prese due
Burrobirre dal minibar ne fu stupita anche se accettò. Theo
sorseggiò la sua
con aria pensosa, poi iniziò a parlare: -Non sono sempre
stato solo. Avevo una
sorella gemella, che amavo più della mia stessa vita. Lei
era tutto per me. Si
chiamava Rosemary- Ginny si avvicinò morbosamente
affascinata. Draco le aveva
fatto capire che Theodore era così chiuso perché
aveva subito un trauma, ma non
le aveva mai detto che aveva una sorella. Dov’era?
Perché non ne aveva mai
parlato? La cosa era molto interessante: se il moro voleva distoglierla
dai
suoi pensieri, c’era riuscito benissimo. Quell’uso
dell’imperfetto, però, la
spaventava. Gli appoggiò una mano su una spalla, invitandolo
silenziosamente a
continuare. Lo sentiva così distante mentre raccontava; la
tristezza infinita
nel suo tono svelava un dolore profondo e atavico: -I nostri genitori
ci
lasciavano spesso soli o al massimo con una governante che ci desse
un’occhiata. Rosemary era dolcissima ed era la mia migliore
amica. Quando
avevamo sei anni accadde una cosa terribile- sentì male al
cuore, ma stette
zitta, lasciandolo sfogare –Stavamo giocando a rincorrerci
per la biblioteca,
adoravamo quel posto perché era il nostro rifugio e proprio
quella volta
eravamo riusciti a sfuggire al controllo della governante. Rosemary si
arrampicò sulla scaletta traballante che usavamo sempre ed
io la seguii. Forse
calcolai male la mia forza o forse fui così preso dal gioco
dal non accorgermi
che l’ultimo piolo era allentato, ma fatto sta che mia
sorella quando raggiunse
la cima scivolò all’indietro, cadendo malamente e
cercò fino in fondo di
appigliarsi a me. Non riuscii ad afferrarla nemmeno per una mano, ma
vidi
chiaramente i suoi occhi allargarsi dallo spavento e credo
ricorderò per sempre
il suono che fece il suo corpo sbattuto contro la pietra- Ginny non si
accorse
delle lacrime silenziose che le colavano di nuovo dalle guance, troppo
presa
dal racconto e dal desiderio di abbracciare stretto l’amico
per cancellare il
suo dolore. Immaginava questa bambina dagli occhi ambrati e i codini
scuri,
ferma per sempre nella fanciullezza come in una vecchia fotografia.
Gli
occhi di Theo erano arrossati
sebbene ancora del tutto asciutti, come se non avesse più
lacrime da versare:
-Morì quasi sul colpo. Non ebbi nemmeno il tempo di dirle
quanto le volevo bene
né quanto mi dispiacesse. E’ stata colpa mia, lo
so. Non sai quanto mi manca-
scosse la testa e come rinvigorito le prese la testa fra le mani,
concludendo
frettolosamente: -Ginevra, non ti ho raccontato la mia storia per farmi
compatire. Il motivo è che da quella volta ho giurato che
avrei fatto di tutto
affinchè le persone che amavo fossero state al sicuro. Tutto
quello che era in
mio potere. Perciò andrà
tutto bene.
Te lo prometto- Ginevra lo abbracciò stretto, seppellendo il
viso commosso nella
sua spalla e sentendosi in colpa per essersi lamentata di cose
così futili.
-Theo,
mi dispiace- sapeva quanto
potessero risultare superficiali e inutili le parole di conforto
perciò preferì
rendere pregno di significato quel “mi dispiace”,
in modo che potesse capire che
se aveva bisogno, lei c’era. Non poteva però
continuare a fargli credere che
era sua la colpa della morte di sua sorella: -E’ stato tutto
un tragico
incidente, lo sai, vero? Lo sai?- concluse la frase fra i singhiozzi,
sentendosi
così male per Theodore. Lui la guardò, detergendo
le sue lacrime una per una
dalle guance mentre cercava a tutti i costi di trattenersi.
-Non
è necessario che tu sia
forte, ora. Soffrire è devastante, ma liberatorio- fu come
se una diga di
dolore si spezzasse dentro ai suoi occhi e Ginny pensò che
l’ammontare represso
di quella sofferenza trattenuta stesse per ucciderlo. Theodore pianse
per
Rosemary, per la sua vita che non aveva più potuto
continuare e per tutte le
gioie e gli insuccessi, pianse per le sue prime volte mai provate, per
gli
amici che non avrebbe mai incontrato, per le emozioni che non avrebbe
sperimentato sulla sua pelle, pianse anche per se stesso, senza di lei.
E
la lasciò andare.
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Capitolo 26 *** Diniego ***
DRACO
-E
questa è l’aula di Trasfigurazione…-
spiegò Draco annoiato, ma sempre cortese, aprendo la porta
con un gesto
galante. Diede un’occhiata di sfuggita all’orologio
nella classe della
professoressa Mc Granitt accorgendosi che era finalmente ora di
chiudere la
visita. Voleva assolutamente andare a trovare Ginny per vedere come
stesse e
per parlarle. Ripensò alla sua espressione quando aveva
notato Evangeline
seduta al tavolo Serpeverde: stupefatta, allibita, ferita e si
sentì in colpa
anche se non ne aveva motivo. Forse aveva pensato che le aveva tenuto
nascosto
che sarebbe venuta, ma era stata una sorpresa pure per lui! In ogni
caso,
dovevano chiarirsi. Solo l’idea lo rendeva nervoso e
preoccupato. Si passò una
mano fra i capelli, cercando di nascondere la frustrazione di stare
perdendo
così tanto tempo.
-Noi
non abbiamo niente del
genere a Beauxbatons. Insomma dove sono le aule per
l’Accoglienza? E poi che
freddo qui! Ci sono così tanti spifferi- si
lamentò Evangeline che gli stava
attaccata al braccio strettamente, appoggiandosi il più
possibile a lui, tanto
che poteva sentire l’odore dolciastro del suo persistente
profumo ai gigli. Lo
guardava ogni tanto con quei suoi lucidi occhietti neri, vispi come
quelli di
un topo, mentre non smetteva di parlare un attimo, riempiendo anche i
silenzi pensierosi
del ragazzo. Mille domande affollavano la sua mente: perché
Evangeline era ad
Hogwarts? I suoi genitori sospettavano che stesse tramando la fuga o
l’avevano
mandata lì solo per “instaurare” un
legame con il suo promesso sposo? Dopotutto
erano fidanzati e un diamante brillava al dito sottile della ragazza,
la
richiesta sarebbe stata plausibile. Non potevano arrivare
all’altare del tutto
da sconosciuti.
-Draco,
mi stai ascoltando?- la
vocetta petulante, ma fredda lo riscosse dai suoi pensieri; Evangeline
lo
fissava, imperscrutabile. Aveva blaterato per interi minuti sui
particolari del
matrimonio: l’abito che aveva fatto confezionare in Francia
da un famoso
stilista, il mago dello stile Etiènne Jacques Ives Martineu,
i fiori,
ovviamente i suoi preferiti, dei nauseanti gigli bianchi…
Draco continuò a
camminare, rassicurandola: -Sì, ti sto ascoltando. Stavi
dicendo che preferisci
il color crema al bianco panna per gli addobbi? Credo che il bianco sia
più
intonato al lillà dei vestiti delle damigelle,
però comunque tutto quello che
vuoi va bene, piccola- sfoderò un sorriso affascinante,
vedendo la sua
espressione ammorbidirsi con una smorfia soddisfatta. Si
sentì disgustato di sé
stesso, ma almeno aveva salvato la situazione. Condusse la ragazza
attraverso i
corridoi in pietra dei sotterranei illuminati fiocamente dalle torce,
continuando ad ascoltare le sue lamentele: -Questo castello
è diroccato, insomma
quel vecchio pazzo non lo vede che è fatiscente?!- Sebbene
il Preside Silente
non gli stesse sempre così simpatico, Draco lo rispettava
perciò sentì un moto
di irritazione salirgli nel petto, anche perché Hogwarts era
la sua vera casa,
l’unica nella quale era accettato così
com’era e dove si trovavano i suoi
ricordi più felici.
-E
poi, cos’è questa cosa del
dover dormire separati? Insomma, sono la tua fidanzata, dovrei prendere
il
posto che mi spetta nel tuo letto…- la bambina lo
guardò con un’espressione
languida e maliziosa, insinuando una mano sotto la sua camicia. Il
ragazzo
sentì la sua pelle fresca e morbida accarezzargli gli
addominali velocemente,
prima di aggirarsi intorno alla cintura. Immediatamente le prese la
mano, forse
con più forza di quanta ne avrebbe dovuta usare e gliela
tirò fuori dalla
camicia, sibilando al suo orecchio con furore: -Mi aspetto dalla mia
promessa
un atteggiamento più consono alla sua casta sociale,
perché non si dica che
sposerò una sgualdrina. Che non accada fino alla prima notte
di nozze-
Gli
occhi di Evangeline
lampeggiarono irati, perdendo ogni traccia di malizia e indignandosi
per il
rifiuto così netto. Cercò di staccarsi dal
braccio di Draco con forza,
divincolandosi spasmodicamente, ma Draco mantenne la presa senza farle
male.
Fermo e severo, la accompagnò alla sua stanza, congedandola
poi con un casto
bacio sulla mano. Appena Evangeline chiuse la porta, si
appoggiò contro di essa
sospirando, con le mani intrecciate ai capelli dietro al collo. Si
sentiva così
stanco. Si trascinò lentamente fino alla sua stanza ed
entrò cercando di non
fare rumore, slacciandosi gli alamari del mantello con svogliatezza.
Blaise,
ancora sveglio ma con gli occhi pieni di sonno, non appena lo vide
saltò in
piedi così com’era, ossia in una vestaglia di seta
bordeaux molto kisch e gli
corse incontro, guardandolo dispiaciuto. Doveva sembrare proprio a
pezzi se
l’espressione del cugino trasudava tutta quella compassione:
Draco sospirò. Il
bello di Blaise era che non elargiva mai pietà, sentimento
che odiava, per
quello che ti stava succedendo, ma soffriva insieme a te, in silenzio.
Lo
abbracciò fraternamente anche se non accettò il
bicchiere di bourbon che gli
porgeva. L’amico fece le spallucce e lo bevve tutto in sorso,
ruttando sonoramente.
-Salute,
eh- il biondo alzò gli
occhi al cielo e si diresse verso la cassettiera allentandosi la
cravatta con
una mano mentre si guardava allo specchio. Le occhiaie erano evidenti,
ma gli
occhi, grigi come argento fuso, risaltavano per contrasto. Distolse lo
sguardo,
aprì tremante il primo cassetto della scrivania, estraendo
maldestramente
l’anello di fidanzamento che Evangeline gli aveva regalato in
attesa della fede
dalla scatolina e lo indossò, sentendo uno strano malessere
invaderlo. L’anello
luccicava nella penombra.
Alla
fine, voltandosi, diede
un’occhiata obliqua a Blaise con un altro bicchiere pieno
fino all’orlo e
mormorò: -Blase, davvero, ti voglio bene e sei mio cugino,
ma non dovresti
darti una calmata?-
-Io
non ho un problema con
l’alcool. Ho un serio problema con la vita- il moro rispose
melanconico, sorseggiando
il liquore pensierosamente. In realtà era un po’
ridicolo, con quella vestaglia
porpora di seta ricamata molto barocca che lasciava intravedere il
petto glabro
però il suo viso era così corrucciato e triste
che Draco non osò nemmeno
sorridere, soprattutto dopo quella frase. Si buttò senza la
solita grazia su
una poltroncina ed entrambi si incantarono osservando i corpuscoli
atmosferici
volteggiare fino al pavimento, illuminati dai raggi di luna che
penetravano
nelle acque del lago.
-Draco?-
chiese all’improvviso
Blaise tagliando il silenzio con voce tranquilla. Se Draco avesse
dovuto
paragonarlo a qualcuno, in quel momento avrebbe optato per un poeta
maledetto
della Parigi bohèmien tardo-ottocentesca. Con quella
vestaglia di seta, poi.
Nascose
un sorrisetto al
pensiero: -Sì?-.
