Z

di NoceAlVento
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A (prima parte) ***
Capitolo 2: *** A (seconda parte) ***
Capitolo 3: *** ENTER INDEX CODE_ ***
Capitolo 4: *** Tabula rasa ***



Capitolo 1
*** A (prima parte) ***


A (prima parte)

Z



Premessa

Z è un progetto diverso da quelli che ho sviluppato in tempi recenti. Il Ciclo del Conflitto Globale prevede fondamentalmente cinque capitoli, ciascuno dei quali è stato o sarà pubblicato solo una volta concluso in via definitiva. Spazio, dunque, alle correzioni dell'ultimo minuto; completamente da escludere una modifica in itinere della trama.

Per Z vale l'opposto. Non scrivo una fan fiction on the run dal 2008, se non erro, e quella storia non è mai giunta al termine. Insomma, non un precedente incoraggiante. Ma amo le sfide, quindi eccomi a ripartire in grande stile con un racconto dall'intreccio di dimensioni ciclopiche che se mi va bene potrebbe vedere la fine fra tre anni, verosimilmente di più.

Prima di cominciare, giusto qualche nota:

1.    A grande richiesta ho deciso di scrivere con le nomenclature italiane al posto di quelle angloamericane. Per quanto mi sia sforzato non ho potuto fare lo stesso con i nomi. Peccato.

2.    All'inizio di ogni capitolo – ad eccezione, per ragioni abbastanza intuibili, del doppio pilota – apporrò una sintesi della trama fino a quel momento, nonché una presentazione sintetica dei personaggi. Grazie a Ivan per il suggerimento inconsapevole, ma tanto io lo farò meglio, gne gne.

3.    Con un espediente ideato durante la stesura di Involutus, le retrospezioni (significa flashback) saranno in corsivo. Sì, ho scritto apposta corsivo in corsivo perché altrimenti non sapete com'è fatto.

4.    Non sono ancora certo sulla cadenza di ciascun capitolo, ma indicativamente dovrebbero essere due al mese.

5.    Il titolo non è da barboni, è frutto di una ragionata e oculata selezione. Mi pare, almeno.

Quindi ecco che ci apprestiamo a cominciare. No, scherzavo, sto scrivendo questa premessa dopo aver completato il quarto capitolo. Non cambio mai.

 

Con l'augurio di sopravvivere alla mia fan fiction,

Novecento

 

 

 

 

 

Capitolo I

A (prima parte)


* * *


Una corale solitudine avvolgeva la foresta quella notte. Ben si stava facendo strada ad ampie falcate al suo interno da ormai diversi minuti, scandagliando il terreno alla ricerca di un sentiero mediante cui orientarsi. Ogni tanto abbassava lo sguardo con un cenno rapido al suolo, scrutando il tappeto di foglie di cedro ingiallite, retaggio di un autunno mutato in inverno e prossimo a fiorire in primavera.

Si aspettava di rinvenire, dissimulato in quel drappo giallo, qualcosa: qualcosa che era convinto di aver perso, anche se non ne era certo nemmeno lui. Anzi, a essere precisi non sapeva se quella sensazione provenisse dalla realtà oppure da una dimensione onirica che stava equivocando come tale.

Alle sue orecchie giunse un timido rumoreggiare di onde marine che si frangono sugli scogli. Senza esitare Ben chiuse gli occhi per qualche istante, concentrandosi solo su quelle penetranti vibrazioni che sollecitavano il suo udito; dopodiché, ancor prima di riaprirli, scattò in una direzione ignota, avventandosi alla cieca.

Proseguì con quell'atteggiamento per un tempo imprecisato. Frenò la sua corsa giusto una volta o due, appena il tempo per riprendere fiato. Solitamente a quel punto un cespuglio poco distante da lui fremeva, costringendolo a ricominciare quella marcialonga serale priva di senso.

Con suo sollievo, tuttavia, una volta non successe, e Ben riuscì a riposarsi senza doversi preoccupare di altro. Tornò ad analizzare la lunga manica che sfilava sul suo braccio destro, appurando che la bruciatura che aveva notato al suo risveglio era ancora lì. Provò nuovamente a ricordare come se la fosse procurata, ma più si sforzava più la sua memoria gli replicava con un vuoto indefinibile.

Esaminando lo spazio circostante si rese conto, inesplicabilmente, di essere in grado di individuare molti più tronchi d'albero rispetto a prima. I casi erano due: o la sua fuga l'aveva malvolentieri condotto verso il cuore del bosco – il che non era possibile salvo che il suo udito non l'avesse perversamente tradito, dal momento che aveva seguito quanto credeva essere il mare –; oppure una qualche nebbia l'aveva appannato a sua insaputa. Il che avrebbe significato che, come sperava, si era diretto verso la radura.

Certo, sarebbe stato tutto molto più facile se solo avesse saputo dove si trovava, o da che cosa stava scappando.

 

 

Pioveva.

Wally incedeva a passi trascinati nel fango sprofondando sempre di più a ogni passo. Non lo sopportava, lui, il fango. Sporco, umido... Soprattutto sporco. Sferrò d'istinto un calcio a un sasso lì vicino, per scaricare la tensione. Il fragoroso rimbombo di un tuono non distante risuonò nell'aria, e una saetta rischiarò per una frazione di secondo il borghetto rintanato fra le tenebre. Solo quei baleni intermittenti gli consentivano di distinguere gli ostacoli cui andava incontro, e ciò non gli impediva comunque di incappare occasionalmente in nauseabonde pozze paludose. Proprio non lo sopportava, lui, il fango.

« Ci siamo? ».

« Dovremmo » rispose sovrappensiero tra un affanno e l'altro. C'erano già da qualche minuto, ma Albanova era irriconoscibile rispetto a quando vi aveva alloggiato due anni prima. Grigia, opaca, fredda. Un tempo non era così. Un tempo...

« La casa qual è? ».

Si fermò per riprendere fiato e scostò i capelli che gli ricadevano sul viso, fradici come poche volte in vita sua. Si guardò attorno confuso: era circondato da ruderi lignei sparsi sui campi e abbandonati alle intemperie. Poco più in là scorse lo scheletro esanime di un traliccio di ferro, rimasuglio della rete elettrica del luogo.

« Io... non saprei. Ne sono scomparse molte ».

« Come sai che è ancora vivo? ».

Wally rivolse a Roxie un'espressione rigida e infastidita « Il più grande allenatore di Hoenn secondo te non è vivo? ».

« Senza pokémon? ».

« Li conosce più di chiunque altro. È chiaro che sa come difendersene ».

« Okay, allora come sai che è rimasto qui? ».

« Nessuno va in giro in questa situazione ».

« Noi siamo in giro ».

« Noi stiamo cercando lui. Lui chi dovrebbe cercare? ».

Roxie ammutolì e riprese a camminare sorpassandolo, mentre lui ancora tentava di visualizzare una mappa locale nella sua mente. Era trascorso molto tempo dall'ultima volta che aveva messo piede ad Albanova.

Ai tempi era ancora un giovane di belle speranze che percorreva Hoenn in lungo e in largo in cerca di avventura. Ci era capitato quasi per caso, in quella piccola cittadina sperduta nelle regioni meridionali.

Certo, ai tempi era diversa. Più calda. Più brillante. Più viva. Il professor Birch gli raccontava di un periodo in cui Albanova si riempiva: l'hanami, ovvero la tradizionale celebrazione della fioritura dei ciliegi. Wally la conosceva bene, perché anche a Petalipoli si festeggiava, come in ogni città di Hoenn.

Ricordava distintamente anche che le famiglie erano solite regalare a tutti i loro figli un pokémon a loro discrezione – discrezione dei genitori, s'intende. La maggior parte delle volte si trattava di pokémon comuni, come Poochyena o Zigzagoon; facevano eccezione gli allenatori più importanti che potevano permettersi di andare alla ricerca dei più rari, come uno Spheal o un Chimecho. Suo padre non era uno di questi, però l'anno passato era riuscito a procurarsi una Clamperl, esemplare alquanto raro nei luoghi limitrofi a Petalipoli. Gliel'aveva donata nel giardino di casa, all'ombra dei ciliegi in fiore, l'aria intrisa del loro profumo dolciastro.

Chissà dov'era ora, Clamperl.

Chissà dov'era ora, suo padre.

« Penso di averla trovata! » gli gridò Roxie da non molto lontano. La raggiunse più in fretta di quanto le sue gambe gli consentissero in quel momento, accasciandosi sui ginocchi sbucciati una volta finita la corsa.

La coppia era immobile di fronte a una baracca in cemento dalle pareti danneggiate dal tempo nonché, probabilmente, da tentati assalti. Quella che Wally ricordava essere una ridente veranda che avviluppava la villetta era divenuta un'aiuola di sterpaglia. Anche a osservarla bene, sarebbe potuta essere l'abitazione di chiunque.

« Come sai che è questa? ».

« Guarda le finestre ».

Wally alzò lo sguardo, ma tutto ciò che poté esaminare furono sporadiche assi di legno « Non ne vedo ».

« Per l'appunto. Sono le uniche che sono state barricate. Le altre qui hanno tutte i vetri sfondati ».

« Quindi è abitata » concluse Wally « Come entriamo? ».

Roxie affondò un passo nel ginepraio e gli aridi fuscelli scricchiolarono sotto le sue scarpe. Si avvicinò alla porta, che per la verità non era visibile: era invece celata da massicce travature in acero che la fortificavano contro eventuali assedianti. « Se è vivo non esce da un po' » commentò pungente.

« Non mi aspettavo facesse scampagnate » replicò l'altro « Fammi–– ».

« Se vuoi, ma dubito caverai un ragno dal buco ».

« Sssh » si portò l'indice alla bocca e abbassò bruscamente il tono di voce « L'hai sentito? ».

« Che cosa? ».

« Il rumore ».

Roxie tese l'orecchio in una sorta di mistica attesa. Dopo qualche istante di silenzio lo sentì: l'inconfondibile suono di un cespuglio che viene scostato. D'istinto lei e Wally si voltarono verso quella che doveva esserne l'origine, ovvero una lunga siepe non ancora spogliata dal rigido clima autunnale che costeggiava una via adiacente. Mentre ancora la tenevano sott'occhio notarono un movimento al suo interno, e alcune foglie caddero a terra.

