Sui Colli di Vesproscuro: Smaointe di Neryssa (/viewuser.php?uid=65708)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Parte: 1- Nel cuore del bosco ***
Capitolo 2: *** 2 (prima parte)- La casa, le lepri, la marmellata di ribes e la fucina ***
Capitolo 3: *** 2 (seconda parte)- Il sentiero, la neve, il Re e la fanciulla ***
Capitolo 4: *** 3- Un vero uomo ***
Capitolo 5: *** 4 (prima parte)- Il lungo inverno dei Colli di Vesproscuro e una notte di bufera ***
Capitolo 6: *** 4 (seconda parte)- Il Re sotto la Montagna e un cuore innamorato contro gli artigli dell'orso ***
Capitolo 7: *** 4 (terza parte)- Una Regina della malora e l'offerta di pace ***
Capitolo 8: *** 4 (quarta parte)- La pelliccia dell'orso in cambio del tuo cuore, Re sotto la Montagna ***
Capitolo 1 *** I Parte: 1- Nel cuore del bosco ***
1-Nel cuore del bosco
Sui Colli di Vesproscuro: Smaointe
I Parte
2935 T.E.
1-Nel
cuore del bosco
Lila, i lunghi capelli scuri raccolti in una treccia un
po’ sfatta che le ciondolava al fianco del viso, si chinò a sbirciare
nell’oscurità della legnaia sotto al camino, ma tutto ciò che vide fu un
ragnetto che zampettava allegramente, indisturbato. Con un grugnito di
disappunto si buttò in ginocchio sul pavimento, risolvendosi a cacciare la
testa e le braccia nella grossa nicchia alla ricerca di qualche ciocco di legna
con cui alimentare il fuoco: il ventre di pietra del camino soffiò, ringhiò e
strillò, e in uno sbuffo di fuliggine e schegge di legno Lila ne riemerse
insieme ad un enorme gatto grigio che si piazzò sulla bocca della legnaia con i
grossi occhi tondi spalancati, agitando stizzosamente a destra e sinistra la
grossa coda gonfia come a volerla minacciare di non provare a rientrarci. La
giovane lo guardò stranita, ignorandone le piccole zanne snudate in un soffio
silenzioso.
“Beh? Si può sapere cos’hai visto là sotto?” domandò,
come se stesse rivolgendo la parola ad un proprio simile; poi sembrò decidere
che la legna le interessava più di qualunque cosa ci fosse sul fondo del
ripostiglio sotto al camino, e facendo spallucce allungò la mano per spostare
il gattone.
“Avanti, togliti che de…”. Con uno scatto fulmineo
quattro piccoli artigli acuminati le si conficcarono nel polso lacerandole la pelle
e anche stoffa della camicia da notte.
“FERUMBRAS!” ruggì Lila, dolorante, scrollandosi di dosso
il gatto che si diede alla fuga. “Gatto della malora, NON AZZARDARTI A SCAPPARE!”.
Allarmata dal trambusto, Brid si affacciò sulla cucina
con la vestaglia infilata soltanto per metà e lo sguardo semi-assente di chi è
appena rotolato giù dal letto: lo spettacolo di sua sorella in camicia da notte
che rincorreva il gatto per tutta la stanza lanciandogli dietro qualunque cosa
le capitasse sottomano non la sorprese nemmeno la metà di quanto si era
ritrovata a sperare mentre si precipitava giù dalle scale, e la vista del fuoco
morente sotto un paiolo d’acqua che nemmeno fumava la fece addirittura sbuffare.
“…brutto sacco di pulci insubordinato, VIENI QUI CHE HO
UNA MEZZA IDEA DI FARMI UN PAIO DI PANTOFOLE PER L’INVERNO CON LA TUA
PELLICCIA!”.
“Allora mi sa che ne ricaveresti anche un paio di guanti
e un cappello coordinati. E gatto arrosto per una settimana” borbottò Brid
dalla porta, già di cattivo umore; Lila abbandonò subito i suoi propositi di
vendetta e si voltò verso di lei, incurante del cupo gorgogliare emesso dal
gatto rimasto incastrato nella gattaiola.
“Brid! Siamo senza legna!” fece subito, inspiegabilmente
festosa. Sua sorella si domandò se ad elettrizzarla fosse l’idea di non avere
di che scaldarsi oppure l’idealizzarla come la soluzione al problema. Decise di
evitare qualsiasi inutile giro si parole e di venire subito al dunque.
“Ho notato. È soltanto una mia impressione…o mi stai
pregando con lo sguardo di andare a prenderne dalla legnaia sul retro?”. Lila
non osò fiatare, ma il sorrisino colpevole che le spuntò sul viso non lasciò a
Brid nemmeno qualche piccola possibilità di scampo.
“Oggi i piatti li lavi tu” concluse, lanciando
un’occhiataccia all’indirizzo della sorella quando questa provò a protestare;
si sistemò addosso la veste da camera e agguantò la cesta con cui erano solite
movimentare la legna per il fuoco. Lila, dal canto suo, si mise ad armeggiare
nella credenza, in cerca del pane e del miele, rampognando concitata.
“… che io i ragni e i millepiedi non li sopporto! Non c’è
bisogno di farmelo pesare tutte le volte, e poi io mica la costringo a lavare i
piatti quando finisco per fare qualcosa al posto suo…”.
“Guarda che ti sento!” vociò Brid sulla porta,
infilandosi gli stivali alla meno peggio; si chinò ad assestare una sonora
pacca sul sedere a Ferumbras che ancora soffiava incastrato nella gattaiola, e
subito quello sgusciò fuori di casa, veloce e silenzioso come una serpe.
“Ecco, allora sentiti in colpa!” sbottò scura in volto
Lila, sbattendo il tagliere con il pane sulla tavola. “E adesso saluta mamma e
papà!” fece poi, puntandosi una mano sul fianco mentre con l’altra indicava i
due grossi ritratti ovali appesi accanto alla porta d’entrata. Brid sospirò, e
dopo aver sventolato distrattamente una mano davanti alle due figure che
sembravano guardarla dall’alto delle proprie cornici, uscì nella fredda ma
accogliente alba autunnale.
Mentre adocchiava due grasse pernici rosse appollaiate
sui rami di un albero non troppo lontano, Fíli maledisse mentalmente
quell’idiota di suo fratello per averlo abbandonato con la futile scusa di
volersi allenare. Negli ultimi tempi Kíli sembrava preferire la compagnia del
proprio arco a quella del fratello, e sebbene Fíli fosse il primo a scherzarci
sopra la cosa cominciava a dargli seri problemi, dato che se a Kíli tutto era
concesso, lui non poteva dirsi altrettanto fortunato e oltre al lavoro alla
fucina gli spettavano incombenze di cui avrebbe potuto occuparsi quel suo
fratellino ingrato, come la caccia e il procurarsi la legna per il fuoco. La
fatica di certo non l’aveva mai spaventato, ma se solo Kíli si fosse degnato,
per una volta, di accompagnarlo, sarebbero bastate due delle sue frecce della malora
per risolvere il problema di cosa mettere in tavola per cena, e senza nemmeno
troppe sofferenze!
Prima ancora di poter fare qualunque cosa per
impedirselo, il giovane Nano si lasciò sfuggire uno sbuffo frustrato che mise
in allarme le due pernici: per un istante interminabile Fíli rimase immobile,
acquattato sulla terra ancora umida di rugiada e con il cervello che lavorava
tanto in fretta da fargli quasi temere che i due uccelli potessero udirne il
lavorio. Poi le pernici spiccarono il volo verso il cielo con un frullo d’ali
che suonò come un grido di terrore, e allora si concesse il lusso di saltare in
piedi con un’imprecazione, facendo quanto più chiasso possibile. Non poté fare
a meno di figurarsi l’espressione di vivo disappunto che avrebbe assunto sua
madre se solo l’avesse visto comportarsi in modo tanto infantile, ma non appena
a quell’immagine si sovrappose quella dello sguardo truce dello zio nel vederlo
tornare dalla caccia a mani vuote, a Fíli passò immediatamente la voglia di
accanirsi contro il fato avverso, le giornate storte e l’insana passione che il
suo fratellino idiota nutriva per il tiro con l’arco. Si scoprì stanco e più
che mai consapevole che se non intendeva deludere nessuno avrebbe fatto meglio
a tornare a casa con almeno un fagiano, o anche solo una quaglia. Giusto per
gradire.
Un tonfo improvviso lo costrinse a lasciar perdere
qualunque cruccio lo stesse affliggendo e a mettere immediatamente mano alle
armi: strisciò lungo il tronco rugoso dell’albero che poco prima l’aveva tenuto
nascosto dalle pernici e con la prudenza degna di un cacciatore esperto si
sporse quel tanto che bastava per gettarsi un’occhiata intorno. Non riuscì a
scorgere niente, né il movimento di un qualche animale in fuga né un tronco che
rotolava sul letto di foglie secche; arrivò perfino a dubitare di aver
veramente sentito quel rumore, ma quando si ripeté non ebbe più alcun dubbio:
non era solo. Chi ci fosse, là con lui, rimaneva un mistero, ma non si lasciò
spaventare e cominciò a farsi strada tra gli alberi nel modo più silenzioso che
i suoi pesanti stivali da caccia gli permisero.
Seguendo i tonfi giunse fino ad un piccolo gruppetto di
betulle, nel mezzo del quale una figura curva e bardata in quella che sembrava
una vestaglia da camera troppo grande, si accaniva con un’ascia sul tronco di
un albero abbattuto.
Lì per lì Fíli rimase quasi deluso di aver trovato
soltanto un bizzarro taglialegna intento a lavorare, ma poi qualcosa attirò la
sua attenzione, e immediatamente cambiò atteggiamento: adagiate sul ceppo della
betulla abbattuta, giacevano quattro lepri dal manto fulvo, legate insieme per
le grosse zampe con un laccio di cuoio. Senza pensarci due volte, cominciò ad
avvicinarsi sgusciando di albero in albero, approfittando dei colpi secchi
dell’ascia contro il legno per coprire il rumore dei propri spostamenti, e quando
fu tanto vicino da poter toccare le lepri semplicemente allungando una mano, Fíli
parve improvvisamente ricordare chi era e cosa stava per fare: la mano tesa
verso le prede gli si bloccò a mezz’aria, e la testa gli si riempì di voci
spaventosamente simili a quelle di sua madre e suo zio che sembravano urlargli
insulti e improperi a gran voce.
Per un momento rimase come sospeso, combattuto tra
l’istinto di sopravvivenza e quelle voci che gli intimavano di comportarsi come
il Nano d’alto rango qual era. Provò a dare la colpa al proprio buon cuore, al
proprio fiero senso dell’onore, alla lealtà che aveva sempre mostrato a coloro
che amava ma prima di tutto a se stesso…ma poi si disse che non sarebbe mai
stato capace di rubare, non in questa vita né in un’altra. Non era un discorso
di educazione, era semplicemente incapace
di farlo.
Perciò chiuse gli occhi e si costrinse a serrare le dita
intorno alle orecchie della lepre più vicina, tirandosele inevitabilmente tutte
e quattro dietro l’albero: i tonfi dell’ascia contro i rami di betulla
continuarono imperterriti, e Fíli fu veramente tentato di muovere un passo
verso casa. Ma poi il cuore vinse in modo definitivo sulla mente, e gettando
alle ortiche ogni prudenza si ritrovò alle spalle del taglialegna, senza nessun
albero a nasconderlo e nella compromettente posizione di tendere una mano verso
il bottino di caccia di qualcun altro: che lo stesse in realtà posando invece
che prenderlo sarebbe stato un dettaglio di poco conto se il legittimo
proprietario di quelle quattro lepri l’avesse sorpreso alle proprie spalle. E,
in effetti, fu proprio così che Brid interpretò la scena che le si parò davanti
quando si voltò per riprendere fiato.
Uno sconosciuto basso, biondo e con le trecce ai baffi
stava tentando di soffiarle la cena dal piatto: lo fissò sconcertata per un
attimo e subito gli puntò l’ascia alla gola, tentando di non sembrare troppo
minuta e impacciata nella vecchia vestaglia di suo padre.
“Lasciale!” gli intimò sferzante, non badando ai palmi
delle mani che lo sconosciuto le mostrava, in segno di resa.
“Non le stavo rubando!” si affrettò a specificare lui,
con una fretta che quasi parve sospetta. “È…è che…mi sembrava di averne vista
una muoversi!”. Fíli si dette dell’idiota per non aver saputo fare di meglio,
ma non riuscì a prendersela troppo con se stesso, frastornato com’era dal
ritrovarsi faccia a faccia con una donna: quello che di spalle gli era sembrato
un taglialegna mingherlino e anche un po’ curvo sotto il peso degli anni e
dell’ascia, gli si era invece mostrato come una ragazza in camicia da notte,
avvolta in una veste da camera per lei decisamente troppo grande e con ai piedi
pesanti stivali da uomo; continuava a puntargli alla gola l’ascia con cui aveva
tagliato i rami di betulla e nel farlo i polsi non le tremavano, ma i suoi occhi
scuri tradivano confusione.
“Co…cosa sei,
tu?” domandò incerta, quasi come se si vergognasse. Fíli si concesse un sorrisetto.
“È evidente che
sono un Nano!” fece in tono ovvio. “E tu perché te ne vai a zonzo per il bosco
in camicia da notte?”. La ragazza spalancò gli occhi, avvampando.
“È colpa di mia sorella…” la udì borbottare confusamente,
riottosa, prima di riaversi e rinsaldare la presa sul manico dell’ascia. “Questo
però non cambia le cose! Tu sei un Nano e io sono in camicia da notte, quelle
lepri sono mie e tu stavi cercando di rubarle!”.
“S…NO! Cioè, io…” Fíli si morse la lingua, dannando per
l’ennesima volta la propria incapacità di fare qualunque cosa di scorretto ci
fosse al mondo. Poi gli venne un’idea.
“Se me le cedi ti taglio la legna” propose, e non poté
fare a meno di sogghignare quando la vide indecisa.
“No! Le ho cacciate io e le tengo io! Con quelle ci
mangiamo due giorni!” sbottò lei, scuotendo la testa come a volersi costringere
a non cedere. Il Nano, dal canto suo, inarcò le sopracciglia in un’espressione
scettica.
“Quindi anche la legna te la tagli tu…”. Lei gli rivolse
un’occhiata talmente colma d’odio che per un momento Fíli credette di essere in
pericolo, ma nonostante continuasse ad avere la lama dell’ascia a meno di due
dita dal collo gli venne da ridere: quella ragazza non avrebbe potuto fargli
del male nemmeno se fosse stata armata fino ai denti. Eppure continuava a
comportarsi come se un’ascia impugnata maldestramente potesse fare di lei una
guerriera.
“Fai ancora in tempo a cambiare idea: dammi le tue lepri
e io taglio la legna per te” tentò con un sorrisetto, divertendosi a guardarla
dibattersi tra il dubbio e il dovere.
“Te ne do una” azzardò lei per tutta risposta.
“Tre”.
“Due!” ringhiò
Brid assottigliando gli occhi in due fessure scure. “E mi aiuti a portare la
legna a casa”.
Fíli sospirò rassegnato, mentre scuoteva la testa e
ancora una volta alzava le mani in segno di resa: con due lepri in quattro di
certo la sua famiglia non avrebbe banchettato, ma una volta a casa avrebbe
sempre potuto cavarsela dicendo che un taglialegna rumoroso e fastidioso gli
aveva fatto scappare tutte le prede…
“Affare fatto” concesse infine: dopo un’ultima occhiata
sospettosa, la ragazza in camicia da notte allungò velocemente una mano a
recuperare le quattro lepri e poi abbassò l’ascia, lasciandolo libero di
muoversi. Fíli scrollò le spalle indolenzite dall’immobilità forzata e le
sorrise affabile.
“Posso almeno sapere per chi avrò l’onore di tagliare la
legna?” fece baldanzoso, sfilandosi la pesante giacca da caccia e gettandola sul
ceppo di betulla. La ragazza lo guardò, improvvisamente timida, e senza mai
lasciare la presa sul manico dell’ascia si afferrò i lati della camicia da
notte, chinando il capo e accennando un inchino.
“Brid figlia di Breodvan, dei Colli di Vesproscuro” fece
gentilmente, per poi recuperare l’atteggiamento diffidente di poco prima. “E il
tuo nome quale sarebbe, Nano?”.
“Fíli figlio di Díli, mia signora” rispose prontamente
lui, inchinandosi con un sorriso. “Al vostro servizio!”.
“Serva vostra, mastro Fíli. Ma solo quando avrete finito
di tagliare la legna come promesso”. Prima ancora di potersi stupire per quel
repentino cambio d’atteggiamento, Fíli si ritrovò con l’ascia in mano e un
mucchio di legna da tagliare: Brid sedette comodamente sul ceppo, accanto alla
sua giacca, con le lepri in grembo e una luce soddisfatta negli occhi scuri, e
solo allora il giovane Nano parve notare quanto fosse minuta, di statura troppo
modesta per essere una donna della Gente Alta. Represse un sogghigno nel constatare
quanto fosse assurda quella situazione, e senza perdere altro tempo attaccò gli
ultimi tronchi di betulla, ringraziando intimamente i Valar di avergli concesso
di incontrare l’unica ragazza disarmata e con quattro lepri da scambiare nel
giro di miglia.
“È lì che abiti?” ansò Fíli quando giunsero sul limitare
di un’ampia radura, al centro della quale sorgeva una casetta di pietra con una
curiosa porta tonda provvista di gattaiola e una rimessa di legno rivolta ad
est, con la porta spalancata: un piccolo gregge di capre, sparpagliato tra
l’orticello verdeggiante opposto alla rimessa e il prato davanti alla casa,
brucava serafico qualunque cosa fosse di aspetto commestibile, e una ben più
consistente famiglia di grasse chiocce becchettava allegramente l’erba ancora
intatta, senza risparmiare i nasi delle capre imprudenti che si azzardavano ad
intralciare il loro cammino.
D’un tratto dimentica della presenza del Nano, Brid si
bloccò sul limitare della radura e lanciò qualche occhiata critica in giro,
come a volersi accertare che tutto fosse in ordine. Poi, chiaramente
insoddisfatta, buttò in terra i ciocchi di legna che si era faticosamente
caracollata appresso per tutto il bosco e cacciò un urlo che fece volare via
tutti gli uccelli nel raggio di centinaia di metri.
“LIIIIIILAAAAAA!” tuonò, e Fíli quasi giurò a se stesso
di aver visto una delle galline nere mollare un uovo sul prato, per lo
spavento. Da dietro la porta tonda della casa provenne una cacofonia metallica,
e subito dopo, accompagnata da un cigolio gentile e da una lunga treccia, la
testa della sorella di Brid fece capolino dall’uscio.
“Brid? Per tutti i Soffiatromba, che diavolo hai da
urlare?” borbottò attonita, spalancando gli occhi in due perfetti cerchi
celesti. “E chi è quel bel tipo?” aggiunse poi, accennando alla figura
silenziosa di Fíli.
“Cosa ho da urlare? LE CAPRE E LE GALLINE STANNO
BANCHETTANDO NELL’ORTO, ECCO COSA HO DA URLARE!” strepitò la minore, paonazza
in viso dalla rabbia e dall’imbarazzo; gli occhi di Lila si spalancarono ancora
di più, tanto che Fíli temette di vederglieli rotolare fuori dalle orbite.
“NO! Veramente?”.
“Per Eru, Lila, corri a salvare il salvabile e stai
zitta!”. Brid represse gli istinti omicidi che sentiva montare nei confronti
della sorella e, incurante della legna, di Fíli, della colazione che ancora non
aveva consumato e persino della veste da camera troppo grossa che le
intralciava i movimenti, si mise a correre da un lato all’altro della radura,
nel tentativo di recuperare quante più bestie le riuscisse prima che i danni
divenissero irreparabili. Finalmente Lila si decise ad unirsi a lei, e Fíli
ebbe soltanto una manciata di secondi per domandarsi perché diavolo si fosse portata dietro una padella, prima che una
gallina gli planasse tra le braccia in un estremo tentativo di fuga. Senza
nemmeno accorgersene si ritrovò invischiato in quel bailamme di capre e galline,
con un braccio stupidamente ancora carico di legna, ma decisamente troppo
impegnato ad evitare di pestare qualche pulcino per accorgersene.
“Lila, ma com’è possibile che appena mi allontano qui
scoppia il finimondo?” berciò Brid tentando con tutte le proprie forze di
trascinare il caprone riottoso nella stalla; dall’altra parte del prato, Lila
batté il fondo della padella sul sedere di Ferumbras, che stava puntando una
gallina terrorizzata nei pressi della porta di casa.
“Esagerata! Solo perché mi sono dimenticata di chiudere
la stalla!” replicò guardando il gatto sfrecciare via terrorizzato,
costringendo Fíli ad incespicare per evitarlo.
“ESAGERATA? Guarda che se fosse stato soltanto per il
coro di ‘cooo’ e ‘beee’ mi sarebbe anche andata bene, MA QUESTE INGRATE CI
STANNO BRUCANDO L’ORTO!”.
Fíli si ritrovò inevitabilmente a ridere, divertito dalla
situazione che gli parve ancora più assurda di quella vissuta nel bosco, quando
Brid l’aveva incastrato senza che lui se ne accorgesse; nel recuperare le
ultime due galline i ciocchi di legna gli sfuggirono di mano, ma non ci fece
caso: aiutò le due ragazze a stipare gli animali nei rispettivi recinti
all’interno della rimessa e solo quando un chiocciare infastidito lo costrinse
a tornare sui propri passi si accorse di aver abbandonato sul prato la legna
portata dal bosco.
“…la prossima volta che combini un guaio come questo te
lo sistemi da sola, razza di grattacapo ambulante che non sei altro!” sentì
Brid che borbottava acidamente alla sorella trascinandola fuori dalla stalla,
mentre si chinava a raccogliere una gallina particolarmente cocciuta che se
n’era rimasta per tutto il tempo rannicchiata sull’erba, chiocciando
rabbiosamente. Un rumore attutito di passi in avvicinamento e Brid gli fu
accanto.
“Ah, Fíli! Ti ringrazio per averci aiutato” fece,
liberandosi dell’ingombrante vestaglia e ravviandosi i lunghi capelli castani
dietro le spalle, per poi tamponarsi la fronte con il dorso della mano. “E ti
domando scusa per lo spettacolo impietoso. Di solito mia sorella non è così
sbadata…non così tanto, almeno…”
mugugnò con una smorfia. Lui le sorrise.
“Non scusarti, è stato divertente!” rispose sincero,
porgendole la gallina che teneva tra le braccia. “Questa è rimasta tutto il
tempo sull’erba, non si è mossa. Forse è ferita o malata…”.
“Grazie, adesso ci penso io”. Brid gli concesse un
sorrisetto un po’ impacciato mentre si sporgeva a recuperare la gallina, e Fíli
si sorprese a pensare che fosse piacevole stare in sua compagnia.
“Non c’è di che. Ora, se non ti dispiace, tolgo il
disturbo prima che tu possa trovarmi qualche altro lavoro da fare” ridacchiò,
piacevolmente stupito nel vederla arrossire un poco. Con un ultimo sorriso le
voltò le spalle e s’incamminò verso il bosco; gli sembrò di sentirla borbottare
qualcosa a proposito del dover tornare a far legna nei giorni successivi, dato
che sua sorella non aveva messo da parte nemmeno un ciocco per tutta l’estate,
ma non si voltò a chiederle di ripetersi. Qualcosa sul prato, però, esattamente davanti alla
punta del suo stivale, lo costrinse a fermarsi.
“Ah, Brid…questo è tuo! L’ha fatto la gallina nera per la
paura, quando prima ti sei messa a strillare…” fece, lanciando
sovrappensiero l’uovo che aveva trovato in terra. Il suono che gli arrivò in
risposta non fu troppo rassicurante, e quando si voltò a cercare l'uovo con lo sguardo, quel fastidioso presentimento che l'aveva gelato sul posto divenne realtà: l'uovo era piombato sul volto di Brid come anni addietro, quando ancora erano dei Nanetti e credevano di poter volare come tordi, la testa di Kíli era piombata contro la testata del letto di Thorin. Con la stessa, identica precisione da cecchino.
“Oh, per tutti i Va…Brid, ti chiedo…scu…” cominciò,
mortificato e tremendamente divertito al tempo stesso, ma si dovette bloccare
quasi subito per impedirsi di scoppiarle a ridere in faccia. Brid, dal canto
suo, non fece una pega: si sistemò meglio la gallina contro il petto, e con la mano libera corse
ad impugnare l’ascia che nella foga dell’inseguire le capre aveva
conficcato nella staccionata dell’orto.
Fortunatamente Fíli ebbe il buonsenso di voltarsi e gettarsi tra gli
alberi correndo a perdifiato, prima che fosse troppo tardi per dire addio alle montagne che l’avevano visto nascere e crescere; ad accompagnarlo
per il primo tratto di strada, ci fu l’urlo di commiato di Brid.
“NANO DELLA MALORA, IO TI UCCIDO!”.
*NOTE*
Buonsalve! Ecco che finalmente
'debutto' sul fandom de 'Lo Hobbit', che emozione! >.< Erano
soltanto...sette anni che desideravo scrivere qualcosa sulle storie di
Tolkien, cosa volete che sia. BAZZECOLE!
Spero che questo primo capitolo vi
sia piaciuto almeno un pochino, anche se stilisticamente parlando è evidente che si tratta dell'opera di una dilettante (purtroppo non sarò MAI in grado anche solo di emulare lo stile certosino del Professore, perciò mi limiterò a mantenermi il più fedele possibile ai fatti e alle trame dei suoi lavori) e anticipa ben poco di quello
che sarà poi il vero svolgimento della storia...ma da qualche parte
si deve pur cominciare, no? E direi che un vago quadro generale su chi
siano Lila e Brid e come abbiano conosciuto Fíli è un buon
punto di partenza. Ci tengo però a precisare che nonostante il
tono di questi primi capitoli possa essere rilassato e addirittura
comico sotto certi aspetti, la trama non sarà allegra e
ridanciana fino alla fine (ahimè!), perciò...beh, se
questo inizio è stato di vostro gradimento godetevi l'atmosfera
tranquilla finchè dura! :) Intanto se vi va potete scrivermi due righe
con le vostre prime impressioni, mi farebbe un immenso piacere!
Vi prego di perdonare gli eventuali
errori di battitura o di distrazione, mi attiverò al più
presto per correggerli! Grazie a tutti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 2 (prima parte)- La casa, le lepri, la marmellata di ribes e la fucina ***
2 (prima parte)-La casa, le lepri, la marmellata di ribes e la fucina
2 (prima parte)-La
casa, le lepri, la marmellata di ribes e la fucina
“Ancora questo e poi puoi levare le tende, Nano della
malora!” banfò Brid, gettando con malagrazia sul tappeto di foglie il grosso
ramo di faggio che si era trascinata dietro per un lungo tratto di bosco; Fíli
si ravviò i capelli biondi dietro le spalle, rivolgendole un’occhiata che
voleva sembrare ferita ma che invece parve soltanto scettica, e si terse il
sudore dalla fronte con il dorso di una mano.
“E ora che avrei fatto, per meritarmi un appellativo
simile?” domandò, divertito. Brid sbuffò.
“Mi perseguiti, ecco cosa!”.
“Ma se ti sto aiutando con i lavori pesanti?!”.
“Bella scusa! Chi te l’ha chiesto, poi?”. Con il piglio
infastidito di chi non riesce a levarsi di torno una mosca molesta, Brid gli
afferrò i lunghi baffi intrecciati e vi diede uno strattone, ignorando
platealmente l’ululato dolorante in cui il povero Nano proruppe.
“La verità è che sei soltanto un ficcanaso che non ha
niente di meglio da fare che importunare le povere fanciulle che vagano per i
boschi! Ti ritrovo tutti i giorni qui, o dovunque decida di spostarmi per cercare
della legna da ardere, e non serve a niente correre da una parte all’altra dei
Colli di Vesproscuro, perché tanto poi mi trovi lo stesso! Come un segugio!”.
“La vuoi smettere di procurarmi dolore fisico ogni volta
che ti arrabbi?” rantolò Fíli in tono offeso, massaggiandosi con delicatezza
l’attaccatura dei baffi. Per tutta risposta, Brid gli rivolse un’occhiata di
fuoco.
“Ah! Si lamenta,
lui!” sbottò teatralmente, strappandogli di mano i ciocchi già tagliati e
gettandoli in una gerla di vimini. “La prima volta che ci siamo visti mi hai
lanciato un uovo in faccia, e nonostante mi abbia fatto male non ho certo piagnucolato
come una donnicciola!”.
Fíli tacque di colpo, e inaspettatamente si adombrò: Brid
intuì che nonostante si fosse scusato più volte e lei avesse provveduto ognuna
di esse a zittirlo con un brusco ‘Non importa’, il ricordo dell’incidente
continuava a metterlo a disagio. Si sentì in colpa per averlo fatto sentire
inadeguato, e, maldestra almeno quanto lo era stato lui stesso nel lanciarle
malamente l’uovo, si affrettò a cercare di rimediare.
“Bah, sia come sia, la verità è che sei un ficcanaso
rompiscatole con il fiuto di un segugio e la faccia da schiaffi” mugugnò
impacciata, evitando accuratamente lo sguardo azzurro del Nano. “Un giorno o
l’altro mi toccherà addestrarti a trovare le trifole, così magari tiro su un
po’ di quattrini al mercato di Pietraforata…e se il tuo bel nasino dovesse
trovarne a sufficienza potrei addirittura spingermi fino a Brea!”.
“Se davvero fossi soltanto un ficcanaso non te ne
verrebbe nulla in tasca, non credi?” ridacchiò Fíli, riprendendo ad aiutarla
nell’ammucchiare i ciocchi nella gerla. “Me ne starei qui ad assillarti con
domande sul tuo passato e sulla tua famiglia, mentre tu passeresti il tuo tempo
a tagliare la legna e a progettare la mia morte in modo da farla sembrare un
tragico incidente…”. Brid smise improvvisamente di rampognare e si voltò quel
tanto che bastava per guardarlo in viso: al suo sguardo sconcertato, Fíli
rispose con un sorriso smagliante, candido e innocente come quello di un
bambino.
“Invece ti sto aiutando con il lavoro sporco, anche se tu
continui a prendermi in giro e a tirarmi i baffi. Non merito forse un premio?”.
“Mmmh”. Mentre terminava di sistemare la legna nella
gerla, Brid parve pensarci su per un momento: non era sicura che quel Nano
fosse davvero così candido e gentile come si mostrava, ma, in fin dei conti, se
le cose si fossero messe male avrebbe sempre potuto recuperare una roncola e
mozzargli una mano senza troppi complimenti. Che aveva da temere?
“Hai ragione, sei stato fin troppo gentile” concesse
quindi, in tono conciliante. “Perciò prendi una gerla e andiamo: se quella
sciagurata di Lila non è rimasta uccisa dal gatto sono abbastanza sicura che
sia sulla buona strada per mettere in tavola il pranzo”. Fíli trasecolò.
“Cosa? Mi…mi stai…voglio dire, vuoi che io mangi con
voi?” tartagliò attonito, in un’espressione di tale stupore che Brid temette di
doverlo aiutare a recuperare la propria mandibola, una volta che si fosse
accorto di averla lasciata cadere. Così scelse di fare finta di niente, e,
inarcato un sopracciglio e puntatesi le mani ai fianchi, lo guardò in tralice.
“Beh? Tra i Nani un invito a pranzo equivale forse ad una
minaccia di morte o ad un insulto?” domandò con un filo d’ironia e un
sorrisetto che costrinsero Fíli a recuperare un minimo di contegno.
“Diavolo, no! È solo che non me l’aspettavo!” sbuffò
facendo spallucce, e in un batter d’occhio si era caricato in spalla la gerla
colma di legna. “Avanti, donna-orso, fammi strada! Magari tua sorella sarà più
ben disposta nei confronti di colui che ha tagliato legna al posto suo per
tutta la mattina…”.
Il soprannome ‘donna-orso’ non piacque particolarmente a
quella strana fanciulla che aveva incontrato appena qualche giorno prima, ma inspiegabilmente
il sentirla protestare vivacemente minacciandolo di ritorsioni irripetibili lo
fece sorridere: Brid non la smetteva mai di mugugnare e aveva un carattere
tremendo, ma sotto sotto era contenta di averlo intorno. E questo Fíli lo
sapeva.
La porta si spalancò di colpo, girò sui cardini e andò a
sbattere rumorosamente contro la parete: Kíli entrò con fare baldanzoso nella
modesta casetta che l’aveva visto nascere, del tutto dimentico degli stivali
infangati che lasciarono una lunga scia di orme sudicie sul pavimento di legno;
i suoi passi pesanti riecheggiarono indisturbati tra le mura senza che alcun
rumore giungesse in risposta, così decise di concedersi una capatina in cucina,
alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti di nascosto: sgattaiolò
nemmeno troppo furtivamente lungo la stanza, gettò una rapida occhiata
tutt’intorno e puntò dritto alla credenza accanto al camino, quella in cui sua
madre era solita riporre le sparute leccornie che raramente si lasciava
convincere a comprare. Spalancò le piccole ante di legno intagliato e adocchiò
con un sorriso furbesco il barattolo di ceramica bianca e blu, del tutto simile
ad un bambino che si appropria di una sedia per mangiare la marmellata all’insaputa
degli adulti. In realtà Kíli non aveva bisogno di nessunissima sedia per
arraffare i biscotti, e aveva anche superato da un po’ l’età in cui un gesto
tanto sciocco gli sarebbe stato perdonato con una smorfia e qualche sbuffo
contrariato, ma questa consapevolezza non lo fermò: sporgendo un braccio
afferrò il coperchio e lo ripose sul fondo della credenza, cacciando
immediatamente una mano nella bocca scura del barattolo, alla spasmodica
ricerca di un biscotto…
“KÍLI!” tuonò improvvisamente una voce possente dal
timbro familiare, e il povero Kíli si ritrovò, proprio malgrado, a sobbalzare
come un ladro colto in flagrante. Da qualche parte dentro alla propria testa,
sentì una vocetta fastidiosa ricordagli che, in effetti, in quel momento non
doveva apparire troppo lontano dalla comune immagine del ladro colto sul fatto,
ma la ricacciò prepotentemente da dov’era venuta e quella si mise a tacere.
Suo zio Thorin, le maniche della camicia arrotolate
sbrigativamente sui gomiti e i lunghi capelli striati d’argento raccolti in una
coda, lo fissava dalla porta con evidente disappunto, con gli occhi chiari che
trasmettevano la stessa impetuosità del mare in tempesta; Kíli si sentì
inspiegabilmente piccolo e stupido, al suo cospetto, tremendamente in colpa per
una sciocchezza di poco conto come essere appena stato sorpreso a rubare
qualche biscotto.
“Tho…Thorin!” si costrinse a tartagliare, ritirando di
scatto la mano dalla credenza. “Come…come mai non sei alla fucina?”. Gli occhi
blu di Thorin dardeggiarono verso di lui, e la sua figura parve ingigantirsi.
“Ci sono stato fino ad ora. E comunque non vedo perché
dovrei rendere conto a te di cosa ci faccio qui, ragazzo”. Kíli si diede
mentalmente dell’idiota, e ripromettendosi di non fornirgli altri pretesti per
rimproverarlo fece per cambiare discorso.
“Sai dov’è la mamma? La…la stavo cercando, dovrei dirle
una co…”.
“Fíli non è con te?” lo interruppe Thorin, accigliandosi:
parve accorgersi dell’assenza dell’altro nipote soltanto in quel momento, e
come se la cosa lo stupisse dimenticò momentaneamente di aver pizzicato Kíli a
rovistare nella credenza, furtivo come un furetto e silenzioso come un
Olifante. Da parte sua, Kíli lo fissò di rimando, stranito.
“No…”.
