Madeleine ~

di Sariel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Paris 1748 ***
Capitolo 3: *** Newborn [Neonata] ***
Capitolo 4: *** Monstre aux yeux violet [Mostro dagli occhi viola] ***
Capitolo 5: *** La première fois [La prima volta] ***
Capitolo 6: *** Cela va sans dire ***
Capitolo 7: *** Femme Fatale ***
Capitolo 8: *** Adieu ***
Capitolo 9: *** Une ténébreuse affaire. ***
Capitolo 10: *** Prisonnière. [Prigioniera] ***
Capitolo 11: *** Espoir. [Speranza] ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


MADELEINE ~
{ Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima? }


~


I vampiri. Creature mitiche, maledette ma splendide. Ci sono leggende e credenze su di loro, quasi tutte false.
Non ci sciogliamo al sole, per carità. Chi ha messo in giro una storia simile? E non dormiamo nelle bare. Andiamo, i vampiri amano il lusso, vivono in mezzo a voi umani, in sontuose case e nemmeno ve ne accorgete.
Mi chiamo Madeleine Leclerc e sono un vampiro. Sono un vampiro da ormai quasi 300 anni. Ho imparato a accettare la mia situazione con il tempo, a non avere più orrore di uccidere la gente per cibarmi. E ora? Ora aiuto voi umani.
Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima?



***


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Capitolo 2
*** Paris 1748 ***


MADELEINE ~
{ Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima? }


CAPITOLO PRIMO

Parigi 1748

 

L
a belle ville, Parigi. Era il 1748. A quell’epoca avevo 18 anni, appena compiuti. I miei capelli erano lunghi e castani, talmente chiari che alla luce del sole sembravano quasi biondi. E i miei occhi erano particolari. Avevano il colore dell’ametista. Era una particolarità di famiglia anche se tra le mie sorelle ero l’unica ad averli. Li avevo ereditati da mio padre, François Leclerc. Mio padre era morto qualche anno prima e la famiglia ora era in mano mia. Mia madre non riusciva a occuparsi di me e delle mie sorelle, era troppo malata. Per questo ero io a fare tutto con l’aiuto di Monique, Isabelle, Liliale e Françoise, le mie sorelle. I miei fratelli, André e Jean-Baptiste, avevano da poco preso moglie e vivevano a pochi metri da casa nostra. Ogni mattina passavo dal mercato del pesce sotto casa e poi dal panettiere. Il resto che mi avanzava lo tenevo da parte, per comprare i medicinali per mia madre.
La mia vita non mi soddisfaceva, soprattutto quando vedevo passare le carrozze che portavano nobildonne e nobili verso i loro sontuosi palazzi, a teatro o addirittura a Versailles. Da piccola mi immaginavo di essere una nobildonna, immaginavo di indossare uno di quei vestiti, lavorato divinamente, pieno di pizzi e merletti.
Ma una semplice popolana non poteva vivere quella vita. A Parigi la netta distinzione tra i nobili e il popolo era evidente ma nonostante questo Parigi rimaneva Parigi, la belle ville.
Per le vie della città voci e profumi accompagnavano gli abitanti che camminavano, correvano, cercando di farsi spazio tra la folla. Al mercato del pesce il puzzo era fortissimo e le urla dei mercanti arrivavano fino alla porta di casa. Quella mattina uscii di casa come al solito con il mio cesto per il pane, fermandomi al pozzo per sciacquarmi il viso. Feci un respiro profondo e mi gettai nella folla, sperando di arrivare il prima possibile dal panettiere. La Senna scorreva silenziosa poco lontano, a due traverse dal mercato. Svoltai a destra ed entrai dal panettiere.
«Bonjour Madeleine.»
«Oh, bonjour Clement.» mi avvicinai al bancone e appoggiai il cesto. «Il solito, grazie.»
«Ci sono novità sai?» mi disse, mentre metteva nel mio cesto le sei pagnotte che prendevo ogni giorno.
«Di che tipo?» chiesi, curiosa.
Si avvicinò a parlò a bassa voce. «A quanto pare il re ha affidato il governo a Madame de Pompadour. Non ufficialmente, ma quella influenza ogni decisione del re.»
«No, dici sul serio?» lo fissai stupita mentre lui annuiva. «Quella donna è il demonio!»
«Già. Inoltre il prezzo del pane è aumentato.»
«Ah, di nuovo?. Quanto ti devo?» presi dalla tasca i 40 centesimi che mi servivano normalmente per pagare il pane.
«Sono 60 centesimi.» lentamente tirai fuori due pagnotte dal cesto e gliele porsi.
«E ora? Bastano i soliti 40 centesimi?» lo guardai dolcemente, sapendo avrebbe ceduto.
«E va bene.»
«Grazie mille.» presi il cesto e mi avviai verso la porta. «A domani!»
Quel giorno avrei rinunciato alla mia parte. Quattro pagnotte per tutta la famiglia erano poche ma non potevo permettermi altro.
Mi rigettai nella folla ma decisi che era meglio proseguire per le vie trasversali, in modo da non trovare gente. Svoltai nella prima via che trovai, stretta e buia, e continuai a camminare fino a che non andai a sbattere contro qualcosa. O meglio, qualcuno. Lui. Colui che avrebbe cambiato la mia vita.
Caddi all’indietro, finendo per terra. La sua mano si allungò verso di me e mi aiutò a rialzarmi.
«Grazie» mi pulii la gonna, che si era sporcata di terra. «Mi scusi, non guardavo dove stavo and-» alzai lo sguardo per guardare contro chi ero finita e rimasi senza fiato.
Era un angelo. Umano non poteva essere. La sua pelle diafana risaltava sul mantello rosso scuro che indossava ma soprattutto risaltava sulla spilla di onice che aveva sul colletto lavorato della camicia. I suoi capelli cadevano in ciuffi scomposti sul viso, mentre dietro erano legati in un codino. Erano così chiari che si potevano benissimo vedere anche al buio. Ma la cosa che mi colpì di più furono i suoi occhi. Due smeraldi accessi che sembravano illuminare l’angolo buoi del vicolo in cui eravamo.
«Bonjour mademoiselle. » la sua voce era calda e sensuale. Mi prese la mano e me la sfiorò con le labbra mentre un brivido mi corse lungo la schiena.
Boccheggiai un attimo per cercare le parole ma tutto quello che riuscii a dire fu un «S-salve» sussurrato. Il suo sguardo divenne incuriosito. Mi squadrò da capo a piedi e un angolo della bocca si incrinò in un sorriso. Sentii una vampata di calore alle guance, il suo sguardo mi aveva fatto arrossire. Aprii la bocca per parlare ma lui mi fermò.
«Devo farmi perdonare per aver fatto cadere una ragazza così bella.»
«N-no, sul serio.» mi chinai velocemente per prendere il mio cesto. «Mi scusi devo andare.»
Mi voltai e corsi via, nella folla. Mi rifugiai in casa, ancora con il batticuore e il viso arrossato. Tentai di riprendere fiato. Quell’uomo era terribilmente affascinante ma qualcosa in lui mi aveva messo paura. Non sembrava umano. Rimuginai un po’ sull’incontro appena fatto, avevo ancora i brividi. I miei pensieri vennero interrotti da Liliale, la mia sorella minore.
Si avvicinò alla porta e mi guardò con i suoi grandi occhioni blu. «Madeleine, dov’eri finita?»
«Excuse-moi, mon chérie. Ho tardato per prendere il pane. » mi diressi verso la stanza che ci faceva da cucina e da camera da letto. Appoggiai il pane sul tavolo di legno e mi avvicinai al letto di mia madre.
«Maman, come stai?» le passai un pezzo di stoffa bagnato sulla fronte.
Mia madre aprì leggermente gli occhi e si sforzò di sorridere, ottenendo solo un’espressione di dolore. Aprì la bocca per parlare ma un attacco di tosse glielo impedì. Le avvicinai un fazzoletto alla bocca e quando finì di tossire controllai se ci fossero tracce di sangue. Il dottore mi aveva detto di stare attenta e controllare la situazione dell’apparente polmonite di mia madre, per accertarmi che non fosse tisi o peggio. Fissai con orrore il pezzo di stoffa bianco: una chiazza rossa si stava espandendo proprio al centro. Cominciai a sudare freddo. Chiamai Liliale e le altre mie sorelle dicendo loro di tener d’occhio nostra madre mentre andavo a chiamare il dottore.
Corsi più che potei fino ad arrivare alla casa del dottore, subito dopo la panetteria. Mi seguì fino a casa, continuavo a ripetergli di sbrigarsi ma quando arrivammo a casa, era troppo tardi.
 
*
 
Fu chiamato un prete e il corpo fu subito seppellito, accanto a quello di nostro padre. Eravamo distrutte. Ora eravamo davvero sole. I miei fratelli si offrirono di occuparsi delle nostre due sorelle più piccole, Liliale e Françoise, le gemelle. L’unica cosa che potei fare era acconsentire, in modo da poter tenere con me Monique.
Quella notte vagai sulla sponda della Senna. Avevo lasciato Monique a casa, si era addormentata dopo un’ultima crisi di pianto. Camminai a lungo sulla riva del fiume, fissando come ipnotizzata il riflesso della luna sulla superficie increspata del fiume. Tentai di restare calma, senza lasciarmi andare alle lacrime. Avevo resistito tutto il giorno per le mie sorelle ma in quel momento non ce la facevo più. Grosse gocce cominciarono a scendermi sulle guance, mentre il vento freddo della sera mi colpiva il viso. In pochi secondi mi ritrovai rannicchiata per terra, con i singhiozzi che mi scuotevano il corpo. Ora era tutto perduto.
«Mademoiselle?»
La voce calda di quella mattina mi colse di sorpresa. Mi voltai verso destra e me lo trovai di fronte. I capelli risplendeva sotto i raggi pallidi della luna, era ancora più mozzafiato. Mi rialzai e mi riasciugai le lacrime.
Che poteva volere un uomo così elegante e curato, così tanto da sembrare nobile, da una come me?
Fece qualche passo verso di me. «Qu’est-ce que s’est passé
«Ma mère est mort.» gli risposi singhiozzando.
Si avvicinò ancora e, inaspettatamente, mi abbracciò. Sgranai gli occhi dallo stupore, tentando di capire che cosa stesse facendo. Il suo corpo era duro come il marmo e freddo, come se il sangue non gli scorresse. Provai un brivido non appena le sue mani toccarono la pelle nuda delle mie braccia. Naturalmente non potei capire il significato di quelle parole. Il suo sussurro roco al mio orecchio mi fece girare la testa.
«Stai tranquilla. Andrà tutto bene.»
E in un attimo sentii un dolore acuto alla gola.


***


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Bè che dire...grazie ad AnimaDannata per la prima recensione xD

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Capitolo 3
*** Newborn [Neonata] ***


MADELEINE ~
{ Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima? }


Nota al capitolo: prima di tutto, grazie a tutti per i commenti! Non pensavo potesse piacere così tanto questa fic ç.ç. Per il momento non vorrei rispondere alle domande nei commenti, non voglio anticipare nulla se non una sola cosa: il significato dell’epilogo si capirà solo più avanti, per il momento la storia si incentra su Madeleine e la sua nuova vita. Andando avanti…ah, no non dico nulla *si cuce la bocca*.
Ecco qua una piantina della casa di Madeleine, per capire meglio le posizioni di personaggi e cose in questo capitolo. Naturalmente ho messo solo gli oggetti citati, ci sarebbero altri tre “letti” sulla piantina.

Thanks to AnimaDannata, Lady Alice, chibimiky, momob, Je91, Roxy Jane e AliDiPiume per i commenti su EFP.
Buona lettura,
Sara
Ps un consiglio. Ascoltate Newborn dei Muse <3
 
