Born for you

di loveisnotnice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1. ***


Mi svegliai presto per preparare le ultime cose. Odiavo la mia camera, odiavo la mia casa, odiavo la mia città, odiavo la mia vita. Da quando ero stata stuprata non riuscivo più a scrollarmi di dosso quel senso di sporcizia, non quella fisica ma quella spirituale. Sentivo come se qualcuno avesse violato la mia anima, come se l'avesse macchiata indelebilmente. Non volevo passare un solo minuto ancora in quella casa così mi affrettai nel prendere le cose restanti e tutti i soldi che avevo messo da parte. Il mio aereo partiva alle 8.00 così feci velocemente colazione e mi avviai verso l'aeroporto. I miei mi imploravano di restare, mi promettevano che avrebbero sistemato tutto ma per me quelle parole erano come benzina sul fuoco e l'unica soluzione era partire. Dopo vari saluti una voce metallica annunciò che il mio aereo sarebbe partito a breve così tra una lacrima e l'altra dei miei mi avviai. Mi sentivo come un bambino pronto ad uscire dalla pancia della mamma, come se avessi dovuto rinascere ancora una volta per ricominciare a vivere e così era. Decisi che entrando nell'aereo avrei lasciato fuori la mia vita e che per quanto possibile era ne avrei cominciato una nuova. Posto 12. Un signore sulla cinquantina era seduto accanto a me ed era visibilmente stanco. Presi il mio cellulare e lo misi in modalità aereo e poi incominciai ad ascoltare musica per addormentarmi. Mi risvegliai mentre l'aereo atterrava. Sistemai i miei lunghi capelli castani e bevvi un sorso della bottiglietta d'acqua ormai calda che mi ero portata appresso. Non appena scesi dall'aereo chiamai un taxi che mi condusse al centro. Nonostante venissi da una famiglia moderatamente benestante avevo deciso che nessuno mi avrebbe aiutata nello stabilirmi qui così optai per il fermarmi in un hotel fino a che non avrei trovato una casa e un lavoro. Incominciai a sfogliare gli annunci, il mio diploma mi avrebbe aiutata più o meno. Eccolo! Era il lavoro che cercavo. "Studio dentistico cerca segretaria con una modesta capacità nell'usare il computer. Per maggiori informazioni rivolgersi al seguente numero" Segnai l'annuncio con l'evidenziatore e intanto controllai se la nuova scheda telefonica era stata attivata. Digitai il numero e mi rispose una voce maschile. Avevo il colloquio il mattino seguente alle 10 in punto. La mia vita ricominciava. Dopo un esasperante giro per le strade di Londra trovai un hotel in cui alloggiare così ringraziai il concierge e presi l'ascensore. Era uno di quegli hotel modesti, di quelli con le camere essenziali: letto, armadio e bagno. Non mi importava, presto sarei andata via da quella topaia e avrei vissuto in una casa tutta mia. Fatta una lunga doccia andai a dormire con la sensazione che quell'orribile sogno che facevo da ormai un mese si sarebbe ripresentato. -Alzati!- -Ti prego no..- -Stai zitta e subisci!- Mi svegliai in preda al panico e mi calmai una volta appurato che quel sogno era ormai parte della mia vecchia vita e che presto avrei smesso di farlo. Mi sistemai i capelli in una coda ordinata e messi dei jeans, un maglione e delle scarpe comode, uscii dall'hotel e mi diressi allo studio dentistico consultando il gps del mio cellulare. Arrivai alle dieci in punto e ad accogliermi c'era una fila di aspiranti segretarie, così pensai che le mie probabilità di essere assunta erano pari a 0. Fu il mio turno ed entrai titubante. Il colloquio durò mezz'ora, la più lunga della mia vita, in cui mi facevano domande idiote ma mirate. "Le faremo sapere" furono le parole più strazianti. Avevo bisogno di quel lavoro più di chiunque altro o la mia vita sarebbe precipitata prima ancora di ricominciare. Uscii dallo studio e andai a mangiare lì di fronte. Una volta pagato il conto mi alzai e incominciai a passeggiare nervosamente con una sigaretta per le mani. Prima di partire avevo imposto ai miei genitori di non farsi sentire per la prima settimana così mi sentivo sola, spaesata