La luce nel mio buio

di GretaJackson16
(/viewuser.php?uid=235965)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vita da ricchi a Miami ***
Capitolo 2: *** Strano Incontro ***
Capitolo 3: *** Ciao ciao, sorellina... ***
Capitolo 4: *** Verità ***
Capitolo 5: *** Amico ***
Capitolo 6: *** Prigioni Dorate e Strane Situazioni ***
Capitolo 7: *** Attrazione...che non ci dovrebbe essere! ***
Capitolo 8: *** Pensieri Strani e Lezioni di Vampirologia ***
Capitolo 9: *** Gelosia e Problemi Stupendi ***



Capitolo 1
*** Una vita da ricchi a Miami ***


Ciao a tutti!! :)
Ora, non sto tanto a ciarlare e vi lascio alla storia. quello che volevo dire sulla mia ispirazione l'ho detto nell'introduzione, quindi non dico nient'altro e ringrazio molto corvetta91 per avermi permesso di pubblicare la storia che prende ispirazione dalla sua one-shot.
ora vado, e vi lascio leggere...

P.S. la canzone è Thnks fr th mmrs dei Fall Out Boy


CAPITOLO 1

 

La luce del sole entrava, leggera e delicata, dalla finestra.

 

 

I'm gonna make you bend and break
Say a prayer, but let the good times roll
In case God doesn’t show

(let the good times roll, let the good times roll)

 

 

Finiva la sua corsa e illuminava il letto a due piazze che c’era in una delle tante ville di quel quartiere di Miami.

Uno di quei quartieri per ricconi, tanto per intenderci.

Purtroppo per me, i miei genitori erano dei “ricconi”. Dico purtroppo perché praticamente erano più interessati ai loro soldi che ai loro figli, uno dei quali sono io, il tipo su quel letto e che stava maledicendo il sole.

 

 

I want these words to make things right
But it's the wrongs that makes the words come to life

"Who does he think he is"
If that's the worst you've got better put your fingers back to the keys

 

 

Questa è la mia storia. O meglio, era la mia storia fino a che non farete conoscenza di quell’altro tipo che mi sta appresso ormai da tempo.

Quindi è meglio dire che questa è la nostra storia.

Il lui in questione vuole fare il misterioso e lasciare raccontare a me, fino a che non farà la sua entrata in scena versione super eroe.

 

Comunque, stavamo dicendo che c’era un tizio su di un letto che il sole aveva interrotto dal suo sonno in una di quelle case da ricconi di Miami.

Non criticare! Sto ripetendo tutto perché con la tua interruzione nel corso dei miei pensieri rischi di aver fatto perdere il filo a chi legge!

 

Torniamo a noi, per l’ennesima volta.

Come avrete intuito, io sono il tipo che stava dormendo, e stavo maledicendo quella dannatissima stella, responsabile della vita sulla terra.

Tentai di aprire gli occhi, dico davvero, ma le palpebre erano di marmo, per cui rinunciai.

Vabbé, inutile dire che avevo rinunciato al primo tentativo.

Cercai di ritornare nel regno di Morfeo, ma inutilmente, perché la mia radio sveglia aveva aperto uno nuova giornata di scuola e falsi sorrisi.

 

 

One night and one more time
Thanks for the memories
Even though they weren't so great
"He tastes like you only sweeter"

One night and one more time
Thanks for the memories
thanks for the
memories

"He, he tastes like you only sweeter"

Been looking forward to the future
But my eyesight is going bad.
And this crystal ball.
Is always cloudy except for (except for)
When you look into the past (look into the past)
One night stand
One night stand

One night and one more time.
Thanks for the memories.
Even though they weren't so great.
"He tastes like you only sweeter"


One night and one more time.
Thanks for the memories.
Thanks for the memories.
"He, he tastes like you only sweeter"

They say I only think in the form of
Crunching numbers in hotel rooms.
Collecting page six lovers.
Get me out of my mind.
Gets you out of those clothes.
I'm a liner away from.
For getting you into the mood

(wa-oooohhhhh)


One night and one more time.
Thanks for the memories.
Even though they weren't so great.
He tastes like you only sweeter.

One night and one more time.
Thanks for the memories.
Thanks for the memories
he,he tastes like you only sweeter

(ooooooohhh)

One night and one more time.
Thanks for the memories.
Even though they weren't so great.
He tastes like you only sweeter.

One night and one more time.
Thanks for the memories.

Thanks for the memories
He, he tastes like you only sweeter
(ooooooohhh)

 

 

Quando finii di prepararmi e scesi in cucina, ovviamente non trovai nessuno ad attendermi, visto che mia sorella dormiva ancora.

I miei genitori non si preoccupavano nemmeno di controllare se io e Lily ci fossimo svegliati per andare a scuola, figurarsi se si preoccupavano per la nostra colazione o per il fatto che trovassimo la casa vuota.

 

Ormai ci eravamo abituati a svegliarci e scoprire che i nostri genitori erano già diretti in ufficio. Dopo tutto questo tempo, nostra madre aveva anche smesso di scrivere bigliettini ipocriti del genere “Vi voglio bene! Buona scuola! Ci vediamo stasera! Baci baci!” perché nessuna di queste cose poteva minimamente essere realista.

Non si preoccupavano dei nostri voti e di cose che ritenevano stupide come il bacio della buona notte o del buon giorno.

Semplicemente io e Lily eravamo diventati adulti e indipendenti all’età di undici anni, considerando che prima era la babysitter a occuparsi di noi.

 

In poche parole, non avevamo dei genitori.

O, più precisamente, ce li avevamo, ma non potevano sfregiarsi di questo titolo nel modo più completo del termine.

Perché sì, ci avevano creati, ma mai avevano svolto tutte quelle mansioni che vengono dopo l’andare a letto insieme e il partorire, del genere pulire il nasino quando cola, andare alle recite dell’asilo, guardare un film insieme, raccontare le nostre giornate davanti ad un piatto caldo la sera, ridere e scherzare davanti ad una rappresentazione teatrale per i genitori, andare a parlare con gli insegnanti qualche volta...(circa una volta all’anno, ma non sapendo né l’identità né la materia del tizio che avevano di fronte)

 

In altri termini, li consideravamo genitori nel senso più stretto del termine, dato che, per nostra sfortuna, avevamo i loro geni, ma mai avevamo potuto chiamarli genitori nel senso di educatori, persone che ti aiutano dopo i tuoi primi dolori d’amore, o quando devi superare l’adolescenza, o quando diventi una donna o un uomo veri e propri...

 

Fate conto che, quando mia sorella aveva avuto il suo primo mestruo, ero stato io a tranquillizzarla e a restare a casa con lei una mattinata intera perché aveva mal di stomaco, a spiegarle che non c’era da preoccuparsi, che era normale e tutti quei discorsi che normalmente è una madre a fare alla figlia spaventata dal cambiamento improvviso!!

Non il fratello! Che già ero traumatizzato di mio, dato che Lily mi aveva svegliato nel cuore della notte dicendomi che perdeva sangue.

Potete immaginare il mio spavento! Ero già pronto a chiamare il 911 quando mi ha spiegato meglio cosa aveva.

 

Lei non era mai stata imbarazzata a parlare con me di qualsiasi cosa, dato che praticamente lei aveva solo me e io avevo solo lei.

Forse l’unico famigliare che potevamo chiamare tale era nostro zio Jack, fratello di nostro padre.

Lui era una specie di artista che girava per gli Stati Uniti per fare spettacoli, quindi lo vedevamo poco, ma quando avevamo l’occasione di stare con lui, allora quelli diventavano un po' le nostre feste di Natale, perché ci divertivamo come pazzi.

Mi ero sempre chiesto come fosse possibile che lui fosse fratello di nostro padre, dato che lui era un avvocato super quotato,stimato e sempre in giacca e cravatta. Certe volte ironizzavo sul fatto che andasse a dormire vestito con la cravatta e il doppio petto.

Poi scoprì che lui e papà erano fratellastri, e non fratelli di sangue, per cui riuscii a capire come mai fossero tanti differenti.

Il primo identico alla nonna, l’altro la copia spiccicata del nonno, entrambi morti in un incidente d’auto quando loro avevano vent’anni.

 

Zio Jack era la pecora nera, sempre allegro, gentile e spiritoso con tutti, pronto a fare scherzi per tirare su il morale agli altri.

Molto spesso andava in alcuni centri per bambini malati di cancro o altre malattie molto gravi e faceva il clown o improvvisava spettacoli di magie per strappare loro un sorriso dopo ore di analisi o difficili terapie.

 

I nostri genitori non ci avevano più permesso di vederlo dopo che avevano scoperto che era gay, e avevano deciso che i loro pargoletti non dovessero avere contatti con una “persona deviata”, come l’avevano chiamato loro, quando in realtà, per noi, era l’unico degno di sfregiarsi del titolo di “zio” in tutto l’universo.

Mi sono sempre chiesto perché mai, dopo anni che ci ignoravano, improvvisamente ci volessero proteggere dall’unica persona che si era dimostrata degna del ruolo di parente, confidente, in un certo senso padre.

Anche se non potevamo vederlo, avevamo programmato con lui degli incontri segreti, in cui ci aveva fatto conoscere il suo fidanzato, un infermiere che lavorava in uno dei centri per bambini malati che aveva visitato.

Era un ragazzo davvero simpatico e gentile, e con quella coppia di innamorati ci avevamo passato un pomeriggio davvero divertente e speciale, da ricordare.

 

Ero completamente convinto che fosse giusto quello che diceva Jack sul fatto di aiutare gli altri quando ne avevano bisogno, anche senza pretendere nulla in cambio.

Spesso mi divertivo a seguirlo nella mensa per i poveri che c’era in periferia, e lì ci calavamo nelle parti dei distributori di cibo, di libri, qualche volta anche di coperte o di giornali, per fare in modo che anche quelle persone bisognose potessero trovare un lavoro.

 

Ci eravamo trovati nella situazione di preparare Agnese, una ragazza qualche anno più grande di me, per andare ad un colloquio di lavoro.

Agnese era una baby mamma, e aveva avuto la sua bambina quando aveva diciassette anni. Il padre era sparito e l’aveva lasciata da sola, ma lei non si era arresa e aveva deciso di tenerlo. I suoi genitori le avevano voltato le spalle, ma dopo che era nata Cathrin, la piccola era diventata la sua vita, il suo unico motivo per cercare di andare avanti.

Era riuscita ad avere un colloquio di lavoro dopo anni che cercava un occupazione. Ormai la bambina aveva quasi sette anni, ma non aveva certo intenzione di lasciarsi scappare l’occasione di trovare un lavoro stabile e smetterla di fare quei piccoli lavoretti per pagare l’affitto e i quaderni per la scuola di Cathrin.

Così, alla grande notizia, io e zio Jack l’avevamo accompagnata da un parrucchiere e in un negozio di vestiti. Poi avevamo pagato tutto il trattamento per tirarla a lucido e l’avevamo caricata su un taxi, mentre lei continuava a protestare per impedirci di pagare tutto quello, quando noi non l’ascoltavamo nemmeno.

Durante tutto il viaggio l’avevamo tempestata di consigli su come porsi, cosa dire e quando tirare fuori qualche frase filosofica per fare colpo.

Infine l’avevamo lasciata davanti all’ufficio dove avrebbe dovuto fare il colloquio, incrociando le dita e augurandole buona fortuna.

 

Dopo due ore, Agnese e Cathrin avevano l’affitto assicurato per come minimo due anni, dato che era stata assunta.

Io e zio Jack ci eravamo congratulati e lei ci aveva stretto in un abbraccio degno di mamma orsa, per poi invitarci a cena a casa sua, dato che diceva che era merito nostro se era riuscita ad ottenere un lavoro con contratto a tempo indeterminato. Avevamo cercato di fermarla, ma lei ci aveva già trascinato davanti al suo appartamento.

Ricordo che quello fu il momento in cui io e Jack ricevemmo la nostra ricompensa.

Quando Agnese aveva aperto la porta, una piccola bambina con i capelli rossi e delle dolci treccine le era venuta in contro e l’aveva stretta in un abbraccio. Noi fummo fatti accomodare in casa e presentati come amici della mamma, e la bambina fu davvero molto gentile con noi.

Mentre Agnese era in cucina a preparare la cena, poi chiese perché eravamo lì con lei, visto che non era stata avvisata.

Informammo la piccola Cathrin che la sua mamma aveva trovato il lavoro che stava cercando, e lei la strinse in un altro dolce abbraccio, congratulandosi con lei e dicendole che era la mamma migliore del mondo.

 

Le lacrime di felicità che fecero capolino sul viso di Agnese furono la ricompensa più bella che potessimo desiderare...

 

 

È da mio zio Jack che presi la mia passione per il disegno, arte che mi è sempre stata impedita di praticare da quel simpaticone del mio vecchio, perché io “dovevo studiare legge, come lui, come suo padre, come suo nonno...” eccetera eccetera. Il solito discorso, insomma.