-Cosa
faremo una volta che
fuggiremo? Insomma, che vita potremo mai avere…
Costantemente in esilio-
diversamente dal tono tragico della domanda, la voce del cugino era
sinceramente curiosa e interessata, pur senza entusiasmo, come se
stesse
pensando e soppesando in modo realistico le loro
possibilità. Non sapeva,
purtroppo, che era un interrogativo che lo tormentava. L’idea
di non poter
garantire un futuro sicuro ai suoi amici, in pericolo come lui, ma
soprattutto
a Ginevra, che non aveva nessun motivo effettivo per partire, era
frustrante.
Si sentiva così egoista a permetterle di scappare con loro
solo perché non
riusciva ad allontanarsi da lei…
Theodore
entrò trafelato dalla
porta come se avesse corso; in viso un’espressione serena e
sollevata: -Ah,
siete qui. Com’è andata con Evangeline?- chiese
sottraendo il bicchiere di
liquore ambrato a Blaise e bevendone un sorso, dimenticandosi di
rimproverarlo
e di parlargli degli opuscoli informativi su vari gruppi di Alcolisti
Anonimi. Blaise
si ridestò meravigliato, alzandosi sui gomiti e
strofinandosi gli occhi come se
non credesse a quello che vedeva, esasperando i gemiti sorpresi a tal
punto che
Theo alzò un sopracciglio intimandogli ironico: -Dacci un
taglio, Blay-
Nonostante
il nomignolo che
usavano quando si volevano prendere in giro e che normalmente faceva
andare
Blaise su tutte le furie perché, a parere suo, sminuiva la
sua virilità– ne
usavano diversi, l’uno più melenso
dell’altro: i ricorrenti erano Blay,
Dray, They, Serpentellino mio, Amorino
Oscuro- Blaise si stava rotolando sul divano in presa a
delle risate
incontrollabili che prima fecero preoccupare un po’ gli
amici, poi li fecero
sorridere e ridacchiare a loro volta. Mentre Theo e Blaise scherzavano
ancora e
si raccontavano ricordi divertenti, Draco, con ancora il sorriso sulle
labbra,
scivolò fuori dalla stanza attraversando i locali bui.
Passò davanti alla porta
di Evangeline, rabbrividendo all’idea di cosa aveva evitato
respingendola
appena un’oretta prima. Per fortuna che nel contratto
stipulato fra i loro
padri non erano contemplati rapporti prima del matrimonio. Anzi, forse
la
ragazza stava cercando in tutti i modi di infrangere il patto per poi
passare
da vittima, ricevere il cospicuo indennizzo preventivo e annullare il
matrimonio. Furba come una volpe, la francesina. Era impossibile che
desiderasse davvero di sposare un ragazzo sconosciuto e di abitare
così lontano
da casa: probabilmente il suo unico interesse era il ricco patrimonio
dei
Malfoy. Preso in questi ragionamenti, Draco quasi non si accorse di
essere
arrivato alla porta massiccia della Stanza delle Necessità.
Inspirò
profondamente e girò il pomello della maniglia con
attenzione. Sebbene fosse
già fine marzo, un ciocco di legna ardeva nel camino
intiepidendo la stanza e
diffondendo una lieve luce aranciata. Il ragazzo entrò in
silenzio, notando una
figura accoccolata in posizione fetale nel centro del letto, avvolta in
strati
e strati di coperte verde smeraldo. Dall’involto sbucavano
solo una testa di
capelli rossi un po’ arruffati e una mano che teneva diversi
fazzoletti usati.
Ginny singhiozzava debolmente, come se avesse da un po’
smesso di piangere, ma
non si fosse ancora del tutto calmata. Il suo braccialetto con i
ciondoli
brillava alla luce della luna e tintinnava quando si portava una mano
al viso
per asciugarsi le lacrime, senza smettere di darsi della stupida
sentimentale a
bassa voce. Draco si sentì così male che ebbe
prima l’impulso di scappare da
quell’immagine, poi di correre senza ritegno e prenderla tra
le braccia per
consolarla. Vedeva la schiena sussultare per i singulti e
riuscì perfino a
riconoscere il maglione nero coni bordi verdi che indossava: il suo maglione. Piano piano si
avvicinò,
senza fare movimenti bruschi per non spaventarla e si sedette sul lato
del
letto mormorandole pieno di dolcezza: -Ehi, piccola. Sono qui-
Ginny
lo guardò stupita, cercando
di nascondere i fazzoletti sotto al cuscino e asciugandosi in fretta le
lacrime: -Cos.. Cosa ci fai qui, Draco?- Il panico nella sua voce era
evidente,
ma il ragazzo riuscì a percepire anche un certo sollievo.
Ginevra non era mai
stata brava a tenersi le cose dentro: esprimeva i suoi pensieri di
getto e con
assoluta sincerità, anche se a volte era imperscrutabile e
non lasciava
trasparire nulla di quello che stava ragionando fino a quando non fosse
giunta
ad una conclusione soddisfacente. Draco spostò una ciocca di
capelli umidi
dietro il suo orecchio e le prese il mento tra le dita con tenerezza
per
incontrare il suo sguardo imbarazzato: -Perché piangi?- Si
diede dello stupido
da solo per l’ovvietà della domanda. Ginevra
però intanto aveva smesso di
singhiozzare, troppo presa a risvoltarsi dalle coperte per far entrare
anche
Draco: -Vieni qui, ti prego- lo implorò. Il ragazzo si tolse
le scarpe e si
infilò nel letto accanto a lei, mentre Ginny si accoccolava
sul suo petto come
se lo avesse fatto da sempre. Gli sembrava che la testa della rossa si
incastrasse perfettamente sotto al suo collo. Profumava di violetta, di
sale ed
era calda e morbida nel suo abbraccio. L’accarezzò
piano sulla schiena con una
mano mentre con l’altra le lisciava i capelli in un intimo
silenzio. Sentiva
bruciare ogni parte del suo corpo che toccava contro quello di Ginny in
un
dolce desiderio.
Quando
alla fine la rossa ruppe
il silenzio, la sua voce era perfettamente controllata: -E’
di fidanzamento
quell’anello?-
Draco
deglutì senza smettere di
accarezzarla, osservando il riverbero del platino al suo dito, quindi
rispose
semplicemente: -Sì. L’ho messo per non far
insospettire Evangeline… Dovremo
stare molto attenti, Gin..- Si
interruppe bruscamente quando un dito sottile di Ginevra si
posò sulle sue
labbra per zittirlo: -So perfettamente cosa dovrò fare
domani, come mi dovrò
comportare e perché devo stare momentaneamente separata
dalla persona che amo
di più al mondo- Draco provò ad intervenire senza
riuscirci –Ma ora, in questo
esatto momento, non voglio pensarci- Si sedette a cavalcioni su di lui,
scatenandogli brividi di piacere in tutto il corpo e si
abbassò in modo che
solo qualche centimetro li separasse. Il biondo vedeva perfettamente i
suoi
occhi verdi lucidi come giada, le labbra tese, le gote arrossate,
qualche
ciocca liscia che fiammeggiava in contrasto con la pelle bianca.
Sentì il suo
respiro caldo sulle labbra e provò
quell’attrazione irresistibile che aveva
sentito le prime volte in cui l’aveva vista, ci aveva
parlato, aveva riso
insieme a lei.
-Ti
amo, Ginevra Molly Weasley-
osservò tutte le sue reazioni, imprimendosi nella mente i
suoi occhi che si
spalancavano, ancora increduli, il breve sorriso che
s’incurvava sulle sue
labbra, il battito che accelerava sotto le sue mani -Con tutto me
stesso, con
tutto il mio cuore, l’unica cosa che mi appartiene davvero-
Lo ripetè più
volte, baciandole delicatamente la mascella, le guance, la zona intorno
alle
labbra, le tempie, il collo. Si guardarono poi fronte contro fronte,
immobili,
un po’ ansanti e infine Draco appoggiò la bocca
sulle sue labbra fresche,
assaggiando il suo sapore e apprezzandone la morbidezza, per poi
approfondire
il bacio con intensità. Ginny gemeva piano, ricambiando con
trasporto il suo
ardore, infilandogli le mani fra i capelli, incorniciandogli il viso,
stringendosi alla sua camicia. La sentiva seguire il suo tocco e
inarcare la
schiena per assecondare i suoi movimenti. Le mani instancabili della
ragazza
slacciarono con foga i bottoni, poi scesero sull’orlo del suo
maglione di
cachemire e lo sollevarono fino a sfilarlo del tutto. Draco, sorpreso,
smise di
baciarle il collo e posò i palmi aperti sui suoi fianchi.
Era molto pallida
nella penombra e i suoi capelli, che sembravano spire infuocate,
scendevano sul
seno pieno in morbide onde. Moriva dalla voglia di sentire la sua pelle
liscia
sul suo corpo, di assaggiarla ancora e di guardarla fino a quando non
avesse
memorizzato ogni particolare, ma si accorse che qualcosa non andava.
Ginevra
distoglieva lo sguardo, troppo presa a cercare la sua bocca con
frenesia per
accorgersi che si era fermato, circospetto. Sebbene la desiderasse
più di ogni
altra cosa, si costrinse a pensare lucidamente, anche se era difficile,
difficilissimo con Ginny separata da lui solo da qualche strato di
vestiti, i
suoi, oltretutto. Proprio mentre la rossa stava per slacciarsi il
reggiseno di
pizzo bianco, Draco capì e le prese il viso tra le mani.
Come poteva dirle che in quel momento
non voleva fare l’amore
con lei? Ginny cercò di baciarlo ancora, ma lui non
abboccò. Cercando in ogni
modo di non farla sentita rifiutata e di non umiliarla, le disse con
dolcezza:
-Ginevra, guardami- non appena ottenne la sua attenzione
continuò, facendola
arrossire –Io ti desidero da molto tempo. Sei attraente e mi
provochi reazioni
che non puoi nemmeno immaginare, ma questa sera sei mossa
dall’insicurezza e
dal pensiero che non avremo più tempo per stare insieme ed
io… Io non voglio
che accada così, in fretta, per eliminare una paura
ingiustificata- non appena
Ginny capì qual era il senso del discorso si
scostò, rossa in volto, cercando
di coprirsi con la coperta. Draco con un movimento fulmineo si
girò e la bloccò
sotto di sé, impedendole di evitare il discorso: -Io. Ti.
Amo. Tantissimo-
sottolineò ogni parola con un bacio leggero sulle labbra
–e questo non
cambierà, né ora né mai. Adesso sei
confusa e spaventata, ma fidati di me.
Arriverà il momento giusto-
Ginny
gemette dalla vergogna,
veramente a disagio e si contorse sotto di lui, provocando piccole
correnti
elettriche nel suo corpo. Draco rimase senza fiato e le
sussurrò all’orecchio:
-Così però mi metti veramente a dura
prova…-
Risero
entrambi e la rossa gli
diede un buffetto sul braccio, guardandolo non più
intimidita, ma felice. Il
ragazzo sospirò internamente, rendendosi conto che si era
spiegato bene e non
aveva rovinato tutto. Fu bello parlare fino a notte fonda abbracciato
con lei,
baciarsi piano con delicatezza, senza fretta.
-Draco?-
chiese infine un po’
assonnata Ginevra, la testa posata sul suo petto, le braccia intorno a
lui.
-Si?-
rispose con ironia, continuando
a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli –Ti prego,
dimmi che non è una
domanda esistenziale o uno di quegli interrogativi da donna ai quali
è
scientificamente impossibile trovare una risposta giusta- La rossa
sbuffò,
indignandosi: -Non ci credo di avere un ragazzo così
sessista! Pfui! Ma guarda
te- Draco seppellì il viso nella sua spalla per non ridere,
ma Ginny gli diede
dei colpetti per farlo spostare, a suo modo divertita –Guarda
che sono seria!
Comunque, parleremo di emancipazione un’altra volta, anche se
non pensare che
il discorso sia chiuso-
Il
Serpeverde alzò gli occhi al
cielo, ma la assecondò, baciandole i capelli: -Va bene,
piattola. Ora, potresti
gentilmente esplicitarmi il ragionamento che tanto
t’angustiava, così un povero
ragazzo in cerca di riposo può avere la sua benemerita dosa
di sonno notturno?
Non per essere pedante, ma sai, sono quasi le quattro del
mattino…-
Questa
volta fu lei a reprimere
un sorriso, rispondendo con classe: -Come desidera, sua
maestà- poi smise di
scherzare e diventò seria –Non
c’è nessun modo con il quale il matrimonio
potrebbe essere annullato?
