Teenage Dirtbag

di Sammy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Listen to Iron Maiden ***
Capitolo 2: *** Nevermind ***
Capitolo 3: *** Invite him! ***
Capitolo 4: *** Like a hurricane ***



Capitolo 1
*** Listen to Iron Maiden ***


TEENAGE DIRTBAG

 
“But he doesn’t know who I am
and he doesn’t give a damn about me”
TEENAGE DIRTBAG – WHEATUS
 
CAPITOLO 1 – Listen to Iron Maiden
 
Infilai le chiavi nella serratura e solo dopo aver dato uno strattone deciso  riuscii ad aprire la porta difettosa che Malcom ancora non aveva fatto riparare.
Nel negozio c’era odore di muffa. Mi ero raccomandata più volte di aprire le finestre ogni tanto, anche durante il periodo di chiusura, ma era evidente che nessuno avesse seguito il mio consiglio.
Alzai tutte le serrande per lasciare entrare un po’ di luce. Il Bohemian Records era rimasto tale e quale a come l’avevo lasciato, un piccolo negozio di dischi situato a Camden Town che da due anni a questa parte era diventato per me come una seconda casa. O forse la mia unica  casa dato che in quella vera ormai era impossibile avere qualche minuto di tranquillità tra i pianti disperati del piccolo Dylan e le crisi isteriche di mia madre.
Al Bohemian Records avevamo di tutto. Le dimensioni non contavano poiché i nostri clienti riuscivano sempre a trovare ciò che cercavano.
Sul bancone trovai due scatoloni pieni con i nuovi arrivi che cominciai subito a riporre negli appositi scaffali in ordine alfabetico.
Tra le mie mani avevo tutte le ultime novità del mondo musicale, Cd delle grandi pop star del momento. Il mio reparto preferito però era sempre stato quello dei dischi in vinile, quelli dei gruppi rock che avevano fatto la storia della musica. Della vera musica come avrebbe detto mio padre.
La stanza principale del Bohemian Records era di forma quadrata, due pareti di mattoncini rossi e altre due dipinte di bianco. Il pavimento era di legno ma coperto da un sottile strato di moquette verde muschio. Dietro al bancone della cassa erano appesi i poster delle band preferite da Malcom, proprietario del negozio e mio carissimo amico, ovvero i Ramones, i Clash e i Led Zeppelin, poi c’era il mio angolino con la foto di un Mick Jagger agli esordi e una dei Beatles durante il concerto di Londra nel 1964.
Stavo finendo di riordinare tutti i Cd che iniziavano con la lettera “p” quando qualcuno aprì la porta del negozio facendo tintinnare il campanello.
« Grace? Sei tu? » riconobbi subito la voce roca di Malcom e zigzagai tra i vari scaffali per raggiungerlo.
Lo trovai poggiato al bancone con una caffè Starbucks tra le mani. La barba incolta, gli occhi verdi cerchiati da profonde occhiaie violacee, i capelli scompigliati. Indossava una canottiera sdrucita che metteva in bella mostra i tatuaggi colorati sulle braccia, un paio di jeans a sigaretta con il risvolto e delle vecchie Vans rosse ormai scolorite.
« Hai un aspetto orribile » gli feci notare « da quanto tempo non ti  fai una bella dormita? »
« Buongiorno anche a te signorina Ellis, io sto bene grazie e tu? » scherzò lui allungando una mano per scompigliarmi i capelli già abbastanza spettinati.
« Sono arrivata mezz’ora fa e praticamente ho già finito di sistemare i nuovi arrivi » dissi con una punta d’orgoglio.
Amavo il mio lavoro. Ero l’unica dipendente a frequentare ancora il liceo. Non mi aspettavo una bacio sulla fronte e tante lodi ogni volta che portavo a termine un compito, per me era un piacere, ma Malcom spesso mi faceva sgobbare come una schiava egiziana senza mai darmi alcun credito.
« Brava piccola Grace » mi scompigliò nuovamente i capelli facendomi sbuffare « ma tutti gli altri dove sono? »
« Ho scambiato il mio turno con Dean dato che la scuola non è ancora cominciata e posso venire anche di mattina. Lui inizia dopo pranzo. Beth invece non l’ho sentita »
« Oh, mi pare di averla vista al pub ieri sera … si sarà presa un’altra delle sue sbornie colossali! » Malcom sorrise perso nei suoi ricordi.
Circolavano varie leggende su Beth e le sue folli serate da ubriaca. Non avevo mai assistito  ma da quello che mi raccontavano non doveva essere un bello spettacolo.
« Comunque in questo periodo non viene quasi nessuno » dissi mentre tornavo a lavorare tra gli scaffali, alzando appena la voce affinché Malcom mi sentisse « quindi per me non è un problema lavorare da sola »
Lui non rispose. Probabilmente si era accasciato con la testa sul bancone per schiacciare un sonnellino. Se c’era una cosa che avevo imparato subito di Malcom, era che riusciva ad addormentarsi ovunque e nei momenti più impensabili.
I primi tempi pensavo soffrisse di narcolessia e invece era semplicemente la persona più pigra che esistesse sulla faccia della terra.
 
Il resto della mattinata trascorse lentamente senza che accadesse nulla di esaltante. Il nostro unico cliente fu un uomo sulla cinquantina che, preso da un’improvvisa nostalgia, era venuto per comprare un Cd degli Smiths perché proprio durante un loro concerto aveva conosciuto la moglie. Ci raccontò che da tre mesi l’aveva lasciato.
La cosa bella dell’avere un piccolo negozio, era che si poteva socializzare molto più facilmente. Solitamente avevamo una clientela fissa ma quando qualcuno si imbatteva nel Bohemian Records per la prima volta se ne innamorava e potevi star pur certo che sarebbe tornato spesso.
Verso l’ora di pranzo mangiai un panino al volo. Malcom mi diede il permesso di tornare a casa con un quarto d’ora di anticipo, non che fossi impaziente di farlo ma dovevo ancora finire di leggere un paio di libri per le vacanze e scrivere la tesina su Dorian Gray.
Presi la metro in direzione del borgo londinese di Harrow, dove vivevo e andavo a scuola, ascoltando musica dall’iPod e scribacchiando alcuni appunti ai lati delle pagine di Grandi Speranze.
Durante l’estate la nostra professoressa ci aveva dato da leggere le opere di tutti i più grandi autori inglesi, Wilde e Dickens erano i suoi preferiti.
Con i compiti ero rimasta un po’ indietro ma per fortuna avevo ancora una settimana prima che la scuola ricominciasse. Certo, studiare a casa mia non era il massimo …
Esattamente come mi aspettavo, già mentre percorrevo il viale d’entrata in giardino sentii le urla del piccolo Dylan.
Aveva solo undici mesi e tecnicamente era il mio fratellastro. Un anno prima infatti, cinque anni dopo il divorzio da mio padre, mia madre aveva sposato Damien, un uomo più giovane di lei di quindici anni.
Volevo bene sia a lui che a Dylan, erano la mia famiglia dopotutto, ma dovevo ammettere che entrando nella nostra vita avevano portato un bel po’ di scompiglio.
Quanto a mio padre … lo vedevo raramente. Viveva dall’altra parte della città ma a sentir lui era come se a dividerci ci fosse un oceano intero. Mi chiamava quasi tutti i giorni e non potevo dire che se ne fregasse completamente di me ma neanche che fosse un genitore particolarmente attento.
« Sono tornata! » annunciai richiudendomi alle spalle la porta d’ingresso.
Damien lavorava come architetto. Aveva un discreto talento e il suo stipendio era buono, grazie a lui ci eravamo trasferite in una casa molto più grande e bella.
« Tesoro! Puoi venire un attimo qui? »
Lasciai cadere la borsa a terra e appesi il giubbotto jeans all’attaccapanni prima di raggiungere mia madre in cucina. La trovai seduta al tavolo con le mani tra i capelli e la camicia imbrattata di omogeneizzato alla frutta.
Il piccolo Dylan invece se ne stava seduto nel suo bel seggiolone e un bavaglino legato al collo con su scritto “io sono il re”. Il bello è che lo era veramente. A casa comandava lui praticamente.
« Cosa succede? »
« Non vuole mangiare » mia madre sembrava sul punto di scoppiare a piangere « ti prego pensaci tu, sei l’unica a cui da retta »
« Veramente io dovrei … »
« Grace » il tono di mia madre era supplichevole « ti prego … »
Come dirgli di no quando mi rivolgeva quello sguardo da cucciolo abbandonato?
Sbuffando sonoramente accostai una sedia al seggiolone di Dylan e presi in mano un barattolo di omogeneizzato e un cucchiaino.
Gli occhioni azzurri del mio fratellino seguivano ogni mia mossa, sembrava ipnotizzato. Non sapevo da cosa fosse dovuto l’effetto che avevo su di lui, prima della sua nascita non mi erano mai piaciuti molto i bambini.
« Coraggio principino, apri la boccuccia! »
Obbediente come una scimmietta ammaestrata, Dylan spalancò la bocca e si lasciò sfamare.
Mia madre nel frattempo mi osservava con un misto di gratitudine e invidia. Con me non aveva mai avuto problemi, ero stata una bambina tranquilla, e durante la sua seconda gravidanza tutti si chiedevano come facesse a essere sempre così rilassata. “Sono nata per fare la mamma” rispondeva lei “Grace era un angelo, perciò perché preoccuparmi che stavolta le cose vadano diversamente?”
E invece …
« Non mi ha fatto chiudere occhio per tutta la notte » si lamentò « e Damien doveva svegliarsi presto per andare a lavoro perciò non potevo chiedergli di intervenire »
« Anche perché un bambino non può accudirne un altro » le feci notare.
« Grace! »
« Scusa, non sono riuscita a trattenermi »
Prendevo sempre in giro mia madre per la sua differenza d’età con il nuovo marito. Non che Damien non sapesse essere un uomo maturo e un buon padre, ma a vederlo sembrava ancora un ragazzino.
« Bravo bimbo, visto che ha mangiato tutto? »
Dylan scoppiò a ridere come solo i bambini sanno fare e prese a battere le manine paffute con aria compiaciuta.
« Adesso per l’amor del cielo lasciatemi studiare in pace! » esclamai alzandomi « sai mamma, dovresti prendere una baby sitter … »
Me ne andai prima che potesse lanciarmi addosso qualcosa.
L’argomento “baby sitter” era molto delicato dal momento che mia madre aveva abbandonato il suo lavoro di interior designer, che adorava, per restare a casa ad accudire Dylan.
Salii in camera mia e chiusi la porta, poi mi stesi sul letto a pancia in giù armata di carta e matita, con Dorian Gray a portata di mano nel caso mi servisse di rivedere qualcosa.
Passarono quindici minuti e il foglio era rimasto immacolato. Il libro l’avevo letto e mi era anche piaciuto ma la mia mente quel giorno non faceva altro che fantasticare rifiutandosi di collaborare a scrivere la tesina.
“Concentrati Grace” mi dissi “mancano solo sette giorni all’inizio della scuola. ‘Morirai tra sette giorni’ … in quale film lo dicevano? Ah in The Ring. Per l’amor del cielo ma che stai dicendo Grace? Devi finire i compiti!”
Eh già, litigavo spesso con la mia coscienza. Georgia aveva ragione a dire che era un po’ stramba.
Per la cronaca, Georgia Sullivan era la mia migliore amica. Pensandoci bene non la sentivo da un bel po’, forse avrei chiamarla … dopo aver scritto la mia tesina su Dorian Gray naturalmente.
« Grace! Il tuo cellulare continua a squillare!» urlò mia madre dal piano di sotto « ti prego fallo smettere prima che svegli Dylan, sono appena uscita a farlo addormentare!»
Non la sopportavo più. Per lei tutto girava intorno a Dylan. Fui colta da una rabbia improvvisa così violenta che stringendo il pugno spezzai la matita che tenevo in mano. Mi alzai dal letto continuando a maledire chiunque stesse ostacolando ogni mio tentativo di terminare, o meglio cominciare, quella dannata tesina.
Corsi al piano di sotto e recuperai il cellulare dalla borsa ancora abbandonata in un angolo dell’ingresso.
« Pronto? »
« Ehi Grace, sono Dean » trillò una voce maschile dall’altro lato della cornetta « mi chiedevo se potessi farmi un favore … »
Quelle parole non promettevano nulla di buono. Mi appoggiai allo stipite della porta che portava in cucina alzando gli occhi al cielo.
« Che tipo di favore? » chiesi mentre, con il telefono in bilico tra l’orecchio e la spalla, osservavo le mie unghie mangiucchiate.
« Mi sono ricordato solo adesso che oggi pomeriggio devo fare da animatore alla festa di compleanno di mia cugina. Sai, compie sette anni »
« Interessante … e quindi? » domandai sebbene sapessi già dove volesse andare a parare.
« Potresti sostituirmi tu a lavoro? » disse tutto d’un fiato dopo qualche secondo di esitazione.
« Ma l’ho già fatto stamattina! » protestai « non puoi chiedere a Beth? »
« Credimi, ho provato a chiamarla diverse volte ma non mi risponde. Probabilmente sta ancora dormendo nella vasca da bagno, lì dove l’ho lasciata ieri sera » non sentendo alcuna risposta da parte mia, dopo un po’ aggiunse « ti prego Grace, fallo per me! Malcom ci ammazza a tutti e tre se lo lasciamo solo per un intero pomeriggio! »
La tentazione di dire no e mandarlo sonoramente a quel paese era molto forte. Non ero mai stata una ragazza particolarmente generosa o altruista e sicuramente non permettevo a nessuno di approfittarsi di me. Ultimamente però dicevo sempre di si e la cosa stava diventando snervante. Forse era dovuto al fatto che una parte di me, quella più ingenua, sperava davvero che chi fa del bene riceve del bene.
Lo diceva sempre il pastore della nostra chiesa ma ormai erano anni che non andavo a messa.
« Okay » mi arresi infine « ma che sia l’ultima … »
« Grazie, grazie, grazie! » mi interruppe Dean. In quel momento me lo immaginai mentre saltellava tutto elettrizzato nel suo appartamento. Chissà se la storia della cuginetta era vera … « sei la migliore Grace! »
« Mi devi un favore Dean! »
« Certo, lo so. Ti presenterò uno dei miei amici fighi »
« Ma non sono tutti gay? »
« No, altrimenti sarebbero più che amici, non credi? »
« Immagino di si » sorrisi perché nonostante tutto Dean era una forza della natura. Se non fosse esistito avrebbero dovuto inventarlo « allora divertiti alla festa di tua cugina! »
« Quale festa? » sembrò preso di contropiede « ah si! Si certo, lo farò … ciao Grace!»
Ecco appunto. Avevo sprecato un pomeriggio di studio per nulla.
Tornai in camera mia e sfilai la tuta da casa che praticamente avevo appena messo e tirai fuori dall’armadio qualche vestito a casaccio: un paio di short di jeans e una semplice t-shirt a righe bianche e nere, mentre ai piedi indossai i miei vecchi  e fedelissimi Dr Martens con la suola ormai consumata dal tempo.
« Mamma, io esco! » urlai mentre riprendevo il mio giubbotto jeans e aprivo la porta di casa.
Lei subito accorse in punta di piedi, probabilmente per non svegliare Dylan.
« Ma non dovevi studiare? » bisbigliò.
Io alzai gli occhi al cielo mordendomi la lingua per costringermi a non risponderle male. In fondo non era colpa sua. Non del tutto perlomeno.
« Ciao mamma … »
 
