A Knight and her Princess. di GirlOnFire (/viewuser.php?uid=45990)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Capitolo ***
Capitolo 2: *** II. Capitolo. ***
Capitolo 1 *** I. Capitolo ***
I. Capitolo.
“Stavo pensando che ad
ammazzare le relazioni, di qualsiasi
tipo esse siano, ci pensano le parole o i silenzi. Un po' un
controsenso, vero?”
Lydia stava sfogliando una delle sue solite riviste, distesa
sul letto della migliore amica che stava cercando l'ennesimo posto dove
nascondere faretra e frecce dallo sguardo attento del padre.
Era buffo pensare come la rossa potesse uscirsene con quelle
rivelazioni mentre
sfogliava uno dei giornali più materialisti al mondo, ma
Allison ormai era
abituata e aspettava solo che l'altra continuasse, interessata.
“Dopotutto le parole possono ferirti più di
qualsiasi altra
arma letale. I latini dicevano verba volant ma non si erano mai resi
conto che
il loro viaggio si fermasse nel cervello umano; che ogni minima sillaba rimanesse
attaccata ad un
campo della mente fino a provocare il cosiddetto dolore fisico tramite
pulsazioni nervose. Dovrebbero farci studiare queste cose a scuola
anziché casi
e declinazioni, non trovi?
E poi ci sono i silenzi. Pesanti, insopportabili che
riescono a corroderti ancora una volta il cervello, perché
non trovi una
spiegazione plausibile ad essi.
Oh, guarda, è uscita una nuova linea cosmetica! Dovremmo
fare un salto al centro commerciale!”
La mora era perplessa; non si stupiva più di come la mente
della Martin lavorasse, ma non riusciva ancora a capacitarsi di come
potesse
passare da un argomento filosofico ad uno completamente opposto in poco
tempo,
anche se doveva ammettere che la cosa la divertiva sempre.
Le bastava un battito di ciglia che già la rossa blaterava
d’altro, non
rendendosi davvero conto di cosa avesse detto in precedenza: parole che
– come
le aveva ricordato proprio Lydia – rimanevano scolpite nel
cervello, magari
quando stava per mettersi a letto; spegneva la luce e
l’oscurità le
attanagliava il cuore facendo sì che rimanesse solo il
cervello vigile e questo
ovviamente non voleva saperne di smettere di pensare e farla dormire.
Ormai era un po’ che ci pensava, che aveva capito che le
occhiate che lanciava alla sua migliore amica – sorridenti,
di conforto, da
ebete – non erano semplici scambi di sguardi; con Scott ormai
sembrava andare
tutto per il verso sbagliato e la Martin c’era sempre stata
in tutto il
percorso della sua relazione. Quando le era morta la madre aveva
creduto che il
suo mondo potesse crollarle, che le sue certezze fossero solo stupide
convinzioni inculcatele dal nonno – che avrebbe preferito
vedere al posto della
madre, di certo – e aveva soltanto concluso che la famiglia
non è quella che ti
da la vita ma quella che ti scegli. E lei aveva scelto Scott, Stiles..
Lydia,
tra tutti.
Si era ritrovata a pensare che ciò che provava per
l’amica
fosse una semplice amicizia; che il senso di protezione nei suoi
confronti
fosse dato dal semplice fatto che la rossa sembrava sempre mettersi
nelle
condizioni e situazioni peggiori e che aveva il compito di vegliare su
di lei,
di proteggerla.
Si convinceva ogni notte che era quello, prima di diventare
così stanca nel
tentativo di sforzarsi di pensare ad altro che non fossero gli occhi
verdi
della ragazza o le sue labbra rosse e carnose che si
muovevano sempre sinuose quando le parlava.
Il difficile era quando sognava: prendeva l’arco ed uccideva
Jackson, i ragazzi
che la guardavano, Aiden.. Stiles. Si svegliava sempre di soprassalto e
sudata
quando arrivava a quest’ultimo perché non credeva
che il suo subconscio – la
sua gelosia – potesse davvero arrivare a ferire mortalmente
qualcuno.