Draco
si girò nelle coperte a
disagio, pensando a come risponderle. Alla fine, le diede
un’occhiata esitante
e rispose con sincerità, ma comunque restio: -In
realtà ci sarebbero diverse
variabili per cui il contratto smettesse di avere un valore,
sì- si schiarì la
voce e continuò dopo un cenno di assenso di Ginny
–Beh, se Evangeline
consumasse anche un solo rapporto prima delle nozze e la sua
verginità andasse
a un uomo che non è il suo promesso sposo, ossia io, quello
sarebbe un caso.
Per quanto suoni disgustosamente antiquato e rozzo, per gli Slytherin i
tempi
non sono andati avanti da quando la suocera controllava le lenzuola
dopo la
prima notte- Effettivamente aveva già pensato a questa cosa,
ma quale ragazzo
avrebbe potuto distogliere la mente di Evangeline dal patrimonio dei
Malfoy?
Lui stesso era troppo un buon partito! L’idea di pagare
qualcuno perché abusasse
di lei gli era passata per la mente un solo istante, in un momento di
particolare disperazione, ma l’aveva rigettata subito
pentendosi di aver anche
solo avuto quell’aborto di malvagità.
Ginevra
ascoltava a bocca aperta
i retroscena della vita nobiliare, mentre Draco quasi sussurrava,
vergognandosi
di appartenere a un Casato così bigotto.
-Quindi
basterebbe che Evangeline
perdesse la verginità con uno che non sia tu?
Così semplice?- chiese poi
curiosamente interessata anche se lui poteva percepire il suo
nervosismo del
parlare della prima notte di nozze, dopo che quella sera si era opposto
a fare
l’amore con lei.
-Sì,
questa è una possibilità
perché lo sposo non è tenuto ad rimanere celibe
fino al matrimonio, anzi, ehm,
deve fare esperienze per spiegare alla ragazza come si fa,
ehm…- il ragazzo si
interruppe, sempre più imbarazzato davanti alla
curiosità quasi infantile di
Ginny-
Lei
completò la frase con
naturalezza: -A fare sesso?- Draco si nascose gli occhi con le mani,
gemendo
come se fosse stato colpito al cuore: -Ah, Ginevra, la parola
“sesso” che esce
dalle tue dolci labbra è così conturbante! Mi
uccidi- Rise apertamente,
fingendo di avere un pugnale piantato nel petto.
-Draco
Lucius Malfoy, ti
consiglio di smetterla immediatamente!- la rossa gli diede la schiena,
dopo
essere arrossita vistosamente, ma il giovane rise ancora e le
strofinò il viso
contro la spalla, implorandola, per amor suo, di girarsi. Tanto fece e
tanto si
lamentò che riuscì a strappare un risolino a
Ginny.
La
luce della luna stillava in
lunghi raggi obliqui nella stanza, il camino sfrigolava sommessamente e
i loro
due respiri si mescolavano, quando, stretti in un abbraccio, si
addormentarono
fronte contro fronte con ancora il sorriso sulle labbra.
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Capitolo 27 *** Commozione ***
GINNY
Quella mattina nulla, nulla, ma
proprio nulla poteva rendere
la giornata triste a Ginny. Draco si era svegliato prima di lei e aveva
cercato
di destarla a suon di baci, senza però un ottenere un grande
successo: -Mi
avevano detto che eri pigra, ma non credevo fino questo punto! Dai,
svegliati.
Svegliati- Piano piano il ragazzo aveva iniziato a sfilarle il cuscino
da sotto
la testa e anche se
lei, vagamente
infastidita, aveva cercato di riacciuffarlo, non c’era stato
modo di dormire
per altri cinque minuti. Poi
doveva
ammettere che vedere Draco così di buon umore la rendeva
immensamente felice.
Si era alzata subito, ma non appena lui si era andato a lavare in bagno
ne
aveva approfittato, stendendosi sul letto ancora caldo. Con i suoi
soliti
metodi drastici, Draco, ridendo, l’aveva presa in braccio
come se fosse un peso
piuma e aveva minacciato di portarla così, con solo indosso
una maglietta, in
Sala Grande, al che, con rammarico, Ginny lo aveva seguito ed erano
andati a
fare colazione. Seduti al tavolo dei Serpeverde si trovavano
già Theo e Blaise
che ammiccarono smaliziati, alludendo alla mancanza del ragazzo in
camera e lo
stesso Demelza e Diane. La rossa sentì le guance bruciarle
al pensiero di ciò
che era successo con Draco, ossia niente e a che cosa pensavano le sue
amiche.
Stava per girarsi verso il biondo per salutarlo quando si
ricordò di stare
attenta che Evangeline non notasse atteggiamenti troppo familiari. Per
fortuna però
era seduta lontano, quasi dall’altra parte della Sala, sempre
truccata
pesantemente e con un vestito di foggia ottocentesca
dall’aria molto scomoda,
interamente rivestito di broccato ricamato. La rossa sentì
un moto di
compassione che durò più o meno un secondo, poi
sorrise quando Draco le fece
l’occhiolino e si sedette con le sue amiche nel tavolo
chiassoso dei
Grifondoro. Non appena arrivò, con un sorriso a trentadue
denti, fu
calorosamente accolta dai suoi compagni e dalle sue amiche. I gemelli
la videro
e urlarono, del tutto incuranti che fosse mattina presto: -Ehi,
sorellina,
vieni qui a sederti con i tuoi fratelli preferiti che non ti vedono
mai- Si
strinsero sulla panca per farle spazio e Ginny si ritrovò
fra Fred e George,
con Demelza, Diane, e
i loro amici: Lee
Jordan, Phoebe Goods, Veronika Price, Seth Donnel. Facevano sempre un
gran
baccano, ma la rossa adorava essere una Grifondoro per
l’accoglienza gioiosa e
la lealtà. Anche se non li conosceva bene, i compagni di
classe dei gemelli le
stettero subito simpatici. Phoebe e Veronika stavano insieme da qualche
anno e
si completavano; la prima, una ragazza esplosiva dai folti riccioli a
cavatappi
biondi come il grano maturo e due occhioni castani da cerbiatto
bilanciava il
carattere schivo della fidanzata mora e delicata come una matrioska che
però
possedeva un’ironia sottile e divertente. Iniziarono tutti a
chiacchierare
amichevolmente, mentre Ginny addentava una fetta di torta alle mele e
ascoltava
Lee che le parlava dall’altro capo del tavolo, cercando si
sovrastare il brusio
degli altri Grifoni. Poiché però non sentiva
bene, la ragazza si sporse sopra
al tavolo, sollevandosi con le mani sulla panca, mentre a Lee
bastò sporgersi,
vista la sua altezza considerevole. L’alito caldo del ragazzo
le accarezzò
l’orecchio, provocandole una serie di brividi lungo la spina
dorsale quando si
ricordò che all’inizio dell’anno
l’aveva salvata dall’ipotermia un giorno che
incoscientemente
aveva volato con la scopa intorno al castello senza coprirsi: -Sei
molto carina
questa mattina, Gin- Ginevra arrossì e quasi per caso
incrociò lo sguardo truce
di Draco dall’altra parte della sala, così sorrise
con dolcezza e ringraziò. Si
risedette al suo posto, sempre senza interrompere il contatto visivo
tra lei e
il ragazzo e fece le spallucce con espressione innocente, furbetta come
un
folletto. Il biondo sollevò un sopracciglio solo con aria
contrariata e mimò
con le mani un gesto che lei interpretò con: -Stai lontana
da lui- Era geloso!
Non ci poteva credere. Alzò le mani in segno di resa e
nascose una risata al
motteggio esagerato che Blaise faceva del suo ragazzo dietro alle sue
spalle.
Affondò il viso nel collo di Fred, ridacchiando
incontenibilmente. George la
guardò incuriosito e lasciò vagare lo sguardo per
la sala in cerca della fonte
del divertimento della sorella minore. Quando gli occhi giunsero su
Draco
Malfoy e i suoi amici aggrottò la fronte e Ginny trattenne
il fiato, poi espirò
sollevata dopo che ricominciò a parlare con Seth. In quel
momento arrivò la
posta e uno stormo di gufi, falchi, poiane e civette entrò
dalle grandi
finestre con giornali e lettere tra gli artigli in un fruscio di ali.
Con
eccitazione Ginevra vide Leotordo atterrare malamente davanti a lei,
per finire
dritto e disteso nella ciotola del musli: -Oh, Leo, ciao! Porti lettere
da
casa?- L’animale si dimenò allegramente in una
pioggia di cereali e uvetta e
bubbolò con striduli urletti. La ragazza si
affrettò a sciogliere le missive
dalla sua zampa, ma fu ancora più stupita quando vide
arrivare un’altra lettera
che portava il sigillo della Romania da un allocco ben più
educato. Finalmente
Charlie che si faceva sentire! Strappò il sigillo di
ceralacca con frenesia,
leggendo frettolosamente le parole del fratello maggiore:
“Carissima Ginevra,
ti scrivo dalla contea di Hunedoara,
in Romania. In realtà è
un posto sperduto, nel centro di questa regione desolata, circondata
solo da
boschi bui e umidi. Non capisco nemmeno nulla di quello che dicono! Sto
cercando di addomesticare un Cornolungo Rumeno, ma per ora questo bel
bestione
non ne vuole sapere. Ho anche trovato le tracce di una Panciaferrata
Ucraina!
C’era una squama di questa specie proprio sotto un albero nei
pressi di una
fattoria. Bisogna stare molto attenti…”
Ginny si preoccupò non
poco per il suo fratellone che da
ormai quattro anni studiava dal vivo i draghi in Romania. Era un
mestiere molto
pericoloso, ma era la sua vita e vi ci dedicava anima e corpo.
Continuò a
leggere, notando che i gemelli provavano a sbirciare da sopra la sua
spalla.
“Cosa mi racconti,
sorellina? Spero che tu vada bene a
scuola e che ti stia impegnando in tutte le materie, Pozioni compresa.
Vogliamo
tutti che tu prenda il massimo nei G.U.F.O. quest’anno.
Contiamo su di te. Ora
però parliamo delle cose importanti: come va la tua storia
con Mister Mistero?
Spero davvero che tu un giorno mi faccia conoscere questo ragazzo che
ti ha
rubato il cuore. Ho ripensato a lungo a quello che mi hai detto quando
ti ho
chiesto stupefatto se fosse davvero un Serpeverde e ti devo le mie
scuse: non
cambia nulla se questo ragazzo è uno Slytherin, un
Tassorosso, un babbano o un
magonò, la cosa fondamentale è che ti piaccia
quanto tu piaccia a lui. Non
accontentarti mai, sorellina. Ti voglio tanto bene,
Charlie”
La ragazza finì di leggere
lo scritto e lo ripiegò in fretta
per non permettere a Fred e George che, curiosi, di intravedere le
parole
commoventi. Piccole lacrime calde le riempirono gli occhi, ricoprendo
il mondo
con una lucida patina sfumata così batté
più volte le palpebre e si asciugò il
liquido salato con movimenti veloci e convulsi. Dio, quanto voleva bene
a
Charlie! Era sempre comprensivo con lei e la accettava per
com’era, senza
cercare di cambiarla. Alzò la testa, dopo essersi detersa le
guance e incontrò
ancora gli occhi di Draco che la fissavano con espressione corrucciata
e tesa
dal tavolo Slytherin: sembrava pronto ad alzarsi e correre
lì da lei per vedere
che cosa l’avesse turbata in quel modo. Anche Blaise e
Theodore apparivano
preoccupati. Ginny si sentì così
amata… Lo tranquillizzò con un sorriso
affettuoso e il biondo si rilassò visibilmente.
-Perché Charlie non le
manda mai a me le letterine
strappalacrime? Eh, Freddie? Eh eh eh?!- si lamentò
scherzosamente con il
gemello, cercando di strappare una risata alla ragazza. Si alzarono
tutti
quando si udì la campanella della prima ora segnare
l’inizio delle lezioni e
Ginevra s’incamminò verso l’aula, con
Fred che le teneva un braccio sulle spalle,
raccontandole di come avevano ricoperto di miele e farina Mrs Purr, la
gatta di
Gazza e con George che le portava la borsa con i libri, sottolineando
quanto
fosse sexy con quel maglione.
