Madeleine ~ di Sariel (/viewuser.php?uid=20530)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Paris 1748 ***
Capitolo 3: *** Newborn [Neonata] ***
Capitolo 4: *** Monstre aux yeux violet [Mostro dagli occhi viola] ***
Capitolo 5: *** La première fois [La prima volta] ***
Capitolo 6: *** Cela va sans dire ***
Capitolo 7: *** Femme Fatale ***
Capitolo 8: *** Adieu ***
Capitolo 9: *** Une ténébreuse affaire. ***
Capitolo 10: *** Prisonnière. [Prigioniera] ***
Capitolo 11: *** Espoir. [Speranza] ***
Capitolo 1 *** Introduzione ***
MADELEINE ~
{ Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima? }
~
I
vampiri. Creature
mitiche, maledette ma splendide. Ci sono leggende e credenze su di
loro, quasi
tutte false.
Non
ci sciogliamo al
sole, per carità. Chi ha messo in giro una storia simile? E
non dormiamo nelle
bare. Andiamo, i vampiri amano il lusso, vivono in mezzo a voi umani, in
sontuose case e
nemmeno ve ne accorgete.
Mi
chiamo Madeleine Leclerc
e sono un vampiro. Sono un vampiro da ormai quasi 300 anni. Ho imparato
a
accettare la mia situazione con il tempo, a non avere più
orrore di uccidere la
gente per cibarmi. E ora? Ora aiuto voi umani.
Esaudirò
qualunque
vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra
anima?
***
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|
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Capitolo 2 *** Paris 1748 ***
MADELEINE ~
{ Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima? }
CAPITOLO
PRIMO
Parigi
1748
a
belle ville,
Parigi. Era il 1748. A
quell’epoca avevo
18 anni, appena compiuti. I miei capelli erano lunghi e castani,
talmente
chiari che alla luce del sole sembravano quasi biondi. E i miei occhi erano particolari.
Avevano il
colore dell’ametista. Era una particolarità di
famiglia anche se tra le mie
sorelle ero l’unica ad averli. Li avevo ereditati da mio
padre, François
Leclerc. Mio padre era morto qualche anno prima e la famiglia ora era
in mano
mia. Mia madre non riusciva a occuparsi di me e delle mie sorelle, era
troppo
malata. Per questo ero io a fare tutto con l’aiuto di
Monique, Isabelle,
Liliale e Françoise, le mie sorelle. I miei fratelli,
André e Jean-Baptiste,
avevano da poco preso moglie e vivevano a pochi metri da casa nostra.
Ogni
mattina passavo dal mercato del pesce sotto casa e poi dal panettiere.
Il resto
che mi avanzava lo tenevo da parte, per comprare i medicinali per mia
madre.
La
mia vita non mi soddisfaceva, soprattutto quando vedevo passare le
carrozze che
portavano nobildonne e nobili verso i loro sontuosi palazzi, a teatro o
addirittura a Versailles. Da piccola mi immaginavo di essere una
nobildonna,
immaginavo di indossare uno di quei vestiti, lavorato divinamente,
pieno di
pizzi e merletti.
Ma
una semplice popolana non poteva vivere quella vita. A Parigi la netta
distinzione tra i nobili e il popolo era evidente ma nonostante questo
Parigi
rimaneva Parigi, la belle ville.
Per
le vie della città voci e profumi accompagnavano gli
abitanti che camminavano,
correvano, cercando di farsi spazio tra la folla. Al mercato del pesce
il puzzo
era fortissimo e le urla dei mercanti arrivavano fino alla porta di
casa.
Quella mattina uscii di casa come al solito con il mio cesto per il
pane,
fermandomi al pozzo per sciacquarmi il viso. Feci un respiro profondo e
mi
gettai nella folla, sperando di arrivare il prima possibile dal
panettiere. La
Senna scorreva silenziosa
poco lontano, a due traverse dal mercato. Svoltai a destra ed entrai
dal
panettiere.
«Bonjour
Madeleine.»
«Oh, bonjour Clement.» mi avvicinai
al
bancone e appoggiai il cesto. «Il solito, grazie.»
«Ci
sono novità sai?» mi disse, mentre metteva nel mio
cesto le sei pagnotte che
prendevo ogni giorno.
«Di
che tipo?» chiesi, curiosa.
Si
avvicinò a parlò a bassa voce. «A
quanto pare il re ha affidato il governo a
Madame de Pompadour. Non ufficialmente, ma quella
influenza ogni decisione del re.»
«No,
dici sul serio?» lo fissai stupita mentre lui annuiva.
«Quella donna è il
demonio!»
«Già.
Inoltre il prezzo del pane è aumentato.»
«Ah,
di nuovo?. Quanto ti devo?» presi dalla tasca i 40 centesimi
che mi servivano normalmente per
pagare il pane.
«Sono
60 centesimi.» lentamente tirai fuori due pagnotte dal cesto
e gliele porsi.
«E
ora? Bastano i soliti 40 centesimi?» lo guardai dolcemente,
sapendo avrebbe
ceduto.
«E
va bene.»
«Grazie
mille.» presi il cesto e mi avviai verso la porta.
«A domani!»
Quel
giorno avrei rinunciato alla mia parte. Quattro pagnotte per tutta la
famiglia
erano poche ma non potevo permettermi altro.
Mi
rigettai nella folla ma decisi che era meglio proseguire per le vie
trasversali, in modo da non trovare gente. Svoltai nella prima via che
trovai,
stretta e buia, e continuai a camminare fino a che non andai a sbattere
contro
qualcosa. O meglio, qualcuno. Lui.
Colui che avrebbe cambiato la mia vita.
Caddi
all’indietro, finendo per terra. La sua mano si
allungò verso di me e mi aiutò
a rialzarmi.
«Grazie»
mi pulii la gonna, che si era sporcata di terra. «Mi scusi,
non guardavo dove
stavo and-» alzai lo sguardo per guardare contro chi ero
finita e rimasi senza
fiato.
Era
un angelo. Umano non poteva essere.
La sua pelle diafana risaltava sul mantello rosso scuro che indossava
ma
soprattutto risaltava sulla spilla di onice che aveva sul colletto
lavorato
della camicia. I suoi capelli cadevano in ciuffi scomposti sul viso,
mentre
dietro erano legati in un codino. Erano così chiari che si
potevano benissimo
vedere anche al buio. Ma la cosa che mi colpì di
più furono i suoi occhi. Due
smeraldi accessi che sembravano illuminare l’angolo buoi del
vicolo in cui
eravamo.
«Bonjour mademoiselle. » la sua
voce era
calda e sensuale. Mi prese la mano e me la sfiorò con le
labbra mentre un
brivido mi corse lungo la schiena.
Boccheggiai
un attimo per cercare le parole ma tutto quello che riuscii a dire fu
un
«S-salve» sussurrato.
Il suo sguardo divenne incuriosito. Mi squadrò da capo a
piedi e
un angolo della bocca si incrinò in un sorriso. Sentii una
vampata di calore
alle guance, il suo sguardo mi aveva fatto arrossire. Aprii la bocca
per
parlare ma lui mi fermò.
«Devo
farmi perdonare per aver fatto cadere una ragazza così
bella.»
«N-no,
sul serio.» mi chinai velocemente per prendere il mio cesto.
«Mi scusi devo
andare.»
Mi
voltai e corsi via, nella folla. Mi rifugiai in casa, ancora con il
batticuore
e il viso arrossato. Tentai di riprendere fiato. Quell’uomo
era terribilmente
affascinante ma qualcosa in lui mi aveva messo paura. Non sembrava umano. Rimuginai un po’
sull’incontro
appena fatto, avevo ancora i brividi. I miei pensieri vennero
interrotti da
Liliale, la mia sorella minore.
Si
avvicinò alla porta e mi guardò con i suoi grandi
occhioni blu. «Madeleine,
dov’eri finita?»
«Excuse-moi, mon chérie. Ho
tardato per
prendere il pane. » mi diressi verso la stanza che ci faceva
da cucina e da
camera da letto. Appoggiai il pane sul tavolo di legno e mi avvicinai
al letto
di mia madre.
«Maman, come stai?» le passai un
pezzo di
stoffa bagnato sulla fronte.
Mia
madre aprì leggermente gli occhi e si sforzò di
sorridere, ottenendo solo
un’espressione di dolore. Aprì la bocca per
parlare ma un attacco di tosse
glielo impedì. Le avvicinai un fazzoletto alla bocca e
quando finì di tossire
controllai se ci fossero tracce di sangue. Il dottore mi aveva detto di
stare
attenta e controllare la situazione dell’apparente polmonite
di mia madre, per
accertarmi che non fosse tisi o peggio. Fissai con orrore il pezzo di
stoffa
bianco: una chiazza rossa si stava espandendo proprio al centro.
Cominciai a
sudare freddo. Chiamai Liliale e le altre mie sorelle dicendo loro di
tener
d’occhio nostra madre mentre andavo a chiamare il dottore.
Corsi
più che potei fino ad arrivare alla casa del dottore, subito
dopo la
panetteria. Mi seguì fino a casa, continuavo a ripetergli di
sbrigarsi ma
quando arrivammo a casa, era troppo tardi.
*
Fu
chiamato un prete e il corpo fu subito seppellito, accanto a quello di
nostro
padre. Eravamo distrutte. Ora eravamo davvero sole. I miei fratelli si
offrirono di occuparsi delle nostre due sorelle più piccole,
Liliale e
Françoise, le gemelle. L’unica cosa che potei fare
era acconsentire, in modo da
poter tenere con me Monique.
Quella
notte vagai sulla sponda della Senna. Avevo lasciato Monique a casa, si
era
addormentata dopo un’ultima crisi di pianto. Camminai a lungo
sulla riva del
fiume, fissando come ipnotizzata il riflesso della luna sulla
superficie
increspata del fiume. Tentai di restare calma, senza lasciarmi andare
alle lacrime.
Avevo resistito tutto il giorno per le mie sorelle ma in quel momento
non ce la
facevo più. Grosse gocce cominciarono a scendermi sulle
guance, mentre il vento
freddo della sera mi colpiva il viso. In pochi secondi mi ritrovai
rannicchiata
per terra, con i singhiozzi che mi scuotevano il corpo. Ora era tutto
perduto.
«Mademoiselle?»
La
voce calda di quella mattina mi colse di sorpresa. Mi voltai verso
destra e me
lo trovai di fronte. I capelli risplendeva sotto i raggi pallidi della
luna,
era ancora più mozzafiato. Mi rialzai e mi riasciugai le
lacrime.
Che
poteva volere un uomo così elegante e curato,
così tanto da sembrare nobile, da
una come me?
Fece
qualche passo verso di me. «Qu’est-ce
que
s’est passé?»
«Ma mère est mort.»
gli risposi
singhiozzando.
Si
avvicinò ancora e, inaspettatamente, mi
abbracciò. Sgranai gli occhi dallo
stupore, tentando di capire che cosa stesse facendo. Il suo corpo era
duro come
il marmo e freddo, come se il sangue non gli scorresse. Provai un
brivido non
appena le sue mani toccarono la pelle nuda delle mie braccia.
Naturalmente non
potei capire il significato di quelle parole. Il suo sussurro roco al
mio
orecchio mi fece girare la testa.
«Stai
tranquilla. Andrà tutto bene.»
E
in un attimo sentii un dolore acuto alla gola.
***
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Bè che dire...grazie ad AnimaDannata per la prima recensione xD |
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Capitolo 3 *** Newborn [Neonata] ***
MADELEINE
~
{
Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma
siete pronti a perdere la vostra anima?
}
Nota
al
capitolo: prima
di tutto, grazie a
tutti per i commenti! Non pensavo potesse piacere
così tanto questa fic ç.ç.
Per il momento non vorrei rispondere alle domande nei commenti, non
voglio
anticipare nulla se non una sola cosa: il significato
dell’epilogo si capirà
solo più avanti, per il momento la storia si incentra su
Madeleine e la sua
nuova vita. Andando avanti…ah, no non dico nulla *si cuce la
bocca*.
Ecco
qua una piantina della casa di
Madeleine, per capire meglio le posizioni di personaggi e cose in
questo
capitolo. Naturalmente ho messo solo gli oggetti citati, ci sarebbero
altri tre
“letti” sulla piantina.
Thanks
to AnimaDannata, Lady
Alice,
chibimiky, momob,
Je91, Roxy
Jane e AliDiPiume per i
commenti su EFP.
Buona
lettura,
Sara
Ps
un consiglio. Ascoltate Newborn dei
Muse <3
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CAPITOLO
SECONDO
Newborn
Mi
risvegliai alle prime luci dell’alba, sulla riva della sera
prima. Mi guardai
intorno confusa, la testa mi pulsava da morire. Sentivo qualcosa,
qualcosa di diverso, difficile da descrivere che capii
solo dopo. Rimasi a fissare le increspature dell’acqua per
qualche minuto,
tentando di concentrarmi e capire. In quel momento capii
cos’era quella
sensazione. Riuscivo a percepire ogni rumore, ogni profumo in modo
straordinario. Riuscivo a sentire il profumo del pane appena sfornato
di
Clement, appena due strade dietro di me, lo sciabordio
dell’acqua del lavatoio
di fronte a casa. Il rumore dell’acqua agitata della Senna
era addirittura
fastidioso, talmente era forte. Ma questo non fece altro che accrescere
la mia
ansia, il mio tormento.
Era
stato un sogno? O meglio, un incubo? Tutto ciò che era
successo, o che
immaginavo fosse successo, il giorno prima era reale? La morte di mia
madre,
l’incontro con quell’angelo? Portai istintivamente
la mano alla gola, nel punto
in cui avevo sentito dolore. La pelle era tirata e gonfia in due punti,
due
piccoli fori il cui contorno seguii con le dita. Mi sforzai di
ricordare ma più
ci provavo, più il ricordo svaniva, come in una nuvola di
fumo.
«Madeleine!»
la voce spaventata di mia sorella mi fece tornare alla
realtà. Mi voltai e la
vidi correre verso di me, come una forsennata. Le guance erano
imporporate e il
suo respiro era veloce a causa della corsa. Mi strinse in un abbraccio
e
cominciò a singhiozzare. Le passai una mano tra i capelli e
il loro profumo mi
colpì subito.
«Dov’eri
finita?» mi chiese, ancora scossa dai singhiozzi.
«Non ti trovavo più.»