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CAPITOLO SECONDO
Newborn
   

Mi risvegliai alle prime luci dell’alba, sulla riva della sera prima. Mi guardai intorno confusa, la testa mi pulsava da morire. Sentivo qualcosa, qualcosa di diverso, difficile da descrivere che capii solo dopo. Rimasi a fissare le increspature dell’acqua per qualche minuto, tentando di concentrarmi e capire. In quel momento capii cos’era quella sensazione. Riuscivo a percepire ogni rumore, ogni profumo in modo straordinario. Riuscivo a sentire il profumo del pane appena sfornato di Clement, appena due strade dietro di me, lo sciabordio dell’acqua del lavatoio di fronte a casa. Il rumore dell’acqua agitata della Senna era addirittura fastidioso, talmente era forte. Ma questo non fece altro che accrescere la mia ansia, il mio tormento.
Era stato un sogno? O meglio, un incubo? Tutto ciò che era successo, o che immaginavo fosse successo, il giorno prima era reale? La morte di mia madre, l’incontro con quell’angelo? Portai istintivamente la mano alla gola, nel punto in cui avevo sentito dolore. La pelle era tirata e gonfia in due punti, due piccoli fori il cui contorno seguii con le dita. Mi sforzai di ricordare ma più ci provavo, più il ricordo svaniva, come in una nuvola di fumo.
«Madeleine!» la voce spaventata di mia sorella mi fece tornare alla realtà. Mi voltai e la vidi correre verso di me, come una forsennata. Le guance erano imporporate e il suo respiro era veloce a causa della corsa. Mi strinse in un abbraccio e cominciò a singhiozzare. Le passai una mano tra i capelli e il loro profumo mi colpì subito.
«Dov’eri finita?» mi chiese, ancora scossa dai singhiozzi. «Non ti trovavo più.»
«Scusa Monique.» tentai di tranquillizzarla, stringendola di più a me. «Non succederà più.»
Si distaccò e si asciugò le lacrime. Nei suoi occhi potevo leggere perfettamente cosa aveva provato. Paura, ansia, abbandono.
«Andiamo a casa.» cominciavo a sentirmi male. Gli odori erano diventati sempre più pungenti, i rumori sempre più forti. Cominciava a girarmi la testa.
Barcollai fino a casa reggendomi a Monique, fingendo di essere allegra per non farle capire come mi sentivo. Mi buttai sul letto che fino al giorno prima aveva occupato mia madre e mi presi la testa fra le mani. Sembrava scoppiare. Il senso di nausea non faceva altro che aumentare, l’entrata in casa aveva peggiorato la situazione. Lo scricchiolio delle assi di legno sopra la mia testa, lo zampettare dei topi nei muri, le voci della gente per strada……tutto si fondeva in un unico rumore molesto così come i profumi delle donne, l’odore dei sigari degli uomini e il puzzo di pesce si univano per creare un unico e insopportabile fetore.
Poco prima ero affascinata da questa nuova mia sensibilità dei sensi ma ora tutto mi appariva confuso. Respirai profondamente più volte, sperando che quel senso di malessere sparisse. Intanto vidi che Monique si era avvicinata, più preoccupata di prima, e con le sue manine preparava un panno umido per me.
«Qu’est-ce que tu fais?» le domandai con un filo di voce.
Mi fissò con i suoi grandi occhi azzurri. Sorrise nervosamente ma non rispose.
«Où est Isabelle?» Isabelle era la più grande dopo di me. Nostra madre le aveva già scelto un marito da tempo, un giovanotto di sedici anni figlio del carpentiere che abitava di fronte a casa nostra. Il matrimonio era previsto per il mese successivo.
«E’ andata da André.» mi fissò ancora un momento. Sospirò. «Madeleine, che hai?»
«Je ne sais pas.» E in effetti era vero. Ciò che era successo la notte precedente era oscuro, come se il ricordo fosse stato cancellato dalla mia mente.
La testa continuava a girarmi e dovevo avere un aspetto orrendo, lo capii dallo sguardo che Monique mi lanciò. Cominciai a respirare a fatica e a sudare freddo, senza un motivo apparente.
«Vado a chiamare il dottore.» il tono della sua voce tradì la sua paura. Volevo dirle di stare tranquilla, che non c’era bisogno di chiamare nessuno ma era già corsa fuori di casa.
Mi girai a fatica su un lato, fissando l’ingresso della stanza. Chiusi gli occhi e respirai a fondo, di nuovo, sperando che passasse tutto ma non ottenni nessun risultato. Sentii la porta di casa cigolare e riaprii di scatto gli occhi. Dopo qualche rumore di passi una figura apparve davanti a me. Tentai di mettere a fuoco il suo volto ma vedevo tutto offuscato. Si avvicinò a me, sentivo il suo fiato sul mio viso.
«Bonjour Madeleine.» sussurrò piano al mio orecchio.
Era lui, la sua voce calda era inconfondibile. Sentii la sua mano ghiacciata accarezzarmi il braccio, facendomi venire i brividi. Non appena avvertii il suo tocco il dolore cessò.
«Che mi avete fatto?» riuscii a dire con la voce ridotta ad un soffio. La sua mano si bloccò proprio sopra il mio gomito.
Alzai leggermente lo sguardo e riuscii a vedere nitidamente il suo viso a pochi centimetri dal mio. La sua mano si sposto sulla mia guancia.
«Shh. » mi appoggiò un dito sulle labbra. «Ma chérie, andrà tutto bene.» appoggiò delicatamente le sue labbra fredde ma morbide sulle mie. «Andrà tutto bene.» ripetè di nuovo, deciso.
Si allontanò da me e si diresse verso la porta, lasciandomi sprofondare nel mio disagio. Il dolore alla testa cominciò ad aumentare ancora, diventando insopportabile. Cominciai a gemere dal dolore.
Delle voci che conoscevo provenivano dallo stanzino dell’entrata, voci preoccupate, nervose che però si calmarono subito non appena parlò lui. Tentai di concentrarmi su qualcos’altro per non permette al miscuglio di voci di entrarmi nella testa. Colsi sono alcuni pezzi della conversazione e mi stupii quando vidi entrare mio fratello André, Monique e il misterioso ragazzo dalla porta della stanza.
Monique fu la prima ad avvicinarsi a me. Mi prese la mano e mi sorrise.
«Non sono riuscita a trovare il dottore. Ma quest’uomo ha detto che ti aiuterà.» Nonostante il suo sorriso, la tristezza le velava gli occhi. Le strinsi la mano. «Andrà tutto bene, stai tranquilla.» sussurrai, tentando di convincere me stessa più che lei.
«La carrozza è arrivata.» sentii il personaggio misterioso sussurrare a mio fratello. «La farò subito visitare da un medico, avrà tutte le cure che le servono. Potete fidarvi.»
«Perché fate questo? Siete così gentile con noi e non ci conoscete nemmeno.»
«Vostro padre era un mio grande amico.» Bugiardo. Nostro padre non aveva avuto amici o conoscenti nella classe borghese e nobile. Tentai di replicare, di dire a mio fratello di lasciarmi a casa, che mi sarei ripresa subito. Naturalmente non avevo ancora idea di quello che mi stava succedendo ma quell’uomo, così bello e seducente, mi affascinava e mi metteva paura allo stesso tempo. Non avevo forza per parlare e tutto quello che mi uscì dalla bocca fu un gemito strozzato.
Mio fratello si avvicinò, mi prese in braccio e si avviò alla carrozza.
«No…» gemetti.
«Stai tranquilla.» mi posò sul comodo sedile della carrozza e mi diede un bacio sulla fronte. «Ci rivedremo presto, verremo a trovarti.»
«No» ripetei, ma il mio sussurro era impercettibile.
In un attimo l’angelo diabolico fu accanto a me e la carrozza partì, portandomi verso l’oblio.
 
 
*
 
 
La sua vicinanza, il suo tocco leggero sulla pelle non mi fece sentire dolore per tutto il viaggio. Arrivammo ad una grande casa, una villa immensa, finemente lavorata e di un giallo pallido ed immersa in un enorme prato.
Mi prese tra le sue braccia e mi portò all’interno della casa. Tutto quello che riuscivo a vedere erano solo ombre confuse, nulla mi appariva chiaro agli occhi. Mentre salivamo sentii brusii provenire dalle porte delle stanze e percepivo la presenza di qualcuno. Colsi alcune parole ma c’erano troppe persone.
Entrammo in una stanza grande e ariosa, illuminata dalla luce rossastra della sera. Lì mi appoggiò al letto, talmente morbido e comodo che mi sembrò di essere in paradiso.
Si sedette accanto a me e si avvicinò a me. «Tra poco finirà tutto. Ora chiudi gli occhi e riposati.» Obbedii all’istante e la stanchezza di quella giornata e della precedente prese il sopravvento. Caddi in un sonno profondo, senza sognare.
Sapevo che era accanto a me perché non sentivo dolore. L’unica cosa che riuscivo a percepire era il freddo. Cominciò a farmi venire i brividi, ad entrare nel mio sangue. Fu una sensazione fastidiosa, avvertii un formicolio in tutto il corpo. Mi rannicchiai in posizione fetale e mi raggomitolai sempre di più, per cercare di scaldarmi. Con lui vicino era difficile dato che sentivo anche la sua pelle ghiacciata.
Passarono minuti, ore. La timida luce della luna entrava attraverso la finestra, illuminando in un alone misterioso il letto. Aprii leggermente gli occhi e misi a fuoco la stanza. Di fronte a me, proprio davanti alla finestra, c’era lui, seduto su una poltrona imbottita di velluto rosso porpora, che sorseggiava un liquido rosso da un bicchiere.
Quando aprii gli occhi mi sorrise.
«Bentornata tra noi.»
Mi alzai piano, temendo di non reggermi in piedi ma le forze mi erano tornate. Il dolore era sparito del tutto, la sensazione di freddo anche. Deglutii e cominciai a parlare.
«Chi siete?»
«Puoi chiamarmi Pierre.» disse, con un inchino.
«Che mi avete fatto?» gli posi la stessa domanda che gli avevo fatto quando eravamo nella mia casa.
«Ti ho curato.» disse semplicemente, pulendosi le labbra dal liquido rosso con un fazzoletto candido. Si alzò e si avvicinò. «Ho promesso a tuo fratello e alla tua sorellina che ti avrei guarito. Dopotutto sono un amico di vostro padre.»
Feci un passo verso di lui. «Bugiardo! Nostro padre no-» barcollai in avanti ma le sua braccia forti mi presero prontamente. Mi girava di nuovo la testa.
Lo sentii sbuffare mentre mi faceva sedere sulla poltrona che aveva occupato lui fino a pochi minuti prima.
«Bevi, ti sentirai meglio.» mi porse il bicchiere dal quale stava bevendo.
Presi il bicchiere e sorseggiai lentamente. La dolcezza di quel liquido mi colpì, dandomi alla testa. Era la cosa più buona che avessi mai assaggiato.
«Che cos’è?» chiesi, avida di averne altro.
«Sangue umano.»
Sgranai gli occhi, inorridita. «S-sangue?»
«Sì, sangue.»
Ma dove ero finita? All’inferno forse? Lui era un angelo caduto tra le fiamme e ora voleva portarmi con lui?
Lo fissai spaventata con la stessa espressione inorridita.
Mi prese il viso tra le mani e si avvicinò. Sentivo il suo respiro sul mio viso.
«Non fare tanto la schizzinosa. Tra poco imparerai il piacere di uccidere e cibarti di sangue umano.»
«Che cosa mi avete fatto diventare?» sussurrai, incantata dai suoi occhi.
«Una delle creature più leggendarie e oscure di questo mondo, ma chérie. Ora voi siete un vampiro.»

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Capitolo 4
*** Monstre aux yeux violet [Mostro dagli occhi viola] ***


MADELEINE ~
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Nota al capitolo: ragazze sono davvero commossa. Wow, in 10 avete messo la fic tra i favoriti *__*
Grazie di cuore a tutte <3 Scusate se non rispondo a tutti ç.ç
 
AnimaDannata no Pierre non è solo una comparsa xD è parte fondamentale della storia anche se…wah, non anticipo nulla *si cuce la bocca* grazie mille <3
AliDiPiume bè chi non è affascinato dai vampiri? °ç° io li adoro *_*
Roxy Jane New Born è una canzone fantastica <3 Comunque grazie davvero ç.ç e grazie anche per la recensione sul forum ^^
details_93 grazie anche a te per la recensione sul forum °ç°
momob dici che mi conviene mettere le note come per il primo capitolo per le frasi in francese? Comunque da qui in avanti non saranno tantissime anche perché la mia conoscenza del francese non è ampissima xDD
Jinevra grazie ^^ sullo stile però non sono d’accordo O__O o meglio, non è d’accordo la mia prof di italiano xD
 
Parlando seriamente devo dire che questo capitolo non mi piace. Forse sono troppo soggettiva, essendo l’autrice, ma ho avuto grandi difficoltà nello scriverlo. Non sono riuscita a dare ai personaggi le sensazioni giuste, quelle che avevo già nella mia mente, perciò non mi soddisfa. In ogni caso l’unica cosa che mi piace è il titolo xDDD
Va bè, vi lascio al capitolo ^^ Buona lettura,
Sara
Ps un altro consiglio. Ascoltate Lithium degli Evanescence <3
Ps 2 ecco a voi la mia Madeleine °ç°
Lineart by http://kitton.deviantart.com
Colored by http://miss-kinomoto.deviantart.com {me}
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CAPITOLO TERZO
Monstre aux yeux violet

 

«V
ampiro?» sussurrai, atona. Non smettevo di fissarlo un attimo, completamente presa dai suoi occhi. Cercai di capire cosa stesse pensando. La sua espressione tranquilla mi faceva impazzire, parlava della situazione come se fosse stata la cosa più naturale al mondo. Sangue umano. Mi vennero i brividi. Ero diventata un mostro?
Il sorriso soddisfatto che apparve sulle sua labbra sottili e perfette mi fece scoppiare. Mi alzai di scatto, scagliando il bicchiere ancora sporco a terra dove si infranse in piccole schegge.
«Come avete potuto?» mi uscì tutto il disgusto che provavo. Non riuscivo a crederci. Continuava a mantenere la calma, quasi indifferente alla mia reazione. No, era certamente uno scherzo, uno scherzo di pessimo gusto.
«Che cosa-» boccheggiai, stavo perdendo il controllo. «Che cosa sono?» soffiai.
«Te l’ho già detto, ma chérie, siete un vampiro.» rispose con tranquillità.
«Non prendetevi gioco di me, Pierre.» avanzai di qualche passo tenendomi la mano appoggiata al muro, tentando di non barcollare. «I vampiri non esistono, sono solo leggenda.» L’effetto paradisiaco del liquido rosso stava finendo, sentivo nuovamente la stanchezza di poco prima. Mi appoggiai con tutte e due le mani al muro, mi ricominciò a girare la testa.
«Ah, no? Ne siete veramente certa?» si avvicinò a me. Mi afferrò per il braccio e mi girò con la schiena contro il muro.
Fece passare il suo braccio dietro di me e mi sostenne per i fianchi, evitando di lasciarmi cadere. Di nuovo sentii il suo respiro sul mio volto. «E questo come me lo spiegate? La vostra debolezza vi sembra normale? E il vostro benessere quando avete assaggiato il sangue? Questa notte siete morta mia cara ma la vostra nuova vita è iniziata.» bisbigliò al mio orecchio. «Vi ho tolto la vita e non me ne pento. Vi ho aperto la porta all’immortalità, ai vostri desideri.» portò la sua mano libera sulla mia guancia. Sentivo la pelle bruciare, nonostante la sua mano ghiacciata. «Tutto quello che avete sognato fino ad oggi potrà essere vostro.»
«Non voglio. Lasciatemi andare.» sussurrai con voce spezzata.
Scese verso l’incavo del collo e posò un leggero bacio sui due puntini rossi perfetti del suo fatale morso. «E’ troppo tardi.» sentii che sorrideva. «Ora siete mia, non vi lascerò andare così facilmente.»
«Vi prego. Lasciatemi. Uccidetemi piuttosto.»
Si rialzò per potermi guardare negli occhi. I tratti del suo viso si erano induriti di colpo, dandogli una bellezza quasi demoniaca. «Questo non è possibile. Ve l'ho detto, non vi lascerò andare, in nessun modo. Vi manderò una serva, potrete lavarvi e vestirvi. Vi aspetterò giù nel salone, avete bisogno di cibarvi.»
Si staccò da me e, non avendo più il suo braccio come sostegno, mi lasciai scivolare a terra. La porta sbatté all’uscita di Pierre, facendomi sussultare. Rimasi a fissare un punto imprecisato davanti a me. La rabbia mi ribolliva ancora dentro.  Non riuscivo a sopportare il suo comportamento equilibrato e tranquillo. Ma alla fine i vampiri erano reali?
Si stava prendendo gioco di me?
«Questa notte siete morta mia cara ma la vostra nuova vita è iniziata.»