“Perché dovrebbe, Thorin? Stamattina è uscito di corsa
dicendo che l’avresti battuto sull’incudine per essere arrivato in ritardo alla
fucina!”. Con gli occhi blu illuminati di una luce divertita e un cestino pieno
di mele e ciuffi di erbe aromatiche appeso al braccio, Dís fece capolino da
dietro la spalla del fratello, fissandolo di sotto in su con l’espressione
curiosa e al contempo sospettosa di chi si sente lasciato un passo indietro
rispetto agli altri.
“Infatti avrei dovuto” rispose il Nano, in tono burbero.
“Se non è qui sarà sicuramente da Dwalin a dare fastidio”.
Senza pensarci due volte, Kíli approfittò dell’arrivo di
Dís per cavarsi d’impiccio con lo zio.
“Madre!” trillò, facendosi incontro alla Nana come un
cucciolo festoso, “Stavo giusto per venire a cercarti! Non sono riuscito a
cacciare niente, questa mattina, e mi chiedevo se…”.
“Niente?” fece
Dís, fingendosi scandalizzata. “Ti sembra il caso di trotterellare in giro
tutto contento, anche se te ne sei tornato a casa a mani vuote? E pensare che Fíli
è stato così bravo, l’altro giorno, a prendere quattro lepri!”.
“Certo, le avrà rubate a qualcuno…” mugugnò
scontrosamente il giovane Nano, ignorando che il fratello se le fosse viste
lanciare addosso da una boscaiola in preda alla furia omicida.
“Come se tuo fratello fosse un inguaribile mascalzone
come te!” lo rimbeccò immediatamente la madre, mentre Thorin si concedeva di
sbuffare una risatina. “Quindi secondo te cosa dovrei mettere in tavola questa
sera? Sentiamo!”.
Forse fu l’occhiatina complice che sua madre lanciò a
Thorin, oppure il sorrisetto a stento trattenuto dallo zio, ma alla fine Kíli
non ci cascò: dopo un primo momento di sgomento volse verso sua madre uno
sguardo offeso, borbottando che non era il caso di prenderlo in giro.
“Questo lo decido io, Kíli figlio di Díli! Che cos’è
quell’orrore sul pavimento?” fece la Nana per tutta risposta, additando retorica
le scie di fango che riconducevano senza possibilità di scampo agli stivali del
figlio. Kíli deglutì.
“Ehm…strisce decorative?” azzardò con un sorrisino teso,
e la mano di Dís gli volò sulla nuca.
“Razza di incivile! Levati subito gli stivali e pulisci
questo pasticcio, che io ho da fare!”.
“Ho bisogno di lui alla fucina, Dís” intervenne Thorin,
guardando il volto del nipote illuminarsi della speranza di scampare alla
punizione. “Almeno finché quell’altro tuo figlio sciagurato non si degna di
tornare. Lascia tutto così, pulirà quando saremo di ritorno”. Dís rivolse
un’occhiata indecifrabile a Thorin e parve sul punto di obiettare, ma poi annuì
sbrigativamente.
“D’accordo, ma prima di cena passate al fiume: se già
adesso puzzi come un caprone non oso immaginare come sarai ridotto stasera,
fratello! E adesso fuori, che ho da rimediare una cena dal niente!”. Ignorando
platealmente l’occhiata scandalizzata del fratello (che fino alla fine dei suoi
giorni avrebbe ostinatamente negato di aver passato il resto della giornata a
controllare se il proprio odore fosse effettivamente tanto repellente), Dís li
spinse a viva forza fuori dalla porta di casa, tirandosela dietro senza troppe
cerimonie. Thorin rimase fermo per un momento a contemplare l’uscio sbarrato,
come a volersi capacitare del fatto che sua sorella l’avesse realmente messo alla porta. Fu la voce
di Kíli a riscuoterlo.
“Zio, ma veramente non sappiamo dove sia finito Fíli?”.
“Zitto tu, che non hai portato niente per cena!” sbottò
il Nano, assestandogli un’altra sberla sulla nuca. “E adesso cammina, abbiamo
del lavoro da fare!”.
“…mentre quella palla di lardo tigrato laggiù è
Ferumbras, il gatto più antipatico e rompiscatole del mondo!”. Lila terminò le
presentazioni gesticolando in direzione del grosso felino appollaiato
sull’ampio davanzale di una finestra tonda, intento a lappare del latte da una
ciotolina; come se avesse compreso le parole della fanciulla, il gattone levò
la grossa testa verso di loro e soffiò risentito, con i tondi occhi gialli che
sembravano mandare lampi d’odio. Fíli lo guardò sconcertato, chiedendosi per
quale ragione qualcuno dovesse tenersi in casa una bestia scorbutica come
quella; Lila sembrò intuire i suoi dubbi e si affrettò a rispondere.
“Mamma gli era affezionatissima: lo salvò dalla piena del
Lhûn quando aveva soltanto poche settimane e gli diede il nome dello Hobbit di
cui era innamorata da ragazzina” spiegò, mentre un lieve sorriso malinconico le
distendeva il volto. “È per questo che ce lo teniamo. Nostra madre gli voleva
bene come se fosse stato nostro fratello”.
“Hai detto…uno Hobbit?” domandò il giovane Nano, ansioso
di evitare l’argomento ‘perché parli di tua madre al passato’. Lila annuì.
“Anche mamma lo era. Eccola là, Camelia Boffin” disse, indicando
dei due grossi quadri dalla cornice ovale appesi accanto alla porta d’ingresso:
Camelia Boffin, una Hobbit dalle paffute guance rosee e i riccioli castani tra
cui si intravvedevano appena le singolari orecchie a punta, sorrideva
allegramente accanto al ritratto di un Uomo con i capelli scuri e gli stessi occhi
chiari di Lila, dall’espressione seria ma gentile.
“Ecco perché siete tanto basse!” esclamò stupito Fíli,
guardandola con tanto d’occhi: Lila ebbe la curiosa impressione di dialogare
con un bambino barbuto, ma la ricacciò subito indietro, combattuta tra il
mettersi a ridere o rabbrividire sconcertata.
“Sì, io e mia sorella siamo piccoline” concesse,
sorridendo deliziata nel sentire il giovane Nano borbottare goffamente qualche
scusa per il proprio comportamento sfacciato “E mangiamo di continuo. Insomma, io mangio di continuo, Brid un po’
meno…comunque tutto questo è per dire che siamo mezze Hobbit!”.
“Lila, ma ancora non l’hai fatto sedere?” vociò Brid
dalle scale, ricomparendo sulla porta della cucina con indosso una camicia
maschile decisamente grande e un paio di pantaloni troppo lunghi avvoltolati
alle caviglie, mentre si sistemava un cinturone di pelle in vita; Fíli pensò
che con ogni probabilità quegli abiti fossero un tempo appartenuti all’Uomo del
ritratto, e che non le rendessero un minimo di giustizia, ma vederla così
infagottata in troppa stoffa gli fece quasi tenerezza.
“E che ha le gambe di pasta frolla?” sbottò Lila, punta
sul vivo. “Gli stavo soltanto presentando mamma e papà!”.
“Ah, e li hai trovati simpatici?” scherzò la minore,
rivolta all’ospite.
“Molto!” rise lui, avvicinandosi alla tavola
apparecchiata che attendeva soltanto loro.
“Delizioso! E di Ferumbras non dici niente, Lila?”. Lila
la ignorò cordialmente e si mise a spignattare intorno al camino.
“A dire il vero mi ha presentato anche lui…ma non mene ha
parlato in modo troppo lusinghiero” confessò Fíli, scostando una sedia dal
tavolo e facendole cenno di prendere posto: Brid gli sorrise timidamente,
estranea a quel tipo di gentilezze, e si affrettò ad accettare l’invito.
“Grazie” sussurrò impacciata, e lui le sorrise di
rimando.
“AAAAAAH!” strillò Lila ricomparendo con un grosso paiolo
fumante e il canovaccio che utilizzava per proteggersi le mani dalla maniglia
incandescente che sembrava gemere e lamentarsi per il calore: Fíli si accorse
di lei all’ultimo, e incurante di Brid che la rimbrottava aspramente
definendola ‘esagerata’ e la conseguente risposta piccata di Lila, si scansò
come se si fosse trovato sulla strada di una mandria di cavalli imbizzarriti.
Poco ci mancò che inciampasse nella gamba di una sedia e ruzzolasse sul
pavimento, ma com’era accaduto la prima volta che aveva rischiato di inciampare
in Ferumbras, all’ultimo riuscì a salvarsi aggrappandosi al bordo del tavolo,
ritrovandosi miracolosamente ben saldo sulle gambe senza nemmeno essersi tirato
addosso tovaglia, piatti, posate e quant’altro.
“Per Mahal, che riflessi che ci vogliono, con voi!”
annaspò, lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia che gli era quasi costata
la dignità; soltanto quando fu seduto e tranquillo si accorse che le due sorelle
stavano di nuovo battibeccando.
“Ma che fai, mi ammazzi il Nano? E poi la legna chi la
taglia?”.
“Giovane di belle speranze, guarda che il tuo Nano si
stava ammazzando bell’e che da solo! Io sono solo passata con la pentola…”.
“Come no! E guarda
caso tu e la tua leggiadria proprio dalla sua parte dovevate passare?! Per
l’amor di Eru, Lila, vuoi trattarlo come si deve, per favore? È un ospite!”.
“Sì, sì, e qui dentro c’è la gallina che l’altro giorno
non si muoveva!” ululò Lila battendo il mestolo contro il paiolo colmo di
stufato. “Ringrazia ‘me e la mia leggiadria’ se ora è commestibile, non il Nano
taglialegna!”.
“Tu e la tua leggiadria siete come la marmellata di
ribes: vi si apprezza soltanto se vi si conosce bene!”.
Inspiegabilmente, Fíli si ritrovò a sorridere e poi a
ridere prima ancora di accorgersene e la sua risata si fece così tonante che
riuscì a sovrastare il battibecco concitato delle due, costringendole ad
interrompersi almeno per chiedergli se si sentisse bene e se, rosso in viso
com’era, non volesse bere qualcosa.
Quella sera imbrunì presto, sui Monti Azzurri: appena
dopo il tramonto uno spesso strato di bruma risalì dalla terra per fermarsi ad
aleggiare a mezz’aria, e lo spettacolo delle lanterne e della luce delle
candele che filtrava dalle finestre delle case illuminando un poco del paesaggio
silvestre dei monti, infiammato dai colori autunnali, mentre gli esuli figli di
Durin ancora lavoravano, contribuì a rendere l’atmosfera quasi surreale,
facendo apparire la piccola valle come il paesaggio di un altro mondo.
“Posso sapere dove te ne vai di nascosto, quando dici a
tua madre di essere con me alla fucina mentre a me dici di essere nei prati con
Kíli?” fu il benvenuto di suo zio, quando si affacciò sulla fucina dalla porta:
senza nemmeno voltarsi, Thorin aveva percepito la sua presenza alle spalle. Non
era la prima volta che succedeva, e Fíli si sentì persino un po’ umiliato
dall’abilità che suo zio dimostrava nel prevedere ogni sua mossa, ma decise di
non darlo a vedere. E di non confessare.
“Da…nessuna parte” tentò di mantenere un tono convincente,
e probabilmente ci riuscì. Thorin Scudodiquercia, però, era sempre stato come
un padre per lui, e vedeva ben più lontano di quanto Fíli fosse disposto ad
ammettere.
“Vorresti prenderti gioco di me, ragazzo?” domandò
infatti, interrompendo per un attimo di temprare la lama a cui si era
alacremente dedicato per gran parte del pomeriggio per lanciargli un’occhiata
che sembrò un po’ offesa e un po’ divertita. “Una cosa come questa me la sarei
aspettata da quella peste di tuo fratello, non da te: non sei bravo a mentire.
E fino a qualche minuto fa non sei mai stato nemmeno incline a farlo”.
“Avanti, zio!” sbuffò infastidito il giovane Nano,
rifuggendo il suo sguardo “So badare a me stesso! Non c’è bisogno che tu e la
mamma mi controlliate ogni momento!”.
Thorin sospirò, stanco e nemmeno troppo ansioso di
imbarcarsi in una discussione da padre apprensivo con il più responsabile dei
propri nipoti; posò la lama e le tenaglie sul bordo del barile colmo d’acqua
fumante e tese le spalle, beandosi per qualche breve istante dell’appagante
sensazione di avere ancora tutti i muscoli della schiena perfettamente
funzionanti.
“Senti, Fíli…” cominciò poi, passandosi una mano sul
volto stanco, “Per quanto mi riguarda puoi andartene in giro quanto ti pare,
oramai sei adulto e non sarò certo io a dirti cosa devi fare quando sei libero dai tuoi impegni”. Fíli
si chiese perché Thorin avesse posto l’accento su quell’ultima condizione, ma
poi il presentimento che Kíli non si fosse presentato alla fucina per tutto il
giorno lo colse come un fulmine a ciel sereno, e immediatamente si sentì in
colpa.
“Thorin, io…ti chiedo scusa, se Kíli…”.
“Fammi finire” lo interruppe Thorin bruscamente, ma senza
un accenno di risentimento né di rimprovero. “Tua madre ha quasi scoperto che
stamattina le hai mentito per non farle sapere dove stavi andando. E tu lo sai cosa succede quando tua madre
perde di vista te o Kíli” aggiunse il Nano in tono lugubre, e suo malgrado
Fíli rabbrividì. Dís sarebbe stata capace di rivoltare la Terra di Mezzo come
un calzino, per ritrovare lui o suo fratello, e nemmeno Thorin in quel caso si
sarebbe salvato dalla furia tempestosa della sorella, che l’avrebbe senza
dubbio sospettato come loro complice. Non ci voleva un genio per capire che
quel giorno aveva sfiorato la catastrofe, e dato che non era uno stupido, Fíli
lo capì al volo.
“Zio, mi dispiace tanto!” fece, con gli occhi spalancati
per il terrore e il cuore che traboccava sincerità, e Thorin annuì.
“Lo apprezzo, Fíli figlio di Díli, nipote ingrato. Quindi
credimi se ti dico che non è per controllarti, ma la prossima volta almeno
cerca di avvisare quando vuoi che qualcuno ti copra in modo soddisfacente!”.
Fíli rimase interdetto, come intontito da quanto si era
appena sentito dire: Thorin lo stava davvero
aiutando a sfuggire alla dispotica Dís?
Cercò in fretta lo sguardo dello zio, e quando lo vide
sorridere guardandolo di sottecchi non seppe resistere alla tentazione di
scoppiare in una risata fragorosa, mentre gli si avvicinava e si offriva di
finire il lavoro al posto suo.
*NOTE*
Salve, popolo di EFP! :D Eccomi
di ritorno con il primo aggiornamento, un capitolo denso di novità! Incontriamo
Thorin, Dìs, Kìli e scopriamo qualcosa sui genitori di Lila e Brid, finalmente
spiegandoci che razza di creature siano :) ah, e naturalmente scopriamo anche
com'è andata afinire la storia delle lepri e qualcosa su Ferumbras XD GATTACCIO
FETENTE! Non vi anticipo nulla, ma vi assicuro che la metà dei risvolti
tragicomici di questa Fiction saranno dovuti a lui. Oh yes. In ogni caso, vi è
piaciuto Thorin nei panni dello zio burbero ma accondiscendente? E Fìli in
quelli del boscaiolo impacciato? Fosse per me li adotterei di corsa entrambi,
altrochè! E vi dirò di più aggiungerei alla lista pure Kìli e me li porterei
tutti e tre in Giamaica, giusto per gradire! Vabbè, torniamo seri.
Vi lascio immaginare la mia
gioia nel riscontrare, giorno dopo giorno, che il mio esordio non è stato
lasciato passare e salutato con la manina, come se nulla fosse successo :)
ringrazio infinitamente le anime pie che mi hanno scritto (che la MAJESTITUDINE
sia con voi, mie care!) e chiunque abbia inserito il primo capitolo tra le
preferite e le seguite! Naturalmente un 'GRAZIE' è d'obbligo anche per coloro
che si sono limitati a leggere silenziosamente...spero di non deludere nessuno
di voi, con i prossimi aggiornamenti! :D
Grazie ancora di tutto, e alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 2 (seconda parte)- Il sentiero, la neve, il Re e la fanciulla ***
2 (seconda parte)- Il sentiero, la neve, il Re e la fanciulla
2 (seconda parte)- Il sentiero,
la neve, il Re e la fanciulla
“Aspetta,
così fai solo danni!” rise Fíli quando un ciocco di legna, ammaccato ma palesemente
integro, gli rotolò tra i piedi, e ci mancò davvero poco che Brid non si
accettasse una gamba per lo sgomento.
“Eh?” soffiò
lei, spostando lo sguardo dall’ascia al Nano e dal Nano all’ascia.
“Se impugni l’ascia in quel modo, farai più danni che
altro!”.
“Beh, ma tanto è legna che va tagliata a ciocchi!”. Le
sopracciglia di Fíli schizzarono in cima alla fronte.
“E allora?”.
“E allora non fa niente se la faccio a pezzi, no?
Insomma, il concetto è quello!” mugugnò lei fissando con odio l’ignaro pezzo di
legno che era riuscito nell’impresa di sfuggirle.
Con un sospiro, Fíli smise di accatastare ciocchi lungo
il muro della stalla e, recuperato quello incriminato, le si avvicinò,
approfittandone per distendere un po’ la schiena indolenzita.
“Avanti, impugna bene quella scure” disse poggiando il
ciocco sul ceppo e fissando eloquente le piccole mani di Brid strette attorno
al manico dell’ascia; determinata a mostrarsi padrona della situazione, la
fanciulla impugnò saldamente il fondo del manico, distanziando poco le mani
l’una dall’altra.
“No. Da capo!” l’ammonì subito il Nano, serafico; con un
certo fastidio, Brid scrollò le spalle e spinse le mani verso il centro
dell’impugnatura.
“No, ancora non ci siamo”. Fíli scosse la testa con fare
saputo e Brid si ritrovò a fissare astiosamente il moto oscillatorio delle due
sottili treccine che gli pendevano ai lati della bocca.
“Senti, non so fare diversamente, d’accordo?” sbottò
infastidita, calciando via il ciocco in un fluttuare di sottane e conficcando
brutalmente la lama nel ceppo. “E poi mi piacerebbe davvero tanto sapere
dall’alto di cosa ti metti a fare il saputello…”. Fíli strabuzzò gli occhi.
“Scherzi? Sono un Nano, praticamente ci sono nato, con l’ascia
in mano!”.
“E che ne so io, di come nascete voi? Tu sei il primo che
incontro!” sbraitò lei, rossa in viso per la rabbia e l’imbarazzo. Contro ogni
sua stessa previsione Fíli pensò che in quello stato fosse innegabilmente buffa,
ma anche stranamente tenera: le sorrise senza nemmeno accorgersene, e forse
agli occhi di Brid quel sorriso parve un po’ malandrino, perché arrossì con
decisione e si voltò di scatto, recuperando l’ascia.
“Bah, chi ti capisce è bravo!” mugugnò a mezza voce,
sistemando maldestramente un ciocco piuttosto grosso sul cippo. “Che poi,
ancora non ho capito che diavolo ci fai di nuovo qui…Nano della malora,
ficcanaso e rompiscatole!”.
Fíli decise di ignorarla e riprese ad accatastare legna
sul fianco della casetta dalla porta tonda; ogni tanto dai vetri delle finestre
s’intravedeva la treccia scura di Lila fluttuare avanti e indietro,
accompagnata da strepiti e miagolii rabbiosi che insieme al cupo borbottare di
Brid e allo sporadico tonfo dell’ascia nel legno creavano un sottofondo comico
ed esasperante al tempo stesso che in qualche modo gli ricordò quello di casa
sua. Si chiese se la testa calda di Kíli si fosse fatta vedere alla fucina,
quella mattina, e se Dís fosse ancora all’oscuro delle sue fughe nei boschi. Si
disse che prima o poi avrebbe sostituito Thorin al lavoro per una settimana
intera, e che avrebbe tenuto suo fratello incatenato all’incudine a battere il
ferro per tutto il tempo, giusto per evitare che scappasse; e già che c’era
avrebbe anche portato un regalo alla mamma…
D’un tratto si sentì tirare per la camicia, e con in mano
due pezzi di legna da destinare in cima alla catasta, si voltò ad incontrare lo
sguardo imbarazzato e sfuggente di Brid, che ancora aggrappata ai suoi abiti
seguitava a tirarli piano.
“Brid? Cosa…”.
“Mi…mi aiuti? Per favore?” borbottò lei e fu evidente
quanta fatica le costasse, domandarglielo: Fíli ne fu talmente sorpreso che i
ciocchi quasi gli caddero di mano, ma si riebbe subito; annuì con enfasi e,
abbandonata la catasta al proprio destino, le poggiò una mano sulla schiena,
sospingendola piano verso il ceppo.
“Mettiti qui…” disse gentilmente, scivolandole alle
spalle “…e poi impugna l’ascia in questo modo, così è più facile sbrigarsela in
un colpo solo”. Brid credette di morire d’imbarazzo quando avvertì il corpo
accaldato di Fíli sfiorarle la schiena, e le sue mani grandi e callose strette
sulle proprie per orientarle lungo il manico dell’ascia: ignorò il disagio
tentando di concentrarsi totalmente sui suoi consigli, ma sentì un inevitabile
e compromettente calore inondarle le guance, e se ne stette rigida fino a
quando lui non le fece calare la scure sul ciocco appositamente scelto per
farle fare pratica, e quello si aprì in due metà perfette con un colpo solo.
“Oh!” si lasciò sfuggire in un moto di stupore, e
completamente dimentica dell’imbarazzo voltò il capo di lato per sorridere al
Nano.
“Così va molto meglio. Prova ancora” sentenziò Fíli senza
sbilanciarsi, separandosi da lei e posizionando un altro ciocco di legna sul
ceppo; Brid quasi rabbrividì, nuovamente sola nell’umida aria autunnale, e
maledicendo l’improvviso senso di vulnerabilità che si sentiva addosso si
azzardò a chiedergli ancora di aiutarla.
“Po…potresti tagliare con me anche questo?” soffiò con
gli occhi che fuggivano lo sguardo azzurro di lui, “Soltanto quest’ultimo, poi
faccio da sola!”.
In uno slancio di tenerezza che lo lasciò stupito di se
stesso, Fíli si ritrovò a pensare che quel visino liscio e imbarazzato fosse
semplicemente delizioso, e la voglia irrefrenabile di rincorrere gli occhi
scuri così sfuggenti e misteriosi di lei fu vinta soltanto dalla ragione che lo
spinse a tornarle accanto.
“Ancora questo” concesse con un sorrisetto sghembo
totalmente privo di malizia, che gli piegò le guance in due fossette che a Brid
parvero bellissime.
Con una punta d’imbarazzo, ma anche con un pizzico di
complicità, i due si riaccostarono l’uno all’altra, pronti a calare l’ascia sul
ciocco, e stavolta Brid non avvertì la fitta di disagio che poco prima l’aveva
ridotta ad un blocco di pietra tra le braccia di Fíli: lasciò che le sue mani la
guidassero e insieme sollevarono l’ascia…
“OH! Interrompo qualcosa!” cinguettò una voce entusiasta
e squillante, e ai limiti del loro campo visivo Lila fece la propria comparsa, con
in viso la stessa espressione di una bambina che sorprende la sorella a baciare
un ragazzo. E in effetti Brid si sentì colta in flagrante allo stesso modo,
benché la realtà non fosse nemmeno lontanamente compromettente quanto un bacio.
“AAAAAH!” strillò per la sorpresa, e l’ascia le sfuggì di
mano, atterrando accidentalmente (ma
provvidenzialmente di manico) sul piede di Fíli.
“Dannazione, Lila! Proprio non ci pensi che arrivare alle
spalle di qualcuno che maneggia una scure potrebbe essere pericoloso, eh?” tuonò
la minore, rossa in viso e a dir poco furiosa; Lila, dal canto suo, si limitò a
fissare con aria contrita il Nano infortunato saltellare per il prato
imprecando in una lingua sconosciuta e dal suono gutturale, mentre si reggeva
il piede dolorante.
“No, vi prego, non interrompetevi soltanto per me!” fece,
mortificata, guadagnandosi un’occhiata velenosa da parte della sorella.
“Non una parola di più, Lila! E adesso aiutami a portare
questo Nano piagnone fin dentro casa prima che faccia buio, che se l’abbiamo
storpiato non possiamo rimetterlo sul sentiero come se niente fosse!”.
“Fíli ancora non è tornato?” domandò Thorin con voce
incolore quando Kíli si decise a rientrare alla fucina, dopo una lunga e, a suo
avviso assolutamente immeritata, pausa spesa in giro con gli altri ragazzi.
“No” rispose subito il giovane Nano, per nulla
interessato a discorrere dei passatempi del fratello. Thorin, invece, di
interesse per le frequenti sparizioni di Fíli ne provava eccome, e naturalmente
non si diede per vinto.
“Mi piacerebbe sapere chi
o cosa devo ringraziare per aver
perso l’unico nipote che onorava gli impegni presi e mi dava una mano con il
lavoro!” borbottò, fingendosi contrariato ma in realtà ben attento a non far
capire al nipote che stava sondando il terreno; lanciò a Kíli qualche fuggevole
occhiata di sottecchi, e quando lo vide guardarsi intorno con aria distratta
mugugnando qualche assenso inarticolato decise di tentare un altro approccio.
“C’è un ordine da parte del mugnaio di Pianilungone, gli
serve una nuova falce per i campi” disse, cambiando totalmente discorso.
“Occupati di temprare la lama, Kíli, io ho altro da fare”.
Come investito da una secchiata d’acqua gelida, suo
nipote si riebbe con un sobbalzo e, ancora intontito dal brusco richiamo, trotterellò
immediatamente verso il barile d’acqua in cui si affrettò a tuffare un’approssimativa
e rovente lama di falce, in un tripudio di schizzi e sfrigolii. Abbandonandolo
al proprio lavoro, Thorin si concesse un attimo di pausa per affacciarsi sulla
porta schiusa ad osservare la propria gente che si affaccendava avanti e
indietro sulle strade terminando le ultime incombenze della giornata, prima di
ritirarsi; lasciò che per un poco Kíli credesse di aver scampato
l’interrogatorio e si prese qualche minuto per arrovellarsi il cervello su
quale fosse il modo migliore per cavargli qualche informazione utile di bocca.
“Kíli” chiamò poi, mandando al diavolo tutte le buone
intenzioni del mondo e optando per un approccio diretto. “Per caso Fíli ti ha
mai detto dove va quando vostra madre lo crede qui con me?”.
Kíli si aspettava quella domanda, ma ciò che non si era
minimamente aspettato fu il senso di impotenza e catastrofe imminente che gli
piombò addosso non appena Thorin si decise a porgliela: di colpo parve
comprendere come si sente una bestia braccata dai cacciatori, e comprensibilmente
non gli piacque nemmeno un po’. Ciò non gli impedì, però, di tentare ugualmente
un’estrema via di fuga.
“Eh? No” fece un tantino troppo in fretta, e persino con
la coda dell’occhio riuscì a cogliere l’irrigidirsi delle spalle di Thorin. “C…cioè,
intendo dire che non mi è…mai capitato di chiederglielo, non…ne abbiamo parlato…”.
“E da che condividevate tutto, persino il piatto e le
posate, siete passati all’ignorarvi completamente” concluse pacatamente lo zio
per lui. “Mi credi uno stupido, Kíli?”.
Il giovane Nano si trovò quindi di fronte ad un bivio: o
rischiare la pelle rispondendo ‘Sì’, con la speranza che Thorin si dimenticasse
di riprendere a torchiarlo dopo averlo ridotto ad un grumo di sangue sul muro
della fucina, oppure continuare a restare sul vago, facendolo infuriare
ugualmente ma dando la parvenza di non essere un totale bugiardo. Nessuna delle
due possibilità gli piacque eccessivamente, così si vide costretto a mugugnare
qualcosa che non deludesse troppo le aspettative dello zio e allo stesso tempo
non scoprisse troppo Fíli, il quale gli aveva fatto promettere di non dire
nulla né a Thorin né a Dís. E a onor del vero, era stato piuttosto vago persino
con lui.
“In verità qualcosa mi ha detto…una volta l’ho anche
seguito per un po’, a dirla tutta…” borbottò quindi, con il tono infastidito di
chi non sopporta né i ficcanaso né chi getta il prossimo in pasto alla
curiosità altrui. “Ma non ci ho capito molto. E poi nemmeno sono fatti miei”.
“Tenere a bada vostra madre sta cominciando a diventare
impegnativo, in capo a qualche settimana non crederà più ad una sola parola di
quello che le dico. E dal momento che sono io
a coprire le vostre malefatte, confido che tu non stia cercando di fare il
moralista”. Thorin si voltò finalmente verso di lui, con le braccia incrociate
al petto e uno sguardo gelido che non prometteva nulla di buono. Kíli capì all’istante
di aver fatto un passo falso.
“No, macché?! Non era assolutamente mia intenzione, ti
giu…”.
“Per Mahal, Kíli!” lo interruppe bruscamente il Nano, per
poi recuperare la calma passandosi una mano sulla fronte. “Dimmi quello che sai
e basta! Tua madre non mi caverà niente di bocca, hai la mia parola…ma dimmi
dov’è tuo fratello. Ho il diritto di saperlo!”.
Con addosso la sgradevole e strisciante sensazione di
stare per commettere un crimine imperdonabile, Kíli rivolse un’occhiata da cane
bastonato al Nano che fin da quando aveva memoria era stato come un padre per
lui e quel suo fratello idiota che tanto adorava, e di fronte allo sguardo
stranamente preoccupato di Thorin non riuscì ad imporsi di rimanere fedele alla
promessa fatta a Fíli.
“Posso stare tranquillo? Posso confidare che non si stia
cacciando nei guai?” mormorò il Nano. Istintivamente, Kíli gli sorrise.
“Lo conosci, zio! Le poche volte in cui Fíli riesce a cacciarsi
seriamente nei guai sono quelle in cui ce lo trascino io…cosa di cui non vado
molto fiero, in effetti…”. Inaspettatamente Thorin sbuffò una risatina,
sentendosi sgravare di buona parte delle proprie preoccupazioni, e Kíli fu
felice di averlo rincuorato un poco.
“Insomma, quello che intendo dire è che…se volessi
chiederglielo probabilmente te ne parlerebbe lui stesso, dato che non ha nulla
da nascondere” riprese poi, ansioso di cambiare discorso, “Da quanto ho capito
appena può sgattaiola nei boschi che costeggiano il Lhûn, ad Est, e ci passa le
giornate”.
“Verso i Colli di Vesproscuro?”. Thorin parve stupirsene.
“E cosa ce lo spinge? Non vi è altro che solitudine e silenzio, tra quelle
colline…sono un ottimo terreno di caccia, ma dal momento che tuo fratello torna
sempre a mani vuote mi è difficile credere che sia un po’ di cacciagione ad
attirarlo in quei boschi…”.
Kíli fece spallucce, scuotendo piano la testa e levando
le mani in segno di resa.
“Non so dirti nient’altro, questo è davvero tutto quello
che so!”. Sul bel volto stanco di Thorin passò fugacemente un’ombra, e se fu
preoccupazione o sospetto Kíli non lo seppe dire; fu però arguto abbastanza da
ricordare allo zio cosa sua madre gli avesse caldamente raccomandato di fare
prima di rincasare.
“Comunque, se vuoi andare a lavarti giù al fiume finisco
io, qui” fece, con il tono di chi parla del più e del meno, e Thorin gli
rivolse un’occhiata stralunata.
“Che? Non mi dirai anche tu che puzzo?!” sbottò disgustato, come se il nipote l’avesse appena
costretto ad imprecare senza motivo.
“Non abbatterti, la tua non è puzza, ma soltanto odore di
fucina!” ridacchiò Kíli, divertito dalla faccia sconvolta dello zio. “Lo sai
che la mamma non lo sopporta…se non vuoi che ti cacci dalla porta a calci
strillando che ‘soltanto i Nani puliti possono sedersi alla sua tavola’, ti
conviene correre al fiume…”.
Fu con un sonoro e colorito borbottare a denti stretti
che Thorin Scudodiquercia abbandonò la fucina, quella sera. E Kíli non poté
trattenersi dal ridere a crepapelle quando colse qualche imprecazione in merito
a ‘certi suoi parenti che s’infrattavano nei boschi come caprioli e ad altri
che vantavano un naso tanto fine da far sfigurare gli Elfi’.
“Ehi, ma che fai? Mi rubi dal piatto?” saltò su Brid,
fissando scandalizzata Fíli che si cacciava la forchetta in bocca.
“Mi hai azzoppato, devi farti perdonare” mugugnò
seraficamente il Nano per tutta risposta, a bocca piena.
“Ma senti questo! Lila, riempigliene un altro, così
magari gli passa la voglia di mangiare nel mio!”.
“Riempiglielo tu, scusa! È tuo ospite!” borbottò la sorella maggiore ignorando cordialmente il
loro battibecco infantile, intenta com’era a lanciare occhiatacce assassine al
grasso gatto grigio appollaiato sul davanzale della finestra alla sua destra.
“Che diavolo c’entra?” ululò Brid, furiosa. “È ospite tuo
almeno quanto mio, e poi mica me lo sono sposato!”.
“Ah, ma nemmeno io, cara!”. Con un brillìo furbesco negli
occhi chiari, Lila si voltò finalmente verso Fíli. “Quindi se gli porto il
piatto posso sposarmelo?” domandò, e ci mancò davvero poco che il loro povero
ospite si soffocasse con quanto aveva indebitamente sottratto dal piatto di
Brid.
“Cosa chiedi a me, chiedilo a lui, no?”.
Con il piede ferito fasciato e appoggiato ad uno sgabello
e con indosso gli abiti maschili che Brid aveva trovato nell’armadio del
proprio defunto padre appena qualche giorno prima, Fíli non si prese la briga
di immischiarsi nell’ennesimo battibecco tra sorelle, e decise di godersi
l’atmosfera assurdamente familiare che quelle due donne piccole, minute e
assolutamente chiassosissime riuscivano a ricreare senza nemmeno accorgersene.
C’era qualcosa di indescrivibile, in loro e in quella casa, che rendeva tutto
stranamente familiare, come se sentirsi a proprio agio fosse stato automatico,
involontario: per un attimo il giovane Nano si concesse di immaginare come
sarebbe stato trovarsi lì con Kíli, Dís e Thorin…
“…fai come ti pare! Chiedigli di sposarti, aspetta che
sia lui a domandartelo, sposalo e basta…ma veditela tu! Io me ne lavo le mani!”
berciò Brid d’un tratto, riportandolo bruscamente alla realtà: prima ancora che
potesse trovare il tempo e il modo di proferire alcunché, la fanciulla lo
abbrancò per un braccio e prese a tirarlo verso le scale, con un impegno e una
dedizione tali che Fíli non se la sentì di farle notare che non stava riuscendo
a smuoverlo nemmeno di un millimetro, preferendo barcollarle appresso.
“Ehi, aspetta! Dove diavolo…?” sbottò loro dietro Lila,
ma Brid non si fermò.
“Lontano da te, infoiata!”.
“Ah, allora lo vuoi tutto per te! Potevi dirmelo, sai? Me
ne sarei fregata ma poi avrei finito per prestartelo!”.
Rossa in volto a livelli preoccupanti, Brid si passò un
braccio di Fíli intorno alle spalle e batté in ritirata alla massima velocità
che il Nano claudicante si mostrò in grado di reggere, ignorando le sue risate
sguaiate e imprecando a mezza voce contro la spregiudicatezza della sorella;
salì le scale a passo di marcia e, con al seguito Fíli che ancora rideva e ancora
zoppicava, puntò con decisione verso una porta di legno intagliato sul fondo
del corridoio a foggia di botte.
“Tanto per sapere, dov’è che mi staresti portando?”
domandò allegramente il giovane Nano, guardandosi intorno con curiosità.
“In salvo!”. Brid si sistemò meglio il suo braccio sulle
spalle e si fermò di botto in mezzo al corridoio. “Scherzi a parte…ho sistemato
le tue cose nella stanza per gli ospiti, ma a ben pensarci…forse è meglio se ti
porto in camera mia, là dove avevo intenzione di metterti saresti troppo vicino
a Lila e non vorrei capitasse qualcosa di spiacevole…”. Fíli ridacchiò.