«Scusa
Monique.» tentai di tranquillizzarla, stringendola di
più a me. «Non succederà
più.»
Si
distaccò e si asciugò le lacrime. Nei suoi occhi
potevo leggere perfettamente
cosa aveva provato. Paura, ansia, abbandono.
«Andiamo
a casa.» cominciavo a sentirmi male. Gli odori erano
diventati sempre più
pungenti, i rumori sempre più forti. Cominciava a girarmi la
testa.
Barcollai
fino a casa reggendomi a Monique, fingendo di essere allegra per non
farle
capire come mi sentivo. Mi buttai sul letto che fino al giorno prima
aveva
occupato mia madre e mi presi la testa fra le mani. Sembrava scoppiare.
Il
senso di nausea non faceva altro che aumentare, l’entrata in
casa aveva
peggiorato la situazione. Lo scricchiolio delle assi di legno sopra la
mia
testa, lo zampettare dei topi nei muri, le voci della gente per
strada……tutto
si fondeva in un unico rumore molesto così come i profumi
delle donne, l’odore
dei sigari degli uomini e il puzzo di pesce si univano per creare un
unico e
insopportabile fetore.
Poco
prima ero affascinata da questa nuova mia sensibilità dei
sensi ma ora tutto mi
appariva confuso. Respirai profondamente più volte, sperando
che quel senso di
malessere sparisse. Intanto vidi che Monique si era avvicinata,
più preoccupata
di prima, e con le sue manine preparava un panno umido per me.
«Qu’est-ce que tu fais?»
le domandai con
un filo di voce.
Mi
fissò con i suoi grandi occhi azzurri. Sorrise nervosamente
ma non rispose.
«Où est Isabelle?»
Isabelle era la più
grande dopo di me. Nostra madre le aveva già scelto un
marito da tempo, un
giovanotto di sedici anni figlio del carpentiere che abitava di fronte
a casa
nostra. Il matrimonio era previsto per il mese successivo.
«E’
andata da André.» mi fissò ancora un
momento. Sospirò. «Madeleine, che hai?»
«Je ne sais pas.» E in effetti
era vero. Ciò
che era successo la notte precedente era oscuro, come se il ricordo
fosse stato
cancellato dalla mia mente.
La
testa continuava a girarmi e dovevo avere un aspetto orrendo, lo capii
dallo
sguardo che Monique mi lanciò. Cominciai a respirare a
fatica e a sudare
freddo, senza un motivo apparente.
«Vado
a chiamare il dottore.» il tono della sua voce
tradì la sua paura. Volevo dirle
di stare tranquilla, che non c’era bisogno di chiamare
nessuno ma era già corsa
fuori di casa.
Mi
girai a fatica su un lato, fissando l’ingresso della stanza.
Chiusi gli occhi e
respirai a fondo, di nuovo, sperando che passasse tutto ma non ottenni
nessun
risultato. Sentii la porta di casa cigolare e riaprii di scatto gli
occhi. Dopo
qualche rumore di passi una figura apparve davanti a me. Tentai di
mettere a
fuoco il suo volto ma vedevo tutto offuscato. Si avvicinò a
me, sentivo il suo
fiato sul mio viso.
«Bonjour Madeleine.»
sussurrò piano al
mio orecchio.
Era
lui, la sua voce calda era
inconfondibile. Sentii la sua mano ghiacciata accarezzarmi il braccio,
facendomi venire i brividi. Non appena avvertii il suo tocco il dolore
cessò.
«Che
mi avete fatto?» riuscii a dire con la voce ridotta ad un
soffio. La sua mano
si bloccò proprio sopra il mio gomito.
Alzai
leggermente lo sguardo e riuscii a vedere nitidamente il suo viso a
pochi
centimetri dal mio. La sua mano si sposto sulla mia guancia.
«Shh.
» mi appoggiò un dito sulle labbra. «Ma
chérie, andrà tutto bene.»
appoggiò delicatamente le sue labbra fredde ma
morbide sulle mie. «Andrà tutto bene.»
ripetè di nuovo, deciso.
Si
allontanò da me e si diresse verso la porta, lasciandomi
sprofondare nel mio
disagio. Il dolore alla testa cominciò ad aumentare ancora,
diventando
insopportabile. Cominciai a gemere dal dolore.
Delle
voci che conoscevo provenivano dallo stanzino dell’entrata,
voci preoccupate,
nervose che però si calmarono subito non appena
parlò lui. Tentai di
concentrarmi su qualcos’altro per non permette al
miscuglio di voci di entrarmi nella testa. Colsi sono alcuni pezzi
della
conversazione e mi stupii quando vidi entrare mio fratello
André, Monique e il
misterioso ragazzo dalla porta della stanza.
Monique
fu la prima ad avvicinarsi a me. Mi prese la mano e mi sorrise.
«Non
sono riuscita a trovare il dottore. Ma quest’uomo ha detto
che ti aiuterà.» Nonostante
il suo sorriso, la tristezza le velava gli occhi. Le strinsi la mano.
«Andrà
tutto bene, stai tranquilla.» sussurrai, tentando di
convincere me stessa più
che lei.
«La
carrozza è arrivata.» sentii il personaggio
misterioso sussurrare a mio
fratello. «La farò subito visitare da un medico,
avrà tutte le cure che le
servono. Potete fidarvi.»
«Perché
fate questo? Siete così gentile con noi e non ci conoscete
nemmeno.»
«Vostro
padre era un mio grande amico.» Bugiardo. Nostro padre non
aveva avuto amici o
conoscenti nella classe borghese e nobile. Tentai di replicare, di dire
a mio
fratello di lasciarmi a casa, che mi sarei ripresa subito. Naturalmente
non
avevo ancora idea di quello che mi stava succedendo ma
quell’uomo, così bello e
seducente, mi affascinava e mi metteva paura allo stesso tempo. Non
avevo forza
per parlare e tutto quello che mi uscì dalla bocca fu un
gemito strozzato.
Mio
fratello si avvicinò, mi prese in braccio e si
avviò alla carrozza.
«No…»
gemetti.
«Stai
tranquilla.» mi posò sul comodo sedile della
carrozza e mi diede un bacio sulla
fronte. «Ci rivedremo presto, verremo a trovarti.»
«No»
ripetei, ma il mio sussurro era impercettibile.
In
un attimo l’angelo diabolico
fu
accanto a me e la carrozza partì, portandomi verso
l’oblio.
*
La
sua vicinanza, il suo tocco leggero sulla pelle non mi fece sentire
dolore per
tutto il viaggio. Arrivammo ad una grande casa, una villa immensa,
finemente
lavorata e di un giallo pallido ed immersa in un enorme prato.
Mi
prese tra le sue braccia e mi portò all’interno
della casa. Tutto quello che riuscivo
a vedere erano solo ombre confuse, nulla mi appariva chiaro agli occhi.
Mentre
salivamo sentii brusii provenire dalle porte delle stanze e percepivo
la
presenza di qualcuno. Colsi alcune parole ma c’erano troppe
persone.
Entrammo
in una stanza grande e ariosa, illuminata dalla luce rossastra della
sera. Lì
mi appoggiò al letto, talmente morbido e comodo che mi
sembrò di essere in
paradiso.
Si
sedette accanto a me e si avvicinò a me. «Tra poco
finirà tutto. Ora chiudi gli
occhi e riposati.» Obbedii all’istante e la
stanchezza di quella giornata e
della precedente prese il sopravvento. Caddi in un sonno profondo,
senza
sognare.
Sapevo
che era accanto a me perché non sentivo dolore.
L’unica cosa che riuscivo a
percepire era il freddo.
Cominciò a
farmi venire i brividi, ad entrare nel mio sangue. Fu una sensazione
fastidiosa,
avvertii un formicolio in tutto il corpo. Mi rannicchiai in posizione
fetale e
mi raggomitolai sempre di più, per cercare di scaldarmi. Con
lui vicino era
difficile dato che sentivo anche la sua pelle ghiacciata.
Passarono
minuti, ore. La timida luce della luna entrava attraverso la finestra,
illuminando in un alone misterioso il letto. Aprii leggermente gli
occhi e misi
a fuoco la stanza. Di fronte a me, proprio davanti alla finestra,
c’era lui,
seduto su una poltrona imbottita di velluto rosso porpora, che
sorseggiava un
liquido rosso da un bicchiere.
Quando
aprii gli occhi mi sorrise.
«Bentornata
tra noi.»
Mi
alzai piano, temendo di non reggermi in piedi ma le forze mi erano
tornate. Il
dolore era sparito del tutto, la sensazione di freddo anche. Deglutii e
cominciai a parlare.
«Chi
siete?»
«Puoi
chiamarmi Pierre.» disse, con un inchino.
«Che
mi avete fatto?» gli posi la stessa domanda che gli avevo
fatto quando eravamo
nella mia casa.
«Ti
ho curato.» disse semplicemente, pulendosi le labbra dal
liquido rosso con un
fazzoletto candido. Si alzò e si avvicinò.
«Ho promesso a tuo fratello e alla
tua sorellina che ti avrei guarito. Dopotutto sono un amico di vostro
padre.»
Feci
un passo verso di lui. «Bugiardo! Nostro padre no-»
barcollai in avanti ma le
sua braccia forti mi presero prontamente. Mi girava di nuovo la testa.
Lo
sentii sbuffare mentre mi faceva sedere sulla poltrona che aveva
occupato lui
fino a pochi minuti prima.
«Bevi,
ti sentirai meglio.» mi porse il bicchiere dal quale stava
bevendo.
Presi
il bicchiere e sorseggiai lentamente. La dolcezza di quel liquido mi
colpì,
dandomi alla testa. Era la cosa più buona che avessi mai
assaggiato.
«Che
cos’è?» chiesi, avida di averne altro.
«Sangue
umano.»
Sgranai
gli occhi, inorridita. «S-sangue?»
«Sì,
sangue.»
Ma
dove ero finita? All’inferno forse? Lui era un angelo caduto
tra le fiamme e
ora voleva portarmi con lui?
Lo
fissai spaventata con la stessa espressione inorridita.
Mi
prese il viso tra le mani e si avvicinò. Sentivo il suo
respiro sul mio viso.
«Non
fare tanto la schizzinosa. Tra poco imparerai il piacere di uccidere e
cibarti
di sangue umano.»
«Che
cosa mi avete fatto diventare?» sussurrai, incantata dai suoi
occhi.
«Una
delle creature più leggendarie e oscure di questo mondo, ma chérie. Ora voi siete un
vampiro.»
|
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Capitolo 4 *** Monstre aux yeux violet [Mostro dagli occhi viola] ***
MADELEINE
~
{
Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma
siete pronti a perdere la vostra
anima? }
Nota
al capitolo: ragazze
sono davvero
commossa. Wow, in 10 avete messo la fic tra i favoriti *__*
Grazie
di cuore a tutte <3 Scusate se non rispondo a tutti
ç.ç
AnimaDannata
no
Pierre non è solo
una comparsa xD è parte fondamentale della storia anche
se…wah, non anticipo
nulla *si cuce la bocca* grazie mille <3
AliDiPiume
bè
chi non è
affascinato dai vampiri? °ç° io li adoro *_*
Roxy
Jane New
Born
è una canzone fantastica <3 Comunque
grazie davvero ç.ç e grazie anche per la
recensione sul forum ^^
details_93
grazie
anche a te per
la recensione sul forum °ç°
momob
dici
che mi conviene
mettere le note come per il primo capitolo per le frasi in francese?
Comunque
da qui in avanti non saranno tantissime anche perché la mia
conoscenza del
francese non è ampissima xDD
Jinevra
grazie ^^ sullo stile
però non sono d’accordo O__O o meglio, non
è d’accordo la mia prof di italiano
xD
Parlando
seriamente devo dire che questo capitolo non mi piace. Forse sono
troppo soggettiva,
essendo l’autrice, ma ho avuto grandi difficoltà
nello scriverlo. Non sono
riuscita a dare ai personaggi le sensazioni giuste, quelle che avevo
già nella
mia mente, perciò non mi soddisfa. In ogni caso
l’unica cosa che mi piace è il
titolo xDDD
Va
bè, vi lascio al capitolo ^^ Buona lettura,
Sara
Ps
un altro consiglio. Ascoltate Lithium degli Evanescence <3
Ps
2 ecco a voi la mia Madeleine °ç°
Lineart by http://kitton.deviantart.com
Colored by http://miss-kinomoto.deviantart.com
{me}
Campagna di
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Farai
felice milioni di scrittori.
CAPITOLO TERZO
Monstre aux yeux violet
ampiro?»
sussurrai, atona. Non smettevo di fissarlo un attimo, completamente
presa dai
suoi occhi. Cercai di capire cosa
stesse pensando. La sua espressione tranquilla mi faceva impazzire,
parlava
della situazione come se fosse stata la cosa più naturale al
mondo. Sangue umano. Mi vennero i
brividi. Ero
diventata un mostro?
Il
sorriso soddisfatto che apparve sulle sua labbra sottili e perfette mi
fece
scoppiare. Mi alzai di scatto, scagliando il bicchiere ancora sporco a
terra
dove si infranse in piccole schegge.
«Come
avete potuto?» mi uscì tutto il disgusto che
provavo. Non riuscivo a crederci.
Continuava a mantenere la calma, quasi indifferente alla mia reazione.
No, era
certamente uno scherzo, uno scherzo di pessimo gusto.
«Che
cosa-» boccheggiai, stavo perdendo il controllo.
«Che cosa sono?»
soffiai.
«Te
l’ho già detto, ma
chérie, siete un
vampiro.» rispose con tranquillità.
«Non
prendetevi gioco di me, Pierre.» avanzai di qualche passo
tenendomi la mano
appoggiata al muro, tentando di non barcollare. «I vampiri
non esistono, sono
solo leggenda.» L’effetto paradisiaco del liquido
rosso stava finendo, sentivo
nuovamente la stanchezza di poco prima. Mi appoggiai con tutte e due le
mani al
muro, mi ricominciò a girare la testa.
«Ah,
no? Ne siete veramente certa?» si avvicinò a me.
Mi afferrò per il braccio e mi
girò con la schiena contro il muro.
Fece
passare il suo braccio dietro di me e mi sostenne per i fianchi,
evitando di
lasciarmi cadere. Di nuovo sentii il suo respiro sul mio volto.
