You who stole my heart

di aris_no_nami
(/viewuser.php?uid=425063)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la solita monotonia ***
Capitolo 2: *** collera, volo, ? ***
Capitolo 3: *** il sogno che diventò realtà ***
Capitolo 4: *** se n'è andata... ***
Capitolo 5: *** mistery ***



Capitolo 1
*** la solita monotonia ***


Dannata sveglia! Dannata sveglia! Dannata sveglia!
Continuavo a ripetermi mentre pedalavo più veloce che potevo.
 
Arrivai giusto in tempo per prendere l’ultimo treno.
Legai la bici al primo palo che trovai e saltai dentro il mezzo ch epartì subito dopo.
Camminai per vari vagoni alla ricerca di un benedettissimo posto libero e, all’ultimo vagone, ne trovai fortunatamente uno. Mi sedetti e mi infilai le cuffie, sparandomi musica al massimo.
Ogni mattina era così… mi svegliavo tardi… prendevo il treno per un pelo… arrivavo a scuola giusto in tempo… e la solita noia quotidiana!
Ma da un po’ di giorni c’era qualcosa che aveva rotto quella solita routine noiosa, o meglio dire qualcuno.
Era da un paio di giorni che sul mio stesso treno, circa alla terza fermata, saliva sempre un ragazzo orientale.
Cinese?! Giapponese?! E chi lo sa! Non capivo la differenza di quelle facce gialle… tutti uguali!
E proprio come ogni giorno, alla terza fermata, lo vidi salire e guardarsi intorno alla ricerca di un posto vuoto. Dopo un bel po’ che rimase in piedi a cercare si decise a venire davanti a me, proprio dove c’era l’unico posto vuoto.
Si tolse lo zaino dalle spalle e si sedette, senza badarmi di un solo sguardo. Io lo fissai per parecchio tempo, alla ricerca di un qualche diffetto in quel volto perfetto, fino a che non mi degnò di uno sguardo confuso.
Io gli rivolsi un sorrisino sghembo e lui, come risposta, si mise le cuffie.
Ok… molto simpatico!
Pensai ironico, sbuffando e incrociando le braccia al petto.
La musica del Occhi Mandorlosi davanti a me era così alta che la potevo sentire sovrastare la mia. Mi tolsi le cuffione e cercai di capire cosa stesse ascoltando, facendo finta di niente guardando fuori dal finestrino.
Pure sforzandomi non riuscivo proprio a capire di che si trattasse. Io che ero un’esperta in musica non riuscivo a capire cosa stesse ascoltando?!
PANICO!
Dopo una ventina di minuti persi a cercare di sentire cosa cavolo stesse ascoltando, mi arresi e mi rinfilai le cuffie, facendo ripartire Bob Marley.
Con la coda dell’occhio lo vidi ridacchiare.
Che se ne fosse accorto?!
 
Dopo una mezzoretta di viaggio arrivò finalmente la mia fermata.
Presi lo zaino e mi alzai. Me ne stavo per andare, ma prima diedi un’altra occhiata al ragazzo che continuava a guardre fuori dalla finestra.
Sbuffai e uscii dal mezzo.
Cominciai a camminare a passo spedito verso la mia scuola. Guardai l’ora sul mio orologio e vidi mancava poco alle otto. Mi misi subito a correre come una matta.
Arrivai giusto un attimo prima che chiudessero i cancelli. Entrai come una ladra e mi intrufolai silenziosa in classe, gattonando per non farmi vedere.
Furtivamente riuscii a raggiungere il mio posto e appena mi fui seduta presi dallo zaino un quaderno a caso e lo aprii, facendo finta di essere concentrata su qualcosa.
Quando sentii una presenza davanti a me alzai lentamente la testa, trovandomi davanti la pelata testa del mio prof di algebra, matematica e tutte le materie con numeri e calcoli.
Quello continuava a fissarmi con uno sguardo killer ed io gli risposi con un bellissimo sorrisone.
-Signorina… - cominciò lui – Dov’era quando abbiamo fatto l’appello?!
Mi chiese maligno.
-In bagno.
Mentii io, sempre sorridendo.
-Si prof! È vero!
Disse una voce alle mie spalle.
Il professore se ne tornò alla lavagna grugnendo.
Mi girai e lanciai un bacio alla voce che mi aveva salavata: la mia Sarah!
-Sari.. grazie mille!
Sussurrai.
-Di niente. Sai quante volte mi hai coperto te?!
Mi ripsose facendomi l’occhiolino.
-Vittori e Sarah Galeazzo! Vedete di piantarla immediatamente!
Urlò il prof.
 
-Cavolo! Di nuovo!
Mi dissi pedalando a più non posso.
E un’altra matina era iniziata col piede sbagliato e la sveglia stupida.
Come sempre legai la bici e mi fiondai dentro il treno.
-Salva…
Sospirai piegandomi in avanti con la schiena.
Come ogni santa mattina dovetti farmi quasi tutti i vagoni per trovare il solito posto vuoto. Mi sedetti e mi infilai le cuffie con la musica a palla.
Ogni mattina le solite cose… cristo, che palle!
E poi, alla terza fermata, eccolo salire con un borsone su una spalla. Questa volta non si guardò neppure intorno ma venne diretto verso di me. Si sedette e si infilò le cuffie come sempre.
Ma… più lo osservavo più non riuscivo a vedere qualcosa di imperfetto in lui…

Avevo il fegato che si stava rodendo da un sacco di tempo… doveva per forza saperlo… dovevo chiederlo o non sarei riuscita più a vivere…
Esplosi.
-Sei siliconato?
-Come scusa?!
Mi chiese lui strabuzzando gli occhi e togliendosi le cuffie.
-No… cioè… nel senso… - cercai di dire io, non trovando le parole giuste – Sei così… così… perfetto!
Dissi infine.
Lui ridacchiò e scosse la testa.
-Tutto naturale.
Disse infine.
Annuii. Mi stavo per rimettere le canzoni quando un’altra domanda mi pervase la testa.
-Un’altra cosa.
Gli dissi alzandoi l’indice.
-Mi devi chiedere altre cose strane o…
Disse, lasciando a me finire la frase.
-No no, niente di strano. Volevo solo sapere di che nazionalità sei.
Dissi infine.
-Secondo te?!
Mi chiese come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
-Mh… non saprei… cinese?
Il ragazzo si mise a ridere di gusto. Dopo aver sbellicato per bene mi rispose.
-Sono sud coreano.
Annuii nuovamente e mi rimisi le cuffie.
Dopo un po’ la mia testa aveva già materializzato un’altra domanda che la mia bocca stava per sfornare.
-Scusa – gli dissi – ma se sei coreano devi avere un nome strano, giusto?
-Chiamami Kai.
Mi rispose ridacchiando.
-Lavinia.
Risposi io, per poi mettermi le cuffie e facendo finalmente partire la musica.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** collera, volo, ? ***