e triste. Anche se un connubio di emozioni negative stava bombardando il mio cuore, la mia voglia di restare li era pari all'odio per l'Ohio in generale. Decisi di ritornare in albergo, le strade di Londra erano tristi se non si aveva almeno un' amica con cui percorrerle. Sentivo le risate delle ragazzine che correvano per i marciapiedi, i passi pesanti degli uomini che avevano terminato la pausa pranzo e si affrettavano nel ritornare a lavoro, il fastidioso rumore delle ruote dei passeggini e i gossip scambiati dalle mamme curiose. Non faceva poi così freddo per essere febbraio anche se il sole ogni tanto faceva capolino da dietro alle nuvole e il che non prometteva nulla di buono. Arrivai in albergo esausta così decisi di riposare un po'. Dopo poche ore squillò il telefono ed era lo studio dentistico che mi comunicava che il posto di lavoro era stato dato a me e incominciavo Lunedì. Ebbi una sensazione di sollievo così decisi di recarmi in un'agenzia per farmi mostrare alcune case. Durante il colloquio mi dissero che lo stipendio sarebbe stato di ottocento dollari al mese così decisi che il mio affitto non doveva superare i 300 dollari. L'uomo dell'agenzia fu gentile e mi disse che erano disponibili poche case arredate per quel prezzo e che sarei potuta andare il giorno dopo per vederle. Uscii sul balcone e presi una grossa boccata d'aria e poi mi guardai intorno. Il panorama era così bello che decisi di prendere la mia macchina fotografica e di fare alcuni scatti. La fotografia era una delle mie grandi passioni che cercavo di coltivare prima di.. bhè insomma. Scattai delle foto a quell'immenso panorama da ogni angolazione senza perdermi il minimo dettaglio fino ad accorgermi che si era fatta sera. Rigirai tra le mani quella macchina fotografica, era l'unica cosa che mi era rimasta di casa mia. Me la regalarono i miei, insieme a un paio di obiettivi, il giorno di Natale. Rientrai in camera con la paura che, una volta chiusi gli occhi, la terribile immagine di quel giorno incombesse di nuovo su di me. Presi sonno quasi subito tanta la stanchezza. Quell'odore a me familiare, quel porticato con ancora le luci di Natale e quell'uomo che mi intimava di entrare ad aspettare la moglie. Era tutto confuso in quella casa, c'era un gatto che mi fissava con gli occhi color zaffiro intenso. L'uomo cominciò a picchiarmi ma insolitamente non sentivo dolore, vedevo solo il mio corpo distruggersi in mille pezzettini sotto il suo tocco infernale. Gemetti di terrore fino a che un fastidiosissimo suono non cominciò ad incombere nella stanza. Aprì di colpo gli occhi e mi ritrovai a fissare il soffitto giallino della camera d'albergo. I battiti del mio cuore erano accelerati e nonostante fosse inverno, avevo la fronte imperlata di sudore. Voltai il mio sguardo ormai stanco di quella assurda persecuzione e fissai la sveglia. Erano le 8.30 del mattino e io tra poche ore avevo l'incontro con l'uomo dell'agenzia. Forse la mia vita stava facendo la muta come i serpenti e quindi avevo bisogno di tempo per riprendermi. Mi buttai sotto la doccia e resi il getto d'acqua tiepido in modo da non avere fastidiose sorprese una volta offerto il mio corpo a quel tubo metallico che mi irrorava. Uscii dalla doccia subito, ho sempre odiato stare ore li sotto, la vista del mio corpo nudo non mi aveva mai fatta stare a mio agio neanche quando ero completamente sola come in quella circostanza. Mi vestii pesante quel giorno, il freddo londinese proprio non lo sopportavo. Mi precipitai per strada e notai che il cielo quella mattina era sorprendentemente azzurro e privo di nuvole. Forse qualcuno stava cercando di dirmi che la mia vita sarebbe cambiata di li a poco o semplicemente ero io che mi facevo troppe illusioni. Magari non bastava semplicemente cambiare città per liberarsi dei proprio scheletri o magari era così. Dovevo solo vivere per scoprirlo. Non volevo vivere perchè dovevo, così decisi di darmi una mossa. Ma proprio mentre stavo per entrare in agenzia mi squillò il telefono.