«E questo come
me lo spiegate? La vostra debolezza vi sembra normale? E il vostro
benessere
quando avete assaggiato il sangue? Questa notte siete morta mia cara ma
la
vostra nuova vita è iniziata.»
bisbigliò al mio orecchio. «Vi ho tolto la vita e
non me ne pento. Vi ho aperto la porta
all’immortalità, ai vostri desideri.»
portò la sua mano libera sulla mia guancia. Sentivo la pelle
bruciare,
nonostante la sua mano ghiacciata. «Tutto quello che avete
sognato fino ad oggi
potrà essere vostro.»
«Non
voglio. Lasciatemi andare.» sussurrai con voce spezzata.
Scese
verso l’incavo del collo e posò un leggero bacio
sui due puntini rossi perfetti
del suo fatale morso. «E’ troppo tardi.»
sentii che sorrideva. «Ora siete mia,
non vi lascerò andare così facilmente.»
«Vi
prego. Lasciatemi. Uccidetemi piuttosto.»
Si
rialzò per potermi guardare negli occhi. I tratti del suo
viso si erano
induriti di colpo, dandogli una bellezza quasi demoniaca.
«Questo non è
possibile. Ve l'ho detto, non vi lascerò andare, in nessun
modo. Vi manderò una
serva, potrete lavarvi e vestirvi. Vi aspetterò
giù nel salone, avete bisogno
di cibarvi.»
Si
staccò da me e, non avendo più il suo braccio
come sostegno, mi lasciai
scivolare a terra. La porta sbatté all’uscita di
Pierre, facendomi sussultare. Rimasi
a fissare un punto imprecisato davanti a me. La rabbia mi ribolliva
ancora
dentro. Non
riuscivo a sopportare il suo
comportamento equilibrato e tranquillo. Ma alla fine i vampiri erano
reali?
Si
stava prendendo gioco di me?
«Questa
notte siete morta mia cara ma la vostra nuova vita è
iniziata.»
Mi
portai istintivamente una mano al petto e rabbrividii. Tutto quello che
percepii fu solo la morbidezza della mia pelle ghiacciata. Non riuscivo
a
sentire il mio cuore. Inspirai profondamente, cercando di calmarmi.
Allora
era vero. Mi aveva fatto diventare un mostro.
Mi alzai con fatica e mi diressi verso lo specchio. Era come vedere il
mio
riflesso per la prima volta.
La
mia pelle era bianca quasi quanto il marmo, le ombre sotto i miei occhi
erano
profondissime e risaltavano sulla pelle smorta. I miei lunghi capelli
sembravano quasi più lucenti di prima, cadevano in boccoli
perfetti sulle mie
spalle. La mia bocca era piccola ma carnosa, di un rosso chiaro. Alzai
leggermente il labbro superiore e scorsi i due denti affilati, identici
a
quelli che mi avevano fatto i due piccoli fori sul collo, ancora rossi
ed
evidenti. Tutto il mio corpo era cambiato, i muscoli si erano
rassodati, così
come il mio seno, che era diventato sodo e perfetto. L’ultima
cosa che guardai
con attenzione furono i miei occhi. Erano sempre stati belli per la
loro
particolarità ma ora sembravano brillare di luce propria. Vi
si potevano
scorgere tutte le sfumature del viola, sembravano due ametiste.
«Madame?» una voce femminile mi
destò dai
miei pensieri.
Una
giovane ragazza, poco più vecchia di me
all’apparenza, stava sulla porta e mi
fissava, tenendo in mano degli asciugamani.
«Mi
ha mandato il padrone.» fece qualche passo avanti, timorosa.
Continuai
a fissarla, senza dire o fare nulla. Non appena mi fu vicina lo sentii. Un profumo delizioso mi
arrivò le narici, dandomi alla testa. Il profumo
più delizioso che avessi mai
sentito. La ragazza si abbassò verso di me, se mi fossi
mossa in avanti di
qualche centimetro avrei raggiunto senza problemi il suo collo scoperto.
Continuavo
a pensare ad un modo per poterla assaggiare,
ero avida del suo sangue. La vidi tremare mentre mi portò
verso il bagno. Cercavo
da un lato di mantenere la calma e trattenermi ma dall’altro
non vedevo l’ora
di affondare i denti sul suo collo. Optai per la prima opzione, ancora
disgustata da quanto appena successo.
La
serva si congedò non appena uscii dalla vasca, dicendomi che
avrei trovato il
vestito da indossare sul letto. Non appena se ne andò provai
sollievo per la
tortura appena finita. Il suo odore era ancora nell’aria ma
era sopportabile.
Camminavo ancora con fatica e quando entrai nell’altra stanza
trovai un
bicchiere pieno si sangue, identico a quello che avevo scaraventato a
terra.
Era un invito, stavo impazzendo dalla sete. Tentai di non guardarlo per
un po’
mentre mi vestivo. Il vestito che la ragazza aveva lasciato era rosso
scuro, mi
lasciava scoperte le spalle e cadeva a balze. Uno spacco si apriva
sulla gamba
destra, una cosa inconsueta per i soliti vestiti.
Quando
non trovai più nulla da fare mi voltai verso il bicchiere.
Solo al pensiero di
bere nuovamente del sangue umano mi venne la nausea. Sapevo che mi
avrebbe
rinforzato ma l’idea mi disgustava.
Lottavo
ancora contro due istinti opposti. Rimasi a fissarlo qualche secondo ma
non
resistetti. Lo afferrai e bevvi tutto d’un fiato il suo
contenuto, sentendomi
subito meglio. La nausea sparì così velocemente
come era arrivata. Per un
attimo il piacere prese il sopravvento sul disgusto. Mi sedetti sul
letto e
fissai fuori dalla finestra. Era già notte fonda,
però potevo scorgere le
sagome degli alberi, riuscivo quasi a vederli distintamente, come se
fosse già
giorno. Restai a mirare le stelle e pensai. Ripercorsi nella mia mente
tutto quello
che era successo in quei due- mi sorpresi del fatto che ne erano passati così pochi - giorni. Non trovavo una spiegazione logica a quanto mi era
capitato.
Il
disgusto, l’orrore, la paura, il fascino del sangue e il
piacere nel
berlo… tutte quelle sensazioni mi riempivano
l’anima- sempre che ne avessi
ancora una- e mi confondevano di più.
Dovevo
parlargli. Dovevo assolutamente parlare con Pierre. Dovevo sapere
almeno il
motivo per cui mi aveva reso un vampiro.
*
Non
appena uscii dalla porta sentii un brusio provenire dalla sala del pian
terreno. Scesi velocemente l’imponente scalinata di marmo
bianco e mi fermai
poco prima della porta. Sentivo voci- molte voci in realtà-
e la cosa non mi
piaceva. Non mi piaceva per niente.
Volevo
parlare con Pierre in privato, non davanti a tutti. Respirai a fondo ed
entrai
nella stanza. Le voci si interruppero di colpo. Sentivo tutti gli occhi
su di
me e cominciai ad agitarmi.
Il
silenzio fu relativamente breve ma mi sembrò
un’eternità. Fu lui
ad interromperlo. Era seduto su una
poltrona finemente lavorata, con le imbottiture di un rosso scuro, come
quella
nella mia camera.
«Et voilà, Mesdames et Messieurs!
La
nostra nuova amica.» si alzò e si
avvicinò a me, porgendomi la sua mano. La
presi timorosa e mi accompagnò nel punto in cui era prima.
Gli sguardi di tutti
mi seguirono fino a che non mi sedetti. Con un gesto di Pierre tutti
ripresero
a parlare, come se nulla fosse successo.
Lo
guardai con aria interrogativa e poi mi concentrai sugli altri. Erano
più o
meno una ventina di persone, tutte con la pelle pallida, gli occhi
brillanti e
i capelli lucenti. Una comunità di vampiri? Mi voltai verso
Pierre per
domandarglielo ma lui mi precedette.
«Benvenuta
tra noi, Madeleine.» mi rivolse un sorriso. «Questa
è la tua nuova famiglia.
Spero che tu ti sia calmata.»
Nuova
famiglia? Io avevo già una famiglia a Parigi. Il solo
pensiero mi procurò una
fitta al cuore. Che ne sarebbe stato di loro?
«Devo
ritornare a casa.» gli sussurrai.
«Non
è possibile, chérie.»
disse, con tono
duro.
«Smettila
di chiamarmi così.» sbottai. Rialzai lo sguardo
verso di lui. «Non posso
restare qui.»
«Tutto
il contrario. Ormai questa è la mia casa.»
«E
chi l’ha deciso? Voi forse?» il mio tono si era
alzato e alcuni vampiri vicino
a noi si voltarono, incuriositi. Pierre fece loro un cenno e questi
tornarono a
parlare.
«Sto
aspettando una risposta.» Rimase in silenzio, senza
guardarmi. «Perché lo avete
fatto?»
«Questo
non ti riguarda.»
«Non
mi riguarda?» chiesi incredula. «Mi avete portato
via dalla mia famiglia e
volete tenermi qui, come potete dire che non mi riguarda?»
A
quelle parole i suoi occhi si intorbidarono. La sua espressione mi
impaurì. La
mia reazione mi fece tornare alla mente il comportamento della serva,
quando
era entrata nella camera al piano di sopra.
«Che
avete detto alla serva prima di farla entrare da me?»
«Le
ho detto che eravate nuova.»
mi
lanciò un’occhiata divertita. Che c’era
di tanto divertente?
«Lo
sa? Sa chi abita qui? Sa che cosa
siamo?»
«Certamente.»
disse, come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
«Ci serve, ci osserva e vuole
unirsi a noi.»
Un
brivido mi percorse la schiena. Chi poteva scegliere una vita simile?
«E
voi la trasformerete?»
«Certo
che no. La prospettiva di una vita come la nostra per un umano
è allettante. La
possibilità di realizzare tutti i propri desideri, di
trovarsi di fronte solo
l’eternità… per uno come me ormai sono
cose noiose.» mi guardò attentamente.
«Sono
un vampiro annoiato, Madeleine. Li vedi?» indicò i
vampiri di fronte a noi. «Loro
sono qui solo per comodità, per avere qualcuno che li
protegga e gli assicuri un
posto in cui vivere.»
«Ed
è per questo che mi avete trasformato? Per noia?»
il mio tono era accusatorio.
Non
rispose, lasciando che la mia rabbia salisse ancora.
«E
la mia famiglia?» chiesi in un sussurro.
Ancora
una volta tutto quello che ottenni fu il suo silenzio.
|
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Capitolo 5 *** La première fois [La prima volta] ***
MADELEINE
~
{
Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma
siete pronti a perdere la vostra
anima? }
Nota
al capitolo: Incredibile
ma vero, i
preferiti sono diventati 16. Quindi un grazie di cuore a :
1
- alessandro85
2
- AliDiPiume
3
- AnimaDannata
4
- blackrystal
5
- details_93
6
- ellemyr
7
- Femke
8
- Je91
9
- Jinevra
10
- Lady Alice
11
- lady wolf
12
- musa93
13
- Roxy Jane
14
- selene87
15
- shandahar7
16
- TheFallenAngel
Siete
troppo gentili, dico sul serio. Non
avrei mai immaginato che questa fic potesse piacervi così
tanto.
Lady
wolf grazie
^^ comunque la
risposta alla tua domanda la trovi in questo capitolo ;)
AliDiPiume
posso
solo dirti che
Pierre ho un lato nascosto che per il
momento…rimarrà nascosto
xD
details_93
grazie
°ç° comunque
solitamente non cerco di anticipare nulla nei capitoli xD
però a volte qualcosa
sfugge >.<
Jinevra
merci[tanto per
rimanere in tema di francese] <3
AnimaDannata
no!Pierre
non è
assolutamente secondario! Mi sa che hai letto male la nota del capitolo
precedente xD Pierre è fondamentale u.u La mia testolina
bacata sta cercando in
tutti i modi di farlo sembrare misterioso e intrigante
ma…bè si scoprirà più
avanti u.u
Roxy
Jane grazie
mille! <3
momob
danke
°ç°
musa93
Grazie
anche a te per
la recensione!
I
prossimi capitoli saranno strani.
Strani per come ho scelto di scriverli.
Potrete
trovare due POV, quello di Pierre e quello di Madeleine.
Però solo dal prossimo
proverò questo metodo, il quarto è ancora dal POV
di Maddy.
Fatemi
sapere che ne pensate ^^
Buona
lettura,
Sara
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai
felice milioni di scrittori.
CAPITOLO
QUARTO
La
première fois
l
brusio della sala si spense a poco a poco, mentre tutti i vampiri
uscivano
dalla stanza. Rimanemmo soltanto io, Pierre e un gruppetto di vampiri
dai
capelli biondi, nell’angolo destro accanto alla porta. Pierre
si era chiuso di
nuovo nel suo silenzio, facendomi quasi impazzire. Non avevo risolto
nulla,
avevo soltanto capito che tipo di persona potesse essere. Trasformata
per noia?
Ridicolo. Condannata ad una vita lontana dalla mia famiglia solo per noia.
Seduto
sulla sua poltrona rossa come il sangue sembrava un re di fronte ai
suoi
sudditi durante le udienze. Il suo aspetto solenne e la sua aria
tranquilla
continuavano a darmi i nervi. Tutte le mie domande erano ancora dentro
di
me, fameliche di
una risposta e pronte
ad esplodere.
Ma
più ci pensavo, più la situazione mi pareva senza
senso e ridicola. Dato che
tutto ciò che era successo si era dimostrato vero- anche se
una parte di me
rifiutava di crederlo- non c’era un modo possibile, umanamente possibile, di tornare
indietro. Avrei dovuto starmene
segregata in quella villa, insieme alla comunità di vampiri
creata- così
credevo- da Pierre.
Respirai
profondamente e mi alzai. Pierre mi lanciò
un’occhiata preoccupata.
«Devo
prendere una boccata d’aria.» mi allontanai dalla
sala ignorando gli sguardi curiosi
del gruppo di vampiri accanto alla porta.
A
grandi passi raggiunsi la vetrata che dava sul giardino che avevo visto
dalla
mia camera. Uscii in fretta e mi appoggiai al parapetto del balconcino
in cima
alla scalinata che dal giardino portava alla villa.
L’aria
della notte era fresca e profumava, inspirai profondamente e assaporai
i dolci
profumi che portava con sé. Sentivo distintamente il fruscio
degli alberi del
bosco in fondo al parco. La sensazione della lieve brezza notturna
sulla mia
pelle era divina, in un secondo mi lasciai andare ai sensi e non pensai
ad
altro.
