Sotto la pioggia

di Robertaddict
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come l'acqua per i fiori ***
Capitolo 2: *** Per la prima volta ***
Capitolo 3: *** Il mare riflesso nei suoi occhi ***
Capitolo 4: *** Loro non sanno di noi ***



Capitolo 1
*** Come l'acqua per i fiori ***






                                                                          

COME L'ACQUA PER I FIORI
 

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Ringrazio belongtomusic per il banner stupendo.

Vi amate.
Lo capiscono tutti, basta guardarvi.
E il vostro è quel genere di amore
che può ridurre in cenere il mondo
 o innalzarlo alla gloria.”


The Mortal Instruments – City Of Fallen Angels

 




Uscì, sorridendo alla commessa, dal negozio e avvertì sul viso scoperto il vento freddo tipico di Londra in quel periodo dell’anno.
Si avvolse la lunga sciarpa di lana blu, regalo di Sophie, attorno al collo e cominciò a camminare per gli stretti vicoli della periferia di Londra. Osservava i passanti chiacchierare tra loro, sorridersi, essere felici.
Una mamma che abbracciava suo figlio, una donna anziana che passeggiava a braccetto con la nipote, un uomo e una donna mano nella mano che sorridevano e ridevano tra loro.
Quella felicità così pura caratterizzava le persone, eppure lei provava una grande malinconia dentro se stessa.
Avrebbe voluto essere ovunque piuttosto che essere circondata da gente felice.
Continuò il cammino verso casa a testa bassa, mentre osservava il suo respiro produrre piccole nuvolette di condensa bianca.
Qualcosa attirò la sua attenzione, qualcosa di molto interessante.
Una vetrata trasparente proteggeva dai passanti un abito, un lungo abito bianco da sposa.
Il corpetto a forma di cuore e una fascia argentea fatta di brillantini ornava il corpetto, uno strascico abbastanza lungo ricopriva la parte inferiore dell’abito rendendolo leggermente voluminoso ma semplicemente perfetto ai suoi occhi.
Per la seconda volta in pochi minuti sentì nuovamente la malinconia attanagliarla, come una nebbia oppressiva.
Poi vide se stessa oltre lo specchio, un volto pallido e tetro.
Il naso arrossato leggermente dal freddo, le labbra carnose screpolate, gli occhi verdi stanchi e lucidi, i lunghi capelli castani mossi dalla brezza del vento, le sembravano tanti rami intrecciati.
Gli stessi capelli castani che più volte erano stati paragonati da Martha a fili dorati scuriti dal sole.
Strana espressione per definire i suoi capelli, di un colore molto simile al marrone ma di poco più chiari.
Vide una persona che non conosceva, una persona distrutta da tutto ciò che la circondava, una persona che pochi mesi prima non avrebbe mai assunto tale espressione.
Con un sospiro si allontanò dalla vetrina e continuò la sua camminata verso casa, verso l’unica cosa che considerava casa.





Il suono incessante del cellulare la fece ridestare dai suoi pensieri.
Ormai arrivata sotto il portone di casa sua, sollevò lo sguardo sfilando dal cappotto nero il cellulare.
Sullo schermo apparve un nome che le fece subito aumentare il battito cardiaco.
Si morse il labbro per scacciare tale entusiasmo.
Avvicinò l’apparecchio al suo orecchio ed emise un sospiro teatrale prima di pronunciare il fatidico: “Pronto?”
Dall’altra parte si sentì un sussulto e poi un respiro pesante.
“Avrei dovuto chiamarti.” Non era una domanda quella.
“Già.” Soffiò con leggera irritazione.
“Mi dispiace.” Il tono sembrava ferito.
“Anche a me.” Cercò di risultare fredda, ma ciò che le uscì fu una risposta con un tono frustrato.
“Ascolta. Possiamo vederci?” Propose speranzoso.
“Al solito posto.” Sospirò chiudendo la chiamata.
Sarebbe stato un lungo pomeriggio, intenso.




