Annie Cresta, Distretto 4

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Mietitura ***
Capitolo 2: *** Verso Capitol City ***
Capitolo 3: *** La Sirena ***
Capitolo 4: *** L'Addestramento ***
Capitolo 5: *** Interviste e Confidenze ***
Capitolo 6: *** L'Arena ***
Capitolo 7: *** La prima lotta ***
Capitolo 8: *** Non credevo che potesse essere così ***
Capitolo 9: *** Farfalle ***
Capitolo 10: *** Speranza ***
Capitolo 11: *** Il Ritorno ***
Capitolo 12: *** Epilogo- Di nuovo a Casa. ***



Capitolo 1
*** La Mietitura ***


La Mietitura


Mi sveglio con la sensazione che ci sia qualcosa di terribilmente sbagliato. Sbatto gli occhi un paio di volte. Certo, oggi è il giorno della Mietitura. Certo che è qualcosa di sbagliato.  Mi tiro su dal letto, mi vesto velocemente. Voglio nuotare, stamattina. Potrebbe essere l’ultimo giorno in cui potrò farmi il bagno in questo mare, il mio mare, non lo voglio perdere. E’ quello che penso ogni anno il giorno della mietitura.
 
La nostra casa è una di quelle più vicine alla spiaggia, e non so se questo è dovuto al fatto che la mia è una grande famiglia di pescatori o al fatto che vivere in centro ricorda a troppo a mia madre il primo uomo di cui si è innamorata, portato via dagli Hunger Games. Cerco di togliermi dalla testa il pensiero, voglio essere spensierata per qualche ora prima di dover rivivere la familiare angoscia da Mietitura. Normalmente la strada per il mare è sempre piena, ingombra di ragazzi e bambini schiamazzanti che si schizzano acqua addosso.  Oggi invece è vuota, solo un paio di vecchi che aggiustano le reti da pesca, ormai troppo anziani da doversi preoccupare per la Mietitura. Anche la spiaggia è vuota. Il fatto che il nostro Distretto sia uno dei Favoriti non vuol dire che gli Hunger Games ci piacciano. Anche qui i volontari sono rari, ne avrò visti un paio in tutta la vita. Ma diciamo che se veniamo estratti di solito cerchiamo di non prendercela più tanto. Io non la penso così. L’idea di uccidere altre persone mi terrorizza, tantomeno bambini o ragazzi. C’è da dire che di solito i dodicenni muoiono nei primi giorni, il che mi toglierebbe il rischio di doverli uccidere io. Scuoto la testa, non devo pensare nemmeno a una cosa del genere.  Non verrò estratta per gli Hunger Games, non posso. 
Mi tuffo in acqua, e come al solito il mare fresco scrolla via i miei pensieri e le mie preoccupazioni. Esistiamo solo io e l’acqua. Non ci sono problemi, non ci sono rischi. L’acqua è il mio elemento, finchè c’è lei, sono al sicuro.
Dopo un periodo di tempo non determinato, potrebbero benissimo essere ore come dei minuti, mi rendo conto che è l’ora di tornare a casa. Cerco di darmi un asciugata, poi rinuncio, tanto dovrò lavarmi per essere linda e pulita alla mietitura, che senso ha asciugarmi adesso?  Mi avvio verso la strada di casa, la via è ancora più vuota di prima. La nostra casa è abbastanza piccola, in confronto ad altre, ma non vorrei scambiarla con nessun altra.  E’ a due piani, tetto a cupola, bianca e  blu,  e così familiare che mi sento più calma ogni volta che la vedo. Apro piano la porta, e trovo mia madre con Katia che mia aspetta in ingresso. Katia ha otto anni, non corre rischi, mentre Jessica, la mia sorella maggiore, ne ha compiuti da poco diciannove, quindi quest’anno io sono l’unica che dovrà sperare che la buona sorte sia a mio favore.  Mamma si alza e  mi indica il bagno.
-Ho già riempito la vasca, lavati anche i capelli. Dopodichè vieni a pranzo. 
E’ così fredda perché ho fatto tardi, ma normalmente mi avrebbe gridato contro, perciò mi considero fortunata.  Mi immergo nella vasca, piena di schiuma bianca che ricorda quella del mare in tempesta.  Sciacquo i capelli, li insapono, li risciacquo. Faccio tutto con movimenti automatici, cercando di non pensare a quello che potrebbe accadere tra qualche ora. Apro il bocchettone da cui esce l’aria calda, i capelli presto asciutti mi ricadono sulle spalle, una massa lucente color castano chiaro.
Mia madre ha preparato un pranzo veloce, formaggio, prosciutto e frutta secca, non si può rischiare di arrivare tardi alla Mietitura.  Dopo aver pranzato mi vesto, indossando un vestito azzurro di raso che un tempo era appartenuto a mia madre, scarpe celesti.  Usciamo di casa verso l’una e mezza, insieme a tantissime altre famiglie che accompagnano i figli alla Mietitura, che come al solito si tiene nella piazza principale. 
Sul palco ci sono cinque sedie, due per il sindaco e sua moglie, due per i mentori e una per l’accompagnatrice del Distretto 4, Ghislayne Deker. E’ la prima ad entrare, vestita come una meringa viola con un po’ di glassa rosa: i capelli, tinti di quel colore, sono acconciati come gli sbuffi di panna sulla torta che Katia ha avuto per il suo compleanno.  La seguono i due mentori di quest’anno, uno per Tributo:  un uomo sui 20 anni che aveva vinto qualche anno fa, e Finnick Odair, che ha vinto solo due anni fa e che ora dovrebbe avere sedici anni. Lo fisso per qualche istante: ha degli occhi verdissimi e capelli color bronzo. Cerco di non pensarci, ma è incredibilmente attraente, alcuni dicono che abbia vinto i giochi solo a causa della sua bellezza. So che non è vero, nell’arena è stato incredibilmente forte, però è evidente che quella ha contribuito: un ragazzo così bello non può non ottenere sponsor.
Ci disponiamo in due gruppi, divisi in file a seconda dell’altezza. Il Sindaco legge il solito discorso su tutto quello che dobbiamo a Capitol City. Poi Ghislayne si alza, facendo tremare la parrucca.
-E’ ora il momento di eleggere la fortunata ragazza che avrà l’onore di rappresentare il Distretto 4 nei 66° Hunger Games!
Grida tutta allegra. Infila una mano guantata nella boccia dove sono contenuti i nostri nomi, arriva fino a metà capienza e afferra un foglietto. Lo apre e legge un nome.
-Annie Cresta!
Mi sento come se l’aria fosse stata improvvisamente risucchiata. Sono io. Quest’anno tocca a me.

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Capitolo 2
*** Verso Capitol City ***


Verso Capitol City
 
Non ricordo come trovo la forza di raggiungere il palco, dove Ghislayne Deker mi guarda allegramente. Non ricordo come riesco a non scoppiare in lacrime davanti a tutti, non ricordo il nome del ragazzo che viene scelto come Tributo, l’unica cosa che sembra importante è non pensare, non pensare, se riflettessi rischierei di crollare davanti a tutti, e non posso, non posso permettermelo.  Veniamo accompagnati in un furgoncino all’interno del comune, dentro al quale avremo un ora per salutare tutti quelli a cui vogliamo bene, tutti  quelli che probabilmente non rivedremo mai più. Sono seduta su una sedia rivestita di velluto rosso, in casa non ne abbiamo mai avute di simili, mia madre preferiva il legno laccato di bianco. Sento le lacrime bruciare, ma non posso e non voglio piangere. 
Le prime a entrare sono ovviamente Katia, mia madre e Jessica.  Katia mi getta le braccia al collo, Jessica mi stringe con forza in un abbraccio.  Mia madre cerca di tenersi distaccata, ed è ovvio il perché: “Alla tua età ero incredibilmente innamorata di un ragazzo, e lui era innamorato di me. Poi divenne un Tributo, e non tornò mai più a casa” mi ha raccontato una volta. Già una persona a cui teneva è morta negli Hunger Games, dev’essere terribile rischiare di perderne un'altra.
-Tuo padre sta arrivando. Probabilmente sarà il prossimo a venirti a trovare.
Annuisco. Non sono sicura di riuscire a parlare mantenendo la voce ferma,  perciò non lo faccio. Katia mi guarda, con i suoi occhioni verdissimi
-Forse ce la puoi fare, Annie. Se ti impegni…
-Sei agile, e più forte di quanto sembri… se durante l’allenamento ti sforzi…
La voce di Jessica si spegne. E’ arrivata alla mia stessa conclusione: forse, se mi sforzo, potrei arrivare alla cerchia degli ultimi concorrenti, ma sicuramente mai vincere. Cerco di sorridere a Katia. Non voglio che il suo ultimo ricordo di me sia quello di una ragazza che piange.
Entra un Pacificatore, brontolando “Tempo”. Stringo Jessica, Katia e mia madre in un ultimo abbraccio e poi le lascio andare. So che è l’ultima volta che le vedrò, ma non provo niente.  Mi sento vuota, un contenitore prosciugato da qualsiasi emozione.
Entra mio padre, mi abbraccia forte e mi guarda fisso negli occhi.
-Annie… devi provarci, lo sai vero? Per Katia.
Mi sembra crudele da parte sua ricordarmi come starebbe Katia se io morissi. Ma annuisco.
-Sei brava con il coltello. Concentrati su quello… e sei bella. Potresti ottenere degli sponsor.
“Brava con il coltello” è un esagerazione.  Sono precisa, mi sono allenata fin da piccola a tagliare il pesce nel miglior modo possibile, ma un pesce e una persona non sono esattamente la stessa cosa. Riguardo alla bellezza, è mio padre, quindi il suo giudizio non conta. Però so pescare. Questo è un punto a mio favore.
-Provaci, almeno.  Forse…
Ma la sua voce si spegne. Mi abbraccia, forte. Poi si lascia cadere su una sedia davanti a me. Rimaniamo così fino a che non torna il Pacificatore, che dopo aver scortato lui fuori accompagna me sullo stesso furgoncino di prima.
 
 Sono un po’ più lucida di prima, così mi concentro sul ragazzo che è stato estratto. Il ragazzo che dovrò uccidere.                                                                                                                                                                                       E’ abbastanza alto, con le spalle robuste, il che fa supporre che sia bravo a nuotare.  Tutti noi del distretto 4 siamo bravi a nuotare, a dir la verità… ha i capelli scuri, di un colore indefinito tra il bronzo e il nero, e occhi marroni molto scuri. Quando si accorge che lo sto fissando, accenna un mezzo sorriso.
-Tu sei Annie, giusto? Annie Cresta.
-Ehm, si. – la voce mi esce in un sussurro, e mi rendo conto che è da prima della Mietitura che non parlo. Me la schiarisco. –Si. E tu sei… scusa, credo di non aver capito il tuo nome.
-Micheal. Micheal Lewis. Allora, eccitata? E’ tanto che io aspetto questo momento, e finalmente è arrivato…
Opto per l’ingenuità, e rispondo:
-E così tu sei… felice di andare nell’Arena?
-Certo che si!!!  Non mi sarei offerto volontario, se non fossi stato sicuro di farcela.
-Sei andato volontario? Non me ne sono accorta, ero leggermente sconvolta quando mi hanno estratta.
-Oh, beh, capita. Cioè, non è normale essere così coraggiosi da voler andare nell’arena.
O così stupidi,  penso, ma me ne sto zitta. L’arrivo alla stazione mi risparmia di dover rispondere a Micheal, che non mi piace particolarmente. Però è forte, potrebbe anche essere un buon alleato. Scuoto la testa. Cerca di pensarci, Annie. Almeno per ora.
*
Sul treno ci aspettano i due mentori e Ghislayne, perciò devo immaginare che il suo compito non si limiti a leggere i nostri nomi su un foglietto per poi mandarci a Capitol City in un bel pacco regalo. Da vicino noto che è più giovane di quanto sembra, e che probabilmente sarebbe bella se evitasse il fondotinta bianchissimo e le tinte per labbra dei colori più assurdi. Il mentore più anziano, di cui ho un ricordo abbastanza vago,si alza in piedi.
-Il mio nome è Matthew Jordan, ed è probabile che non vi ricordiate di me… dovevate essere entrambi abbastanza piccoli quando ho vinto i giochi. Mi occuperò di te, Micheal, mentre Finnick… - e con la testa fa un cenno verso il celebre Finnick Odair –penserà ad Annie.  Ma adesso non è importante, limitatevi ad accomodarvi e mangiare.
Indica la tavola imbandita, che noto solo adesso. E’ carica delle pietanze più ricche e variegate che abbia mai visto, e riesce a farmi venire l’acquolina in bocca. Mi siedo e Finnick prende posto davanti a me. Afferra una coscia di pollo e comincia a riempila di spezie, salse e strani condimenti. Abbasso lo sguardo sulla moltitudine di cibo davanti a me, poi comincio a riempirmi il piatto di tutto quello che minimamente mi attrae.
 
Circa un ora dopo, dopo tre portate di cena e un dessert veniamo accompagnati nelle nostre stanze. La mia è quasi più bella di quella che avevo a casa, con gli interni in legno e un letto incassato sotto una grande libreria. Dal lato opposto della stanza c’è un televisore a schermo piatto e uno scrittoio, mentre dal lato della finestra c’è un armadio pieno di ogni genere di vestiti.  Ho anche un piccolo bagno privato con una doccia, un lavandino e un gabinetto.
Indosso un pigiama di cotone, dopodiché mi infilo nel letto e accendo il televisore. Tra circa mezz’ora ci saranno le repliche delle mietiture e prima il solito telegiornale. Esso è quasi interamente dedicato a un esplosione in miniera nel Distretto 12, che ha tolto la vita a una decina di uomini, alcuni dei quali padri di famiglia. Sullo schermo scorrono velocemente le immagini delle famiglie dei defunti. Mi rimangono particolarmente impresse due sorelle, entrambe abbastanza piccole, che si stringono forte le mani, con gli occhi lucidi, e un ragazzo, dall’aria troppo forte per piangere ma distrutto dentro*.
Il servizio finalmente finisce e parte l’inno di Capitol City. Durante il solito filmato iniziale che racconta la storia di Panem sento bussare alla porta. Borbotto “avanti” ed entra Finnick Odair, ancora una volta rimango stupita dalla sua bellezza: gli occhi verdissimi mi ricordano incredibilmente il mare…
-Pensavo che potevamo guardare insieme le repliche, così da renderci conto di chi dovrai affrontare.
Annuisco, e lui siede sul letto accanto a me. Le repliche partono dal Distretto 12 e vanno fino all’1. Incredibilmente, scorgo il ragazzino del servizio del telegiornale in una delle prime file, e capisco che la Mietitura dev’essersi svolta prima dell’esplosione. E’ spaventato, ma non triste come se suo padre fose appena morto. Deve avere dodici anni. Per fortuna non viene estratto. Delle altre Mietiture mi restano in mente pochissime persone, tra cui un ragazzo grande e grosso del Distretto 8 e una ragazza esile ma dall’aria intelligente del 2. E poi, a sorpresa, un volontario tredicenne del Distretto 1, con i capelli corvini e gli occhi leggermente maliziosi.
-Se mandano  un ragazzo così giovane ai giochi probabilmente è perché è davvero bravo. Dovrai starci attenta.
Dice Finnick guardandolo. Quando inizia l’intervista a uno degli Strateghi su quest’edizione, Finnick abbassa il volume del televisore e si rivolge a me.
-Allora, cosa sai fare? Ti viene a mente qualche abilità utile per l’Arena?
Ci rifletto un attimo.
-Beh, so nuotare.
 Che cosa stupida che ho detto!
-Come tutti quelli del 4. Altro?
-So pescare
-Ovvio.
-E sono agile… me la cavo con i coltelli.
Aggiungo poi. Non è del tutto vero, ma è una delle qualità migliori che mi vengono in mente.
-Te la cavi con i coltelli? Interessante.                                            
Risponde Finnick.
 
*E’ un riferimento all’esplosione in miniera che ha ucciso il padre di Katniss, le due sorelle sono ovviamente Katniss e Prim e il ragazzo è Gale. Mi pare che ci sia un po’ di ambiguità temporale, ma l’ho voluta lasciare perché credo che abbia il suo fascino.
NdA
Se la fan fiction è uno schifo, compatitemi. E’ la prima volta che ne scrivo una, perciò magari fatemi sapere che ne pensate attraverso una recensione…
Che dire, il capitolo è venuto molto più lungo di quello che pensavo, però sinceramente mi soddisfa abbastanza. C’è voluto un po’ per scriverlo e per capire come volevo organizzarmi con i personaggi e le fasi, comunque credo che almeno da quel punto di vista sia accettabile. Per favore, fatemi sapere cosa ne pensate, e se vedete errori grammaticali e simili, non esitate a segnalarmeli!!! Non so perchè mi da la questo come ultimo capitolo, ora cerco di risolvere, nel frattempo sappiate che non è l'ultimo. Detto ciò, grazie tante a chi vorrà leggere la mia storia.