Solo
quando sentii un rumore di zoccolo mi ridestai. Una carrozza si era
appena
fermata davanti alla scalinata esterna. Mi sporsi incuriosita per
vedere chi
poteva mai essere e il respiro mi si fermò in gola.
La
figura che scese dalla carrozza era la creatura più bella
che avessi mai visto.
Il suo viso era angelico, incorniciato dai suoi capelli biondissimi e
leggeri
al vento. Le sue piccole labbra erano di un rosso vivo, le sue guance
erano
leggermente imporporate.
La
fissai come ipnotizzata mentre saliva le scale e non appena mi
notò mi fissò
intensamente. I suoi occhi erano azzurri, di un azzurro talmente
intenso da
sembrare mare aperto.
Si
fermò.
«Bonsoir.»
«Bonsoir Madame.»
Il
suo sguardo si fece incuriosito. «Siete nuova?»
chiese, diretta.
«Oui Madame.» tentai di
mantenere un tono
gentile e cortese.
Mi
rivolse un lieve cenno con il capo e con grazia salì gli
ultimi gradini ed
entrò in casa. Per la prima volta in vita mia mi sentii in
imbarazzo. Non come
quando incontrai Pierre per la prima volta, mi sentii inferiore ad
un’altra
donna.
Seguii
il rumore dei suoi passi sul pavimento della villa fino a che non si
fermò per
parlare con Pierre. Distolsi la mia attenzione, non volevo ascoltare le
conversazioni di altri.
Era
bellissima. Forse più bella di Pierre. Più bella
di tutti quei vampiri che
avevo visto nella sala. Di sicuro la trasformazione non mi aveva fatto
diventare così. Solo gli occhi avevano subito un cambiamento
evidente. Erano
diventati più scuri e torbidi ma non avevano perso la loro
bellezza.
Il
suono dei passi di qualcuno che si stava avvicinando mi fece voltare.
Sulla
soglia della porta della villa vidi Pierre. In quel momento un raggio
di luna
fece capolino da dietro una nuvola e colpì delicatamente il
viso di Pierre.
La
sua pelle bianca risaltava in modo impressionante, l’alone
luminoso che si creò
attorno a lui era quasi mistico.
Impressi
nella mia mente ogni piccola parte del suo splendido volto e mi
soffermai a
fissare le sue labbra.
Le
vidi muoversi ma non colsi immediatamente ciò che mi stava
dicendo.
«Madeleine?»
Rialzai
lo sguardo. «Quoi?»
«Mi
stai ascoltando?» alzò un sopracciglio.
«No,
scusatemi ero…» sussurrai.
«Devi
venire con me.» ripetè, categorico.
«Devo portarti a Parigi.» avanzò verso
di
me, porgendomi un mantello.
«Dalla
mia famiglia?» chiesi, mentre prendevo il manto che mi
porgeva.
«No,
adesso è troppo tardi.»
Abbassai
lo sguardo, ormai rassegnata.
«Ti
prometto che ti porterò da loro entro due giorni.»
«Vi
ringrazio.»
«Madeleine.»
mi prese per il mento e sollevò il mio viso, così
che potessi guardarlo dritto
negli occhi. «Smettila di darmi del voi.
Non c’è bisogno di forme di cortesia tra di
noi.»
Si
diresse verso le scale. «Allons
à Paris.»
«Ma
avete appena detto-»
Si
bloccò a metà delle scale e mi lanciò
un’occhiata. «Madeleine…»
Sbuffai.
«Hai appena detto che è tardi per andare a
Parigi.» Cominciai a seguirlo.
«No,
ho appena detto che è tardi per andare dalla tua famiglia. A
Parigi possiamo
andare, devo cominciare a insegnarti come si fa.»
«Come
si fa cosa?» chiesi esasperata.
Si
avvicinò alla carrozza e aprì lo sportello.
«Sali e tra un po’ lo capirai.»
Mi
aiutò a salire porgendomi la sua mano e, dopo aver dato il
comando al
cocchiere, partimmo alla volta di Parigi.
L’oscurità
più totale ci avvolse per tutto il viaggio. Il dolce
dondolio della carrozza mi
fece quasi assopire, talmente ero stanca. Il suo cambiamento mi
sorprese non
poco, più ci stavo vicino e meno lo capivo.
Nessuno
dei due parlò e dal canto mio non feci altro che lanciargli
delle occhiate
veloce, incapace di formulare una domanda coerente ma soprattutto non
osando
chiedergli nulla.
Capii
che stavamo giungendo a destinazione non appena vidi le deboli luci
della città
apparire all’orizzonte. A quanto pareva la villa non era
distante da Parigi.
Ritornai
con lo sguardo su Pierre ma la sua espressione era ancora
indecifrabile. Parlò
solo quando la carrozza si fermò. Non avevo voglia di
scendere, le vie della belle ville
nelle ore notturne erano
semi deserte ma nelle strade più nascoste e buie si potevano
trovare ragazze
pronte a vendere sé stesse solo per qualche franco. La zone
in cui abitavo
prima - a pensare alla mia casa sentii una fitta al cuore- brulicava di
ragazze
di quel tipo, di quelle ragazze - les
putains, come diceva mia madre- con un passato tragico e un
futuro incerto
e oscuro.
«Seguimi.»
Pierre scese per primo e lo seguii.
Non
appena mi guardai intorno capii di essere finita in un quartiere di
quel
genere. Davanti a noi c’erano alcune case abbandonate, quasi
in rovina, con i
portoni aperti dai quali provenivano voci femminili. Altre camminavano
per
strada, a gruppi di 3 o 4 alla volta, cercando di catturare
l’attenzione dei
pochi passanti, sperando di guadagnare qualcosa.
La
miseria era evidente, così come la loro disperazione.
«Che
ci facciamo qui?» chiesi in un sussurro.
Pierre
riprese ad avanzare, facendomi cenno di seguirlo.
«Ti
manca una sola cosa per diventare un vampire
a tutti gli effetti.»
«E
cioè?» stargli dietro era difficile, con il suo
passo lungo riusciva a
precedermi di qualche metro.
«Adesso
vedrai.»
Scossi
la testa, ormai esasperata dalle sue risposte, e aumentai il passo per
raggiungerlo.
Ci
avvicinammo al portone che avevo visto prima e lui si rivolse ad una
ragazza
dai capelli rossi, che appena lo vide si illuminò. Gli si
avvicinò e gli posò
le sue piccole mani al petto, giocando con i bottoni del suo mantello.
« Bonsoir mon cher.
Qu’est-ce que peut je faire puor toi?»
«Bonsoir. Se vi uniste a noi questa sera
ci farebbe un immenso piacere.»
La
ragazza lanciò un’occhiata incuriosita verso di
me, mentre io tentavo di
fissare un punto imprecisato per terra.
«Avete
pretese particolari?» la sentii sussurrare a Pierre.
«No,
nessuna.»
«E
la ragazza?»
«State
tranquilla. E’ un ospite.»
Prese
a braccetto la ragazza e si incamminò verso la carrozza,
facendomi cenno di
seguirlo. Qualunque cosa avesse in mente, non prometteva nulla di buono.
*
La
ragazza cominciò a parlare di sé, mentre Pierre
le offriva da bere e da
mangiare. Io rimasi seduta a guardare prima lei e poi lui, tentando di
capire
cosa avesse in mente.
A
quanto pare la giovane si chiamava Mary, se n’era andata
dall’Inghilterra da
circa un anno e ora viveva a Parigi, dopo che il ragazzo di cui era
innamorata
l’aveva abbandonata senza un soldo.
La
unica soluzione che aveva trovato era quella di vendersi per la strada,
non
avendo parenti o amici nella città pronti ad aiutarla.
«Che
storia tremenda. E’ un vero peccato che tu non abbia nessuno
qui.» il tono di
Pierre aveva un non so che di sarcastico.
E’
un
vero peccato che tu non abbia nessuno qui.
Capii
che cosa aveva in mente. Aveva trovato la preda giusta, senza qualcuno
che
sarebbe andata a cercarla se fosse sparita per caso in una notte
primaverile.
Pierre intuì che avevo capito il suo piano e mi
gelò con uno sguardo.
Mary
intanto aveva ripreso a parlare, ignara di cosa le sarebbe successo. Fu
zittita
dal bacio violento di Pierre, che la lasciò senza fiato.
Voltai la testa
dall’altra parte mentre un senso di orrore mi pervadeva
l’animo e mentre
un’altra sensazione, simile ad una fitta, mi torturava il
cuore.
Rialzai
lo sguardo quando sentii la mano di Pierre sulla mia.
Vidi
la sua bocca scendere verso il seno della ragazza, lasciando leggeri
baci sulla
sua pelle mentre lei inarcava la testa all’indietro. Lui la
sostenne con una
mano per il collo, porgendolo verso di me.
Mi
lanciò un’occhiata che non lasciava spazio a
dubbi. Dovevo morderla. Esitai un
attimo ma mi avvicinai al suo collo.
Era
un rito di iniziazione, ecco cosa intendeva prima. Il profumo della
ragazza mi
svuotò la mente, lasciando spazio agli istinti.
Affondai
i denti piano, dando piccoli morsi sulla sua pelle morbida. Non appena
il suo
sangue mi entrò in bocca cominciò a girarmi la
testa. Chiusi gli occhi e assaporai
fino in fondo la dolcezza del suo nettare, fino a che non sentii il suo
gemito
e il suo ultimo spasmo prima che si accasciasse tra le mie braccia.
Riaprii
di colpo gli occhi e fissai, sconvolta, il suo corpo. Deglutii mentre
una
goccia del suo sangue colava dalle mie labbra.
Pierre
avvicinò la mano e la catturò nelle sue mani e se
la portò alla bocca.
«L’ho
uccisa.» sussurrai. La mia voce tremava.
«Calmati.»
mi accarezzò delicatamente il viso e portò una
mano sulla mia, tendando di
aiutarmi a lasciare andare il vestito della ragazza, al quale mi ero
aggrappata.
«Madeleine,
lasciala.»
Lo
fissai sconcertata, mentre la consapevolezza di quello che avevo fatto
mi colpì
come un dardo al cuore. Lascia di colpo il vestito ed il corpo inerme
della
donna cadde ai miei piedi, scomposto.
«Mon Dieu...» singhiozzai,
rannicchiandomi sul sedile della carrozza. «Dio, cosa ho
fatto?»
Lentamente
sentii il braccio di Pierre sulle spalle che mi strinse a sé.
Affondai
il mio volto nel suo petto e iniziai a singhiozzare.
|
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Capitolo 6 *** Cela va sans dire ***
MADELEINE
~
{
Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma
siete pronti a perdere la vostra
anima? }
Nota
al capitolo: Ecco
qua il primo
capitolo con il doppio POV.
Prima
di tutto ringrazio come sempre tutti
per le recensioni ma a due in particolare devo rispondere, a GoodMiss e a lady
wolf.
@GoodMiss:
Ti risponderò punto
per punto così non faccio confusione xD
1) ma
no! Tieni pure quel
nome °ç° è così bello
<3
2) troppo
gentile ç.ç
comunque sull’ambientazione sono d’accordo con te.
Il 600 e il 700 sono due
secoli perfetti per le storie di vampiri, hanno tutto il fascino delle
corti,
del lusso e dei damerini. Adoro quel periodo <3
3) per
descrivere
Madeleine non sai quanta fatica faccio ogni volta @__@ vado in palla
ogni volta
che devo cercare sinonimi o robe del genere <.< *me
danno*. Comunque i
lavori grafici sono un must, solo in pochissime fic li preparo ma
è anche utile
per me. Trovare una probabile Madeleine, o un probabile Pierre[lo sto
ancora
cercando, ho già una mezza idea di chi potrebbe essere] mi
aiuta anche ad
inquadrare la storia, a immaginarmi i personaggi, a dare loro un volto.
4) Personaggi.
Bè per il momento non voglio anticipare
nulla di nessuno. Man mano che andrò avanti qualche piccola
parte verrà
svelata. So che qualcuno potrà ammazzarmi ma
non ho letto Intervista col Vampiro *si nasconde*
°-° cioè, sono ferma da
tre mesi sul secondo capitolo[causa scuola]. In ogni caso basandomi sul
film
posso immaginare cosa intendi .___. Almeno per quanto riguarda Louis.
Comunque
Madeleine cambierà presto, posso assicurarlo. E Pierre non è quello che sembra.
5) Visione
del vampiro.
Diciamo mezza
anticonformista. Anche a me affascina il vampiro classico ma
ambientando la
storia nel 700 non potevo non parlare dei letti a baldacchino
°ç° quindi niente
bare, solo letti a baldacchino xDDD Per quanto riguarda la luce mi
limito ad un
leggero fastidio agli occhi dei vampiri, non al luccicare del loro
corpo[alla
Steph Meyer in pratica non mi piace….mi sembra stupido e
senza senso il fatto
che i vampiri si illuminino come lampadine al sole
°_°]. Per quel che mi
riguarda mantengo la morte per via tradizionale, ovvero il paletto di
frassino
conficcato nel cuore e il mozzamento della testa per poi finire con un
bel
falò.
Grazie
mille per la tua recensione, cercherò di continuare la fic
nel migliore dei
modi ;)
@lady
wolf:
l’idea è proprio
quella. Amo From Hell, dovevo
assolutamente fare un riferimento a quel film. Il modo in cui the ripper adesca le sue vittime ha un
qualcosa di sensuale, tremendamente
minaccioso ma allo stesso tempo intrigante. In ogni caso avrei comunque
scelto
una prostituta come prima vittima. Nel 700 Parigi, Londra, Roma erano
piene di pulzelledifacilicostumi [©
yui00 xDDD thank you <3] quindi
non erano in molti ad accorgersi se qualcuna di loro spariva nel nulla.
Per
quanto riguarda la bellissima vampira…tornerà,
già in questo capitolo
ma nel prossimo le sarà dato più spazio.
Ecco
a voi il quinto capitolo.
Buona
lettura,
Sara
Ps
scusate se rompo ogni volta con questo messaggio ma ci tengo davvero a
questa
fic e vorrei sapere cosa ne pensiate xD
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai
felice milioni di scrittori.
V
CAPITOLO
QUINTO
Cela
va sans dire.
cchi
vitrei, ormai privi di vita, fissavano spalancati il morbido sedile
della
carrozza. Il silenzio spettrale che avvolse la scena venne rotto dai
miei
singhiozzi, attutiti dalla giacca elegante di Pierre. Mi aggrappai a
lui con
tutte le mie forze, con la testa affondata nel suo petto.