…
Di
nuovo la
campanella squillante liberò i ragazzi dalla lezione di
Divinazione, così Ginevra,
Demelza e Diane scesero con sollievo la scaletta che dalla Torre Nord
riportava
al corridoio, tossicchiando e appoggiandosi ai pioli, facendo
attenzione a non
scivolare. Il colorito di Diane, già pallido, aveva assunto
una sfumatura
verdastra a causa del penetrante profumo dolciastro di fiori morti che
aleggiava persistentemente nell’aula della professoressa
Cooman.
Demelza finse un conato e si
sventolò una mano davanti al
viso, esclamando disgustata: -Ma come fa a vivere là dentro
quella donna?
Sembra un bunker- Il corridoio si riempì presto di studenti
che correvano di
qua e di là indaffarati, in cerca della classe per la
lezione successiva.
Ginevra respirò a pieni polmoni l’aria ora libera
dal forte incenso che la
professoressa di Divinazione si ostinava ad accendere in quella
stanzetta
angusta in cima alla torre, soffocante anche senza le spire di fumo che
non
permettevano di vedere a un palmo dal naso. Si osservò
intorno, riempendosi gli
occhi dei colori dei mantelli delle diverse Case e gioendo anche solo
di
sentirsi una parte della Scuola (e di riuscire di nuovo a respirare).
Piano
piano, sempre scherzando fra loro, le tre amiche si unirono alla
colonna di
studenti che fluiva verso il pianterreno come un fiume chiassoso.
-Io sono certa che quella insieme
all’incenso si fa di erba,
ecco cosa credo- sentenziò Demi ridacchiando e facendo
spalancare gli occhioni
blu a Diane, che mormorò: -Ma come?! E’ una
professoressa! Non può!-
Ginny rise, gettando la testa
all’indietro e facendo
ondeggiare i capelli come fiammelle: -Eccome se può!
Però credo che preferisca
il brandy- replicò ricordando che si era sempre chiesta cosa
ci facessero tutte
quelle bottiglie vuote sotto i tavolini delle sfere di cristallo. Una
volta
durante una lezione noiosissima si stava dondolando sulla sedia
così andò a
sbattere con il piede contro qualcosa sotto al tavolo e si accorse che
l’oggetto che rotolava fuori era una bottiglia vuota.
Dubitava che la prof la
utilizzasse per metterci dei fiori, anche
perché aveva una predilezione per quelli essiccati.
Arrivarono all’aula di
Trasfigurazione, dove la professoressa McGranitt stava ancora
sbraitando con lo
chignon stranamente sfatto e penzolante sul capo, gli occhialini storti
e le
guance arrossate dalla rabbia: -Signorina Blanchard, smetta di urlare
IMMEDIATAMENTE! SOLO IO POSSO URLARE QUI, E’ CHIARO?!?-
Diane si fece piccola piccola e
sussurrò appiattendosi
contro il muro: -Oh oh! Qui qualcuno è arrabbiato, mooolto
arrabbiato-
Ginny si sporse dentro la classe,
appena in tempo per vedere
Evangeline che con una smorfia schifata e le mani alzate spingeva via
il banco
dal quale un povero rospo spaventato,
probabilmente da trasfigurare, cercava di sfuggire via. La
ragazzina si
gettò verso la porta, furente, ma inciampò nel
vestito voluminoso con le
scarpette con il tacco e per poco non cadde distesa nel corridoio. I
suoi
compagni di classe ridacchiarono, accendendole le gote di un rossore
evidente
di vergogna. Evangeline riprese l’equilibrio e rivolse a
Ginny , ancora sulla
porta, un’occhiata pregna di odio e di rancore con quei suoi
occhietti neri,
che sembrava non fosse solo per la risatina che inevitabilmente si era
unita a
quella degli altri studenti, ma per qualcosa di più
profondo. La rossa sentì
una morsa nello stomaco, come se una mano invisibile lo stesse torcendo
e si
rese conto di essere immobile, rigida, lì dove aveva
percepito chiaramente il
messaggio furioso della francese: “Stai attenta. Ti
guardo”
Demelza le mise una mano sulla spalla
e la scosse
leggermente, domandando insolitamente premurosa: -Va tutto bene, Gin?-
La risposta fu assorta e lieve:
-Sì, Demi, entriamo. Non
vorrei che la McGranitt si arrabbiasse anche con noi…- Aveva
un bruttissimo
presentimento.
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Capitolo 28 *** Amore ***
DRACO
Come naturale, marzo portava con
sé non solo le dolci
giornate soleggiate, ma anche pioggerelline insistenti e tiepide. Draco
sottovalutava sempre quelle gocce sottili e andava a finire che usciva
senza il
mantello, bagnandosi completamente in qualche minuto. Quando giocava a
Quidditch, poi, gli sembrava che l’acqua entrasse perfino
sotto la pelle, come
in quel momento. L’allenamento era stato faticoso e
abbastanza inutile; non
aveva voglia in realtà di sgolarsi per quel branco di idioti
che non sapevano
nemmeno lanciare una pluffa però la settimana successiva ci
sarebbe stata la
partita contro Grifondoro e non si poteva permettere di perdere, anche
perché
che figura ci avrebbe fatto con Ginny? Avevano perfino fatto una
scommessa! Nello
spogliatoio, mentre si toglieva i vestiti gocciolanti,
ripensò sorridendo a
quando l’aveva vista intrufolarsi sugli spalti. I suoi
capelli si notavano
perfino da lontano visto che riflettevano la luce come il rame. Le
aveva
urlato, proprio nello stesso modo sardonico con cui
l’apostrofava in passato le
volte in cui si stuzzicavano: -Ehi, Weasley, ti ha mandato Potter per
spiarci?
Volete imparare dai migliori, evidentemente-
Tutti i suoi compagni avevano riso,
ovviamente, ma Ginny
imperturbabile aveva risposto per le rime, dando mostra della sua
lingua
tagliente, una delle sue principali caratteristiche: -Malfoy, smetti di
badare
a me e inizia a preoccuparti per i tuoi giocatori… Si vede
da quaggiù che hanno
dei seri problemi con le scope! E fai attenzione, non vorrei che
cadendo ti
rovinassi quel bel visino- concluse con un sorrisetto malizioso e le
guance
accese. Si era così buttato in picchiata, sentendo il vento
fischiargli nelle
orecchie per la velocità e le gocce che gli sferzavano il
viso, fino ad arrivare
vicino a lei, quasi naso contro naso. Aveva letto la sorpresa nei suoi
occhi
verdi, ancora scintillanti di divertimento e le aveva sussurrato
– la voce
roca, calda- nell’orecchio: -E’ meglio che torni al
castello e smetti tu di distrarmi,
altrimenti se cado e mi
faccio male, potrebbe compromettersi non solo il viso, ma qualcosa che
a te
potrebbe mancare molto, molto di più- Osservò
soddisfatto l’espressione
scandalizzata che le si dipinse sul volto e le guance arrossite
improvvisamente, ma, sebbene imbarazzata, riuscì a
rispondergli orgogliosamente
alzandosi per tornare indietro con un sorriso da Monna Lisa: -Vuol dire
che mi
dovrò rivolgere a Lee Jordan, Draco. Sembrava così
disposto ad aiutarmi!- E se ne era andata.
-Touchè, amico- aveva
pensato il ragazzo, volando in aria
–Te la sei meritata-
…
Draco, stravaccato su una poltroncina
in Sala Comune del
dormitorio Slytherin con Theo e Blaise, aspettava impaziente che
Evangeline se
ne andasse a letto, per poi raggiungere Ginny nella Stanza delle
Necessità, ma
lei restava lì seduta, impassibile, mentre le altre
Serpeverdi parlavano di
trucco, di vestiti, di gioielli. Era un giorno importante: sembrava
ieri che
Draco e Ginevra si erano conosciuti, ma in realtà erano
passati ben sette
mesi. Sette lunghi
mesi, ventuno
settimane da quando per la prima volta aveva posto le labbra sulle sue.
Si
perse nei ricordi di quello che avevano passato e provò a
ricordare quando
avesse sentito una così forte emozione. Ma, per quanto
divertenti, sia i primi
festini Serpeverdi, sia la prima sbronza con i suoi amici, le gare di
Quidditch
improvvisate alle due di notte, non erano comparabili. Voleva fare
qualcosa di
speciale, com’era speciale quel qualcosa che avevano creato
loro due, insieme. Le
fiamme aranciate del camino sfrigolavano dando un po’ di
calore all’ampia
stanza interamente di color verde scuro. Blaise stava accarezzando il
gatto
siamese di Pansy, una povera bestiola tutta infiocchettata dai grandi
occhi
languidi che tanto somigliavano a quelli color fiordaliso del ragazzo,
mentre
Draco muoveva nervosamente il ginocchio su e giù con
espressione tesa e
concentrata sull’orologio a pendolo dorato che rintoccava
lugubremente sopra al
camino scoppiettante. Lanciando un’occhiata perplessa alle
lancette, Theodore
sollevò un sopracciglio, e sporgendosi un poco
sussurrò all’amico: -Ehi, Dra…
Anche se continui a gettare sguardi truci all’orologio, il
tempo non accelera.
E poi smettila con quel ginocchio, che poi la Vipera si insospettisce-
Il
biondo emise un verso strozzato di frustrazione e si passò
una mano fra i
capelli con rabbia rispondendo a bisbigli: -Theo, basta, non ce la
faccio più-
Accarezzando blandamente il gatto che
faceva le fusa, Blaise
li informò svogliato che il rettile in questione si stava
avvicinando con aria
seccata alle loro personali poltroncine. Infatti, proprio come
l’amico aveva
riferito, Evangeline giunse con espressione ostile davanti a lui,
restando
ferma in piedi e riuscendo così ad essere
all’altezza dei suoi occhi. Quelli
della ragazza, nerissimi e imperscrutabili, erano seminascosti da una
veletta
di pizzo e fortemente bistrati da una matita altrettanto scura. Con la
piccola
bocca tinta di rosso atteggiata a una smorfia infastidita, i polsi
appesantiti
da monili dall’aria vetusta, l’indolenza tipica
della ragazza viziata, la
Blanchard rappresentava per Draco tutto ciò che odiava del
suo Casato:
l’ostentazione, l’opulenza, la falsità.
Comunque sapeva cosa doveva fare e,
provando disgusto per sé stesso, si alzò
galantemente e le baciò la mano:
-Evangeline, cara, buonasera- Anche
Theodore lo imitò, seppur con una certa freddezza di modi,
però Blaise né la
salutò, né si alzò in piedi come
esigeva l’etichetta, al che la ragazza tossì
per evidenziare la sua presenza e gli lanciò uno sguardo di
fuoco. Solo dopo
ciò Blaise si sollevò con grazia, facendo cadere
il micio a terra, che,
irritato dalla mancanza di delicatezza, lo graffiò sul una
mano.
-Brutta bestiaccia, sei proprio come
la tua padrona- imprecò
a mezza voce, portandosi la mano al petto per esaminarla –Mi
hai deturpato… Ah,
buona serata, signorina Blanchard. Ora l’ho vista. Cosa la
porta qui a farci
visita? Non era impegnata in una discussione, ehm, dotta con le altre
ragazze?-
concluse con uno sguardo penetrante. Evangeline sollevò la
veletta con un
movimento fulmineo e rispose sibilando: -Ero certa che il mio futuro
marito
avrebbe voluto vedermi questa sera così come io lo bramavo-
per Draco fu
spontaneo rabbrividire a una tale dichiarazione e ciò non
sfuggì alla ragazza:
-Tesoro, qualcosa che non va? Forse dovrei accompagnarti nella tua
stanza…-
Theodore la interruppe quietamente,
posando una mano sulla
spalla di Draco teso come una corda di violino: -Signorina, credo
proprio che
Draco sia stanco. Oggi gli allenamenti di Quidditch sono stati intensi
e lo
hanno evidentemente provato. Penso che andremo tutti a dormire, adesso.
Si sta
facendo tardi, non è vero?- le gettò
un’occhiata severa e inchinandosi profondamente
le augurò la buonanotte con un tono che non ammetteva
repliche, al che, seppur
arrabbiata, Evangeline dovette congedarsi. Riabbassò la
veletta e si allontanò,
non prima di intimare al promesso: -Desidero andare a Hogsmeade questo
sabato
per valutare i modelli delle fedi, Draco. Mi aspetto che tu mi venga a
prendere
alle 4. A domani- Si voltò in un fruscio di sete e si
dileguò a testa alta,
ancheggiando con un suono di tacchi alti. Il biondo sospirò,
esalando l’aria
che non si era accorto di trattenere e chiuse gli occhi stancamente.