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Capitolo 3
*** La Sirena ***


La Sirena
 
Mi sveglio in un letto incredibilmente morbido, con lenzuola lisce e soffici. Cerco di ricordare come ci sono arrivata, poi realizzo. Sei su un treno, Annie. Su un treno che ti sta portando a Capitol City, perché sei un Tributo.  Parteciperai agli Hunger Games e da qui a due settimane, massimo tre, sarai morta.
Cerco di togliermi il pensiero dalla testa, se neanche ci provo come posso pensare, anche solo minimamente, di potercela fare? Entro nel mio bagno privato, mi sciacquo, cercando di lavare via i pensieri negativi con l’acqua fresca. Dal grande armadio, pieno di qualsiasi tipo di abito, scelgo un vestito verde dall’aria abbastanza comoda. Se gli abitanti di Capitol City devono vedermi, meglio che mi vedano carina. Apro la porta della mia stanza, che da su un corridoio con enormi finestroni. Il treno va incredibilmente veloce, e già intravedo Capitol in lontananza. Tra massimo mezz’ora saremo lì. Raggiungo la saletta dove ho cenato la notte scorsa. Matthew, Micheal e Finnick sono già seduti al tavolo, questa volta imbandito di dolci dall’aria molto invitante. Siedo al mio posto.  Matthew e Micheal stanno confabulando sul modo migliore per ottenere del cibo nell’Arena.
-Una volta presa la Cornucopia dev’essere facile. Di solito è piena di provviste.
Sta dicendo Micheal. Matthew ha lo sguardo fisso sul suo piatto, mentre Finnick gli lancia una lunga occhiata penetrante.
-Supponiamo- ritenta Matthew –che tu non riesca a prendere la Cornucopia. Che faresti?
-Beh, caccerei.
-E mangeresti cibo crudo?
-Certo che no! Accenderei un fuoco. Un bel falò…
Finnick alza gli occhi al cielo.
-Questo –interviene – è un ottimo modo per farsi uccidere… se non hai preso la Cornucopia, vuol dire che gli altri Favoriti sono contro di te.  Ti stanno cercando. E un fuoco è il modo migliore per farti trovare.
-In questi casi- lo interrompe Matthew –la soluzione migliore è prendere della legna il più asciutta possibile, accendere un fuoco molto piccolo e poi spegnerlo con della terra. Rimarranno calde le braci, e puoi cuocere con quelle.
Sarebbe un ottimo consiglio, ma quasi non lo sento. Sto ancora fissando Finnick. Da come ha parlato degli altri Favoriti, sembra che non gli piacciano. Poi ricordo. Nella sua edizione degli Hunger Games, si era rifiutato di allearsi con loro e aveva preferito agire in solitudine, mentre la ragazza del suo Distretto non ci aveva pensato due volte prima di accettare l’alleanza. Durante l’intervista alla fine dei giochi gliene avevano domandato il motivo, e lui aveva risposto semplicemente “Non mi fido di loro”. 
Mi sta fissando e per un attimo i suoi occhi verdi si soffermano sui miei. Poi sorride.
-E’ il caso che mangi qualcosa –mi dice – il giorno della Preparazione è più faticoso di quanto sembra.
Da come lo dice, sembra che creda che io non possa reggere il minimo sforzo. Idiota. Scelgo un cornetto al cioccolato e un cupcake. A dire la verità non ne mangio quasi mai, nel nostro Distretto preferiamo i cibi semplici, ma negli eventi speciali ci permettiamo un dolcetto o una torta, e i cupcake sono sempre stati i miei preferiti.
Dopo circa venti minuti, il treno inizia a rallentare.
-Ci siamo quasi.
E’ stato Matthew a parlare. Micheal si alza di corsa, precipitandosi ad un finestrino. Io mi alzo più lentamente. Siamo su una ferrovia sopraelevata che sembra fare il giro di tutta la città. Sotto di noi gli abitanti, tutti vestiti con colori sgargianti e acconciati nei modi più assurdi, ci guardano come si guardano gli animali dello zoo. Ma in fondo è proprio quello che siamo, animali rinchiusi per il loro divertimento. MIcheal sorride e li saluta allegramente, io vorrei solo mandarli a quel paese.
-Ricordati che gli devi piacere.
E’ solo un sussurro, ma mi fa sobbalzare. Finnick è dietro di me, e mi ha preso per un polso. Abbasso lo sguardo sulla sua mano.
-Ti stavi scorticando il palmo con le unghie.
Dice accennando un mezzo sorriso, e in effetti solo adesso mi rendo conto di quanto ero tesa. Avevo i denti digrignati e le mani chiuse in un pugno così stretto che ho lasciato delle mezzelune rosse all’interno nel palmo. Sono arrabbiata, arrabbiata con Capitol City per questa storia ridicola degli Hunger Games, arrabbiata con Ghislayne per aver pescato proprio il MIO nome, arrabbiata anche con Finnick, anche se non saprei dire bene il perché. Il mio sguardo incrocia il suo, ed è chiaro il messaggio che sta cercando di mandarmi. Devi piacergli. Così a malincuore mi volto e sorrido, salutando con la mano le persone che vedranno la mia morte come un evento di intrattenimento.
--
Il palazzo in cui siamo entrati si trova più o meno in centro, ed è uno degli edifici più alti della città. Le pareti esterne sono completamente di vetro a specchio, il che da fuori mi aveva fatto venire le vertigini. Ha dodici piani, più un giardino sul tetto e un certo numero di piani sotterranei. Ora mi trovo al -3, dove i miei preparatori si stanno sforzando di rendermi il più bella possibile per portarmi dal mio stilista. Nel Distretto 4 passiamo un bel po’ di tempo della nostra giornata in costume, o comunque con vestiti leggeri, perciò tendiamo a depilarci abbastanza spesso: i preparatori mi fanno i complimenti per la quasi totale assenza di peli e per la morbidezza della mia pelle, ma inorridiscono quando vedono le mie mani, dure e callose.
-Non è possibile avere le mani così dure alla tua età!
Sbotta una delle preparatrici, una donna con la pelle viola e i capelli rosa con sfumature dorate che sostiene di chiamarsi Jeanine. 
-Per non parlare di tutte queste cicatrici!
Esclama l’uomo, dalla pelle verde e i capelli bianchissimi, di nome Darius.
Passano un sacco di tempo sulle mie mani, limando le unghie, facendo trattamenti drenanti e cercando di rendere le cicatrici poco visibili. Quando da tutta la vita sei abituato a tagliare il pesce, tessere e tirare le reti le tue mani si riempiono di difetti. Scommetto che anche quelle di Finnick sono così…. poi scuoto la testa. Certo che no, lui è un Vincitore,  gli avranno fatto uno dei quei trattamenti pelle-sempre-perfetta-e-scintillante che usano qui nella Capitale.  
Il mio stilista è un tipo dalla faccia un po’ arcigna, con una barba a ricciolo, ma in confronto agli altri abitanti è relativamente normale:   ha una giacca blu con un motivo di pesci di paillette e pantaloni argentati , ma sotto indossa una semplice camicia bianca e i suoi capelli sono di un nero naturale leggermente brizzolato.   Mi guarda attentamente, osservando  il mio corpo snello e i capelli castani.
-Credo- dice infine – di avere qualcosa su cui lavorare.
-Si potrebbe sapere anche cosa?
Chiedo. La mia voce suona piccata.
-Certo…  vedi, di cosa di occupa il Distretto 4? Della pesca. Ma soprattutto, è famoso per il mare. E cosa c’è in mare?
-I pesci?
Forse dovrei cercare di essere un po’ meno scontrosa, ma non ci riesco: in fondo lui è  sempre un abitante di Capitol City.
-Anche. Ma… hai presente le leggende? Sai, quelle con le creature mitologiche. E’ a questo che penso. Le sirene.
-Ma le sirene non esistono.
-Se preferisci ti faccio un costume da pesce, ma credo che una sirena sia un po’ più interessante per il pubblico.
--
E mi lascia di nuovo in mano ai miei preparatori, che mi truccano, mi acconciano i capelli e sistemano le unghie secondo le sue istruzioni, mentre lui si occupa di cucire il mio costume. 
-Adesso sei perfetta!
Urla Jeanine, facendomi cenno di alzarmi per andarmi a specchiare. Quando vedo il mio riflesso rimango stupefatta: sono più bella di quanto sia mai stata prima d’ora. I capelli,lasciati sciolti, sono incredibilmente mossi e lucenti, il leggero trucco metallizzato mette in risalto i miei occhi azzurro chiaro e la mia pelle è incredibilmente luminosa. Sulle unghie sono disegnate perle, pesciolini e sirene. Sono bellissima.
Il mio stilista rientra, portando sul braccio qualcosa di argenteo.
-Perfetta.
Commenta osservandomi. Poi mi mostra il mio costume, che è composto da un top di piccole conchiglie argentate e da una gonna lunghissima e aderente, di lustrini anch’essi color argento.  Indosso il tutto, e mi calza a pennello, anche se la gonna è così stretta che faccio quasi fatica a muovermi.  Osservandomi nello specchio, constato che in effetti l’idea è azzeccata. Sembro una sirena.
--
Mezz’ora dopo sono pronta a salire sul carro insieme a Micheal. A quanto pare la sua stilista non è stata geniale come il mio, ed è vestito come un vecchio pescatore con una canna da pesca a cui è legato un pesce di gomma. E’ un po’ ridicolo, ma mi dispiace per lui. Finnick mi guarda allegramente e si complimenta con il mio stilista. Poi si avvicina a me.
-Stai benissimo.
Mi mormora in un orecchio. Lo guardo incuriosita, è proprio un tipo strano. E’ capace di farmi sentire ridicola facendo battute con il mio stilista e poi di riempirmi d’orgoglio con un sussurro. E’ decisamente particolare. E poi fa qualcosa di ancora più inaspettato. Mi abbraccia, mormorando buona fortuna. Lo so che non dovrebbe, ma il cuore mi batte forte. E’ sempre un bel ragazzo, e comunque ha solo due anni più di me. Ma no, che stupida! Non sono nervosa perché mi ha abbracciato, lo sono perché sto per fare il mio ingresso davanti a tutta Capitol e ho paura di non piacere. Si, è così. Dev’essere così. 
Io e Micheal saliamo sulla nostra carrozza, che è trainata da cavalli il cui pelo è stato tinto di verde. Il mio costume è une dei più belli, mentre quello di Micheal uno dei peggiori. Beh no, forse è peggio quello da mucche del Distretto 6. I cavalli partono al galoppo, e io non ho la minima difficoltà a tenermi in piedi. In fondo sono abituata a stare in piedi sulla prua di una barca con il mare in tempesta, questo è niente. Appena usciamo, sento il pubblico esplodere.  Applaudono, sgomitano per vederci meglio. Io continuo a guardare in avanti, possono scordarsi i miei saluti. Ma poi mi tornano in mente le parole di Finnick. Devi piacergli. Così, cercando di ignorare l’odio verso queste persone, alzo una mano e li saluto, gli mando dei baci. Loro rispondono, lanciandomi fiori e applaudendo. Mi giro un istante, e vedo che Micheal è messo molto peggio di me. Pochi rispondono ai suoi saluti, e quasi nessuno lo osserva per più di qualche secondo. Lo so che è stupido, ma mi dispiace sul serio per lui. Se la sua stilista non migliora avrà poche possibilità di ottenere sponsor, e senza sponsor vincere è quasi impossibile.
Dopo un tempo che mi sembra infinito, finalmente ritorniamo nel palazzo. Ghislayne, che è tornata, si congratula con me gridando che mi ha “Presentata a tutti gli sponsor che conosco, e che sembrano molto interessati a te!” in teoria sarebbe una buona notizia, ma non riesco a evitare di guardare Micheal che mi lancia occhiate invidiose.
-E dicono che sarebbero pronti a sponsorizzare anche te, Micheal, se voi due vi alleaste.  
E’ chiaro che dentro di lui si sta svolgendo una lotta interiore, e anche dentro di me. Averlo dalla mia parte mi aiuterebbe, almeno all’inizio, ma non sono sicura che lui mi piaccia.
Alla fine, Micheal tende una mano verso di me.
-Alleati?
Chiede. Io gliela afferro.
-Alleati.
NdA:
Così ho finito anche il terzo capitolo, e alla fine non credo che ci sia molto da dire. Per il rapporto tra Annie e Finnick mi sono un po’ ispirata a quello tra Clary e Jace di TMI, che almeno all’inizio passa continuamente dall’amore all’odio. Annie l’ho sempre immaginata con un carattere buono, vicino a quello di Peeta, perciò credo che avrebbe accettato certamente l’alleanza, ma ha anche un po’ di sfacciataggine, infatti risponde male al suo stilista.
Come sempre, se avete giudizi sulla mia fan fiction, o notate errori, fatemelo sapere attraverso una recensione!                                                                                                                                                                        

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Capitolo 4
*** L'Addestramento ***