Quella stessa notte si ritrovò a passare una mano tra i
ciuffi usciti dalla coda che usava portare per dormire, poi sulla
fronte per
asciugarla e quasi le venne una fitta allo stomaco mentre cercava la
sveglia e
notava che aveva dormito solo un’ora da quando si era decisa
a mettersi a letto.
Solo un’inutilissima ora.
Si ritrovò a controllare il telefono per vedere se nel
frattempo qualcuno le avesse scritto, se lei
le avesse scritto. Non poteva certo aspettarsi nient’altro
che la buonanotte,
lo sapeva perché ormai era un rito scriversela e lei,
Allison, le scriveva
sempre ‘a domani’ alla fine. Ci teneva sempre tanto
a ricordarle che lei ci
sarebbe stata ogni giorno dopo una notte passata a dormire; ci teneva a
ricordarle che non doveva preoccuparsi che lei sparisse dalla sua vita
perché
non aveva intenzione di andare da nessuna parte che non fosse il suo
fianco.
Quella sera però non c’era nessun messaggio ad
attenderla,
nessuna risposta; subito la mora si ritrovò a pensare che
doveva smetterla di
stare così male per una persona che tutti avevano sempre
definito egoista.
Eppure lei la conosceva, sapeva com’era la vera Lydia Martin:
era una ragazza
spaventata da tutto e tutti con un cervello superiore alla norma e che
ragionava in maniera diversa perché era lei per prima ad
essere diversa: speciale.
Sì, lei era decisamente
qualcosa, dovevano solo scoprire esattamente cosa.
Cercò di riprendere sonno, di mettersi a letto ancora una
volta ma un urlo lancinante squarciò la notte e lei non
poté far altro che
tornare sull’attenti, scostando le coperte e prendendo arco e
frecce
precipitandosi subito al garage per uscire con la macchina tentando di
rintracciare la rossa.
“Dio, come funziona questo
coso..? Allison! Allison, sono
Stiles! E’ tutto ok, Lydia è con noi, ci ha
chiamati, siamo vicino casa degli
Hale, puoi raggiungerci?”
Quando la Argent non aveva sentito la voce di Lydia ma
quella di colui che solo una mezz’ora prima aveva colpito con
una freccia al
petto, in sogno, capì che forse il suo subconscio non andava
così lontano dalla
realtà. Certo, non avrebbe mai ferito davvero il migliore
amico del suo ex
ragazzo, ma il solo sapere che la rossa aveva cercato prima lui che lei
le fece
quasi fare marcia indietro; però non poteva, era quasi un
suo dovere andare da
quei tre e risolvere ogni misterioso caso gli si parasse davanti.
A volte si chiedeva perché non poteva essere
un’adolescente
normale, con amici normali – sul serio.
Guidò il più velocemente possibile, parcheggiando
vicino la
casa di Derek prima di scendere dall’auto e seguire le voci
che si alzavano dal
fitto bosco.
“Guarda che sei stato tu a dirmi di chiamarti a qualsiasi
ora, Stilinski.”
“Oh, sa il mio cognome, Scott, ti rendi conto? ..e no,
aspetta, se una ragazza ti chiama per cognome non è mai un
buon segno, diavolo.
Comunque non stavo dicendo che non avresti dovuto chiamarmi, solo che
stavo
facendo questo sogno assurdo dove io e te e.. ok, rewind, non volevo
dire te.
Cioè io e te non facevamo niente! Nel senso che non eri tu,
tu, quella con cui
io facevo..”
La risata di Scott era trattenuta, più per rispetto
all’amico che all’occhiataccia fulminante di Lydia
rivolta ad entrambi che
sembrò calmarsi solo quando arrivò la migliore
amica a cui andò incontro a
passo spedito.
“Spiegami ancora una volta perché siamo loro
amiche.”