Seguì una movenza più brusca, e uno strepitio di rami spezzati. Si aprì un varco nel cespo e ne fuoriuscì una minacciosa figura, una specie di tarchiata iena dalla pelliccia color pece. Wally e Roxie rimasero ambedue paralizzati, con il fiato congelato e una timorosa goccia di sudore che scendeva sulle loro schiene.

« Non ti muovere ».

« I Mightyena non hanno mai abitato questa zona ».

« Ci abitano ora ».

La creatura, dopo aver fiutato il suolo in cerca di tracce, iniziò a ringhiare e li squadrò con uno sguardo intimidatorio. Il cuore di Wally saltò un battito.

« Scappiamo ».

« No. Abbiamo ancora una carta ».

« Sarebbe? ».

« Stanare il drago » Wally prese coraggio e iniziò a gridare « EHI, TU, LÀ DENTRO! MI SENTI? ».

Mightyena scattò verso di loro con un Riduttore e i due si scansarono in direzioni opposte, lasciando che si scontrasse con il muro in calcestruzzo della casa. La iena rimase intontita per qualche istante, scuotendo poi la testa e preparandosi a caricare Wally con un Morso. Questi iniziò a fuggire intorno al capanno, tenendo gli occhi fissi sui denti acuminati che lo tenevano sotto tiro, mentre il suo avversario seguiva un percorso più largo precludendogli ogni via di fuga.

« ROXIE, PRESTO, CHIAMALO! ».

« CI STO PROVANDO, TU NON FARTI PRENDERE! ».

Proprio la mia intenzione, pensò. Di colpo il pokémon si arrestò sul posto, iniziando a scrutare la sua preda da capo a piedi con respiro pesante e lento. Wally ricambiò l'ispezione mentre, esausto, analizzava le possibilità di scamparla. Mightyena era più veloce di lui, non sarebbe mai riuscito a liberarsene. Con la coda dell'occhio intravide Roxie che stava sferrando pugni rabbiosi alla porta blindata in un disperato tentativo di aprirla, arrivando a scheggiarsi le nocche.

Impiegò un secondo a comprendere che aveva commesso il peggiore errore possibile in quella situazione: si era distratto. Neanche il tempo di riportare lo sguardo su Mightyena che quello aveva già spiccato un balzo nella sua direzione.

Di lì in poi fu tutto alquanto confuso: Wally fece un ultimo tentativo slanciandosi di lato per anticipare il suo avversario e salvarsi, e un secco rimbombo lo assordò. Così il ragazzo si ritrovò prono, accasciato al terreno e con la bocca ricolma di pantano che per poco non ingoiò. Cosa più importante, non era stato divorato a morte dal suo avversario.

Si voltò supino a constatare di persona l'accaduto: ai suoi piedi giaceva attorniato da schegge di legno il corpo esanime del pokémon, i denti a sfiorare il suo polpaccio sinistro in un probabilmente fatale Morso interrotto in corso d'opera.

Guardò in alto: la finestra immediatamente sopra di lui si era aperta, lasciando fuoriuscire il profilo di un fucile a canna liscia e un logoro berretto sbiancato che copriva il volto del loro uomo.

« Alla fine il drago verde si è mostrato » commentò Wally con un sorriso stampato in volto, mentre sputava il fango che gli era quasi finito in gola « Quanto tempo ».

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Capitolo 2
*** A (seconda parte) ***


A (seconda parte)

Capitolo II

A (seconda parte)


* * *


Roxie bevve mezza bottiglia tutta d'un sorso. Dalla partenza da Ferrugipoli con Wally non aveva assaggiato altra acqua che quella piovana, la quale peraltro presentava regolarmente un retrogusto melato che le dava la nausea. Il solo fatto che qualcuno al mondo possedesse ancora acqua minerale significava, se non altro, che il mondo non era ancora finito.

Si guardò attorno: la soffitta della casa, per quanto angusta, trasmetteva un'insolita sensazione di fiducia. L'aria era nondimeno densa di polvere e solo esigui raggi solari filtravano attraverso le occasionali fessure lasciate dalla copertura lignea delle finestre.

« Andare in giro disarmati per Hoenn » mormorò freddo Brendan « Vorrei tanto sapere cosa passa per la testa a gente come voi ».

« Stavamo cercando te » spiegò Wally.

« Vi è andata bene che sono un uomo di buon cuore. Chi non ha mezzi di difesa finisce sbranato, di solito ».

« Il tuo da dove viene? » domandò Roxie dando una sbirciata fugace al fucile che aveva salvato la vita al suo amico « A occhio e croce direi che è un semiautomatico ».

« Un Benelli M3. Apparteneva a mio padre ».

« Apparteneva? ».

« Un bel giorno, qualche mese dopo il Lampo, è andato a caccia e non è più tornato. L'ho trovato un po' di tempo dopo non troppo lontano da qua. Lui e il Benelli insieme » queste parole furono pronunciate con un tono diverso, più macabro.

« Quindi vivi solo, qua? ».

Brendan rispose con uno sguardo che lasciava intendere un evidente tu che dici?.

« Già, già » Roxie si rilassò come poteva sul suo scanno in vimini per metà sfondato, osservando ancora il giovane che gli stava di fronte.

Com'era cambiato. Sette anni prima non era altro che un ragazzino sognatore che si era presentato alla sua Palestra con un Mudkip; ora stava fermo lì, smilzo e fiacco, con la barba incolta, a parlare in un'Albanova spopolata e annichilita.

Brendan si dissetò a sua volta buttando giù un sorso dalla sua borraccia.

« Dove l'hai presa? ».

« Che cosa? ».

« L'acqua. Non è piovana ».

« Le fonti a Hoenn non mancano ».

« No, certo, ma–– ».

« So che cosa vuoi sapere, ma non posso dire dove prendo la mia acqua. Homo homini lupus, è un brutto momento ».

« Capisco » Wally abbassò gli occhi meditabondo.

« Adesso » Brendan posò il suo fiasco per terra « passando a cose serie. Perché siete qui? ».

I due ospiti si osservarono per qualche secondo con aria enigmatica, poi fu il più giovane a prendere parola « Da me a Petalipoli erano finite le provviste. Non ricordo più neanche quanto tempo è passato dal Lampo, non è rimasto più nulla ».

« E contavi di trovarle qui? ».

« No, infatti non sono venuto ad Albanova. Non subito, almeno ».

« L'ho incontrato a Ferrugipoli » riprese questa volta Roxie « Ma non so quanto avesse viaggiato prima ».

« Un po', ma non importa. Piuttosto, digli del messaggio ».

Brendan si drizzò e appoggiò il capo al palmo della mano destra incuriosito « Messaggio? ».

« Sì... » Roxie tentennò, quasi parlarne le costasse fatica « Due settimane fa mi hanno riferito un messaggio ».

« Hanno? ».

« Non so chi fosse ».

« Avevi una radio funzionante? ».

« Mi è stato recapitato di persona » la ragazza respirava con difficoltà, come se fosse a corto d'aria.

Brendan rivolse uno sguardo interrogativo a Wally, che però lo invitò silenziosamente a lasciarla proseguire.


Roxie aprì gli occhi. Era buio, completamente buio. Il silenzio avvolgeva la sua Palestra e solo il vento notturno risonava tra le sue mura. Non essendosi più allontanata dai tempi del Lampo quell'ambiente era divenuto la sua nuova casa, l'unico luogo in cui potesse sentirsi al sicuro. E di sicurezza Roxie aveva bisogno più di chiunque altro: dalla morte dei suoi genitori non aveva più sentito un posto tanto suo e tanto affidabile.

Il che, a ben pensarci, era un paradosso: qualsiasi luogo prima del Lampo lo era se paragonato alla Palestra ora. Ma forse non era la vera protezione quella che Roxie cercava.

Era più la sensazione di chiusura, di estraniamento dal mondo.

La sensazione di chiusura...

Sussultò. Percepiva distintamente una discreta e glaciale aria settembrina scompigliarle i lunghi capelli mori, ma la sua Palestra era completamente separata dall'esterno.

Ansiosa puntò i suoi occhi bruni verso l'oscurità che si annidava nella stanza fino a scorgere un inconfondibile raggio di luce pallida che penetrava nelle tenebre.

Si sentì paralizzata dal terrore e il suo respiro si fece ansiogeno.

Era luce lunare. Una delle finestre barricate era stata rotta.

Qualcuno era entrato nella Palestra.

« Devi andare a Ciclanova ».

Roxie avvertì il proprio cuore che viaggiava a mille battiti al minuto. Corse senza riflettere in direzione dell'apertura. Forse per richiuderla, forse per fuggire, non lo sapeva nemmeno lei.

Udì altri passi che percorrevano il locale. A giudicare dalla frequenza, più di una persona le stava tenendo compagnia quella notte.

« CHI SEI? ».

« Devi andare a Ciclanova » ripeté questa volta una voce differente a confermare i suoi più atroci sospetti. Un nuovo suono iniziò a echeggiare nella Palestra, come se qualcuno stesse versando un liquido per terra, e Roxie pregò che non fosse quello che lei temeva.

« CHE COSA VUOL DIRE? » ruggì cercando di mostrarsi impavida.

Dei vetri andarono in frantumi dall'altra parte della sala « Devi andare a Ciclanova ».

La ragazza provò a replicare, ma non ce ne fu tempo. Una fiammella si accese nell'oscurità, illuminando per un breve attimo uno degli infiltrati, che procedette poi a gettarla per terra, sulla benzina appena sparsa. In una manciata di secondi quella che per mesi era stata la sua magione stava divampando in un incendio infernale.

Roxie si lanciò verso l'apertura lasciata dai piromani, aggrappandosi con tutte le sue forze a quel briciolo di speranza di sopravvivenza che le rimaneva. Una fitta la investì all'altezza del polpaccio, facendola gridare di dolore mentre lacrime le scendevano dispotiche sulle guance. Con un ultimo sforzo riuscì a uscire dalla finestra, accasciandosi poi al suolo mentre piccole esplosioni laceravano la sua Palestra destinata oramai a frantumarsi.

La ragazza si voltò supina e osservò la sua gamba destra, constatando che benché le fiamme che l'avevano raggiunta si fossero spente il dolore aumentava anziché diminuire, e strane vescicole andavano formandosi sul derma.