L’addestramento
La mia camera nel centro di addestramento è incredibilmente confortevole. Ho un letto comodo, un bagno tutto mio con doccia e vasca regolabili in tutti i modi  possibili, un armadio pieno di abiti per il pomeriggio dopo l’allenamento. Posso scegliere che vista avere dalla finestra grazie a un semplice telecomando tattile. Ogni Distretto ha un piano del palazzo, noi ovviamente siamo al quarto. Ma chissà perché, tutti questi comfort non mi fanno sentire più tranquilla.
E’ verso le otto di mattina che Ghislayne Deker viene a svegliarmi, urlando che ci aspetta una “Grande, grande giornata. Grandissima, penso. Oggi mi renderò ridicola davanti a tutti gli altri tributi.
Nell’armadio ci sono quattro semplici tute ade enti,tutte d’un pezzo, che sono apposta  per l’addestramento. Ne indosso una a caso ed esco dalla mia stanza. Solo Matthew e Ghislayne sono seduti al tavolo della colazione e lei si congratula con me “per la mia squisita puntualità!” . Al massimo un paio di minuti dopo arriva Finnick, che senza preamboli e saluti attacca a parlare.
-Oggi inizierai l’addestramento.  E’ importante, perché gli altri Tributi si faranno un idea di te. Voglio che quando ti alleni con loro, tu faccia il possibile per sembrare indifesa. Tieniti lontana il più possibile dalle postazioni di combattimento e segui per lo più i corsi di sopravvivenza, nel pomeriggio ti allenerò personalmente in modo che tu possa migliorare il più possibile.
Annuisco. Matthew invece gli lancia uno sguardo infuocato, e quando parla la sua voce freme dalla rabbia.
-Non sono d’accordo. Essendo lei e Micheal alleati i suoi gesti si ritorcerebbero anche contro il mio Tributo, e vorrei evitarlo.
Finnick solleva gli occhi al cielo. Ha solo sedici anni, ma ne dimostra molti di più. E’ incredibile quanto può cambiarti un esperienza nell’arena.
-Quello che accade nel centro addestramento, rimane nel centro addestramento. Ciò che conta è la sessione privata con gli strateghi, e se mi avessi lasciato finire avrei detto che…
Non so se Matthew si sente preso in giro o cosa, ma fatto sta che si alza di scatto rifilando a Finnick un pugno su uno zigomo.  Ghislayne lancia un urletto terrorizzato mentre io mi alzo in piedi e cerco di separarli. Una porta si spalanca e Micheal esce trafelato dalla sua stanza, seguito da un servitore di Capitol City.  Micheal è ancora in pigiama, ma sembra capire in un istante la gravità della situazione:  insieme al servitore si avventa su Matthew e lo immobilizza. Ghislayne esce di corsa dalla stanza, sibilando qualcosa che assomiglia in modo sospetto a “maleducazione”.
Finnick si alza in piedi tastandosi la ferita con una mano. Sta perdendo sangue, ma dubito che sia grave o che gli faccia particolarmente male, in fondo nell’Arena di graffi così ce ne si procura un infinità.
-Ascoltami, ragazzino- sibila Matthew, la voce piena di rancore –non mi interessa che qui a Capitol tutti ti amano.  Sei sempre un bambino, non dovresti  neanche essere qui! Se non fosse stato per la tua bella faccia, non saresti sopravvissuto un giorno nell’Arena!!!
Finnick non risponde. Sembra calmo, ma nei suoi occhi c’è sorpresa, e qualcos’altro che proprio non riesco a capire… dispiacere, forse?
-Scusa.
E’ una parola sola, ma è una delle più sconvolgenti che abbia mai sentito. Finnick Odair che si scusa? E’ incredibilmente strano, ma la sua voce sembra sincera. Poi si volta di me, con aria stanca.
-Dovete andare, l’addestramento comincia tra una decina di minuti. Lasciateci chiarire da soli.
Visto che Micheal deve ancora vestirsi, decido di tornare nella mia stanza per digerire ciò che ho appena visto. Sdraiata sul letto, mi ritrovo sempre a pensare sempre le stesse cose. Matthew è geloso, perché tra i due mentori Finnick è quello più amato, però…  Matthew dovrebbe sapere di avere il Tributo con più possibilità.  Non posso nascondermelo, anche se mi alleo con Micheal non potrò mai vincere. Siamo ventiquattro, solo uno sopravvive, e di certo non sarò io.
Micheal bussa alla mia porta. Anche lui indossa una tuta da allenamento, sulla manica è stampato un 4. Saliamo sull’ascensore. Ricordo vagamente di un accenno al piano -2, così premiamo quel tasto. Mentre l’ascensore scende, Micheal si rivolge a me.
-Credi che dovremmo continuare con l’alleanza, adesso che…
Ci rifletto un attimo. Non ci avevo pensato, ma una faida tra i mentori potrebbe nuocere anche a noi.
-Si. Vogliamo sopravvivere, e in due abbiamo un sacco di possibilità in più, almeno all’inizio.
Micheal annuisce e passiamo il resto del viaggio in silenzio. Per fortuna il piano è quello giusto, anche se ovviamente siamo quasi gli ultimi. Mancano solo i Tributi del Distretto 2. La ragazza che avevo notato il giorni della Mietitura entra accompagnata da un ragazzo sui diciotto anni, alto e muscoloso. Lei ha lunghi capelli color miele, occhi azzurri, sembra il tipo di ragazza che si trova a suo agio in ogni situazione, e infatti non sembra minimamente imbarazzata per il ritardo. Ci troviamo in quella che dev’essere la mensa, e davanti a noi c’è un grande portone che riporta la scritta “Centro addestramento”.  Il portone si spalanca nel momento in cui siamo tutti, e non posso fare a meno di rimanere a bocca aperta. E’ un enorme palestra, con una quantità spaventosa di espositori con tutti i tipi di armi, pareti per l’arrampicata, diversi tipi di ambienti riprodotti nella zona dedicata alle tecniche di mimetizzazione. Da una terrazza sopra di noi, gli Strateghi ci osservano. Non c’è una piscina, il che mi dispiace un po’, ma in fondo sono molto più brava a nuotare di tutti loro. Beh, forse non di Michael, non saprei.  Una donna di colore è in piedi al centro della stanza, e ci fa cenno di avvicinarci. Quando ci siamo tutti, attacca a spiegare.
-Questo è il centro addestramento. La vostra sopravvivenza nell’arena dipende da quanta attenzione e impegno presterete nei prossimi quattro giorni. Troverete postazioni sulle tecniche di combattimento e quelle di sopravvivenza. Non dovete sottovalutare queste ultime, molto spesso la morte nell’arena è dovuta a cause naturali. Se non siete in grado di sopravvivere al freddo, saper uccidere vi sarà inutile.
Detto ciò si sposta, e con un cenno della mano indica le varie postazioni. Mentre la ragazza del 2 si fionda al combattimento con la spada, il tredicenne dell’1 sceglie la lancia. Micheal si volta un attimo verso di me, poi solleva le spalle e si avvia verso le tecniche d’arrampicata. I più piccoli, ragazzini di dodici anni provenienti dal 12, dal 5 e dal 3 scelgono le postazioni più semplici: Tecnica dei nodi, riconoscimento delle bacche. Decido di provare le tecniche di mimetizzazione. 
Dopo dieci minuti di spiegazione sulle ombreggiature e minimo mezz’ora di lavoro per trasformare un dito in un perfetto ramoscello, decido di cambiare postazione.  Guardo le tecniche di combattimento. Cerca di sembrare innocua. Molto bene.
Mi avvio verso l’espositore che contiene i coltelli. Ne scelgo uno a lama lunga, porto indietro il braccio e lo lancio con precisione, mirando. Il coltello si conficca esattamente nel cuore del manichino. Perfetto. Cerco di assumere un espressione sorpresa e prendo un altro coltello. Lo lancio. Questa volta manco il manichino del tutto, apposta. Lancio altri coltelli, mancando il manichino o colpendolo di striscio. Gli altri favoriti si saranno convinti che il primo è stato solo un colpo di fortuna, e la smettono di darmi attenzione.
Passo la mattinata vagando da una postazione all’altra, finchè, dopo quattro stremanti ore, ci viene comunicato che è ora di pranzare. In mensa c’è ogni tipo di bendidio, ma io ho poca fame, così scelgo del semplice pollo e un panino. I Favoriti invitano Micheal a sedere tra loro, io lo fulmino con lo sguardo e lui rifiuta, sedendo a un tavolo vicino. Mangio velocemente e sono la prima ad uscire, salendo in ascensore fino al quarto piano.
Ghislayne è seduta da sola al tavolo e sta mangiando.  Mi saluta con un cenno del capo, ma quasi non le do importanza, corro in camera mia e mi butto sul letto. Sono a pezzi, e il fatto che questo pomeriggio dovrò fare l’allenamento vero e proprio con Finnick non mi piace affatto. Dovrei tenere la tuta, ma è tutta sudata e mi da fastidio, così la tolgo e la butto nel bocchettone che porta dritto in lavanderia. Mi faccio una doccia e indosso un vestitino leggero di una sfumatura rosata. Il discorso è sempre quello, se nel centro addestramento gira uno stratega o uno sponsor, meglio che mi veda il più bella possibile. Sdraiata sul letto, mi addormento nel giro di cinque minuti.
--
Quando mi sveglio sono le quattro e mezza.  Pensavo che Finnick sarebbe venuto a svegliarmi per l’allenamento, ma evidentemente non è così. Mi tiro su dal letto ed esco dalla stanza. Nel nostro salotto-sala da pranzo- sala comune non c’è nessuno, così decido che ho diritto a fare qualcosa di rilassante. Mi pare che Ghislayne avesse accennato a un giardino sul tetto. Decido di salire lassù.
Salgo al tredicesimo piano, e l’ascensore si apre in un tubo di vetro che da su un vero e proprio giardino sul tetto del palazzo. E’ un trionfo di siepi tagliuzzate alla perfezione, fiori dai colori inverosimili e statue da giardino dall’aria polverosa. Al centro del giardino c’è un laghetto. Non è particolarmente grande, ma l’acqua è pulita e pesciolini nuotano allegramente tra le canne. Non so come, mi ritrovo in acqua. Non è come il mio mare, ma è incredibile l’effetto rilassante che ha… faccio qualche bracciata in avanti, poi immergo la testa sott’acqua, nuoto ancora. E’ una sensazione bellissima.
-Non credo che sia balneabile!
Mi volto verso la direzione della voce. E’ Finnick, che si staglia contro il tramonto. Sta ridacchiando.
-Mi manca il mare.
-Ma questo è un laghetto artificiale!
-In mancanza dei cavalli, ci si accontenta degli asini….
Replico, poi nuoto verso di lui. Lo raggiungo sulla sponda e sto per tirarmi fuori dall’acqua quando si tuffa anche lui. Lo guardo male per un attimo.
-Non hai detto circa trenta secondi fa che non era balneabile?
-In mancanza dei cavalli, ci si accontenta degli asini.
Assumo un espressione scandalizzata e lo schizzo. Lui risponde, tirandomi manciate d’acqua e ridendo, e per la prima volta mi appare com’è davvero, un ragazzo di 16 anni che è stato temprato dalla crudeltà. E’ dopo 10 minuti buoni che decidiamo di uscire dall’acqua, bagnati fino al midollo, e di avviarci verso la palestra privata del nostro piano.
Ghislayne, che è seduta su un divanetto, rimane scandalizzata vedendoci entrare,bagnati fradici e con i vestiti che grondano acqua sul pavimento di marmo. Io e Finnick ridacchiamo, e io mi avvio verso la mia stanza per cambiarmi.
Pochi minuti dopo raggiungo Finnick nella palestra, che ha solo armi e manichini, più una parete d’arrampicata. Anche lui si è cambiato, e ha addosso una normalissima tuta nera
-Allora, mi avevi detto che te la cavavi con il coltello. Fammi vedere che sai fare.
Prendo un coltello e lo lancio, colpendo esattamente il cuore del manichino.
-Wow! Mi avevi detto che te la cavavi, non che avevi una mira pazzesca!
Scrollo le spalle. Non sapevo neanche io di essere così brava, o forse non ci avevo mai riflettuto abbastanza, non so. Finnick decide che con il coltello sono abbastanza brava da sola, perciò comincia a insegnarmi come usare le altre armi. Passiamo più di due ore a perfezionare la mia abilità con spade, lance e archi, ottenendo risultati più o meno positivi. Per tutto il tempo lui appare incredibilmente distante, come se il ragazzo scherzoso con cui ho fatto il bagno poco tempo fa fosse stato risucchiato. Alla fine, mentre rimettiamo a posto le armi, trovo il coraggio di fargli la domanda che mi rimbomba in testa da stamattina.
-Hai chiarito con Matthew?
Lui mi guarda per un attimo, poi sospira.
-Si. Si è scusato e ha riconosciuto di aver esagerato.
-Beh, allora tutto a posto, no?
Chiedo. E’ una domanda stupida, ma non so che altro dire.
-Non è così semplice. Tu adesso non ci pensi, ma… i giochi non finiscono mai. Una volta che hai vinto, non è finita lì. Prima c’è il Tour della Vittoria, poi devi fare il mentore. A volte vorrei… non aver vinto proprio. Ti crea antipatie, essere un vincitore. A volte vorrei essere morto in quell’Arena, solo per non dover più sognare ogni notte… tutto quello che è accaduto. L’unico modo per tornare è diventare assassini, Annie. Ed è quello che sono io. Un assassino.
Ha gli occhi lucidi, e mi pento di avergli fatto quella domanda.
-Adesso devi andare. Ghislayne non ti perdonerebbe mai se tu arrivassi tardi a cena.
Mi dice. Vorrei rimanere, dirgli che mi dispiace. Ma so che non è quello che vuole.
Così mi alzo e me ne vado.
 
Nda
E anche questo capitolo  è fatto! A dire la verità non mi convince moltissimo, quindi se volete recensire e dirmi cosa ne pensate vi amerò.  Forse si risolleva un po’ con la fine, ma come già detto non mi convince tantissimo, e non so neanche perché, quindi ho bisogno dei vostri consigli più che mai! Mi dispiace, ma da questo capitolo non potrò continuare a scrivere con così tanta frequenza, quindi aspettatevi un capitolo a settimana, massimo due. Grazie a tutti quelli che hanno recensito e inserito la storia tra le Seguite, vi sto amando!

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Capitolo 5
*** Interviste e Confidenze ***


Interviste e confidenze
Vivo i giorni successivi come se fossi un'altra persona. Cerco di estraniarmi del tutto da quello che succederà dopo questi quattro giorni d’addestramento, l’unica cosa che conta è imparare, come se ne valesse della mia vita. Ed è davvero così. La mattina mi alleno con gli altri Tributi, inutile dire che i Favoriti fanno paura. Il ragazzino di tredici anni, che ho scoperto chiamarsi Drew, semplicemente mi terrorizza. Sventra manichini, colpisce bersagli, abbatte altre persone in prove di lotta libera organizzate sul momento. L’unica cosa su cui posso contare è che muoia di stenti, in tutto questo tempo non l’ho mai visto avvicinarsi  a una lezione di tecniche di sopravvivenza.  Io frequento soprattutto quelle, studiando le bacche, dipingendomi il viso. Quando è il momento di cose più pratiche sbaglio il più possibile, mancando i manichini, scivolando giù dalla pareti di arrampicata, colpendomi da sola con una mazza. L’ultimo giorno insceno addirittura un piccolo attacco isterico. So che mi è utile, ma non riesco a non odiare i Favoriti che ridono di me, soprattutto perché miglioro sempre di più durante le lezioni pomeridiane, quelle tenute da Finnick. Ho padroneggiato ben presto l’arco, e ormai me la cavo con la spada, ma io e la lancia non andiamo affatto d’accordo. Il problema è che sono emotiva, troppo, e provare queste cose su dei bersagli è un conto, farlo su una persona con l’intento di uccidere è tutt’altro. L’unico modo per vincere è diventare assassini. Queste parole continuano a risuonarmi in testa, anche se Finnick è tornato a essere quello allegro e spavaldo di sempre, e non ha minimamente accennato alla nostra conversazione in palestra.
L’ultimo giorno di allenamento, incontreremo singolarmente gli Strateghi e gli mostreremo quanto abbiamo appreso, per poi avere un punteggio che va da 1 a 12 a seconda di quanto saremo bravi. E’ da un paio di giorni che Finnick mi prepara all’evento. La sua idea è che dovrò cavarmela bene in modo da piacere agli sponsor, ma non troppo, così gli altri Tributi non si insospettiranno più di tanto.
-Se ottieni un otto penseranno a un colpo di fortuna, soprattutto perché loro avranno punteggi migliori. Se gli mostri quanto sei brava veramente si preoccuperanno e decideranno di farti fuori al più presto.
Annuisco. E’ strano guardare adesso quel ragazzo che fa battute e mi prende in giro ma allo stesso tempo è sensibile,  dopo che ho scoperto che tutta la sua spavalderia non è che una maschera.  Lui fa un mezzo sorriso.
-Lo sai che ci sto provando in tutti i modi a farti sopravvivere, vero?
Ecco, l’ha rifatto. E’ ripassato dal mio istruttore a un ragazzo dolce pronto a starmi vicino.
-Lo so. Ma non credo che… non sarei in grado di uccidere qualcuno.
Appena le parole escono dalla mia bocca, mi pento di averle pronunciate. Ed è quello che sono io, un assassino.
-Nessuno vorrebbe… ma a volte… semplicemente non c’è scelta. Tu hai una sorella più piccola, no? Io nell’Arena non facevo altro che pensare a chi era a casa, a come speravano  i miei fratelli di vedermi tornare. E ho trovato la forza di uccidere, perché quando non c’è nulla tra te e la morte… sei un disperato, e faresti di tutto per uscire da quella situazione. Poi pensavo a i miei genitori, se erano fieri di me per il mio coraggio, o se mi odiavano per tutte le vite che stavo distruggendo. Ma poi pensavo che ero sempre più vicino a tornare a casa, e una volta che ci sono arrivato, mi sono reso conto di cosa avevo fatto veramente. E mi sono sentito la persona peggiore del mondo.
Non è una risposta ai miei dubbi, è più un accozzaglia di pensieri che gli rimbombano in testa, e mi rendo conto di quanto si odia per quello che ha fatto nell’Arena.
-Non è così! E’ così che funzionano i giochi, non hai scelta! Uccidi o muori, questa è la regola! Non sei una persona terribile, hai fatto quel che hai fatto solo per vivere. E per quanto sia orribile, non è colpa tua. Sei stato costretto a farlo.
Mi rendo conto che quando ho parlato cercavo conforto, ma adesso cono io che sto confortando lui dai suoi dubbi. Lo sto proteggendo da sé stesso. Mi afferra per le spalle e mi fa girare leggermente verso di lui. I suoi occhi verdissimi si fissano nei miei, e all’improvviso mi sento piccola piccola.
-Sei una persona strana, lo sai Annie?
Anche tu penso, ma non lo dico. E poi faccio qualcosa di inaspettato, che non ricordo di aver programmato. Gli getto le braccia al collo e lo stringo in un lungo abbraccio, sentendo il suo profumo. E’ un odore rassicurante, che in qualche modo mi ricorda il mare.  Sento le lacrime pungere agli angoli degli occhi. Non piangere Annie, non piangere.
--
Seduta insieme agli altri Tributi nell’attesa della sessione privata, non posso fare a meno di essere nervosa. Ma soprattutto non posso fare a meno di ripensare a quello che è successo stamattina con Finnick. Per me è stato un momento particolare, quasi intimo, ma per lui? Sarebbe una gran differenza se l’avessi baciato… ma d’altra parte perché dovrei farlo? Lui è il mio mentore, io morirò in questa cavolo di arena e non posso farci niente. Quindi tanto vale concentrarmi sul lavoro.
Mi avvicino a Micheal. Devo discutere con lui alcune cose riguardo l’Arena, e tanto vale che lo faccio adesso. E’ seduto in mezzo agli altri Tributi, così raggiungo un angolino appartato e gli faccio segno di raggiungermi.  Prima che possa dire qualcosa, esordisco.
-Credo che dovremo allontanarci dalla Cornucopia il prima possibile.
Lui annuisce
-Ho sentito che gli altri Favoriti vogliono conquistarla. Non riusciremmo mai a batterli tutti insieme, tantomeno il primo giorno. Arraffiamo qualcosa di utile e poi ci defiliamo.
Faccio cenno di si con la testa, e in quel momento una voce meccanica annuncia: “Micheal Lewis”. E’ il suo turno di impressionare gli Strateghi, così gli auguro buona fortuna e aspetto il mio turno mangiucchiandomi le unghie.  Quando chiamano il mio nome, ho le dita scorticate quasi a sangue.
Entro nella palestra. Per fortuna sono solo l’ottava a essere valutata, e gli Strateghi sono ancora abbastanza attenti. Mi avvicino alle varie armi e scelgo i coltelli. Con quelli posso sbagliare in sicurezza. Comincio a scagliarli, senza fare tiri perfetti ma comunque buoni  finchè non mi congedano.
--
Caesar Flickerman, che conduce le interviste dei Tributi più o meno fin da quando sono nata io, quest’anno ha labbra e parrucca verdi, comincia a enunciare i nomi dei Tributi e i loro punteggi. Ho un nodo alla bocca dello stomaco, ma poi mi rendo conto che tanto non sopravvivrò, quindi l’importanza dei punteggi è relativa.  Il ragazzo dell’1 prende 11. Prevedibile. Il ragazzo del 2 ha un 9, e la ragazza 10. I punteggi sono bassi per quelli del 3, mentre Micheal prende 9. Ci complimentiamo con lui, poi cerco di rilassarmi per vedere il mio voto.
8. Un semplice, tondo otto. E’ esattamente quanto mi aspettavo, esattamente quanto Finnick voleva. Mi abbraccia gridando “complimenti!” e per un attimo mi sembra che vada tutto bene.
--
Il momento delle interviste è forse quello che temo di più prima degli Hunger Games. Non si tratta di fare qualcosa di fisico, ma di piacere. E non so come fare.  Passo la mattinata con Ghislayne, che passa una mattinata a cercare di farmi camminare con tacchi altissimi, a farmi sedere come se avessi un palo nella schiena e a sorridere come una di quelle bambole inquietanti che ho intravisto nella vetrina di un negozio qui a Capitol. Strilla, si arrabbia quando sbuffo, e in breve non ne posso più. Alla fine mi ritrovo a essere sempre più distratta, e mi sorprendo a chiedermi della mia alleanza. E’ vitale, adesso che lui ha un punteggio più alto del mio. Avremo più possibilità di sopravvivere, almeno all’inizio.  Ma io devo piacere agli sponsor, o sono veramente andata, perciò cerco di impegnarmi di più quando Ghislayne mi da degli ordini.  Dopo un pranzo veloce, io e Finnick proveremo a prepararci per le interviste. Spero che vada meglio della mattina.
Sono stanca, sdraiata sul letto della mia stanza, e mi addormenterei se qualcuno non bussasse alla porta. E’ Finnick, ovviamente, che è qui per prepararmi alle interviste.
-Che ne dici se… io ti faccio delle domande e tu rispondi?
Mi sembra semplice, e poi ho l’impressione che aprirmi con lui sarà più facile di quanto credo, per cui annuisco.
-Allora, Annie, cosa ti fa pensare di potercela fare?
Penso un attimo alle possibili risposte. Poi scelgo che posso provare ad apparire come qualcosa tra il misterioso  e il comico.
-Oh, ma io non penso minimamente di farcela.
-No, perché? Io non credo minimamente che tu non abbia possibilità!
-Beh, allora stai pronto, ho qualche sorpresa pronta per l’Arena…
-Annie? Ma cosa dici?
-Io… ehm, niente.
Lui ridacchia. Mi piace quando sorride e sulle sue guance si formano delle fossette. Che pensiero stupido.
-Ascolta, perché non provi a rispondermi in modo da essere semplicemente te stessa?
Ci riprovo, e da allora le cose cominciano ad andare un po’ meglio.
-Cosa ti ha colpito di più di Capitol City?
-Ecco…  credo… i materassi ad acqua.
E’ una risposta stupida, ma in parte è vero. Mi ha traumatizzato scoprire che nel mio materasso morbidissimo c’era dell’acqua. Finnick scoppia a ridere fragorosamente.
-Ma scherzi o fai sul serio?
-No, faccio sul serio!
Esclamo, e batto una mano sul materasso, che emette uno strano plop.
-E’ stranissimo!
-Tu non sei normale!
Ridiamo entrambi, e mi rendo conto che adesso sto vedendo il Finnick giovane, il Finnick che ci sarebbe ora se due anni fa non fosse stato estratto per gli Hunger Games.
--
Il mio vestito è di morbide balze di chiffon azzurro, con un sacco di sfumature. Come mi muovo, scintilla leggermente. Sembra un abito tessuto con le onde del mare. Il mio stilista mi acconcia i capelli in una complicata acconciatura sulla testa, poi si scosta e mi lascia guardare allo specchio. Le scarpe sono tacchi bassi, molto più bassi di quelli con cui mi ha fatto esercitare Ghislayne. Sto bene. Ringrazio il mio stilista, poi raggiungo Finnick, Ghislayne, Matthew e Micheal in salotto. La stilista di Micheal si è un po’ migliorata, e lui indossa un semplice completo elegante blu mare, meglio della tenuta da pescatore. Ghislayne si congratula per quanto sono bella, ma sarà inutile se mi scordo le buone maniere!!! Finnick mi sorride con fare incoraggiante, il che mi fa sentire molto più sicura. Nel viaggio per la piazza principale, il mio mentore prende posto accanto a me.
-Allora, come ti senti?
-Come se tutte le onde del mare ce l’avessero con me.
E’ un vecchio modo di dire del Distretto 4, che indica l’essere terrorizzati.
-Ma se sei vestita da onda, non possono odiarti!
Scuoto la testa, ma non ho la forza di rispondere. Sento una certa nausea. Finnick mi prende una mano e me la stringe con fare rassicurante. Il suo gesto non fa che aumentare il mio nervosismo. Ci si mette pure un bel ragazzo, adesso!
 