Venti minuti dopo ero di nuovo al Bohemian Records.
Malcom se ne stava stravaccato su una sedia girevole con i piedi poggiati sul bancone intento a leggere l’ultimo numero della rivista Rolling Stone, quella che lui definiva “l’unica bibbia che mai leggerò”. La bibbia del rock per intenderci.
C’era qualche cliente in negozio ma lui naturalmente non sembrava preoccuparsene.
« Ancora qui? » chiese divertito osservandomi da sopra la rivista.
« Lasciamo perdere » sbuffai.
Adoravo Malcom ma era una di quelle persone capaci di farti perdere la pazienza anche con una semplice e innocua frasetta dai toni canzonatori.
Non aveva neanche un soldo in tasca, quel poco che guadagnava lo spendeva tutto in sigarette, alcool e cinese take away, viveva in un monolocale a Notthing Hill in cui per fare pipì bisognava scavalcare il lavandino e mettersi con le gambe in aria, non aveva una storia seria da anni, rischiava di far morire sua madre di crepacuore ogni volta che la povera donna lo andava a trovare e si rendeva conto delle sue condizioni eppure … eccolo lì a crogiolarsi nel suo dolce far niente. E sembrava felice nonostante tutto mentre io, che avevo tutto e lavoravo solo per sentirmi un po’ più indipendente, ero depressa il novantacinque per cento delle volte. Ma probabilmente finivo sempre per confondere la depressione con la noia.
Cosa mi ci sarebbe voluto per portare un po’ di brio nella mia vita?
Bèh, probabilmente non l’avrei mai ammesso (e difatti nessuno lo sospettava) ma io ero davvero un’inguaribile romantica e sognavo, se non proprio il principe azzurro, un ragazzo che mi facesse sentire speciale e amata. Un ragazzo che mi baciasse sotto la pioggia, che venisse a trovarmi di nascosto a notte fonda entrando dalla finestra e che la mattina si presentasse sotto casa mia con un caffè preso da Starbucks per colazione.
Volevo litigare per gelosia e altri motivi stupidi. Volevo soffrire giusto un po’ e poi fare subito pace.
Volevo fare l’amore per la prima volta con qualcuno che tenesse davvero a me.
In fondo non chiedevo troppo, giusto?
« Ehi, pianeta terra chiama Grace » mi ridestai dal mio sogno a occhi aperti solo quando Malcom cominciò a sventolare una mano in aria per attirare la mia attenzione « non vedi che ci sono dei clienti? »
« Fottiti Malcom »
« Se potessi lo farei ma a quanto pare in questa società non è considerato normale avere una relazione amorosa con se stessi »
E dopo quella profonda perla di saggezza che quasi mi fece accapponare la pelle, Malcom tornò a leggere la sua rivista mentre io, sistemata la mia roba, mi misi subito a lavoro.
Girovagavo per il negozio chiedendo ai clienti se avessero bisogno del mio aiuto. Una ragazzina di circa quattordici anni mi chiese se avevamo il Cd di un cantante mai sentito che a quanto pare, e mi fece sentire una grande ignorante, stava spopolando in tutto il mondo. Avrei voluto risponderle che nel nostro negozio cercavamo di assecondare i gusti di tutti ma vendere certa spazzatura era davvero troppo. Alla fine non dissi nulla solo perché la ragazzina, leggermente delusa, decise di prendere un altro Cd. Non uno dei miei preferiti ma istruire le nuove generazioni su quale fosse la musica veramente bella non rientrava tra i miei doveri.
La ragazzina pagò e se ne andò, io ripresi i miei giretti fermandomi di tanto in tanto per recuperare un Cd fuori posto e riportarlo dove doveva stare.
Poi a un certo punto lo vidi. Ero sicura che non ci fosse quando ero arrivata ma proprio non l’avevo visto né sentito entrare, occupata com’ero con la mia mania di mettere sempre tutto in perfetto ordine.
Si trovava nel settore dell’heavy metal e sembrava interessato a un paio di Cd degli Iron Maiden.
« Posso aiutarti? » chiesi avvicinandomi.
Il ragazzo si voltò verso di me. L’avevo riconosciuto subito ma ebbi comunque un colpo al cuore quando i suoi occhi color nocciola incontrarono l’azzurro dei miei.
Il suo nome era Josh Levonne e frequentava la mia stessa scuola ma era di un anno più grande. Non ci avevo mai parlato, avevo solo sentito parlare spesso di lui. Era un ragazzo misterioso e socializzava con pochi, non di certo per timidezza. Quelle che circolavano su di lui erano tutte storie inventate probabilmente, fatto sta che si era guadagnato la fama del ragazzaccio bello e dannato, proprio per questo tutte le ragazze della mia scuola gli sbavavano dietro. Io lo trovavo un ragazzo interessante, perlomeno nell’aspetto dato che, come già detto, lo conoscevo solo di nome, ma non mi aveva mai attirato più di tanto.
Vederlo nel mio negozio comunque mi fece un certo effetto.
« Questo posto è grandioso, avete di tutto! » esclamò sventolando una copia dell’album Fear of the Dark.
Mi sentii lusingata come se mi avesse fatto un complimento strettamente personale.
 « È la prima volta che vieni? »
« Si, strano non averlo notato prima … » rispose distrattamente spostando di nuovo la sua attenzione sui Cd.
Mi accorsi che non aveva ancora risposto alla mia prima domanda ma mi sarei sentita stupida a ripeterla.
« Bèh, se cerchi qualcosa in particolare chiedi pure »
« Certo … grazie … » ormai era totalmente preso, non faceva più caso a me.
Mi allontanai silenziosamente e tornai da Malcom trovandolo ancora immerso nella sua lettura. Era così buffo: il medico gli aveva imposto di portare gli occhiali ma lui si era categoricamente rifiutato di farlo perciò quando leggeva strabuzzava gli occhi e aggrottava la fronte a tal punto che le due sopracciglia folte si univano a formare un’unica linea.
Poggiai i palmi sul bancone e mi diedi la spinta per saltare e mettermi seduta con le gambe a ciondoloni. Da quella postazione riuscivo benissimo a vedere Josh. Non si sa mai, avrebbe potuto darsi al taccheggio proprio nel nostro negozio …
Naturalmente ciò che non volevo ammettere neanche con me stessa era che in realtà mi incuriosiva parecchio osservarlo.
Aveva i capelli castano scuro, un ciuffo modellato col gel che spuntava da sotto il berretto nero. Portava un piercing al naso e il dilatatore all’orecchio sinistro.
Aveva la pelle chiara e le guancie arrossate. La bocca carnosa, il naso ben proporzionato. Fisico asciutto, statura nella media. Indossava una camicia beige e dei pantaloni neri a sigaretta. In poche parole gli stavo facendo la radiografia completa.
 « Ti piace, eh? » bisbigliò Malcom dandomi una leggera gomitata.
Non mi girai di proposito sicura che stesse sorridendo divertito.
« Cosa? Ma che dici! »
« Lo stai fissando! »
« E questo che vuol dire? »
« Che lo trovi attraente »
« Forse » mi strinsi nelle spalle « ma non significa che mi piace. Lo conosco di vista, sai? Sta a scuola mia » spiegai a voce bassissima tanto che Malcom dovette sporgersi in avanti per sentirmi « non credo sia il mio tipo »
« Pazienza. Magari è anche dell’altra sponda » gli occhi di Malcom si illuminarono come se avesse appena avuto l’idea del secolo « potremmo presentarlo a Dean! »
« Non credo proprio che sia gay. Mi dispiace per Dean »
« Oh … bèh fa niente! »
Malcom si mise comodo incrociando i piedi sul bancone e le dita dietro la nuca.
Quando alzai di nuovo lo sguardo verso Josh per poco non mi venne un colpo: stava venendo verso di noi.
Balzai giù dal bancone e mi posizionai dietro la cassa. Mi sentivo imbarazzata e avevo le guancie rosse come se Josh avesse potuto sentirci parlare di lui ma era impossibile.
« Prendo questi due » disse facendo scivolare verso di me un paio di Cd.
« Fanno ventitre sterline e sessantanove » dissi porgendogli lo scontrino e una busta di cartone con il logo del negozio. Josh pagò e vi infilò dentro i suoi acquisti.
« Grazie, arrivederci »
« Grazie a te. A presto Jo … » mi bloccai appena in tempo. Non volevo che sapesse che conoscevo il suo nome dato che lui probabilmente non mi aveva mai neanche notata.
Poco prima di uscire, Josh si girò verso di me rivolgendomi un minuscolo sorriso.
Quando la porta si richiuse, Malcom fischiò.
« Che c’è? » sbottai girandomi di scatto verso di lui.
« Niente … » ecco apparire il suo irritante sorrisetto malizioso « sei solo diventata rossa come il culetto di un babbuino »
« Bel paragone Malcom, ti ringrazio! »
Mi finsi offesa ma dopo qualche secondo scoppiai a ridere insieme a lui.
E comunque non ero arrossita! 

Nel prossimo capitolo:
« Ma guarda che simpatica, Barbie ha fatto una battuta! Da quando sei diventata così arguta? A proposito, sai cosa significa arguta? Dovresti cercare sul vocabolario…»
« Tu invece dovresti cercare un nuovo chirurgo » intervenni sentendomi improvvisamente ispirata « ti si vede ancora il pomo d’Adamo, non vorrai che tutti scoprano che il tuo vero nome è Robert, vero? »
Una volta tanto Katy rimase senza parole e mentre le sue guancie diventavano rosse dalla rabbia, io e Georgia la oltrepassammo lanciandole un’ultima occhiata sprezzante.
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Capitolo 2
*** Nevermind ***


CAPITOLO 2 – Nevermind
 
Prima dell’inizio della scuola, andai a lavorare solo di mattina in modo da avere il pomeriggio libero per studiare.
Non ero mai stata un’alunna particolarmente diligente ma durante gli anni passati i miei pessimi voti non avevano fatto altro che incasinarmi ancora di più la vita, per non parlare degli scarsi risultati all’esame GCSE, perciò avevo deciso che quello sarebbe stato l’anno del cambiamento.
Non avevo intenzione di trasformarmi di punto in bianco in una secchiona ma non volevo neanche mettere a rischio la mia ammissione a un buon college per la quale mi serviva una media più che discreta.
Cosa avrei fatto dopo il liceo?Le mie idee erano ancora molto vaghe …
Mio padre avrebbe voluto che diventassi una musicista come lui, il che era abbastanza improbabile dato che non avevo mai suonato uno strumento in vita mia.
Damien insisteva affinché seguissi le sue orme così da poter lavorare insieme una volta laureata. No grazie!
Quanto a mia madre, era l’unica ad aver capito che, più la gente mi spingeva verso una certa direzione, più io mi ribellavo per andare in quella opposta.
Non escludevo neanche l’ipotesi di lavorare al Bohemian Records per il resto dei miei giorni ma avevo paura che a lungo andare avrei cominciato a stufarmi. Malcom era diverso da me e poi il negozio era suo, si era messo in proprio invece che scegliere di lavorare con suo padre nell’officina di famiglia.
Dean studiava per diventare tecnico del suono mentre Beth … bèh lei probabilmente avrebbe continuato a fare la commessa anche quando sarebbe arrivato il momento di cominciare a mettere la dentiera ma la cosa non sembrava dispiacerle.
Insomma, passai gli ultimi giorni di vacanza tra lavoro e studio senza mai riposarmi.
Quanto a Josh Levonne, non lo vidi più dalla sua prima visita e la cosa, nonostante le continue battutine di Malcom, non mi dispiaceva poi così tanto.
 
Il primo giorno di scuola fu un trauma alzarsi presto anche se in realtà la sveglia suonò solo mezz’ora prima di quando dovevo andare a lavoro.
« E quindi cosa ti metti? » trillò Georgia al telefono.
Mi aveva chiamata nel momento esatto in cui uscivo dalla doccia. Ero ancora in accappatoio, davanti all’armadio aperto, il telefono schiacciato tra l’orecchio e la spalla e una brioche calda per colazione nella mano destra.
« È così importante? Indosserò le solite cose … »
« Ma Grace, è il primo giorno di scuola, non uno qualunque! »
Di sottofondo sentivo il rumore dei tacchi sul pavimento di marmo. Mi immaginai Georgia vestita come se dovesse sfilare su una passerella.
« E comunque sbrigati, passo a prenderti tra dieci minuti » aggiunse.
« Addirittura l’autista? Wow, quest’anno mi è andata di lusso »
Georgia aveva preso la patenta prima dell’estate. Ero salita in macchina con lei una volta sola ed era stato traumatico: avevamo quasi messo sotto due vecchiette che attraversavano sulle strisce e percorso un’intera strada contromano guadagnandoci una multa salatissima che per giunta Georgia pretendeva pagassimo ai mezzi. Per una volta era stato fin troppo facile dire di no.
« Quindi mettiti qualcosa di decente, truccati un po’ e fatti trovare fuori casa con l’umore a mille e una gran voglia di ricominciare tutto da capo! » esclamò con un tono entusiasta che in realtà risultò piuttosto sarcastico.
« Va bene » sorrisi « a tra poco Geo »
Lanciai il telefono sul letto e tornai a frugare tra i cassetti e le ante dell’armadio. Non ero quella che si definiva una fashion victim ma neanche una totale menefreghista in materia. Semplicemente mi piaceva indossare abiti comodi che mi facessero sentire a mio agio senza però apparire troppo sciatta.
Ahimè, a volte riuscivo a essere davvero complicata!
 
Dieci minuti dopo, aspettavo Georgia nel viale davanti casa mia con indosso un top rosso dalle bretelline sottili e degli shorts di jeans sopra un paio di calze nere, tanto per non farmi dare della scostumata da quella rompiscatole di Mrs Pendelton, professoressa di storia nonché attivista cattolica.
Uno zainetto rosso a fantasia scozzese già pesava sulle mie spalle, carico di nuovi volumi di letteratura e trigonometria.
Vidi la Toyota Prius di Georgia svoltare l’angolo in fondo alla strada e poco dopo la testa biondissima della mia migliore amica si sporse fuori dal finestrino.
« Serve un passaggio bellezza? »
Girai intorno alla macchina per salire al posto del passeggero.
« Ti trovo bene raggio di sole! » esclamai sorridendo.
Io e Georgia usavamo darci nomignoli affettuosi e lusinghieri, sempre con tono molto ironico.
Ci abbracciamo strette per qualche secondo. Durante l’estate lei aveva fatto il giro dell’Europa insieme ai suoi genitori. Erano stati in Spagna, Francia, Grecia … tutti posti bellissimi in cui aveva scattato milioni di foto per mandarmele quasi in tempo reale via e-mail.
Io invece avevo lavorato fino a metà luglio, ero stata una settimana a Dover con mio padre e qualche giorno a Cardiff dai genitori di Damien. Niente di esaltante insomma.
« Mi devi raccontare tutti i minimi particolari delle tue vacanze » esclamò Georgia mentre riavviava il motore « anche quelli più piccanti » aggiunse facendomi l’occhiolino.
« La cosa più piccante della mia estate è stata la salsa dei tacos che ho mangiato al ristorante messicano più scadente di Londra, quando quel tirchio di Malcom ha deciso di portare i suoi dipendenti a cena fuori » risposi con una punta di amarezza nella voce « racconta tu piuttosto! »
« Oh, io ho conosciuto un ragazzo che è la fine del mondo! » il suo sguardo si illuminò « si chiama Pablo, l’ho conosciuto a Valencia. Mi chiama tutte le sere su Skype e la mattina mi manda sempre un ‘buongiorno’ per messaggio »
« Sembra una cosa seria … »
« Si, credo proprio che sia quello giusto. Sono sicura che durerà per sempre! »
Due settimane. Le davo ancora due settimane o forse anche un po’ di meno …
Georgia era una ragazza bellissima e piena di vita. Qualche centimetro in più e avrebbe potuto fare la modella grazie al suo fisico tonico e il viso quasi perfetto. Non era un caso che molti ragazzi le andassero dietro e lei ingenuamente si innamorava, o perlomeno credeva di innamorarsi, di tutti loro. Dopodiché le opzioni erano due: o si stancava subito e troncava la relazione, o veniva lasciata per poi soffrire terribilmente. Aveva una certa tendenza al melodramma.
« … e così forse verrà a trovarmi prima di Natale » stava raccontando « non vedo l’ora di fartelo conoscere! »
« Ma … non avete fatto sesso, vero? »
Georgia arrossì ma si finse disinvolta.
« Non ancora. È vero che sento che sia quello giusto ma siamo stati insieme troppo poco tempo. Chissà, magari quando verrà qui a Dicembre … »
Nel frattempo, eravamo arrivate davanti  alla Harrow High School. Per posteggiare la macchina Georgia  attuò una manovra assurda e complicatissima.
« Mi piacciono le sfide » fu il suo commento quando le feci notare che il parcheggio era quasi vuoto e che sarebbe potuto essere tutto molto più semplice.
Quando scese dalla macchina, la prima cosa che notai, anzi, che tutti notarono, furono le sue gambe abbronzate messe in bella mostra da una minigonna che in realtà era solo molto mini e poco gonna.
« Non vorrei essere nei tuoi panni quando Mrs Pendelton ti vedrà conciata così »
« Ah » Georgia agitò una mano in aria come se volesse scacciare un piccolo insetto fastidioso « che si fotta quella vecchiaccia! »
Il nostro ingresso a scuola fu accompagnato da una serie di sguardi e fischi d’apprezzamento. Per Georgia naturalmente.
Sapevo di non essere proprio da buttare, ma stando accanto a una ragazza del genere, di quelle che attirano l’attenzione senza neanche doversi sforzare troppo, era difficile essere notata.
« Oh no » bisbigliò Georgia « Katy Diaz a ore dodici! »
Alzai lo sguardo e vidi una ragazza dai lunghi capelli rossi sculettare in mezzo al corridoio attirando perfino più sguardi di quanto avesse fatto la mia migliore amica.
Katy Diaz era quella che si poteva definire come la “reginetta” della scuola, un autentico cliché in poche parole, egocentrica e insopportabile come quelle dei film.
Quando vide Georgia, il suo sorriso si fece ancora più falso.
« Ciao Barbie, come sono andate le tue vacanze? » chiese con tono mieloso da far venire il voltastomaco « e a te Puffetta? » continuò rivolgendosi alla sottoscritta.
Georgia si era guadagnata il soprannome Barbie per via dei suoi capelli biondi e della sua presunta stupidità, io quello di Puffetta a causa della mia statura.
« Ciao anche a te Strega » ribatté Georgia « le mie vacanze sono andate divinamente a dire il vero, e le tue? Ti sei divertita a lanciare il malocchio ai bagnini in spiaggia?»
« Ma guarda che simpatica, Barbie ha fatto una battuta! Da quando sei diventata così arguta? A proposito, sai cosa significa arguta? Dovresti cercare sul vocabolario…»
« Tu invece dovresti cercare un nuovo chirurgo » intervenni sentendomi improvvisamente ispirata « ti si vede ancora il pomo d’Adamo, non vorrai che tutti scoprano che il tuo vero nome è Robert, vero? »
Una volta tanto Katy rimase senza parole e mentre le sue guancie diventavano rosse dalla rabbia, io e Georgia la oltrepassammo lanciandole un’ultima occhiata sprezzante.
« Cavolo Grace, sei stata mitica! Batti cinque splendore! »
« Siamo una bella squadra amica mia! »
 