Le prime gocce di pioggia cominciavano a bagnare i vetri e a punteggiare l’asfalto della strada.
Seduta sul davanzale della finestra osservava la pioggia tracciare piccoli disegni immaginari sul vetro, mentre il mondo al di fuori appariva sfocato e confuso, come i suoi pensieri.
Il telefono vibrò e seppe per certo che era lui a chiamarla.
Si alzò di malavoglia dal terrazzino e infilò il cappotto, allacciandosi la sciarpa attorno al collo.
Uscì fuori osservando la sua figura appoggiata al pilastro mentre fumava una sigaretta.
Si fece coraggio uscendo sotto la terrazza di casa sua e gli si fermò davanti.
Si mosse buttando la sigaretta a terra e schiacciandola con il piede prima di avanzare e rimanere a pochi centimetri di distanza da lei.
Si passò una mano sul collo, visibilmente nervoso, e si accorse di sudare freddo come non mai.
Sciolse la vicinanza sedendosi sul dondolo tanto acclamato da Simone e giocando con la federa del cuscino ricamato da Annie con tanto amore.
La seguì senza parlare e si passò nuovamente una mano tra i capelli che avevano cambiato pettinatura negli ultimi mesi.
Lo notò.
Vide la differenza, i capelli rasati ai lati, gli occhi stanchi e malinconici, le labbra tirate in una smorfia che doveva somigliare a un sorriso, le mani sudate e intrecciate tra loro che mostravano il segno di un altro, l’ennesimo, tatuaggio.
Prese coraggio e alzò la testa squadrandola.
“Sei… cambiata.” Fece un verso che doveva somigliare a un accenno di risata.
“Sai, se fossi stato qui l’avresti notato.” Si scompigliò i capelli portandoli da un lato e avvertendo il freddo sul lato scoperto del volto.
“Mi dispiace.” Sospirò nuovamente.
“Smettila. Smettila di continuare a scusarti.” Alzò repentinamente il tono di voce alzandosi e appoggiandosi alla veranda, sospirò.
“Cosa dovrei fare? Non posso fare altro che scusarmi.” Si alzò anche lui avvicinandosi a lei.
“Spiegati. Fa qualcosa. Ma smettila, smettila di scusarti.” Gli chiese in un sussurro appena udibile.
“Mi riesce così difficile spiegare qualcosa che non posso spiegare.” Si appoggiò anche lui alla veranda abbassando la testa.
“Non vedo perché tu sia ancora qui allora.” Il tono glaciale con il quale gli aveva parlato, gli fece arrivare un brivido su per la spina dorsale. Lei non riusciva mai a essere così fredda.
Si avvolse nuovamente la sciarpa intorno al collo e si allontanò posando le sue converse nere sul portico di casa.
“Mi dispiace ok? Mi dispiace di non essere abbastanza. Mi dispiace di non riuscire a capire mai che tu hai bisogno di me. Mi dispiace di non capire quando vuoi che ti chiami o quando vuoi che ti mandi un messaggio. Mi dispiace non riuscire a sussurrarti “ti amo” mentre facciamo l’amore. Mi dispiace di essere colui che sono. Ma non posso farci nulla, posso provare a cambiare. Per te. Per noi. Chiedimelo, chiedimi di cambiare e io lo farò.” Urlò, cercando di superare il rumore dell’acqua che si rovesciava sulla strada e sui tetti delle case.
Stinse la presa sulla maniglia della porta, per poi sospirare e voltarsi verso di lui raggiungendolo in pochi passi.
Lo guardò negli occhi così intensamente che non lui riuscì a capire cosa gli stessero trasmettendo quegli occhi smeraldo, in cui annegava ogni volta che la guardava.
“Basterebbe solo che mi mandassi un messaggio al giorno dicendomi che stai bene. Basterebbe soltanto che mi tenessi stretta a te quando ho paura. Basterebbe soltanto che mi dessi modo di aiutarti a entrare nella tua vita, come tu sei entrato nella mia. – Fece un respiro, prima di continuare. – Non voglio che tu cambi, Zayn. Io mi sono innamorata di te come sei adesso e questo non cambierà mai.”
Vide il movimento impercettibile della sua mano, prima di trovarsi stretta al suo petto, avvolta dal suo abbraccio e consolata dalla sua presenza.
“Ti amo Mariana. Neanche questo cambierà mai.”
Lo strinse con più forza, imprimendo nella mente quel gesto.
Siamo come l’acqua per i fiori, se non li bagniamo abbastanza i fiori appassiscono.”
Il respiro caldo di Zayn si confondeva con l’aria gelida del vento.
Non avrebbe voluto essere in nessun altro posto se non lì, con lui.