Tutti noi Tributi sediamo su una poltroncina girevole fino a che non ci intervistano, momento in cui raggiungiamo una poltrona accanto a quella di Caesar, dopodiché torniamo al nostro posto. Quasi non sento le interviste degli altri Tributi, mentre attendo terrorizzata alla mia, e non ricordo di aver ordinato ai miei muscoli di muoversi quando Caesar chiama il mio nome. Il presentatore mi stringe la mano e io mi abbandono sulla sedia.
-Allora, Annie. Cosa ti è piaciuto di più di Capitol City?
-Mmmmh… la vasca da bagno. Sai, puoi scegliere tra tutte quelle schiume colorate…
Caesar scoppia a ridere, e da quel momento il ghiaccio è rotto. Mi sento quasi tranquilla, fino a che non arriva le ultime domande.
-Allora, dimmi, chi c’è che ti aspetta a casa?
Il mio cuore perde un colpo. Per tutto questo tempo sono riuscita a non pensarci, a non pensare a Katia che mi aspetta. Ma adesso, con l’idea imminente di quello che sta per accadere domani, mi viene quasi da piangere al solo pensiero.
-Mia sorella. Tengo moltissimo a lei, e anche alla mia sorella maggiore, e ai miei genitori. E farò di tutto per tornare da loro.
 
NdA
Perdonate per la conclusione dell’intervista un po’ alla Katniss-Style, ma ho praticamente dimenticato la famiglia di Annie, a cui lei è comunque affezionata, quindi ho pensata di ricordarla durante l’intervista. Nuovo capitolo, ricco di momenti Fannie (si chiama così la coppia Finnick/Annie?), e una Annie che comincia a chiedersi qualcosa in più sul suo mentore. Detto ciò, grazie tante a chi ha inserito la storia tra le Seguite e tra le Preferite e a chi ha recensito, vi adoro. Come al solito, grazie tantissimo se deciderete di farmi sapere cosa pensate attraverso una recenzione!

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Capitolo 6
*** L'Arena ***


L’arena
 
Sono stanca, quasi non sento i complimenti degli altri. Cerco di seguire l’intervista di Micheal, che per lo più si comporta da favorito: scherza, si mostra a suo agio e fa accenni a quando tornerà a casa. La cosa mi da fastidio, ma non ho proprio voglia di attaccar briga con lui, perciò gli stringo la mano borbottando qualcosa come “bravo, sei andato bene”.
Mi sento improvvisamente a pezzi, ma so che non dormirò. Mi faccio accompagnare in camera mia, mi cambio. Come previsto, non riesco ad addormentarmi.  Mi rigiro nel letto e ogni minuto che passa sono sempre più inquieta. Che Arena dovrò affrontare? Che armi troverò? Riuscirò a tornare a casa? No, certo che no. Non sono abbastanza brava, non sono abbastanza forte. Non posso mentire a me stessa, raccontarmi che ce la farò. Arriverò fino all’ultima cerchia di giocatori, probabile, ma sicuramente non vincerò. Chissà chi sarà ad uccidermi. Forse il ragazzo dell’uno, o quel tipo robusto del Distretto 8. Mi alzo e indosso una felpa sopra il pigiama. Infilo un paio di pantofole ed esco dalla stanza, magari posso farmi fare una camomilla o qualcosa di calmante.
Ho un tuffo al cuore quando vedo Finnick seduto sui divanetti di pelle del soggiorno, al buio. Ha gli occhi aperti,  si tiene la fronte con le mani, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Sembra incredibilmente vecchio. Decido di essere la prima a prendere parola.
-Ehi.
Dico, sedendomi accanto a lui. Ok, potevo uscirmene con qualcosa di più intelligente, ma proprio non mi viene in mente. Sento la testa vuota.
-Annie. Dovresti dormire.
-Non ci riesco.
-No, immagino di no. Nemmeno io c’ero riuscito, prima… dei miei giochi. Annie, ci proverai, vero? Proverai a vincere?
- Non ce la posso fare, Finnick. Io non credo che… cioè, ci proverò. Ma sul serio, non ci spero per niente.
-Capisco. Però… per favore, provaci. La tua famiglia ti aspetta. E… anche io ti aspetto.
Chiudo gli occhi. Cosa vuol dire? Che si è affezionato a me e vorrebbe che io vincessi, sul serio? O lo vuole solo perché è il mio mentore? Certo che lo vuole solo perché è il mio mentore.
-Io…
Sento la gola improvvisamente secca, non so cosa dire. Ma non c’è bisogno che io dica niente, lui allunga un braccio e mi cinge le spalle. Poso la testa sulla sua spalla, chiudo gli occhi. L’ultima cosa che sento è la sua voce che sussurra.
-Cerca di dormire, Annie.
E dice anche qualcos’altro, a voce così bassa che non riesco a capire. Dev’essere una sola parola, e non so cosa sia. Forse ancora non l’ho realizzato, ma sento di avere un'altra ragione, ormai, per tornare dall’Arena.
--
Come al solito è Ghislayne a svegliarmi la mattina, ma non è particolarmente allegra, e si trattiene dal blaterarmi della “Grande, grande giornata” che mi aspetta. E’ strano pensarci, ma per stasera potrei essere morta. Scaccio il pensiero con un gesto della mano.
Non ho voglia di fare colazione con gli altri, così ordino qualcosa da mangiare in camera, ma non rimango affatto sorpresa quando scopro di non avere per niente fame. Cercò di costringermi a ingerire qualcosa, potrebbe essere l’ultima volta che ho la possibilità di mangiare qualcosa di caldo e buono, o anche l’ultima volta che mangio in assoluto.
Infilo dei vestiti a caso ed esco in soggiorno. Finnick, Matthew, Michael e Ghislayne mi stanno aspettando. Ghislayne abbraccia me e Micheal, augurandoci buona fortuna, blaterando cose insulse su quanto sia stato bello avere la possibilità di occuparsi di noi e blablabla, è incredibile come per lei questi siano solo giochi. I nostri mentori ci accompagnano al piano più basso del centro addestrativo. Ogni Tributo ha una saletta in cui potrà farsi dare gli ultimi consigli dal suo mentore, poi prenderà l’hovercraft e arriverà nell’Arena.  Mi faccio accompagnare nella stanza contrassegnata dal numero 4-F da Finnick. La sala è piccola, grigia, da un angolo parte un ascensore.
-Allora, ultimi consigli?
Chiedo, sperando che la mia voce rimanga il più ferma possibile.
-Loro non sanno quanto tu sia brava… e all’inizio conta su Micheal il più possibile. Cercate di sembrare forti, così da poter ottenere più sponsor.
Sento un bip, che indica che abbiamo il tempo di salutarci prima di salire sull’ascensore. Abbraccio Finnick, e mi sconvolge il senso di sicurezza che mi dà.
-Buona fortuna, Annie.
Salgo sull’ascensore, e quello comincia lentamente a sollevarsi. Mentre sto per perderlo di vista, Finnick si strofina una mano sulla guancia, come per asciugare una lacrima.
--
Il mio stilista mi aiuta a indossare la tuta che porterò nell’Arena. E’ simile a quella dell’Allenamento, a maniche e gambe lunghe, con una giacca impermeabile verde scuro. Stivaletti da montagna. Entro nel tubo che si solleverà per portarmi nell’Arena. Ha le pareti trasparenti.
-Allora, in bocca al lupo.
Borbotta il mio stilista, e mi sento in colpa per essere stata sempre così scontrosa con lui. Il tubo comincia a sollevarsi, passando attraverso un buco nel soffitto. Chiudo gli occhi per un istante, e quando li riapro vedo che siamo in una radura, in un bosco incredibilmente fitto. Micheal è alla mia sinistra, tutti noi siamo disposti a cerchio intorno alla Cornucopia, scintillante come sempre. E’ piena di oggetti utili, ovviamente: intravvedo un enorme raccolta di armi di tutti i tipi. Mi concentro sulle cose più vicine a me. Ho uno zaino a pochi metri di distanza, una pagnotta e un bastone. Si, un vero e proprio bastone. Niente di tecnologico o chissà. Alzo lo sguardo sul conto alla rovescia. Tre secondi. Due. Uno.
Non ricordo di aver sentito il Gong, ma scatto lo stesso. Afferro lo zaino, è abbastanza pesante, non so se è un bene o un male. Mi limito a correre via, alla mia sinistra. Sento dei passi pesanti che mi seguono. Mi volto e tiro un sospiro di sollievo, è Micheal. Non ricordo per quanto corriamo, ricordo solo che cado e mi rialzo più volte, fino a che, parecchio tempo dopo, non sento Micheal che mi grida di fermarmi. Smetto di correre e cerco di riprendere fiato. Ho le gambe intorpidite e non riesco a prendere aria. Faccio cenno a Micheal di continuare a camminare e rallento il respiro. Ben presto entrambi siamo rientrati di fiato: un'altra cosa che si impara nel Distretto 4 è a tornare a respirare subito. Ci sediamo sotto un grosso albero.
-Allora, sei riuscito a prendere qualcosa alla Cornucopia?
Chiedo a Micheal. Lui annuisce e mi mostra uno zaino e una confezione di carne secca. Annuisco.
-Ne ho preso uno anche io… controlliamo cosa c’è dentro?
Mettendo insieme il contenuto degli zaini abbiamo due sacchi a pelo, due borracce piene, quattro coltelli, frutta secca, tintura di iodio e un olio per le ferite. Tutto sommato è un bel bottino, e ci diamo il cinque cercando di fare meno rumore possibile. Sentiamo il primo colpo di cannone, ciò significa che il combattimento alla Cornucopia è finito. Cerco di contare gli spari. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Otto. Nove. Dieci. Undici. Dodici. Tredici.  Siamo fortunati, alla Cornucopia i Favoriti hanno fatto una bella strage, siamo rimasti in 11. Devo ucciderne 10, per tornare a casa. Non ce la posso fare, mi sembra ovvio. Non sono in grado di uccidere a prescindere.
Chissà cosa sta pensando Finnick… è fiero di noi per come siamo riusciti ad accumulare molte cose utili o arrabbiato perché non abbiamo nemmeno cercato di combattere? Scuoto la testa. Non è importante cosa pensa Finnick in questo momento. L’unica cosa importante è allontanarci il più possibile dalla Cornucopia. Ci rimettiamo in marcia. La foresta sembra non finire più.  E’ davvero enorme. Fino a che in lontananza non scorgiamo qualcosa di nero e piatto, che occupa tutto il paesaggio davanti a noi. Ci avviciniamo. E’ un muro,incredibilmente piatto e alto. Circa ogni 100 metri ci sono delle scalette per salire.
-Cosa dici che è?
Chiede Micheal. Scuoto la testa.
-Non lo so… ma suppongo che lo scopriremo solo…
Mi aggrappo alla scaletta più vicina e comincio a salire.
-Annie!!! Non è il caso! Non sai cosa c’è lassù!
Sbotta Micheal, ma alla fine la curiosità vince anche lui e comincia ad arrampicarsi dietro di me.
Ci mettiamo almeno un ora ad arrivare in cima, facendo periodiche pause per riprendere fiato su delle piattaforme di metallo che sono circa ogni 20 metri. Una volta arrivati su, rimango a bocca aperta. Abbiamo davanti un enorme lago artificiale, oltrepassato da una passerella di metallo. Mi volto, e ho la prima visione generale dell’Arena: è grande, ma non tanto quanto mi era sembrata all’inizio. La foresta continua fino alla fine su due lati, probabilmente termina con uno strapiombo, mentre alla mia sinistra c’è una catena montuosa, non altissima ma neanche bassa. C’è una specie di valico dall’altra parte del lago.
Sto per parlare, quando sotto di me sento delle grida. E’ un urlo femminile, terrorizzato. Cessa nel giro di pochi secondi.
-Hai visto come l’ho uccisa, Dan? Ammettilo, sono più brava di te.
E’ la voce della ragazza del 2. Uno sbuffo.
-Solo perché sei più grande, non vuol dire che tu sia più brava… mi pare che io abbia ammazzato più gente di te alla Cornucopia!
E’ una voce maschile.
-Zitto e comincia a salire.
Sibila la ragazza, e io e Micheal ci lanciamo uno sguardo da conigli in trappola mentre i Favoriti cominciano ad arrampicarsi sulla scaletta.
 