Chi pensava che il primo giorno non si facesse nulla e che i professori fossero più clementi si sbagliava di grosso.
Giunta alla pausa pranzo ero già esausta, quasi rimpiangevo i mie doppi turni al Bohemian Records.
Dopo la lezione di trigonometria io e Georgia raggiungemmo la sala mensa mettendoci in fila come tutti gli altri con un vassoio in mano.
Presi un hamburger di pollo e feci per passarne una porzione anche alla mia amica ma lei lo rifiutò allontanandosi di scatto come se fosse qualcosa di orribile e disgusto. Bèh, trattandosi della mensa scolastica probabilmente lo era veramente …
« Non mangio carne » mi informò.
« E da quando? »
« Da quando Pablo mi ha fatto scoprire i grandi vantaggi della dieta vegetariana » rispose riempiendosi una ciotola di insalata e legumi « a quanto pare si può anche godere di un’aspettativa di vita maggiore »
« Se lo dici tu … » la cosa non mi convinceva molto, Georgia era già abbastanza magra « e dimmi, se Pablo cominciasse a nutrirsi solo d’insetti lo faresti anche tu? »
« Io … veramente …  e dai Grace, smettila! » esclamò lei presa di contropiede.
Decidemmo entrambe di lasciar perdere l’argomento e una volta riempiti i nostri vassoi occupammo uno dei tavoli più vicini all’entrata.
Condividevano il posto con noi due ragazzi, uno di origini asiatiche e l’altro con i capelli ricci e rossi, tutti concentrati in una partita di scacchi.
Georgia guardò prima loro e poi me rivolgendomi una smorfia buffissima che mi fece ridere. Mi fermai solo quando le porte scorrevoli della mensa si aprirono per lasciar entrare un bel ragazzo con i capelli castani quasi del tutto coperti da un berretto nero.
« Oh my Josh! » Georgia sospirò con aria sognante « sbaglio o diventa sempre più bello? »
« È venuto al Bohemian Records qualche giorno fa » le dissi mentre sgranocchiavo distrattamente una carota baby dal suo piatto.
« Che cosa? E me lo dici solo adesso? »
« Ti interessa così tanto? » domandai allora inarcando le sopracciglia « non sei tutta presa dal tuo Pablo? »
Colpita e affondata. Georgia arrossì e si strinse nelle spalle.
« Certo, infatti … sai che me ne importa di Josh Levonne, il mio Pablo è cento volte meglio! »
Nascosi un sorriso dietro il mio panino con hamburger prima di addentarlo.
Josh nel frattempo aveva preso posto a un tavolo non molto lontano dal nostro con una porzione di patatine fritte e una Pepsi sul vassoio. Seduti con lui c’erano gli unici due ragazzi con cui l’avessi mai visto parlare: Liam White e Alex Moore.
Quest’ultimo era uno dei tanti ex ragazzi di Georgia. Erano stati insieme quando lei era al primo anno e lui al secondo, adesso a malapena si salutavano.
« Liam è migliorato parecchio » osservò lei guardando sfacciatamente verso di loro senza preoccuparsi di sembrare indiscreta « e Alex … insomma anche lui non scherza! »
Nella nostra scuola erano due i tipi di ragazzi che attiravano di più: gli sportivi, come Logan Fry, ragazzo di Katy Diaz, che di solito se ne andavano in giro con auto costose, vestiti firmati e cheerleader sottobraccio, e gli “alternativi” come Josh e i suoi amici che invece si spostavano con lo skateboard e avevano uno stile molto  più grunge.
Personalmente preferivo il secondo tipo, Georgia invece non si preoccupava di fare tante distinzioni.
In sua difesa però potevo dire che, nonostante la sfilza di ex fidanzati, era ancora vergine e fiera di esserlo, non si era concessa nemmeno a Pablo, questo perché come me voleva aspettare “quello giusto”.
 A quanto pare eravamo le uniche dato che nella nostra scuola la maggior parte delle ragazze lo avevano già fatto a soli quattordici anni.
« Grace … » la voce di Georgia mi distrasse dai miei pensieri.
« Si? »
« Josh! »
« Josh cosa? » domandai confusa.
« Ti sta guardando! »
Girai la testa di scatto, gesto di cui mi pentii quasi subito, e mi accorsi che in effetti era vero, gli occhi di Josh erano puntati su di me, illuminati da uno sguardo curioso.
Probabilmente mi aveva riconosciuto come “la ragazza del negozio di dischi”. Cosa avrei dovuto fare? Salutarlo? Sorridergli?
Prima che potessi decidermi, lui si voltò verso Liam che si era appena lanciato in un racconto piuttosto appassionante a giudicare dal modo in cui gesticolava.
Che idiota che ero …
« Oh. Mio. Dio. » Georgia scandì parola per parola « capisci cosa significa? »
« A cosa ti riferisci esattamente? » di solito io e lei ci capivamo al volo ma certe volte invece sembrava parlare una lingua diversa dalla mia.
« Significa che adesso sa chi sei. O perlomeno che ti ha individuato. Quanto sei fortunata, chissà se tornerà al negozio »
Già, chissà … la prima e unica volta che l’avevo visto al Bohemian Records era venuto di pomeriggio ma negli ultimi giorni io avevo lavorato solo di mattina.
« Lo scoprirò oggi » mormorai.
« Mmmh … se lo vedi chiamami. Subito! »
« Certo Geo … »
Comunque sia, dubitavo che l’avrei rivisto da quelle parti.
 
Georgia mi riaccompagnò a casa facendomi quasi buttare giù dall’auto in corsa per quanto andava di fretta. Diceva che Pablo l’avrebbe chiamata a momenti, che era sempre molto impegnato, che ce la metteva tutta per trovare un po’ di tempo per lei, eccetera, eccetera …
Pablo. Mi faceva pensare al personaggio di una soap opera, di quelli sciupa femmine che finiscono sempre per spezzare il cuore a qualcuno.
Entrai in casa trovandola stranamente silenziosa. Oltrepassai la soglia del salotto gettando lo zaino sul divano, solo allora mi accorsi che mia madre sonnecchiava sulla poltrona, raggomitolata in una morbida coperta, con Dylan tra le braccia, anche lui profondamente addormentato.
« Non sono uno spettacolo? » disse una voce alle mie spalle facendomi sobbalzare.
« Damien! » esclamai « mi hai spaventato! »
Lui si mise un dito sulle labbra per intimarmi a fare silenzio e fece cenno di seguirlo verso la cucina.
« Non mi aspettavo di trovarti a casa a quest’ora »
« Sono tornato prima dall’ufficio » rispose lui azionando la macchinetta del caffè.
« Come mai? »
« Tua madre mi ha chiamato … era disperata! »
Mi sedetti al tavolo della cucina osservandolo mentre riempiva due tazzine di caffè fumante che poi servì su un vassoio.
« Grazie » mormorai avvicinando le labbra e soffiando sulla bevanda calda.
Damien era un bel uomo, non potevo biasimare mia madre per aver completamente perso la testa per lui.
Era alto e muscoloso, con i capelli lunghi e biondi e gli occhi azzurri. Il suo sguardo era sempre attento e curioso come quello di un ragazzino, si era fatto crescere un po’ di barba per sembrare più grande. Ma non aveva funzionato tanto bene. Dylan aveva preso tutto da lui.
Ero io quella che aveva ereditato tutte le caratteristiche della mamma: capelli castani tendenti al crespo, occhi chiari, pelle diafana e fin troppo delicata, lentiggini sul naso, bassa statura e gambette rachitiche.
In comune con mio padre invece avevo alcuni tratti del viso, come la forma del naso a punta e le labbra sottili.
« Allora, com’è andato il primo giorno di scuola? » mi chiese Damien.
« Bene. Anche se abbiamo dissezionato una rana a biologia, quello è stato davvero orribile! » risposi storcendo naso e bocca in una smorfia di disgusto.
« Di già? Pensavo che il primo giorno non si facesse nulla »
« I nostri professori sono assatanati »
« Quando andavo al liceo … » “cioè solo qualche anno fa” avrei voluto dire io « … io e la mia ragazza dell’epoca, un’animalista convinta, organizzammo una manifestazione fuori dalla scuola per protestare contro la dissezione degli animali »
Interessante. Mi immaginai Damien con i capelli ancora più lunghi vestito da hippy. Poi ricordai che nel periodo in cui andava di moda conciarsi così lui non era ancora nato. Ad ogni modo non avevo tempo di ascoltare i suoi aneddoti, dovevo fare i compiti e poi correre a lavoro.
« Adesso vado Damien » tagliai corto posando la mia tazzina vuota sul vassoio e scostando la sedia dal tavolo per alzarmi.
« Oh … certo … » sembrò deluso e mi sentii leggermente in colpa.
« Però mi piacerebbe se stasera a cena mi raccontassi ancora qualche storiella sui tempi in cui andavi al liceo »
Mi morsi la lingua un secondo dopo aver pronunciato tali parole. Lo sguardo di Damien però si illuminò all’istante.
« Mi farebbe molto piacere! » esclamò.
Sarebbe stata una lunga serata …
 
Arrivai a lavoro in perfetto orario. Come sempre.
Malcom non c’era ma, evento più unico che raro, sia Beth che Dean erano presenti.
E lei si era tinta i capelli di rosa!
« Che ne pensi del mio nuovo look? » mi chiese prima ancora che potessi riprendermi dallo shock.
Beth era alta e snella, con gli occhi verde scuro e i capelli biondo platino assolutamente naturali. Adesso sembrava un lecca-lecca umano.
« Stai … bene … » risposi titubante sforzandomi di sorridere.
Dean scoppiò a ridere mentre Beth sembrava compiaciuta. Evidentemente non aveva capito che avevo solo cercato di essere gentile oppure non gliene importava niente.
« Come mai tutti e due qui? » chiesi lasciando la borsa dietro il bancone e legandomi i capelli in una coda disordinata.
« Malcom ha la febbre » rispose Dean giocherellando con il piercing che aveva sul labbro inferiore « e in sua assenza vuole che tutti noi stiamo qui a svolgere tutti i lavori che a ogni modo lui non avrebbe fatto »
Dean assomigliava molto a Malcom come genere: alto e magrissimo, pieno di tatuaggi e i capelli sempre arruffati ma più scuri.
« Cosa stavate facendo prima che arrivassi? »
Dean e Beth si scambiarono un’occhiata allarmata.
« Niente in particolare » rispose lei « ma naturalmente stavamo per metterci a lavoro! » si affrettò ad aggiungere.
« Immagino » mormorai con espressione piuttosto scettica «allora facciamo che mentre io accolgo i clienti, tu Dean aggiorni l’inventario mentre tu Beth rimani in cassa. Va bene? »
« Sissignora! » esclamarono all’unisono mettendosi sull’attenti.
Alzai gli occhi al cielo. Ah, cosa dovevo fare con quei due?
Entrambi si misero subito a lavoro mentre io gironzolavo fra gli scaffali per controllare che fosse tutto in ordine, maniacale come sempre.
Entrarono due ragazzi che Dean conosceva, volevano acquistare un Cd dei Sex Pistols. Poi arrivò una donna sulla cinquantina con la smania di comprare l’album degli Smiths perché era durante un loro concerto che aveva conosciuto il marito dalla quale si stava separando.
Oh mio Dio, era la moglie del tizio dell’altra volta! Peccato che non ci fosse Malcom per condividere quell’emozione. Magari acquistando i nostri Cd si sarebbero riavvicinati. Sarebbe stato così romantico!
Per circa mezz’ora non venne più nessuno così mi misi a chiacchierare con Beth del più e del meno. Lei mi ricordò che si stava avvicinando il suo compleanno e che avrebbe organizzato la festa più sensazionale del secolo. Mentre mi descriveva per filo e per segno come sarebbe dovuto essere il suo vestito per l’evento, si bloccò di colpo sgranando gli occhi.
« Guarda chi sta entrando» sussurrò con fare concitato « Non è la fine del mondo? »
« Chi? » mi girai verso la porta e mi ritrovai davanti Josh Levonne in carne e ossa.
Eccolo. Dovevo stare calma. Perché mi batteva forte il cuore? Non aveva senso!
« Ciao, sei tornato! » esclamai con tono fin troppo entusiasta.
Ma cosa mi saltava in mente? Era un cliente come un altro!
« Già … in realtà sono tornato anche altre volte ma non ti ho più vista … » disse lui rivolgendomi il sorriso più bello del mondo.
Cioè, volevo dire … un comune e banalissimo sorriso.
« Ehi Josh! » Dean fece improvvisamente la sua comparsa « ho dei nuovi arrivi che potrebbero interessarti. Roba forte! »
« Arrivo! » John mi rivolse un cenno con il capo prima di seguire il mio collega in fondo al negozio.
« Ah si, Dean mi aveva parlato di lui » mi disse Beth a bassa voce allungandosi sul bancone per non perderli di vista « “berretto nero”, lo chiama così »
« Malcom non mi aveva detto che era tornato » dissi più a me stessa che a lei.
« Perché avrebbe dovuto farlo? » chiese aggrottando la fronte in un’espressione confusa. Prima che potessi risponderle, la sua bocca si allargò in un sorriso carico di malizia « capisco … è un tizio che ti piace? »
Arrossi all’istante.
« No! » esclamai « viene a scuola mia » spiegai poi riabbassando la voce « si chiama Josh Levonne. È figo … credo. Ma niente di più. Non mi piace. Non ho una cotta per lui, capito? Mettetevelo in testa tutti per una buona volta! »
« Okay, stai calma! » Beth alzò le mani in segno di resa « anche se data la tua reazione si direbbe che almeno un pochino ti interessa »
« Che cosa ridicola! » sbuffai alzando gli occhi al cielo.
« Se lo dici tu … »
Poco dopo, Dean ci raggiunse.
« Grace, scusa, puoi darmi una mano? Non riesco a trovare un album dei Nirvana »
« Quale album? »
« Non ricordo .. puoi andare tu ad aiutare Josh? »
Lo vidi scambiarsi una rapida occhiata con Beth che sorrise in modo impercettibile.
Lo stava facendo apposta? Probabilmente era tutta colpa di Malcom. Riusciva a fare danni anche quando non era presente.
« Va bene, vado io » dissi dopo aver rivolto a entrambi uno sguardo fulminante che sembrava dire “faremo i conti più tardi”.
Josh era di spalle davanti a uno scaffale quando la raggiunsi. Indossava i soliti pantaloni a sigaretta, un paio di Converse, una semplice t-shirt bianca e il suo immancabile berretto.
« Posso aiutarti? » chiesi gentilmente e in tono molto professionale.
Lui sorrise e indicò la vasta gamma di Cd che gli stavano davanti, quelli che iniziavano con la lettera “n”.
« Avete Nevermind dei Nirvana? »
Mi tremarono le gambe che sembravano essere diventate molli come gelatina. Perché non la smetteva di sorridere in quel modo?
« Come scusa? » chiesi sbattendo le palpebre.
Lui pazientemente ripeté la sua domanda. Mi sentii così stupida!
« Non lo so, possiamo controllare in archivio »
Avevo quel Cd a casa. E anche Malcom. Ci eravamo presi quelli che erano stati consegnati in negozio e se non ricordavo male ne avevamo vendute altre cinque copie. Era parecchio famoso non potevamo non averlo.
Aprii la porta dell’archivio consapevole che Josh era proprio dietro di me. Nella stanzetta piccola e buia, in cui l’odore di muffa e polvere era così forte da farmi pizzicare la punta del naso, c’erano diversi scatoloni.
Mi piegai con le ginocchia a terra e cominciai a rovistare in uno di essi.
« Vuoi una mano? »
Prima che potessi rispondere, Josh era già accanto a me. Le nostre mani si sfiorarono più volte mentre entrambi frugavamo in mezzo ai tanti Cd.
« Eccolo » dissi con un filo di voce quando finalmente mi ritrovai tra le mani una copia di Nevermind.
Iron Maiden, Nirvana …  erano stili diversi. Di solito a seconda dei gusti musicali riuscivo subito a capire come fosse fatta una persona. Josh invece era ancora un mistero.
« Grazie » prese il disco in mano. Era un po’ polveroso ma non ci fece caso                             « comunque io sono Josh » si presentò porgendomi la mano libera.
« E io Grace » risposi ricambiando la stretta.
Ci alzammo in piedi e uscimmo dall’archivio, lui rilassato come sempre, io con le guancie in fiamme. Per fortuna che Beth e Dean erano troppo lontani per vedermi in quelle condizioni.
« Ti ho vista a scuola oggi » disse Josh « in effetti avevi un’aria familiare ma quando sono venuto qui la prima volta non avrei saputo dire dove ti avessi già vista »
« Si, la stessa cosa vale per me »
Una bugiarda nata, ecco cos’ero!
« E così sei amica di Georgia Sullivan » continuò lui poggiandosi con la schiena contro il muro.
Adesso era tutto chiaro: mi stava usando per arrivare a Georgia. Era naturale che fosse interessato più a lei che a me.
« La conosci? »
« Stava con il mio amico Alex, tutto qui »
Mi sentii estremamente sollevata per motivi a me ignoti.
« Ah, è vero »
« Non dovrei dirtelo » si chinò verso di me con fare confidenziale « ma credo che Alex sia ancora interessato a lei »
Il suo profumo era talmente buono, così virile, che mi venne voglia di strappargli di dosso quella maglietta inutile.
“Grace ti è andato di volta il cervello?” pensai.
« Davvero? » riuscii a domandare dopo essere rimasta imbambolata come uno stoccafisso per qualche secondo.
Josh annuì.
« Qualche volta dovremmo pranzare insieme a mensa » disse poi « così, mentre loro due si riavvicinano, io e te magari possiamo parlare un po’ di musica »
« Si, perché no? »
Non stava accadendo veramente, era quasi una situazione surreale. Mi sentii leggera come una piuma, la testa girava ma in un modo piacevole.
Accompagnai Josh alla cassa, lui pagò e io diligentemente infilai l’acquisto nella busta consegnandoli il resto e lo scontrino. Beth e Dean sembravano essersi volatilizzati.
« Allora ci vediamo a scuola Grace! » mi salutò facendomi l’occhiolino.
Per poco non svenni.
« Si … ciao … Josh …  » balbettai.
Lui uscì dal negozio ma non prima di avermi rivolto un altro dei suoi sorrisi meravigliosi. Non poteva proprio farne a meno, eh?
« Sai » Beth apparve così all’improvviso da farmi urlare per lo spavento, Dean accanto a lei « dovresti invitarlo alla mia festa di venerdì sera »
Scossi la testa vigorosamente, più per ridestarmi dal mio stato di incantamento che per altro.
« Ci siamo ufficialmente presentati solo oggi Beth » le feci notare « è un po’ presto per invitarlo a una festa »
Dean si fece avanti, poggiò i gomiti sul bancone e il meno sulle mani strette a pugno. Mi rivolse uno sguardo interrogativo, l’angolo della bocca piegato all’insù.
« Ma ti piace o no? » chiese.
« Per l’ultima volta … » presi fiato per urlare un bel “no” ma mi bloccai.
E se in realtà mi fossi presa una minuscola, microscopica e assolutamente insignificante cotta per Josh?