“Sarebbe così disdicevole avere un Nano per cognato?”
insinuò, con un tono di voce che parve offeso e divertito al tempo stesso. Brid
trasecolò.
“Che? Accidenti, no! Era per te che mi stavo preoccupando!” si affrettò a rispondere,
mortificata, e Fíli le rivolse un sorriso malandrino.
“Non ti starai per caso affezionando a questo ‘Nano
ficcanaso e rompiscatole’?!”. Inaspettato e tempestivo come un fulmine a ciel
sereno, il calcio di lei lo colpì con precisione invidiabile sullo stinco
destro, quello dell’ultima gamba sana che gli era rimasta.
“Hai dimenticato ‘piagnone’” fece in tono secco,
ignorando deliberatamente il piagnucolare dolorante del Nano. “Ora muoviti. E
se per caso stanotte ti pesco a sgattaiolare nel bosco per tornartene da dove
sei venuto ti azzoppo. In modo permanente, stavolta!”.
Cullato dal crocchiare della neve fresca sotto le suole
degli stivali, Thorin camminava indisturbato nel silenzio dell’alba, risalendo
il fiume Lhûn che scorreva gagliardo tra i propri argini innevati, incurante
del freddo e dell’auspicio di brutta stagione che quella leggera coltre bianca
recava con sé; la prima neve della stagione era caduta sulle foglie di metà
autunno, e Thorin pensò che se i detti dei suoi padri trovavano fondamento
nella realtà, gli esuli dei Monti Azzurri avrebbero avuto un inverno più mite
dei precedenti. Se ne compiacque, immaginando quanto ne sarebbe stata sollevata
sua sorella Dís, e il sorriso che per un istante gli aveva attraversato il
volto si spense fugacemente, così com’era arrivato.
Dís. Era per lei che aveva deciso di avventurarsi nei
boschi ad Est, per accertarsi che suo figlio Fíli non stesse smarrendo sé stesso
nella solitudine. Ed era stato il ricordo del viso sconvolto di lei, alla vista
del piede seriamente contuso del figlio, ad impensierirlo.
Thorin amava indistintamente i suoi nipoti, Fíli e Kíli
erano come figli per lui, e se c’era una cosa che detestava più degli Elfi, dei
Draghi, dei ladri e delle promesse non mantenute, era privare Fíli della
propria fiducia. Dei due figli di Dís era indubbiamente il più giudizioso, il
più responsabile e il più rispettoso, per quanto anche il fratello minore si
fosse dimostrato un ottimo ragazzo, sempre all’altezza delle aspettative; se
però Kíli conservava una vena imprevedibile di quello che era stato il suo
orgoglioso carattere da bambino, a soli cinque anni di distanza Fíli sembrava
già un Nano fatto. E nonostante Thorin continuasse a ripetersi che no, quel ragazzo non meritava di essere trattato come un poppante, non poteva fare a
meno di ricordare che era stato lo stesso Fíli, con i suoi lividi e i suoi
continui incidenti, a metterlo nella scomoda posizione di andare a sincerarsi
personalmente che in quei boschi non vi fosse un covo di briganti o gentaglia
simile.
Fu così che, tra i rami bassi spolverati di neve, Thorin
incappò inaspettatamente una fanciulla dai lineamenti gentili, bardata in un
pesante mantello scuro chiaramente troppo grande per lei e con le gote
arrossate dal gelo del primo mattino. Non riuscì a capire a quale popolo
appartenesse: niente barba, niente capelli biondi né occhi chiari, nemmeno una
statura sufficiente per una donna della Gente Alta; solo due grandi occhi scuri
e lunghi capelli castani che le scendevano in morbide onde e qualche sparuto
ricciolo sulla schiena.
Si domandò cosa ci facesse una ragazza così giovane nel
cuore di un bosco disabitato, e se non avesse paura di fare brutti incontri; lei
si voltò e lo vide, e in effetti per un momento lo guardò come se in lui avesse
scorto una minaccia, un qualche oscuro pericolo. Poi la paura abbandonò i suoi
occhi e Thorin udì la sua voce.
“Chi siete?”.
“Dovrei chiederlo io a voi” rispose istintivamente il
Nano, in una debole imitazione del principe altero e arrogante che era stato un
tempo; decise poi di non mostrarsi troppo scortese e chinò poi il capo in un
misurato cenno di saluto. “Thorin Scudodiquercia, figlio di Thráin, figlio di
Thrór. Al vostro servizio”.
“Brid figlia di Breodvan, al vostro” fece la fanciulla in
tono dimesso, accennando ad un inchino che scostò i lembi di quel suo mantello
troppo grande e lasciò intravedere l’orlo di un abito dalla foggia semplice. Quando
i loro occhi si incontrarono di nuovo, Thorin rimase stupito di non trovare più
alcuna traccia di timore in quelli scuri di Brid. Non che si credesse capace di
incuterne, ma quella ragazza gli parve quasi sfrontata, a mostrarsi tanto sicura
di sé al cospetto di uno sconosciuto.
“Siete un Nano?” arrivò persino all’ardire di domandare, inconsapevolmente
commettendo un errore madornale.
“Cos’altro potrei essere, secondo voi?” sbottò Thorin
oltraggiato, e Brid pensò che, oltre che estremamente cerimonioso e pomposo,
quel tale fosse anche un po’ idiota.
“Un Uomo piuttosto basso, col naso grosso, tanta barba e
tanti capelli?”.
Il Nano trasalì, come se quella ragazzina avesse appena
osato bestemmiare tutti i Valar di fronte a lui: era chiaro che fosse
all’oscuro della sua vera identità, e lì per lì Thorin quasi se ne rallegrò,
non osando immaginare quali blasfemie sarebbe stata capace di dire a proposito
del suo titolo di legittimo Re sotto la Montagna. Si costrinse a ricordare che
colei che aveva di fronte era soltanto una ragazza, una fanciulla di dubbia
appartenenza etnica ma inconfutabilmente giovane, e che non vi era alcun motivo
di prendersi la briga di insegnarle a rispettare il prossimo. Sarebbe bastato
salutarla e proseguire per la propria strada come se non si fossero mai
incontrati; ad insegnarle a chinare la testa sarebbe stata la vita.
“Sembra che non sappiate riconoscere i tratti che
differenziano i Nani dagli Uomini, milady” sentenziò infine, in un tono di voce
che voleva suonare indifferente ma che non riuscì a mascherare totalmente la
stizza che sentiva montare prepotentemente nel petto. “Avete mai visto un Nano,
prima d’ora? E un Uomo?”.
“E voi avete mai parlato ad una donna senza comportarvi
come se le foste gerarchicamente superiore?”. Stavolta Brid gli rivolse
un’occhiata eloquente, che sembrava reclamare deliberatamente una sfida; Thorin
tentò di ripetersi ancora una volta che attaccare briga con lei avrebbe portato
solo guai, ma quel suo fare indisponente stava riuscendo a mettere fuori uso
tutte le sue misure precauzionali in modo tanto sublime che, da qualche parte
in fondo alla sua coscienza, qualcosa gli disse che sarebbe stato un peccato
mandare a monte tutti quegli sforzi. Perciò mosse qualche passo verso di lei,
con fare baldanzoso, e le si piazzò davanti, drizzando la schiena; notò di
sfuggita come la superasse in altezza per almeno mezza spanna e se ne
compiacque.
“È capitato, sì” concesse, guardandola dall’alto con tracotanza
e una punta di quello che a Brid parve inspiegabilmente disprezzo. “Ma soltanto in presenza di Nane di nobile stirpe,
cosa che voi sicuramente non siete.
Le vostre orecchie ne sono la prova”.
Come se lo sguardo di Thorin l’avesse scottata Brid si
portò di scatto una mano all’orecchio destro, e quasi si stupì di sentirlo
appuntito sotto le dita: per la prima volta in vita sua l’eredità Hobbit
tramandatale da sua madre la fece sentire a disagio, e quando gli occhi chiari
del Nano si assottigliarono in due fessure malevole credette di rimpicciolire
davanti a lui.
“Sei forse imparentata con qualche sgualdrina elfica,
ragazzina?” sibilò Thorin, e prima ancora che i sensi lo avvertissero la mano
di Brid gli era già volata sulla guancia, piccola ma agguerrita: con la testa
voltata di lato e il volto in fiamme, nemmeno si disturbò a tentare di mantenere
il controllo, limitandosi a tendere il braccio e a restituire il manrovescio al
mittente, accecato dal furore.
Sbalzata di lato dallo schiaffo, Brid cadde sulla sottile
coltre di neve con un tonfo attutito e un turbinio di foglie secche, annaspando
con le mani sul terreno e sulle radici nodose degli alberi nel tentativo di
strisciare lontano dal Nano il più in fretta possibile: con gli occhi
improvvisamente snebbiati dall’ira cieca che per un momento sembrava averglieli
cavati, Thorin la vide rivolgergli uno sguardo di puro terrore mentre si trascinava
a distanza di sicurezza. Lui però era ben più spaventato di lei, mentre
guardava la propria mano ancora sospesa a mezz’aria: poteva sentire l’orrore
stringergli il cuore come una morsa gelida, e fissi su di sé gli occhi pieni di
lacrime della fanciulla, insostenibili.
Ammutolito dal disgusto verso se stesso, attonito di
fronte ai propri istinti e con il cuore appesantito dal rimorso, Thorin voltò i
buoi e si affrettò a tornarsene da dov’era venuto, impaziente di mettere quanta
più distanza possibile tra il proprio animo instabile e qualunque creatura
vivente nel raggio di miglia.
Alla sicurezza di Fíli avrebbe pensato in un altro
momento, si disse. Ora voleva soltanto sottrarsi agli occhi lucidi di Brid e alla
vista del suo labbro spaccato.
*NOTE*
Eccomi,
in ritardo rispetto agli scorsi aggiornamenti del lunedì, ma
comunque presente! :D spero di non avervi troppo sconvolti con un
finale tanto brusco, ma...a dire il vero me l'ero immaginato persino
più offensivo, lo scambio di battute sulle 'sospette' orecchie a
punta di Brid. Comunque mi pare di averlo reso ugualmente irrispettoso,
e tanto mi basta :) senza contare che il Thorin di questa Fiction
sarà estremamente orgoglioso (anche più di quanto
l'abbiano reso il Professore e Peter Jackson, pensate un po'!) e
arrogante, perciò...non aspettatevi che da ora in poi sia carino
e coccoloso come i pinguini di Madagascar -.-
Dunque,
Brid e Fili cominciano a giocare alla calamita, Kili si lascia sfuggire
qualcosa sulle sparizioni del fratello e Thorin piomba con la grazia di
un bulldozer in mezzo ai boschi sui Colli di Vesproscuro: direi che
è stato un capitolo abbastanza intenso. Ma preparatevi, che dal
prossimo ci sarà una svolta sostanziale! ;)
Ho
aggiunto una parola in gaelico irlandese -lingua che amo visceralmente e alla quale Tolkien si è più volte ispirato per creare quelle della Terra di Mezzo- al titolo, 'Smaointe' (leggesi
'smìnce', e significa 'pensiero' da intendersi come pensiero
rivolto a qualcuno): è il titolo di una canzone di Enya che ho
voluto 'elevare' a colonna sonora di questa Fan Fiction. A
dire il vero è una canzone meditativa e a tratti malinconica, ma
anche molto dolce, e rispetta in pieno il carattere che avrà
tutta la storia. Chi mi conosce
come Fanwriter SA che per me musica e scrittura vanno di pari passo.
Detto
questo mi dileguo :) buona giornata a tutti e un GRAZIE stratosferico a
chi leggerà, aggiungerà a preferiti, seguiti o ricordati
e a chi anche solo visiterà. Chi commenterà lo bacio
pure. Pace.
PS: mi scuso in anticipo per il layout altalenante nel corso dei capitoli. Abbiate pazienza, sono una pippa con NVU!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 3- Un vero uomo ***
Dedico questo terzo capitolo a Yavannah, che si è dimostrata così adorabilmente devota a questa FanFiction da meritarsi un piccolo riconoscimento. Tutto per te, cara :)
3- Un vero uomo
Non ci volle molto perché Thorin si accorgesse che il corpo di Fíli lavorava meccanicamente e che la sua mente latitava, rapita da pensieri che senza dubbio alcuno lo portavano al di là delle mura della fucina; bastarono soltanto un paio di giorni, a dire il vero, ma decise ugualmente di lasciare il nipote in balia dei suoi tomenti e di aspettare il momento più opportuno per ottenere da lui quello che voleva. Per 'battere il ferro finché è caldo', avrebbe detto, utilizzando un'espressione che avrebbe descritto al meglio l'intera faccenda.
'La testa l'ha lasciata sulle rive del Lhûn' aveva concluso tra sé e sé guardando silenziosamente la schiena nuda e sudata del nipote al lavoro, riconoscendo al volo la sua espressione vacua e i sospiri che non gli riusciva di trattenere, ma che ugualmente tentava di mascherare da sbuffi di fatica.
Era stato gentile, Fíli, come al solito anche più del necessario: si era sentito in colpa per aver abbandonato troppo a lungo il lavoro alla fucina e si era offerto di sostituirlo per una settimana intera, trascinandosi dietro quella testa calda di Kíli e costringendolo a lavorare con sé. Nel trovarlo solo a battere il ferro, però, Thorin si disse che il minore doveva essere riuscito a sfuggirgli, e che Fíli ne era rimasto inevitabilmente gabbato. Sorrise, esasperato e orgoglioso al tempo stesso di quei due nipoti che per lui erano come figli, e finalmente decise di mostrarsi, accorrendo in aiuto del giovane Nano che seguitava a lavorare senza sosta da diverse ore: vergognosamente sorpreso mentre si lasciava sfuggire l'ennesimo sospiro, Fíli si costrinse a serrare le labbra in tutta fretta e, abbrancata con le tenaglie la lunga daga di cui si stava occupando, accolse lo zio con un sorrisetto teso, imbarazzato.
“Ehilà, Thorin!” farfugliò, e nel volersi mostrare perfettamente padrone del proprio lavoro si voltò con troppa foga verso il barile per le temprature, lasciandosi maldestramente sfuggire la lama abbozzata che andò a finire con precisione incredibile nell'acqua, sfrigolando e sparendo immediatamente verso il fondo scuro della botte. “Oh, porc...”.
“Dannazione, ragazzo! Sta' un po' attento!” brontolò Thorin correndo subito a ripescare la daga rovente dal barile, con una smorfia di dolore. Mortificato, Fíli si affrettò a togliergliela di mano e a gettarla con ben poca grazia sul tavolo da lavoro.
“È...è la prima volta che mi succede, non...è che mi hai preso alla sprovvista!” fece Fíli con voce acuta, palesemente imbarazzato. Thorin gli rivolse un'occhiata che aveva dell'eloquente e dello scettico insieme.
“Sta' a vedere che adesso sarebbe colpa mia...” fece, insinuante, con gli occhi che si socchiudevano pericolosamente.
“Non intendevo dire questo!” replicò prontamente il nipote, con una smorfia. “Diciamo soltanto che non mi aspettavo che saresti passato. Così va meglio?”.
Thorin sospirò scuotendo lievemente la testa, d'un tratto affaticato: decise di lasciar perdere qualsiasi ramanzina avesse voluto fargli a proposito della disattenzione e delle distrazioni sul lavoro, e cambiò velocemente discorso.
“Dov'è tuo fratello?”. Tasto dolente, Fíli si adombrò e prese a mugugnare qualcosa di poco comprensibile ma chiaramente piuttosto offensivo nei confronti di Kíli; tra i borbottii e le invettive Thorin riuscì a cogliere qualcosa che aveva a che fare con una certa locanda di Brea, e fu lì che scoprì di non voler sapere altro. Si accostò quindi al tavolo da lavoro su cui giaceva la daga abbozzata ancora fumante, e prendendo ad esaminarla con occhio critico si compiacque dell'abilità manuale acquisita da Fíli.
“I tuoi lavori migliorano a vista d'occhio” si complimentò con un sorriso, interrompendo il cupo borbottare contrariato del nipote “Il mestiere del fabbro ormai ti serba soltanto pochi segreti: tuo padre e tuo nonno sarebbero fieri di te, come lo sono io”.
Fíli abbassò il capo, lusingato ma serio, senza mostrarsi troppo esaltato da quel commento.
“Non ho bisogno della loro approvazione, quando ho la tua” ammise, con la voce carica di qualcosa che Thorin non riuscì a decidersi se definire affetto o lealtà, ma che in ogni caso gli scaldò prepotentemente il cuore. Gli strinse calorosamente la spalla con una mano, e gli restituì la daga.
“Tieni, ripeti adeguatamente la tempratura” disse soltanto, prima di dirigersi in silenzio verso la porta; alle sue spalle, Fíli prese a ravvivare rumorosamente il fuoco nella fornace con l'ausilio del mantice e ben presto la fucina risuonò ancora dei colpi del martello contro il metallo. Thorin rimase appoggiato allo stipite della porta per un po', com'era solito fare quando si concedeva un momento di pausa dal lavoro, e mentre ascoltava Fíli lavorare trattenendo rigorosamente i sospiri, un'idea cominciò a farsi strada tra i suoi pensieri costantemente in tumulto.
“Andiamo a caccia insieme” disse, d'un tratto, e per la seconda volta nel giro di un'ora suo nipote rischiò di farsi seriamente del male.
“Eh? Adesso?”.
“No” ridacchiò Thorin, accorgendosi di non essersi affatto spiegato. “Domani. Partiamo all'alba e lasciamo la fucina nelle mani di tuo fratello”.
“Mmmmh”. Illuminato dalla luce tremolante e rossastra della fornace, il bel volto di Fíli si contrasse in una smorfia. “Zio, ma sei sicuro che sia una buona idea? Insomma, Kíli qui...da solo?”.
“Chiederò a Dwalin di venire a controllare che lavori, di tanto in tanto” concesse Thorin. “E faremo in modo di portare a vostra madre qualcosa da mettere in tavola nei prossimi giorni: il nostro solito terreno di caccia non si sta rivelando troppo fruttuoso, ultimamente, e Dís continua a cantare le tue lodi per aver portato a casa tre lepri in una volta sola, qualche tempo fa...”.
Nel ricordare come si fosse procurato quei tre conigli selvatici, Fíli si lasciò involontariamente sfuggire un sorriso che a Thorin non sfuggì, e che decise subito di sfruttare a proprio vantaggio, presagendo di non essere troppo lontano dalla soluzione dell'enigma.
“Allora? Posso contare sul tuo aiuto?” incalzò, e Fíli si riscosse dai propri pensieri con un sobbalzo.
“Ah, sì!” rispose allegramente il giovane Nano, con un sorriso entusiasta in viso; Thorin annuì e borbottò qualcosa a proposito di trovare Kíli per avvisarlo che l'indomani non avrebbe potuto battere la fiacca come suo solito, sparendo nella sera. Una volta solo, Fíli si crogiolò nell'euforia di aver ottenuto il permesso per tornare nel bosco, e al pensiero di rivedere Brid un altro sorriso spontaneo gli illuminò il volto, scavandogli le guance in due fossette identiche; non seppe spiegarsi come mai il suo cuore avesse cominciato a battere tanto in fretta, con la mente era già davanti alla porta tonda della casetta nel bosco.
Anche se l'arciere di casa era Kíli, stavolta Fíli non si lasciò scoraggiare: in una misera manciata di secondi incoccò, puntò e scagliò la freccia, colpendo subito la ghiandaia in fuga verso il cielo. Forse con meno precisione di quella che avrebbe sfoggiato suo fratello, ma ottenendo comunque il risultato sperato.
Guardando la preda cadere e dibattersi disperatamente, Thorin gli concesse un cenno d'approvazione.
“Ben fatto” disse solo, e abbandonati sulle foglie il giovane capriolo e il fagiano che avevano abbattuto poco prima, si inoltrò tra gli alberi per recuperare la ghiandaia.
Fíli si concesse un sospiro soddisfatto, considerando conclusa la battuta di caccia, e con la mente di nuovo libera di spaziare verso ciò che più lo tentava, lasciò che un'idea formidabile s'insinuasse tra i suoi pensieri, furtiva ma entusiasmante.
“Voglio portarti in un posto” disse sorridendo quando Thorin fece ritorno con la ghiandaia, e all'espressione interrogativa del Nano il suo sorriso si allargò. “Vedrai, ti piacerà. Ti ci porto soltanto per un momento e poi torniamo a casa, promesso!”.
Thorin rimase perplesso, ma non lo diede troppo a vedere: si limitò ad annuire borbottando un assenso, e rimessosi il capriolo in spalla affidò il fagiano e la ghiandaia a Fíli, che inspiegabilmente allegro e baldanzoso cominciò a farsi strada nel bosco, sicuro come un Elfo in mezzo alla selva. Disgustato dall'accostamento Thorin scosse la testa, tentando di scacciare dalla propria mente l'immagine del nipote vestito da Elfo e con le orecchie a punta, e si affrettò a tenere il passo, d'un tratto impaziente di scoprire se Fíli lo stesse conducendo al motivo delle sue misteriose fughe nei boschi.
Proseguendo lungo il sentiero si addentrarono in una folta macchia di betulle, faggi e larici che con un moto d'inquietudine Thorin riconobbe come il luogo dell'infausto incontro con la fanciulla che aveva avuto l'ardire di schiaffeggiarlo; prepotente, la vergogna di aver reagito in modo altrettanto sconsiderato lo assalì, e costringendosi a non pensarci fissò ostinatamente lo sguardo sulla testa bionda di Fíli, che seguitava a calcare il sottobosco con l'agilità e la baldanza di un capriolo.
Nel giro di una mezz'ora giunsero nel fitto della boscaglia, dove il Lhûn gorgogliava vivacemente nell'attraversare una piccola gola non troppo profonda sormontata da un ponticello di legno solido e affidabile, notevolmente inverdito dal muschio e dall'edera che cominciava appena ad arrossarsi. Fíli non si attardò a godersi il panorama, ma Thorin non poté fare a meno di gettare un'occhiata oltre il corrimano del ponte, riempiendosi gli occhi dello spumeggiante spettacolo del fiume che scendeva a valle in piccole rapide costellate di foglie rosse e dorate, in un ultimo impeto di vitalità prima del lungo gelo invernale.
Fu pochi minuti più tardi che giunsero finalmente a destinazione: con la confidenza che avrebbe potuto ostentare nell'entrare in casa propria, Fíli superò il limitare del bosco e si fece strada in un'ampia radura coperta di foglie secche dai colori vivaci, sul fondo della quale campeggiava una grossa casa di legna e pietre con una gran rimessa sul lato est e un orto colmo di zucche e bietole su quello ovest; Thorin lo seguì senza esitare, anche se provò un vago senso di disagio nell'entrare come se niente fosse in una proprietà sconosciuta.
Quando Fíli giunse sull'inusuale porta tonda della casa, dipinta di un verde brillante, si voltò un momento verso lo zio per rivolgergli un sorrisetto complice, e poi batté tre colpi secchi.
“C'è nessuno?” chiamò a gran voce, con il volto trasfigurato dell'impazienza; tutto quello che ottenne, però, furono un belato infastidito e un caprone riottoso che trottò fuori dalla rimessa con l'aria di chi è appena stato svegliato all'alba nel giorno di riposo. Fissando la bestia battersela verso il bosco indubbiamente sacramentando nel suo idioma animale, Fíli si domandò se non fosse il caso di preoccuparsi: preso in contropiede da quell'accoglienza insolitamente fredda, picchiò ancora il pugno contro la porta.
“Ehilà?” chiamò di nuovo, “C'è nessuno in casa?”.
“Mi pare di no” fece seccamente Thorin, d'un tratto innervosito dall'insistenza del nipote: si costrinse a mantenere la calma per dissuaderlo a tornare sui propri passi. “Non credo che qualcuno verrà ad aprire, Fíli. Sarebbe meglio rientrare, ora...torneremo un'a...”.
Con lo scatto secco di un chiavistello che scorre in una cerniera la strana porta verde e tonda si dischiuse, e subito il volto di Fíli si illuminò, come colpito da un raggio di sole.
“Ah, finalmente...cominciavo a preoccuparmi, credevo...”. Con un cigolio rumoroso la porta girò sui cardini, spalancandosi definitivamente, e Fíli inorridì.
“B...Brid? Cosa ti è successo?” balbettò sconvolto, avvertendo la terra mancargli sotto i piedi. “Chi ti ha ridotta così?”.
Con un'espressione furibonda che avrebbe spaventato persino un Balrog sul volto tumefatto, Brid levò una mano e indicò quello integro e impietrito di Thorin.
Se c'era una cosa di cui Thorin Scudodiquercia era sempre andato orgogliosamente fiero era la propria capacità di trattare con dignità e rispetto chiunque si fosse mostrato amico suo e del suo amato popolo.
Se poteva vantare un pregio simile, era per merito di suo padre e suo nonno che si erano assicurati che fin dalla più tenera età gli fosse impartita un'educazione degna del suo alto rango, crescendolo come il degno erede di Erebor, diadema della civiltà Nanica della Terra di Mezzo; ed era proprio in virtù di quell'educazione ferrea e severa che Thorin si era sempre considerato un valido discendente della stirpe di Durin, guardando a Thrór e a Thráin come guide.
Quello che mai e poi mai avrebbe potuto prevedere, però, era che un giorno si sarebbe vergognato di tutti quei saldi principi morali che con gli anni aveva imparato a considerare parte integrante del proprio essere, come i punti cardinali della retta vita di un Nano adulto; fino a quella maledetta mattina in cui era piombato dentro alla casetta nel bosco, al solo pensiero di poter arrivare a preferire l'ignoranza alla propria condizione di principe colto ed erudito si sarebbe fatto una grassa risata, come non se ne concedeva da anni. Eppure era proprio così che Thorin si sentiva ora, combattuto tra i principi e la vergogna.
Ancora una volta il suo pensiero volò alla guancia gonfia e tumefatta di Brid, la fanciulla che aveva aperto la porta a lui e a suo nipote, e sperò che nelle Aule di Mandos i loro antenati non si stessero strappando le barbe per l'onta di aver lasciato Erebor nelle mani di un idiota come lui.
Quando, insieme a Fíli, si era presentato alla porta di casa sua, Brid l'aveva incenerito con lo sguardo e per un attimo Thorin si era sentito soffocare dai sensi di colpa: ricordava bene di averla colpita duramente, ma aveva dimenticato di averlo fatto con la mano di rovescio...e, soprattutto, di averlo fatto con la mano inanellata. Alla vista della mano di Brid che lo indicava, poi, Fíli si era voltato a guardarlo come se lei l'avesse appena additato come l'assassino di sua madre, e il peso del suo sguardo atterrito era stato opprimente almeno quanto quello della colpa. Ad un primo momento di stallo silenzioso e teso si era poi sostituito un clima assolutamente sfacciato da parte della padrona di casa e imbarazzato da parte dei due ospiti: abbassato il dito accusatore Brid li aveva invitati ad entrare, e prima ancora di accorgersene loro l'avevano seguita come due automi.
“Lila è nel bosco, per more” aveva detto, e in un remoto angolino della propria mente Thorin si era persino domandato di chi stesse parlando.
“Insieme alle capre?” aveva azzardato Fíli con la voce che grondava disagio, e lei aveva scosso la testa.
“No, quelle se ne vanno per i fatti loro. Sono più affidabili di lei”.
A quell'improbabile scambio di battute erano susseguiti tè bollente alle nocciole e crostata di mele per tutti: ripensandoci a mente fredda Thorin avvertì la voglia prepotente di prendete a testate il muro della fucina, poiché si accorse di essersi ritrovato a mangiare qualcosa senza nemmeno farci caso, leccandosi i baffi come avrebbe fatto da marmocchio! Semplicemente, si era trovato lì, un Nano grande e grosso con una barba degna di nota e bardato di tutto punto per andare a caccia...seduto composto nella cucina di pietra di una graziosa e sconosciuta casetta in mezzo al bosco, a mangiare torta di mele sotto gli sguardi cupi e pienamente meritati della padrona di casa. Non aveva spiccicato una sola parola per tutto il tempo, che Mahal l'avesse dannato, nemmeno un misero 'grazie', e si era strafogato con la torta per paura di dire o fare qualcosa di inopportuno. Mentre ci ripensava, martellando ossessivamente una lama commissionatagli da un tale di Lungacque, si augurò di essersi quantomeno ricordato di masticare a bocca chiusa.
“Ma si può sapere che ti prende?” sbottò la voce di sua sorella dalla porta: non l'aveva sentita arrivare, ma in ogni caso a Dís non era mai piaciuto rimanere in silenzio alle spalle di qualcuno, passando inosservata, e fu proprio quella sua indole spiccia a levarlo dall'imbarazzo di fingersi mortificato per non averla notata prima.
“Che?” fu tutto ciò che gli riuscì di rispondere, e dalla faccia che vide fare alla Nana si disse che non doveva averle rivolto la propria espressione più furba.
“Non fingerti stupido, Thorin. Non sarebbe giusto nei confronti della memoria dei nostri genitori!”.
“Perché poi tu debba sempre darmi il tormento proprio non riesco a spiegarmelo, Dís!” fece seccamente lui, levando gli occhi al cielo e tornando al lavoro come se al posto di sua sorella fosse entrata soltanto una mosca fastidiosa.
“Te lo dico chiaro e tondo e senza troppi giri di parole, il perché, fratellino” replicò lei con fare battagliero, e attraversata la fucina a passo di marcia gli si piantò davanti con le mani sui fianchi, di una buona spanna più bassa di lui ma tutt'altro che intimidita. “Mio figlio, il mio Fíli, il mio Nanetto biondo che è sempre stato di un'allegria contagiosa, non sembra più nemmeno lui! E mio fratello, il mio unico fratello, tutto ciò che rimane della famiglia che mi ha vista nascere e crescere...per Mahal, è ridotto ad un lombrico!”.
A quel paragone, Thorin parve recuperare almeno una punta del suo orgoglio.
“LOMBRICO A CHI, DONNA?” tuonò rosso in volto, con gli occhi azzurri che sembravano mandare lampi indignati; a Dís bastò socchiudere i propri e la furia di Thorin parve diminuire esponenzialmente.
“A te, testone!” sibilò con un tono che non prometteva nulla di buono. Poi sembrò stancarsi all'improvviso di fare la guerra con lui, e abbandonato il cipiglio battagliero con cui l'aveva assalito si lasciò andare alla preoccupazione. “Insomma, si può sapere che diavolo è successo, a tutti e due? Una settimana fa siete rientrati dalla caccia con un fagiano, una ghiandaia e addirittura un capriolo...e sembravate appena tornati da un funerale! Nemmeno Kíli ha saputo darmi una spiegazione, non so più che cosa pensare! Io...guardo Fíli e lo vedo cupo, silenzioso, solitario, e proprio non riesco a spiegarmi cosa gli sia successo! Poi guardo te e tutto quello che vedo è la sua stessa e identica faccia ombrosa, ma ancora più scura perché sei tutto naso, barba e sopracciglia! Per amor di Mahal e di tutti i Valar, Thorin, dimmi qualcosa!”.
Anche se la scorza esterna era quella dura di un Nano cresciuto tra le montagne e abituato a lavorare come un mulo per tenere alto l'onore della propria famiglia e del proprio popolo, dentro di sé Thorin celava un cuore tenero, forse un po' burbero e inaridito dalla sofferenza, ma ancora abbastanza innamorato della sua famiglia da smuoversi di fronte al volto preoccupato di una sorella che sì lo faceva dannare, ma che anche sapeva fin troppo bene essere una delle Nane più amorevoli che avesse mai conosciuto. Fu per via di questa sua anima gentile, quindi, che si rassegnò a posare il martello sul tavolo da lavoro e a sedersi sull'incudine gelido accanto a Dís, con un sospiro.
“Non devi preoccuparti di niente, Dís” fece poi con voce stanca, poggiando la testa su quella di lei che subito si era rintanata sulla sua spalla. “Tocca a me rimettere a posto le cose, ancora una volta. Ho...involontariamente procurato un guaio a Fíli, e...me ne vergogno”.
“É qualcosa di così irreparabile?”.
“Non c'è di mezzo un drago sputafiamme, se è questo che intendevi chiedermi...”.
“Ma quanto sei scemo!” sbottò la Nana, rifilandogli una gomitata nelle costole che riuscì a strappargli un mugolio di dolore. “Hai capito quello che volevo dire?”.
“Sì che ho capito, non sono mica stupido come ti piace tanto farmi credere!”.
“E quindi? Farai qualcosa per rimediare?”. Thorin sospirò.
“Farò ciò che è giusto”.
“Bravo fratellino” sussurrò Dís, baciandolo piano su una guancia. “E adesso...vatti a lavare, che fra poco si cena!”. Thorin le rivolse un'occhiata eloquente mentre la guardava alzarsi in piedi, grintosa come sempre.
“Non mi fare quella faccia lì, Thorin figlio di Thráin! Lo sai benissimo che chi non si lava non si siede alla mia tavola!”.
“E chi se lo scorda?” borbottò il Nano, infastidito. “Un giorno di questi poi mi spieghi che razza di naso hai, tu che mi senti sempre puzzare!”.
“Come no! Intanto lavati senza fare storie, Principe dei Musoni!”. Dís si dileguò oltre la porta con una risata, e se Thorin non le corse dietro con il martello in mano fu soltanto perché il ricordo di averle promesso di fare tutto il possibile per risolvere il guaio con quella ragazzina dei Colli di Vesproscuro lo impensieriva molto più di sua sorella che si prendeva, come al solito, gioco di lui.
Ancora ignaro del motivo per cui fosse stato trascinato in mezzo a quel bosco sperduto, Kíli bussò energicamente alla bizzarra porta verde e tonda della casetta nella radura e rimase in attesa. Non ci volle molto perché dall'interno provenissero segnali di risposta, anche se Thorin aveva già cominciato a mugugnare qualcosa di principalmente indistinto a proposito del 'fare attendere gli ospiti nella stalla' quando la porta di aprì: sull'uscio tondo comparve una fanciulla minuta, con grandi occhi chiari e una bella treccia scura un po' sfatta a penderle da un lato del viso pallido, avvolta in quella che Fíli riconobbe come la vecchia vestaglia indossata da Brid quando l'aveva vista per la prima volta, al di sotto della quale si intravedeva l'orlo bianco di una camicia da notte. Gli occhi di Lila scorsero i tre volti che le stavano di fronte e poi si cucirono sul volto del Nano bruno e sbarbato, presumibilmente colui che aveva bussato alla porta. Lui non perse tempo, e sorridendole accattivante le carpì una mano.
“Kíli figlio di Díli. Al vostro servizio, milady!” fece baldanzoso, accennando un inchino e un baciamano, e Thorin non riuscì a trattenersi dal reagire in modo tutt'altro che regale, più precisamente portandosi una mano alla fronte. Dall'interno della casa provenne un trambusto come di qualcuno che frugava rumorosamente in un capanno degli attrezzi, e in capo ad una manciata di secondi una seconda fanciulla fece la sua comparsa, vestita di tutto punto e con un'ascia in mano.
“Levati, Lila, che quello grosso è pericoloso!” sbraitò Brid mentre si faceva largo sgomitando a destra e a manca. Lila, però, non parve preoccuparsi della minaccia rappresentata da Thorin.
“No, levati tu, che quello senza la barba è pure più carino di Fíli!”.
Il neonato battibecco fra sorelle fu coronato da qualcosa di estremamente grosso ed estremamente grigio che con una velocità impressionante schizzò fuori dalla porta verde e sfrecciò tra le caviglie di Lila, rischiando di farla cadere.
“FERUMBRAS! MALEDETTA BESTIACCIA, CHE IL LHÛN TI SI PORTI!” tuonò la fanciulla con la treccia, d'un tratto dimentica della sorella armata e vendicativa che insisteva per farla tornare in casa; Ferumbras l'ignorò platealmente, e senza nemmeno prendersi il disturbo di fermarsi per soffiarle in faccia si cacciò nella stalla alla velocità della luce.