NdA
E dopo una settimana di morte apparente… sono tornata! Il capitolo è venuto un po’ più breve degli altri, ma pazienza… in realtà non ho molto da dire, quindi passo a ringraziare DTravers ed HermioneEverlark che sono sempre presenti con i loro consigli e le loro recensioni! Come al solito, grazie anche a chi ha inserito la storia tra le Seguite e le Preferite e a chi deciderà di recensire!

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Capitolo 7
*** La prima lotta ***


La prima lotta
Finnick
Il sistema che usano i mentori per guardare i propri Tributi è diverso da quello che usano le famiglie, a casa propria, o gli abitanti di Capitol. Mentre loro ricevono solo le immagini che trasmettono le scene più interessanti, di solito le lotte, i mentori seguono i loro Tributi 24 ore su 24. Lo schermo trasmette, giorno e notte, qualsiasi movimento faccia il Tributo. E quello che appare sullo schermo adesso è Annie, con lo sguardo carico di terrore, che guarda in basso, verso la scaletta da cui sono saliti sulla diga. E da un altro monitor laterale, vedo chiaramente cosa la spaventa. Due degli altri Favoriti, la ragazza del 2, Connie, e il ragazzo dell’1, Dan, hanno appena ucciso una ragazza, credo proveniente dal Distretto 3, e stanno per raggiungere Annie e Micheal. Annie. Non so spiegarmi perché mi sono affezionato tanto a lei, e mi rendo conto di quanto è stupido. Non posso mentirmi:  per quanto Annie sia brava, è troppo buona per tornare dall’Arena. Non riesco neanche a pensare a cosa accadrà quando morirà, né lo voglio pensare. Farò di tutto per tenerla in vita… ci sono già degli sponsor interessati a lei, ma sarà inutile se non combatte. Incredibilmente, la vedo riprendersi, e il terrore nel suo sguardo si trasforma in qualcos’altro… sempre paura, ma mista a una cupa determinazione.
-Loro non sanno che noi siamo su. Non possono averci sentito, e sono ancora troppo in basso per vederci.
Il suo è quasi un sussurro, ma la voce non le trema. Micheal la guarda confuso.
-Intendo dire… che se riusciamo a scappare abbastanza velocemente, non ci inseguiranno, perché non sanno che ci hanno perso.
Micheal scuote la testa.
-Secondo me… dovremmo cercare… di combattere. Almeno finchè stanno salendo e non possono farci del male.
No. No, no. Non può farle questo… era esattamente quel che temevo dall’alleanza. Micheal è un ragazzo forte, sicuro di sé. Cercherà di attaccare. Annie non mostra stupore.
-Non servirà a niente dirti di no. Io fuggirò e tu ti farai ammazzare perché sei in minoranza numerica.
-Esatto.
Lei annuisce.
-Non mi piace.
-Annie, non sopravviverai mai con questa tecnica! Vivi o lascia vivere, è questa l’idea degli Hunger Games… Se continui a fuggire, non hai possibilità!
-Suppongo che… a questo punto…  non abbiamo scelta.
Micheal quasi sorride, poi estrae uno dei coltelli dallo zaino e si avvicina alla scaletta. Lascia cadere la lama, tenendola puntata verso il basso: Connie, che è prima, la vede arrivare e grida… si spinge di lato il più possibile, e riesce a evitarla, ma Dan non è così fortunato. Il coltello gli si conficca nella spalla e lui geme di dolore, guardando con odio la testa di Micheal che fa capolino dalla cima. Senza un altro lamento estrae il coltello dalla spalla, è imbrattato di sangue fin quasi al manico, e comincia a salire con più foga, quasi spingendo Connie. Anche lei si mostre più determinata, probabilmente le piace l’idea di un altro combattimento… l’idea mi nausea. E’ orribile il modo in cui i Favoriti vedono gli Hunger Games come una prova a cui sottoporsi, come un onore. Ricordo quando Ghislayne ha pronunciato il mio nome, alla Mietitura. Ricordo come mi sono sentito. “Se vuoi tornare a casa dovrai uccidere, Finnick”. Ricordo come mi sono costretto ad uccidere, come sono diventata un incredibile arma di battaglia… ricordo come, in un grande paracadute, è arrivato il tridente, e di come per la prima volta ho sperato di poter tornare davvero a casa… e ricordo il senso di libertà che ho provato una volta tornato al Distretto 4. E di come poi mi sono reso conto che non sarei mai stato, veramente, libero dagli Hunger Games. Ancora adesso, a quasi due anni dopo la mia vittoria, ho incubi ogni notte, o quasi.
--
Annie
La prima a salire è la ragazza del due, seguita da quello dell’uno. Come sospettavo sono armati fino ai denti. Entrambi hanno una spada, lei porta un arco e Dan ha una sfilza di pugnali, stiletti e coltelli che gli spuntano dalle tasche.  Il suo sguardo si accanisce immediatamente su Micheal, e si getta su di lui senza dire una parola. La ragazza mi guarda, mentre io allo stesso tempo rifletto su come agire e cerco di ricordare il suo nome… Connie. Beh, almeno so il nome di chi mi ucciderà. Lei corre verso di me brandendo la spada. Ha la lama curva e un aria potenzialmente letale. La mia mano si ritrova a stringere uno dei pugnali, quello con la punta seghettata. Incredibilmente, riesco a bloccare il suo primo affondo con l’elsa, ma Connie è molto più forte di me. La lama mi pizzica la gola, anche se ancora non riesce a tagliarla… è strano pensare che tra me e la morte ci sono solo pochi millimetri, ma è così. Non so come, riesco a far scivolare la lama della spada verso il basso, mentre faccio un passo indietro. Il mio movimento le fa perdere l’equilibrio, e lei cade in avanti, a pancia in giù. Prima che si possa rialzare le tiro un calcio sul volto, un forte crac mi avverte del fatto che le ho rotto il naso. E’ svenuta. Dovrei ucciderla, ma non ce la faccio, e Micheal è messo molto peggio di me, dovrei aiutarlo. Le sfilo l’arco e la faretra dalle spalle. Incocco una freccia, puntando su Dan. E’ azzardato, potrei colpire Micheal, ma non posso rischiare di avvicinarmi e farmi uccidere. La freccia sibila. E colpisce.
Vedo Dan afflosciarsi, Micheal sconvolto che si volta verso di me. La mia freccia ha colpito Dan alla spalla… nell’attimo di stupore che ha seguito, Micheal l’ha pugnalato allo stomaco. BUM. E’ il suono pù scioccante della mia vita. Ho ucciso una persona… l’unico modo per vincere, è diventare assassini. Ed è esattamente quello che sono anch’io adesso.
--
Le ore successive sono un ricordo sfocato. Micheal mi afferra per le braccia, e sorride… vede quello che ho fatto come una grande vittoria. Prende gli zaini di Dan e Connie e cerca di convincermi ad andare via. Scendiamo dalla diga. Camminiamo… alla fine decidiamo di arrampicarci su un albero per passare la notte. Ne scegliamo uno molto grande, con tantissime foglie fitte, così da essere visibili il meno possibile. Consumiamo una specie di cena con della carne secca proveniente dallo zaino di Connie.
-Annie…
Micheal mi guarda, ed è chiaro che è dispiaciuto per me, che ha capito che mi sento in colpa. Non sono stata proprio io ad ucciderlo, ma se non lo avessi colpito, lui non sarebbe morto. In un certo senso è come se fossi stata io.
-Lo so che ti dispiace. Ma sul serio, lui mi avrebbe ucciso. Ti devo la vita… non dovresti farti questo tipo di problemi. Neanche io sono felice di dover ammazzare… 23 persone, per tornare.  Ma è così. Tu mi hai salvato,  e non so proprio come ringraziarti. Ma devi  capire che… per quanto orribile, hai fatto la cosa giusta. Non c’era scelta.
-E’ che… non so. Era comunque un ragazzino, aveva tredici anni. Ed è colpa mia se… non tornerà mai a casa, è colpa mia.
-Sarebbe così se tu lo avessi ucciso di tua scelta, in libertà. Ma sono stato io a pugnalarlo, non tu. E nell’Arena… uccidere è l’unico modo per tornare a casa.
E’ impressionante il modo in cui i suoi pensieri assomigliano a quelli di Finnick… al mio Finnick. Perché sono abbastanza certa che quello che mi ha raccontato non lo dice a chiunque. In un certo senso Micheal suona convincente, ma ancora non mi sento tranquilla… non credo che ciò che ha detto basterà a cancellare come mi sento, ma è già qualcosa. Sto per parlare, ma l’inno di Capitol City risuona, mentre nel cielo vengono proiettate le immagini dei tributi morti. Il primo ad apparire, è ovviamente Dan. Sento un groppo alla gola, e di nuovo potrei scoppiare in lacrime. Continuo a guardare. Andando a logica, rimaniamo in vita io, Micheal, Connie, il ragazzo del 2 e la ragazza dell’1, entrambi quelli dell’8 e del 9 e la ragazza del 5. Siamo già pochissimi, è  raro che il primo giorno ci siano così tante morti… e una è stata causata da me. Non riesco a non pensarci. Nell’istante in cui sento le lacrime bruciare, un paracadute argenteo plana verso di noi. E’ Micheal ad afferrarlo allegramente. Al suo interno c’è una semplicissima galletta. E’ un dono che costa pochissimo, mi sconvolge abbastanza il fatto che la prima cosa che Finnick mi manda sia questo. I nostri sponsor sono così tirchi? Ma poi noto qual è la cosa interessante. C’è un foglio ripiegato nel contenitore, e nella parte esterna è stampato a grandi caratteri il mio nome. E’ scritto a mano.
Annie,
lo spazio a disposizione è poco, quindi sarò breve.. Non sei stata tu ad ucciderlo materialmente, e anche se fosse l’hai fatto perché non c’era scelta. Capisco come ti senti, ma tu almeno non hai ancora ammazzato qualcuno di tua volontà, e so che cercherai di evitarlo. Sei una persona molto migliore di me. Lo so che ti senti in colpa, lo capisco. Ma cerca di ricordare che quello che è accaduto ti porta più vicino a casa. Ci sono le tue sorelle che ti aspettano… e anche io. Torna, Annie.
Finnick
 
NdA
Ed eccomi qui! Capitolo un po’ più breve dei precedenti, ma abbastanza fitto. Non so bene cosa pensare in realtà… per certi aspetti mi piace, per altri no. Quindi continuo ad avere bisogno di recensioni, per capire cosa secondo voi dovrei correggere. Fatemi sapere anche se vi è piaciuta l’idea della doppia narrazione Annie/Finnick, è da un po’ che ce l’ho in testa e l’ho voluta sperimentare. Ultima cosa, ringrazio nuovamente HermioneEverlark e DTravers che come al solito sono mi hanno aiutata con le loro recensioni! Ah, si, lo so che i miei capitoli hanno nomi pessimi, non mi viene in mente niente di meglio -.-

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Capitolo 8
*** Non credevo che potesse essere così ***


Non credevo che potesse essere così
 
Annie
Mi  fanno male le gambe. Corro come una disperata, comincio a sfiatarmi, ma so di non potermi  fermare. Corro, corro, fino a che non mi sento inferma sulle gambe, e anche quando non ce la faccio più continuo a correre. Poco dietro di me sento i passi di Micheal, anche lui con il fiatone. E ancora più dietro quelli di un altro Tributo, che ci rincorre da qualcosa come mezz’ora, un’ora, anche di più. L’unica cosa che mi fa andare avanti, che mi impedisce di gettarmi a terra e farmi uccidere, pur di porre fine a questo supplizio, sono le parole della lettera, che mi risuonano in testa. Torna, Annie. Sembra incredibile, ma crede in me. Comincia a pensare che forse tornerò. E dentro di me, sento qualcos’altro. Una leggera determinazione: posso tornare davvero, posso farlo. Ma poi ci ripenso, e mi rendo conto che no, non posso. Ma per ora posso correre, continuare a fuggire,  sperando di arrivare a qualcosa. Ed è proprio quando sento un nuovo guizzo di speranza che il mio piede inciampa in qualcosa, forse una radice sporgente. Rotolo a terra. Conoscendo Micheal, non penserà a me, si limiterà a fuggire via. Siamo alleati, è vero, ma è ovvio che tiene più a se stesso che a me. Estraggo uno dei coltelli mentre mi volto di lato. Micheal schizza davanti a me, come previsto. Potrei cercare di fuggire ancora, ma sono stanca, non riuscirei mai a recuperare. Mi alzo in piedi, mentre l’altro Tributo, che dovrebbe essere quello del Distretto 8, si avvicina brandendo uno spadone. Cerco di parare il suo affondo come ho fatto con quello di Connie, ma senza successo. Il mio coltello scivola via, la punta della sua spada mi pizzica la gola. Sento il sangue caldo che scende lungo il collo, e mi rendo conto che è davvero finita. Sto per morire.
-Mi aspettavo una resistenza maggiore da una Favorita.
Sibila, e capisco che ci odia, che mi odia, perché abbiamo avuto la fortuna di nascere in un Distretto ricco. Proverei pena per lui, se non stesse per uccidermi. E dallo scintillio folle dei suoi occhi mi rendo conto anche del fatto che non si limiterà ad uccidermi, ma vorrà farmi soffrire, perché non ho mai rischiato di morire di fame.  Mi spinge contro un albero, inchiodandomi a forza contro la corteccia. E’ incredibilmente forte. Estrae un coltello da una tasca e me lo fa scorrere sul mento, scendendo verso la gola. Ed è quando l’incisione sta per farsi più profonda che sento un gemito, e lo vedo strabuzzare gli occhi. Il Tributo cade a terra morto, il coltello tintinna quando colpisce il terreno. Il cannone tuona.
Dietro di lui c’è Micheal, che lo guarda con orrore. In mano tiene una delle spade che abbiamo preso a Connie e Dan. La lama è sporca di sangue.
-Stai bene?
Chiede avvicinandosi. Controlla il mio taglio, per fortuna è poco profondo.
-Sono stata meglio.
Mi limito a rispondere. Non riesco a credere che sia tornato indietro e mi abbia salvato la vita.
-Credevo che fossi fuggito.
-Lo stavo facendo in realtà... non proprio, cioè. Se mi fossi fermato ad aiutarti saremo morti entrambi. Invece così mi sono potuto avvicinare di soppiatto.
-Non pensavo che…
-Credevi che ti avrei lasciata morire? Siamo alleati. Sono tenuto ad aiutarti.
Accenna un mezzo sorriso, e sorrido anch’io. Forse il mio compagno non è male come sembra.
 
Finnick
Sento una punta di disapprovazione quando Annie sorride a Micheal. Lo so che non dovrei, dovrei più che altro essergli grato perché l’ha salvata, ma ciononostante…  Non so. Non mi piace che riponga troppa fiducia in lui. E’ anche vero che adesso ci saranno molti sponsor in più, ora che hanno dimostrato di essere così affiatati. Toc toc.
-Avanti.
Biascico, e mi rendo conto di star cadendo dal sonno. In fondo, ieri notte non sono riuscito a dormire, quindi sono sveglio da più di ventiquattro ore.
E’  Matthew.
-Sono riusciti a collaborare, alla fine.
Esordisce. Mi limito ad annuire.
-Non me l’aspettavo, in realtà. Però il problema non è questo.
Lo fisso. Problema? A me sembra che le cose stiano finalmente cominciando ad andare bene! 
-E quale sarebbe?
Senza che io lo voglia, la mia voce risulta aggressiva.
-Che Annie è… un pericolo. Se non ci fosse stato Micheal a salvarle la vita, sarebbe morta. Fa fare al mio Tributo una figura terribile davanti agli sponsor.
-Mi pare che sia stata Annie a salvarlo, alla diga!
- E anche se fosse stato? Lui stava combattendo! Lei si è quasi fatta ammazzare senza opporre resistenza!
Stiamo litigando di nuovo. Spero solo che le grida non attirino qualcuno, come un pacificatore.
-Sei ridicolo! Annie è bravissima, lo sai! Il fatto che non uccida a sangue freddo e senza rimorsi non è un difetto, anzi…
-Ti stai facendo coinvolgere troppo dalle tue idee personali! Non sei oggettivo!
Mi sputa contro le ultime parole come se fossero veleno.
-Idee… personali? Ma cosa…
-Ti sei affezionato ad Annie, non puoi negarlo! Qualsiasi cosa faccia sembra andare bene, ma non è così! E quando morirà in quell’Arena, tu….
-NON- PUOI- SAPERLO!!! Non puoi essere certo del fatto che muoia! E soprattutto… NON SONO-MINIMAMENTE-AFFEZIONATO-A LEI! So benissimo come può finire!
-No che non lo sai! Quando avrai aperto gli occhi, chiamami!
Esce sbattendosi la porta alle spalle.
Mi affloscio sulla poltrona, sentendo il pianto salirmi in gola. Quando morirà in quell’Arena. Perché si, probabilmente Annie morirà. Ma non posso dire che non mi sono affezionato a lei. E credo che non potrò mai dirlo.
 