Esausta chinò il capo all'indietro e si abbandonò al terreno, senza la minima energia per mettersi in fuga. Quantomeno sarebbe morta lì, vicino alla sua Palestra. Una fine non giusta, ma poetica. Del resto poche volte la giustizia è poetica.

« EHI! » udì all'improvviso da una non precisata angolazione « EHI, C'È QUALCUNO LÌ? ».

Roxie provò a rispondere, ma tutto ciò che uscì dalla sua gola fu un lamento indistinto; dopodiché la sofferenza si fece insopportabile e la ragazza perse i sensi.

 

 

Un limpido cielo stellato vegliava taciturno su Hoenn quando riaprì gli occhi. Spirava una pungente brezza dal sapore marino, come non ne sentiva da ben prima che il Lampo la costringesse a restare rinchiusa come in una perpetua degenza ospedaliera. Appoggiò la testa su un lato per cercare di riconoscere la zona dove si trovava sdraiata, e scorse una luce rosseggiante non lontana.

« La mia Palestra! » esclamò drizzandosi di colpo. Avvertì quasi subito un bruciore straziante alla gamba, e ingoiò un'imprecazione.

« Non muoverti, Roxanne. L'ustione peggiorerà ».

Roxanne. Era trascorso molto tempo da quando qualcuno l'aveva chiamata così. Non aveva mai amato il suo nome di battesimo, dall'aria fin troppo signorile per una come lei « Il nome è Roxie. Roxanne mi chiama mia madre ».

« Chiamava » puntualizzò il suo interlocutore con lugubre freschezza « C'ero al suo funerale. Forse però tu non mi hai visto ».

Roxie cercò con lo sguardo l'origine di quella voce tanto infantile e matura al tempo stesso, e i suoi occhi incontrarono quelli di un ragazzo con una folta chioma color erba sul capo dall'aspetto malaticcio e tuttavia allegro. Come facesse a esserlo nella situazione in cui erano, poi, era un mistero « Mi ricordi qualcuno... ».

« Mi chiamo Wally Feed » sorrise lui « Ti ho affrontata sette anni fa, mi pare. La mia prima Medaglia, la Pietra ».

« Wally... Io non... » la ragazza rifletté per qualche attimo « Ah! Ricordo. Quello del Ralts, vero? ».

« Proprio lui » replicò ilare mentre bagnava con una bottiglia appena estratta dal suo rudimentale zaino una canottiera bianca che probabilmente gli apparteneva « Sei stata fortunata, sai? Ustione semplice di secondo grado. Guarirà da sé in una decina di giorni ».

Roxie soffocò uno spasmo mentre le avvolgeva la maglia intorno al polpaccio, ma appena dopo si sentì decisamente meglio « Dove... Dove ti sei laureato in Medicina? ».

Wally rise divertito « Mia madre era ipocondriaca, pensava sempre di avere ogni tipo di malattia. Una volta ricordo che aveva avuto un brutto incontro con un'ortica ed era rimasta a letto per due giorni. Così mio padre mi ha convinto a studiare i fondamenti del primo soccorso, per evitare che andasse in panico così spesso. Il dolore come va? ».

« Meglio, direi... » la ragazza provò a flettere il muscolo, constatando però con amarezza che ciò le provocava ulteriore dolore « Per quando potrò rimettermi a camminare? ».

« Spero presto » Wally alzò gli occhi al rogo che ancora infuriava a Ferrugipoli a relativamente breve distanza « L'incendio li ha spaventati, ma quando si spegnerà sarà meglio trovarsi già in un rifugio. In questa zona quali ci sono? ».

« A nord pattugliano degli Swellow, che io sappia ».

« Quindi non se ne parla. A est invece? ».

« Poochyena, Nincada... Poca roba » replicò Roxie « Però tieni conto che dopo c'è il Tunnel Menferro ».

« Una grotta... Entrarci equivarrebbe al suicidio. Rimane solo il Percorso 104, quindi » Wally emise un sospiro rassegnato.

« Perché quella faccia? Non mi pare ci sia granché ».

« No, no, è sicuro. È solo che l'idea di fare marcia indietro mi dà la nausea. Io vengo da Petalipoli, e lì non ci sono più provviste ».

La Capopalestra osservò ancora una volta il fuoco a Ferrugipoli « Quel poco che avevo ora sarà irrecuperabile. Ma non fa differenza, devo per forza passare per Petalipoli ».

« Hm? ».

« Devo andare a Ciclanova. L'unica via per arrivarci senza entrare in una grotta è quella ».

« Ciclanova... Immagino c'entri con Ciclamipoli. Che cosa sarebbe? ».

La ragazza si sdraiò nuovamente per provare a riprendersi e non pensare alla gamba tormentata, e le stelle le apparvero insolitamente radiose nella volta notturna.

« Non ne ho idea ».

 

 

Finito il racconto Roxie afferrò avida la bottiglia al suo fianco e si dissetò con la poca acqua che vi rimaneva al suo interno.

« Ciclanova... » ripeté Brendan sovrappensiero « Mai sentita in vita mia ».

« Idem » convenne Wally « Stavo pensando... Non potrebbe essere che Ciclamipoli sia stata distrutta e poi ricostruita? Nuova Ciclamipoli... Così avrebbe senso ».

« Le città non scompaiono senza che qualcuno se ne accorga. Come minimo avremmo sentito qualcosa. Avrei sentito qualcosa ».

« Però non ti sei accorto che la Palestra di Ferrugipoli è andata a fuoco ».

« Stiamo trascurando un dettaglio abbastanza fondamentale, mi pare » Brendan li scrutò negli occhi « Voi state dando retta a qualcuno che ha bruciato il rifugio di Roxie ».

« E allora? ».

« E allora non ha alcun senso. Non avete idea di che cosa ci sia là, state andando completamente alla cieca. Morirete, là fuori ».

« Per questo siamo venuti da te » ribatté Wally « Vogliamo che ci accompagni ».

« Voi siete pazzi. Non corro rischi simili. Andare in giro senza una meta con i pokémon pronti ad assalirti a ogni passo... Andate voi a cadere nell'imboscata di Ciclamipoli, io me ne lavo le mani ».

« Sì, è vero » intervenne Roxie « potrebbe essere un'imboscata. Ma Brendan, esattamente il tuo piano qual è? Restare chiuso qua ad Albanova sperando che prima o poi tutto si sistemi, che tutto torni com'era prima del Lampo? Ogni giorno che passa è un giorno in meno all'estinzione di qualsiasi forma di vita a Hoenn ».

« Il mio piano era aspettare che qualche sopravvissuto si palesasse. Sfortunatamente mi sono capitati due spostati che pretendono che gli faccia da guardia del corpo mentre saltano nel buio per divertimento ».

« Sì, già, sai cosa? » Wally si alzò in piedi con uno scatto nervoso e riprese parola in un tono ben più acido di quello precedentemente impiegato « Io e Roxie ce ne andiamo a Ciclamipoli. Abbiamo fatto tutto il tragitto da Ferrugipoli a qui quasi senza intoppi, quindi non sarà un problema. Tu aspetta qui che ti brucino la casa ».

A quelle parole Brendan si drizzò a sua volta su due gambe con compassata inquietudine « Cosa hai detto? ».

« Ci stanno tracciando, drago verde. Quando scopriranno che siamo passati di qua, sempre che non lo sappiano già, ti verranno a cercare. Divertiti a spiegargli che non sai davvero dove siamo mentre ti tortureranno ».

Quelle frasi erano state sputate con una tale ferocia da intimorire la sua compagna di viaggio. Wally si voltò verso di lei e la invitò con un'efficace occhiata a scendere le scale per tornare al pianterreno.

Roxie, dal canto suo, era profondamente delusa da quell'allenatore che aveva conosciuto sette anni prima con un carattere completamente diverso. Un tempo Brendan era estroverso, desideroso di avventure, di viaggi. Il solo trattenerlo ad Albanova sarebbe stato del tutto impossibile. Ora non era altro che un'anima mutata dal Lampo che, sgomenta e lesionata, attende solo la sua fine con la mansuetudine di un agnello che si dirige al macello.

« Aspettate » disse a un tratto l'allenatore con voce perentoria e in un certo senso rassegnata. Wally faticò a dissimulare un compiacente sorriso di trionfo.

« Sì? ».

« A Solarosa c'era un Centro Pokémon, una volta » proseguì Brendan ricacciando nello stomaco il suo orgoglio ferito « Dovete per forza essere passati di là per raggiungermi. È ancora al suo posto? ».

« Intatto. Perché? ».

« Al suo interno potrebbe funzionare ancora il PC. Dopo il Lampo la rete di Lanette per il sistema di stoccaggio pokémon è diventata inutile, così hanno iniziato a usarla per lasciare messaggi di sopravvivenza ».

« Questa mi mancava » commentò sorpresa Roxie « Come lo sai? ».

« Il mio PC ha funzionato finché non è terminata la corrente elettrica erogata dal generatore pubblico di Hoenn. I Centri Pokémon, però, hanno da sempre un alimentatore di emergenza per casi critici. Con un po' di fortuna, visto il basso utilizzo, potremmo cercare sul PC che cosa c'è ora a Ciclamipoli » Brendan puntò gli occhi verso i suoi interlocutori ed esibì un eloquente gesto con indice e medio della mano destra a sottolineare le sue parole « Vi accompagnerò fino a lì. Poi ve la caverete da soli ».

 

 

Era un'insenatura, una sorta di lago aperto su un lato e cinto da un'omogenea scogliera a strapiombo graffiata da sporgenze acuminate e alta una trentina di metri, o forse anche di più. Al suo centro, accerchiato da flutti marini spumeggianti di un bianco latteo, un imponente faraglione dalla forma irregolare troneggiava ammirando l'oceano. Era proprio il frangersi delle onde l'unico suono percepibile in quella notte quieta come poche.

Ben vi era giunto dopo l'ennesima corsa nella foresta, e ora stazionava sul bordo del precipizio contemplando il panorama serale sulla superficie pressoché piana della falesia: mancavano all'appello piante ad alto fusto – il che contrastava leggiadramente con il bosco che aveva appena attraversato –, e l'unica vegetazione constatabile era un sottile rivestimento d'erba aguzza radente il terreno.