Anche se i miei non l’avevano mai saputo, io continuavo a disegnare, a dipingere, a fare schizzi su qualsiasi cosa mi venisse in mente, lasciando correre la fantasia.

Mia sorella diceva che ero anche molto bravo, anche se io non ci avevo mai creduto, dato che mi consideravo solo un mediocre principiante.

 

E qui, gente, cominciano i guai.

Quando volevo un posto tranquillo per disegnare e trovare l’ispirazione, me ne andavo nel parco che si trovava dalle parti del mio quartiere, affacciato sul mare e poco frequentato da quella gentaglia piena di soldi che erano i miei vicini di casa.

È lì che tutto è iniziato.

La mia storia...

 

La nostra storia...

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Strano Incontro ***


Ciao!
Su questo capitolo non ho molto da dire, a parte che metterà in moto la storia.
Spero di suscitare la curiosità di qualcuno (vana speranza, temo...)

Bé, allora vi lascio leggere in pace.
Bye



CAPITOLO 2

 

Dire che faceva freddo sarebbe stato un eufemismo.

Il vento gelido mi accarezzava piano, come una carezza leggera, ma per qualche strana ragione la carezza era molto gelida, come quella di un’antica divinità nordica.

Mi è sempre piaciuto il vento.

La libertà che ne scaturiva era la cosa che mi divertiva di più, che mi eccitava, che mi faceva sentire libero a mia volta dalle ingiustizie che spesso vivevo.

 

*

 

POV. NARRATORE

 

Adam era un ragazzo molto bello. Andava in giro per la città sempre con ragazze che gli lanciavano occhiate dolci e languide per attirare la sua attenzione, ottenendo scarsi risultati.

Aveva poco più di vent’anni, ma era alto e con un fisico già delineato. Gli allenamenti sulla tavola da surf, il suo sport preferito e che praticava tutte le volte che poteva, aveva reso il suo busto scolpito dal tempo, dall’acqua e dal vento. Era biondo e aveva gli occhi verdi come due smeraldi, cosa che faceva sciogliere le ragazzine del primo anno nei corridoi.

Frequentava la facoltà di giurisprudenza dell’università di Miami.

Il mare e il vento erano le uniche cose in grado di renderlo vivo e felice, facendolo uscire dalla monotonia e dalle ingiustizie del mondo che vedeva intorno a sé.

Ingiustizie non tanto verso di lui, quanto verso le persone che gli stavano intorno, ma che inguaiavano sempre anche lui, che cercava di aiutare, quasi sempre volontariamente. Gli sembrava giusto aiutare gli altri, sopratutto se erano persone a cui teneva.

Miami era un posto poco tranquillo per vivere, ma lui era un ragazzo mite di natura e non si sarebbe cacciato in guai come droga, bande o altre cose del genere, per ragazzini ricchi e viziati che non sapevano come spendere i loro soldi.

I suoi genitori erano ricchi da far paura, ma lui i loro soldi li considerava più una maledizione che una benedizione. I suoi erano separati da anni, ormai, ma lui e Lily non si erano mai abituati, sopratutto lei.

Quando si erano separati, sua sorella aveva tredici anni, ed era quella che era stata colpita più profondamente.

Ormai aveva diciassette anni, ma forse lei era l’unica ragione per cui cercava di andare d’accordo con quei due stacanovisti.

Anche se i loro genitori erano separati, vivevano tutti e quattro nella stessa casa, anche se praticamente non si consideravano, come se fossero invisibili, comportamento che lui e la sorella avevano definito infantile.

 

*

 

POV. ADAM

 

Era per colpa di quella ragazzina fuori di testa che ero finito su quella collina a quell’ora di notte.

Ormai la scuola era finita ed erano cominciate le vacanze stive, ma non riuscivo a spiegarmi perché mia sorella doveva dare di matto.

Per qualche strana ragione, che stavo cercando di comprendere, Lily aveva deciso di fare una passeggiata per la spiaggia. E per qualche altra strana ragione, aveva cominciato a giocare e correre come una bambina di due anni, facendoci finire su quella piccola collinetta.

L’avevo notata qualche volta...o almeno così raccontavo ai miei genitori.

Solo mia sorella sapeva il valore che aveva per me quella collina.

Quel parco distava poco dal mio quartiere per straricchi e odiosi (versioni spiccicate dei nostri genitori. Evidentemente avevano tutti lo stesso stampo...)

 

Io venivo qui spesso e mi fermavo sotto l’albero più grande del parco, quello che dava sulla spiaggia e sul mare, la mia fonte di ispirazione.

Sì, ispirazione, perché io odiavo la giurisprudenza, che purtroppo ero costretto a studiare, ma amavo con tutto il cuore disegnare.

E il parco della collinetta era il mio “studio privato”, dove dipingere, disegnare schizzi, dove riposare e pensare a qualche altro modo divertente per mettere in imbarazzo i miei genitori davanti alla comunità.

 

Ed ora eccomi lì, che giravo tra i radi alberi di quel luogo che adoravo che cercavo quella pazza di sua sorella.

Arrivato ormai in cima, sentii come un lieve fruscio che veniva da dietro le mie spalle. Mi voltai di scatto, come se fossi stato colpito da un fulmine.

Quello che avrei potuto trovarmi davanti poteva essere di tutto...

Niente.

Mi girai e tornai sui suoi passi, alterato ed esasperato dalla situazione.

Mi fermai di nuovo, di scatto.

Avevo sentito ancora quel fruscio, e stavolta non potevo essermelo immaginato. Mi voltai, cercando qualche ombra o anche solo un segno che Lily fosse passata di lì.

Se era lei che stava facendo rumore...

Alle mie spalle, qualcosa mi colpì alla testa, facendomi sbilanciare e cadere in ginocchio. Mi appoggiai con i palmi delle mani a terra, tentando di non cedere all’imminente voglia di chiudere gli occhi e non aprirli per un bel po’.

Un’ombra si stagliò su di me, e prima che potessi anche solo pensare a cosa fare, un paio di braccia molto forti mi tirarono in piedi.

Avevo la vista ancora annebbiata, ma scorgevo due figure dinanzi a me. Una era alta, imponente, mentre l’altra era più esile.

Ora mi scendeva anche un piccolissimo rivolo di sangue dalla nuca, che si riversava sull’occhio destro, oscurandomi la già offuscata vista che mi restava.

-Voras, sei stato troppo violento. Guarda cosa hai fatto, brutto scimmione senza cervello.-

La voce sembrava irritata, ma contenuta da un tono militare.

-Lascia stare, Evereth. Me ne occuperò più tardi, dopo che avremmo finito.-

La voce che aveva parlato era molto calma, calda e sensuale, ma era anche piuttosto ferma, come abituata a dare ordini perentori.

Strizzai gli occhi, cercando di collegare le voci a dei volti.

Una mano gentile mi si posò sulla guancia, facendomi rinsavire.

Alzai lo sguardo e riuscì a mettere a fuoco quello che mi circondava, e la scena che vidi non contribuì affatto ad impedire alla voglia di svenire di farsi avanti di nuovo.

Accanto a me c’era mia sorella, leggermente preoccupata ma completamente zitta, come se non avesse le energie per parlare.

Dietro di me c’era il ragazzo che mi aveva tirato su da terra e che continuava a tenermi fermo per le braccia.

Aveva una presa d’acciaio, come se servisse mettere in chiaro il fatto che non potesse scappare. Portava i capelli neri corti, mentre un ciuffo gli passava sul viso, dove due occhi grigi e vigili scrutavano la figura che aveva accanto.

L’altro tipo metteva ancora più in soggezione. Era una specie di armadio, tanto che in confronto, io, che era considerato un tipo “palestrato”, sembravo ora uno stecchino.

Aveva dei ricci ribelli e castani che non mostravano l’occhio sinistro, ma quello visibile mostrava una strana sfumatura ambrata, come gli occhi di un predatore pronto ad attaccare.

Quando posai lo sguardo sull’ultimo sconosciuto, per qualche oscura ragione, il mio cuore si fermò.

Sembrava...non sapevo bene nemmeno come definirlo.

Sembrava un cavaliere della notte, un principe delle tenebre. Aveva lunghi capelli neri, sciolti sulle spalle e lisci come seta. Forse erano anche soffici...chissà che sensazioni davano sotto le dita?

Scacciai quel pensiero e ritornai a studiarlo con il mio miglior sguardo indagatore, finendo impigliato ancora nel suo viso.

Aveva dei lineamenti delicati, ma allo stesso tempo forti e marcati, quasi elfici. Ma la cosa più bella...erano le due bellissime sfere luminose che aveva come occhi.

Erano blu, di un blu glaciale, ma che per qualche strana ragione brillavano infuocati. Chissà perché...?

Forse era arrabbiato con me.

Un sguardo così era davvero...potente.

Sì, potente. Non credevo esistesse aggettivo migliore.

"È bellissimo...” mi ritrovai a pensare, senza quasi esserne cosciente.

 

*

 

POV. ALMERICH

 

Non era possibile...

"Lui...lui è il ragazzo della collina...”

Non riuscivo a crederci...

Io, Almerich, proprio non riuscivo a credere che fosse lui. Quel bellissimo ragazzo che se ne stava a disegnare sotto il ginepro ai bordi del parco.

"È lui, sicuramente.”

Non potevo sbagliarmi. Non potevo dimenticare i tratti del viso più bello che avessi mai visto, non mi era possibile.

Mi capitava di girare per la collina quando il cielo calmava i suoi raggi, e lo vedevo sempre sotto quel grande albero, mentre disegnava.

Spesso avevo voglia di andare là e sedermi accanto a lui, forse per vedere da vicino i suoi occhi, o per vedere cosa disegnava, oppure per abusare violentemente di lui sull’erba fresca.

L’ultima opzione fate finta di non avertela sentita dire, ok?

Altrimenti perdo il mio buon nome di seduttore e capo branco.

"Questo bellissimo ragazzo non può averti certo sedotto senza averti neanche mai guardato, ti pare?”

Chissà...magari è proprio quello che era successo...

Cerchiamo di riprendere il controllo, ok?”

 

Cercando di fare la mia faccia più impassibile, feci un passo avanti e presi il braccio della ragazzina. La preda, come la chiamava Voras.

Lei sembrava sul punto di versare un mare di lacrime, ma la mia attenzione era solo per il ragazzo che si trovava davanti a me.

 

Eravamo a caccia da quasi un’ora, quando avevamo trovato la ragazzina.

Troppo piccola, e dato che i miei uomini volevano farmi un regalo, avevo preferito aspettare. Una ragazzina da sola a quell’ora era troppo strano.

Avevo deciso di aspettare l’accompagnatore...

Ed ecco il mio prezioso gioiello del Nilo, il mio dolce regalo. Perfetto...

Ma allora perché qualcosa mi pungeva il petto?

"Cos’è questa sensazione? È tanto che non la provo... Perché ora? Cosa significa?”

Forse era senso di colpa, ma potrei sbagliarmi. Forse era qualcosa di più potente ancora, che parte da dentro, in profondità, in zone ricoperte dal ghiaccio del tempo e del dolore...

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ciao ciao, sorellina... ***


Spero che a qualcuno venga voglia di leggere...
Sono pronta ad ascoltare anche commenti negativi, basta che mi diciate cosa ne pensate!
Pleaseeee!!!!!

Bé, ciao ciao e...buona lettura!


CAPITOLO 3

 

POV. ADAM

 

Il tizio bellissimo fece un passo avanti e il mio cervello azzerò i suoi pensieri. Prese per un braccio Lily e la tirò vicino a sé, continuando a guardarmi con una strana espressione in viso.

Stava cercando di nascondere quello che provava, lo capivo benissimo.

Io ero una persona sensibile a quello che provavano gli altri e notavo subito che lui stava cercando di nascondere molte cose, e mi sembrava di scorgere dolore nel suo sguardo, ma non potevo esserne certo.

Il suo viso tornò serio e ogni traccia di emozione sparì così come era comparso. Rivolse uno sguardo al tizio che mi teneva il braccio, e quest’ultimo sembrò smarrito per un secondo.

Poi mi rivolse uno sguardo piuttosto gentile, molto diverso da tutti quelli che avevo ricevuto negli ultimi due minuti, che mi fece rincuorare leggermente. Liberò il mio braccio dalla sua presa da campione di pesi massimi del mondo, come se dal mio sguardo avesse appurato che ero una persona apposto.

Io non ero ancora pronto a dire che anche lui era ok.

Rivolsi la mia attenzione al tipo dai capelli neri che teneva ferma mia sorella. Le feci un cenno del capo

-Stai bene?- le chiesi, fregandomene altamente dei tre tizi misteriosi che ci tenevano come delle specie di ostaggi.

Quando vedevo qualcuno che aveva bisogno di una mano, non ero capace di tirarmi indietro. Il motivo era molto complicato, ma non riuscivo comunque a star fermo se vedevo qualcuno in difficoltà o che aveva bisogno anche solo di un sorriso.