Salve a tutti!
Per chi non mi conoscesse, sono Sam, appena tornata dopo una lunga pausa da EFP.

Questa è la prima storia originale che pubblico qui, prima ero più orientata verso il settore Fan Fiction ma le cose non sono andate sempre bene, la smania di aggiornare nuovi capitoli mi portava a scrivere cose davvero orrende. Questa volta voglio fare le cose per bene. Ho deciso di pubblicare il secondo capitolo a distanza ravvicinata dal primo per darvi un'idea più precisa della trama (che fino a poco tempo fa era piuttosto confusa anche per me). Noh ho molto altro da dire a parte che spero che vi piaccia almeno un po'e che mi facciate sapere cosa ne pensate.
Di solito mi piace dare un volto ai miei personaggi ma naturalmente voi siete liberi di immaginarveli come volete. Sotto vi lascio alcune foto che nell'ordine ritraggono : GRACE ELLIS (Kaya Scodelario), JOSH LEVONNE (tizio sconosciuto LOL), GEORGIA SULLIVAN (Sky Ferreira), MALCOM KLEIN (altro tizio sconosciuto), BETH FREEMAN (Charlotte Free), DEAN HOLLYDAY (Oli Sykes). Mancano le foto di KATY DIAZ (Holland Roden) e ALEX MOORE (Diego Boneta) ma, come diciamo noi a Roma, shalla per adesso non sono così importanti.
Detto questo, vi saluto, a prestissimo!
Sam

 

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Capitolo 3
*** Invite him! ***


CAPITOLO 3 – Invite him!
 
Il terzo giorno di scuola mia madre si offrì di accompagnarmi a scuola in macchina. Doveva lasciare Dylan al nido e quindi era di strada. Mi sembrava strano che mi avesse dato un passaggio solo per cortesia …
Sedevo davanti accanto a lei, pessima guidatrice quasi quanto Georgia, mentre Dylan si dimenava sul seggiolino, il suo strillo acuto che rischiava di perforarmi un timpano.
« Non posso crederci, il mio piccolino già va a scuola! » esclamò mia madre alzando la voce per superare il frastuono.
« Mamma, non credo che il l’asilo nido si possa considerare una scuola » le feci notare.
« Lo so, ma insomma, capisci cosa intendo, crescete così in fretta! » scosse la testa, poi allungò una mano per darmi una carezza ma per poco non mi cavò un occhio con una delle sue lunghe unghie laccate di rosso «ops, scusa tesoro! Quello che  voglio dire è … guardati! Sei una donna ormai »
« Ho solo sedici anni ma’ »
« Già, l’età peggiore. Per fortuna tu sei un’adolescente tranquilla. Non bevi, non fumi, non vai mai neanche alle feste »
Senza volerlo, mia madre aveva appena introdotto l’argomento che mi premeva da qualche giorno. Le rivolsi un sorriso innocente con tanto di occhi dolci preparandomi a una serie di spergiuri e suppliche.
« A proposito di feste … hai presente Beth? »
Mia madre inchiodò all’improvviso davanti a un semaforo  e se non fosse stato per le cinture di sicurezza ci saremmo entrambe schiantate contro il parabrezza. Dylan, accuratamente legato, smise di urlare come sotto shock. Almeno una cosa positiva.
« Accidenti, non mi ero proprio accorta che fosse rosso! »
Avevo la nausea. Giurai a me stessa che quella sarebbe stata l’ultima volta che accettavo un passaggio da mia madre.
« Comunque, mi stavi dicendo di Beth. È quella ragazza che lavora con te, giusto? »
Il semaforo divenne di nuovo verde e io dovetti aggrapparmi ai lati del sedile quando mia madre ripartì a tutta velocità. Quella donna era davvero un pericolo pubblico.
« Si, lavora con me. Venerdì sera è il suo compleanno e darà una festa, una cosa tranquilla a casa sua, solo per pochi intimi » evitai di dirle che con “tranquilla” in realtà intendevo selvaggia e con “pochi intimi” almeno una cinquantina di persone, probabilmente anche di più « ci posso andare? »
« Per me va bene » rispose lei stringendosi nelle spalle senza smettere di guardare la strada.
Era stato fin troppo facile convincerla, doveva esserci qualcosa sotto …
« Però in realtà non dovresti chiederlo a me » ecco la fregatura « Io e Damien portiamo Dylan a trovare i nonni a Cardiff, ho pensato che a te non andasse di venire e Paul si è offerto di tenerti per tutto il week end a partire da venerdì sera »
Paul era mio padre, uno strambo musicista che a quasi cinquant’anni andava ancora nei pub il sabato sera e di tanto in tanto, anche se cercava inutilmente di tenermelo nascosto, si faceva le canne come al liceo.
Quindi ero abbastanza sicura che mi dicesse di si.
« Perfetto, allora chiederò a lui! » esclamai tutta pimpante.
Mia madre si morse il labbro inferiore in preda al rimorso. Doveva esserle sfuggito di mente che non poteva contare su mio padre quando si trattava di proibirmi qualcosa. Voleva fare la figura della madre permissiva lasciando a lui quella del genitore severo ma aveva fallito miseramente.
« Bene … allora divertiti tesoro! »
Il suo era un sorriso tirato, il mio assolutamente trionfante!
               
« O ci invitano oggi o mai più » strillò Georgia uscendo dal bagno delle ragazze come una furia e dirigendosi verso la sala mensa.
« Geo, aspettami! » le urlai dietro.
Naturalmente il secondo giorno di scuola, ovvero quello dopo il mio ultimo incontro ravvicinato con Josh, avevo informato subito la mia migliore amica riguardo tutto quello che ci eravamo detti, compreso il fatto che Alex provasse ancora qualcosa per lei. Mi ero sentita vagamente in colpa per aver spifferato il segreto ma era stato più forte di me, Georgia era l’unica persona con cui riuscissi a confidarmi liberamente.
Fatto sta che né Josh né Alex si erano fatti avanti per invitarci a sedere al tavolo insieme a loro. Georgia insisteva affinché fossimo noi a fare il primo passo ma ero riuscita a convincerla ad aspettare almeno un altro giorno. Risultato: stava letteralmente impazzendo.
« Scusami tanto Geo » le dissi quando finalmente riuscii ad affiancarla lungo il corridoio « ma se hai il tuo adorato Pablo, perché ci tieni tanto a pranzare in compagnia di Alex? »
Georgia si bloccò di punto in bianco. Si voltò verso di me poggiandomi le mani su entrambe le spalle (mi superava in altezza solo di qualche centimetro) e mi guardò dritto negli occhi.
« Grace. Innocente, piccola e ingenua Grace » parlò molto lentamente come se avesse a che fare con una completa idiota « non capisci che lo sto facendo per te? »
« Per me? » ripetei confusa.
« Ma certo! » esclamò come se fosse la cosa più ovvia del mondo « per te e Josh. Io mi sto sacrificando a passare un po’ di tempo con il mio ex per permetterti di approfondire la conoscenza del ragazzo per cui hai una cotta. E non osare negare che sia così! » mi ammonì quando feci per ribattere.
« Guarda che io … » lei mi fulminò con lo sguardo « okay, non dirò nulla! »
« Bene. Adesso noi entriamo in quella benedetta sala mensa e ci facciamo notare. Vedrai che ci inviteranno »
« Cosa intendi con “farsi notare”? » chiesi cominciando a preoccuparmi.
Georgia mi rivolse un sorriso che non prometteva nulla di buono.
« Lo vedrai. Ora seguimi e fai come me »
Tirò fuori dalla tasca dei jeans un minuscolo lucidalabbra rosa, se ne applicò un po’ sulle labbra e poi lo mise sulle mie. Era appiccicoso e dall’odore dolciastro.
« Puah! Sai che odio questa roba! »
« Zitta e non ti lamentare! » mi riprese dandomi uno schiaffetto sulla mano quando tentai di levarmi quella robaccia dalla bocca « non deve piacere a te ma a loro »
Georgia si sistemò i lunghi capelli biondi sulle spalle, poi con una camminata sensuale si introdusse nella sala mensa. Io la seguii poco dopo.
Mi aveva detto di fare come lei, quindi in teoria avrei dovuto sculettare un po’, tirare il petto in fuori e guardarmi intorno come se quel posto mi appartenesse.
Un gioco da ragazzi … o forse no?
Continuammo la sceneggiata anche mentre eravamo in fila per il pranzo. Mi sentivo ridicola a camminare in quel modo, ma in una cosa Georgia aveva ragione: Josh e Alex ci notarono e sbracciandosi ci fecero segno di raggiungere il loro tavolo.
C’era anche Liam ma quando capì di essere di troppo si dileguò raggiungendo il tavolo dove erano sedute Katy Diaz e le sue amichette/tirapiedi. Non pensavo che un tipo tanto simile a Josh potesse frequentare ragazze del genere.
« Ciao ragazzi! » trillò Georgia con fare civettuolo.
Si sedette al tavolo e dovette trascinarmi giù con lei dato che io ero rimasta lì impalata.
« Diventi sempre più bella » si complimentò Alex.
Incredibile. Non si salutavano né tantomeno parlavano da più di un anno e adesso lui già ci provava, o meglio riprovava, spudoratamente.
Per un attimo il mio sguardo incontrò quello di Josh che mi osservava con la sua solita espressione curiosa. Sperai che non si fosse accorto che ero arrossita.
« Sono fidanzata » disse subito Georgia per mettere in chiaro le cose « ma grazie mille per il complimento Alex »
Il ragazzo parve sorpreso ma non deluso. Sicuramente non era il tipo da farsi scoraggiare così facilmente solo perché una ragazza era già impegnata.
« Ah si? E chi sarebbe il fortunato? »
No. Nooo! Non avrebbe dovuto farlo, quando Georgia cominciava a parlare di Pablo andava fuori di testa ed era capace di soffermarsi per ore a descrivere ogni singola sfumatura dei suoi occhi, o l’odore del suo dopobarba.
Alex l’ascoltava fingendosi interessato e per un po’ anche io stetti lì a sorbirmi la solita tiritera, almeno fino a quando non sentii un piccolo colpo sul piede da sotto il tavolo: Josh stava tentando di attirare la mia attenzione.
« Fa sempre così quando le piace qualcuno? » chiese divertito.
« Purtroppo si » confermai sospirando « tutte le sante volte! »
Intanto mi chiesi se anche io mi sarei comportata così quando mi sarebbe piaciuto veramente qualcuno ma sapevo che su alcune cose io e Georgia eravamo molto diverse. Io riservata, lei sempre ansiosa di raccontare a tutti le sue vicende.
« Dimmi » non so dove trovai il coraggio di parlare per prima « ti stai godendo i tuoi dischi nuovi? »
« Puoi dirlo forte! Nevermind è una bomba. Non so se lo conosci … » sembrava che mi stesse mettendo alla prova ma in quel campo non potevo di certo deludere le sue aspettative.
« Scherzi? L’ho ascoltato e riascoltato talmente tante volte che il mio stereo ha cominciato a ribellarsi. E neanche i miei vicini di casa erano troppo contenti … »
Josh scoppiò a ridere, forse pensando che stessi scherzando. E invece no, la signora Morgan della villetta accanto era venuta più volte a lamentarsi di tutto quel “rumore demoniaco”, sue testuali parole.
« Hai altro da consigliarmi? Qualche nuovo arrivo? »
« Non apprezzo più di tanto gli ultimi fenomeni musicali. Tra gli evergreen al negozio abbiamo un Cd dei Guns N’ Roses che potrebbe piacerti »
« Quale? Li ho tutti! » Josh sorrise dondolandosi sulla sedia e incrociando le dita dietro la nuca « ritenta … »
« Mmh … bèh, a giudicare dai tuoi acquisti e dai settori che ti vedo consultare, mi sembra di aver capito che non hai un genere preferito in particolare. Heavy Metal, Grunge, Alternative, Punk Rock … anche io sono così, diciamo indefinita »
« Hai ragione. Vedo che te ne intendi di musica » Josh sembrava impressionato.
« Bèh si, è la mia passione. E il mio lavoro. Senza contare che mio padre è una batterista.
Josh fischiò in segno di approvazione. Giocavo spesso la carta del padre musicista per fare colpo, la batteria in particolare poi aveva il suo fascino.
« Che forza! Suona in una band? »
« Si ma ha collaborato anche con grandi artisti. È molto bravo … nel suo lavoro …»
Non dissi che invece come genitore lasciava un po’ a desiderare anche se la tentazione era molto forte.
« E tu invece? » Josh si sporse leggermente in avanti sul tavolo e senza farsi vedere rubò una manciata di patatine fritte dal piatto di Alex, troppo preso dalla bionda accanto a lui per accorgersene.
Mi fece cenno di fare silenzio sull’accaduto e ci scambiammo un sorriso complice.
« Io no, non suono nessuno strumento » risposi poi sgranocchiando distrattamente l’insalata che avevo nel piatto.
« Avrai pure qualche hobby »
Ci pensai su. Oltre alla musica mi piaceva … okay, doveva esserci per forza qualcos’altro. Da piccola avevo fatto danza classica ma mi annoiava parecchio. Avevo provato con l’hip pop ma presto mi ero stufata anche di quello. Per un periodo avevo frequentato un corso di karate. Ma no, nessun hobby in particolare.
« Non saprei » mormorai stringendomi nelle spalle « perché il tuo hobby qual è? »
L’angolo della bocca di Josh si piegò in un sorriso compiaciuto, con la mano mi fece cenno di aspettare e si piegò sotto al tavolo per poi riemergere stringendo tra le mani un vecchio skateboard scuro coperto di graffiti, probabilmente disegnati con  pennarelli indelebili dalle tinte accese.
Sapevo che quello era il mezzo di trasporto per eccellenza di Josh e i suoi amici ma non ero mai arrivata a considerarlo un hobby.
« Io, Alex e Liam ci alleniamo al parco tutti i giorni » mi spiegò.
« Fico. Io non ho mai provato ma mi piacerebbe tantissimo imparare» cosa che non era assolutamente vera ma all’improvviso sentivo di aver trovato il mio nuovo hobby.
Osservavo quello skateboard con aria incantata, come se fosse l’oggetto più strabiliante che mi fosse mai apparso davanti agli occhi. Forse tanta ammirazione derivava dal fatto che appartenesse a Josh. Forse.
« Allora un giorno dovresti venire anche tu, magari domani. Ci possiamo andare insieme »
A sentir pronunciare quelle parole, perfino Georgia smise di parlare voltandosi a guardarci con la bocca aperta dallo stupore. Io ero sorpresa quanto lei.
Sbaglio o quella proposta suonava vagamente come un appuntamento?
«M-mi farebbe p-piacere » balbettai inebetita dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio. Poi realizzai « cavolo, dimenticavo che devo andare a lavoro!»
« Si ma il tuo turno inizia alle cinque, no? » intervenne Georgia « potreste uscire insieme direttamente dopo scuola »
Uscire insieme. Quelle parole mi fecero girare la testa.
Josh nel frattempo mi osservava in attesa di una risposta.
Tra la scuola, l’uscita e il lavoro non avrei trovato il tempo di studiare dato che staccavo alle otto di sera. E allora addio college prestigioso.
Ma dopotutto,  quando mi sarebbe ricapitata un’esperienza del genere?
« Si, perché no? »
 