Dal promontorio, stante l'oscurità in cui Hoenn versava, era alquanto complicato distinguere sagome che avessero una qualche rilevanza; ciononostante Ben riuscì a individuare nitidamente un'isola sita parecchio lontano da lì. Era una sorta di conca, a ben vederla, perché la sorgente di luce che la schiariva era posta sotto il livello delle montagnole che l'attorniavano. Ciò che più rendeva quella visione preoccupante, però, era la natura dell'illuminazione: con ogni probabilità quello che vedeva era un incendio di vaste proporzioni che stava infuriando laggiù.

Tentò di mettere ulteriormente a fuoco l'immagine, quando di colpo la porzione di cielo immediatamente sovrastante iniziò a irraggiare una luce diversa, meno autentica se così si può dire: una successione di violacee lingue avvampanti disposte a ventaglio che convergevano diagonalmente verso un centro collocato a perpendicolo sopra la valle ardente e che ondeggiavano flessuosamente in un moto raccapricciante e sublime.

Ben compose frettolosamente un sommario segno della croce. Non ricordava chi fosse o perché si trovasse lì, ma di una cosa era assolutamente convinto: mai aveva visto un cielo del genere in vita sua.

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Capitolo 3
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Untitled 1

Nelle puntate precedenti

Un devastante cataclisma noto ai sopravvissuti come il Lampo ha colpito in data 20 marzo 2010 Hoenn, facendo precipitare la regione in una situazione di stampo post-apocalittico: i pochi superstiti vivono asserragliati nelle loro abitazioni, tentando di salvarsi come possibile. Due di loro, Wally Feed e Roxie Jezel, raggiungono quasi sei mesi dopo Albanova incontrando Brendan Sanders, rinomato campione e unico abitante del villaggio. Veniamo dunque a sapere che i due si sono incrociati qualche settimana prima, appena dopo un rogo alla Palestra della ragazza appiccato da ignoti che le hanno imposto di recarsi a Ciclanova, luogo sconosciuto forse imparentato con Ciclamipoli. Il neonato gruppo decide di partire per Solarosa, sperando di usare il PC del Centro Pokémon locale per capirci qualcosa di più.

 

 

Personaggi

Brendan Sanders: sedicenne, cinico campione e miglior allenatore di Hoenn prima del Lampo, vive isolato ad Albanova dopo la morte di suo padre. Possessore di un Benelli che è anche l'unica arma in dotazione al gruppo, è la guardia del corpo personale di Roxie e Wally pur non essendo interessato a seguirli a Ciclamipoli.

 

Walter “Wally” Baldwin Feed: diciassettenne, rivale e amico di Brendan ai tempi del loro viaggio da allenatori, non ha raggiunto i suoi stessi risultati e si è appartato a Petalipoli, dove è rimasto anche dopo il Lampo. Esaurite le scorte si è quindi imbarcato in un viaggio disperato incrociando la sua vecchia amica Roxie e salvandole la vita. È il medico del gruppo, o quantomeno l'unica cosa ci vada vagamente vicino.

 

Roxanne “Roxie” Jezel: ventiduenne, Capopalestra di Ferrugipoli, è stata sfrattata forzatamente da ignoti che le hanno ordinato di andare a Ciclanova, di cui lei non sa niente.

 

Uomini sconosciuti: hanno appiccato fuoco alla Palestra di Ferrugipoli rischiando di uccidere Roxie e le hanno detto di recarsi a Ciclanova, qualunque cosa sia. La loro vera natura è avvolta nel mistero.






Capitolo III

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* * *

 

La cantina di casa Sanders era poco più di un angusto monolocale quadrato stretto tra quattro ruvide pareti silicee e denso di granelli di pulviscolo che fluttuavano nell'aria rendendola irrespirabile. Accatastate su un lato, sepolte sotto uno spesso strato di polvere stantia, alcune dozzine di bottiglie d'acqua attendevano diligentemente di essere usate; il rimanente spazio era occupato ora da vecchi oggetti per l'allenamento alfieri di un passato lontano, ora da luridi abiti appartenuti forse ai parenti di Brendan, ora da quei pochi viveri a lunga conversazione raccattati nel corso dei lunghi mesi di residenza forzata, ora da enigmatiche cassapanche scheggiate e alquanto ingombranti dal contenuto ignoto. Il padrone di casa stava appunto frugando scrupolosamente in una di queste, affiancato da una candela dalla fiamma rossiccia, nella speranza di rinvenire qualcosa di utile per i kit di sopravvivenza che andava componendo.

« Ah, eccole » Brendan sfilò una scatola in plastica scolorita dal tempo che portava impressa sopra una vistosa croce greca sbiadita « Quali ti servono? ».

Wally, impegnato nello scrutinio di un cassone poco lontano, gli si avvicinò per curiosare nel contenitore « Antipiretici, analgesici, antibiotici... Un po' di tutto, in linea di massima ».

Il ragazzo gli passò la custodia sbuffando « Tieni, dottore, non ci ho capito un'acca. Serve altro? ».

« Ah, crema al cortisone... Questa ci sarebbe stata utile qualche settimana fa ».

« Mi stai ascoltando? ».

« Una bussola, fiammiferi, coperte... O sacchi a pelo, magari. Fai conto che io ho già il mio di zaino, non pensare a me ».

Brendan estrasse un ammasso di trapunte dall'aria molto soffice e le mise da parte « Ho anche un orsacchiotto, se vuoi, si chiama Pigiamino. Però dovrai trattarlo bene ».

« Te lo lascio. Ah, e se per caso trovi qualcosa per cucire passamelo ».

Quello gli rivolse un'espressione al tempo stesso divertita e sorniona « Ti piace cucire? ».

« È per le ferite, genio. Nel tuo pronto soccorso manca » replicò Wally. Un brivido di ribrezzo percorse la schiena di Roxie al solo pensiero. Brendan si limitò a un sorriso di non meglio precisata natura per poi riprendere a rovistare tra i suoi ricordi.

Era diverso tempo che non scendeva in cantina. L'ultima volta era stato con suo padre, prima del Lampo, nell'ultima ripulita in vista della buona stagione che avevano fatto insieme. Il signor Sanders era ossessionato dalla pulizia, riteneva fosse ciò che distingueva l'uomo dalle bestie. Brendan, lui non aveva mai amato doversi occupare delle faccende di casa. Ma ogni primavera, anche l'ultima poco prima del Lampo, era solito ritornare alla sua città natale, Albanova, per aiutarlo.

Era ottobre, certo. Ma di frequente si trovava a pensare che l'anno venturo non ci sarebbe stata nessuna rimpatriata tra padre e figlio per mettere ordine. La villetta in cui era cresciuto sarebbe rimasta nel lerciume in cui versava per chissà quanto ancora.

« Quanto vi manca? » domandò a un tratto, senza sapere se avesse veramente deciso lui di parlare.

« Dovrebbe esserci tutto » replicò Wally « Ti ho preso anche delle pastiglie di ioduro di potassio, spero non ti dispiaccia. Non ci serviranno, ma dubito che qua te ne faresti un granché comunque ».

« Basta che ti muovi » borbottò sbrigativo Brendan afferrando il suo zaino e il Benelli « Intanto io vado fuori a controllare che la zona sia sicura ». Detto ciò si alzò in piedi e si diresse a passi rapidi e nervosi verso le scale che scricchiolarono sotto il suo peso, seguito dagli sguardi sbigottiti di Wally e Roxie.

 

 

Un pungente alito di vento serpeggiava tra le palizzate, facendosi strada tra le pagliuzze che circondavano il perimetro dell'abitazione e lambendo prima le logore scarpe da ginnastica e poi il pallido volto e i pochi capelli esposti di Brendan. La pioggia aveva cessato di accanirsi su Albanova e le nuvole si erano fatte da parte per lasciar spazio a un limpido cielo invernale appena illuminato dal sole che si apprestava a sorgere a est, disegnando i profili in controluce degli alberi spogli sull'orizzonte. Sarebbe sembrata l'alba di un giorno felice, in altri tempi.

Invece Brendan doveva fare i conti con la realtà. Controllò rapidamente che gli otto colpi del Benelli fossero carichi e tastò la tasca destra dei suoi foschi pantaloni per sentire sotto i suoi polpastrelli e il tessuto la rassicurante sagoma di un sacchetto ricolmo di cartucce. Poi andò a indagare a sinistra, incontrando questa volta un profilo morbido e quasi piatto, una custodia in pelle che celava un piccolo coltello a scatto di dieci centimetri che aveva ricevuto diverso tempo addietro. Il pensiero corse nuovamente a suo padre, ma Brendan si sforzò di ignorarlo.

« Allora, la zona è sicura? » domandò Wally una volta uscito dalla casa insieme a Roxie.

Quell'altro si avvicinò alla porta, le cui assi di legno rinforzanti erano ormai inchiodate solo per metà, e la richiuse rigirando per quante più mandate poteva una chiave in acciaio malridotta « Non ho sentito rumori. Sarà meglio muoversi, però ».

I tre iniziarono dunque a incamminarsi, badando a provocare minor rumore possibile per evitare di attirare l'attenzione di possibili predatori. Con loro sorpresa, tuttavia, nessun pokémon tentò di assalirli fino al confine di Albanova.

« Che silenzio » commentò guardingo Brendan « Dove sono tutti? ».

« In che mese siamo? » domandò Roxie.

« Cosa dovrei saperne? Novembre? ».

« Impossibile » ribatté Wally « Piogge come quelle di stamane a novembre non ci sono. Direi più ottobre. Fine settembre, al massimo ».

« Quindi sono più o meno le sette e mezza ».

« E con ciò? ».

« Siamo nel tempo di nessuno » spiegò la giovane « I pokémon notturni sono troppo stanchi per cacciare e quelli diurni non si sono ancora svegliati. Dovremmo essere fuori pericolo ».

« Se volevi l'orario bastava chiedere, il mio orologio ha un'autonomia maggiore di quei pochi mesi passati dal Lampo. E comunque non mi fido » Brendan portò simbolicamente il fucile all'altezza degli avambracci, proprio come se stesse puntando un bersaglio « Ci attaccheranno, prima o poi ».