Mi ritrovai faccia a faccia con mia madre, più incazzata che mai.
-Ti pare?! Ti pare che sia una cosa decente?! Ti pare?!
Urlò fuori di se, sventolandomi davanti al viso la mia pagellina.
-Vai a scuola per divertirti o per studiare?!
Urlò nuovamente.
Abbassai lo sguardo per non far vedere la rabbia nei miei occhi.
Chi aveva mai detto che volevo studiare in quella merda di liceo classico?
Chi?
Lei.
-Sei una delusione continua! Eppure sapendo in che condizioni mi trovo continui a non far niente. Io con la malattia, tuo padre disperso chi sa dove e adesso tuo fratellino piccolo! Credi che per me sia facile?
Lei.
Pensava solo a lei.
Non pensava a quanto difficile fosse per me.
-Allora?! Non hai niente da dire?!
Alzai la testa e la guardai dritta negli occhi.
Sapevo che gli facevano paura i miei occhi quando ero in collera.
-B-be… ora basta! Ormai ho deciso! Te ne vai dritta in Inghilterra! E non voglio sentire storie! Ho già il biglietto e tra poche ore devi andare, quindi vai a farti le valige!
Uscii dalla cucina sbattendo la porta e mi diressi spedita verso camera mia.
Non sarei neppure riuscita a dire addio alla mia vita in quel luogo.
Inghilterra… una merda di posto! Tutti così perfezionisti… così seri e freddi…
 
Con le valige in mano pronta a partire. Sulla sala d’attesa ad aspettare il mio volo.
Mi sedetti su una sediolina e mi misi il trolley nero accanto e lo zainetto sulle spalle.
-Il volo diretto a Londra partirà con un ritardo di mezz’ora. Ci scusiamo per il disagio.
Disse la voce metallica e fredda dagli altoparlanti.
-Ah. Bene… pure in ritardo… ma che bello!
Mi dissi ironica, alzandomi e dirigendomi al piccolo bar che avevo davanti.
Vi entrai e guardai un i prezzi delle bevande.
-Ma cristo santo…
Sussurrai vedendo i prezzi elevati.
Ma, nonostante ciò, avevo proprio bisogno di un caffè.
Ma si! Crepi l’avarizia!
Misi le mani in tasca per prendere il portafoglio ma non vi trovai nulla.
Andai subito nel panico guardandomi intorno. Nel farlo girai velocemente la testa verso il mio posto a sedere sulla sala e fu un attimo impercettibile. Mi parve di vedere un ragazzo seduto sul mio posto, prendere qualcosa da sopra il trolley. Un ragazzo tremendamente familiare…
Subito mi rigirai verso quella direzione ma non vidi nessuno.
-Signorina, tutto bene?
Mi chiese gentilmente il barista.
Io annuii poco convinta e uscii da li per tornare a sedermi.
Guardai sopra la valigia, per essere certa che quella di prima fosse stata solo un’impressione, e vi trovai il mio biglietto.
-Ma…
Lo presi e notai che era rosso e blul.
-… non era verde?!
Mi chiesi confusa.
Con la scusa che ero dislessica non riuscivo neppure a capire bene cosa ci fosse scritto. Non ci badai più e lo rimisi al suo posto.
La mezz’ora passò velocemente, passandola ad osservare tutte le persone che passavano ed immaginandomi la loro storia.
Finalmente mi alzai e andai a metter a posto al valigia, dopodiché andai all’entrata per l’aereo. Quando diedi il biglietto, l’hostess, mi guardò con tenerezza e quasi pena.
-Signorina, lei deve andare di la.
Mi disse infine, indicando l’entrata accanto a dov’ero.
-Ah. Ohj. Mi scusi.
Dissi, dirigendomi velocemente da quella parte.
Stavano per chiudere la porta, quando li fermai.
-Mi scusi mi scusi! Aspetti!
Dissi al tipo, che la riaprì subito.
Gli porsi il biglietto e lui lo prese, facendomi segno di andare velocemente.
Corsi per il corridoio fino a che non arrivai all’entrata. Scusandomi entrai di fretta cercando il mio posto.
12A.
Mi sedetti e presi le cuffie. Accanto a me non c’era nessuno… Che cosa triste!
Pensai facendo partire la musica.
Dopo poco l’aereo partì.
Guardavo fuori dalla finestra e pensavo a tutte le persone alle quali non avevo potuto dire addio.
Il mio piccolo fratellino… la mia Sarah… mia nonna… i miei fratelli più grandi… il ragazzo del treno…
Al pensiero di quel ragazzo di misi a ridere, prendendomi occhiatacce dalle altre persone che stavano cercando di dormire.
Quel ragazzo buffo…
Non mi ricordavo neppure il suo nome…
Mi lasciai andare al paesaggio e al pensiero di quel corpo perfetto…
Mi lasciai andare tra le braccia del sogno…
Quando mi sarei risvegliata sarei stata a Londra… Affibbiata a dei lontani parenti materni che non avevo mai visto in vita mia…
 
-Finalmente siamo arrivati! Ormai era da quasi un anno che non tornavamo a casa!
-Già! Pensa che facce faranno i nonni quando ci vedranno!
Sentii dire da due voci euforiche, in una lingua particolare… di sicuro ne italiano ne inglese…
Aprii gli occhi e vidi che l’aereo era praticamente vuoto. Subito mi alzai e presi lo zainetto, correndo verso l’uscita.
Stavo percorrendo il corridoio deserto quando dietro di me sentii dei passi e delle voci. Con la coda dell’occhio mi parve di vedere qualcuno… un ragazzo… con un sorriso beffardo stampato in faccia…
Mi girai subito e non trovai nessuno.
-Questo… questo non ha senso…
Dissi per poi mettermi a correre ancora più velocemente.
Uscii dal corridoio e mi trovai in mezzo a tantissime persone…
Un mare di gente mi passava davanti agli occhi come formichine…
Cominciai a guardarmi intorno disorientata… dove mi trovavo? Perché fuori era buio pesto? E cos’era tutta quella gente? Non dovevo arrivare a Londra di mattina?
Corsi fuori dall’aereoporto e mi ritrovai in mezzo ad ancora più gente che camminava velocemente e parlava euforica.
Mi girai in torno per capire dove diamine ero. Guardavo quei palazzoni enormi sopra di me e mi girava la testa.
Nel farlo il mio sguardo si poggiò per pochi istanti su un gruppo di ragazzi che mi fissavano in cagnesco. Quando riguardai in quel punto non vi trovai assolutamente nessuno.
Stetti li ferma a fissare quel posto per attimi interminabili.
Dov’ero finita?
Quella non era Londra… poco ma sicuro.
La testa comicniò a girarmi in una maniera impressionante e andavo addosso a tutte le persone che mi passavano accanto, ricevendo insulti che comprendevo ed occhiattacce.
Cominciai a camminare parcollando, diretta chissà dove.
L’unica frase che la mia mente riusciva a chiedersi in quel momento era…
CHE NE SARA’ DI ME?