Sopratutto se quel qualcuno era la mia pazza e dolce sorellina.

-S-Sì...sto bene, sta tranquillo...- mi rispose, leggermente tremante.

Il tizio che avevo inquadrato essere quello che mi aveva colpito, “l’armadio dai capelli castani”, fece un passo avanti e si piantò a pochi centimetri da me, costringendomi ad alzare lo sguardo per fronteggiarlo.

-Vedi di chiudere il becco, ragazzino. Faresti meglio a fare quello che ti diciamo- mi ringhiò contro.

La luce che aveva negli occhi faceva davvero impressione, ma non potevo certo farmi fare le scarpe da quel tipo tutto muscoli!

-Io non prendo ordini da te, specie di armadio analfabeta-

I suoi occhi si accesero alla mia risposta, come se avessi sorpassato il limite della sua pazienza, che doveva essere molto poca, visto che avevo detto solo un paio di frasi ben piazzate.

Sembrò pronto a scagliarmisi addosso e cambiarmi i connotati, ma il ragazzo che prima mi teneva lo fermò con uno sguardo talmente gelido che mi sembrò in grado di congelare il Lago Michigan senza tanti problemi.

L’altro si allontanò di qualche passo e rivolse lo sguardo alla foresta, come se non gli interessasse minimamente della nostra piccola combriccola di pazzi.

-Perdona i miei uomini, ma sono piuttosto inquieti in questo momento. Che ne dici se vieni con noi tranquillamente e la saluti?- disse, riferendosi a Lily.

Il tizio bellissimo aveva parlato con una strana nota nella voce.

Quasi...impazienza? Ma di cosa?

E poi cos’era quella storia che dovevo andare con loro?!

Ma anche no!

-No, grazie. Preferirei tornarmene a casa con lei, mentre voi sparite e facciamo finta che non abbiate tentato di fracassarmi la testa- ribattei.

Se credeva di spaventarmi, potevano scordarselo!

-Sei duro d’orecchi, ragazzino? Ubbidisci!- ringhiò ancora l’armadio, fattosi attento alla conversazione.

-Voras, tappati la bocca- ordinò il tizio bellissimo, regalandomi uno sguardo fugace con quegli occhi blu.

Dio, si poteva restare secchi solo guardandoli, figurarsi quant’erano belli quando dava ordini con quel tono...

"Va bene, Adam, adesso riprendi il controllo delle tue facoltà mentali. Che facciamo, adesso ti inginocchi e gli chiedi di frustarti e scoparti nel modo più violento che conosce?!”

Mentre tentavo di ricollegare la parte del cervello controllata dalla ragione con quella controllata dagli ormoni, il tipo dagli occhi blu fece un altro passo avanti e me lo ritrovai ad una spanna dal viso.

Era leggermente più alto di me, quindi dovevo alzare il viso per guardarlo bene negli occhi, che in quel momento mi sembrarono ancora più belli.

Per qualche assurdo motivo, anche in una situazione del genere, non riuscivo a non notare quanto bello fosse quel ragazzo misterioso.

-Adesso ti dispiacerebbe fare quello che ti ho chiesto? Non le faremmo niente, vorrei solo che venissi con noi...- sussurrò.

Usò un tono talmente suadente che fece spegnere l’elettricità che serviva ad alimentare i miei ultimi due neuroni rimasti.

In quel momento mi sentii come un marinaio che, dopo aver sentito la candida della voce della sua sirena, si tuffava in mare e correva da lei.

"Per l’amor del cielo, ho il cervello fottuto...”

Lui a quel punto sorrise, come a voler confermare le sua parole. Mi sembrò sincero...o forse ero troppo occupato a impedirmi di saltargli addosso e baciarlo per riconoscere la differenza tra un allegra bugia e una difficile verità.

Probabilmente avrebbe anche potuto dirmi che mi avrebbe fatto conoscere Michael Jackson e Babbo Natale che io lo avrei seguito lo stesso come un cagnolino.

Tornai alla realtà e considerai la situazione (evitando accuratamente di fissare lo sguardo con quello del tizio che avevo ad una spanna dal viso e che era la persona più bella che io avessi mai visto).

Ero da solo, contro tre tizi sicuramente più forti di me, e dovevo proteggere mia sorella.

Non avrei permesso che fosse fatto del male a Lily. Mai.

Lanciai uno sguardo a mia sorella, ancora sotto la presa dei tre tipi e con una faccia che definire spaventata era dire poco.

Le feci un cenno, e lei sembrò pronta ad urlare ai quattro venti quanto mi considerasse idiota a volerla difendere.

Spostai la mia attenzione sul tipo che mi faceva partire gli ormoni e feci il mio migliore sguardo di pietra.

-E va bene. Vi seguirò, ma lasciatela andare-

Risoluto, serio, impassibile, glaciale, fermo.

Il tipo davanti a me fece un sorrisetto divertito che gli fece brillare gli occhi.

Nella mia descrizione di poco fa ho dimenticato di dire -impossibile capire che sta sbavando su quello che dovrebbe essere una specie di rapitore/serial killer-...

Si allontanò di qualche passo e liberò il braccio dell’ostaggio.

Lei mi guardò, titubante, come se non sapesse cosa fare.

Sapevo che mi stavo cacciando in guai più grandi di me, ma qualunque conseguenza ci fosse stata, mai mi sarei pentito di quello che stavo per dire.

-Vai. Torna a casa e inventati che sono scappato.-

Le tremolò il labbro inferiore, ovviamente intenzionata a non schiodarsi da dov’era senza di me.

-N-Non me ne vado...n-non ti l-lascio da solo...-

Io la interruppi di nuovo, ancora più risoluto e deciso di prima.

-Corri a casa, Lily. Corri a casa e non voltarti mai indietro!-

Qualche lacrima le stava sfuggendo, e anche io ero sul punto di scoppiare a piangere, ma non lo avrei mai fatto davanti a lei, così terrorizzata, e a quei tizi.

-M-Ma...- provò a balbettare.

-Ora!- ordinai, perentorio.

Si decise. Alla fine, si decise a voltarsi e correre via, verso casa.

Sperai che non le accadesse niente...

Una risata di scherno mi strappò dai miei pensieri, mentre una mano con una stretta che mi sembrò d’acciaio mi arpionò il braccio sinistro.

Io mi voltai verso l’armadio ambulante, sull’orlo delle lacrime per aver appena detto addio a mia sorella per andare con quei tre pazzoidi.

-Lasciami subito, scimmione-

-Che fai, piangi perché hai detto ciao ciao alla tua ragazza?- chiese divertito, mentre l’impulso di tirargli un pugno mi faceva ribollire il sangue nelle vene.

Qualcuno però mi anticipò.

Il tizio bellissimo e l’altro avevano rispettivamente tirato un pungo e una ginocchiata all’armadio, facendolo piegare in due dal dolore.

Ero rimasto allibito.
Come avevano fatto a fargli male?!

Sembrava in grado di tenere testa a qualsiasi attacco, invece bastavano loro due a piegarlo. Sembravano avergli fatto anche parecchio male.

"Ma che sono, due campioni di box?!”

Prima che potessi formulare altri pensieri, il tipo dagli occhi blu fece una cosa che arrestò completamente la mia capacità respiratoria.

Mi prese la mano sinistra con la sua e si incamminò verso la foresta, e l’altro ci seguì, mentre l’armadio/scimmione si stava rotolando ancora in terra per il dolore.

Ad un certo punto si bloccò e si rivolse al tipo che agonizzava a terra, con una sorta di fiamma negli occhi che avrebbe fatto venir voglia di rintanarsi tra le gambe di mammina anche ad una squadra di football.

-Quella non era la sua fidanzata. Era sua sorella, imbecille.- disse solo, prima di ricominciare a trascinarmi vero la foresta.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Verità ***


CAPITOLO 4

 

Non mi preoccupai minimamente di pensare a dove mi stessero portando.

La mia totale attenzione era rivolta a quel gesto d’affetto e comprensione che avevano appena fatto i due tizi che avrei dovuto ritenere miei rapitori.

-Non fare caso a quell’idiota. Ti chiediamo scusa per i suoi modi rozzi.-

La voce che mi aveva riscosso dalle mie eiaculazioni mentali era quella del moretto che ci seguiva, qualche passo dietro di noi. Sembrava seriamente dispiaciuto.

Io mi voltai a guardare il tizio che ancora mi teneva per mano. Lui finalmente ricambiò il mio sguardo, che fino a quel momento era rivolto alla distesa di alberi davanti a noi.

Doveva aver notato il mio sguardo allibito, perché sorrise

-Non fare quella faccia. Lo abbiamo solo fatto tacere.- disse, in tono tranquillo e pacato.

-Ma...come facevate a sapere che...?- provai a chiedere, mentre ancora cercavo di riordinare le idee.

-Abbiamo capito che era tua sorella dal modo in cui vi guardavate e da come vi siete salutati. Conosciamo molto bene il legame che lega due fratelli, sopratutto se chiaro e forte come il vostro...-

Il tono della sua voce era afflitto, quasi dolorante.

Mi venne un’idea, così rivolsi uno sguardo al tizio che ci seguiva.

-Voi due siete fratelli, vero?- chiesi, quasi certo della mia teoria.

Loro si scambiarono uno sguardo, per poi lanciarmene uno altrettanto stupito. Si fermarono in mezzo ad una piccola radura, mentre gli alberi e le foglie risplendevano alla luce della luna.

-Come hai capito che siamo fratelli?- chiesero, stupiti.

-Intuizione. Più che altro una sensazione. Tu sei il maggiore.- dissi, indicando il tipo dagli occhi blu.

Loro due sorrisero

-Hai ragione, io sono il maggiore.- disse.

Mi porse una mano e sorrise.

Sembrava piuttosto divertito dalla situazione

-Io mi chiamo Almerich, e lui è mio fratello Evereth, secondo in comando. Quell’idiota che hai giustamente chiamato scimmione senza cervello è Voras, un nostro sottoposto.-

Io gli strinsi la mano. Avevo ancora un bel po' di domande a cui dare una risposta, quindi sperai che restasse così eloquente ancora per un po' e non si richiudesse nel suo mutismo di ghiaccio.

-Evereth, ti dispiacerebbe vedere se quell’imbecille ha intenzione di fare la prima donna e farci aspettare due ore o se si decide a venire qui prima che si faccia mattina?- disse, guardando il fratello.

Lui chinò il capo, come un saluto militare, ed eseguì l’ordine.

 

*

 

POV. ALMERICH

 

Io e Evereth, quando avevamo sentito come parlava quell’idiota di Voras, non avevamo capito più niente. Sapevamo cosa dovesse aver provato il ragazzino quando aveva dovuto salutare sua sorella, e quindi avevamo agito prima di rendercene conto.

Non eravamo dei santi, avevamo dovuto abituarci a quella vita dopo la nostra trasformazione, ma non permettevamo certo a quell’idiota di sparlare a sproposito di una situazione così delicata per due fratelli.

Ora eravamo rimasti da soli.

Non sapevo cosa provare.

Ero...come agitato...però non capivo perché.

Mi sedetti sul tronco di un albero abbattuto da un temporale, cercando di fare l’indifferente.

Lui sembrava ancora più agitato di me.

Bé, data la situazione, potevo capirlo...

-Perché non ti siedi qui?-

Avevo parlato senza quasi rendermene conto. Ma che dicevo?!

Il mio cervello non aveva valutato la frase prima di dirla ad alta voce.

Solo che non volevo che si sentisse a disagio.

Non volevo che stesse male per aver detto addio alla sorella.

Non volevo che soffrisse e basta!

Sto uscendo di testa...”

Lui sembrava indeciso su cosa fare. Insomma, io ero una specie di rapitore e pretendevo di fare lo psicologo, che lui si sedesse accanto a me e mi raccontasse i suoi problemi e bla bla bla...

Chissà che pretendevo?

Era normale che fosse spaventato e non volesse avere nulla a che fare con me, anche se per qualche strana ragione mi faceva uno strano effetto.

Ero dispiaciuto che non potessi chiacchierare con lui normalmente...come due amici...per conoscersi...

Tu non sei normale, Almerich. Non sei un essere umano. Non puoi pretendere che ti tratti come tale”

Era vero. Non potevo nemmeno comportarmi normalmente con lui, come invece avrei tanto voluto...

 

*

 

POV. ADAM

 

Eravamo rimasti soli.

Si era seduto e mi aveva invitato a fare lo stesso.

Sembrava...quasi preoccupato per me, come se volesse sapere come stavo.

Proprio non sapevo come interpretare tutta quella situazione.

Poi vidi un velo di tristezza attraversare il suo sguardo. Non ne capii il motivo, ma sembrava davvero triste. Forse era colpa mia.

Non mi piace vedere il suo sguardo così...”

Lo avevo pensato davvero?!

Bé, infondo era vero.