“Quel gatto malefico...ha qualche problema, te lo dico io!” sbottò Lila con aria saputa, rivolta alla sorella. Brid fece una smorfia.
“Come no, lui!” borbottò in risposta, lasciando chiaramente intendere che dal suo punto di vista era proprio Lila ad avere qualche serio problema. Poi parve ricordarsi dei tre Nani attoniti fermi davanti alla porta di casa loro e, parandosi davanti alla sorella, rinsaldò la presa sul manico dell'ascia. Fíli non riuscì a reprimere un moto d'orgoglio nel vederla brandire quell'arma di fortuna proprio com'era stato lui stesso ad insegnarle.
“Perché tutte le volte che ti vedo hai sempre qualcosa di potenzialmente pericoloso tra le mani?” domandò senza alcuna traccia d'ironia nella voce, sorridendole con una gentilezza che quasi parve tenerezza; Brid si sentì nuda sotto quel suo sguardo affettuoso e si affrettò a fuggirlo, avvampando furiosamente.
“TU!” ringhiò chiaramente rivolta a Thorin, al qual mostrò la testa dell'ascia. “Che diavolo vuoi, questa volta? Spaccare la faccia anche a mia sorella?”.
A quelle parole Lila trasalì vistosamente, aggrappandosi alla spalla di Brid.
“É stato lui a farti questo?” domandò con voce flebile ma chiaramente indignata occhieggiando alla sua guancia ferita; Brid la ignorò, e sotto lo sguardo attonito di Kíli e quello amareggiato di Fíli mosse un passo verso Thorin, sperando di apparire se non minacciosa almeno determinata a difendere se stessa e sua sorella. Dal canto suo, il 'Nano grosso e pericoloso', come lei stessa l'aveva definito, trasse un respiro profondo e si preparò a fare quello che ci si aspettava da lui.
“Non sono qui per farti del male, e non voglio farne nemmeno a tua sorella” disse con tutta calma, tentando di non sembrare cupo e ombroso come la sua, di sorella, diceva sempre di vederlo. Levò con lentezza plateale una mano e la posò sul manico dell'ascia, in mezzo a quelle piccole e bianche di Brid che continuava a guardarlo con sospetto. “Voglio soltanto spiegarmi”.
Brid lasciò che Thorin la costringesse con gentilezza ad abbassare la scure e d'un tratto la situazione parve sbloccarsi: sfoderando improvvisamente un intuito degno di Dís nei suoi momenti migliori, con la scusa di offrire loro la colazione Lila abbrancò sottobraccio Fíli e Kíli e partendo alla volta della cucina a passo di marcia se li trascinò dietro. Il cigolio e il tonfo della porta richiusasi alle loro spalle garantirono a Thorin e a Brid un minimo d'intimità, e finalmente il Nano si concesse un sospiro di sollievo.
“Tua sorella è sempre così?” domandò quasi senza accorgersene, pinzandosi tra due dita la radice del naso, improvvisamente colto da un'inspiegabile sensazione di spossatezza.
“Talvolta è anche peggio” rispose seccamente lei. Thorin riaprì gli occhi e si prese un momento per guardarla: Fíli aveva accennato al fatto che fosse figlia di un Uomo del Sud e di una Hobbit di Brea, e in effetti colse nei suoi lineamenti qualcosa di entrambe le razze, anche se Brid rassomigliava in modo più consistente ad una Hobbit che non ad una donna della Gente Alta. Aveva il viso tondo, i grandi occhi scuri e i folti capelli castani dei Mezzuomini, portati lunghissimi sulla schiena; le orecchie appena appuntite e la bassa statura tradivano inderogabilmente la sua natura ibrida, facendola somigliare ad un folletto ostile a livelli quasi tragicomici. Ma quei lividi, anche se ormai in via di guarigione, non gli permisero di divagare troppo.
“Ti fa male?” mormorò con una sorta di rammarico misto ad apprensione, sfiorandole piano la guancia ferita con una delle sue mani grandi e callose, da fabbro; Brid abbassò lo sguardo, trasalendo bruscamente quando le dita del Nano raggiunsero il livido sullo zigomo, ancora scuro e decisamente preoccupante, provocato da uno degli anelli di lui. Fu un attimo: la scheggia grigia che poco prima Lila aveva etichettato con il nome di Ferumbras ricomparve dal nulla, e con la furia e l'agilità di un grande predatore si appese al braccio levato di Thorin, piantandovi con rabbia gli artigli e le zanne.
“AAAAAH! Ferumbras, ma che ti prende?” saltò su Brid, agguantando il gattone che mordeva e graffiava con furia il braccio del Nano dolorante.
“Dannazione...fidati di tua sorella, quando ti dice che quel gattaccio ha qualche problema!” ringhiò Thorin, reggendosi la manica stracciata e sanguinolenta con la mano sana; d'istinto Brid gli si accostò per esaminare i graffi, con le guance che inspiegabilmente imporporavano e gli occhi che fuggivano quelli chiari di lui.
“Solo...solo quelli lasciati dagli anelli fanno male. I lividi, intendo” borbottò imbarazzata, rispondendo alla domanda che Thorin aveva lasciato in sospeso; lui fece per sfiorarle nuovamente gli aloni giallastri dei lividi quasi del tutto riassorbiti, ma subito si ricordò della reazione sconsiderata del gattone grigio e si ravvide.
“Mi dispiace” ammise poi. “Non...non so cosa mi sia peso. Forse non mi aspettavo che avresti avuto il coraggio di schiaffeggiarmi...anzi, ne sono sicuro. Nessuno l'aveva mai avuto, prima di te. Soltanto mia madre, a dire il vero, così tanto tempo fa che quasi me n'ero scordato”. Brid si lasciò sfuggire uno sbuffo che suonò quasi come una risatina stentata.
“A chi non è capitato, almeno una volta nella vita?” scherzò, lasciandogli il braccio. Thorin si sorprese a sorridere.
“Già...”.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, lei fissando il tappeto di foglie sul quale si perdeva l'orlo del suo abito verde scuro, lui fissando il volto ancora martoriato davanti al proprio. Fu quando la vide rabbrividire nella brezza gelida del mattino autunnale che gli venne un'idea malsana di cui si stupì lui stesso.
“Puoi...darmi un altro schiaffo” mugugnò, inorridito al solo pensiero di averle concesso una cosa simile, ma il fiero orgoglio da discendente di Durin venne messo a tacere da qualcosa che gli diceva di riscattarsi ad ogni costo dall'abominio compiuto, e quando Brid levò il capo guardandolo con tanto d'occhi lui voltò la testa, quasi porgendo la guancia.
Un momento più tardi, momento che a Thorin parve il più interminabile di tutta la sua lunga vita di Nano, la manina candida di Brid scivolò ad afferrare la sua, e prima ancora di avere il tempo materiale di stupirsi lei lo stava già tirando verso la porta tonda di casa sua.
“Vieni, fa freddo qui fuori” disse solo, allegramente. “Andiamo a salvare quei due poveri disgraziati dalle grinfie di Lila...magari ci scappa anche un po' ti torta di more!”.
*NOTE*
Ed eccomi qui con l'aggiornamento settimanale! :) Vi chiedo scusa in anticipo se nel testo avete trovato qualche erroraccio, e vi rifilo pure una scusa un po' rocambolesca ma assolutamente vera, al 100%: questo capitolo ho compinciato a scriverlo con WordStarter, di Office...solo che poi Office ha dato forfait e ho dovuto trasferire tutto quello che già a vevo scritto su NVU, che naturalmente non mi segnala gli errori. Poi sono tornata alla civiltà (ho trascorso il week end in montagna) e sono riuscita a scaricare e installare OpenOffice che mi ha permesso di tornare a scrivere con un programma a me più affine di quanto non fosse NVU...anche se ho dovuto abituarmi, diciamocelo. Insomma, tutto sto casino per dirvi che se c'è un errore me lo dovete abbuonare. Punto. Eccheccavolo.
Passando al capitolo...momento teneressha tra Thorin e Fili; momento teneressha tra Thorin e Dis; momento teneressha tra Kili e Lila e momento teneressha tra Thorin e Brid. C'è talmente tano fluff in questo capitolo che credo vi rimarrò soffocata sotto. Il bello è che me ne sono accorta soltanto ora! Il doppiamente bello è che Thorin è quasi sempre coinvolto, in tutto questo fluff, e credo che il prossimo passo sarà quello di trasformarlo in un pacioccosissimo Orso-Abbraccia-Tutti. Va beh.
Fatemi sapere se l'aggiornamento vi è piaciuto, e un granderrimo GRAZIE a chiunque mostri un minimo accenno di apprezzamento per questa Fiction, che sia una visita o qualunque altra cosa! :)
Alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** 4 (prima parte)- Il lungo inverno dei Colli di Vesproscuro e una notte di bufera ***
4 (prima parte)- Il lungo inverno dei Colli di Vesproscuro e una notte di bufera
4 (prima parte)- Il lungo inverno dei Colli di
Vesproscuro e la paura in una notte di bufera
Brid chinò di scatto la testa e la palla di
neve proseguì verso il tronco di un albero, contro il quale si
schiantò esplodendo in uno sbuffo di frammenti gelidi.
“Lila, attenta al...Fíli, CHE CI VUOI FARE
CON QUELLO?”. Una risatina diabolica da bimbo impertinente e
Fíli mosse un passo verso di lei, con tutte le intenzioni di farle
conoscere da vicino il grosso blocco di neve che reggeva tra le
braccia; dimentica della furiosa battaglia ingaggiata alle proprie
spalle da Kíli e Lila, Brid prese ad indietreggiare lentamente, sul
volto l'abbozzo di un sorrisetto giocoso e carico di aspettativa, le
mani piene di neve nascoste dietro la schiena.
“Indovina chi ho deciso di premiare come
'lanciatrice di palle di neve più carina'...” insinuò il Nano,
lasciandole chiaramente intendere che il premio fosse proprio la
bracciata di neve che la stava facendo scappare.
“MAH!” ironizzò Brid con una risatina;
tentò uno scatto verso Lila, ma non andò come previsto e prima
ancora di trovare il tempo materiale anche solo per maledire la
propria goffaggine si ritrovò con la faccia nella neve, in un
turbinio di capelli umidi e sottane fradice.
“AHA!” esultò Fíli,
trionfante, balzandole accanto giusto in tempo per cogliere la sua
espressione totalmente sbigottita quando rotolò sul fianco. “Vedessi
che faccia, che hai! Farò in modo di ricordarmela quando avrò
bisogno di ricattarti per qualcosa!”.
“Ma sentilo! Ti offendi tanto se non rido?”
bofonchiò lei, contrariata. Fíli
sorrise furbescamente.
“Certo
che sì! E la mia vendetta ricadrà su di te sotto forma di una
bracciata di neve dritta dritta sul tuo bel visino!”.
“Uff, non c'è proprio niente che io possa
fare per salvarmi?” fece Brid, in tono lamentoso. “Che so, tipo
comprarti con tre lepri?”.
“Perché
non mi dai un bacio, invece di fare la spiritosa?” suggerì il Nano
inginocchiandosi di fronte a lei, per un momento dimentico del blocco
di neve che aveva promesso di scaricarle addosso: Brid sorrise, senza
che Fíli riuscisse a capire se intendesse mostrarsi intrigata o
soltanto sicura di sé, e sporgendosi appena verso di lui gli stampò
un sonoro bacio sulla guancia barbuta, facendogli inconsapevolmente
battere forte il cuore.
“Adesso
posso stare tranquilla?” domandò poi, sorridendogli impudente con
le guance appena arrossate.
“Mmmmh,
fammici pensare...”. Per una manciata di secondi Fíli si finse
pensieroso, tenendola con il fiato sospeso; poi, senza un minimo di
preavviso, si girò di scatto verso Lila e Kíli.
“AMMUTINAMENTOOOOOOOOOOOOOO!” ululò con tutto il fiato che aveva
in corpo, partendo di gran carriera verso il fratello che gli rivolse
un'occhiata sospesa tra lo stupore e lo sconcerto.
“Fíli,
ma che dia...”. Non ebbe tempo di terminare la frase che il blocco
di neve che Fíli si era tanto prodigato ad ammucchiare e pressare
mentre lui teneva occupate Lila e Brid con una raffica ininterrotta
di palle di neve gli finì addosso, con le stesse velocità e potenza
distruttiva che Ferumbras sfoderava quando Lila si azzardava a
gettare qualche avanzo alle galline. Temprata da anni ed anni di
pratica con quello scorbutico gattone monumentale, però, al
contrario del povero Kíli Lila ebbe la prontezza necessaria a
gettarsi di lato giusto in tempo per evitare di finire coinvolta
nella slavina provocata dall'immensa palla di neve, seguita a ruota
dal suo stesso creatore, inciampato nelle proprie gambe. Alla vista
di Kíli spalmato in terra sotto un mucchio di neve e fratello, Brid
scoppiò in una risata talmente violenta e irrefrenabile che nemmeno
riuscì a trascinarsi verso Lila, riversa sulla neve e squassata
dalle risate esattamente come lei.
“DANNATO
FRATELLO IDIOTA! MA CHE FAI?” tuonò Kíli, quando finalmente
riuscì a riemergere dal groviglio di braccia, gambe e trecce in cui
era rimasto intrappolato.
“MI
SONO AMMUTINATO, SBARBATELLO! ADESSO STO CON LE DONZELLE E GIOCHIAMO
A 'TUTTI CONTRO KÍLI'!”
ululò Fíli per tutta riposta, a voce troppo alta, con le orecchie
palesemente piene di neve. Poco più in là, le due sorelle che erano
quasi riuscite a rialzarsi scivolarono di nuovo a terra, ridendo a
crepapelle.
“Non
mi piace questo gioco!” brontolò Kíli, vendicandosi dell'indegno
soprannome con una sonora sberla sulla nuca del fratello, che
inaspettatamente riuscì anche a stappagli le orecchie. “E poi
spiegami perché diavolo hai cercato di uccidermi scaraventandomi
addosso una valanga fatta in casa!”.
“Cos'è
quella faccia? Dovresti essere contento, fratellino, ti ho appena
eletto 'lanciatrice di palle di neve più carina'!”.
“Ah,
ho capito bene? Lanciatrice?”.
“Perfettamente!
Lanciatrice più carina!” confermò Fíli,
cacciandosi un dito nell'orecchio per assicurarsi di non aver subito
danni gravi come il congelamento dei dotti uditivi. Per un momento
gli occhi di Kíli brillarono di una luce strana, poi Lila e Brid lo
videro afferrare il fratello per le guance e tirarselo addosso.
“Allora
vieni qua e baciamoci con la lingua!”.
“FÍLI!
KÍLI! SOPRATTUTTO
KÍLI!” tuonò un vocione
autoritario indignato a livelli critici, e le risate smodate che le
due sorelle stavano per lasciarsi sfuggire si gelarono, così come i
voluttuosi intenti di Kíli nei confronti di Fíli: con una faccia
furiosa e scandalizzata che avrebbe impietrito persino gli Argonath,
Thorin Scudodiquercia comparve nella radura innevata, con gli occhi
azzurri che sembravano mandare saette; l'impietosa vista dei propri
nipoti (i figli di sua sorella, discendenti di Durin il
Senzamorte!) avvinghiati con promiscuità sulla neve non gli
suscitò nemmeno un misero accenno di ilarità.
“In nome dei Valar, si può sapere perché
diavolo devo assistere a...questo?” sibilò gelido quando li
raggiunse, e subito Kíli schizzò via da sopra al fratello, come se
d'un tratto il corpo di Fíli fosse stato più scottante del ferro
che erano soliti lavorare alla fucina.
“Zio, Kíli voleva abusare di me!” rantolò
il Nano biondo visibilmente scosso, trascinandosi carponi verso la
figura dello zio che in quel momento gli parve monumentale ma
stranamente protettiva. Thorin non se la sentì di rimproverarlo, non
quando lo vide ridotto in quello stato, e poco gli importò delle
risatine divertite delle due ragazze ancora abbandonate sulla neve,
zuppe come pulcini appena usciti dall'uovo: che Fíli stesse fingendo
un trauma o meno, già soltanto l'idea di riportarlo a casa a calci
nel sedere lo sfiniva. Così chiuse gli occhi e trasse un respiro
profondo.
“Vostra madre comincia a scordarsi come sono
fatti i vostri volti” disse solo, con voce estremamente calma e
misurata. “Ho lasciato un cinghiale e due pernici sotto ad un
faggio accanto al ponte: andate e prenderli e aspettatemi lì,
torniamo a casa”. Spalleggiati da Lila, Fíli e Kíli proruppero in
un coro di esclamazioni di dissenso.
“Ma come, subito a casa?!”.
“Non è nemmeno ora di cena!”.
“Già, e poi...e poi avevano promesso di
aiutarci a risistemare la porta della stalla! L'ha rotta Kíli, ci è
planato sopra quando Fíli gli ha fatto uno sgambetto e le cerniere
dei cardini sono saltate!”.
“Vi chiedo di pazientare per qualche giorno
ancora, milady. Il tempo volge al peggio, e non possiamo attardarci
oltre se vogliamo fare ritorno alla nostra dimora senza incorrere in
una bufera di neve”. Thorin fu estremamente cordiale, ma
dall'occhiata che Lila gli rivolse fu chiaro a tutti che il fascino
non sarebbe bastato a convincerla.
“Non potete fermarvi nemmeno per un'ora?”
intervenne Brid, attirando su di sé lo sguardo azzurro del Nano “Il
tempo di aggiustare la porta. Puoi asciugarti il mantello davanti al
fuoco mentre Fíli e Kíli riparano i danni...”. Thorin le rivolse
un'occhiata apertamente stupita, che parve addirittura diffidente, e
che riuscì a metterla in soggezione.
“Da quando siamo in confidenza, ragazzina?”
domandò senza alcun risentimento, quasi come se stesse palando ad
alta voce con se stesso. Brid, invece, s'indignò eccome e si premurò
di farglielo sapere.
“Ragazzina sarà tua nonna, Nano! Io di
confidenza con te me ne prendo quanta voglio, visto che i tuoi nipoti
vengono periodicamente a svuotarmi la dispensa!” sbottò in tono
spiccio, rialzandosi da terra e scrollandosi di dosso quel poco di
neve che le si era attaccata ai vestiti senza sciogliersi subito.
Presagendo pericolo imminente, Lila si affrettò a imboccare il
sentiero tra gli alberi, e nel seguirla Kíli si trascinò dietro
anche Fíli; ignaro di tutto, per la seconda volta in meno di
mezz'ora Thorin si sentì improvvisamente crollare il peso di Arda
sulle spalle.
“Per Mahal...mi tocca persino ripagarti il
maltolto...” borbottò esasperato. Una porzione della sua mente
oppressa dai doveri, minuscola e a dire il vero nemmeno troppo ligia,
si appuntò di tenere a stecchetto Fíli e Kíli per la settimana
successiva, giusto per provare a cacciare in quelle loro teste dure
un po' di sana morigeratezza. Ma Brid non parve voler ingigantire la
cosa.
“Che? Adesso non esageriamo, la situazione
non è poi così drammatica” borbottò, agitando una mano a
mezz'aria come a voler cancellare quanto precedentemente detto.
“Fortunatamente quei due credono che di dispensa qui ce ne sia una
sola, siamo riuscite a limitare i danni...”.
“C'è almeno
qualcosa che possa fare per sdebitarmi?” domandò Thorin, saltando
a piè pari l'insistere imposto dalla buona educazione e decidendo di
aggrapparsi alla cieca a qualunque cosa lei avrebbe detto. E infatti
Brid lo guardò di traverso, sbottando qualcosa che inaspettatamente
lo fece sorridere.
“Oltre ad aggiustarmi la porta della
stalla...promettermi che non ti presenterai mai alla mia porta con
un'orda di Nani affamati!”.
La risata allegra e tonante di Thorin la prese
in contropiede, spiazzandola: di certo Brid non si sarebbe mai
aspettata di vedere quel Nano burbero e ombroso gettare la testa
all'indietro e lasciarsi andare all'ilarità in un modo tanto
plateale e persino spontaneo, non per così poco...sentirlo ridere
della propria risposta addirittura la irritò, costringendola a
domandarsi che diavolo ci fosse di tanto divertente nel temere di
vedersi piombare in casa un'orda di Nani affamati e voraci come
locuste. Le venne voglia di incenerirlo con un'occhiata, ma quando lo
vide con il volto disteso, gli occhi chiari accesi di una luce
impertinente e i capelli striati di grigio luccicanti di minuscole
gocce d'acqua -fiocchi di neve sciolti dal suo stesso calore-
qualsiasi istinto guerrafondaio sembrò dissolversi in uno sbuffo di
vapore. Sembrava quasi un altro Nano. Si stupì di come il volto di
Thorin potesse trasfigurarsi a quel modo per il semplice effetto di
un sorriso, e se si accorse di essere rimasta imbambolata a fissarlo
per troppo tempo fu soltanto per la mano di lui, che si allungò
verso il suo volto.
“Ti sei rotolata nella neve come una
bambina...” disse solo, passandole delicatamente un dito sul
sopracciglio in cui era rimasto impigliato qualche fiocco di neve.
Brid chiuse gli occhi e lo lasciò fare, senza però rassegnarsi a
tenere a freno la lingua.
“Ce l'hai proprio, con questa storia della
bambina, eh?” fece con un velo di ironia, ma Thorin non se la
prese.
“Cosa credi di sembrare, adesso, così
fradicia e infreddolita?”.
“Una fanciulla indifesa nella neve, di fronte
ad un Nano grande e grosso bardato in un mantello foderato di
pelliccia e con un sacco di barba e capelli a tenergli caldo!”.
“Piccola impertinente” sbuffò lui,
ravviandole dietro un orecchio appuntito una ciocca castana umida di
neve. “Ti conviene rientrare, o finirai per ammalarti. Sta
ricominciando a nevicare”. Inverosimilmente ossa in volto Brid
rifuggì il suo sguardo, ringraziando tutti i Valar per il freddo che
avrebbe potuto confondere Thorin qualora si fosse domandato come mai
fosse paonazza, e incrociando severamente le braccia al petto tentò
di dissimulare una scarica di brividi gelidi.
“Non...non era previsto che stessi fuori così
tanto, è...sono stati Fíli e Kíli a far degenerare tutto in una
battaglia a palle di neve. E poi voglio controllare che aggiustino
davvero la porta della stalla, non può stare così se nevica”
borbottò.
“Avanti, Brid, solo perché siamo spariti nel
bosco alla minima avvisaglia di guerra verbale non puoi etichettarci
come 'inaffidabili'!” ridacchiò Fíli ricomparendo tronfio nella
radura, con in spalle il cinghiale di Thorin.
“Già, Fíli ha ragione! Guarda, ti abbiamo
pure portato la cena!” intervenne Kíli: a differenza del fratello,
sulle spalle portava come un sacco di patate una Lila recalcitrante e
imbufalita, ululante improperi verso di lui e chiunque fosse mai
presentato a nome suo. Thorin ritirò di scatto la mano dal volto di
Brid e alla vista dei nipoti tornò di colpo il Nano burbero e
contegnoso di sempre.
“Vi avevo detto di aspettarmi al ponte” li
rimproverò aspramente, ma non ottenne altro che due sorrisi
impertinenti.
“Non fare così, zio! Abbiamo promesso di
riparare la porta della stalla, no?” fece Kíli, depositando
gentilmente Lila sul ceppo su cui sua sorella era solita tagliare la
legna. Thorin si passò una mano sul volto.
“Non ci vorrà molto, vedrai!” sorrise Fíli
rimboccandosi le maniche. “Brid, sei rossissima! Vai dentro, o ti
penderai un malanno!” aggiunse poi, apprensivo, muovendo un passo
verso di lei; Thorin, però, fu più svelto.
“Milady desidera sovrintendere ai lavori”
disse, senza scomporsi. “Quindi ci conviene iniziare al più
presto, o temo che la sua salute ne risentirà senza alcun dubbio”.
Con un gesto fluido si sfilò il mantello e lo pose sulle spalle di
Brid, che, improvvisamente ammantata dalla pelliccia soffice
riscaldata dal corpo di lui, vi si strinse d'istinto. La cappa di
Thorin era troppo lunga e troppo larga per lei, nell'indossarla parve
ancora più piccola, ma si sentì talmente corroborata dall'averla
addosso che sorrise al Nano, riconoscente. Per tutta risposta Thorin
le rivolse un'occhiata gentile e poi si diresse verso i suoi due
nipoti, che basiti di fronte a quel suo gesto galante ci misero un
momento di troppo a riprendersi dallo shock, guadagnandosi due sonori
scapaccioni a testa e il secco ordine di svellere la porta da
riparare.
Brid prese posto sul ceppo di legno, non appena
Lila si dileguò in casa borbottando di doversi occupare della cena,
e rimase a guardarli lavorare sotto i radi fiocchi di neve che
cadevano nell'imbrunire, godendo della loro comica e al contempo
confortante presenza senza sapere che dopo quella sera non li avrebbe
più rivisti per molto tempo.
“Mi chiedo se non sia successo qualcosa a
Fíli e Kíli” aveva detto ad un tratto Lila, in un uggioso
pomeriggio sul finire di Postapritore*, verso Solfeggiante: stava
guardando la nebbia ammantare il bosco innevato da una delle grandi
finestre della cucina, fingendo di sistemare distrattamente la
coperta arrotolata contro l'intelaiatura tonda, e Brid aveva levato
gli occhi dall'abito che stava rammendando soltanto per guardarla con
una curiosità che inevitabilmente si era trasformata in malinconia
non appena i suoi occhi si erano ritrovati ad indugiare sul panorama
lattiginoso al di là del vetro. Verso la fine dell'anno precedente
si erano domandate un paio di volte che fine avessero fatto i due
giovani Nani, ma con l'avanzare dell'inverno non ne avevano più
fatto parola, e riscoprirsi entrambe impensierite dalla loro assenza
non era stata una sorpresa.
Con gli occhi della mente Brid aveva rivisto il
volto fiero e sorridente di Fíli, i suoi baffi intrecciati che
sembravano sussurrarle 'TIRAMI' persino attraverso i ricordi, i suoi
occhi azzurri sempre allegri, le fossette in cui gli si piegavano le
guance barbute quando sorrideva: si era riscoperta ansiosa di
rivederlo, teneramente affezionata a quei suoi baffi strani e
innamorata delle sue fossette sbarazzine, desiderosa di
riabbracciarlo e vederlo arrossire ancoora, come quando si era
salvata per un pelo dall'essere premiata come 'lanciatrice di palle
di neve più carina' e gli aveva dato un bacio.
Il sorriso che aveva prepotentemente tentato di
sbocciarle sulle labbra, però, era sfiorito immediatamente, e al
ricordo familiare di Fíli si era sostituito quello controverso del
volto altero di Thorin che cedeva al riso, insieme alla sensazione
del suo mantello caldo e confortante sulle spalle; il cuore aveva
cominciato a batterle furiosamente, e si era sentita inspiegabilmente
avvampare. D'un tratto si era ritrovata a rabbrividire in quella
grande stanza riscaldata dal fuoco scoppiettante che ardeva nel
caminetto, nella mente l'immagine fissa del sorriso del Nano e il
ricordo della sua mano grande, callosa, calda, sul proprio volto.
L'abito da rammendare le era sfuggito di mano, e con un sospiro Brid
aveva mentalmente ringraziato tutti i Valar che Lila non si fosse
ancora voltata, o di sicuro si sarebbe messa a fare il diavolo a
quattro pur di cavarle di bocca il motivo di quelle guance
improvvisamente rosse e dei suoi sguardi sognanti.
“Non preoccuparti per loro. Sono Nani,
nascono dalla roccia e di roccia sono fatti” aveva detto, tentando
di suonare sia convincente che distaccata. “Probabilmente non hanno
ritenuto saggio oltrepassare il ponte. É
dai primi di Ante apritore che è ridotto ad un blocco di ghiaccio, e
non ci sono altre strade per arrivare fin qui”.
“Già...” aveva
mormorato Lila con lo sguardo perso nel biancore del mondo invernale.
“In effetti, che ho da preoccuparmi? C'è Thorin, con loro, sono al
sicuro!”. A quelle parole Brid si era involontariamente conficcata
lo spillo nell'indice, e il violento sobbalzo che ne era conseguito
non era sfuggito agli occhi attenti di sua sorella; per quanto avesse
tentato di dissimulare qualsiasi coinvolgimento, Lila aveva
arricciato le labbra in un sorrisetto insinuante e dannatamente
fastidioso.
“Appunto, c'è la
balia barbuta con loro. Quindi è inutile stare a preoccuparci,
quando potranno si rifaranno vivi. E adesso mettiti a fare qualcosa,
per Eru, che non sta mica scritto da nessuna parte che debba lavorare
sempre e soltanto io!”.
Una scarica di
colpi contro la porta e l'imprecare teso di sua sorella avevano
svegliato Brid nel cuore della notte, pochi giorni dopo quella strana
conversazione alla finestra: reggendo una candela consumata a metà,
con il volto terreo per l'agitazione e la treccia sfatta a dondolarle
sulla spalla, Lila spalancò la porta della sua stanza e vi piombò
come una furia.
“Brid!” rantolò
sconvolta, gli occhi azzurri visibilmente colmi di terrore persino
alla tremula luce della candela “La porta, c'è qualcuno alla
porta!”. Per una volta più vigile che desiderosa di fare del
sarcasmo, Brid calciò via le coperte e si costrinse ad ignorare il
gelo della stanza immersa nell'oscurità, che le provocò un brivido
quasi doloroso lungo le braccia ancora calde e intorpidite dal sonno.
“Lo so” fece
lapidaria, cercando a tentoni la vecchia vestaglia di suo padre che
teneva sempre ai piedi del letto; una nuova scarica di colpi alla
porta le fece trasalire, costringendole a voltarsi verso le scale.
“Qualcuno di impaziente, direi. E dato che ormai hai acceso la
candela non possiamo fingere di non essere in casa. Vieni con me”.
Lila le rivolse uno
sguardo implorante e per un momento Brid credette di vederla svenire:
l'afferrò saldamente per un braccio, sorreggendola, e seppur con gli
occhi traboccanti di lacrime sua sorella parve riaversi. Facendole
segno di non fare rumore, le posò la vestaglia sulle spalle e,
toltole con gentilezza il candelabro di mano, Brid scivolò
silenziosamente nell'oscurità, come un pallido fantasma ammantato in
una lunga camicia da notte bianca. Il primo gradino delle scale
scricchiolò sotto il suo peso costringendole a fermarsi subito, Brid
con il fiato sospeso e Lila con un urletto sorpreso che scatenò un
coro di voci concitate fuori dalla porta. Voci basse, sconosciute,
che parlottavano con enfasi e che le gettarono nel terrore.
“LILA!” berciò
qualcuno al di là della porta, con il tono di chi non accetta di
essere lasciato ad attendere al freddo, nel cuore della notte. “LILA,
BRID!”.
“Chi accidenti è
questo qui? Che vuole?” piagnucolò Lila aggrappandosi alla spalla
della sorella in una stretta convulsa.
“Non ne ho idea”
ammise Brid in un sussurro, spaventata almeno quanto lei ma troppo
impegnata ad elaborare la situazione senza un attimo di tregua per
lasciarsi andare: ignorando il rantolo terrorizzato della sorella
quando le sfuggì di mano, sgusciò rapidamente fino in fondo alla
scala e a tentoni raggiunse il caminetto spento, alla spasmodica
ricerca dell'attizzatoio. Fuori, le voci continuavano a discutere.
“...sbrigarvi,
non possiamo certo restare qui ad aspettare di congelarci!”
rampognò una voce che parve addirittura più infastidita della
precedente, e qualcuno percosse di nuovo la porta.
“DONNE! PER LA
BARBA DI DURIN IL SENZAMORTE, SAPPIAMO CHE SIETE IN CASA! APRITE
QUESTA DANNATA PORTA!”.
“Via,
fratello...un po' di garbo!”.
“Spiegami che ci
guadagno a bussare con garbo se tanto quelle non ci aprono?!”.
“Potremmo ancora
avere una porta con cui chiudere fuori il freddo, ad esempio, se tu
evitassi di demolirla!”. Brid pensò di sfuggita che le sarebbe
davvero piaciuto ringraziare caldamente il proprietario di quella
voce pacata e analitica per aver tentato di salvaguardare l'integrità
della porta di casa sua, chiunque esso fosse stato; fu soltanto un
attimo, però: l'attizzatoio stretto nel palmo della sua mano la
tenne con i piedi ben saldi a terra, e quando Lila sopraggiunse
silenziosamente alle sue spalle per riappropriarsi della candela, si
costrinse a posare la mano libera sulla maniglia della porta.
“Aspetta...”
sussurrò impercettibilmente Lila, non ancora rassegnata. “Forse
non è detta l'ultima parola...”.
“Oh, per Mahal!”
ringhiò d'un tratto qualcuno da fuori, con la voce grondante
frustrazione. “LILA! BRID! SONO IO, BRID, APRI LA PORTA!”.
Con un tuffo al
cuore le due sorelle si guardarono, cercando gli occhi dell'altra
alla luce della candela.
“Fíli” articolò Brid
silenziosamente, guardando Lila annuire appena.
“TI PREGO,
BRID!” ripeté la voce, stavolta in tono implorante, e quella che
credettero essere la voce di Kíli chiamò il nome di Lila.
Brid fece scattare
il chiavistello e spalancò la porta con un gesto secco. Una folata
di vento gelido la investì, portando con sé qualche fiocco di neve:
qualcuno di molto forte (e presumibilmente molto grosso) l'afferrò
per un braccio strattonandola nella bufera come se non fosse pesata
più di una manciata di foglie secche; Lila strillò terrorizzata, e
gli sconosciuti alla porta proruppero in diverse esclamazioni
sorprese, una per ogni voce che avevano udito discutere appena
qualche minuto prima. La luce della candela, salva dal vento per
miracolo, illuminò parzialmente il volto rozzo di un grosso Nano
dall'aspetto minaccioso, con la testa mezza rasata e una gran barba
ispida che per contrasto gli ricopriva più di metà del volto
furente; Brid non aveva dubbi sul fatto che fosse un Nano,
esattamente come non aveva dubbi sul fatto che se l'avesse soltanto
voluto, quello sconosciuto terrificante avrebbe potuto spezzarle
tutte le ossa del braccio con la sola forza della mano che ancora la
stringeva per il polso.
“Brid!” chiamò
provvidenzialmente la voce di Fíli, e Brid quasi gli si gettò tra
le braccia come una bambina spaurita quando lo vide farsi strada tra
altri due Nani che si ostinavano a guardare lei e sua sorella come se
fossero state le creature più incredibili che avessero mai visto.
“Brid...perdonami se vi abbiamo spaventate, non era nostra
intenzione” fece quasi premuroso, stringendosela al petto nel
vederla in camicia da notte sulla neve.
“Che succede,
Fíli? Perché siete qui, in piena notte?” domandò subito lei,
preoccupata. Un lampo di terrore attraversò gli occhi chiari del
Nano: voltandosi, Fíli le mostrò Thorin, che con aria sofferente si
reggeva ad un Kíli ferito in modo apparentemente superficiale; Lila
corse loro accanto, per aiutarli a reggersi in piedi. Una rapida
occhiata e si voltò verso la sorella.
“Thorin è
ferito!” fece, angosciata, e inspiegabilmente Brid si sentì
mancare la terra sotto i piedi.
“Abbiamo bisogno
del vostro aiuto” mormorò Fíli con una voce tanto terrorizzata
che quasi non sembrò la sua. “Ti prego...è...”.
“Non c'è bisogno
che tu dica altro, Fíli” lo interruppe lei, decisa a risparmiargli
un mare di suppliche inutili. “Kíli, Lila, ce la fate a portarlo
dentro?”.
*Ante
apritore, Postapritore e Solfeggiante corrispondono rispettivamente ai
mesi di Dicembre, Gennaio e Febbraio secondo il calendario degli Hobbit
della Contea, in uso anche pesso gli Hobbit di Brea.