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


Proprio mentre stavo per entrare in agenzia mi squillò il telefono. Ero agitata, per quello che sapevo quell'uomo che mi aveva stuprata sarebbe stato capace di corrompere gli operatori dell'Orange per sapere il mio numero. Non conoscevo il numero sul display ma risposi comunque. -Pronto?- Dissi con una voce terrorizzata. -Signorina sono il signor McMiller dell'agenzia, volevo informarla che per contrattempi oggi non è possibile vedere le case.- Mi disse. Tirai un respiro di sollievo, in realtà non avevo così tanta voglia di vedere case. -D'accordo Signor McMiller, ci vediamo Lunedì allora.- -Lunedì alle 15.- Disse con fermezza. -D'accordo.- Risposi e attaccai. Misi le cuffie e incominciai ad ascoltare musica. Non avevo voglia di sentire il rumore delle auto e il brusio della gente. Camminavo a testa bassa, guardando sulla macchina fotografica le foto che avevo fatto il giorno prima quando qualcuno mi venne addosso. -Ma stai attento a dove metti i piedi?- Dissi spaventata. -Io? Tu piuttosto!- Disse scocciato. Avevo ancora la testa bassa e dalla voce capii che era un ragazzo. Alzai lo sguardo e incontrai due grandi occhi verde smeraldo e dei capelli ricci e castani. Rimasi scioccata da quella visione. -Ma ti sei imbambolata?- Mi chiese toccandomi una spalla. Non reggevo quel contatto, non dovevo essere toccata da nessuno, tanto meno da uno sconosciuto. -Non mi toccare.- Dissi scostandomi. -Ma che problemi hai?- Disse dandomi una piccola spinta sulla spalla. -Ti ho detto di non toccarmi!- sbottai -E comunque dei problemi che ho non sono affari tuoi! Addio.- Dissi andandomene. Se in quel posto fossero stati tutti come quel ragazzo dagli occhi verdi non sarei resistita a lungo. Mi fermai di fronte a un grande albero di un parco un po' isolato e incominciai a fargli delle foto da diverse angolazioni e con diversi obiettivi, poi tornai in hotel. Chiesi al concierge se si poteva usare uno dei computer situati nella hall e lui mi disse che erano li per quel motivo. Mi sedetti sulla sedia e accesi il computer per mettere le foto che avevo appena scattato sul mio sito. Si, avevo creato un sito con la speranza di essere scoperta da qualcuno ma a un anno dalla creazione non era successo ancora nulla. Quando andai a caricare le foto mi resi conto di non aver cambiato il posto di residenza, così misi Londra. Ai lati della pagina mi uscirono alcuni pop-up su ciò che accadeva a Londra e uno catturò particolarmente la mia attenzione. Era un concorso di fotografia e si vinceva un corso di fotografia avanzata della durata di un mese. Cliccai sull'annuncio e si aprì una pagina con un modulo da compilare. Misi il mio nome, il mio cognome e tutte le altre cose che generalmente vengono chieste, non avendo ancora una casa lasciai il mio indirizzo e-mail. Dopo aver compilato il modulo c'era da pubblicare una delle foto scattate così presi la mia macchina fotografica e incominciai a cercare quella più bella. Nessuna sembrava andare bene fino a che non trovai la foto che scattai nel bosco quando io e Linda, la mia ex migliore amica, ci eravamo avventurate alla ricerca di Bazz, il suo cane. Era davvero bella e così decisi di caricarla. Il concorso sarebbe terminato entro la fine della settimana ed essendo sabato quel giorno terminava esattamente il giorno dopo. Il premio andava a quattro persone, così pensai che avevo più possibilità di vincere fino a che non mi accorsi che partecipavamo in 1400 persone. Spensi il computer e, prese le mie cose, salii in camera. Ero insolitamente triste quel giorno, così incominciai a guardare la televisione. Non c'era nulla di interessante, così mi ritrovai a fare zapping tra i canali. Si fece tardi così spensi e mi addormentai. -Vieni con me.- Mi disse il ragazzo di spalle. -Dove mi stai portando?- Chiesi indispettita. -In un posto meraviglioso.- Camminammo per circa dieci minuti e poi ci ritrovammo nel bel mezzo di una distesa di verde meravigliosa. -Qui puoi scattare tutte le foto che vuoi!- Mi disse. Il ragazzo era costantemente girato di spalle ma io quella voce la conoscevo già e anche quei capelli li avevo già visti. Non capii chi era, mi teneva stretta la mano e io mi sentivo stranamente felice. Mi svegliai alle 11.30, non mi ero mai svegliata così tardi in vita mia. Mi feci una doccia e mi precipitai nella hall dell'albergo per controllare il sito del concorso. -Fantastico!!