Mi portai istintivamente una mano al petto e rabbrividii. Tutto quello che percepii fu solo la morbidezza della mia pelle ghiacciata. Non riuscivo a sentire il mio cuore. Inspirai profondamente, cercando di calmarmi.
Allora era vero. Mi aveva fatto diventare un mostro. Mi alzai con fatica e mi diressi verso lo specchio. Era come vedere il mio riflesso per la prima volta.
La mia pelle era bianca quasi quanto il marmo, le ombre sotto i miei occhi erano profondissime e risaltavano sulla pelle smorta. I miei lunghi capelli sembravano quasi più lucenti di prima, cadevano in boccoli perfetti sulle mie spalle. La mia bocca era piccola ma carnosa, di un rosso chiaro. Alzai leggermente il labbro superiore e scorsi i due denti affilati, identici a quelli che mi avevano fatto i due piccoli fori sul collo, ancora rossi ed evidenti. Tutto il mio corpo era cambiato, i muscoli si erano rassodati, così come il mio seno, che era diventato sodo e perfetto. L’ultima cosa che guardai con attenzione furono i miei occhi. Erano sempre stati belli per la loro particolarità ma ora sembravano brillare di luce propria. Vi si potevano scorgere tutte le sfumature del viola, sembravano due ametiste.
«Madame?» una voce femminile mi destò dai miei pensieri.
Una giovane ragazza, poco più vecchia di me all’apparenza, stava sulla porta e mi fissava, tenendo in mano degli asciugamani.
«Mi ha mandato il padrone.» fece qualche passo avanti, timorosa.
Continuai a fissarla, senza dire o fare nulla. Non appena mi fu vicina lo sentii. Un profumo delizioso mi arrivò le narici, dandomi alla testa. Il profumo più delizioso che avessi mai sentito. La ragazza si abbassò verso di me, se mi fossi mossa in avanti di qualche centimetro avrei raggiunto senza problemi il suo collo scoperto.
Continuavo a pensare ad un modo per poterla assaggiare, ero avida del suo sangue. La vidi tremare mentre mi portò verso il bagno. Cercavo da un lato di mantenere la calma e trattenermi ma dall’altro non vedevo l’ora di affondare i denti sul suo collo. Optai per la prima opzione, ancora disgustata da quanto appena successo.
La serva si congedò non appena uscii dalla vasca, dicendomi che avrei trovato il vestito da indossare sul letto. Non appena se ne andò provai sollievo per la tortura appena finita. Il suo odore era ancora nell’aria ma era sopportabile. Camminavo ancora con fatica e quando entrai nell’altra stanza trovai un bicchiere pieno si sangue, identico a quello che avevo scaraventato a terra. Era un invito, stavo impazzendo dalla sete. Tentai di non guardarlo per un po’ mentre mi vestivo. Il vestito che la ragazza aveva lasciato era rosso scuro, mi lasciava scoperte le spalle e cadeva a balze. Uno spacco si apriva sulla gamba destra, una cosa inconsueta per i soliti vestiti.
Quando non trovai più nulla da fare mi voltai verso il bicchiere. Solo al pensiero di bere nuovamente del sangue umano mi venne la nausea. Sapevo che mi avrebbe rinforzato ma l’idea mi disgustava.
Lottavo ancora contro due istinti opposti. Rimasi a fissarlo qualche secondo ma non resistetti. Lo afferrai e bevvi tutto d’un fiato il suo contenuto, sentendomi subito meglio. La nausea sparì così velocemente come era arrivata. Per un attimo il piacere prese il sopravvento sul disgusto. Mi sedetti sul letto e fissai fuori dalla finestra. Era già notte fonda, però potevo scorgere le sagome degli alberi, riuscivo quasi a vederli distintamente, come se fosse già giorno. Restai a mirare le stelle e pensai. Ripercorsi nella mia mente tutto quello che era successo in quei due- mi sorpresi del fatto che ne erano passati così pochi - giorni. Non trovavo una spiegazione logica a quanto mi era capitato.
Il disgusto, l’orrore, la paura, il fascino del sangue e il piacere nel berlo… tutte quelle sensazioni mi riempivano l’anima- sempre che ne avessi ancora una- e mi confondevano di più.
Dovevo parlargli. Dovevo assolutamente parlare con Pierre. Dovevo sapere almeno il motivo per cui mi aveva reso un vampiro.

 

*

 

Non appena uscii dalla porta sentii un brusio provenire dalla sala del pian terreno. Scesi velocemente l’imponente scalinata di marmo bianco e mi fermai poco prima della porta. Sentivo voci- molte voci in realtà- e la cosa non mi piaceva. Non mi piaceva per niente.
Volevo parlare con Pierre in privato, non davanti a tutti. Respirai a fondo ed entrai nella stanza. Le voci si interruppero di colpo. Sentivo tutti gli occhi su di me e cominciai ad agitarmi.
Il silenzio fu relativamente breve ma mi sembrò un’eternità. Fu lui ad interromperlo. Era seduto su una poltrona finemente lavorata, con le imbottiture di un rosso scuro, come quella nella mia camera.
«Et voilà, Mesdames et Messieurs! La nostra nuova amica.» si alzò e si avvicinò a me, porgendomi la sua mano. La presi timorosa e mi accompagnò nel punto in cui era prima. Gli sguardi di tutti mi seguirono fino a che non mi sedetti. Con un gesto di Pierre tutti ripresero a parlare, come se nulla fosse successo.
Lo guardai con aria interrogativa e poi mi concentrai sugli altri. Erano più o meno una ventina di persone, tutte con la pelle pallida, gli occhi brillanti e i capelli lucenti. Una comunità di vampiri? Mi voltai verso Pierre per domandarglielo ma lui mi precedette.
«Benvenuta tra noi, Madeleine.» mi rivolse un sorriso. «Questa è la tua nuova famiglia. Spero che tu ti sia calmata.»
Nuova famiglia? Io avevo già una famiglia a Parigi. Il solo pensiero mi procurò una fitta al cuore. Che ne sarebbe stato di loro?
«Devo ritornare a casa.» gli sussurrai.
«Non è possibile, chérie.» disse, con tono duro.
«Smettila di chiamarmi così.» sbottai. Rialzai lo sguardo verso di lui. «Non posso restare qui.»
«Tutto il contrario. Ormai questa è la mia casa.»
«E chi l’ha deciso? Voi forse?» il mio tono si era alzato e alcuni vampiri vicino a noi si voltarono, incuriositi. Pierre fece loro un cenno e questi tornarono a parlare.
«Sto aspettando una risposta.» Rimase in silenzio, senza guardarmi. «Perché lo avete fatto?»
«Questo non ti riguarda.»
«Non mi riguarda?» chiesi incredula. «Mi avete portato via dalla mia famiglia e volete tenermi qui, come potete dire che non mi riguarda?»
A quelle parole i suoi occhi si intorbidarono. La sua espressione mi impaurì. La mia reazione mi fece tornare alla mente il comportamento della serva, quando era entrata nella camera al piano di sopra.
«Che avete detto alla serva prima di farla entrare da me?»
«Le ho detto che eravate nuova.» mi lanciò un’occhiata divertita. Che c’era di tanto divertente?
«Lo sa? Sa chi abita qui? Sa che cosa siamo?»
«Certamente.» disse, come se fosse la cosa più ovvia al mondo. «Ci serve, ci osserva e vuole unirsi a noi.»
Un brivido mi percorse la schiena. Chi poteva scegliere una vita simile?
«E voi la trasformerete?»
«Certo che no. La prospettiva di una vita come la nostra per un umano è allettante. La possibilità di realizzare tutti i propri desideri, di trovarsi di fronte solo l’eternità… per uno come me ormai sono cose noiose.» mi guardò attentamente. «Sono un vampiro annoiato, Madeleine. Li vedi?» indicò i vampiri di fronte a noi. «Loro sono qui solo per comodità, per avere qualcuno che li protegga e gli assicuri un posto in cui vivere.»
«Ed è per questo che mi avete trasformato? Per noia?» il mio tono era accusatorio.
Non rispose, lasciando che la mia rabbia salisse ancora.
«E la mia famiglia?» chiesi in un sussurro.
Ancora una volta tutto quello che ottenni fu il suo silenzio.

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Capitolo 5
*** La première fois [La prima volta] ***


MADELEINE ~
{ Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima? }

Nota al capitolo: Incredibile ma vero, i preferiti sono diventati 16. Quindi un grazie di cuore a :
1 - alessandro85
2 - AliDiPiume
3 - AnimaDannata
4 - blackrystal
5 - details_93
6 - ellemyr
7 - Femke
8 - Je91
9 - Jinevra
10 - Lady Alice
11 - lady wolf
12 - musa93
13 - Roxy Jane
14 - selene87
15 - shandahar7
16 - TheFallenAngel
Siete troppo gentili, dico sul serio. Non avrei mai immaginato che questa fic potesse piacervi così tanto.
Lady wolf grazie ^^ comunque la risposta alla tua domanda la trovi in questo capitolo ;)
AliDiPiume posso solo dirti che Pierre ho un lato nascosto che per il momento…rimarrà nascosto xD
details_93 grazie °ç° comunque solitamente non cerco di anticipare nulla nei capitoli xD però a volte qualcosa sfugge >.<
Jinevra merci[tanto per rimanere in tema di francese] <3
AnimaDannata no!Pierre non è assolutamente secondario! Mi sa che hai letto male la nota del capitolo precedente xD Pierre è fondamentale u.u La mia testolina bacata sta cercando in tutti i modi di farlo sembrare misterioso e intrigante ma…bè si scoprirà più avanti u.u
Roxy Jane grazie mille! <3
momob danke °ç°
musa93 Grazie anche a te per la recensione!
I prossimi capitoli saranno strani. Strani per come ho scelto di scriverli.
Potrete trovare due POV, quello di Pierre e quello di Madeleine. Però solo dal prossimo proverò questo metodo, il quarto è ancora dal POV di Maddy.
Fatemi sapere che ne pensate ^^
Buona lettura,
Sara

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CAPITOLO QUARTO
La première fois