Mi sarebbe bastato anche solo vedere quel suo sorrisetto divertito che usava quando sembrava voler prendersi gioco di me, ma così triste proprio no, non ci stavo.

Mi sedetti accanto a lui, facendolo quasi sobbalzare. Forse non si aspettava che avrei accettato la sua proposta, perché sembrava davvero sorpreso.

Io, alla vista di uno sguardo così sperduto ed innocente, non potei fare a meno di sorridere, intenerito.

Con quello sguardo i suoi occhi sono ancora più belli...”

 

*

 

POV. ALMERICH

 

N-Non ci potevo credere...

Non poteva essere possibile. Si era seduto accanto a me...

Sembrò divertito dalla mia reazione infantile perché sorrise, e in quel momento le mie coronarie subirono un duro colpo.

Cielo, quel sorriso era...indescrivibile...

Immaginate il paesaggio più bello che abbiate mai ammirato, l’alba più colorata che abbiate mai visto, la notte stellata più emozionante che abbiate mai potuto ammirare.

Ora sommate quella bellezza e moltiplicatela per duemila.

Non vi avvicinerete nemmeno a immaginare quanto bello potesse essere il sorriso di quel ragazzo di cui non conoscevo nemmeno il nome.

Io dovevo essere il capo, il più spietato, il seduttore, il predatore, invece in quel momento ero la vittima indifesa di quel bellissimo sorriso.

Sconfitto da un sorriso... Assurdo...”

 

Cercai di riprendere fiato e distolsi lo sguardo, cercando di pensare a quanto potesse essere snervante aspettare Voras, a quanto fosse gentile Evereth, alla prima domanda da porre a quella meraviglia di creatura che avevo affianco...

Presa una bella boccata di fiato e cercando di farmi coraggio, decisi di cominciare una conversazione che sarebbe finita con lui che in lacrime mi chiedeva di lasciarlo andare. Già lo sapevo, ma feci finta di nulla.

-Come ti chiami?- chiesi.

Lui sembrò sorpreso, forse dal fatto che avessi posto una domanda tanto normale in una situazione tanto strana e fuori dai normali canoni di un abitante di Miami.

-Adam. Mi chiamo Adam- rispose.

Non sembrava né terrorizzato né tanto meno insicuro. Era invece piuttosto deciso e fermo, come se non fosse spaventato dalla situazione.

Ma io ero un predatore, perciò sentivo la sua paura, la avvertivo nell’aria.

Ma, stranamente, non era il solito tanfo che appestava le mie nuove conoscenze, ma solo un lieve soffio, come se non fosse spaventato neanche più di tanto.

Sono così rincoglionito dal suo bel sorriso da aver smesso di far paura?” mi chiesi, piuttosto spaesato.

-Piacere, Adam. Spero che quell’idiota del mio sottoposto non ti abbia fatto troppo male.-

Mi stavo preoccupando per lui?!

Dovevo sembrare davvero finto in quel momento, perché non era proprio nella mia natura preoccuparmi per qualcuno che non fosse mio fratello.

Eppure non sembrò notare finzione nella mia voce, perché sorrise di nuovo

-Ma voi cercate di rompere la testa a chiunque incontrate o ero io che vi stavo antipatico?- chiese, con ironia.

Io non ce la feci e scoppiai a ridere come uno scemo, cosa che non accadeva da un sacco di tempo.

Da quando mi ero trasformato, non mi era praticamente concesso ridere. Avrei perso il rispetto di capo branco.

Ma in quel momento potevo essere me stesso e ridere con lui, quello strano e dolce ragazzo che avevo visto poche volte ma che mi aveva in qualche modo già conquistato.

 

*

 

POV. ADAM

 

Stava ridendo!

Ero riuscito a farlo ridere...

Ero davvero fiero di me stesso!

Anzi, ero un po' troppo felice, come una ragazzina dopo che il più bello della scuola le ha rivolto uno sguardo.

Adam, per l’amor del cielo, riprenditi!”

Cercando di non pensare al fatto che fossi rimasto affascinato dal modo in cui i suoi tratti si distendevano quando rideva, cercai di continuare il discorso seriamente, data la quantità di domande che mi frullavano nella testa.

Lui finalmente si calmò e rivolse la sua attenzione su di me, così decisi di farmi avanti.

-Scusa, Almerich, ma...perché io sono qui? Che sta succedendo, me lo potresti spiegare?- chiesi, con un nodo alla gola.

Il suo viso si rabbuiò e abbassò lo sguardo, come se volesse fuggire dai miei occhi verdi.

-P-Perché fai quella faccia? Cosa c’è di così terribile?- chiesi ancora, mentre il nodo si estendeva allo stomaco.

 

*

 

POV. ALMERICH

 

Che succede?

Perché fai quella faccia?

Cosa c’è di così terribile?

 

Avanti, erano domande più che legittime.

Io sapevo bene la risposta, ma dirglielo in faccia mi sembrava più difficile di far scomparire il sole.

Che potevo fare?

 

Abbassai lo sguardo come un ladro colto sul fatto mentre ruba un lecca-lecca ad un bambino.

Mi sentivo un verme a dirgli una cosa così, ma era meglio che sapesse la verità da me piuttosto che da quell’idiota di Voras o da...Exandar.

Non avrei mai permesso che gli si avvicinasse.

Mai.

Feci un lungo sospiro e dissi

-Prometti che prima di dire qualcosa mi lascerai spiegare tuta la storia?-

 

A nessun prigioniero avevo mai raccontato tutta la storia, ma con lui potevo.

Dovevo farlo.

Potevo fidarmi di lui e raccontargli la storia.

Tutta la storia.

Dal principio di tutto, fino ad ora.

 

Lui sembrò titubante, ma assunse un tono deciso e rispose

-Sì. Lo prometto-

 

Ok, ora arriva la parte difficile...”

-Vedi...probabilmente non mi crederai o penserai che sono solo un pazzo scappato da un qualche manicomio, ma ti prego di credere che quello che ti sto per dire è la verità. Io, Evereth e Voras siamo...-

 

Mi bloccai.

"Maledizione, Almerich, questo ragazzino ha fatto finire anche il tuo coraggio sotto ai piedi!? Alza lo sguardo e spiegagli tutto guardandolo in faccia!!”

 

-...siete vampiri-

Alzai lo sguardo di scatto.

Non ero stato io a parlare.

Adam aveva completato la mia frase e aveva abbassato di nuovo il viso, come se volesse scappare dalla realtà.

Anche io in quel momento l’avrei voluto tanto fare.

Scappare dalla realtà e tornare un ragazzo di ventiquattro anni, con i suoi sogni, le sue idee, le sua amicizie, i suoi desideri...

Invece in quel momento ero solo Almerich, il capo branco dei vampiri di Miami.

E in quel momento, davanti a quel ragazzo, me ne vergognavo terribilmente.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Amico ***


scusate il ritardo...

CAPITOLO 5

 

-C-Come hai fatto a capirlo?- chiesi, con la voce tremula, cosa assolutamente a me sconosciuta, data la mia solita fermezza e glacialità, impressioni che avevo imparato a indossare come una maschera dopo la mia trasformazione.

Lui alzò la testa e i nostri occhi si incontrarono.

Verde speranza e blu ghiaccio.

Uno davanti all’altro, senza più maschere o finzioni.

Lui fece un leggero sorriso, più che altro stanco e comprensivo.

-Sai, non sarò un genio, ma so far funzionare il cervello. La tua mano è fredda, come quella di un cadavere; tuo fratello ha una presa d’acciaio, come penso la tua e quella di quel Voras; quando hai riso ho visto che i tuoi canini sono leggermente più appuntiti del normale, se si guardano attentamente; e poi c’è la bellezza soprannaturale...-

Lui si bloccò e arrossì leggermente.

Mi aveva indirettamente fatto un complimento...

"Calmati, ragazzina in calore. Era solo una considerazione” mi dissi, facendo finta di nulla.

-Scusa se non ti ho detto tutto subito. Io e mio fratello avremmo voluto farlo, ma con noi c’era quello scimmione rompipalle, e non potevamo rischiare...-

-Rischiare cosa? Insomma, voi siete molto potenti...e Voras era da solo...-

Adam era confuso, e potevo benissimo capirlo.

Gli avevo appena detto che eravamo vampiri, creature che sono per antonomasia potenti come tori ed hanno una muscolatura molto sviluppata, e poi gli dico che non potevo rischiare di dire niente.

-Aspetta, ora ti spiego megl...- cominciai, prima di fermarmi di colpo.

Avevo sentito qualcosa.

 

*

 

POV. ADAM

 

Vampiri.

Veloci, potenti, letali, bellissimi...

"Togli l’ultimo aggettivo!”

Almerich era deciso a spiegarmi, quando si bloccò di colpo. Aveva irrigidito i muscoli delle spalle e teso quelli delle gambe, come un felino pronto a scattare contro la preda.

Aprii la bocca per chiedere spiegazioni, ma lui me la tappò con la sua mano. Avevo sentito giusto, era fredda, ma in quel momento non me ne preoccupai.

Tolse la mano dalla mia bocca e ci poggiò l’indice, facendomi segno di fare silenzio. Non me lo feci ripetere due volte.

 

Riuscivo a sentire anche io cosa lo aveva allarmato.

Rumore di passi.

Sembrava che Evereth avesse recuperato “la prima donna/scimmione senza cervello”.

Non capì tutta quell’agitazione. Infondo erano solo suo fratello e l’altro tipo. Che c’era di cui preoccuparsi?

Prima che potessi formulare queste domande ad alta voce, lui si erse in tutta la sua imponenza davanti a me, tendendomi una mano. La presi e mi aiutò ad alzarmi, mentre dagli alberi comparivano gli altri due vampiri.

Voras sembrava piuttosto scontento di vedermi, forse condizionato dal fatto che avesse ricevuto due colpi da tipi forti come Almerich e suo fratello per colpa mia.

Dato che avevo voglia di fare lo spaccone, gli lanciai di nascosto un sorrisetto ironico, giusto per farlo irritare un po', cosa che funzionò perfettamente.

Provò a fare un passo verso di me, ma Almerich lo bloccò con un’occhiataccia.

Mi sembrò di veder sogghignare Evereth, ma non potrei esserne certo.

-Andiamo. Siamo in ritardo.- sentenziò Almerich, voltandosi verso la foresta e ignorandomi bellamente.

Si incamminò, seguito da Voras come un cagnolino, mentre io me ne stavo fermo sul posto, piuttosto stranito dalla situazione.

"Prima mi dici che mi spieghi e poi te ne vai?!” avrei voluto urlare.

Prima che potessi chiedere qualcosa, mi sentì toccare il braccio. Evereth era rimasto accanto a me e sembrava piuttosto stranito anche lui.

Guardandolo meglio, potevo notare che si vedeva la differenza d’età dei due; Almerich era più alto e leggermente più robusto, mentre Evereth era più agile e flessuoso.

Non so perché, ma quei due li avrei associati ad un lupo e ad una tigre.

Me li ricordavano.

-Seguimi. Ti accompagno io...- cominciò, fermandosi e rendendosi conto di non sapere come finire la frase.

-Adam- mi presentai, porgendogli la mano.

Bé, Almerich si era presentato con me ed era stato cortese, ora dovevo ricambiare il favore con suo fratello, mi sembrava giusto.

-Almerich ti ha spiegato chi siamo?- mi chiese, quando ci fummo allontanati dalla radura, restando sempre una decina di metri dietro gli altri due vampiri.

-Sì, ma...- provai a dire, ma non sapevo come concludere.

-Si è fermato sul più bello perché siamo arrivati noi- concluse da solo il mio accompagnatore.

"Però... A quanto sembra i vampiri leggono anche nel pensiero! Ma bene!”

-Non ti stupire se l’ho capito. Mio fratello ha solo voluto essere prudente, altrimenti ci saremmo trovati tutti in guai peggiori di quelli che può rappresentare Voras.- disse.

Guai peggiori?

Ci potevano essere situazioni più complicate di quella?!

Che bella notizia...

-Che cosa intendi dire? Quali guai? Io volevo solo capire che cosa voleste da me.- ribattei, ovviamente.

Lui mi rivolse un sorrisetto divertito.

-Non immagini che cosa vogliamo da te?- disse, continuando a sorridere.

Non mi feci certo spaventare, ci mancherebbe!

-Non cercare di prendermi in giro. Se aveste voluto bere il mio sangue, non sarei più qui da un pezzo, per cui inventatene un’altra ed evita le battutine da film di serie B, perché non ci casco.- ribattei, canzonatorio.

 

Lui, contro ogni mia previsione, scoppiò a ridere.

Ora che lo vedevo ridere, riconoscevo in lui ancora tratti infantili.

Sembrava serio e composto, ma in quel momento potevo vederlo sotto la luce di ciò che era in realtà: pur sempre un ragazzo.

Quando era stato trasformato e la sua vita si era fermata, doveva avere all’incirca la mia età, forse un anno in più, da quello che potevo intuire.