Non avrei dovuto accettare.
Mercoledì pomeriggio mi ritrovai nel panico più totale.
Georgia, sdraiata sul mio letto intenta a sfogliare una rivista di moda, non era tanto in vena di darmi consigli d’amica. Pablo non la chiamava da due giorni e la cosa l’aveva ridotta a un fascio di nervi.
« Geo » la richiamai facendole alzare appena lo sguardo « potresti uscire dal tuo stato catatonico solo per un momento e consigliarmi qualcosa da mettere? »
« Per quale occasione? » domandò completamente spaesata.
« Per il mio appunta … cioè, volevo dire, per la mia uscita con Josh, ricordi? Domani, dopo scuola … »
« Ah si, certo! » si diede una manata sulla fronte « hai già deciso cosa metterti? »
Sospirai rassegnata. Oramai l’avevo persa.
« Ho capito, indosserò un semplice paio di jeans e una maglietta. In fondo andiamo a una pista da skateboard, serve un abbigliamento sportivo »
« Perché non metti quella maglietta blu un po’ scollata che ti ho regalato a Natale? Quel colore ti sta così bene! »
« Hai ragione, potrei mettermi quella. Ben tornata tra noi Georgia Sullivan! »
« Eh? Cosa intendi dire? »
« Lascia perdere … »
Mi sdraiai sul letto accanto a lei poggiando la testa sulla sua spalla.
Odiavo vederla turbata. A volte mi sentivo incapace di proteggerla da tutti i mali del mondo. Sembrava una ragazza forte ma purtroppo sapeva essere terribilmente ingenua. Non volevo che soffrisse ancora e per giunta a causa di uno stupido Pablo qualunque!
« Avanti Geo, metti via questa roba! » sbuffai tentando di sottrarle dalle mani una rivista dalla copertina patinata.
« No, aspetta! Fammi almeno finire di leggere quest’ultimo articolo sui jeans a zampa di elefante. Riesci a credere che stanno tornando di moda? »
« Ma davvero? » commentai ironica « meno male che me lo hai detto, devo subito procurarmene un paio altrimenti verrò etichettata come la sfigata malvestita che non porta pantaloni a zampa di elefante! »
Lei mi rivolse un’occhiataccia.
Anche se la prendevo spesso in giro, sapevo che la moda era davvero la sua passione e che le sarebbe piaciuto intraprendere una carriera in quel settore.
Georgia sognava di diplomarsi e andare a vivere in un appartamento in centro per poter frequentare la Central Saint Martins, un istituto prestigiosissimo dove avevano studiato stilisti famosi del calibro di Alexander McQueen.
Sapevo tutto su quella scuola dal momento che Georgia non parlava d’altro quando era single e non c’erano ragazzi a distrarla dal suo obbiettivo.
La invidiavo perché aveva le idee chiare mentre per me il futuro continuava a essere un enorme incognita.
« Sai cosa dovremmo fare? » mi disse richiudendo la rivista per poi infilarla nella sua enorme borsa di pelle (sintetica naturalmente, altrimenti Pablo chi lo sentiva! ).
« Cosa? »
« Spiare Josh … su facebook! »
« Ma dai Geo, mica siamo due ragazzine delle medie! »
Circa due minuti dopo, eravamo entrambe incollate allo schermo del mio computer davanti al profilo personale di Josh Levonne. Mi sentivo così stupida eppure la curiosità era tanta.
« Avevi mai notato questo tatuaggio? » domandò Georgia sorpresa aprendo una foto che ritraeva Josh in costume da bagno.
In effetti, sul suo addome spiccava uno strano disegno la cui forma ricordava vagamente quella di un guscio di chiocciola leggermente seghettato lungo i bordi.
« Che accidenti è quel … coso? »
« Sei davvero così ignorante Grace? »
Georgia mi guardò indignata come se gli avessi appena chiesto la differenza tra un paio di Louboutin e delle infradito di gomma.
« Ovviamente si tratta di un tatuaggio koru! » mi spiegò « è un simbolo Maori, simboleggia la rinascita e la ricerca di una nuova armonia »
« Come mai sei tanto informata? No, aspetta, lasciami indovinare! » la interruppi quando fece per aprir bocca « scommetto che Pablo è esperto mondiale di tatuaggi riconosciuto a livello internazionale » ironizzai.
« Ma quanto sei simpatica tesoro mio » ribatté lei a tono « e comunque, se proprio ti interessa saperlo, il mio ragazzo » e qui ci tenne a enfatizzare il termine « ha lavorato per molto tempo in un negozio di tatuaggi perché ha davvero un grande talento. Tra l’altro, se non fosse stato per quei due rompiscatole dei miei genitori, mi sarei fatta tatuare il simbolo dell’infinito con le nostre due iniziali, proprio qui, sulla scapola » aggiunse infine tirando giù la manica della t-shirt.
« Ti prego, che banalità! »
« La tua è solo invidia … » sibilò a denti stretti.
« Si, certo, come dici tu Geo » l’assecondai dandole qualche colpetto affettuoso sulla nuca « adesso continuiamo a ficcanasa … ehm, a dare un’occhiata al profilo di Josh ».
Il numero di ragazze che gli lasciavano messaggi in bacheca era davvero impressionante ma lui non rispondeva quasi mai e nella maggior parte dei casi non metteva neanche “mi piace”.
Forse era un po’ come me: odiavo Facebook, era solo un ulteriore modo per ricordarmi quanto fossi poco popolare.
« Certo che ha proprio tante amiche femmine » osservò Georgia.
« Già »
« Ma ehi, non ti preoccupare! » si affrettò ad aggiungere chiudendo la pagina Facebook « non vuol dire niente. Sei tu l’unica ragazza che vuole vedere domani »
« Già » ripetei.
Ma non ne ero poi tanto sicura.
 
Il giorno dopo a scuola mi presentai vestita di tutto punto, pronta per il mio quasi appuntamento con Josh.
In fondo non avevo nulla di cui preoccuparmi, saremmo andati al parco dove si allenavano gli skater e solo come amici. Strano pensare che fossimo più che semplici conoscenti dato che in tutto avevamo parlato si e no tre volte. Ma questi erano solo futili dettagli.
Mi ero alzata prima del solito per farmi una bella doccia, asciugare i capelli per poi decidere di legarli in una semplice coda, tanto per dimostrare che non stavo prendendo la cosa troppo seriamente.
Di solito non mi truccavo mai ma quella mattina decisi di fare un’eccezione applicando giusto un po’ di rimmel sulle sopracciglia e un delicato, impercettibile, quasi del tutto invisibile strato di rossetto sulle labbra.
Jeans a sigarette, maglietta scollata ma non troppo e Vans dello stesso colore. Non erano forse quelle le scarpe preferite dagli skater?
Si, poteva andare.
« Che splendore, sembri … Liv Tyler! » esclamò Georgia quando mi vide arrivare.
« Si certo, come no » borbottai io in risposta.
Naturalmente sapevo che stava esagerando ma dandole le spalle non potei fare a meno di reprimere un sorrisetto compiaciuto. Ed ero stranamente emozionata.
Cavolo, allora avevo davvero una cotta per Josh, com’era potuto succedere?
Mentre io a stento trattenevo la mia euforia, quel giorno Georgia sembrava alquanto giù di corda, cosa abbastanza insolita per lei.
« Pablo continua a non farsi sentire » mi raccontò mentre ci avviavamo verso l’aula di trigonometria, la mia materia preferita (e vorrei sottolineare la profonda ironia celata in quest’ultima affermazione).
« Sarà impegnato con gli studi » ipotizzai per tirarla su di morale.
« Ma no! Lavora come istruttore di pilates e solo due volte a settimana … » sembrò essersi appena ricordata di quel particolare, quindi si sentì ancora peggio.
« Coraggio Geo » le dissi allora avvolgendole le spalle con un braccio, gesto che riuscii a compiere solo alzandomi in punta di piedi « vedrai che avrà una buona ragione per essere sparito e che ti chiamerà al più presto »
Non ci credevo tanto nemmeno io ma in qualche modo dovevo pur consolarla.
« Wow Grace, oggi sembri così diversa » Georgia smise di fare il broncio e mi sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga « c’entra qualcosa il tuo appuntamento con Josh? »
« Non è un appuntamento » ci tenni a precisare « e comunque no, non dipende da quello, semplicemente oggi è una bella giornata … » cominciai a elencare.
« Ma se c’è perfino la nebbia! »
« … ho dormito bene … »
« Scommetto che non sei riuscita a chiudere occhio »
« … e a parte trigonometria oggi non abbiamo lezioni molto pesanti » conclusi.
« Senza contare che poi uscirai con Josh! » aggiunse lei dandomi una leggera gomitata tra le costole.
« Oh, quello non centra niente! » mentii incrociando le dita dietro la schiena.
Anche volendo, Georgia non avrebbe potuto controbattere perché entrando in classe trovammo la professoressa ad aspettarci e ciò segnò l’inizio di un susseguirsi di lezioni terribilmente noiose. Solo l’ultima ora, inglese, fu vagamente interessante.
Parlammo di Oscar Wilde e dell’estremo gesto compiuto dal protagonista de Il Ritratto di Dorian Gray,  pur di ottenere l’eterna giovinezza.
Ma perché voler essere giovani per sempre? Insomma, io avevo sedici anni e desideravo di addormentarmi un giorno e risvegliarmi trentenne, saltando il liceo, l’università e problemi vari. A dirla tutta, trovavo che l’adolescenza fosse un vero schifo … “I’m just a kid and life is a nightmare” diceva una canzone dei Simple Plan, e io non potevo essere più d’accordo.
Decisi comunque che quel giorno avrei messo da parte il mio pessimismo cosmico per godermi a pieno il mio non-appuntamento con Josh. Non volevo di certo fare la figura della musona, sapevo essere perfino allegra qualche volta!
All’uscita, quando lo salutare Liam e Alex, misi su un gran sorriso pregando che dopo pranzo non mi fosse rimasto un residuo di insalata tra i denti.
« Buona fortuna bellezza » mi sussurrò Georgia all’orecchio.
« Grazie mille splendore, ti chiamo dopo »
Mentre la mia migliore amica si dileguava in direzione del parcheggio, io attraversai il cortile fino a raggiungere Josh. Una volta davanti a lui, persi tutto quel briciolo di sicurezza che avevo acquistato.
« Ciao Grace »
Si avvicinò per salutarmi con un bacio. A stento frenai l’istinto di toccarmi la guancia lì dove le sue labbra mi avevano sfiorato.
« Stai andando a casa? »
A quelle parole sbiancai e mi sentii sgonfiare come un palloncino.
Non si ricordava che ci eravamo messi d’accordo per andare insieme alla pista da skateboard? Dio, che imbarazzo! Ero una stupida illusa, ovviamente non diceva sul serio, lui era troppo figo per una come me e …
« Ehi stavo scherzando, non fare quella faccia! » mi rassicurò interrompendo il filo dei miei pensieri dai tratti apocalittici « non mi sono dimenticato del nostro appuntamento »
Fui pervasa da un forte senso di sollievo. E poi l’aveva definito appuntamento!
« Coraggio, andiamo! »
Mi avvolse un braccio intorno alle spalle (aaaaah!) e ci avviammo verso la fermata dell’autobus.
Io continuavo a non aprire bocca e mi sentivo una perfetta stupida, avevo paura di cominciare a sudare e di non avere un odore abbastanza buono.
Ma Josh era lì, tranquillo e sorridente come sempre, e ogni volta che lo guardavo, ogni volta che anche solo per un attimo i suoi occhi color nocciola incontravano i miei, mi sentivo improvvisamente leggerissima, come se fossi in grado di camminare sulle nuvole. E quello strano formicolio alla pancia? Ecco cosa voleva dire l’espressione “sentire la farfalle nello stomaco”, finalmente lo capivo!
Scendemmo dopo un paio di fermate, davanti a quello che fino ad allora avevo sempre considerato come un parco giochi per bambini.
Adesso io e Josh camminavamo fianco a fianco lungo un viale alberato ma senza neanche sfiorarci. Io guardavo a terra ostinandomi a fissare la suola infangata delle mie Vans, mentre lui si guardava intorno con uno sguardo curioso da bambino e il suo adorato skateboard sotto braccio.
E poi all’improvviso eccola: non avevo idea che a Harrow ci fosse una pista da skateboard  e per giunta così grande.
Oltre a noi c’erano anche altri ragazzi. Alcuni di loro si limitavano a fare slalom tra i birilli, cosa che personalmente non sarei mai riuscita a fare, ma altri compivano acrobazie straordinarie sulle proprie tavole. Mentre li osservavo, Josh si pose dietro di me sfilandomi lo zaino dalle spalle per poi lasciarlo ai piedi di un albero accanto al suo, nero e pieno di scritte. Poi mi prese per mano e mi condusse più vicino alla pista. Cominciò a spiegarmi qualcosa di molto basilare sullo skateboarding ma io non riuscivo a seguirlo: ero rimasta incantata a osservare le mie dita intrecciate con le sue. Aveva una mano calda e morbida.
“Che schifo Grace ma cosa ti sta succedendo?” disse una vocina nella mia testa “è possibile innamorarsi così velocemente?”
La magia finì presto quando Josh mi lasciò sul bordo della pista dicendomi che mi avrebbe mostrato qualche mossa. Rimasi lì con la mano ancora tesa che conservava il calore della sua.
Josh mise il piede destro sulla tavola mentre con l’altra si diede la spinta per partire. Sfrecciò verso una rampa e per un istante lo vidi volteggiare in aria con lo skateboard che roteava sotto ai suoi piedi, poi atterrò senza il minimo sbandamento continuando la sua corsa, fece una curva, e infine si fermò al punto di partenza, proprio davanti a me. Mi fece l’occhiolino e per poco non svenni.
« Vuoi provare? »
All’inizio pensai che stesse scherzando ma quando capii che non era così scoppiai in una risatina nervosa.
« Non credo proprio di esserne capace »
« Tranquilla, naturalmente non ti chiedo di eseguire né un trick né un kickflip » ma in che lingua parlava? « e poi ci sono io qui … che può succederti? »
Okay, mi aveva decisamente convinta. Non ebbe bisogno di pregarmi ancora. Lo raggiunsi camminando spedita e diretta  come un automa.
Josh mi fece posizionare un piede sulla tavola mentre l’altro rimaneva a terra. Le sue mani si posarono sui miei fianchi per un attimo, giusto per mettermi bene in equilibrio. Peccato che quel gesto mi provocò un capogiro che per poco non mi fece cadere a terra. Ero una pessima alunna …
Nel frattempo, molti dei ragazzi in pista si erano fermati a osservarci curiosi.
Mi sembrò di tornare indietro nel tempo quando mio padre mi aveva insegnato ad andare in bici senza rotelle. Quella volta però, accanto a me c’era uno splendido ragazzo capace di farmi battere forte il cuore con ogni suo minimo gesto.
Il tempo passò velocemente. Non ero riuscita a imparare un granché ed ero caduta talmente tante volte da fare rifornimento di umiliazioni per un anno intero. Però mi ero anche divertita e stavo imparando a conoscere Josh. Più o meno …
Sapevo che avevamo gusti musicali simili, che era uno skater formidabile, che nel pomeriggio dedicava poco tempo allo studio, che era in grado di mangiare porzioni spropositate di patatine fritte mantenendo sempre un fisico da urlo e che gli piacevano i graffiti. Ah! E che aveva un tatuaggio … come si chiamava? Koku, Moru, Lotu … insomma, qualcosa del genere.
« Che ne dici se ci prendiamo una pausa? » propose quando mi ritrovai col sedere a terra per l’ennesima volta.
« Oh si! »
“Le mie chiappe te ne saranno debitrici” pensai.
Josh scoppiò a ridere. Oh no, l’avevo detto ad alta voce!
Era evidente che davanti a lui non riuscissi più a controllarmi, ero come una bomba a mano pronta a scoppiare da un momento all’altro.
Ci sedemmo su una collinetta d’erba verde e rigogliosa. La nebbia si era dissolta e un bel sole faceva capolino tra le nuvole. Sembrava ancora estate.
« Allora, come ti è sembrata la tua prima esperienza da skater? » mi domandò lui sdraiandosi supino.
« Questo dovresti dirmelo tu. Sono stata pessima, vero? »
« No, no! » sembrava lo stesse dicendo solo per gentilezza « forse però la prossima volta è meglio se ti porti delle ginocchiere. E un casco »
Okay, quello voleva decisamente dire che ero stata pessima. Ma non importava perché aveva detto la prossima volta.
Mentre lui guardava il cielo io lo osservavo con la coda dell’occhio. Notai che il bordo della sua t-shirt si era leggermente alzato rivelando il tatuaggio di cui avevo scoperto l’esistenza solo il giorno prima.
« Oh, ma quello è un tatuaggio koru! » esclamai fingendomi esperta e sperando ardentemente di aver azzeccato nome.
Josh alzò leggermente la testa per osservarsi l’addome.
« Ah, si chiama così? In realtà non lo so perché me lo sono fatto fare una sera che ero totalmente ubriaco » mi raccontò sorridendo al ricordo « però sembra interessante, sei un’esperta in materia? »
« Ehm … si! »
« Forte, allora saprò a chi chiedere consiglio se mai vorrò farmi un tatuaggio che abbia un qualche significato »
Non gli conveniva. Se si fosse affidato a me probabilmente lo avrei convinto a tatuarsi le nostre iniziali dentro a un cuore alato trafitto da una freccia.
Quando alzai di nuovo lo sguardo verso di lui, notai che mi stavo osservando intensamente e nel giro di pochi secondi mi sentii le guancie in fiamme.
« Sai Grace, ancora non riesco a capire che tipo sei ma sono davvero intenzionato a scoprirlo! » disse lui.
A quelle parole non fui più in grado di collegare il cervello ma perlomeno riuscii a rivolgergli un debole sorriso.
“Si Josh, ti prego, cerca di conoscermi a fondo. Molto a fondo …”
Per fortuna, stavolta riuscii a tenere segreto quel pensiero.
 
