Autumn

di Lilyth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** 1 ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


L’aria autunnale stava iniziando a diffondersi quasi ovunque.
Amavo l’aria autunnale, la sensazione di lieve tepore che poteva sprigionare il semplice contatto tra una felpa e la pelle fresca; il vento incalzante tra i capelli; il lento ma inevitabilmente evidente cambio di colore delle foglie.
Decisamente, amavo l’autunno.
Non potevo definirlo un amore passionale, di quelli che ti travolge e ti fa impazzire, che ti trascina via, che ti da vita ma allo stesso tempo ti distrugge;
il mio era più un amore platonico, forte ma non abbastanza da dare alla testa, un amore ideale, alto e decisamente idilliaco.
Mi aggiravo per la città senza nulla da fare, in un deciso stato di calma apparente; intorno a me tutto si trasformava, dai colori all’abbigliamento delle persone, dal cielo alla strada stessa che andavo percorrendo.
Ogni anno, nell’incalzare dell’autunno sentivo che qualcosa andava decisamente cambiando.
Le persone si coprivano, si allontanavano, si chiudevano nei loro abiti come bruchi nei loro bozzoli per proteggersi nel lungo periodo di mutamento invernale; nell’aria iniziava a primeggiare l’odore della nostalgia, leggero ma penetrante, quell’odore che ti spinge a ricercare amore ma anche lo stesso che ti spinge verso ogni tipo di tentazione culinaria dolce.
Non potevo negarlo, anche a me faceva esattamente quell’effetto; all’inizio non sapevo se quel buchino nello stomaco che tendeva a diventare una voragine volesse indicare la mancanza di un qualsiasi tipo di affetto o semplicemente la voglia irrefrenabile di abbuffarmi di dolci, ma a poco a poco iniziò a piacermi e si rivelò per quel che era veramente, una pura e semplice ricerca di calore, di una coccola personale.
L’idea dell’eventuale mancanza dell’amore mi aveva solleticato per un po’ la mente, insinuandosi nei miei pensieri quando meno me lo aspettavo, dandomi il tormento e spingendomi a piagnucolare in giro come una malata immaginaria; era passata quasi subito.
Per quanto molte persone non riuscissero a credere alle mie parole, io da sola stavo più che bene, avrei potuto dire benissimo.
Io e me, me ed io. Un binomio perfetto e indissolubile, una di quelle cose che non puoi distruggere neanche se lo vuoi, e andava bene così.
 
Mi aggiravo per la città osservando i volti emaciati, a volte affranti, dei passanti e mi chiedevo cosa li spingesse ad affrontare così male quel periodo dell’anno.
Avevano provato a spiegarmelo in molti,
è come quando ti manca qualcosa, ma non sai cosa, eppure ti manca; ti manca tanto da star male, da voler piangere, urlare, singhiozzare a pieni polmoni stretta tra il piumino e il cuscino; hai voglia di rimanere rannicchiata nel letto, con le ginocchia al petto in un tepore innaturale che ti lascia stordita e poco cosciente di ciò che provi.
Sì, avevo decisamente presente quella sensazione, passava anche a me davanti agli occhi come una vecchia amica, mi salutava per qualche ora e poi mi lasciava sorridente, così com’era venuta.
Non capivo quindi perché molte persone, compresi molti miei amici e amiche, non riuscissero anche loro a salutare il loro fardello e a rimanere soli una buona volta nella vita.
< tu sei tutta matta >
l’accusa arrivò da dietro i vapori di un cappuccino fumante, l’aria era impregnata da un forte odore di cannella che stava riuscendo a stordirmi ma allo stesso tempo soddisfarmi
< dici? >
Al rumore di un cucchiaino si accompagnò una risatina compiaciuta
< dico, non sei normale, non sei ventenne normale >
lasciai che i miei occhi viaggiassero insieme alle foglie di the verde nella tazza, sapevo di non essere normale, ma sinceramente non credevo fosse quello il motivo della mia anormalità.
 