Se una persona diventava tanto rigida e composta quando serviva qualcuno, che tra l’altro era suo fratello, doveva aver passato davvero una brutta esperienza...

Qualcosa che lo aveva segnato tanto a fondo da decidere di non lasciarsi andare a dimostrazioni di sentimenti e stati d’animo con nessuno, o con poche e scelte persone.

 

Quando lui si dette una calmata, riuscì a riportare lo sguardo su di me, che continuavo a camminare seguendo la scia degli altri due davanti a noi, che sembravano essere rimasti zitti e indifferenti alla nostra chiacchierata.

-Sei un ragazzo intelligente, ne sono felice. Se non ti fai picchiare da Voras, Almerich potrebbe davvero decidere di raccontarti tutto, chi lo sa!- ironizzò lui, ricominciando a ridere e facendosi venire le lacrime agli occhi.

Io avvampai e gli detti un pugno giocoso sul braccio, mentre lui continuava a sbellicarsi dalle risate.

-Bravo, bravo, ridi. Tanto quello scimmione non mi batterebbe!- disse, rosso in faccia ma intenzionato a preservare il mio orgoglio.

-Sì, ne sono sicuro...Ahahahahah!- ghignò, continuando a sbellicarsi dalle risate e facendomi imbarazzare ancora di più.

-Non hai notato che ho un angelo custode?- gli chiesi, attirando la sua attenzione.

-Ha gli occhi blu- spiegai, vendendo i suoi occhi illuminarsi.

Ricominciammo a ridere insieme.

-È vero! Ma sta attento, perché è anche il mio angelo custode!- rise.

-Vuol dire che ce lo dividiamo!- ribattei, porgendogli la mano.

-Affare fatto, signor. Adam!- disse serio e stringendo la mia mano.

 

Passammo il resto tratto di strada a ridere e scherzare sul nostro angelo custode e sullo scimmione senza cervello, come due vecchi amici.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Prigioni Dorate e Strane Situazioni ***


ringrazio a chi legge, chi ha inserito la storia nelle seguite o nelle preferite.
vi ringrazio davvero di cuore e spero di poter ricevere presto vostre opinioni su questa mia prima vera long.


CAPITOLO 6

 

Quando vidi che gli alberi si diradavano, cercai qualche segno di civilizzazione, dato che erano quasi venti minuti che non vedevo altro che alberi, cespugli, pozzanghere, alberi, qualche roccia, alberi...insomma, avete capito che posto originale e interessante.

Il silenzio regnava sovrano, interrotto solo dal fruscio delle foglie spostate dal vento leggero proveniente dal mare.

Gli alberi si aprivano in una grande radura con un piccolo corso d’acqua come sfondo. Oltre il piccolo fiume, una parete di roccia faceva bella mostra di se coperta quasi interamente da lunghe piante rampicanti.

Almerich fece un passo in avanti e spostò alcuni rami di quelle piante, mostrando, nascosta tra le foglie e la roccia, una specie di vecchia maniglia.

Abbassata quella, si sentii uno flebile scatto, come quella di una serratura vecchie di qualche millennio. In quel momento sperai che non scattassero trappole versione Indiana Jones, ma mi tenni pronto lo stesso a correre, nell’eventualità che rocce delle dimensioni di un autotreno ci venissero addosso e ci spiaccicassero come frittate.

La roccia, che scoprii non essere solo una normale roccia, si aprì al centro, come le porte di un supermercato, rivelando una galleria che si tuffava nel buio.

Ci infilammo lì dentro, io leggermente spaventato dal buio, dato che non vedevo dove mettevo i piedi, ma presupposi che i miei tre compagni di spedizione non avessero di questi problemi. Magari si orientavano nel buio con gli ultrasuoni come pipistrelli e io non lo sapevo.

Dopo neanche due minuti di gioco alla mosca cieca per me e normalissima passeggiata per gli altri tre, qualche spiraglio di luce illuminò il piccolo cunicolo, indicando la via per quella che presumevo essere l’uscita.

Quanto mi sbagliavo...

 

Avete presente quando vi immaginate i grandi palazzi di qualche re persiano o babilonese, con tutti gli sfarzi e lussi possibili e immaginabili?

Ecco, c’è l’avevo davanti in 3D.

La sala era davvero enorme. Delle grandi colonne circondavano il centro del salone, mentre colorati e rilucenti arazzi erano appesi alle pareti.

Sembrava una specie di sala comune, perché c’era un discreto via vai di gente e molte sedie e poltrone rivolte al centro della stanza.

I mobili erano raffinati e di buon gusto, versione imbottitura di chissà quale uccello raro con chissà quale morbido e sfarzoso piumaggio. Non vedevo finestre, ma scorgevo dei corridoi che si diramavano in varie direzioni.

Quella decina di persone che ci avevano notato arrivare avevano abbassato il capo in segno di saluto, ovviamente rivolto a Evereth e Almerich, e non certo ad un povero ragazzo rapito che era con loro.

Noi quattro ci spostammo e imboccammo uno dei corridoi, quello di sinistra, seguendolo per qualche metro, fino ad una porta di legno levigato.

Lì ci fermammo e Voras fece un passo verso di me

-Ci vediamo presto, pivello. Guardati le spalle.- disse, prima di voltarsi ed andarsene tranquillamente, come se non mi avesse praticamente minacciato di morte.

Io lo seguii con lo sguardo mentre se ne andava, per poi riportarlo sugli ultimi due vampiri rimasti, in attesa di spiegazioni.

Loro si scambiarono un cenno ed Evereth mi si avvicinò

-Ciao, Adam. Tieni d’occhio cosa combina il nostro angelo custode, ok?- mi disse, facendomi l’occhiolino ed andandosene.

Io riportai gli occhi su Almerich, che mi guardava perplesso

-È un nostro segreto, non posso dirti niente.- gongolai, sorridendogli.

Lui sorrise e scosse la testa, dicendomi

-Sei appena arrivato e hai già dei segreti con mio fratello? A quanto pare sono nei guai...- rise lui.

Scoppiai a ridere come un idiota, ma non potei farne a meno dopo aver visto che sorriso sincero mi aveva regalato. Lui cerò di tornare serio e aprì la porta, facendomi entrare nella stanza misteriosa.

Oddio, chiamarla stanza sarebbe un insulto, dato che praticamente era un appartamento di tutto rispetto.

C’era un piccolo ingresso con salotto, provvisto di divano, tavolino e televisore; poi c’era una piccola cucina con tavolo e tre sedie; un piccolo corridoio portava alla stanza da letto matrimoniale, che quando avevo visto mi era venuto un colpo.

Devo mica dormire nello stesso letto con Almerich?!”

Poi, la provvidenza aveva voluto che ci fosse un’altra stanza da letto, anch’essa con un letto, ma da una piazza e mezza. Entrambe le camere da letto avevano un bagno, comunicante e provvisto di doccia.

Era proprio un tipico appartamento per manager che vivevano da soli.

Ora però non mi dovevo concentrare sull’arredamento.

Volevo spiegazioni! Tante, dettagliate, coerenti e complete!

 

Mi sedetti sul divano del salotto, mentre Almerich si sedeva accanto a me.

Alzai lo sguardo ed incontrai due occhi blu, notandoli piuttosto sfuggenti e agitati.

-Ti devo le spiegazioni che avrei dovuto darti nel bosco- esordì.

-Direi di sì- mormorai a mezza voce, più a me stesso che a lui.

-Ora ti spiegherò tutto nel modo migliore che posso, però ascoltami e non saltare a conclusioni...ok?-

-Ok- gli risposi.

-Bene. Allora...da dove cominciare? Sai che noi siamo vampiri, come tutti in questa specie di...centro di raccolta, possiamo dire. Qui si trova la maggior parte dei vampiri della Florida. Questo posto è stato costruito circa trecento anni fa, e modernizzato poi, da Exandar, il vampiro alfa, come lo chiamiamo. Lui è il responsabile della trasformazione di molti vampiri che si trovano qui o in altri paesi. Non sappiamo da quando, ma è sempre stato in giro a fare vittime, per poi prendere quelle più interessanti sotto la sua ala. Quasi tutti hanno accettato, dato che dopo che vieni trasformato e perdi la tua vita, non stai certo lì a chiederti tanto, visto che l’unica cosa che provi è il terrore del fatto che hai una voglia pazza di sangue... Comunque, questo è quello che è successo anche a me e a mio fratello, ed ora ci ritroviamo come ufficiali agli ordini di Exandar. Non abbiamo mai capito se vuole formare un esercito o ha solo voglia di usarci come trastulli o passatempi, fatto sta che siamo costretti ai suoi ordini...-

Si fermò, prendendo fiato.

Per lui sembrava davvero difficile raccontare tutto.

-Perdonami, Almerich, ma...la vostra storia cosa c’entra con me?- chiesi, abbastanza titubante.

Lui mi fissò negli occhi, e per qualche attimo fu solo silenzio.

 

*

 

POV. ALMERICH

 

Mi ero dovuto fermare perché davvero non riuscivo ad andare avanti.

Quando avevo visto come aveva legato con Evereth in così poco tempo, avevo capito che sarebbe stato ancora più difficile del previsto dovergli dire la verità, ma non immaginavo fino a questo punto...

Avevo lo stomaco che sembrava intenzionato ad attorcigliarsi come un anaconda introno alla sua preda, il cuore sembrava cadere in briciole e il mio coraggio e la mia forza di spirito erano finiti sotto i piedi.

Sperai davvero che non mi odiasse per quello che stavo per dirgli, perché se sarebbe stato difficile con una persona qualunque, figurarsi con lui, che era riuscito ad affascinarmi in poco più di un ora...

 

*

 

POV. ADAM

 

Finalmente risollevò il viso e mi fronteggiò, non lasciando andare un solo attimo i miei occhi e continuando a puntarli nei suoi.

Prese un bel respiro e continuò a spiegare, mentre io rischiavo di farmi venire un attacco d’ansia

-Qualche giorno fa...Exandar è venuto da me e sembrava piuttosto compiaciuto dell’idea che aveva avuto. Mi ha ordinato di uscire a caccia e catturare...una vittima da tenere con me come...concubina.- concluse.

Il mio stomaco fece una capriola, ma lui sembrava stare peggio di me. Sembrava terrorizzato dalla reazione che avrei potuto avere, come se io potessi anche solo fargli un graffio

-Credimi, io non avrei mai voluto farlo, lui me l’ha ordinato sapendo che cosa avrei risposto, ma...ha minacciato di fare del male a Evereth se non avessi accettato.- si fermò, per poi continuare.

-Tutti i suoi ufficiali possono tenere un prigioniero come amante, quasi come se fosse una sorta di simbolo di prestigio, ma io mi sono sempre rifiutato. Non avrei mai potuto rovinare la vita di qualcuno e andarci a letto. Nonostante quello che puoi pensare, non sono spietato fino a questo punto...ho solo imparato a fare quello che mi ordinano per evitare che venga fatto del male alle persone a cui tengo.-

Mi vennero i brividi all’idea di quello che quel mostro avrebbe potuto chiedergli e che lui avrebbe eseguito senza dire niente.

Lui se ne accorse e sussultò, mantenendo lo sguardo a terra

-Non avere paura. Ti giuro...sul cielo, sulla terra, sul sole, sulla luna, sulla mia vita...che non ti sfiorerò nemmeno con un dito.-

-M-Ma Exandar...- tentai di ribattere, ma le parole non avevano intenzione di uscire dalla mia gola.

-Lui non saprà niente. Faremo credere che io e te...abbiamo...cioè...hai capito, no?-

Anche lui sembrava imbarazzato a dirlo, ma si vedeva che era determinato.

-N-Ne sei sicuro?... S-Se non vuoi...io...-

-No. Non ti sfiorerò. Non posso permettermi di rovinare ancora la vita di qualcuno. Non posso.- mi rispose, prima che potessi formulare una frase a senso compiuto.

Restammo qualche attimo in silenzio.

Insomma, che potevo dire? Avevo appena scoperto che era stato costretto a catturarmi perché sarei dovuto diventare la sua puttana!

Voi cosa avreste detto in una situazione del genere?!

Puntai lo sguardo su di lui, mentre il suo mi sfuggiva, come un coniglio che sfugge dal cacciatore.

Peccato che in quel caso era lui il cacciatore e io la preda.

-Almerich...- lo chiamai, a mezza voce. Lui sembrava non avermi sentito.

Ma quando incrociammo gli occhi, ebbi modo di vedere che non voleva davvero fare quello che gli era stato ordinato, perché sembrava davvero distrutto dalla situazione.

Sembrava che i suoi tratti da immortale, potente e importante ufficiale vampiro fossero spariti, e fosse rimasto semplicemente il ragazzo che era stato trasformato da un mostro.

Presi un bella boccata di fiato e parlai, cercando di infilare una parole dietro l’altra.