--
Annie
Incredibilmente, il  resto della giornata passa in modo tranquillo, lo trascorriamo cacciando. E’ strano, siamo rimasti solo in 10, e comincio a chiedermi se non sia il caso di chiudere quest’alleanza. E’ vero, Micheal mi è stato incredibilmente d’aiuto oggi, ma non vorrei che il campo si riducesse a noi due.
-Allora, ci pensi mai?
Chiede Micheal. Mi volto verso di lui.
-A cosa?
-Alla tua famiglia. Cosa stanno pensando in questo momento, se sono preoccupati, o speranzosi, o…
-E tu? Tu ci pensi?
-Si. E’ l’unica ragione per cui… faccio quel che faccio, insomma. Voglio rivederli.
Annuisco. E’ come se ciò che è successo stamattina lo avesse fatto diventare più umano.
-Io anche. Spero solo che…
La mia voce si spezza. Che non mi vedano morire in modo troppo orribile.
-Che stiano bene- Concludo.
-Chi ti aspetta, a casa?
Domando. Questo lato di Micheal mi piace molto di più.
-Ho un fratello più grande. E i miei genitori. Abitiamo in una delle case del centro…
Sento un forte schiocco, e senza pensarci un secondo volto l’arco in quella direzione. E’ solo una lepre. Miro con precisione e scocco. La povera lepre viene trafitta, senza sapere nemmeno da cosa è stata colpita.
-Beh, direi che la cena è assicurata per stasera!
Scherza Micheal. In effetti, il resto della serata è abbastanza piacevole. Dopo aver scuoiato la lepre la cuociamo con la tecnica delle braci che ci ha insegnato Matthew, e alla fine risulta piuttosto gustosa. Micheal è molto più simpatico rispetto all’altra sera, e anche io riesco un po’ a lasciarmi andare. L’inno di Capitol City risuona nell’aria, e scopriamo che oggi non è morto nessuno oltre al Tributo ucciso da Micheal. Vorrei parlare, chiedergli qualcosa.
-Allora, com’è casa tua?
-E’ una di quelle al centro, sai. Ci mettiamo parecchio ad arrivare al mare, purtroppo, però è piuttosto grande. E siamo in una posizione abbastanza comoda per…
Micheal trattiene il fiato e strabuzza gli occhi. Si accascia a terra esattamente come ha fatto il Tributo del Distretto 8. Dietro di lui Connie lo guarda con aria sprezzante, la lama del coltello che tiene in mano macchiata di sangue. I miei riflessi sono istintivi. Afferro il mio pugnale e lo lancio, colpendola al centro del petto. Si accascia a terra senza un lamento, e sento il cannone tuonare. Mi getto su Micheal, il cui petto si alza e si abbassa affannosamente. La lama gli ha trapassato lo stomaco. Appena vedo la sua ferita capisco che è spacciato. Mi afferra la mano.
-Puoi ancora farcela…
Mormoro piano, ma so che non è vero. Sto solo cercando di convincere me stessa, o lui, non lo so. Sento le lacrime appannarmi lo sguardo.
-Annie, ascoltami. Quando sarai a casa…
Ho le mani sporche del suo sangue.
-Non sarò mai a casa. Non posso. Non ci riuscirò!
Nella mia voce c’è disperazione.
-Si che tornerai. Puoi… puoi farlo. Quando sarai lì… dì a loro… alla mia famiglia… che ci ho provato. E che sono sereno così.
Avevo sempre dato per scontato che sarei stata la prima a morire.
-Vinci… vinci per me, Annie.
Mormora, chiudendo gli occhi.
E il cannone tuona.
 
NdA
Allora…. l’ho fatto! L’ho ucciso. Sono un po’ dispiaciuta a dire la verità, ma non potevo farlo sopravvivere -.-
 Lo so che c’è un po’ di incongruenza con il libro, perché li viene detto che viene decapitato, ma io avevo bisogno che dicesse le sue ultime parole. Spero di non avervi deluso con questo capitolo, ditemi un po’ voi!
Per il resto, grazie come al solito a chi ha inserito la storia tra le Preferite o le Seguite, e in particolare a DTravers ed HermioneEverlark, fate pure le grammar-nazi! E’ bello sapere che c’è qualcuno che bada agli errori della mia mente malata.
Mi spiace se non sono riuscita a rispondere alle recensioni, ma il tempo libero che ho è semplicemente pochissimo. Un saluto, al prossimo capitolo
P.S.: il titolo del capitolo si riferisce a Micheal, che durante questo capitolo cambia radicalmente, diventa quasi simpatico… e poi muore *faccia da Suzanne Trollins*

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Capitolo 9
*** Farfalle ***


Farfalle
 
Nel sogno sono un coniglio bianco. Corro, inseguita da una ragazza bionda che mi lancia dietro dei coltelli. Ci metto un po’ a realizzare che è Connie. All’improvviso mi sento tirare su violentemente: è Dan, cerco di divincolarmi fino a che non mi fa cadere a terra, violentemente, e Connie mi lancia un coltello, che mi trapassa e mi inchioda sul prato, e all’improvviso non sono più un coniglio, sono di nuovo me stessa, ferita a morte, tra le braccia di Micheal, mentre gli mormoro le ultime parole che lui ha detto a me, “vinci per me”, ma poi Micheal si tramuta in Finnick, che grida contro di me. “Ti avevo detto di tornare, Annie! Ti avevo detto di tornare da me, e tu mi hai deluso”. Sento il respiro abbandonarmi e credo di stare per morire, ma fa tutto parte dei sogni. Nella mia mente si susseguono sequenze di immagini insensate, sono dentro un calderone con l’acqua che bolle, Ghislayne mi guarda e brontola che non mi avrebbe mangiato se non  fossi stata così maleducata; poi sono nel mio letto di Capitol City e sto affogando nel materasso ad acqua, e ancora, ancora, fino a che non mi stanco talmente tanto da non  poter produrre altri sogni.
 
--
Finnick
Dai monitor vedo che la temperatura corporea di Annie sale rapidamente. Dopo che il corpo di Micheal è stato rimosso è caduta addormentata dov’era, distesa in una pozza di sangue. E la temperatura esterna è calata, perciò la sua si è alzata. Non può ammalarsi ora. Non c’è più Micheal a proteggerla e sono rimasti in pochi, molto pochi, e tutti affiatati. Se adesso si prendesse la febbre, sarebbe troppo debole per combattere e morirebbe nel giro di un giorno. Vorrei fare qualcosa, ma non posso. Si deve svegliare. E deve farlo da sola, non posso aiutarla.
Ma nonostante tutto, sento qualcosa di nuovo. Un guizzo di speranza, forse. Sono rimasti solo in otto, e i due Favoriti più pericolosi sono morti, ormai sono rimasti Sophy dell’1 e Tomas del 2… che  si, sono abili come un normale Favorito, ma non come Connie o Dan. E Annie… ha ucciso il suo primo Tributo. L’ha uccisa semplicemente, perché era l’unica cosa che poteva fare. Per la prima volta, ha lasciato da parte le insicurezze e ha pensato alla sua salvezza, si è comportata come un Tributo. Non so se la cosa mi piace o no. Sono felice che l’abbia uccisa, perché se non l’avesse fatto sarebbe morta. Ma un Annie che, senza far tremare la mano, getta un coltello in pieno petto a un altro Tributo è come un Annie estranea, una Annie che non conosco. Spero solo che non ci prenda gusto e non cambi sé stessa, in quell’Arena. Spero che non torni come una normale Favorita, felice di aver ucciso degli altri ragazzi per la gloria. Ma non posso permettermi di pensare ad Annie, non posso permettermi di illudermi. E poi c’è qualcuno che ha bisogno di me, nella stanza accanto alla mia.
--
Busso piano alla sala di controllo dove opera Matthew. La sua voce è scontrosa, quando mi borbotta “Avanti”. E’ strano essere qui. Abbiamo litigato da poco perché lui era convinto che Annie non sarebbe sopravvissuta e avrebbe messo in pericolo Micheal, ed ora io sono qui a fargli le condoglianze.
-Mi dispiace per Micheal.
Esordisco.
-Era un Tributo… con il tempo ci si fa l’abitudine, e impari a non affezionarti. Certo, mi dispiace, ma… d’altra parte, i giochi funzionano così.
Nel suo sguardo c’è un certo tono di rimprovero.
-Finnick… sono stato troppo duro con te. Ma… i giochi non lasciano scampo, le probabilità che lei torni… sono scarse, lo sai? Dovresti cercare di dimenticarla.
-Lo so. Ma non riesco a dimenticare.
 
--
Annie
Quando mi sveglio è mattino. Sono ancora distesa nella pozza di sangue secco lasciata da Micheal. Mi sento la fronte incredibilmente calda, mi viene da domandarmi se ho l’influenza. Recupero, da uno dei numerosi zaini che ormai mi sono rimasti delle pastiglie per la febbre. Mi sento strana, come se non riuscissi a concentrarmi. Faccio tutto con movimenti automatici. Tra i vari zaini ne scelgo uno e lo riempio con le cose che mi sembrano più utili: due grandi borracce piene d’acqua, pastiglie per la febbre, carne e frutta secca, 5 coltelli. Uno ha la lama seghettata, come quello che ho scagliato contro Connie. Non ci ho pensato, ma quello è andato via con lei. Pazienza. Nella mia mente si forma la lugubre immagine del suo cadavere che viene tirato su dall’Hovercraft, e all’improvviso realizzo cos’è successo ieri notte e scoppio in lacrime. Penso a Connie, che io ho ucciso, che ha una famiglia che la aspettava speranzosa e che adesso piange, a Micheal, che cominciava a starmi simpatico, che mi ha chiesto di vincere per lui, che mi ha chiesto di portare un messaggio alla sua famiglia. E a tutti gli altri, a Dan, così sicuro di farcela, al Tributo dell’8, che mi ha quasi ucciso, a tutti quelli morti alla Cornucopia. A Katia, a Jess, a mia madre a mio padre. E anche a Finnick, perché non posso negarlo, uno spazio nei miei pensieri ce l’ha anche lui, che sta facendo davvero tutto il possibile per aiutarmi.
Cerco di costringermi ad alzarmi, nonostante non riesca a fermare le lacrime, e mi metto in marcia.
Fa caldo, troppo caldo. Speriamo che quelle pastiglie facciano effetto… Dio mio, non voglio pensare a Micheal… era così convinto di farcela. Chissà come la stanno prendendo a casa sua. Piangono o sono fieri lo stesso? Guarda, farfalle. Che belle… peccato che siano chiuse in un Arena. Come me, d’altra parte, anche io sono chiusa qua dentro. Beh, farfallina, tu almeno non devi uccidere per uscire. Non tornerò a casa, vero? Vinci per me, torna, più facile a dirsi che a farsi… non riuscirò mai a tornare… Micheal non ce l’ha fatta, e lui era così forte, così convinto… anche Connie e Dan lo erano, ma invece sono tutti già morti, io invece no, sono ancora qui. Che paradosso. Cos’è esattamente un paradosso? Sono quegli indovinelli che non hanno soluzione? Come gli Hunger Games, d’altra parte. Che senso hanno? Perché dovremmo ucciderci a vicenda? E se ci unissimo tutti, diventassimo amici e ci rifiutassimo di combattere, cosa accadrebbe? Ci costringerebbero? E’ interessante come domanda. Sarebbe stato bello provare. Chissà com’erano Connie e Dan di carattere. Non so. E gli altri? DI alcuni non so neanche il nome… che strano però, nell’Arena si perde l’identità… sembra che stiamo parlando di filosofia… che strano, probabilmente una volta tornata non studierò più…
La catena dei miei pensieri si interrompe.
-Ti dico che un modo c’è. Posso dirti come far fuori più Tributi in un colpo solo, ma devi lasciarmi andare.
Faccio la cosa che mi appare più naturale. Mi arrampico su un albero, nascondendomi nel fogliame, e mi sporgo:  una ragazza coi capelli neri (credo sia Sophy dell’uno) e Tomas del due sono davanti a una ragazza dai capelli rossicci. Sophy le tiene una spada puntata alla gola.
-E quale sarebbe, sentiamo?
La voce di Tomas è piena di scherno.
-Se te lo dico mi giuri che mi farete alleare con voi e mi lascerete viva?
-Giuro. Ora parla, ma se la tua idea non mi convince t’ammazzo lo stesso.
-La diga. Immagina che crolli. Moltissimi Tributi morirebbero affogati.
-Già… noi compresi.
-Non per forza. Sono sempre stata brava in fisica. Posso calcolare dove sentiremo il meno possibile l’impatto dell’onda.
-E come avresti intenzione di farla crollare, sentiamo?
Sophy è scettica.
-Con gli esplosivi alla Cornucopia. Quelli che assicurano che i Tributi non scendano dalle piattaforme prima del dovuto. Se posizionati nei punti giusti e riattivati potrebbero…
-Aspetta.Vuoi dire che tu puoi…
-Si. Posso farla saltare.
 
 
NdA
Allora, questo capitolo non mi convince molto, ma non saprei dire perché. Ergo, grazie a tutti quelli che recensiranno,  vorrei sapere la vostra opinione, E’ un capitolo un po’ più breve del solito, ma da scrivere è stato impegnativo, soprattutto la parte in cui ho cercato di raccontare i pensieri di Annie adesso che, stando ai libri, è impazzita (My poor Annie ç.ç)                                                                                                                                  Grazie come sempre a HermioneEverlark e DTravers, che mi seguono dagli esordi, e a pasionbertotti, che nonostante mi segua da poco è stata molto simpatica con me! E ovviamente grazie a tutti quelli che hanno inserito la storia tra Preferiti, Seguiti e Ricordati.
P.S.: non sono sicura, ma dato che credo che salterò l’appuntamento di lunedì prossimo (Condivido la mia gioia anche con voi: vado ai WB Studios di Londra!!!) cercherò di pubblicare il nuovo capitolo domani stesso.

