A Knight and her Princess.

di GirlOnFire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Capitolo ***
Capitolo 2: *** II. Capitolo. ***



Capitolo 1
*** I. Capitolo ***


I. Capitolo.


“Stavo pensando che ad ammazzare le relazioni, di qualsiasi tipo esse siano, ci pensano le parole o i silenzi. Un po' un controsenso, vero?”
Lydia stava sfogliando una delle sue solite riviste, distesa sul letto della migliore amica che stava cercando l'ennesimo posto dove nascondere faretra e frecce dallo sguardo attento del padre.
Era buffo pensare come la rossa potesse uscirsene con quelle rivelazioni mentre sfogliava uno dei giornali più materialisti al mondo, ma Allison ormai era abituata e aspettava solo che l'altra continuasse, interessata.
“Dopotutto le parole possono ferirti più di qualsiasi altra arma letale. I latini dicevano verba volant ma non si erano mai resi conto che il loro viaggio si fermasse nel cervello umano; che ogni  minima sillaba rimanesse attaccata ad un campo della mente fino a provocare il cosiddetto dolore fisico tramite pulsazioni nervose. Dovrebbero farci studiare queste cose a scuola anziché casi e declinazioni, non trovi?
E poi ci sono i silenzi. Pesanti, insopportabili che riescono a corroderti ancora una volta il cervello, perché non trovi una spiegazione plausibile ad essi.
Oh, guarda, è uscita una nuova linea cosmetica! Dovremmo fare un salto al centro commerciale!”
La mora era perplessa; non si stupiva più di come la mente della Martin lavorasse, ma non riusciva ancora a capacitarsi di come potesse passare da un argomento filosofico ad uno completamente opposto in poco tempo, anche se doveva ammettere che la cosa la divertiva sempre.
Le bastava un battito di ciglia che già la rossa blaterava d’altro, non rendendosi davvero conto di cosa avesse detto in precedenza: parole che – come le aveva ricordato proprio Lydia – rimanevano scolpite nel cervello, magari quando stava per mettersi a letto; spegneva la luce e l’oscurità le attanagliava il cuore facendo sì che rimanesse solo il cervello vigile e questo ovviamente non voleva saperne di smettere di pensare e farla dormire.
Ormai era un po’ che ci pensava, che aveva capito che le occhiate che lanciava alla sua migliore amica – sorridenti, di conforto, da ebete – non erano semplici scambi di sguardi; con Scott ormai sembrava andare tutto per il verso sbagliato e la Martin c’era sempre stata in tutto il percorso della sua relazione. Quando le era morta la madre aveva creduto che il suo mondo potesse crollarle, che le sue certezze fossero solo stupide convinzioni inculcatele dal nonno – che avrebbe preferito vedere al posto della madre, di certo – e aveva soltanto concluso che la famiglia non è quella che ti da la vita ma quella che ti scegli. E lei aveva scelto Scott, Stiles.. Lydia, tra tutti.
Si era ritrovata a pensare che ciò che provava per l’amica fosse una semplice amicizia; che il senso di protezione nei suoi confronti fosse dato dal semplice fatto che la rossa sembrava sempre mettersi nelle condizioni e situazioni peggiori e che aveva il compito di vegliare su di lei, di proteggerla.
Si convinceva ogni notte che era quello, prima di diventare così stanca nel tentativo di sforzarsi di pensare ad altro che non fossero gli occhi verdi della ragazza o le sue labbra rosse e carnose che si  muovevano sempre sinuose quando le parlava.
Il difficile era quando sognava: prendeva l’arco ed uccideva Jackson, i ragazzi che la guardavano, Aiden.. Stiles. Si svegliava sempre di soprassalto e sudata quando arrivava a quest’ultimo perché non credeva che il suo subconscio – la sua gelosia – potesse davvero arrivare a ferire mortalmente qualcuno.
Quella stessa notte si ritrovò a passare una mano tra i ciuffi usciti dalla coda che usava portare per dormire, poi sulla fronte per asciugarla e quasi le venne una fitta allo stomaco mentre cercava la sveglia e notava che aveva dormito solo un’ora da quando si era decisa a mettersi a letto.
Solo un’inutilissima ora.
Si ritrovò a controllare il telefono per vedere se nel frattempo qualcuno le avesse scritto, se lei le avesse scritto. Non poteva certo aspettarsi nient’altro che la buonanotte, lo sapeva perché ormai era un rito scriversela e lei, Allison, le scriveva sempre ‘a domani’ alla fine. Ci teneva sempre tanto a ricordarle che lei ci sarebbe stata ogni giorno dopo una notte passata a dormire; ci teneva a ricordarle che non doveva preoccuparsi che lei sparisse dalla sua vita perché non aveva intenzione di andare da nessuna parte che non fosse il suo fianco.
Quella sera però non c’era nessun messaggio ad attenderla, nessuna risposta; subito la mora si ritrovò a pensare che doveva smetterla di stare così male per una persona che tutti avevano sempre definito egoista. Eppure lei la conosceva, sapeva com’era la vera Lydia Martin: era una ragazza spaventata da tutto e tutti con un cervello superiore alla norma e che ragionava in maniera diversa perché era lei per prima ad essere diversa: speciale. Sì, lei era decisamente qualcosa, dovevano solo scoprire esattamente cosa.
Cercò di riprendere sonno, di mettersi a letto ancora una volta ma un urlo lancinante squarciò la notte e lei non poté far altro che tornare sull’attenti, scostando le coperte e prendendo arco e frecce precipitandosi subito al garage per uscire con la macchina tentando di rintracciare la rossa.