--------------------------------------
E COME SUCCEDE AD OGNI MIA FF, ANCHE QUESTA HA PRESA UNA PIEGA DIVERSA DA QUELLA CHE AVEVO PENSATO AL'INIZIO... PERò QUESTA PIEGA MI PIACE DI PIù....
BE, SPERO DI AVERVI INCURIOSITO!
RINGRAZIO LE PERSONCINE CHE HANNO RECENSITO E INSERITO QUESTA FF NELLE SEGUITE, RICORDATE E PREFERITE! GRAZIE GRAZIE GRAZIE!
SPERO CHE RECENSIATE DICENDOMI CHE NE PENSATE!
Kiss Kiss
il panda della felicità
Aris*Chan
p.s. e ditemi quello che avete intuito... se avete voglia!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** il sogno che diventò realtà ***



Ero circondata dall’acqua che mi arrivava circa alle caviglie… era fredda… molto fredda… Era tutto buio… tanto buio…

Dopo… una luce… illuminava una persona girata di spalle… era sopra ad un orologio gigante.
La persona si girò e si rivelò un ragazzo dai capelli castani e mossi, non troppo lunghi… Mi guardava serio.
Allungò la mano verso di me e disse qualcosa che non compresi. Dalla sua mano scaturì una calda luce chiara…
-Arriverai…
Sussurrò per poi chiudere la mano di colpo e facendo tornare tutto nero.
Intorno a me cominciai a sentire dei passi e delle risate… Cercai di guardarmi intorno ma ero bloccata… l’acqua era diventata ghiaccio!
Le risate e i passi si facevano sempre più vicini…
-CRISTO SANTO!
Urlai, svegliandomi di colpo da quell’incubo.
Di fronte a me, seduto su una sedia, trovai un ammasso di coperte che respirava.
Mi passai le mani sul viso.
-Cristian, ti diverti tanto ad osservarmi?
Chiesi disperata a mio fratello maggiore.
Dal cumulo di coperte ne uscì una testa nera tutta spettinata.
-Non sai neppure quanto. Ti muovi come un’anguilla.
Mi rispose serio.
-E tu mi fai paura…
-Comunque – continuò, come se non avessi detto niente – tra pochissimo il papà sarà qua. Ha chiamato circa un’ora fa dicendo che doveva venire per dirci qualcosa di importantissimo. La mamma gli ha risposto tutta contenta, cosa che non fa mai, quindi secondo me c’è sotto qualcosa… A me però questa cosa non va per niente bene. Cioè, insomma! Non ti fai vivo per mesi e dopo sbuchi quanto cavolo ti pare e piace?! Ok, capisco che sei divorziato con nostra mamma, ma almeno una cartolina ogni tanto no?! Almeno dirci dove va o lasciarci un numero per contattarlo… e invece niente! È no no… non si fa così!
Concluse sicuro di ciò che aveva detto.
-Aaah… Cristian ti prego… non parlare così tanto che mi sono appena svegliata…
Mugugnai.
Improvvisamente mi venne in mente una cosa traumatizzante.
Mi fiondai subito sulla sveglia e controllai che giorno fosse.
Domenica…
Quando mia madre aveva visto la pagellina era un lunedì… e lo stesso giorno mi aveva mandato a Londra… e poi era successo tutto quel casino…
Guardai pensierosa mio fratello che ricambiava il mio sguardo incuriosito.
Mi alzai di scatto in piedi sul letto e cominciai a saltare e ad urlare come una matta per poi buttarmi addosso a Cristian e stritolarlo in un abbraccio.
-ERA UN SOGNO! UN SOGNO! UN MALEDETTISSIMO INCUBO!
Gli strillai nelle orecchie.
Lo mollai da quella morsa letale e andai in bagno tutta contenta.
-E poi sono io quello strano…
 
Mi stavo tranquillamente asciugando i capelli dopo aver fatto la doccia quando fece irruzione in bagno Marcus, l’altro mio fratellone.
-Bussare?!
Chiesi infastidita.
-Na… non si usa più da un po’…
Mi rispose appoggiandosi allo stipite della porta e incrociando le braccia al petto.
Marcus, a differenza di Cristian, aveva i capelli biondo cenere. Pur essendo gemelli, quei due, si assomigliavano veramente poco.
Il moro non era tanto alto e si comportava in maniera infantile. Tra i due era sicuramente il più serio, anche se il suo comportamento non diceva assolutamente questo. Erano state rare le volte che lo avevo visto ridere…
Il biondo invece era parecchio alto ed era un po’ più maturo. Lui era un tipo solare e rideva sempre, anche per le sciochezze. Era un tipo parecchio coccoloso e aveva continuo bisogno di attenzioni, l’opposto di Cristian.
Erano come il gioro e la notte, il bianco e il nero.
-Niente università oggi?
Gli chiesi.
-Tesoro caro… ti sei accorta che è domenica?!
Mi chiese a sua volta in tono sarcastico.
-E’cche’nne so!
Risposi con un’alzata di spalle.
-Comunque… Cristian ti ha informato dell’arrivo di papà?
Mi bloccai all’istante. Lo guardai seria, dritto negli occhi e per tutta risposta sorrise divertito.
-Lo so che, sia tu che l’altro, non lo sopportate, ma è pur sempre nostro papà.
-No. – risposi secca, riprendendo ad asciugarmi i lunghi capelli mori – Se lo fose veramente ogni tanto ci chiamerebbe. E invece che fa?!
-Niente. Assolutamente niente.
Rispose Cristian al mio posto ancora arrotolato delle tre coperte di lana, mettendosi accanto al gemello.
-Ma non hai caldo?
Chiedemmo insieme, io e Marcus, guardandolo schifati.
-Soffro il freddo.
Rispose girandosi e comicniando a strascicare i piedi per camminare.
-Hahaha! Sembra un pinguino!
Se la rise di gusto il biondino.
Arrivato alla porta della sua camera si girò e ci urlò dietro
-BESTIE! ARGH!
-è completamente matto…
Mi dissi scuotendo la testa.
-Dai Lavinia, sbrigati che a poco sarà qua nostro papà.
Mi disse ricomponendosi.
-Ok. E se vogliamo essere precisi dì che è TUO padre.
Risposi marcando il “tuo”.
Misi via il phone eandai in camera per mettermi dei vestiti adeguati.
 