-Ascoltami. Io non ho intenzione di mettermi a piangere e gridare che non voglio morire giovane come una di quelle ragazzine che interpretano le vittime in film horror di serie B... Vorrei solo che, visto che c’è in gioco la sicurezza mia, tua e quella di Evereth, e se devo rimanere qui....vorrei che tu spiegassi come stanno le cose... Insomma, cosa succede ad una certa ora del giorno, da chi devo stare lontano qui dentro, e cose così... P-Poi volevo sapere se...anche io dovrò essere...trasformato...- conclusi, mentre la mia voce scemava.

Bé, avevo deciso di seguire le regole, almeno che non volessi che io o Evereth finissimo tra le fauci di Exandar. E ovviamente non volevo che fosse fatto del male ad Almerich.

Forse questa è la ragione principale...”

Scacciai quel pensiero mentre aspettavo che lui parlasse.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Attrazione...che non ci dovrebbe essere! ***


CAPITOLO 7

 

POV. ALMERICH

 

Non stava scappando. Era ancora seduto accanto a me, mentre mi guardava, serio ma comprensivo.

Avete presente quando al centro del petto si forma un calore, tiepido ma che si espande e ti fa sorridere, rincuorato?

Mi stava accettando per quello che ero, senza scappare o considerare tutto secondo seguendo le apparenze e i cliché, cioè: vampiro = sangue = morte assicurata!

Stava guardando la persona che ero stato e non il mostro che ero stato costretto a diventare.

E il fatto che lui mi capisse, mi fece sentire davvero bene...

-Ti prometto che ti spiegherò tutto. E grazie, Adam. Grazie di non essere scappato, di avermi ascoltato e di aiutarmi a proteggere mio fratello.-

Lui sorrise, e non potei fare a meno di rispondere a quel sorriso

-Grazie a te per avermi protetto. Quando vuoi parlare, io sono qui, sappilo. Ora vado nella mia stanza. Sai com’è, dovrei andare a dormire, almeno che tu non voglia costringermi a restare sveglio.- disse, ironico.

-Ci sono un sacco di cose che non sai dei vampiri moderni, ma le lezioni cominciano domani. Per ora, buona notte, Adam.-

-Buona notte anche a te, Almerich.-

Mi regalò uno dei suoi luminosi sorrisi prima di sparire dietro la porta della sua nuova camera, che sperai essere di suo gradimento.

"Non permetterò che Exandar lo faccia diventare un vampiro. Lo devo proteggere. Lui deve vivere la sua vita..."

Questo era il mio unico pensiero, mentre preparavo i libri che avrei usato per fargli imparare tutto sul mio mondo, che non avrei mai permesso che diventasse il suo.

 

*

 

POV. ADAM

 

Mi ero sdraiato sul letto ed ero crollato senza neanche andare in bagno o curiosare nell’armadio. Bé, dopo tutti gli avvenimenti della giornata, avevo il diritto di riposare un po'.

Infondo, nell’ordine: ero stato picchiato da un vampiro a cui non stavo simpatico; avevo fatto amicizia con un altro decisamente più ragionevole del primo; avevo sbavato davanti ad un terzo ma non meno importante; ero diventato inquilino di quest’ultimo ed avevo scoperto che avrei dovuto essere la sua puttana se lui non fosse molto buono di cuore.

Sì, avevo il sacrosanto diritto di farmi un lunga e rilassante dormita...

 

 

Quando mi svegliai, notai dall’orologio che erano le dieci di mattina.

"Ed ecco che comincia la mia prima giornata come inquilino di una congrega di vampiri!”

Santo cielo, ma sentite come parlavo!? Ero proprio fuso...

Mi diressi in cucina e stropicciai gli occhi. In quell’appartamento non c’era una finestra, quindi la luce era soffusa solo dalle lampadine e da qualche candela profumata all’ingresso. Mi sembrava di stare in una tomba, ma preferii non fare presente ad Almerich che non mi piacesse casa sua.

In fondo, mi aveva salvato la vita...e la verginità, tra le altre cose!

Aprii un anta e mi guardai in giro, prendendo un bicchiere e una bottiglia di succo di frutta alla pesca che era posata sul lavandino.

"Che fortuna, il mio preferito!”

Me ne versai un po' e lo bevvi tranquillamente.

Mi stavo comportando come se fosse tutto a posto e non fossi diventato il coinquilino di un vampiro!

Bha...come ci riuscivo, non lo so nemmeno io...

Forse Voras mi aveva procurato una commozione celebrale e mi aveva spiattellato l’ultimo neurone rimasto, facendomi uscire di testa.

Oppure tutto quello era un sogno dovuto al fatto che qualcuno nel parco mi aveva dato una botta in testa, ma non si trattava di un vampiro.

Sì, poteva essere!

Però non ignoriamo il fatto che mi trovavo nello stesso posto che mi aveva fatto vedere ieri sera Almerich e che mi aveva presentato come il suo...ehm, nostro...appartamento.

E poi non potevo essermi immaginato i suoi occhi blu ghiaccio, il suo profumo di alberi, di muschio e di neve, o il suo camminare a testa alta e muoversi flessuosamente...

"Ehy, ragazzina, stai ragionando con gli ormoni! Vedi di darti una calmata!” mi dissi.

Era vero, dovevo darmi una calmata.

Non avevo mai provato quelle sensazioni per un ragazzo. Avevo avuto qualche fidanzata, ma niente di serio, ma mai un ragazzo.

"Comunque non posso provare questa attrazione per lui...”

ALT! FERMI TUTTI!

Mi avete sentito, vero?! L’avevo ammesso. Attrazione.

Attrazione per Almerich...

"Alt! No no! Torna su questa terra e non ti azzardare a fare certi pensieri! Ascoltami: Almerich = zona proibita. Capito?! ZONA PROIBITA!!” mi urlai, ormai completamente convinto che il mio cervello avesse fatto le valigie e stessi parlando da solo come Gollum del Signore degli Anelli.

Sospirai e posai il bicchiere sul lavandino, lasciandomi trasportare da pensieri poco casti su corpi sudati e avvinghiati in un letto.

Uno dei due protagonisti aveva occhi blu come due laghi ghiacciati, come potete ben immaginare...

Non dovevo pensare alla mia attrazione per lui, ma non potevo fare a meno di pensare che era bello come...un lupo.

Sì, un lupo. Non so perché, ma me lo ricordava.

Fiero, coraggioso, potente, indomito, selvaggio, carismatico, ma anche dolce, gentile, protettivo con le persone a cui tiene, bello da mozzare il fiato...

-A cosa stai pensando di così profondo da non avermi sentito arrivare?-

Una voce calda e sensuale da dietro le mie spalle mi fece fare un salto all’indietro che mi sbilanciò, facendomi perdere l’equilibrio e cadere indietro.

Tentai di aggrapparmi al bordo del ripiano della cucina con la mano, ma il solo risultato fu che sbattei il polso sinistro.

Prima che mi spiattellassi sul pavimento, due forti braccia mi cinsero la vita e mi tirarono in piedi.

Prima ancora che me ne rendessi conto, avevo il petto di Almerich che aderiva alla mia schiena. Sentivo i suoi muscoli tesi nello sforzo di tenere il mio corpo, visto che non ero una piuma.

"Maledizione, basta un tocco e ripenso a cose sconce!”

Probabilmente diventai del colore del fuoco, ma lui sembrò non notarlo. Mi fece girare tra le sue braccia e ci ritrovammo faccia a faccia.

Lui mi rivolse uno sguardo serio, e potevo vedere un velo di preoccupazione che gli passava sugli occhi blu, quegli occhi blu che erano stati i personaggi principali dei miei pensieri in quelle ultime ore.

Tentai di mantenere quel minimo di dignità che mi rimaneva e sistemai la maglietta che indossavo, che si era alzata e mi aveva fatto vergognare ancora di più davanti a lui.

Lui non sembrò farci caso e si staccò da me, facendomi perdere il contatto con la sua pelle che, seppur fresca, aveva rischiato di mandarmi a fuoco.

Vide la mia espressione e sorrise, illuminando a mio parere tutta la stanza.

-Ti sei preso un bello spavento, vero? Sta tranquillo, non è successo niente...- mi disse dolcemente, prendendo una ciocca di capelli biondo che mi era caduta davanti agli occhi e portandola dietro il mio orecchio, ora completamente rosso.

-Tutto ok? Ti sei fatto male?- mi chiese, vedendo che mi tenevo il polso.

Io scossi la testa e feci un mezzo sorriso, cercando di nascondere lo stato dei miei ormoni e della mia dignità.

-N-No, tranquillo. Non mi sono fatto niente...- cercai di dire, ma non lo convinsi molto, perché prese il mio polso tra le sue mani.

Mi fece partire una scossa lungo la schiena, ma in quel momento ero troppo rapito a studiare i tratti del suo volto per accorgermi di aver rabbrividito davvero al suo tocco.

-Scusa, ho le mani fredde. Vediamo che hai combinato.-

Toccò piano l’osso, facendo movimenti circolari e controllando che non ci fosse nulla di rotto o fratturato.

Io, nel frattempo, ero partito. Ma partito letteralmente.

Mi faceva quel dolce massaggio come se fossi il cristallo più delicato e prezioso al mondo. Il mio cervello era spento, in black out totale, mentre un altra parte del mio corpo si stava scaldando contro la mia volontà.

Lui finì il suo lavoro e alzò lo sguardo, che era stato fisso sul mio polso, su di me, mostrandomi un sorriso sincero.

-Non ti sei rotto nulla, per fortuna. Hai preso una bella botta, ma basterà un po' di ghiaccio.- mi disse, aprendo il congelatore sopra il frigorifero e mettendo una busta di ghiaccio sulla parte dolorante.

Non avevo mosso un dito o emesso un suono, temendo che quel momento di dolcezza venisse interrotto. C’eravamo solo noi due, e io non volevo rovinare l’atmosfera che si era creata.

Mi accompagnò sul divano e mi fece sedere, tenendomi fermo la busta fresca sulla parte malandata.

Decisi di rompere il silenzio e dissi

-Come fai a saper fare un massaggio così? Sembra quasi che tu sappia esattamente dove c’è il problema.-

Lui mi rivolse un sorriso e rispose

-Bé, come laureato in medicina, per me è molto importante sapere fare la diagnosi corretta ad un paziente-.

Io rimasi un attimo spiazzato alla notizia, ma riuscì a riprendermi

-Quindi sei un dottore!- esclamai, come un bambino davanti ad una cosa mai vista.

Arrossì per cosa avevo detto e come avevo parlato.

Ma quanto puoi essere idiota? Ma la smetti di comportarti in quel modo da imbecille fumato davanti e lui, per l’amor di Zeus!!?” strillai interiormente, sperando che lui non notasse che mi stavo sgridando da solo come fanno i pazzi chiusi in manicomio.

Lui sorrise della mia reazione e a me venne voglia di sparire nel nulla.

-Esatto, sono un dottore. Il dottor. Chase, per servirla- disse con fare teatrale, inclinando la testa e facendo un finto baciamano.

Mi si bloccò la respirazione, ma cercai di nasconderlo facendo finta di nulla. Scoppiai a ridere, facendomi scappare una lacrima e tendendomi la pancia con il polso ancora funzionante.

-Non ridere, sai! Sono serio! D’ora in avanti voglio che mi chiami dottor. Chase! E voglio la mia parcella per questo difficile intervento al suo polso, signorino!- disse scherzoso e ridendo con me, mentre io mi stavo quasi ribaltando sul divano.

Tentai di ritornare serio e sviai l’argomento della laurea in medicina, visto che non sapevo come avrebbe reagito se gli avessi chiesto della sua vita prima della trasformazione. Erano cosa che non potevo chiedere, ma dovevo aspettare che fosse lui a volermele rivelare.

Quindi decisi di farmi i fatti miei e chiesi

-Scusa, Almerich, ma...sono le dieci di mattina e tu...non dovresti essere a dormire?-

Insomma, da che mondo e mondo, i vampiri dormivano di giorno e andavano in giro di notte, traendo forza dalla luna ma vendendo uccisi dalla luce del sole.

Lui capì il mio dubbio e si alzò in piedi, dirigendosi verso il televisore e la libreria che vi si trovava sopra. Prese un libro e tornò a sedersi accanto a me, aprendolo e porgendomelo.

-Leggi questo, così capirai meglio un bel po' di cose sui vampiri. Per la cosa della luce del sole te lo posso spiegare subito, così questa sarà la prima lezione su tutto quello che devi sapere su di noi.- mi spiegò.

Si alzò in piedi e si avvicinò alla porta. Prese una delle candele aromatiche che erano poste all’ingresso e tornò davanti a me, sedendosi sul tavolino al centro del salotto.

Sfogliai il libro che avevo tra le mani piuttosto attentamente, così non mi resi conto di quanto fosse vicino.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Pensieri Strani e Lezioni di Vampirologia ***


CAPITOLO 8

 

POV. ALMERICH

 

Quando avevo visto la sua maglietta alzarsi e mostrarmi una piccola porzione della pelle del suo petto, avevo rischiato di avere un infarto secco...