Aveva sibilato tra i denti la rossa, prima che la mora
sentisse le sue braccia attorno a sé e si ritrovò
a farsi passare tutta la
gelosia nei confronti di Stiles, dopotutto si era già
umiliato abbastanza da
solo. Piuttosto si era concentrata ad accarezzare i boccoli della
ragazza che
adesso scioglieva piano quel contatto che sentì mancarle
quasi subito; la pelle
che era stata avvolta per poco le bruciava quasi e cercò di
calmarsi guardando
Scott che la osservava con quegli occhioni da cucciolo che tanto
l’avevano
conquistata. Se solo avesse saputo.
“Che è successo?”
“A Lydia piace urlare la notte!”
Esordì Stiles, per poi rendersi conto
dell’ennesimo doppio
senso quando il migliore amico passò una mano sul volto.
“Oddio, non in quel senso,cioè magari le piace eh,
io non lo
so, ma... no, Lydia aspetta, ahia! Non picchiarmi! Non intendevo che..
oh,
lasciate perdere.”
“Lydia ha trovato un altro cadavere.”
Spiegò brevemente il
ragazzo lupo che cercava di tirar su l’amico.
“Fate come se non ci fossi.”
Un broncio spuntò su quelle labbra che Allison ormai
guardava troppo spesso, persino in classe, e non riuscì a
trattenere un sorriso
all’espressione corrucciata della rossa, trovandola
bellissima anche in quel
momento.
Se solo avesse colto quei piccoli segnali.
Se solo lei se ne fosse accorta.
GirlOnFire’s
Notes.
Yay, ce l’ho fatta a trovare
ispirazione
per questa Allydia, sperando che siano IC, soprattutto Stiles a cui
tengo
particolarmente essendo il mio personaggio preferito della serie!
Il prossimo sarà l’ultimo capitolo [è
mezzo abbozzato ma c’è, promise!] e
verrà postato quando avrò 3 o 4 recensioni.
(:
Alla
prossima, V. ♥
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Capitolo 2 *** II. Capitolo. ***
II
capitolo.
Il
cadavere nei boschi fu solo il primo trovato grazie alle urla
di Lydia. Corpo dopo corpo, sembrava che qualcuno, qualcosa,
stesse cercando determinate vittime che ad occhi ingenui
non avrebbero mai potuto trovare un collegamento. Occhi come quelli
dello
sceriffo, non di quelli dei quattro che ormai perdevano troppe ore di
sonno la
notte e che cercavano di recuperare a lezione, magari con la testa
sull’ultimo
banco, magari nascosti dal libro o dalle spalle del compagno seduto
davanti.
Andava avanti da un mese quella storia ormai ma si erano
abituati presto; cercavano piste in casa Argent perché
Allison sapeva che il
padre – come lei – nascondeva qualcosa tra quelle
mura. Dovevo esserci uno
schema già fatto, una spiegazione, qualsiasi cosa per
giustificare tutte quelle
vittime. E più tempo passava a rovistare nei momenti in cui
il genitore non era
in casa, più riusciva a sfiorare le mani della rossa.
Le prime volte che le sfiorava i mignoli o le braccia o
semplicemente si ritrovavano troppo vicine, sembrava sempre molto
casuale, a
seguirle c’erano gli occhi innamorati di Stiles e quelli
sconsolati di Scott e
la mora non voleva dare nell’occhio. Sentiva i brividi
però a quel contatto
furtivo, a quei sorrisi gentili scambiati dopo ore di ricerche in
quella casa
che ormai tutti e quattro conoscevano a
menadito; quando si ritrovava gli occhi verdi e grandi di
Lydia su di sé.
Avrebbe voluto andare oltre. Si sarebbe accontentata di
pacche sulle spalle, di abbracci; era chiedere troppo che le braccia
della
rossa le avvolgessero la vita da dietro, che le scostasse i capelli con
il
naso, che le sue labbra si posassero sul suo collo esposto. Sapeva che
le sue
erano mere illusioni, sogni infranti di una povera ragazza che si era
accorta
di essersi innamorata della persona sbagliata ma che trovava
dannatamente
giusta.