 








HOLA A TODOSS
Sono tornata di nuovo a tormentarvi.
E bo, questa OS è uscita dal nulla un giorno di pioggia
Qui abbiamo Zayn e Mariana, due caratteri completamente diversi seppure così uguali
Rivedremo questi personaggi nelle altre OS, che fanno parte della raccolta "Sotto la pioggia"
Alla prossima :)
Love you all

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Capitolo 2
*** Per la prima volta ***


PER LA PRIMA VOLTA

Ringrazio In love with Styles_ per il banner stupendo.

A Marta, la mia compagna di gioie, dolori, scleri e pazzie.
A Marta che ancora sta aspettando la sua anima gemella, come me.
A Marta che mi ha salvato dalla noia.

La prima volta che aveva sentito la sua voce, se ne era innamorata.
Un angelo biondo, aveva detto alle amiche.
Simone non le credeva, diceva che non era possibile incontrare un angelo.
Sophie si era messa a sognare insieme a lei sull’angelo biondo dagli occhi azzurri.
Annie le aveva guardate con un sopracciglio alzato ed era tornata alla sua rivista interessante.
Mariana le aveva risposto che lei il suo angelo l’aveva trovato, ed era Zayn.
Eppure lei continuava con la sua convinzione, doveva rivederlo, anche a costo di stare tutte le sere fino a mezzanotte al pub dell’angolo.





Aveva convinto Sophie e Mariana a seguirla, a vedere il suo angelo biondo.
Così quando, una settimana dopo, il ragazzo biondo salì nuovamente sul palco si lasciò cullare dalla sua voce.
Era calda e familiare, intonata con il suono dello strumento.
Le mani rovinate dal suonare ripetutamente la chitarra, la voce melodiosa, gli occhi azzurri come il cielo e le labbra screpolate dal fumo. 
Un incrocio perfetto di caratteristiche che lei amava.
La sua voce le tornava in mente come una dolce cantilena di cui non poteva fare a meno.
Stavolta fece attenzione a sentire il suo nome.
Quando le sue labbra screpolate toccarono il microfono impercettibilmente, sussultò inconsciamente, e sentì il nome pronunciato attraverso l’amplificatore collegato al palchetto.
Niall.
Il suo nome era un insieme di suoni strani e opachi, ma ne risultava una melodia armonica.
Non distolse un attimo lo sguardo dagli occhi del biondo, talmente presa da ogni suoi movimento.
La chitarra, piena di graffi e vissuta come le sue mani, gli brillava in mano; mentre con leggerezza le sue dita callose cominciavano a pizzicare piano le corde dello strumento.
Seguì la sua voce, che intonava perfettamente il tono profondo di Danny O’Donoghue, cantante dei The Script.
Senza accorgersene cominciò a muovere le labbra imitando la canzone intonanta dal biondo.
Quando essa finì, sentì un vuoto incolmabile invaderla, come una sorta di malinconia che la portava a desiderare che la sua voce continuasse a cantare ancora e ancora.