*NOTE*
Buongiorno
a tutti, miai cari! :D Eccomi qui con l'aggiornamento settimanale, che
non credevo assolutamente di riuscire a postare in
tempo...principlamente perchè era talmente lungo che si è reso
necessario dividerlo in ben TRE PARTI, o non sarei riuscita a
sviluppare tutto quello che volevo metterci in modo soddisfacente! @.@
In ogni caso, direi che alla fine sono riuscita ad ottenere tutto
quello che volevo: un capitolo discretamente movimentato ma non troppo
pieno, un aggiornamento puntuale...e ci avete pure guadagnato un
capitolo in più, dato che la versione 'originale' prevedeva che il 4
fosse diviso soltanto in due parti. CHECCULO, EH? XD fortunelli, che
siete!!
Scherzi
a parte, vi ringrazio di cuore per tutte le belle recensioni che mi
fate trovare ogni volta, siete davvero spassosissimi (e a tratti anche
tanto teneri :3) e ogni volta mi rendete sempe più orgogliosa di questa
piccola Fiction che non voleva saperne di restarsene 'nascosta' nella
mia testa ingarbugliata. Shiete l'ammore :3
Ancora
una volta vi domando perdono per il layout altalenante dei capitoli
(per Eru, mi endo conto che sia qualcosa di terrificante!!) ma...non lo
faccio apposta, lo giuro! T.T
Un bacio a tutti, e alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** 4 (seconda parte)- Il Re sotto la Montagna e un cuore innamorato contro gli artigli dell'orso ***
4 (seconda parte)- Il Re sotto la Montagna e un cuore innamorato contro gli artigli dell'orso
4 (seconda
parte)- Il Re sotto la Montagna e un cuore innamorato contro gli
artigli dell'orso
“Se Óin
fosse venuto a caccia con noi non saremmo stati costretti a
rifugiarci qui” rampognò il Nano con la barba rossa dalla sua
sedia accanto al fuoco, sfilandosi uno stivale e allungando il grosso
piede tozzo verso il ventre di pietra del camino, in cerca di calore;
Lila smise per un momento di prestare attenzione all'acqua che
bolliva nel paiolo e si voltò a rivolgergli una delle sue prodigiose
occhiate eloquenti, una di quelle che riuscivano sempre a mettere in
riga persino sua sorella Brid.
“Se qui
non vi piace potete sempre tornarvene a casa vostra, mastro Nano”
fece perentoria e subito il Nano si agitò sulla sedia, come se d'un
tratto quella si fosse mutata in un letto di braci incandescenti.
“Non
intendevo dire questo...” mugugnò imbarazzato, ma Lila aveva già
smesso di ascoltarlo: amandosi di uno strofinaccio inumidito estrasse
il paiolo colmo d'acqua bollente dal caminetto e con un grugnito di
fatica lo poggiò sull'asse di legno per impastare il pane,
concedendosi poi un momento per riprendere fiato.
Il grosso
Nano con la testa rasata non l'aveva persa di vista nemmeno un
secondo, dall'angolo opposto del tavolo seguitava a fissarla con in
volto un'espressione cupa da fa gelare il sangue nelle vene e le
grandi braccia nerborute incrociate al petto; Lila si sentì un po'
in soggezione, sotto il suo sguardo inquisitore, ma lasciò correre e
non permise a quel losco figuro di distrarla dai propri impegni:
Thorin non era l'unico ferito, e per di più Brid aveva bisogno di
tutto l'aiuto possibile. Come se sua sorella fosse stata capace di
leggerle nel pensiero, infatti, il buffo Nano dalla candida barba
bianca biforcuta che la stava aiutando ad occuparsi delle ferite di
Thorin si materializzò sulla porta della cucina.
“Vostra
sorella domanda acqua calda, un ago e del filo, milady” fece
gentilmente, e Lila balbettò frettolosamente un assenso confuso,
lusingata da tutte quelle gentilezze a cui non era abituata.
“Come se
la passa Thorin, fratello?” grugnì il Nano in fondo al tavolo, con
quel suo vocione possente che a Lila ricordava tanto il rotolare dei
massi sulle pietraie, in estate, durante i periodi di caccia; il Nano
canuto sospirò, scuotendo appena la testa.
“Sono
brutte ferite” ammise “Ma non credo ci sia da temere per la sua
vita: Thorin è più temprato dell'acciaio che lavora nella fucina,
supererà anche questa. E poi la sorellina di milady se la cava bene”
fece poi, con l'accenno di un sorriso gentile che faceva capolino da
sotto la folta barba bianca. Lila si ritrovò inconsciamente a
sorridergli di rimando, grata, e ad assicurarsi che il canovaccio
fosse ben avvoltolato attorno al manico bollente del paiolo, in modo
che il Nano non potesse scottarsi.
“Qualcuno
dovrebbe avvertire Dís” replicò l'altro.
“Potremmo
mandare i ragazzi, restare qui li manterrebbe inutilmente sotto
pressione” propose il Nano con la barba rossa, della cui presenza
Lila si era quasi dimenticata.
“Fíli e
Kíli non lasceranno il capezzale di Thorin finché non lo vedranno
completamente ristabilito” dissentì il Nano gentile “Hanno fatto
irruzione di sopra e non si è potuto far altro che confinarli in un
angolo con la promessa di domandare il loro aiuto in caso di bisogno.
É fuori questione rimandarli indietro”.
“Mastro
Balin, fate presto per favore!” chiamò la voce di Brid dalle
scale, e lui si affrettò a recuperare quanto richiesto.
“In ogni
caso sarebbe meglio trovare una soluzione al problema, e dato che
noialtri siamo tutti occupati in un modo o nell'altro...affido a voi
l'incombenza! Fatevi onore!”. Detto questo, Balin (ora Lila sapeva
di doverlo chiamare così) si congedò in fretta e furia ignorando le
proteste del fratello, che incredibilmente dimostrò di possedere una
qualche mimica facciale che non contemplasse solo ed esclusivamente
un'espressione truce, mettendosi a sbottargli appresso improperi di
ogni genere con gli occhi spalancati che sembravano voler incenerire
il punto esatto in cui la schiena di Balin era scomparsa su per le
scale; Lila si domandò come due individui tanto diversi potessero
essere fratelli, ma poi parve ricordare quanto anche lei e Brid
talvolta potessero apparire diametralmente opposte, e preferì
passare al dubbio successivo.
“Chi è
Dís?” domandò con il candore di una bambina, e subito il Nano
dalla testa rasata smise di fare il diavolo a quattro, puntando i
propri occhi piccoli ma penetranti nei suoi.
“La
sorella minore di Thorin” rispose, guardandola come se da lei si
fosse aspettato di tutto meno che una domanda simile.
“Ed è
così terribile l'idea di andare a dirle che suo fratello è ferito?”
replicò lei, mettendosi a trafficare con dell'acqua tiepida e
qualche manciata di erbe officinali; i due Nani si scambiarono
un'occhiata esterrefatta.
“Sciocchezze!”
sbottò subito il fratello di Balin.
“In un
certo senso...” fece contemporaneamente il Nano dalla barba fulva,
guardingo, guadagnandosi un'occhiata curiosa da parte di Lila e una
terrificante da parte dell'amico.
“Interessante...”
replicò lei con voce suadente, intingendo una piccola pezzuola
morbida nella ciotola colma d'acqua ed erbe e affiancandoglisi in un
fluttuare di camicia da notte bianca e veste da camera variopinta.
“Istruite una sorella maggiore sulle armi segrete di una sorella
minore, allora” lo esortò, con gli occhi che brillavano di una
luce stranamente perversa. “E sappiate che se non doveste
collaborare spontaneamente potrei decidere di disinfettarvi le ferite
con l'aceto!”.
Verso metà
mattina Thorin smise finalmente di tremare per la febbre, e Brid
decise che il peggio era passato: si lasciò cadere pesantemente
sulla sedia accanto al letto, quasi rimpiangendo di averlo ceduto al
ferito, e si concesse un sospiro esausto.
“Hai
fatto un ottimo lavoro, piccola Brid” fece Balin prelevando una
coperta dall'armadio aperto e posandogliela sulle spalle; lei levò
gli occhi sul suo volto e gli concesse un sorrisino stanco.
“Non è
stata una così gran fatica, ci è solo voluto del tempo. Assicurarsi
che Fíli e Kíli non fossero d'intralcio è stata la parte più
difficile!”.
“Immaginavo
che l'avresti detto!”. Ridacchiando, Balin si voltò verso le due
figure addormentate sulla cassapanca in fondo alla stanza, con le
teste scompostamente appoggiate al gelido vetro della finestra e le
bocche spalancate: Fíli e Kíli avevano reagito così bene
all'ordine di restare fermi e zitti nell'angolo che appena qualche
ora dopo il loro arrivo si erano messi a russare sonoramente, facendo
un baccano d'inferno. Il vecchio Nano li guardava benevolente, un po'
come un nonno che trova i propri nipotini addormentati nel fienile,
ma Brid, per quanto stanca fosse, trovò la forza di preoccuparsi.
“Non
finiranno per svegliarlo?” domandò volgendo un'occhiata apprensiva
al Nano serenamente addormentato nel proprio letto, ma Balin agitò
una mano per aria.
“Non
preoccuparti, il sonno di un Nano non si disturba così facilmente! E
se Thorin fosse in salute russerebbe anche più di loro due messi
insieme!” rise, e inevitabilmente anche Brid si ritrovò a farlo.
Quel buffo Nano le piaceva, aveva un viso fatto apposta per ridere e
quando se lo concedeva ogni suo singolo lineamento sembrava
partecipare, insieme a quella sua voce sempre allegra; dava l'idea di
essere un tipo gioviale, che non si dava mai per vinto, ma che sapeva
essere serio e concentrato se necessario, e Brid si rese conto che
non avrebbe potuto desiderare compagnia migliore per affrontare un
momento così drammatico.
“Cosa gli
è successo?” domandò d'un tratto, tornando completamente seria, e
proprio malgrado Balin si adattò al suo stato d'animo.
“Abbiamo
involontariamente invaso il territorio di un orso durante una battuta
di caccia” spiegò fissando il volto finalmente disteso di Thorin
“E...beh, puoi immaginare come la bestia abbia reagito una volta
che ci ha trovati sulla sua strada. Kíli è stato il primo a
saggiarne gli artigli, e quando Thorin l'ha visto in balia dell'orso
ha fatto di tutto per trarlo in salvo”. Brid si strinse
involontariamente nella coperta, improvvisamente a corto di fiato: il
sapere che un orso vagava libero per i boschi intorno a loro la
inquietò, ma immaginarsi Thorin fronteggiare una bestia grande due
volte lui la terrorizzò ancora di più.
“Siete...siete
riusciti ad abbatterlo?” domandò con voce roca dopo un lungo
silenzio, e Balin scosse la testa.
“No,
sfortunatamente ci è sfuggito. Ma è ferito, la sua tana è distante
e noi siamo salvi. Non abbiamo nulla da temere”.
Brid
accennò un sorrisino teso e annuì: non disse a Balin che avrebbe di
gran lunga preferito vedere Thorin cosciente e in forze, né che la
vista del volto terrorizzato di Fíli l'aveva straziata; si limitò
ad alzarsi e a posare con delicatezza una mano sulla fronte del
ferito per controllare ancora una volta che la febbre non fosse
tornata.
“Possiamo
stare tranquilli, è appena tiepido” fece in tono assorto,
rimboccandogli istintivamente le coperte come se fosse stato un
bambino. “Dovremo tenere sotto controllo le ferite per qualche
giorno, però, in queste condizioni non sarebbe saggio farlo
viaggiare: è fuori pericolo, ma debole”.
“Ne
parlerò con gli altri” assentì Balin, lisciandosi distrattamente
la lunga barba. Poi gli occhi gli caddero nuovamente su Fíli e Kíli
che continuavano a russare imperterriti, e il volto gli si illuminò
di curiosità.
“Come li
hai conosciuti?” domandò d'un tratto, e Brid sembrò cadere dalle
nuvole.
“Ho
incontrato Fíli nel bosco, l'anno scorso” fece poi, con una
risatina. “Mi ha dato una grossa mano con la legna per l'inverno,
con gli animali...talvolta persino a sopportare mia sorella...e
un giorno si è presentato con Kíli e Thorin al seguito. Ecco come
ci siamo conosciuti”.
“Allora
eri tu il motivo delle sue fughe dai Monti Azzurri...” ridacchiò
il vecchio Nano lasciando intendere di saperla lunga. Per tutta
risposta, lei avvampò furiosamente.
“Sciocchezze!”
borbottò irrequieta, attraversando la stanza a grandi passi, diretta
alla cassapanca occupata dai due fratelli addormentati. “Vi sarei
grata se scendeste ad avvisare gli altri che finalmente Thorin dorme
tranquillo, e che dovrete decidervi al più presto su come affrontare
la sua convalescenza. Di questi due me ne occupo io”.
Intuendo di
averla messa a disagio, Balin le rivolse un sorrisetto impertinente
che riuscì a farla arrossire ancora di più, e inchinandosi
prodigiosamente fino a sfiorare il pavimento con la barba si congedò,
varcando la porta con quella sua andatura un po' saltellante e un po'
dondolante che in qualsiasi altro momento Brid avrebbe trovato
estremamente buffa. Ma non dopo quei sorrisi e quei sottintesi.
Con un
sospiro, si chinò sul Nano biondo e gli posò gentilmente la mano su
una spalla.
“Fíli?”
chiamò piano, dolcemente, senza ottenere risposta. “Fíli...Fíli!”
riprovò scuotendolo un po', e stavolta il Nano cominciò a mugugnare
qualcosa di indistinto tra una russata e l'altra.
“FÍLI!”.
Al terzo tentativo Fíli sobbalzò violentemente e spalancò gli
occhi celesti in un'espressione vitrea, come se non riuscisse
realmente a vedere cosa stava guardando: gli bastò una manciata di
secondi per riprendere da dov'era rimasto, e sotto allo sguardo
divertito e al contempo intenerito di Brid cacciò una gomitata nelle
costole del fratello biascicando un 'Ohi!'.
“Ventitré!”
sbottò Kíli saltando su come un pupazzo a molla. Fíli aggrottò la
fronte.
“EH?”.
“Ragazzi,
mi dispiace dovervi svegliare ma non possiamo restare qui,
rischieremmo di svegliare Thorin” mormorò Brid e immediatamente le
espressioni di Fíli e Kíli si snebbiarono, facendosi preoccupate.
“Thorin!
Come sta nostro zio?” domandò Kíli aggrappandosi al braccio di
lei, che gli sorrise rassicurante.
“É fuori
pericolo. Le ferite non erano infette e la febbre gli era venuta per
la fatica di resistere al freddo senza cure e senza riposo, ma ora è
scesa e finalmente dorme tranquillo”.
“Resto io
con lui” proruppe Fíli, deciso, facendo per alzarsi.
“Assolutamente
no! Tu vai di sotto, ti lavi, ti fai medicare e poi fili a dormire! E
lo stesso vale per te, Kíli, è inutile che ti metti a
ridacchiare!”. Come bambini capricciosi i due fratelli si
produssero in coro di lamentele e borbottii contrariati, ma Brid fu
irremovibile.
“Non
voglio sentire storie! Siete gli unici che ancora non si sono lavati,
e si dà il caso che voi non siate feriti come Thorin, quindi non
avete scuse!”.
“Io sì!
Guarda qua!”. Kíli saltò in piedi e scostandosi dal braccio la
manica destra sbrindellata esibì il polso segnato da qualche brutto
graffio, probabilmente opera degli artigli dell'orso ma nulla di
preoccupante. Brid gli sorrise compassionevole, e ravviandosi i
capelli dietro l'orecchio si chinò a dargli un bacio sul polso.
“Ecco,
questo dovrebbe bastare a farti sopportare il bagno!” fece poi,
ridacchiando alla vista del volto paonazzo del giovane Nano. “E se
ti lavi persino dietro le orecchie magari anche Lila te lo dà, un
bacio...”.
Improvvisamente
motivato, Kíli spalancò gli occhi e borbottando qualcosa di
incoerente si gettò a capofitto giù dalle scale, seguito dalle
risate di Brid e del fratello.
“Che hai
da ridere tu? Guarda che non mi sono dimenticata del tuo, di
bagno!” Brid rimbrottò subito il povero Fíli, che
inaspettatamente si imbronciò.
“E io non
me lo merito, un bacio?” mugugnò per tutta risposta, contrariato e
speranzoso ad un tempo. Brid lo guardò interrogativa, e lui si
indicò il sopracciglio spaccato incrostato di sangue: come se i suoi
occhi fossero rimasti velati per tutto quel tempo, Brid realizzò di
colpo che anche lui era rimasto ferito esattamente come gli altri, e
una strana preoccupazione strisciante la pervase. Prese tra le mani
il volto di Fíli come se avesse avuto paura di romperlo e posò le
labbra sul sopracciglio ferito, accarezzandogli piano le guance.
“Mi sei
mancato, Nano della malora” sussurrò con un groppo in gola che le
soffocò la voce mentre lo stringeva in un abbraccio caloroso ma
prudente a cui Fíli rispose con trasporto, facendola sedere sulle
proprie gambe; Brid gli si rannicchiò contro, in cerca di calore, e
quando avvertì la mano di lui accarezzarle la nuca si rincantucciò
sulla sua spalla.
“Anche tu
mi sei mancata...avrei voluto tornare prima, e in un'occasione
migliore di questa...”.
“Eri così
preoccupato per Thorin...mi avete fatta spaventare a morte. Sia tu
che lui. Quando guarisce per punizione lo prendo a calci nel sedere”.
Fíli sbuffò una risatina posandole un bacio tra i capelli.
“Questa
non voglio proprio perdermela!”.
“No che
non te la perdi, dopo di lui ci sei tu sulla lista dei Nani da
punire!”.
“Com'è
che finisci sempre per farmi del male?” fece Fíli fingendo un
grugnito lamentoso che la fece ridere.
“Perché
te lo meriti” rispose Brid sollevandosi dalla sua spalla e
sorridendogli felice. Felice di vederlo rinfrancato, felice di averlo
con sé. Fíli le sorrise teneramente di rimando, sfiorandole una
guancia con una delle sue mani che accostate al volto di lei
sembravano enormi, e gli sembrò di non aver mai visto nulla di più
bello di Brid sorridente fra le sue braccia.
“Coraggio,
adesso: corri a lavarti mentre io ti preparo il letto!”. Con
un'agilità inaspettata Brid sgusciò giù dalle sue gambe e si
diresse verso il letto su cui Thorin dormiva beato; nel vederla
rivolgergli un'occhiata apprensiva Fíli avvertì una fitta di
gelosia attanagliargli il petto con violenza, e costringerlo a porle
una domanda del tutto irrazionale.
“Do...dormirai
con lui?” fece, e non ebbe bisogno di aspettare lo sguardo
sconcertato di lei per vergognarsi come un ladro.
“Certo
che no! Starò in camera con mia sorella...e poi Thorin non ha alcun
bisogno di essere vegliato, non sta così male” rispose Brid in
tono spiccio, lasciando una candela accesa sul comodino accanto
all'infermo e prelevando la lanterna. Improvvisamente sopraffatto
dalla sensazione di essersi comportato da sciocco Fíli annuì
frettolosamente e si dileguò oltre la porta tartagliando qualcosa di
simile a delle scuse; Brid annuì, senza badare al fatto che il Nano
se l'era già battuta giù per le scale, e dopo aver scostato una
ciocca di capelli dalla fronte distesa di Thorin si decise a
seguirlo, tirandosi dietro la porta. Esitò un momento, prima di
chiuderla, attardandosi a guardare ancora una volta l'ospite
addormentato.
“É fatto
di roccia, non hai nulla da temere”. La voce di Balin la raggiunse
tanto inaspettatamente che la lanterna quasi le cadde di mano:
portandosi una mano al cuore, Brid si voltò ad annuire al vecchio
Nano che le sorrise gentilmente.
“Dwalin e
Glóin concordano con me riguardo la partenza: ci tratterremo per
qualche giorno, se l'invito è ancora valido”.
“Ma
certo. E ora vi chiedo perdono mastro Balin, ma vado a coricarmi un
poco...ho bisogno di riposo. Fate come se foste a casa vostra”
rispose con uno sbadiglio, finalmente abbandonando la maniglia delle
porta che nascondeva Thorin al suo sguardo; si trascinò stancamente
fino alla camera da letto di Lila, in fondo al corridoio, e quando
infine si intrufolò sotto le coperte rannicchiandosi contro il corpo
caldo della sorella che meccanicamente l'abbracciò, il suo ultimo
pensiero fu per Fíli. Quell'adorabile Nano della malora a cui
inspiegabilmente non era riuscita a dire che se non fosse stata
esausta avrebbe vegliato Thorin fino al suo risveglio.
Quando
riaprì gli occhi era sola, immersa nell'oscurità della stanza di
Lila e con le narici colme del suo odore familiare, mitigato da
quello della stoffa delle lenzuola e della cera delle candele che sua
sorella era solita abbandonare un po' qua e un po' là in giro per le
stanze; rimase immobile per un po' e tentò di stabilire che ore
fossero semplicemente guardando i coni di luce che riuscivano a
filtrare attraverso le pesanti tende tirate davanti alla finestra, ma
in capo a qualche minuto decise di rinunciare.
Stava
nuovamente scivolando nel dormiveglia quando le sembrò di sentir
parlottare al piano di sotto, in corrispondenza della cucina:
frastornata, si tirò su con uno sforzo immenso e a tentoni cercò
qualcosa con cui coprirsi. Calcatasi addosso la vestaglia di suo
padre scivolò fino alla porta e poi giù per le scale, affacciandosi
furtivamente sulla cucina come se avesse voluto passare inosservata.
Seduto
davanti al camino con la testa rasata che rifletteva il bagliore
delle fiamme mentre fumava la pipa, il grosso Nano che la sera prima
le aveva quasi spezzato un braccio sembrava immerso in un'infinità
di pensieri; era solo, e prendendosi tutto il tempo di osservarlo con
curiosità Brid notò che là dove i capelli non crescevano la sua
nuca era tatuata, così come sul dorso delle sue grandi mani tozze
quel bizzarro ospite recava dei motivi geometrici, decisamente più
semplici di quelli sulla nuca ma considerevolmente più grandi.
Quello sconosciuto la incuriosiva a tal punto che se non fosse stato
per Ferumbras, che vedendola sulla porta si gettò rumorosamente giù
dal davanzale della finestra e le trotterellò incontro, festoso e
tremolante come una palla di lardo molto contenta, si sarebbe seduta
ad osservarne di nascosto le mosse ancora per un bel po'. Purtroppo,
però, il gatto si era mosso, e quando un gatto come Ferumbras si
muoveva di certo non passava inosservato. Quindi non le rimase che
scendere l'ultimo scalino ed entrare definitivamente in cucina.
“Buongiorno”
esordì senza mostrarsi troppo allegra né troppo seria. Il Nano
voltò il capo verso di lei e di colpo Brid pensò che non era
possibile pensare che fosse spaventoso. Un po' inquietante,
tutt'al più, ma spaventoso proprio no.
“Buonasera,
vorrai dire!” corresse lui con un vocione aspro che non aveva
niente di cattivo, solo tanta, tanta rudezza.
“Ho
dormito così tanto?” domandò perplessa.
“Più di
Thorin no di sicuro”.
“Ah, non
si è ancora svegliato...”.
“A meno
che non l'abbia fatto nell'ultima ora e adesso stia giocando a carte
con mio fratello non credo proprio”. Brid non seppe se ridere o
preoccuparsi, e il fatto che il Nano non lasciasse trasparire alcuna
emozione non l'aiutò affatto.
“Così...siete
voi il fratello di Balin...” fece dunque, appuntandosi mentalmente
di fare una capatina in camera sua per accertarsi delle condizioni di
Thorin.
“Dwalin”
annuì l'altro, contro la pipa.
“Bene,
mastro Dwalin, sapreste dirmi per favore dove posso trovare mia
sorella?”.
“É
appena uscita per andare a prendere le uova”.
“Ah...”.
D'un tratto colpita dall'atmosfera stranamente silenziosa che
aleggiava in tutta la casa, Brid si guardò intorno. “E gli altri
dove sono? Fíli e Kíli? E il vostro amico con la barba rossa?”.
“Cos'è
questo, un interrogatorio?” sbottò Dwalin, e Brid non riuscì ad
impedirsi di sorridere. “Glóin è partito per i Monti Azzurri, è
lui il fortunato che avrà l'onore di portare alla sorella di Thorin
la notizia dell'incidente. Fíli e Kíli lo accompagnano fino al
ponte” brontolò poi il Nano, addolcendosi un poco di fronte al
sorriso genuino di lei. L'improvviso refolo d'aria gelida che
accompagnò lo spalancarsi della porta e l'ingresso frettoloso di
Lila li interruppero.
“Per
tutti i Valar, che freddo!” sbottò la nuova arrivata
richiudendosi subito la porta alle spalle.
“Su con
la vita, tempo tre mesi e la neve sarà soltanto un brutto ricordo!”
sbadigliò sua sorella per tutta risposta, senza curarsi della coda
di Ferumbras che nel frustare nervosamente l'aria si imbatteva
ritmicamente nei suoi stinchi; Lila quasi si stupì di vederla in
piedi, dovette fare attenzione a non lasciarsi reagire con troppa
enfasi o le uova sarebbero finite sul pavimento.
“Ah, sei
sveglia!” fece, posando la cena sul tavolo di legno mentre lanciava
un'occhiataccia alla pipa accesa di Dwalin, che sembrò volerla
sfidare degnandola soltanto di un monumentale sbuffo di fumo.
“Sì,
pensavo di darti una mano con la cena...magari vado a vestirmi e poi
possiamo metterci al lavoro!”. Lila annuì distrattamente, troppo
presa a contare sottovoce le uova sotto lo sguardo vigile di Dwalin,
e Brid sgusciò nuovamente oltre la porta, su per le scale.
Sull'ultimo gradino indugiò, fissando la porta intagliata della
propria camera da letto con il cuore inspiegabilmente colmo
d'aspettativa; un moto d'impazienza a cui reagì stizzosamente la
spinse ad afferrare la maniglia e a spingere piano, intrufolando
appena la testa nella stanza alla ricerca di una qualsiasi novità.
“Balin?”
chiamò, e al lume della candela accesa sul comodino il volto del
vecchio Nano si voltò in direzione della sua voce.
“Piccola
Brid” rispose con un sorriso che la fece sentire quasi coccolata.
“Dormito bene?”.
“Sì,
grazie. Voi vi siete riposato un po' prima di venire a vegliare
Thorin?”.
“Mio
fratello si è personalmente assicurato che dormissi qualche ora
prima di concedersi a sua volta un po' di sonno. Mi tratta come un
vecchio, quello sciagurato, dimenticando che sono più anziano di lui
di appena nove anni!”.
“É
soltanto più premuroso di quanto egli stesso sia disposto ad
ammettere” ridacchiò Brid. Il suo volto tuttavia si fece subito
serio quando lo sguardo le si posò sul Nano ferito ancora seppellito
sotto le coperte: Thorin continuava a dormire profondamente,
inespressivo e rilassato come se non avesse mai riposato in vita sua.
Durante il giorno una spalla e un braccio erano sgusciati fuori da
quel caldo bozzolo di coperte invernali, lasciando scoperto un po'
del suo petto ampio e coperto di peluria scura che nel prestargli
soccorso Brid era stata troppo impegnata per notare; ora che non
aveva nulla di così pressante da fare lo osservò, e probabilmente
arrossì con violenza nel ricordare che, anche se nascosto sotto le
coperte, Thorin era mezzo nudo. Mezzo nudo e ferito, ma indubbiamente
prestante.
“Bene,
credo proprio che andrò ad aiutare mia sorella con la cena!” fece
all'improvviso e con un po' troppa decisione, cogliendo Balin di
sorpresa. “Mi raccomando, chiama per qualunque cosa! Appena è
pronto vengo...cioè, Lila...insomma, qualcuno verrà a chiamarti!”.
Senza
nemmeno prendersi il disturbo di aspettare una qualunque risposta
Brid prese la porta e uscì con la furia di una valanga,
aggrappandosi alla balaustra delle scale come ad un'ancora di
salvezza. Di sotto, Lila e Dwalin discutevano animatamente sulla
quantità di uova necessaria a sfamare ciascun Nano della compagnia,
ma lei non li sentiva: ognuno dei suoi sensi, a parte la vista, era
offuscato da una soffocante sensazione di vergogna. E in ogni caso i
suoi occhi non volevano saperne di mettere a fuoco il cono di luce
che dalla cucina filtrava nel locale delle scale, ancora rapiti dalla
visione di Thorin mezzo nudo e addormentato nel suo letto.
Se non
svenne per l'imbarazzo e i bollori fu in parte per il saldo appiglio
della balaustra, e in parte per il rumore della porta d'ingresso che
si richiudeva con un tonfo, annunciando il ritorno di Fíli e Kíli.
“Ehilà,
gente! Che c'è per cena?”. Un ringhio preoccupante, la voce di
Kíli che urlava 'Al riparo!' e il rumore di qualcosa di secco
infranto contro una parete. Dwalin andò su tutte le furie.
“I miei
complimenti, milady! Oltre che una pessima mira ora avete
anche un uovo in meno!”.
Quella
notte fece così freddo che, rigirandosi avanti e indietro tra le
lenzuola, Brid si convinse di aver visto alla luce del plenilunio il
gelo cristallizzarsi sul vetro della finestra in camera di Lila;
così, armandosi di pazienza e anche di un po' di coraggio, scese le
scale in punta di piedi e accese il camino, gettandovi poca legna e
badando di tenere le fiamme basse. Rovistò il più silenziosamente
possibile nella vecchia cassapanca che sua madre aveva portato da
Brea, antico cimelio di famiglia ricolmo di altri cimeli di famiglia,
e ne cavò quattro bei scaldaletti di ferro battuto che riempì di
braci bollenti e avvoltolò in federe pulite, per poi distribuirli
nelle camere degli ospiti. Riuscì inaspettatamente a non svegliare
nessuno (o almeno così credette: il vecchio Balin finse di non
essersi accorto di niente, ma nascosto dal buio un occhio lo aprì
eccome), e si costrinse ad accontentarsi di quel poco che era
riuscita a fare, accompagnata per tutto il tempo dal chiassoso
russare dei Nani.
Lasciò la
propria camera da letto per ultima, e una volta abbandonato sul
pavimento fuori dalla porta lo scaldaletto più malconcio che aveva
deciso di tenere per sé e per Lila, indugiò un momento,
dibattendosi tra l'imbarazzo, i dubbi e la confusione. Ben presto si
stufò di quella nuova Brid incredibilmente emotiva e timida che
proprio non aveva idea da dove fosse spuntata, e spingendo la porta
con la spalla, una mano impegnata a reggere la candela e l'altra
munita di scaldaletto, entrò, percorrendo la distanza che la
separava dal letto a passo di marcia.
Thorin non
russava, e suo malgrado ciò la impensierì: poggiò la candela sul
comodino chinandosi appena sul letto, attenta a non disturbare il
respiro ritmico e pesante dell'infermo addormentato: gli occhi di
Thorin, però, si spalancarono puntando dritti su di lei, e
nonostante in quello sguardo non vi fosse alcuna traccia di allarme o
diffidenza, Brid sobbalzò come se lui l'avesse sorpresa a frugargli
nelle tasche.
“Thorin!”
esalò in un fil di fiato, portandosi una mano al petto laddove
sentiva il cuore martellare impazzito. “Che...sollievo vederti
sveglio!”.
“Mi
davate per morto, milady?” domandò lui con voce roca, bassa, la
voce di chi non parla da ore.
“Esagerato!
Quante storie per qualche zampata d'orso, non è certo per le ferite
che te la sei vista brutta, Nano!” sbottò immediatamente lei,
piccata. Qualcosa illuminò gli occhi chiari di Thorin ma Brid era
troppo impegnata a fare la sostenuta per indagare su cosa fosse.
“Erano
infette?”.
“No, ma
avevi comunque la febbre alta”. Con un sospiro Brid sedette sul suo
letto, accanto a lui: Thorin tentò di scivolare di lato per farle un
po' di spazio ma i lembi ricuciti delle ferite gli restituirono una
sensazione sgradevole, strappandogli un gemito sofferente, e una mano
di Brid volò subito ad inchiodalo con le spalle al materasso,
impedendogli di muoversi.
“Non ce
n'è bisogno, posso stare sul bordo” disse solo. “Dunque, stavo
dicendo...ah, sì: come ti è venuto in mente di ciondolare in giro
per il bosco in pieno inverno dopo essere stato ferito da un orso?”.
Incredibilmente, a quelle parole Thorin parve sentirsi un grandissimo
stupido.
“Non è
che mi sia venuto in mente” borbottò a disagio “Ho dovuto farlo:
Fíli e Kíli non erano al sicuro, con quell'orso nei paraggi, e
nemmeno gli altri. Affrontarlo sarebbe stato uno spreco di tempo e di
energie, l'unica soluzione era quella di tornare verso i Monti
Azzurri”.
“Però
qualcosa è andato storto...o meglio, qualcuno è crollato”.
“Mi
stai facendo la predica, ragazzina?” sibilò Thorin, con lo
sguardo improvvisamente acceso d'ira. Brid, però, non si scompose.
“Figuriamoci,
non mi permetterei mai!” sbottò sarcastica. “Intanto
perdonami se non m'inchino al cospetto della tua monumentale
incoscienza, ma stare chinata tutta la notte sulle tue ferite mi ha
così provata che non ci penso proprio a ridurmi ancora peggio per
gratificare il tuo ego!”. Gli occhi
azzurri di Thorin si fecero cupi e si assottigliarono in due fessure
tempestose; poi una delle sue grandi braccia da fabbro scivolò fuori
da sotto le coperte con un fruscio sommesso, e con l'aria di chi sta
cercando a tutti i costi di imporsi la calma il Nano si passò la
mano sul volto.
“Fíli e
Kíli?” domandò poi, e Brid fu lapidaria.
“Stanno
bene”.
“Allora
perché ti scaldi tanto?”.
“Perché
mi hai fatta preoccupare, testa di mulo!”. In un impeto di rabbia
che lo spiazzò completamente, Brid allungò un braccio verso di lui
e gli spintonò il braccio nudo, scalzandogli via la mano dal volto:
Thorin la guardò come se gli avesse appena confessato di essere
un'assassina, per un momento combattuto tra l'indignazione e lo
stupore più sincero. Poi Brid si mise a parlare, e qualunque cosa
avesse desiderato risponderle si perse in quel fiume di parole.
“Mi avete
fatta preoccupare tutti quanti! Tu, con quella tua faccia da
moribondo mentre ti reggevi a Kíli, l'espressione terrorizzata di
Fíli che mi implorava di aiutarti...mia sorella che quasi piangeva,
quel Nano gigantesco che per poco non mi spezzava un polso, la
notizia di un orso ferito e rabbioso che si aggira nel bosco! Voci
sconosciute alla porta di casa nel cuore della notte e sei Nani
feriti in cucina la mattina dopo! E io sono soltanto una ragazza alta
quattro piedi e mezzo che non sa nemmeno impugnare decentemente una
roncola per difendersi, dannazione!”.
Thorin si
levò a sedere facendo leva sulle braccia intorpidite, e
rabbrividendo appena nell'aria fredda della notte allungò le braccia
verso di lei, posandole le mani sulle spalle: la trasse gentilmente
verso di sé e d'istinto le baciò la fronte, come aveva visto fare a
sua sorella Dís quando tempo addietro si ritrovava a dover consolare
i suoi due piccoli nanetti dopo qualche incubo tremendo. A quel
semplice contatto Brid parve rilassarsi e abbandonarsi contro le sue
labbra con un sospiro tremante.
“Perdonami
se puoi” sussurrò il Nano carezzandole piano una spalla “E
grazie...per tutto quello che fai per loro. E per me”.