 

 

Il viaggio attraverso lo stretto e per certi versi opprimente Percorso 101, tra alberi spogli ed erba frammista a rametti secchi, fu invece inaspettatamente tranquillo, e il gruppo giunse indenne a Solarosa. Wally e Roxie vi erano transitati da poco e quella visione non trasmetteva loro alcunché; Brendan, invece, avvertì un pugno allo stomaco di violenza inaudita a osservare lo scenario desolato che gli si parava davanti. Fino ad allora era vissuto nell'ingenua illusione che al di fuori della sua Albanova tutto fosse rimasto identico a come lo ricordava nella sua infanzia. Solarosa era il villaggio in cui aveva incontrato May mentre conduceva i suoi studi per il professor Birch, in cui aveva dovuto fare i conti con quello stravagante scienziato ostinato ad analizzare le sue stesse impronte.

Per questo dover constatare che il meraviglioso verde che da sempre era saltato ai suoi occhi nel momento in cui metteva piede a Solarosa si era tramutato in nulla più di un sottile strato di aghi trasportati dal vento fu particolarmente doloroso.

E lo assalì quel pensiero che tanto aveva rifiutato nei mesi anteriori, quel s'aperçevoir crudo e terribile: Hoenn, la sua Hoenn, aveva cessato di esistere con il Lampo.

Il gruppo frattanto proseguì per i solitari viottoli del villaggio fino a raggiungere un edificio articolato in due volumi a forma di parallelepipedo collegati tra loro mediante un lungo corpo sospeso su pilastri in calcestruzzo armato. Le sue pareti erano conste di ampie vetrate che garantivano il massimo soleggiamento, nonché un poetico rigore bicromatico tra il bianco dell'intonaco e il grigio del ferro che incorniciava i vuoti degli infissi. Qua e là calcinacci si erano staccati dalla massa principale per precipitare a terra a causa dell'umidità in cui versava Hoenn, scoprendo le venature incatramate retrostanti. Concludeva la mastodontica opera una un'imponente lettera P di un rosso fiammante ormai stinto dal maltempo che campeggiava sopra l'ingresso, un paio di porte automatiche cristalline sfondate chissà quanto tempo prima.

« Eccoci al Centro Pokémon » proclamò Wally.

Brendan scrutò l'uscio completamente distrutto e aperto a intrusi, posando poi lo sguardo sul fango ricoperto di profonde e all'apparenza fresche impronte che senz'altro non erano umane « Avevi detto che era intatto ».

« Compatibilmente con i mesi di completo abbandono. Rispetto a certe case qua attorno mi sembra messo bene ».

« Già » replicò l'altro distratto da ciò che quelle orme potevano significare. Controllò nuovamente le munizioni del suo fucile e poi si rivolse ai suoi compagni di viaggio « Su, muoviamoci. Trovare qua dentro il PC non sarà facile ».

Il pianterreno interno si presentava come una colossale stanza di un grigio opprimente. Sul lato sinistro era disposto il bancone di ricevimento e la relativa macchina per la cura dei pokémon, adesso del tutto inutile, era stata vittima di non meglio precisati attacchi esterni fino a diventare un rottame a stento riconoscibile, mentre dall'altra parte si dislocavano file e file di sedie in plastica blu che un tempo dovevano aver funto da sala d'attesa. Sul fondo, infine, era posta una doppia rampa di scale, affiancata da un ascensore con ogni probabilità fuori servizio, che consentivano ambedue di accedere ai piani superiori.

Gli occhi di Wally furono immediatamente attirati da ben due computer installati uno sul bancone della reception, l'altro nell'angolo più lontano a destra « Quale dei due è quello che cerchiamo? ».

« Nessuno dei PC dei Centri Pokémon era collegato da solo alla rete globale. Si agganciavano tutti al server centrale, che sarà stato spento quando questo posto è stato abbandonato » Brendan si chinò al suolo a osservare rimasugli di pantano, sfiorandoli con un dito e strofinando poi la propria mano per pulirsi « Non va bene ».

« Che hai? ».

« È ancora umido. Qualcuno è passato qui di recente, e non credo sia stata l'infermiera Joy » il ragazzo si rimise in piedi e aggrottò la fronte mentre una ruga gli adombrava il volto « Sbrighiamoci a trovare il computer ». Quindi iniziò ad avviarsi verso le scale, tenendo l'indice pronto sul grilletto del Benelli.

« E dove dovremmo trovarlo? » domandò Roxie.

« Guarda se alla reception hanno una mappa. Qui ce n'è una, ma è illeggibile ».

La ragazza, pur con qualche titubanza, si diresse verso il banco e lo scavalcò con un salto, ricadendo in una poltiglia paludosa dove stavano proliferando insetti di ogni tipo. Come Brendan aveva dedotto prima, qualcosa doveva aver fatto razzia degli stipetti celati ai visitatori, perché svariati medicinali si erano miscelati nell'intruglio bruno fino ad affogarvi.

Vincendo il senso di repulsione causato dall'odore nauseabondo del liquame, Roxie iniziò a rovistare tra alcune carte fino a trarne fuori un grande foglio ripiegato e inumidito. Lo aprì con qualche fatica per metà verificando con amarezza che si trattava della planimetria di un'imbarcazione senza nome, forse abbandonata da qualche visitatore poco avveduto in periodi passati e raccolta da un'infermiera meticolosa.

« Qui non sembra esserci » comunicò sconsolata. D'un tratto la sua attenzione fu catalizzata da un bagliore sulla parete, che a un più accurato esame si rivelò essere un chiodo deforme che rifletteva la luce del sole appena sorto che penetrava attraverso una delle finestre. In un'intuizione fulminante prese a frugare appena sotto, tra le carte accatastate al muro, fino a rinvenire quello che sperava di trovare: una teca in vetro crepato che conteneva la pianta del centro.

« Trovata! » esclamò trionfante, e dopo averla sfilata dalla vetrinetta lasciò alla svelta lo stagno bonsai per raggiungere i suoi amici e mostrare esultante il bottino.

Brendan quasi gliela strappò di mano e cominciò a consultarla convulsamente, rivolgendo di quando in quando un'occhiata intorno a sé per accertarsi che nulla stesse per attaccarlo. Dopodiché si espresse con voce asettica « Primo piano, nel Reparto Uffici. Andiamo, sta nell'altro settore ».

I tre seguirono dunque le indicazioni salendo la gradinata e percorrendo quel ponte sospeso ammirato all'esterno per raggiungere il Padiglione B. Questo era ben più complesso del primo, e il gruppo dovette girovagare per il labirinto di scale prima di individuare la Direzione Amministrativa del Centro, un esteso corridoio costellato da dozzine di porte su ambo le pareti e terminante con una vetrata miracolosamente ancora intonsa. Wally e Roxie iniziarono ad avanzare per individuare il loro obiettivo; dopo qualche passo, tuttavia, notarono con stupore che Brendan era ancora fermo alla porta da cui erano entrati e li guardava come perso nel vuoto.

« Ehi, tutto bene? ».

« Voi restate qua » sentenziò il ragazzo « Io vado a cercare il topo d'appartamento ».

« Sei fuori? Così se ci becca qui ci ammazza meglio? » questionò Roxie « Tu sei qui per proteggerci ».

« Le impronte erano profonde. Solo un essere con un peso di almeno un centinaio di chili avrebbe potuto lasciarle. Da solo non ce la farò mai ».

« Non ci sono pokémon di quel genere qua » insistette Wally.

« Dopo il Lampo tutti i pokémon sono divenuti ostili. Anche quelli degli allenatori ».

La forza dell'evidenza lo convinse « Ma non credevo si allontanassero più di tanto. A Solarosa non c'è nemmeno una Palestra, come ci è arrivato qua un–– ».

« Da qualche parte in questo Centro dovrebbero esserci delle armi di difesa. Pistole, o qualcosa di simile » replicò Brendan voltandosi « Il PC sta in fondo a destra, aspettatemi finché non torno. Se torno ».

Detto ciò iniziò a incamminarsi lungo le scale umide e sporche, domandandosi se non dire tutto fosse stata la decisione più giusta. Perché lui un'idea su da dove venisse quel pokémon che ora lo terrorizzava, e che pokémon fosse, ce l'aveva.

Sperava solo di sbagliarsi.

 

 

La stanza del computer era completamente priva di illuminazione e di finestre, con il risultato che Wally fu costretto a usare la sua torcia per orientarsi al suo interno. Le pareti erano malridotte e spoglie, e non vi era altro arredamento che una solitaria scrivania centrale in legno di abete incrostata di polvere. Lo schermo era di quelli a tubo catodico oramai in disuso, e la tastiera era spessa diversi centimetri, dando al tutto un aspetto quasi cubista, o forse futurista. Il ragazzo passò poi ad analizzare il vero e proprio centro operativo del PC, posto per terra e appoggiato a una gamba del tavolo con noncuranza.

Un pulsante violaceo risaltava sul fronte ingrigito del processore. Wally lo premette, ottenendo un risposta un segnale sonoro ripetuto per due o tre volte a un volume più che sufficiente per consentire al pokémon menzionato da Brendan di localizzarli. I due trasalirono; poi il rumore cessò venendo sostituito da quello più stentato ma rassicurante di una ventola che aveva l'aria di non essere usata da un po'. Sul monitor comparve una luminosa scritta biancheggiante, e appresso a quest'ultima una barra a intermittenza invitava l'utente a scrivere un comando.

« Dov'è l'interfaccia? » domandò confuso Wally.

« Non è un computer d'ordinanza. Dubito abbia un'interfaccia ».

« E allora come dovrei usarlo? ».

« Non sai usare un terminale? » chiese esterrefatta Roxie « E il tuo piano qual'era, sperare che un server ti dicesse cosa fare? ».

« Da come parli immagino tu sappia invece come usarlo, giusto? ».

« Giusto » confermò perentoria la ragazza spingendo di lato Wally e appoggiandosi con ambo le braccia alla scrivania in mancanza di una sedia. Il ragazzo la osservò digitare ignote sequenze in un linguaggio di programmazione astruso per diverse volte, al termine delle quali tutto si era ridotto a una nuova, unica epigrafe elettrica.