Prese il frappuccino che le porgeva la cameriera dello Starbucks e uscì sorridendole.
La pioggia aveva già cominciato a scendere copiosa e silenziosa, mentre bagnava le strade di Londra e i vetri delle finestre.
Sospirò rendendosi conto di non avere l’ombrello.
Si infilò il cappuccio della giacca e cominciò a camminare a passo veloce evitando di tornare a casa bagnata come un pulcino.
Le scarpette da ginnastica aderivano all’asfalto bagnato e producevano piccoli schizzi d’acqua, in modo tale da farle bagnare anche i piedi. 
Resasi conto che non sarebbe andata molto lontano di quel passo, decise di fermarsi al primo vicolo presente sulla sua strada e aspettare che la pioggia si calmasse.
Da piccola aveva sempre odiato la pioggia, le metteva un senso di malinconia e tristezza e la portava a stare rintanata in casa a fissare inerme il temporale.
C’era solo una persona, di loro cinque, a cui piaceva la pioggia.
Mariana.
Adorava sedersi sul davanzale della finestra, una cioccolata calda in mano e un buon libro da leggere, e fissava la pioggia cadere disegnando piccoli segni sul vetro.
Con sollievo vide la pioggia smettere di cadere lenta e inesorabile, facendo posto a un bel sole.
Era così imprevedibile il tempo londinese e delle volte le portava a chiedersi perché mai avessero deciso tutte e cinque di trasferirsi lì, dove il clima era sempre lo stesso.
Poi però dava uno sguardo alla sua bella città e tutti i dubbi e le domande sparivano così come erano venute.
Gettò il frappuccino nella spazzatura e si passò una mano tra i capelli, cercando di renderli più voluminosi possibile.
Con lo sguardo basso proseguì, quando qualcuno le venne addosso.
Alzò lo sguardo e incrociò gli occhi azzurri del suo angelo biondo.
Ringraziò mentalmente i suoi occhiali da sole che nascosero temporaneamente il rossore che le aveva pervaso le guance.
Il biondo le sorrise, inclinando leggermente la testa e squadrandola da capo a piedi, prima di pronunciare due sillabe.
“Mi dispiace.” Continuò a sorridere enigmatico.
“Figurati. Capita a tutti.” Gli rispose con voce leggermente tremante.
“Hai… bisogno di un ombrello?” Le chiese gentilmente.
Arrossì ancora di più, rendendosi conto che lui la stava squadrando perché era completamente zuppa, e non perché era interessato.
“No, non preoccuparti. Sono a pochi isolati da casa. Grazie lo stesso.” Gli sorrise sistemandosi i capelli e allontanandosi, non prima di averlo visto alzare le spalle e sfilare una sigaretta dal pacchetto di Marlboro che aveva in tasca e posarla tra le labbra screpolate.




 
Quando tornò a casa si diede mentalmente della stupida per aver continuato a pensare al loro incontro, dopotutto non si erano presentati ne avevano intrattenuto una conversazione a lungo.
Nonostante questo, la notte non fece altro che pensare a lui e la cosa non migliorò la mattina dopo, quando si recò al lavoro.
Ogni volta che entrava in quel bar si chiedeva se la sua massima aspirazione fosse quella, lavorare in un bar come cameriera part-time. 
Doveva seguire gli studi e contemporaneamente lavorare per poter pagare l’affitto che le altre si sudavano duramente.
L’unica esclusa dal lavoro era Annie, data la sua giovane età.
Simone lavorava come segretaria presso uno studio di avvocati, Mariana lavorava in un negozio come commessa mentre pensava a dare gli ultimi esami e Sophie faceva l’animatrice in un villaggio turistico.
Non erano quelle le loro aspirazioni, ma per mantenere la casa dovevano pur incassare soldi in qualche modo.
Sospirando si mise al servizio dei clienti, mentre osservava la pioggia bagnare nuovamente l’asfalto, e continuava a chiedersi se sarebbe proseguita a lungo.
Il suono del campanello che introduceva la visita di nuovi clienti la fece ridestare.
Alzò lo sguardo e incontrò quello fin troppo familiare del ragazzo biondo.
Lui le sorrise, mentre si passava una mano nei capelli bagnati e li scrollava dall’acqua.
Il suo amico, un ragazzo più alto di lui e con un viso dai tratti dolci, le sorrise di rimando senza conoscerla affatto.
Appena si furono accomodati, pensò subito a portargli l’ordinazione afferrando il blocchetto degli ordini.
Tremò leggermente, quando si avvicinò ai due, e chiuse gli occhi in modo da riprendere il controllo del proprio corpo.
Prese le ordinazioni, sorridendo, e uscì di scena tornando al bancone.
Quando questi si alzarono, per andarsene, il biondo le sorrise dicendole il proprio nome.
“Ah comunque io sono Niall.”
Gli sorrise, mentre si allontanava per servire altri clienti, e gli sussurrò, sperando ardentemente che l’avesse udita, il proprio nome. 
“Martha.