Ahimè, il tempo passò velocemente. Troppo velocemente.
Josh si offrì di venire con me fino a Camden Town dicendo che ci sarebbe dovuto andare lo stesso per “sbrigare alcune faccende”. Non indagai oltre, mi bastava sapere che avrei passato altro tempo con lui. Stavo messa proprio male …
« Eccoci » sospirai malinconica quando arrivammo davanti al Bohemian Records.
Non uscivo spesso coi ragazzi, non sapevo bene come comportarmi, se dovevo ringraziarlo o invitarlo a vederci ancora.
« Vedo che abbiamo degli spettatori »
« Eh? Di che parli? »
Josh indicò un punto alle mie spalle. Mi girai e vidi Beth e Malcom che ci spiavano dalla porta a vetri.
Divenni completamente paonazza e feci velocemente scambio di posto con Josh in modo che desse le spalle al negozio.
« Non fare caso a loro … sono un po’ strani … » mormorai grattandomi dietro l’orecchio con fare imbarazzato.
Josh scrollò le spalle come per dire che non c’era assolutamente nessun problema.
« Bèh, adesso devo andare » mi disse infilando le mani in tasca.
« Si, anche io »
« Ci vediamo a scuola Grace »
La distanza che ci divideva in quel momento era davvero poca e lui la colmò con un unico passo. Si chinò verso di me, io trattenni il respiro, poi le sue labbra si posarono sulla mia guancia, solo per un attimo.
Un bacio sulla guancia. Un altro. In fondo che mi aspettavo?
« S-si » balbettai « ci vediamo a scuola »
Un movimento alle spalle di Josh attirò improvvisamente la mia attenzione. Malcom e Beth si stavano sbracciando, lei schiacciava contro il vetro un cartello con su scritto, a caratteri cubitali, “INVITALO ALLA MIA FESTA. SUBITO!”.
« Josh! » esclamai.
Lui, che si stava già incamminando, si rigirò verso di me incuriosito.
« Ti volevo chiedere … insomma mi chiedevo se … »
« Cosa succede piccola Grace? » domandò lui riavvicinandosi con un sorrisetto divertito stampato in faccia « sei diventata tutta rossa! »
Quell’affermazione mi fece accaldare ancora di più.
« Venerdì c’è una festa » dissi tutto d’un fiato « ti va di venirci? »
Ce l’avevo fatta. L’avevo invitato. Non so come ma avevo trovato il coraggio di farlo.
« Naturalmente puoi portare anche una persona amica se vuoi » aggiunsi pensando che potesse rendere tutto meno imbarazzante.
Josh mi rivolse un sorriso sghembo. Irresistibile.
« Hai una penna? »
« Ehm, si » risposi confusa.
Lasciai pendere lo zaino su una sola spalla e tirai fuori l’astuccio per fornire a Josh una penna rossa con il cappuccio tutto mordicchiato. Lui non sembrò farci caso e la prese, poi afferrò la mia mano e ci scrisse sopra un numero.
« Quando puoi, scrivimi per comunicarmi ora e indirizzo »
Mi restituì la penna, ammiccò e se ne andò per la sua strada.
Rimasi a osservarlo finché non svoltò il primo angolo. Mi pareva di sentire ancora la pressione della penna e il calore delle sue dita sulla pelle.
Quando entrai in negozio, subito Malcom e Beth mi furono addosso: volevano sapere tutto, ma proprio tutto del mio non-appuntamento.
« Aspetta, aspetta, aspetta! » esclamò la mia collega dai capelli rosa « prima la cosa più importante: l’hai invitato alla mia festa? »
« Mmh, si … » risposi mantenendomi sul vago per stuzzicare la loro curiosità.
« E? » mi incoraggiò Malcom che evidentemente non stava più nella pelle.
Mostrai loro il palmo della mia mano dove, in caratteri rosso sangue, spiccava un numero di telefono.
« Ha detto di si! »
 
Salve!
Allora, vorrei subito mettere in chiaro una cosa su questo capitolo: so che è venuta fuori una mezza schifezza, anche perchè ho aggiunto diversi pezzi all'ultimo momento, ma diciamo che era solo di “passaggio”.
Seconda cosa, se vi sembra che le cose tra Grace e Josh stiano andando già a gonfie vele non vi illudete perché nel prossimo capitolo succederà qualcosa che … okay, non vi anticipo nulla, vi dico solo che lui farà qualcosa per cui, al posto di Grace, la sottoscritta lo avrebbe volentieri preso a sprangate sui denti.
Bene, adesso vado prima di sparare qualche altra cazzata.
Spero che continuerete a seguirmi!
A presto,
baci Sam.

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Capitolo 4
*** Like a hurricane ***


CAPITOLO 4 – Like a hurricane
 
Venerdì pomeriggio, al Bohemian Records, io e Malcom ci ritrovammo a lavorare da soli. Beth naturalmente doveva prepararsi per il grande evento, mentre Dean aveva chiamato all’ultimo minuto per avvisarci che doveva di nuovo fare da animatore alla festa di una delle sue cuginette. La cosa incredibile è che ormai neanche si sforzava più di inventare una scusa diversa. E poi, quante cugine piccole poteva avere?
Ad ogni modo, quel giorno non si fecero vivi molti clienti quindi il turno non fu particolarmente faticoso e potei permettermi di appoggiare i gomiti sul bancone e guardare fuori, attraverso le porte a vetri, con aria sognante.                                                
Non avevo visto Josh a scuola, non ci eravamo incontrati neanche a mensa, così aveva racimolato un po’ di coraggio per scrivergli un messaggio con l’orario e l’indirizzo della festa. Gli avevo anche ricordato che, se voleva, poteva portare una persona amica, tanto perché non pensasse che quello fosse una specie di appuntamento. Non che mi sarebbe dispiaciuto il contrario ma non volevo correre troppo. Lui aveva risposto così:
 
GRAZIE MILLE BELLA, CI VEDIAMO STASERA! – J.
 
Bella. BELLA. B E L L A.
Certo, inizialmente mi ero aspettata qualcosa del genere “ti passo a prendere io principessa”, ma ripensandoci era un po’ esagerato.
Quel “bella” mi aveva rivoluzionato la giornata. A lavoro non avevo fatto altro che sorridere come un ebete, motivo per il quale Malcom non la smetteva più di prendermi in giro.
Se ne stava lì, seduto a gambe incrociate sul bancone, con la sua chitarra in mano, a strimpellare stupidi motivetti che vedevano me e Josh come protagonisti, cose del tipo “Grace e Josh sotto l’ombra di un pino, si guardano negli occhi e si scambiano un bacino”. Molto maturo da parte sua…
Bisognava riconoscere però, che con gli accordi ci sapeva fare.
Teneva così tanto a quella chitarra regalatagli da suo padre che gli aveva perfino dato un nome: Ruby Lane, in onore della canzone Ruby Tuesday dei Rolling Stones e Penny Lane dei Beatles.
« “Grace è innamorata e non ragiona più, Josh ha il suo cuore e l’ha portato via!”*» canticchiava accompagnandosi con la chitarra.
« Malcom ti va di provare un nuovo gioco? Si chiama crescere! Dio, a volte dimostri la stessa età mentale di mio fratello Dylan! »
« E tu dimostri la stessa età mentale di un adolescente in piena crisi ormonale» replicò lui non particolarmente offeso dal mio insulto.
« Io sono un’adolescente in piena crisi ormonale! » esclamai esasperata «ti devo ricordare che ho solo sedici anni? »
« Ah, è vero … »
Malcom ripose Ruby Lane nella sua custodia e scese con un balzo dal bancone.
« Comunque ti avverto piccola Grace, stasera ci sarà il delirio più totale! Non oso immaginare in che condizioni si ritroverà la nostra cara Beth! »
L’idea sembrava divertirlo poiché sorrideva in un modo che davvero non premetteva nulla di buono. Fui assalita da un’ansia improvvisa.
La festa non poteva assolutamente rivelarsi un disastro altrimenti chissà cosa avrebbe pensato Josh di me!
« A questo punto direi che possiamo anche tornare a casa » disse Malcom fingendo di consultare un orologio invisibile legato al suo polso.
« Veramente manca ancora mezz’ora all’orario di chiusura » gli feci notare pignola come al mio solito. Mi detestavo quando usavo quel tono da saccente ma era più forte di me.
« Senti bella, se vuoi rimanere qui ne hai tutto il diritto. Se invece vuoi che ti dia un passaggio a casa, ti conviene muovere il culo e seguirmi adesso!»
L’opportunità di usufruire di un passaggio da parte di Malcom era più unica che rara. Senza contare che, una volta tanto, non mi sarebbe dispiaciuto evitare di prendere la metro dove puntualmente mi ritrovavo schiacciata come una sardina in mezzo a una marea di corpi sudaticci.
« Si va a casa! » esclamai afferrando al volo la mia borsa.
« Vedo che stai passando anche tu al lato oscuro » scherzò Malcom scompigliandomi i capelli « benvenuta nel club degli scansafatiche »
« No, è solo per questa volta » lo ammonii.
Dopo aver abbassato la saracinesca del negozio, Malcom mi consegnò un casco di riserva e mi fece salire a bordo del suo motorino preistorico, ormai prossimo alla rottamazione.
« Tieniti forte! » mi urlò mentre azionava il motore.
Strinsi le braccia attorno ai suoi fianchi e dopo una serie di tentativi finalmente il veicolo partì producendo un inquietante ronzio.
Malcom sfrecciò velocissimo lungo Denmark Street, conosciuta come la via della musica di Londra e dove, per l’appunto, si trovava il Bohemian Records.
Mio padre invece viveva nel quartiere di Islington, più precisamente nei pressi della stazione di King’s Cross, quindi non molto lontano da Camden. A maggior ragione, dato che Malcom guidava come un pazzo, ci mettemmo davvero poco ad arrivare.
Scesi dal motorino con le gambe tremanti, ridotte a due gelatine.
Perché ero circondata da pirati della strada? Prima Georgia, poi mia madre e adesso anche Malcom. Non vedevo l’ora di prendere la patente …
« Ti senti bene Grace? » chiese lui quando sfilai il casco « hai una cera orribile »
« No, sto benissimo! Solo nausea e un piccolo infarto, niente di che »
Malcom aggrottò la fronte in un’espressione confusa. Evidentemente non aveva afferrato la critica celata dietro le mie parole.
« Allora a stasera! Mettiti qualcosa di sexy e preparati a fare strage di cuori! »
« Farò del mio meglio » lo assicurai prima che ripartisse.
Ma, naturalmente, l’unico cuore che volevo conquistare era quello di Josh.
 
Più tardi, verso sera, fu un vero sollievo potersi preparare per la festa senza mia madre a riempirmi la testa di lamentele come “quel vestito è troppo corto” e “non oltre la mezzanotte signorina”.
No, Paul era tranquillo, non avrebbe fatto storie.
Ero davanti allo specchio, indossavo un abito nero, corto e aderente, e un paio di anfibi dello stesso colore (Georgia mi avrebbe sicuramente costretto a mettere i tacchi ma per fortuna quella sera sarebbe rimasta a casa).
Un lieve strato di rossetto rosso fuoco sulle labbra ed ero pronta.
Quando uscii dallo sgabuzzino adibito a camera degli ospiti in cui dormivo, trovai mio padre in salotto a strimpellare il suo ukulele. Era un batterista ma se la cavava anche con strumenti diversi e quella specie di piccola chitarra, per l’appunto, era uno dei suo preferiti.
Mia madre invece, dopo il divorzio, aveva sviluppato un odio feroce per la musica, paragonabile solo a quello che nutriva nei confronti del suo ex marito.
La separazione dei miei genitori era stata difficile ma mi rendevo conto perfettamente che vivere al fianco di Paul non fosse affatto facile.
« Dove stai andando? » mi chiese interrompendosi nel bel mezzo di una melodia.
Indossava solo un paio di boxer a quadretti e una maglietta bianca tappezzata di ogni tipo di macchia possibile ed immaginabile.
« Alla festa di Beth! »
« Ah … » parve cadere dalle nuvole.
« E dai Paul, te l’avevo detto! »
A volte lo chiamavo per nome ma lui non sembrava farci caso o perlomeno non gli recava nessun fastidio.
« Non ricordo … comunque vai pure »
Come se avessi avuto bisogno del suo permesso! O meglio si, ne avevo bisogno, ma non mi ero mai posta più di tanto il problema dato che di solito mi permetteva di fare qualsiasi cosa.
Avrei anche potuto dirgli che andavo a spacciare cocaina ai pinguini in Antartide e lui mi avrebbe risposto che andava bene dato che in realtà faceva solo finta di ascoltarmi.
« Tu pensi di uscire stasera? » gli chiesi mentre infilavo in una mini pochette la mia copia delle chiavi.
« Probabilmente si »
E conoscendolo, probabilmente sarebbe tornato più tardi di me.
« Allora divertiti scricciolo » disse infine riprendendo l’ukulele in mano.
Sempre lo stesso soprannome da quando avevo due anni!
« Grazie. Ciao papà … »
 
La festa si sarebbe svolta in un locale di Camden Town chiamato The Hurricane. Strano che proprio la parola “uragano”, fosse la prima che mi venisse in mente pensando a Beth.
Seduta in metro, con il suo regalo sulle ginocchia (un cofanetto di Dvd di tutte le stagioni di Skins, la serie TV che avevamo seguito insieme in streaming) non potei fare a meno di pensare a, rullo di tamburi … Josh, esatto!
Facile da indovinare dato che ultimamente non facevo altro.
Io, solitamente cinica fino al midollo, adesso sentivo le farfalle nello stomaco, anche se non mi sarebbe dispiaciuto farle fuori con uno spray anti-insetti.
Mi chiesi se alla fine avesse deciso se portare o no qualcuno con sé e, in tal caso, Liam o Alex? Sicuramente uno dei due.
Giunta alla mia fermata, scesi stringendo il pacco regalo tra le braccia come se fosse un bambino piccolo. Mi venne in mente Dylan e mi rallegrai al pensiero che avrei passato un intero week end lontana dalle sue urla assordanti.
Ormai conoscevo molto bene quel quartiere e non ci misi molto a trovare il The Hurricane. Il locale aveva le sembianze di uno di quei vecchi pub irlandesi, tutti rivestiti in legno scuro e con un forte odore di birra che aleggiava nell’aria.
Era gremito di gente, una bolgia infernale resa ancora più chiassosa dalla musica sparata a tutto volume dalle casse. Riconobbi le note di una canzone dei Sex Pistols, Anarchy In The UK, e non me ne stupii dato che erano il gruppo preferito di Beth.
La festeggiata stava ballando su uno dei tavoli con un boccale di birra in mano, probabilmente non il primo e sicuramente non l’ultimo della serata.
Era bella come non mai nel suo tubino blu elettrico con la scollatura a cuore.
« Grace! » urlò individuandomi in mezzo alla folla « eccoti finalmente! »
Quello che fece per scendere dal tavolo e raggiungermi, mi ricordò molto una rock star che dal palco si lanciava sul pubblico a fine esibizione.
« Tanti auguri Beth! » l’abbracciai calorosamente baciandola su entrambe le guancie «questo locale è … »
« Favoloso! » mi interruppe battendo le mani eccitata « lo so! Vieni a ballare con me, dai! »
Il mio regalo venne abbandonato in un angolo mentre Beth mi trascinava a forza con sé in cima a un tavolo libero. C’erano anche Malcom e Dean. Il primo mi salutò facendomi l’occhiolino, mentre il secondo era troppo impegnato a ballare con la stessa foga della protagonista di Flashdance per accorgersi di me.
Anche Beth iniziò a dimenarsi a ritmo di musica, agitando i fianchi e la sua folta chioma di capelli rosa shocking. Era fuori di testa, bastava guardarla per capirlo, e Malcom e Dean non erano da meno. Con tutti quei tatuaggi, i piercing e comportamenti non del tutto convenzionali, si potevano definire personaggi molto… pittoreschi.
Io al confronto mi sentivo comune e banale, eppure erano i miei migliori amici, la mia seconda famiglia, e quella sera volevo essere esattamente come loro: libera, spensierata e senza freni inibitori.
Bèh, sempre per quanto potesse esserlo una ragazza come me!
Mi lasciai andare e ballai come meglio potevo senza preoccuparmi della gente che ci guardava. Ed era davvero tanta, praticamente tutti gli invitati. Dopotutto, in cima a quel tavolo, non potevamo di certo passare inosservati.
« Il tuo amico viene? » mi urlò Dean nelle orecchie per superare il frastuono.
« Si, sarà qui a momenti! »
Per la prima volta mi ritrovai a sperare che Josh venisse da solo. Volevo davvero che fosse un appuntamento e magari, facendomi riaccompagnare a casa, avrei potuto sperare anche in un bacio. Oh mio Dio, sarebbe stato troppo per il mio povero cuore!
Il fato volle che proprio in quel momento le doppie porte del locale si aprissero ma io non ero di certo preparata a ciò che accade successivamente.
Vidi Josh e il cuore mi si riempì di gioia, ma subito dopo vidi chi lo accompagnava e allora mi sentii mancare la terra sotto i piedi tanto che, se non ci fosse stato Malcom pronto ad afferrarmi, mi sarei schiantata sul pavimento.
« Chi è quella tizia? » chiese il mio migliore amico.
Ci misi qualche secondo prima di rispondere poiché ero sotto shock. Sbattei le palpebre un paio di volte per accertarmi di non aver avuto una visione.
« S-si c-chiama ... » balbettai « lei si chiama … Katy Diaz! »
 