Sentivo
la forte presa della sua mano sulla spalla, con la quale mi stringeva a
sé.
«Calmati.»
soffiò piano al mio orecchio, per poi allontanarmi da
sé, per potermi guardare.
Mi
coprii il volto con le mani ma prendendomi per i polsi me le
portò al petto.
«Non
guardarmi.» singhiozzai, abbandonando lo sguardo sul mio
vestito. Rosso.
Rosso
come i suoi capelli scomposti sul suo viso, rosso come il suo sangue. Il sangue con cui mi ero
sporcata, lasciandola senza un alito di vita. Monstre.
Non ero altro che un mostro.
«Perché
non dovrei guardarti?»
Il
suo fiato era più vicino del previsto, quando rialzai o
sguardo trovai i suoi
occhi a pochi centimetri dai miei. Si avvicinò di
più e posò le sue labbra
sulla mia guancia, catturando una lacrima.
«E’
tutto finito. Calmati, Madeleine.»
Per
la terza volta sentii quella parola, quasi fosse un ordine. «Calmati.»
Per
un istante dal mio orrore riaffiorò la rabbia che mi stava
tormentando in quei
giorni. Come potevo calmarmi? Avevo ucciso. Ucciso una persona, una
giovane
ragazza che in un altro caso sarei potuta benissimo essere io.
«Come
puoi-» presi fiato. «Come puoi dirmi di
calmarmi?»
Silenzio.
Lo odiavo con tutta me stessa. Ignorandomi diede un colpo alla parte
della
carrozza e cominciammo a muoverci.
«E’
questo che intendevi? Dovevo uccidere per diventare un vampiro
completo?»
«Sì.»
rispose, atono.
Si
piego verso Mary e le abbassò le palpebre con le dita.
«E’
nella nostra natura, Madeleine.» Accarezzò i
capelli della ragazza, scostandoli
dal viso.
Aprii
la bocca per replicare ma mi precedette.
«E’
orribile, lo so benissimo. Ma non c’era altra
scelta.»
«C’era
un’altra scelta.» sbottai, rabbiosa.
«Potevi scegliere di non trasformarmi.»
Alzò
lo sguardo verso di me. Cominciai a tremare dalla rabbia. Lo vidi
aprire la
bocca per parlare ma lo zittii all’improvviso,
schiaffeggiandolo. Si massaggiò
la guancia rossastra, fissandomi
con sguardo furioso.
«Non
ti ho chiesto io di diventare così!»
Balzò
in piedi, afferrandomi per le spalle e spingendomi contro lo schienale
del
sedile.
«Se
è per questo nemmeno io!» ringhiò a
pochi centimetri dal mio viso, alzando la
voce. «Pensi che mi piaccia, ammazzare la gente?»
«E
allora la tua cos’è? Vendetta personale? Pensi di
aver risolto qualcosa
facendomi diventare un mostro?»
Mi
fissò ancora per qualche attimo, mentre i suoi occhi
brillavano di una luce
minacciosa. Mi lasciò andare le spalle e si
lasciò cadere sul sedile. Si
concentrò sull’oscurità fuori dalla
carrozza, evitando accuratamente di
guardarmi.
Abbassai
lo sguardo verso la ragazza. Il movimento della carrozza le faceva
dondolare
leggermente la testa. Sembrava stesse dormendo. I due puntini che le
avevo
lasciato erano rossi e gonfi, due gocce di sangue le erano rimaste sul
collo.
La sua pelle era diventata pallida e contrastava contro il pavimento in
legno
scuro della carrozza.
Ci
fermammo di colpo e lo sportello della carrozza si spalancò,
facendomi
sobbalzare.
La
figura del cocchiere apparve, disse qualcosa a Pierre talmente
velocemente che
non riuscii a cogliere nemmeno una parola.
«Dove
siamo?» gli chiesi, timorosa dopo la sfuriata.
«Resta
qui.»
Il
cocchiere salì e prese Mary tra le braccia, per poi scendere
seguito da Pierre.
«Pierre!»
lo chiamai ma richiuse subito lo sportello dietro di sé.
Scostai
la tendina rossa e guardai fuori.
I due
stavano andando verso il fiume, che scorreva placidamente pochi metri
più
avanti. Trasportarono la ragazza fino alla riva. Sgranai gli occhi dal
terrore
non appena vidi il corpo della ragazza scomparire tra le acque della
Senna.
*
L’acqua
trasportò via velocemente il corpo della giovane,
immergendola tra i suoi
flutti. Aspettai che il corpo scomparisse del tutto prima di andarmene.
«Merci Bernard.»
«E’
un dovere, signore.» disse con un mezzo inchino.
«Aspettami
sulla carrozza.»
Con
un altro inchino se ne andò, lasciandomi solo. Mi portai una
mano sulla guancia
ancora rossa e dolorante per lo schiaffo di Madeleine. Sospirai e
lanciai un’occhiata
verso la carrozza. Bernard si era fermato a parlare con la ragazza.
«Qu’est-ce
qu’il fait?»
la sentii chiedere,
mentre lui cercava di calmarla, esasperato.
Quella
ragazzina. Non pensavo potesse darmi così tanti problemi. Mi
stavo facendo sicuramente
odiare ma per il momento era meglio non dirle niente. Che sciocco che
ero
stato. Dopo anni e anni di esercizi per mantenere il controllo e
controllare
gli istinti avevo ceduto. Tutto per quella ragazzina.
Il suo aspetto era nettamente cambiato dalla trasformazione ma si
potevano
ancora notare i tratti della giovane che era stata fino a pochi giorni
prima. Di
lì a poco sarebbe diventata una donna stupenda, forse
più bella di Jeanne.
Jeanne…pensai
che in quel momento mi stava certamente odiando. La discussione di
qualche ora
prima mi aveva procurato qualche problema.
La
sua figura
snella apparve sulla soglia della porta. Mi alzai e mi avvicinai a lei,
abbassandomi per baciarle la mano.
«E
lei
chi è, un’altra delle tue puttanelle?»
Rialzai
lo
sguardo, fulminandola.
Mi
rivolse
un sorrise di scherno.
«La
ragazzina sul balcone, Pierre. E’ un’altra delle
tue amichette? »
«Non
ti
permetto di parlare così.» le ringhiai.
Rise,
altezzosa. «Pierre,
ci sono altri
modi per divertirsi.»
Mi
allontanai
da lei, tornando a sedermi sulla mia poltrona. Mi seguì,
portandosi davanti a
me, con quel suo sorriso irritante stampato sulle labbra.
«Non
ti
ho mai visto così in difficoltà
Pierre.» il nota di ironia nella sua voce mi
irritò ancora di più.
«La
prossima volta verrai a caccia con me, così eviterai
problemi di questo tipo. »
Mi
alzai
in piedi in scatto, facendo cadere la sedia. «Sta
zitta!»
Mi
fissò,
con sguardo di sfida.
«
Non è
un problema.» dissi a denti stretti.
Il
suo
tono si fece duro. «Pierre, non ci mettiamo a trasformare la
gente senza
regolazione, dovresti saperlo. »
«
Non era
previsto.» presi fiato. «Io non so che è
successo. E’ stato quel momento, l’impulso
non è mai stato così forte. »
«Sembri
un novellino. » un’altra occhiata altezzosa.
« Ma la ragazza può tornarci
utile. Ricorda solo di non perdere te stesso.»
Si
voltò,
dandomi le spalle, e fece per andarsene.
«Perdere
me stesso? »
Non
si
girò per rispondermi.
«Ricordati
a chi appartieni.»
Riprese
a
camminare ma le parole che sussurrò quando arrivò
alla porta le percepii
chiaramente.
«Non
le
permetterò di portarti via.»
Sbuffai
spazientito al pensiero di quelle parole. Portarmi via? Madeleine?
Jeanne stava per perdere la testa.
Non
sarebbe stata una semplice umana a farmi perdere la testa. Ero legato a
Jeanne,
anima e corpo, come poteva pensare che mi sarei infatuato di una
ragazzina?
Certo,
avevo reagito male. Ma non permettevo quel tipo di linguaggio in mia
presenza,
soprattutto su una faccenda delicata. Era stata solo colpa degli
istinti tutto
qui.
Naturalmente
quando l’avevo incrociata in quel vicolo, quella mattina a
Parigi……dovetti
ammettere a me stesso che forse qualcosa di più
c’era, ma non era infatuazione.
Spezzare
il legame con Jeanne significava il bando dalla comunità e
una vita incerta,
errante in cerca di un’altra comunità. Tradire un
vampiro era considerata la
cosa peggiore tra di noi.
Ma
non sarebbe successo. Non ero in nessun modo legato a Madeleine, se non
per il
fatto che ero il suo creatore. Le avrei dovuto spiegare tutto uno di
quei
giorni. Pensai che se lo meritava sul serio e che ero stato alquanto
bastardo a
non dirle tutto subito.
L’avremmo
tenuta con noi e poi avrebbe vissuto la sua vita, lontana da me e
Jeanne. Non ero
in nessun modo legato sentimentalmente a lei. Continuai a ripetermelo,
fissando
le acque agitate della Senna.
Ma
quando mi voltai verso la carrozza e la guardai negli occhi, le mie
certezza si
dispersero come fumo nel vento.
|
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Capitolo 7 *** Femme Fatale ***
MADELEINE
~
{
Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma
siete pronti a perdere la vostra
anima? }
Nota
al capitolo: eccomi
qua con il sesto
capitolo. Ringrazio tutti per le recensioni, in particolare GoodMiss. Che dire? Comincio a pensarlo
anch’io xD Comunque la mia
Jeanne[o meglio, il nome] è presa da Lady Oscar, era la
sorella di Rosalie. In
ogni caso Jean e Jeanne sono nomi comunissimi in Francia ^^
All’inizio pensavo
a Marie o Brigitte ma alla fine non mi convincevano abbastanza xD
Grazie
ancora per le tue recensioni ♥
Grazie
ancora a tutti, a chi ha recensito la fic per la prima volta e
per chi ha inserito la fic tra i preferiti[22 preferiti!]
Scusate
per la nota breve ma non voglio farvi attendere ancora xD
Vi
lascio al sesto capitolo.
Come
sempre buona lettura,
Sara
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai
felice milioni di scrittori.
VI
CAPITOLO
SESTO
Femme
fatale.
primi timidi raggi di sole
spuntarono
all’orizzonte, tingendo di un rosa pallido il cielo
dell’alba. Le figure scure
degli alberi si muovevano leggere, sfiorate dalla brezza mattutina. Il
melodioso cinguettio, unito al profumo dell’erba bagnata di
rugiada e dei fiori
resero più piacevole e dolce il mio risveglio.
Mi
voltai tra le morbide coperte e guardai fuori dalla finestra, che avevo
lasciato aperta durante la notte. Due piccole rondini volavano nel
cielo
rosato, rincorrendosi e giocando libere. Libere come l’aria,
libere come io non
sarei mai potuta essere. Il ricordo della sera precedente era ormai
cristallizzato dentro di me, come un monito per la mia prossima azione.
Mi
misi a sedere e mi stiracchiai, pronta per una nuova giornata. La
situazione
che all’inizio mi era sembrata spaventosa e minacciosa ora
appariva normale e
tranquilla, mi sembrava di ricominciare a vivere la mia vita, senza
però tutti
i problemi che avrebbe comportato se fossi stata umana. L’idea di andare
a
Parigi, dalla mia famiglia, era ancora nella mia mente e stavo
aspettando
soltanto l’occasione per tentare una fuga veloce. Sarebbe
stato un attimo. Mi
sarei inventata qualcosa e poi sarei sparita, sicura che non avrei
provato
rimorso per la mia scelta. Non avevo altre possibilità.
Rimanere con loro a
Parigi era impossibile, avrei messo a rischio la loro vita inutilmente.
Un
addio rapido sarebbe stato meno doloroso.
Mentre
venni assalita da questi pensieri cominciai a togliermi la veste da
notte per
indossare qualcosa di più consono. La mia scelta cadde su un
abito verde scuro,
dai ricami dorati. Non appena lo presi in mano la porta si
spalancò.
La
figura avanzò di qualche passo mentre io tentavo di coprirmi
con il vestito. I
suoi capelli riuscivano a risplendere anche nella debole luce del
mattino, così
come i suoi occhi.
«Madame?» chiesi, esitante.
Mi
squadrò da capo a piedi, con le sottili labbra contratte in
una smorfia
sinistra.
«Vestiti
e scendi.» mi ordinò con tono freddo e distaccato.
«Ti aspetto nella Sala degli
Specchi.»
«Madame, non ho idea di dov-»
Se
ne andò così velocemente come era arrivata, senza
ascoltarmi e lasciando la mia
domanda nell’aria, senza una risposta.
Mi
vestii velocemente e uscii, sperando di trovarla ancora nel corridoio.
Scesi in
fretta le scale e mi guardai intorno ma la casa sembrava essere deserta.
Il
sole ora illuminava l’entrata al piano terra e
l’interno decorato d’oro
risplendeva, così come il bianco delle statue in marmo.
Camminai veloce lungo
il corridoio, sbirciando nelle porte che sorpassavo o tentando di
sentire
rumori all’interno di esse.
Fu
solo quando udii il mio nome sussurrato che mi fermai. Entrai nella
prima porta
alla mia destra, appena socchiusa.
Spinsi
leggermente la porta ed entrai, guardandomi attorno. Le pareti erano
interamente coperte di specchi, l’unica parte libera era il
soffitto. Rimasi a
guardare il mio riflesso di fronte a me, mirando la perfezione che il
mio corpo
stava a poco a poco raggiungendo. Quando vidi la donna bionda quasi mi
venne un
colpo.
Rimasi
immobile, sconcertata. Il suo corpo non si rifletteva.
Era
lì- concretamente
lì- ma in tutti gli
specchi l’unica persona che aveva un riflesso ero io. Era
seduta su una
poltroncina imbottita di velluto verde e mi fissava con sguardo
divertito.
«Siediti,
Madeleine.» mi disse, indicando con la mano una poltroncina
identica alla sua
alle mie spalle.
Avvicinai
la sedia imbottita e mi sedetti, senza staccarle gli occhi di dosso.
Era
tranquilla ma non mi aspettavo nulla di buono. Le
calme après la tempête.