HOLAAAA A TODOS
Sono tornata con la seconda os della serie
Questa volta incontriamo Niall, che come potete vedere canta nei pub per guadagnarsi da vivere, e Martha che ci spiega un pò la sua storia
Anche questi sono molto complessi come caratteri e bisogna studiarli a fondo per capirne tutte le sfumature
Marta se stai leggendo, sappi che ti voglio bene.
Tornando a noi, ci si vede alla prossima os
Penso di poterla pubblicare la settimana prossima, di sabato.
Un bacio a tutte :)

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Capitolo 3
*** Il mare riflesso nei suoi occhi ***


  

IL MARE RIFLESSO NEI SUOI OCCHI
 
Ringrazio In love with Styles_ per il banner bellissimo.
 
Ad Antonella che mi accompagna nelle mie fantasie
Ad Antonella che mi maledice ogni volta che le dico che “Larry is true”
Ad Antonella che mi fa divertire sempre con le sue pazzie


Lei era diversa.
Era diversa da tutto e da tutti.
La potevi guardare e non riuscivi a capire che cosa esprimesse il suo volto.
Era talmente brava a nascondere i propri sentimenti e i propri stati d’animo che a volte in molti si chiedevano se li avesse.
Come in quel giorno: i suoi occhi apparentemente di un marrone molto chiaro, tendevano al nero petrolio.
La pioggia scorreva ripida sulla finestra e il suo battere incessante sulle tegole del tetto della casa accanto, la faceva innervosire. 
Chiuse distrattamente il libro di economia e si alzò dal tavolo della cucina.
Sentiva l’eco indistinto di una delle continue litigate tra Mariana e Zayn.
Aveva sempre pensato che quei due fossero come il fuoco e l’acqua, si respingevano e si attraevano in una maniera estranea agli altri.
Poi il silenzio, segno che i due si stessero abbracciando o baciando, come prevedibile.
Era gelosa dei due.
Il loro rapporto era così ballerino eppure così forte, l’amore che provavano l’uno per l’altra li rendeva più uniti di chiunque altro.
Avrebbe voluto avere un ragazzo così, ma inevitabilmente nessuno di loro si dimostrava all’altezza.
Un rumore sordo alle sue spalle la fece sobbalzare e fece finire la tazza di cioccolata calda dritta a terra, riducendola in mille pezzi.
Sospirò atterrita e raccolse i cocci della tazza attentamente, cercando di non tagliarsi.
Asciugò a terra i rimasugli di cioccolata e andò in bagno per trovare del disinfettante, essendosi tagliata un dito per sbaglio con i cocci. 
Certo non si aspettò di trovare nessuno in salotto, o per lo meno nessuno che non conoscesse.
Fissò il ragazzo davanti a lei con un sopracciglio alzato, senza emettere suoni ne altra espressione.
Il ragazzo la fissò con un sorriso furbo stampato sul volto e inclinò la testa facendole una radiografia completa.
Dietro di lui comparve la figura alta e allampanata del “professore” di Sophie.
“Oh. Non credevo foste in casa. Sono venuto a portare degli appunti a Sophie.” Spiegò balbettando l’uomo.
Lei, si limitò ad alzare le spalle, approvando, e lasciò il salotto senza proferire parola.