Blaise gli
diede una pacca sulla testa e gli disse allegro: -Su, su che
è passata anche
questa volta-
Per tutta risposta, Draco
replicò a denti stretti: -Non
farmi pat pat sulla testa- e
alzandosi
in fretta, raccolse il mantello e uscì, suscitando una serie
di sospiri e
gridolini tra le ragazze Slytherin che seguivano ogni loro mossa. Un
tempo
avrebbe riso dei loro commenti, si sarebbe vantato del loro
apprezzamento, ma
ora si accorse che non gli importava più di tanto. Percorse
velocemente i
corridoi illuminati dalle fiaccole con un’ansia sempre
crescente e un desiderio
ancora maggiore. Saltò su una scala, che si mossa portandolo
al sesto piano e
poi camminò ancora… Sembravano migliaia i piani
da percorrere fino alla Stanza
delle Necessità! Svoltò l’angolo in
fretta e andò a sbattere contro qualcosa, o
meglio, qualcuno che era evidentemente appena uscito dal corridoio del
sesto
piano!
-Cosa ci fai in giro a
quest’ora? Torna subito in
dormitorio!- tuonò Draco, che in quanto Prefetto aveva il
permesso di
controllare il Castello con i giri di ronda.
La replica arrivò
prontamente in un tono che non gli era del
tutto estraneo: -Malfoy, sono un Prefetto esattamente come te. Che cosa
ci fai
tu, qui, a quest’ora?! I tuoi turni di ronda sono stati la
settimana scorsa…-
Draco guardò meglio nell’oscurità e
intravide una figura alta, dagli spettinati
capelli neri e gli occhiali tondi, che mandavano lampi di luce al
riflesso
debole delle torce: -POTTER!- sibilò scocciato
–Vattene. Io faccio quello che mi
pare- lo aggirò facilmente e proseguì per la sua
strada, chiedendosi da dove
venisse. Poi la sua mente fu di nuovo invasa dal pensiero di Ginny e
prese
tutto lo spazio. Arrivò davanti alla stanza e
girò la maniglia, nervoso come
non lo era stato nemmeno al primo appuntamento. Entrando, vide subito
le
candele accese, la finestra aperta e le cortine del letto spalancate.
Ginevra,
di schiena verso la porta, stava sistemando dei tulipani vermigli in un
alto
vaso di ceramica, canticchiando a bassa voce una melodia di un
compositore
babbano che tanto le piaceva, un notturno di Chopin. La luce della luna
disegnava aree luminose sul pavimento. Entrò di soppiatto,
appoggiandosi alla
porta per osservarla e sorrise involontariamente, poi in silenzio si
posizionò
alle sue spalle la fece voltare di scatto baciandola di sorpresa. Non
la vedeva
dalla mattina e perciò non aveva avuto tempo nemmeno di
farle un saluto di
sfuggita, pedinato com’era da Evangeline, che non lo lasciava
un attimo da
solo. Però si era guardato dal farle capire che si ricordava
della data tanto
importante; voleva fosse una sorpresa. Baciò più
approfonditamente quelle
labbra morbide sentendo il desiderio risvegliarsi in lui e le
incorniciò il
viso tra le mani sentendo la ragazza ricambiare con passione. Le
avvolse le
mani sotto le cosce e la tirò su, facendole avvolgere le
gambe fasciate nei jeans
scuri intorno alla sua vita. Ginny emise un urletto sorpreso seguito da
una
risata cristallina facendo sorridere anche lui, poi appoggiò
la fronte contro
la sua, guardandola negli occhi verdi. Fu la ragazza a colmare la
distanza tra
loro, seppur breve, e a unire le loro bocche un’altra volta.
Draco percepiva la
morbidezza di Ginevra sotto le sue mani, la linea delicata dei fianchi,
la
forma a clessidra della vita, come non aveva mai fatto. Sentiva anche
che la
rossa viveva quel momento con la stessa intensità, gli occhi
brillanti, il
respiro emozionato. Mentre ancora si stavano baciando, la musica
cambiò improvvisamente
e partì ad un volume spropositato un martellante ritmo house
da discoteca
babbana che li fece sobbalzare e staccare di scatto. Draco si
guardò intorno
sorpreso e scandì ironico nell’orecchio di Ginny,
sentendola rabbrividire dalla
vicinanza, nonostante tutto: -Scommetto che questa è opera
tua. O di Blaise-
Ordinò alla Stanza di spegnere la musica e così
rimase solo il suono dei loro
respiri nel silenzio. Il divertimento aleggiava sul volto della sua
ragazza.
Era allo stesso tempo però così seria, solenne,
tanto che Draco la guardò a
lungo, assaporando ogni suo particolare fino alla punta dei capelli
senza che
per una volta si ritraesse dai suoi occhi, intimidita. Innamorato,
percorse i
tratti del viso, le volute dei capelli ramati, le curve dolci delle
spalle e
del seno pieno celato dalla camicetta leggera, le gambe flessuose. Si
concentrò
sulla pelle pallida, sulle leggere efelidi che
s’intravedevano sulla spalla un
po’ scoperta. Ginny era perfettamente a suo agio: lo fissava
a suo volta, con
uno guardo sognante e desideroso che non doveva essere così
dissimile dal suo.
Li separava solo un metro, eppure sembrava un abisso. Gli brulicavano
le mani
dalla voglia che aveva di toccarla e di amarla ancora più
interamente, ancora
più indissolubilmente. Comunque, lo sapeva, stava a lei
decidere.
La ragazza avanzò di
qualche passo, sempre con quell’espressione
solenne sul volto, animata da un mezzo sorriso e bisbigliò
commossa, posandosi
una mano all’altezza del cuore: -Draco, sono così
felice che sento male qui. E’…
normale? E’ così per tutti?- Pensò
seriamente a quella domanda, accorgendosi di
provare le stesse cose, ma di non riuscire a spiegarle. Come si fa a
raccontare
l’empatia, l’emozione, il batticuore?
Perché nessuno aveva urlato al mondo che
era l’Amore il segreto per vivere bene, per non essere
più soli? Deglutì,
guardandola con occhi ardenti, appoggiando la mano sulla sua e cercando
di
rispondere il più sinceramente possibile: -Io non so se
è così per tutti… So
solo che sono stato immensamente fortunato. Forse troppo. E che ti amo-
prese l’altra
mano della ragazza e la posizionò sul suo cuore dal battito
accelerato –Lo sento
qui-
Come tirati da un filo invisibile, si
avvicinarono
centimetro per centimetro, baciandosi piano, poi schiudendo le labbra,
quindi
voraci, bisognosi l’uno dell’altra. La sua
vicinanza era così inebriante, il
momento coinvolgente, però nonostante questo entrambi
sentirono la necessità di
fare le cose con calma. Draco iniziò con movimenti
lentissimi a sbottonare la
camicia di Ginny, baciandole il collo delicatamente, accarezzando la
pelle
morbida.
Non si era mai sentito
così bene.
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Capitolo 29 *** Sette ***
GINNY
Le batteva così forte il
cuore che pensava si sarebbe
fermato. Non riusciva a definire, scientificamente e in modo esaustivo,
ciò che
provava in quell’esatto momento. Percepiva le mani di Draco
ovunque: sulla
schiena che l’accarezzavano dolcemente, sulle guance, con i
pollici che le
sfioravano le guance e sui bottoni della camicia, mentre li slacciava
con
lentezza, come se fosse il momento più solenne del mondo. La
sua pelle fremeva
dove la toccava e ogni terminazione nervosa pulsava. Nonostante fosse
tutto
molto naturale, Ginny sentiva di essere rossa per
l’imbarazzo, però fino a
quando Draco la baciava andava tutto bene. Era elettrizzata dal
nervosismo,
sensibilissima ad ogni suo tocco e tesa come una corda di violino.
Ormai la sua
camicia era del tutto aperta e lasciava intravedere il reggiseno nero a
pois
bianchi. Il ragazzo smise di baciarla e sollevò le mani,
posandole sui suoi
fianchi, osservandola affascinato. Notando la sua inquietudine
tentennante,
cercò di sdrammatizzare con un sorriso sornione: -Indossi
davvero un reggiseno
a pois?!- Ginevra abbassò gli occhi e fece le spallucce,
grata per la
distrazione: -Certo, perché? Io adoro i pois, ma se non ti
piacciono…- quindi
cercò di divincolarsi, fingendosi impermalosita e
ricominciò ad allacciarsi i
bottoni, guardando di sottecchi la
sua
reazione e mordendosi un labbro per non ridere. In men che non si dica,
si
sentì sollevare e si trovò fra le braccia di
Draco, che aveva un sorrisetto
compiaciuto in volto come il gatto che ha preso l’uccellino:
-Abbastanza
galante per lei, madame?- Ginny gli stampò un bacio sonoro
sulla guance, mentre
il biondo camminava verso il letto per adagiarla fra le lenzuola:
-Grazie, sì,
messere- Aveva le mani intrecciate dietro la sua nuca, ai capelli
chiari e
percepiva quanto era forte, quanto era snello e asciutto. Profumava
vagamente
di pelle e di sale e di Draco. La rossa iniziò a posargli
piccoli baci sul
collo, seguendo una scia che collegava l’orecchio alla
mandibola e suscitando
il suo evidente piacere, tanto che il ragazzo rallentò
l’andatura e piegò la
testa per facilitarle il lavoro. Sentendosi potente e bella, bella per Draco, riconoscendo di essere al
sicuro tra le sue braccia come in nessun altro posto al mondo, rese il
bacio
più serrato e gli lasciò un segno rosso proprio
sopra la clavicola. Poi si
allontanò e rimirò la sua opera. Gli occhi
adamantini del biondo incatenarono i
suoi in una morsa che lasciò senza fiato, quindi scesero sul
succhiotto.
-Sei
soddisfatta?-
domandò divertito e ansante, gettandole uno sguardo obliquo
che non seppe ben
interpretare.
-Sì- rispose maliziosa
–E’ quasi a forma di cuore- Draco
fece finta di lasciarla cadere, con un suo urlo sconcertato, ma poi la
riprese
al volo e la gettò sul letto scatenando le sue sonore
proteste.
-AH SEI DELICATO CON LA TUA RAGAZZA,
MI DICONO!- gridò tra
le risate, rotolandosi nel letto tra le lenzuola di raso verde scuro.
Il biondo
non le diede il tempo di lamentarsi ancora perché
iniziò a baciarla sul collo
con lo stesso trattamento che lei gli aveva riservato. Ginny si sciolse
sotto
il suo tocco delicato, abbandonando ogni timore, eppure fu presa alla
sprovvista quando Draco le lasciò un segno identico al suo
alla base del collo.
Spalancò gli occhi e si strinse alla sua schiena quando
scese ancora più giù,
mentre le slacciava piano il gancetto del reggiseno. Anche se un
po’
frastornata, era profondamente grata che stesse prendendo
l’iniziativa: non
sapeva proprio da dove cominciare e si sentiva piccola e inesperta. Le
sue
uniche esperienze si riducevano drasticamente rispetto a quelle che
aveva
vissuto Draco (giravano delle voci su di lui che avrebbero fatto
arrossire
perfino Rita Skeeter, nonostante avesse qualche dubbio sulla
fonte…), ma sentiva
comunque il bisogno fisico di stargli vicino, più vicino,
così gli tolse del
tutto la camicia e senza smettere di baciarlo si sfilò la
gonna, con la pelle
d’oca ben visibile sulla pelle pallida. Gli occhi grigi del
ragazzo si
allacciarono ai suoi, preoccupati: -Ti faccio così paura?-
Sembrava talmente abbattuto che Ginny
lo rassicurò con
troppa foga, confondendosi: -No, guarda, non sei tu, ma nemmeno io!
E’ che lo
voglio tanto, ti voglio tanto, ma
non
so come fare…- la voce si affievolì piano piano.