-Ragazzi! Quanto tempo!
Disse quel porco di un “padre” spalancando la porta di casa.
Gli unici che stavano sorridendo erano Marcus e mia madre, mentre io e Cristian avevamo una faccia schifata.
-Non mi venite ad abbracciare?!
Ci chiese aprendo le braccia.
-Ma anche no…
Disse Cri, compredo ciò che aveva detto con un finto colpo di tosse.
Io ridacchiai abbassando la testa ed entrambi ricevemmo occhiatacce da parte di nostra madre.
-Ovviamente. – dissi dirigendomi verso mia madre e prendendole dalle braccia il piccolo Eric – Mamma, abbraccialo!
Lei mi fulminò con lo sguardo.
-è meglio se andiamo a mangiare, altrimenti si fredda il pranzo.
Disse, dirigendosi spedita verso la cucina.
-Eric, questa è una casa di matti.
Dissi al piccolo che mi rispose annuendo.
-Che intelligente che sei!
 
-Dunque ragazzi, andate all’università?
Chiese mangiando composto.
-Si. Io studio francese, tedesco, spagnolo e russo mentre Cristian…
Disse Marcus che fu interrotto da mio padre.
-Lascia che tuo fratello a rispondermi.
Disse con sguardo fa sfida, rivolto a Cri il quale continuò a mangiare, con fare menefreghista.
-Dunque?
Chiese nuovamente.
Notai nella sua voce una vena di alterazione il che era un po’ preoccupante.
-Cristian?
Lui alzò la testa e lo guardò con uno sguardo da mettere i brividi.
-Lingue orientale.
Rispose in una maniera che sembrava molto un ringhio.
-Mh. Bene.
Disse in fine nostro padre.
-Dunque – si mise in mezzo mamma, cercando di scongelare quel clima così freddo – Cosa dovevi dire di tanto importante a Lavinia?
Chiese rivolta al porco.
-Oh si, giusto Emma. Dunque mia piccola… so che sei molto portata per le lingue straniere, giusto?
Mia piccola?!
E da quando tutta questa confidenza?
-Certo. Sono solo dislessica, ma sono molto brava con le lingue, contando che le so solo parlare ma non scrivere.
Risposi con un sorriso più finto che mai.
-Bene. Ho una sorpresona per te… pronta?!
Mi chiese come se non gli avessi deto assolutamente niente.
Non aspetto nemmeno una mia risposta che urlò entusiasto
-Ti porto con me in Corea del Sud!
-C’è la dittatura!
Urlai subito alzandomi dalla sedia.
-Tesoro, la dittatura è in Corea del Nord.
Mi rispose ridendo.
Guardai con pietà mia madre che teneva la testa bassa e a sforzo tratteneva le lacrime. Poi posai lo sguardo su Marcus che guardava nostro padre con gli occhi spalancati. Ed infine su Cristian che aveva la stessa espressione del gemello, solo che lui teneva le mani chiuse a pugne talmente forte che si vedevano le nocche bianche.
-Non so parlare bene il coreano…
Dissi guardondolo dritto negli occhi.
-Ma cosa dici piccola?! So per certo che lo parli alla perfezione.
-Si! Ma non lo so ne leggere ne scrivere!
Ulrai sbattendo le mani a palmo aperto sul tavolo. Dopo ciò il piccolo si mise a piangere.
Mia madre lo prese subito in braccio.
-Sh… buono amore… sh…
Sussurrò per consolarlo.
-Lavinia, per cortesia non alzare la voce con tuo padre.
Disse serio.
-TU NON SEI MIO PADRE!
Urlai, sentendo scendere alcune lacrime.
-SI CHE LO SONO! E PER QUESTO MOTIVO TU FAI QUEL CHE TI DICO!
Urlò a sua volta, alzandosi dalla sedia.
-ADESSO BASTA! SMETTILA DI FARE LO STRONZO!
Urlò Cristian sbattendo il pugno sul tavolo e facendo sbiancare il porco.
Intanto Eric continuava a piangere sempre più forte.
Marcus si alzò dalla sedia e fece il giro del tavolo per andare davanti a nostro padre. Lo prese per il colletto e lo altoleggermente da terra.
-Che cazzo di intenzioni hai?
Gli chiese calmo, in una lingua che non avevo mai sentito prima ma che riuscivo comunque a comprendere.
-Cosa stai facendo?
Gli chiese a sua volta, nella stessa lingua.
Ora vi starete chiedendio: com’è possibile che comprendi una lingua che non hai mai sentito?
Ebbene… lo sapevo da quanod ero piccola… qualunque lingua una persona parlasse io la sapevo comprendere e parlare. Non sapevo neppure io come fosse possibile una cosa del genere, ma sapevo che era vero. Non sapevo ne leggere ne scrivere in nessuna lingua, per via della mia dislessia molto grave, ma sapevo parlare qualunque lingua se prima sentita almeno una volta.
-Sto facendo ciò che non ho mai fatto in ventidue anni di vita: ti sto fronteggiando.
Rispose Marcus più serio che mai.
-Sai che non puoi niente contro di me.
-E chi te lo dice?! Ora rispondimi. Che cazzo hai intenzione di fare?
Chiese nuovamente, stringendo di più la presa della mano.
Il porco si girò verso di me per poi riguardare Marcus, il quale lo mollò e si scambiò uno sguardo d’intesa con Cristian che mi mise un braccio intorno alle spalle e mi portò via.
Arrivati in camera mia chiuse la porta e mi guardò serio, quasi triste.
-Che… che sta succedendo?
Chiesi.
Lui mi si avvicinò e mi strinse in un abbraccio. Dopo poco sentii il suo petto tremare, sgeno che stava piangendo.
-Non piangere Cri…
Cercai di rassicurarlo, stringendo le braccia intorno alla sua vita.
-Devi fare le valige…
Mi disse dopo aver smesso di piangere.
Io mollai l’abbraccio e lo guardai in volto scioccata.
-Come? Perché? Vuoi mandarmi via? Cos’è? Sono un peso per te?
Urlai.
-Lavinia… adesso non puoi capire… ma in realtà c’è un motivo…
-E quale sarebbe? Sono un andicap per questa famiglia? Vero? È questo! È il fatto che la mia dislessia va via via peggiorando! Dì la verità!
Urlai nuovamente.
-No.
Rispose serio.
-Allora perché? Perché mi vuoi madare via?
-è per la tua vit…
Io lo interruppi, non sentendo neppure ciò che aveva detto.
-No! Preferisco non sentirtelo dire. Farebbe più male di quanto ne faccia adesso…
Sussurrai abbassando la testa e sentendo gli occhi bruciare per le lacrime in arrivo.
-Vai fuori…
Dopo un istante sentii la porta chiudersi e rimasi sola al freddo della mia camera, che da li a poco non sarebbe più stata poi così tanto mia.
Caddi in ginocchio scoppiando a piangere.
Perché?
Perché dovevo essere così?
Perché?
 