Rimase
a fissarvi ancora per qualche istante, senza proferire una parola.
Tentai di
reggere il suo sguardo ma la mia attenzione fu colta dai dettagli di
quella
stanza, dal profumo di antico che aleggiava sopra di noi.
Mi
fece tornare alla realtà con un lieve colpo di tosse. Tornai
a fissarla.
«Madeleine»
iniziò, chinandosi verso di me. «Avrai capito
perché ti ho chiamato, vero?»
«In
realtà no, madame.»
Uno
strano sorriso comparì sulle sue labbra.
«Ho
notato che parli molto con Pierre.»
Alzai
un sopracciglio. Continuavo a non capire il motivo per cui mi aveva
detto di
andare -per meglio dire, ordinato- in quella stanza. Decisi di darle
corda,
aspettandomi un’esplosione da parte sua da un momento
all’altro.
«Abbastanza.
Ma non considererei il nostro un rapporto amichevole.»
Storse
un attimo la bocca.
«E
allora perché non provi a parlare con qualcun
altro?» il suo tono era
lievemente sarcastico.
«Bè
non conosco nessuno qui, Pierre è
l’unic-»
«Ci
sono altri 48 vampiri con cui parlare, esclusa me. Siamo una
comunità di 51
vampiri, qualcuno lo troverai certamente.» disse velocemente,
interrompendomi.
Mi squadrò da capo a piedi. «Pardon,
50 e mezzo.»
Sbarrai
gli occhi, indignata. Sentii nascere qualcosa dentro di me, come un
piccolo
mostro pronto a colpire, a fare a pezzi la donna davanti a me. Mi
stupii di
quella mia reazione. La sua insolenza cominciava a infastidirmi.
«Mi
dica, madame.» le lanciai
un’occhiata
di fuoco. «Perché stiamo parlando di Pierre? Se
volete sapere qualcosa vi
conviene chiedere direttamente a lui.»
Una
strana luce apparve nei suoi occhi. Avevo fatto centro. La piccola
bestia
neonata dentro di me ruggì per la vittoria.
«Stupida
ragazzina.»
Evitò
accuratamente di guardarmi mentre mi godevo quell’attimo di
superiorità. Dopo
quella che sembrò un’eternità, riprese
a parlare.
«Il
motivo per cui ti ho chiamato è un altro.»
«E
sarebbe?»
Tornò
a fissarmi direttamente negli occhi. «Te ne devi
andare.»
«Quoi? E perché
dovrei?» chiesi, stupita.
«La
tua presenza non è gradita qui.» si
alzò e si avvicinò ad un tavolino, accanto
alla porta.
«E
da chi? Da voi non è gradita? Quello che dovrebbe dire una
cosa del genere è
solo Pierre. Voi non pot-»
«Pierre?» si voltò di
scatto, con un
sorriso divertito sulle labbra. «Pierre? Madeleine, sei una
sciocca. Pensi sul
serio che sia Pierre a comandare qui?»
Sostenni
il suo sguardo, ormai totalmente sconfitta. L’unica certezza
che avevo di quel
posto era sfumata così, nel nulla. Si voltò
nuovamente, dandomi le spalle.
«Te
ne andrai domani, ho già avvisato il cocchiere.»
prese in mano una busta e me
la porse. «Questi sono 200 franchi, ti dovrebbero bastare per
un po’.»
«No.»
«Come
prego?»
«Non
me ne vado.» dissi, decisa.
Mi
rivolse un sorriso di scherno. «Non sei nella posizione di
prendere decisioni. Tu
farai quello che dico, non ammetto repliche.»
La
fissai infuriata, senza riuscire a risponderle. Allungò una
mano e la posò
sulla mia guancia.
«Povera,
piccola Madeleine.» scoppiò in una risata.
«Sarebbe un peccato sprecare una
tale bellezza. Non è nella nostra natura uccidere i nostri
simili, ma questo
non significa che non lo facciamo. Ricordatelo bene.»
Si
allontanò da me, dirigendosi verso la porta.
«Andrai
in Germania. Troverai altri vampiri, stai tranquilla. Ah, potrai
passare da
Parigi prima di partire.»
Uscì,
con un’altra risata.
Rimasi
lì, con il mio riflesso come unico compagno.
*
«Monsieur De Chambrais,
bentornato.»
«Grazie
Bérnard.»
Scesi
da cavallo e mi incamminai verso la villa. Guardai incuriosito la
carrozza nera
di fronte alle scale dell’ingresso, probabilmente Jeanne
aveva deciso di andare
in città.
Salii
in fretta le scale dell’ingresso e mi diressi velocemente
verso il secondo
piano.
Mi
fermai davanti alla porta della sua camera. Bussai due volte ma non
ottenni
risposta.
Provai
a chiamarla. «Madeleine?» Silenzio.
«Dobbiamo andare a Parigi, sei pronta?» Non
cambiò nulla.
«Madeleine
che stai fac-?» aprii la porta ma la camera era deserta.
Provai a controllare
nel bagno ma non la trovai nemmeno lì.
Uscii
nel corridoio e quasi mi scontrai con Alphonse che usciva dalla camera
accanto
a quella di Madeleine.
«Bonjour
Pierre.»
«Bonjour
Al. Hai visto per caso-?»
«La
ragazza nuova?» finì la domanda per me. Annuii.
«E’ di sotto con Jeanne, sta
per partire.»
«Partire?»
lo fissai sconcertato. «Ne sei sicuro?»
«Oh,sì.
Jeanne ha deciso di mandarla a Monaco.»
Mi
voltai e corsi velocemente le scale ma quanto arrivai
nell’atrio sentii
distintamente il rumore della carrozza che si allontanava dalla villa.
|
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Capitolo 8 *** Adieu ***
MADELEINE
~
{
Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma
siete pronti a perdere la vostra
anima? }
Nota
al capitolo
Non
ho molto da dire. Grazie, come sempre del resto. Siete davvero gentili.
Vi
lascio al settimo capitolo.
Come
sempre buona lettura,
Sara
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
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l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai
felice milioni di scrittori.
VII
CAPITOLO
SETTIMO
Adieu.
a
carrozza si allontanò velocemente, lasciandosi alle spalle
la villa. Mi girai
fra le mani ciò che la vampira mi aveva dato. I franchi
tintinnavano all’interno
del sacchetto di velluto che mi aveva consegnato ad ogni movimento
della
carrozza. Aprii l’involucro sfilando il laccio rosso e
infilai la mano. Non
appena la mia mano toccò un dischetto freddo e metallico, lo
tirai fuori e
l’osservai. Tracciai con il dito il contorno della pietra
verde incastonata
nell’oro e rimasi affascinata dalla sua brillantezza. Il
contorno del
medaglione era finemente lavorato e piccole figure d’oro
giallo in rilievo
spiccavano sull’oro bianco del resto del gioiello. Lo
smeraldo formava la
figura di un giglio. Me lo girai fra le mani per un po’,
senza capire perché mi
fosse stato donato. Il nastrino di velluto nero terminava in una
chiusura
d’oro. Tirai indietro i capelli e lo indossai. Il girocollo
non era stretto, la
morbidezza del velluto non mi dava fastidio ma sobbalzai leggermente
quando
sentii il freddo del ciondolo sotto al mio collo.
Riaprii
e rilessi attentamente la lettera che accompagnava quel regalo.
Cher
Madeleine,
ho
saputo
solo ora della tua partenza. Trovandomi fuori città non
potrò passare a dirti
addio e questo mi rincresce molto. L’oggetto che troverai
insieme a questa
lettera è un cimelio di famiglia, un girocollo appartenuto a
mia madre e a sua
madre prima di lei. Desidero che tu lo abbia e che tu lo conserva.
A
presto,
P.
Non
so quanto rilessi quelle parole. Una parte di me era convinta che erano
false,
che Pierre non sapeva nulla della partenza. Un’altra piccola
parte, invece, era
disperata per quello che era appena successo. Se Pierre sapeva
realmente della
mia partenza e aveva pianificato tutto con la vampira…non
osai pensarci. Per un
attimo mi sentii addirittura tradita.
Non perché si erano liberati di me. Nonostante la mia
avversione iniziale per
Pierre, lui cominciava a piacermi. Era l’unica persona su cui
potevo contare in
quel momento. E sperai con tutto il cuore che la lettera non fosse
stata
scritta da lui.
Mentre
la carrozza entrava finalmente a Parigi sistemai la lettera nella mia
borsa da
viaggio e tenni legato al collo il girocollo. Scostai lievemente la
tendina e
guardai fuori. Le vie della città erano piene, dalle strade
si alzavano le voci
dei passanti, le grida dei commercianti e le musiche dei saltimbanchi
agli
angoli delle strade.
Riuscivo
a percepire tutti i profumi e collegarli ai legittimi proprietari. Non
mi ero
ancora abituata a quella sensazione e come sempre un leggero giramento
di testa
si fece sentire.
Fu
quanto raggiungemmo la zona del mercato del pesce che tutto
svanì, sostituito
dal puzzo del pesce fresco. Scesi dalla carrozza, avvolgendomi nel
mantello.
Sperai che nessuno mi riconoscesse. Avanzai a grandi passi verso quella
che era
stata la mia casa e, quando mi trovai di fronte alla porta, non accadde
nulla. Non provai nulla.
Me
ne restai immobile come un fantoccio, con la consapevolezza di quello
che stava
succedendo. Aspettavo quel momento da tempo, desideravo con tutta me
stessa di
tornare ma non mi sarei aspettata nulla del genere. Indifferenza.
L’ultimo
sentimento che avrei mai pensato di provare.
Presi
fiato e bussai alla porta. Passò qualche secondo,
così lento da sembrare
un’ora.
Sentii
il rumore di passi avvicinarsi alla porta dall’interno prima
che questa si
aprisse con un cigolio. Quando incrociai il suo sguardo e i miei occhi
si
fusero nei suoi grandi occhi azzurri, le gote le si imporporarono e un
sorriso
le si stampò sul volto.
«Madeleine!»
esclamò con la sua vocina, aggrappandosi alle mie gambe e
abbracciandosi forte.
Le
passai una mano tra i capelli. «Ciao Monique.»
sussurrai lievemente.
Si
staccò e mi prese per mano, portandomi dentro casa. Feci un
cenno a Bernard,
facendogli capire di aspettare qualche minuto. La stanza non era
cambiata.
Seguii mia sorella fino al letto dove ci sedemmo e cominciammo a
parlare.
Mi
fissò per qualche attimo, squadrandomi da capo a piedi e
studiando il mio
abbigliamento.
«Sei
diventata una principessa?»
Trattenni
una risata.
«Non.» risposi divertita.
«Stai
bene Madeleine?»
«Certo
che sì, tesoro mio.» la avvicinai a me e
l’abbracciai.
Volevo
riprovare l’affetto che avevo per lei. Volevo che le emozioni
che mi avevano
accompagnato in quella casa riaffiorassero ma non accadde nulla.
Restammo
così, sul letto, abbracciate fino a che la porta non si
aprì ed entrò di corsa
André, portando il cesto di pane. Rimase sulla soglia di
casa, fissando basito
nella mia direzione. Socchiuse leggermente la bocca dallo stupore e non
smise
di guardarmi. Fece qualche passo in avanti e mi squadrò.
«Che
ci fai qui?» aprii la bocca per parlare ma non mi permise di
rispondere. «Ci
hanno detto che eri partita.» Il suo tono duro non riusciva a
nascondere la
nota di nervosismo e felicità nella sua voce.
Tentai
di sorridere. «Sono passata a salutarvi. Non so quando
passerò di nuovo e se
potrò farlo.»
Mi
avvicinai e lo abbracciai. Non avevo mai ricevuto segno
d’affetto da parte dai
miei fratelli e quella volta non ci fece eccezione. Mi allontanai
leggermente e
gli porsi il sacchetto con le monete.
«Queste
sono per voi.»
Prese
lentamente il sacchetto e vi guardò dentro. Dischiuse un
poco le labbra dallo
stupore.
«Ma
questi-»
«Sono
10 mila franchi, sì.»
Si
fece sospettoso. «Chi te li ha dati?»
«Sono
per voi. Io me ne andrò, vi devo pur lasciare
qualcosa.» Il suo sguardo si
addolcì.
«Grazie.»
Sorrisi
di nuovo. «Devo andare.» la voce mi
tremò. Gli diedi un bacio leggero sulla
guancia. «Salutami tu gli altri.» sussurrai. Prima
di uscire baciai anche
Monique, che rimase a guardarmi con occhi gonfi di lacrime.
Quando
uscii capii perché non avevo provato nulla. Entrando in
quella casa ero tornata
me stessa, ero tornata completa.
Era
stata un’illusione e lo capii quando uscii. La sensazione di
vuoto tornò. Non
appena mi lasciai la mia casa alle spalle quella voragine buia che mi
aveva
tormentato per giorno tornò a minacciarmi.
*
Cavalcai
fino a Parigi il più velocemente possibile. Jeanne
l’aveva fatto grossa questa
volta. Mandare via una mia
protetta.
Nonostante il mio giuramento di fedeltà nei suoi confronti,
nulla le permetteva
di fare una cosa del genere. Incitai il cavallo mentre la rabbia mi
ribolliva
dentro.
«E
lei
chi è, un’altra delle tue puttanelle?»
La
voce altezzosa di Jeanne mi risuonava nella testa, insieme alla sua
risata.
Come
aveva potuto, come si era permessa? Il vento mi colpiva violentemente
la
faccia, scompigliandomi i capelli. Quando intravidi le prime case della
città
mi diressi automaticamente verso la piazza del mercato del pesce, verso
casa
sua, sicuro di trovarla là.
Scesi
velocemente da cavallo e mi guardai intorno. Di carrozze nemmeno
l’ombra.
La
cercai in ogni vicolo, fino alla Senna e fu solo quando guardai verso
il ponte
alla mia destra che la vidi.
La
carrozza nera lo stava attraversando, uscendo così dalla
città.
«MADELEINE!»
gridai a pieni polmoni, ma la carrozza era già troppo
lontana.
«Non
le
permetterò di portarti via.»
Non
mi aveva portato via, Jeanne aveva ragione. Ero io ad averla persa.
|
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Capitolo 9 *** Une ténébreuse affaire. ***
MADELEINE
~
{
Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma
siete pronti a perdere la vostra
anima? }
Nota
al capitolo: eccomi
qua, non riesco
ancora a credere di essere all’ottavo capitolo.