I
l brusio della sala si spense a poco a poco, mentre tutti i vampiri uscivano dalla stanza. Rimanemmo soltanto io, Pierre e un gruppetto di vampiri dai capelli biondi, nell’angolo destro accanto alla porta. Pierre si era chiuso di nuovo nel suo silenzio, facendomi quasi impazzire. Non avevo risolto nulla, avevo soltanto capito che tipo di persona potesse essere. Trasformata per noia? Ridicolo. Condannata ad una vita lontana dalla mia famiglia solo per noia.
Seduto sulla sua poltrona rossa come il sangue sembrava un re di fronte ai suoi sudditi durante le udienze. Il suo aspetto solenne e la sua aria tranquilla continuavano a darmi i nervi. Tutte le mie domande erano ancora dentro di me, fameliche di una risposta e pronte ad esplodere.
Ma più ci pensavo, più la situazione mi pareva senza senso e ridicola. Dato che tutto ciò che era successo si era dimostrato vero- anche se una parte di me rifiutava di crederlo- non c’era un modo possibile, umanamente possibile, di tornare indietro. Avrei dovuto starmene segregata in quella villa, insieme alla comunità di vampiri creata- così credevo- da Pierre.
Respirai profondamente e mi alzai. Pierre mi lanciò un’occhiata preoccupata.
«Devo prendere una boccata d’aria.» mi allontanai dalla sala ignorando gli sguardi curiosi del gruppo di vampiri accanto alla porta.
A grandi passi raggiunsi la vetrata che dava sul giardino che avevo visto dalla mia camera. Uscii in fretta e mi appoggiai al parapetto del balconcino in cima alla scalinata che dal giardino portava alla villa.
L’aria della notte era fresca e profumava, inspirai profondamente e assaporai i dolci profumi che portava con sé. Sentivo distintamente il fruscio degli alberi del bosco in fondo al parco. La sensazione della lieve brezza notturna sulla mia pelle era divina, in un secondo mi lasciai andare ai sensi e non pensai ad altro.
Solo quando sentii un rumore di zoccolo mi ridestai. Una carrozza si era appena fermata davanti alla scalinata esterna. Mi sporsi incuriosita per vedere chi poteva mai essere e il respiro mi si fermò in gola.
La figura che scese dalla carrozza era la creatura più bella che avessi mai visto. Il suo viso era angelico, incorniciato dai suoi capelli biondissimi e leggeri al vento. Le sue piccole labbra erano di un rosso vivo, le sue guance erano leggermente imporporate.
La fissai come ipnotizzata mentre saliva le scale e non appena mi notò mi fissò intensamente. I suoi occhi erano azzurri, di un azzurro talmente intenso da sembrare mare aperto.
Si fermò.
«Bonsoir
«Bonsoir Madame
Il suo sguardo si fece incuriosito. «Siete nuova?» chiese, diretta.
«Oui Madame.» tentai di mantenere un tono gentile e cortese.
Mi rivolse un lieve cenno con il capo e con grazia salì gli ultimi gradini ed entrò in casa. Per la prima volta in vita mia mi sentii in imbarazzo. Non come quando incontrai Pierre per la prima volta, mi sentii inferiore ad un’altra donna.
Seguii il rumore dei suoi passi sul pavimento della villa fino a che non si fermò per parlare con Pierre. Distolsi la mia attenzione, non volevo ascoltare le conversazioni di altri.
Era bellissima. Forse più bella di Pierre. Più bella di tutti quei vampiri che avevo visto nella sala. Di sicuro la trasformazione non mi aveva fatto diventare così. Solo gli occhi avevano subito un cambiamento evidente. Erano diventati più scuri e torbidi ma non avevano perso la loro bellezza.
Il suono dei passi di qualcuno che si stava avvicinando mi fece voltare. Sulla soglia della porta della villa vidi Pierre. In quel momento un raggio di luna fece capolino da dietro una nuvola e colpì delicatamente il viso di Pierre.
La sua pelle bianca risaltava in modo impressionante, l’alone luminoso che si creò attorno a lui era quasi mistico.
Impressi nella mia mente ogni piccola parte del suo splendido volto e mi soffermai a fissare le sue labbra.
Le vidi muoversi ma non colsi immediatamente ciò che mi stava dicendo.
«Madeleine?»
Rialzai lo sguardo. «Quoi
«Mi stai ascoltando?» alzò un sopracciglio.
«No, scusatemi ero…» sussurrai.
«Devi venire con me.» ripetè, categorico. «Devo portarti a Parigi.» avanzò verso di me, porgendomi un mantello.
«Dalla mia famiglia?» chiesi, mentre prendevo il manto che mi porgeva.
«No, adesso è troppo tardi.»
Abbassai lo sguardo, ormai rassegnata.
«Ti prometto che ti porterò da loro entro due giorni.»
«Vi ringrazio.»
«Madeleine.» mi prese per il mento e sollevò il mio viso, così che potessi guardarlo dritto negli occhi. «Smettila di darmi del voi. Non c’è bisogno di forme di cortesia tra di noi.»
Si diresse verso le scale. «Allons à Paris
«Ma avete appena detto-»
Si bloccò a metà delle scale e mi lanciò un’occhiata. «Madeleine…»
Sbuffai. «Hai appena detto che è tardi per andare a Parigi.» Cominciai a seguirlo.
«No, ho appena detto che è tardi per andare dalla tua famiglia. A Parigi possiamo andare, devo cominciare a insegnarti come si fa.»
«Come si fa cosa?» chiesi esasperata.
Si avvicinò alla carrozza e aprì lo sportello. «Sali e tra un po’ lo capirai.»
Mi aiutò a salire porgendomi la sua mano e, dopo aver dato il comando al cocchiere, partimmo alla volta di Parigi.
L’oscurità più totale ci avvolse per tutto il viaggio. Il dolce dondolio della carrozza mi fece quasi assopire, talmente ero stanca. Il suo cambiamento mi sorprese non poco, più ci stavo vicino e meno lo capivo.
Nessuno dei due parlò e dal canto mio non feci altro che lanciargli delle occhiate veloce, incapace di formulare una domanda coerente ma soprattutto non osando chiedergli nulla.
Capii che stavamo giungendo a destinazione non appena vidi le deboli luci della città apparire all’orizzonte. A quanto pareva la villa non era distante da Parigi.
Ritornai con lo sguardo su Pierre ma la sua espressione era ancora indecifrabile. Parlò solo quando la carrozza si fermò. Non avevo voglia di scendere, le vie della belle ville nelle ore notturne erano semi deserte ma nelle strade più nascoste e buie si potevano trovare ragazze pronte a vendere sé stesse solo per qualche franco. La zone in cui abitavo prima - a pensare alla mia casa sentii una fitta al cuore- brulicava di ragazze di quel tipo, di quelle ragazze - les putains, come diceva mia madre- con un passato tragico e un futuro incerto e oscuro.
«Seguimi.» Pierre scese per primo e lo seguii.
Non appena mi guardai intorno capii di essere finita in un quartiere di quel genere. Davanti a noi c’erano alcune case abbandonate, quasi in rovina, con i portoni aperti dai quali provenivano voci femminili. Altre camminavano per strada, a gruppi di 3 o 4 alla volta, cercando di catturare l’attenzione dei pochi passanti, sperando di guadagnare qualcosa.
La miseria era evidente, così come la loro disperazione.
«Che ci facciamo qui?» chiesi in un sussurro.
Pierre riprese ad avanzare, facendomi cenno di seguirlo.
«Ti manca una sola cosa per diventare un vampire a tutti gli effetti.»
«E cioè?» stargli dietro era difficile, con il suo passo lungo riusciva a precedermi di qualche metro.
«Adesso vedrai.»
Scossi la testa, ormai esasperata dalle sue risposte, e aumentai il passo per raggiungerlo.
Ci avvicinammo al portone che avevo visto prima e lui si rivolse ad una ragazza dai capelli rossi, che appena lo vide si illuminò. Gli si avvicinò e gli posò le sue piccole mani al petto, giocando con i bottoni del suo mantello.
« Bonsoir mon cher. Qu’est-ce que peut je faire puor toi?»
«Bonsoir. Se vi uniste a noi questa sera ci farebbe un immenso piacere.»
La ragazza lanciò un’occhiata incuriosita verso di me, mentre io tentavo di fissare un punto imprecisato per terra.
«Avete pretese particolari?» la sentii sussurrare a Pierre.
«No, nessuna.»
«E la ragazza?»
«State tranquilla. E’ un ospite.»
Prese a braccetto la ragazza e si incamminò verso la carrozza, facendomi cenno di seguirlo. Qualunque cosa avesse in mente, non prometteva nulla di buono.

*

La ragazza cominciò a parlare di sé, mentre Pierre le offriva da bere e da mangiare. Io rimasi seduta a guardare prima lei e poi lui, tentando di capire cosa avesse in mente.
A quanto pare la giovane si chiamava Mary, se n’era andata dall’Inghilterra da circa un anno e ora viveva a Parigi, dopo che il ragazzo di cui era innamorata l’aveva abbandonata senza un soldo.
La unica soluzione che aveva trovato era quella di vendersi per la strada, non avendo parenti o amici nella città pronti ad aiutarla.
«Che storia tremenda. E’ un vero peccato che tu non abbia nessuno qui.» il tono di Pierre aveva un non so che di sarcastico.

E’ un vero peccato che tu non abbia nessuno qui.

Capii che cosa aveva in mente. Aveva trovato la preda giusta, senza qualcuno che sarebbe andata a cercarla se fosse sparita per caso in una notte primaverile. Pierre intuì che avevo capito il suo piano e mi gelò con uno sguardo.
Mary intanto aveva ripreso a parlare, ignara di cosa le sarebbe successo. Fu zittita dal bacio violento di Pierre, che la lasciò senza fiato. Voltai la testa dall’altra parte mentre un senso di orrore mi pervadeva l’animo e mentre un’altra sensazione, simile ad una fitta, mi torturava il cuore.
Rialzai lo sguardo quando sentii la mano di Pierre sulla mia.
Vidi la sua bocca scendere verso il seno della ragazza, lasciando leggeri baci sulla sua pelle mentre lei inarcava la testa all’indietro. Lui la sostenne con una mano per il collo, porgendolo verso di me.
Mi lanciò un’occhiata che non lasciava spazio a dubbi. Dovevo morderla. Esitai un attimo ma mi avvicinai al suo collo.
Era un rito di iniziazione, ecco cosa intendeva prima. Il profumo della ragazza mi svuotò la mente, lasciando spazio agli istinti.
Affondai i denti piano, dando piccoli morsi sulla sua pelle morbida. Non appena il suo sangue mi entrò in bocca cominciò a girarmi la testa. Chiusi gli occhi e assaporai fino in fondo la dolcezza del suo nettare, fino a che non sentii il suo gemito e il suo ultimo spasmo prima che si accasciasse tra le mie braccia.
Riaprii di colpo gli occhi e fissai, sconvolta, il suo corpo. Deglutii mentre una goccia del suo sangue colava dalle mie labbra.
Pierre avvicinò la mano e la catturò nelle sue mani e se la portò alla bocca.
«L’ho uccisa.» sussurrai. La mia voce tremava.
«Calmati.» mi accarezzò delicatamente il viso e portò una mano sulla mia, tendando di aiutarmi a lasciare andare il vestito della ragazza, al quale mi ero aggrappata.
«Madeleine, lasciala.»
Lo fissai sconcertata, mentre la consapevolezza di quello che avevo fatto mi colpì come un dardo al cuore. Lascia di colpo il vestito ed il corpo inerme della donna cadde ai miei piedi, scomposto.
«Mon Dieu...» singhiozzai, rannicchiandomi sul sedile della carrozza. «Dio, cosa ho fatto?»
Lentamente sentii il braccio di Pierre sulle spalle che mi strinse a sé.
Affondai il mio volto nel suo petto e iniziai a singhiozzare.

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Capitolo 6
*** Cela va sans dire ***


MADELEINE ~
{ Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima? }
 
 
Nota al capitolo: Ecco qua il primo capitolo con il doppio POV.
Prima di tutto ringrazio come sempre tutti per le recensioni ma a due in particolare devo rispondere, a GoodMiss e a lady wolf.
@GoodMiss: Ti risponderò punto per punto così non faccio confusione xD
1)     ma no! Tieni pure quel nome °ç° è così bello <3
2)     troppo gentile ç.ç comunque sull’ambientazione sono d’accordo con te. Il 600 e il 700 sono due secoli perfetti per le storie di vampiri, hanno tutto il fascino delle corti, del lusso e dei damerini. Adoro quel periodo <3
3)     per descrivere Madeleine non sai quanta fatica faccio ogni volta @__@ vado in palla ogni volta che devo cercare sinonimi o robe del genere <.< *me danno*. Comunque i lavori grafici sono un must, solo in pochissime fic li preparo ma è anche utile per me. Trovare una probabile Madeleine, o un probabile Pierre[lo sto ancora cercando, ho già una mezza idea di chi potrebbe essere] mi aiuta anche ad inquadrare la storia, a immaginarmi i personaggi, a dare loro un volto.
4)     Personaggi. Bè per il momento non voglio anticipare nulla di nessuno. Man mano che andrò avanti qualche piccola parte verrà svelata. So che qualcuno potrà ammazzarmi ma non ho letto Intervista col Vampiro *si nasconde* °-° cioè, sono ferma da tre mesi sul secondo capitolo[causa scuola]. In ogni caso basandomi sul film posso immaginare cosa intendi .___. Almeno per quanto riguarda Louis. Comunque Madeleine cambierà presto, posso assicurarlo. E Pierre non è quello che sembra.
5)     Visione del vampiro. Diciamo mezza anticonformista. Anche a me affascina il vampiro classico ma ambientando la storia nel 700 non potevo non parlare dei letti a baldacchino °ç° quindi niente bare, solo letti a baldacchino xDDD Per quanto riguarda la luce mi limito ad un leggero fastidio agli occhi dei vampiri, non al luccicare del loro corpo[alla Steph Meyer in pratica non mi piace….mi sembra stupido e senza senso il fatto che i vampiri si illuminino come lampadine al sole °_°]. Per quel che mi riguarda mantengo la morte per via tradizionale, ovvero il paletto di frassino conficcato nel cuore e il mozzamento della testa per poi finire con un bel falò.
Grazie mille per la tua recensione, cercherò di continuare la fic nel migliore dei modi ;)
@lady wolf: l’idea è proprio quella. Amo From Hell, dovevo assolutamente fare un riferimento a quel film. Il modo in cui the ripper adesca le sue vittime ha un qualcosa di sensuale, tremendamente minaccioso ma allo stesso tempo intrigante. In ogni caso avrei comunque scelto una prostituta come prima vittima. Nel 700 Parigi, Londra, Roma erano piene di pulzelledifacilicostumi [© yui00 xDDD thank you <3] quindi non erano in molti ad accorgersi se qualcuna di loro spariva nel nulla.
Per quanto riguarda la bellissima vampira…tornerà, già in questo capitolo ma nel prossimo le sarà dato più spazio.
 
Ecco a voi il quinto capitolo.
Buona lettura,
Sara
Ps scusate se rompo ogni volta con questo messaggio ma ci tengo davvero a questa fic e vorrei sapere cosa ne pensiate xD

 

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V

 
CAPITOLO QUINTO
Cela va sans dire.