 

 

“Dio, come funziona questo coso..? Allison! Allison, sono Stiles! E’ tutto ok, Lydia è con noi, ci ha chiamati, siamo vicino casa degli Hale, puoi raggiungerci?”
Quando la Argent non aveva sentito la voce di Lydia ma quella di colui che solo una mezz’ora prima aveva colpito con una freccia al petto, in sogno, capì che forse il suo subconscio non andava così lontano dalla realtà. Certo, non avrebbe mai ferito davvero il migliore amico del suo ex ragazzo, ma il solo sapere che la rossa aveva cercato prima lui che lei le fece quasi fare marcia indietro; però non poteva, era quasi un suo dovere andare da quei tre e risolvere ogni misterioso caso gli si parasse davanti.
A volte si chiedeva perché non poteva essere un’adolescente normale, con amici normali – sul serio.
Guidò il più velocemente possibile, parcheggiando vicino la casa di Derek prima di scendere dall’auto e seguire le voci che si alzavano dal fitto bosco.
“Guarda che sei stato tu a dirmi di chiamarti a qualsiasi ora, Stilinski.”
“Oh, sa il mio cognome, Scott, ti rendi conto? ..e no, aspetta, se una ragazza ti chiama per cognome non è mai un buon segno, diavolo. Comunque non stavo dicendo che non avresti dovuto chiamarmi, solo che stavo facendo questo sogno assurdo dove io e te e.. ok, rewind, non volevo dire te. Cioè io e te non facevamo niente! Nel senso che non eri tu, tu, quella con cui io facevo..”
La risata di Scott era trattenuta, più per rispetto all’amico che all’occhiataccia fulminante di Lydia rivolta ad entrambi che sembrò calmarsi solo quando arrivò la migliore amica a cui andò incontro a passo spedito.
“Spiegami ancora una volta perché siamo loro amiche.”
Aveva sibilato tra i denti la rossa, prima che la mora sentisse le sue braccia attorno a sé e si ritrovò a farsi passare tutta la gelosia nei confronti di Stiles, dopotutto si era già umiliato abbastanza da solo. Piuttosto si era concentrata ad accarezzare i boccoli della ragazza che adesso scioglieva piano quel contatto che sentì mancarle quasi subito; la pelle che era stata avvolta per poco le bruciava quasi e cercò di calmarsi guardando Scott che la osservava con quegli occhioni da cucciolo che tanto l’avevano conquistata. Se solo avesse saputo.
“Che è successo?”
“A Lydia piace urlare la notte!”
Esordì Stiles, per poi rendersi conto dell’ennesimo doppio senso quando il migliore amico passò una mano sul volto.
“Oddio, non in quel senso,cioè magari le piace eh, io non lo so, ma... no, Lydia aspetta, ahia! Non picchiarmi! Non intendevo che.. oh, lasciate perdere.”
“Lydia ha trovato un altro cadavere.” Spiegò brevemente il ragazzo lupo che cercava di tirar su l’amico.
“Fate come se non ci fossi.”
Un broncio spuntò su quelle labbra che Allison ormai guardava troppo spesso, persino in classe, e non riuscì a trattenere un sorriso all’espressione corrucciata della rossa, trovandola bellissima anche in quel momento.
Se solo avesse colto quei piccoli segnali.
Se solo lei se ne fosse accorta.

 

 

 

GirlOnFire’s Notes. 

Yay, ce l’ho fatta a trovare ispirazione per questa Allydia, sperando che siano IC, soprattutto Stiles a cui tengo particolarmente essendo il mio personaggio preferito della serie!
Il prossimo sarà l’ultimo capitolo [è mezzo abbozzato ma c’è, promise!] e verrà postato quando avrò 3 o 4 recensioni.  (:

Alla prossima, V. 

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Capitolo 2
*** II. Capitolo. ***


II capitolo.