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Capitolo 10
*** Speranza ***


Tomas allontana la lama dalla gola della ragazza.
-Come credi di poterlo fare? Non è tanto semplice riattivare gli esplosivi della Cornucopia.
-Se vieni da un Distretto esperto di elettricità… è pura routine.
La voce non le trema, ma persino da questa distanza riesco a scorrere il terrore nei suoi occhi. Tomas fa un passo indietro.
-Dai, su. Vediamo un po’ che riesci a fare. Ma giuro che se stai provando a fregarci, ti ammazzo.
E così si incamminano, Sophy davanti, la ragazza del 5 al centro e Tomas dietro, che le tiene la spada puntata sulla schiena. Mi lascio scivolare lentamente di ramo in ramo, fino a che non arrivo a terra. Lì mi accascio, stancamente. So che ho appena assistito a qualcosa di importante, ma non riesco a mantenere la concentrazione. Riesco a ripensare solo a Micheal, alla sua famiglia, e a me stessa. Con lui ho perso l’unico aiuto che avevo nell’Arena. Sono sola, adesso. C’è Finnick, ma è così lontano. Non riesco a credere, neanche per un attimo, di aver pensato alla sua bellezza, al suo carattere, prima di entrare qui dentro. Ma ora davanti a me vedo solo l’Arena, la morte.
--
Finnick
Io e Matthew sediamo sui divanetti del salotto. Mancano solo 8 Tributi, ormai, ed è il momento in cui vengono intervistate le famiglie e viene fatto un riepilogo dei giochi. Ovviamente gli spot propagandistici sono programmi obbligatori, sia qui nella capitale che nei Distretti… chissà cosa pensa la famiglia di Annie. Sta sperando? O hanno visto gli altri concorrenti rimasti e hanno pensato che non potrebbe mai farcela? La catena dei miei pensieri viene interrotta dall’ingresso di Ghislayne. E’ davvero troppo stupida per essere odiata, troppo Capitolina e ingenua, per non parlare del fatto che ormai la conosco da tre anni. Mi aveva accompagnato quando ero stato estratto, e dato che ho fatto da mentore anche l’anno scorso ho passato con lei molto più tempo di quanto vorrei. Siede accanto a me, sorridendo, e Caesar Flickerman appare in pompa magna sullo schermo, con i capelli tinti di verde.E’ allegro, ridacchia insieme a Claudius Templesmith, mostrando i replay delle morti, rallentate, viste da più inquadrature, abbellite da effetti speciali. L’ultima ad arrivare è quella di Micheal. E’ terribile rivederla. E’ terribile rivedere come lui si accascia a terra, come chiede ad Annie di portare le sue ultime le parole alla famiglia. E poi come lei crolla in lacrime, appena viene portato via il cadavere, e piange, fino a che non si addormenta. E poi piange nel sonno. La sequenza di quella notte viene mandata, velocizzata.
-Sai una cosa, Caesar? Credo che Annie Cresta sarebbe stata una buona concorrente.
Sarebbe stata? Cosa vuol dire sarebbe stata?
-Questo se non fosse diventata, pazza. Peccato… la perdita deve averla traumatizzata.
Pazza? Certo, è sotto shock. Ma pazza?  Sia Matthew che Ghislayne mi stanno osservando, e hanno più o meno la stessa espressione che ho io quando osservo il mare apparentemente calmo, nell’attesa che si gonfi una grande onda.
-Ma io questi li ammazzo.
Ghislayne emette un gridolino indignato. Sono stato un po’ brusco, penso, ma al momento non ha importanza.
-Finnick…
Cerca di cominciare Matthew.
-Cosa? Adesso, con questa storia, gli sponsor saranno praticamente pari a zero. E senza sponsor, non ce la farà mai!
-Lo so. Ma…
-Io non sarei mai sopravvissuto senza sponsor! E neanche tu! Nessuno potrebbe, e lei meno che gli altri! Non è… non è una che uccide… senza farsi problemi! E se non verrà aiutata, lei…
-Dovevi saperlo fin da subito, Finnick. Annie … non aveva possibilità di tornare.
-Lei… aveva tutte le…
Non riesco a finire la frase, e scoppio in lacrime. Non voglio sembrare stupido, o debole. Ma non riesco a fermarmi, ed è l’unico modo con cui mi sembra di riuscire a sfogare la rabbia, la frustrazione, il dolore. Esco dal salotto, e mi avvio verso l’ascensore. Ultimo piano, giardino sul tetto. Vedo il laghetto, e vengo assalito dai ricordi. Penso, rifletto al poco tempo che ho avuto per conoscerla. E rifletto. Perché mi ha colpito? In teoria lei sarebbe un semplice Tributo. Niente di più. Se cerco di pensare ai due dell’anno scorso, non ricordo niente. Due ragazzi piatti, ma decisi a vincere. E poi capisco. Lei voleva tornare, si. Ma per la sua famiglia, non per la gloria, o i soldi. Ma non accettava l’idea di uccidere. Non voleva perdere sé stessa. E’ diversa.
--
Annie
Cerco, con calma, di fare mente locale. Parto dalle informazioni più semplici che ho assimilato. I Favoriti volevano uccidere una ragazza del Distretto 5. Lei li ha fermati. Farà saltare in aria la diga…. ci sarà un inondazione. Moriremo tutti affogati. E quest’anno gli Hunger Games  non avranno un vincitore. A giudicare dalla quantità d’acqua che è contenuta nella diga, nessuno potrebbe sopravvivere. Nessuno… a parte forse… qualcuno abituato a nuotare in qualsiasi condizione, qualcuno che ha passato in mare tutta la vita. Mi rendo conto che, per la prima volta dall’inizio dei giochi, ho una possibilità concreta di vincere. Rispetto agli altri ho molto vantaggio. Sono abituata a combattere le correnti più forti, e sono stata avvertita in anticipo. Potrei farcela.
--
Riesco a passare il resto della giornata senza deconcentrarmi troppo, così decido di allontanarmi il più possibile dalla diga, in modo che la forza dell’acqua sia meno forte. Cerco anche di cacciare un po’ per procurarmi del cibo, ma mi rendo conto di non farcela. Di non poter vedere altra morte né tantomeno di poter essere io a causarla. Quando comincia a imbrunire, sento il cannone. Siamo rimasti in 7, ormai. Spero solo che questa vittima non sia la ragazza del 5, perché se così fosse niente più allagamento dell’Arena, e le mie possibilità tornerebbero pari a zero.
Mi rendo conto di essere stanca. Cammino da ore, ormai comincia a fare freddo, così tiro fuori dallo zaino quel poco di frutta secca che mi è rimasta e cerco di mandarla giù. Sento risuonare l’inno di Panem, così guardo verso il cielo: appare una ragazza proveniente dal Distretto 9.
Non ricordo di essermi addormentata, ma ricordo gli incubi. Incubi in cui Micheal viene ucciso, Katia viene sorteggiata alla Mietitura e il mare, il mio mare, è completamente sparito, sostituito da cataste di morti.
A svegliarmi è il rumore. Rombi potenti, che sembrano ricordare… una frana. E poi il suono è chiaro. Uno sciabordio, come quello dell’oceano in tempesta, ma molto più forte. La mia mente ci mette qualche secondo a realizzare cosa sta succedendo, poi capisco.
La diga è crollata.
NdA
Incredibile ma vero, sono ancora viva! Ho avuto un mese… piuttosto movimentato, credetemi, per non parlare del fatto che sta per finire il trimestre e sono quindi sovrastata da compiti e interrogazioni (voglio andare ad Hogwarts ç.ç )
Il capitolo. Si. Credo che, fin’adesso, sia stato il più tignoso da scrivere. Davvero antipatico. Ma vabbè, alla fine l’ho tirato giù, un po’ faticosamente, ed ho bisogno della vostra opinione, perché non mi convince ancora moltissimo (cosa che ormai dico praticamente in ogni capitolo =D=).
Grazie a tutti coloro che recensiscono e inseriscono la storia tra preferiti e seguiti, mi dispiace essere scomparsa per così tanto tempo, ora cercherò di tornare attiva. E come al solito grazie ad HermioneEverlark e DTravers, che sono sempre presenti!
P.S.
CATCHING FIRE. Cioè, parliamone. E’ semplicemente stupendo akjdskjl *fangirla* E gli Studios… è stato semplicemente bellissimo, a Londra TUTTI conoscono Harry Potter, eravamo tutti in giro con la divisa di Hogwarts e più o meno tutti la riconoscevano. E poi sono stata alla premiere di Catching Fire, ho visto solo il red carpet, ma lo stesso djfhisodfàow *fangirla moltissimo*

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Capitolo 11
*** Il Ritorno ***


Quel suono porta con sé molte sensazioni. Paura, certo. Ma anche felicità. Porta ricordi di casa mia, del Distretto 4. Del mare, delle onde. Sospiro piano. Ad attivarmi sono i colpi di cannone. Tre. A logica, immagino che siano Tomas, Sophy e la ragazza del 5, probabilmente i più vicini all’onda. Mi alzo in piedi e sciolgo le cinghie dello zaino. Tenerlo sarebbe inutile: in acqua mi appesantirebbe solo, se dovessi morire sarebbe inutile e se alla fine non fossi l’unica sopravvissuta, sicuramente anche gli altri avranno perso le proprie provviste.
 La foresta è molto intricata, e non riesco a vedere l’onda per parecchio tempo, ma il suono mi garantisce che è sempre più vicina. E poi eccola, la più grande massa d’acqua che io abbia mai visto. Scorre impetuosa, veloce, verso di me, e mi rendo conto all’improvviso di quanto sia stato stupido pensare, anche solo per un attimo di potercela fare, di poter sopravvivere all’inondazione.
Beh, senza dubbio è meglio morire in acqua che uccisa da un altro Tributo.
Ma non aspetto. Appena l’onda è abbastanza vicina, mi tuffo. Il mio corpo fende l’acqua e io mi infilo velocemente nello strato inferiore, dove la corrente è molto veloce ma continua. All’improvviso, mi rendo conto di una cosa, una cosa incredibile. Sono felice. Sono in acqua, nel mio elemento, finalmente posso muovermi liberamente. La mia mente è molto più lucida di quanto sia mai stata dalla morte di Michael.
 
Ho un tempo massimo di apnea di circa quattro o cinque minuti. Posso sperare che l’acqua raggiunga l’altra parte dell’arena per quel tempo, in modo che si calmi, ma credo che la cosa sia improbabile. In fondo ce ne ha messi circa un paio a raggiungere me, ed io ero abbastanza vicina alla diga. Non so bene come farò quando dovrò tornare  a respirare in superficie: nello strato superiore l’acqua è molto più impetuosa e potrebbe riportarmi giù e impedirmi di respirare. Aspetto fino all’ultimo, finche non mi accorgo che non ho più aria. Raggiungo, spostandomi lentamente verso destra, quello che dev’essere un albero e mi incastro in una posizione che, in teoria, dovrebbe permettermi di rimanere a galla più facilmente, poi riemergo. Respiro piano e mi rendo conto che l’acqua sta cominciando lentamente a defluire, così decido di aspettare ancora qualche secondo prima di immergermi. Un forte crac sopra di me attira la mia attenzione: ho solo il tempo di sentire il colpo di cannone prima di sentire un forte dolore alla testa e sprofondare nell’oblio.
 
--
Finnick
Il cannone tuona, forte, e per un attimo non ne capisco il significato. Poi capisco. Non ce l’ha fatta, nonostante tutto. E’ inutile che m’illuda: ho visto il ramo cadere, e il suo modo di afflosciarsi contro il tronco. E’ lei. Due soli concorrenti rimasti, fino a un paio di minuti fa. E ora è suonato.. Continuo a fissare lo schermo, sbalordito. E aspetto che l’ultimo Tributo morto venga identificato: c’è ancora una minima possibilità, ma non ci spero molto. Mi sento incredibilmente svuotato, stanco, come quando si aspetta una cosa per molto tempo, poi quella arriva e si consuma nel giro di qualche giorno, o ora. Credo che l’acqua ostacoli il processo di identificazione, perché anche per gli altri Tributi c’erano voluti un paio di minuti. Mi siedo e aspetto. Il tempo sembra non scorrere mai. E poi appare, sullo schermo, la finestra con la foto del Tributo morto. E’ orribile vederlo,sempre. Questa volta potrebbe essere più orribile del solito.
Ma il volto che compare sullo schermo non è quello di Annie, il nome non è quello di Annie, il Distretto non è il 4. La voce di Claudius Templesmith risuona nelle casse.
-Signori e Signore, ecco a voi la vincitrice dei 66° Hunger Games: Annie Cresta!
L’immagine dell’arena si chiude sul corpo inerte di lei che viene trasferito sull’Hovercraft dall’artiglio.  Esco fuori dalla stanza, sfuggo ai gridolini di Ghislayne e dello stilista di Annie e alla stretta di mano di Matthew e mi precipito alla zona dove normalmente atterrano gli Hovercraft: voglio essere il primo a vederla tornare, voglio accompagnarla nelle sale di riabilitazione, voglio rendermi conto che davvero, è tornata, che non arriverà al Distretto 4 fredda e rigida in una cassa da morto ma acclamata e gloriosa, da vincitrice.
 
--
Annie
Al mio risveglio sento delle voci ovattate. Forse sono gli angeli, penso. Sono avvolta in qualcosa di soffice e morbido, e rifletto sul fatto che, in fondo, se questa è la morte, non è poi così male. Ho sete, però, e un fastidioso prurito all’interno del gomito cerco di toccarlo piano, e sento un ago abbastanza spesso, collegato a quello che dev’essere un tubicino. Allora non sono morta. Apro piano gli occhi e sono indubbiamente in una stanza che sembra di ospedale, con le pareti completamente bianche  e arredamento spartano: i classici scaffaletti con i medicinali, i carrellini con gli strumenti sterili. Una flebo parte dal mio braccio destro, probabilmente era quella che mi dava fastidio. Ho la bocca secca e passandomi la lingua sull’interno guance mi rendo conto che sono coperte di piaghe: probabilmente sono disidratata. La porta si spalanca, ed entra una dottoressa dai capelli neri e le labbra scure. Ha un aspetto così naturale che per un attimo credo di non essere a Capitol e ritorno a contemplare la teoria degli angeli. Probabilmente ho le visioni.
-Ah, ti sei svegliata.
Dice secca. La sua voce è del tutto priva di accento capitolino. Non ho le visioni.
-Non t’aspettare che ti faccia chissà che feste- comincia, preparando una siringa – non mi sono mai piaciuti gli Hunger Games. Comunque mi chiamo Freya.
Annuisco.
-Si, blablablabla, tutti noi capitolini amiamo i giochi e gngngngngngngn. Beh, io no, e saresti stupita di sapere quanti altri non li gradiscono. Siamo sempre troppo pochi, ma meglio di niente.
Cerco di replicare, ma ho la gola talmente secca che mi esce solo uno stridio.
-Ah, già, la disidratazione.
Borbotta Freya, prendendo un bicchiere di plastica da un cassetto. Lo riempie d’acqua e me lo passa.
-Bevi.- mi intima, poi ricomincia a parlare – Ti dicevo… alcuni di noi non apprezzano i giochi. E c’è una specie di…. associazione segreta. Da anni lavoriamo con un semplice scopo: uccidere il Presidente Snow. Significherebbe non solo la fine degli Hunger Games, ma anche della tirannia.
-Perché mi sta dicendo questo?
Domando. In realtà non posso fare a meno di sperare che ciò che sta dicendo sia vero: un mondo senza Giochi, un mondo in cui i Distretti non vengono lasciati a sé stessi nella povertà… è un sogno.
-Lo sai il perché. Il Distretto 4 è uno dei più ricchi di Panem, ma forse è anche quello che si rende meglio conto dello schifo in cui ci troviamo. Vogliamo solo che sappiate… che non siete soli. Anche noi lo combattiamo. Non tutti noi Capitolini siamo così meschini e viscidi.
Mi inserisce la siringa nel braccio.
-Dovrebbe aiutarti a reintegrare i liquidi. Bevi tanto e dormi tanto. Riposa. L’intervista col Vincitore è fissata per domani.
--
Per la prima volta da un paio di giorni, probabilmente, la mia mente non è completamente sedata dai farmaci di Capitol City, così la mia notte è costellata da incubi. Mi sveglio più volte, in un bagno di sudore freddo, urlando, o piangendo, o entrambe le cose. Da sveglia non va molto meglio: mi volto, e mi sembra di vedere nuovamente Connie che accoltella Micheal, Daniel che sembra saltarmi addosso per uccidermi. So che non è reale, ma non è così facile convincersi. Quando succede, mi tappo le orecchie e chiudo gli occhi, fino a che non percepisco che il battito cardiaco  è tornato normale e mi sento più tranquilla. Nella stanza c’è un orologio digitale luminoso: segna le 11.54 quando mi addormento, l’1.32 quando mi sveglio la prima volta, e così via: 2.25, 4.33, 5.56, 7.02, fino a che non rinuncio a dormire. Mi soffermo a riflettere sul futuro: cosa farò adesso? Sono ricca, realizzo. E’ un pensiero strano: non avevo valutato minimamente questo fattore, riflettendo sul mio ritorno a casa. Credevo che sarei tornata a casa, con Katie e Jess e i miei genitori, e che avrei potuto tentare di ricominciare una vita normale. Invece no. Andrò a vivere al villaggio dei vincitori, e potrei diventare un mentore. Anche a questo non ho mai pensato. Non credo che sarei in grado di rivivere tutto questo di nuovo.
Penso anche a quello che mi ha detto Freya. Il pensiero che ci siano dei Capitolini che non si divertono a vederci morire, ma anzi che combattono i giochi, sembra così ridicola che per un attimo mi chiedo se possa esserselo inventato. Ma perché dovrebbe rischiare di farsi accusare di tradimento, farsi tagliare la lingua o addirittura venire uccisa, per raccontarmi una cosa del genere?
--
Sono le nove quando il mio stilista viene a prepararmi per l’intervista. Mi saluta e si complimenta, poi mi accompagna nel centro immagine. Vedendolo, ritorno a sentirmi in colpa per averlo trattato così male,in fondo ha sempre cercato di aiutarmi.
-Come si chiama?
Chiedo tutto a un tratto.  Mi rendo conto di non averne la più pallida idea.
-Microft.
Risponde lui, e la conversazione finisce lì.
Dopo essere stata accuratamente lavata, depilata, pettinata e, in modo più generale, resa presentabile, vengo accompagnata nello spogliatoio. In un angolo c’è un lettino, simile a quello dell’ospedale, con adagiato sopra un telo nero.
-Allora, il tuo vestito…
borbotta Microft sollevando il telo.
Immagino che ci sia l’abito per l’intervista sotto, ma quando lo stilista finisce di sollevare il drappo vedo, disteso sul lettino, il cadavere di Micheal, ferito allo stomaco com’era dopo essere stato pugnalato da Connie. Indietreggio gridando e mi rannicchio contro il muro, serrando le palpebre e tappandomi le orecchie con le mani. Passano parecchi minuti prima che mi decida a rialzarmi. Guardo Microft di traverso: mi dà sui nervi che mi abbia visto fare una scenata per niente, ma provo un leggero senso di gratitudine quando ritorna a parlare del vestito come se non fosse successo niente.
-Ti dicevo, ho lavorato su dei toni marini, in questo caso il blu.
Abbasso lo sguardo sul mio abito: è un bellissimo vestito da sera, di un tono che ricorda l’oceano, con piccoli ricami bianchi che rimandano alla spuma delle onde.
-E’ bellissimo.
Lui annuisce, e mi sembra di veder balenare un sorriso sul suo volto normalmente impassibile. Mi acconcia i capelli, sollevati sulla testa con piccole conchiglie bianche intrecciate tra le  ciocche, e mi trucca in modo leggero. Poi mi passa un paio di scarpe dello stesso tono del vestito, in modo da essere pronta per l’intervista.
--
Finnick
Ormai è una decina di minuti che aspettiamo dietro le quinte della zona interviste. Non vedo Annie da un paio di giorni, esattamente da quando mi hanno detto che “ormai si sta stabilizzando, non c’è più bisogno di aiuto”. Accanto a me, Matthew e Ghislayne parlano in tono leggero, mentre io tengo lo sguardo fisso sulla porta come se potesse darmi l’illuminazione divina. E finalmente si apre. Il primo a entrare è Microft, in giacca e cravatta. Dopo di lui si affaccia Annie, splendida. C’è qualcosa di diverso in lei. Nel suo sguardo, c’è qualcosa che prima non c’era: è come se fosse leggermente velato dalla tristezza, da una consapevolezza che si può assumere nell’Arena, e solo lì. Quando mi vede, fa un sorriso timido. Mi alzo in piedi, e cammino verso di lei. Mi rendo conto solo ora di quanto sia forte il sollievo nel rivederla lì, viva, e compio gli ultimi passi quasi correndo. La stringo tra le braccia. Restiamo abbracciati per un po’ di tempo, forse troppo. Il suo viso si scosta leggermente dalla  mia spalla: ci ritroviamo faccia a faccia, così vicini da respirare la stessa aria.
-Sei qui.
Mormoro.
-Sono qui. Me l’avevi chiesto tu.
All’improvviso mi rendo conto di quanto tutto questo debba sembrare assurdo a Ghislayne, Matthew e Microft, così mi scosto e lascio che gli altri si congratulino. Mentre Ghislayne comincia a blaterare qualcosa sul fatto che lei “ l’aveva capito subito, che aveva del potenziale”,Annie fa qualcosa di molto strano. Si ferma un istante a fissare dritto davanti a sé, come se stesse aspettando qualcosa, poi indietreggia gridando, si copre le orecchie con le mani e strizza gli occhi. Mi avevano detto dalla riabilitazione che avevano avuto parecchi problemi di questo tipo e che avevano dovuto sedarla più volte. Mi avvicino lentamente a lei e le afferro un gomito.  Poi le mormoro, così piano che gli altri non possano sentirmi:
-Va tutto bene, Annie. Ci sono qui io. Sei al sicuro.
Lei riapre gli occhi e annuisce, visibilmente scossa e imbarazzata.
Matthew, Microft e Ghislayne sembrano piuttosto confusi, ma alla fine optano per l’indifferenza, e per i successivi cinque minuti si comportano normalmente, lodando le prodezze di Annie nell’Arena.
Dopo il bip che ci avvisa che manca poco all’inizio della trasmissione, accompagno Annie alla porta che daa sul palco.
-Grazie per… insomma… il mio….
Sussurra, con la voce piena di imbarazzo.
-Ci siamo passati tutti. Se hai bisogno di aiuto, qualsiasi cosa… ci sono qui io. Sul serio.
Rispondo, e prima che debba voltarsi per entrare sul palco, mi sembra di vedere un sorriso balenare sul suo volto.
 