 

 

O
cchi vitrei, ormai privi di vita, fissavano spalancati il morbido sedile della carrozza. Il silenzio spettrale che avvolse la scena venne rotto dai miei singhiozzi, attutiti dalla giacca elegante di Pierre. Mi aggrappai a lui con tutte le mie forze, con la testa affondata nel suo petto.
Sentivo la forte presa della sua mano sulla spalla, con la quale mi stringeva a sé.
«Calmati.» soffiò piano al mio orecchio, per poi allontanarmi da sé, per potermi guardare.
Mi coprii il volto con le mani ma prendendomi per i polsi me le portò al petto.
«Non guardarmi.» singhiozzai, abbandonando lo sguardo sul mio vestito. Rosso.
Rosso come i suoi capelli scomposti sul suo viso, rosso come il suo sangue. Il sangue con cui mi ero sporcata, lasciandola senza un alito di vita. Monstre. Non ero altro che un mostro.
«Perché non dovrei guardarti?»
Il suo fiato era più vicino del previsto, quando rialzai o sguardo trovai i suoi occhi a pochi centimetri dai miei. Si avvicinò di più e posò le sue labbra sulla mia guancia, catturando una lacrima.
«E’ tutto finito. Calmati, Madeleine.»
Per la terza volta sentii quella parola, quasi fosse un ordine. «Calmati
Per un istante dal mio orrore riaffiorò la rabbia che mi stava tormentando in quei giorni. Come potevo calmarmi? Avevo ucciso. Ucciso una persona, una giovane ragazza che in un altro caso sarei potuta benissimo essere io.
«Come puoi-» presi fiato. «Come puoi dirmi di calmarmi?»
Silenzio. Lo odiavo con tutta me stessa. Ignorandomi diede un colpo alla parte della carrozza e cominciammo a muoverci.
«E’ questo che intendevi? Dovevo uccidere per diventare un vampiro completo?»
«Sì.» rispose, atono.
Si piego verso Mary e le abbassò le palpebre con le dita.
«E’ nella nostra natura, Madeleine.» Accarezzò i capelli della ragazza, scostandoli dal viso.
Aprii la bocca per replicare ma mi precedette.
«E’ orribile, lo so benissimo. Ma non c’era altra scelta.»
«C’era un’altra scelta.» sbottai, rabbiosa. «Potevi scegliere di non trasformarmi.»
Alzò lo sguardo verso di me. Cominciai a tremare dalla rabbia. Lo vidi aprire la bocca per parlare ma lo zittii all’improvviso, schiaffeggiandolo. Si  massaggiò la guancia rossastra, fissandomi con sguardo furioso.
«Non ti ho chiesto io di diventare così!»
Balzò in piedi, afferrandomi per le spalle e spingendomi contro lo schienale del sedile.
«Se è per questo nemmeno io!» ringhiò a pochi centimetri dal mio viso, alzando la voce. «Pensi che mi piaccia, ammazzare la gente?»
«E allora la tua cos’è? Vendetta personale? Pensi di aver risolto qualcosa facendomi diventare un mostro?»
Mi fissò ancora per qualche attimo, mentre i suoi occhi brillavano di una luce minacciosa. Mi lasciò andare le spalle e si lasciò cadere sul sedile. Si concentrò sull’oscurità fuori dalla carrozza, evitando accuratamente di guardarmi.
Abbassai lo sguardo verso la ragazza. Il movimento della carrozza le faceva dondolare leggermente la testa. Sembrava stesse dormendo. I due puntini che le avevo lasciato erano rossi e gonfi, due gocce di sangue le erano rimaste sul collo. La sua pelle era diventata pallida e contrastava contro il pavimento in legno scuro della carrozza.
Ci fermammo di colpo e lo sportello della carrozza si spalancò, facendomi sobbalzare.
La figura del cocchiere apparve, disse qualcosa a Pierre talmente velocemente che non riuscii a cogliere nemmeno una parola.
«Dove siamo?» gli chiesi, timorosa dopo la sfuriata.
«Resta qui.»
Il cocchiere salì e prese Mary tra le braccia, per poi scendere seguito da Pierre.
«Pierre!» lo chiamai ma richiuse subito lo sportello dietro di sé.
Scostai la tendina rossa e guardai fuori.  I due stavano andando verso il fiume, che scorreva placidamente pochi metri più avanti. Trasportarono la ragazza fino alla riva. Sgranai gli occhi dal terrore non appena vidi il corpo della ragazza scomparire tra le acque della Senna.
 
 
*
 
L’acqua trasportò via velocemente il corpo della giovane, immergendola tra i suoi flutti. Aspettai che il corpo scomparisse del tutto prima di andarmene.
«Merci Bernard.»
«E’ un dovere, signore.» disse con un mezzo inchino.
«Aspettami sulla carrozza.»
Con un altro inchino se ne andò, lasciandomi solo. Mi portai una mano sulla guancia ancora rossa e dolorante per lo schiaffo di Madeleine. Sospirai e lanciai un’occhiata verso la carrozza. Bernard si era fermato a parlare con la ragazza.
«Qu’est-ce qu’il fait?» la sentii chiedere, mentre lui cercava di calmarla, esasperato.
Quella ragazzina. Non pensavo potesse darmi così tanti problemi. Mi stavo facendo sicuramente odiare ma per il momento era meglio non dirle niente. Che sciocco che ero stato. Dopo anni e anni di esercizi per mantenere il controllo e controllare gli istinti avevo ceduto. Tutto per quella ragazzina. Il suo aspetto era nettamente cambiato dalla trasformazione ma si potevano ancora notare i tratti della giovane che era stata fino a pochi giorni prima. Di lì a poco sarebbe diventata una donna stupenda, forse più bella di Jeanne.
Jeanne…pensai che in quel momento mi stava certamente odiando. La discussione di qualche ora prima mi aveva procurato qualche problema.
 
La sua figura snella apparve sulla soglia della porta. Mi alzai e mi avvicinai a lei, abbassandomi per baciarle la mano.
«E lei chi è, un’altra delle tue puttanelle?»
Rialzai lo sguardo, fulminandola.
Mi rivolse un sorrise di scherno.
«La ragazzina sul balcone, Pierre. E’ un’altra delle tue amichette? »
«Non ti permetto di parlare così.» le ringhiai.
Rise, altezzosa. «Pierre, ci sono altri modi per divertirsi.»
Mi allontanai da lei, tornando a sedermi sulla mia poltrona. Mi seguì, portandosi davanti a me, con quel suo sorriso irritante stampato sulle labbra.
«Non ti ho mai visto così in difficoltà Pierre.» il nota di ironia nella sua voce mi irritò ancora di più.
«La prossima volta verrai a caccia con me, così eviterai problemi di questo tipo. »
Mi alzai in piedi in scatto, facendo cadere la sedia. «Sta zitta!»
Mi fissò, con sguardo di sfida.
« Non è un problema.» dissi a denti stretti.
Il suo tono si fece duro. «Pierre, non ci mettiamo a trasformare la gente senza regolazione, dovresti saperlo. »
« Non era previsto.» presi fiato. «Io non so che è successo. E’ stato quel momento, l’impulso non è mai stato così forte. »
«Sembri un novellino. » un’altra occhiata altezzosa. « Ma la ragazza può tornarci utile. Ricorda solo di non perdere te stesso.»  
Si voltò, dandomi le spalle, e fece per andarsene.
«Perdere me stesso? »
Non si girò per rispondermi.
«Ricordati a chi appartieni.»
Riprese a camminare ma le parole che sussurrò quando arrivò alla porta le percepii chiaramente.
«Non le permetterò di portarti via.»
 
 
   
Sbuffai spazientito al pensiero di quelle parole. Portarmi via? Madeleine? Jeanne stava per perdere la testa.
Non sarebbe stata una semplice umana a farmi perdere la testa. Ero legato a Jeanne, anima e corpo, come poteva pensare che mi sarei infatuato di una ragazzina?
Certo, avevo reagito male. Ma non permettevo quel tipo di linguaggio in mia presenza, soprattutto su una faccenda delicata. Era stata solo colpa degli istinti tutto qui.
Naturalmente quando l’avevo incrociata in quel vicolo, quella mattina a Parigi……dovetti ammettere a me stesso che forse qualcosa di più c’era, ma non era infatuazione.
Spezzare il legame con Jeanne significava il bando dalla comunità e una vita incerta, errante in cerca di un’altra comunità. Tradire un vampiro era considerata la cosa peggiore tra di noi.
Ma non sarebbe successo. Non ero in nessun modo legato a Madeleine, se non per il fatto che ero il suo creatore. Le avrei dovuto spiegare tutto uno di quei giorni. Pensai che se lo meritava sul serio e che ero stato alquanto bastardo a non dirle tutto subito.
L’avremmo tenuta con noi e poi avrebbe vissuto la sua vita, lontana da me e Jeanne. Non ero in nessun modo legato sentimentalmente a lei. Continuai a ripetermelo, fissando le acque agitate della Senna.
Ma quando mi voltai verso la carrozza e la guardai negli occhi, le mie certezza si dispersero come fumo nel vento.

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Capitolo 7
*** Femme Fatale ***


MADELEINE ~
{ Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima? }
 
 
Nota al capitolo: eccomi qua con il sesto capitolo. Ringrazio tutti per le recensioni, in particolare GoodMiss. Che dire? Comincio a pensarlo anch’io xD Comunque la mia Jeanne[o meglio, il nome] è presa da Lady Oscar, era la sorella di Rosalie. In ogni caso Jean e Jeanne sono nomi comunissimi in Francia ^^ All’inizio pensavo a Marie o Brigitte ma alla fine non mi convincevano abbastanza xD
Grazie ancora per le tue recensioni
Grazie ancora a tutti, a chi ha recensito la fic per la prima volta e per chi ha inserito la fic tra i preferiti[22 preferiti!]
Scusate per la nota breve ma non voglio farvi attendere ancora xD
Vi lascio al sesto capitolo.
Come sempre buona lettura,
Sara
 
 
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VI
 
 
CAPITOLO SESTO
Femme fatale.
 
 

I

 primi timidi raggi di sole spuntarono all’orizzonte, tingendo di un rosa pallido il cielo dell’alba. Le figure scure degli alberi si muovevano leggere, sfiorate dalla brezza mattutina. Il melodioso cinguettio, unito al profumo dell’erba bagnata di rugiada e dei fiori resero più piacevole e dolce il mio risveglio.
Mi voltai tra le morbide coperte e guardai fuori dalla finestra, che avevo lasciato aperta durante la notte. Due piccole rondini volavano nel cielo rosato, rincorrendosi e giocando libere. Libere come l’aria, libere come io non sarei mai potuta essere. Il ricordo della sera precedente era ormai cristallizzato dentro di me, come un monito per la mia prossima azione.
Mi misi a sedere e mi stiracchiai, pronta per una nuova giornata. La situazione che all’inizio mi era sembrata spaventosa e minacciosa ora appariva normale e tranquilla, mi sembrava di ricominciare a vivere la mia vita, senza però tutti i problemi che avrebbe comportato se fossi stata umana.  L’idea di andare a Parigi, dalla mia famiglia, era ancora nella mia mente e stavo aspettando soltanto l’occasione per tentare una fuga veloce. Sarebbe stato un attimo. Mi sarei inventata qualcosa e poi sarei sparita, sicura che non avrei provato rimorso per la mia scelta. Non avevo altre possibilità. Rimanere con loro a Parigi era impossibile, avrei messo a rischio la loro vita inutilmente. Un addio rapido sarebbe stato meno doloroso.
Mentre venni assalita da questi pensieri cominciai a togliermi la veste da notte per indossare qualcosa di più consono. La mia scelta cadde su un abito verde scuro, dai ricami dorati. Non appena lo presi in mano la porta si spalancò.
La figura avanzò di qualche passo mentre io tentavo di coprirmi con il vestito. I suoi capelli riuscivano a risplendere anche nella debole luce del mattino, così come i suoi occhi.
«Madame?» chiesi, esitante.
Mi squadrò da capo a piedi, con le sottili labbra contratte in una smorfia sinistra.
«Vestiti e scendi.» mi ordinò con tono freddo e distaccato. «Ti aspetto nella Sala degli Specchi.»
«Madame, non ho idea di dov-»
Se ne andò così velocemente come era arrivata, senza ascoltarmi e lasciando la mia domanda nell’aria, senza una risposta.
Mi vestii velocemente e uscii, sperando di trovarla ancora nel corridoio. Scesi in fretta le scale e mi guardai intorno ma la casa sembrava essere deserta.
Il sole ora illuminava l’entrata al piano terra e l’interno decorato d’oro risplendeva, così come il bianco delle statue in marmo. Camminai veloce lungo il corridoio, sbirciando nelle porte che sorpassavo o tentando di sentire rumori all’interno di esse.
Fu solo quando udii il mio nome sussurrato che mi fermai. Entrai nella prima porta alla mia destra, appena socchiusa.
Spinsi leggermente la porta ed entrai, guardandomi attorno. Le pareti erano interamente coperte di specchi, l’unica parte libera era il soffitto. Rimasi a guardare il mio riflesso di fronte a me, mirando la perfezione che il mio corpo stava a poco a poco raggiungendo. Quando vidi la donna bionda quasi mi venne un colpo.
Rimasi immobile, sconcertata. Il suo corpo non si rifletteva.
Era lì- concretamente lì- ma in tutti gli specchi l’unica persona che aveva un riflesso ero io. Era seduta su una poltroncina imbottita di velluto verde e mi fissava con sguardo divertito.
«Siediti, Madeleine.» mi disse, indicando con la mano una poltroncina identica alla sua alle mie spalle.
Avvicinai la sedia imbottita e mi sedetti, senza staccarle gli occhi di dosso. Era tranquilla ma non mi aspettavo nulla di buono. Le calme après la tempête.
Rimase a fissarvi ancora per qualche istante, senza proferire una parola. Tentai di reggere il suo sguardo ma la mia attenzione fu colta dai dettagli di quella stanza, dal profumo di antico che aleggiava sopra di noi.
Mi fece tornare alla realtà con un lieve colpo di tosse. Tornai a fissarla.
«Madeleine» iniziò, chinandosi verso di me. «Avrai capito perché ti ho chiamato, vero?»
«In realtà no, madame
Uno strano sorriso comparì sulle sue labbra.
«Ho notato che parli molto con Pierre.»
Alzai un sopracciglio. Continuavo a non capire il motivo per cui mi aveva detto di andare -per meglio dire, ordinato- in quella stanza. Decisi di darle corda, aspettandomi un’esplosione da parte sua da un momento all’altro.
«Abbastanza. Ma non considererei il nostro un rapporto amichevole
Storse un attimo la bocca.
«E allora perché non provi a parlare con qualcun altro?» il suo tono era lievemente sarcastico.
«Bè non conosco nessuno qui, Pierre è l’unic-»
«Ci sono altri 48 vampiri con cui parlare, esclusa me. Siamo una comunità di 51 vampiri, qualcuno lo troverai certamente.» disse velocemente, interrompendomi. Mi squadrò da capo a piedi. «Pardon, 50 e mezzo.»
Sbarrai gli occhi, indignata. Sentii nascere qualcosa dentro di me, come un piccolo mostro pronto a colpire, a fare a pezzi la donna davanti a me. Mi stupii di quella mia reazione. La sua insolenza cominciava a infastidirmi.
«Mi dica, madame.» le lanciai un’occhiata di fuoco. «Perché stiamo parlando di Pierre? Se volete sapere qualcosa vi conviene chiedere direttamente a lui.»
Una strana luce apparve nei suoi occhi. Avevo fatto centro. La piccola bestia neonata dentro di me ruggì per la vittoria.
«Stupida ragazzina.»
Evitò accuratamente di guardarmi mentre mi godevo quell’attimo di superiorità. Dopo quella che sembrò un’eternità, riprese a parlare.
«Il motivo per cui ti ho chiamato è un altro.»
«E sarebbe?»
Tornò a fissarmi direttamente negli occhi. «Te ne devi andare.»
«Quoi? E perché dovrei?» chiesi, stupita.
«La tua presenza non è gradita qui.» si alzò e si avvicinò ad un tavolino, accanto alla porta.
«E da chi? Da voi non è gradita? Quello che dovrebbe dire una cosa del genere è solo Pierre. Voi non pot-»
«Pierre?» si voltò di scatto, con un sorriso divertito sulle labbra. «Pierre? Madeleine, sei una sciocca. Pensi sul serio che sia Pierre a comandare qui?»
Sostenni il suo sguardo, ormai totalmente sconfitta. L’unica certezza che avevo di quel posto era sfumata così, nel nulla. Si voltò nuovamente, dandomi le spalle.
«Te ne andrai domani, ho già avvisato il cocchiere.» prese in mano una busta e me la porse. «Questi sono 200 franchi, ti dovrebbero bastare per un po’.»
«No.»
«Come prego?»
«Non me ne vado.» dissi, decisa.
Mi rivolse un sorriso di scherno. «Non sei nella posizione di prendere decisioni. Tu farai quello che dico, non ammetto repliche.»
La fissai infuriata, senza riuscire a risponderle. Allungò una mano e la posò sulla mia guancia.
«Povera, piccola Madeleine.» scoppiò in una risata. «Sarebbe un peccato sprecare una tale bellezza. Non è nella nostra natura uccidere i nostri simili, ma questo non significa che non lo facciamo. Ricordatelo bene.»
Si allontanò da me, dirigendosi verso la porta.
«Andrai in Germania. Troverai altri vampiri, stai tranquilla. Ah, potrai passare da Parigi prima di partire.»
Uscì, con un’altra risata.
Rimasi lì, con il mio riflesso come unico compagno.
 