Ginevra vide passare mille
emozioni sul viso di Draco, dalla confusione al panico e si
sentì morire,
perché aveva rovinato il loro mesiversario. Poi lo vide
distendersi e sentì un
sussurro accanto al suo orecchio: -Tu stai ferma allora. Se davvero te
la
senti, fa quello che ti va. Sono a tua disposizione- Annuì,
leggermente
rincuorata e riappoggiò la testa sul cuscino, mentre il suo
ragazzo
ricominciava a baciarla piano, pianissimo, come se fosse di vetro e
potesse
spezzarsi. Solitamente Draco era caloroso con lei, la abbracciava con
passione,
la stringeva forte, sapendo che non le piaceva fare la bambola di
porcellana in
una teca, eppure apprezzò che fosse così cauto
questa volta. Sentì le sue mani
calde risalire sul suo corpo, sfiorandole le cosce, i fianchi, le
braccia e
provò una scarica di brividi incontrollabili. Chiuse gli
occhi, concentrandosi
sul bacio, che si faceva mano a mano più profondo,
più pieno e sul tocco delle
dita sulla pelle. Un po’ rassicurata, fece la stessa cosa ed
iniziò ad
esplorare il suo corpo, accarezzando gli addominali piatti e i muscoli
guizzanti della schiena come se non li avesse mai visti prima.
Sollevò il
pallido braccio sinistro del ragazzo, con l’orrido sfregio
nero del Signore
Oscuro che spiccava, mentre Draco deglutiva a disagio e intrecciava le
dita con
le sue, stringendole forse un po’ troppo forte. Per Ginny era
evidente che
faceva di tutto per non ritrarsi al suo tocco e al suo sguardo,
nonostante
tremasse. Tracciò una linea di baci dal suo collo fino alla
spalla, facendogli
chiudere gli occhi dal piacere, quindi scese più in basso,
avvicinandosi al
tatuaggio quasi pulsante, fino a posare pianissimo le labbra su di
esso. Non
aveva paura del Marchio e le dispiaceva pensare che Draco,
così orgoglioso e
testardo, si vergognasse. Spesso era furiosa e non sapeva bene contro
chi
scatenare la sua rabbia: contro Lucius Malfoy forse? Contro Voldemort?
Era un
segno del male, certo, però che colpa ne aveva lui se gli
era stato imposto?
Sempre tutti, ad Hogwarts, avevano ritenuto Draco codardo, meschino,
inattaccabile, eppure nessuno aveva mai pensato a che cosa aveva
davvero
sofferto. Neppure lei, fino a quando non gli era stata così
legata…
Continuò la sua
esplorazione, sfiorando appena le scapole
sporgenti. Molte parti le erano conosciute, se non care
–l’incavo del suo
collo, dove spesso si addormentava, le labbra, le mani- però
altre erano una
nuova scoperta. Lo stesso doveva essere per lui, visto che la guardava
con
occhi diversi. Erano grigi scuri, attenti, celati da qualche ciuffo di
capelli
biondi che gli ricadeva sul viso perfetto. Più bello che mai.
-Ti faccio così paura?-
gli chiese usando la sua stessa domanda,
respirando appena e solleticando la sua guancia con un dito. I loro
sguardi non
si lasciarono, verde nell’argento.
Draco le mise un ricciolo rosso
dietro l’orecchio e prima di
chinarsi sul suo seno, le bisbigliò all’orecchio:
- Sono terrorizzato, non si
vede?- In realtà, Ginevra non ebbe proprio il tempo di
pensare alla sua risposta,
perché provò una sensazione così forte
che dovette stringersi le lenzuola e
chiudere gli occhi. Mai, mai in tutta la sua vita si era data
così
completamente a qualcuno. Non offriva solo il suo corpo a Draco, gli
donava il
suo intero cuore, che sembrava messo a nudo, scoperto, pulsante.
Provò il
desiderio insopprimibile di fondersi con lui, di condividere
quell’urgenza che
montava dentro di lei e che le faceva diventare il sangue fuoco caldo;
tolse
ogni altro pezzo di stoffa che li separava, assaporando il contatto
bollente
delle loro pelli l’una sull’altra.
Affondò il viso nel suo collo e le dita nei
suoi capelli, abbracciandolo per non lasciarlo più andare.
Era così bello… Non
poteva credere che fosse davvero suo. Forse un contratto di matrimonio
lo
legava ad un’altra ragazza, ma qualcosa di più
importante di un pezzo di carta
li univa e sembrava resistere nonostante tutti gli ostacoli che si
erano
presentati in quei mesi.
Non provò nemmeno a
parlare, perché nessuna parola poteva
descrivere quello che in realtà stava provando. E nemmeno, sinceramente,
voleva farlo: per una
volta desiderava solo stare con lui, in tutto e per tutto e non
perdersi
neanche un momento.
…
Un po’ di ore dopo, la luna
non era più così alta e il cielo
stava assumendo una tonalità azzurrina più chiara
e aranciata sull’orizzonte.
L’unica grande finestra della Stanza delle
Necessità era spalancata. Le tende
volteggiavano e frusciavano impalpabili, mosse dal venticello lieve che
proveniva dall’esterno. Ginny era accoccolata sul petto di
Draco, che si alzava
e si abbassava confortante al ritmo del suo respiro, avvolta in uno
strato di
lenzuola verdi. Osservava in pace il mondo che si svegliava nel
più solenne
silenzio, mentre lui si attorcigliava un ricciolo ramato intorno al
dito. Ogni
parola era superflua. Ad un certo punto, Draco si fermò,
così lei alzò gli
occhi silenziosamente interrogativi verso di lui e lo pregò,
divertita:
-Continua dai, mi piaceva- Draco rise di cuore e lei si
sentì felice; era
sereno finalmente, dopo tanto tempo passato fra dubbi, preoccupazioni e
incertezze
logoranti. Evangeline era lontana, lontanissima da dove si trovavano,
ma non
del tutto scomparsa. Ginevra poteva solo immaginare quanto sarebbe
stato bello
avere un momento di pace totale. Si alzò, sollevando le
coperte con sé per
coprirsi, ed iniziò a cercare i suoi vestiti.
-Cosa fai?- Draco la
guardò con gli occhi socchiusi, steso
languidamente come un felino stanco.
-Vieni, andiamo a inseguire
l’alba- la giornata si
prospettava troppo bella per stare al chiuso. Si avvicinò
alla finestra,
rabbrividendo piacevolmente per i soffi di vento freschi che si
intrufolavano
nelle lenzuola. Quando si girò per ribadire il concetto, il
ragazzo, a pancia
in giù, aveva il viso profondamente affondato nel cuscino.
Ginny, piena di
disappunto, ma dopotutto divertita, prese la rincorsa e
saltò sul letto, buttandoglisi
addosso con tutto il suo peso e pungolandolo con le dita: -Draco!
Svegliati!
Su, su. Hai dormito un sacco- Richiamato all’appello,
alzò un sopracciglio e le
fece notare, malizioso: -Guarda che la fatica l’ho fatta
tutta io ieri sera-
Lei arrossì e gli diede qualche schiaffetto motivazionale,
spostando comunque gli
occhi dal suo corpo nudo per un vago imbarazzo. Alla fine anche Draco
si alzò e
si vestì con nonchalance. Indossò un paio di
jeans stracciati sulle ginocchia e
una maglietta grigia, che lo resero più giovane di quanto le
cicatrici sul suo
corpo o lo sguardo adulto non mostrassero. Però, questo
doveva ammetterlo, gli
stavano benissimo. Aveva tutti i capelli spettinati, tanto che a Ginny
venne
voglia di passarci una mano in mezzo per sistemarli; si contenne e la
unì invece
alla sua, allacciandole. Lei si mise addosso il suo famoso maglione
nero con i
bordi verdi e prese di nascosto un pacchetto, incartato
d’argento, mettendolo
nella tasca posteriore dei jeans. Tenendosi sempre per mano, uscirono
nel silenzio
del castello addormentato, passeggiando nei corridoi vuoti, appena
illuminati
dalla luce nascente. Non c’era proprio nessuno in giro,
nemmeno in biblioteca,
dove certi studenti rimanevano a ripassare fino a tarda ora (o si
addormentavano con le teste sui libri), mentre gli Elfi domestici
stavano già
preparando la colazione, testimoniata da un goloso profumo di dolci
appena
sfornati. I due ragazzi arrivarono fino al Portone e uscirono in
giardino. Un
leggero strato di rugiada bagnava l’erba verde, punteggiata
di qualche
violetta, segno della primavera quasi inoltrata. Ginny si
slacciò le scarpe e
proseguì a piedi nudi, ridacchiando per il contatto fresco
sotto le dita. Draco
era rimasto indietro di qualche passo e la osservava intensamente, la
testa un
po’ inclinata di lato e l’ombra di un sorriso sulle
labbra. Solo per lui, alzò
le mani sopra la testa e fece una ruota, atterrando ai suoi piedi e
scoccandogli un bacio sonoro sulla guancia. Sentiva di avere i capelli
tutti
arruffati, eppure Draco la guardava come se fosse la cosa
più bella che avesse
mai visto, anche se leggermente malinconico. Quanto avrebbe voluto
imparare le
basi della Legilimanzia, solo per capire cosa gli passava per la testa
in quei
momenti. Però subito lo Slytherin si riscosse e, posandole
un braccio sulle
spalle, la accompagnò in riva al lago Nero. Le onde
battevano dolcemente le
sponde sabbiose e il sole nascente si rifletteva cangiante e aranciato
su di
esse. L’aria era tiepida e la sensazione della riva umida e
ruvida sotto ai
suoi piedi confortante. Passeggiarono costeggiando il lago, mentre il
sole si
alzava davanti a loro e sorgeva dalle acque. Si fermarono sotto la
quercia
imponente, le cui gemme iniziavano a spuntare, verdi e tenere. Ginny
alzò gli
occhi verso di lui, gli accarezzò una guancia e Draco
assecondò il suo
movimento con la testa, senza mai distogliere lo sguardo magnetico e
abbracciandola alla vita. Deglutendo, con l’altra mano la
rossa sfilò il
pacchetto che aveva nascosto nella tasca dei jeans e glielo chiuse nel
pugno,
elettrizzata. Sentiva mille puffole che saltavano di qua e di
là nel suo
stomaco e un nodo alla gola. Draco era sorpreso, ma non solo, era
commosso; la
guardò con gli occhi che scintillavano di gioia: -Posso
aprirlo?-
Ginny trattenne lo sbuffo,
però alzò comunque gli occhi al
cielo e con celata dolcezza rispose: -No, te l’ho dato solo
perchè tu guardassi
il pacchetto- Lo osservò con il cuore che martellava mentre
scartava il dono con
la frenesia di un bambino, il che le fece pensare che non avesse mai
ricevuto
molto regali. Alla fine, scivolò fuori un sottile bracciale
di cuoio nero intrecciato,
semplice, con una piccolissima fata incisa sulla chiusura
d’argento. Solo chi
sapeva dove guardare l’avrebbe potuta riconoscere e,
soprattutto, collegare al
medaglione di Ginevra.
-Buon settiversario…?-
buttò lì, sorridendo.
Draco le diede un lungo bacio e, alla
fine, senza che quasi
se ne accorgesse, Ginny aveva un anellino al dito: -Buon settiversario-
Okay, non ho idea di come sia partorire, ma io credo di esserci andata
molto vicino con la stesura di questo doloroso, difficile, romantico
(awwww <3), imbarazzato, goffo capitolo. Mi vergogno un po' per
il mio ritardo imperdonabile, perciò ciao. Vi voglio bene
Viola
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Capitolo 30 *** Lontananza ***
DRACO 10 maggio
Lettere infervorate e sollecite
continuavano ad arrivare con
cadenza regolare da Malfoy Manor, attraverso la maestosa aquila reale
di
Lucius. Ogni volta che entrava in Sala Grande e planava sul tavolo
Slytherin
con alterigia, Draco non solo s’imbarazzava per quella
sfacciata ostentazione
di lusso –poche famiglie potevano vantare di aver avuto
un’aquila come
messaggera, considerando il prezzo e la difficoltà di
allevamento
dell’animale-, ma si sentiva anche male per le notizie
imprevedibili che poteva
portare. Inoltre non gli era mai piaciuto quell’uccellaccio;
era come se nel
becco uncinato intravedesse la linea dura della bocca di suo padre e
negli
occhi di ghiaccio la freddezza calcolatrice. Le settimane correvano fra
esami,
verifiche e interrogazioni serrate, mentre i professori intensificavano
le
spiegazioni in vista degli esami finali. Dopotutto, Hogwarts era una
delle
scuole magiche più prestigiose non a caso. Il Preside
Silente sembrava scomparso,
tanto che il suo imponente scranno di legno durante i pasti era sempre
vuoto e
torreggiava sulla sala rumorosa. Giravano molte voci su cosa stesse
facendo, da
collaborazioni segrete con il Ministero delle Magia a
un’improbabile vacanza
alle Hawaii. Ah, le gemelle Patil, che pettegole! Evangeline non lo
lasciava
respirare: “Draco, dove vai? Cosa fai? Studiamo insieme?