 

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Roxie rimase per lunghi istanti assorta in estasi, indugiando su quell'avviso; Wally, dal canto suo, si sforzava pazientemente ma senza risultato di comprenderne il senso.

« Questo complica le cose ».

« Cioè? ».

« A Hoenn ogni città ha un suo ripetitore per la connessione alla rete globale » spiegò la ragazza « I messaggi sono inviati dai singoli PC al ripetitore locale, che a sua volta li trasmette a chiunque ne faccia richiesta ».

« Allora collegati a quello di Ciclamipoli, no? ».

« Non è così semplice. Ogni ripetitore ha un suo codice identificativo a tre cifre, detto index code, ma dal momento che questa funzione era privata pochi li conoscevano. Se ben ricordi nessuno inviava messaggi tramite computer: l'interfaccia grafica non prevedeva questa funzione ».

« Quindi tu non sai l'index code di Ciclamipoli ».

« Ricordo solo quello di Ferrugipoli » commentò acre Roxie digitando il codice 083 nello spazio apposito e inviando. Il sistema ripose lasciando scorrere una breve lista di numeri in apparenza casuali.

 

083:0506052

083:0506051

 

ERROR 7418880: PROTOCOL A OR HIGHER REQUIRED. SOME FILES COULD NOT BE READ.

 

« Cosa significa tutto ciò? » domandò Wally.

« Beh, i due numeri là sopra sono messaggi. Entrambi del 5 giugno 2005, che se non sbaglio è il giorno in cui la Devon S.p.A. di Ferrugipoli ha lanciato questo sistema ».

« E la scritta? ».

« Alcuni messaggi sono nascosti, pare. Per vederli è necessario il protocollo di sicurezza di livello A, che solo i computer della Devon possiedono. Nessun altro PC a parte i loro può vedere quei messaggi, suppongo perché non volevano che il grande pubblico accidentalmente potesse leggerli. I Centri Pokémon se ben ricordo usano il protocollo B ».

« Quindi se non abbiamo l'index code che ci serve questo computer è inutile ».

« Forse no » replicò Roxie « Potrei provare a sincronizzarmi con tutti i ripetitori contemporaneamente. Però ci vuole tempo, e non sono certa di averne ».

« Fallo » disse Wally categorico « Altrimenti venire qui sarà stato completamente inutile ».

La ragazza assentì con un cenno del capo e tornò a osservare la tastiera come un vecchio nemico con cui regolare i conti. Con manualità fulminea digitò tre lettere in aggiunta al comando preimpostato.

 

ENTER INDEX CODE ALL_

 

Il suono prodotto dalla ventola di raffreddamento si intensificò, segno che il calcolatore stava utilizzando una grande quantità di energia per eseguire il comando impartito. Wally assistette inflessibile all'intera operazione, roteando meccanicamente la sua piccola torcia con nervosismo progressivo. D'improvviso il fracasso cessò e sullo schermo comparve un elenco ben più esteso di quello precedente.

 

519:10062732

519:10062731

519:10062730

519:10062729

519:10062728

 

Roxie sussultò e spalancò gli occhi per lo stupore, scorrendo freneticamente la lista fino a terminare quell'inesauribile serie di cifre.

« Trentadue messaggi... Tutti dopo il Lampo ».

A quelle parole Wally si unì a lei nello sgomento « Dopo? Ne sei sicura? ».

« Leggi qua » la ragazza indicò i caratteri che si succedevano sul monitor « 100627. Significa che tutti questi messaggi sono stati inviati il 27 giugno 2010. Quattro mesi fa ».

« Da dove? ».

« Dal ripetitore 519. Non ho idea di dove si trovi ».

« Ciclamipoli? ».

« Le probabilità che lo sia o non lo sia sono uguali ».

« Che dicono? ».

Roxie si svegliò da una sorta di breve catatonia indotta e riprese a battere nuovi ordini da dispensare al processore. Una volta inoltrato l'ultimo un'altra scritta subentrò sul video, lacerando l'animo della Capopalestra più di ogni cosa quel giorno.

 

ERROR: FILE COULD NOT BE FOUND. RETRY_

 

« Che vuol dire? ».

« Vuol dire che il messaggio è scomparso. Era lì due secondi fa e ora non c'è più » spiegò Roxie visibilmente preoccupata « Aspetta, che vado indietro ».

Detto ciò la schermata tornò quella antecedente, che mostrava tutti i messaggi archiviati nei ripetitori. Con orrore di entrambi i giovani, però, qualcosa era scomparso nel frattempo: i comunicati del 519 erano diventati solo quindici in luogo dei trentadue iniziali.

Ma quella non era nemmeno la faccenda più raccapricciante: perché ora, proprio sotto i loro occhi, anche i rimanenti si stavano dissolvendo come cenere al vento.

« Che sta succedendo, Roxie? » fu la laconica domanda di Wally, che a stento tratteneva il terrore che lo attanagliava.

La ragazza si asciugò con il braccio un rivolo di sudore che le stava inumidendo la tempia, cercando di ostentare la sicurezza che oramai aveva perso.

« Succede che qualcuno sta cancellando i messaggi » affermò con un tono pregno di sconforto e paura « Sanno che siamo qui ».

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Capitolo 4
*** Tabula rasa ***


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Nelle puntate precedenti

Un devastante cataclisma noto ai sopravvissuti come il Lampo ha colpito in data 20 marzo 2010 Hoenn, facendo precipitare la regione in una situazione di stampo post-apocalittico: i pochi superstiti vivono asserragliati nelle loro abitazioni, tentando di salvarsi come possibile. Due di loro, Wally Feed e Roxie Jezel, raggiungono quasi sei mesi dopo Albanova incontrando Brendan Sanders, rinomato campione e unico abitante del villaggio. Veniamo dunque a sapere che i due si sono incrociati qualche settimana prima, appena dopo un rogo alla Palestra della ragazza appiccato da ignoti che le hanno imposto di recarsi a Ciclanova, luogo sconosciuto forse imparentato con Ciclamipoli.

Il neonato gruppo decide di partire per Solarosa, sperando di usare il PC del Centro Pokémon locale per capirci qualcosa in più. Si dividono: Brendan va in cerca di armi per affrontare un topo d'appartamento mentre Wally e Roxie restano a trafficare con il computer fino a compiere una sconcertante scoperta: il 27 giugno 2010 qualcuno ha inviato dei messaggi; sul punto di leggerli, però, essi scompaiono misteriosamente.

 

 

Personaggi

Brendan Sanders: sedicenne, cinico campione e miglior allenatore di Hoenn prima del Lampo, vive isolato ad Albanova dopo la morte di suo padre. Possessore di un Benelli che è anche l'unica arma in dotazione al gruppo, è la guardia del corpo personale di Roxie e Wally pur non essendo interessato a seguirli a Ciclamipoli.

 

Walter “Wally” Baldwin Feed: diciassettenne, rivale e amico di Brendan ai tempi del loro viaggio da allenatori, non ha raggiunto i suoi stessi risultati e si è appartato a Petalipoli, dove è rimasto anche dopo il Lampo. Esaurite le scorte si è quindi imbarcato in un viaggio disperato incrociando la sua vecchia amica Roxie e salvandole la vita. È il medico del gruppo, o quantomeno l'unica cosa ci vada vagamente vicino.

 

Roxanne “Roxie” Jezel: ventiduenne, Capopalestra di Ferrugipoli, è stata sfrattata forzatamente da ignoti che le hanno ordinato di andare a Ciclanova, di cui lei non sa niente. Pare avere una certa dimestichezza con i computer e la tecnologia in generale, anche se non è chiaro come o dove l'abbia acquisita.

 

Uomini sconosciuti: hanno appiccato fuoco alla Palestra di Ferrugipoli rischiando di uccidere Roxie e le hanno detto di recarsi a Ciclanova, qualunque cosa sia. La loro vera natura è avvolta nel mistero.

 

 

 

 

 

Capitolo IV

Tabula rasa

 

* * *

 

« Papà, questo cos'è? ».

L'uomo si accostò a suo figlio, che era fermo di fronte a un quadro particolare della galleria: un litorale circondato da vette e lambito dal mare, con un contesto poco definito che lasciava intravedere un valico montano verso destra. A uno sguardo più attento, però, nuove figure si concedevano all'occhio dello spettatore: ora un bassotto, ora lineamenti facciali maschili, ora un calice ricolmo di frutta, ora altre sbalorditive invenzioni di una mente stravagante. Il padre occhieggiò il titolo sulla targhetta ambrata: Apparizione di un volto e una fruttiera su una spiaggia.

« È un quadro di Salvador Dalì. Era un pittore surrealista ».

« Che cosa vuol dire surrealista? ».

« Beh, vediamo... In pratica è un pittore che dipinge cose impossibili, oppure strane. Dipinge quello che non è reale, ecco ».

« E perché lo fa? ».

« Per molte ragioni » rispose l'uomo « Qualcuno per stupire, qualcun altro per insegnare. Dalì voleva solo divertirsi, invece. Anche se lui parlava di paranoia, che è una cosa che capirai quando sarai più grande ».

« Ma io voglio capirla adesso! » lamentò il bambino.

« Non ti preoccupare, presto studierai storia dell'arte e potrai tornare qui ad Alghepoli conoscendo tutti i quadri. Però, se ti piace Dalì, poco più avanti ce n'è un altro dei suoi ».

L'uomo riprese quindi a proseguire lungo la sterminata galleria del museo, mentre il piccolo rimaneva meditabondo ad ammirare quel mosaico di sagome che una per volta si mostravano alla sua mente. Sovrappensiero si lasciò sfuggire un colpo di tosse; poi un altro, e un altro ancora.

Di colpo iniziò ad avvertire una morsa al petto, come se un peso gli fosse precipitato sopra, e appena dopo si rese conto di stare respirando manualmente. Terrorizzato iniziò ad andare in iperventilazione, atterrito all'idea di dover restare concentrato per sopravvivere, mentre la tosse si faceva sempre più insistente e violenta. A un punto le sue gambe cedettero e il bambino si ritrovò a carponi, ansimando come se avesse corso per chilometri e con un allarmante sibilo che fuoriusciva dalla sua bocca ogni volta che rigettava fuori l'aria.

« Ehi, ehi! » suo padre gli corse incontro mentre altri visitatori del museo iniziavano a preoccuparsi « Ehi, cos'hai? ».