Alle quattro del pomeriggio mi trovavo in aereoporto con quello che teoricamente doveva essere mio padre.
Mentre mi facevo le valige lo avevo sentito litigare con mia madre e Marcus. Tutti e tre in quella lingua strana… forse tailandese.
Avevano urlato fino a che non ero scesa con la valigia. A quel punto Marcus se n’era andato in camera senza salutarmi e mia madre mi abbracciò come non aveva mai fatto, rimettendosi a piangere.
-Dunque piccola, vuoi prendere qualcosa da bere?
Mi chiese.
-Obbligo numero uno: non mi chiami ne piccola ne con qualsiasi altro diminutivo. Ho un nome. Usalo. Obbligo numero due: non sognare minimamente che mi metta a fare la brava ragazza chiamandoti papà e facendo la diligente.
Risposi secca.
-E i prezzi delle bevande negli aereoporti romani sono altissimi.
Conclusi, ricordandomi del sogno, andandomi a sedere in una delle poltroncine della sala d’attesa completamente piena, lasciandogli la valigia perché la portasse dove doveva.
Presi l’i-pod e le cuffie dallo zaino e mi sparai musica al massimo.
Proprio come nel sogno… ero finita nella stessa merda… via dalla mia vita per un motivo a me ignoto, senza neppure aver potuto salutare tutte le persone a me care.
Cercai di concentrarmi sulla musica quando davanti a me si sedette un ragazzo orientale che mi sembrava di aver già visto da qualche parte… mi sembrava quasi come se fosse un lontano ricordo… un ricordo sfuocato e poco chiaro… mi ricordavo solo dell’acqua e della luce…
Per uno strano motivo, quel ragazzo, mi ricordava una luce… come se fosse una crepa nel mondo… una crepa dalla quale fuoriusciva la luce dell’universo…
La mia strana teoria fu interrotta dall’arrivo di mio padre che mi coprì la visuale. Con la musica alta non riuscii a capire quello che disse, ma riuscii a leggergli le labbra.
È si, sapevo fare pure quello. Con la scusa che avevo molte volte le orecchie occupate dalla musica, col tempo, avevo imparato a leggere le labbra.
Mi alzai e lo seguii verso l’entrata per l’aereo. Diedi il biglietto e lo superai velocemente.
Posto 12A.
Come nel sogno.
Entrata nel mezzo mi sedetti sul mio posto, fortunatamente vicino al finestrino. Dopo poco sentii qualcuno sedersi accanto a me, ma non me ne importava niente di chi fosse, perché la mia testa era occupata dal pensiero di tutta la mia vita che stavo abbandonando… tutta…
Improvvisamente l’unica cosa che riuscii ad articolare in testa fu l’immagine del ragazzo del sogno che allungava la mano aperta con la luce verso di me.
Scossi la testa e mi girai per vedere chi avevo accanto. Il ragazzo della sala d’attesa mi stava fissando serio. Io deglutii rumorosamente e questo si girò verso l’hostess che stava spiegando che fare in caso di emergenza.
Dopo poco l’aerteo partì.
Quando il carrello si staccò da terra il mio cuore il mio stomaco si svuotarono completamente.
Ora era finita la mia vita a Roma.
 
Stavamo volando da un po’ quando mi girai nuovamente verso il ragazzo e lo trovai che dormiva beato con la testa di lato. Aveva una maglia scollata che faceva vedere una collana a forma di piastrina con su scritto probabilmente un nome.
Facendo attenzione, cercai di spostarla per poterlo leggere per bene, ma la mia mano venne subito bloccata. Le cuffie mi caddero sul collo. Alzai lo sguardo e mi trovai a pochi centimetri di distanza quello del ragazzo.
-C’è scritto Baekhyun.
Disse con un mezzo sorriso.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** se n'è andata... ***



SARAH POV
-Come se n’è andata?
Mi chiese Logan.
-Si… prima sono passata per casa sua e… Emma mi ha detto che se n’è andata…
Spiegai.
-Ma se n’è andata in che senso?
Insistette.
-Nel senso che s’è ne andata! Via! Puf! Aereo!
Risposi alterandomi e alzandomi dal tronco sul quale ero seduta.
-Sarah, calmati per cortesia.
Mi disse Stefan pensieroso.
Ci eravamo riuniti tutti quanti: io, Logan e Stefan. Gli unici che mancavano erano la diretta interessata, ossia Lavinia, e Alex.
-Ma Alex?
Chiesi guardandomi intorno non vedendolo ancora arrivare.
-Che te ne frega di Alex in un momento come questo!
Urlò Logan.
-Cazzo calmati! Non sei l’unico preoccupato!
Gli risposi, urlando a mia volta.
-L’affetto che nutri nei miei confronti è straordinario, mio caro Logan.
Sentimmo dire da una voce. Da dietro un grande albero venne fuori il diretto interessato col suo solito sorrisetto stampato in faccia.
-Ma tu sai cosa significa essere puntuali?!
Gli chiese Stefan ridacchiando.
L’altro scosse la testa divertito e si sedette per terra sull’erba.
-Ok, ora che ci siamo tutti possiamo calmarci…
Dissi risedendomi.
-Calmarci un cazzo! Lavinia se n’è andata e noi ce ne stiamo qua tranquilli a non fare nulla!
Certo che Logan era veramente incavolato.
-Come se n’è andata?
Chiese l’ultimo arrivato con fare preoccupato.
-Be, mio caro principino, mentre lei si stava grattando le palle…
Io lo interruppi subito.
-Logan! Il linguaggio!
-è no! Quando ce vò ce vò! Comunque, mentre lei si stava grattando le palle tranquillamente, qui, noi comuni mortali, stavamo discutendo del fatto che Lavinia non c’è più! Se n’è andata e non sappiamo dove!
Urlò, più incavolato che mai, il ragazzo dagli occhi azzurri.
-Sarah, cos’è questa storia?
Mi chiese serio il biondo.
Io abbassai lo sguardo.
-Poco fa sono andata a casa di Lavinia e mi ha aperto Emma, dicendomi che se n’era andata via col padre. Quando le ho chiesto spiegazione mi ha semplicemente risposto che se n’era andata lontano e che il suo aereo era ormai partito e dopo mi ha chiuso la porta in faccia.
Sentivo su di me gli sguardi di tutti e tre i ragazzi.
-Marcus e Cristian?
Mi chiese Stefan, che fino ad allora non aveva fatto domande.
Scossi la testa in segno che non sapevo.
-Mi pare strano che non si siano opposti… - ragionò Alex – Di solito facevano di tutto per tenerla al sicuro…
-Verso mezzogiorno aveva postato su faceboock un post che diceva qualcosa del tipo… il padre porco arriverà tra pochi istanti. Si salvi chi può… o una cosa del genere…
-Dirlo prima…no, vero Stefan?!
Gli feci notare.
-Il padre porco è suo padre, giusto? Può essere che sia stato lui a portarla via?
S’intromise Logan, finalmente calmatosi.
-Giusto! Si chiama Valentino Vittori, vero?
Chiesi, prendendo il cellulare dalla tasca dei jeans.
-Esatto. È un riccone e non da niente di soldi ad Emma e i ragazzi. Precisamente non so che lavoro faccia… ma dovrebbe lavorare per i piani alti.
Precisò Stefan.
-Intendi QUEI PIANI ALTI?
Chiesi, marcando le ultime tre parole.
Il silenzio fu la risposta che mi aspettavo.
Si sapeva che Valentino era uno dei bracci destri dei pezzi grossi e si sapeva pure che Valentino Vittori non era il suo vero nome. Ma di queste cose era meglio non parlarne.
Subito trovai la sua pagina faceboock. Possibile che uno come quello avesse una pagina faceboock?! Bah…
Cercai un po’ tra la sua home e finalmente trovai ciò di cui avevo bisogno.
-Beccato…
Sussurrai soddisfatta.
-Ragazzi, si parte per Londra!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** mistery ***