E considerate che il mio cuore era fermo! Non aveva più un battito da qualche anno, quando Exandar mi aveva trasformato.

Aveva l’attenzione completamente rapita dal libro che gli avevo porto, così pensavo che avrei avuto l’occasione di guardarlo da vicino senza dover fare la figura del maniaco.

I suoi lineamenti era sottili, delicati, eppure la linea della sua macella era comunque sensuale e volitiva. La vista dei suoi occhi mi era preclusa, in quel momento, ma sapevo che erano di un bellissimo verde brillante. I capelli biondi erano leggermente scompigliati, visto che probabilmente ieri era crollato sul letto senza cambiarsi.

Avevo evitato di cominciare a parlargli di vampiri quando lui faceva fatica a tenere gli occhi aperti, visto il velo di stanchezza che avevo notato sui suoi occhi.

Gli abiti erano gli stessi che indossava la sera prima: una maglietta celeste e un paio di pantaloni grigi, e aveva ai piedi un paio di all stars color blu cielo.

Quando stava cadendo e la maglietta si era alzata, avevo visto un fisico tonico e ben modellato, con muscoli definiti ma non volgari.

Santo cielo, ma ti senti? Stai parlando come una ragazzina di dodici anni davanti al più bello della classe!”

“Sì, è possibile, solo che lui non è il più bello della classe...”

Esatto! Bravo, torna in te!”

“...se mai è il più bello della scuola...

Bene, ecco che ricade nei meandri del nulla!”

“...o forse di tutta la Florida...

Amico, torna in te!”

“...meglio dire dell’America intera...

Devi scordartelo! Non lo devi considerare!”

“...o forse dell’universo...”

Mentre io litigavo con me stesso, lui continuava a sfogliare i vari capitoli, non accorgendosi di nulla.

Grazie al cielo...”

La sua espressione concentrata mi fece dimenticare che stavo litigando con me stesso e ricominciai con i miei pensieri strampalati e romantici su di lui.

AAAAAAAAH!!!!”

“Cosa c’è!? Che succede!!?”

Hai sentito cosa hai appena detto, Almerich?”

“Emh... -su di lui-?”

Quello passi. Prima.”

“-Mi fece dimenticare che stavo litigando con me stesso?-”

Non stavamo litigando. Comunque, no. Dopo.”

“-Ricominciai con i miei pensieri strampalati-?”

Ci sei quasi. Dopo.”

“Emh...r-romantici...?”

Esatto, proprio la cosa che ti vorrei rinfacciare. Sai cosa significa quell’aggettivo?”

“Bé, più o meno, ma l’ho detto tanto per dire...”

Non dire idiozie e stammi a sentire! Romantico significa -Che è di indole appassionata o incline all’evasione fantastica. Detto di persona: sentimentale, che pensa a qualcun altro in termini amorosi!-”

“Ma che sei, un vocabolario?”

Non prendermi in giro e ripensa alla definizione! Ora trova l’errore e dimmi cosa c’è che non va.”

“C’è che tu stai dando di matto.”

Primo, sono la tua mente, quindi, se vado di matto io, sei matto anche tu. Secondo, rispondi alla domanda!”

“Non dovrei parlare in termini amorosi di Adam...?”

ESATTO! MA BENE, CI SEI ARRIVATO!”

“Forse hai ragione...non posso permettermi di prendere una cotta per lui...”

E speriamo che la cosa non arrivi oltre la cotta...”

“Che vuoi dire?”

Voglio dire che se cominci così che sono solo poche ore che lo conosci, figuriamoci quando vi conoscerete meglio! Rischi di innamorartene.”

“I-Impossibile! Io non mi innamorerò mai di nessuno!”

Senti, grande vampiro di ghiaccio, tutti si innamorano, basta che abbiamo un cuore.”

“Ma il mio non batte più, quindi non ho il problema...”

E se lui fosse capace di fartelo ripartire?”

E se...la mia mente avesse ragione?

Se davvero potevo davvero rischiare innamorarmi di Adam?

“Devo calmarmi e riprendere il controllo. Non posso fare questo a lui. Ha una vita, devo ricordarmelo. Devo trovare un modo per farlo uscire da qui e proteggerlo da Exandar, e io non lo toccherò, punto!”

Viva il buon senso e la determinazione! Grande, Almerich, sei ritornato a posto con la testa! Ora, perché non dai retta al coinquilino/ragazzo bellissimo che ti sta rivolgendo lo sguardo da un minuto buono chiedendosi perché tu lo stia fissando?”

 

Oh cielo, e ora!!?!

 

*

 

POV. ADAM

 

-Però...certo che dovrò imparare un sacco di cose- feci notare, senza staccare gli occhi dal libro appoggiato sulle mie ginocchia.

Stavo leggendo i titoli dei capitoli, anche solo per farmi un’idea. C’erano un sacco di argomenti che sembravano abbastanza complicati, ma non potevano essere così difficili, visto che avevo la possibilità di chiedere ad Almerich delle spiegazioni più dettagliate e semplici.

Alzai lo sguardo ed incontrai i suoi due laghi di ghiaccio.

Rischiai che mi si mozzasse il respiro, visto quale intensità trasmetteva quelle sguardo. Potevano quasi essere paragonati a dei raggi che ti entravano dentro e sembravano scavarti dentro.

Sembrava piuttosto serio e determinato, come se stesse pensando a chissà quale cosa da fare. Però c’era qualcosa che mi metteva in soggezione.

Non sembrava voler staccare lo sguardo da me, dai miei occhi. Sembrava mi stesse studiando.

Forse l’ho fatto arrabbiare...”

Lui sembrò come colpito da un fulmine e saltò quasi sul posto. Mi rivolse uno sguardo spaesato, come se si fosse accorto della mia presenza solo in quel momento.

-Emh...a-allora...hai dato una lettura veloce?- mi chiese. Sembrava abbastanza nervoso e intenzionato a cambiare in fretta argomento.

Temetti di aver fatto qualcosa di sbagliato, così chiesi

-Almerich, c’è qualcosa che non va? Ho fatto qualcosa di sbagliato...?-

Abbassai lo sguardo, temendo di aver combinato uno dei miei soliti pasticci e aver fatto innervosire Almerich.

Lui ebbe una reazione strana: prima mi guardò come se avessi appena cominciato a ballare la samba nudo, poi sembrò riprendersi e scosse la testa con vigore, come se avessi appena detto di voler chiudermi in bagno e fare monasticato senza mangiare per cinque secoli.

-Ma che dici?! Non è assolutamente colpa tua! Anzi, scusami. Ero sovrappensiero e...- si giustificò, abbassando lo sguardo colpevole.

La sua reazione non poté fare a meno di strapparmi un sorriso.

Lui sembrò accorgersene e riportò la sua attenzione su di me.

-Fa niente, non preoccuparti. Tornando al libro, sì, ho dato una lettura veloce dei titoli dei capitoli e qualche cosa mi è sembrata complicata...ma se ci sei tu non avrò problemi, mio maestro!- disse, ridendo.

Lui sorrise

-Va bene, mio allievo, la prima lezione. Come avrai giustamente notato, dovrei essere a dormire in una bara, visto che sono le dieci del mattino, ma dato che siamo nel XXI secolo ci sembrava giusto modernizzare queste usanze. Per prima cosa, possiamo dormire di notte e restare svegli di giorno perché queste candele...- spiegò, indicando quella che aveva tolto dall’ingresso -...diciamo che sono delle sostitute della luna. Se normalmente doveva esserci la luna, ora possiamo trarre da queste le nostre energie. Noi la chiamiamo essenza di luna. Inoltre la luce solare non può entrare qui perché questa base è sigillata all’interno di un composto di calcare che impedisce la filtrazione di luce solare, non esattamente fatale per noi, ma abbastanza dannosa. Così possiamo vivere come esseri umani, ovviamente bevendo delle piccole dosi di sangue animale, che viene tenuto nelle celle frigorifere di tutte le stanze, per evitare di andare in giro a prosciugare inutilmente gli abitanti di Miami.- concluse, prima di rivolgermi un sorriso

-Come vedi, non dormiamo in bare, non succhiamo sangue agli umani e viviamo normalmente, cercando di creare una situazione di equilibro pacifico fra noi e la città, e fra la nostra parte umana e quella vampiresca.-

Io avevo praticamente bevuto ogni singola parola che aveva detto, come un assetato nel deserto. Aveva un modo di parlare e spiegare che ti faceva venire voglia di starlo a raccontare per ore, forse per il musicale suono della sua voce, o perché sapeva usare le espressioni come facevano i grandi aedi antichi mentre raccontavano i poemi epici.

O, più semplicemente, ti piace starlo a guardare...”

Forse sarei stato disposto ad ascoltare la Pimpa o l’Ape Maia, purché fossero decantate dal bel vampiro.

Scacciai certi pensieri e rivolsi un cenno d’assenso al mio insegnante, che si alzò dal tavolino e si diresse verso la porta.

Io scattai in piedi come una molla.

Dove stava andando?!

Con chi?!

Perché?!

Per quanto tempo?!

Cielo, sembro una mogliettina preoccupata...”

-Dove vai?- gli chiesi.

Lui si girò verso di me e mi rivolse uno sguardo che mi fece arrossire per l’ennesima volta. Sorrise e disse

-Sta tranquillo, non ti abbandono. Volevo solo andare a vedere dove sono Evereth e Jinger, così te la presento. Torno subito, e intanto fa pure ciò che vuoi. Ormai questa è anche casa tua-

Con il sorriso che mi faceva che potevo dirgli? Non andare perché non voglio restare senza di te?

Gli sorrisi di rimando

-Ok. A dopo, allora...- lo salutai.

-A dopo, Adam- disse, prima che la porta si chiudesse del tutto e facesse scomparire la sua figura alta e maestosa.

Com’è possibile che il mio nome diventi così bello se è lui a pronunciarlo?”

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Gelosia e Problemi Stupendi ***


CAPITOLO 9

 

Ti presento Jinger...

Jinger...


 

“Cavolo, ma chi è Jinger?!!”

Potrebbe essere la sua ragazza, genio?”

“NO!!! Lui...sì, insomma...lui non ha la ragazza...”

E questo chi te l’ha detto? Lui non te l’ha mai specificato, e nemmeno Evereth, quindi è piuttosto possibile”

“Ma...”

Senti, non vorrei distruggere i tuoi sogni su tu e lui che vivete come in una favola, ma è possibile che abbia una ragazza, o magari una moglie! Te lo immagini!? Sarebbe uno spasso!”

“Bé, ma lui non...”

Perché non dovrebbe? È un ufficiale molto influente tra questi vampiri, ha carisma, e poi è un figo da paura...”

“Non parlare così di lui!”

Sono la tua mente. Sei tu che pensi queste cose”

Arrossì a questa constatazione. Bé, che fosse bellissimo era appurato da penso tutta l’umanità, umana e immortale...

Lo hai ammesso, è un passo avanti”

“Però da qui a litigare da solo è un divario enorme!”

Ah, sei tu quello con dei problemi di doppia personalità. Io sto solo dando voce ai tuoi pensieri, ragazzo. Sei tu che pensi che sia un figo da paura”

“Smettila di ripeterlo!!”

Mi presi la testa tra le mani e mi grattai nervosamente tra i capelli. Forse rischiavo di rimanere calvo, ma in quel momento ero troppo sconvolto.

Insomma, io...provavo una strana sensazione alla bocca dello stomaco...una sensazione spiacevole...come se ci fosse qualcosa che non andava...

(Ovviamente a parte il fatto che stavo convivendo con un vampiro)

Forse è proprio il tuo nuovo coinquilino ad essere il problema”

“Ma che dici?!”

Dalla reazione è ovvio che ho ragione”

“Forse...provo...”

Si chiama gelosia. Ripetilo insieme a me: GELOSIA!”

Sospirai, ormai sicuro che la mia testa avesse ragione.

Ero geloso di una ragazza che non avevo mai visto e del suo (forse) ragazzo vampiro bellissimo.

“Prima attrazione e ora gelosia... Credo che il suo essere troppo bello mi stia andando al cervello...”

Sì, è piuttosto probabile”

Mi alzai dal divano, intenzionato a non pensarci più. Se dovevamo vivere civilmente insieme dovevo smetterla di far certi pensieri su di lui, punto!

Evviva la determinazione!”

MI avviai verso il bagno per farmi una doccia, quando realizzai che non avevo un cambio di vestiti. Entrai nella mia camera e aprì il grande armadio, cercando qualcosa di decente da mettermi.

Mi accorsi che gli abiti erano tutti di buon gusto, anche la taglia era giusta.

Forse questa Jinger una volta abitava qui”

“Smettila di dire cavolate e lasciami concentrare!!”

Evitando di far caso che ancora una volta stavo litigando con me stesso, presi dei vestiti e aprì la porta del bagno, che non avevo fatto in tempo a visitare la sera prima.

Avete presente i bagni di Buckingham Palace?