Il figlio non rispose, arrendendosi invece alla stanchezza e afflosciandosi sulle braccia del genitore con il capo reclinato all'indietro.

« QUALCUNO CHIAMI UN'AMBULANZA! » gridò in preda a un'angoscia mal celata, e la sua voce echeggiò nella galleria d'arte « Andrà tutto bene. Non preoccuparti, Wally ».

 

 

« Succede che qualcuno sta cancellando i messaggi. Sanno che siamo qui ».

Quelle parole, pronunciate in quella specifica maniera, fecero inorridire il ragazzo « Sanno? Vuoi dire quelli che ti hanno bruciato la Palestra? ».

« Sì » replicò Roxie « Non vogliono che li leggiamo ».

Wally avrebbe voluto saperne di più, ma il suo intervento fu troncato sul nascere da un raccapricciante rumore di passi che brontolavano nel corridoio vuoto appena fuori dalla porta. I due cercarono di prepararsi a uno scontro, pur non sapendo in che modo, ma non ve ne fu bisogno: la silhouette che si affacciò all'uscio era quella di Brendan, che oltre al consueto Benelli teneva in una mano due rivoltelle di non meglio precisata fattura. « È qui vicino » esordì grave.

« Lo sappiamo, ci hanno cancellato i messaggi ».

« Di che stai parlando? ».

« Dei messaggi archiviati sulla rete globale. Tu? ».

« Cosa credi che mi importi della vostra stupida gita a Ciclamipoli? » ribatté aspro Brendan « Io parlavo del pokémon ».

Senza nemmeno dover parlare oltre Roxie e Wally si affrettarono a raggiungere il loro amico e a prendere in custodia una pistola ciascuno, due Glock 17 cariche all'apparenza vergini; in seguito iniziarono a percorrere all'inverso il tragitto compiuto per giungere alla sala computer, correndo con quanto fiato avevano in corpo.

« Trovato niente? ».

« Non ho avuto il tempo ».

« Cos'è questa storia dei messaggi? ».

« Qualcuno ci ha tracciati molto bene » spiegò Roxie accelerando il passo « Hanno scoperto che stavamo leggendo i file e li hanno cancellati. Tutti dal repeater 519 ».

Brendan si rivolse a Wally « Mi traduci tu? ».

« Magari quando ne saremo usci–– ».

I tre si arrestarono in blocco al centro di un corridoio che conduceva al ponte che collegava i padiglioni. Senza il rumore collaterale causato dalla loro fuga dal centro si udiva chiaramente ciò che li aveva fatti fermare: una serie di aspri e pesanti suoni provocati dal cammino di una creatura. A giudicare dall'intensità e dal timbro, una creatura parecchio grossa.

« È dietro di noi » constatò gelido Brendan, voltandosi poi verso l'ingresso da cui erano transitati. Rimase per diversi istanti a riflettere, poi mormorò « Andiamo tutti in stanze diverse ».

Lo sguardo di Wally attraversò l'intera sezione longitudinale, vagliando le numerose porte che costellavano le fatiscenti pareti fiocamente illuminate attraverso le finestre del ponte limitrofo « Come? ».

« Io al centro, voi due ai lati. Dovete circondarlo. Quando sarà davanti a me io sparerò, a quel punto voi uscirete e farete lo stesso ».

I tre si scambiarono rapidi cenni di assenso e si appostarono come Brendan aveva disposto. Wally si ritrovò dunque in uno stretto ripostiglio privo di qualsivoglia illuminazione, e decise dunque di lasciare la porta semichiusa per scorgere almeno parzialmente l'ambiente in cui si trovava.

Intorno a lui erano accatastati spazzoloni e secchi per la pulizia del centro che dovevano senz'altro aver visto tempi migliori, corredati in un angolo da taniche anonime che forse una volta contenevano liquidi sgrassatori. La polvere la faceva da padrone, rendendo l'aria quasi irrespirabile.

Irrespirabile.

Wally percepì il proprio fiato mozzarsi e si sentì mancare dall'avvilimento: tra tutti i momenti possibili l'asma lo stava cogliendo proprio in quello meno indicato. L'orecchio proteso verso l'esterno lo informò che i passi uditi prima stavano incrementando in volume, segno che il loro pokémon si stava avvicinando.

Iniziò a non riuscire più a respirare automaticamente e le sue gambe cominciarono a tremare. Era peggio di quanto si aspettasse: sintomi così forti non li provava dalla sua prima crisi, accusata al museo di arte di Alghepoli ormai una decina di anni fa. Quella volta suo padre gli aveva salvato la vita, ora avrebbe dovuto cavarsela da solo.

La luce che penetrava dallo spiraglio fu eclissata e Wally fu costretto a tapparsi a forza la bocca per non produrre alcun sibilo mentre osservava con il cuore in gola la sagoma appena un metro più in là procedere a ritmo lento e terribile da sinistra verso destra.

Non era asma da pulviscolo. No, era asma da tensione. Non era qualcosa di incontrovertibile: la sua mente stava facendo di tutto per ucciderlo. Doveva controllarsi ora, o non l'avrebbe fatto mai più. Serrò gli occhi e contò fino a cinque, respirando con regolarità come suo padre gli aveva insegnato.

Un fracasso tonante interruppe il suo mantra interiore. Wally riaprì le palpebre e invocò tutta la sua autodisciplina per analizzare la situazione: a giudicare dal tipo di suono pareva che una porta fosse stata sfondata. La più atroce delle possibilità lo assalì e per un attimo si sentì pronto a scattare dal bugigattolo e fare fuoco; poi rammentò le parole di Brendan: quando sarà davanti a me io sparerò, a quel punto voi uscirete e farete lo stesso. Che la creatura avesse fatto irruzione nella stanza sbagliata?

« BRENDAN, CHE ASPETTI A SPARARGLI? ».

La voce di Roxie fu per lui un segnale più che sufficiente: immediatamente si lanciò fuori dallo sgabuzzino e premette il dito contro il grilletto senza farlo scattare, approntando il colpo.

Davanti a un Brendan tramortito e atterrato contro il pavimento si ergeva un pokémon bipede dalle sembianze anfibie: dal suo imponente corpo blu cobalto dipartivano due ampie mani a tre falangi, mentre il volto era segnato da due branchie sporgenti e da un paio di larghe pinne nere semicircolari che si estendevano dalla cima dei suoi occhi arancioni fino alla parte posteriore della sua testa.

La cosa più inquietante, però, non era la creatura in sé: era piuttosto il fatto che, nonostante Swampert fosse stato immobile per diverso tempo di fronte a Brendan, quello non aveva nemmeno abbozzato una reazione. I due erano fermi, l'uno a scrutare le pupille dell'altro.

« CHE COSA ASPETTI? » gli gridò ancora Roxie, tenendo il dito a pochi centimetri dal grilletto « ORA BASTA, IO–– ».

« No! » tuonò Wally ad un tratto, facendo appello alle sue ultime forze « Stai pronta a scansarti ».

La ragazza cercò di comprendere il significato delle parole del suo amico, ma quello con rapidità fulminea abbassò il braccio quanto bastava e lasciò partire un proiettile che si conficcò nell'arto anteriore destro del pokémon; poi incalzò con un secondo, e infine con un terzo.

Il bersaglio emise un verso di dolore che straziò il cuore di Wally e prese a fuggire zoppicando vistosamente in direzione di Roxie, che ebbe a malapena il tempo per evitarlo collidendo invece con la parete laterale nel balzo spiccato per schivarlo, rimediando una spalla dolorante e lasciando cadere a terra la sua arma.

Wally collassò sulle gambe che da svariati minuti a stento lo sorreggevano sotto quattro occhi attoniti. Iniziò a frugare nella sua tasca fino a cavarne con mano tremebonda un inalatore in plastica bianca – anche se in verità adesso era ingrigita dal sudiciume con cui era entrata in contatto – e, cacciatoselo in bocca, prese ad aspirare con irrequieto sollievo.

Perché era vivo, sì. Ma l'asma aveva vinto un'altra volta.

 

 

Brendan avanzava taciturno attraverso il lungo androne che connetteva i due padiglioni del Centro Pokémon, poco dietro ai due compagni di viaggio e immerso nei suoi crucci. Non aveva proferito parola da quando poco prima aveva rischiato la vita, preferendo non parlare dell'accaduto con chicchessia.

A un certo punto Wally rallentò il passo fino ad affiancarlo e, calata la mano nella tasca esterna del suo zaino, ne sfilò un involucro finemente decorato che avvolgeva una tavoletta rettangolare di cioccolato scuro come legno wengé. Quindi, aperta l'estremità già scartata in precedenza, gliene offrì una porzione.

Il ragazzo lo prese in mano, ringraziando con un cenno del capo, e lo ingoiò avidamente in un sol boccone « Grazie ».

« Va meglio? ».

Un senso di calore pervase il petto di Brendan, che annuì con lieve sbalordimento.

« Il cioccolato fondente induce il rilascio di endorfine nell'organismo » spiegò Wally « È considerato l'antidepressivo per eccellenza ».

« Ho deciso di accompagnarvi a Ciclamipoli ».

« Per un pezzo di cioccolato? A saperlo prima mi sarei risparmiato la fatica di convincerti ».

« Non per quello... » disse con un tono così onesto e dolce da produrre nel suo interlocutore uno sgomento inatteso « Mi hai salvato la vita. Devo ripagare il mio debito ».

Wally gli sorrise « Quello Swampert... era tuo, giusto? ».

« Come l'hai capito? ».

« Non l'hai attaccato. Eri il più grande allenatore di Hoenn, drago verde ».

« Poteva anche essere un pokémon di un mio amico ».

« Certo, certo » convenne il giovane, dopodiché gli strizzò l'occhio « Ma nemmeno lui ti ha attaccato ».

Brendan ridacchiò affranto « Il mio primo pokémon. Ho sperato per tutto il tempo che quelle impronte non fossero sue, e invece... ».

« Ehi, ragazzi, mi è venuta un'idea! » li informò Roxie da poco più in là, al che quelli scesero in fretta le scale site al termine del corridoio e la raggiunsero nell'atrio del Centro « I PC erano inutilizzabili perché il server centrale era spento. Ma ora è acceso e connesso, di conseguenza si può supporre che possiamo continuare la ricerca anche da qua ».