“Sei
stato uno sciocco, Thorin...ma uno sciocco amorevole” concesse lei
dopo qualche minuto di silenzio in cui aveva semplicemente lasciato
che lui la confortasse. “Comunque sia andata non ha importanza,
siete al sicuro ora. Glóin è tornato a casa con l'incarico di
avvisare tua sorella”. Rinfrancato da quelle parole gentili Thorin
si concesse un sospiro, annuendo contro la fronte di Brid.
“Quasi mi
rallegro di non essere nei suoi panni”.
“Che
diamine, tua sorella è davvero tanto tremenda?” saltò su Brid,
divertita ed esasperata al tempo stesso. “Ma che Nani siete, tutti
quanti, se vi fate terrorizzare da lei?”.
“Tu non
la conosci. Sono centosettantacinque anni che mi tormenta” fece
Thorin in tono grave, e Brid si sciolse in una risata argentina che
inaspettatamente strappò un sorriso anche a lui. Sotto gli occhi di
Thorin, Brid si chinò a recuperare dal pavimento lo scaldaletto
avvolto nella federa.
“Ecco,
con questo dovresti riuscire a superare la notte senza morire
assiderato...o meglio, quanto resta della notte” fece con uno
sbadiglio, alzandosi e cacciando il piccolo bozzolo di stoffa calda
sotto le coperte. “Se hai bisogno di qualcosa chiama pure.
Sveglierai tutta la casa e i tuoi allegri compari ti si fionderanno
nel letto ma per lo meno avrai quanto più aiuto possibile”.
Riscoprendosi improvvisamente mezzo nudo, Thorin si affrettò a
scivolare sotto le coperte e un piacevole brivido caldo gli si
propagò per tutto il corpo quando i suoi piedi sfiorarono lo
scaldaletto; rivolse un'occhiata carica di gratitudine a Brid, che
gli rispose con un sorriso, e rimase a guardare lei e la candela
andarsene verso la porta. Un momento prima che l'uscio si richiudesse
completamente, però, il volto della fanciulla si riaffacciò sulla
stanza accompagnato da un cono di luce.
“Ehi,
Nano! Non hai mantenuto la promessa!” disse con un tono polemico
che fece subito presagire uno scherzo, più che la minaccia di una
tremenda vendetta.
“Quale
promessa?” domandò Thorin, spiazzato, scattando a sedere con una
smorfia sofferente. Il volto di Brid si contrasse in un broncio
offeso.
“Quella
che non ti saresti mai presentato alla mia porta con un'orda di Nani
affamati al seguito!”. Colto alla sprovvista Thorin spalancò gli
occhi in un'espressione ben poco da lui, ma indubbiamente sincera;
prima ancora di potersene accorgere si lasciò sfuggire una risata
bassa, divertita, e si trovò a levare le mani in segno di resa.
“Troverò
il modo di farmi perdonare” promise con voce inavvertitamente
suadente, che costrinse Brid a mugugnare qualcosa d'indistinto
battendo precipitosamente in ritirata: soltanto quando si richiuse
alle spalle la porta della camera da letto di Lila si costrinse a
smettere di borbottare e a controllare la respirazione, ignorando i
lamenti contrariati della sorella quando alzò le coperte per
ficcarci sotto lo scaldaletto.
“Insomma,
Brid, che ti prende? E poi si può sapere dov'eri finita? Ho sentito
delle voci, pensavo ci fosse un altro battaglione di Nani in fin di
vita alla porta!” fece Lila quando finalmente sua sorella si degnò
di guardarla e prestarle attenzione: per tutta risposta Brid spense
la candela soffiando con veemenza e si cacciò sotto le coperte.
“Dal
Nano-testa-di-mulo...sì, insomma, Thorin!”. Nascosta
nell'oscurità, Lila spalancò gli occhi blu.
“Da
Thorin? E perché dia...?”.
“Vuoi
piantarla di fare chiasso?” ringhiò Brid con voce che traboccava
ansia e terrore, premendole una mano sulla bocca: ne seguì una semi
colluttazione al buio, in cui non ci furono vincitori né vinti ma
solo un impressionante groviglio di coperte e il tonfo metallico
dello scaldaletto caduto sul pavimento. Alla fine Lila riuscì ad
afferrare entrambi i polsi di Brid, costringendola a rispondere.
“Allora?”
domandò con fare imperioso.
“Allora
niente, ficcanaso suprema, faceva un freddo cane e sono andata a
riempire gli scaldaletti! Solo che quando ne ho portato uno a Thorin
l'ho trovato sveglio, e...beh, ecco...abbiamo parlato”. Al ricordo
delle labbra calde del Nano premute sulla propria fronte con
gentilezza, Brid rabbrividì ancora e sentì la testa girare
vorticosamente quando gli occhi le restituirono l'immagine di Thorin
che le sorrideva dal cuscino.
“Ti
piace?” le domandò Lila senza preamboli, riportandola bruscamente
alla realtà.
“Che? Ma
figurati!” annaspò senza fiato, avvampando violentemente.
“É
stranamente affascinante per essere un Nano...con quella sua aria
burbera, altera...e ha bei lineamenti” considerò Lila come
soppesando la questione; poi si fece improvvisamente seria e la sua
voce suonò così adulta che per un momento, coadiuvata
dall'oscurità, Brid credette di parlare con Camelia Boffin, la
Hobbit di Brea che le aveva date alla luce in quella stessa casa. “Il
problema è che il tuo Nano-testa-di-mulo è un principe, Brid”.
“Co...cosa?”
ansò la minore, scioccata; Lila annuì, per poi affrettarsi a
rispondere adeguatamente non appena si ricordò che Brid non poteva
vederla.
“É
l'erede al trono di Erebor, il reame della Montagna Solitaria: me
l'ha detto Kíli. Cioè, se l'è lasciato sfuggire, e Dwalin
l'ha guardato come se avesse tanto voluto mangiarselo. Poi però ho
chiesto spiegazioni e quell'energumeno tatuato si è visto costretto
a confermare tutto”.
"Un...principe...”
boccheggiò Brid, inspiegabilmente spaventata, imbarazzata e
indignata al tempo stesso: si sentiva come in balia delle rapide del Lhûn,
sballottata tra le sensazioni e intontita da tutti i sentimenti
contrastanti che sentiva montare dentro di sé. Si costrinse a non
mostrarsi troppo scossa, e con un repentino cambio d'umore strattonò
le coperte fino a tirarsele fin sopra la testa, seppellendosi in un
caldo e soffice bozzolo.
"Principe
o meno non cambia niente. Non è come dici tu, non
mi piace” fece, con un tono talmente autoritario che Lila non si azzardò a
replicare: si accoccolarono l'una contro l'altra, dividendosi
equamente le coperte, e cercarono di riaddormentarsi. Brid, però,
non ci riuscì.
*NOTE*
Non
sarò loquace come al solito questa sera, sono di pessimo umore
per tutta una serie di motivi, uno più spregevole dell'altro, e
per di più mi sono appena votata all'odio puro nei confronti
dell'HTML. Se fosse un'entità dotato di personalità lo
ucciderei. Dico sul serio.
Vi
domando scusa se non sono simpatica e loquace come al solito e spero
che il capitolo vi sia piaciuto. Vi ringrazio di cuore per essere
sempre carini e coccolosi, di volta in volta, e avviso che
risponderò quanto prima alle recensioni lasciate in sospeso.
Adesso vado, che ho da sregolare i conti con un paio di questioni che
minacciano la salute e l'integrità del mio fegato. Abbiate
pazienza, tornerò quella di sempre. Vi amo <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** 4 (terza parte)- Una Regina della malora e l'offerta di pace ***
4 (terza parte)- Una Regina della malora e l'offerta di pace
Ancora
una volta, dedico il capitolo (in MOSTRUOSO ritardo!!) a Yavannah, per
il suo compleanno :) Tanti auguri, cara, un bacione!
4 (terza
parte)- Una Regina della malora e l'offerta di pace
“Oh!
Bentornato tra noi!” lo salutò Lila con un gran sorriso quando il
mattino seguente comparve sulla porta della cucina, e suo malgrado
Thorin si ritrovò a sorriderle di rimando, provando una strana
sensazione di calore e tranquillità nell'affacciarsi su quella
stanza affollata satura dei profumi del forno e del vociare dei suoi
congiunti. Si chiese da quanto tempo non vedesse Dwalin, Fíli, Kíli
e persino il morigerato Balin così gioviali in un qualunque posto
che non fosse una taverna e senza le mani occupate da qualsiasi cosa
fosse in grado di contenere abbastanza birra da farli cantare. “Buongiorno”
rispose con lo sguardo che correva di volto in volto attraverso la
stanza: Fíli e Kíli lo guardavano ad occhi spalancati, come se d'un
tratto avessero riconosciuto in lui l'incarnazione mortale e terrena
di Mahal il Fabbro, Balin gli sorrideva compiaciuto con le spalle
rivolte al camino e Dwalin batté un pugno sul tavolo prorompendo in
una risata tonante, resa aspra dalla sua rude voce di Nano ma che non
avrebbe potuto suonare più entusiasta. “Per la
barba di Durin il Senzamorte, Thorin! Quella tua pellaccia
principesca è davvero dura!” disse, e qualunque cosa avesse voluto
rispondergli, Thorin non ebbe il tempo né il modo di farlo: con una
foga tale che Lila dovette addossarsi al muro per non rimanere
travolta, Fíli e Kíli schizzarono in piedi ribaltando le sedie e si
precipitarono dallo zio, allegri e festosi come due cagnolini di
pochi mesi incontro al padrone. “Zio!
Come ti senti? Aspetta, ti aiuto...”. “Kíli...non
ce n'è alcun bisogno...” borbottò, sballottato da una parte
all'altra mentre Fíli si appropriava dell'altro suo braccio. “Non ti
sforzare, Thorin! Appoggiati a noi, non ti sei ancora rimesso del
tutto...”. “Centottantanove
anni, una barba di tutto rispetto e ancora hai bisogno della balia,
Thorin?” ridacchiò Dwalin con un sorrisetto stranamente
impertinente sotto i baffoni scuri, ignorando l'occhiataccia che il
suo migliore amico gli rivolse; smettendo per un momento di impastare
il pane, Brid si godette in silenzio la scena dall'angolo più
lontano del tavolo: Fíli e Kíli che si trascinavano appresso un
Thorin recalcitrante e imprecante erano uno spettacolo indubbiamente
comico, che avrebbe fatto ridere chiunque. Normalmente nemmeno lei si
sarebbe tirata indietro, ma nelle orecchie le sembrava di udire
ancora la voce di Lila svelarle la vera identità di Thorin e
guardandolo rampognare paonazzo di vergogna non poté fare a meno di
domandarsi con chi avesse avuto il privilegio di parlare, la sera
prima, se con il Re oppure con il Nano. Fu soltanto
quando Fíli e Kíli glielo sedettero accanto che si riebbe,
riemergendo improvvisamente dal groviglio di pensieri contrastanti
che la tormentavano: Thorin le rivolse uno sguardo corrucciato che
palesemente non aveva nulla a che fare con lei ma soltanto con la
vergogna di essersi lasciato portare fin sulla sedia come un
poppante, e addolcendosi un po' le borbottò un saluto che venne
sovrastato dall'allegro berciare di Balin e Dwalin che dalla parte
opposta del tavolo facevano a gara su chi conoscesse l'aneddoto più
imbarazzante sull'altro. “Buongiorno”
ricambiò in tono spiccio e distolse immediatamente lo sguardo. Aveva
chiaramente avvertito un moto di tenerezza scaldarle prepotentemente
il petto nel ricevere quel saluto, seguito subito dalla frustrante
sensazione di non sapere come doversi comportare, e a quel contrasto
tanto aspro reagì chiudendosi in se stessa senza preoccuparsi di
apparire troppo gelida e scostante. Afferrò
con decisione un lungo coltello dalla lama affilatissima e con rapidi
gesti secchi divise in sei l'impasto bianco e soffice, passando poi
ad infarinare meticolosamente ognuna delle parti e ad inciderle.
Thorin rimase a guardarla lavorare, interdetto dalla sua
indifferenza, senza osare rivolgerle ancora la parola. “Mastro
Dwalin, per tutti i Valar!” esclamò ad un tratto Lila, perentoria.
“Avete di nuovo finito le uova!”. Sotto gli occhi di tutti
Dwalin scrollò platealmente le spalle. “Ce
n'erano talmente poche! E poi non provare a darmi tutta la colpa,
ragazzina, quando soltanto ieri sera ti sei messa a lanciarle contro
la porta!”. “Sciocchezze,
sciocchezze!” si affrettò a zittirlo Lila, agitando imperiosamente
un cucchiaio di legno verso di lui; dall'altra parte del tavolo Fíli
e Kíli sembrarono friggere sulle sedie, improvvisamente in cerca di
un'eventuale via di fuga al ricordo della sua pessima e imprevedibile
mira. “Suppongo che a questo punto sarete ben lieto di cedere la
vostra colazione a Thorin, che ha bisogno di recuperare le forze...”
fece poi la padrona di casa, fissando il grosso Nano con una curiosa
espressione che sembrava sfidarlo a dissentire; Dwalin, però, non
parve dell'idea di lasciarsi mettere i piedi in testa da una donna
(che oltretutto non era nemmeno una Nana), e cogliendo al volo
l'occasione di sottrarsi alla vicinanza di Thorin salvando
contemporaneamente la vita a sua sorella, Brid si liberò in fretta e
furia del grembiule che portava legato in vita e lo gettò su una
sedia. “Vado a
vedere se le galline ne hanno fatte delle altre!” si offrì, con
un'enfasi che risuonò quasi come sollievo; sua sorella la guardò
stralunata. “Che? Ma
no, vedrai che adesso Dwalin si alza e fa l'ospite beneducato...”. “Ehi,
donna, ce l'hai con me?” la interruppe scontrosamente il Nano,
strappandole un'occhiataccia minacciosa. Con uno sbuffo esasperato
Brid decise di ignorarli. “Ci vado
io e non se ne parli più! Così ne approfitto per prendere una
boccata d'aria” fece risoluta, raggiungendo la porta e schiudendola
appena. “Lila, fammi il favore, inforna il pane mentre io rovisto
nella paglia del pollaio! E controlla che mastro Dwalin non si mangi
pure le gambe del tavolo!”. In un turbine d'aria gelida Brid si
dileguò oltre la porta verde e tonda, lasciandosi alle spalle
l'ennesimo battibecco infantile tra Lila e Dwalin e le risate degli
altri; soltanto Thorin non disse una parola e continuò a lanciare
occhiate sfuggenti al punto in cui l'aveva vista sparire,
domandandosi cosa fosse successo alla ragazza spaventata e bisognosa
di rassicurazioni che appena poche ore prima gli aveva portato uno
scaldaletto colmo di baci bollenti, sorridendogli con dolcezza.
Battendo i
pedi sulla porta della stalla come avrebbe fatto entrando in casa,
Fíli s'intrufolò nello spiraglio lasciato aperto e si inoltrò
nella penombra della stalla, storcendo il naso per l'odore acre del
caprone e per quello familiare della paglia. Rannicchiata
in terra, infagottata in quelli che gli sembrarono vecchi abiti da
lavoro maschili, Brid accarezzava lentamente il grosso ventre gonfio
di una vacca isolata dagli altri animali, alla tremolante luce di una
lanterna poggiata su uno sgabello di legno; accanto a quella grossa
bestia sembrava minuscola, una piccola Hobbit con una lunga zazzera
ribelle e con indosso abiti troppo grandi che le cascavano da tutte
le parti. Quando lo sentì arrivare si voltò verso di lui con un
sorrisino teso, e Fíli sentì di volerla stringere forte. “Che ci
fai qui, Nano della malora?” domandò con un accenno di disappunto,
ma in fin dei conti felice di vederlo. Lui le sorrise. “Volevo
passare un po' di tempo con la donna-orso più scorbutica di tutta la
Terra di Mezzo” fece semplicemente, lasciandosi scompostamente
cadere accanto a lei sulla paglia; Brid non fece in tempo a pregarlo
di fare attenzione che la vacca prese ad agitarsi, scalpitando
irrequieta e lanciando lunghi muggiti lamentosi. “Maledizione!
Passale le braccia intorno al collo e cerca di calmarla! Io la tengo
ferma!” sbraitò Brid balzando in piedi, improvvisamente seria: in
un turbinare di paglia e capelli, Fíli si costrinse a rialzarsi
subito e ad appendersi al possente collo della mucca innervosita,
mentre con tutte le sue forze Brid le bloccava le zampe facendo
attenzione a non colpirle inavvertitamente il pancione. La vacca,
però, non sembrò rassicurata dal loro intervento e con un
inaspettato impeto di vitalità tentò di scrollarseli di dosso,
muggendo terrorizzata. “Parlale,
Fíli!” grugnì Brid, sballottata con violenza. “Che?
E...che dovrei dirle?” ansò il Nano dall'altra parte della mucca. “Qualcosa
di carino, qualunque cosa! Avanti, non vorrai farmi credere
che tu non abbia mai parlato ad una donna?!”. “Non so
se alle vacche piace sentirsi dire le stesse cose che piacciono alle
Nane...”. “Per Eru,
Fíli, PARLALE E BASTA!”. Brid
commise il fatale errore di lasciarsi distrarre da quell'ultima
risposta sciocca e inevitabilmente si ritrovò sbalzata contro la
parete di legno, pericolosamente vicina alle zampe scalpitanti della
vacca che torreggiava su di lei come una montagna, e con l'unica (e
ben poco allettante) prospettiva di fuga di lanciarsi sotto il suo
ventre prominente e rotolare verso la salvezza. Non si concesse
nemmeno un secondo per pensarci e prima ancora che potesse domandarsi
perché non si decideva a prendere a calci nel sedere quel maledetto
Nano pasticcione una volta per tutte si ritrovò fuori pericolo,
coperta di paglia e con il cuore che batteva all'impazzata. Ma salva. Accanto
alla parete, seduto in bilico sulla staccionata che divideva il
recinto delle vacche da quello delle capre, Fíli accarezzava il
collo alla vacca sussurrandole qualcosa in una lingua che Brid non
capì, ma che poco a poco parve tranquillizzare la bestia. Rimase a
guardarli in silenzio per un po', e quando finalmente fu sicura di
non compromettere la situazione si concesse un sospiro di sollievo. “Se
volete vi lascio soli...”. Fíli sbuffo una risatina contro la
fronte della mucca, e quella gli strusciò il muso contro il volto,
sbattendo pigramente le lunghe ciglia. “Mi sa che l'hai fatta
innamorare, Nano della malora...un guaio in fila all'altro, tu, eh?”. “Ma
smettila” ridacchiò ancora lui, balzando giù dalla staccionata e
affiancandola. “Tutto bene?” le domandò gentile, porgendole una
mano che lei accettò di buon grado, annuendo con enfasi. “Sì, sì.
Si può sapere che le hai detto?” domandò Brid scrollandosi di
dosso la paglia e lanciando qualche occhiatina perplessa verso la
vacca, che ora li guardava placida dondolando la coda a destra e a
sinistra. “Che ha
la barba più bella e folta che io abbia mai visto!”. Fíli si
lasciò andare in una risata allegra, coinvolgente, che riuscì a
strappare un sorriso persino alla Brid burbera e incupita degli
ultimi giorni, che a lui, però, proprio non sapeva negare un po' di
dolcezza. “E dei
baffi non le hai parlato? Guarda che poi si offende!” lo stuzzicò,
e lui le rivolse un'occhiata impertinente. “No,
magari la prossima volta. Allora, donna-orso...te ne starai rintanata
qui per tutto il giorno?” domandò poi, cambiando discorso con una
punta di titubanza. “Anche
tutta la notte, dovesse essere necessario. La tua innamorata ha
bisogno di me” fece Brid, accennando con un movimento del capo
all'addome della vacca, teso fino allo spasmo; Fíli non riuscì a
reprimere una smorfia contrariata mentre la guardava tornare accanto
alla bestia ora tranquilla e riprendere a carezzarla. Ma quello che
Brid gli disse subito dopo lo deluse ancora di più. “Puoi
restare a farmi compagnia, se vuoi. Però devi promettermi che quando
ti dirò di andartene non farai storie e te ne tornerai da Kíli...”
lo pregò, e Fíli si sentì strano, quasi indesiderato sotto a quel
suo sguardo dolce ma determinato. “Perché
dovrei andarmene? Non...non mi vuoi con te?” borbottò con un filo
di voce, sentendo un incredibile gelo farsi strada nel petto. Ma poi
Brid scosse la testa con una risata, e si affrettò a rincuorarlo. “Certo
che no, sciocco, altrimenti non ti avrei proposto di restare. É
solo che tu sei un principe, e il parto di una vacca non è
esattamente uno spettacolo che si addica a qualcuno del tuo rango,
tutto qui”. “Questo
lo dici tu! Sono sicuro che Thorin approverebbe se restassi, lui è
sempre stato del parere che non si è mai abbastanza istruiti!”
s'incaponì lui e Brid si disse che talvolta quel Nano tenero e
gentile era capace di sfoderare un temperamento ostinato e
capriccioso che avrebbe fatto invidia ad un bambino di quattro anni.
In realtà capiva perfettamente come si sentisse Fíli, moriva dalla
voglia di averlo accanto per un po' esattamente quanto lui ne aveva
di restare lì con lei; il buonsenso, però, le diceva che se avesse
ceduto Fíli le sarebbe davvero stato accanto fino a quando non si
fosse decisa a rientrare in casa, e non dovette nemmeno fare lo
sforzo di domandarsi se gli avrebbe permesso di trascorrere un giorno
e una notte all'interno di una stalla fredda e puzzolente per capire
che non avrebbe mai e poi mai ceduto. “Già, e
io sono sicura che mi pelerebbe viva se solo osassi permettere ai
tuoi begli occhietti blu da principino di assistere ad uno
spettacolo simile! Quindi vai ad essere sicuro da un'altra parte,
va'! Fammi questo piacere!”. Con in
volto un sorriso tanto angelico quanto insolente, Fíli la ignorò
cordialmente e le si sedette accanto sul pagliericcio, cercando una
posizione che gli consentisse un minimo di agio. Sconfitta e senza
alcuna possibilità di rimonta, a Brid non rimase che rassegnarsi: si
concesse uno sbuffo esasperato e si lasciò cadere sulla paglia anche
lei, fissando ostinatamente lo sguardo sulle venature della parete di
legno che riusciva ad intravedere oltre le zampe della vacca; oltre
che infastidirla, quella dimostrazione di affetto e fedeltà da parte
di Fíli la lusingava oltre misura, ma non l'avrebbe mai ammesso né
con se stessa e meno che mai ad alta voce davanti a lui. Così si
mise a giocherellare con un filo di paglia pescato da terra,
lasciando che il silenzio disteso tra lei e Fíli cullasse le sue
orecchie martoriate dal fastidioso ronzio dei pensieri che le
turbinavano in testa senza sosta; godettero tacitamente della
vicinanza dell'altro, e mentre Fíli cominciava a realizzare di
sentirsi legato a quella strana fanciulla da qualcosa che fosse ben
più coinvolgente di una lecita amicizia, Brid non riuscì a
reprimere l'istinto di sfogare la propria curiosità e la propria
frustrazione. “Perché
non me l'hai detto, Fíli?” domandò in un tono che risuonò
amareggiato, volgendo su di lui uno sguardo ferito. “Perché non mi
ha detto chi sei?”. “I...io...”.
Fíli sospirò e scosse la testa, rifuggì gli occhi scuri e delusi
di Brid e prese tempo in qualunque modo possibile, ma alla fine si
risolse in uno sbuffo frustrato, e tenendo lo sguardo basso si
costrinse a dire la verità senza prestare troppa attenzione alla
vergogna. “Sono principe per diritto di nascita, ma in realtà non
sono mai stato nessuno. Mio zio Thorin è il vero erede al trono, io
ne sono il successore in quanto figlio primogenito di sua
sorella...ma sono nato e cresciuto sui Monti Azzurri, lavoro nelle
fucine per aiutare come posso la mia famiglia e la comunità, e tutto
quello che ho me lo sono guadagnato faticando”. Concedendosi un
respiro profondo per scacciare il disagio che quel discorso era
capace di instillargli ogni volta, Fíli sembrò finalmente trovare
il coraggio per tornare a guardare Brid negli occhi, e quando infatti
i loro sguardi così diversi eppure così complici si incontrarono
Fíli non si sentì più oppresso dalla colpa di averle taciuto la
propria vera identità. “Se non
ti ho detto di essere un principe è perché io stesso non mi
considero tale” disse soltanto, guardandola serio; Brid, dal canto
suo, non era sicura di aver capito esattamente come funzionasse la
vita di un Re dei Nani, ma in ogni caso decise di lasciar perdere i
propri dubbi e di sdrammatizzare. “Beh,
ma...un giorno lo sarai! Succederai a Thorin, e sarai tu il Re sotto
la Montagna!”. Fíli chinò il capo. “Erebor è
perduta, Brid” mormorò affranto “Rubata da un drago che
custodisce il tesoro di Thrór
e la città sotterranea come se fossero le sue uova e la sua tana.
Non la riavremo mai”. Brid lo guardò chinare ancora di più il
capo, farsi piccolo piccolo come un bimbo spaurito, e credette di non
avergli mai voluto più bene di così. Si ravviò i lunghi capelli
scuri dietro le spalle e come se i loro discorsi non avessero mai
preso quella piega spiacevole cominciò a raccontare. “Quando
io e mia sorella eravamo piccole i nostri genitori ci raccontavano
una favola diversa ogni sera, prima di metterci a dormire; quelle che
ci raccontava mamma erano sempre piene di cose buffe, come la grossa
zucca parlante di Artemidoro Tuc o lo smial-labirinto della vecchia
Malva Cotton...le favole di papà, invece, traboccavano di stregoni,
alberi parlanti, grandi castelli e bei cavalieri in armature
scintillanti. Io e Lila ci addormentavamo fantasticando che un
principe si avventurasse nei boschi fino ad arrivare qui, a questa
casetta sperduta, e poi rimanesse con noi per conoscerci e in seguito
decidere quale delle due sarebbe diventata la sua regina”. Persa
nei ricordi di un'infanzia che sembrava lontanissima, Brid si lasciò
sfuggire una risatina nostalgica e al contempo divertita. “Ogni
volta andava a finire sempre nello stesso modo: io mi arrabbiavo con
il malcapitato di turno perché non sapeva nemmeno raccogliere le
more senza pungersi con le spine, lo trattavo male e lui sceglieva
Lila, che al contrario di me era tutta inchini e salamelecchi”.
Inaspettatamente Fíli scoppiò a ridere, e la sua fu una risata
talmente sincera che Brid sorrise nel vederlo rinfrancato. “Allora
non è soltanto un mio felice privilegio, quello di vederti sempre
così scorbutica, lo sei sempre stata!”. “Ehi,
Nano della malora! Se non mi lasci finire come faccio ad arrivare
alla parte sdolcinata?” mugugnò lei, e di colpo Fíli smise di
ridere, guardandola interrogativo. “Sdolcinata?
Oh beh, se c'è una parte sdolcinata la voglio sentire, sono tutto
orecchi!”. Brid gli rivolse un'occhiata che avrebbe potuto
esprimere compassione o disappunto, ma poi con una mano cercò quella
di lui. “Un
principe che conosce il lavoro duro e che vive in mezzo alla sua
gente spogliandosi dei propri privilegi merita di essere una
guida, un esempio, qualcuno a cui affidarsi. Non lo è soltanto per
diritto di nascita” fece in tono assorto, sfiorando con gentilezza
i calli sul palmo di lui; con le loro mani intrecciate in grembo, si
sporse e lo baciò teneramente su una guancia, sorridendo
inconsciamente nel sentirlo trattenere il respiro. “Sarei
mille volte più fiera di essere la tua regina, piuttosto che quella
di un bamboccio con la corona sul capo” confessò poggiando la
testa sulla sua spalla: Fíli non si fece pregare e subito la cinse
in vita con un braccio, stringendosela al fianco. Nascose tra i
capelli di Brid il sorriso spontaneo che gli illuminava il volto, e
si perse ad immaginarla come la sua regina. Lila non
era brava quanto Brid nel guarire le ferite, ma con punti di sutura e
bendaggi sapeva cavarsela egregiamente: nonostante un velo di
diffidenza iniziale Thorin si trovò costretto ad ammettere
tacitamente di essere stato lasciato in buone mani, e ben presto lo
sgradevole senso di disagio che l'aveva inizialmente tormentato si
quietò. O quantomeno si sopì quel tanto che bastò a permettergli
di sopportare in silenzio la medicazione senza comportarsi come una
fanciulla vergognosa. Non intendeva minimamente sottovalutare
l'intuito di Lila, e questo lei lo capì, ma sapeva anche che non era
affatto stupida e dopo diversi minuti di rigido silenzio in cui
l'unico movimento da parte sua fu quello di lasciar scivolare sempre
più in basso le sopracciglia in un cipiglio cupo e distante, Lila
decise di fare il primo passo. “Vi
domando scusa, ma mia sorella ha così tanto da fare con gli animali
che ha chiesto a me di pensare alle medicazioni” azzardò con la
stessa casualità con cui avrebbe potuto parlare della selezione
delle sementi per il raccolto, preparandosi a gustarsi lo spettacolo.
E infatti non rimase delusa: Thorin sobbalzò, riscuotendosi
bruscamente dai propri pensieri, e l'azzurro dei suoi occhi parve
snebbiarsi, farsi meno tempestoso ed erratico. “Vo...vostra
sorella...che?” farfugliò con un'espressione che aveva ben poco di
principesco, ma Lila non ci badò. “Sì,
Brid ha da fare con gli animali e mi ha chiesto di occuparmi di voi”
ripeté paziente, augurandosi di non doversi sedere sul letto,
prendere in grembo quel Nano barbuto e ninnarlo come un bimbo. Thorin
non reagì con particolare enfasi, e forse la cosa la deluse un poco;
quando lo vide annuire assente si ritrovò corrucciata a propria
volta, e la situazione tornò quella di prima. “Siete
silenzioso. Devo supporre che stare mezzo nudo davanti a me vi metta
a disagio, mio signore?”. “Questo è
il genere di domande sfacciate che mi aspetterei più da vostra
sorella che da voi, milady” fece Thorin seccamente, quasi
infastidito. Poi sospirò e parve recuperare la calma. “Dimenticate
le formalità, vi prego, sono in debito con voi...e in ogni caso non
sono il signore di niente”. Lila non indagò su cosa
intendesse dire, ma non le sfuggì il lampo di tormento che
attraversò i suoi occhi chiari; si appuntò mentalmente di indagare
anche su quello e poi si costrinse ad ignorare la questione. “Beh?
Allora cos'è che vi impensierisce? Non vi sentite bene? Avete fame,
sonno, o...”. “Calmatevi,
Lila! Sto bene, non preoccupatevi. Temo
però che mia sorella abbia ragione, quando dice che sono...un
musone”
la interruppe lui, con un tono di voce fermo ma gentile che sfumò in
un borbottio, e che lo portò a pronunciare l'ultima parola come se
fosse stata una parolaccia. “...vostra
sorella? Oppure la mia?”. “La mia,
la mia” sospirò Thorin, con una risatina. Si sistemò più
comodamente contro la testiera intagliata del letto e si costrinse ad
ignorare i propri pensieri, volgendo uno sguardo gentile verso quello
confuso di Lila. “Avete detto che Brid ha molto da fare con gli
animali...”. “Sì”
annuì lei con decisione, riprendendo a frizionare le sue ferite in
via di guarigione con una mistura di acqua fredda ed erbe. “Una
delle due vacche da latte sta per avere un vitellino, e qualcuno dei
capretti nati alla fine dell'anno scorso non si attacca alla madre.
La aiuterei io, se potessi...ma qualcuno dovrà pur occuparsi di voi,
e controllare che Fíli e Kíli non combinino guai! E poi Brid è
sempre stata più brava di me con gli animali...con lei sono docili e
mansueti, quando ci sono io ne combinano una dietro l'altra!”. Thorin
sorrise immaginando Lila in balia di un gregge di capre saltellanti,
e quando con la mente indugiò sul pensiero di Brid un sospiro gli
scivolò tra le labbra prima ancora che se ne accorgesse; qualcosa,
probabilmente la sua coscienza, gli fece presente che in quel momento
non doveva essere troppo diverso dal Fíli tutto sospiri e occhiate
languide che appena pochi mesi prima l'aveva trascinato fino
all'improbabile porta tonda di quella stessa casa. Inspiegabilmente
Lila parve capire al volo cosa significasse quel sospiro, e ignorando
platealmente lo sbuffo frustrato in cui Thorin si produsse una volta
che ebbe realizzato di sembrare nient'altro che un Nano adolescente
alle prese con i primi turbamenti, gli poggiò una mano sul braccio
più vicino e gli rivolse uno sguardo magnanimo, gentile, quasi
affettuoso. “Smettetela
di crucciarvi, Thorin, non avete commesso nessun errore. É
soltanto confusa, come voi”. Come se lei gli avesse appena premuto
un ferro incandescente sulle ferite per cauterizzarle, Thorin
spalancò gli occhi blu in un'espressione di stupore totale. “No...non
so di cosa stiate parlando” balbettò, tentando di darsi un
contegno e fallendo miseramente; Lila terminò di fasciargli il petto
con un fastidioso sorrisino insinuante sulle labbra rosee, e poi
sedette accanto a lui sul letto di Brid. “Facciamo
un patto, Thorin Scudodiquercia: voi la smettete di fare lo sciocco e
io non faccio domande. Andata?” propose, tendendogli la mano; le
sopracciglia di Thorin ricascarono di nuovo sulla radice del suo
lungo naso appuntito e Lila dovette combattere strenuamente contro
l'istinto di puntarci un dito in mezzo e spingerle di nuovo al loro
posto. “Allora?
Abbiamo un accordo o no?” incalzò quindi. “Perché
dovrei scendere a patti con voi? La cosa non vi riguarda” mugugnò
Thorin per tutta risposta, atteggiandosi come un bambino offeso. Il
sorriso di Lila si fece soavemente diabolico. “Perché
io posso aiutarvi...e soprattutto, perché è la mia piccola,
dolce e adorata sorellina quella ragazza che avete schiaffeggiato nel
bosco, un paio di mesi fa!”. Ancor prima
di accorgersene Thorin aveva scaraventato la mano in quella di lei, e
nel vederla ghignare soddisfatta aveva avuto la certezza di essersi
cacciato in un guaio ancora più grosso della Montagna Solitaria.