Odiava fare la spesa, perché doveva sempre prendere le ordinazioni di tutte e ognuna di loro aveva i propri gusti.
Sbuffando entrò nel supermarket sotto casa loro e cominciò a recuperare la roba necessaria.
Si soffermò a guardare la gente intorno a lei, mentre procedeva con il carrello lungo i corridoi del supermercato.
Amava osservare.
Se avesse avuto la macchina fotografica con se avrebbe immortalato ogni singolo momento, in bianco e nero, imprimendolo nella memoria visibile dell’oggetto.
Arrivata al reparto alcolici sogghignò.
Le sue amiche non erano molto propense a portare alcolici in casa, al suo contrario.
Infilò nel carrello una confezione da sei di bottiglie di birra e sorrise soddisfatta del suo lavoro.
Si fermò alla cassa, aspettando il suo turno.
Nel mentre vide la pioggia ricominciare a scorrere sulla strada, cosa che odiava.
Fortunatamente, oggi le avevano prestato un auto in modo da non bagnarsi insieme alla spesa.
Davanti alla cassa sussultò leggermente, accorgendosi che il ragazzo sconosciuto che era entrato in casa sua il giorno prima, non era altri che il commesso del supermarket.
Nascose ogni emozione e tornò alla sua solita espressione neutrale.
Passò la spesa al commesso, che non smise un attimo di sorriderle.
Pensò seriamente che avesse una paralisi facciale a furia di sorridere. 
Quando le disse il prezzo aggiunse qualcosa che sicuramente lei non aveva richiesto.
Louis.
Aveva detto che si chiamava così.
Prese la roba e uscì senza salutare.
Una volta sedutasi in auto chiuse per un attimo gli occhi e le comparvero davanti quelli azzurri del giovane.
Spalancò gli occhi e per la prima volta si concesse di pensare seriamente a ciò che comportavano quegli occhi.




Rientrò a casa, più in silenzio del solito, posò la roba sul tavolo e salì in camera sua pronta ad ascoltare musica e a rilassarsi, ma non riuscì a mettere neanche piede nella camera che gli urli delle sue coinquiline la fecero sussultare e diventare più nervosa del normale.
Scese a passo di carriera le scale e si fermò davanti alla cucina, dove le ragazze chiacchieravano e ridevano rumorosamente.
“Basta!” Urlò quel comando, facendole girare tutte sorprese che proprio lei avesse detto una cosa del genere.
“Non ce la faccio più!” Continuò ad urlare, accasciandosi al suolo scompostamente e sentendo le lacrime pungerle gli occhi.
Lei non piangeva mai.
Eppure adesso lo stava facendo, stava singhiozzando sulla spalla di Mariana mentre le altre la guardavano impotenti e impietosite.
Tutto per colpa di quel ragazzo, tutto per colpa di Louis.
Era come se lui, con un semplice sorriso e un semplice interessamento da parte sua avesse fatto crollare quella barriera che si era eretta intorno.
Forse era proprio di quello che aveva bisogno, aveva bisogno di Louis.




Quando, il giorno seguente, avvisò le sue coinquiline che sarebbe andata al supermarket perché aveva dimenticato le uova, nessuna osò replicare, ma l’unica che capì non disse niente, si limitò a sorriderle.
Cinque minuti e fu lì, al solito supermercato.
Fece finta di comprare le uova e corse alla cassa, rimase delusa nel non vederlo seduto dietro quel bancone.
Pagò la roba e uscì nuovamente dal negozio, sconfitta e delusa.
Arrivò all’auto ma qualcuno si fermò accanto a lei, facendola spaventare.
“Scusa non era mia intenzione spaventarti.” Si voltò riconoscendo la voce cristallina del ragazzo e sorrise, nascondendolo poi ai suoi occhi. 
“Vedo che ti fa piacere che io sia qui.” Le rispose con quel tono beffardo e derisorio tipico dei ragazzi.
“Non so da cosa tu l’abbia potuto dedurre.” Le uscì in un sussurro la voce.
“Forse, dal fatto che mi stai parlando e che prima mi hai sorriso. Non è un passo importante questo? Dobbiamo festeggiare.” Le propose sorridendo apertamente.
Scoppiò in una risata cristallina, piena di emozioni, qualcosa che non faceva da tempo.
Si era scordata ormai quale era il suono della sua risata, troppo tempo che non rideva in quel modo.
“Magari un altro giorno. Sono di fretta.” Gli sorrise accomodante.
Salì nell’auto e mise in moto, facendo marcia indietro.
Lui le sorrise, salutandola con la mano.
Ricambiò urlandogli qualcosa che avrebbe dovuto dirgli già dal giorno precedente.
“Annie.” E lo vide allargare il sorriso e seguirla con lo sguardo fin quando non si allontanò dalla sua vista.
Fu in quel momento che un flash la colpì in pieno.
Ecco perché i suoi occhi gli ricordavano qualcosa, ecco perché quel qualcosa la faceva stare dannatamente bene.
Il mare… era riflesso nei suoi occhi.