« Ottima idea. Noi ti copriamo le spalle ».

La ragazza annuì e si diresse al computer, sedendosi e iniziando a lavorarci. I suoi compagni rimasero a una discreta distanza, osservandola battere meccanicamente i tasti che producevano un echeggiare monocorde nella sala. Stringhe dietro stringhe di codici astrusi si susseguivano sul monitor sotto lo sguardo attento dell'utilizzatrice, che saltuariamente si lasciava sfuggire uno sbuffo di natura indecifrabile.

« Toglimi una curiosità ».

« Dimmi ».

« Le lezioni sul cioccolato sono parte del corso di pronto soccorso? ».

Wally si portò la mano sul mento a celare un sorriso a fior di labbra « E la barba è compresa nel kit del perfetto impiccione? ».

« Già, già. Quando avrò uno specchio e un rasoio ne riparleremo ».

« Niente corsi. Una persona a me cara era appassionata di cioccolato e me ne parlava spesso ».

Brendan comprese e non indagò oltre. Per molto tempo aveva ingenuamente ritenuto di essere l'unico a patire i propri trascorsi, invece ognuno dopo il Lampo aveva segreti che preferiva tenere all'oscuro, evidentemente. Loro erano morti con quel cataclisma, e ora forse non importava davvero più chi fossero prima. Ciascuno aveva ricevuto la possibilità di ripartire da zero, di costruirsi una nuova vita cancellando gli errori del passato.

« Ci siamo! » esclamò raggiante Roxie « Ricerca completata ».

Il gruppo si riunì di fronte allo schermo vibrante, chino a scrutare le informazioni che offriva a occhi esperti; tuttavia tre singole righe erano occupate da numeri questa volta.

 

137:10032101

083:05060502

083:05060501

 

« Dove sono gli altri? » domandò Wally « Tutti cancellati? ».

« È probabile che gran parte siano codificati a un protocollo più alto, come quelli dello 083. Quanto ai trentadue » proseguì Roxie « possiamo essere ragionevolmente certi che li abbiano cancellati i nostri piromani ».

« 10032101. Significa 21 marzo 2010 ».

« Mi ricorda qualcosa » commentò Brendan.

« Non mi sorprende. Il Lampo è caduto poco prima della mezzanotte del 20 ». Detto ciò la giovane digitò un comando simile a quello con cui aveva tentato di aprire il trentaduesimo messaggio, ottenendo però questa volta un responso positivo.

 

137:10032101

CODE: PROTOCOL B

 

TEAM HIGH-Z CONVOCATO ALL'ISOLA DYSON. DIFFIDATE DEI POKÉMON.

L.W.

 

« 137 » ripeté ad alta voce Roxie, scandendo la sua memoria per ricordare a che trasmettitore corrispondesse « e isola Dyson. Wally, tu conosci un luogo che abbia un nome simile? ».

« Non direi. Perché io? ».

La sedia emise uno scricchiolio mentre colei che vi era rimasta appoggiata fino ad allora si stava alzando con rassegnazione « Perché il 137 è il ripetitore di Petalipoli ».

 

 

Un falò casereccio acceso con legnetti secchi e uno dei fiammiferi portati da Brendan per il viaggio scoppiettava davanti a Wally. Sopra di lui si dispiegava il pallido barlume della Via Lattea, appena sufficiente per rischiarare una volta celeste priva di una falce crescente di luna ancora non sorta e abbandonata a miliardi di granuli splendenti. Non poté fare a meno di domandarsi se ciascuno di quei bagliori non potesse essere a sua volta un focolare identico al suo, acceso in qualche mondo distante, e l'idea gli piacque alquanto.

« Cos'è quello? ».

Il ragazzo abbassò lo sguardo incontrando quello di Brendan che, appena destatosi, si era coricato su un fianco e stava insieme a lui ammirando le scintille incandescenti prodotte dalle fiamme che, scagliate in aria, si adagiavano con leggiadria sul suolo sterrato. Poco più in là Roxie dormiva bonariamente avvolta tra le sue coperte.

« Quello che ti rigiri tra le mani ».

Wally si sorprese, poiché per dirla tutta nemmeno lui si era accorto di stare giocherellando involontariamente con l'inalatore che quella stessa mattina gli aveva salvato la vita « È un broncodilatatore. Serve per l'asma ».

« Già, già, l'asma. Per questo eri andato a Mentania per un po', giusto? ».

« Beh, avevano provato a mandarmici, ma io ero proseguito per la mia strada » puntualizzò Wally « Che ore sono? ».

« Le undici e ventisei ».

« Ora del cambio, tra poco » sospirò preparandosi a entrare nel suo sacco a pelo « Hai un orologio incorporato per essere così preciso nella sveglia? ».

« Per un po' di tempo sono stato costretto a svegliarmi a quest'ora. È una lunga storia » Brendan sorrise mentre si metteva seduto, stiracchiandosi poi con un gesto plateale « Perché già che ci siamo non mi dici che avete fatto tu e Roxie con HAL 9000 là dentro? ».

« A dire il vero sarei abbastanza stanco » replicò Wally sonnacchioso, lasciandosi sfuggire uno sbadiglio che di autentico aveva però molto poco.

In realtà non voleva parlare di quanto avvenuto quella mattina per non dover rivangare il loro sostanziale fallimento. I messaggi del ripetitore 519 erano andati completamente perduti, e quello di Petalipoli era del tutto inutile ai fini del loro obiettivo.

« Non fare il difficile. Manca ancora qualche minuto al mio turno di guardia, legalmente non dovresti nemmeno esserci in quel sacco ».

« E va bene » sbuffò Wally arrendevole « ma non è una storia tanto eccitante. In pratica i messaggi inviati mediante il terminale, quelli di cui ci avevi parlato tu, sono radunati nei ripetitori sparsi per Hoenn che poi li inviano alla rete globale ».

« Fin qui ti seguo ».

« Facendo una ricerca ordinata per data di invio abbiamo trovato qualcosa come una trentina di file inoltrati dal ripetitore 519 ».

« E dove si trova questo ripetitore? ».

« Speravo me lo dicessi tu » Wally appoggiò il capo al cuscino imbottito di piume e per la prima volta da giorni si sentì veramente rilassato « Anzi, a ripensarci non ci speravo proprio. Fatto sta che non siamo riusciti a leggerne nemmeno uno, perché qualcuno li ha cancellati ».

« Qualcuno? ».

« Roxie sostiene che sono gli stessi che le hanno bruciato la Palestra ».

Un crepitio proveniente dal falò ruppe per un breve istante il silenzio etereo che aleggiava nel Percorso 103 « E tu che idea ti sei fatto? ».

Wally scosse la testa « Non so cosa pensare. Chiunque fosse doveva avere un computer e qualcuno in grado di usarlo bene. E doveva avere accesso diretto al 519 ».

« Chi ha programmato questo sistema? ».

« La Devon, stando a quanto mi ha detto Roxie. Pensi che c'entrino qualcosa? ».

« Visto che la Devon aveva sede a Ferrugipoli, penso che nessuno possa dircelo meglio di lei. Ma credo sia una buona pista da seguire, se non altro » soggiunse con fare ammiccante.

« Piuttosto, dimmi tu quello che pensi ».

« Di cosa in particolare? ».

Quello si voltò verso di lui « Di quel messaggio di Petalipoli, per esempio ».

Brendan sorrise, e il suo amico comprese che si attendeva quella domanda « Ti dirò, non ci ho capito nulla ».

« Come sopra. Ma non credo che tu non ci abbia riflettuto ».

« Ho vagliato tutte le isole che conosco, e nessuna si chiama Dyson o in un modo nemmeno simile. Comunque mi concentrerei più sul fatto che domani arriveremo a Ciclamipoli, anziché pensare a vaneggiamenti di gente che il giorno dopo il Lampo doveva essere parecchio confusa » disse accarezzandosi il mento con la mano « E poi il passato non conta più. Tabula rasa ».

« Tabula rasa? ».

« Quando sono entrato a Solarosa e ho visto gli edifici distrutti, le vie deserte... ho capito una cosa. Hoenn non esiste più. Tu non esisti più, io non esisto più. Siamo tutti rinati dopo il Lampo, non ha importanza chi fossimo. Dobbiamo ricominciare da capo ».

« Io non la vedo così. Non possiamo fare finta che non sia esistita una società di cui facevamo parte. Il nostro compito è ritornare a come eravamo. E poi, il nostro passato non ci abbandonerà mai veramente » Wally tornò a rigirarsi tra le mani il suo inalatore per poi infilarlo in una tasca del suo zaino; quindi sbadigliò, questa volta senza forzature, e tornò a guardare il cielo « Se non ti spiace ora dormirei. Mi si stanno chiudendo gli occhi ».

« Buonanotte » gli augurò Brendan. Quindi, mentre quello prendeva sonno e si addormentava con una rapidità che lasciava intuire la sua concreta estenuazione, lui rimase seduto a contemplare in deferente silenzio la pira di fronte a lui, rivolgendo di tanto in tanto gli occhi all'uno o all'altro compagno di viaggio. Saltuariamente decideva invece di appellarsi alle stelle, come se in quel manto imperscrutabile di piccoli lumi potesse scorgere una figura nota, un indizio sul suo futuro, o qualche altro esoterismo in cui non era nemmeno certo di credere. D'altronde è proprio della mente umana rifiutare ogni pensiero razionale di fronte alla possibilità di una fievole speranza.

Un repentino dimenarsi di arbusti attirò la sua attenzione. La sorgente del rumore era sita non troppo lontano da lui, in un cespuglio selvatico, e qualcosa aveva tutta l'aria di stare per saltar fuori da esso. Istintivamente lo sguardo di Brendan corse verso il suo Benelli, ma con orrore non lo trovò dove lo aveva lasciato.

Si gettò precipitosamente a frugare tra le sue coperte in cerca del fucile, ma sembrava inspiegabilmente evaporato, il che lo mise ancor di più in allarme. Tornò a guardare dall'altra parte per tenere sotto supervisione l'incombente minaccia; e per poco non lo colse un infarto.

Dove prima c'era solo un groviglio di rovi, ora era comparso un uomo.

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