- Esclamai attirando l'attenzione di tutti. Mi avevano presa e il corso incominciava il lunedì della settimana dopo. Mi sentivo felice, la mia vita dopo tanto tempo aveva preso la giusta piega. Decisi di pranzare fuori per festeggiare, così, come di consueto, presi la mia borsa e la macchina fotografica e uscii. Percorsi un po' di strada e mi ritrovai di fronte a un'enorme porta a vetri con una grande scritta sopra di essa, Nando's. Entrai e c'era un sacco di confusione. Il cameriere, vedendomi spaesata, mi accompagnò a un tavolo. Presi un Chicken Breast Fillet Burger e una cola. Mi guardai intorno, c'era una giovane famiglia che festeggiava il compleanno di una bimba, una coppia che si teneva per mano e un gruppo di cinque ragazzi che schiamazzavano felici. Riconobbi la voce di uno di quei ragazzi, era quell'antipatico con il quale mi ero accidentalmente scontrata il giorno prima. Cercai di coprirmi per non farmi vedere, così aprii il menu e me lo misi di fronte alla faccia. Circa un quarto d'ora dopo arrivò il cameriere con la mia ordinazione ed io incominciai a mangiare. Mentre gustavo il mio pasto mi accorsi che qualcuno si stava avvicinando a me e poi vidi delle mani appoggiarsi sul mio tavolo. Alzai lo sguardo ed era di nuovo il tizio antipatico del giorno prima. -Ciao signorina ''non mi toccare''.- Disse imitando la mia voce. -Cosa vuoi?- Dissi senza degnarlo di uno sguardo. -Prenderti in giro!- Disse con tono beffardo. -Non hai di meglio da fare? Questa per me è una fantastica giornata e di certo non me la faccio rovinare da uno sconosciuto antipatico.- Dissi a testa bassa. -Piacere, Harry Styles! Adesso non siamo più sconosciuti. Tu come ti chiami?- Mi chiese con uno sguardo furbo. -Io non mi chiamo, non sono pazza e comunque non ti dirò il mio nome! Addio!- Sbottai alzandomi dalla sedia. Finalmente finii di mangiare, mi alzai dalla sedia e incominciai a dirigermi alla cassa seguita dal castano. Pagai il conto e mi voltai per uscire quando il riccio si fermò di fronte alla porta bloccandomi il passaggio. -Andiamo, che cos'è che vuoi ancora?- Dissi scocciata e stanca di quella situazione. -Voglio importunarti.- Mi disse impertinente. -Non mi importuneresti visto che non conti niente! E adesso spostati dalla porta prima che chiamo la sicurezza!- Dissi furente. Si spostò dalla porta lasciandomi libero il passaggio. Quanto poteva essere fastidiosa certa gente! Incominciai a vagare senza una meta per le strade di Londra con i miei auricolari alle orecchie e la macchina fotografica tra le mani. Ero felice, avevo trovato un lavoro, avevo vinto un corso di fotografia e stavo per trasferirmi in una casa. La mia vita stava cambiando e la notte precedente per la prima volta non avevo fatto nessun sogno terribile, anzi avevo sognato un ragazzo con i capelli ricci. Mi fermai di scatto e mi accorsi che il ragazzo con i capelli ricci era quell'antipatico di Harry Styles. Scossi la testa pensando che non fosse possibile, il ragazzo del sogno era gentile mentre lui no! Percorsi un bel po' di strada fino a fermarmi davanti al Tamigi. Le acque di quel fiume mi infondevano una tale calma e, come facevo quasi sempre alla vista di qualcosa che catturava la mia attenzione, mi misi a scattare diverse foto cambiando anche obiettivo. Mi accorsi che era tardi e così decisi di tornare in albergo. Camminai per venti minuti circa, non mi ero accorta di aver fatto così tanta strada. Una volta arrivata nella mia camera mi cambiai e poi mi buttai a peso morto sul letto addormentandomi quasi subito. -Ehi Charlotte!- Mi chiamò qualcuno. Mi voltai e c'era quel ragazzo con i capelli ricci e questa volta non era girato di spalle. Non riuscivo comunque a vederlo in viso così decisi di ignorarlo e andare avanti. -Charlotte!- Mi richiamò lui. -Cosa c'è?- Risposi senza voltarmi. -Sei bellissima.- Disse con un filo di voce. La sveglia suonò e mi accorsi che era ora di andare a lavoro. Per la seconda notte avevo sognato quel ragazzo dai capelli ricci ma non ne capivo il motivo. Mi buttai sotto la doccia e nel giro di un ora ero pronta ad andare a lavoro. Mi diressi allo studio dentistico e mi accolse una signorina dai capelli biondi. -Buongiorno, tu devi essere la nuova arrivata!