Devo
ringraziare ancora tutte voi, per le vostre recensioni che mi fa
tantissimo
piacere leggere.
Oggi
rispondo ad un po’ di commenti xD
lady
wolf grazie
mille, mi fa
davvero piacere vedere che segui la storia dall’inizio
°ç°
comunque,
devo ammetterlo, anch’io ho un debole per Pierre ^^
Jinevra
devono
succedere ancora
taante cose xD
draco
passion
ma ciao! *_* grazie
mille [= per ora posso solo dirti che Jeanne, dal punto di vista della
trama,
non è secondaria. Oddio, non so se farla riapparire ma
diciamocelo, ha
combinato un gran casino xD
Kayla_Ariev
devo ammettere che ho
letto la tua recensione per ben tre volte, non riuscivo a credere a
quello che
hai scritto. Sono davvero lusingata di leggere un commento del genere
^^ Grazie
mille, sul serio. [e grazie per aver inserito back
to life tra i preferiti ;)]
magnifica
Malfoy
certo, appena inserirò
frasi in francese metterò le note ;) comunque penso che
d’ora in poi ci sarà
anche un po’ di tedesco °-°
Per
questo capitolo sono andata a vedere la storia della Baviera ma, con la
fortuna
che ho, ho ambientato la fiction in un anno in cui non si sa bene cosa
sia
successo. Quindi, se siete appassionati di storia, vi chiedo scusa per
aver
scritto castronerie.
Vi
lascio all’ottavo capitolo.
Come
sempre buona lettura,
Sara
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai
felice milioni di scrittori.
VIII
CAPITOLO
OTTAVO
Une
ténébreuse affaire.
l
viaggio durò più di una settimana. La sete si
fece sentire già durante il
secondo giorno, quando stavamo attraversando la Lorena.
Resistetti
per un giorno ma alla fine divenne insopportabile. Ordinai a Bernard di
fermarci nei pressi di un piccolo paesino in cima ad una collina,
distante da
altri villaggi o città. Le mura medievali circondavano la
cittadina, ancora
intatte. Il campanile della chiesa, bianco di stile gotico, si
stagliava contro
il cielo scuro della sera. Scesi dalla carrozza e mi guardai intorno.
Le vie
strette erano deserte, solo un leggero vocio arrivava dalla piazzetta
di fronte
alla chiesa, poco distante. Osservai incuriosita le figure che
suonavano,
danzavano e si divertivano insieme. Tentai di non farmi vedere, anche
se con il
vestito che indossavo era quasi impossibile. La larga gonna verde
smeraldo che
avevo indossato prima di partire era così vistosa in
confronto agli abiti che
indossavano le persone del paese, che qualcuno mi avrebbe
senz’altro visto. E
così fu.
Non
appena incontrai i suoi occhi indietreggiai contro il muro. Pregai che
non mi
seguisse. Mi sporsi per sbirciare e me lo trovai di fronte.
Era
un ragazzo giovane, sui 14 anni e sembrava un angioletto. I capelli
biondi gli
incorniciavano il viso paffuto e gli occhi erano due angoli di cielo. E
il suo
profumo era irresistibile, dannatamente
irresistibile.
Lo
fissai ad occhi spalancati, tentando di trattenermi. Non
seguire l’istinto, mi ripetevo, non
seguire l’istinto. Ma come potevo?
Quell’aria
ingenua, quella fragranza deliziosa erano una tentazione troppo forte.
Deglutii
a fatica.
Era
solo un ragazzino.
Mi
guardò con i suoi occhioni azzurri pieni di
curiosità.
«Madame?» la sua voce era
squillante e
vivace.
Mi
allontanai di qualche passo ma mi seguì.
«Và
via.» sussurrai.
Feci
per andarmene ma si aggrappò alla mia gonna. Dannazione.
Una lieve folata di vento fece diventare il suo profumo
ancora più forte.
Non
riuscivo a resistere.
E’
solo un ragazzino,
pensai. Non potevo
ucciderlo.
«Lasciami.»
presi la sua mano e gli feci mollare la presa. Un’altra
folata di vento ci
colpì, facendogli muovere i capelli. Trattenni il respiro
per qualche secondo
ma alla fine il mio istinto ebbe la meglio.
Non
ero più io. Cominciai a
muovermi
senza sapere cosa stessi facendo, lo portai lontano dalla piazza fino
alla
carrozza e ordinai a Bernard di partire.
Una
parte di me, talmente piccola da risultare insignificante, urlava di
smettere,
di lasciarlo andare. Ma non era possibile. C’era
qualcun’altro al mio posto,
qualcuno che stava per mordere quel giovane ragazzo, qualcuno che lo
avrebbe
ucciso.
Quando
sentii il sapore del suo nettare nella mia bocca tornai in me. La
realtà dei
fatti mi colpì come uno schiaffo. Il ragazzo era riverso
accanto a me, con un
rivolo si sangue fresco che gli scendeva dai due puntini sulla gola. Il
lento
dondolio della carrozza gli faceva muovere lentamente la testa,
scuotendo la
chioma dorata.
I
suoi occhi inespressivi e vitrei, che fino a poco prima erano stati
accessi e
curiosi, erano fissi su di me.
Mi
pulii le mani, le labbra, tutto quello che mi ero sporcata con il suo
sangue
innocente.
Ritornò
lo stesso senso di colpa che mi aveva tormentato nella carrozza con
Pierre, ma
non dissi nulla. Rimasi a fissare quell’angelo caduto,
gridando insulti a me
stessa che solo io potevo sentire.
Respirai
profondamente più volte, nel tentativo di calmarmi. Non
avevo motivo di
comportarmi così.
Dovevo
accettare la situazione. Ma come potevo?
L’unico
che poteva aiutarmi era a centinaia di chilometri di distanza, senza la
possibilità di raggiungermi.
Feci
fermare la carrozza. Chiesi a Bernard di occuparsi del ragazzo,
pregandogli di
seppellirlo degnamente. Non avendo a disposizione nulla per scavare la
terra,
Bernard posò il corpo in una cunetta naturale del terreno, a
qualche chilometro
dalla cittadina.
Immaginai
che qualcuno lo stesse cercando. Doveva avere una famiglia, qualcuno
che lo
amasse.
Scacciai
quei pensieri. Più rimanevo attaccata a quelle cose, meno
potevo accettare di
essere quello che ero. Non appena capii che Bernard aveva finito,
ordinai di
ripartire.
×××
Monaco,
Baviera. Una delle città più belle
d’Europa. In quegli anni, dopo il dominio
asburgico, la città aveva ripreso a crescere, nuovi palazzi
venivano costruiti
e l’aria che si respirava prometteva progresso e
tranquillità.
Mentre
la carrozza procedeva tra le strade, osservai estasiata la
città, così diversa
da Parigi, dove avevo sempre vissuto. Non potevo credere di essermi
allontanata
così tanto da casa.
Solo
quando ci fermammo cominciai a preoccuparmi. La carrozza si
fermò davanti al
cancello di un maestoso palazzo, che Bernard mi disse chiamarsi Älteres
Palais-Royal, e
attendemmo che qualcuno lo aprisse. Una figura avvolta in un mantello e
incappucciata ci venne incontro e aprì
l’inferriata per poi sedersi accanto a
Bernard dopo averla richiusa.
Dal
viale era impossibile vedere il palazzo. Gli alberi folti
riempivano la maggior parte del giardino e il viale era in ombra.
Quando scesi
dalla carrozza rimasi stupita dalla bellezza dell’edificio
che avevo di fronte.
Non
aveva nulla a che fare con la villa di Pierre, assolutamente nulla.
Lo stile era diverso, il palazzo era in stile rococò. Un
gioco di volute
rendeva la facciata sobria rispetto ai palazzi barocchi che avevo visto
fino a
quel momento. Le decorazioni erano tante ma delicate e non disturbavano
l’effetto finale.
Avanzai
lentamente ed entrai, sempre osservando i particolari di quel luogo.
La
voce della figura incappucciata mi destò.
«Il
padrone la sta aspettando.» mi riferì, con forte
accento tedesco, indicandomi
la scalinata di marmo che portava al piano superiore.
Gli
feci un cenno e cominciai a salire. A differenza del palazzo di Parigi,
questo
doveva essere deserto. Mentre salivo, non sentii nessun bisbiglio e
nessun
vocio.
Arrivata
al primo piano, l’uomo mi fece strada. Salutai velocemente
con un gesto della
mano Bernard, che era rimasto in fondo alla scalinata.
Allungai
il passo per raggiungere lo sconosciuto e ci fermammo entrambi davanti
ad una
porta.
Bussò
tre volte e la porta si aprì. Mormorò qualcosa
che non capii in tedesco alla
persona all’interno della stanza, facendomi cenno di entrare.
In
quel momento un senso di paura mi bloccò. Per tutto il
viaggio avevo evitato di
pensare a quello che avrei trovato a Monaco. Ma ora dovevo affrontarlo,
qualunque cosa fosse.
La
vampira mi voleva morta? Mi aveva affidato a qualcuno più
crudele di lei?
Entrai
piano nella stanza, sperando che le mie risposte ottenessero finalmente
una
risposta.
Una
figura maschile stava in piedi di fronte a me, dandomi le spalle.
«Geh weg.»*
sussurrò, e la misteriosa persona dietro di me
sparì, chiudendo la porta.
Rimase
voltato e parlò.
«Benvenuta.»
mi disse, in perfetto francese.
Fissai
la sua schiena, irritata e senza parlare. Almeno
potrebbe girarsi, pensai.
«Mi
dispiace madame, ma preferisco di
no.»
Mi
mancò il fiato per qualche secondo. Aveva, aveva appena-?
«Sì,
madame. Le posso leggere nella
mente.»
disse, rispondendo alla mia domanda silenziosa.
«Potrei
sapere perché non vuole girarsi? E’ maleducato non
voltarsi in presenza di una
donna.» dissi tutto d’un fiato, sapendo di suonare
maleducata.
Rise.
«Se
proprio insiste…»
Si
voltò e mi fissò dritto negli occhi, lasciandomi
senza fiato.
La
paura che avevo prima di entrare crebbe all’improvviso. I
suoi occhi erano
rossi, di un rosso talmente acceso da sembrare sangue. I lineamenti del
suo
viso erano perfetti, non trovai altro modo per definirli. Le sue
labbra,
piccole e carnose, risaltavano sul pallore del suo volto.
Sulle
sue labbra apparve un sorriso compiaciuto, mentre lo fissavo.
Mi
squadrò senza dire una parola.
«Jeanne
aveva ragione.» le sue labbra si incresparono in un altro
sorriso. «Sarai
perfetta come compagna.»
Sgranai
gli occhi.
«Com-compagna?»
chiesi incredula, con voce spezzata.
*geh weg=và via |
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Capitolo 10 *** Prisonnière. [Prigioniera] ***
Nota
al capitolo: e
rieccomi con un nuovo
capitolo. Finalmente è finita la scuola e posso dedicarmi di
più alle mie fic.
Come sempre devo ringraziarvi per le recensioni e per i preferiti[che
sono
diventati 38!], siete davvero troppo gentili.
Per
quanto riguarda l’ottavo capitolo, devo ringraziare due
persone in particolare,
che mi hanno colpito con le loro recensioni.
La
prima è Kayla_Ariev, che
mi aveva
già lasciato senza parole con la sua prima recensione.
Leggere commenti del
genere mi invoglia sempre più a continuare la storia.
La
seconda è _Natsuki_.
Prima di tutto
complimenti per il tuo profilo twilightiano[*_*] e per le tue storie
[=.
E
grazie davvero per aver definito questa fiction ‘perfetta’.
Molto
si scoprirà più avanti. Comunque per Madeleine ho
studiato bene l’epoca[anche
perché era nel programma di storia di quest’anno]
e ho tentato di ottenere più
informazioni possibile[santa Wikipedia aiuta sempre]. Naturalmente
sbaglierò
qualcosa però vorrei rendere la realtà
così com’era all’epoca.
Di
Monaco alla fine del 1700 non so molto e per questo
inventerò parecchie cose.
Comunque
sono davvero curiosa di sentire i vostri pareri.
Vi
lascio al capitolo. Scusate ma è un po’ corto
ç_ç
Come
sempre buona lettura,
Sara
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del tuo tempo alla causa pro recensioni.
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felice milioni di scrittori.
IX
CAPITOLO
NONO
Prisonnière.
e
fossi stata in grado di piangere, forse il mio dolore, misto al
disgusto e
all’orrore di ciò che avevo appena udito, si
sarebbe alleviato. Compagna.
Dannata Jeanne- alla fine ero
riuscita a scoprire il nome della vampira. Anche a chilometri di
distanza
riusciva a rovinarmi la vita. Non solo mi aveva allontanata da Parigi,
adesso
anche questo.
Victor,
il vampiro di cui avevo appena fatto la conoscenza, mi conosceva
già molto
bene. Per sentito dire.
La
corrispondenza tra lui e Jeanne era iniziata con il mio arrivo nella
villa di
quest’ultima, dopo la trasformazione. A quanto pare Jeanne mi
aveva definito
come un ‘neonato bocciolo di rosa’,
pronta a nuove esperienze. E lui si era subito interessato.
«Una
compagna è ciò che mi serve» mi aveva
detto, spudorato. «Inoltre hai bisogno di
protezione.»
«Non
penso sia la cosa migliore» avevo risposto, con la voce
tremante, «e penso di
sapermi proteggere da sola.»
La
sola idea di passare il resto della mia vita con
quell’individuo mi spaventava.
E’ un uomo bellissimo, su quello non c’era dubbio,
ma i suoi occhi…i suoi occhi
mi spaventavano.
Rievocavano
momenti terribili, situazioni orribili che le sue vittime dovevano aver
vissuto. Per un momento pensai che non ero io il mostro. Erano quelli
come lui
che potevano definirsi mostri.
«Non
voglio metterti fretta.» il suo tono era cambiato
all’improvviso, addolcendosi.
«Però sei stata promessa a me e un giorno sarai
mia.»
Nonostante
il suo tono dolce le parole che sentii erano una minaccia.
«Io
non appartengo a nessuno. Non appartenevo e non appartengo a Jeanne e
non ha
avuto alcun diritto a promettermi a lei.»
Senza
volerlo, il mio tono diventò duro ma non lo
scalfì. Rimase impassibile di
fronte a me, senza proferire parola.