HOLA A TODOS
Sono tornata con la terza della serie.
Qui abbiamo Annie e Louis. Annie ha un carattere particolare che capirete a fondo più in là.
Lo stesso c'è da dire di Louis, nonostante sembri molto accomodante come ragazzo.
Ho visto che le recensioni sono calate e mi dispiace
Vorrei che mi faceste sapere se qualcosa non vi piace oppure è scritto male
Rimedierei, o potrei darmi all'ippica infondo.
Davvero ho bisogno di sapere cosa non vi piace della storia, o cosa vi piace
Aspetto recensioni.

Alla prossima :)

 

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Capitolo 4
*** Loro non sanno di noi ***



LORO NON SANNO DI NOI

 
Ringrazio Sofia come sempre per il banner, scusa ma il pc è scassato e oggi non mi fa linkare :)

A Sofia che qualche giorno mi manderà a quel paese
A Sofia che sopporta e supporta i miei continui scleri
A Sofia che mi ha fatto capire il valore dei sacrifici
 

Prese la borsa che aveva dimenticato sulla mensola del soggiorno il giorno prima e salutò le sue amiche velocemente, prima di uscire di casa e dirigersi all’università.
Stranamente oggi aveva un sorriso che si allargava sul volto man mano che si avvicinava all’istituto.
Aveva voglia di vederlo e non capiva il perché oggi fosse maggiormente accennato questo desiderio.
Lei era una di quelle persone sempre sorridenti e felici, una di quelle che preferiva nascondere il proprio malessere piuttosto che rendere gli altri partecipi. 
Eppure era fatta così.
Il freddo di Londra la svegliò dai suoi sogni ad occhi aperti ed entrò nella facoltà che frequentava, non vedendo l’ora di raggiungere la sua classe.
Quando si accomodò tra i primi banchi, vide l’uomo seduto alla cattedra, intento a contemplare alcuni fogli che gli erano stati consegnati dalla segreteria.
Lo osservava in silenzio, notando ogni sua espressione.
Sentiva il cuore martellarle nel petto e la voglia di arrivargli dinnanzi e abbracciarlo davanti a tutti.
Ma sapeva che non poteva.
Abbassò consapevolmente lo sguardo e prese ad ammirarsi le Vans che indossava.
Le aveva comprate il giorno prima, sotto consiglio di Annie e le stavano davvero benissimo.
Un colpo di tosse leggero le fece rialzare il volto e incontrare gli occhi magnetici, di un colore molto simile a quello degli occhi di Mariana, del professor Styles.
Le sorrise, ma non come un professore avrebbe dovuto fare ad un’alunna, le sorrise come un uomo innamorato poteva sorridere alla propria donna. 
Dopodiché l’uomo diede un colpo di tosse udibile e nella sala si fece silenzio.
Lei capì che, in fondo, quello che aveva sempre voluto lo aveva già.
Non importava che non potessero uscire allo scoperto, l’importante era l’amore che i due provavano l’uno per l’altra.




Si chiuse alle spalle la porta dell’appartamento dell’uomo, posando la sua roba sulla sedia posta accanto alla scrivania.
Si rimboccò le maniche e iniziò a cucinare qualcosa per lui.
Ricordò quando sua madre la costrinse ad imparare a cucinare.
Viveva da sola, all’epoca, sua madre lavorava e non c’era nessuno in casa, se non suo fratello saltuariamente.
Così aveva cominciato a cucinare, anche se all’inizio non era granché come cuoca con il tempo aveva imparato.
Fece per accendere il fuoco sotto la pentola quando la porta di casa sbatté e la figura fin troppo alta del suo ragazzo, le faceva strano chiamarlo così, apparve nella piccola cucina dell’appartamento.
L’uomo le si avvicinò cingendole i fianchi e baciandole ripetutamente le labbra rosee.
“Eri bellissima oggi in classe.” Le sussurrò all’orecchio, con voce strascicante e roca, facendola rabbrividire.
“Tu lo sei sempre.” Le sussurrò a sua volta, facendo aderire nuovamente le loro labbra.
Mentre lo baciava, sentiva che tutto quello era sbagliato, che non avrebbero dovuto stare insieme.
Ma lei non era una di quelle ragazze che seguivano quello che il cervello affermava, e il suo cuore diceva che non poteva lasciarselo scappare.
Lo amava, su questo non c’era alcun dubbio.
Lui la amava, lo vedeva.
Eppure c’era qualcosa di così profondamente sbagliato in tutto quello che stavano facendo.
Lui era un professore, mentre lei era una sua alunna, sebbene maggiorenne e consenziente, sapeva benissimo che non era giusto quello che stavano facendo. 
Come se avesse intuito i suoi pensieri l’uomo si separò da lei, guardandola con i suoi occhi verdi.
“Non complessarti Sophie. Tra tre mesi ti laureerai e potremo stare insieme.” Le disse, lasciandole un bacio sui capelli e lei annuì continuando a cucinare, sentendo su di se gli occhi dell’uomo.