A
lezione avevano iniziato un libro di quelli che porta un
sacco di spunti filosofici, su cosa comporta una determinata scelta,
sul perché
la si fa. Su cosa e giusto è sbagliato e stranamente,
Allison, era attenta
stavolta, seppur con gli occhi rossi e stanchi, era attiva, troppo
impegnata a
capire come ogni minimo bivio potesse cambiare il protagonista. Ma fu
altro a
svegliarla completamente, la domanda del professore; la risposta di
Lydia.
“Secondo voi c’è un Dio che ci muove
come pedine? Una
persona talmente onnisciente da sapere cosa sia giusto e sbagliato
nelle loro
definizioni pure?”
“No, non esiste. Né la
persona, né le loro
definizioni. E’ una cosa innata, punto. Per quanto i
genitori, gli insegnanti,
i religiosi persino, vogliano inculcarci determinate regole, alla fine
siamo
sempre noi con il nostro libero arbitrio a scegliere cosa lo sia, no?
Da
piccoli ci dicono che un sacco di cose sono sbagliate e da grandi ci
accorgiamo
che alla fine erano tutte squallide bugie. ‘È
sbagliato stare svegli fino a
tardi’ e poi ci lasciano uscire fino a notte fonda da
adolescenti, scoprendo
che le cose migliori accadono proprio durante quelle notti;
‘è sbagliato stare
sotto la pioggia senza ombrello’ e poi invece
l’acqua che dal cielo scivola via
lungo il tuo corpo, certi giorni, è l’unico modo
per lavare via ogni cosa, per
sanare ogni ferita; ‘se
fai questo ti
fai male’ e poi ci mettono il sale nelle ferite:
‘per rimarginarsi prima’, ti
dicono ma nessuno ti avverte prima del dolore che farà,
quasi quanto un taglio;
quasi più del dolore stesso.
Quindi no, nessuno può dirci cosa sia giusto o
sbagliato. Lo dobbiamo imparare da soli, fare le nostre esperienze,
apprendere
ogni più piccolo dettaglio da come ci fa sentire una
determinata cosa. Bisogna
vivere senza rimpianti, senza rimorsi. I latini dicevano
‘carpe diem’, cogli l’attimo,
ma in realtà quanti di noi vivono davvero. Quanti di noi
possono affermare di
essere vivi. Vivi, non esistenti. Esistenti è respirare,
camminare, svegliarsi
ogni giorno, pensare persino. Vivere.. vivere è
un’altra cosa. Vivere è gioire
per il vento che ti sferza la faccia quanto sei in moto, è
ridere a crepapelle
a notte fonda fregandotene della gente che puoi svegliare, vivere
è gridare dal
centro del mondo e sentirti pieno. Ecco, pieni. Ci sentiamo
pieni?”
Tutti adesso guardavano la rossa che aveva continuato
a parlare, quasi annoiata all’inizio perché per
lei tutto il suo discorso era
logico, non c’entrava nulla la scienza, la religione,
l’insegnamento; era pura
e semplice logica, il problema è che per trovarla bisognava
riflettere e sapeva
che molti dei suoi coetanei non si fermavano a farlo. Che spreco.
Il professore probabilmente le avrebbe fatto cambiare
idea, ci avrebbe provato al meno, ma la campanella era suonata e lei
era uscita
dalla classe con una luce diversa negli occhi. Allison non
riuscì a non
seguirla velocemente perché quelle parole
l’avevano toccata.
Era come quando ci si chiedeva ‘e se..’ il mondo
finisse tra un’ora, quanti cellulari squillerebbero tra
chiamate, messaggi,
qualsiasi cosa pur di tirare fuori parole mai dette senza la
benché minima possibilità
di riuscire a vedere lo svolgimento in caso di risposte affermative a
tante
dichiarazioni che per vergogna, per paura, rimanevano sospese nelle
menti di
persone che preferivano esistere piuttosto che vivere. Piuttosto che
sentirsi
pieni.