NdA
Ariecchime! Ammettetelo, pensavate che io fossi morta. La verità è che internet è defunto in casa per qualcosa tipo due settimane, e tra la caterva di compiti di Natale e lo studio per i test di recupero (maledetta chimica!) non ho avuto neanche il tempo  per respirare. Comunque, ecco il nuovo capitolo, che spero sia valso l’attesa. Ormai alla conclusione manca pochissimo, solo l’epilogo, che sarà il prossimo capitolo. Mi inquieta un po’ questo fatto di chiudere la mia  prima fanfiction, ma ho tante nuove idee, perciò si vedrà.  Ringrazio come sempre HermioneEverlark e DTravers, e tutti quelli che hanno inserito tra le seguite (miei Dei, siete 40!) e le preferite. Al prossimo capitolo, BShallows.

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Capitolo 12
*** Epilogo- Di nuovo a Casa. ***


Al mio risveglio sono già sul treno verso il Distretto 4, e immagino che ci arriveremo verso sera. I ricordi dell’intervista di ieri sera si susseguono piano nella mia mente: Era cominciato tutto bene, ma all’improvviso avevo cominciato ad avere allucinazioni, avevo gridato, pianto, ed ero fuggita dietro le quinte. I miei ultimi ricordi risalivano a Finnick che cercava di spiegare il mio attacco davanti alle telecamere, mentre sentivo una siringa pungermi il braccio.
 Mi rigiro piano nel letto, e cerco di mettere insieme le idee. Sto tornando a casa. Rivedrò la mia famiglia. E’ principalmente questo pensiero che mi da la forza di alzarmi, scivolare nel mio bagno personale e infilarmi nella doccia. L’acqua calda mi aiuta a tornare lucida, così esco e indosso i primi vestiti che trovo nell’armadio. Non ho voglia di uscire e di dovermi sorbire i complimenti di Ghislayne, così mi siedo a terra, davanti al finestrino, e guardo il panorama scorrere davanti a me. Ogni tanto fisso il mio sguardo su qualsiasi cosa, un arbusto magari, e lo guardo avvicinarsi, per poi sparire lontano.
-E’ permesso?
E’ Finnick.
-Non è che tu mi abbia lasciato molta scelta, considerando che sei già entrato.
Lui sospira.
-Scusa.
-Non è niente. Era tanto per dire.
Tra di noi cala un silenzio imbarazzante. C’è come una certa freddezza, nel suo sguardo, che non ho mai visto prima. E anche qualcos’altro, qualcosa che non riesco a capire.
-Com’è?  Intendo… ricominciare una vita normale. Dopo tutto questo.
-Non è. Non si può riprendere a vivere come prima. Ma… ci si prova. Quello che voglio dirti è che non tornerà mai come prima. Mai.
Finalmente riesco a riconoscere quella scintilla nei suoi occhi, e mi spaventa:  è rabbia. E’ colpa mia? E’ arrabbiato per la figura che gli ho fatto fare ieri sera alle interviste? No, ci dev’essere qualcosa di più.
-Finnick, va… tutto bene?
-E’ solo che… -Scuote la testa –Niente. Ora scusa, devo andare.
Continuo a guardare davanti a me, ma sento la porta sbattere.  Non riesco a capire. Finora è stato sempre quantomeno gentile, o anche di più. In questo momento mi sento incredibilmente stupida per aver sperato, anche solo per un secondo, che una volta tornati al 4 avremmo potuto continuare a vederci. Essere amici, magari. Ma ora ha dimostrato cos’ero veramente per lui: un Tributo, una ragazza da addestrare a combattere, a uccidere.  Mi chiedo se abbia mai sperato, anche solo per un istante, che io tornassi dall’Arena, se abbia mai creduto in me.
Afferro un cuscino verde dal letto e lo lancio con forza sulla porta.
--
Finnick
-Signor Finnick Odair?
L’uomo che entra nella mia stanza ha un forte accento capitolino, e una barba tagliata in modo strano, quasi a formare un disegno.
-Si, sono io.
-Seneca Crane, stratega.
Sferro con il tridente un colpo al manichino davanti a me, immaginando che sia quel tipo, Seneca Crane. Pezzi di imbottitura cominciano a cadere dal taglio che gli ho inferto sul torace.
-Mi manda il Presidente Snow in persona, signor Odair.
Sferro un altro colpo, alla spalla del manichino.
-Interessante. E cosa vuole da me, il Presidente?
Cerco di mantenere un tono distaccato, ma non so quanto mi riesce. Non è mai un buon segno ricevere visite da Snow, o da uno dei suoi seguaci.
-Vede, noi riteniamo che lei potrebbe, come dire, interessare a parecchie persone a Capitol City.
Con il tridente trancio via il braccio sinistro del manichino.
-Temo di non capire.
-Cercherò di fare pochi giri di parole, signor Odair: il Presidente le chiede di mettere… in vendita il suo corpo, per le interessate a Capitol City.
Comincio a sferrare colpi a ripetizione sui fianchi, sul torace, e più o meno su qualsiasi punto del manichino mi capiti a tiro.
-E cosa fa credere al Presidente che accetterò la vostra… generosa offerta?
-Non finga di non sapere cosa possiamo fare, signor Odair. Sappiamo tutto quello che è successo durante il periodo dell’addestramento, e riteniamo che lei si sia legato abbastanza alla concorrente del Distretto 4, no?
-Questo non è certamente affar suo.
Vola via anche il braccio destro del manichino.
-No, non credo. Peccato per la personalità fragile della ragazza, vero? Sarebbe una vera sciagura se le accadesse, che so, un incidente.
Il suo tono è casuale, ma lo sguardo è penetrante.
La testa del manichino rotola via.
-Allora, accetta o no, signor Odair?
-Dica al presidente Snow… che accetto.
Il manichino è ormai ridotto a un ammasso informe di stoffa e imbottitura.
--
Crollo in ginocchio davanti al manichino ormai distrutto. Non so come reagiranno gli inservienti quando troveranno uno dei busti della palestra del treno completamente sventrato, e a dire la verità, nemmeno mi interessa.
Finnick, va… tutto bene?                                                         
Non gliel’ho detto, ovvio che non gliel’ho detto. Non può sapere che l’hanno usata per costringermi a stare alle loro condizioni. Il problema è che hanno ragione. Mi sono affezionato a lei. Non so in che modo, ma è qualcosa che non ho mai provato prima. Una sensazione nuova, e bellissima. Se non fossimo a Panem. Se non fossimo due vincitori.
SE. La mia vita, è costellata di se. Se Annie dovesse tornare dall’Arena, se le accadesse un incidente, se potessimo fuggire, se, se, se.
Solo se.
--
Annie
Il resto del viaggio fino a Capitol è un ricordo fugace. Microft viene a prendermi e mi prepara, e per la prima volta non resto sbalordita davanti a una sua creazione, non perché non sia bellissima ma perché sono completamente immersa nei miei pensieri.
Ghislayne mi fa le sue ultime raccomandazioni. Usciamo dalla stazione, e una folla urlante, in festa, ci acclama. Ma i miei occhi non si soffermano su nessuno. Vagano nella folla alla ricerca di qualcuno, di un volto, di quei volti. Li cerco ovunque, tanto che non mi accorgo di averli accanto fino a che i leggeri 25 kili di Katia non mi abbattono in un abbraccia strappa fiato. Jessica viene subito dopo di lei, e intravedo i miei genitori farsi largo nella folla. Quando finalmente riusciamo ad arrivare al Villaggio dei Vincitori la mia famiglia viene fermata per un intervista dalla troupe di Capitol City.  
E’ Finnick ad accompagnarmi nella mia nuova casa. Mi rendo conto che stare con lui mi fa male: quel suo modo di distaccarsi da me stamattina ha come aperto tra noi una crepa, un vuoto che non riesco a colmare. Ogni volta che lo guardo negli occhi è come essere pugnalata:non c’è più rabbia, né freddezza, né distacco. Solo una terribile tristezza. Vorrei irrompere, fermarla, far ritornare in quegli occhi verde mare quella scintilla di felicità e di speranza che c’era prima, quando abbiamo fatto insieme il bagno nel laghetto, quando mi ha fatto ridere mentre ci esercitavamo per le interviste.
La mia nuova casa mi mette quasi paura: è così grande, e fredda che non riesco a credere che sarà il posto dove vivrò d’ora in poi. Finnick mi mostra le varie stanze, mantenendo sempre un certo distacco.
Sta per riaccompagnarmi all’uscita, quando si blocca sulla porta e accenna un mezzo sorriso.
-Vieni- dice – ti faccio vedere la parte più bella.
Comincia a salire una scaletta a chiocciola che non avevo notato prima, e io mi sbrigo a seguirlo. La scala termina su una botola sul soffitto: lui la apre e sparisce dall’altro lato. Poi tende la mano e mia aiuta ad uscire.
Rimango a bocca aperta: ci troviamo su un terrazzino posizionato sul tetto della casa, con vista mare. Il mio mare. Non mi è mai sembrato così bello come adesso,al tramonto, con il sole rosso che comincia a sparire sotto la superficie, che luccica leggermente di mille sfumature. Un venticello leggero mi spazza indietro i capelli e porta l’odore salmastro del mare fino a noi, uno dei profumi che amo di più al mondo. Per la prima volta da settimane mi sento a casa.
 Finnick tende la mano, e per un attimo stringe la mia. Poi la lascia andare velocemente, e mi guarda, quasi spaventato.
-Finnick… sei sicuro che vada tutto bene?
Domando. Lui deglutisce.
-Annie, mi dispiace. Davvero. Ma… non posso parlarne. Loro… io non posso permettere che tu…-Scuote la testa –mi dispiace, Annie.
Sul suo volto è dipinta solo una grande tristezza.
Dovrei parlargli. Mostrarmi forte per lui. E invece mi sento ancora incredibilmente impotente, come quando Micheal era stato pugnalato. I ricordi mi assalgono e mi ritrovo a rannicchiarmi in un angolo, piangendo, chiudendomi le orecchie con le mani.
E’ la sua voce a riportarmi alla realtà.
-Annie, ci sono io. Tranquilla. Andrà tutto bene.
Apro gli occhi.  Odio questo fatto di essere crollata così, quando era lui ad aver bisogno di me.
-Scusa –sussurro- è così… odioso. Ma non riesco… a dimenticare.
E’ vicino. Così vicino.
-Ma ci sono dei momenti in cui va meglio, no?
E’ troppo vicino.
-Si.
-E quando?
-Quando sono con te.
Le nostre labbra si toccano. Non so chi prende l’iniziativa, non so perché. So solo che all’improvviso mi sento piena, completa. All’improvviso il mio mondo si capovolge, e sono felice, all’improvviso sembra che tutto vada bene.
 -Ti amo, Annie.
Mormora lui, le labbra ancora posate contro le mie, i nostri corpi legati in un abbraccio inscindibile.
-Ti amo anch’io.
Ed è in quel momento, mentre il sole scompare sotto la superficie del mare, che capisco. Capisco cosa mi ha detto quella notte, prima di entrare nell’Arena. Quelle parole sussurrate, talmente brevi che avevo creduto fossero una parola sola. E invece erano due, le due parole che mi hanno legata alla vita, che mi hanno dato la forza per lottare, per tornare a casa.
 
Ti amo.
 
 
 
 
NdA
Ehm, ok. Ciao. Suppongo che dovrei fare chissà quale discorso solenne, ma a dire la verità… non ci riesco. Non so bene perché, ma, insomma è la prima volta che finisco una fan fiction. Anzi, a dire la verità questa è la mia prima fan fiction in assoluto e… non so che dire. Quindi… Grazie! Grazie a tutti voi che avete letto, recensito, inserito la storia tra Preferiti, Seguiti e Ricordati.
Grazie a :
Arya M 
A_arianna 
Bad_Kat 
danyflorence 
dontjump 
eltaninmalfoy9698                                                                                                                           Judina9 
Kelly_97 
Key_Potter798 
Larry1D 
  Lily97 
 LilyAsRoma 
NeverGrowingUp 
Sarakikka 
tantalia
Trillian_97
 
vilueleon_01
Che hanno inserito la storia tra i preferiti! Grazie ai 39/40 (avete oscillato un po’ :D) che hanno inserito la storia tra i Seguiti, non vi cito personalmente ma vi amo tutti, nessuno escluso. Grazie a Marialias, CRI_marmonti, Shark Attack, pasionbertotti, Ely_Evans_Jackson, angelakiki, Larry1D, EliseeDubois, I am the walrus e _TheGirlOnFire_, che hanno recensito la storia almeno una volta!
E grazie a HermioneEverlark e DTravers, che mi sono sempre state accanto con i loro consigli fin dal mio esordio (come suono poetica) e corretto i miei terribili errori :D
E grazie a tutti quelli che hanno semplicemente letto, grazie, grazie grazie!
Mi farebbe piacere che mi lasciaste una vostra ultima recensione su questo capitolo, visto che in fondo, è quello dove potete farmi avere un giudizio generale sulla storiaQ
Ok, penso di aver detto tutto, quindi… alla prossima! Passo e chiudo.
 
 
P.S.: e di nuovo grazie,
BShallows.
P.P.S.: avevo intenzione all’inizio, di concludere in modo un pochino più drammatico, inserendo una specie di “anticipazione” alla fine. Quindi, se volete farvi del male, ecco qui il finale alternativo:
 
[…]
Ti Amo.
[…]
-Katniss, lui dov’è?
-Annie…
-Katniss, lui…. lui non tornerà, vero?
-Annie… mi dispiace tanto.
Lui non tornerà.

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