Perché non stai mai
con me? Devo ricordarti che sono la tua promessa sposa?” Il
sommarsi di tutte
queste cose lo innervosiva. Si sentiva scoperto, debole, anche se aveva
ripassato il piano di fuga con Theo così tante volte che se
chiudeva gli occhi
poteva vedere le cose da fare punto per punto in sovrimpressione. Il
dolore al
braccio, quelle fitte lancinanti che altro non potevano essere se non
le
chiamate di Voldemort, lo spossavano e lo lasciavano tremante. Per
fortuna,
Ginny era quasi sempre con lui e divideva il peso di quelle fatiche,
anche solo
con la sua presenza silenziosa. Bastava un suo sguardo obliquo o una
mano
posata sul suo braccio per calmarlo. Lo spaventava un po’,
questo potere che
aveva su di lui.
Nel frattempo, sostenuto da tutti i
suoi amici, ma in modo
particolare da Ginevra, Blaise aveva smesso di bere una volta per
tutte. Ne
avevano provate di tutte i colori per trovare un valido sostituto:
mentine,
centrifugato di zucca, caramelle, thè verde,
caffè, fino a quando lo Slytherin
ricciuto non aveva scoperto il succo al mirtillo: suo nuovo amore,
sostituiva
efficacemente ogni alcolico e, anche se forse abbondava nelle dosi, non
era
deleterio per la sua salute. Era pure convinto che lo rendesse
affascinante e
lo beveva in bassi bicchieri di cristallo con cubetti di ghiaccio
sorseggiandolo proprio come se fosse bourbon. Ovviamente nessuno gli
aveva
fatto presente che era ridicolo, ma lo facevano per lui e per la sua
autostima.
Lo vedeva chiacchierare con Ginevra, l’onnipresente succo in
mano, e
raccontarle i particolari dell’infanzia sua e di Draco,
ridendo con uno sguardo
un po’ malinconico. La camera Serpeverde era il quartier
generale del loro
buffo gruppo, disseminata dei libri per i G.U.F.O. della ragazza, che
studiava
anche se non li avrebbe mai sostenuti per via della fuga, bottiglie
vuote di
Blaise e post-it con appunti e mappe di Theo, davvero, davvero ovunque.
Draco
si lavava i denti e sullo specchio c’era scritto, con la
matita per occhi che
Ginny aveva dimenticato lì, “COSE DA
PRENDERE” oppure perfino nei suoi cassetti
poteva trovare fogli sparsi con elenchi di case sicure, liste o luoghi
utili. A
volte Draco si preoccupava che qualcosa potesse involontariamente
essere
ascoltato o che qualcuno s’intrufolasse nella stanza,
così piena di indizi
sulla partenza dei ragazzi, perciò ogni volta che usciva
poneva un incantesimo
di chiusura sulla porta. Poi però scuoteva la testa per le
sue paure
ingiustificate e andava avanti…
Un giorno, mentre stava
scarabocchiando annoiato il profilo
di un castello su un angolo della sua pergamena, il professor Piton gli
fece
recapitare un messaggio che lo informava che era richiesto
nell’ufficio del
Preside. Sobbalzò e chiese il permesso di uscire alla
professoressa McGranitt;
sentiva gli occhi di Potter, dietro a quei suoi fondi di bottiglia,
pungergli
la schiena. Era da qualche tempo che lo aveva beccato a fissarlo, con
rancore,
quasi una sorte di… gelosia. Ottenuto un cenno
d’assenso sorpreso, uscì dalla
classe, sentendo la professoressa ricominciare a spiegare
l’argomento del
giorno. I corridoi erano ovviamente vuoti, essendo proprio la
metà della terza
ora. Si chiese dove fosse Ginny in quel momento e non cosa voleva da
lui il
preside: non gli era così difficile immaginarlo. Arrivato
davanti ai due
gargouille posti da sentinelle alla porta, pronunciò
titubante la parola
d’ordine scritta nel biglietto di Piton: -Palline acide?-
-Sei sveglio, ragazzo-
ironizzò il mostriciattolo destro,
ghignando e facendo cenno alla fessura della porta che si era aperta.
Draco
alzò gli occhi al cielo ed entrò, silenzioso. Lo
studio era immerso nel sole
mattutino che spuntava dalla grande finestra davanti al trespolo
dell’araba
fenice del preside. Di lui, si vedeva solo la sagoma in controluce, le
mani
intrecciate dietro la schiena, l’ampia veste violetta.
-Buongiorno, professor Silente- lo
salutò cauto, ma cortese,
fermandosi per rispetto presso la scrivania e chinando il capo. Tra gli
Slytherin, i più giovani non alzavano lo sguardo fino a
quando l’altra persona
non si rivolgeva direttamente loro. Draco guardò gli oggetti
d’argento bizzarri
che soffiavano e vibravano sul tavolo sotto la biblioteca immensa. Il
Pensatoio
fumava in un angolo, azzurrino e perlaceo. Il preside si
girò quasi subito,
accogliendolo con calore e indicando con ampi gesti la sedia opposta
alla sua:
-Vieni, Draco, vieni a sederti-
Il ragazzo si accomodò in
punta di sedia, considerando forse
per la prima volta l’uomo, il grande mago, che aveva davanti.
Lo aveva sempre
ritenuto un pazzo, folle per certi versi, con tutte le sue idee sulla
forza
dell’Amore. Eppure, in un certo senso, iniziava a capire cosa
intendesse.
Silente intrecciò le mani sotto il mento, osservandolo
indagatore con quei suoi
occhi azzurri, quasi da bambino, da dietro le lenti a mezzaluna degli
occhialini.
-Allora ragazzo, cosa volevi dirmi?-
domandò pacato. Per
poco Draco quasi non cadde dalla sedia dallo sconcerto. “Ma
come?!” pensò, “Mi
ha chiesto lui di venire. E’ proprio
fuori…” La sua espressione attonita non
scompose minimamente il mago, che continuò a osservarlo in
modo enigmatico e
fiducioso. Fanny emise un musicale verso dal suo trespolo, allora il
ragazzo
deglutì e gli porse il foglio vergato di sua mano: -Il
professor Piton ha detto
che era da parte sua- Silente rimase immobile e sorridente: -Conosco
perfettamente il contenuto di quel biglietto-
-Ma non è di questo che
vuole parlare, vero?- Draco ritrasse
la mano, capendo dove il mago lo stava portando. Appoggiò il
biglietto sul
tavolo, soppesando le sue parole con attenzione.
Il vegliardo annuì,
pacifico: -Esatto, ragazzo. Esatto-
Il Serpeverde
all’improvviso sussultò e abbassò
lentamente
il braccio sinistro, dolorante. Era da qualche giorno che il Marchio
non gli
dava tregua con il bruciore e il prurito continuo. Sembrava ingrandirsi
sempre
di più e pulsare di vita propria. Forse aveva le
allucinazioni; d’altra parte
l’insonnia lo sfiancava. Draco a disagio lo grattò
sopra la manica e allo
sguardo acuto del preside non sfuggì il movimento, seppur
impercettibile. Smise
immediatamente e osservò il mago alzarsi per andare ad
accarezzare l’araba
fenice dalle piume iridescenti.
-Ti duole? Un buon unguento di
assenzio potrebbe aiutarti-
disse dolcemente osservandolo con quei suoi occhi turchini
così fastidiosamente
compassionevoli. Il ragazzo ignorò del tutto il commento,
domandando con
urgenza, anche se sapeva già la risposta: -Sta arrivando,
vero?- Non si potevano
spiegare in nessun altro modo i sintomi e, in cuor suo, sebbene avesse
cercato
di negarlo, l’aveva già capito. Non poteva
più tenerlo nascosto. Il professore
per la prima volta in tutta la visita distolse gli occhi dai suoi e
sembrò
all’improvviso diventare molto vecchio, con le spalle curve e
lo sguardo
sconfitto.
-Non dovrebbe andare così-
mormorò, parlando quasi tra sé
–Non c’è più
tempo… Dovete andarvene, al più presto. Ho
fissato la vostra
passaporta fra cinque giorni esatti. Quando la prenderete, per
sicurezza, sarà
presente anche l’Ordine. Vi aspetto alle sedici qui nel mio
ufficio. Sarà
meglio che la Signorina Weasley sia coperta da un mantello pesante. I
Signori
Weasley non verranno qui ad Hogwarts, ma in ogni caso non è
il caso che
qualcuno noti la sua partenza… anticipata- Draco
arrossì e si rese conto che
non avrebbe potuto nascondere Ginny per sempre. In qualche modo il
preside
l’avrebbe vista arrivare, no? Alla fin fine era meglio
così, sia che lei
partisse con loro che Silente lo sapesse. Lucius avrebbe potuto
torturarla per
sapere dove era andato, per non parlare di Voldemort, che sicuramente
aveva il
desiderio di punire i disertori e il preside sembrava non condannare
questa
scelta. Forse anche lui credeva che sarebbe stata la cosa migliore per
lei. -Quindi…
sta arrivando?- domandò cauto, torcendosi il braccialetto di
cuoio che portava
al polso.
Lo sguardo di Silente era greve:
-Sì-
GINEVRA
Non è facile pensare che
all’improvviso non vedrai più
attorno a te i tuoi amici, gli ambienti in cui sei cresciuta -le aule
spaziose
dei compiti in classe e delle infinite spiegazioni, il dormitorio
condiviso
delle chiacchierate a tarda notte, la Sala Grande, ricordo sempiterno
delle
cene, dei balli, delle feste-, la scuola che ti ha ospitato. Da quando
Draco le
aveva riferito del suo incontro con Silente e da quando era stata
fissata una
data certa per la loro partenza, le sembrava che il tempo passasse alla
velocità della luce.
Fra cinque giorni, ore sedici.
Fa cinque
giorni, ore
sedici. La data era sempre stata molto vaga, ma ora una
scadenza così
inflessibile la spaventava un po’. Non c’era il
tempo necessario per fare tutte
quelle cose che aveva desiderio di lasciarsi alle spalle. Non sapeva esattamente cosa, eppure sentiva di
doversi preparare per bene. Come poteva immaginare di iniziare una
nuova vita,
se prima non avesse messo a posto il suo passato? Oh, non si pentiva
della sua
scelta, perché ormai ogni luogo in cui ci fosse stato anche
Draco era casa. Lo
amava così tanto… Se fino a un anno prima glielo
avessero detto, avrebbe riso
fino alle lacrime. Adesso, invece, non riusciva a pensare di non averlo
accanto. Mentre sistemava le poche cose che le sarebbero servite per il
viaggio
ignoto nella sua camera bordeaux vuota, Ginny si chiese con malinconia
se
avrebbe mai rivisto i suoi genitori, i suoi fratelli, talvolta
fastidiosi, sì,
ma amatissimi. E le sue amiche? La mestizia la assalì, per
fortuna in un
momento in cui Draco non era presente. Quanto sarebbe stato male,
vedendola
così abbattuta. Si
deterse quasi con
rabbia le lacrime bollenti che le rigavano le guance e le appannavano
gli
occhi. Odiava sentirsi così debole e insicura: non se lo
poteva permettere, non
in quel momento. Piegò una maglia, singhiozzando senza
ritegno e alla fine la
buttò in un angolo, accartocciandosi contro la sponda del
suo letto per
piangere in pace. Arnold le si avvicinò saltellando e con un
pigolio le diede
una leccatina sulla mano. La rossa lo prese in mano, stringendolo a
sé. Dopo
che si fu sfogata e che dai suoi occhi arrossati non uscì
più nemmeno una
lacrima, si alzò risoluta. Finì di sistemare la
sua borsa, diventata spaziosa
grazie a un Incantesimo che aveva imparato con il professor Vitious,
diede
un’ultima, lunga occhiata alla sua stanza e uscì.