-Dunque… cosa vuoi postare?

Mi chiese Cristian.
Dopo averlo pregato per una mezz’ora buona aveva accettato di scrivere un post su faceboock, visto che io non ero il massimo per lo scrivere e per di più, quela mattina, mi bruciavano gli occhi, segno che capivo cosa c’era scritto ancor meno.
-Padre porco in arrivo! Si salvi chi può!
Risposi in maniera teatrale.
Cri scosse la testa e scrisse. Quando ebbe finito si girò verso di me e mi chiese
-Contenta?!
-Stra contenta!
Urlai entusiasta.
-Ok… sei sicura di non essere malata di una qualche strana forma di schizzofrenia?!
-Gne gne! Simpatico!
Dopo di che la stanza si pervase di un silenzio anormale. Lo vedevo malinconico, triste. Molto probabilmente per l’arrivo imminente di nostro padre. Sia io che lui non lo sopportavamo. Anche Marcus e la mamma lo tolleravano davvero poco, ma cercavano sempre di non darlo a vedere, essendo le basi di quella famiglia.
-Dunque… - dissi cercando di trovare un discorso da cominciare –Ah! Sai che sono migliorata col coreano?!
I suoi occhi si illuminarono per un istante e mi sorrise.
-Sei sempre stata brava sin dall’inizio. Non nasconderlo.
Mi disse in quella stessa lingua.
In effetti… con la scusa che imparavo praticamente subito una lingua non mi era stato particolarmente difficile.
-Saranghae!
Gli dissi facendo il cuoricino con le mani.
-Ehi, saranga saranga, venite che è arrivato!
Fece il suo ingresso Marcus.
-Si dice saranghae!
Lo rimproverai mettendo un leggero broncio.
-Va bene va bene! Ma ora venite giù che è arrivato!
Cristian si alzò e si mise al suo fianco.
-Ragazzi, ma veramente siete gemelli?!
Chiesi sospetta.
-Ah… ancora con questa storia…
Si disperò il biondo, cominciando a battere la testa sullo stipite della porta.
-Mia cara sorellina, noi siamo gemelli anche se non ci assomigliamo per nulla al mondo. Per il semplice fatto che eravamo in due uteri separati.
Marcus si bloccò di colpo.
Guardò me.
Guardò Cristian.
Guardò me.
Guardò Cristian.
Fissò il vuoto.
-Ma si dice utero?
-Si.
Rispose il moro.
-E da quando?
Chiese nuovamente.
-Da sempre. Almeno credo… si dice utero?
Chiese a sua volta, mettendosi anche lui a fissare il vuoto.

-Ragazzi… scendiamo che è meglio.
Dissi trascindandoli giù per le scale, prendendoli per le maglie.
                          Amavo la mia famiglia
 
Mi svegliai si soprassalto. La prima cosa che vidi fu il sedile davanti al mio.
-Giusto… aereo…
Mi dissi passandomi una mano sul viso.
-Buongiorno. Lo sai che russi come non so cosa?!
Disse una voce accanto a me.
Mi girai e vidi il ragazzo orientale che mi osservava divertito.
-Veramente?!
Chiesi, svegliandomi di colpo.
Lui si mise a ridere ed annuì.
-Oddio… che vergogna… mi dispiace…
Risposi tirandomi su il cappuccio della felpa.
-Ma no. Tranquilla. Sono abituato a sentire persone che russano. – disse rassicurandomi – Ma… posso chiederti una cosa?
Io annuii, togliendomi un po’ alla volta quello strato di imbarazzo.
-Come fai a sapere così bene il coreano?
A quella domanda rimasi un po’ scioccata.
Stavo parlando in coreano?!
Stava parlando in coreano?!