Mancava
poco all'alba quando Brid uscì dalla stalla: era stata una lunga
nottata faticosa, ma quando vide il cielo cominciare a schiarirsi e
nel silenzio ovattato del bosco innevato udì i primi cinguettii,
segnali della primavera imminente, la stanchezza parve scivolarle di
dosso come una coperta pesante. Era una mattina limpida e fredda come
soltanto sul finire dell'inverno possono vedersene; avvertiva ogni
respiro come la pugnalata di un'aguzza stalattite di ghiaccio dritta
nel petto, e il fiato che le sfuggiva dalle narici si condensava in
nuvolette di denso vapore candido. Si ritrovò infreddolita e
tremante ancor prima di accorgersene, ma per quanto gelida fosse la
sensazione dell'inverno sulla pelle si dissipò quando scorse la
monumentale figura di Dwalin davanti casa. Incurante
del freddo e della sua espressione allibita, il grosso Nano se ne
stava saldamente piantato sulla soglia, con i grossi avambracci nudi
incrociati al petto e i piccoli occhi pungenti fissi in quelli scuri
di Brid, in uno sguardo a metà strada tra il burbero e
l'accondiscendente. “Ma...mastro
Dwalin! Non credevo di...come mai già sveglio?”. “Thorin”
ringhiò lui, e Brid cadde preda dell'ansia. “Sta di
nuovo male?”. Dwalin si affrettò a scuotere la testa. “No, ma
il materasso su cui l'ha messo a dormire è troppo soffice per uno
come lui, e per di più comincia a bruciargli le chiappe come se
fosse fatto di braci”. Brid non seppe se ridere o indignarsi, ma
nel dubbio decise che un sonoro sospiro poteva concederselo. “Beh, per
lo meno ha chiamato aiuto e non si è buttato giù dalle scale”
borbottò in tono cupo; un refolo d'aria particolarmente fredda la
fece tremare, e istintivamente si circondò con le braccia, tentando
di non battere i denti. “Hai
finito?” domandò il Nano accennando alla porta della stalla dietro
di lei. “Sì,
finalmente”. “Allora
fila dentro, piccoletta, o finirai per prenderti un malanno
memorabile!”. Brid
ridacchiò nel sentirsi dare della piccoletta da un Nano, ma quando
considerò che Dwalin la superava in altezza per una buona spanna e
forse anche qualcosa in più, non disse nulla e sgattaiolò verso la
porta di casa, lanciandogli un'occhiata divertita di sotto in su a
cui le parve di scorgerne una un po' meno burbera del solito in
risposta mentre lui si scansava per farla entrare. Una volta
dentro Brid fu subito avvolta da un gradevole tepore ristoratore che
la sua pelle infreddolita e tremante percepì come una sensazione
addirittura cocente: davanti al camino acceso, nella cucina semibuia,
Thorin fumava silenziosamente la pipa con la schiena rivolta alla
finestra che dava a sud, e nello scorgere il suo profilo Brid avvertì
tutta la stanchezza della notte passata a faticare ripiombarle
addosso all'improvviso. Non seppe spiegarsi perché, ma l'idea di
rivolgergli la parola la sfiniva, e la consapevolezza di essere
costretta a farlo di certo non l'aiutò. Ancora una volta,
però, Thorin la stupì e voltando il capo di lato quel tanto che
bastava per vederla in volto accennò un sorriso, con il bocchino
della pipa ancora appoggiato alle labbra. “Buongiorno”
fece a bassa voce, costringendola a strofinarsi con forza le braccia
per fingere che i brividi fossero ancora dovuti al freddo del
mattino. “Buo...buongiorno”
tartagliò con la gola improvvisamente secca. Thorin prese a
scrutarla attentamente, con una nota di apprensione negli occhi
chiari, e un dubbio gli sorse spontaneamente. “Sei
rimasta accanto a quella vacca per tutta la notte?” domandò senza
riuscire a trattenersi: la guardò annuire e chinare il capo. “Dwalin
mi ha detto che non vi trovate bene nella vostra camera. Vi domando
perdono”. Brid cambiò discorso in tono dimesso, evitando
accuratamente il suo sguardo; Thorin ebbe la spiacevole sensazione
che, se avesse potuto, si sarebbe data alla fuga e a lui non sarebbe
rimasto altro da fare che restarsene lì a fissare la sua piccola
schiena scomparire all'orizzonte. “Non vi è
niente da perdonare” fece rigidamente, a disagio; Brid si scrollò
qualche filo di paglia dai vecchi pantaloni logori, fingendo di
trovare interessanti le venature del pavimento di legno. “Perché
mi eviti?” le domandò d'impulso avvertendo la frustrazione montare
prepotentemente dentro di sé. “Non vi
evito. Ho semplicemente molto da fare. Maestà”. Gli occhi scuri di
Brid saettarono insolenti in quelli di Thorin, che la guardò come se
l'avesse appena schiaffeggiato: qualcosa lo spinse a domandarsi come
diavolo avesse fatto a scoprire la sua vera identità, ma quando il
suo cervello scombussolato dedusse con una semplicità disarmante che
evidentemente qualcuno dei suoi compagni doveva esserselo fatto
sfuggire, lo sgomento non scomparve. Di colpo smise di sentirsi
semplicemente Thorin e sentì il Re sotto la Montagna scalpitare con
prepotenza per prendere il sopravvento. “Perché
lo fai?” mormorò. “Non ho bisogno che tu mi renda tutto ancora
più difficile”. Brid
credette di cogliere una vena di supplica nella sua voce, e persino
sul fondo blu dei suoi occhi: era come se Thorin la stesse pregando
di non trattarlo come un nemico, e oltre che confonderle le idee la
cosa la spaventava. Farfugliò qualcosa di indistinto e fuggì sulle
scale ad una velocità tale che persino lei stessa se ne stupì;
ignorò il russare cacofonico proveniente dalla stanza occupata da
Fíli e Kíli e persino Ferumbras che lungo il corridoio le si fece
incontro con un miagolio seducente, attorcigliando la coda in morbide
onde sospese a mezz'aria. Ancora una volta si rifugiò in camera di
sua sorella e prese a sbottonarsi con foga la vecchia camicia che era
stata di Breodvan, ansiosa di infilarsi sotto le coperte e
intrufolarsi tra le braccia di Lila. E infatti quando Lila si svegliò
per via del trambusto, non fece in tempo a dire una sola parola che
un blocco di ghiaccio che portava addosso l'odore di sua sorella le
si aggrappò al petto e la strinse forte tra le proprie gelide
braccia. “Ma
cos...Brid?” farfugliò spalancando gli occhi nel buio, intontita,
con la voce impastata. “Per l'amor del cielo, sei gelata...e
nuda?!”. Per tutta risposta la minore cacciò il volto nell'incavo
del suo collo, rifugiandosi tra lei e il cuscino. Lila non pensò
nemmeno per un minuto a come comportarsi, semplicemente strinse a sé
la sottile figura tremante di Brid, prendendo ad accarezzarle la nuca
con gentilezza. “Cos'è
successo?” domandò in tono conciliante, e Brid sembrò tremare più
forte. “Tho...Thorin...”. “Ti ha di
nuovo presa a schiaffi?”. Lila scattò a sedere sul materasso,
allarmata, ma Brid la trattenne. “No!
Assolutamente no, fammi spiegare!”. Con un sospiro Lila scivolò di
nuovo sul cuscino, e dopo essersi accoccolata comodamente Brid al
petto tirò le coperte fin sopra le loro teste. “Avanti,
allora: spiegami cosa diavolo è successo!” sbottò infine, con una
vena d'impazienza nella voce, e Brid sospirò. “Credo...credo
di essere stata troppo dura con lui, Lila. É
soltanto una povera anima tormentata!” mormorò flebile, e stavolta
fu Lila a sospirare. “Vuoi
parlarne?” le domandò gentile, sentendola annuire contro il suo
collo. “Io...mi
sono arrabbiata quando mi hai rivelato la sua vera identità; ho
finto che non me ne importasse niente, ma in realtà mi sono sentita
sprofondare. Ho mentito”. “Non fa
niente, Brid. Continua”. “Ecco...all'improvviso
ho avuto paura che fosse stato il Principe a mostrarsi gentile con
me, non il Nano. Nemmeno io so perché, ma mi sono infuriata pensando
che Thorin si fosse comportato da gentiluomo...o gentilNano, comunque
si dica...soltanto per abitudine, perché è così che un Re è
tenuto a comportarsi!”. “Beh, ma
se anche fosse andata così non avresti dovuto trattarlo male! In
fondo dopo i primi attriti è sempre stato gentile con te, quale che
ne sia stato il motivo che differenza fa?”. “Non
volevo illudermi. E non lo voglio nemmeno adesso, non voglio
convincermi che quello che mi ha fatta sentire nuda con una sola
occhiata sia il Nano quando invece è il Principe. Voglio essere
sicura di parlare con Thorin, Thorin e basta. E che sia lui a
rispondermi, non il Re sotto la Montagna!”. “Per come
la stai mettendo sembra che quel povero Nano convalescente sia uno
squilibrato con due personalità in un solo corpo!” ridacchiò la
maggiore, guadagnandosi un paio di dolorosissimi pizzicotti sulla
pancia che le strapparono un mugolio. “Scherzi a parte...certo che
deve averti davvero molto colpito, quello che soltanto ieri notte era
'il Nano-testa-di-mulo' e che adesso chiami 'il Re'...”. “Già,
perché tu non sei rimasta colpita da suo nipote, vero? Quello moro
senza la barba, intendo...quello con gli occhioni scuri e le
guanciotte paffute!” insinuò Brid, piccata. “Che
c'entro io, stavamo parlando di te o sbaglio?”. Lila era sempre
stata brava a ribaltare le situazioni a proprio favore per trarne
vantaggio, ma stavolta Brid aveva bisogno del suo aiuto e non avrebbe
giocato con i suoi sentimenti. Non troppo, almeno. “Allora,
pivellina?” incalzò quindi, “Come intendi affrontare la
questione? Suppongo che la cosa più opportuna sia porgere le dovute
scuse a Thorin...”. “Lo so
anch'io che mi devo scusare, che ti credi?” ringhiò Brid,
oltraggiata “É solo
che...insomma, non...”. “Non vuoi
apparire debole di fronte a lui”. Dal buio non venne alcuna
risposta. “Per i Valar, sorellina, quanto sei testarda!” sbottò
Lila levando gli occhi al cielo nel buio; per tutta risposta Brid
scosse con forza la testa, riempiendole il viso di capelli. “Senti,
proprio perché sei tu ti vengo incontro, così magari mi lasci
dormire ancora un po': se proprio non vuoi chiedergli scusa...perché
non fai qualcosa di carino per lui?”. “Eh? Tipo
cosa?!”. “Ma che
ne so, tipo portargli la colazione a letto la prossima volta che vai
a cambiargli le bende!”. “Ma
Lila...” obiettò la minore in tono lamentoso. “Ah! Non
voglio sentire scuse! O facciamo a modo mio oppure gli chiedi scusa
come ci ha insegnato a fare mamma, e chi se ne importa se non ti
va!”. In un improvviso moto di stizza Brid si sciolse
dall'abbraccio e le voltò le spalle, tirandosi via quasi tutte le
coperte; Lila non si diede per vinta, e accostando le labbra alle
orecchie appena appuntite della sorella si tenne pronta a fuggire
alla velocità della luce. “Che
dici, una volta che ci hai fatto pace...poi me lo presti, il tuo
maestoso Nano-testa-di-mulo?”. La gomitata
di Brid mancò il bersaglio e si abbatté poderosamente sul
materasso, mentre Lila sgusciava via come un'anguilla, ridacchiando
sfrontata e miracolosamente salva.
*NOTE* BUONSALVE A TUTTI, CARI!! :D
Perdonate questo ritardo smodato, sia per la risposta alle recensioni
che per l'aggiornamento vero e proprio. ma me ne son capitate di tutti
i colori ultimamente!! Ultimo ma non meno importante UN COLOSSALE CALO
D'ISPIRAZIONE, e capirete che per scrivere una Fanfiction è abbastanza
grave. Va beh, Ora mi consolo litigando un po' con questo
maledettissimo editor HTML (o come causen si scrive) che mi concerà il
layout del capitolo da buttar via, per festeggiare :) CHE. BELLO. Venendo
al capitolo...a chiunque di voi abbia promesso roba grossa per questo
capitolo CHIEDO UMILMENTE SCUSA, ma ancora una volta avevo talmente
tanta roba da scrivere che ho dovuto dividerlo ancora una volta @.@ in
ogni caso, cominciate a capirci qualcosa? Gli sbalzi d'umore di Brid,
il Thorin insicuro, il Fili teneramente innamorato, il Dwalin
attaccabrighe...vi piacciono? ;) Il prossimo aggiornamento sarà
l'ultimo (PER DAVVERO) della prima parte, e dopo una pausa in cui mi
impegnerò ad aggiornare le altre du Fiction che ho all'attivo comincerò
con la seconda...bene, lettori avvisati mezzi salvati. Vado a
reimpastare il panettone. Sì, mi sento già natalizia e mi sto facendo
il panettone :3 OH-OH-OH, BUON NATALE! Vi amo <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** 4 (quarta parte)- La pelliccia dell'orso in cambio del tuo cuore, Re sotto la Montagna ***
*Il primo paragrafo è più d'effetto se lo leggete ascoltando questa http://www.youtube.com/watch?v=5CgJInUF7-Y A dopo :)
4 (quarta parte)- La pelliccia dell'orso in cambio del tuo cuore, Re sotto la Montagna
Thorin spalancò gli occhi nel buio e nell'esatto istante in cui realizzò di essere cosciente un pesante senso d'angoscia gli piombò addosso come una secchiata d'acqua gelida; con gli occhi che ancora faticavano ad abbandonare il sonno si issò a sedere e si scansò di dosso le coperte quasi con stizza. Un sottile cono di luce filtrava da sotto la porta intagliata della stanza, portando con sé il suono di una voce che cantava.
'Dwalin' pensò immediatamente, riconoscendo il timbro grave del suo migliore amico, e d'un tratto gli parve che quella canzone somigliasse a quella che aveva udito in sogno. Si diede immediatamente dello sciocco, ma lo sdegno per quel sentimentalismo improvviso non gli impedì di giudicarsi obiettivamente scosso, e con un grugnito si abbandonò contro la testiera del letto, chiudendo gli occhi.
Aveva rivisto il volto di sua madre, in sogno, e risentito la sua voce dopo così tanto tempo che non riusciva a capire se la fitta che avvertiva nel petto al rievocarne il ricordo fosse dolorosa oppure piacevole. Fino a qualche istante prima l'aveva guardata con gli occhi del ragazzino che era stato, e al suo fianco aveva avvertito la presenza di suo fratello; di fronte a loro, raggomitolata sul tappeto contro la gamba di colei che aveva dato loro la vita, Dís era apparsa come una bimba di appena qualche anno che cantava lasciando che la madre le intrecciasse i capelli. Le sue dita si erano mosse leggere e sicure sulle corde dell'arpa quanto quelle di sua madre tra i capelli corvini della piccola Dís, con la coda dell'occhio aveva intravisto Frerin suonare la viola e sulla porta, seminascosto, il volto tatuato e privo di un occhio di Thráin affacciarsi a contemplarli, ad ascoltare le voci della moglie e della figlia cantare una canzone vecchia quanto la Montagna Solitaria.
Thorin ricordò che era passato più di un secolo da quel giorno in cui aveva suonato l'arpa per sua madre. Un dolore sordo lo attanagliò al petto quando realizzò che di tutta la sua famiglia Dís era stata l'unica a non andarsene, a non sbiadire come un vecchio ricordo che credeva di aver dimenticato e che invece aveva soltanto relegato nel dimenticatoio, pronto a riemergere in qualsiasi momento come un pessimo scherzo della memoria. Gli mancavano indistintamente tutti: con gli occhi nuovamente chiusi riuscì a rivederli, e subito gli fu chiaro che continuare a tentare di aggrapparsi ad un vecchio ricordo non l'avrebbe di certo aiutato ad affrontare il presente. Il sorriso di suo fratello e il volto bello e algido della loro defunta madre, però, erano un richiamo troppo suadente da vincere, persino per la sua stoica caparbietà. Così se ne stette ancora un po' al buio, sdraiato su di un letto non suo ma che sembrava accoglierlo come un abbraccio confortante, perso nei ricordi e nella nostalgia; di sotto Dwalin continuava a cantare, con quella sua voce raschiante ma gradevole, e di colpo Thorin fu colto dalla necessità di riascoltare la canzone che aveva udito in sogno.
A tentoni nel buio cercò la casacca lisa e lacera che Lila aveva promesso di rammendargli e la infilò alla cieca, senza preoccuparsi di controllare il dritto e il rovescio; attraversò in fretta la stanza, prese la porta e imboccò le scale, accompagnato dalla voce di Dwalin che si faceva sempre più forte, cominciando a stonare con la melodia che ancora portava cucita ai timpani.
Seduti attorno al tavolo della cucina, ingombro di piatti vuoti, teglie, scodelle e grossi boccali di legno, Fíli e Kíli berciavano allegramente una canzone da taverna insieme a Dwalin, sotto lo sguardo bonario di Balin e ignorando i risolini divertiti e al contempo imbarazzati di Lila, che non appena scorse la sua figura in piedi sulla porta non mancò di salutarlo con il solito sorriso. Indeciso se mostrarsi o meno sconcertato dall'immagine dei propri congiunti intenti a cantare qualcosa di così volgare di fronte ad una fanciulla e ancora scosso dal sogno che l'aveva fatto svegliare in un bagno di sudori freddi, Thorin si limitò a scivolare silenziosamente al fianco della padrona di casa, davanti al camino, sperando che quelle due pesti di Fíli e Kíli non decidessero di coinvolgerlo nell'esibizione.
“Vi sentite bene? Siete molto pallido...” fece Lila sottovoce, continuando a guardare i quattro Nani seduti al tavolo; Thorin annuì.
“Non è niente” bofonchiò. “Piuttosto...vostra sorella è ancora nella stalla?”. Lila gli rivolse un sorrisetto insinuante e trionfante, che gli fece presagire di essersi cacciato nei guai. “Manca soltanto lei!” si affrettò a specificare fingendo un semplice e genuino moto di curiosità.
“É uscita stamattina presto, dopo appena due o tre ore di sonno” rispose lei, dandogli ad intendere di essersela bevuta ma in realtà giubilando interiormente. “La vacca e il suo piccolo stanno bene. Le nostre dispense, invece, un po' meno”.
“Sono mortificato...”. Lila scoppiò a ridere.
“Non che mi aspettassi diversamente, da degli ospiti che hanno preteso boccali da una pinta persino per fare colazione!”.
“Vi spedirò le loro paghe della prossima luna, dai Monti Azzurri” sentenziò lui, dissimulando l'imbarazzo con un atteggiamento burbero e inflessibile che Lila trovò tremendamente comico.
“Oh, non ce ne sarà bisogno, hanno già provveduto! Brid ha raccolto gli oboli prima di partire alla volta del mercato, i rifornimenti stavolta li offrite voi...o meglio, li offrono loro. Da voi che siete il suo preferito, mia sorella non ha voluto riscuotere...”.
Thorin la guardò smarrito, scontrandosi con quel suo sorriso sibillino che voleva intendere tutto e niente, e che ebbe il potere di confonderlo: del tutto dimentico delle canzonacce inappropriate che i suoi compagni seguitavano a cantare allegramente si costrinse a non lasciarsi ottenebrare dalla piacevole sensazione che il dubbio di aver colto quello che Lila non aveva espresso a parole gli stava instillando poco a poco nel cuore e nella mente, e si concesse di lasciar vagare i propri pensieri per i boschi innevati, domandandosi quanto avrebbe dovuto attendere per guardare nei grandi occhi scuri di Brid e scorgervi la verità.
Kíli lasciò cadere l'ennesimo ciocco di legna nel grosso cesto, scuotendo la testa bruna in un ondeggiare di capelli lunghi nell'aria umida ma confortante del mezzogiorno; dall'altra parte della casa, suo fratello cavava patate dalla terra gelata dell'orto, canticchiando con la pipa appesa tra le labbra, e di tanto in tanto lanciava qualche occhiata guardinga al limitare del bosco, come in cerca di qualcosa che però non voleva farsi vedere. Per un po' se ne stettero divisi, ognuno preso dalle proprie occupazioni e concentrato sul proprio lavoro, ma non ci volle molto perché Fíli si stancasse di dividersi tra il sentiero nel bosco e le patate, e ben presto si rassegnò ad ignorare l'orto mettendosi a frugare il bosco con il suo sguardo azzurro, a braccia conserte e con la pipa che mandava sbuffi di fumo sempre più radi, sempre meno consistenti. Vedendolo tanto distratto Kíli non riuscì a trattenersi dall'assecondare l'impulso di scivolare silenzioso fino al recinto dell'orto per tormentarlo un poco.
“Pssst! Ehi, Fí!” sussurrò assicurandosi che Thorin o Dwalin non li stessero controllando dalle finestre della cucina; Fíli non diede segno di averlo udito. “Fíli?” ripeté con un po' più di convinzione, issandosi seduto sulla staccionata. Ancora una volta, però, suo fratello non rispose.
Frustrato e anche un tantino esasperato Kíli si concesse ancora un paio di tentativi che si rivelarono totalmente vani, e in preda alla stizza decise poi di chinarsi a raccogliere un pugno di neve gelata da terra, che spedì dritto dritto contro l'orecchio dell'altro.
“Ahia, porc...”. Fíli sobbalzò con violenza portandosi una mano all'orecchio colpito: guardò i residui della palla di neve cadere in terra mentre se li scrollava dai capelli, e quando si voltò verso il fratello lo vide reggersi alla staccionata su cui se ne stava seduto, scosso dalle risate. “Kíli ma che cavolo!”.
“Sapessi che faccia, Fí! Spessi che faccia c'hai!”.
Fíli non era mai stato tipo da portare rancore, per lui che era cresciuto come l'erede del Nano più intransigente di tutta la Terra di Mezzo e al contempo come il fratello maggiore della più pestifera ed incontenibile delle teste calde, risolvere gli screzi, i battibecchi e le provocazioni era cosa da poco. Uno dei suoi sorrisi contagiosi e si era sempre egregiamente cavato d'impiccio.
Sotto lo sguardo allusivo di Kíli e con quella sua risata sguaiata nelle orecchie, però, stavolta non gli riuscì di sorridere e dimenticare l'affronto con un'alzata di spalle: come sempre suo fratello l'aveva capito al volo, e si stava divertendo a farlo sentire nudo. Esposto, vulnerabile, senza possibilità di scampo. E inspiegabilmente la cosa lo urtò oltremodo. Così decise di fare come se il suo fratellino non ci fosse, e ricominciò a scavare patate in mezzo alla neve, borbottando infastidito.
“Eh? Hai detto qualcosa?” ansò Kíli reggendosi la pancia, tra una risata e l'altra. Fíli lo guardò male, e vederlo offeso dopo all'incirca una novantina d'anni che non lo fulminava a quel modo lo fece scoppiare nuovamente a ridere.
“Piccolo elfo imberbe...”. Con la precisione di un cecchino, Fíli colpì il fratello in fronte con una patata rachitica e livida che si era ritrovato a lanciare attraverso l'orto prima ancora di rendersene conto. Il colpo andò a segno e Kíli si ritrovò lungo disteso in terra, al di là della staccionata.
“Non sfidarmi, fratellino! Hai visto cosa succede a mettersi contro di me?”.
“AH!” sputò sprezzante il minore, balzando subito in piedi con una strana luce diabolica negli occhi scuri. “Intanto scommetto che non ce l'hai, il coraggio di dichiararti alla tua bella!”. Come se Kíli l'avesse appena accusato di aver rubato dalle tasche di Thorin, Fíli sbiancò.
“I...io non so...”.
“Certo, certo. E stavi guardando verso il bosco perché ti piace contare gli alberi, dico bene?”.
“Qualunque cosa stessi facendo non sono affari tuoi!” sbottò seccamente Fíli, voltandogli di scatto le spalle per non mostrarsi troppo imbarazzato; anche se spiazzato, però, Kíli non si diede per vinto.
“Come no?! Sei mio fratello, non ci sono mai stati segreti tra di noi!” protestò vivamente, e subito fu al suo fianco in mezzo all'orto. Cominciò a togliere le patate di mano al fratello ancor prima che questi riuscisse a lasciarle cadere nel secchio che Lila gli aveva consegnato sulla porta, e ben presto si ritrovarono ad azzuffarsi come bambini per aggiudicarsi la supremazia sul raccolto dei tuberi. Fu con supremo scorno che d'un tratto Fíli decise di gettare la spugna per il bene dei propri nervi: si scrollò Kíli di dosso e levandosi stancamente una treccia dal volto sbuffò, come a volersi sbarazzare di tutto il fastidio in un colpo solo.
“Insomma, fratello, cosa vuoi?” domandò stizzosamente, e Kíli non si fece sfuggire l'occasione di metterlo sotto torchio.
“Brid. Ti piace, non è vero?”. Fíli distolse lo sguardo.
“Anche se fosse?”.
“Devi farti avanti, Fí!” saltò subito su il minore, d'un tratto dimentico della baruffa appena conclusasi e traboccante d'entusiasmo. “Thorin potrebbe decidere di ripartire da un momento all'altro, non puoi più aspettare!”.
“E se io non intendessi fare niente?”. Kíli parve rimanere intontito dall'obiezione del fratello.
“Cos...niente? Ma sarebbe da stupidi, lei ti adora!”. Stavolta fu Fíli a rimanere stordito.
“...adora?” ripeté stolidamente e l'altro annuì.
“Ho visto come ti guarda, e come tu guardi lei”. Il giovane Nano bruno parve cercare le parole adatte per spiegarsi al meglio, risolvendosi poi a levare un sorriso verso il fratello. “Ti illumini come Thorin quando parla di Erebor” fece candidamente, senza curarsi di apparire sciocco o infantile agli occhi del fratello. E Fíli si ritrovò a sorridergli di rimando, istintivamente, un po' per il piccolo Nano arruffato e imbronciato che gli sembrava di rivedere dietro al volto dell'altro e un po' per la tentazione di ascoltare il suo consiglio di raggiungere Brid nei meandri del bosco e pregarla di tenerlo con sé per sempre. D'un tratto, però, rivide proprio Brid chinarsi sul volto dormiente di un Thorin ferito e febbricitante, intenta a scostargli i capelli dalla fronte, e sentì il cuore comprimersi, come accartocciarsi su se stesso mentre il sorriso gli sfioriva dalle labbra.
“É complicato, Kí” mormorò grave, privo di ogni minima traccia di entusiasmo. “Non...non so se...”. S'interruppe ancora e levò gli occhi al cielo, in cerca d'aria come se il respiro potesse infondergli la forza di costringersi al tentativo di spiegare al fratello il tumulto che dalla testa gli si propagava inesorabilmente nel petto. Kíli mosse istintivamente un passo verso di lui, confuso.
“Fí...”.
“Gli Uomini non amano una volta sola come i Nani” fece seccamente il maggiore ritraendosi di scatto, fuggendo la mano tesa verso di sé. “E nemmeno gli Hobbit. Non voglio...non voglio aprirmi con lei sapendo che potrebbe non appartenermi mai veramente...” ammise infine con un sospiro, chinando il capo.
Kíli rimase impietrito a guardarlo raccogliere da terra qualche patata che gli era maldestramente caduta fuori dal secchio, e per la prima volta in vita sua non seppe cosa dirgli: tra lui e Fíli non c'erano mai stati ostilità, imbarazzo o gelosia, erano cresciuti insieme e si conoscevano meglio di chiunque altro. Fíli non gli stava parlando a cuor leggero, e la sensazione tanto sconosciuta quanto frustrante di non poter dire una qualunque stupidaggine per tentare quantomeno di sdrammatizzare lo fece sentire inutile. Era una gran brutta situazione, pensò, in quel totale e sconcertante silenzio. Talmente brutta che soltanto il tempestivo sopraggiungere di un eventuale e sconosciuto marito di Brid avrebbe potuto peggiorarla. Ma l'unico che si affacciò sulla radura fu Dwalin, in piedi sulla porta spalancata in tutta la sua imponente stazza di guerriero, e Kíli si rifiutò categoricamente di consideralo come una minaccia per la stabilità sentimentale del proprio adorato fratello.
“Per l'ultima volta, ragazzina: con quella roba forse ci sfami quel passerotto di tua sorella, non cinque guerrieri adulti e in forze!” ruggì il Nano puntando dritto dritto verso la porta della stalla; da quella di casa provenne qualche protesta non troppo convinta da parte di due voci che Kíli identificò come quelle di Balin e Thorin, e poi Lila schizzò in mezzo alla neve come se avesse avuto un branco di Mannari affamati alle calcagna. Brandiva un cucchiaione di legno come una mazza ferrata, e Kíli si sentì mancare la terra sotto i piedi quando vide che invece Dwalin reggeva un grosso coltellaccio con una lunga lama lucente dall'aria minacciosa.
“Parola mia Mastro Dwalin, SE VI AZZARDATE ANCHE SOLO A TOCCARE UNA QUALUNQUE DI QUELLE BESTIE GIURO SU ERU CHE DISFO UNA CORDA E CON I FILI VI CI CUCIO INSIEME LE LABBRA!”.
“Aaaaah, ma sta' zitta!” grugnì Dwalin sull'ingresso della stalla, agitando per aria la mano vuota come a voler scacciare una mosca molesta. Oltre la staccionata dell'orto, Fíli si agitò irrequieto.
“Fratello, forse dovresti intervenire...” borbottò verso Kíli, teso. “Ho l'impressione che potrebbe andare a finire mooolto male...”.
Come se fosse riuscita a sentirlo, con un tempismo sconcertante Lila scelse proprio quel preciso istante per spiccare un balzo prodigioso e appendersi al collo taurino di Dwalin, cominciando a battergli il cucchiaio di legno sulla testa pelata.
“NO, HO DETTO DI NO! CATTIVO NANO!”.
Di fronte all'immagine di un Dwalin imbufalito, che mulinava alla rinfusa le braccia ululando improperi contro quella piccola Hobbit sfrontata che lo prendeva a cucchiaiate standosene comodamente appollaiata sulla sua schiena, Fíli e Kíli sembrarono decidere di comune e silenzioso accordo che fosse meglio smetterla di congetturare su come dividerli e passare ai fatti.
“Intendo ripartire al più presto, tra uno o due giorni al massimo” fece Thorin quel pomeriggio mentre, seduto sulla porta di casa, fumava la pipa insieme a Balin e lasciava vagare lo sguardo azzurro sul cielo sereno e limpido oltre le cime degli alberi; il vecchio Nano gli aveva lanciato un'occhiata strana di sotto in su, una via di mezzo tra una muta domanda e un velato dissenso.
“Ti senti in colpa per le dispense vuote? Non ci pensare, Thorin! La piccola Brid è andata al mercato per fare rifornimento con i soldi che le abbiamo dato, il conto è già stato saldato!”.
“Per ripagare adeguatamente il nostro debito dovremmo trattenerci le paghe delle prossime due lune e farle recapitare qui. E ancora non basterebbe” borbottò severamente Thorin, con il volto contratto in una smorfia contrariata. Balin si lasciò sfuggire un sospiro mentre per l'ennesima volta rimpiangeva il Principe spensierato e baldanzoso che aveva visto crescere insieme a Dwalin nel ventre della Montagna Solitaria. Quel ragazzo assetato di allegria e di avventure si sarebbe fatto impensierire quanto bastava da questioni come il ripagare l'ospitalità di due anime generose con dell'oro sonante. Ora, invece, Thorin sembrava molto più materialista, molto più attaccato a tutto ciò che nel carattere di un Nano poteva divenire nefasto, e Balin si preoccupò nel rivedere in lui l'ombra folle del nonno.
“No, Balin, non è per una sciocchezza come questa che ho deciso di ripartire” disse poi Thorin, riscuotendolo dai propri pensieri. “Oramai sono abbastanza in forze da sopportare il viaggio di ritorno, e...Dís starà scalpitando dall'impazienza di rivedere i suoi figli per assicurasi che non abbia fatto loro rischiare l'osso del collo...”. Balin sbottò una risatina, alla quale si unì inaspettatamente anche lui.
“Spero che quei pochi graffi che si sono fatti siano guariti, oppure temo che tua sorella sarebbe capace di spedirti dal Fabbro!”.
“Lo temo anch'io” sorrise Thorin, per poi tornare subito serio. “Qualunque sia il destino che mi attende sui Monti Azzurri...non vi è più alcun motivo di restare qui, non intendo abusare oltre dell'ospitalità delle due ragazze. Lo capisci, vero?”.
“Certo” fece Balin in tono accondiscendente, picchiando ritmicamente la pipa contro la gamba dello sgabello su cui sedeva. “Devo avvisare gli altri?”.
“Me ne occupo io. Non appena Dwalin la smette di attaccar briga con Lila li avviso di tenersi pronti”.
Balin annuì in silenzio portandosi la pipa alle labbra: con lo sguardo che vagava verso il cielo pompò con decisione e sbuffò una manciata di pallidi cerchi di fumo, assaporando il silenzio del bosco.
“Mi mancherà questa pace, quando ce ne andremo” ammise. “Questa piccola radura sembra restare sospesa fuori dal mondo...silenziosa e pacifica come nessun altro luogo io abbia mai veduto nella Terra di Mezzo, eppure piena di cose così familiari da riportarmi alla mente tanti vecchi ricordi...”.
“Stai invecchiando, amico mio. É normale” fece Thorin, con una punta di bonario e affettuoso divertimento nella voce. Balin gli lanciò un'occhiata infastidita.
“Che Mahal conservi integro te e rispettosi i giovani fino a quando non avrai la mia età, Thorin Scudodiquercia, figlio di Thráin. Allora non farai troppo lo spiritoso, te lo posso garantire!”. Quello che un giorno sarebbe tornato ad essere a tutti gli effetti il suo Re scoppiò in una risata talmente sincera che tutta la voglia di continuare a fare l'offeso gli passò, così si risolse a tornare a guardare l'orizzonte e a fumare la pipa. Presto la risata di Thorin si spense, e con lei anche il suo eco.
“Il tramonto incombe. Mi chiedo dove sia finita la tua piccola Hobbit con i rifornimenti...”.
“E io mi chiedo dove sia finito il tuo rigido disinteresse per le donne, mio giovane ed irrispettoso amico” insinuò Balin, in un tono tanto eloquente che Thorin si sentì in imbarazzo.
“Ho...ho soltanto fame. Non fraintendermi” si affrettò a borbottare, e in un turbinio frettoloso di capelli scuri si voltò prendendo la porta, ansioso di sottrarsi allo sguardo furbo e lungimirante di quel vecchio Nano che lo conosceva fin troppo bene per poter sperare di essergli sembrato convincente.
La lama sfuggì al controllo di Lila e inevitabilmente le si abbatté su di un dito: un'imprecazione sorda, un sobbalzo secco e con sommo disappunto di Ferumbras (che sfrecciò lontano dalle caviglie della padrona soffiando e facendo la coda grossa) il coltello volò in terra, accompagnato da un paio di tocchetti di patata spruzzati di rosso.
“Maledizione!” ringhiò ancora Lila serrandosi il dito ferito nel grembiule. Kíli le volò accanto.
“Aspetta, Lila, aspetta...avvolgilo bene...” fece, aiutandola ad avvoltolare il dito ferito nella stoffa bianca; Lila tremava di rabbia tra le sue braccia, respirando affannosamente: lo lasciò fare mentre con lo sguardo frugava nervosamente la cucina, e non oppose resistenza quando Kíli la condusse piano verso la sedia più vicina.
“Kíli, che succede?” domandò suo fratello, distogliendo lo sguardo dal panorama al di là della finestra e finalmente voltandosi verso di loro. Kíli gli lanciò un'occhiata tesa.
“Niente di grave...Lila si è tagliata, ma non credo che sia un danno irrecuperabile...” rispose vago, premurandosi di far sedere la fanciulla. Lila, però, di mettersi tranquilla non ne volle sapere.
“Brid, Fíli! Ecco che succede!” strepitò nervosamente, agitandosi sulla sedia tanto forsennatamente che i due Nani temettero di vederla scivolare in terra. “É quasi buio e ancora non è tornata! Lungacque non è poi così vicina, è vero, ma il mercato dura fino a mezzogiorno...e io davvero, davvero non capisco perché ancora non sia tornata!”.
D'un tratto Fíli avvertì il suo stesso terrore strisciante attanagliargli il cuore: intercettò rapidamente lo sguardo scuro del fratello e vide anch'esso cedere inesorabilmente alla preoccupazione. Ansioso di fare qualcosa per mantenersi lucido, Kíli scostò dal tavolo la sedia accanto a quella di Lila e le sedette di fronte, chinandosi in avanti per stringere le sue piccole mani avvolte nel grembiule tra le proprie.
“Adesso calmati, Lila. Vedrai che non è successo niente...”.
“Niente?” rantolò lei con il mento che tremava e gli occhi chiari che le si riempivano di lacrime “Kíli, ti prego! Non fingere che vada tutto bene, se così fosse Brid sarebbe tornata ore fa!”.
“Cerca...cerca di riflettere, Lila” intervenne Fíli in tono brusco, con la gola improvvisamente secca. “Non conoscete nessuno, a Lungacque? Nessuno da cui Brid possa essersi fermata per un pomeriggio?”. Lila scosse silenziosamente la testa, e diverse lacrime le scivolarono giù dal mento infrangendosi sulle sue mani fasciate e strette tra quelle di Kíli.
“Quindi...proprio non è possibile che sia semplicemente in ritardo...” azzardò impacciato il Nano moro, guadagnandosi qualche singhiozzo più convinto da parte di Lila e un'occhiataccia dal fratello, che subito si fece venire un'idea.