Il peggiore degli incubi?
Facile: Josh che si presenta a una festa con quella megera di Katy Diaz sottobraccio!
« Perché gli hai detto di portare qualcuno? » sbraitò Malcom indignato.
Ci eravamo appartati nei bagni del locale, maleodoranti e pieni di volgarissime scritte sui muri. Se mia madre ne avesse letta anche solo una l’avrebbero ricoverata d’urgenza nel reparto rianimazioni!
« Non lo so » piagnucolai « non volevo che pensasse … »
« Non dirmi che non volevi che pensasse fosse un appuntamento romantico perché sarebbe ridicolo » mi interruppe lui « siamo a una festa, non sareste comunque rimasti soli! »
« Si ma … »
« E si può sapere chi diavolo è questa Katy Diaz? »
Malcom era fuori di sé e io non mi ero mai sentita tanto stupida.
« È una mia compagna di scuola, una vera vipera. Anzi, che dico, lei è una … una … una troia! » esplosi « è anche fidanzata, quindi cosa ci fa qui con il mio Josh? »
« È quello che mi chiedo anche io » vedendomi così affranta, l’espressione e il tono di Malcom si addolcirono un poco « senti, non possiamo restare in questo cesso puzzolente per tutta la sera. Adesso esci, vallo a salutare e liberati di quella sottospecie di macaco che gli sta addosso! »
Risi nonostante tutto. Era una vera fortuna avere un amico come Malcom. Avrei voluto tanto che anche Georgia fosse lì.
« Come dovrei fare secondo te? » domandai incupendomi di nuovo « insomma Malcom, l’hai vista? Katy è insopportabile quanto bella, non posso competere contro di lei! »
Ero sul punto di scoppiare a piangere rendendomi conto di quanto quelle parole fossero vere. Non ero di certo così brutta ma ragazze come Georgia e Katy avevano qualcosa in più rispetto a me. Qualcosa chiamato sex appeal.
Malcom mi abbracciò poggiando il mento sulla mia testa e facendo scorrere le dita su e giù lungo la mia schiena. Era il fratello maggiore che non avevo mai avuto.
« Sei davvero sconvolta piccola ma ora cerca di calmarti, coraggio! »
Aveva ragione. Strinsi i pugni e presi un respiro profondo … il che si rivelò una pessima idea!
Cavolo, dire che l’odore che aleggiava in bagno era disgustoso sarebbe stato riduttivo, dovevo andarmene prima che mi venisse la nausea.
« Torniamo di là Grace. Alla più brutta mi bevo altri due drink e quando sono bello sbronzo le vomito in faccia!»
Scoppiai a ridere di nuovo. Era un’assurdità … o un’idea geniale?
Uscii da quella toilette infernale seguita a ruota da Malcom, ma lo persi di vista quando mi lanciai in mezzo alla folla in cerca di Josh.
Sgomitando, riuscii a raggiungere il bancone dell’angolo bar, ritrovandomi faccia a faccia con la causa di tutti i miei problemi.
Katy Diaz mi sorrise ma in modo tutt’altro che amichevole. Dio solo sa quanto avrei voluto prenderla a schiaffi in quel momento!
« Katy, cosa ci fai qui? » chiesi bruscamente.
« Prendo da bere per me e Joshy » rispose civettuola stringendosi nelle spalle.
Ignorai, o perlomeno tentai di farlo, lo stupido nomignolo che gli aveva affibbiato. Joshy? Lui sapeva che lo chiamava così?
« A dire il vero volevo sapere perché sei qui alla festa … » proseguii sibilando a denti stretti « … con Josh. Dimmi un po’, Logan che fine ha fatto? »
« Ci siamo lasciati stamattina » rispose lei tranquillamente come se la cosa non potesse scalfirla.
Il barista le servì due drink dai colori sgargianti. Prese un bicchiere in mano e cominciò a succhiare dalla cannuccia con fare malizioso.
Possibile che riuscisse a far sembrare volgare perfino la più innocua delle azioni?
« E Josh, se proprio ci tieni a saperlo, è solo un amico » aggiunse.
Per qualche strana ragione, non mi piacque affatto il modo in cui pronunciò la parola “amico”. Nel frattempo, ne avevo approfittato per squadrare Katy da capo a piedi. Aveva un corpo da urlo, dovevo ammetterlo, e quel vestito rosso fuoco, come i suoi capelli, le calzava addosso perfettamente. Eppure mancava qualcosa.
Il suo sguardo era vuoto, non trasmetteva nessuna emozione e, se è vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima, era chiaro che come persona non potesse essere molto interessante e tantomeno profonda,
Io la odiavo. Per un istante ebbi il forte istinto di saltarle addosso e graffiarla.
Poi però mi venne di nuovo da piangere all’idea che Josh preferisse quella sciacquetta a me. Non avevo quelle curve ma almeno possedevo un cervello.
E, a proposito, dove si era cacciato Josh?
Katy afferrò entrambi i drink e si allontanò, così decidi di seguirla sperando che mi avrebbe involontariamente  aiutata a trovarlo.
A quanto pare però, nemmeno lei sapeva più dove cercarlo dato che continuammo a girare a vuoto per il locale.
« Joshy! » gridò.
Che idiota. In mezzo a tutto quel casino non l’avrebbe mai sentita neanche se si fosse trovato a pochi centimetri di distanza.
Mi allontanai da lei e dal suo sedere anoressico decidendo di cercarlo per conto mio, quando all’improvviso sentii una presa sulla mia spalla: Josh.
A quanto pare era stato lui a trovare me.
« Grace! È da mezz’ora che ti cerco! »
Sembrava così allegro, avrei voluto picchiare pure lui per tutto il male che mi aveva fatto portando Katy alla festa.
Vederlo con un’altra, chiunque fosse, mi faceva soffrire, anche se lo conoscevo appena, anche se la mia era solo una stupida cotta adolescenziale.
In un certo senso, mi sentivo tradita e quella situazione di certo non giovava alla mia autostima già piuttosto bassa.
« Sei venuto con Katy » lo accusai anche se non erano esattamente quelle le mie intenzioni.
« Già. Sai, Liam esce con Brittany, una delle sue amiche, così ci siamo conosciuti e…» prese a gesticolare incapace di terminare la frase « tra l’altro oggi si è lasciata con il suo ragazzo perciò ho pensato avesse bisogno di distrarsi » concluse stringendosi nelle spalle.
Si stava arrampicando sugli specchi. Una parte di me sapeva benissimo che non avrei dovuto lasciargliela passare liscia. E invece …
« Non ti devi giustificare » dissi io.
Improvvisamente ero meno arrabbiata. In fondo lui adesso era lì e non mi serviva altro.
“Sta tenendo il piede in due staffe” diceva una vocina nella mia testa “non fidarti di lui!”
All’epoca, ancora non sapevo che mi sarei pentita amaramente di non aver seguito quel consiglio dettatomi dalla mia coscienza.
« Ti va di ballare? » mi chiese Josh.
E io, naturalmente, accettai.
 
Alla festa di Beth erano presenti gli individui più bizzarri che avessi mai incontrato.
Ragazzi con creste altissime e dalle tinte fluorescenti.
Ragazze piene di piercing e tatuaggi, strizzate in microvestiti stravaganti, che bevevano perfino più degli uomini.
Eppure perfino io, la tutt’altro che eccentrica Grace Ellis, riuscivo a sentirmi a mio agio in mezzo a tutta quella gente, almeno finché Josh era al mio fianco.
Mi aveva preso per mano conducendomi verso la pista da ballo. Ora dalle casse rimbombava musica house e io mi chiesi dove fosse finito il buon vecchio rock.
Ad ogni modo, il mio vero problema era quello di ballare con Josh.
Era così bello. Indossava dei jeans scuri e una camicia dai colori vivaci. Lui si che aveva uno stile originale ma mai eccessivo.
Ci muovevamo a tempo di musica in modo piuttosto goffo, poi a poco a poco iniziammo a scioglierci. Ogni tanto ci sfioravamo appena ma il contatto fisico si fermava lì.
Mi andava bene però e cominciavo davvero a divertirmi, perlomeno fino a quando Katy non fece di nuovo la sua comparsa.
« Oh Joshy! » esclamò gettandogli le braccia al collo « ti ho cercato dappertutto tesoruccio! »
« Ero qui a ballare » rispose lui scrollandosela di dosso in modo abbastanza brusco «con Grace ».
Mi piacque il modo in cui sottolineò il mio nome, mi piacque proprio.
Nel frattempo, era partita Kill The Dj dei Green Day, finalmente un pezzo decente!
« Voglio ballare anche io » si impose Katy.
E fu così che iniziò a strusciarsi spudoratamente addosso a Josh.
Che gatta morta, dovevo reagire! Fortuna che quella canzone riusciva sempre a caricarmi di adrenalina. Mi avvicinai di più a Josh e stavolta diverse parti del nostro corpo si sfiorarono.
Katy non apprezzò. Dischiuse le gambe circondando il bacino di Josh da un lato e prese a scodinzolare in modo ancor più provocante.
Allora io ebbi l’ardire di gettare le braccia al collo di lui schiacciando il mio corpo contro il suo. Bacino contro bacino.
La cosa più incredibile, era che Josh rimase impassibile, cose se gli capitasse tutti i santi giorni di avere ben due ragazze che facevano a gare per ballare con lui nel modo più sensuale possibile.
« Vattene » mi sussurrò Katy all’orecchio in tono talmente velenoso che mi aspettai di vederle tirare fuori una lingua biforcuta da serpente.
« Neanche per sogno » ribattei io.
La cosa andò avanti per molto e nessuna delle due sembrava voler demordere.
Non l’avrei lasciata vincere, non questa volta.
« Ragazze, che ne dite se vado a prendere da bere per tutti e tre? » propose Josh di punto in bianco, proprio nel momento in cui Katy si piegava fino a terra per poi risalire ondeggiando i fianchi con la stessa sensualità di un cobra velenoso.
« Io … »
Non sapevo cosa rispondere. Non avevo mai bevuto in vita mia e non ero sicura che quella fosse la serata adatta per cominciare. Dovevo rimanere lucida se volevo liberarmi di Katy una volta per tutte.
« A me piacerebbe un cosmopolitan, tesoruccio! » trillò Katy ammiccando.
« Perfetto, e tu Grace? »
« Per me va bene solo una coca cola, grazie »
La risata di Katy fu così acuta da sovrastare perfino la musica.
« Una coca cola? » ripeté fingendosi scandalizzata « a questo punto Joshy, perché non porti alla bambina una bella tazza di latte e cioccolato? »
Mi sentii ribollire dalla rabbia. Nella mia mente immaginai di spingere Josh da parte per poter sferrare un pugno dritto sul naso di Katy.
« Ripensandoci » dissi invece « credo che prenderò un mojito »
Non ero neanche tanto sicura di sapere cosa fosse ma una cosa era certa, non si trattava di una bevanda analcolica.
« Perfetto! Torno subito allora »
Passandomi accanto, Josh per un attimo mi strinse il braccio.
Come avrei dovuto interpretare quel gesto?
Lo seguii con lo sguardo finché non sparì in mezzo alla calca di gente, poi mi rigirai verso Katy che aveva ricominciato a ballare.
Mi guardò anche lei e le sue labbra si dischiusero in un sorriso compiaciuto.
« Non per rovinarti la festa Grace ma credo che tu debba sapere che Josh è pazzo di me! » esclamò senza smettere di muoversi.
Dato che ero l’unica persona immobile in mezzo alla pista da ballo, accennai anche io qualche impacciato passo di danza.
« Cosa te lo fa pensare? »
« È così ovvio! Mi ha fatto capire chiaramente di voler passare del tempo da solo con me. Non hai notato l’occhiata che mi ha rivolto prima di andarsene? »
Io non avevo notato proprio niente ed ero sicura che si fosse inventata tutto solo per darmi fastidio. E se invece stesse dicendo la verità?
L’ipotesi che non potessi fidarmi di Josh si stava insinuando sempre più insistentemente nella mia mente ma mi ostinavo a ignorarla.
Sapevo che era un bravo ragazzo. Non mi avrebbe mai illuso né ferito in nessun modo.
« Certo Katy che hai davvero una fervida immaginazione! » dissi allora dopo un po’.
Lei, per tutta risposta, mi mostrò il dito medio ben alzato.
Josh tornò dopo circa dieci minuti, durante la quale io e Katy non avevamo fatto altro che scambiarci frecciatine, una più velenosa dell’altra, e tutto a ritmo di musica.
Assaggiai il mio mojito e a primo impatto mi sembrò terribilmente amaro e davvero nauseabondo. Mano a mano che bevevo però, lo trovai sempre più gustoso.
« Ne voglio un altro! » dissi a Josh.
Lui mi rivolse un’occhiata incerta.
« Ne sei sicura Grace? »
Annuii vigorosamente.
« D’accordo … »
 