-Ehi?!
Disse sventolandomi davanti gli occhi la mano.
-Hem, si scusa. È che… mio fratello… studiava lingue orientali e me le aveva insegnate.
Dissi infine, trovando una certa difficoltà nel pronunciare la parola “fratello”.
-An… ma di che nazionalità sei?
-Italiana, di Roma.
Lui annuì pensieroso e poi prese un libro che aveva accantoe si mise a leggere.
Io, non spaendo che fare e trovando l’i-pod scarico, presi lo zaino da sopra la mi8a testa e tirai fuori il computer portatile.
Lo accesi ed entrai in faceboock.
Ora vi chiederete: ma tu non spaevi ne leggere ne scrivere.
Ecco… era una cosa un po’ particolare… la gravità variava da giorni a giorni. Un giorno potevo svegliarmi e non riuscire a fare niente, ed altri giorni poteva essere parziale. La cosa aumentava parecchio quando le scritte erano nere su bianco. Proprio per questo, mio fratello Cristian che era un genio assurdo del computer, era riuscito a fare in modo che le shermate del mio computer fossero bianche su nere, così che riuscissi a fare tutto tranquillamente. Ovviamente non avevo mai detto a nessuno che quando le scritte erano bianche su nere riuscivo a leggere e a scrivere perfettamente, altrimenti non mi avrebbero più creduta. Proprio per questo motivo, prima dell’arrivo di nostro “padre”, gli avevo chiesto di scrivere al mio posto. Per non dare sospetti.
Appena accessi trovai una ventina di messaggi da parte di Sarah. Comicniai a leggerli…
“Ehi bella! Tra un po’ sono da te! Preparati che andiamo a farci un giretto!”
“Cose questa storia?! Te ne sei andata?! Dove?!”
“Cavolo Lavi! Rispondi si o no?!”
“Giuro che se non mi rispondi ti strozzo! Sfondò la porta di casa e ti rubo tutti i biscottini! Muahahaha!”
“Lavinia, ti prego, non farmi preoccupare. È qualcosa di serio? Rispondi.”
E tutti così.
Era veramente preoccupata… La mia Sarah…
“-Ehi!
Mi sentii chiamare.
Mi girai e vidi una ragazza dai capelli biondi chiarissimi guardarmi. Accanto a lei c’erano due ragazzi, uno era biondo e uno era moro. Erano due ragazzi di quinta.
-Dici a me?
Le chiesi avvicinandomi.
Lei annuì.
-Come ti chiami?
Mi chiese.
-Lavinia…
Risposi titubante.
-Bel nome! Io mi chiamo Sarah! Piacere!
Rispose imrpovvisamente tutta sorridente.
Annuii poco convinta di quella ragazza. Diedi un’occhiata ai due ragazzi e notai che mi stavano osservando attentamente. Uno dei due, il moro, mi pareva di averlo già visto nei dintorni della via in cui abitavo… mi pareva si chiamasse Stefan. Mentre l’altro l’avevo visto solo a scuola. Era sempre circondato da ragazze, ma lui non se ne filava nemmeno una.
-Ti va di venire con noi a mangiare qualcosa?!
Mi chiese la bionda.
Su di lei non giravano buone cose, d’altronde nemmeno su di me. Da quel che mi ricordavo doveva essere rumena, o qualcosa del genere.”
Il mio ricordo di due anni fa, quando ero in terza liceo, fu interrotto uno starnuto dell’orientale che mi fece saltare sul sedile.
Mi girai verso di lui per fulminarlo con lo sguardo, ma quando lo vidi di profilo, così concentrato sul suo libro, il mio cuore perse un battito e rimasi senza fiato…
Non me ne era mai importato degli Occhi a Mandorla e non mi ero mai accorta che fossero così belli…
Gli unici due coreni che avevo trovato nella mia vita erano semplicemente bellissimi.
In effetti… la questione era un po’ strana… in due giorni avevo incontrato due ragazzi della stessa nazionalità… In tutta la mia vita non avevo mai conosicuto un coreano e in due giorni ne conoscievo addirittura due?!
-Ehi, sembri addormentata.
Mi fece notare il ragazzo.
-Non mi ricordo più come ti chiami.
Dissi infine.
-Baekhyun.
Rispose lui ridacchiando e tornando a leggere il libro.
-Baekhyun… Baekhyun… Baekhyun… ok… Baekhyun…
Mi ripetei più volte, per cercare di ricordarmelo.
-Ok. Ti prego. Non farlo più.
Mi disse, mettendo giù il libro e girandosi per guardarmi meglio.
-Non fare più cosa?
Chiesi non capendo.
-Quella cosa.
Disse muovendo le mani.
-Ma quella cosa cosa?
-Quella cosa di ripetere più volte il mio nome. Mi da fastidio.
Disse infine.
-Oh… scusami…
Risposi sospresa.
A chi è che da fastidio una cosa del genere?
Bo…
 
-Dobbiamo fare attenzione. Il suo potere si sta via via rafforzando e da quello che sappiamo sta venendo qua.
-Il motivo?
-Non lo sappiamo. Valentins sembra essersi accorto di qualcosa che non andava. Forse un Lupus si era avvicinato troppo…
-I Lupus… I più pericolosi in quel settore…
-Perché si dovrebbero avvicinare alla Pura?
-Forse per l’attrazzione… Sappiamo come sono quei ragazzi: mettono al primo posto sempre l’istinto.
-Oppure sono semplicemente coincidenze…
-Qualunque sia il motivo bisogna stare attenti. Sia ai Lupus, sia alla Pura, sia ai movimenti esterni…
-I movimenti esterni? Volete dire che ce ne sono ancora? Non avevamo fatto un trattato di pace?
-Quando mai gli Obscurium sono fedeli alle parole date?
-Come noi insomma.
-…si…
-Il Drago Nero? Ha fatto altri movimenti?
-Da quello che sappiamo no. Ma probabilmente, dietro a queste avvicinanze tra i Lupus e la Pura, c’è anche lui.
-La questione si fa veramente seria se c’è in mezzo pure il Drago Nero e la sua banda.
-Che poi, la banda del Drago Nero, e insieme a quella dell’Unicornus Blanco, formano i Lupus. Quindi perché preoccuparsi tanto?
-Per il semplice fatto che insieme sono estremamenti potenti.
-E non dimentichiamoci dei Blok Kandra. Ora che la Pura si sta risvegliando pure loro si stavo risvegliando dal letargo e non credo che le nostre celle li riescano a contenere ancora per molto.
-In sisntesi: dobbiamo stare in un perenne stato di allerta… Si spera solo che non si ritorni alla Grande Guerra Nera… Altrimenti dovremmo chiamare anche gli altri…
-Con “gli altri” intendi i Notturni di Seoul?
-Esattamente… Quelli, in fatto di crudeltà e di istinto, sono i peggiori in assoluto. Vivono senza regole e faccio ciò che gli pare e piace. E pure la c’è una ragazza. Ed anche lei è una Pura, ma non si sta ancora risvegliando.
-Beh, ora sappiamo abbastanza. Quando ci saranno maggiori informazioni dovremmo parlarne nuovamente. La questione è veramente seria e non bisogna prenderla sottogamba.
Detto ciò, quattro entità con delle tuniche, con cappuccio tirato su, si dileguarono velocemente dall’ossario, lasciandolo nuovamente nel suo silenzio inquietante e tombale, tra le ossa di antenati e di nemici dormienti.
Il pericolo si stava risvegliando, e si sapeva.
Bisognava essere cauti e indiscreti per non far veloccizzare il tutto.
Ora era giunto il momento di aspettare pazientemente delle svolte radicali che avrebbero fatto tornare tutto alla più completa normalità… oppure che avrebbero fatto rinascere una delle più pericolose e sanguinarie guerre mai esistite nella dalla nascita del Tutto.
 