*  
 
«Monsieur De Chambrais, bentornato.»
«Grazie Bérnard.»
Scesi da cavallo e mi incamminai verso la villa. Guardai incuriosito la carrozza nera di fronte alle scale dell’ingresso, probabilmente Jeanne aveva deciso di andare in città.
Salii in fretta le scale dell’ingresso e mi diressi velocemente verso il secondo piano.
Mi fermai davanti alla porta della sua camera. Bussai due volte ma non ottenni risposta.
Provai a chiamarla. «Madeleine?» Silenzio. «Dobbiamo andare a Parigi, sei pronta?» Non cambiò nulla.
«Madeleine che stai fac-?» aprii la porta ma la camera era deserta. Provai a controllare nel bagno ma non la trovai nemmeno lì.
Uscii nel corridoio e quasi mi scontrai con Alphonse che usciva dalla camera accanto a quella di Madeleine.
«Bonjour Pierre.»
«Bonjour Al. Hai visto per caso-?»
«La ragazza nuova?» finì la domanda per me. Annuii. «E’ di sotto con Jeanne, sta per partire.»
«Partire?» lo fissai sconcertato. «Ne sei sicuro?»
«Oh,sì. Jeanne ha deciso di mandarla a Monaco.»
Mi voltai e corsi velocemente le scale ma quanto arrivai nell’atrio sentii distintamente il rumore della carrozza che si allontanava dalla villa.

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Capitolo 8
*** Adieu ***


MADELEINE ~
{ Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima? }
 
 
Nota al capitolo Non ho molto da dire. Grazie, come sempre del resto. Siete davvero gentili.
Vi lascio al settimo capitolo.

Come sempre buona lettura,
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VII
 
 
CAPITOLO SETTIMO
Adieu.
 
 
L
a carrozza si allontanò velocemente, lasciandosi alle spalle la villa. Mi girai fra le mani ciò che la vampira mi aveva dato. I franchi tintinnavano all’interno del sacchetto di velluto che mi aveva consegnato ad ogni movimento della carrozza. Aprii l’involucro sfilando il laccio rosso e infilai la mano. Non appena la mia mano toccò un dischetto freddo e metallico, lo tirai fuori e l’osservai. Tracciai con il dito il contorno della pietra verde incastonata nell’oro e rimasi affascinata dalla sua brillantezza. Il contorno del medaglione era finemente lavorato e piccole figure d’oro giallo in rilievo spiccavano sull’oro bianco del resto del gioiello. Lo smeraldo formava la figura di un giglio. Me lo girai fra le mani per un po’, senza capire perché mi fosse stato donato. Il nastrino di velluto nero terminava in una chiusura d’oro. Tirai indietro i capelli e lo indossai. Il girocollo non era stretto, la morbidezza del velluto non mi dava fastidio ma sobbalzai leggermente quando sentii il freddo del ciondolo sotto al mio collo.
Riaprii e rilessi attentamente la lettera che accompagnava quel regalo.
 
Cher Madeleine,
ho saputo solo ora della tua partenza. Trovandomi fuori città non potrò passare a dirti addio e questo mi rincresce molto. L’oggetto che troverai insieme a questa lettera è un cimelio di famiglia, un girocollo appartenuto a mia madre e a sua madre prima di lei. Desidero che tu lo abbia e che tu lo conserva.
A presto,
P.
 
Non so quanto rilessi quelle parole. Una parte di me era convinta che erano false, che Pierre non sapeva nulla della partenza. Un’altra piccola parte, invece, era disperata per quello che era appena successo. Se Pierre sapeva realmente della mia partenza e aveva pianificato tutto con la vampira…non osai pensarci. Per un attimo mi sentii addirittura tradita. Non perché si erano liberati di me. Nonostante la mia avversione iniziale per Pierre, lui cominciava a piacermi. Era l’unica persona su cui potevo contare in quel momento. E sperai con tutto il cuore che la lettera non fosse stata scritta da lui.
Mentre la carrozza entrava finalmente a Parigi sistemai la lettera nella mia borsa da viaggio e tenni legato al collo il girocollo. Scostai lievemente la tendina e guardai fuori. Le vie della città erano piene, dalle strade si alzavano le voci dei passanti, le grida dei commercianti e le musiche dei saltimbanchi agli angoli delle strade.
Riuscivo a percepire tutti i profumi e collegarli ai legittimi proprietari. Non mi ero ancora abituata a quella sensazione e come sempre un leggero giramento di testa si fece sentire.
Fu quanto raggiungemmo la zona del mercato del pesce che tutto svanì, sostituito dal puzzo del pesce fresco. Scesi dalla carrozza, avvolgendomi nel mantello. Sperai che nessuno mi riconoscesse. Avanzai a grandi passi verso quella che era stata la mia casa e, quando mi trovai di fronte alla porta, non accadde nulla. Non provai nulla.
Me ne restai immobile come un fantoccio, con la consapevolezza di quello che stava succedendo. Aspettavo quel momento da tempo, desideravo con tutta me stessa di tornare ma non mi sarei aspettata nulla del genere. Indifferenza. L’ultimo sentimento che avrei mai pensato di provare.
Presi fiato e bussai alla porta. Passò qualche secondo, così lento da sembrare un’ora.
Sentii il rumore di passi avvicinarsi alla porta dall’interno prima che questa si aprisse con un cigolio. Quando incrociai il suo sguardo e i miei occhi si fusero nei suoi grandi occhi azzurri, le gote le si imporporarono e un sorriso le si stampò sul volto.
«Madeleine!» esclamò con la sua vocina, aggrappandosi alle mie gambe e abbracciandosi forte.
Le passai una mano tra i capelli. «Ciao Monique.» sussurrai lievemente.
Si staccò e mi prese per mano, portandomi dentro casa. Feci un cenno a Bernard, facendogli capire di aspettare qualche minuto. La stanza non era cambiata. Seguii mia sorella fino al letto dove ci sedemmo e cominciammo a parlare.
Mi fissò per qualche attimo, squadrandomi da capo a piedi e studiando il mio abbigliamento.
«Sei diventata una principessa?»
Trattenni una risata.
«Non.» risposi divertita.
«Stai bene Madeleine?»
«Certo che sì, tesoro mio.» la avvicinai a me e l’abbracciai.
Volevo riprovare l’affetto che avevo per lei. Volevo che le emozioni che mi avevano accompagnato in quella casa riaffiorassero ma non accadde nulla.
Restammo così, sul letto, abbracciate fino a che la porta non si aprì ed entrò di corsa André, portando il cesto di pane. Rimase sulla soglia di casa, fissando basito nella mia direzione. Socchiuse leggermente la bocca dallo stupore e non smise di guardarmi. Fece qualche passo in avanti e mi squadrò.
«Che ci fai qui?» aprii la bocca per parlare ma non mi permise di rispondere. «Ci hanno detto che eri partita.» Il suo tono duro non riusciva a nascondere la nota di nervosismo e felicità nella sua voce.
Tentai di sorridere. «Sono passata a salutarvi. Non so quando passerò di nuovo e se potrò farlo.»
Mi avvicinai e lo abbracciai. Non avevo mai ricevuto segno d’affetto da parte dai miei fratelli e quella volta non ci fece eccezione. Mi allontanai leggermente e gli porsi il sacchetto con le monete.
«Queste sono per voi.»
Prese lentamente il sacchetto e vi guardò dentro. Dischiuse un poco le labbra dallo stupore.
«Ma questi-»
«Sono 10 mila franchi, sì.»
Si fece sospettoso. «Chi te li ha dati?»
«Sono per voi. Io me ne andrò, vi devo pur lasciare qualcosa.» Il suo sguardo si addolcì.
«Grazie.»
Sorrisi di nuovo. «Devo andare.» la voce mi tremò. Gli diedi un bacio leggero sulla guancia. «Salutami tu gli altri.» sussurrai. Prima di uscire baciai anche Monique, che rimase a guardarmi con occhi gonfi di lacrime.
Quando uscii capii perché non avevo provato nulla. Entrando in quella casa ero tornata me stessa, ero tornata completa. Era stata un’illusione e lo capii quando uscii. La sensazione di vuoto tornò. Non appena mi lasciai la mia casa alle spalle quella voragine buia che mi aveva tormentato per giorno tornò a minacciarmi.
 
 
*
 
Cavalcai fino a Parigi il più velocemente possibile. Jeanne l’aveva fatto grossa questa volta. Mandare via una mia protetta. Nonostante il mio giuramento di fedeltà nei suoi confronti, nulla le permetteva di fare una cosa del genere. Incitai il cavallo mentre la rabbia mi ribolliva dentro.
 
«E lei chi è, un’altra delle tue puttanelle?»
 
La voce altezzosa di Jeanne mi risuonava nella testa, insieme alla sua risata. 
Come aveva potuto, come si era permessa? Il vento mi colpiva violentemente la faccia, scompigliandomi i capelli. Quando intravidi le prime case della città mi diressi automaticamente verso la piazza del mercato del pesce, verso casa sua, sicuro di trovarla là.
Scesi velocemente da cavallo e mi guardai intorno. Di carrozze nemmeno l’ombra.
La cercai in ogni vicolo, fino alla Senna e fu solo quando guardai verso il ponte alla mia destra che la vidi.
La carrozza nera lo stava attraversando, uscendo così dalla città.
«MADELEINE!» gridai a pieni polmoni, ma la carrozza era già troppo lontana.
 
«Non le permetterò di portarti via.»
 
Non mi aveva portato via, Jeanne aveva ragione. Ero io ad averla persa.