Parecchi mojito dopo, mi ritrovai incapace di intendere e di volere.
Non avrei mai pensato che l’alcool potesse avere quell’effetto su di me. E non ero tanto sicura che mi piacesse …
Era vero che improvvisamente mi sembrava che nulla, neanche parlare con Josh, potesse mettermi a disagio, ma c’erano alcuni effetti collaterali che mi fecero desiderare di non aver mai avvicinato le mie labbra a quel maledetto bicchiere.
La testa mi girava vorticosamente e tutto intorno a me era confuso. Per non parlare del forte senso di nausea!
Come faceva Beth a ridursi in quel modo quasi tutte le sere?
« Grace, sei sicura di sentirti bene? »
Josh fu un vero angelo. Non doveva essere facile starmi dietro dato che correvo da una parte all’altra del locale come una pallina da flipper impazzita.
Attaccavo bottone con tutti e non avevo più peli sulla lingua. Dissi a una ragazza che si vedeva lontano un miglio che aveva il naso rifatto e al barista che i suoi bicipiti scolpiti avrebbero fatto sbavare qualsiasi donna.
Basta, volevo tornare a essere me stessa!
Non ero tagliata per quella vita “selvaggia” a cui invece erano abituati Beth, Malcom e Dean. Il mio ideale di sabato sera era invitare Georgia a casa mia per vedere insieme un film, accoccolate sotto a un maxi piumone e con una ciotola di pop corn a portata di mano.
« Si, sto bene » risposi appoggiando la schiena al muro e massaggiandomi le tempie doloranti « Mi sento solo un po’ … confusa »
Josh scoppiò a ridere e allungò una mano per accarezzarmi il viso con la punta delle dita. Quel gesto mi provocò un’ondata di calore.
« Mi pare di capire che non reggi molto bene l’alcool » disse con tono divertito ma totalmente privo di cattiveria o malizia.
« Oh bèh, nessuno reggerebbe dopo tutti quei mojito! »
« Ne hai bevuti solo due » mi fece notare « anzi, uno e mezzo dato che il secondo l’hai rovesciato addosso alla ragazza che ti stava accanto »
Così pochi? Allora perché mi sentivo come se avessi prosciugato l’intera scorta di alcoolici di tutto il locale?
Una cosa positiva c’era: impegnato com’era a starmi dietro, Josh non si era più filato Katy che alla fine, offesissima, sembrava essersi volatilizzata nel nulla.
« Vieni » mi disse lui avvolgendo un braccio attorno le mie spalle « ti porto fuori a prendere una boccata d’aria »
Lo seguii senza fiatare e lasciandomi trasportare attraverso la grande sala che sembrava affollarsi sempre di più col passare delle ore.
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato dal mio arrivo al The Hurricane, tra l’altro avevo completamente perso di vista la festeggiata e non c’era più traccia neanche di Dean o Malcom.
Se non ci fosse stato Josh sarei stata perduta.
Rimasi sorpresa quando, invece che  all’ingresso principale, mi condusse prima verso i bagni e poi davanti una porta secondaria. Era bloccata ma con una spallata decisa riuscii ad aprirla e ci ritrovammo all’aria aperta, in un vicolo buio stretto in mezzo a due muri di mattoncini rossi.
« Come facevi a … »
« Sono già venuto in questo locale un paio di volte » rispose lui prontamente indovinando la mia domanda.
Inspirai a pieni polmoni l’aria frizzantina della notte e mi sentii subito meglio. Solo allora mi resi conto che differenza c’era rispetto all’interno del locale, dove si respirava solo odore di alcool, sudore ed eccitazione.
Mi chiesi se Kurt Cobain intendesse questo con Smells Like Teen Spirit.
Ecco, nel locale si respirava odore di gioventù … una gioventù un po’ spregiudicata e sopra le righe a dirla tutta.
« È una bella serata » la voce di Josh mi riportò alla realtà.
Aveva le mani in tasca e lo sguardo rivolto verso il cielo scuro trapuntato di stelle.
Puntai anche io gli occhi su quel manto di velluto nero e per un attimo mi parve di vedere un insolito bagliore.
« Oh mio Dio! Secondo te è possibile che abbia appena visto una stelle cadente? »
Josh seguì con lo sguardo il punto che stavo indicando e sorrise.
« Certo, perché no? Se è così allora devi esprimere un desiderio! »
Chiusi gli occhi e incrociai le dita.
Cos’è che desideravo di più al mondo?
Non mi mancava niente. Avevo una bella casa e una famiglia, seppur imperfetta, sulla quale potevo sempre contare. Avevo Georgia e Malcom, ma anche quei due scriteriati di Beth e Dean. La scuola mi dava qualche rogna ma in fondo mancava davvero poco alla fine e dopodiché avrei fatto solo ciò che mi piaceva veramente, anche se ancora non sapevo esattamente cosa fosse.
E poi avevo Josh, che era entrato nella mia vita così all’improvviso da confondermi e sconvolgere tutto. I sentimenti che provavo per lui mi sembravano del tutto nuovi.
Naturalmente, mi era capitato altre volte di prendermi una cotta per un ragazzo ma stavolta era diverso. Dentro di me sentivo che c’era una forte affinità tra di noi.
Non era come gli altri, era speciale.
Quindi, cosa desideravo veramente?
« Io … io desidero … »
Aprii lentamente gli occhi e mi ritrovai Josh molto più vicino di quanto ricordassi, così tanto da sentire il suo respiro sulla pelle.
Gli effetti dell’alcool probabilmente stavano svanendo perché adesso sostenere il suo sguardo era molto più difficile.
Sarebbe successo? Mi avrebbe baciata?
L’idea mi emozionava e spaventava al tempo stesso.
Non avevo mai dato un vero bacio a un ragazzo che mi piacesse così tanto.
C’era stato solo Darren Fields alla fine della terza media e sinceramente l’avevo trovato davvero disgustoso e viscido.
Ma adesso c’eravamo, ne ero sicura. Avrei baciato Josh e sarebbe stato stupendo.
« Senti Grace … »
« Si?» lo incoraggiai impaziente e speranzosa.
In quel momento sentimmo uno strano rumore, come se qualcuno stesse cercando di forzare la porta, e un attimo dopo essa si spalancò.
Katy, ritta sulla soglia, lanciò un piccolo urlò di gioia e corse ad abbracciare Josh, gettandogli le braccia al collo e stringendo le gambe intorno ai suoi fianchi.
« Joshy mi sei mancato da morire! Per fortuna che vi ho visto venire qui altrimenti non ti avrei mai trovato! »
Josh rimase per un attimo interdetto e afferrò i fianchi di Katy per farla tornare coi piedi per terra.
« Va tutto bene Kat? » chiese con un tono dolce e premuroso che mi procurò una fitta al cuore dalla gelosia.
« Si ma … sono davvero tanto stanca Joshy » mormorò lei mostrando la sua miglior espressione da gatta morta « torniamo a casa? »
« Ma … »
Josh passò ripetutamente lo sguardo da me a Katy. Sembrava indeciso.
Rimanere con me a guardare le stelle o riaccompagnare a casa la super sexy Katy Diaz che era il sogno erotico di qualsiasi ragazzo della scuola?
« Certo, se sei stanca allora andiamo » acconsentì infine.
Fu davvero un duro colpo. D’un tratto sentii crollare la poca sicurezza che ero riuscita ad acquistare nel corso della serata. Pensavo davvero di piacergli, pensavo davvero che avrebbe scelto me.
« Scusa Grace » mi disse dispiaciuto, non so quanto sinceramente « Dobbiamo proprio andare »
Avrei dovuto rispondergli che non c’era nessun problema. Avrei dovuto fingere indifferenza per non dare soddisfazione a Katy, che mi osservava con aria trionfante. E invece riuscii solo a deglutire mandando giù un boccone carico di amarezza.
Rientrammo nel locale e accompagnai i due piccioncini fino all’ingresso principale.
« Sei venuto in macchina? » chiesi a Josh vedendolo tirare fuori un mazzo di chiavi.
« Si, è di mio padre. Pensavi fossi venuto in skateboard con Katy caricata sulle spalle? » domandò per scherzare.
In altre occasione avrei riso ma in quel momento ero più sulla soglia di un pianto isterico.
« Certo che no, che stupida … »
Immaginai me e Josh in macchina, lui che mi accompagnava fino al portone di casa e che infine mi prendeva il mento fra le dita avvicinando le sue labbra alle mie.
Ma non sarebbe mai successo niente di tutto ciò quella sera …
« Allora ciao Grace, grazie mille dell’invito »
Josh si piegò verso di me e mi baciò sulla guancia mentre al contempo la sua mano strinse delicatamente la mia per un secondo.
Se fosse stato sul punto di andarsene da solo, quel gesto mi avrebbe mandato su di giri.
Josh oltrepassò le doppie porte e Katy lo seguì. Un attimo prima di uscire però, la ragazza si volse verso di me rivolgendomi un sorriso dalla malignità agghiacciante.
« Ho vinto cara Grace. La prossima volta fai più attenzione a chi ti metti contro »
Detto questo, uscì di scena. E allora capii.
“Dovresti cercare un nuovo chirurgo … non vorrai che tutti scoprano che il tuo vero nome è Robert, vero?”
Quella di Katy era stata una piccola vendetta. Doveva aver capito che ero interessata a Josh e allora ne aveva approfittato subito per farmi un dispetto, non era davvero interessata a lui.
Sentii il forte bisogno di tornare a casa ma non da mio padre, che non mi avrebbe mai consolata, bensì da mia madre, senza necessariamente raccontarle cos’era successo, solo per farmi stringere tra le sue braccia come quando ero bambina.
Volevo che, almeno per una volta, ignorasse i capricci di Dylan e mettesse me al primo posto.
Dato che era a Cardiff, avrei potuto chiamarla, ma quando presi il cellulare mi accorsi che era già l’una passata, così chiamai mio padre.
Uscii fuori in strada per allontanarmi dal rumore, giusto in tempo per vedere Josh e Katy sfrecciarmi davanti a bordo di un SUV nero metallizzato.
Fantastico …
« Paul? Mi senti? Papà? »
« Grace, sei tu? » domandò una voce roca dall’altra parte della cornetta.
« No, sono il fantasma della tua defunta madre. Chiamo per dirti di smetterla di farti ancora le canne alla tua età! » fu la mia sarcastica risposta.
« Mamma? » gridò mio padre scandalizzato.
« No papà, sono Grace, scherzavo! »
« Ah scricciolo, come te la passi? »
Era chiaro che fosse ubriaco fradicio.
« Tutto bene » mentii « e tu? Sei già a casa? »
« No, sono … in realtà non lo so esattamente ma credo che tornerò sul tardi. Molto tardi … »
Sentii delle risate di sottofondo e qualcuno gridò “Paul, il prossimo giro lo offri tu!”.
Capii che se fossi tornata a casa in quel momento sarei rimasta sola per chissà quanto tempo, forse fino alle otto del mattino.
« Senti papà … volevo dirti che stasera rimango a dormire da un’amica. Per te è un problema? »
« Ma no scricciolo! Vai pure, tranquilla »
Non ne avevo dubbi …
« Okay, allora a domani Paul »
« A domani scricciolo, divertiti »
Fu lui ad attaccare per primo. Avrei voluto scaraventare il mio cellulare dall’altra parte della strada ma ero abbastanza sicura che, in tal caso, non me ne avrebbero mai ricomprato uno nuovo.
Non mi ero mai sentita tanto sola.
Se non potevo contare neanche sui miei genitori allora su chi?
Katy sarà stata anche una stronza, ma Josh non era meno colpevole. Mi aveva illusa e poi abbandonata.
« Grace, cosa ci fai qui fuori? Ti prenderai un raffreddore! »
Malcom mi raggiunse di corsa fuori dal locale e posò la sua giacca di pelle sulle mie spalle scoperte. Il suo profumo di tabacco e cannella mi giunse fino alle narici.
« Malcom, posso dormire da te stasera? » chiesi voltandomi verso di lui con le lacrime agli occhi.
Un’altra persona mi avrebbe subito chiesto cosa fosse successo ma lui non ne aveva bisogno. Come Georgia, gli bastava uno sguardo per capirmi.
Spalancò le braccia e mi accolse stringendomi a sé.
« Certo piccola, non ti lascio sola »
 
Il mattino seguente mi svegliai con un forte mal di testa.
Mi alzai dal letto e mi sembrò che tutti i miei muscoli si stessero ribellando. A fatica raggiunsi il bagno, appoggiai le mani sui bordi del lavandino e presi un paio di respiri profondi aspettando che la nausea passasse.
Giurai a me stessa che non avrei bevuto mai più neanche un goccio di champagne la notte di Capodanno. Era chiaro che il mio organismo non reggesse l’alcool in modo esemplare, anzi, d’ora in poi mi sarei dichiarata astemia.
Mi guardai allo specchio e il mio stomaco si contorse di nuovo. Indossavo una maglietta di Malcom che mi arrivava fino alle ginocchia. Avevo il trucco calato, due lunghe linee color fuliggine che mi attraversavano le guancie, e i capelli tutti scompigliati che qualsiasi uccello avrebbe scambiato per un nido in cui riporre le proprie uova. In poche parole, ero un disastro su tutta la linea, per non parlare di quanto mi sentissi uno schifo anche dal punto di vista psicologico.
« Grace? » mi chiamò Malcom bussando alla porta del bagno « va tutto bene? »
« Si, si, tutto alla grande! »
« Scendo un attimo a comprare qualcosa per la colazione, puoi svegliare Beth intanto? »
Beth? Anche lei era qui?
Non era possibile che non l’avessi vista dato che Malcom viveva in un monolocale. Lui aveva dormito sul divano e io in uno di quei letti scomodissimi che si tirano giù dalla parete.
Ad un certo punto mi girai e lanciai un urlo: non ero da sola in bagno, Beth stava dormendo nel vasca con un piede fuori a penzoloni, ancora vestita di tutto punto. Mi ricordò Kesha nel video di Tik Tok.
« Ehm … Beth? » la chiamai scuotendola delicatamente per un braccio « avanti rockstar, apri gli occhi. “Wake up in the morning feeling like P Diddy …”
A sentirmi cantare, Beth parve ridestarsi. Emise un grugnito continuando a tenere gli occhi chiusi.
« Coraggio, so che conosci questa canzone! » la incoraggiai.
« “Grab up my glasses, I’m out the door, I’m gonna hit this city …” » prese a canticchiare ancora mezza addormentata.
« “Before I leave, brush my teeth with a bottle of Jack” » continuai afferrandola per le spalle e tirandola su di peso per farla uscire dalla vasca « “Cause when I leave for the night, I ain’t coming back … »
Beth finalmente aprì gli occhi e scoppiò a ridere.
Mi prese per mano e cominciammo a saltare in mezzo a quel minuscolo bagno cantando insieme a squarciagola.
« “Don’t stop, make it pop, Dj blow my speakers up. Tonight I’mma fight ‘till we see the sunlight. Tik tok, on the clock but the party don’t stop, no!” »
« Deduco che Beth sia sveglia » tornò a farsi sentire Malcom aldilà della porta di legno « allora vado a prendere i cornetti caldi. Volete altro? »
« Gradirei una birra » rispose Beth sedendosi sul bordo della vasca « e qualche salatino magari »
« Okay, per te una bella camomilla Beth! »
Sentimmo dei passi e poi il rumore di una porta che sbatteva.
Ci misi un po’ a rimettere in sesto la mia amica che era decisamente messa peggio di me. Non avevo la minima idea di come fosse arrivata a dormire nella vasca di Malcom ma, a quanto ne sapevo, era una cosa che accadeva abbastanza di frequente.
« Com’è stata la mia festa? » chiese Beth con tono assonnato mentre l’aiutavo a sedersi su uno sgabello davanti al tavolo dell’angolo cottura « io non ricordo nulla »
Avrei voluto poter dire la stessa cosa ma per dimenticare ciò che era successo con Josh e Katy non sarebbe bastata un’intera botte di vino rosso.
« È stata fantastica » risposi per tranquillizzarla.
« E a te com’è andata con John? »
« Vuoi dire Josh? » mi strinsi nelle spalle fingendo indifferenza « è andata bene, nulla di che … »
Non mi sembrava che Beth fosse nelle condizioni adatte per ascoltare le mie lamentele e tentare di consolarmi. Poco dopo però, quando Malcom tornò con un sacchetto di cornetti appena sfornati, ci pensò lui a metterla al corrente della situazione.
« Che bastardo! » fu il commento di lei « ma si può sapere perché gli hai chiesto di portare qualcuno? Già sarebbe stato difficile per voi due rimanere soli con tutta quella gente, avrà pensato che non fossi assolutamente interessata »
« Sagge parole » le fece eco Malcom addentando un cornetto il cui ripieno al cioccolato si riversò completamente sulla superficie del tavolo. Tanto quel posto era già un porcile …
« Quindi state dicendo che è tutta colpa mia ? » chiesi disperata mettendomi le mani tra i capelli come faceva mia madre quando Dylan non voleva mangiare.
« No, certo che no » mi tranquillizzò Beth allungando un braccio per accarezzarmi la schiena « sei solo stata un po’ ingenua, tutto qui. Questa Katy mi sembra una gran vipera, quanto a Josh, devo dire che non mi convince »
« Sta facendo il doppio gioco » aggiunse Malcom « chissà quante altre ragazze ha portato alla pista da skateboard »
« Magari gli piace circondarsi di ragazze per poter sempre avere una vasta scelta. Una specie di harem! »
La fantasia di Beth stava già cominciando a galoppare. Ma forse le sue supposizioni non erano del tutto infondate.
« Ho un’idea! » esclamò all’improvviso schioccando le dita « lunedì, e non domani perchè la domenica è sacrosanta, io, te, Malcom e Dean, ci dedicheremo a una missione di spionaggio! »
« Vorresti spiare Josh? » domandai incredula.
« Esatto! Dobbiamo scoprire se è davvero un Don Giovanni o solo un tipo molto socievole »
« A me pare una buona idea » annuì Malcom con gli occhi illuminati da un lampo di pazzia.
« E chi baderà al negozio? » chiesi cercando di rimanere razionale.
« Per un pomeriggio potrà anche rimanere chiuso » sbottò Malcom allontanando metaforicamente il pensiero con un gesto netto della mano « preferisci una noiosa giornata lavorativa a un’eccitante missione di spionaggio? »
« A dire il vero si! » esclamai esasperata « amo il mio lavoro e non sono tagliata per i sotterfugi! Non posso spiare Josh, sarebbe ridicolo! »
« Allora lo faremo noi » si impuntò Beth « mentre tu rimarrai al Bohemian Records ad archiviare Cd »
Lasciare tre scriteriati da soli a pedinare Josh per tutto il pomeriggio?
No, non potevo permetterlo, qualcuno doveva pur fare l’adulto, anche se loro erano tutti più grandi di me almeno di un paio d’anni.
« E va bene » accettai infine tirando un lungo sospiro rassegnato « verrò anche io ma continuo a pensare che sia un’idea assurda »
« Appunto, è proprio questo che la rende geniale! »
Beth alzò in alto la mano e batté il cinque con Malcom.
Mancava solo Dean e il quadretto della pazzia sarebbe stato completo.
« Ah, quasi dimenticavo » aggiunse Malcom « dovremmo coinvolgere anche la tua amica Georgia. Non l’ho mai conosciuta ma da ciò che mi hai raccontato mi ha dato l’impressione di essere abbastanza sveglia e cospiratrice »
Beth annuì e prese a sfregarsi la mani con un’espressione da strega malvagia.
Per tutta risposta, scossi la testa e presi a sbatterla ripetutamente contro la superficie liscia del tavolo.
Ecco, ci mancava solo Georgia … adesso si che ero nei guai!
 
* la canzone cantata da Malcom dovrebbe essere una specie di riadattamento di “La Solitudine” di Laura Pausini (Marco se n’è andato e non ritorna più …) anche se il risultato ottenuto non era esattamente quello che speravo ahahahahahha!
 
Salve gente!
Non posso credere di essere di nuovo qui ad aggiornare nonostante il poco tempo a disposizione per scrivere.
Allora, non ho riletto attentamente il capitolo perché sto per partire con la scuola ma, sempre per lo stesso motivo, ho deciso di pubblicarlo lo stesso perché altrimenti non avrei saputo quando farlo. Al mio ritorno lo revisionerò con cura.
A parte questo, che ne pensate?
Josh è colpevole? Katy vi sta sul cavolo? Grace vi fa un po’ pena? Fatemi sapere!
Nella prossima puntata …ehm, volevo dire, nel prossimo episodio, i nostri eroi attueranno questa famosa missione di spionaggio. Ho già buttato giù parecchie idee e una di questa vede Dean al volante di un vecchio furgoncino hippy tutto colorato.
Amo inventare personaggi completamente fuori di testa.
Detto questo vi lascio, il festival della filosofia a Lecce mi aspetta (mi viene da sbadigliare solo a scriverlo).
A presto,
Baci Sam.
P.S. Ho scritto un piccola OS di poco conto ma se vi interessa questo è il link:
 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2216731&i=1

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