-Sai ciò che dobbiamo fare!
Urlai a Marcus che rimasi impassibile.
-Marcus! Il tuo nome significa “dedicato a Marte, dio della guerra”! Ma io in te non vedo la guerra!
Urlai nuovamente.
-Cristian! Il tuo nome significa “che è dedito al Cristo”! Io in te non vedo nessuna fede!
Urlò a sua volta, alzandosi dalla sedia.
Eravamo faccia a faccia, come due lupi pronti allo scontro decisivo.
-Dimmi… perché non reagisci?! E’?!
Lui abbassò lo sguardo.
-Se non ci ha dato spiegazioni precise vuol dire che la questione è seria. Sai che non possiamo immischiarci.
Rispsoe con un filo di voce.
-E DA QUANDO TU SEGUI FILO PER SEGNO LE REGOLE?! E’ NOSTRA SORELLA!
Ero incavolato veramente. Come poteva rimanere così impassibile davanti ad una cosa del genere.
-CAZZO CRISTIAN! LO VUOI CAPIRE CHE ANCHE IO NON ACCETTO QUESTA COSA?!
-E allora perhcè non reagisci…
Sussurrai chiudendo le mani a pugno.
-Solo un po’ di tempo. Serve solo un po’ di tempo. Il giusto per riacquistare forza e per riuscire a ritrovare dimestichezza con quel corpo. Ti chiedo solo questo.
Disse infine.
-Ragazzi. Ci siamo anche noi.
Disse una voce femminile dall’entrata di camera sua.
Davanti a noi, una donna sui trent’anni dai capelli castani ed un ragazzino dall’aspetto di un quattordicenne dalle caratteristiche albine, avevano uno sguardo fiammeggiante di rabbia e voglioso di vendetta.
-Avete di nuovo il vostro aspetto naturale.
Notai io, ridacchiando.
-E’ già… Mi dispiace così tanto aver mentito fino ad adesso a Lavinia, ma era necessario. Ora che se n’è andata e che si stanno risvegliando tutti, piano alla volta, bisogna ritrovare tutte le forze. Marcus ha ragione. Dobbiamo aspettare ancora un po’.
Disse Emma, con una tono malinconico.
-Cristian, anche io non riesco a trattenermi in questo momento, ma devo aspettare con voi, nonostante le mie elevate doti. Anche se è difficile aspettare dobbiamo farlo comunque.
Concluse il ragazzino.
-Bene. Eric ci darà una mano nel riprendere consapevolezza del nostro corpo. In fondo, sappiamo tutti chi è.
Sentenziò la donna.
Io e Marcus annuimmo.
Tutti noi sapevamo che dovevamo stare comuqnue attenti a ciò che accadeva per il mondo e spaevamo pure che Lavinia sarebbe stata in pericolo, prima del dovuto.
Sorellina…
Aspettaci!
 
Ero di nuovo in quello strano sogno. Circondata d’acqua fredda…
Ed in fondo, sopra quell’enorme orologio, c’era il ragazzo, illuminato dalla luce della luna piena. Lentamente mi avvicinai a lui. Quando fui ad un passo dall’orologio lo guardai in volto.
-Chi sei…
Dissi a bassa voce.
-Non mi riconosci?
Mi chiese serio.
Lo guardai più profondamente, per vedere chi mi ricordava.
Dopo poco allungò la mano verso di me. Capii che voleva che gliela prednessi e così feci. Le nostre mani erano intrecciate l’una all’altra. Quella mano mi infondeva calore… Da esse comicniò a scaturirne una luce chiara.
-Perché sei andata via dalla tua vita?
Mi chiese gentilmente.
-Non lo so… l’ha deciso mio padre…
Risposi tristemente.
Il ragazzo annuì lentamente.
-Eppure… - dissi dopo pochi attimi di silenzio – Mi ricordi qualcuno…
-In questo momento sono molto vicino a te…
Rispose con un leggero sorriso.
La mia mente cominciò a vagare tra tutti i miei ricordi più lontani e più recenti, ma nulla che ricordasse lui.
Poi, fu come un lampo che mi attraverso la mente.
-Baekhyun…
Dissi spalancando gli occhi.
Lui sorrise e tutto si fece buio. La mia mano ancora verso quella direzione era vuota.
Poi, in un angolo lontano, comparì un’altra luna che illuminava un’altra persona, anch’essa sopra un enorme orologio.
Subito mi affrettai a raggiungerla.
Quando vi fui davanti vidi che mi stava dando le spalle.
Dopo poco si girò verso di me, rivelando un ragazzo dai capelli chiari. Era alto con uno sguardo serio. Mi scrutava dalla sua altezza con fare attento.
-C-chi sei…?
Chiesi, un po’ intimorita da quel ragazzo.
-Perché dovrei dirtelo?
Mi chiese a sua volta.
Io non seppi che rispondere.
Poi, alzò la mano verso di me e la mosse lentamente. Piano alla volta mi spostai lontana dal ragazzo.
Lo guardai senza capire il motivo della sua azione. Lui mi fece uno strano sorriso e poi disse
-Arriverai molto presto.
Dopodichè tutto tornò nuovamente nero. Restai nel buio più totale per un tempo indefinito, fino a che non comparve un’altra luna. Un’altra persona. Un altro orologio gigante.
Senza neppure volerlo mi avvicinai all’orologio. Sopra di essa c’era una ragazzo, anch’esso con i capelli chiari, con la testa china.
-Non ti sei accorta di niente?
Mi chiese dopo un po’.
Io non risposi. Rimasi in silenzio a cercare di capire veramente quella domanda.
-Non ti sei accorta che c’è una cosa che si ripete sempre?
Chiese nuovamente.
-Ragazzo… luna… ororlogio…
Risposi pensierosa.
-Esatto… Ma guarda più attentamente…
Subito osservai l’orologio.
Le due lancette era della stessa misura ed una segnava le sei, mentre l’altra le dodici.
-Corretto. Sei e dodici. Ricordati questi numeri.
Disse il ragazzo.
Il silenzio dominò tutto quanto…
Fino a che non alzò di poco la testa, ma non abbastanza per vederlo in faccia.
-Un’ultima cosa – disse –Quanto diverrà tutto nero non abbassare lo sguardo, ma guarda la luna…
Detto ciò alzò la testa e per quei pochi attimi riuscii ad intravedere un volto dolce con un bellissimo sorriso in volto. Non so perché, quel ragazzo, mi ricordava un cervo…
Subito mi affrettai ad alzare lo sguardo verso la luna e finalmente capii cos’era che faceva oscurare tutto.
UN’ECLISSI…



--------------------

BUONGIORNO!
ALLORA....SARO' BREVE.
COME POTETE AVER VISTO, NEL CAPITOLO, CI SONO PARECCHIETTE COSE DIFFERENTI CHE ACCADONO, E PER ME E' STATO MOLTO DIFFICILE FARE LA COPERTINA INIZIALE. SPERO VI SIATE ACCORTI DI TUTTE LE IMMAGINI CHE CI SONO IN ESSA, CIOE' 5!
INOLTRE, SPERO DI NON AVERVI INCASINATO CON TUTTI QUESTI AVVENIMENTI.
SPERO VERAMENTE CHE VI SIA PIACIUTO E CHE VI ABBIA INCURIOSITO!
SE POTETE RECENSITE! GRRRRRAZZZZIE!
ORA VI LASCIO!
Kiss Kiss
il panda blu
Aris*Chan

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2184856