- Mi disse sorridendo. -S-si sono io.- Risposi imbarazzata. -Bene, il tuo compito è quello di stare dietro al computer e prendere appuntamenti per il dottor Lither. Per il resto, se hai bisogno di una mano e tutto scritto li sopra.- Mi disse indicandomi un'agenda nera. Le sorrisi e mi misi al lavoro. Non fu difficile, dovevo solo prendere gli appuntamenti e spiegare alcune cose che ad ogni modo erano già scritte sull'agenda, quindi mi toccava solo leggere. Uscii alle tre del pomeriggio e, dopo aver mangiato un panino al bar li vicino mi diressi all'agenzia che si trovava a pochi passi dallo studio. La donna sulla quarantina mi avvertì che il Signor McMiller non c'era ma che comunque mi avrebbe portata lei a visitare le case. La prima era una topaia che cadeva a pezzi; è vero che non volevo spendere troppo e che qui a Londra è difficile trovare case a così poco prezzo ma di certo non dovevo vivere con la paura che il soffitto mi potesse cadere in testa da un momento all'altro. La seconda non era male, aveva un bagno, una camera da letto, una cucina che faceva anche da salotto. Il terzo era un appartamento non molto lontano dal centro, aveva una camera da letto con una porta finestra che dava su un tenero balconcino, una cucina non molto grande ma nemmeno molto piccola, un bagno compreso di vasca e un salottino con due divani. La terza scelta mi aveva catturata, solo che l'affitto ammontava a 450 dollari mensili. Decisi comunque di scegliere l'appartamento perché, non avendo una macchina, era vicino alla fermata del bus che mi portava a lavoro e successivamente al corso di fotografia. Mi ci trasferii quella sera stessa, contenta di come la mia vita stesse migliorando velocemente. Prima di andare a letto scrissi una lettera ai miei genitori che avrei spedito il giorno dopo. Cari mamma, papà e Greg, volevo dirvi che qui va tutto bene. Ho trovato un lavoro e una casa e presto incomincerò un corso di fotografia gratuito vinto grazie ad un concorso su internet. Mi mancate ma non mi manca l'Ohio. Sono sola qui, non conosco nessuno ma ad ogni modo mi sento più tranquilla. La settimana prossima vorrei che veniste a trovarmi in modo da mostrarvi la mia casa e il mio posto di lavoro e poi vorrei fare un giro con voi per le strade di Londra per poi portarvi a mangiare in un posto dove vado a mangiare sempre. Mamma, ti voglio bene con tutta me stessa e adesso sono sicura che starai piangendo ma volevo dirti che sto bene, che da due notti non sogno più quelle orribili cose che sognavo quando ero a casa. Papà, abbi cura della mamma perché so che soffre la mia mancanza ma so anche che tu sei forte e che puoi rincuorarla con uno dei tuoi grandi abbracci che da piccola mi facevano sentire protetta. E adesso papà, non piangere perché non siamo poi così lontani. Greg, ti ho lasciato per ultimo perché volevo dirti che mi manchi tantissimo; quando ero a casa non sono mai riuscita a dirti che ti voglio bene e di questo un po' me ne pento. Ad ogni modo voglio dirti che sei sempre il benvenuto qui e che le porte di casa mia saranno sempre aperte per te qualsiasi cosa tu voglia. Volevo solo dirvi cara famiglia che anche se non vi chiamo, anche se non sentite la mia voce da ben quattro giorni non vi ho dimenticati e non lo farò mai. Vi voglio bene, Charlotte. Detestavo da sempre scrivere lettere, ogni volta piangevo come una stupida e anche quella volta piansi per tutta la notte fino a che, esausta, mi addormentai. La notte fortunatamente non sognai nulla. Suonò la sveglia così, mi svegliai e corsi sotto la doccia per non fare tardi a lavoro. Uscii di casa dieci minuti prima e feci giusto in tempo a prendere il bus. Arrivai puntuale al lavoro e mi sedetti dietro la mia scrivania. La giornata di lavoro passò lentamente, non vennero molte persone quel giorno quindi in alcuni momenti credevo che sarei finita con l'addormentarmi. Finalmente finii di lavorare così decisi di fare una passeggiata. Camminavo beatamente per le vie di Londra quando mi sentii poggiare una mano sulla spalla.

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