“Ho perso fin troppo tempo a guardare dalla finestra senza fare niente. Io esco a cercarla, Kí!”.
Prima ancora che Kíli potesse dire o fare qualunque cosa, Fíli aveva recuperato dalla cassapanca le sue fedeli spade gemelle, e senza perdere tempo ad allacciarsele in vita si apprestava già ad aprire la porta per addentrarsi nel bosco semibuio dell'imbrunire.
“Aspetta, Fíli!” lo chiamò il fratello, ma se Fíli non lo sentì o non volle fermarsi ad ascoltarlo non lo seppe mai. Lo guardò sparire oltre la porta verde sbattendosela alle spalle, e per un momento rimase stordito dalla velocità con cui gli eventi erano precipitati; nemmeno si accorse che Lila non singhiozzava più.
“Io...” biascicò infine, costringendosi a distogliere lo sguardo dalla porta chiusa. Lo fissò sulle proprie mani che ancora stringevano il grembiule e quelle di lei, e vederle così unite in un momento tanto drammatico parve dargli la forza necessaria a reagire. “Vado con lui, Lila. Avviso Thorin, chiamo Dwalin e poi lo raggiungo” spiegò in tono gentile, carezzevole. Lila annuì a capo e occhi bassi stringendo appena le sue mani nelle proprie, attraverso la stoffa. “Sta' tranquilla, d'accordo? La troveremo”. Kíli si chinò a baciarle una guancia, e lei posò la fronte contro la sua, in un gesto che avrebbe potuto esprimere riconoscenza, una muta supplica di non abbandonarla o anche soltanto affetto, ma che ebbe comunque il potere di farlo sentire onnipotente.
Con un'ultima fuggevole carezza, Kíli si separò da lei e corse al piano di sopra ad avvertire gli altri.
Mancava poco alla mezzanotte quando finalmente udirono delle voci familiari provenire dal bosco.
L'attesa era stata snervante, ma Lila era ugualmente riuscita a non lasciarla trascorrere infruttuosamente: grazie alle poche forze che la tensione e la paura le avevano concesso di conservare aveva arrangiato una zuppa calda con le verdure che le erano rimaste in casa dopo l'assalto famelico alle dispense da parte dei Nani, e insieme a uova e formaggio fresco di capra era riuscita a mettere insieme una cena raffazzonata ma ben più che dignitosa, in quantità persino tanto abbondanti che se soltanto fosse rimasto con loro, Dwalin non avrebbe avuto di che lamentarsi. Aveva persino abbozzato un sorriso, nell'immaginare il cipiglio severo di quel grosso Nano brontolone distendersi davanti ad una cena in quantità finalmente degne di lui, ma così com'era arrivato quell'accenno di allegria si era velocemente dissolto, e l'atmosfera cupa era tornata a regnare sovrana.
Balin l'aveva aiutata a sminuzzare le verdure, di tanto in tanto si era alzato a dare una rimestata al grosso paiolo che ribolliva sul fuoco, aveva apparecchiato la tavola per tre e si era congratulato con lei per le sue eccellenti doti culinarie; per il resto della serata, però, se n'era rimasto seduto a fumare sulla vecchia poltrona imbottita che un tempo era appartenuta a Camelia Boffin, con lo sguardo fisso sul fuoco che vivacemente scoppiettava nel camino.
Thorin, invece, non era riuscito in alcun modo a scendere a patti con la tensione: non appena Kíli e Dwalin si erano fiondati giù per le scale, determinati a raggiungere Fíli, aveva cominciato a sbraitare e ad agitarsi, tanto che Lila si era vista costretta a ricorrere al ben poco ortodosso metodo della minaccia con il cucchiaio di legno per farlo smettere, e anche se era riuscita a convincerlo che nelle sue condizioni di convalescente non fosse proprio il caso di lanciarsi in una spedizione di recupero in mezzo ai boschi, l'umore bellicoso e irrequieto del Nano non si era di certo placato del tutto. Guardandolo girovagare come un'anima in pena per l'ampia cucina, la giovane non era riuscita a decidersi tra il considerarlo in ansia per le sorti dei nipoti e del caro vecchio Dwalin o per l'eventualità che sua sorella si fosse cacciata nei guai. A dire il vero non ci si era nemmeno soffermata troppo, a domandarsi cosa stesse passando per la testa di Thorin, presa com'era da tutto quello che passava per la sua; si era limitata a guardarlo agitarsi, borbottare, mangiare a scatti e tentare di farsi capire quando avrebbe voluto farle i complimenti per la cena ma il nervosismo gli aveva impedito di esprimersi in maniera intelligibile. Ad un tratto era persino uscito, e Balin gli era subito corso appresso, terrorizzato dall'idea che potesse gettarsi in mezzo al bosco senza conoscerlo abbastanza bene, disarmato e decisamente troppo poco vestito per poter affrontare una notte invernale. Ma poi l'avevano trovato intento ad accendere con una candela le lanterne appese alle intelaiature delle finestre e della porta, e ogni timore che fosse sul punto di fare qualcosa di stupido e avventato si era dissolto in un sospiro di sollievo. Erano poi rientrati tutti e tre, e avevano ricominciato ad esorcizzare la tensione come meglio potevano, ognuno a proprio modo. Nel silenzio più totale, interrotto soltanto da qualche schiocco secco che di tanto in tanto proveniva dal ventre di pietra del camino. Fino a quel momento.
Fu Thorin ad udirli per primo: riscuotendosi di colpo dal proprio silenzio cupo e meditabondo levò il capo in direzione della porta d'ingresso e rimase immobile in ascolto, come un segugio che fiuta la preda.
“Cos...Thorin, cosa...?”. Ad un cenno imperioso del Nano, Lila tacque immediatamente. Rimasero come impietriti ancora per qualche secondo, e poi Thorin scattò verso la porta, spalancandola sulla notte; Lila e Balin lo seguirono a ruota, e subito il gelo li investì.
“FÍLI, KÍLI!” ruggì Thorin nella notte, e Lila gli fece eco chiamando il nome della sorella. “FÍLI!” ripeté il Nano quando sul limitare del bosco apparvero delle figure che persino alla debole luce delle candele e avvolte dalla foschia della notte gli parvero familiari. Figure tozze, di altezza modesta, dal passo pesante.
La testa bionda di Fíli non tardò a farsi riconoscere.
“Fíli!” lo chiamò ancora Thorin, muovendo qualche passo verso di lui. “L'avete...”. I due fratelli varcarono il confine della radura entrando nell'alone di luce fioca delle lanterne, e Thorin sentì le parole morirgli in gola: tra le braccia di Fíli, rannicchiata contro il suo petto come una bambina impaurita, Brid affondava il volto nei suoi abiti caldi e dall'odore familiare, quasi come a volersi nascondere agli occhi altrui. Al petto reggeva qualcosa di grigiastro, apparentemente enorme e appallottolato, ma in un primo momento nessuno di loro riuscì a capire cosa fosse.
“BRID!” chiamò Lila con tutto il fiato che aveva in corpo per poi coprirsi di colpo la bocca con le mani, come se si fosse pentita di aver parlato; Kíli la raggiunse e la prese tra le braccia, stringendosela gentilmente contro.
“Aspetta qui. Calma” sussurrò accarezzandole i capelli.
Al suono della voce della sorella, Brid aveva voltato la testa di scatto, spalancando gli occhi scuri e terrorizzati su di loro, lasciandoli vagare come in cerca di qualcosa; quando infine intercettarono quelli di Thorin vi si piantarono fissi, senza più lasciarli nemmeno per un momento: con le piccole mani bianche si puntellò contro il petto di Fíli e lui colse l'antifona, posandola gentilmente in terra. Finalmente in piedi sulle proprie gambe la giovane mezzahobbit si mostrò lacera e insanguinata, inspiegabilmente scalza sulla neve gelida e con con un braccio che le pendeva come morto lungo il fianco, in un grumo di sangue rappreso e brandelli di stoffa. Balin si lasciò sfuggire un'esclamazione soffocata, e poco lontano da lui Kíli dovette compiere diversi sforzi per riuscire a trattenere Lila senza farle inavvertitamente del male.
“BRID, CHE TI É SUCCESSO?” ululò la maggiore, di nuovo in lacrime, ma fu Kíli a risponderle.
“Ssssh” le sussurrò gentilmente all'orecchio, continuando a trattenerla “É meno grave di quanto sembri. Guarda”.
Sotto gli occhi di tutti Brid mosse qualche passo incerto verso di Thorin, che istintivamente le andò incontro, e quando l'ebbe quasi raggiunto si fermò di colpo levando davanti a lui il pugno illeso in cui stringeva un lembo di quello che sembrava un lungo manto di pelliccia scuoiato di fresco, che aveva lasciato dietro di sé un'inquietante scia di sangue sulla neve candida: Thorin la guardò interrogativo, poi lasciò scivolare gli occhi chiari e increduli sulla pelliccia che gli tendeva. Per un attimo tacque. Poi un lampo parve attraversare i suoi occhi e fu come se il suo intero essere ne fosse stato percorso.
Si slanciò improvvisamente verso di lei e se la issò al petto come se fosse pesata meno di un gattino, cercando di isolarla dal freddo con il calore della propria pelle, dei propri abiti.
“Lila, ha urgente bisogno di cure, cibo e riposo” fece lapidario, guardando fisso negli occhi scuri di Brid che lo scrutavano così da vicino. Lila parve riscuotersi come da un incubo.
“S...sì...subito” rantolò, costringendosi a mettere da parte per un momento l'angoscia e a reagire; Kíli fece per lasciarla andare, ma lei gli si aggrappò al braccio, volgendo su di lui uno sguardo implorante. “Resta con me...ti prego...” fece in un sussurro, e Kíli dovette combattere con tutte le proprie forze contro l'istinto di prenderla in braccio come Thorin aveva appena fatto con Brid e stringerla forte; annuì con enfasi e le passò un braccio sulle spalle, guidandola verso casa.
“...e quell'ascia se ne stava piantata in mezzo agli occhi, ti dico! In mezzo agli occhi di quel bestione, fratello!”.
Quando Thorin scese le scale e si affacciò in cucina Dwalin era appena rientrato: reggeva una piccola ascia insanguinata e stava raccontando qualcosa di estremamente avvincente a Balin, con l'aiuto entusiastico di Kíli che non mancava di aggiungere particolari o di sottolineare i passaggi più entusiasmanti battendo un pugno sul tavolo di legno. In disparte, seduto sulla poltrona accanto al camino e perso tra le fiamme, Fíli attendeva; quando lo vide arrivare volse su di lui uno sguardo carico di aspettativa e subito gli si fiondò incontro.
“Thorin, come sta? Come sta Brid?” fece trafelato e Thorin fu quasi sul punto di incitarlo a raggiungerla al piano di sopra per chiederglielo di persona.
“Meglio di quanto credessi” fece severamente, senza cedere ad alcun sentimentalismo “Qualche brutto graffio qua e là e un paio di lividi. Le ferite peggiori le ha subite il braccio sinistro”. Fíli annuì, abbassando lo sguardo.
“Posso andare da lei?”.
“Non è il caso” negò seccamente Thorin, avvertendo una potente fitta di rimorso quando gli occhi celesti e mortificati di suo nipote tornarono a guardarlo; si passò una mano sul volto stanco e si costrinse a mostrarsi un po' più comprensivo. “No, Fíli, sei già fin troppo sconvolto. E di certo non ti accorderò il permesso di entrare nella stanza di una fanciulla ferita che giace nuda a letto!”. Fíli avvampò di botto, e dall'altra parte della stanza Kíli trattenne rumorosamente il respiro, spalancando gli occhi.
“Nu...nuda?” tartagliò attirando l'attenzione di tutti su di sé “E tu l'hai vista?”. La mano libera di Dwalin gli si abbatté fulminea sulla nuca strappandogli un gemito, e l'imbarazzo bruciante che di colpo aveva assalito tutti parve scemare poco a poco.
“Grazie” fece Thorin all'amico, con la voce che grondava approvazione, per poi volgere uno sguardo schifato sul nipote. “No, non l'ho vista!” sibilò come se il solo pensiero di fare una cosa tanto indecorosa l'avesse disgustato “Sono uscito prima che Lila cominciasse a spogliarla!”. Per qualche strano motivo Kíli parve quasi deluso da quella rivelazione, ma qualunque ne fosse la ragione suo zio decise di non indagare.
“Esigo delle spiegazioni. A cominciare da quella”. Thorin accennò imperiosamente all'ascia che Dwalin teneva in mano, scrutandola con fare inquisitore; il possente Nano scoppiò in una risata trionfante e come se quell'ascia fosse stata un trofeo raccolto su campo di battaglia, levò il braccio e la conficcò con forza nell'asse di legno poggiata sull'estremità del tavolo.
“Questa, amico mio, intendo quest'ascia e tutta la poltiglia rossastra che si porta appresso, è quanto rimane di cosa c'era nella testa di quel maledetto orso che ci ha attaccati giorni fa!” spiegò orgoglioso, mentre un sorriso estremamente compiaciuto gli faceva capolino da sotto i baffoni scuri.
“E tu l'hai piantata sull'asse per impastare il pane?” saltò su Balin, disgustato e furibondo. Nell'insondabilità della propria mente Thorin convenne che l'idea di imbrattare l'asse per il pane con i residui delle cervella di un orso non era stata una delle migliori che Dwalin si fosse dimostrato capace di partorire in vita sua, ma l'unica cosa che in quel momento veramente gli interessava era scoprire cosa diavolo fosse successo nel bosco.
“Dwalin!” chiamò in tono autoritario, ponendo fine al neonato battibecco tra i due fratelli. “Spiegami”. Dwalin annuì e scostando una sedia dal tavolo prese posto, cominciando ad armeggiare con le cinghie dei propri stivali fradici di neve; istintivamente anche gli altri lo imitarono, chi tornando sulla poltrona, chi recuperando il proprio fido sgabello. Thorin si sedette di fronte all'amico, combattendo l'istinto di mettergli fretta per essere messo subito al corrente degli eventi, ma per sua fortuna Dwalin non dovette farsi pregare.
“A dire il vero non è che ci sia chissà cosa, da raccontare...insomma, mentre tu sbraitavi come una bestia in gabbia dalla porta, io e Kíli ci siamo dati da fare per raggiungere Fíli, che quando ci si mette sa essere pure più veloce di un fulmine!”. Dwalin batté pesantemente un pugno sul tavolo, scoppiando in una fragorosa risata. “Pensa che in meno di cinque minuti aveva già percorso così tanta strada che...”.
“Per Mahal, Dwalin! Non divagare!”.
“Sì, certo...beh, stavo dicendo...insomma, abbiamo raggiunto Fíli e ci siamo messi a setacciare i boschi da qui fino a Lungacque, senza trovare niente. Abbiamo persino bussato a qualche porta per domandare agli abitanti se qualcuno avesse visto la ragazzina, ma niente!”.
“Avresti dovuto vederli, zio! Ci guardavano come se fossimo stati dei caprioli che camminano su due zampe!” intervenne Kíli, con il fare candido e innocente di un bambino e anche un certo fastidio che inaspettatamente strappò una risatina a Balin e persino a quel Fíli insolitamente taciturno e ombroso.
“Hai detto bene, ragazzo!” convenne Dwalin. “Non hanno saputo dirci niente e per di più ci guardavano come se fossimo chissà quale spettacolo insolito! Così ce ne siamo tornati indietro, ma battendo un altro sentiero...e che cosa ci troviamo davanti ad appena un miglio o poco più dal villaggio? Per la mia barba, la carcassa dello stesso orso che qualche giorno fa ha provato a mandarti nelle Aule di Mandos, con quell'ascia lì piantata proprio in mezzo agli occhi!”.
“E Brid? Dov'era Brid?” incalzò Thorin, d'un tratto tormentato dal presentimento che Dwalin avesse frainteso la sua preoccupazione intendendo fornirgli spiegazioni sull'ascia insanguinata e non sul ritrovamento di Brid. Poi, d'un tratto, un'intuizione lo colse. “É stata lei ad uccidere l'orso?” mormorò attonito, guardando Dwalin con tanto d'occhi. E Dwalin ghignò compiaciuto, di un compiacimento che si rifletté anche sul volto vispo e allegro di Kíli.
“In nome di Durin, vecchio mio, non so come abbia fatto...ma la ragazzina ha davvero steso quel maledetto bestione!”.
“E quando siamo arrivati ha anche insistito per scuoiarlo!” Intervenne Kíli, agitandosi per l'entusiasmo sulla sedia come un bimbetto il giorno del suo compleanno.
“Già” convenne Dwalin, annuendo. “A quanto pare intendeva già regalartela...”.
Thorin levò di colpo lo sguardo sul volto del suo vecchio amico, trovandolo ancora contratto in un sorriso che aveva del divertito e dell'incredulo al tempo stesso: fu seriamente tentato dall'idea di chiedergli di ripetere quello che aveva appena detto, ma poi si rese conto che sarebbe stato stupido. Anche rimanersene lì a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua era stupido, così come qualsiasi altra possibile reazione gli riuscisse di immaginare in merito ad una situazione assurda come quella. Ma qualcosa doveva fare, e allora tanto valeva dare retta all'istinto.
Così Thorin si limitò ad annuire, senza dire una sola parola, e in silenzio com'era arrivato si alzò dalla sedia e tornò sui propri passi, prendendo le scale.
“Avanti, sorellina, resisti!” pregò Lila, e Brid ce la mise davvero tutta per non urlare ma l'aceto sembrava scivolarle ben più a fondo delle ferite, giù, giù, lungo la carne fino alle ossa. Rovente come fuoco e con quel suo odore acre talmente intenso da farle venire la nausea. I denti dell'orso non le avevano fatto così male...
Tonfi di passi pesanti e stranamente affrettati le raggiunsero come da lontano, soltanto un momento prima che la porta si spalancasse con violenza, girando sui cardini ad una velocità inaudita e sbattendo contro il muro con uno schianto secco che rimbombò nella stanza in un boato terrificante: il panno imbevuto di aceto cadde inavvertitamente di mano a Lila mentre sobbalzava e si lasciava sfuggire uno strillo. Brid afferrò un lembo della coperta per coprirsi in fretta e furia, e anche se lo fece con un momento di ritardo Thorin non parve accorgersene.
“Tho...Thorin, ma cosa...” rantolò Lila, totalmente spiazzata, ma lui la ignorò.
“Tu!” latrò percorrendo la stanza a grandi passi, con gli occhi azzurri spalancati e colmi di furia cieca fissi sul volto cereo di Brid che si stringeva la coperta al petto. “Tu, piccola, sciocca ragazzina!”.
Una manciata di falcate e fu da lei, a lato del letto. Non badò alla sua nudità celata soltanto dalla coperta, né alle ferite: l'afferrò per le spalle e la scosse con forza, stringendole le braccia fino a farla gemere di dolore.
“Che diavolo ti è saltato in mente? EH?” fece in un ringhio sordo, rabbioso, senza smettere di fissarla con quegli occhi da folle che la spaventavano. “PARLA! COSA CREDEVI DI FARE?”.
Fitte di dolore soffuso si propagarono lungo la schiena di Brid, trasformandosi in vampate lancinanti là dove avvertiva le dita di Thorin affondare brutalmente nella pelle; non capiva perché quel Nano che soltanto pochi minuti prima l'aveva stretta al petto con gentilezza e quella che addirittura le era parsa tenerezza ora le stesse urlando addosso, nemmeno riuscì a capire a cosa alludesse con le sue domande. L'unica cosa che il suo corpo dolorante recepiva senza possibilità di dubbio era paura per quegli occhi azzurri e tempestosi, colmi di una rabbia che aveva veduto solamente una volta prima di allora, il giorno in cui si erano conosciuti e lui l'aveva schiaffeggiata. Debolmente si aggrappò con le dita tremanti alle braccia di Thorin, spesse e resistenti come rami d'albero, se per tentare di fermarlo o di sorreggersi non lo seppe nemmeno lei.
“RISPONDI, RAGAZZINA!” tuonò lui per tutta risposta e di nuovo la scosse, incurante della coperta che le sfuggì di mano, scivolandole di dosso e lasciandola mezza nuda davanti a lui. “Da sola contro un orso, non hai pensato neanche per un momento che avrebbe potuto finire molto male? Molto male per te, ovviamente!”.
“Thorin, lasciala!” urlò Lila disperata, senza riuscire a decidersi tra l'idea di chiamare aiuto e quella di intervenire direttamente. Fortunatamente un vociare concitato e un rumore di passi affrettati su per le scale li raggiunse subito, e nel sentirsi cavare d'impiccio dal caso Lila si concesse un mezzo sospiro di sollievo.
“Lasciami. Thorin, lasciami” fece Brid con voce monocorde, incolore, tenendo lo sguardo ostinatamente puntato sul rigonfiamento delle proprie gambe nude ancora nascoste sotto la coperta; Thorin ringhiò, rabbioso come una bestia ferita.
“Non provare a darmi ordini, piccola incosciente!”.
“Lasciami, per favore. Mi vergogno”. La voce di Brid s'incrinò appena e Thorin parve ricordarsi soltanto in quel preciso istante delle sue condizioni: come se d'un tratto il sottile corpo chiaro e seminudo di lei avesse bruciato i calli sulle sue rudi mani da fabbro, l'orgoglioso e avventato principe dei Nani la lasciò andare di scatto, e vederla farsi nuovamente piccola piccola contro la testiera intagliata del letto, coprendosi pudicamente fino al collo, lo fece vergognare di se stesso come nient'altro in vita sua.
“THORIN!” tuonò subito dopo Fíli comparendo sulla porta, e se Kíli e Dwalin non gli fossero stati immediatamente dietro, Brid pensò che si sarebbe gettato su suo zio. E ci mancò davvero poco che non andasse a finire esattamente così: con il bel volto solitamente sorridente e gentile contratto in un'espressione a metà strada tra il deluso e l'oltraggiato, il giovane Nano biondo fece per scattare verso Thorin, che dal canto suo si limitava a fissarlo sconvolto. Soltanto l'intervento di Kíli, che insieme a Dwalin lo trattenne, riuscì a farlo desistere.
“Che diavolo vuoi fare, Thorin?” ringhiò in ogni caso, ben lontano dall'idea di cedere; Dwalin serrò la stretta intorno al suo braccio, strattonandolo un poco nel tentativo di richiamarlo alla ragione.
“Calma, ragazzo, calma!”.
“Ha ragione, Fí! Sta' calmo, non è successo niente!” intervenne Kíli, ma Fíli non lo sentì nemmeno: con uno scatto secco, un guizzare di muscoli sotto la stoffa leggera e ancora umida della casacca che portava direttamente sulla pelle, se li scrollò entrambi di dosso e per un interminabile, spinoso momento rimase a guardare suo zio con in volto un'espressione furente che quasi sembrava stonare con i suoi lineamenti gentili; Thorin sostenne il suo sguardo, ma inspiegabilmente negli occhi non gli si lesse alcun accenno d'indignazione o risentimento.
Fu allora che Lila decise di averne abbastanza di urla, schiamazzi e tensione per una notte sola, e recuperato il proprio cipiglio autoritario si schiarì la voce.
“Devo ricordarvi che siete entrati senza permesso nella stanza di una fanciulla, signori?” domandò retorica, e di colpo la tensione parve spezzarsi. “Mia sorella ha bisogno di cure, qualunque sia la questione la risolverete in un altro momento. Ora lasciateci sole, per favore”.
Come se fosse rimasto lì nella semplice attesa di un pretesto come quello, Thorin fuggì lo sguardo di Fíli e si lanciò verso la porta, strappando a tutti un sospiro di sollievo quando passò accanto al nipote senza dire una parola e sparì velocemente dietro l'angolo; solo allora Balin, Dwalin e Kíli decisero di ritirarsi, chi borbottando delle scuse imbarazzate e chi scuotendo la testa, incredulo. Voltando le spalle alle due ragazze Dwalin batté una mano sulla spalla di Fíli, chiamandolo a seguirli, ma Brid tese una mano verso di loro e il giovane Nano non ebbe occhi che per lei.
“Fíli...” lo chiamò piano, con voce gentile. E lui andò verso la sua mano tesa, silenzioso e ancora scosso, per sedersi accanto a lei sul bordo del letto; Brid fece scivolare fuori dalle coperte il braccio rimasto illeso, e nel passarglielo intorno alle spalle lo tirò a sé, facendogli poggiare quella testa leonina che tanto la deliziava sul proprio petto. Sorrise inconsciamente quando lo sentì rilassarsi nel suo abbraccio, così come quando attraverso le coperte avvertì il suo braccio cingerla in vita.
“Va tutto bene” gli disse in un sussurro e mentre Lila ricominciava a pulirle le ferite con l'aceto, lei strinse i denti e chinò il capo a posare un bacio tra i capelli di quel Nano della malora che l'aveva difesa.
Quando aprì gli occhi una candela illuminava fiocamente la stanza gettando ombre danzanti sulle pareti e sul volto fiero di Thorin, che inspiegabilmente sedeva sul bordo del suo letto fissando il vuoto davanti a sé, un punto non meglio precisato del pavimento di legno. Brid si stupì di trovarlo con sé, ricordando vagamente che quando si era addormentata al suo fianco c'era Fíli e non quel Nano irascibile e tormentato, e per un momento le parve di ritornare al loro primo incontro, quando l'aveva giudicato strano e anche un po' svitato per essersi presentato recitando a memoria praticamente tutto il proprio albero genealogico. Represse un sorrisetto con un sospiro, e subito una fitta dolorosa al braccio fasciato le strappò un gemito che attirò le attenzioni di lui.
“Che ci fai qui, Thorin?” domandò dopo che si furono scambiati una lunga occhiata silenziosa, con voce pacata come se avesse preventivato di trovarselo seduto sul letto nel cuore della notte. Lui la guardò accigliato, quasi combattuto, e inaspettatamente le fece una tenerezza immensa.
“Io...io non volevo che tu ti facessi del male...” mormorò lasciando nuovamente scivolare il suo sguardo azzurro sul pavimento. Brid annuì contro il cuscino.
“Stavo cercando di essere gentile, di fare qualcosa per te” ammise in uno slancio di confidenza. “Al mercato avevo comprato della stoffa per cucirti una camicia nuova, questa non ne può più...ma a quanto pare tutto quello che mi è riuscito di fare è stato scuoiare un orso e portarti la sua pelle. Sono tutto fuorché una dama, indubbiamente...immagino cosa potrai fartene, della mia 'offerta di pace'! Che sciocca...”. Thorin le rivolse un sorrisino incerto ma gentile.
“Ho avuto paura” fece con voce roca, come se non parlasse da ore “Che quelle ferite fossero opera mia”.
“É stato un caso, che io abbia incontrato quell'orso. Ed è stato lui ad attaccarmi, non sono andata a cercarlo di proposito”. Ridacchiò. “Anche se volevo farmi perdonare da te, non ero abbastanza disperata da gettarmi in pasto a quel gigante, Thorin!”. Incredibilmente rise anche lui, a voce bassa, e una cascata di piacevoli brividi caldi scivolò giù per la schiena di Brid. Poi, con un po' d'impaccio e un po' d'imbarazzo, una delle grandi mani di Thorin corse a sfiorarle il braccio bendato.
“Ti chiedo perdono” mormorò semplicemente fuggendo il suo sguardo, confidando che Brid comprendesse che quelle semplici e scarne scuse volevano mettere una toppa sullo strappo che il suo insormontabile orgoglio aveva provocato tra loro.
“Te ne domando anche io, Thorin” fece lei con un tono dolce e gentile che gli scivolò addosso come una carezza: Thorin levò lo sguardo e la vide issarsi a sedere con la sola forza del braccio destro, mentre quello ferito sorreggeva goffamente la coperta contro il suo petto soffice. Brid gli sorrise con un trasporto che gli sembrò affetto e che lo fece sentire disarmato, curiosamente nudo di fronte a lei che nuda lo era davvero.
“Sono stata dura con te, senza motivo. Vorrei dire che avevo paura di non essere alla tua altezza, che temevo il giudizio del Re sotto la Montagna quando tutto quello che desideravo era soltanto continuare a vedere il sorriso del Nano che scorgo dietro il tuo titolo...ma non serve a rimediare, anche se è la verità”. Incredibilmente agile e leggera nonostante le ferite scivolò verso di lui, portando una mano ad accarezzargli il volto ispido. “Non avevo capito quanto la vita e i Valar fossero stati duri con te, in passato, e quanto lo siano tutt'ora”.
Thorin si sentì travolgere da un'ondata di calore, da una dolcezza tanto impalpabile quanto potente da stordirlo completamente: d'un tratto avvertì come lontanissima la sensazione della mano di Brid sul volto e i muscoli tendersi fino allo spasmo dal desiderio di toccarla, di stringersi al suo petto talmente forte da sentire il suo piccolo cuore di fanciulla battere contro il proprio che sembrava voler scoppiare da un momento all'altro, sopraffatto dalle emozioni. Sentiva la necessità di annegare in quel calore e nella dolcezza di cui Brid sembrava ammantata, ne aveva un bisogno impellente e disperato.
“Brid...”. La voce gli scivolò tra le labbra in un sussurro languido che in qualsiasi altro momento l'avrebbe portato a vergognarsi da se stesso, ma non quella notte. Brid sembrava capire quanto fosse dura la sua vita, e per quanto la sua indole di Nano diffidente strepitasse per farsi ascoltare, Thorin non provò nemmeno a resistere alla tentazione di condividere anche solo per un momento i propri fardelli con lei.
Con una fitta al cuore sospesa tra il dolore e la tenerezza Brid si chinò a posargli un bacio leggero sulla guancia, un bacio casto, innocente, che sapeva di conforto e di affetto; quando sentì il respiro tremante di Thorin sulle labbra inconsciamente sorrise e credette di non aver mai visto niente di più fragile di quel Nano che sembrava fatto di roccia me che d'un tratto si rifugiava tra le sue braccia ferite in cerca di dolcezza.
Thorin si avventò di slancio su di lei baciandola con foga, circondandole il viso tondo e candido con le sue mani enormi che sembravano poterlo contenere tutto, e Brid si ritrovò a ricambiare ancor prima di accorgersene, sorridendogli sulla labbra, tra un bacio e l'altro; presto le sue piccole labbra inesperte si separarono da quelle circondate di barba ispida del Nano e presero a vagare per il suo volto, baciandone ogni angolo come se avessero voluto coccolarlo.
Se soltanto Thorin ne fosse stato capace si sarebbe commosso. Perché un Nano come lui non era avvezzo alla tenerezza, ma ne aveva bisogno esattamente quanto qualunque altra creatura della Terra di Mezzo. E Brid glielo stava insegnando, con così tanta dolcezza che quasi faceva male.
Per questo smise di pensare e si lasciò guidare dall'istinto. La sospinse distesa sul materasso, esplorando il suo collo liscio con le labbra, tuffando il volto tra i suoi seni soffici, risalendo in cerca delle sue labbra; sentiva Brid sospirare sotto di sé e le sue dita sottili sulla nuca e le spalle, la avvertiva fremere quando con la barba o i capelli la sfiorava in punti sensibili. Con estrema fatica abbandonò la sua bocca rossa di baci per privarsi della casacca. La prese poi con delicatezza per i polsi e si portò le sue mani al petto, pregandola con uno sguardo.
Brid arrossì nel vederlo mezzo nudo sopra di sé, e mentre si perdeva a guardare il suo petto solido coperto di peluria scura pensò che fosse bello, che il suo odore sapesse di neve, delle erbe officinali con cui Lila lo medicava ogni giorno e di erbapipa. Un odore familiare, buono, che la faceva sentire a suo agio. Lasciò correre le mani sul suo corpo caldo, sfiorando con gentilezza le ferite ormai quasi rimarginate con cui gli artigli dell'orso l'avevano deturpato, e senza alcuna vergogna raggiunse la fibbia della cintura che gli stringeva le braghe in vita. Thorin la aiutò a slacciarla e a far scivolare gli ultimi indumenti verso il fondo del letto, scalciando e contorcendosi, ritrovandosi a ridere sottovoce insieme a lei per l'impiccio delle coperte e delle ferite che limitavano i movimenti ad entrambi. La baciò ancora, ancora e ancora, sussurrando centinaia di volte il suo nome e rabbrividendo violentemente ogni volta che la sentiva invocare il proprio, mentre si riempiva le mani di quella sua pelle soffice e liscia; Brid credette di morire quando lo sentì sopra di sé, e non riuscì più a pensare a niente che non fosse il nome di lui mentre Thorin la stringeva possessivo, accarezzandole il braccio bendato e sussurrandole il suo nome sulle labbra.
Gli donò tutta la dolcezza di cui era capace, senza risparmiarsi, e nel sentirlo tremare e ansimare lo strinse forte, come se avesse voluto fargli sentire ulteriormente la propria vicinanza; lo cullò sul proprio petto e aspettò che si addormentasse carezzandogli i capelli, beandosi delle sue braccia ancora allacciate intorno ai fianchi. E fu con le narici colme del suo odore e il suo respiro sulla pelle che scivolò a sua volta nel mondo dei sogni, con un lieve sorriso a tenderle le labbra arrossate nel ricordare di sfuggita quanto le aveva detto Balin sul prodigioso russare dei Nani.
*NOTE*
HOLAAAAAAAAAA! :D Buonsalve a tutti, brava gente, spero non vi siate dimenticati di me nonostante il mio sempre più catastrofico ritardo!! Noooooo che non l'avete fatto, VEEEEEEEEROOOOOO?? Bravi piccini, bravi ù.ù confido in voi!
Dunque, passando alle cose serie...ho inserito il link della canzone che mi ha ispirato il sogno di Thorin, ma siccome con gli editors sono NEGATA non so se riuscirete ad aprirlo direttamente. In ogni caso se aveste voglia di copia-incollarlo su youtube scoprireste che è una delle colonne sonore del film 'Ribelle - The Brave' (che io ADORO) e che...beh, mi è sembrata proprio adatta! Insomma, c'erano una mamma e una bimba che cantavano, un'arpa di sottofondo...ho aggiustato un po' il tiro ficcando una viola in mano a Frerin ET VOILA, è filato tutto liscio liscio come l'olio!
Passando al capitolo vero e proprio...come vi ho accennato la scorsa volta questo è l'ultimo capitolo della prima parte della FanFiction, l'unica che rimarrà invariata. Mi spiego: dal prossimo capitolo in poi la trama si svilupperà in un certo modo, e una volta finita questa parte di storia scriverò altre due versioni alternative che si intitoleranno 'Sui Colli di Vesproscuro - Smaointe: ALTERNATIVE ENDING' e 'Sui Colli di Vesproscuro - Smaointe: HOW IT SHOULD HAVE ENDED'. 'Perchè?', direte voi. Perchè punto primo mi andava di scrivere qualcosa di diverso, punto secondo non mi andava di buttare la trama originale nel cesso, e punto terzo...se questo fandom avesse più FanFiction che finiscono come finirà il mio 'HOW IT SHOULD HAVE ENDED' questo sarebbe un mondo decisamente migliore ù.ù ed equo. Sono di parte, capitemi.
In ogni caso, se non mi fossi spiegata in modo comprensibile ai più chiedetemi pure delucidazioni, vedrò di farmi capire!
Bene bene, oggi il mio adorato Dean compie 37 anni (come mi state ricordando in ottomila)...e io come regalo di compleanno che je fo' trovare?? UN BEL PALCO DI CORNA E UN CUORE SPEZZATO!! O.O Che pessima, PESSIMA persona che sono!! T.T Merito di morire tra atroci sofferenze. Anche un po' Brid, però, diciamocelo. Mica può essere tutta mia la colpa! ù.ù
Detto questo ribadisco che mi prenderò una pausa di qualche settimana per portarmi avanti con le altre FanFiction che negli ultimi due mesi ho clamorosamente trascurato (e anche coi regali, con gli addobbi, con i dolci, CON LA DESOLAZIONE DI SMAUG!! *ç*) e spero di ritrovarvi ancora tutte, quando tornerò :) siete l'amore. Grazie di tutto e alla prossima! ;)
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2192252
|