Il cadavere nei boschi fu solo il primo trovato grazie alle urla di Lydia. Corpo dopo corpo, sembrava che qualcuno, qualcosa, stesse cercando determinate vittime che ad occhi ingenui non avrebbero mai potuto trovare un collegamento. Occhi come quelli dello sceriffo, non di quelli dei quattro che ormai perdevano troppe ore di sonno la notte e che cercavano di recuperare a lezione, magari con la testa sull’ultimo banco, magari nascosti dal libro o dalle spalle del compagno seduto davanti.
Andava avanti da un mese quella storia ormai ma si erano abituati presto; cercavano piste in casa Argent perché Allison sapeva che il padre – come lei – nascondeva qualcosa tra quelle mura. Dovevo esserci uno schema già fatto, una spiegazione, qualsiasi cosa per giustificare tutte quelle vittime. E più tempo passava a rovistare nei momenti in cui il genitore non era in casa, più riusciva a sfiorare le mani della rossa.
Le prime volte che le sfiorava i mignoli o le braccia o semplicemente si ritrovavano troppo vicine, sembrava sempre molto casuale, a seguirle c’erano gli occhi innamorati di Stiles e quelli sconsolati di Scott e la mora non voleva dare nell’occhio. Sentiva i brividi però a quel contatto furtivo, a quei sorrisi gentili scambiati dopo ore di ricerche in quella casa che ormai tutti e quattro conoscevano a  menadito; quando si ritrovava gli occhi verdi e grandi di Lydia su di sé.
Avrebbe voluto andare oltre. Si sarebbe accontentata di pacche sulle spalle, di abbracci; era chiedere troppo che le braccia della rossa le avvolgessero la vita da dietro, che le scostasse i capelli con il naso, che le sue labbra si posassero sul suo collo esposto. Sapeva che le sue erano mere illusioni, sogni infranti di una povera ragazza che si era accorta di essersi innamorata della persona sbagliata ma che trovava dannatamente giusta.

 

 

A lezione avevano iniziato un libro di quelli che porta un sacco di spunti filosofici, su cosa comporta una determinata scelta, sul perché la si fa. Su cosa e giusto è sbagliato e stranamente, Allison, era attenta stavolta, seppur con gli occhi rossi e stanchi, era attiva, troppo impegnata a capire come ogni minimo bivio potesse cambiare il protagonista. Ma fu altro a svegliarla completamente, la domanda del professore; la risposta di Lydia.
“Secondo voi c’è un Dio che ci muove come pedine? Una persona talmente onnisciente da sapere cosa sia giusto e sbagliato nelle loro definizioni pure?”
“No, non esiste. Né la persona, né le loro definizioni. E’ una cosa innata, punto. Per quanto i genitori, gli insegnanti, i religiosi persino, vogliano inculcarci determinate regole, alla fine siamo sempre noi con il nostro libero arbitrio a scegliere cosa lo sia, no? Da piccoli ci dicono che un sacco di cose sono sbagliate e da grandi ci accorgiamo che alla fine erano tutte squallide bugie. ‘È sbagliato stare svegli fino a tardi’ e poi ci lasciano uscire fino a notte fonda da adolescenti, scoprendo che le cose migliori accadono proprio durante quelle notti; ‘è sbagliato stare sotto la pioggia senza ombrello’ e poi invece l’acqua che dal cielo scivola via lungo il tuo corpo, certi giorni, è l’unico modo per lavare via ogni cosa, per sanare ogni ferita;  ‘se fai questo ti fai male’ e poi ci mettono il sale nelle ferite: ‘per rimarginarsi prima’, ti dicono ma nessuno ti avverte prima del dolore che farà, quasi quanto un taglio; quasi più del dolore stesso.
Quindi no, nessuno può dirci cosa sia giusto o sbagliato. Lo dobbiamo imparare da soli, fare le nostre esperienze, apprendere ogni più piccolo dettaglio da come ci fa sentire una determinata cosa. Bisogna vivere senza rimpianti, senza rimorsi. I latini dicevano ‘carpe diem’, cogli l’attimo, ma in realtà quanti di noi vivono davvero. Quanti di noi possono affermare di essere vivi. Vivi, non esistenti. Esistenti è respirare, camminare, svegliarsi ogni giorno, pensare persino. Vivere.. vivere è un’altra cosa. Vivere è gioire per il vento che ti sferza la faccia quanto sei in moto, è ridere a crepapelle a notte fonda fregandotene della gente che puoi svegliare, vivere è gridare dal centro del mondo e sentirti pieno. Ecco, pieni. Ci sentiamo pieni?”
Tutti adesso guardavano la rossa che aveva continuato a parlare, quasi annoiata all’inizio perché per lei tutto il suo discorso era logico, non c’entrava nulla la scienza, la religione, l’insegnamento; era pura e semplice logica, il problema è che per trovarla bisognava riflettere e sapeva che molti dei suoi coetanei non si fermavano a farlo. Che spreco.
Il professore probabilmente le avrebbe fatto cambiare idea, ci avrebbe provato al meno, ma la campanella era suonata e lei era uscita dalla classe con una luce diversa negli occhi. Allison non riuscì a non seguirla velocemente perché quelle parole l’avevano toccata.
Era come quando ci si chiedeva ‘e se..’ il mondo finisse tra un’ora, quanti cellulari squillerebbero tra chiamate, messaggi, qualsiasi cosa pur di tirare fuori parole mai dette senza la benché minima possibilità di riuscire a vedere lo svolgimento in caso di risposte affermative a tante dichiarazioni che per vergogna, per paura, rimanevano sospese nelle menti di persone che preferivano esistere piuttosto che vivere. Piuttosto che sentirsi pieni.
La mora voleva sentirsi piena, non voleva aspettare la fine del mondo, la fine di una qualsiasi cosa prima di riuscire a parlare con Lydia. Liquidò così Scott e Stiles per quel pomeriggio e invitò invece proprio la rossa da lei. Per studiare, aveva detto; ‘non ho capito un passaggio di matematica’ si era giustificata. Eppure con l’amica non aveva mai bisogno di spiegazioni, si capivano al volo anche solo con le virgole o con quei maledetti puntini e le orride faccine.