Qualche tempo prima, aveva
pensato di scrivere delle lunghe lettere in cui spiegava la situazione
ai suoi
amici e parenti, però quando le aveva lette con Draco, lui
l’aveva guardata con
doloroso rammarico e Theodore aveva chiarito che non poteva lasciare
delle
informazioni così rintracciabili. Le spie di Voldemort e i
suoi mezzi erano
onnipresenti… Avrebbero sicuramente trovato una lettera,
che, seppur priva di
coordinate fondamentali, poteva essere un primo indizio di partenza. I
ragazzi
e Ginevra dovevano sparire, all’improvviso, da un momento
all’altro. Silente, a
tutti coloro che lo avessero chiesto, avrebbe detto che gli Slytherin
dovevano
tornare a casa per svolgere mansioni familiari (cosa non del tutto
impensabile,
data la precocità dei Serpeverdi) e che Ginny era
semplicemente scomparsa. Chi
avrebbe mai collegato la Grifondoro orgogliosa al ragazzo che
dall’inizio della
scuola l’aveva derisa e umiliata? Il reciproco disprezzo
l’uno per l’altra non
era un segreto al Castello, sebbene da qualche tempo i due non si erano
più
visti battibeccare. Oh, Ginevra non dubitava che i suoi fratelli
avrebbero
messo sottosopra Hogwarts per trovarla, ma in questo caso una lettera
fallace
sarebbe stata d’aiuto. Aveva scritto che si voleva recare in
Romania da suo
fratello Charlie, perché le mancava molto e che non aveva
più intenzione di
continuare la scuola. Certo, passava come una bambinetta infantile e
capricciosa, però forse in questo modo avrebbe potuto
depistare i suoi
inseguitori. Sperò che Charlie non si arrabbiasse e che non
venisse messo in
mezzo a questa follia. Camminò per il lungo corridoio
cercando a tutti i costi
di avere un’aria naturale e rilassata, mentre il sole ancora
alto entrava dalle
finestre con raggi arcobaleno. Per fortuna alle cinque del pomeriggio
c’era
poca gente in giro. Gli esami si avvicinavano e le giornate si
allungavano: chi
studiava chiuso in biblioteca per non farsi distrarre, chi prendeva il
sole e
si rilassava nell’ampio giardino e chi, infine univa le due
cose, portando
libri e vocabolari nel parco con una bella coperta. Lei stava
continuando a
studiare, spesso buttandosi nei compiti per dimenticare e non pensare,
anche se
sapeva che non avrebbe mai dato gli esami. Draco l’aiutava
molto e anche
Theodore; Blaise l’ascoltava quando ripeteva, bacchettandola
per gli errori.
Erano tutti e tre studenti brillanti, anche se portati per materie
diverse.
Anche lei, da studentessa non mediocre, ma nemmeno eccelsa, era
migliorata
considerevolmente. Quando entrava raggiante nella camera dei ragazzi
con una E
vergata di rosso sul suo compito si sentiva davvero bene. Poi Draco la
baciava
e tutto era perfetto. Persa nei suoi fantasticamenti, non si accorse
della
persona che aveva davanti e ci andò a sbattere del tutto
involontariamente. Le
cadde la borsa e alcuni oggetti rotolarono sul pavimento: -Oddio,
scusami, non
ti avevo visto, non volevo proprio- si profuse, raccogliendoli ed
alzandosi di
scatto per vedere chi aveva investito. Si stava proprio spostando una
ciocca di
capelli che le era caduta sul viso, quando una voce che ben conosceva
fece per
tranquillizzarla: -Calma, Gin, non è successo niente- La
rossa si irrigidì e
riconobbe Harry davanti a sé. Lui lì con le mani
aperte quasi in segno di
scusa, o forse di pace, i capelli perennemente spettinati, gli occhiali
tondi
un po’ storti e quel suo sguardo benevolo. Ginny non aveva
dimenticato come si
era approfittato di lei quella volta nello spogliatoio di Quidditch e
nemmeno
come l’aveva forzata a baciarlo. La vergogna e lo sdegno che
provava la fecero
ancora arrabbiare. Infuriata, stava per intimarlo di lasciarla stare,
quando
lui disse tutto d’un colpo: -Ginevra, scusami per quella
volta! Io non ho idea
di cosa mi sia preso e il mio gesto è stato imperdonabile.
Solo che… mi sono
accorto che mi piacevi proprio perché tu hai iniziato a
rivolgerti a qualcun
altro-
La Grifondoro incrociò le
braccia, sospettosa eppure
impietosita. Harry aveva abbassato la testa avvilito e la guardava da
sotto le
ciglia, porgendo le sue scuse. Come poteva non accettarle? Lo conosceva
da quando
aveva sei anni, era cresciuto insieme a lui, trattandolo al pari di un
fratello. E sembrava veramente dispiaciuto… Tentennando,
quindi, rispose: -Ciò
che hai fatto è stato disgustoso, soprattutto
perchè contro la mia volontà,
però voglio accettare le tue scuse. Non sono il tipo da
giudicare una persona
solo per un’azione sbagliata che ha fatto in passato.
E’ una lezione che ho
imparato sulla mia pelle- in quel momento parlava con Harry, ma pensava
innegabilmente a Draco. Allungò una mano, sorridendo: -Pace?-
Il moro tese la sua, stringendola con
un luccichio di
felicità negli occhi verdi: -Certo!- Camminarono insieme per
il resto del
corridoio, in un piacevole silenzio fino a quando una domanda candida
del
ragazzo, seppur del tutto amichevole, la fece tremare dalla paura:
-Allora,
come va fra te e Malfoy?- Impietrì, impallidì, si
fermò e lo fissò con uno
sguardo così evidentemente costernato che Harry le chiese se
stesse bene. Ginny
provò a parlare, ma la prima volta le uscì solo
un suono rauco. Non poteva
negare, lui era così sicuro, quai compiaciuto che lo avesse
scoperto. Con il
secondo tentativo, le uscì in un soffio: -E come lo sai?- Il
ragazzo deglutì e
iniziò a spiegare: -Quando mi sono accorto di essere
innamorato di te, qualche
mese fa, ho iniziato a frequentare i posti in cui di solito sapevo di
trovarti.
E le coincidenze sono state davvero troppe. Fino a quando ho incrociato
Malfoy
sulle scale del settimo piano e non ho avuto più dubbi,
nonostante metterei la
mano sul fuoco che non mi avrebbe creduto nessuno se lo avessi detto in
giro.
La bella Griffyndor e il burbero Slytherin! Ahah-
Ginny boccheggiò, anche se
Harry continuava a chiacchierare
perfettamente a suo agio, sorridente e affettuoso: -Mi sono arrabbiato
moltissimo quando l’ho scoperto, ma ora che ho fatto pace e
ho capito che sei
solo un’amica per me, sono divertito-
Scuotendo la testa e riacquistando un
po’ di voce, sussurrò,
preoccupata: -Ma non l’hai detto a nessuno, vero? Nemmeno a
Ron, o a Hermione,
no…?-
-No, stai tranquilla, l’ho
tenuto per me. Chissà cosa
avrebbe fatto tuo fratello se lo avesse saputo…-
ridacchiò. Ginny non sorrise
nemmeno e, stringendolo brevemente per una spalla, lo lasciò
lì: -Bravo,
continua a mantenere il segreto. Adesso devo andare. Ci si vede- Corse
via con
il cuore in gola e arrivò davanti alla Stanza delle
Necessità, incriminata di
nascondere i loro incontri proibiti. Spalancò le porte,
entrando con foga e
chiamò, leggermente affannata: -Draco! Sei qui?- La sua voce
tesa risuonò nella
stanza, ma già alla prima occhiata Ginny si era accorta che
lui non era
presente. Il letto aveva le coperte verdi perfettamente ripiegate, il
camino
era spento, con le ceneri argentee fredde da tempo, il tavolo sgombro,
senza
traccia di libri o oggetti appartenenti al ragazzo. Si rendeva conto
del
pericolo che stavano correndo in quel momento, eppure aveva solo tanta
voglia
di seppellirsi sotto le coperte e piangere ancora. Strinse gli occhi
per
trattenere le lacrime e si avviò verso l’uscita.
La sua mano trovò conforto
stringendosi intorno al medaglione dorato allacciato alla sua collana.
Era
stranamente tiepido e liscio, solido; la rincuorò un poco.
Passò davanti al
grande specchio posto all’entrata e si fermò,
studiandosi pensosamente. Si
potevano vedere i segni di questo grande cambiamento che sentiva? Il
riflesso
mostrava una ragazza pallida con lunghi, lisci capelli ramati che
circondavano
un viso molto magro dalle lentiggini sbiadite. Non sembrava nemmeno
lei… Era la
versione più adulta di Ginevra Weasley, completamente
diversa dalla ragazza che
aveva iniziato la scuola a settembre. Sospirando, distolse lo sguardo
da quella
sconosciuta e iniziò a camminare stancamente lungo il
corridoio del settimo
piano. Forse il Destino questa volta ebbe compassione di lei
perché all’improvviso
dalle scale davanti a lei comparì Draco, che camminava con
la testa china e le
mani in tasca. Perso nei suoi pensieri, non la vide e Ginny,
fermandosi, si
prese tutto il tempo per ammirarlo. Osservò il modo in cui i
capelli gli
ricadevano sulla fronte, l’espressione concentrata, il
movimento fluido e
naturalmente aggraziato del camminare. Involontariamente le venne da
sorridere
e, seppur ancora preoccupata per ciò che le aveva detto
Harry, non sentiva più
gravare su di sé quella tristezza inconsolabile. Alla fine,
il biondo alzò gli
occhi e la vide ferma davanti alla finestra. Ginevra
immaginò che il suo
sorriso dovesse essere identico al proprio: -Ehi- Gli corse incontro e
lo
abbracciò, sentendo le sue mani che si allacciavano dietro
la schiena.
-Ciao, bella ragazza- rispose lui
ridendo. La Grifondoro si
alzò in punta di piedi per baciarlo, con le mani intorno al
suo viso. Unì le
labbra con quelle del ragazzo, sentendo il cuore battere più
forte.
All’improvviso, proprio nel mezzo del bacio appassionato,
Ginny si staccò con
gli occhi sbarrati: -ODDIO DRACO!- La faccia del ragazzo fu di puro
sconcerto:
-Cosa c’è?! Ti ho fatto male?- Le
studiò il viso per cercare ferite, ma la
ragazza fece un gesto con la mano come per cacciare via
l’idea e si ricordò del
piccolo, enorme particolare che doveva riferire al Serpeverde: -Dovevo
assolutamente dirti questa cosa! Ho visto Harry poco fa, no, smetti di
fare
quella faccia, ho fatto pace con lui. Comunque, non è questo
il punto. Mi ha
detto che sa di noi!-
Draco la guardò
attentamente, con una ruga di preoccupazione
che gli aggrottava la fronte: -In che senso sa di noi?-
-Ci ha visti entrare nella Stanza ed
evidentemente ha fatto
due più due- spiegò avvilita –Ma mi ha
giurato che non lo dirà a nessuno ed io
ci credo, Draco- Quasi parlando tra sé, il ragazzo rispose:
-Effettivamente
l’ho incrociato qualche volta sulle scale mentre venivo da
te… Però pensavo
fosse di ronda! Dobbiamo stare molto, molto attenti, Gin. Nessun altro
lo deve
sapere-
Ginny sentì un macigno di
ansia che si posizionava nel suo
stomaco e un groviglio di inquietudine bloccarle la gola, presagendo
una delle
cose che non avrebbe voluto nemmeno immaginare per nulla al mondo.
Aveva come
l’impressione che fossero tutti in grave pericolo…
Draco le prese le mani sulle sue e se
le portò alla bocca
per baciarle: -Non possiamo più vederci, Ginevra, fino al
giorno della
partenza. Non dovrai entrare nella Stanza delle Necessità o
nel mio dormitorio.
Non starmi vicino, non parlare con Theo e Blaise, non mandare lettere,
non
scrivere messaggi. Se proprio vuoi dirmi qualcosa di urgente, lascia un
biglietto qui dietro al quadro di Barnabà il Babbeo- La
rossa sopportò
stoicamente quelle parole che colpivano come staffilate nel suo cuore e
alla
fine, dopo aver baciato a lungo Draco, assaporando le sue labbra con
desiderio,
si allontanò senza voltarsi.
Quando svoltò
l’angolo, gli occhi adamantini del ragazzo si
staccarono controvoglia dalla sua schiena e il Serpeverde
capì che non avrebbe
potuto vivere senza di lei.
Quelli di Ginny, verdi come
l’erba d’estate, si riempirono
di lacrime.
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