La mora voleva sentirsi piena, non voleva aspettare la
fine del mondo, la fine di una qualsiasi cosa prima di riuscire a
parlare con
Lydia. Liquidò così Scott e Stiles per quel
pomeriggio e invitò invece proprio
la rossa da lei. Per studiare, aveva detto; ‘non ho capito un
passaggio di
matematica’ si era giustificata. Eppure con l’amica
non aveva mai bisogno di
spiegazioni, si capivano al volo anche solo con le virgole o con quei
maledetti
puntini e le orride faccine.
I
libri aperti sulla scrivania erano solo scena, avrebbero
dovuto davvero studiare eppure nessuna delle due aveva voglia
soprattutto dopo
che Lydia aveva capito che Allison non aveva bisogno di alcun ripasso o
spiegazione.
“E’
da qualche tempo che sei strana, si può sapere che
hai? Non parli più neanche di Scott o di
nessun’altra persona! Eppure..”
“Eppure
cosa..? Lydia dai, il mondo non gira sempre
intorno agli altri, no? Ti ho sempre detto che mi piace essere
indipendente;
non voglio essere un’altra di quelle stupide ragazzine che
fanno del loro mondo
una persona che alla fine le farà soffrire.”
Aveva parlato troppo
però perché Lydia era stata una
di quelle stupide ragazzine, come le aveva chiamate lei.
“Io.. non
volevo.. Ly non intendevo, lo sai che non mi
riferi-“
“A me? A me
che ho passato l’estate a non pensare a
Jackson? O a me che ho preferito colmare il dolore, la perdita con
altri occhi
e altre labbra quando sapevo che nessuno sarebbe stato al pari di chi
davvero
avrei voluto. E tutto lo sai a che gira: giusto o sbagliato.
Divertente, vero?”
“Che vuoi
dire?”
“Che sono io
la prima a non vivere pienamente. Non ne voglio parlare. Usciamo
dai, ho bisogno di scarpe. Magari anche un rossetto, il mio sta
finendo.”
Non le dava quasi
nulla sui nervi quando si trattava
della ragazza con la carnagione color avorio, ma in quel momento non
riusciva
più a contenere la frustrazione e la rabbia nel sentirsi
dire cos’era giusto o
sbagliato.
“Basta!
Niente rossetto, scarpe, negozi o.. niente
Lydia. Stop. Viviamo pienamente, perché neanche io lo faccio
e.. adesso potrai
anche allontanarmi o non lo so, ma l’hai detto, non si vive
di rimpianti o
rimorsi, quindi…”
Prese il volto
dell’amica tra le mani e premette le
sue labbra contro quelle dell’altra, non con violenza come
avrebbe potuto fare
visto il suo stato d’animo, ma con
dolcezza. Amore.
Non si aspettava
niente, neanche che la rossa
ricambiasse il bacio, neanche che a quel primo contatto ne seguisse un
altro e
un altro ancora, sul collo; che le mani iniziassero a vagare, che i
vestiti
iniziassero a cadere, che le gambe si intrecciassero nel suo letto
mentre
piccoli sospiri e gemiti uscivano da quelle labbra che poco prima erano
incatenate.
Ma come si era detto,
i libri erano sulla scrivania
solo per fare scena, da contorno.
GirlOnFire’s
Notes.
Rileggendo
il primo capitolo, capisco perché non ha avuto molto
successo,
ma spero che il secondo sia valsa la pena di spendere qualche minuto a
leggere;
la pena di aver aspettato per la fine.
E’ una coppia insolita questa, almeno per me che sono
Scallison convinta e
shippo Stydia [seconda alla Sterek!], ma spero comunque abbia qualche
sostenitore nel fandom perché hanno del potenziale queste
due.
Giuro
che la prossima, di questo fandom, sarà una Stydia a 3
capitoli; se
voleste rimanere aggiornati potete seguirmi qui.
Magari fatemi sapere che ne pensate di questa con una piccola
recensione
e potete mandarmi messaggi o suggerimenti in pagina.
Alla
prossima, V. ♥
|
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