Vedere un film sulla storia inglese dell’ottocento, per di più in bianco e nero, non era la sua massima aspirazione.
Ma nulla avrebbe potuto rovinare quel momento, loro due soli, accoccolati sul divano di casa dell’uomo, mentre guardavano un film, indipendentemente da quale fosse.
“Mi dispiace se ti annoia.” Si scusò il professore, guardandola negli occhi.
Lei gli sorrise.
“L’importante è che siamo insieme, non importa se mi sto annoiando.” Rispose, posando di nuovo la testa sul suo petto ampio.
Si rilassò definitivamente quando le lunghe dita dell’uomo cominciarono a passare leggere sul suo avambraccio sinistro.
Da lì a dieci minuti chiuse le palpebre pesanti e si abbandonò a un sonno pieno, forse troppo, di sogni…




Continuava a chiedersi cosa ci fosse di anormale nelle sue coinquiline.
Mai che fossero tutte tranquille e rilassate, magari sedute su un divano intente a guardare un film o a leggere un libro.
Era appena rientrata dalla nottata passata a casa di Harry e si sentiva leggermente frastornata, come se quei pensieri che le avevano invaso i sogni non volessero lasciarla in pace.
Era frustrante non poter dire a nessuno di loro due, anche se le sue migliori amiche lo sapevano benissimo.
Tornando al dunque le ragazze stavano litigando su quale attore fosse più interessante e più figo.
Annie sosteneva che non si poteva paragonare nulla a Ian Somerhalder.
Simone sosteneva che Jared Leto, cantante del suo gruppo preferito, fosse indubbiamente un bellissimo uomo.
Martha, invece, era indifferente.
Mariana sosteneva di non saper scegliere tra Ian Somerhalder, Robert Downey Jr e Robert Sheehan.
E come al solito se ne usciva con una delle sue notizie bomba, come il fatto che Zac Efron fosse bisessuale.
Perché non si sapeva mai come, ma Mariana sapeva sempre tutto di tutti.
Quando glielo si faceva notare lei semplicemente alzava le spalle e diceva che sapeva osservare e ascoltare, cosa che evidentemente gli altri non facevano. 
Aggiunse anche lei il nome del suo attore preferito, sedendosi accanto a loro.
Dopotutto che senso aveva continuare a rimurginare su qualcosa che comunque, indipendentemente da cosa le suggerivano le ragazze, avrebbe continuato a fare?
L’amore non si può controllare, il suo non era un caso eccezionale.
Loro non sanno di noi, purtroppo…









HOLA A TODOS
Mi scuso per l'IMMENSO ritardo, ma con l'inizio della scuola, l'ispirazione è venuta a mancare.
Qui abbiamo Sophie e Harry, come avrete capito, sono un professore e la sua alunna.
Sophie sa che c'è qualcosa di sbagliato nel loro rapporto, ma crede di non poterci fare nulla.
La prossima sarà l'ultima os della serie.
Spero di riuscire a postarla la settimana prossima, se l'ispirazione non manca.
Grazie a Sofia e Simona che a quanto pare sono le uniche a seguirmi. 
Vi voglio bene, un bacio a tutte. 
Alla prossima

 

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