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Capitolo 9
*** Une ténébreuse affaire. ***


MADELEINE ~
{ Esaudirò qualunque vostro desiderio. Ma siete pronti a perdere la vostra anima? }
 
 
Nota al capitolo: eccomi qua, non riesco ancora a credere di essere all’ottavo capitolo.
Devo ringraziare ancora tutte voi, per le vostre recensioni che mi fa tantissimo piacere leggere.
Oggi rispondo ad un po’ di commenti xD
lady wolf grazie mille, mi fa davvero piacere vedere che segui la storia dall’inizio °ç°
comunque, devo ammetterlo, anch’io ho un debole per Pierre ^^
Jinevra devono succedere ancora taante cose xD
draco passion ma ciao! *_* grazie mille [= per ora posso solo dirti che Jeanne, dal punto di vista della trama, non è secondaria. Oddio, non so se farla riapparire ma diciamocelo, ha combinato un gran casino xD
Kayla_Ariev devo ammettere che ho letto la tua recensione per ben tre volte, non riuscivo a credere a quello che hai scritto. Sono davvero lusingata di leggere un commento del genere ^^ Grazie mille, sul serio. [e grazie per aver inserito back to life tra i preferiti ;)]
magnifica Malfoy certo, appena inserirò frasi in francese metterò le note ;) comunque penso che d’ora in poi ci sarà anche un po’ di tedesco °-°
Per questo capitolo sono andata a vedere la storia della Baviera ma, con la fortuna che ho, ho ambientato la fiction in un anno in cui non si sa bene cosa sia successo. Quindi, se siete appassionati di storia, vi chiedo scusa per aver scritto castronerie.
Vi lascio all’ottavo capitolo.
Come sempre buona lettura,
Sara
 
 
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VIII
 
 
CAPITOLO OTTAVO
Une ténébreuse affaire.
 
 
I
l viaggio durò più di una settimana. La sete si fece sentire già durante il secondo giorno, quando stavamo attraversando la Lorena. Resistetti per un giorno ma alla fine divenne insopportabile. Ordinai a Bernard di fermarci nei pressi di un piccolo paesino in cima ad una collina, distante da altri villaggi o città. Le mura medievali circondavano la cittadina, ancora intatte. Il campanile della chiesa, bianco di stile gotico, si stagliava contro il cielo scuro della sera. Scesi dalla carrozza e mi guardai intorno. Le vie strette erano deserte, solo un leggero vocio arrivava dalla piazzetta di fronte alla chiesa, poco distante. Osservai incuriosita le figure che suonavano, danzavano e si divertivano insieme. Tentai di non farmi vedere, anche se con il vestito che indossavo era quasi impossibile. La larga gonna verde smeraldo che avevo indossato prima di partire era così vistosa in confronto agli abiti che indossavano le persone del paese, che qualcuno mi avrebbe senz’altro visto. E così fu.
Non appena incontrai i suoi occhi indietreggiai contro il muro. Pregai che non mi seguisse. Mi sporsi per sbirciare e me lo trovai di fronte.
Era un ragazzo giovane, sui 14 anni e sembrava un angioletto. I capelli biondi gli incorniciavano il viso paffuto e gli occhi erano due angoli di cielo. E il suo profumo era irresistibile, dannatamente irresistibile.
Lo fissai ad occhi spalancati, tentando di trattenermi. Non seguire l’istinto, mi ripetevo, non seguire l’istinto. Ma come potevo?
Quell’aria ingenua, quella fragranza deliziosa erano una tentazione troppo forte. Deglutii a fatica.
Era solo un ragazzino.
Mi guardò con i suoi occhioni azzurri pieni di curiosità.
«Madame?» la sua voce era squillante e vivace.
Mi allontanai di qualche passo ma mi seguì.
«Và via.» sussurrai.
Feci per andarmene ma si aggrappò alla mia gonna. Dannazione. Una lieve folata di vento fece diventare il suo profumo ancora più forte.
Non riuscivo a resistere.
E’ solo un ragazzino, pensai. Non potevo ucciderlo.
«Lasciami.» presi la sua mano e gli feci mollare la presa. Un’altra folata di vento ci colpì, facendogli muovere i capelli. Trattenni il respiro per qualche secondo ma alla fine il mio istinto ebbe la meglio.
Non ero più io. Cominciai a muovermi senza sapere cosa stessi facendo, lo portai lontano dalla piazza fino alla carrozza e ordinai a Bernard di partire.
Una parte di me, talmente piccola da risultare insignificante, urlava di smettere, di lasciarlo andare. Ma non era possibile. C’era qualcun’altro al mio posto, qualcuno che stava per mordere quel giovane ragazzo, qualcuno che lo avrebbe ucciso.
Quando sentii il sapore del suo nettare nella mia bocca tornai in me. La realtà dei fatti mi colpì come uno schiaffo. Il ragazzo era riverso accanto a me, con un rivolo si sangue fresco che gli scendeva dai due puntini sulla gola. Il lento dondolio della carrozza gli faceva muovere lentamente la testa, scuotendo la chioma dorata.
I suoi occhi inespressivi e vitrei, che fino a poco prima erano stati accessi e curiosi, erano fissi su di me.
Mi pulii le mani, le labbra, tutto quello che mi ero sporcata con il suo sangue innocente.
Ritornò lo stesso senso di colpa che mi aveva tormentato nella carrozza con Pierre, ma non dissi nulla. Rimasi a fissare quell’angelo caduto, gridando insulti a me stessa che solo io potevo sentire.
Respirai profondamente più volte, nel tentativo di calmarmi. Non avevo motivo di comportarmi così.
Dovevo accettare la situazione. Ma come potevo?
L’unico che poteva aiutarmi era a centinaia di chilometri di distanza, senza la possibilità di raggiungermi.
Feci fermare la carrozza. Chiesi a Bernard di occuparsi del ragazzo, pregandogli di seppellirlo degnamente. Non avendo a disposizione nulla per scavare la terra, Bernard posò il corpo in una cunetta naturale del terreno, a qualche chilometro dalla cittadina.
Immaginai che qualcuno lo stesse cercando. Doveva avere una famiglia, qualcuno che lo amasse.
Scacciai quei pensieri. Più rimanevo attaccata a quelle cose, meno potevo accettare di essere quello che ero. Non appena capii che Bernard aveva finito, ordinai di ripartire.
 
×××
 
Monaco, Baviera. Una delle città più belle d’Europa. In quegli anni, dopo il dominio asburgico, la città aveva ripreso a crescere, nuovi palazzi venivano costruiti e l’aria che si respirava prometteva progresso e tranquillità.
Mentre la carrozza procedeva tra le strade, osservai estasiata la città, così diversa da Parigi, dove avevo sempre vissuto. Non potevo credere di essermi allontanata così tanto da casa.
Solo quando ci fermammo cominciai a preoccuparmi. La carrozza si fermò davanti al cancello di un maestoso palazzo, che Bernard mi disse chiamarsi Älteres Palais-Royal, e attendemmo che qualcuno lo aprisse. Una figura avvolta in un mantello e incappucciata ci venne incontro e aprì l’inferriata per poi sedersi accanto a Bernard dopo averla richiusa.
Dal viale era impossibile vedere il palazzo. Gli alberi folti riempivano la maggior parte del giardino e il viale era in ombra. Quando scesi dalla carrozza rimasi stupita dalla bellezza dell’edificio che avevo di fronte.
Non aveva nulla a che fare con la villa di Pierre, assolutamente nulla. Lo stile era diverso, il palazzo era in stile rococò. Un gioco di volute rendeva la facciata sobria rispetto ai palazzi barocchi che avevo visto fino a quel momento. Le decorazioni erano tante ma delicate e non disturbavano l’effetto finale.
Avanzai lentamente ed entrai, sempre osservando i particolari di quel luogo.
La voce della figura incappucciata mi destò.
«Il padrone la sta aspettando.» mi riferì, con forte accento tedesco, indicandomi la scalinata di marmo che portava al piano superiore.
Gli feci un cenno e cominciai a salire. A differenza del palazzo di Parigi, questo doveva essere deserto. Mentre salivo, non sentii nessun bisbiglio e nessun vocio.
Arrivata al primo piano, l’uomo mi fece strada. Salutai velocemente con un gesto della mano Bernard, che era rimasto in fondo alla scalinata.
Allungai il passo per raggiungere lo sconosciuto e ci fermammo entrambi davanti ad una porta.
Bussò tre volte e la porta si aprì. Mormorò qualcosa che non capii in tedesco alla persona all’interno della stanza, facendomi cenno di entrare.
In quel momento un senso di paura mi bloccò. Per tutto il viaggio avevo evitato di pensare a quello che avrei trovato a Monaco. Ma ora dovevo affrontarlo, qualunque cosa fosse.
La vampira mi voleva morta? Mi aveva affidato a qualcuno più crudele di lei?
Entrai piano nella stanza, sperando che le mie risposte ottenessero finalmente una risposta.
Una figura maschile stava in piedi di fronte a me, dandomi le spalle.
«Geh weg.»* sussurrò, e la misteriosa persona dietro di me sparì, chiudendo la porta.
Rimase voltato e parlò.
«Benvenuta.» mi disse, in perfetto francese.
Fissai la sua schiena, irritata e senza parlare. Almeno potrebbe girarsi, pensai.
«Mi dispiace madame, ma preferisco di no.»
Mi mancò il fiato per qualche secondo. Aveva, aveva appena-?
«Sì, madame. Le posso leggere nella mente.» disse, rispondendo alla mia domanda silenziosa.
«Potrei sapere perché non vuole girarsi? E’ maleducato non voltarsi in presenza di una donna.» dissi tutto d’un fiato, sapendo di suonare maleducata.
Rise.
«Se proprio insiste…»
Si voltò e mi fissò dritto negli occhi, lasciandomi senza fiato.
La paura che avevo prima di entrare crebbe all’improvviso. I suoi occhi erano rossi, di un rosso talmente acceso da sembrare sangue. I lineamenti del suo viso erano perfetti, non trovai altro modo per definirli. Le sue labbra, piccole e carnose, risaltavano sul pallore del suo volto.
Sulle sue labbra apparve un sorriso compiaciuto, mentre lo fissavo.
Mi squadrò senza dire una parola.
«Jeanne aveva ragione.» le sue labbra si incresparono in un altro sorriso. «Sarai perfetta come compagna.»
Sgranai gli occhi.
«Com-compagna?» chiesi incredula, con voce spezzata.

*geh weg=và via

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Capitolo 10
*** Prisonnière. [Prigioniera] ***


Nota al capitolo: e rieccomi con un nuovo capitolo. Finalmente è finita la scuola e posso dedicarmi di più alle mie fic. Come sempre devo ringraziarvi per le recensioni e per i preferiti[che sono diventati 38!], siete davvero troppo gentili.
Per quanto riguarda l’ottavo capitolo, devo ringraziare due persone in particolare, che mi hanno colpito con le loro recensioni.
La prima è Kayla_Ariev, che mi aveva già lasciato senza parole con la sua prima recensione. Leggere commenti del genere mi invoglia sempre più a continuare la storia.
La seconda è _Natsuki_. Prima di tutto complimenti per il tuo profilo twilightiano[*_*] e per le tue storie [=.
E grazie davvero per aver definito questa fiction ‘perfetta’.
Molto si scoprirà più avanti. Comunque per Madeleine ho studiato bene l’epoca[anche perché era nel programma di storia di quest’anno] e ho tentato di ottenere più informazioni possibile[santa Wikipedia aiuta sempre]. Naturalmente sbaglierò qualcosa però vorrei rendere la realtà così com’era all’epoca.
Di Monaco alla fine del 1700 non so molto e per questo inventerò parecchie cose.
Comunque sono davvero curiosa di sentire i vostri pareri.
Vi lascio al capitolo. Scusate ma è un po’ corto ç_ç
Come sempre buona lettura,
Sara
 
 
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IX
 
 
CAPITOLO NONO
Prisonnière.
 