 

 

I libri aperti sulla scrivania erano solo scena, avrebbero dovuto davvero studiare eppure nessuna delle due aveva voglia soprattutto dopo che Lydia aveva capito che Allison non aveva bisogno di alcun ripasso o spiegazione.
“E’ da qualche tempo che sei strana, si può sapere che hai? Non parli più neanche di Scott o di nessun’altra persona! Eppure..”
“Eppure cosa..? Lydia dai, il mondo non gira sempre intorno agli altri, no? Ti ho sempre detto che mi piace essere indipendente; non voglio essere un’altra di quelle stupide ragazzine che fanno del loro mondo una persona che alla fine le farà soffrire.”
Aveva parlato troppo però perché Lydia era stata una di quelle stupide ragazzine, come le aveva chiamate lei.
“Io.. non volevo.. Ly non intendevo, lo sai che non mi riferi-“
“A me? A me che ho passato l’estate a non pensare a Jackson? O a me che ho preferito colmare il dolore, la perdita con altri occhi e altre labbra quando sapevo che nessuno sarebbe stato al pari di chi davvero avrei voluto. E tutto lo sai a che gira: giusto o sbagliato. Divertente, vero?”
“Che vuoi dire?”
“Che sono io la prima a non vivere pienamente. Non ne voglio parlare. Usciamo dai, ho bisogno di scarpe. Magari anche un rossetto, il mio sta finendo.”
Non le dava quasi nulla sui nervi quando si trattava della ragazza con la carnagione color avorio, ma in quel momento non riusciva più a contenere la frustrazione e la rabbia nel sentirsi dire cos’era giusto o sbagliato.
“Basta! Niente rossetto, scarpe, negozi o.. niente Lydia. Stop. Viviamo pienamente, perché neanche io lo faccio e.. adesso potrai anche allontanarmi o non lo so, ma l’hai detto, non si vive di rimpianti o rimorsi, quindi…”
Prese il volto dell’amica tra le mani e premette le sue labbra contro quelle dell’altra, non con violenza come avrebbe potuto fare visto  il suo stato d’animo, ma con dolcezza. Amore.
Non si aspettava niente, neanche che la rossa ricambiasse il bacio, neanche che a quel primo contatto ne seguisse un altro e un altro ancora, sul collo; che le mani iniziassero a vagare, che i vestiti iniziassero a cadere, che le gambe si intrecciassero nel suo letto mentre piccoli sospiri e gemiti uscivano da quelle labbra che poco prima erano incatenate.
Ma come si era detto, i libri erano sulla scrivania solo per fare scena, da contorno.

 

 

 

GirlOnFire’s Notes. 

Rileggendo il primo capitolo, capisco perché non ha avuto molto successo, ma spero che il secondo sia valsa la pena di spendere qualche minuto a leggere; la pena di aver aspettato per la fine.
E’ una coppia insolita questa, almeno per me che sono Scallison convinta e shippo Stydia [seconda alla Sterek!], ma spero comunque abbia qualche sostenitore nel fandom perché hanno del potenziale queste due.

Giuro che la prossima, di questo fandom, sarà una Stydia a 3 capitoli; se voleste rimanere aggiornati potete seguirmi qui. Magari fatemi sapere che ne pensate di questa con una piccola recensione e potete mandarmi messaggi o suggerimenti in pagina.

Alla prossima, V. 

 

 

 

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