Quando
riaprii le labbra per parlare mi interruppe. Non riuscii a prevederlo.
Con
uno scatto in avanti si avvicinò a me e premette le sue
labbra sulle mie, senza
lasciarmi il tempo per fermarlo. Nonostante l’irruenza con
cui mi aveva
afferrato, le sue labbra erano morbide e si muovevano delicatamente
sulle mie.
Avevo
appoggiato le mie mani sul suo petto nel tentativo di allontanarlo ma
era molto
più forte di me.
Non
sapendo che fare gli morsi leggermente il labbro inferiore e si
allontanò di
qualche centimetro.
Una
piccola goccia di sangue gli scese dall’angolo della bocca.
Mi
aveva lanciato un’occhiata severa, fulminandomi e decisi di
andarmene.
«Con
permesso.» avevo detto, con un lieve inchino.
Tastai
leggermente le labbra con un dito mentre quel pensiero mi tornava alla
mente.
Scossi la testa per scacciarlo.
Mentre
osservavo i rumori della vita che procedeva lentamente fuori dalla
villa, mi
resi conto di una cosa.
Ero
diventata una prigioniera. Prigioniera
di quel vampiro dagli occhi rossi, che mi mettevano paura.
Passò
qualche giorno ma la situazione non cambiò.
Mi
aveva concesso tempo per decidere. Ma la decisione in sostanza non
c’era. Le
possibilità erano due: accettare di diventare la sua
compagna di mia volontà
oppure diventare obbligatoriamente la sua compagna. Sospirai.
L’unica mia
opzione era prendere tempo e sperare.
Sperare
cosa? Che qualcuno arrivasse e mi portasse via?
Soffocai
una risata isterica. Chi mai mi avrebbe portata via da quel posto?
Pierre
potrebbe farlo,
pensai ma me ne
pentii subito. Per Pierre non contavo nulla. Ero solo la ragazzina che
aveva
trasformato per noia. O per
qualcos’altro?
Mi
morsi il labbro, immersa in quei pensieri.
Era
davvero così egoista? Non gliene importava nulla di me?
Eppure…mi
ero abituata all’idea di dover passare
l’eternità con lui. Ma lui era di
Jeanne, erano praticamente perfetti insieme.
Quella
visione mi colpì al cuore come una freccia, mozzandomi il
fiato.
×××
Forse
avevo commesso l’errore più grande in tutta la mia
vita-da vampiro. Lasciare
Parigi, lasciare Jeanne…non osai immaginare le conseguenze
di quel mio gesto.
Mentre
la carrozza avanzava velocemente verso il confine francese, mi ritrovai
a
pensare nuovamente al motivo della mia fuga.
Nella
mia mente si formò l’immagine di una donna, dai
capelli mossi e castani. Il suo
viso dai tratti dolci e delicati aveva cominciato a tormentarmi da
giorni. E i
suoi occhi…quegli occhi fuori dal comune, del colore
dell’ametista non volevano
andarsene dalla mia mente.
Madeleine.
Scossi
la testa, incredulo. Ero davvero pronto a rischiare la vita-
perché era quella
che avevo messo in gioco lasciando la villa e Jeanne- per una ragazza?
Per
quella ragazza?
‘Sì.’ Una parte di me
credeva sul serio a
quello che stavo facendo.
Dall’altro
lato il senso di colpa mi affliggeva. Avevo rinunciato a tutto
ciò che mi
avevano offerto. Non potevo negare che Jeanne avesse fatto molto- quasi
tutto-
per me. Ma non potevo restare con lei.
Si
era dimostrata crudele, priva di cuore. Nessun vampiro era stato
cacciato dalla
comunità senza motivo.
Il
motivo per cui Jeanne aveva cacciato Madeleine c’era ma era
futile, senza
senso. L’avevo saputo al ritorno di Bernard. Jeanne era
gelosa di Madeleine.
Una vampira adulta gelosa di una neonata. Incredibile.
‘Mai così incredibile come questo’,
pensai. Non mi ero accorto di quanto valesse Madeleine per me.
Forse
ero stato semplicemente cieco, o avevo mentito a me stesso.
Le
avrei dovuto raccontare tutto. Tutto quello che avevo fatto prima di
trasformarla. L’avevo seguita, subito dopo avere incrociato
il suo sguardo. Da
quel momento, fino al nostro ‘primo’ -per lei-
incontro nel vicolo buio, sapevo
che sarebbe stata mia, che l’avrei trasformata.
Agognavo
il suo sangue ma non potevo immaginare risvolti simili.
Me
n’ero innamorato? ‘I
vampiri non si
innamorano.’ O forse sì?
Era
solo puro desiderio o amore? Non avevo mai provato quel sentimento,
nemmeno da
vivo.
Mi
voltai e guardai fuori dalla carrozza. Il buio inghiottiva tutto,
negando alla
vista qualsiasi cosa.
Desiderai
che succedesse anche a me. Per un momento, desiderai di sparire.
Mentre
guardavo nella notte più profonda, chiedendomi che cosa
animava il mio
desiderio di rivedere e riavere con me Madeleine, una piccola fiamma
invisibile
si animò dentro di me.
Era
quello l’amore?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Espoir. [Speranza] ***
Nota
al capitolo: sì,
sono in ritardo e
lo so benissimo. E’ passato più di un mese
dall’ultimo aggiornamento e mi
scuso. Ringrazio le 44 persone che hanno messo la storia tra i
preferiti ma
soprattutto _Natsuki_ che lascia un
commento ad ogni capitolo e lisettaH,
che ha lasciato un commento che mi ha colpito particolarmente. Grazie
davvero.
Vorrei
ricordare - non ricordo se l’ho già detto- che ho
aperto un mio archivio di fan
fiction, potete vederlo a questo indirizzo. http://queenoftheslytherins.forumfree.net/
Potete
trovare anche le schede dei personaggi di questa fiction.[per il
momento solo
Madeleine e Victor]
Rating
di questo
capitolo: rosso.
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felice milioni di scrittori.
X
CAPITOLO
DECIMO
Espoir.
e
fiamme danzavano vivaci nel camino, illuminando in modo sinistro la
stanza.
Victor era di fronte a me, sprofondato in un’elegante
poltrona di velluto
accanto al fuoco. La luce proveniva dalla sua sinistra, illuminandogli
la pelle
marmorea del viso, e animava con una sfumatura spaventosa i suoi occhi
color
rubino. Rimasi immobile mentre mi studiava con il suo sguardo.
Allungò un
braccio verso la sua destra e prese un bicchiere di cristallo, pieno di
un
liquido rosso.
Si
concentrò per un momento sul contenuto del bicchiere,
facendolo oscillare, poi
tornò a fissarmi, alzando un sopracciglio.
Respirai
profondamente e mi avvicinai di qualche passo.
Il
tempo era passato. Avevo cercato di allungare i tempi ma era stato
tutto
inutile. Ero riuscita a guadagnare quasi due settimane, due settimane
inutili,
passate nella camera messa a mia disposizione a cercare una soluzione
per
quella situazione.
Dentro
di me la speranza che lui sarebbe
apparso in quella casa per portarmi via si era affievolita ogni giorno,
ogni
ora, ogni minuto che passava. Resisteva ancora, in qualche modo, ma era
debole.
Non
sarebbe venuto a cercarmi. Nessuno
mi
avrebbe portato via da Monaco. Potevo contare solo su me stessa.
Anche
se avrei dovuto arrendermi.
Anche
se questo significava dover cedere alle richieste di Victor.
Dischiusi
le labbra per parlare.
«Lo
so già, non c’è bisogno che tu lo
dica.» mi anticipò, lanciandomi
un’occhiata
annoiata.
Strinsi
i denti, mentre sentivo l’irritazione crescere. Stavo
perdendo il mio tempo.
«Bene.» sussurrai, voltandomi
per
andarmene.
Lo
sentii alzarsi con un fruscio e in un attimo fu dietro di me. La sua
mano mi
afferrò per il gomito.
«Cosa
ti ha fatto cambiare idea?» mi domandò, facendomi
voltare per guardarlo.
Lo
fulminai, senza parlare. Cercai di non pensare a nulla, per non
permettergli di
entrare nella mia testa e frugare a suo piacere tra i miei pensieri. Ma
non
bastò.
La
consapevolezza di essere rimasta sola mi tradì e non riuscii
a cacciare quel
pensiero, lo stesso che aveva accompagnato la mia solitudine in quelle
due
settimane.
Lui
lo lesse ma non parlò. In quel momento non provò
a ferirmi, commentando in modo
pungente il mio sconforto.
«Nessuno
verrà a cercarmi.» ammisi infine, distogliendo lo
sguardo da lui.
«E
quindi?» chiese, senza lasciarmi il braccio, aumentando anzi
la presa che aveva
su di me.
«Quindi…»
iniziai, ma mi bloccai. Mi schiarii la voce. «Quindi hai
vinto, sono tua.»
Un
sorriso gli increspò le labbra.
«Ti
credevo più tenace.» disse, ironico.
«Hai
ciò che vuoi adesso.» replicai, fissando
finalmente i suoi due rubini. «Lasciami
andare nella mia stanza.»
«Hai
detto che sei mia.»
sottolineò
l’ultima parola in modo quasi sinistro.
«Sì,
l’ho detto. Puoi avere il mio corpo, ma non
la mia anima.»
«Tu
non hai un’anima.» constatò, alzando un
sopracciglio.
Annuii
piano. «Lo so. L’ho donata all’unico
vampiro a cui appartengo
veramente.»
Vidi
i suoi occhi scarlatti dilatarsi e la sua bocca socchiudersi. Il suo
sguardo divenne
duro, impenetrabile. Uno sguardo di puro
odio.
La
sua mano libera si strinse attorno al mio collo, facendomi mancare il
respiro.
Mi trascinò fino alla parete della porta. Gemetti piano non
appena la mia
schiena si scontrò contro il muro.
Si
avvicinò pericolosamente a me e parlò non appena
le sua labbra furono a pochi
centimetri dalle mie.
«Tu
ora appartieni a me.» alitò, minaccioso.
«E non puoi farne a meno.»
Socchiusi
le labbra per parlare ma lui fu più veloce.
La
sua bocca si appoggiò di fretta sulla mia, come per bloccare
ogni mio tentativo
di replicare. Le sue labbra carnose si muovevano con decisione sulle
mie, quasi
con forza. Emisi un gemito di
protesta e appoggiai le mani sulle sue spalle, nel tentativo di
allontanarlo da
me.
Con
un lieve morso bloccò ogni mia protesta. Un rivolo di sangue
scese dalla mia
bocca fino al mento, ma lui catturò subito quelle poche
gocce di sangue,
interrompendo il bacio per qualche momento.
Sentivo
le labbra bruciare, tanto da fare quasi male. Lo fulminai con lo
sguardo e
provai ancora ad allontanarlo da me, invano.
Con
una mano bloccò le mie sopra la mia testa.
Continuò a baciarmi, dal collo sino
alla spalla scoperta, lasciando dietro di sé una sensazione
di bruciore.
Non
riuscivo a muovermi. Mi sentivo completamente sola e disarmata.
Indifesa.
Completamente
abbandonata a lui.
«Lasciami.»
intimai, mentre la sua mano saliva lungo la mia gamba, sotto la gonna
del
vestito elegante.
«Lasciami.» ripetei, in un
sussurro quasi
impercettibile, non appena il corsetto venne strappato con violenza.
I
suoi baci si spostarono sul mio seno, per poi risalire di nuovo al
collo. Mi
lanciò uno sguardo che mi pietrificò. I suoi
occhi color rubino erano da
animati da una luce che mi fece tremare.
Non
era eccitazione. Non era desiderio. Era pura follia.
Mi
prese il mento con il pollice e mi alzò la testa, girandola
leggermente di
lato.
Scese
sul mio collo e si soffermò. La sua mano mi tenne ferma la
testa, mentre i suoi
denti laceravano la mia pelle.
Mi
morsi il labbro inferiore, nel tentativo di reprimere l’urlo
di dolore.
In
quell’istante tutto divenne meno chiaro. La vista si
annebbiò e cominciò a
girarmi la testa.
Lo
sentii ancora muoversi. Mi alzò leggermente, tenendomi
appoggiata la muro.
«No.»
dalla mia gola uscì un leggero suono roco.
La
gonna seguì il corsetto a terra, in mille pezzi.
Affondò in me senza preavviso,
quasi con forza.
Provai
di nuovo ad allontanarlo da me, ma non trovai le forze.
«No.» la mia protesta si spense
in un
sussurro mentre lui, spingendo dentro di me, spegneva la debole
speranza che
avevo tenuto in vita in quelle settimane.
×××
Rimasi
rannicchiata a terra per ore, senza parlare e senza muovermi, ma lui
non uscì
dalla stanza.
Restò
sulla sua poltrona, con lo sguardo ancora folle fisso su di me.
Non
ebbi il coraggio di guardarlo. Strinsi a me i vestiti che mi aveva
strappato,
nel tentativo di coprire il mio corpo, anche se aveva visto tutto.
Il
morso al collo bruciava ancora, ma non mi lamentai del dolore.
«Mio
signore.» una voce femminile mi ridestò da quello
stato di apatia. «Come mai
avete scelto lei?» chiese, con disprezzo.
Victor
non rispose. Alzai piano lo sguardo e trovai di fronte la schiena della
vampira
che parlava.
Il
fuoco, ancora acceso nel caminetto, si rifletteva nei suoi capelli
castani.
Sedeva sul bracciolo della poltrona, e aveva le gambe appoggiate a
quelle di
Victor, che la teneva per la vita con un braccio.
Nonostante
quel tocco, che sicuramente lei aveva inteso come segno di interesse da
parte
del vampiro, lo sguardo di Victor era fisso su di me.
Qualcuno
bussò alla porta.
«Mio
signore.» la voce di un uomo- lo stesso che mi aveva condotto
da Victor quando
arrivai- si rivolse a lui con tono servile. «Il vampiro ci
è sfuggito.»
Sgranai
gli occhi.
«Bene.»
replicò semplicemente Victor. «Puoi
andare.»
Con
un fruscio l’uomo sparì.
La
risatina della donna riempì la stanza. Sentii il suo sguardo
su di me.
«Troppo
tardi.» sussurrò Victor, e questa volta osai
incontrare il suo sguardo. Sulle
sue labbra apparve un ghigno. «Troppo
tardi.»
|
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