S
e fossi stata in grado di piangere, forse il mio dolore, misto al disgusto e all’orrore di ciò che avevo appena udito, si sarebbe alleviato. Compagna. Dannata Jeanne- alla fine ero riuscita a scoprire il nome della vampira. Anche a chilometri di distanza riusciva a rovinarmi la vita. Non solo mi aveva allontanata da Parigi, adesso anche questo.
Victor, il vampiro di cui avevo appena fatto la conoscenza, mi conosceva già molto bene. Per sentito dire.
La corrispondenza tra lui e Jeanne era iniziata con il mio arrivo nella villa di quest’ultima, dopo la trasformazione. A quanto pare Jeanne mi aveva definito come un ‘neonato bocciolo di rosa’, pronta a nuove esperienze. E lui si era subito interessato.
«Una compagna è ciò che mi serve» mi aveva detto, spudorato. «Inoltre hai bisogno di protezione.»
«Non penso sia la cosa migliore» avevo risposto, con la voce tremante, «e penso di sapermi proteggere da sola.»
La sola idea di passare il resto della mia vita con quell’individuo mi spaventava. E’ un uomo bellissimo, su quello non c’era dubbio, ma i suoi occhi…i suoi occhi mi spaventavano.
Rievocavano momenti terribili, situazioni orribili che le sue vittime dovevano aver vissuto. Per un momento pensai che non ero io il mostro. Erano quelli come lui che potevano definirsi mostri.
«Non voglio metterti fretta.» il suo tono era cambiato all’improvviso, addolcendosi. «Però sei stata promessa a me e un giorno sarai mia.»
Nonostante il suo tono dolce le parole che sentii erano una minaccia.
«Io non appartengo a nessuno. Non appartenevo e non appartengo a Jeanne e non ha avuto alcun diritto a promettermi a lei.»
Senza volerlo, il mio tono diventò duro ma non lo scalfì. Rimase impassibile di fronte a me, senza proferire parola.
Quando riaprii le labbra per parlare mi interruppe. Non riuscii a prevederlo.
Con uno scatto in avanti si avvicinò a me e premette le sue labbra sulle mie, senza lasciarmi il tempo per fermarlo. Nonostante l’irruenza con cui mi aveva afferrato, le sue labbra erano morbide e si muovevano delicatamente sulle mie.
Avevo appoggiato le mie mani sul suo petto nel tentativo di allontanarlo ma era molto più forte di me.
Non sapendo che fare gli morsi leggermente il labbro inferiore e si allontanò di qualche centimetro.
Una piccola goccia di sangue gli scese dall’angolo della bocca.
Mi aveva lanciato un’occhiata severa, fulminandomi e decisi di andarmene.
«Con permesso.» avevo detto, con un lieve inchino.
Tastai leggermente le labbra con un dito mentre quel pensiero mi tornava alla mente. Scossi la testa per scacciarlo.
Mentre osservavo i rumori della vita che procedeva lentamente fuori dalla villa, mi resi conto di una cosa.
Ero diventata una prigioniera. Prigioniera di quel vampiro dagli occhi rossi, che mi mettevano paura.
Passò qualche giorno ma la situazione non cambiò.
Mi aveva concesso tempo per decidere. Ma la decisione in sostanza non c’era. Le possibilità erano due: accettare di diventare la sua compagna di mia volontà oppure diventare obbligatoriamente la sua compagna. Sospirai. L’unica mia opzione era prendere tempo e sperare.
Sperare cosa? Che qualcuno arrivasse e mi portasse via?
Soffocai una risata isterica. Chi mai mi avrebbe portata via da quel posto?
Pierre potrebbe farlo, pensai ma me ne pentii subito. Per Pierre non contavo nulla. Ero solo la ragazzina che aveva trasformato per noia. O per qualcos’altro?
Mi morsi il labbro, immersa in quei pensieri.
Era davvero così egoista? Non gliene importava nulla di me?
Eppure…mi ero abituata all’idea di dover passare l’eternità con lui. Ma lui era di Jeanne, erano praticamente perfetti insieme.
Quella visione mi colpì al cuore come una freccia, mozzandomi il fiato.
 
×××
 
Forse avevo commesso l’errore più grande in tutta la mia vita-da vampiro. Lasciare Parigi, lasciare Jeanne…non osai immaginare le conseguenze di quel mio gesto.
Mentre la carrozza avanzava velocemente verso il confine francese, mi ritrovai a pensare nuovamente al motivo della mia fuga.
Nella mia mente si formò l’immagine di una donna, dai capelli mossi e castani. Il suo viso dai tratti dolci e delicati aveva cominciato a tormentarmi da giorni. E i suoi occhi…quegli occhi fuori dal comune, del colore dell’ametista non volevano andarsene dalla mia mente.
Madeleine.
Scossi la testa, incredulo. Ero davvero pronto a rischiare la vita- perché era quella che avevo messo in gioco lasciando la villa e Jeanne- per una ragazza? Per quella ragazza?
.’ Una parte di me credeva sul serio a quello che stavo facendo.
Dall’altro lato il senso di colpa mi affliggeva. Avevo rinunciato a tutto ciò che mi avevano offerto. Non potevo negare che Jeanne avesse fatto molto- quasi tutto- per me. Ma non potevo restare con lei.
Si era dimostrata crudele, priva di cuore. Nessun vampiro era stato cacciato dalla comunità senza motivo.
Il motivo per cui Jeanne aveva cacciato Madeleine c’era ma era futile, senza senso. L’avevo saputo al ritorno di Bernard. Jeanne era gelosa di Madeleine. Una vampira adulta gelosa di una neonata. Incredibile.
Mai così incredibile come questo’, pensai. Non mi ero accorto di quanto valesse Madeleine per me.
Forse ero stato semplicemente cieco, o avevo mentito a me stesso.
Le avrei dovuto raccontare tutto. Tutto quello che avevo fatto prima di trasformarla. L’avevo seguita, subito dopo avere incrociato il suo sguardo. Da quel momento, fino al nostro ‘primo’ -per lei- incontro nel vicolo buio, sapevo che sarebbe stata mia, che l’avrei trasformata.
Agognavo il suo sangue ma non potevo immaginare risvolti simili.
Me n’ero innamorato? ‘I vampiri non si innamorano.’ O forse sì?
Era solo puro desiderio o amore? Non avevo mai provato quel sentimento, nemmeno da vivo.
Mi voltai e guardai fuori dalla carrozza. Il buio inghiottiva tutto, negando alla vista qualsiasi cosa.
Desiderai che succedesse anche a me. Per un momento, desiderai di sparire.
Mentre guardavo nella notte più profonda, chiedendomi che cosa animava il mio desiderio di rivedere e riavere con me Madeleine, una piccola fiamma invisibile si animò dentro di me.
Era quello l’amore?

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Capitolo 11
*** Espoir. [Speranza] ***


Nota al capitolo: sì, sono in ritardo e lo so benissimo. E’ passato più di un mese dall’ultimo aggiornamento e mi scuso. Ringrazio le 44 persone che hanno messo la storia tra i preferiti ma soprattutto _Natsuki_ che lascia un commento ad ogni capitolo e lisettaH, che ha lasciato un commento che mi ha colpito particolarmente. Grazie davvero.
Vorrei ricordare - non ricordo se l’ho già detto- che ho aperto un mio archivio di fan fiction, potete vederlo a questo indirizzo. http://queenoftheslytherins.forumfree.net/
Potete trovare anche le schede dei personaggi di questa fiction.[per il momento solo Madeleine e Victor]
Rating di questo capitolo: rosso.
Come sempre buona lettura,
Sara
 
 
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CAPITOLO DECIMO
Espoir.
 
L
e fiamme danzavano vivaci nel camino, illuminando in modo sinistro la stanza. Victor era di fronte a me, sprofondato in un’elegante poltrona di velluto accanto al fuoco. La luce proveniva dalla sua sinistra, illuminandogli la pelle marmorea del viso, e animava con una sfumatura spaventosa i suoi occhi color rubino. Rimasi immobile mentre mi studiava con il suo sguardo. Allungò un braccio verso la sua destra e prese un bicchiere di cristallo, pieno di un liquido rosso.
Si concentrò per un momento sul contenuto del bicchiere, facendolo oscillare, poi tornò a fissarmi, alzando un sopracciglio.
Respirai profondamente e mi avvicinai di qualche passo.  
Il tempo era passato. Avevo cercato di allungare i tempi ma era stato tutto inutile. Ero riuscita a guadagnare quasi due settimane, due settimane inutili, passate nella camera messa a mia disposizione a cercare una soluzione per quella situazione.
Dentro di me la speranza che lui sarebbe apparso in quella casa per portarmi via si era affievolita ogni giorno, ogni ora, ogni minuto che passava. Resisteva ancora, in qualche modo, ma era debole.
Non sarebbe venuto a cercarmi. Nessuno mi avrebbe portato via da Monaco. Potevo contare solo su me stessa.
Anche se avrei dovuto arrendermi.
Anche se questo significava dover cedere alle richieste di Victor.
Dischiusi le labbra per parlare.
«Lo so già, non c’è bisogno che tu lo dica.» mi anticipò, lanciandomi un’occhiata annoiata.
Strinsi i denti, mentre sentivo l’irritazione crescere. Stavo perdendo il mio tempo.
«Bene.» sussurrai, voltandomi per andarmene.
Lo sentii alzarsi con un fruscio e in un attimo fu dietro di me. La sua mano mi afferrò per il gomito.
«Cosa ti ha fatto cambiare idea?» mi domandò, facendomi voltare per guardarlo.
Lo fulminai, senza parlare. Cercai di non pensare a nulla, per non permettergli di entrare nella mia testa e frugare a suo piacere tra i miei pensieri. Ma non bastò.
La consapevolezza di essere rimasta sola mi tradì e non riuscii a cacciare quel pensiero, lo stesso che aveva accompagnato la mia solitudine in quelle due settimane.
Lui lo lesse ma non parlò. In quel momento non provò a ferirmi, commentando in modo pungente il mio sconforto.
«Nessuno verrà a cercarmi.» ammisi infine, distogliendo lo sguardo da lui.
«E quindi?» chiese, senza lasciarmi il braccio, aumentando anzi la presa che aveva su di me.
«Quindi…» iniziai, ma mi bloccai. Mi schiarii la voce. «Quindi hai vinto, sono tua
Un sorriso gli increspò le labbra.
«Ti credevo più tenace.» disse, ironico.
«Hai ciò che vuoi adesso.» replicai, fissando finalmente i suoi due rubini. «Lasciami andare nella mia stanza.»
«Hai detto che sei mia.» sottolineò l’ultima parola in modo quasi sinistro.
«Sì, l’ho detto. Puoi avere il mio corpo, ma non la mia anima.»
«Tu non hai un’anima.» constatò, alzando un sopracciglio.
Annuii piano. «Lo so. L’ho donata all’unico vampiro a cui appartengo veramente.»
Vidi i suoi occhi scarlatti dilatarsi e la sua bocca socchiudersi. Il suo sguardo divenne duro, impenetrabile. Uno sguardo di puro odio.
La sua mano libera si strinse attorno al mio collo, facendomi mancare il respiro. Mi trascinò fino alla parete della porta. Gemetti piano non appena la mia schiena si scontrò contro il muro.
Si avvicinò pericolosamente a me e parlò non appena le sua labbra furono a pochi centimetri dalle mie.
«Tu ora appartieni a me.» alitò, minaccioso. «E non puoi farne a meno.»
Socchiusi le labbra per parlare ma lui fu più veloce.
La sua bocca si appoggiò di fretta sulla mia, come per bloccare ogni mio tentativo di replicare. Le sue labbra carnose si muovevano con decisione sulle mie, quasi con forza. Emisi un gemito di protesta e appoggiai le mani sulle sue spalle, nel tentativo di allontanarlo da me.
Con un lieve morso bloccò ogni mia protesta. Un rivolo di sangue scese dalla mia bocca fino al mento, ma lui catturò subito quelle poche gocce di sangue, interrompendo il bacio per qualche momento.
Sentivo le labbra bruciare, tanto da fare quasi male. Lo fulminai con lo sguardo e provai ancora ad allontanarlo da me, invano.
Con una mano bloccò le mie sopra la mia testa. Continuò a baciarmi, dal collo sino alla spalla scoperta, lasciando dietro di sé una sensazione di bruciore.
Non riuscivo a muovermi. Mi sentivo completamente sola e disarmata.
Indifesa. Completamente abbandonata a lui.
«Lasciami.» intimai, mentre la sua mano saliva lungo la mia gamba, sotto la gonna del vestito elegante.
«Lasciami.» ripetei, in un sussurro quasi impercettibile, non appena il corsetto venne strappato con violenza.
I suoi baci si spostarono sul mio seno, per poi risalire di nuovo al collo. Mi lanciò uno sguardo che mi pietrificò. I suoi occhi color rubino erano da animati da una luce che mi fece tremare.
Non era eccitazione. Non era desiderio. Era pura follia.
Mi prese il mento con il pollice e mi alzò la testa, girandola leggermente di lato.
Scese sul mio collo e si soffermò. La sua mano mi tenne ferma la testa, mentre i suoi denti laceravano la mia pelle.
Mi morsi il labbro inferiore, nel tentativo di reprimere l’urlo di dolore.
In quell’istante tutto divenne meno chiaro. La vista si annebbiò e cominciò a girarmi la testa.
Lo sentii ancora muoversi. Mi alzò leggermente, tenendomi appoggiata la muro.
«No.» dalla mia gola uscì un leggero suono roco.
La gonna seguì il corsetto a terra, in mille pezzi. Affondò in me senza preavviso, quasi con forza.
Provai di nuovo ad allontanarlo da me, ma non trovai le forze.
«No.» la mia protesta si spense in un sussurro mentre lui, spingendo dentro di me, spegneva la debole speranza che avevo tenuto in vita in quelle settimane.
 
×××
 
Rimasi rannicchiata a terra per ore, senza parlare e senza muovermi, ma lui non uscì dalla stanza.
Restò sulla sua poltrona, con lo sguardo ancora folle fisso su di me.
Non ebbi il coraggio di guardarlo. Strinsi a me i vestiti che mi aveva strappato, nel tentativo di coprire il mio corpo, anche se aveva visto tutto.
Il morso al collo bruciava ancora, ma non mi lamentai del dolore.
«Mio signore.» una voce femminile mi ridestò da quello stato di apatia. «Come mai avete scelto lei?» chiese, con disprezzo.
Victor non rispose. Alzai piano lo sguardo e trovai di fronte la schiena della vampira che parlava.
Il fuoco, ancora acceso nel caminetto, si rifletteva nei suoi capelli castani. Sedeva sul bracciolo della poltrona, e aveva le gambe appoggiate a quelle di Victor, che la teneva per la vita con un braccio.
Nonostante quel tocco, che sicuramente lei aveva inteso come segno di interesse da parte del vampiro, lo sguardo di Victor era fisso su di me.
Qualcuno bussò alla porta.
«Mio signore.» la voce di un uomo- lo stesso che mi aveva condotto da Victor quando arrivai- si rivolse a lui con tono servile. «Il vampiro ci è sfuggito.»
Sgranai gli occhi.
«Bene.» replicò semplicemente Victor. «Puoi andare.»
Con un fruscio l’uomo sparì.
La risatina della donna riempì la stanza. Sentii il suo sguardo su di me.
«Troppo tardi.» sussurrò Victor, e questa volta osai incontrare il suo sguardo. Sulle sue labbra apparve un ghigno. «Troppo tardi

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