Tutti luccicanti, con mobili che sembrano legno massello, ripiani in bellissimo e delicato marmo bianco, doccia grande quanto un divano e candidi asciugamani ordinatamente piegati sul mobile?

Era praticamente a bocca aperta.

Quanto lusso! Ma io dovrò usarlo sul serio? Mi fa quasi tristezza sporcarlo...” mi dissi, guardandomi in giro.

Ormai ero lì, così decisi di approfittarne. Mi spogliai e mi infilai nell’enorme box della doccia, aprendo l’acqua.

Mi feci prendere dal ritmo incessante dell’acqua che cadeva e mi bagnava e mi rilassai un po', evitando accuratamente di pensare a qualsiasi cosa blu ghiaccio.

 

*

 

POV ALMERICH

 

Avevo trovato quei due pazzi nella sala comune. Come al solito si stavano comportando come i personaggi di qualche film romantico di dubbio gusto.

Jinger ed Evereth si sono fidanzati un anno dopo che noi siamo entrati a far parte della schiera di vittime di Exandar. Jinger era diventata quasi subito nostra amica, ci eravamo uniti ed eravamo diventati un trio di ufficiali imbattibili. Io l’ho sempre vista come una sorella, ma per Evereth è stata il suo primo vero amore, come del resto lo è stato lui per lei.

Quei due sono come l’acqua e l’olio, ma si dice che gli opposti si attraggono, e infatti si erano innamorati come due ragazzini di dieci anni. Erano entrambe due persone molto allegre e vitali, anche se erano sempre dietro a discutere per le cose più futili. È bastato un attimo e quei due erano felicemente fidanzati.

Guardandoli non si poteva fare a meno di sorridere, perché erano davvero dolci. Anche un po' troppo, a mio parere...

Erano seduti uno accanto all’altro e ridevano e scherzavano davanti ad un libro, tenendosi per mano e scambiandosi occhiate innamorate.

-Allora, volete far venire il diabete a tutti i presenti o avete intenzione di darmi retta un attimo, colombini?- dissi, avvicinandomi e lanciando loro un finto sguardo schifato, in contrasto con un sorriso ironico e piuttosto ironico che non potevo nascondere davanti alle occhiate che si scambiavano quei due.

Loro due sorrisero, complici. Evereth mi lanciò uno sguardo

-Sentiamo, che cosa vuoi da noi, di grazia?- borbottò.

I suoi occhi venero poi attraversati da una luce prima maliziosa e poi più seria e aggiunse -Non è che hai fatto qualcosa ad Adam, vero? Guarda che te la faccio pagare se è così...-

Il suo tono minaccioso non lo notai nemmeno.

Avevo ascoltato fino al nome Adam.

Sgranai gli occhi.

-Ma come ti salta in mente?! Non mi permetterei di sfiorarlo nemmeno con un dito!!- sbraitai, attirando qualche sguardo curioso.

I vampiri erano di natura delle creature riservate, ma se qualcuno urlava davanti a loro in quel modo e sentivano profumo di scoop, diventavano come delle di vicine curiose.

-Chi è Adam?- chiese Jinger, cercando di infilarsi nella conversazione e carpire informazioni.

-È il ragazzo di cui ti ho portato, il nuovo coinquilino di Almerich.- rispose mio fratello, tranquillamente.

-Le hai già parlato di lui?- gli chiesi, sconcertato da tale velocità.

-Bé, mi sembra ovvio! È una notizia bomba!- ribatté lui, allegro e solare come il bambino che avevo visto crescere.

Io chiusi gli occhi e sospirai, ai limiti dell’esasperazione.

Li riaprì e mi rivolsi di nuovo ai due.

-Allora, piccioncini, passo più tardi o cosa?- chiesi loro.

Jinger fece un sorrisetto divertito, prima di rispondermi.

-Veniamo subito!- esclamò entusiasta -Non vedo l’ora di vedere questo ragazzo misterioso dal vivo!-

-Come, il tuo ragazzo non ti aveva già raccontato tutto di lui?- chiesi sarcastico.

Lei sorrise e Evereth si indignò

-Ma lei lo deve assolutamente conoscere! Adam è troppo simpatico, va conosciuto e visto per capire perché ci sei rimasto quando l’hai visto.-

I due si alzarono e si avviarono per il corridoio che portava nella mia stanza, mentre io ero rimasto imbambolato dopo la frase di mio fratello.

A quanto pare qualcuno se n’è accorto, grande genio.”

“Io lo ammazzo!!”

 

 

Li riacciuffai quando erano arrivati davanti alla mia stanza. Rivolsi un’occhiataccia a mio fratello, ricevendo in risposta un ghignetto divertito.

-Oh andiamo, non ho detto niente di grave!- rise lui.

Io lo fulminai con lo sguardo un ultima volta prima di ignorarlo completamente, offeso.

-Ne riparliamo. E la prossima volta te la faccio pagare, ricordalo.-

Aprì la porta, giusto in tempo per notare un suo sbuffo annoiato, e rispondergli con un’occhiata distruggi-grattacielo.

Rivolsi il mio sguardo dentro la mia stanza/appartamento ed entrai, facendo accomodare Evereth e Jinger, ovviamente divertita dalla situazione.

Lanciai uno sguardo in cucina e poi in salotto, notando una chioma bionda spuntare dal poggia schiena del divano.

Mi schiarì la voce e dissi

-Adam, vieni. Ti presento la ragazza che sopporta mio fratello.-

Ridacchiai, sentendo che Evereth mi lanciava maledizioni a mezza voce

-Non è lei che sopporta me, antipatico. E comunque non fare il bambino, l’hai detto per ripicca.- ribatté, attirando la mia attenzione su di lui e togliendola dal divano, da dove Adam si stava alzando.

Mentre noi due discutevamo, lui si avvicinò a Jinger e le strinse la mano.

-Piacere, Jinger. Io sono Adam.- si presentò, sorridendo.

-Il piacere è mio, Adam.- disse lei, rispondendo con un sorriso.

Io ed Evereth non la smettevamo di discutere, tanto che andammo avanti un paio di minuti prima che degnassimo attenzione agli altri due occupanti della stanza.

Quando posai lo sguardo sul mio coinquilino, mi mancò il fiato.

E dico letteralmente.

Doveva essersi fatto una doccia, perché i capelli sembravano ancora più lucenti e soffici di prima. Indossava alcuni dei vestiti che erano dell’armadio della camera degli ospiti, dove ne tenevo sempre della taglia di Evereth per emergenze, che addosso a lui stavano come dipinti su un angelo di Raffaello.

Indossava una camicia leggera di un azzurro che risaltava i capelli e la carnagione abbronzata, un paio di jeans blu che gli fasciavano le cosce magre ma toniche, e il suo paio di all stars rosse ai piedi.

Per l’amor del cielo, è stupendo...”

Rischiai seriamente di compromettere l’unico neurone che mi era rimasto solo dopo avergli rivolto lo sguardo. Deglutì e provai a riconnettere il cervello, mentre sentivo delle lievi risatine divertite provenire da quei due cospiratori malefici che erano i miei accompagnatori.

Io e Adam non ci eravamo tolti ancora lo sguardo di dosso. Ci fissavamo come se fossimo due alieni di due pianeti diversi che si incontrano per la prima volta.

Probabilmente si starà chiedendo perché tu lo stia fissando come un maniaco, caro mio...”

Come se mi fossi svegliato di scatto dallo stato di trans, riportai il cervello su questo pianeta e tentai di articolare una frase a senso compiuto, rendendomi conto di aver dimenticato come si fa a mettere una lettera dietro l’altra.

Jinger, vedendomi leggermente in difficoltà, mi venne a salvare

-Allora, Adam, ti va di raccontarmi qualcosa di te? Dai, sono curiosa!- trillò allegra, appendendosi al suo braccio e praticamente trascinandolo sul divano. Sperai vivamente che con questa manovra si fosse scordato che stavo quasi per sbavare davanti a lui...

Non ci sperare”

Sospirai, mentre Jinger cominciava un interrogatorio in piena regola e sparando domande a raffica ad Adam, che stava riuscendo a tenerle testa in una discussione su chi fosse il pittore migliore del settecento.

Mi voltai e vidi mio fratello farmi un sorriso comprensivo.

Bé, a quanto pare un bel po' di gente sa del mio attuale, biondo e stupendo problema...”

 

*

 

POV. ADAM

 

Quando ero uscito dalla doccia mi ero seduto sul divano e avevo cominciato a leggere il libro che mi aveva dato Almerich.

“Chissà dov’è...”

Oh, ma finiscila, specie di mogliettina gelosa! Dove vuoi che sia, sarà da quella Jinger, la tipa che scopa!”

“Non parlare in quei termini di lui, per favore. Sono già messo male senza che tu infierisca...”

Me n’ero accorto.”

Cercando di non pensarci tornai con la mente al libro che avevo tra le mani, che mi catturò. Preso com’ero nella lettura, non mi accorsi che la porta si stava aprendo. Prima di girarmi, sentì distintamente un profumo familiare, di alberi, di muschio e di neve...

Credetti di essermelo immaginato, fino a quando non sentì qualcuno che si schiariva la voce. Mi voltai, vedendo Almerich, Evereth ed una ragazza che presupposi essere la famosa Jinger.

Era davvero bella. Aveva i capelli castani chiaro che le arrivavano fino a metà della schiena, gli occhi erano di un caldo color cioccolato, profondi ed espressivi. Indossava una camicia di pizzo bianco e un paio di jeans blu chiaro.

Mi rivolse un’occhiata curiosa, come se mi stesse analizzando. Mi sembrò piuttosto interessata a conoscermi in ogni mio aspetto, come se fossi una specie rara da catalogare.

Quando Almerich parlò, credevo che fosse uno scherzo.

Stavo per scoppiare a ridere e chiedere dov’erano le telecamere.

“La fidanzata di Evereth?!”

Eh già, intelligentone. Sembra proprio che questa tipa non se la faccia con il tuo principe delle tenebre. Bé, peccato. Ci saremmo divertiti a prenderla a pugni in faccia.”

Non ascoltavo nemmeno cosa farneticava la mia mente malata. La mia attenzione si era spenta quando avevo realizzato il significato della frase.

“ALMERICH NON HA UNA RAGAZZA!!!!!!!”

Devo dire che la cosa ti fa un po' troppo piacere, mogliettina gelosa...”

Sorrisi inconsapevolmente, rincuorato dalla notizia che avevo ricevuto, porgendo poi la mano alla mia nuova conoscenza.

Mentre ci presentavamo, sentivo distintamente Evereth e Almerich litigare, ma ero troppo concentrato a studiare con lo sguardo la mia ex-rivale per far caso a quello che dicevano.

Ti ricordo che non è mai stata una tua rivale, ragazzina”

Anche lei mi rivolse un sorriso, che sembrava piuttosto amichevole e gentile. Mi girai dalla parte dei due litiganti, che nel frattempo avevano smesso di discutere su tu-vai-a-sapere-cosa.

Incrociai lo sguardo blu ghiaccio di Almerich e rimasi congelato sul posto, estraniandomi completamente dalla realtà che mi circondava.

Quello sguardo sembrava racchiudere una massa indistinta di emozioni e stati d’animo.

C’era la rabbia.

Rabbia verso un nemico pericoloso.

C’era tristezza.

Tristezza per aver perso l’occasione di vivere, strappata da una forza più grande di lui.

C’era dolore.

Dolore per non essere riuscito a fare niente per impedire al destino di fare il suo corso.

Sopra a tutto, c’era rassegnazione.

Rassegnazione perché non credeva che, sulla sua strada, ci fosse un domani dove avrebbe potuto essere felice, dove sarebbe potuto tornare a vivere come un comune mortale, e non come un vampiro.

Quegli occhi sembravano voler urlare al mondo che per lui era tutto perduto, e la dea bendata aveva deciso che avrebbe trascorso l’eternità nell’infelicità, nel rancore, nella solitudine...

Mi stupì di come riuscissi a leggere tutto questo in quello sguardo affascinante, ma anche malinconico e triste.

Mi resi conto di essere rimasto a guardarlo, così distolsi lo sguardo e cercai di pensare ad una scusa plausibile al fatto che lo avevo fissando per un periodo di tempo imprecisato. Anche lui sembrava in difficoltà, mentre probabilmente si chiedeva perché l’avessi scrutato in quella maniera da pazzo scatenato.

In quel momento, Jinger ci salvò dalla situazione e mi trascinò sul divano, mostrandomi chiaramente la forza vampiresca che aveva nei muscoli delle braccia. Disse anche qualcosa, ma ero troppo immerso nei profondi pensieri su due zaffiri rilucenti che un certo vampiro di mia conoscenza aveva al posto degli occhi.

Jinger, prima di cominciare con il suo interrogatorio, mi rivolse un sorriso comprensivo, come se avesse capito tutto.

Bé, a quanto pare qualcuno sa del mio attuale, moro e stupendo problema...”

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1763931