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Capitolo 2
*** 1 ***


< prendi quel foglio, corri!! >
Mi sentii investire da una massa urlante, scivolai a terra mentre il pazzo mi saltava atleticamente per raggiungere l’ambito foglio che svolazzava insieme a qualche foglia
Mi rialzai nervosamente mentre l’urlante gridava qualche scusa da lontano continuando ad inseguire il suo prezioso foglio.
< tutto bene? >
Annuii piano ricominciando a camminare per la mia strada
< allora, stavamo parlando di cosa? >
Sbuffai
< parlavo, o meglio, monologavi su quanto io possa essere profondamente anormale >
< giusto, giusto >
Mi si affiancò lasciando strusciare la manica della sua giacca su quella della mia.
Faceva abbastanza freddo quel giorno e il cielo prometteva minimo qualche goccia, ovviamente avevo dimenticato l’ombrello a casa e no, non avevo nessuna intenzione di andarlo a prendere.
< quindi, non sei normale, caso chiuso >
Gli lanciai un’occhiata eloquente
< se essere normale equivale al volersi piangere addosso per tutto l’inverno, allora no, non sono normale e non lo voglio essere >
Mi  sorrise canzonatorio finchè io non fui costretta a distogliere lo sguardo ma scoppiare a ridere di risposta
< comunque, continuo a sostenere che quelli anormali siate voi, non me >
< spiegati meglio serpe >
mi schiarii la voce
< beh, sinceramente ritengo che sia più normale l’accettare di poter stare da soli senza soffrire che credere il contrario e quindi procurarsi dolore fisico, mentale e psicologico trascinandosi da un divano all’altro alla ricerca di un calore e di un amore che tanto non arriverà >
La mia risposta ricevette un colpo di tosse sconnesso e una spintarella dietro la schiena
< ma piantala miss non mi scompongo perché sono apatica fino alla punta dei capelli, non posso credere che tua sia riuscita a formulare una risposta del genere. >
< o, ma l’ho appena fatto >
 
Era vero, l’avevo appena fatto, ed ero fiera della mia risposta.
Non riuscivo a concepire come un essere umano potesse ridursi in condizioni pietose solo per la mancanza di un altro essere umano, chiunque esso fosse.
Era una cosa che non riuscivo veramente a digerire.
Potevo comprendere tutto, amori platonici, passionali, brutali, tristi, infelici e giù di li, ma no, non la ricerca di un essere semplicemente fine a se stessa; per la serie “basta che respiri”.
Quello era masochismo, masochismo puro, eppure la maggior parte delle mie conoscenze vi cadeva di continuo minimo una volta l’anno, compreso l’animale che ora mi camminava accanto.
< perché mi fissi in quel modo? >
scossi la testa scostando lo sguardo
< nulla, facevo una riflessione sulla caducità del genere umano >
Alzò un sopracciglio sarcastico
< prego? >
< intendo, per secoli si è fatta una distinzione tra sesso forte e sesso debole, ma la verità è che ognuno di voi ha gli stessi bisogni primari, avere accanto un altro come voi. Siete uguali, non esiste debole o forte, esiste solo la debolezza generale del genere umano, la sua malleabilità davanti alle questioni di cuore, al sentimento e a tutto lo scomparto “dolcezze varie”.
Nel periodo primaverile ed estivo vagate giocondi mostrandovi come merce, ricercando attenzioni da uno, due o più esseri insieme;  durante l’inverno cercate anche solo un essere pensante che vi si affianchi rendendo un po’ meno vuote le giornate corte e fredde. Siete prevedibili. >
Lasciò scivolare le mie accuse per qualche secondo, immaginai che ne stesse assaporando ogni singola sfumatura e sapevo che, prima o poi, sarebbe arrivata la critica alla mia analisi distaccata
< voi...sento sempre parlare di un ipotetico voi, mai di un noi...non sei umana tu? >
Scoppiai a ridere
< o, certo che sono umana, diciamo solo che ho imparato a distaccarmi lentamente da voi altri molliconi >
Mi passò un braccio intorno alle spalle sospirando
< sei solo una stoica apatica del cazzo >
 
 
 
 

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